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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 465 di lunedì 18 aprile 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 17,05.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 aprile 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Crimi, Crosetto, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Malfa, La Russa, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Stefani, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione del comitato direttivo di un gruppo parlamentare e affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito del medesimo gruppo parlamentare (ore 17,10).

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 15 aprile 2011, il presidente del gruppo parlamentare «Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione)» ha reso noto che il deputato Domenico Scilipoti è stato nominato vicepresidente vicario del gruppo e che al suddetto deputato, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera, è stato affidato - in caso di assenza o impedimento del presidente del gruppo - l'esercizio dei poteri a questo attribuiti dal Regolamento.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,12).

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, intervengo per ricordare che, alcuni giorni fa, a Milano, sono comparsi dei manifesti con la scritta «Via le Br dalle Procure». Non voglio assolutamente, in questa sede, entrare nel merito né sollevare un dibattito politico - vi sono tante sedi in cui ciò verrà fatto -, ma vorrei utilizzare questo intervento sull'ordine dei lavori soltanto per leggere integralmente la Pag. 2bellissima e nobile lettera che Giuseppe Galli ha pubblicato sul Corriere della Sera di oggi.
Credo che queste parole debbano servire a tutti noi, anche per le scelte che il Parlamento dovrà fare in materia di giustizia, a cominciare dai prossimi giorni. Credo, dunque, che sia molto utile che tutti noi le ascoltiamo, usandole come elemento di riflessione, perché sono parole di grande dignità.
«Milano, 19 marzo 1980: Guido Galli, giudice istruttore presso il tribunale di Milano, cade assassinato dai terroristi di Prima Linea. Milano, aprile 2011: decine di manifesti recanti la scritta "Via le Br dalle Procure", fanno bella mostra tra le vie cittadine. 19 marzo 1980: un bambino di dodici anni piange disperato il padre ucciso. Aprile 2011: un uomo di oltre quarant'anni è costretto a leggere manifesti infamanti contro "quelle Procure" che guidarono il Paese oltre la devastazione del terrorismo. Gli attacchi che da mesi si susseguono contro i magistrati, e soprattutto contro la procura di Milano, toccano il culmine con un'accusa verso quei giudici il cui solo torto è quello di far rispettare le leggi e applicare la giustizia. La delegittimazione sistematica di un'intera categoria, da parte di una classe politica la cui irresponsabilità è, forse, inferiore solo alla follia di chi stampa certi manifesti, non fa altro che indebolire le istituzioni e rendere più vulnerabili tutti noi. Quale reazione a certi messaggi da parte di chi ci governa? Nulla, o poco più: il vuoto totale. C'è amarezza in chi, tanti anni fa, ha visto il proprio padre assassinato dai terroristi e oggi, nella città in cui vive, legge certe parole. Ma c'è anche la consapevolezza che, così come allora Guido Galli cadde con il codice in mano, oggi tanti altri magistrati, tenaci e coraggiosi, con quello stesso codice, applicano le leggi. Quel bambino oggi sa che le sue sorelle maggiori, tutti i giorni, sono lì, nel Tribunale di Milano, nella "Procura delle Br", per permettere a lui, e a tutti noi, di poter vivere in un Paese giusto, libero e democratico. Firmato: Giuseppe Galli» (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

ALDO DI BIAGIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi preme richiamare l'attenzione di questa autorevole Assemblea su una vicenda inquietante che si è verificata, in queste ore, nella città di Torino.
In particolare, vorrei richiamare l'attenzione del Ministero dell'interno affinché si occupi in prima persona di quanto sto per evidenziare e della necessità di adeguati riscontri. Come sappiamo, la presentazione delle liste elettorali per le prossime elezioni amministrative deve rispettare un preciso vademecum diramato dal Viminale, ferma restando la normativa vigente. Si da il caso che le liste della Lega Nord Padania e del Popolo della Libertà siano state presentate con moduli vecchi privi della dichiarazione dell'antimafia nonostante il Viminale in una sua circolare abbia dichiarato, evidenziandolo, che l'assenza di tale dichiarazione comporta il «depennamento» del candidato. Va da sé, onorevoli colleghi, che questa mancanza dovrebbe comportare l'esclusione della lista e quindi dei partiti in questione dalla competizione elettorale.
Tuttavia, la commissione elettorale del comune di Torino ha ritenuto fosse più appropriato prorogare i termini della presentazione delle liste, pur di consentire alla lista di maggioranza di far fronte alle anomalie. Tutto questo nel silenzio della normativa vigente che non riconosce tale possibilità in capo alla commissione, se non previo e specifico provvedimento ministeriale debitamente giustificato e non calato dall'alto; né, tanto meno, l'anomalia della lista di maggioranza risulta essere riconducibile alla fattispecie di vizio formale oggetto di iniziativa di accertamento e di eventuale sanatoria da parte della commissione elettorale, anche perché questo non comporta alcuna proroga. Pag. 3
Rimane il fatto che la commissione, in piena anarchia normativa, ha riconosciuto una deroga alla normativa vigente creando un precedente imbarazzante e preoccupante nel nostro Paese. Il paradosso sta nel fatto che un'attestazione così importante come la dichiarazione antimafia diventi tutto ad un tratto trascurabile. Mi fa meraviglia soprattutto che la stessa Lega Nord Padania, che ha fatto della lotta alla mafia un cavallo di battaglia, interpreti l'assenza di tale riferimento come trascurabile vizio formale.
Per questo ho presentato un atto di sindacato ispettivo, affinché il Ministro Maroni intervenga per fare un po' di chiarezza perché le elezioni amministrative in Italia non diventino un far west; lo dobbiamo a quel che resta della credibilità del nostro Paese.

FABRIZIO CICCHITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, non oggi, ma già da qualche giorno, quando a Milano sono apparsi dei manifesti assolutamente deliranti che mettevano in connessione le Br e la procura, abbiamo dichiarato di ritenere questi manifesti assolutamente deprecabili, deliranti e che non fanno assolutamente parte del nostro retroterra politico e culturale. Aggiungo anche che essi determinano una situazione nella quale si confondono le cose: un conto è il dibattito che noi intendiamo continuare a sviluppare sull'esistenza nella procura di componenti che fanno politica e che portano avanti una loro azione politica, altro sono queste, diciamo così, ipotesi che non stanno né in cielo né in terra e che immettono nel dibattito politico e nella normalità del dibattito politico degli elementi assolutamente aberranti che non sono presenti in alcuna riflessione.
Ribadisco, quindi, una posizione che per quello che ci riguarda abbiamo assunto fin dal primo momento, quando quei manifesti sono stati affissi, condannando tale fatto nel modo più preciso e nello stesso tempo sottolineando come questa gravissima aberrazione non possa cancellare l'esistenza di un dibattito civile, anche se molto duro e aspro, che riguarda l'esistenza di un fenomeno qual è l'uso politico della giustizia che purtroppo caratterizza la vita politica italiana e Milano in termini di anomalia rispetto alla normalità dello Stato di diritto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, vorrei intervenire su questo punto. Ho apprezzato le parole e il tono del collega Cicchitto, però l'uso politico della giustizia può essere fatto anche da chi fa politica cercando di usare la giustizia, cercando uno scontro tra poteri e tra istituzioni.
Ciò si fa anche quando un Presidente del Consiglio prende la parola pubblicamente per denunciare assurdi, grotteschi e improbabili patti scellerati. Questo è un modo tra politica e giustizia, questo è un modo per usare politicamente la giustizia, distruggendo, peraltro, la possibilità di creare un clima di consenso, come dovrebbe essere necessario alla realizzazione delle riforme che gli italiani aspettano o, meglio, aspetterebbero.
Tuttavia, voglio ricordare, rispetto all'episodio specifico - perché ho già avuto modo di dirlo in Aula, credo fosse il 6 aprile, ma potrei sbagliare - che il Corriere della sera, noto e autorevole giornale milanese, riportava nel titolo parole attribuite al Presidente del Consiglio in cui si parlava di «brigatismo giudiziario», riferito alla Procura milanese.
Dalle parole «brigatismo giudiziario» al manifesto «Via le Br dalle Procure» ci sta forse un entusiasmo di troppo di qualcuno che vuole passare dalle parole alle scritte, quantomeno, ma questo è quello che si costruisce. Dal «brigatismo giudiziario», come accusa politica che Pag. 4viene fatta, a metterlo per iscritto su un manifesto. Va quindi benissimo ed è giusto dare atto della condanna pubblica di quel manifesto, di una persona che, però, ha già spiegato che lui consigliere comunale candidato resta e, probabilmente, verrà anche «plebiscitato», perché in questo clima ciò accadrà alle elezioni comunali di Milano.
La responsabilità è personale e lungi da me l'idea di richiamare responsabilità oggettive, ma vanno messe in connessione due cose: quel titolo del Corriere della sera - frasi attribuite al Presidente del Consiglio sul brigatismo giudiziario - e quello che è successo dopo. Vanno bene le prese di distanza postume, vanno bene le smentite postume, ma il confronto cui ci richiamava il presidente Cicchitto deve essere anche sulla misura con cui si usano le parole, soprattutto da parte di chi ha grandi responsabilità istituzionali, politiche e di comunicazione.
Ad esempio, e concludo, quello che abbiamo ascoltato ieri a Milano rispetto alla fantasmagorica accusa di un patto scellerato, non è la misura nell'uso delle parole e della comunicazione politica che ci può rendere distanti da quel manifesto milanese (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).

WALTER VERINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI. Signor Presidente, il suo nome era Costantino Caprus, aveva 29 anni ed era di origine romena. È morto quattro giorni fa nel crollo di una galleria in un cantiere per la costruzione della strada tra Foligno e Civitanova Marche. Si tratta dei cantieri della «Quadrilatero» Umbria-Marche. Quattro mesi fa, negli stessi cantieri, morì Rosario Lo Russo, 58 anni, operaio salernitano, anch'egli al lavoro per quel tratto stradale. E due mesi fa, sempre negli stessi cantieri, altri due lavoratori scamparono per caso alla morte, in seguito alla caduta di un grosso masso che investì il cestello della gru dove stavano lavorando.
Signor Presidente, si tratta di fatti drammatici che hanno spezzato giovani vite e che ripropongono interrogativi serissimi sulle condizioni di sicurezza di quei cantieri e sulle condizioni reali in cui operano i lavoratori dipendenti delle ditte affidatarie degli stessi lavori. I sindacati tutti hanno proclamato uno sciopero e da tempo hanno sollevato il problema della sicurezza di quei cantieri. Così hanno fatto le istituzioni locali e regionali dell'Umbria e delle Marche.
Signor Presidente, la prego di farsi interprete non solo di questo dolore, ma anche delle preoccupazioni che sindacati e istituzioni hanno manifestato, e di sollecitare il Ministro delle infrastrutture e quello del lavoro a porre in atto tutte le verifiche su eventuali responsabilità e tutti i controlli, soprattutto per evitare che tali incidenti si ripetano e per garantire condizioni di sicurezza a quei lavoratori. Lo dobbiamo a quelle vite che non ci sono più e lo dobbiamo ai tanti lavoratori che ancora operano in quella zona.

PRESIDENTE. Sarà certamente compito della Presidenza attivarsi nella direzione da lei chiesta.

Discussione della mozione Di Pietro ed altri n. 1-00391 concernente iniziative per garantire la trasparenza delle informazioni relative all'aiuto pubblico allo sviluppo (ore 17,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Di Pietro ed altri n. 1-00391 (Nuova formulazione) concernente iniziative per garantire la trasparenza delle informazioni relative all'aiuto pubblico allo sviluppo (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Tempestini ed altri n. 1-00621, Pezzotta ed altri n. 1-00623 e Antonione, Pag. 5Dozzo, Sardelli ed altri n. 1-00625 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao, che illustrerà anche la mozione Di Pietro ed altri n. 1-00391 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, rispetto alla cooperazione fornisco alcuni elementi di riflessione che mi auguro possano portare l'intera Aula a concentrarsi su un provvedimento che possa avere ampio respiro e condivisione da parte, mi auguro, di tutta l'Assemblea. Qualora ciò non avvenisse, vorrei almeno che questa riflessione rimanesse come patrimonio e ammonimento per tutta una serie di iniziative che bisogna mettere in campo, al di là del dato puramente ideologico che spesso ci vede distanti piuttosto che condividere alcune responsabilità. Vengo al documento.
Le varie analisi redatte da organismi internazionali ci inducono a prendere atto che l'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Unione europea nel 2009 si è arenato e che lo stesso è molto lontano dall'obiettivo che si era prefissata per il 2010, ossia lo 0,56 per cento stabilito nel 2005. In base alle stime ufficiali i livelli di aiuto nel 2010 dell'Europa a 27 raggiungeranno al massimo lo 0,46 per cento del PIL o lo 0,48 nell'Europa a 15, con un ammanco di circa 11 miliardi rispetto a quanto promesso.
La maggior parte di questo deficit dipende da tre grandi Stati membri: l'Italia ha il 40 per cento di responsabilità, la Germania il 23 per cento e la Francia il 7,5 per cento. Nel 2009 l'aiuto pubblico allo sviluppo è diminuito, passando dai 50 miliardi di euro del 2008 ai 49 miliardi attuali. Il nostro Paese, come è noto, purtroppo ha ridotto dal 56 al 44 per cento rispettivamente per gli anni 2009 e 2010 il proprio contributo alla cooperazione allo sviluppo e consente poco lusinghieramente di essere il fanalino di coda in Europa.
Ho voluto fornire questi dati per porre ancora una volta l'attenzione sugli aiuti alla cooperazione allo sviluppo già oggetto di altre iniziative parlamentari tese a migliorarne l'impatto in termini di maggiore generosità, incontrando però sempre una certa sordità da parte del nostro Governo in tal senso. Oggi, con la presentazione di questa mozione, L'Italia dei Valori ritorna sull'argomento, concentrandosi stavolta sui problemi legati alla scarsa trasparenza delle informazioni relative agli aiuti allo sviluppo.
Uno degli impegni sottoscritti da tutti i donatori nel 2008 al III Forum di alto livello sull'efficacia dell'aiuto allo sviluppo fu proprio quello di garantire la massima accessibilità alle informazioni relative all'aiuto stesso e la massima trasparenza dello stesso, che consentirebbe al Governo una maggiore capacità di programmazione, ai Parlamenti di esercitare uno scrutinio più puntuale e alla comunità e ai cittadini dei Paesi partner di effettuare un controllo capillare locale, vale a dire uno dei migliori antidoti alla corruzione.
In questa direzione un primo studio dell'Università di Princeton ha finalmente presentato i primi risultati statisticamente solidi del rapporto tra la trasparenza degli aiuti che un Paese riceve e il livello interno di corruzione, confermando l'ipotesi iniziale da cui muoveva il rapporto: maggiori sono le informazioni disponibili sugli aiuti per i Paesi, minore è il livello generale di corruzione. L'analisi ha potuto sostenere anche che una riduzione significativa delle informazioni porta a un deterioramento dei livelli di corruzione del Paese.
Proprio per dare seguito all'impegno sull'efficacia dell'aiuto, molti donatori si sono uniti quindi per dare vita allo Iati (Iniziativa internazionale per la trasparenza Pag. 6 dell'aiuto) che ha lo scopo di garantire la massima accessibilità in tempo reale alle iniziative di aiuto allo sviluppo finanziate dai donatori con l'ambizione di avere certamente, come punto di riferimento, l'esperienza di un data base del comitato di assistenza allo sviluppo, ma anche di superarne alcuni limiti attuali, ossia il ritardo nella pubblicazione dei dati, la mancanza di dettagli sui risultati dei programmi e i pochi dettagli geografici che impediscono di situare correttamente le iniziative di sviluppo nei Paesi partner.
Purtroppo - e non ne conosciamo il motivo - l'Italia non ha preso alcuna posizione sulla sua partecipazione o meno a questa iniziativa internazionale sulla trasparenza dell'aiuto laddove, per esempio, i Governi di carattere liberal-conservatore, quali quello inglese e quello svedese, hanno annunciato una politica di piena e aperta divulgazione della documentazione per tutti gli interventi di cooperazione allo sviluppo, che saranno disponibili on line appena effettuata l'approvazione.
Va detto che negli ultimi tre anni si era registrato un miglioramento nella trasparenza e nell'accessibilità delle informazioni per la cooperazione da parte della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, mentre le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze risultavano ancora essere affidate esclusivamente alla relazione annuale al Parlamento, che viene però resa disponibile dopo più di due anni in formato cartaceo, difficilmente reperibile on line. In entrambi i casi le informazioni sono disponibili generalmente solo in italiano, pregiudicandone la fruibilità nei Paesi partner.
Dall'inizio del 2010 l'interruzione della pubblicazione dei bollettini elettronici della cooperazione ha quasi azzerato gli sforzi fatti in precedenza per aumentare la trasparenza della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo. Le informazioni pubblicate in precedenza sui bollettini non riportavano una descrizione dettagliata delle iniziative e, soprattutto, non permettevano alcuna ricerca. In termini di accuratezza della reportistica internazionale, solo lo 0,6 per cento delle iniziative di aiuto italiane non è classificato per settore, collocando il nostro Paese al quinto posto in termini di accuratezza. Tuttavia la stessa attenzione non si presta quando si tratta di notificare, per esempio, l'aiuto legato. Il comitato di assistenza allo sviluppo rivela infatti che il 10 per cento delle iniziative italiane non sono valutate rispetto al criterio dello slegamento: un risultato tra i peggiori tra i 23 Paesi membri dello stesso comitato, secondo solo a Giappone e Germania.
Secondo la recente valutazione sulla trasparenza basata sulla completezza della reportistica, l'Italia risulta penultima, prima del Portogallo, tra tutti i donatori bilaterali e multilaterali. Il «Publish what you fund», la campagna della società civile per una maggiore trasparenza dell'aiuto, ha recentemente pubblicato il primo indice di trasparenza dei donatori. La valutazione si basa su tre criteri: impegno a garantire la trasparenza, trasparenza e comunicazione delle informazioni, reattività delle richieste di informazioni o chiarimenti. La classifica complessiva sulla trasparenza dei donatori vede in testa la Banca mondiale e in coda il Giappone, in trentesima posizione. L'Italia occupa come sempre un posto a ridosso dell'ultimo, verso il trentesimo, in questo caso la ventisettesima posizione. Il nostro Paese è soprattutto penalizzato dalla difficoltà di trasmettere ai Governi partner informazioni sui futuri piani di spesa, complice un ciclo di bilancio per la cooperazione solo annuale che è soggetto a tagli continui e spesso imprevedibili, e dalla limitata reattività di risposta alle domande di chiarimento.
Per rispondere alla crescente pressione dell'opinione pubblica globale sui risultati concreti che l'aiuto ha conseguito, i Paesi donatori finanziariamente più impegnati hanno creato unità di valutazione sistematica dell'impatto degli interventi. Ad esempio, la cooperazione danese ha una struttura di valutazione separata dall'Agenzia che esegue gli interventi di cooperazione, Pag. 7con uno staff di otto persone e un bilancio di 3 milioni di dollari l'anno. In altri casi si sono avviate vere campagne di comunicazione pubblica di massa per dimostrare che l'investimento di denaro pubblico ha prodotto risultati.
Per l'Italia, dal 2002 non è stata prodotta alcuna valutazione sistematica diffusa pubblicamente. Un'unità di valutazione è stata ricostituita nel 2008 e ha approvato un piano di lavoro annuale dotato di un bilancio. Una valutazione è stata conclusa, ma fino ad oggi non era stata dotata di un proprio bilancio che le garantisse l'effettiva operatività.
L'articolo 36 della legge n. 49 del 1987, che disciplina la cooperazione allo sviluppo, prevede che sia istituita presso la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo una banca dati in cui siano inseriti tutti i contratti, le iniziative, i programmi connessi con l'attività di cooperazione disciplinata dalla legge e la relativa documentazione e che l'accesso alla banca dati sia pubblico. Dobbiamo constatare che a tutt'oggi nessuna banca dati è accessibile on line.
Per questi motivi l'Italia dei Valori intende impegnare il Governo a pubblicare on line, in un unico sito, tutte le valutazioni prodotte dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, le relazioni del dipartimento del tesoro relativamente all'azione verso banche e fondi di sviluppo e i documenti strategici come le programmazioni pluriennali per Paese.
Impegniamo, inoltre, il Governo a pubblicare, contestualmente alla loro approvazione, tutte le iniziative di cooperazione allo sviluppo, rendendo pubbliche le informazioni contenute sul sistema informatico della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo per l'approvazione di dette iniziative (il cosiddetto sistema informativo della cooperazione).
Soprattutto, impegniamo il Governo perché finalmente provveda a comunicare la propria adesione allo IATI, l'Iniziativa internazionale per la trasparenza all'aiuto.
Da ultimo e non per ultimo, facciamo rilevare all'Assemblea, al Governo e al sottosegretario che sono state raccolte 55 mila firme alla petizione della ONG One che mercoledì saranno consegnate al Ministero degli affari esteri. Sottolineiamo, inoltre, l'impegno di Actionaid nel richiedere al Governo italiano trasparenza e accountability tra promesse e scelte relative alla cooperazione allo sviluppo.
Mi auguro che tali elementi possano far riflettere e che si possa convergere verso un dato che porti in avanti e registri degli elementi di acquisizione positiva e propositiva affinché la cooperazione allo sviluppo diventi un segno distintivo per il Governo e per l'intero Parlamento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi, che illustrerà anche la mozione Tempestini ed altri n. 1-00621, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, con questa mozione intendiamo attirare l'attenzione su un aspetto particolare della cooperazione allo sviluppo, ovvero sulla trasparenza. Si tratta di una mozione in linea con quella illustrata precedentemente dal collega Di Stanislao sulla trasparenza e sull'accessibilità delle informazioni relative agli aiuti e ai progetti di cooperazione. Può sembrare un aspetto secondario e ininfluente rispetto alle questioni strategiche, cioè a come raggiungere effettivamente gli obiettivi di progresso umano che la comunità internazionale persegue con la cooperazione e che ha la propria «carta» negli obiettivi di sviluppo del millennio, la cui pietra angolare è la lotta alla povertà.
Può sembrare un tema secondario rispetto alla questione della quantità e della qualità degli aiuti, ma direi che questa è soltanto un'impressione. Infatti, in realtà la trasparenza è una condizione non soltanto utile, ma necessaria, un mezzo indispensabile per il buon funzionamento del sistema internazionale della cooperazione. Lo è allo stesso modo (e in fondo non è che una determinazione in uno specifico campo e in un dato momento storico) in cui lo è stata, come base dello Stato di diritto e della democrazia, la Pag. 8pubblicità e il controllo degli atti di Governo che i parlamenti pretesero e imposero ai sovrani nel corso del tempo con le loro battaglie a partire dal Seicento e dal Settecento.
Quindi, è nel quadro dello sforzo congiunto della comunità internazionale per migliorare la qualità degli aiuti e per rendere più stabile, largo e consapevole il consenso agli aiuti nelle società dei Paesi donatori (e, quindi, anche nella nostra) che tutti i donatori (o molti di questi) a livello globale hanno assunto una iniziativa specifica per la trasparenza degli aiuti internazionali allo sviluppo, la International aid transaparency iniziative (IATI). Ciò è avvenuto nel settembre 2008 ad Accra, in Ghana, in occasione del III forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti, con uno sguardo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. Fu allora adottata un'agenda di azione finalizzata a rendere esplicito il nesso tra efficacia degli aiuti, trasparenza e responsabilità nell'uso delle risorse pubbliche.
Il nostro Paese non ha aderito a questa iniziativa e noi con questa mozione vogliamo impegnare il Governo italiano a farlo. Lo chiede anche una petizione - è stato ricordato dal collega che mi ha preceduto - della società civile lanciata on line promossa dall'organizzazione One che ha raccolto 55 mila firme che verranno consegnate nei prossimi giorni al Ministero degli affari esteri. Hanno aderito Germania, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Norvegia, Finlandia, Irlanda, Svizzera, Danimarca, la Commissione europea, l'Australia, la Nuova Zelanda, la Banca mondiale e altre organizzazioni internazionali.
Non conosciamo i motivi per i quali il Governo italiano non abbia aderito. Non possiamo, peraltro, immaginare che la spiegazione risieda in un dissenso di principio o in uno scetticismo di fondo sul mezzo, cioè che possa essere dovuto ad una qualche ragione politica il non aver fino ad ora aderito ad una iniziativa che riunisce, come dicevo, donatori, Paesi beneficiari e organizzazioni della società civile allo scopo di rendere pubbliche le informazioni sul flusso degli aiuti allo sviluppo.
A tale scopo, l'International aid transparency initiative ha infatti elaborato - ed è importante - un codice di condotta e degli standard per rendere accessibili, comparabili e pubbliche le informazioni circa il flusso di aiuti e di attività e per aiutare i Governi dei Paesi in via di sviluppo a migliorare la loro pianificazione.
In una situazione di oggettiva difficoltà per la nostra cooperazione e di gravi responsabilità politiche - lasciatemelo dire - del Governo in carica nel suo progressivo deterioramento, non vorremmo che impegni sul piano qualitativo e della trasparenza venissero avvertiti come pesi inutili o addirittura controproducenti, in quanto atti a mettere in evidenza ritardi e inadempienze di cui purtroppo ci siamo resi «colpevoli». Infatti, semmai sarebbe vero il contrario: un impegno preciso assunto a livello internazionale per la trasparenza e l'accessibilità aiuterebbe la nostra cooperazione a fare meglio e spronerebbe anche il Governo ad assumersi in modo aperto le proprie responsabilità.
Peraltro - lo voglio dire senza dilungarmi troppo - questo è un tema che abbiamo proposto e riproposto in ogni sede parlamentare perché, alla denuncia del drastico e costante taglio dei fondi alla cooperazione - siamo passati dallo 0,22 per cento del PIL nel 2008 all'attuale 0,13 o 0,14 per cento, mentre dovremmo essere allo 0,51 e raggiungere lo 0,7 per cento nel 2015 - noi abbiamo sempre accompagnato richieste e proposte perché quei fondi venissero stanziati in modo trasparente e comprensibile. Quindi, abbiamo sempre chiesto in primo luogo, che i fondi per lo sviluppo venissero resi disponibili in modo prevedibile con programmazioni pluriennali, in secondo luogo che venissero impiegati in modo coerente secondo chiare priorità nazionali e internazionali, in terzo luogo che ciò fosse fatto in modo coordinato tra il livello multilaterale e bilaterale, cioè tra il Ministero degli esteri e quello dell'economia delle finanze, tra il livello Pag. 9centrale e quello decentrato nonché tra il livello pubblico e quello privato e, in quarto luogo, che tutto ciò avvenisse in modo trasparente e cioè con rendiconti tempestivi e dettagliati sui vari piani dell'intervento, tenendo costantemente aggiornato il Parlamento e l'opinione pubblica.
Purtroppo, assai poco è stato fatto in questa direzione. La responsabilità ricade sul Governo, sul piano politico del Governo, non su quello amministrativo. Pensiamo che le raccomandazioni della peer review dell'OCSE restino in gran parte disattese, non solo quelle del 2009, ma anche quelle del 2004. Pensiamo che la credibilità internazionale del nostro Paese soffra pesantemente dei ritardi accumulati nella corresponsione dei contributi da noi dovuti agli istituti finanziari e ai fondi di aiuti internazionali: ricordo per tutti il mancato contributo italiano al Fondo di contrasto all'AIDS e alle pandemie per il 2009 e il 2010, per un totale di più o meno di 290 milioni di euro (135 per ciascuno dei due anni menzionati, più 20 di contributo straordinario promesso in occasione del G8 dell'Aquila). Certamente, per un Governo come questo affrontare in modo costruttivo le politiche della cooperazione può essere difficile, se non impossibile, visto che al dicastero dell'economia c'è un Ministro che teorizza sostanzialmente l'inutilità, se non la negatività, dell'aiuto pubblico allo sviluppo da Stato a Stato, a livello multilaterale e bilaterale.
Vorremmo non avere capito bene, ma quello che abbiamo capito è che, secondo il Ministro dell'economia e delle finanze, l'aiuto pubblico allo sviluppo andrebbe sostanzialmente sostituito da progetti realizzati dal volontariato, finanziati da quote dell'IVA, e che si realizzano in loco, scavalcando sostanzialmente gli Stati e le autorità pubbliche.
La detax, che piace a Tremonti, in realtà non dovrebbe essere vista come alternativa all'aiuto pubblico allo sviluppo, ma semmai come integrativa. Così come forme di finanziamento all'aiuto pubblico allo sviluppo, come la microtassa sulle transazioni finanziarie e speculative, che a Tremonti non piace e che potrebbe costruire una fonte di finanziamento di impegni assunti a livello internazionale dai Paesi più ricchi per quelli più poveri, come da noi proposto.
Quello che colpisce è che la tesi del nostro Ministro dell'economia e delle finanze è in assoluta controtendenza rispetto a tutto quanto la comunità internazionale sta facendo per rendere efficace e controllabile l'aiuto allo sviluppo. Uso concetti inglesi che il Ministro conosce bene e che sono centrali negli obiettivi di sviluppo del millennio: ownership e accountability.
Ciò vuol dire che gli Stati destinatari dell'aiuto sono interlocutori fondamentali e che l'efficacia dell'aiuto non può prescindere ed anzi esige che vi siano amministrazioni statali funzionanti ed efficienti, laddove l'aiuto viene ricevuto. Basta pensare al fisco, alla salute ed alla scuola. Si tratta di fare meglio, prima ancora che di più, e per fare meglio serve trasparenza, anche per evitare, come il Ministro Tremonti ha denunciato, che i soldi degli aiuti finiscano in armi o in Svizzera.
Appunto: un conto è adottare strumenti per fare meglio quello che si fa o anche per diversificare quanto si fa o per mettere accenti diversi tra i vari comparti della cooperazione pubblica e privata; un altro conto è evocare come positivo e desiderabile qualcosa che non si fa e denunciare i limiti e le distorsioni di quello che si fa, suscitando l'impressione che l'evocazione del meglio serva a non fare più nemmeno il bene.
Ecco, a noi sembra che ci sia parecchia carne al fuoco dietro la questione apparentemente minore, che è l'iniziativa sulla trasparenza: un mezzo e non un fine, ma un buon mezzo per un buon fine. Peraltro, questa è una direzione su cui ci si sta muovendo da anni nel quadro di una riforma degli strumenti di finanziamento, una riforma che cerca di imparare dall'esperienza e che è passata prima dalla Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti, nel 2005, in seguito dall'Agenda per l'azione di Accra, nel 2009. In questa direzione si muove anche l'Unione europea Pag. 10con la Commissione, che sta predisponendo un documento di lavoro su trasparenza e responsabilità.
Oggi la cornice in cui si svolgono tali iniziative è l'attesa e la preparazione del quarto forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, che si svolgerà dal 29 novembre al 1o dicembre di quest'anno in Corea, a Busan. Questo orizzonte, che pare strano e lontano dal pensiero del Ministro dell'economia e delle finanze, è presente invece alla nostra cooperazione e al Ministero degli affari esteri, che sanno come un punto debole della nostra attività di aiuto sia la carenza di appropriati strumenti di valutazione dei progetti realizzati o in via di realizzazione e sanno anche che - lo si legge in un documento previsionale sull'attività di cooperazione nel 2011, tuttora all'esame della Commissione affari esteri - «la valutazione sistematica degli interventi di cooperazione contribuirà non solo ad una maggiore trasparenza dell'esborso di fondi pubblici per finalità di cooperazione allo sviluppo internazionale, ma anche ad una chiara tracciabilità dell'applicazione dei principi di efficacia degli aiuti».
Dunque, trasparenza. Naturalmente, nella trasparenza c'è sia un problema di gradi e livelli che di velocità e tempestività, ma non vi è dubbio che aumentare l'accessibilità e la disponibilità delle informazioni relative alla cooperazione allo sviluppo è un importante obiettivo che tutti gli Stati dovrebbero concretamente perseguire.
Ho dato un'occhiata al sito del Ministero degli affari esteri - Direzione generale cooperazione sviluppo: c'è un gran lavoro fatto e va riconosciuto, ma c'è anche un gran lavoro da fare. Sono pubblicate ancora troppo poche schede dei Paesi in cui si svolge la nostra cooperazione e per i Paesi in cui la scheda c'è e vi si descrive l'attività svolta nei vari ambiti di cooperazione - penso per esempio all'Albania - nella descrizione dei progetti e delle somme erogate e impegnate ci si ferma a livelli di aggregazione piuttosto ampi. Si potrebbe andare più nel dettaglio.
Tuttavia, gli sforzi compiuti dalle amministrazioni sono importanti e vanno riconosciuti, anche se sono ancora fortemente insufficienti, anche a causa - ritengo e lo voglio riconoscere - dei tagli di bilancio operati con le ultime manovre finanziarie.
Secondo una recente valutazione della trasparenza, basata sulla completezza della reportistica, l'Italia risulta classificata non bene, come penultima, prima del Portogallo, tra tutti i donatori bilaterali e multilaterali.

PRESIDENTE. Onorevole Barbi, La prego di concludere.

MARIO BARBI. Signor Presidente, solo un minuto. Le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze nel quadro multilaterale risultano ancora più fortemente inadeguate, essendo affidate esclusivamente a una relazione annuale al Parlamento che giunge costantemente in ritardo, dopo due anni.
Signor Presidente, consegnerò il testo del mio intervento se me lo consente e riepilogo rapidamente i punti in cui chiediamo l'impegno al Governo: in primo luogo, aderire tempestivamente all'iniziativa lanciata dall'International aid transparency initiative per la trasparenza dell'aiuto; in secondo luogo, migliorare la trasparenza dell'aiuto pubblico italiano, mediante la predisposizione da parte del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell'economia e delle finanze, di una sistematica informazione e pubblicazione on line dei documenti relativi; in terzo luogo, favorire, anche in vista del quarto forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, tutte le iniziative volte a promuovere un consenso globale per la trasparenza degli aiuti e incoraggiare l'Unione europea perché assuma un ruolo guida in questo senso.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

Pag. 11

PRESIDENTE. Onorevole Barbi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta, che illustrerà la mozione Antonione ed altri n. 1-00625, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, oggi stiamo discutendo un tema importante, ossia la cooperazione allo sviluppo che rappresenta un punto chiave della nostra politica estera. Come stabilisce la legge n. 49 del 1987, la cooperazione è, appunto, parte integrante della nostra politica estera.
A livello internazionale, l'Italia svolge un'attività di cooperazione unanimemente apprezzata non solo dai Paesi beneficiari, ma anche dalle organizzazioni internazionali come le agenzie dell'ONU. Vorrei portare due esempi a tal proposito. Un primo esempio riguarda quanto l'Italia sta facendo in Afghanistan. Le nostre iniziative nel campo del diritto, della pubblica amministrazione e dell'aiuto all'imprenditoria endogena sono esempi portati a modello dagli stessi amici afgani. L'altro esempio concerne gli ingenti aiuti alimentari, medici e di supporto che, su iniziativa del Governo e del Ministro Frattini, l'Italia ha portato, come primo Paese europeo, in Tunisia con grande efficacia nel contesto dell'attuale crisi nordafricana.
Ricordo questi esempi per sottolineare che la cooperazione italiana costituisce, certamente, un apprezzato motivo di orgoglio. Voglio ringraziare tutti gli operatori che portano avanti il loro impegno veramente con competenza e passione. Un successo che premia l'azione di Governo, ma a cui partecipa tutto il Parlamento, con la capacità di dare convergenza e stimolo.
Al riguardo, vorrei ricordare che, nell'ambito di tale spirito di convergenza, l'anno scorso il Parlamento ha approvato la legge n. 149 che abbiamo proposto, insieme ai colleghi dell'opposizione, per apportare migliorie alla gestione dei fondi da parte del Ministero degli esteri per la cooperazione allo sviluppo.
Su questo sfondo, oggi discutiamo delle mozioni mirate ad ottimizzare alcuni aspetti cruciali che devono contraddistinguere l'azione di cooperazione sul piano esterno e, in particolare, la trasparenza della comunicazione relativa alle attività di cooperazione, peraltro strettamente collegata alla loro efficacia.
Si tratta di esigenze fondamentali che abbiamo avuto modo di approfondire anche nei lavori del Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio, che ho l'onore di presiedere, insieme alla Commissione affari esteri della Camera. Nel definire gli obiettivi di sviluppo del millennio, che devono essere conseguiti entro il 2015, la Comunità internazionale ha tenuto conto dei principali orientamenti emersi negli ultimi anni in tema di cooperazione allo sviluppo, in particolare con riferimento ai principi di efficacia degli stessi aiuti indicati dal II Foro di alto livello del 2005, l'Accra agenda for action.
Si è così passati da una concezione quantitativa ad una più consapevole dimensione qualitativa degli aiuti, anche se la questione qualitativa è veramente importante e fondamentale. Nella relazione dell'indagine conoscitiva che abbiamo svolto, si è presentata a più riprese la questione della carenza della quantità degli aiuti e, in particolare, della notevole riduzione del contributo del nostro Paese alle istituzioni quali il World food programme o il Fondo globale per la lotta all'AIDS, la tubercolosi e la malaria.
Tra i princìpi di efficacia degli aiuti vi è una particolare enfasi sia sulla necessità di una sempre più trasparente comunicazione dei dati sull'aiuto pubblico allo sviluppo nei confronti dell'opinione pubblica dei Paesi donatori, sia sull'opportunità di garantire una maggiore prevedibilità dei flussi di aiuto verso i Paesi in via di sviluppo. Ciò è fondamentale per consentire a tali Paesi di impostare al meglio i propri piani di sviluppo al fine di incrementare l'impatto generale dei programmi di cooperazione. Pag. 12
In tal senso il 2011 costituisce un anno fondamentale per un pubblico bilancio dei risultati sinora ottenuti nel miglioramento della qualità delle politiche pubbliche di donatori e di riceventi. Si terrà infatti, come è stato citato dai colleghi, a Busan, in Corea del sud, una riunione importante sull'efficacia degli aiuti.
In quella sede si valuteranno i progressi realizzati a partire dal 2005 e l'Italia, insieme ad altri Paesi donatori, sarà chiamata a dare conto di quanto fatto anche nel campo della trasparenza e della valutazione dei risultati della propria attività di cooperazione.
Mi sembra dunque importante evidenziare gli sforzi già compiuti dalla cooperazione italiana in tale prospettiva. Assolutamente positivo è l'esercizio, avviato nel 2009, di una programmazione triennale e alla base della loro elaborazione e della cooperazione vi è stato un positivo ed ampio processo di consultazione, che ha coinvolto diversi attori della cooperazione stessa. Le linee guida, oggi aggiornate al triennio, costituiscono un documento programmatico e, conseguentemente, si tratta di fare in modo che vi sia una maggiore trasparenza per le priorità geografiche e settoriali della cooperazione italiana, che definisca chiaramente anche il volume delle risorse finanziarie a disposizione per la realizzazione delle sue attività.
Si tratta, dunque, a mio modo di vedere - e mi avvio a concludere - di un importante passo in avanti nel senso di una migliore comunicazione delle informazioni, come anche di una maggiore trasparenza delle attività della nostra cooperazione. Sulla scia di tali progressi va menzionato anche il piano programmatico per l'efficacia degli aiuti con cui la Farnesina si è prefissata proprio il raggiungimento degli obiettivi dell'efficacia previsti dalla dichiarazione di Parigi. Sono sviluppi fortemente apprezzabili, così come quelli che prevedono la definizione ed approvazione delle linee guida della valutazione e di un primo piano annuale delle valutazioni da parte della stessa Farnesina.
Certamente, questi passi in avanti devono spingere il Ministero degli affari esteri a progredire su questa strada, al fine di rendere sempre più nota all'opinione pubblica italiana l'azione del sistema di cooperazione allo sviluppo per una maggiore trasparenza. In tal senso credo che si dovrebbe anzitutto poter avere tempestivo accesso on line ad ogni possibile informazione sugli interventi di cooperazione approvati dal comitato direzionale della cooperazione del Ministero stesso. Ad esempio, ritengo che l'adozione del sistema utilizzato dal Comitato di aiuto pubblico allo sviluppo dell'OCSE, il Creditor reporting system, possa rappresentare un ottimo sviluppo in termini di trasparenza nonché una valida alternativa all'adesione all'iniziativa denominata IATI, che appare certamente un'iniziativa di difficile applicazione per il sistema italiano.
Inoltre e in conclusione, signor Presidente, il Ministero degli affari esteri potrebbe ripristinare quanto prima la regolare pubblicazione del bollettino Dipco come insostituibile strumento di trasparenza delle attività di cooperazione allo sviluppo nonché dotarsi di linee d'azione e di strumenti, anche finanziari, per avviare al più presto un'organica attività di valutazione dei risultati delle attività di cooperazione svolte ai sensi della legge n. 49 del 1987.
Sono altresì convinto che si possa raggiungere una maggiore trasparenza anche attraverso l'adozione di iniziative di coordinamento, che nel rispetto della legislazione vigente, consentano di dare progressivamente vita ad un vero e proprio «sistema Italia» della cooperazione. So che ciò costituisce un obiettivo prioritario indicato dallo stesso Ministro Frattini.
In conclusione, queste osservazioni, che ho ritenuto importante sottolineare, esprimono margini di un possibile ed ulteriore miglioramento nell'azione della cooperazione italiana, sotto il profilo appunto della trasparenza, ed obiettivi che sono contenuti nella mozione proposta dalla Pag. 13maggioranza, che auspico possano essere accolti dal Governo e approvati in quest'Aula.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Reguzzoni ed altri n. 1-00609 e Poli ed altri n. 1-00620, concernenti iniziative per l'incremento dei controlli relativi alle pensioni di invalidità (ore 18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Reguzzoni ed altri n. 1-00609 e Poli ed altri n. 1-00620, concernenti iniziative per l'incremento dei controlli relativi alle pensioni di invalidità (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Di Stanislao ed altri n. 1-00622, Miotto ed altri n. 1-00626, Iannaccone ed altri n. 1-00627 e Cazzola ed altri n. 1-00628 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno discusse congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole Munerato, che illustrerà anche la mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00609, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

EMANUELA MUNERATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, questo atto scaturisce dalla volontà del gruppo della Lega Nord di esprimere il proprio consenso e la nostra approvazione all'operato del Governo in materia di accertamento dell'invalidità civile.
Il Piano straordinario di verifiche avviato nel 2009 per duecentomila posizioni, secondo quanto disposto dall'articolo 80 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, e incrementato di ulteriori centomila controlli con la legge finanziaria del 2010, ha prodotto risparmi per oltre cento milioni di euro: ciò è significativo del fatto che il Governo è sulla giusta strada per ripristinare la legalità e combattere i truffatori.
Secondo quanto reso noto nello scorso mese di marzo dal presidente dell'INPS, l'istituto ha revocato 10.608 pensioni di invalidità, con riferimento al contingente 2010, pari all'11,6 per cento delle posizioni controllate. In pratica, sia nel 2009 che nel 2010 la percentuale delle revoche si è mantenuta costante, attestandosi all'11,62 per cento nel 2009 e all'11,6 per cento nel 2010.
La percentuale del 2010 fa riferimento solo alle pratiche dei centri medici legali sul territorio, ma tale percentuale sale se si tiene conto anche delle revoche disposte dalla Commissione medica superiore e raggiunge addirittura il 23 per cento se si considerano anche le sospensioni delle invalidità civili a seguito dell'assenza ingiustificata del soggetto chiamato a verifica.
Ci teniamo a rilevare che il Ministero e l'INPS devono impegnarsi a vigilare che i controlli vengano effettuati nel rispetto delle persone e a valutare attentamente ogni singolo caso, al fine di non penalizzare involontariamente i veri disabili.
Ma quello che a noi preme sottolineare è la significativa differenziazione, a livello territoriale, del fenomeno. A guidare la classifica delle revoche è, a livello provinciale, Sassari con il 76 per cento delle prestazioni cancellate, seguita da Cagliari con il 64 per cento, Napoli con il 55 per Pag. 14cento, Perugia con il 53 per cento, Benevento con il 52 per cento e Roma con il 26 per cento.
A livello regionale il primato spetta alla Sardegna con il 53 per cento di pensioni revocate, seguita dall'Umbria con il 47 per cento, dalla Campania con il 43 per cento, dalla Sicilia con il 42 per cento e dalla Calabria con il 35 per cento.
Molto diversa invece è la situazione del nord Italia, con il 6 per cento di revoche in Lombardia - a Milano solo il 3 per cento, per un valore assoluto di 85 revoche su 2532 verifiche - il 9 per cento in Piemonte ed Emilia e il 10 per cento in Toscana.
Da queste situazioni i primi a rimetterci sono coloro i quali hanno diritto ai benefici poiché trovano meno risorse a loro disposizione, in quanto individui che non ne hanno diritto accedono a pensioni e assegni di invalidità.
Per questo vogliamo impegnare il Governo a proseguire la strada intrapresa in relazione agli accertamenti delle invalidità civili, concentrando i controlli in quelle regioni ove finora si è registrato un numero maggiore di false invalidità.
Riteniamo che la strada corretta per una reale giustizia sociale sia quella di aumentare i controlli ma anche di sanzionare con rigore. Per questo chiediamo che si proceda con verifiche fiscali nei confronti di medici compiacenti, responsabili delle false certificazioni di invalidità, chiedendo loro di risarcire con il patrimonio personale il danno procurato allo Stato e ai veri invalidi.
Vorremmo che anche gli enti territoriali fossero coinvolti nel piano di verifiche straordinario, sul modello di quanto già previsto nel decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, relativamente alla partecipazione dei comuni al contrasto all'evasione fiscale e contributiva.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dionisi, che illustrerà anche la mozione Poli ed altri n. 1-00620, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, che rappresenta in questa sede il Governo, il tema delle mozioni relative all'incremento dei controlli sulle pensioni di invalidità sulle quali si è aperta oggi la discussione sulle linee generali scaturisce dalla duplice esigenza di contrastare il fenomeno delle false invalidità e di tutelare i veri invalidi.
I controlli dell'INPS sulle pensioni di invalidità sono iniziati un paio di anni fa, in seguito agli incrementi sproporzionati di spesa pensionistica legata al settore delle pensioni di invalidità. Le pensioni di invalidità civile nell'anno 2006 erano 2,4 milioni, oggi siamo a 2,8 milioni, con una crescita nell'ultimo quinquennio del 22,4 per cento e con un forte squilibrio tra nord e sud, dovuto anche, in parte, al requisito del reddito.
L'azione di contrasto e le verifiche effettuate concernenti le false pensioni di invalidità hanno prodotto risultati sorprendenti.
In testa alla classifica delle regioni con il più alto tasso di revoca delle prestazioni relativo al 2010 troviamo la Sardegna con il 53 per cento, seguita dall'Umbria con il 47, dalla Campania con il 43, dalla Sicilia con il 42, e dalla Calabria con il 35 per cento. A livello provinciale il primato di pensioni revocate spetta a Sassari con il 76 per cento, seguita da Cagliari con il 64, Napoli con il 55, Perugia con il 53, e Benevento con il 52. A Roma le cancellazioni sono risultate pari al 26 per cento delle verifiche, mentre a Milano sono pari al 3 per cento.
L'attività di verifica sembra aver avuto anche un effetto di deterrenza sul numero delle nuove domande di invalidità presentate nel corso del 2010, con una diminuzione del 17 per cento rispetto al 2009. La diminuzione maggiore del numero di domande si è registrata in Molise seguita dalla Puglia e dalla Campania. Questi risultati però non ci devono illudere più di tanto perché l'invecchiamento della popolazione comporta la crescita delle persone non autosufficienti e, di conseguenza, un aumento della spesa assistenziale. Ecco perché è necessario maggiore rigore se si Pag. 15vuole garantire assistenza ai veri bisognosi che nei prossimi anni saranno sempre in numero crescente.
Nel corso del 2010 l'attività dell'INPS ha portato alla cancellazione del 23 per cento delle pensioni d'invalidità civile controllate, in aumento rispetto all'11 per cento registrato nel 2009. Questo aumento delle cancellazioni è imputabile all'affinamento del campione controllato, soprattutto per quanto riguarda alcune aree sensibili del Paese che sostanzialmente coincidono con quelle con il più alto numero di domande di pensione di invalidità. Lo sforzo delle verifiche compiuto è stato importante ma non ancora sufficiente rispetto alla platea di beneficiari. È evidente che in certe aree del nostro Paese le pensioni d'invalidità (260 euro per 13 mensilità) e l'indennità di accompagnamento (487 euro per 12 mensilità) svolgono una vera e propria funzione di ammortizzatore sociale, e qualche volta di scambio politico-clientelare con un ruolo delle ASL che a volte è troppo accondiscendente.
Per impedire e interrompere il flusso delle false invalidità l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 ha introdotto un sistema di riconoscimento dei benefici di invalidità civile che richiede un rapporto sinergico tra l'INPS e le ASL, nel quale l'interessato presenta in via telematica la domanda di invalidità abbinata al certificato medico compilato e inviato direttamente dal medico di fiducia.
Nel 2009 gli accertamenti sono stati 200 mila, 100 mila quelli effettuati lo scorso anno, mentre si prevede per il 2011 e per il 2012 circa 250 mila verifiche all'anno. In totale alla fine del 2012 saranno circa 800 mila le pensioni di invalidità controllate su un totale di quasi 2 milioni e 900 mila. Non sono solo i falsi invalidi ad essere nel mirino dell'INPS ma anche persone che, pur avendo ricevuto correttamente i benefici dell'invalidità nel passato, oggi si trovano in condizioni psicofisiche diverse poiché magari la patologia è stata curata o è migliorata. Tuttavia i problemi non mancano, anche ora, visto che solo la metà delle commissioni mediche delle ASL sono integrate da un medico dell'INPS, mentre nel resto dei casi l'INPS interviene successivamente invitando il cittadino ad effettuare una seconda visita. Oltre ai risvolti sociali e burocratici di questa doppia visita, questa mancanza di integrazione tra ASL e INPS fa sì che i tempi di liquidazione delle prestazioni di invalidità civile siano biblici, ed a volte registriamo anche difformità di trattamento da ASL a ASL, da regione a regione. A fronte di un obiettivo dichiarato della stessa INPS di centoventi giorni per la liquidazione attualmente la media dei tempi è di quasi un anno.
Purtroppo, ancora oggi, si rileva che l'utilizzo dell'applicazione informatica dell'INPS o, in alternativa, la realizzazione di collaborazione telematica con le ASL, avviene solo in maniera parziale. Molte ASL utilizzano modalità diverse, non standardizzate, al di fuori delle applicazioni informatiche previste, motivo per cui l'80 per cento dei verbali di accertamento delle ASL stesse sono ancora cartacei. Ciò comporta, dopo la trasmissione della documentazione dalle ASL all'INPS, la necessità di attivare una fase procedurale di acquisizione, al fine di trasformare le informazioni ricevute da cartacee in elettroniche, con inevitabili ritardi e duplicazioni di costi. Il presidente dell'INPS, Mastrapasqua, ha precisato che i ritardi nei tempi di liquidazione delle prestazioni di invalidità civile sono molto lunghi anche a causa di questa difficoltà di comunicazione e di sinergia tra l'INPS e le ASL. In sintesi, l'INPS verifica ed effettua gli accertamenti utilizzando, innanzitutto, la documentazione medica che è trasmessa all'istituto dalle Aziende sanitarie locali. Inoltre, mi preme sottolineare che, nelle fasi di verifica di invalidità, dovrebbe essere tenuto in considerazione il documento contenente le linee guida secondo le quali sono esclusi dagli accertamenti alcuni soggetti, come i minori con patologie validamente documentate, soprattutto concernenti la sfera psichica, o con patologie di tipo genetico, malformativo, soggetti affetti da sindrome di Down, persone inserite in strutture di lunga degenza o Pag. 16residenze protette, persone sottoposte ad interdizione legale, anziani con perdita dell'autonomia personale adeguatamente documentata, patologie neoplastiche di comprovata gravità.
È necessario, dunque, mettere in atto queste linee, in modo da non arrecare danni alle persone affette da vera invalidità, ma, nello stesso tempo, accertare e perseguire con determinazione i falsi invalidi. È evidente, visti gli importanti risultati conseguiti, che si sta procedendo verso la giusta strada, anche se molto deve essere ancora fatto nel rispetto di quanti, veri invalidi, hanno, nella pensione di invalidità, l'unico mezzo di sostentamento. Già in quest'Aula abbiamo avuto modo, attraverso diversi atti di sindacato ispettivo e, nello specifico, di interrogazioni...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Dionisi.

ARMANDO DIONISI. Sto concludendo, signor Presidente. Ho tredici minuti?

PRESIDENTE. No, onorevole Dionisi, ne ha dieci.

ARMANDO DIONISI. Dieci? Solo? Ho concluso...

PRESIDENTE. Prego, onorevole Dionisi, concluda.

ARMANDO DIONISI....e di interpellanze, di affrontare il problema legato alle persone affette da invalidità gravi di essere sottoposti a vere prestazioni per certificare il loro stato. Riteniamo sia giusto e doveroso usare le opportune cautele e il rispetto per le persone affette da gravi invalidità senza nessuna caccia alle streghe. Per questi motivi, nella mozione chiediamo che vengano sempre più rispettati i diritti dei veri malati, impedendo in ogni modo che debbano subire l'umiliazione di dimostrare lo stato reale ed evidente della loro malattia. Inoltre, riteniamo necessario un impegno del Governo affinché promuova la stipula di apposite convenzioni tra le regioni e l'INPS con l'obiettivo di avere un'unicità del soggetto accertatore ed erogatore delle prestazioni, che eviti duplicazioni di adempimenti e ritardi nell'erogazione delle prestazioni e, soprattutto, una disomogeneità applicativa sul territorio nazionale. I controlli effettuati sulle pensioni di invalidità hanno prodotto risparmi di spesa importanti e suscettibili di ulteriori incrementi negli anni 2011 e 2012. Queste risorse recuperate - e concludo, signor Presidente - dai «furbetti», potrebbero essere destinate dall'INPS ad un progetto di occupazione dei tanti giovani disoccupati, per intensificare la lotta all'evasione contributiva o al rifinanziamento della social card per le famiglie sempre più in difficoltà e sulla soglia di povertà.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00622. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo per segnalare che il decreto legge n. 78 del 2010, all'articolo 20, ha previsto la presenza obbligatoria di un medico dell'INPS quale componente effettivo nelle commissioni mediche delle Aziende sanitarie locali che devono effettuare gli accertamenti sanitari in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità.
L'INPS accerta altresì la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile e sordità civile, handicap e disabilità. Inoltre, detto decreto ha previsto che dal 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti vengono presentate all'INPS. Sempre il decreto-legge n. 78 del 2009, come successivamente modificato dalla legge finanziaria per l'anno 2010, ha altresì previsto una intensificazione delle verifiche annuali circa la permanenza dei requisiti sanitari e reddituali nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. Pag. 17
Il successivo decreto-legge n. 78 del 2010, all'articolo 10, comma 4, ha anche disposto che per il triennio 2010-2012 l'INPS effettui, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento delle permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100 mila verifiche per l'anno 2010 e 250 mila verifiche per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. Sulla base dei suddetti piani programmatici di accertamento e alla luce del fatto che nel 2009 vi erano stati controlli su 200 mila persone, alla fine di questi quattro anni l'INPS avrà effettuato controlli su 800 mila pensioni di invalidità con il condivisibile obiettivo di ridurre drasticamente le prestazioni ingiustificate. Va ricordato che di queste prestazioni ingiustificate solamente una parte riguardano i cosiddetti falsi invalidi, mentre in molti altri casi le verifiche hanno l'obiettivo di verificare se le persone alle quali a suo tempo erano stati riconosciuti benefici abbiano ancora i requisiti sanitari necessari o se, invece, sono persone realmente invalide ma cui è stata volutamente e illegittimamente riconosciuta una invalidità più grave di quella effettiva.
L'intensificazione del programma dei controlli sulle false pensioni di invalidità ha cominciato a dare i suoi risultati e a produrre conseguentemente i primi sensibili risparmi di denaro pubblico. Nel 2009 le pensioni di invalidità civile revocate sono state l'11 per cento di quelle controllate, nel 2010 la percentuale di pensioni di invalidità revocate dall'INPS, sempre su quelle controllate, è stata pari al 23 per cento. Le sole prestazioni per benefici puri, ossia che hanno solamente una pensione di invalidità, ammontano a circa 15 miliardi di euro l'anno e riguardano circa 2,9 milioni di persone. Dall'attuale piano INPS di controlli a campione è realistico attendersi un risparmio annuale di circa un miliardo di euro, una cifra notevole, anche se lontana dagli 8-10 miliardi recuperabili se, teoricamente, le verifiche venissero svolte su tutti. È ben noto che vi sono aree del Paese dove le erogazioni di false pensioni di invalidità, attualmente pari a 206 euro mensili per 13 mensilità, svolge da troppo tempo un'impropria e illegale funzione di ammortizzatore sociale, peraltro troppo spesso conseguente a vere e proprie forme di scambio clientelare e di cattura e gestione del consenso politico. Una truffa troppo a lungo non affrontata con la giusta determinazione e con conseguenze negative sia in termini di legalità sia di sperpero di risorse pubbliche.
Rispetto al passato, attualmente la procedura per le pensioni di invalidità prevede che sia svolta per via telematica e che all'INPS spetti l'ultima parola rispetto alla permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. La normativa precedente prevedeva invece che l'INPS non avesse un ruolo decisionale in materia di concessioni di pensioni di invalidità, ma solo quello di sportello pagatore. Attualmente le commissioni mediche delle aziende sanitarie dovrebbero essere integrate da un medico dell'INPS ma in realtà, come ha recentemente ricordato il presidente dell'INPS, ciò avviene solamente in circa la metà dei casi in quanto le ASL non sono obbligate. Ciò comporta che per l'altra metà delle pratiche è la stessa INPS che successivamente convoca la persona che ha presentato la domanda, che si trova così costretta a subire due visite.
Anche in conseguenza di questa difficoltà di comunicazione tra INPS e aziende sanitarie locali, i tempi di liquidazione delle prestazioni di invalidità civile sono molto lunghi. Nel 2010 i tempi medi tra la presentazione della domanda di pensione di invalidità civile e la sua effettiva liquidazione sono stati quasi di un anno. Ciò che quindi sicuramente manca è la collaborazione fra i due istituti attualmente del tutto insufficiente: su un milione 800 mila domande presentate nel 2010 solo 900 mila sono state già esaminate dalle ASL e di queste appena il 20 per cento è stata trasmessa all'INPS per via telematica mentre il resto è stato inviato ancora in forma cartacea.
In un'intervista rilasciata al quotidiano Il Mattino il presidente dell'INPS ha ricordato Pag. 18che su base nazionale «quando facciamo delle visite straordinarie le ASL ci consegnano appena il 9 per cento di pratiche di richieste di invalidità». L'altro 91 per cento dichiara di non possederlo più e non motivano la mancata consegna anche perché non sono tenute a motivarla. È quindi necessaria una maggiore collaborazione da parte delle ASL, che devono operare nel massimo della trasparenza.
Il ritardo con cui l'INPS riceve le informazioni da parte delle aziende sanitarie locali non può tradursi, come invece purtroppo avviene, in un aggravio a danno dei cittadini che già vivono una situazione di forte disagio, e la giusta e doverosa battaglia di contrasto ai falsi invalidi non può in nessun caso finire per penalizzare chi è realmente affetto da un'invalidità grave e i suoi familiari. Non solo, ma a quanto esposto si aggiunga anche che circa il 49 per cento delle pratiche trasmesse dalle ASL viene corretto dall'INPS, il quale, fatti i relativi controlli, riduce o toglie le previste prestazioni. È, quindi, di tutta evidenza la necessità di intervenire su questo sistema al fine di garantire la necessaria celerità e soprattutto trasparenza.
Si è, inoltre, ancora lontani dalla completa informatizzazione dell'Istituto nazionale di previdenza sociale, mentre invece le domande e le prestazioni previdenziali dovrebbero giungere all'Istituto solo per via telematica. Vanno, inoltre, sottolineate le numerose critiche, sollevate spesso anche dalle stesse associazioni di disabili, circa le campagne di visite di verifica alle quali l'INPS sta chiamando i pensionati di invalidità. Le associazioni dei non vedenti - per fare un solo esempio - hanno lamentato che anche gli stessi non vedenti siano stati chiamati al controllo. Nei vari piani di verifica delle false invalidità sono state, infatti, chiamate con troppa frequenza, da parte dell'INPS, anche persone che di fatto dovevano essere escluse in quanto rientranti in una delle patologie di cui al decreto ministeriale 2 agosto 2007, sottoponendo le medesime persone ad umilianti, nuove procedure burocratiche.
Concludo, chiedendo l'impegno del Governo a perseguire il piano di controlli già operante, prevedendo una sua intensificazione a livello nazionale; a valutare l'opportunità di prevedere opportune forme di rotazione in ambito regionale dei componenti le commissioni mediche delle aziende sanitarie locali; a valutare l'opportunità di prevedere che quota parte dei risparmi conseguenti alle programmate attività di accertamento della sussistenza e permanenza dei requisiti nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile possa essere finalizzata ad un adeguamento dei trattamenti economici di invalidità civile, previsti dalla legislazione vigente ed erogati dall'INPS; ad attivarsi affinché, dai previsti controlli da parte dell'INPS, vengano definitivamente esentati i cittadini portatori di handicap o di patologie per le quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante, di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 agosto 2007; ad attivarsi, affinché avvenga effettivamente attuata la vigente disposizione per la quale ogni commissione medica delle ASL deve essere integrata da un medico dell'INPS, anche al fine di evitare che, dopo una prima visita da parte delle ASL, la persona che ha presentato la domanda sia costretta - come ancora oggi, troppo spesso, avviene - a sottoporsi ad una seconda visita da parte dell'INPS; a garantire dei tempi più rapidi per la liquidazione delle prestazioni di invalidità, che sono attualmente di circa un anno dal momento della presentazione della domanda.
Concludo, dicendo che si chiede l'impegno da parte del Governo a portare a definitivo compimento il processo di informatizzazione dell'INPS e delle stesse ASL, garantendo un'indispensabile maggiore e più stretta collaborazione tra l'Istituto nazionale di previdenza sociale e le aziende sanitarie locali. Ciò è assolutamente indispensabile, affinché gli utenti non vengano vessati e affinché i servizi, in chiave di fruizione, siano efficaci ed efficienti, Pag. 19al fine di ottimizzare le prestazioni attraverso un'intesa ed una collaborazione più stretta.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Argentin, che illustrerà la mozione Miotto ed altri n. 1-00626, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, signor Ministro, la mozione in oggetto per noi è assolutamente molto importante, perché, in qualche modo, dal decreto-legge n. 78 del 2009, soprattutto con riferimento all'articolo 20, abbiamo visto una serie di situazioni che sono ben lontane da una realtà concreta. Vi sono state numerose campagne stampa, molte volte alla radio e in televisione, da parte del presidente, che merita - lo dico con molta sincerità - tutta la mia stima, nelle quali, però, ha portato avanti una serie di argomentazioni non vere.
Vorrei dire, infatti, che dall'emanazione del citato provvedimento, avevamo una serie di impegni che sono stati assolutamente non considerati. Il primo tra questi è che, entro un anno, o meglio, esattamente entro centoventi giorni, dovevamo dare una risposta alle persone che facevano richiesta delle pensioni di invalidità. Ebbene, da quanto ci riporta il sottosegretario della Lega, Martini, esse sono più di un milione e 90 mila, a dimostrazione che la questione non è in questi termini. Inoltre, ci siamo trovati di fronte ad una facilitazione e ad una trasparenza che dovevano nascere attraverso l'informatica.
La scelta informatica invece ha finito per essere, in qualche modo, inutilizzata, visto che non c'è stato un rapporto organico e lineare tra INPS e ASL, un po' per mancanza di personale, un po' per una serie di inadeguatezze e di incapacità molte volte degli stessi strumenti informatici; quindi non c'è stata la possibilità di utilizzare Internet per trovare una soluzione; non c'è stata una risposta all'immediatezza. Le dico questo perché ci troviamo quasi tutti di fronte ad una doppia visita: una visita da parte dell'INPS e una visita da parte della ASL.
Lei capisce che la doppia visita ASL-INPS comporta, per persone con difficoltà, enormi problemi per essere seguiti e, per quanto riguarda l'aspetto strettamente culturale ed etico, è un po' la negazione della propria dignità perché, una volta che si sia stabilito che una persona ha una patologia cronica o comunque grave che può andare soltanto a peggiorare, le assicuro che non è una cosa piacevole sentirsi messi in discussione per accertamenti continui. Ovvio è che abbiamo il diritto di mettere in discussione e di togliere la pensione ai falsi invalidi, ma per far questo non facciamo una caccia alle streghe, nel senso che i falsi invalidi e gli invalidi veri sono storie diverse.
Vede, signor Ministro, noi abbiamo un po' la prosopopea di chiamare tutti invalidi e poi di parlare di disabili, di persone svantaggiate, di cecità, di sordità, però effettivamente noi parliamo di persone che vivono un limite e a questo limite non si può sopperire con 260 euro al mese. Mi creda, soprattutto per quelle patologie, come quelle date negli ultimi anni dal cancro, con una serie di difficoltà molto pesanti e che rendono la vita sempre più breve, ci si deve sbrigare. È vero che dobbiamo combattere i falsi invalidi ma non ci dobbiamo accanire contro i veri invalidi. Questo credo che sia necessario dirlo e ripeterlo.
Ci sono tante domande non risolte, come ho detto prima, sono circa un milionenovantamila. Non c'è collaborazione con le ASL e il vero dramma di questa procedura informatica è stato che i patronati, che, come lei saprà, hanno sempre gestito in qualche modo le domande dei veri invalidi e dei falsi invalidi però erano un punto di riferimento per quelle associazioni, per quelle realtà che non riuscivano da sole a affrontare un percorso di lavoro per raggiungere la pensione, adesso sono completamente impossibilitati ad intervenire. Riconosco che non è una sciocchezza tenere fuori questi terzi soggetti, è una cosa importante rispetto alle vicende attuali, però è pur vero che il disabile autentico non ha più sostegni, non sa più da chi può essere aiutato, perché la pratica Pag. 20non può essere seguita in nessun modo né dalla persona né dal patronato.
Inoltre non vengono concessi, e questa è una cosa fondamentale, i verbali provvisori. Cosa significa questo? Molte famiglie usufruiscono della legge n. 104, che, come lei sa, garantisce una serie di giorni liberi, di tempi a disposizione per la cura dei propri figli o dei propri familiari; ora, non venendo rilasciati i verbali provvisori, queste persone perdono questi tempi e nessuno glieli risarcirà mai. È per questo che con umiltà ma con grande determinazione crediamo che l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 debba essere rimesso in discussione, anche perché l'aumento dei poteri che abbiamo dato all'INPS oggi comporta che l'INPS sia controllore e controllato. È lo stesso soggetto; non c'è nessuno che controlla l'ente, non esiste una realtà che possa controllare il lavoro di questo. Allo stesso modo, non si può pensare che nella procedura, nelle visite che avvengono per riconoscere l'invalidità, vengano bloccati i soldi dell'utente.
Credo che si possa andare avanti e lì dove si dovessero trovare dei falsi invalidi tornare alla possibilità di privarli di alcune cose, in modo, comunque, da essere risarciti. Tuttavia, è impossibile, e glielo garantisco, che molti soggetti con disabilità vera, non solo i non vedenti che, lei mi insegna, culturalmente, riescono a trovare lavoro, così come i sordi, ma soprattutto coloro che sono nel ritardo mentale cognitivo, con quei 260 euro, così come molte famiglie, riescono a garantirsi un minimo di assistenza maggiore che, altrimenti, verrebbero a perdere.
Altra cosa che chiediamo è una serie di linee guida reali e concrete. Cosa intendo con questo? Che vi sono, come le dicevo prima, delle patologie irreversibili, faccio un esempio per tutte: le distrofie muscolari sono quasi sempre progressive, o le sclerosi multiple, oppure ancora le forme di tetraplegia, non è che si torna indietro da queste realtà. Allora, perché costringere alla doppia visita? È necessario anche che vi siano dei tecnici.
Inoltre, a differenza di quanto si crede, voi, nel regolamento avevate scritto che sarebbero andati a casa a controllare il disabile che aveva delle gravità enormi, ma questo non avviene, nel senso che, soprattutto nei paesini sperduti del nord e sud Italia ci troviamo ad avere ASL che molto spesso comprendono non un paese, ma cinque o sei paesini, dove le ambulanze, all'interno delle quali vengono messe queste persone, devono essere pagate dagli stessi interessati, che vivono così una situazione non solo imbarazzante, ma anche di costo che non tutti possono permettersi.
Dopodiché noi quello che chiediamo è che dopo 30 giorni dall'emanazione di quest'atto vorremmo dei dati sulle pratiche evase e depositate, così come sulla distribuzione territoriale. Ho sentito parlare la collega della Lega che diceva che nel sud, molte volte, la pensione di invalidità era un palliativo per sopperire ad altri bisogni: io le dico francamente che tutto ciò può essere anche vero - io non ne sono convinta -, ma quello che credo in modo forte è che lì dove vi sono situazioni soprattutto di indigenza economica e fattori sociali esterni che non sopperiscono a molti limiti, ovviamente l'invalidità si presenterà. Cioè, il ragazzo borderline che vive a Roma o a Milano non è certo il ragazzo borderline che vive in un paesino del Mezzogiorno, il quale, a distanza di pochissimo tempo, diventerà il mattacchione di turno, volente o nolente.
Per cui dico che è importante capire, sulle pratiche evase e depositate, la distribuzione territoriale, come essa avviene e, in più, i rapporti che vi sono con gli uffici provinciali e regionali - perché alcuni vanno alla grande e altri procedono invece molto a rilento -, i disagi causati da motivi di risparmio, perché in molte situazioni si tende al risparmio, e della non uniformità dei programmi INPS, che rappresenta un altro grande disagio.
Concludo ricordando quanto culturalmente la pensione di invalidità, per quanto riguarda il mio partito e me personalmente, dovrebbe essere eliminata nel momento in cui si riuscisse realmente, per la gran parte, ad inserire i cittadini che hanno un deficit nel contesto lavorativo, perché vi assicuro che è molto più pregiudiziale Pag. 21sentirsi indicati a dito perché costiamo sulle buste paga della cittadinanza piuttosto di quanto non sia andare a lavorare e prendere uno stipendio. So che in questo momento di grande disoccupazione sicuramente i disabili non sono disoccupati di «serie A» e che dobbiamo avere tutti le stesse pari opportunità.
Però se decidiamo di finanziare alcune leggi, come la legge n. 68 del 1999 per l'integrazione lavorativa, non riesco a capire perché non siamo in grado di fare un lavoro diverso sulle pensioni di invalidità. Dovremmo investire - ripeto che lo dico con umiltà, ma con convinzione - su questo.
Inoltre, signor Ministro - concludo veramente - sull'appalto con Postel, i relativi costi e la durata, sono argomenti sui quali un pochino di chiarezza sarebbe necessaria perché, come lei mi insegna, da cose che sono utili e necessarie, molte volte vengono costruiti film veri e propri che portano a pensare che dietro a questi bandi non ci siano altro che interessi specifici aziendali. Secondo me questo non è, ma più della sua parola per dare una conferma in tal senso credo non vi sia niente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00628. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, ringrazio il Ministro che è qui presente ad ascoltare la nostra discussione. Prima di entrare nel merito ed illustrare la mozione presentata a mia prima firma dal Popolo della Libertà, se me lo consente, impiegherei trenta secondi per ricordare che oggi è il 18 aprile.
Visto che la settimana scorsa abbiamo parlato di ricorrenze e ci siamo tutti scaldati con bei gesti patriottici in quest'Aula a ridosso, peraltro, anche di una discussione difficile che avevamo fatto sul punto precedente all'ordine del giorno, credo che anche il 18 aprile meriti di essere ricordato. Infatti, il 18 aprile del 1948 la Democrazia cristiana e i suoi alleati vinsero le elezioni, salvarono il Paese, salvarono la democrazia e salvarono anche, se mi è consentito, la sinistra da se stessa.
Ciò detto, ed entrando nel merito della mozione, sull'invalidità come fenomeno giuridico, economico e sociale si potrebbe scrivere più di un capitolo ampiamente rappresentativo della storia economica e sociale del Paese nelle sue diverse evoluzioni. Innanzitutto, devo ricordare che cosa si intende per invalidità e che esistono almeno due tipologie di invalidità: la prima è definita invalidità pensionabile.
Si tratta di un classico istituto di carattere previdenziale e infatti il comma 2 dell'articolo 38 della Costituzione recita: «i lavoratori hanno diritto che siano preveduti» (preveduti ha la stessa radice di previdenza) «ed assicurati» (assicurati ci richiama alle assicurazioni sociali) «mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria». In sostanza, se un lavoratore perde la propria capacità lavorativa in conseguenza di un evento che incide sulla sua integrità psicofisica, a fronte ovviamente del versamento richiesto per questa fattispecie dei contributi sociali (di solito si tratta di un numero limitato di contributi sociali), può ottenere una pensione di invalidità o di inabilità, a seconda della gravità della sua situazione.
La seconda fattispecie si chiama invalidità civile ed è riconducibile al primo comma dell'articolo 38 della Costituzione che recita: «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale». La pensione di invalidità civile è dunque un trattamento assistenziale che comprende anche l'indennità di accompagnamento rivolto agli inabili e agli indigenti ed è sottoposto alla cosiddetta prova dei mezzi.
A metà degli anni Settanta l'Italia si accorse di essere un Paese di invalidi. Le pensioni di invalidità, quelle di natura previdenziale, erano superiori rispetto a quelle erogate a titolo di vecchiaia. Cosa era successo? La società italiana si era servita della previdenza per risolvere problemi Pag. 22sociali, ossia per tutelare quelli che erano rimasti nelle campagne impoveriti dall'immigrazione interna, le aree del sud abbandonate e via di questo passo.
È successo altre volte, non solo in Italia ma anche in altri Paesi, che la previdenza svolgesse dei compiti suppletivi, intervenisse a fare il mestiere che altre politiche sociali avrebbero dovuto fare. Per esempio, l'Olanda negli anni Ottanta scoprì anch'essa di essere un Paese di invalidi perché risolse il problema della ristrutturazione produttiva - la stessa ristrutturazione produttiva che in quegli stessi anni in Italia abbiamo risolto con i prepensionamenti - con la concessione di parecchie centinaia di migliaia di pensioni di invalidità. Il bello è che, tornando al caso Italia degli anni Settanta, non c'erano violazioni di legge perché le norme allora vigenti stabilivano che fosse la capacità di guadagno il parametro da prendere in considerazione per erogare la pensione e quindi andava presa in considerazione anche la realtà socioeconomica del contesto. Ci furono circolari dell'INPS che precisarono con chiarezza questo aspetto. Così l'invalidità pensionabile era diventata una prestazione sostitutiva di una sorta di reddito minimo in termini assolutamente legali, assolutamente corrispondenti alle norme di legge e all'interpretazione che davano gli istituti previdenziali.
Nel 1984, con la legge n. 222, il Governo e il Parlamento posero mano a questa situazione anomala e introdussero nell'ordinamento una modifica che si è rivelata fondamentale, nel senso che il parametro divenne la perdita della capacità lavorativa. Questa modifica condusse nel tempo a normalità il problema dell'invalidità pensionabile e così la società assistita si spostò sulla invalidità civile. Negli anni Ottanta erano erogate 400 mila pensioni di invalidità civile, ora siamo di poco al di sotto dei tre milioni. Negli ultimi anni anche l'istituto di invalidità civile ha subito degli interventi, che sono già stati ricordati in quest'Aula dai colleghi che mi hanno preceduto. Dapprima l'invalidità civile era di competenza delle prefetture poi, passo dopo passo, questo istituto è entrato nell'area di influenza dell'INPS, che è il soggetto che gestisce la prestazione e che riceve dallo Stato più di 17 miliardi di euro, secondo il bilancio preventivo del 2011. Nelle ultime leggi si è addirittura trovato un modo per consentire all'INPS di intervenire nella fase delicata dell'accertamento e delle verifiche, consentendo al personale medico dipendente dall'istituto di partecipare alle commissioni istituite presso le ASL. Poi qui abbiamo sentito che esistono dei problemi, abbiamo sentito denunciare che questa cosa presenta degli aspetti non sempre congrui rispetto alle norme di legge, ma tant'è che la svolta è stata realizzata ed è stata portata a termine da questo Governo.
Va detto che nell'esplosione del fenomeno invalidità civile non c'è soltanto la pratica di un assistenzialismo viziato, connotato da ampi e vistosi processi di illegalità. Spesso, quando si parla di invalidità si cede alla tentazione di sparare sulla Croce rossa, ma se abbiamo un fenomeno così ampio è anche perché abbiamo andamenti demografici che sono quelli che sono. Abbiamo una popolazione che invecchia, una popolazione peraltro che, anche se vede incrementare moltissimo la sua attesa di vita in ragione di circa tre o quattro mesi l'anno, è tuttavia ancora condannata dalla medicina e dalla fisioterapia a passare alcuni anni di invalidità, se non di inabilità, prima di rendere l'anima al Signore. Quindi, abbiamo queste ricadute sul fenomeno, che sono anche fatti obiettivi che denotano esigenze di carattere sociale cui facciamo fronte praticamente con questi interventi, con questi trasferimenti di carattere monetario.
I Governi hanno adottato una linea di condotta impostata sui controlli allo scopo di combattere gli abusi. Lo hanno fatto anche Governi precedenti, questo lo ha fatto con particolare impegno. È una linea che ha pagato in termini di revoche ma tuttavia meno di quanto sembri, in quanto dovremo anche fare i conti con la dimensione di un contenzioso che spesso restituisce ai cittadini i trattamenti che vengono revocati. Pag. 23
Ci sono degli inconvenienti che sono stati denunciati. Lo ha fatto anche l'onorevole Argentin con la conoscenza della materia. Non sempre è possibile essere selettivi, spesso c'è il rischio di sparare nel mucchio e di compiere visite di controllo inutili, che creano spesso soltanto disagi a persone o famiglie che non avrebbero bisogno di avere situazioni difficili e complicate nella loro vita quotidiana.
Signor Ministro, signor Presidente, sono convinto - lo dico anche come testimone informato della materia - che, se si vuole ridurre la spesa, occorre certamente fare meglio il mestiere di chi fa le verifiche e di chi controlla, ma occorre anche porsi il problema della normativa riguardante i requisiti. Infatti, mentre la pensione di invalidità civile è condizionata al reddito del cittadino (analogamente a tutte le prestazioni assistenziali è «a prova dei mezzi», come si dice in modo tecnico), l'indennità di accompagnamento non lo è. Quest'ultima indennità, che peraltro è anche la voce di spesa dove minori sono gli abusi, perché i criteri per riconoscerla sono molto severi, è tuttavia la voce di spesa che è più cresciuta negli ultimi anni con una progressione che definirei geometrica.
Le fornisco alcuni dati, signor Ministro, che peraltro sono contenuti nella mozione a mia prima firma. Le pensioni di invalidità civile più i carichi di famiglia nel 2003 incidevano per 3,4 miliardi, mentre le indennità di accompagnamento per 8,4 miliardi; nel 2009 le pensioni più i carichi di famiglia erano passati a 4,7 miliardi, con un aumento di 1,3 miliardi di euro, mentre l'indennità di accompagnamento era passata a 12,4 miliardi di euro. Quindi, praticamente si era avuto un incremento di quasi il 50 per cento rispetto alla spesa del 2003.
Capisco che si tratta di decisioni da valutare attentamente e che vanno prese «a valle» della verifica del successo o dell'insuccesso del programma attuato per passare in rassegna i casi anomali del settore. Tuttavia, è bene anche ricordare che è la Costituzione al primo comma dell'articolo 38 ad indicare che le prestazioni assistenziali vengano erogate a chi è sprovvisto dei mezzi necessari per vivere. Questa, quindi, sarebbe una linea di condotta conforme al dettato costituzionale.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 19 aprile 2011, alle 11:

1. - Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(ore 16)

2. - Seguito della discussione della relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti (Doc. XXIII, n. 6).

3. - Seguito della discussione delle mozioni Pescante, Gozi, Maggioni, Buttiglione, Ronchi, Razzi, Porcino ed altri n. 1-00567 e Tabacci ed altri n. 1-00624 concernenti iniziative per la tutela e la promozione della lingua italiana nelle istituzioni dell'Unione europea.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Della Vedova ed altri n. 1-00612, Rao ed altri n. 1-00614, Ferranti ed altri n. 1-00615, Costa, Lussana, Belcastro ed altri n. 1-00616, Bernardini ed altri n. 1-00617, Di Pietro ed altri n. 1-00618 e Pag. 24Mosella ed altri n. 1-00619 concernenti iniziative relative alla situazione delle carceri.

5. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
BITONCI ed altri; CERONI ed altri; VANNUCCI ed altri: Disposizioni concernenti la ripartizione della quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche devoluta alla diretta gestione statale (C. 3261-3263-3299-A).
- Relatore: Ceroni.

6. - Seguito della discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00391, Tempestini ed altri n. 1-00621, Pezzotta ed altri n. 1-00623, Antonione, Dozzo, Sardelli ed altri n. 1-00625 e Pisicchio ed altri n. 1-00629 concernenti iniziative per garantire la trasparenza delle informazioni relative all'aiuto pubblico allo sviluppo.

7. - Seguito della discussione delle mozioni Reguzzoni ed altri n. 1-00609, Poli ed altri n. 1-00620, Di Stanislao ed altri n. 1-00622, Miotto ed altri n. 1-00626, Iannaccone ed altri n. 1-00627 e Cazzola ed altri n. 1-00628 concernenti iniziative per l'incremento dei controlli relativi alle pensioni di invalidità.

La seduta termina alle 18,50.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARIO BARBI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI SULLE INIZIATIVE PER GARANTIRE LA TRASPARENZA DELLE INFORMAZIONI RELATIVE ALL'AIUTO PUBBLICO ALLO SVILUPPO

MARIO BARBI. Con la mozione Tempestini ed altri n. 1-00621 intendiamo attirare l'attenzione su un aspetto particolare della cooperazione allo sviluppo. Sulla trasparenza. Sulla trasparenza e sull'accessibilità delle informazioni relative agli aiuti e alla realizzazione dei progetti di cooperazione. Può sembrare un aspetto secondario e ininfluente rispetto alle questioni strategiche: cioè come raggiungere effettivamente gli obiettivi di progresso umano che la comunità internazionale persegue con la cooperazione e che ha la propria Carta negli obiettivi di sviluppo del millennio - la cui pietra angolare è la lotta alla povertà. Può sembrare un tema secondario rispetto alla questione della quantità e della qualità degli aiuti. Ma questa è soltanto un'impressione. In realtà, la trasparenza è una condizione non soltanto utile ma necessaria: un mezzo indispensabile per il buon funzionamento del sistema internazionale della cooperazione. Lo è allo stesso modo - e in fondo non ne è che una determinazione in uno specifico campo e in un dato momento storico - in cui lo è come base dello Stato di diritto e della democrazia, la pubblicità e il controllo degli atti di governo che i parlamenti pretesero e imposero ai sovrani con le loro battaglie a partire dal sei/settecento.
Ora, è nel quadro dello sforzo congiunto della comunità internazionale per migliorare la qualità degli aiuti e per rendere più stabile, largo e consapevole il consenso agli aiuti nelle società dei paesi donatori, che tutti i donatori a livello globale hanno assunto una iniziativa specifica per la trasparenza degli aiuti internazionali allo sviluppo - l'International Aid Transparency Initiative (IATI). Ciò avvenne nel settembre del 2008, a Accra, in Ghana, in occasione del Terzo Forum di alto livello sull'Efficacia degli aiuti con lo sguardo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. Fu allora adottata un'Agenda di azione finalizzata a rendere esplicito il nesso: efficacia degli aiuti, trasparenza e responsabilità nell'uso delle risorse pubbliche. Il nostro Paese non ha aderito a questa iniziativa: e noi con questa mozione vogliamo impegnare il Governo italiano a parteciparvi. Ci sono Germania, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Norvegia, Finlandia, Irlanda, Svezia, Danimarca, la Commissione europea, l'Australia e la Nuova Zelanda e poi la Banca mondiale e altre organizzazioni internazionali. Lo chiede anche una petizione on linePag. 25promossa da ONE che ha raccolto cinquantacinquemila firme che verranno consegnate nei prossimi giorni al MAE. Non conosciamo i motivi per cui l'Italia non abbia aderito. Ma non possiamo immaginare che la spiegazione risieda in un dissenso di principio o in uno scetticismo di fondo. Cioè che possa esservi qualche ragione politica nel non avere finora aderito a un'iniziativa che riunisce donatori, paesi beneficiari e organizzazioni della società civile allo scopo di rendere pubbliche le informazioni sul flusso degli aiuti allo sviluppo.
A tale scopo, la International Aid Transparency Initiative ha infatti elaborato un codice di condotta per rendere accessibili e pubbliche le informazioni circa il flusso di aiuti e di attività e per aiutare i governi dei paesi in via di sviluppo a migliorare la loro pianificazione. In una situazione di oggettiva difficoltà per la nostra cooperazione e di gravi responsabilità politiche del Governo nel suo progressivo smantellamento, non vorremmo che impegni sul piano qualitativo e della trasparenza venissero avvertiti come dei pesi inutili o addirittura controproducenti in quanto atti a mettere in evidenza ritardi e inadempienze. Perché semmai sarebbe vero il contrario: un impegno preciso assunto a livello internazionale per la trasparenza e l'accessibilità aiuterebbe la nostra cooperazione a fare meglio e spronerebbe il Governo ad assumersi in modo aperto le proprie responsabilità. Peraltro, lo voglio dire senza dilungarmi troppo, questo è un tema che abbiamo proposto e riproposto in ogni sede parlamentare. Perché alla denuncia del drastico e costante taglio dei fondi della cooperazione - siamo passati dello 0,22 per cento del Pil nel 2008 all'attuale 0,13 per cento: dovremmo essere allo 0,51 e raggiungere lo 0,7 nel 2015 -, alla denuncia dei tagli, dicevo, noi abbiamo sempre accompagnato richieste e proposte perché quei fondi venissero stanziati in modo trasparente e comprensibile. Quindi abbiamo sempre chiesto: che i fondi per lo sviluppo venissero resi disponibili in modo prevedibile con programmazioni pluriennali; venissero impiegati in modo coerente secondo chiare priorità nazionali e internazionali; che ciò fosse fatto in modo coordinato tra il livello multilaterale e bilaterale, cioè tra Ministero degli esteri e dell'economia e tra il livello centrale e decentrato nonché tra il livello pubblico e quello privato e, infine, che tutto ciò avvenisse in modo trasparente, cioè con rendiconti tempestivi e dettagliati sui vari piani dell'intervento tenendo costantemente aggiornato il Parlamento e l'opinione pubblica.
Purtroppo, assai poco è stato fatto in questa direzione. E la responsabilità ricade sul Governo, sul piano politico del Governo e non su quello amministrativo. Pensiamo che le raccomandazioni della peer review dell'OCSE restano in gran parte disattese (non solo quelle del 2009 ma anche quelle del 2004). Pensiamo che la credibilità internazionale del nostro Paese soffre pesantemente dei ritardi accumulati nella corresponsione dei contributi da noi dovuti agli istituti finanziari e ai fondi di aiuto internazionale: ricordo per tutti il mancato contributo italiano al fondo di contrasto all'aids e alle pandemie per il 2009 e il 2010 per un totale di più o meno 290 milioni di euro (135 + 135 per i due anni + 20 di contributo straordinario promesso in occasione del G8 dell'Aquila). Certamente, per un Governo come questo affrontare in modo costruttivo le politiche della cooperazione può essere difficile se non impossibile visto che al dicastero dell'economia c'è un ministro che teorizza sostanzialmente l'inutilità se non la negatività dell'aiuto pubblico allo sviluppo da Stato a Stato, a livello multilaterale e bilaterale. Vorremmo non avere capito bene, ma quello che abbiamo capito è che secondo il Ministro dell'economia l'aiuto pubblico allo sviluppo andrebbe sostituito da progetti realizzati dal volontariato finanziati da quote dell'Iva e che si realizzano in loco scavalcando sostanzialmente gli Stati.
La detax che piace a Tremonti non dovrebbe essere vista come alternativa all'aiuto pubblico allo sviluppo, ma semmai come integrativa. Così come forme di finanziamento all'aiuto pubblico allo sviluppo Pag. 26come la micro tassa sulle transazioni finanziarie speculative che a Tremonti non piace potrebbero costituire una fonte di finanziamento di impegni assunti a livello internazionale dai paesi più ricchi per quelli più poveri. Quello che colpisce è che la tesi del nostro Ministro dell'economia è in assoluta controtendenza rispetto a tutto quanto la comunità internazionale sta facendo per rendere efficace e controllabile l'aiuto allo sviluppo. Uso concetti inglesi che il ministro conosce bene e che sono centrali negli obiettivi di sviluppo del millennio: ownership e accountability. Vuole dire che gli Stati destinatari dell'aiuto sono interlocutori fondamentali e che l'efficacia dell'aiuto non può prescindere ed anzi esige che vi siano amministrazioni statali funzionanti ed efficienti: basta pensare al fisco, alla salute ed alla scuola. Si tratta di fare meglio, prima ancora che di più. E per fare meglio serve trasparenza. Anche per evitare come il ministro Tremonti ha denunciato che i soldi degli aiuti finiscano in armi o in Svizzera. Ma appunto: un conto è adottare strumenti per fare meglio quello che si fa o anche per diversificare quanto si fa o per mettere accenti diversi tra i vari comparti della cooperazione pubblica e privata; un altro conto è evocare come positivo e desiderabile qualcosa che non si fa e denunciare i limiti e le distorsioni di quello che si fa suscitando l'impressione che l'evocazione del meglio serva a non fare più nemmeno il bene.
Ecco, a noi sembra che ci sia parecchia carne al fuoco dietro la questione apparentemente minore che è l'iniziativa sulla trasparenza. Un mezzo e non un fine, ma un buon mezzo per un buon fine. Peraltro, questa è una direzione su cui ci si sta muovendo da anni nel quadro di una riforma degli strumenti di finanziamento, una riforma che cerca di imparare dall'esperienza e che è passata prima dalla Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti (2005) e in seguito dall'Agenda per l'azione di Accra (2008). In questa direzione si muove anche l'Unione europea con la Commissione che sta predisponendo un documento di lavoro su Trasparenza e Responsabilità. Oggi la cornice in cui si svolgono tali iniziative è l'attesa e la preparazione del Quarto Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, che si svolgerà dal 29 novembre al 1 dicembre 2011 in Corea, a Busan. Questo orizzonte, che pare estraneo e lontano dal pensiero del Ministro dell'economia, è presente invece alla nostra Cooperazione e al Ministero degli Esteri che sanno come un punto debole della nostra attività di aiuto sia la carenza di appropriati strumenti di valutazione dei progetti realizzati o in via di realizzazione e sanno anche che - lo si legge in un documento previsionale sull'attività di cooperazione nel 2011, tuttora all'esame della Commissione esteri - «la valutazione sistematica degli interventi di cooperazione contribuirà non solo ad una maggiore trasparenza dell'esborso dei fondi pubblici per finalità di cooperazione allo sviluppo internazionale, ma anche ad una chiara tracciabilità dell'applicazione dei principi di efficacia degli aiuti». Dunque, trasparenza.
Naturalmente c'è nella trasparenza sia un problema di gradi e livelli che di velocità e tempestività. Ma non vi è dubbio che aumentare l'accessibilità e la disponibilità delle informazioni relative alla cooperazione allo sviluppo è un importante obiettivo che tutti gli Stati dovrebbero concretamente perseguire. Ho doto un'occhiata al sito degli Esteri - Direzione generale cooperazione sviluppo: c'è un gran lavoro fatto, ma anche un gran lavoro da fare. Sono pubblicate ancora troppo poche schede dei Paesi in cui si svolge la nostra cooperazione. E per i Paesi in cui la scheda c'è e si descrive l'attività svolta nei vari ambiti di cooperazione (penso all'Albania) nella descrizione dei progetti e delle somme erogate e impegnate ci si ferma a dei livelli di aggregazione piuttosto ampi. Si potrebbe andare più nel dettaglio. Tuttavia, gli sforzi compiuti dalle amministrazioni sono importanti e vanno riconosciuti anche se sono ancora fortemente insufficienti, anche a causa dei tagli di bilancio operati con le ultime manovre finanziarie. Secondo una recente valutazione della trasparenza, basata sulla completezza Pag. 27della reportistica, l'Italia risulta classificata come penultima, prima del Portogallo, fra tutti i donatori bilaterali e multilaterali. Le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze nel quadro multilaterale risultano ancora più fortemente inadeguate, essendo affidate esclusivamente a una Relazione annuale al Parlamento che giunge costantemente in ritardo, dopo due anni. Ad aggravare la situazione dal punto di vista della scarsa accessibilità e della scarsa trasparenza dei flussi informativi si aggiunge che le informazioni sono fornite solo in italiano. Eppure proprio nell'attuale situazione di crisi globale che rende difficile per molti Paesi, e in particolare per l'Italia, mantenere un adeguato investimento pubblico per gli aiuti allo sviluppo, la trasparenza della spesa è parte di una risposta, convincente e necessaria a mantenere il sostegno pubblico alla cooperazione internazionale e per accrescere la consapevolezza dei risultati degli aiuti. È anche evidente, lo ripeto ma per sottolinearlo, che la trasparenza serva a contrastare la corruzione e i suoi effetti deleteri che vanno a completo danno delle popolazioni che dovrebbero beneficiare degli aiuti e dei contribuenti dei Paesi donatori.
Ecco, per tutte queste ragioni, chiediamo con la nostra mozione al Governo di aderire tempestivamente all'iniziativa lanciata dall'International Aid Transparency Initiative (IATI) per la trasparenza dell'aiuto allo sviluppo e inoltre; di migliorare la trasparenza dell'aiuto pubblico italiano, mediante la predisposizione da parte del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell'economia e delle finanze, di una sistematica informazione e pubblicazione on-line, dei documenti sulla cooperazione allo sviluppo, con le relative previsioni di spesa, delle informazioni concernenti prestiti e aiuti condizionati alla fornitura di beni e servizi italiani, prevedendo per questo scopo uno specifico accantonamento di risorse; a favorire, anche in vista del Quarto Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, tutte le iniziative volte a promuovere un consenso globale per la trasparenza degli aiuti, nonché a incoraggiare l'Unione europea affinché assuma un ruolo guida in questo senso.