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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 437 di martedì 22 febbraio 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 11,10.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di giovedì 17 febbraio 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Giro, La Russa, Lo Monte, Maroni, Martini, Mecacci, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifiche nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico le seguenti modifiche nella composizione di gruppi parlamentari.
Con lettere pervenute in data 18 febbraio 2011, i deputati Giancarlo Lehner, Giovanni Carlo Francesco Mottola, Andrea Orsini, Maria Elena Stasi e Vincenzo Taddei, già iscritti al gruppo parlamentare Popolo della Libertà, hanno chiesto di aderire al gruppo parlamentare Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione).
Il deputato Luciano Mario Sardelli, rappresentante di tale gruppo, con lettera pervenuta in data 18 febbraio 2011, ha comunicato di aver accolto le richieste.
Con lettera pervenuta in data 21 febbraio 2011, il deputato Gerardo Soglia, già iscritto al gruppo parlamentare Popolo della Libertà, ha chiesto di aderire al gruppo parlamentare Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione).
Il deputato Luciano Mario Sardelli, rappresentante di tale gruppo, con lettera pervenuta in data 21 febbraio 2011, ha comunicato di aver accolto la richiesta.
Con lettera pervenuta in data 21 febbraio 2011, il deputato Roberto Rosso, già iscritto al gruppo parlamentare Futuro e Libertà per l'Italia ha chiesto di aderire al gruppo parlamentare Popolo della Libertà. Pag. 2
La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.
Con lettera pervenuta in data 21 febbraio 2011, il deputato Luca Giorgio Barbareschi, già iscritto al gruppo parlamentare Futuro e Libertà per l'Italia, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Modifica nella composizione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

PRESIDENTE. Comunico che in data 15 febbraio 2011, il Presidente del Senato ha chiamato a far parte del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, il senatore Egidio Digilio in sostituzione della senatrice Barbara Contini.

S. 2518 - Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie (Approvato dal Senato) (A.C. 4086) (ore 11,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.
Ha chiesto di parlare il presidente della Commissione bilancio, onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le Commissioni I e V riunite, a conclusione dell'esame in sede referente, su proposta della Presidenza, non hanno proceduto ad alcuna deliberazione riguardo al mandato ai relatori, limitandosi ad affidare a chi vi parla e al presidente della I Commissione il compito di dare conto all'Assemblea dell'andamento dell'esame del provvedimento nelle Commissioni. Intervengo quindi, anche a nome del presidente della I Commissione, onorevole Bruno, per assolvere al compito che ci è stato affidato dalle Commissioni.
Il disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di proroga di termini, oggi al nostro esame, è pervenuto - come sapete - dal Senato nella giornata di mercoledì 16 ed è stato possibile avviarne l'esame in sede referente solo nella giornata di giovedì 17.
Le Commissioni hanno svolto giovedì scorso una seduta antimeridiana, una pomeridiana ed una serale. Nella medesima giornata sono stati presentati gli emendamenti, sono state effettuate le valutazioni di ammissibilità e nella seduta serale è stata avviata la discussione sul complesso delle proposte emendative presentate.
Nella seduta antimeridiana di venerdì è proseguita la discussione sul complesso delle proposte emendative ma si è palesata ben presto la difficoltà di proseguire in modo costruttivo l'esame in sede referente. Nelle Commissioni sono emerse due posizioni tra loro inconciliabili: quella della maggioranza, i cui esponenti attraverso reiterati interventi intendevano differire e limitare - per quanto possibile - la fase delle votazioni anche in ragione dell'imminente scadenza del termine per la conversione del decreto-legge, e quella delle opposizioni che avrebbero voluto al contrario passare quanto prima alla votazione degli emendamenti per verificare la possibilità di introdurre modifiche al testo. Un confronto di posizioni, entrambe sicuramente legittime - e che riproducevano una dialettica già manifestatasi in analoghe circostanze, anche se spesso a parti invertite rispetto al ruolo svolto nella circostanza Pag. 3da maggioranza e opposizione - ma che nella fattispecie doveva fare i conti con alcuni dati di fatto destinati a complicare il confronto parlamentare.
Innanzitutto l'imminente scadenza del termine per la conversione in legge del decreto - legge - i sessanta giorni scadono, come sapete, il 27 febbraio - e la complessità ed eterogeneità del testo, oggetto di modifiche al Senato molto rilevanti per quantità e qualità, rendevano obiettivamente difficile un esame circostanziato e approfondito. Ma ciò che più ha influito sull'esito dell'esame è stato il perfetto equilibrio determinatosi in Commissione tra maggioranza e opposizione, riconosciuto da entrambi gli schieramenti, che avrebbe reso priva di effetti sotto il profilo della formazione del testo qualsiasi votazione.
Preso atto di questa situazione di stallo e dell'indisponibilità di ciascuno dei due schieramenti a modificare la propria posizione, ho proposto alle Commissioni, d'intesa con il presidente della I Commissione, di concludere l'esame senza esprimere - attraverso il mandato al relatore - una valutazione sul testo del provvedimento, ma limitandosi ad affidare ai due presidenti una funzione di tipo notarile, volta a informare l'Assemblea dell'attività svolta dalle Commissioni e degli elementi che avevano determinato una simile conclusione dell'esame in sede referente. È questo il motivo per cui non ci dilungheremo nel merito del contenuto, perché svolgiamo una funzione di notaio.
Tutti i gruppi hanno preso atto della proposta della presidenza, anche se i rappresentanti delle opposizioni hanno espresso sotto il profilo politico una forte critica di un simile esito dell'esame in sede referente. Fin qui la cronaca di quanto accaduto nelle Commissioni.
Permettetemi di aggiungere solo una considerazione di carattere istituzionale, che vorrei - se possibile - fosse sottratta all'attuale contingenza politica e venisse intesa come un invito alla riflessione rivolto a tutti i gruppi parlamentari.
Nel corso dell'esame nelle Commissioni la maggioranza, in base alla consistenza dei singoli gruppi e alla relativa posizione nei confronti del Governo, è risultata in un primo momento in minoranza ed è stata successivamente rappresentata da un identico numero di deputati rispetto alla minoranza. Tale situazione si è determinata in quanto ciascun gruppo parlamentare, in applicazione del Regolamento della Camera, ha facoltà di collocare i propri resti - ossia i deputati che residuano dopo aver distribuito uniformemente nelle Commissioni gli altri componenti del gruppo - nella o nelle Commissioni che preferisce.
Tale facoltà, costantemente esercitata e mai contestata, favorisce quello dei due schieramenti che può vantare una maggiore frammentazione e quindi, secondo le circostanze, la maggioranza oppure - come in questo caso - l'opposizione, anche se sulla base delle comunicazioni del Presidente le cose sono destinate a cambiare.
Un siffatto criterio di composizione delle Commissioni determina un'ulteriore conseguenza: mentre per ottenere la maggioranza relativa in Assemblea occorrono 316 deputati, al fine di assicurarsi la maggioranza relativa in tutte le Commissioni permanenti sono necessari - ma per il gioco dei resti potrebbero anche non essere sufficienti - 329 deputati. Mi sembra piuttosto evidente come l'attuale disciplina che presiede alla composizione delle Commissioni sia il prodotto non solo di un'organizzazione della Camera fondata sui gruppi parlamentari, ma anche di una logica consensuale proporzionalistica che andrebbe verificata alla luce dei principi della democrazia maggioritaria accolti se non altro dalle leggi elettorali adottate dalla prima metà degli anni Novanta in poi e alla quale, a partire da tale data, si ispirano le dinamiche politiche ed istituzionali.

PRESIDENTE. Ricordo che l'iscrizione all'ordine del giorno della seduta odierna del provvedimento in esame è avvenuta in base alle determinazioni sul calendario dei lavori dell'Assemblea assunte a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 16 febbraio 2011, che Pag. 4ha tenuto conto, ovviamente, del termine di scadenza del decreto, che deve essere convertito in legge, pena la sua decadenza, entro domenica 27 febbraio 2011.
L'Assemblea procederà pertanto alla discussione del provvedimento, pur in mancanza di una deliberazione conclusiva delle Commissioni, avendo come riferimento il testo approvato dal Senato.
Ovviamente, l'intervento del presidente Giorgetti chiariva ed entrava nel merito di quanto adesso comunicato all'Assemblea.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4086)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Unione di Centro, Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Prendo atto che il presidente della Commissione bilancio, onorevole Giancarlo Giorgetti, non intende aggiungere ulteriori considerazioni sul testo del provvedimento.
Prendo atto altresì che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire al termine della discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, devo dare atto intanto dell'onestà intellettuale del presidente Giorgetti nel riferire esattamente come sono andate le cose nelle Commissioni riunite I e V, affari costituzionali e bilancio. Il problema vero è che l'obiettivo, leggendo tra le righe o meglio tra le parole del presidente, così come sono state riferite in Aula, è un altro: quello di evidenziare alla Presidenza della Camera lo stato dell'arte e le condizioni in cui si trovano alcune Commissioni a seguito dei vari passaggi tra i gruppi parlamentari, con andate e ritorni. Abbiamo sentito poc'anzi come la porta girevole di questo Parlamento giri sempre più veloce e, quindi, non si capisce bene dove si andrà a parare.
Ci troviamo di fronte ad un provvedimento, un decreto-legge da convertire, la cui scadenza è immediata - mancano pochi giorni - ed è stato già anticipato, anche qui sfacciatamente ma con altrettanta onestà, che l'intenzione del Governo, nonostante siano stati presentati pochissimi emendamenti, è quella di porre la questione di fiducia. Lo verificheremo nelle prossime ore.
Entrando nel merito, dico subito che la prima osservazione critica a questo provvedimento viene già dal titolo. Come si può definire il provvedimento «proroga di termini» - fin qui ci siamo - e «interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie», quando di sostegno alle imprese e alle famiglie non c'è proprio traccia? Quindi, è una presa in giro, per usare un eufemismo naturalmente. Ma c'è invece ampia traccia di materia tributaria, con nuovi balzelli e nuove tasse. Ci troviamo di fronte ad un «mostro» legislativo, che è passato dagli iniziali tre articoli e 24 commi del decreto-legge, nel testo approvato dal Governo, a seguito delle modifiche apportate dal Senato della Repubblica, ad otto articoli e ben 180 commi, poi trasfusi dal Governo in un maxiemendamento, che sostanzialmente raccoglieva quegli emendamenti e quegli articoli aggiuntivi.
Non mi attardo ad elencare le ragioni di incostituzionalità, che verranno esposte nel pomeriggio molto meglio di me da altri colleghi più competenti in materia. Mi permetto soltanto di citare alcuni precedenti che credo siano assolutamente fondamentali per l'avvio di questa discussione in Aula. Il Presidente della Repubblica Ciampi, il 29 marzo del 2002, nel messaggio di rinvio alle Camere della legge di conversione del decreto-legge 25 gennaio 2002, n. 4, scriveva: «nel corso dell'esame parlamentare del decreto-legge in questione sono state aggiunte numerose norme nuove. Pag. 5
A parte il fatto che non si ravvisa la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione, si deve rilevare un'attinenza soltanto indiretta alle disposizioni dell'atto originario. Questo modo di procedere configura uno stravolgimento dell'istituto del decreto-legge».
Poi prosegue, ma ve ne faccio sconto. Il Presidente Napolitano, il 18 maggio 2007 - stiamo parlando di un altro Governo, e quindi è corretto, almeno da parte mia, ricordarlo - scriveva che l'adozione di criteri rigorosi diretti ad evitare sostanziali modificazioni del contenuto dei decreti-legge è infatti indispensabile perché sia garantita, in tutte le fasi del procedimento, il rispetto dei limiti previsti dall'articolo 77 della Costituzione (quindi, lo riprende). Ancora il Presidente della Repubblica, con lettera del 15 luglio 2009, ribadiva gli stessi concetti. Il Presidente della Corte costituzionale, più recentemente, in una conferenza stampa, diceva le stesse cose. Mi fermo qui, perché, ripeto, nel pomeriggio si parlerà di questo.
Non richiamerò poi tutte le osservazioni critiche sollevate dal Comitato per la legislazione: sono ben dieci pagine, fitte di rilievi, dei quali occorre tener conto, ma che la posizione della questione di fiducia, che, come ho detto, verrà posta, bypasserà con un colpo di spugna. Anche qui, però, voglio fare solo due osservazioni: la prima, vengono prorogati i termini di provvedimenti scaduti. Ne cito tre: uno scaduto il 31 dicembre 2009, un altro scaduto il 20 novembre 2008 e, addirittura, un altro ancora scaduto il 31 dicembre 2006.
Dov'è l'urgenza, se si è lasciato passare così tanto tempo dalla scadenza? Ci si è accorti soltanto ora che erano stati abbandonati a se stessi alcuni provvedimenti! Seconda osservazione, l'articolo 1 fissa al 31 marzo 2011 la scadenza dei termini e dei regimi giuridici indicati dalla Tabella 1 allegata e autorizza il Governo a disporre, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, l'eventuale ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2011. Ci troviamo, quindi, di fronte ad un decreto-legge all'interno del quale vi è una vera e propria deroga illegittima nella sostanza e nella forma, in quanto introdotta da un decreto-legge.
Il Governo si autoconferisce una delega a reiterare proroghe: è un azzeramento del ruolo del Parlamento, alla faccia dell'articolo 76 della Costituzione. Viene consentito al Governo di modificare, con una fonte di rango secondario, il termine di vigenza di normative contenute in un atto di rango primario, al di fuori delle procedure e delle garanzie previste dalla legge n. 400 del 1988. Già nel maggio 2010, in occasione del «decreto incentivi» il Presidente della Repubblica promulgò il provvedimento obtorto collo ed espresse con chiarezza la sua ferma critica alla prassi, ormai ricorrente, di inserire in sede di conversione dei decreti-legge misure che non soddisfano il requisito di straordinaria necessità ed urgenza. Dulcis in fundo, sul testo sul quale verrà posta la questione di fiducia il ruolo delle Camere verrà totalmente azzerato, alterando così gli equilibri costituzionali. Veniamo per un attimo alle coperture.
Si provvede, a copertura di quanto previsto all'interno di questo decreto-legge, nel modo seguente: quanto a 93 milioni di euro per il 2010, mediante corrispondente versamento alle entrate del bilancio dello Stato di una quota delle risorse iscritte presso la contabilità speciale, fonte di bilancio; quanto a 50 milioni ancora per il 2011, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa a sostegno dell'editoria.
Quanto a 73 milioni, ancora per il 2011, mediante versamento nelle entrate del bilancio dello Stato di quota parte della disponibilità dei conti di tesoreria accesi per gli interventi del Fondo per la finanza d'impresa. Ci troviamo quindi di fronte a fare slittare di un anno il diritto delle imprese al rimborso a cui era destinato il suddetto Fondo.
Quanto a 50 milioni di euro per il 2011 e 24 milioni di euro per il 2012 si preleva dal Fondo finalizzato ad agevolare i piani di rientro dei comuni. Potrei dilungarmi Pag. 6ancora ed elencare altre coperture, ma vi tedierei, anche perché il rappresentante del Governo le conosce bene.
In buona sostanza, cosa state facendo? Vi comportate sempre allo stesso modo. Siete degli abili giocatori delle tre carte, quelli che, quando ero ragazzo, trovavo sulle piazze dei mercati rionali o delle feste paesane, che invitavano a cercare sotto quale carta fosse nascosta la pallina o quello che vi voleva nascondere. Evidentemente, non vi si riusciva mai a indovinare perché erano molto abili. Voi fate lo stesso: prendete risorse da un capitolo di bilancio che aveva una sua destinazione, per il quale avevate suonato le trombe e messo in campo tutti i vostri media che sono ai vostri piedi per annunciare che erano stati trovati i quattrini, ma poi, con l'altra mano, le sottraete per destinarle ad altro scopo. Questo è il vostro modo di operare!
Ci troviamo poi di fronte ai peggiori difetti della legge finanziaria. Fate rientrare dalla finestra ciò che con la legge di stabilità non era stato consentito, come l'affastellarsi di norme contraddittorie per compiacere i portatori di piccoli interessi.
Siamo di fronte ad una totale opacità relativamente ai conti. I Fondi indifferenziati, ne ho citati alcuni prima, introdotti nella legge di stabilità, sono lo strumento della mancata trasparenza. Originariamente, nella nuova legge di contabilità, non avevano questo scopo, ma siete riusciti a trasformarli e a renderli opachi perché la vostra opacità è generalizzata, totale e diffusa a trecentosessanta gradi. Nel provvedimento in esame vi è l'impenetrabilità della copertura; si finanziano nuovi interventi pescando sempre dai Fondi indifferenziati, ma in silenzio si definanziano altre iniziative.
Quali sono i provvedimenti che avrebbero dovuto tradurre in concreto la promessa frustata all'economia, annunciata in pompa magna in una conferenza stampa dove erano presenti più componenti del Governo che giornalisti? È già scomparsa dall'agenda politica, a meno che con il pacchetto economia si volesse intendere il pacco per gli italiani, ossia quello che è all'attenzione ormai costante e continua dell'operare del Governo. Basta leggere i giornali e i quotidiani di questi giorni per sapere di che cosa parlate. Cosa volete fare in questi prossimi giorni e settimane? Mettere mano alla legge sulle intercettazioni telefoniche, riscrivere il processo cercando di tagliare i tempi e rendendolo brevissimo onde evitare che il Presidente del Consiglio possa andare a rispondere dei suoi misfatti, procedere alla riforma del Consiglio superiore della magistratura e della Corte costituzionale? Queste sono le vostre priorità.
In compenso, però, con quella farsa della frustata all'economia, avete semplicemente rinnovato le cambiali scadute. Quali cambiali? Quelle del «faremo». Vedremo che cosa farete che non fate mai. Una vera politica economica per il rilancio del Mezzogiorno. In questo campo, in questo settore, prevedete che Poste Italiane Spa possa acquistare partecipazioni, anche di controllo, nel capitale delle banche al fine di entrare nella Banca popolare del Mezzogiorno. Andiamo a costituire nuove banche pubbliche.
Amici della Lega Nord, io ero presente in quest'Aula e in Commissione finanze nel 1996-1997, con Carlo Azeglio Ciampi Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e quando si trattava di salvare il Banco di Napoli, voi avete alzato le barricate, per tanti versi giustamente. Non parliamo poi del Banco di Sicilia, della Fondazione Carical (Cassa di risparmio di Calabria e di Lucania) o delle banche della Puglia, che avrebbero tutte dovute essere state assorbite da altre banche, perché avevano fatto acqua da tutte le parti e avevano dissipato il risparmio dei cittadini, che avevano contato sul loro operato. E non parliamo poi dell'incapacità totale di finanziare lo sviluppo del Mezzogiorno.
Ebbene, adesso voi che cosa fate? Fate la stessa cosa e non vi limitate a proporre, come quando avete proposto la Banca del sud, ma addirittura dite a Poste italiane Spa: tu avrai la possibilità di entrare nel capitale di banche e non solo di quella del sud, non solo di quella del Mezzogiorno! Pag. 7Allora, permettetemi qualche considerazione aggiuntiva, state davvero rinnegando il vostro operato degli anni precedenti, soprattutto voi della Lega Nord.
Poste italiane Spa, quindi, potrebbe diventare il braccio armato per una nuova era di interventi nell'economia, attraverso l'acquisizione di banche. Per il Ministro dell'economia e delle finanze si tratta di un nuovo start up nella sua strategia colbertiana. Aveva già degli illustri precedenti, per i quali peraltro io avevo dato anche il mio consenso, avendo anche ulteriormente allargato la capacità operativa di Cassa depositi e prestiti, che prima è stata riempita di nuove funzioni, quando poi addirittura è stato costituito un Fondo di private equity, poi ceduto in buona parte alle quattro maggiori banche italiane. Ma questo non vi basta: voi volete mettere le mani sulle banche, approfittando magari della situazione di difficoltà, e fate patrimonializzare parte di Poste italiane Spa, perché con questo patrimonio possa entrare in altre banche.
Allora, sarebbe più opportuno procedere con la liberalizzazione e la privatizzazione, intanto liberalizzando il servizio che Poste italiane Spa sta svolgendo e poi liberalizzando il patrimonio che Poste italiane Spa detiene, per farne diventare davvero, così come ci chiede l'Unione europea, uno strumento operativo, ma finalizzato alla concorrenza, cosa che invece non sta avvenendo. Si potrebbe in questo modo - ma voi andate nella direzione esattamente opposta - portare nelle casse del tesoro molti miliardi, utili a ridurre il debito pubblico. Ma non è questo il vostro progetto: voi volete semplicemente separare Bancoposta da Poste italiane Spa, proprio per consentire a quest'ultima di operare sul mercato, andando ad acquisire anche partecipazioni di controllo in altre banche.
Il primo intervento è quindi quello per il rilancio del Mezzogiorno. Se queste sono le premesse, voi purtroppo non andrete sicuramente da nessuna parte. Anzi, create soltanto dei carrozzoni e, fra qualche anno, chi si troverà dentro questo Parlamento si troverà a far fronte, esattamente come nel 1996, alla salvezza di alcune banche pubbliche.
L'altro settore è il piano casa. Dove lo avete mai questo piano casa? Mi pare che sia il terzo o il quarto annuncio di un vero piano casa. Se dovessimo stare alle parole, probabilmente staremmo già all'ultimo piano di un grattacielo altissimo, forse il più alto non solo di tutta l'Italia, ma del mondo. Continuate a parlarne ma, di case nuove finanziate dallo Stato e per le famiglie più bisognose, non ve ne è neanche una.
Vi è poi la riforma degli incentivi all'economia. È qui la vera barzelletta. C'era già una delega. Se la ricorda, signor sottosegretario? Era la legge 23 luglio 2009, n. 99, che all'articolo 3 prevedeva appunto la riscrittura degli incentivi per le imprese e per l'economia. Avete lasciato scadere i termini.
Mi riferisco alla schema di decreto legislativo che era alla nostra attenzione nell'ultimo giorno utile, il 15 febbraio di questo anno, e ovviamente sullo stesso non è stato espresso parere perché i termini erano scaduti (e riguardava, per l'appunto, gli incentivi all'economia). Quindi, la vostra attenzione è rivolta ad altro e la conferma è proprio qui. Quindi faremo, ma quando? Già, dimenticavo che il contributo dei responsabili e dei volenterosi ora potrebbe cambiare finalmente le cose, se non che fossero, o che sono, soprattutto molto esosi questi volenterosi, che attendono con ansia di andare a fare le fiction in TV (ovviamente pagate), che attendono incarichi - e ne hanno già avuti - da Radio Italia, dalla RAI, che attendono di essere omaggiati di sottosegretariati, di segretariati di presidenza, di auto blindate con scorta, di ministeri - magari anche per qualcuno che ha avuto dei problemi e dei trascorsi con altri poteri di altro genere - e di incarichi di Viceministri - che ne so - all'agopuntura. Ecco, queste sono le prebende che voi offrirete a questi signori volenterosi ed esosi per poter andare avanti. Con l'apporto di questi - non li definisco per carità cristiana - che hanno un unico obiettivo, capitalizzare per Pag. 8intero questa legislatura, anche ai fini della propria pensione, pardon, del vitalizio, cambierete la Costituzione, così ha annunciato il Presidente del Consiglio, incominciando dall'articolo 41, come se questo avesse rappresentato un blocco alla attività imprenditoriale in questo Paese. Non c'è stato mai nella storia repubblicana italiana un ricorso contro questo articolo. Coloro che volevano dare vita ad attività imprenditoriali hanno potuto farlo a prescindere dall'articolo 41, a differenza di norme ordinarie che costituivano un peso.
Poi modificherete certamente la Costituzione, almeno nelle intenzioni, per reintrodurre l'immunità parlamentare. Beh certo, ce ne sono tanti di indagati, è meglio chiudere subito le porte. Oppure la costituzionalizzazione del lodo Alfano, ma spero proprio che venga definitivamente cancellata questa porcheria - scusate se uso questo termine - visto che incombe, per fortuna, un nostro referendum, e sicuramente non riuscirete ad arrivare, anche per la tecnica della modifica della Carta costituzionale, all'approvazione di tale misura prima che si pronunci il popolo contro il lodo Alfano.
Ma dunque dove volete andare, amici? Il Paese ha bisogno di ben altro, ha bisogno di liberalizzare per davvero l'economia. Voi invece con questo provvedimento rinviate perfino la liberalizzazione dei bagnini. Attenzione, stiamo parlando del nulla, e volete liberalizzare l'economia di questo Paese? Figurarsi se avrete la forza di aprire i mercati protetti attorno ai grandi interessi: gli ordini professionali, la filiera del farmaco, le assicurazioni, il mercato dell'energia, i servizi pubblici locali. Queste sono le grandi sfide e su questi temi vi attendiamo.
Ripetete la promessa di una rivoluzione fiscale, ma introducete sempre più tasse, e sempre più inique. Ne ricordiamo soltanto tre, che sono contenute in questo provvedimento. Chi vuole andare al cinema d'ora in avanti dovrà pagare una tassa: un euro. Questo vale per tutti, per i ragazzini e per gli anziani: un euro, la tassa per il cinema. Poi per far fronte alle calamità naturali arriverà, in quei territori colpiti dalla calamità, un'altra calamità, quella fiscale. E ancora, per evitare di sollevare dal loro ruolo gli amministratori locali incapaci e i responsabili sul fronte dei rifiuti date loro la possibilità di chiedere più tasse agli amministrati. Avevate sbandierato in occasione della legge delega sul federalismo - che il nostro gruppo, Italia dei Valori, ha votato - che quella legge doveva portare maggiore responsabilità tra gli amministratori e degli amministratori.
Con questo provvedimento, invece, fate l'ennesimo regalo a chi è stato, di destra o di sinistra, incapace di amministrare l'istituzione per cui era stato chiamato. Gli date un premio, gli dite di chiedere più soldi agli amministrati così continuano a pagare loro. Pagano in disservizio e in maggiori tasse. Non ci volete proprio far mancare nulla, però, ed ecco il premio all'evasione, il premio ai truffatori. Questa volta, ma non è l'ultima, i truffatori delle quote latte che hanno - sì, questo vi pesa davvero amici della Lega Nord Padania, lo so bene - il loro riconoscimento limitato, ossia 5 milioni di euro. Dovevano essere 30 milioni, ma, poi, la Ragioneria generale dello Stato - vero, presidente Giorgetti? -, vista anche la durata breve della validità di questa proroga, ha ritenuto che si trattasse di tanti soldi per un periodo di pochi mesi. Ha chiesto, quindi, di cominciarne a mettere solo 5, tanto è prevista, come dicevo in apertura, la delega al Governo ad andare oltre fino a fine anno quando potrete, poi, mettere anche le altre risorse per arrivare ai 30 milioni. Questa è l'ennesima conferma, quindi, che voi difendete gli evasori, lo Stato di evasori, di coloro che non rispettano le leggi. Mi attendevo decisamente un altro comportamento da voi, amici della Lega Nord Padania.
Ci avete, poi, parlato di un nuovo piano di infrastrutture per il quale avete forse acquisito anche un nuovo viceministro o qualcosa di meno, quello che dovrebbe curare la realizzazione del ponte sullo Stretto. Avete promesso la banda larga, infrastruttura informatica essenziale per la competitività delle imprese, ma dobbiamo Pag. 9accontentarci delle bande, non della banda larga e, tanto meno, della banda musicale. Voi sapete che l'11 gennaio il CIPE ha stanziato i primi fondi per la banda larga, cioè per gli investimenti informatici? Con grancassa del Governo, questa notizia è stata anticipata dal Governo medesimo, ma - qui casca l'asino - il decreto-legge milleproroghe che cosa fa? La definanzia e i fondi vengono destinati ad altro scopo. Siete, come dicevo prima, degli ottimi giocatori delle tre carte. Calamità naturali: l'ho ricordata prima questa «chicca» - si fa per dire -, ma la riprendo. Nel territorio dove si abbatteranno calamità naturali, le regioni potranno aumentare i tributi, le addizionali, l'imposta regionale sulla benzina per autotrazione e quella, se necessario, anche sulle accise sul gasolio. In un colpo solo, signor Presidente, due sacri principi si sono abbattuti: il principio della solidarietà di un territorio verso un altro, ossia verso il territorio colpito, e quello della capacità contributiva. Da quello che ricordo aver studiato a suo tempo, credo che per attivare una nuova imposta o una nuova tassa, ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione, occorra individuare un presupposto patrimoniale e reddituale. Qual è il presupposto patrimoniale o reddituale di questo maggiore appesantimento fiscale dei cittadini già colpiti dalla calamità? La catastrofe naturale. Non mi pare che nella Carta costituzionale si facesse cenno a questi presupposti, ma li avete inventati voi. Rafforzamento del sistema creditizio...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Cambursano.

RENATO CAMBURSANO. Non credo di avere già concluso, signor Presidente.

PRESIDENTE. Lei non se ne accorge, ma parla da abbastanza tempo.

RENATO CAMBURSANO. Mi conceda ancora 4 minuti.

PRESIDENTE. No, ha 1 minuto e 37 secondi.

RENATO CAMBURSANO. È un po' birichino lei.

PRESIDENTE. È il Regolamento che le attribuisce solo 30 minuti.

RENATO CAMBURSANO. Che peccato!

PRESIDENTE. Peccato veramente!

RENATO CAMBURSANO. Davvero peccato, perché avevo ancora tante cose da dirle. Rafforzamento del sistema creditizio: il tema è sicuramente di primario rilievo, ossia aiutare le banche ad essere pronte ai criteri stabiliti da Basilea 3.
Si tratta di un regalo al sistema creditizio. E come lo fate? Attraverso una ricapitalizzazione collettiva che la Banca d'Italia stima valere 16 miliardi di euro. La nuova norma consente di tradurre in crediti d'imposta i crediti fiscali differiti relativi a svalutazioni su crediti ed avviamenti. L'onere di questa spesa, di questo regalo, per l'erario è pari a 144 milioni di euro.
Potrei anche proseguire, ma mi rendo conto di andare oltre. Vorrei citare solo l'ultima questione, e concludo: quella relativa al 5 per mille, il più bell'esempio di cattiva gestione. Infatti, da un lato, mettete quattrini (ricordo il grande lavoro che vi è stato nella manovra finanziaria per recuperare quanto si prevedeva negli esercizi precedenti per l'autosufficienza), ma dall'altro lato, adesso, cosa fate?

PRESIDENTE. La invito a concludere.

RENATO CAMBURSANO. Da una parte - e concludo - fate finta di dare altri 100 milioni di euro per il 5 per mille, mentre con l'altra mano li sottraete. Complimenti, siete davvero bravi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cambursano, complimenti anche a lei, perché ha utilizzato 29 minuti e 56 secondi.
Saluto gli studenti della scuola media «Luigi Settembrini» di Roma, che stanno assistendo Pag. 10ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Siamo in fase di discussione sulle linee generali di un provvedimento concernente la conversione in legge del decreto-legge «proroga termini». La discussione sulle linee generali prevede appunto che ogni deputato che sia iscritto possa intervenire per un massimo di 30 minuti.
È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà, per il tempo che riterrà più opportuno usare, fino ad un massimo di 30 minuti.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Alberto Giorgetti, con il provvedimento concernete la proroga dei termini previsti da disposizioni legislative abbiamo scritto una delle più brutte pagine del Parlamento italiano.
Vorrei ricordare le date: il decreto-legge è stato emanato dal Governo il 29 dicembre 2010. Com'è noto, abbiamo 60 giorni per la conversione in legge. Il Senato lo ha licenziato il 16 febbraio 2011, utilizzando 49 giorni dei 60 previsti. Quindi, per l'esame della Camera restavano undici giorni, visto che il provvedimento scade il 27 febbraio 2011. In undici giorni, era possibile una discussione attenta ed approfondita, era possibile anche apportare modifiche e chiedere, quindi, al Senato una terza lettura.
Il presidente Giancarlo Giorgetti, anche a nome del presidente Bruno, ha dato conto di quanto accaduto presso le Commissioni, ma ha usato un linguaggio tecnico, che credo vada tradotto anche per chi ci ascolta, oltre che per quest'Assemblea. Egli ha detto: abbiamo registrato posizioni inconciliabili da parte della maggioranza e della minoranza.
Cosa vuol dire «inconciliabili»? La minoranza chiedeva semplicemente di discutere il provvedimento nel merito e di misurarci per vedere se in Parlamento vi fossero le condizioni per modificarlo. Questo diritto della minoranza e questa volontà di legiferare al meglio sono stati di fatto ostacolati dalla maggioranza, che non ha permesso nemmeno di discutere, utilizzando tutto il tempo per le proprie proposte emendative.
Vi sfido, dunque, a considerare i resoconti delle Commissioni: noi consegniamo alla storia parlamentare pagine completamente vuote di fronte ad un provvedimento che ha una sua importanza; in seguito, cercherò di spiegare perché.
Signor Presidente, abbiamo visto cose inaudite ma, certo, gli inediti per la politica italiana in quest'ultimo periodo sono molti: ogni giorno vediamo cose inedite, che questo Parlamento non aveva visto.
Come dicevo, il tempo vi sarebbe stato, almeno per le correzioni più evidenti, almeno per le norme più inquietanti.
Proprio per questo, consapevoli del poco tempo a disposizione e delle difficoltà della maggioranza, tutti insieme avevamo proposto cento modifiche, non di più, un centinaio di modifiche e tutte soppressive. Non volevamo introdurre nuove norme. In questo modo cosa avremmo fatto? Avremmo evitato una ennesima figuraccia a questo Parlamento e non avremmo svilito il ruolo della Camera, come invece state facendo.
Venire in Aula senza che la maggioranza sia in condizione di istruire un provvedimento nelle Commissioni e affidare un mandato al relatore è o non è la resa del Parlamento? Bisogna o no prenderne atto? Quante altre volte è successa, signor Presidente, in quest'Aula parlamentare, una situazione di questo tipo?
Qui, siamo al paradosso che non si discute più, si votano solo le questioni di fiducia, si presentano pacchetti interi, prendere o lasciare; non ci si misura più, la maggioranza è legata a numeri ristretti, se vuole far passare provvedimenti in quest'Aula deve prevedere la presenza per intero di tutto il Governo, non si vuole prendere atto di una crisi politica che blocca di fatto il Paese nel suo sviluppo.
Il nostro appello, allora, è quello di fermarci. Questo modo di legiferare procura danni al Paese. Questa proroga di termini, dopo le modifiche approvate al Senato, è un disegno di legge negativo per il Paese, per il senso civico, per il messaggio Pag. 11che lancia ai cittadini, per la legislazione, per i precedenti che crea, e potrei continuare ancora.
Il Governo ha licenziato il provvedimento con tre articoli e con 24 commi, dopo la lettura al Senato siamo passati a otto articoli e 186 commi, tra l'altro illeggibili; in otto articoli sono stati inseriti 186 commi, senza rubriche, senza niente, perché questo è il momento del maxiemendamento. In gran parte il Senato ha introdotto norme microsettoriali, interessi specifici, norme in contrasto con l'interesse generale. Non ci dica il sottosegretario Giorgetti che è stata un'iniziativa parlamentare perché, in questo, c'è stata la mano forte e pesante del Governo e della sua maggioranza. Altro che assalto alla diligenza! Qui siamo a veri e propri soprusi alle spalle dei cittadini, qui c'è una vessazione dei cittadini.
Questo disegno di legge vale più di un miliardo di euro, una cifra considerevole in questi momenti di crisi, per nuove spese, con improbabili entrate e coperture. Avremmo potuto limitare la nostra azione alla Camera alle norme più inquietanti, sopprimendo quelle più scandalose che il provvedimento contiene. I nostri emendamenti infatti erano in larga parte soppressivi e voglio proporre qui un piccolo elenco, certamente non esaustivo, di questi emendamenti.
Partirei anch'io dallo stesso punto che, poco fa, l'onorevole Cambursano ha posto come ultimo: la reiterata proroga per il pagamento delle multe per lo sforamento delle quote latte, che reca profili di copertura molto dubbi e non chiariti. I cittadini devono sapere cosa è successo sulla questione delle quote latte. Leggo dal dossier del Servizio studi della Camera: il nostro Paese ha avuto dalla Commissione europea un addebito nel proprio bilancio - quindi, ha pagato - di un miliardo e 671 milioni di euro per lo sforamento delle quote latte. Noi abbiamo già pagato per 8.404 debitori, che nel frattempo sono diventati 4.264 e abbiamo una quota di prelievo ancora di un miliardo e 386 milioni. Di questi, stimiamo - chissà perché - che solo 620 milioni siano effettivamente esigibili.
Di queste migliaia di persone, molte hanno rispettato i patti che il Governo ha fatto sulla rateizzazione, mentre poche, pochissime non l'hanno fatto e trovano in questo Parlamento sempre chi le difende e chi presenta per loro una proroga e la ottiene.
Questo è veramente scandaloso! Vorrei rimanere sull'argomento latte e fare un parallelo. Abbiamo sistemato le «quote latte», ma la crisi del comparto del pecorino sardo, il prezzo del latte, le proteste dei pastori sardi, gli scontri, anche fisici, che hanno dovuto subire meritavano di essere introdotti in questo provvedimento?
Vorrei ricordare che siamo intervenuti con acquisti di grandi stock di formaggio parmigiano per sostenerne il prezzo, ma non abbiamo fatto altrettanto per il pecorino sardo e per i pastori sardi per i quali non ci sono misure in questo cosiddetto «mille proroghe». Vi sembra giusto? Avremmo potuto affrontare il problema con una modifica in questo ramo del Parlamento.
Un'altra misura che denota lo stile e l'arroganza, direi, di questa maggioranza riguarda una piccola cosa. È stata segnalata, l'ho segnalata, in Commissione e sono contento che la stampa l'abbia riportata. Si tratta di una norma, il comma 6-ter dell'articolo 2, che afferma che per disciplinare i corsi di formazione per addetti al salvamento acquatico occorre un regolamento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Allora, aspettiamo il regolamento e, fino a che questo non verrà emanato, rimarranno in piedi le associazioni che rilasciano brevetti ai bagnini, ma solo quelle la cui autorizzazione è stata rilasciata prima del 31 dicembre 2009. Perché questo? Forse chi ha ottenuto l'autorizzazione dopo non è uguale a chi l'ha ottenuta prima? Non si tratta di un eccesso di potere, di una prevaricazione?
Poi scopriamo che le associazioni che rimangono in piedi avevano già avuto un contenzioso con le nuove associazioni, avevano perso in tribunale e oggi si trova la via Pag. 12parlamentare per sopprimere, per legge, un concorrente. Questo alla faccia delle liberalizzazioni e del mercato!
Queste sono realmente «norme vergogna» presenti in questo provvedimento. Penso anche alla buona fede di chi ha dato i pareri, al relatore del Senato, al parere del Governo al Senato, però qui avremmo potuto correggerle. Quanti tentativi di questo tipo abbiamo avuto? Quante norme sono state introdotte e poi abbiamo dovuto approvare decreti correttivi?
Ricordo per tutti l'ultimo «decreto incentivi» per firmare il quale il Presidente della Repubblica ha preteso che venisse contestualmente emanato un nuovo decreto che sistemasse le aberrazioni introdotte per la Corte dei conti e per il Ministero dell'ambiente.
Qui, pur nel piccolo, siamo in presenza di un'aberrazione ugualmente grave perché sono cose che non si fanno ai cittadini.
Posso continuare con questo elenco. Si torna sulla materia dei consigli comunali: avete strombazzato ai quattro venti il fatto di aver tolto migliaia di poltrone negli enti locali, però qui si legifera solo per i comuni superiori al milione di abitanti. Dunque, ci si riferisce solo al comune di Milano, per il quale, guarda caso, a breve ci saranno le elezioni, e a quello di Roma che si trova in una forte crisi politica della sua amministrazione. Quindi, si mantiene per questi la possibilità di avere consigli comunali, anziché a 48 posti, a 60 e la possibilità di portare i propri assessori da 12 a 16. Così ci prepareremo meglio alle elezioni a Milano e così sistemeremo la crisi di Roma. E quel che avevate sbandierato, ecco che non c'è più!
Ve lo abbiamo detto: si sarebbe potuto semplicemente fissare per legge una quota massima che i comuni potessero spendere per gli organi istituzionali e dare ai comuni questa discrezionalità; invece qui, alla faccia del federalismo e delle autonomie, si vuole legiferare su tutto perché poi si fanno discriminazioni tra figli e figliastri.
La tassa sulle calamità, per il messaggio che noi dobbiamo mandare al Paese, ci sembra davvero la norma più grave. Intanto, nel provvedimento al nostro esame sulle calamità vengono usati due pesi e due misure: sì al Veneto, sì alla Liguria molto lontani dalle esigenze dell'Abruzzo, mentre il Molise è completamente dimenticato. Di nuovo figli e figliastri.
Poi diciamo, con una norma - Presidente Lupi, come può condividerla? - che in caso di calamità le regioni sono autorizzate ad aumentare la loro imposizione fiscale sui cittadini, che tradotto vuol dire che ognuno si paga le proprie calamità. Ma che messaggio è questo? Un Paese dovrà pur essere solidale, anche perché, l'Italia, proprio in questi momenti, dà le prove più alte della sua generosità. Infatti, abbiamo visto, con il terremoto in Abruzzo e con altri eventi, come il nostro popolo risponda, si mobiliti e partecipi; mentre ora si dice «no», vogliamo mortificare anche questa peculiarità nazionale, il principio di solidarietà nemmeno di fronte alle calamità deve esserci! Questa norma è gravissima, andava espunta e andava assolutamente corretta.
Le graduatorie per gli insegnanti sono un grande successo della Lega Nord: si dà precedenza ai residenti in provincia, al di là della preparazione, al di là del punteggio e al di là del merito. Ma che norma è, questa? È una norma non condivisibile, perché dietro vi è un messaggio sbagliato.
Però, vi sono sgravi fiscali per le banche e sentiremo i consumatori, che hanno visto praticare l'anatocismo, questa famosa parola, ossia il fatto che le banche mettessero interessi sugli interessi, su cui vi sono state fior fiore di sentenze della Corte; però si torna indietro, e si fissano norme più restrittive, a favore delle banche, assieme a sgravi fiscali.
Cosa dire, signor Presidente, del condono edilizio regionale? In questo caso lo si fa solo per la Campania, per 600 case; e cosa dire dell'ennesima proroga per le case fantasma?
Voglio citare un altro provvedimento: la social card. Si interviene ancora sulla social card, con una norma che afferma di sperimentarla in poche città, nelle aree metropolitane, credo siano dieci. Si tratta di una social card che sarà gestita dalle Pag. 13associazioni di volontariato: con ciò voi decretate il fallimento di questa misura. Ve lo avevamo detto che non funziona, che è troppo costosa, ed è solo uno spot pubblicitario. Infatti, durante un question time, l'altro giorno, abbiamo avuto i dati: la social card arriva a 600.000 italiani, contro i dati ISTAT che ci dicono che vi sono tre milioni e mezzo di persone in povertà assoluta e 7 milioni di persone in situazione di povertà. Essa non risponde alle esigenze, è onerosa, è costosa e burocratica. Sarebbe bastato fare un'operazione sulle pensioni e sostenere le associazioni del 5 per mille, rispetto ai tagli che vi sono stati.
Soprattutto, sarebbe bastato sostenere le amministrazioni locali, le regioni, le province e i comuni per le politiche sociali, che non esistono più in questo Paese.
Inoltre, vorrei citare i condoni sulle irregolarità elettorali, sui manifesti e il patentino per i motorini, che tengo a citare, perché era stato introdotto con una mia proposta emendativa. In termini di sicurezza statale abbiamo detto che bisogna istruire i ragazzi e insegnare loro a guidare un ciclomotore, perché vi sono sempre più pericoli; anche questo viene prorogato. Inoltre, ho appreso adesso che, in Commissione trasporti, viene introdotta una norma per il recepimento della direttiva sulle patenti attraverso la quale si proroga ancora il termine per oltre due anni. Allora perché legiferiamo, se poi ci torniamo continuamente sopra?
Ho elencato, solo per fare qualche esempio, le norme più inquietanti, ma ve ne è una, ed è contenuta nel primo articolo, che dà una discrezionalità - che non condividiamo - al Presidente del Consiglio e alla Presidenza del Consiglio. Per circa 60 norme, Presidente Lupi, si fissa la scadenza al 31 marzo 2011, ed è la tabella, presidente Bruno, allegata al provvedimento. Si tratta di 60 norme per le quali si dice che andranno tutte a scadenza, automaticamente, al 31 marzo 2011.
Fra l'altro, molte di queste deleghe sono già scadute da tempo, quindi le si resuscita. Le si resuscita dando la possibilità di ulteriori proroghe attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Quindi delega su delega e delega anche sulla proroga. Questo non è possibile, è sbagliato, è un potere che non possiamo affidare alla Presidenza del Consiglio.
Voglio continuare. Si porta da due a tre mandati l'eleggibilità, all'articolo 2, comma 4-octies (le numerazioni sono così), per le presidenze degli ordini professionali. Si aumentano per alcuni e non per altri, però si apre un varco per tutti e quindi il merito e il ricambio generazionale sono niente.
Poi ci sono tre commi (articolo 2, comma 10, comma 11 e comma 12) che riguardano gli immobili del Ministero della difesa. Eravamo stati facili profeti, nel momento in cui si approvava il federalismo demaniale, nel dire che dalla difesa non sarebbe arrivato più niente. L'Agenzia del demanio ci ha preparato un elenco con un controvalore a libro di circa 3 miliardi di euro per gli immobili che dovrebbe trasferire ai comuni. Poi abbiamo scoperto che c'era un comma - a cui, si diceva, si stava lavorando - che prevedeva l'esclusione di quelli per i quali c'è un'intesa in corso, anche se non perfezionata. Quindi un comune che voleva fare un'intesa per avere una caserma non potrà più averla a titolo non oneroso rispetto ad uno che invece non si è mai interessato del bene e se la trova là. Non ha perfezionato l'intesa perché non aveva le risorse finanziarie e quindi quei 3 miliardi si dimezzeranno.
Poi nel federalismo demaniale c'era una norma che diceva: fra un anno il Ministero della difesa indicherà i beni non strumentali che trasferirà a comuni e province. Ebbene, con questi commi 10, 11 e 12, dell'articolo 2 i beni non ci sono più, perché il Ministero della difesa attraverso le sue misure farà i bandi, le gare e metterà in cassaforte tutto quel che può mettere in cassaforte.
È una proroga addirittura strana, perché arriva al 20 marzo 2012, quella sulla mediazione obbligatoria, la conciliazione sulla controversie. Viene prorogata al 20 Pag. 14marzo 2012 e sostenete che la giustizia civile funziona e che avete fatto la riforma del processo civile? Ma i cittadini non la vedono. Bisogna che li avvertiate, perché i dati non dicono questo e non la vedono. La possibilità era quella dell'arbitrato, della conciliazione, della mediazione. Voi però siete in mano alle lobby, non potete liberalizzare questo Paese.
In un momento di crisi come questo, ci vogliamo interrogare sull'attrattività di questo Paese rispetto agli investimenti stranieri? Volete portarci i dati di quante aziende vengono in Italia? Ma chi viene in Italia quando il modo di legiferare è questo, quando uno Stato di diritto viene messo in discussione, quando di fronte ad una norma per cui chi ha i santi in paradiso può spostarla, prorogarla, rimandarla, con una giustizia civile che gli dà soddisfazione, se gliela dà, dopo dieci anni mediamente e con un diritto fallimentare che non funziona?
Qual è l'attrattività del nostro sistema? Però, qualcuno l'ha chiesta. Gli ordini professionali hanno detto che dovevano essere prorogati, che la mediazione non si deve fare e allora proroghiamola. Poi, se il Paese non cresce, se la crescita è a zero, se non ci schiodiamo da dove siamo poco importa, perché la nostra è la politica del giorno dopo, la nostra è la politica del sondaggio, la nostra è la politica delle elezioni sempre dietro l'angolo, ma così non si governa francamente un Paese.
Ho detto degli emendamenti soppressivi che avremmo voluto presentare. Ci sono certamente mancanze. Si poteva approfittare con questo provvedimento per intervenire. Lo dico sempre, ogni volta che intervengo: in questo momento di crisi dovremmo interrogarci, di fronte ad ogni provvedimento che approviamo in quest'Aula, sulla seguente domanda: quanti posti di lavoro crea?
Questo è il dramma di questo Paese: i due milioni di giovani che non hanno lavoro e che non lo cercano nemmeno, il 30 per cento della disoccupazione giovanile, la disoccupazione femminile, i dati drammatici che abbiamo al sud, al Meridione di questo Paese. Di fronte ad ogni provvedimento dovremmo chiederci quante persone in più lavorano. Invece, qui lavorano meno persone perché continuano a lavorare quelli che già lavoravano, come ho cercato di dimostrare.
Voglio citare solo una delle mancanze del provvedimento in esame. Abbiamo un sistema turistico italiano invidiabile, che è arrivato al ventottesimo posto per i problemi delle città d'arte, per le tasse di soggiorno, eccetera. Tuttavia, ho sempre pensato che l'ossatura di questo Paese fossero le spiagge, per il turismo balneare soprattutto e anche per l'originale organizzazione che abbiamo lungo le spiagge (le concessioni, i bagnini) che servono a tutto ciò che vi è dietro, come gli alberghi e i negozi. Ebbene, questo è un settore in fibrillazione da anni, è stato inserito nella direttiva Bolkestein e abbiamo detto che vanno fatte le gare perché non può essere più dato in concessione. A mio avviso, dovevamo difendere, come hanno fatto altri Paesi, la specificità e l'originalità di questo settore in cui lavorano 300 mila persone. Il PIL turistico vale una percentuale vicino al 50 per cento.
Nel decreto-legge cosiddetto milleproroghe dell'anno scorso, dopo un confronto con l'Europa, abbiamo sostenuto anche noi la disposizione secondo cui le gare sarebbero partite nel 2015 per cercare di avere tempo, solo che la magistratura non riconosce la previsione contenuta in quel decreto-legge milleproroghe perché dice che, al di là che è stata spostata al 2015, vi è una procedura di infrazione che va chiusa adesso. Vi era quindi una norma da inserire che non è stata prevista, la inseriremo nella legge comunitaria fra sei mesi, intanto la stagione apre, molti concessionari di spiagge si trovano in questa difficoltà amministrativa e giudiziaria, il settore non ha certezze, sulle spiagge italiane non investe più nessuno perché non si sa che fine faranno, non si fanno migliorie. Anche questa sarebbe un'attrazione del nostro Paese. Tuttavia questa norma non è stata inserita nel provvedimento in esame.
Voglio - e concludo, signor Presidente, prima del termine, come lei specificatamente Pag. 15mi ha chiesto - rasserenarmi un po'. In questo tempo di crisi dovremmo mandare al Paese un messaggio di maggior serietà, il messaggio che questo Paese vuole colpire i furbi, che introduce serietà e impegno, che cerca di metterci più civismo, più responsabilità e più senso delle istituzioni. Se il messaggio è questo e lo confrontiamo con il provvedimento in esame, il risultato è questo provvedimento. Siamo alla schizofrenia, mettiamo in discussione lo Stato di diritto! Non escludo, anzi mi augurerei, che il Presidente Napolitano intervenisse sulle norme più scandalose che ci sono, facendo come ha fatto in altri tempi, quando vi ha chiesto un provvedimento contestuale per modificare le «norme vergogna» sulla Corte dei conti, sui tagli al Ministero dell'ambiente e su altre cose che adesso non ricordo. Nel provvedimento in esame c'è materia per la Presidenza della Repubblica di verificare quel che è successo e quel che è stato scritto.
Infine, con riguardo ai termini, dobbiamo recepire il messaggio del Comitato per la legislazione: i termini sono fatti per essere rispettati e non per essere prorogati. Quando adottiamo questi provvedimenti dobbiamo essere molto attenti e parsimoniosi, perché il messaggio che mandiamo è la confessione di un inadempimento del Governo, l'incapacità del legislatore di regolare in modo credibile i rapporti tra i privati. Se diamo l'idea che nel nostro Paese fissare un termine non significa nulla, perché tanto poi si trova la strada per eluderlo, se diamo l'idea che abbiamo scherzato, che messaggio mandiamo al nostro Paese? Mi auguravo che proprio di fronte alla crisi, ma anche di fronte al compleanno dell'Italia, i suoi centocinquanta anni, questo sarebbe stato un anno in cui avremmo introdotto rigore, maggiore consapevolezza, e che l'avremmo tradotta in norma. Purtroppo dobbiamo registrare che non è così.
Sul provvedimento in esame assisteremo alla posizione di un'altra questione di fiducia, alla quale daremo convintamente il nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la discussione di questi giorni sul provvedimento in esame, nel merito ma soprattutto nel modo in cui sta avvenendo, ritengo che sia lo specchio della situazione politica che nell'attualità stiamo vivendo: delle debolezze, delle contraddizioni della maggioranza e del suo Governo. Infatti, a causa della debolezza della maggioranza, stiamo discutendo in Assemblea un provvedimento che le Commissioni non hanno potuto esaminare perché in quella sede la maggioranza non aveva i numeri sufficienti.
Voglio ringraziare i presidenti Giorgetti e Bruno per il rigore istituzionale con il quale hanno retto le due Commissioni e anche per l'intervento che ha aperto la discussione di oggi. Il collega Giorgetti diceva che la maggioranza ha fatto reiterati interventi per evitare il voto. Solitamente così si definisce l'ostruzionismo, ma è singolare che lo faccia la maggioranza e non chi sta all'opposizione. Ha detto ancora che la ragione di questa impossibilità delle Commissioni di deliberare risiede nella frammentazione dei gruppi e nelle regole che disciplinano la composizione delle Commissioni. Mi permetto di dire che forse non è proprio così, perché, se non ci fosse stato un mutamento della situazione politica della maggioranza, le Commissioni così come lavoravano all'inizio della legislatura avrebbero potuto continuare a lavorare. Quindi, evidentemente la ragione di questa paralisi è dovuta alle difficoltà, alle debolezze e alle contraddizioni della maggioranza e non alle regole parlamentari.
A causa dell'atteggiamento che questo Governo ha verso il Parlamento - che ritiene spesso un fastidio, un luogo da svuotare di ogni significato e di ogni ruolo - stiamo svolgendo oggi una discussione che ha il solo valore della testimonianza a Pag. 16futura memoria per i resoconti parlamentari. Infatti, il Governo ha già deciso di porre la questione di fiducia su questo provvedimento senza avere nemmeno contezza del numero degli emendamenti che le opposizioni presenteranno. Per assurdo, potevamo astenerci dal presentare emendamenti in Assemblea, eppure la fiducia sarebbe stata posta ugualmente su questo provvedimento. Per assurdo potremmo ritirare tutti gli emendamenti presentati in Assemblea, eppure ci sarebbe la conclusione della discussione con la posizione della questione di fiducia.
È una situazione paradossale, sintomatica ed emblematica della difficoltà in cui versa la maggioranza. A causa di questa difficoltà e delle distrazioni del Governo (che, infatti, è distratto da questioni che nulla hanno a che fare con i problemi delle famiglie, dei precari, dei giovani senza lavoro, delle imprese) stiamo discutendo oggi un provvedimento che nessuno ha coordinato in maniera sufficiente, che non ha logica, che è assolutamente eterogeneo nei suoi numerosissimi commi e che, così come si evince dal parere del Comitato per la legislazione che già qualche collega prima di me ha richiamato, è un provvedimento che fra qualche giorno diventerà legge, ma diventerà soprattutto una pessima legge.
Infatti, solo formalmente ha per oggetto la proroga dei termini previsti da disposizioni legislative, così come dice il titolo. È invece un provvedimento omnibus, perfino beffardamente provocatorio nell'altra parte del titolo, laddove ci ricorda che il provvedimento in esame dovrebbe recare «interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie».
È uno zibaldone che sembra scritto in un bazar arabo perché contiene norme di ogni genere, alcune che si conformerebbero più alle vecchie leggi finanziarie o alle «leggi mancia» che a un provvedimento di proroga dei termini.
A proposito, non avevamo varato forse la riforma della legge finanziaria apposta per impedire che vi fossero provvedimenti di questo genere, ossia provvedimenti omnibus che qualcuno ha definito assalti alla diligenza? Questo è un provvedimento che non ha alcun filo conduttore, che non ha alcun respiro e senza norme capaci di stimolare la crescita e di cogliere la sfida che proprio la crisi sta rivolgendo al nostro Paese e all'Europa intera. Vi sono, invece, altri Paesi europei che, in verità, questa sfida la stanno accogliendo e che producono norme, leggi e interventi di Governo di grande diversità rispetto al tenore del provvedimento che oggi discutiamo.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, riteniamo che siano tante le cose che non vanno in questo decreto-legge. Sono tante le cose che non vanno e che avremmo voluto discutere ed emendare se solo ce ne aveste dato la possibilità sia in Commissione sia in Aula, a cominciare dall'imposizione delle nuove tasse che questo provvedimento reca. Non vi è stato un solo provvedimento, negli ultimi mesi, con il quale il Governo non abbia messo le proverbiali mani nelle tasche degli italiani e anche il decreto-legge milleproroghe, che alcuni hanno già definito invece che milleproroghe «milletasse», non fa eccezione. Vi sono diverse nuove tasse - alcune davvero odiose - che faranno aumentare ulteriormente la pressione fiscale smentendo, ancora una volta, la principale promessa del Governo Berlusconi, la principale promessa di tutti i Governi a maggioranza Berlusconi in tutte le campagne elettorali, dove si è sempre detto «non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani».
Eppure, negli ultimi provvedimenti e negli ultimi mesi non vi è stato provvedimento che non contenesse norme che vanno nella direzione, invece, di aumentare la pressione fiscale. Un esempio, in particolare, lo rintracciamo nel provvedimento in esame nelle disposizioni in materia di rifiuti, contenute nei commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 2. Con queste disposizioni consentite alle regioni, alle province e ai comuni di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti dell'imposizione tributaria attribuita agli enti locali. Ciò determinerà un aumento ulteriore della pressione Pag. 17fiscale locale che, vorrei ricordarlo, secondo l'OCSE è già cresciuta, nel nostro Paese e in rapporto al PIL, nel periodo 1990-2008, dal 2,9 per cento al 16,1 per cento mentre nello stesso periodo in Europa la media è stata del 12,4 per cento, senza contare anche l'aumento della pressione fiscale che sarà determinato dall'attuazione del federalismo municipale.
In questo provvedimento, però, avete fatto anche di peggio. Avete fatto di più e di peggio, come hanno già ricordato altri colleghi. Vi siete persino inventati la tassa sulle disgrazie. Avete previsto, infatti, di tassare i cittadini anche per le calamità naturali, imponendo alle regioni terremotate, per esempio, o alle regioni alluvionate di aumentare le tasse e le addizionali e, qualora l'aumento delle tasse regionali non sia sufficiente a fronteggiare la calamità e si debba, quindi, utilizzare il Fondo di riserva per le spese impreviste, che è istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, avete disposto che questo Fondo possa essere reintegrato in misura corrispondente mediante l'aumento dell'accisa sulla benzina e sul gasolio. L'aumento che avete previsto sarà deliberato, come è scritto nel provvedimento, dall'Agenzia delle dogane. Insomma, i cittadini che subiranno sul loro territorio una calamità naturale dovranno subire prima i danni della catastrofe e poi le stangate fiscali della regione prima e del Governo dopo. Se non fosse vero ci sarebbe da ridere ma, purtroppo, è tragicamente vero.
Avete tassato anche i biglietti del cinema: dall'1 luglio di quest'anno al 31 dicembre del 2013 il biglietto del cinema costerà un euro in più, che dovrà pagare lo spettatore e che verrà versato al bilancio dello Stato. Anche questa è una tassa odiosa, che tuttavia, in modo assai furbesco, il Governo ha previsto di far scattare solo da luglio affinché nei mesi autunnali ed invernali, nel corso dei quali aumenta l'affluenza nelle sale cinematografiche, nessuno più ricordi che quell'aumento del costo del biglietto è stato voluto dal Governo diversi mesi prima e non invece dai gestori delle sale cinematografiche.
Quindi, da un lato si impongono nuove tasse, dall'altro si permettono antichi vizi e sprechi esecrabili, come nel caso della norma che deroga il limite del numero degli assessori per la città di Roma e per le altre città che abbiano una popolazione superiore al milione di abitanti, permettendo un aumento del numero degli assessori da 12 a 15, derogando alla norma già prevista e sbandierata in un altro provvedimento come una norma emblematica della volontà del Governo di tagliare i costi della politica, che prevedeva per esempio la riduzione del numero dei consiglieri regionali oltre che degli assessori.
Si premiano quindi i vizi, come nel caso dell'ennesimo condono edilizio per le case abusive della Campania con il quale, invece di imporre il rispetto delle regole e di rendere costosa l'illegalità, si dice ai cittadini, in una regione con gravi problemi di legalità, che scegliere la strada dell'illegalità, dei reati è conveniente perché tanto qualcuno, prima o poi, ci mette una pezza.
L'illegalità non si combatte con le chiacchiere, ma con provvedimenti politici di governo che rendano sconveniente il ricorso, per l'appunto, al reato e all'illegalità. Voi, invece, state mandando un messaggio devastante proprio a quelle popolazioni che hanno maggiormente bisogno di messaggi edificanti nella lotta all'illegalità.
Ma la norma più odiosa, per i vizi e per gli sprechi che consolida, è quella sulle quote latte: una norma che consente ai furbetti e ai disonesti di non pagare le multe, che mortifica gli agricoltori e gli allevatori onesti, una norma che fa del partito che l'ha voluta, la Lega Nord, che la ripropone continuamente in ogni provvedimento, il vero partito della spesa pubblica e degli sprechi della politica italiana. Si tratta di una norma che è finanziata con risorse - anche qui leggo testualmente - per «interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo del territorio, alle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici, alla promozione di attività sportive, culturali Pag. 18e sociali». Con queste risorse voi invece finanziate la proroga per gli allevatori delle quote latte, con queste risorse proponete di premiare la furbizia e l'arroganza di chi non ha rispettato le regole.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 12,35)

ROBERTO OCCHIUTO. Questa proroga delle multe sulle quote latte, del tutto ingiustificata, appare ancora più grave se si considera che nello stesso provvedimento - nel decreto milleproroghe - non sono stati accolti importanti emendamenti, proposti non solo dalle forze politiche, ma anche dalle organizzazioni di categoria degli agricoltori e dagli assessori all'agricoltura anche delle regioni che hanno maggioranze di governo omologhe a quella della maggioranza parlamentare. Hanno inciso sull'attività per esempio delle associazione dei allevatori, delle APA, alle quali sono state sottratte risorse sul gasolio e sul comparto bieticolo-saccarifero. In sostanza, mentre si danneggiano le aziende che hanno creduto nello Stato e si sono messe in regola, affrontando duri sacrifici - infatti per queste aziende non vi sono risorse - per i pochi agricoltori disonesti le risorse si trovano sempre.
Eppure, queste norme erano invocate - come dicevo - da tutto il settore e da tutti gli amministratori che si occupano di agricoltura e il fatto che non abbiano trovato allocazione nel milleproroghe - mi riferisco in particolare alle norme che servivano a finanziare l'attività delle associazioni provinciali degli allevatori - determinerà risultati probabilmente molto gravi in termini di perdita di posti di lavoro.
Si parla di diverse migliaia di posti di lavoro a rischio, e soprattutto ciò determinerà rischi anche in ordine alla tenuta dei registri che garantiscono la sicurezza alimentare e la qualità di ciò che gli italiani mettono in tavola. Non sarebbe stato più opportuno utilizzare tali risorse per queste finalità piuttosto che per le quote latte?
Altre cose non ci piacciono in questo provvedimento. Non ci piace per esempio che non abbiate mantenuto l'impegno ad adeguare sufficientemente i fondi destinati al 5 per mille, infatti per il 2011 i fondi del 5 per mille saranno sì vincolati ad un tetto di 400 milioni, apparentemente uguale a quello degli anni precedenti, ma con un ulteriore vincolo - negli anni precedenti mai previsto - fissato ad un massimo di 100 milioni, già presente nella legge di stabilità di dicembre 2010, per l'assistenza e il sostegno ai malati di SLA. Questo è un fondo nato per una giusta causa ma che non ha nulla a che vedere con il 5 per mille, che è invece una libera scelta del contribuente. Si crea così un brutto precedente, che snatura il 5 per mille, limitandolo in parte e limitandone arbitrariamente l'entità della destinazione.
Non solo, si stimola una sorta di guerra tra poveri, perché le risorse per la SLA - che proprio noi dell'Unione di Centro chiedemmo nella legge di stabilità come posta di finanziamento autonoma, scissa dal fondo per il 5 per mille - sono destinate a questa categoria di malati che sta subendo oltre misura gli svantaggi derivanti dal ritardo dello Stato nella ridefinizione dei livelli essenziali di assistenza, e non possono e non devono essere considerate comprese nei fondi del 5 per mille, contrariamente a quanto da voi previsto nel milleproroghe. È una guerra tra poveri perché probabilmente il prezzo maggiore lo pagheranno proprio i malati di SLA, che noi avevamo previsto potessero essere assistiti con 100 milioni già stanziati dalla legge di stabilità. Oggi questi 100 milioni però potrebbero non esserci più, in quanto nel milleproroghe si modifica la norma a favore della SLA contenuta nella legge di stabilità, specificando che agli interventi in materia di sclerosi laterale amiotrofica è destinata una quota sino a 100 milioni di euro, non più quindi 100 milioni di euro, ma una quota fino a 100 milioni di euro. Per assurdo, potrebbe trattarsi anche di un euro o di dieci euro. Tutto questo nell'anno europeo dedicato al volontariato. Pag. 19
A proposito degli interventi nel sociale per il contrasto alla povertà, abbiamo preso atto leggendo il testo del milleproroghe del fatto che avete previsto la proroga del programma carta acquisti previa sperimentazione dell'utilizzo della stessa in favore degli enti caritativi. Noi leggiamo questa norma come un'implicita ammissione del fallimento del Governo sulla social card. Avevamo ragione dunque quando sostenevamo che la social card era il tipico esempio di una politica che pretende di curare un male assai grave - la povertà - con un palliativo. Il Governo oggi lo ammette, ma ci riprova. Noi invece, come prima, riteniamo che sarebbe meglio lasciare le opere caritatevoli al mondo del volontariato e mettere in campo invece misure realmente strutturali per la tutela dei redditi delle famiglie e per il contrasto alla povertà. Misure strutturali per questo ma anche per interventi in favore dello sviluppo, come abbiamo detto altre volte, a cominciare dagli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali. Su tale questione introduco brevemente un altro argomento, anch'esso evocato nell'intervento di qualche collega che mi ha preceduto. Mi riferisco agli investimenti per la banda larga, più volte annunciati e mai effettivamente realizzati. Bene, anzi male, nel milleproroghe addirittura si sottraggono risorse a questa finalità, stornandole per finanziare il passaggio al digitale terrestre.
La relazione tecnica al provvedimento dice chiaramente che al finanziamento del fondo per il passaggio al digitale terrestre si provvede con 30 milioni di euro nell'ambito delle risorse finalizzate ad interventi per la banda larga. Per questi interventi sulla banda larga, quindi, vi sono 30 milioni di euro in meno. In sostanza, il Governo, incurante del fatto che il nostro Paese è fanalino di coda in Europa per disponibilità di banda larga, sottrae risorse ad Internet e alla sua infrastruttura essenziale, per destinarle alle televisioni. Ciò nonostante gli annunci più volte declamati da parte della maggioranza, anche di autorevoli esponenti del Governo Berlusconi, e nonostante le richieste provenienti dal sistema delle imprese. È un vero e proprio scandalo, del quale solo un Governo troppo distratto, come il nostro in questo periodo, può non accorgersi.
Non credo però che il Governo sia stato distratto e neanche probabilmente in buona fede quando ha scritto la norma sui fondi per le alluvioni in Liguria e in Veneto. Per carità, ciascuno di noi è convinto - e lo è in maniera assoluta - che bisognasse far fronte allo stato di emergenza al quale le alluvioni di qualche mese fa hanno costretto il Veneto e la Liguria. Credo soltanto che non si possa ignorare che i fondi con i quali si provvede a questa legittima esigenza siano gli stessi già destinati con delibera CIPE del 6 novembre 2009 al finanziamento degli interventi di risanamento ambientale con risorse rinvenienti dai fondi FAS, che la legge prevede che siano destinati secondo il vincolo dell'85 per cento per il sud e del 15 per cento per il centro-nord. Ci pare inopportuno, allora, che siano stati previsti per ciascuno dei prossimi due anni 45 milioni per la Liguria e 30 milioni per il Veneto. È un bene che siano stati previsti, ma ci pare inopportuno che siano stati previsti soltanto 5 milioni, per esempio, per Messina, dove pure nel 2009 il dissesto idrogeologico ha prodotto una catastrofe di dimensione straordinaria. Così come ci pare stucchevole e disonesto invocare il principio delle quote nella destinazione dei fondi FAS, da ultimo proprio in Commissione bilancio, quando si diede il parere sul riparto dei fondi di cui alla delibera CIPE in questione, e poi infrangere continuamente questo principio, come se proprio non esistesse. I parlamentari del sud componenti la maggioranza evitino allora in futuro di intervenire su questo argomento, perché non potrebbero dire, facendolo, di essere in buona fede, anche perché in questo provvedimento le norme in pregiudizio per il sud, ma forse potremmo dire le norme scritte con pregiudizi verso il sud, sono diverse.
C'è, per esempio, quella inserita con un emendamento della Lega al Senato, che ha imposto il congelamento delle graduatorie ad esaurimento fino al 31 agosto 2012 Pag. 20nella scuola ed impone per la prima volta un vincolo territoriale per l'inclusione nelle graduatorie di istituto. È una doccia fredda in pieno inverno per gli oltre 230 mila docenti precari, quasi la metà dei quali al sud Italia, che non potranno decidere di spostarsi in un'altra città per trovare più facilmente lavoro. È giusto, mi chiedo, che nell'anno in cui si festeggia il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia si scrivano leggi con questo contenuto discriminatorio e secessionista?
Quindi, signor Presidente, queste sono le ragioni per le quali non ci piace questo provvedimento. D'altra parte, questo provvedimento non piace a molti e siamo, quindi, per così dire, in buona compagnia. Non piace alle famiglie, in quanto non contiene nulla per le famiglie, non piace alle imprese, perché sembra prodotto quando la crisi non esiste. Sembra il prodotto di una maggioranza che vive in un Paese dove la crisi non c'è. Questo provvedimento, infatti, non affronta nessuna delle questioni che meriterebbero di essere affrontate da una politica di un Paese in crisi.
Vediamo, invece, a chi piace: piace alle banche, perché assicura loro vantaggi fiscali; piace ai gestori di fondi comuni, perché anche a loro assicura vantaggi fiscali; piace ai furbetti delle quote latte, perché dimostra loro che in questo Paese essere furbi e sprezzanti delle regole può essere un vantaggio; piace a quelli che hanno costruito abusivamente al sud, perché saranno premiati anche loro; piace al sottobosco della politica, che ha trovato riparo nelle municipalizzate, perché un'altra cosa importante è che questo provvedimento mantiene in vita le municipalizzate, prorogandone la chiusura.
Resta da chiedersi se piacerà agli italiani, che hanno scommesso, e lo hanno fatto davvero in buona fede, su questo Governo, ritenendo che potesse essere un Governo realmente riformatore. Bene, questo Governo, che doveva essere riformatore e liberale, è un Governo che non fa le riforme e non fa le liberalizzazioni. Dove sono le liberalizzazioni di questo Governo liberale? Dove sono gli interventi in favore delle famiglie e il quoziente elettorale, tanto sbandierato in campagna elettorale? Dove sono gli interventi per il sud, quando in tutti i provvedimenti, anche in questo, si sottraggono risorse dal Fondo per le aree sottoutilizzate, impiegandole per finalità che non hanno nulla a che vedere con la convergenza delle regioni del sud, se, anche in questo provvedimento, vi sono norme così discriminatorie come quella delle graduatorie provinciali bloccate nella scuola? Dove sono gli interventi per ridurre la fiscalità, se anche in questo provvedimento vi sono norme che faranno aumentare la pressione fiscale nel nostro Paese?
In conclusione, signor Presidente, il decreto milleproroghe contiene di tutto e di più: è un provvedimento omnibus, che, però, non contiene neanche una promessa mantenuta da parte del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Futuro e Libertà per l'Italia e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di entrare nel merito del decreto-legge oggi all'esame di quest'Assemblea, desidero richiamare l'attenzione di quest'ultima sulla peculiarità e sulla specificità - passatemi il termine - di un metodo al quale siamo poco abituati e con il quale ci è stato sottoposto questo testo, di cui ci accingiamo a valutare oggi i contenuti.
Lo hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto: quanto viene sottoposto all'esame di quest'Assemblea non ha avuto il previo esame e l'approvazione delle Commissioni competenti (mi riferisco alle Commissioni bilancio e affari costituzionali); non ci è stata data alcuna possibilità di esaminarlo in modo serio e compiuto, come avrebbe meritato, ma, d'altra parte, questo provvedimento - duole dirlo - è un'accozzaglia di varie norme, alcune delle quali estranee l'una all'altra.
Forse, non discuterne, né approvare o meno gli emendamenti e l'assenza del mandato Pag. 21al relatore sono stati nocivi per questa accozzaglia di provvedimenti. Ecco perché, dopo la decisione dell'ufficio di presidenza delle Commissioni congiunte testé citate di non votare il mandato al relatore, siamo stati e siamo costretti a discuterne, in modo fermo, nel rispetto, ovviamente, del Regolamento - questo è tipico di Futuro e Libertà per l'Italia: il rispetto della norma - soltanto qui in Aula. Lo ripeto, si tratta di un provvedimento che nelle Commissioni ha conseguito un primato, diamone atto: l'auto-ostruzionismo della maggioranza.
La maggioranza - lo dico con rispetto politico perché è una maggioranza della quale, con convinzione ed orgoglio, ho fatto parte - che ha persino portato il Comitato per la legislazione alla impossibilità di formulare osservazioni.
D'altro canto, signor Presidente, perché meravigliarci? Il testo in esame, così come viene sottoposto oggi all'Aula - lo dirà poi meglio il collega Di Biagio - è già stato approvato dal Senato come un testo assolutamente blindato, nella versione voluta dai gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord. La motivazione ed il perché di questo andazzo parlamentare li conosciamo bene, benissimo, non sono un mistero: i numeri nelle Commissioni non avrebbero mai permesso una tattica diversa.
Il Governo ha, quindi, preferito creare un precedente assai grave. Poi ci si chiede perché siamo usciti da questa maggioranza! Quello che è stato fatto, colleghi, prescindendo dagli schieramenti, costituisce un vulnus gravissimo nell'attività di questa Camera. Un provvedimento che ci viene proposto senza timore, come fosse fisiologico. Invece, qui siamo in presenza di una grave patologia: ci viene sottoposto non approvato dalle competenti Commissioni.
Dispiace dirlo, ma è un'anomalia che noi del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia, proprio perché siamo un partito di centrodestra, rileviamo con dolore in quanto costretti a sottolineare questa irregolarità commessa da quelli che erano i nostri compagni di viaggio. Dobbiamo rilevarla insieme a chi? A tutte le opposizioni, anche con alcune di quelle che per storia, cultura, tradizioni ed obiettivi ci sono lontane.
Non siamo soli a rifiutare un metodo che, ahimè, dobbiamo definire antidemocratico, lesivo di ogni diritto, ai danni di coloro che non intendono sottostare a qualsiasi diktat, costretti come siamo all'impossibilità di esporre le nostre ragioni e di votare nelle sedi appropriate.
Si può obiettare che in sede di discussione sulle linee generali ho potuto dire qualcosa all'Aula. Ma a quale Aula? Dove sono i colleghi? Vi è un vuoto assoluto da parte di questa maggioranza, mi dispiace dirlo. D'altro canto, il vuoto fa il pari con una scarsissima presenza da parte dell'opposizione.
Vedete, il Governo potrà anche porre la questione di fiducia, sostituendo la forza dei numeri alla forza della ragione, quella ragione che è diventata la protagonista emarginata dei sempre più rari provvedimenti legislativi. Questa maggioranza, rivolgendomi alla quale avevo sempre detto «questa maggioranza» - lo dico con dolore - e a cui con convinzione iniziale appartenevamo, non ha ormai argomenti migliori.
Allora la maggioranza stessa non potrà dolersi e comprenderà quanto siano giustificati gli ostruzionismi regolamentari ai quali saremo costretti, ivi compresa la pioggia, il diluvio, di ordini del giorno che saremo costretti a presentare.
Tutto ciò, più che per ostruzionismo, ha lo scopo di aprire gli occhi a un'Italia assopita ed inerte di fronte ad un'evidente crisi della politica, quella crisi che Futuro e Libertà, come poi dirà meglio di me il collega Barbaro, sta cercando, con tutta la forza della quale è capace, di esporre al Paese.
Chi vi dice questo e con profondo rammarico è un parlamentare di destra, che ha sempre rispettato, anche quando non le ha condivise, le idee altrui. Quello che per Voltaire era un must, ovvero qualcosa di doveroso, per me è una regola di vita. «Non approvo ciò che tu dici - diceva Voltaire - ma difenderò fino alla morte Pag. 22il tuo diritto di dirlo». Ebbene, noi di Futuro e Libertà invochiamo questo diritto.
Fin qui mi sono soffermato sul metodo. Passiamo ora all'altro aspetto brevemente, perché alcune cose che ho detto non hanno necessità di essere ripetute. Passiamo, quindi, al merito. Come non si può, ad esempio, sottacere la notizia del congelamento delle graduatorie ad esaurimento dei docenti precari, previsto dal cosiddetto milleproroghe. «Milleproroghe», nomen omen! Tutto ciò avviene con grave danno nei confronti dei docenti precari che sono in attesa di poter dichiarare i titoli di riserva, acquisiti o riconosciuti nel periodo successivo all'ultimo aggiornamento.
È un'ulteriore negazione del diritto alla riserva per le categorie protette e un'ulteriore - quasi ce ne fosse bisogno, ma noi, come ricorderanno i colleghi, abbiamo votato il provvedimento sull'università - spallata agli atenei pubblici. Non siamo il partito della negazione. Siamo il partito che, se può, dà una mano a codesta maggioranza, alla quale non apparteniamo più, senza dimenticare il percorso compiuto insieme.
Quante sono poi le aziende che rischiano il fallimento a causa di un comma, inserito nel testo di conversione del decreto-legge, che stravolge la sentenza della Cassazione, la quale aveva sancito definitivamente il diritto dei correntisti di farsi corrispondere le somme indebitamente pagate per anatocismo. Che cos'è l'anatocismo? È l'interesse sugli interessi. Ebbene, nonostante quanto affermato dalla nota sentenza, i correntisti dovranno sopportare un ulteriore smacco.
Dovremmo stare zitti, tacere ed ignorare, di fronte al reiterato malcostume? Mi dispiace per la Lega Nord, ma questa è una violazione di legge. Questo discorso delle quote latte è una sorta di truffa (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia), qualcosa che il brocardo romano ricorda come omnis calliditas, fallacia, machinatio ad circumveniendum, fallendum, decipiendum alterum adhibita. È una truffa legalizzata. Porterà pure dei voti, ma noi rifiutiamo i voti ottenuti in questo sistema. O forse, per carità di patria, dovremmo ignorare, senza neanche fare un cenno, quel sistema contro il quale gli agricoltori non cessano di presentare le loro rimostranze in maniera veemente? È una violazione di legge che genera, come noto, delle sanzioni per i produttori che superino i livelli concessi dalla politica agricola comunitaria, che va rispettata.
Non si può invocare la norma comunitaria solo quando punta il dito sulla lentezza dei processi italiani. Bisogna rispettare le decisioni a livello europeo, qualunque esse siano. Prima di concedere una proroga vogliamo verificare se il sistema che abbiamo consapevolmente accettato sia o meno equo.
Vedete, il cosiddetto «milleproroghe» - questo provvedimento omnibus - non deve essere lo strumento cieco per un tentativo, peraltro goffo, di regolarizzare tutti gli sforzi fatti per fissare dei termini in qualsiasi maniera e materia o per sanare situazioni indecifrabili. Penso, ad esempio, alle case fantasma, con l'accatastamento di edifici non dichiarati, alla sparizione del piano per Pompei, il cui rilancio viene rinviato sine die. Che dire poi - e vado a concludere - delle regioni, non tutte, ma solo quelle nelle cui casse i contributi statali piovono come fossero grazia divina, in una parte più e meno altrove? Per la Liguria (cito un collega non di Futuro e Libertà, ma l'ottimo collega Biasotti) c'è una pioggia di fondi insperati; per quanto riguarda il Molise, la regione verrà privata di un miliardo di euro per ricostruire case e scuole nell'area del cratere, obbligando così - da qualche parte il denaro deve arrivare - le autorità locali ad aumentare le tasse e la benzina, mettendo così - mi duole ricordarlo - le mani nelle tasche degli italiani.
Si tratta di un provvedimento di legge non a caso approvato al Senato - ricordiamolo - solo attraverso il voto di fiducia e che prende oggi il via alla Camera con una discussione in Aula che io direi una discussione finta, finta, senza speranza, perché sappiamo bene che il decreto, a pena Pag. 23di decadenza, deve essere approvato in via definitiva entro il 27 febbraio. Ma noi, ligi come siamo al rispetto dei regolamenti e della norma, siamo qui ad assistere alla grande fretta del nuovo ricorso alla fiducia anche in questo ramo del Parlamento. Direbbero gli inglesi: handwriting is on the wall, sta scritto sui muri. Con certezza voi della maggioranza ricorrerete all'apposizione della questione di fiducia.
Di questo modus operandi nessuno parla. Tutto tace. I media si soffermano sul gossip, del quale tralasciamo volentieri ogni accenno, ma fa notizia, mentre con tristezza devo vedere che a nessuno interessa il destino di milioni di cittadini. Persino la Confindustria non fa sentire in modo adeguato la propria voce. Tutto tace, mentre sfugge al fragore del silenzio qualche rara eccezione di alcune associazioni di consumatori che tentano di contrastarlo.
Si tratta di un provvedimento che noi di Futuro e Libertà, con la coscienza a posto, contrasteremo. Perché lo contrasteremo? Per tutelare l'unico interesse che noi di Futuro e Libertà conosciamo: l'interesse degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).

PRESIDENTE. Prima di concedere la parola all'onorevole Mosella, desidero fornire alcune precisazioni all'onorevole Consolo, che ha sollevato obiezioni in ordine alla circostanza che l'Assemblea proceda comunque all'esame del provvedimento pur in mancanza di una deliberazione conclusiva da parte delle Commissioni sul testo.
Come tra l'altro ha ricordato in apertura di seduta il Vicepresidente Lupi, l'iscrizione all'ordine del giorno della seduta odierna del provvedimento in esame è avvenuta in base alle determinazioni sul calendario dei lavori dell'Assemblea assunte a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 16 febbraio 2011.
Osservo al riguardo che, già in analoghe precedenti occasioni, si è proceduto nel senso di esaminare i provvedimenti anche in mancanza della votazione del mandato ai relatori da parte delle Commissioni. In particolare, ciò è avvenuto nella seduta del 27 maggio 2002, quando, in relazione ad un decreto-legge in materia di proroga delle missioni internazionali, pur in mancanza del voto presso le Commissioni sul conferimento del mandato ai relatori, si procedette comunque all'esame in Assemblea, rispettando le date stabilite in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.
Inoltre, vi è un precedente del 9 ottobre 2000 quando, in relazione alle proposte di legge sulla Federconsorzi, il cui esame in Commissione non era neppure iniziato, la Presidenza confermò l'ordine del giorno della seduta dell'Assemblea che, effettivamente, procedette poi all'esame del provvedimento. Ulteriori precedenti nello stesso senso risalgono alle sedute del 2 ottobre 2000 e del 26 febbraio 2001.
D'altra parte, nel caso di specie, poiché il termine per la conversione in legge del decreto-legge spira il prossimo 27 febbraio, la Presidenza ha la responsabilità di consentire comunque alla Camera di deliberare entro tale termine.
È iscritto a parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, ha un nome rassicurante il decreto-legge che il Governo porta oggi in Aula: milleproroghe. È un nome che evoca scenari tranquilli, di una burocrazia amministrativa magari lenta, ma avviata su binari definiti. Si prorogano i termini di quel che esiste già, concedendo un po' più di tempo ad adempimenti noti. «Niente nuove, buone nuove» recita il proverbio e, dunque, non dovremmo preoccuparci.
Peccato che, così com'è avvenuto nelle Commissioni, ma anche oggi in Aula, scorrendo la gran mole di pagine, decodificando l'astruso linguaggio un po' per iniziati, analizzando e soppesando gli interventi e le misure che il decreto-legge contiene, si scopre che questo Governo, una volta di più, ha superato se stesso. Dietro a quel nome innocuo si cela una sorta di finanziaria in cui hanno trovato posto Pag. 24le misure più disparate, nuove tasse e balzelli: un provvedimento omnibus, quindi, che introduce mille novità, la gran parte delle quali non è, però, destinata a dispiegare effetti positivi sulla vita della maggioranza dei cittadini, né ad incidere sulla situazione difficile in cui versa il Paese, che continua ancora inutilmente ad attendere provvedimenti di largo respiro, misure strutturali, interventi dettati da una progettualità di lungo periodo.
Continuiamo a subire decreti-legge motivati non si sa da quali urgenze, approvati con il ricorso alla fiducia per evitare il confronto parlamentare. È un modo di procedere che mortifica e offende tutti i cittadini e ciascuno in particolare e che mai come in questa occasione, in cui è evaporata perfino la figura del relatore, rivela il volto autentico di questa maggioranza.
Ho seguito in parte i lavori, nella I e nella V Commissione, e ho visto con quanta perizia i presidenti si sono dovuti operare, anche stamattina, nel riportare, devo dire con molta onestà, la situazione in Commissione. A questo proposito, fa riflettere molto il parere sul decreto-legge fornito dal Comitato per la legislazione, che molti colleghi hanno evocato, perché è chiaro che è lì il cuore della problematicità del provvedimento.
Il suddetto parere evidenzia in generale come il decreto presenti forti problemi con riferimento ai parametri che presiedono alla corretta e ordinata produzione legislativa. Desidero soffermarmi sul contenuto del parere, perché sono svariati i rilievi al decreto-legge che si devono tenere presenti. Il Comitato segnala l'estrema eterogeneità del contenuto del milleproroghe, che si basa su un impianto fortemente derogatorio della normativa vigente, con disposizioni che non tengono conto dei limiti di contenuto del decreto-legge, come stabilito all'articolo 15 della legge n. 400 del 1988.
Con l'approvazione di commi ed articoli aggiuntivi da parte del Senato, il decreto-legge ha assunto la classica forma dei precedenti decreti-legge del genere, recando disposizioni di contenuto eterogeneo che incidono su vari settori dell'ordinamento e che sono solo parzialmente unificate dalle finalità di proroga o di differimento di termini. Tra l'altro, numerose disposizioni sostanziali, che si trovano nel decreto-legge, non appaiono nemmeno riconducibili alla finalità del provvedimento.
Il Comitato ricorda al riguardo l'articolo 2, comma 2-quater, che introduce una disciplina organica in materia di dichiarazione dello stato di emergenza per quel che riguarda il profilo delle spese e dei mezzi di copertura, o l'articolo 2-quater, che si occupa di materie sociali e di lavoro.
Il testo del decreto-legge, inoltre, non pare sempre effettuare un adeguato coordinamento delle sue disposizioni con le preesistenti fonti normative, che risultano in parte oggetto di modifiche non testuali. Questa modalità di produzione normativa mal si concilia con lo scopo di semplificare e riordinare la legislazione vigente.
Il decreto-legge modifica anche norme approvate di recente e questo non favorisce certo quelle esigenze da tutti riconosciute di stabilità, di certezza e di semplificazione della legislazione. Si nota anche una tendenza a prorogare termini legislativi senza far ricorso a novelle che incidono sulle disposizioni vigenti.
Vi sono anche norme di interpretazione autentica che, però, non appaiono sempre congrue. In particolare, l'articolo 2, comma 9-quater, prevede un'interpretazione autentica dell'articolo 82, comma 2, del Testo unico degli enti locali (il decreto legislativo n. 267 del 2000), dandogli effetto, però, dall'entrata in vigore della legge di conversione. Ma le interpretazioni autentiche, ovviamente, hanno valore solo retroattivo, dato che non si interpreta una norma che non è ancora in vigore.
E ancora. Tra le clamorose pecche del decreto-legge, il Comitato osserva che in questo viene di fatto ripristinato integralmente il contenuto del decreto-legge n. 62 del 2010, la cui legge di conversione era stata approvata dal Senato, ma respinta alla Camera l'8 giugno 2010, e che riguarda la sospensione temporanea di talune Pag. 25demolizioni disposte in Campania dall'autorità giudiziaria. Appare evidente, in questo caso, la violazione del limite posto dall'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, comma 2, lettera c), secondo cui il Governo non può con decreto rinnovare le disposizioni di altri decreti-legge di cui una Camera abbia bocciato la conversione in legge. Il Comitato ritiene che questo divieto valga sia per il decreto-legge originario, ma anche per un decreto modificato durante l'iter legislativo.
Varie sono le critiche, poi, del Comitato alle procedure usate nel decreto-legge, che evidenzia formulazioni poco chiare e meccanismi che sembrano quasi aggirare pronunce della Corte costituzionale, come emerge dall'articolo 2, comma 4-novies, che fa salvi gli adempimenti conseguenti alle dichiarazioni di illegittimità costituzionale da parte della Corte del decreto-legge n. 134 del 2009, articolo 1, comma 4-ter. Ciò in modo difficilmente comprensibile visto che, da un lato, sembra adempiere al dettato della Corte costituzionale, ma dall'altro, sembra far riferimento a quegli adempimenti posti in essere sulla base della disciplina annullata dalla stessa Corte.
Altre sono le critiche che il Comitato individua. Si citano, per esempio, quelle norme i cui effetti finali appaiono destinati a prodursi in un momento molto lontano dall'entrata in vigore della legge di conversione, contraddicendo così il dettato dell'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, che prevede l'immediata applicabilità delle misure disposte in un decreto-legge.
Non mancano, poi, proroghe termini in materia di gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 11, vari commi, del decreto-legge n. 195 del 2009, già prorogati in maniera più ampia dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 196 del 2010, appena approvato in via definitiva dalla Camera nel gennaio del 2011.
Questo modo di procedere, ovviamente, crea il forte rischio di sovrapposizioni tra fonti normative e non è conforme alle esigenze di riordino normativo e di razionale svolgimento delle procedure parlamentari di conversione in legge dei decreti-legge. Con questo modo di procedere, si può anche creare una generale incertezza - dobbiamo pensare che anche questa sia voluta - sull'individuazione della disciplina che va applicata concretamente.
Inoltre, il provvedimento evidenzia lacune dal punto di vista non solo della chiarezza, ma della stessa proprietà di linguaggio, con argomenti non raggruppati per materie (come, invece, nei precedenti provvedimenti «milleproroghe») e con espressioni improprie, quali, solo per fare un esempio, «indennità di anzianità» invece della dizione esatta «trattamento di fine rapporto» (articolo 2, comma 5-sexies).
Non ci si può aspettare dal decreto-legge cosiddetto milleproroghe, per sua natura eterogeneo, una coerenza di programma, tuttavia, si deve pretendere, pur nell'eterogeneità della sua composizione e, quindi, nella difficoltà di individuarne la logica profonda, che vi siano interventi immediatamente necessari ed urgenti secondo la natura della decretazione d'urgenza.
Con riguardo alla sezione lavoristica in particolare, che peraltro non è identificabile come tale nell'emendamento del Governo, approvato al Senato, accanto a previsioni condivisibili ve ne sono altre che meriterebbero una discussione più approfondita, fuori da una sede contraddistinta dall'urgenza. Noi condividiamo, come Alleanza per l'Italia, le norme sul personale a tempo determinato degli sportelli unici per l'immigrazione, e degli uffici immigrazione delle questure, che per un po' di tempo sono stati a rischio; vogliamo illuderci che il Governo con questa previsione abbia inteso invertire la propria condotta per affrontare sul piano del rispetto dei diritti umani, fin dal primo impatto con le implicazioni burocratiche, pur necessarie, la problematica dell'immigrazione.
D'altra parte, in occasione delle interrogazioni a risposta immediata della settimana scorsa, ho rivolto, personalmente e per conto del mio gruppo, un invito pressante al Ministro Maroni affinché modificasse l'approccio del Governo sulla questione, Pag. 26a difesa dei diritti umani delle persone coinvolte nei flussi migratori e proiettasse nel quadrante europeo le esigenze di solidarietà delle quali lo stesso nostro Paese ha bisogno per essere a sua volta solidale.
Condividiamo anche la proroga dei termini per l'impugnazione del licenziamento individuale, pur con la necessità di specificare che questa proroga riguarda i soli procedimenti in essere alla data di entrata in vigore del cosiddetto collegato lavoro.
Emblematicamente, dobbiamo, al contrario, denunciare che la norma dell'articolo 2-quater, comma 7, rubricata sicurezza sui luoghi di lavoro, introdotta al Senato, segnala un fatto gravissimo di questo Governo e cioè la sua sostanziale indifferenza, al di là delle declamazioni pubbliche, per le problematiche della sicurezza sul lavoro. La proroga contenuta in tale comma rinvia di un anno l'adozione delle disposizioni necessarie a consentire il coordinamento della disciplina generale in materia di sicurezza sul lavoro con quella prevista in relazione alle attività lavorative a bordo delle navi. Non sono bastati 36 mesi, quelli previsti dall'articolo 3, comma 2, secondo periodo, del decreto-legislativo n. 81 del 2008, per emanare i necessari decreti delegati. Ci chiediamo di quanto tempo abbia bisogno il Governo per affrontare con la dovuta risolutezza il problema della sicurezza sul lavoro, che resta drammaticamente urgente. Le morti bianche, gli incidenti che si registrano quotidianamente nel Paese, non sono una invenzione dell'opposizione.
Sono davvero molti gli aspetti critici di questo decreto, su ciascuno dovremmo soffermarci diffusamente ma il tempo che ci è concesso non lo consente. Ne scelgo uno fra tutti al quale sono rivolti due degli emendamenti presentati da Alleanza per l'Italia: i tagli alla cultura.
Tagliare i fondi per la cultura è la più grande nefandezza che un Governo possa commettere, a maggior ragione lo è in un Paese come l'Italia, la cui immagine nel mondo vive ancora note positive soprattutto per ciò che rappresenta la sua cultura. La sprezzante noncuranza con cui si tagliano alla cultura risorse già insufficienti, non solo è discutibile sul piano delle scelte di economia, ma dimostra quanto sia debole nel Governo il senso del rispetto per la storia e l'identità nazionale. La cultura di un popolo non è un fatto astratto, non è un orpello da buttare via, tra le cose di cui si può fare a meno.
La cultura nazionale non è un qualcosa altro da noi, è l'espressione del patrimonio di idee, di speranze, di azioni che generazione dopo generazione abbiamo compiuto, nei secoli, per essere ciò che siamo. La cultura è il DNA che fa di un agglomerato di persone, di territori, un popolo e una nazione. Questo DNA è iscritto nelle pietre dei monumenti che tutto il mondo ammira e desidera conoscere da vicino e che noi lasciamo andare in rovina. Questo DNA è presente nei fogli dei manoscritti, degli incunaboli e dei libri conservati nelle nostre biblioteche, nei dipinti e negli affreschi dei nostri musei. È lo stesso DNA che oggi fa crescere tanti talenti nelle arti e nelle scienze, apprezzati dappertutto meno da chi dovrebbe creare le condizioni affinché il loro talento fosse al servizio dell'Italia anziché arricchire altri Paesi.
La cultura è il timbro dell'identità nazionale, forse per questo non piace ad alcuni settori di questo Governo. Non bastasse ciò, ci vuole poco per capire che la cultura italiana costituisce un'azienda dal fatturato elevatissimo che quindi, non solo, andrebbe tutelata ma dovrebbe essere oggetto di significativi investimenti; perseverando nella politica di tagli sciagurati rischiamo di fare inaridire le arti e la cultura dell'oggi e ancor peggio rischiamo di non poter mostrare ai visitatori stranieri altro che testimonianze sgretolate di beni considerati ovunque patrimonio dell'umanità.
Nel 2001 i talebani distrussero a cannonate i millenari Budda di Bamiyan, dichiarati patrimonio culturale dell'umanità. Qui non si usano i cannoni, si usa l'indifferenza, la noncuranza, i tagli orizzontali, ma il risultato, alla lunga, non potrà che essere identico. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha affermato che dobbiamo trovare nuove vie per il nostro sviluppo Pag. 27economico e sociale, ma ci ha ricordato che queste vie non le troveremo attraverso una mortificazione della risorsa di cui l'Italia è più ricca, la risorsa cultura, nella sua accezione unitaria.
Il bilancio dell'attuale Governo, in materia di politiche culturali, è disastroso: la quota del prodotto interno lordo sul bilancio della cultura si riduce per la prima volta, nel 2011, allo 0,18 per cento, mentre le riduzioni programmate nel bilancio del Ministero per i beni e le attività culturali - nel quinquennio 2008-2013 - raggiungono l'impressionante importo di quasi 3 miliardi di euro. Nel dettaglio del comparto delle attività culturali le risorse disponibili sono state dimezzate in due anni.
Il Governo, per bocca del Ministro per i beni e le attività culturali, e dei suoi delegati, sia pubblicamente che negli incontri con i rappresentanti delle associazioni di categoria e gli operatori, aveva assunto l'impegno di riportare il Fondo unico per lo spettacolo almeno a 400 milioni di euro. Già questa cifra era inadeguata a soddisfare le esigenze del settore, eppure è stata disattesa, lasciando le risorse disponibili per il 2011 ad appena 258 milioni di euro. Nel testo del decreto «milleproroghe», approvato al Senato, vengono stanziati 15 milioni di euro per le fondazioni lirico-sinfoniche, ed altri 6 che sembrerebbero destinati solo ad alcuni teatri. Si tratta di una vera e propria elemosina, che, di certo, non risolve minimamente neppure i problemi del comparto lirico-sinfonico al quale è destinata, per non parlare poi di tutto il resto del mondo dello spettacolo dal vivo, ormai seriamente a rischio di sopravvivenza.
La situazione è resa ancor più grave dai pesanti tagli apportati ai trasferimenti verso regioni ed enti locali, che si stanno riflettendo in modo generalizzato sui bilanci della cultura, con un ulteriore impoverimento delle attività dello spettacolo dal vivo e con un forte impatto negativo in termini di chiusura di enti e imprese culturali, nonché di occupazione. Infatti, nella disattenzione generale, molti teatri, che siamo abituati a vedere aperti, nelle nostre città, stanno chiudendo. I piccoli teatri storici, che sono il gioiello di tante amministrazioni cittadine, non esisteranno più, così come le fondazioni che producono e diffondono cultura, e, ammesso e non concesso che ve ne sia qualcuna di troppo, non è una buona ragione per ucciderle tutte, anche quelle che elevano ed innovano la nostra tradizione culturale, moltiplicandone gli effetti positivi in Italia e nel mondo.
È importante anche sottolineare che non si tratta solo di una questione culturale, ma dell'ennesima emergenza sociale, che si sta determinando con migliaia di persone che perdono lavoro. Certo, il loro dramma non vale di meno, tanto più che gli operatori dello spettacolo non hanno nessuna forma di tutela sociale, e, quindi, si trovano, da un giorno all'altro, semplicemente senza lavoro e senza stipendio.
Infine, una considerazione fondamentale: non è vero che il mondo della cultura non produce ricchezza. Il vasto settore delle industrie creative e delle professioni culturali rappresenta una parte determinante della ricchezza nazionale, in termini di occupazione, di competenze tecnico-scientifiche e di creazione di prodotto interno lordo, stimato nel libro bianco sulla creatività del 2008 come uno dei principali macrosettori dell'economia italiana.
È vero, tuttavia, che si tratta di un potenziale produttivo in gran parte immateriale, ma che genera anche ricchezza in termini concreti. È però fragile e non si autofinanzia. Il pubblico deve fare la sua parte in termini di finanziamenti, ma anche nello stimolare i contributi privati attraverso meccanismi concreti di incentivazione dell'impresa privata, che le attuali disposizioni finanziarie di bilancio si sono invece incaricate di rendere molto più difficili, se non proibitive: detrazioni fiscali, crediti di imposta, sponsorizzazioni, deducibilità di acquisizioni, mostre, spettacoli ed iniziative culturali.
Per concludere, con la nostra proposta emendativa, chiediamo semplicemente il reintegro del Fondo unico per lo spettacolo, almeno secondo l'impegno che era stato Pag. 28preso da questo Governo. Con una cifra che di certo non manderà in rovina il bilancio dello Stato si potrebbe salvare un intero settore produttivo e il lavoro di tante persone.
Abbiamo chiesto un gesto di responsabilità che sta andando nel cestino. Per quanto riguarda il settore cinematografico, nella passata legislatura l'allora Ministro per i beni e le attività culturali, Rutelli introdusse alcune novità importanti, tra l'altro condivise da ampi settori dell'attuale maggioranza.
Si trattava di meccanismi di incentivo fiscale innovativi e non assistenziali, ma produttivi, come dimostrato dalla stessa direzione competente del Ministero per i beni e le attività culturali: un credito di imposta, una detassazione degli utili (tax credit e tax shelter). Oggi il loro rifinanziamento per appena sei mesi si presenta quasi come una presa in giro: è un disincentivo alla programmazione di impresa, anziché un incentivo per il cinema italiano. Quale imprenditore, infatti, potrà mai fare un investimento sulla base di una norma che è in vigore solo per sei mesi?
Questi meccanismi, invece, sono fondamentali per i produttori e rappresentano una promessa tradita da questo Governo che, pur riconoscendone i benefici, non li ha finanziati come avrebbe dovuto, ma questa mancanza non deve ricadere sugli spettatori. L'emendamento che abbiamo proposto, e che avevamo già presentato al Senato, intende perseguire l'obiettivo di sostenere l'industria cinematografica in maniera più coerente di quanto non abbia fatto il Governo con la tassa di un euro per lo spettatore.
Nel testo del decreto milleproroghe approvato in Senato la maggioranza tenta di risolvere il problema del finanziamento del settore cinema attraverso il prelievo forzoso di un euro a spettatore nelle sale, insostenibile per dimensioni e modalità, prima di tutto perché si configura come un'odiosa tassa sullo spettatore e, inoltre, perché grava sulle aziende dell'esercizio cinematografico per una cifra che oscilla tra il 15 e il 20 per cento dei ricavi, rischiando di compromettere tenuta del mercato e livelli occupazionali.
Potrebbe generare una contrazione del numero degli spettatori e, perché no, un conseguente mancato raggiungimento degli obiettivi di profitto prefissati. Non rispetta i principi di equità fiscale, creando di fatto più categorie di contribuenti e, infine, incide in egual misura su tutte le categorie di prezzo e di spettatori e su tutte le tipologie di sale, il che significa che il costo del biglietto aumenta di un euro non solo nelle sale dove il prezzo è di 7 o 7,5 euro, ma anche nei cinema d'essai dove il prezzo è magari di 2 euro, incidendo sul costo del 50 per cento.
Tutto questo, tra l'altro, avviene in un momento in cui le imprese dell'esercizio cinematografico non godono affatto di buona salute, ma anzi versano in una crisi che trova il suo apice nella chiusura delle sale di città, ma non risparmia neanche quelle strutture più piccole che riescono a restare aperte proprio grazie ad una politica di prezzi ridotti. Per noi è comunque inaccettabile che si faccia pagare agli spettatori del cinema il tracollo della cultura.
Il nostro emendamento rappresenta una proposta alternativa per finanziare il credito di imposta basato sul modello francese, ed è condivisa dalle associazioni degli autori e dei produttori del cinema, ma con questo andamento tutto sta andando ad essere cancellato. Abbiamo proposto l'introduzione di un contributo a carico dell'intera filiera che utilizza il prodotto cinematografico della misura sostenibile dell'1,5 per cento dei ricavi dei diversi soggetti coinvolti: gli operatori di rete delle emittenti televisive nazionali e di quelle che offrono al pubblico servizi e programmi a pagamento, gli operatori delle telecomunicazioni fisse e mobili e dei fornitori di accesso alla rete Internet, i distributori di home video e gli esercenti cinematografici.
In relazione alla massa critica dei soggetti coinvolti, il provvedimento potrebbe portare al raggiungimento di un valore di circa 130 milioni di euro, cifra certo più realistica dell'improbabile gettito della misura Pag. 29ipotizzata dal Governo (120 milioni di euro). Tra l'altro, il nostro è un emendamento che riprende i concetti e i meccanismi proposti in vari disegni di legge presentati in materia cinematografica in questa e nella passata legislatura da parlamentari sia della maggioranza che dell'opposizione.
Insomma, si sta tagliando il futuro. Non si prevede nulla di buono per il domani dell'Italia. Si tratta di un decreto-legge mal scritto, di 130 pagine, in cui vincono in pochi e perdono in molti. In fondo è un testo dalle mille tasse - è stato detto anche stamattina - che concede qualche prebenda, ma ignora le vere emergenze di un Paese che è sfiancato da tanta negligenza. A noi di Alleanza per l'Italia non piace e abbiamo cercato, e cercheremo nelle ore che seguiranno, di esprimerlo nei toni e nei modi che sentiamo più giusti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14 con il seguito della discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante proroga di termini.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Lombardo e Mura sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione (ore 14,16).

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 4086)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, mentre il mondo va letteralmente a fuoco dalla parte del Mediterraneo e con l'economia e con la borsa che scricchiolano, noi stiamo discutendo con toni apocalittici del decreto-legge milleproroghe e con un'indignazione che dovrebbe trovare, a mio giudizio, miglior motivo perché chi vive indignato... non mi viene la rima in questo momento. Si tratta di un'indignazione mal riposta, perché non c'è niente di più italico del decreto-legge milleproroghe, non c'è niente di più bipartisan del decreto-legge milleproroghe, non c'è medicina più amara del decreto-legge milleproroghe, ma che in qualche modo fa bene. È questa la realtà parlamentare che dovremmo raccontare, perché si tratta di una «medicina» che serve a persone concrete di cui poi andremo magari a individuare il volto.
Ci si scopre invece indignati, si usano toni quasi apocalittici, si evocano possibilità incredibili come se nel parterre del decreto-legge milleproroghe potessero attaccarsi tutte le navi che in questo aumento stanno affondando e tutti chiedono un passaggio su questa nave del decreto-legge milleproroghe per poter risolvere nel giro di poco tempo e con un numero magico i problemi dell'Italia. Stavamo bene quando stavamo male. Infatti, si vede che i vizi del decreto-legge milleproroghe sono solamente del «perfido» Berlusconi e della coalizione che lo sostiene. Quando sicuramente governava qualcun altro, il decreto-legge milleproroghe era un viatico di salvezza e qualcosa di incredibile. Verremo poi magari alle dotte argomentazioni di critica. Pag. 30
Signor Presidente, forse lei in questa mattinata non ha colto il grido di dolore del pecorino sardo. Presidente, ci è stato detto che non siamo intervenuti sul pecorino sardo. Ho già ricevuto una serie di telefonate e di grida di allarme dalla caciotta di Bagnocavallo e dalla toma veneta che non hanno trovato una pronta risoluzione, come chiedeva - lo dico ovviamente sorridendo - l'amico Vannucci. Vorrei ricordare che stavamo bene quando stavamo male, perché ai tempi del 2008 e del 2009 sì che funzionava bene il decreto-legge milleproroghe.
Mi permetto di citare due «cosine» che trovavano accoglienza nel decreto-legge milleproroghe del 2008. Un importantissimo provvedimento all'articolo 22-sexies, relativo all'istituzione del commissario alla gestione del piano di sviluppo del porto di Gioia Tauro, che fa rima, tra l'altro, con un provvedimento su cui noi abbiamo messo risorse per le infrastrutture portuali.
Ma poi sono stati fondamentali 13 milioni di euro all'articolo 22-quinquies per la riqualificazione della caserma Rossani (in quel caso, il Paese sicuramente applaudiva) e del quartiere Carassi San Pasquale del comune di Bari. Quindi, lì sì che andava particolarmente bene.
Ci si è accorti anche che c'era la reversibilità per gli assegni vitalizi a favore dei familiari degli ex deportati, ma poi siamo riusciti - quando si parla di coerenza e quant'altro - nel 2008 a far passare le missioni internazionali, che sono state prorogate con un piccolo codicillo, perché c'era un filino di vergogna ad arrivare in Aula dato che al Senato ne succedevano di tutti colori: fuochi d'artificio, Turigliatto che si accampava minaccioso ai bordi del Senato, l'altro che declamava le sorti della rivoluzione leninista d'ottobre. Abbiamo sentito anche questo all'epoca. Oltre alle missioni internazionali, c'è stata la proroga dell'Agenzia nazionale per l'attuazione degli investimenti. Per quanto riguarda le fondamentali apparecchiature elettroniche, hanno prorogato l'obbligo ai distributori di ritirare gratuitamente la fornitura di nuove apparecchiature, ovviamente sempre a favore dell'ambiente. Si contestano alcune misure per il terremoto del Molise del 2002.
Poi vorrei ricordare gli emendamenti su questo provvedimento: interventi sulla magistratura e sull'agricoltura. Infatti, i cattivissimi leghisti hanno chiesto di poter far chiarezza. Per carità, ci prendiamo tutte le responsabilità, perché noi chiediamo all'Europa di fare ragione. Vorrei ricordare agli amici che all'epoca vennero prorogati i benefici della legge n. 237 del 1993 a favore dei soci di cooperative agricole in accertato stato di insolvenza. Lo traduco per la signora Maria, che, magari, se non si riesce a sintonizzare su Radio Maria (sicuramente qualche volta più interessante) le tocca passare per Radio Radicale e - ahinoi - ascoltare il sottoscritto. Significa che dal 1993 questo Stato paga più di 20 miliardi all'anno (mi sembra che anche noi, purtroppo, quando siamo andati al Governo abbiamo prorogato per un anno, ma quest'anno non lo abbiamo più fatto) per le cooperative che non hanno pagato le tasse.
I soci delle cooperative, infatti, dovevano mettere una fideiussione, una garanzia. Ma fatta la legge creato l'inganno: non solo non pagavano, ma la fideiussione eventualmente poteva essere ritirata e la metteva lo Stato. All'epoca non ci furono cortei incredibili da parte di associazioni agricole. Non ci fu niente, signor Presidente. Lo dico perché quando magari andava bene e quando andava male avevamo queste chicche. Non vado a prenderne delle altre perché vorrei proprio far notare che la medicina è amara: un decreto-legge «milleproroghe» in qualche modo è una medicina che questo Parlamento e questo Stato debbono mandare giù.
Ricordo però ai colleghi del centrosinistra l'iter al Senato, perché sembra che ci siano state barricate incredibili. Ciò non è avvenuto, tanto che poi andrò a farvi vedere alcuni emendamenti passati. Infatti, sembra che il Partito Democratico non abbia «messo becco». Invece, lo ha fatto, tanto è vero che al Senato la questione di fiducia è stata posta sul testo uscito Pag. 31dalla Commissione, dove - bene o male - per la prima volta tutti gli elementi arrivati nel testo della fiducia sono stati concordati e hanno avuto il via libera preventivo da parte del centrosinistra. Quindi, la fiducia è stata posta su quello che è stato approvato in Commissione e, anche su quello che non era in Commissione, è stato dato il via libera preventivo anche dal centrosinistra.
Quindi, farei attenzione quando si parla di precedenti incredibili e quant'altro. Per carità, avremmo preferito avere i numeri nelle Commissioni, ma li avremo: li stiamo per cercare.
L'opposizione ha dato il suo beneplacito, comunque, e ha condiviso tutta una serie di provvedimenti. Dunque, vorrei ricordare che vi sono dei punti che oggi sono stati criticati. Vorrei ricordare gli emendamenti a firma dei senatori Battaglia e Legnini che stabiliscono - importantissimi e sicuramente il Paese gliene è grato - il termine ultimo per la sottoposizione a controllo dei serbatoi in esercizio da 25 anni presso i depositi GPL. Però, tali misure non vengono stabilite immediatamente e ricordo che su questo punto vi sono state anche delle possibili implicazioni sul mondo del lavoro e ne ricordiamo alcune. Gli amici, tuttavia, hanno affermato che questo andava bene, che dobbiamo controllarlo e che, comunque, allunghiamo un pochino i tempi e così arriviamo alla fine del 2011.
E poi ancora sulla giustizia. Anche gli amici di Futuro e Libertà per l'Italia che si sono lamentati hanno offerto un importantissimo contributo a favore dell'ambiente, che consente la immissione in discarica dei rifiuti provenienti dalla frantumazione degli autoveicoli a fine vita e dei rottami ferrosi, per i quali sono autorizzate discariche monodedicate che possono continuare ad operare nei limiti delle capacità autorizzate al 1o gennaio 2011. Quindi, più rifiuti per tutti. Questo ha una sua razionalità, perché invece di mandarli in Europa li teniamo qui. Dunque, ricordo questo contributo quando si vuole predicare e si vuole far credere di essere santi che, in qualche modo, passano in questo mondo lasciando perle di saggezza.
Sul tema della giustizia il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, stabiliva un intervento importante in ordine alle cause civili. Signor Presidente, questo Paese ha più di 11 milioni di cause civili da discutere e che non vanno avanti. Ci sono novantenni che reclamano, da una decina di anni, diritti che forse troveranno accoglimento nei propri nipoti. Cosa si era detto? Imponiamo di esperire il procedimento di mediazione su alcune materie, come per quelle inerenti il condominio. Sulle liti di condominio perché andare davanti al giudice? Prima provate a mettervi d'accordo con un conciliatore. Se il valore della causa è fino a 50 mila euro potete provarci e se non lo fate non potete neanche rivolgervi al giudice. Questa misura poteva riguardare i patti di famiglia, il comodato, l'affitto di aziende e anche la responsabilità medica ma non penale. Si era stabilita questa misura che poteva, in qualche modo, snellire la giustizia, visto che si dice sempre che il Governo interviene sulla giustizia. Si doveva intervenire nel marzo 2011 e a marzo 2011 doveva essere obbligatorio il tentativo di conciliazione. Tuttavia - guarda un po' - un emendamento a firma dei senatori Lusi, Della Monica, Finocchiaro - e l'hanno firmato tutti, ma proprio tutti per arrivare fino a Nicola Rosso, Morando e Legnini - stabilisce di lasciar perdere la conciliazione e di andare avanti. E così gli 11 milioni di cause aumenteranno. Dunque, questo ha un nome e un cognome.
Poi vi è la riforma Gelmini, prorogata grazie ad un emendamento a firma dei senatori Rusconi e Bastico. E poi abbiamo, ovviamente, la proroga delle concessioni ad aziende limitrofe all'Etna, dove abbiamo un ottimo emendamento Bianco e Vizzini - bipartisan - che proroga tranquillamente. Poi ho sentito molto parlare della proroga per l'impugnazione dei licenziamenti individuali, proroga che stabilisce nient'altro che un termine di 60 giorni Pag. 32dalla notifica. Se il dipendente viene licenziato ha 60 giorni per impugnare e far valere i propri diritti.
Non c'è nessun «conculcamento» del diritto soggettivo, tuttavia c'è una legittima mediazione anche con il diritto del datore di lavoro di vedere chiusa la possibile vertenza: in un termine di tempo certo si decide la questione e così il datore di lavoro potrà assumere un altro lavoratore oppure dovrà reintegrare il lavoratore licenziato. Ebbene, cosa abbiamo fatto? Lo abbiamo prorogato ovviamente con un emendamento a firma Roilo e Nerozzi. Quindi, signor Presidente mi sembra che questi termini apocalittici siano, non dico «dal sen fuggiti», ma dalla memoria fuggiti perché non possiamo pensare che quello che succede a trecento metri da qui non venga minimamente considerato; andrebbe invece considerato.
Ciò vale per esempio anche con riferimento ad altre norme che sono state introdotte dalla Commissione bilancio al Senato, come la norma riguardante il tasso considerato di usura nella concessione di prestiti da parte degli istituti di credito e la finalizzazione della possibilità di bancoposta. A tal proposito, si è parlato malissimo da parte dell'amico dell'Italia dei Valori della possibilità di bancoposta di acquistare quote di banca e una miglior lettura avrebbe fatto vedere come bancoposta poteva intervenire per l'acquisizione di Mediocredito centrale, necessario per la costituzione della banca del Mezzogiorno. Ci viene detto che noi, noi della Lega Nord - non ci beccano neanche per sbaglio ovviamente - abbiamo fatto le barricate ai tempi del Banco di Napoli o del Banco di Sicilia. Questo è certo, ricordiamoci che lo abbiamo pagato tutti, ma non vorremmo paragonare queste ipotesi ad un'idea che secondo noi è giusta: infatti esiste un fenomeno di difficoltà di accesso al credito da parte dei dipendenti, degli artigiani e degli imprenditori onesti del sud, ma noi vogliamo riconoscerlo.
Certo, al sud c'è un'esposizione di rischio maggiore, ci sono tassi di sofferenza, tuttavia è evidente che noi rivendichiamo il diritto dell'imprenditore sano, del piccolo artigiano del sud di avere le stesse garanzie e le stesse opportunità del cittadino artigiano serio del nord. Non siamo noi che vogliamo dividere questo Paese dal punto di vista bancario e quindi se c'è un «colbertismo» - ieri si è fatto riferimento anche a questo - da parte del Ministro, che ha questo pallino di poter lanciare un seme come quello della Banca del sud e vedere se cresce nel tessuto sociale ed economico del sud, siamo convinti che ci siano risorse tali per cui questo possa accadere.
Il provvedimento contiene anche altri elementi a favore dei comuni come l'acconto ICI per i comuni: è stata fatta tutta una serie di discussioni, un emendamento cifrato per 2 miliardi 800 milioni euro che però non incidono perché l'acconto è stato fatto per un periodo infrannuale e quindi non ha un effetto finanziario, ma neanche di cassa; si trattava di un provvedimento che aspettavamo, di cui i comuni avevano assolutamente bisogno. La possibilità per l'indebitamento che passa dall'8 al 12 per cento o al 10,8 per cento, il 75 per cento degli oneri di urbanizzazione, che possono essere utilizzati, la proroga dei bilanci dei comuni, un leggero intervento per attenuare il Patto di stabilità sicuramente per i comuni virtuosi sono nelle tracce degli interventi del solco lasciato dalla Lega Nord che in qualche modo ha trovato accoglimento.
Abbiamo sentito rivendicare la mancanza del precedente Ministro per i beni e le attività culturali: girando per le strade sento la gente chiedere tante cose, ma non sento chiedere «aridatece Rutelli», francamente non l'ho mai sentito. Erano stati chiesti interventi sul cinema e sullo spettacolo - andate a leggere in Commissione - e sono arrivati, certamente con un costo.
È stato detto «avete fatto interventi in favore delle zone colpite dalle alluvioni e dai terremoti». Era necessario dare ancora una segnalazione di solidarietà ai popoli che hanno sofferto, in particolare il popolo abruzzese, che ha visto un ulteriore differimento dei termini degli adempimenti tributari, sospesi, ai sensi dell'articolo 39, per i soggetti colpiti dal sisma Pag. 33del 6 aprile 2009 in Abruzzo. Ancora, a favore del popolo veneto che, ricordo, ha subìto uno dei più devastanti allagamenti che gli ultimi anni abbiano ricordato, e l'ha subìto in silenzio, senza fare confusione, senza strapparsi i capelli, rimboccandosi le maniche e chiedendo legittimamente allo Stato. E ancora, a favore de L'Aquila, a favore dell'Accademia delle belle arti e del Conservatorio de L'Aquila, e poi un ulteriore stanziamento in favore delle zone colpite da eventi meteorologici: Liguria, Veneto, Campania, Messina. Ovviamente anche questa volta non abbiamo dato una lira all'Emilia perché non si voleva far perdere l'abitudine di non ricevere una lira da parte dello Stato, perché le alluvioni in Emilia non vengono giustamente pagate, da altre parti sì ma da noi no. Questo forse grazie anche al presidente Errani, che si dimentica di chiedere l'urgenza a tempo debito ed ha messo in posta «zero» sull'emergenza.
Viene detto che c'è la possibilità di tassare. Voglio ricordare però che deve essere imposto alle comunità locali un principio di responsabilità per il dissesto idrogeologico e per le calamità. Com'è possibile che a Messina venga data la possibilità di costruire su un crinale dove è evidente che c'è un rischio immediato, che si tratta di zone a rischio di frana, dove ci passa un torrente, che si costruisca e che non ci sia nessuno che paghi? È obbligo delle amministrazioni e delle popolazioni investire anche in sicurezza e in prevenzione, non è giusto che per l'incapacità, per l'incuria e per la negligenza, ma molto spesso per il dolo di qualche amministrazione o di qualcuno che ha voluto costruire nonostante tutto in posti non sicuri poi paghino tutti. Il principio di solidarietà deve essere valido, ma è anche giusto in qualche modo che chi sbaglia possa pagare per questo. Secondo me, questo vale per il nord, per il sud e per il centro. Se si costruisce sul Vesuvio - nessuno ha chiesto di costruire sul Vesuvio - e poi succede qualcosa domani, non si può pensare che nessuno lo prevedeva, nessuno l'aveva detto, nessuno lo sapeva. Da che mondo è mondo, i bambini sanno che il Vesuvio è un vulcano attivo e che qualcosa può succedere. Quindi, credo che la prevenzione sia fondamentale.
È un provvedimento di cui non andiamo né fieri né orgogliosi, è una medicina più o meno amara a seconda di come lo si vede, ma è una medicina che ha nomi e cognomi e che cerca anche di dare un indirizzo. Il nome e cognome a proposito delle case fantasma: ci sono emendamenti di analogo tenore presentati dal centrosinistra, ma è un'opportunità, un dovere identificare questo milione di case che in qualche modo non sono chiamate a un esercizio di responsabilità né di solidarietà contributiva.
Questo deve essere ben chiaro. Tra l'altro, ricordiamoci che l'emersione di questo avrebbe portato sicuramente un beneficio alle casse dello Stato. Vi è la proroga del termine per la presentazione di dichiarazioni relative ad immobili non registrati al catasto, di cui al comma 5-bis, oppure - e questo ha un nome e un cognome - la dilazione dei pagamenti. Oggi ci sono imprese che sono quasi strangolate. C'è un progetto di legge della Lega proprio per dare ossigeno a coloro che devono soldi allo Stato e sono considerati dalle Agenzie delle entrate non dico come cravattari, ma quasi. Con il comma 18-bis si interviene sulla disciplina delle dilazioni di pagamento richieste dal contribuente per l'esistenza di una temporanea situazione di difficoltà finanziaria. Mi sembra dovuto in un momento di crisi e questa è una misura che ha un volto.
Vi è poi la proroga del termine di efficacia, di cui al comma 2-sexies, per i concorsi pubblici e per le assunzioni a tempo indeterminato relative alle amministrazioni pubbliche, soggetto a limitazioni. Questi concorsi possono essere posticipati e possono ancora avere una validità. Abbiamo bloccato le assunzioni ed è evidente che dobbiamo tenere conto anche di questo.
Per quanto riguarda il controllo di legittimità della Corte dei conti, abbiamo parlato tanto della cricca. Vi è una disposizione, sempre al comma 2-sexies, che sottopone al controllo di legittimità della Pag. 34Corte i provvedimenti commissariali dovuti alla dichiarazione di stato di emergenza. È un principio di legalità. Forse fanno più eco notizie, gossip, intercettazioni e quant'altro. Questo è un piccolo elemento di legalità.

PRESIDENTE. Onorevole Polledri, la prego di concludere.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Per quanto riguarda la dichiarazione di illegittimità costituzionale relativa alla normativa sulle graduatorie provinciali per gli insegnanti, lo sapete che vengono da noi i sindacalisti della CGIL e ci dicono che sperano nella Lega perché in qualche modo faccia valere le ragioni degli insegnanti del posto contro i privilegiati dei numeri e della casta delle università, che regalano i 110 e lode e i corsi di aggiornamento? Lo ripeto: si rivolgono a noi esponenti della CGIL. Pertanto, ben venga una proroga in questo senso.
Vi sono poi altri elementi: si è parlato tanto della proroga per Milano, per gli assessori e quant'altro, ma non si è visto l'altro lato della medaglia, ossia che si sono limitati gli oneri per i permessi retribuiti dei consiglieri, proprio a Roma e a Milano, e anche per i presidenti di circoscrizione e per i consiglieri. Sono norme che portano risparmio nelle casse dello Stato e anche un principio di moralizzazione.
Signor Presidente, lo ripeto: in queste ore sentiremo indignazione a comando. Forse, ripeto anche ciò, in questo Parlamento la grande opposizione e la barricata che viene annunciata non è tanto indizio di un intervento malevolo del Governo, che nel bene o nel male ha riproposto la proroga di alcune misure che costano molto poco rispetto al passato. Tutto il provvedimento, signor Presidente, costa 93 milioni per il 2010. Per il 2011 ha dato dei soldi, ma soprattutto per poter mantenere gli impegni per il 5 per mille a favore del volontariato, che - voglio ricordarlo - non sono stati tagliati in passato dal Governo terribile, ma in parte da un emendamento del gruppo FLI, votato dal centrosinistra, che toglieva al 5 per mille, al volontariato, per dare all'editoria.
Ovviamente al gruppo Futuro e Libertà per l'Italia interessava non tutto il settore dell'editoria, ma il quotidiano Secolo d'Italia. Per come vanno le cose, probabilmente la prossima volta non lo proporrà più.
Concludo, signor Presidente, augurandomi - ma è un augurio infondato - che l'opposizione, ripeto, possa riservare i toni biblici, la propria indignazione ed il proprio contributo a miglior provvedimento. Questo Parlamento forse dovrebbe dedicare poco tempo al decreto milleproroghe e più tempo a ciò che sta succedendo, evitando i toni trionfali. Abbiamo sentito commenti estasiati sulla vincita della democrazia nel Mediterraneo. Non so, ho sentito gli stessi commenti estasiati ai tempi della rivoluzione di Khomeini, quando la sinistra andò in piazza festeggiando l'avvento di un fondamentale momento per la storia che si chiamava Repubblica islamica (Commenti del deputato Furio Colombo). Non vorremmo che anche questa volta, per l'ennesima volta, si prendessero lucciole per lanterne.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, ho piacere di intervenire dopo l'onorevole Polledri, ma ne sono anche un po' turbato perché, evidentemente, non ha letto bene il provvedimento in esame. Se è vero, come è vero, che questa brutta abitudine italica si è perpetuata sotto vari Governi, è anche vero che mai come in questo frangente, mai come dalle maggioranze che si sono succedute in questa legislatura, abbiamo avuto provvedimenti sempre peggiori.
È un'abitudine, ormai, che il Presidente della Repubblica firmi un decreto-legge, ma che poi ci troviamo a veder promulgato un provvedimento completamente diverso. È una questione di merito e di metodo. Il disegno di legge in discussione, lo vedremo più tardi, con l'esame delle questioni pregiudiziali, presenta almeno cinque Pag. 35contrasti violenti, con altrettante norme della Costituzione e ci fa vedere cose che, in passato, non abbiamo mai visto.
L'onorevole Polledri ha citato prima, a riprova della sua tesi, delle argomentazioni relative a passati decreti milleproroghe che sono di evidente importanza positiva. Nel mentre, citerò più tardi alcuni argomenti contenuti nel provvedimento in oggetto che sono veramente terribili, oltre che nella forma, anche nel metodo.
L'incostituzionalità del provvedimento in esame è palese. Certo, come è stato annunciato da questa maggioranza, questo problema verrà risolto con il tentativo di sovvertire anche lo status della Corte costituzionale. Non scherziamo con le parole! Siamo certi che un'eventuale modifica delle maggioranze deliberative della Corte costituzionale debbano essere introdotte, quanto meno, con legge costituzionale o con modifica costituzionale e quindi, non essendovi alcuna possibilità che si raggiungano i due terzi dell'Aula, dovremmo andare davanti al popolo per il referendum confermativo. Purtroppo, intravediamo e vediamo nella Corte costituzionale l'unico baluardo contro le nefandezze che questa nuova maggioranza ha promesso di riservarci nei prossimi mesi, di cui, forse, il decreto milleproroghe è soltanto un figlio minore, ma che comunque contiene delle cose veramente sbagliate. Anzitutto, contiene tutta una serie di norme ordinamentali che nulla hanno a che vedere con il concetto di proroga e che, quindi, sono completamente estranee a questo corpus normativo.
La sola Tabella 1, che contiene decine e decine di proroghe, dà il polso di una situazione catastrofica, cioè di un Governo che non riesce a governare e a produrre provvedimenti, il più delle volte amministrativi, nei termini previsti dalle leggi.
Avevamo salutato tutti, per esempio, la prova pratica per il conseguimento della patente per il ciclomotore - abbiamo tabelle che ci dicono che in termini di vite di ragazzi e di risparmio di costi sanitari questa norma è assolutamente positiva - e ci troviamo di fronte all'impossibilità della sua applicazione - chissà perché? - e quindi ad una proroga.
Abbiamo l'inserimento, positivo, di un Fondo per le non autosufficienze, ma è assolutamente irrisorio e va ad inciampare e a scontrarsi con la normativa del federalismo fiscale che deve entrare in vigore e quindi, di fatto, si viene a trasformare in una beffa per l'ampia, purtroppo, categoria sociale dei non autosufficienti.
Viene consentito ai comuni di aumentare i tributi, ovvero l'accisa sulle energie elettriche per coprire il costo eventualmente patologico del ciclo dei rifiuti. Noi non crediamo che si possa agire ancora sulla leva fiscale e aumentare il prelievo fiscale, quando vi sono delle situazioni non fisiologiche. Questo è il frutto di una mentalità che ha portato al federalismo fiscale, che stiamo capendo, giorno dopo giorno sempre di più con ogni evidenza, porterà soltanto ad un aumento esponenziale della pressione fiscale e non porterà a nessuna razionalizzazione e riduzione della pressione fiscale.
La strutturazione della restituzione dei versamenti fiscali e contributivi per le zone terremotate dell'Abruzzo - e qui vi è una disparità di trattamento - non è equivalente rispetto a quanto era stato normato per i terremoti dell'Umbria, delle Marche, di Campobasso e di Foggia. Noi dell'Italia dei Valori abbiamo all'uopo presentato un emendamento, ovviamente in maniera totalmente vana, perché non se ne è potuto parlare in Commissione e non se ne potrà parlare in Aula, dal momento che, per l'ennesima volta, ci troveremo non solo davanti ad un taglio della discussione, ma ci troveremo davanti ad una posizione della questione di fiducia subito dopo il voto della questione pregiudiziale di costituzionalità, che quest'Aula come sempre respingerà, pur essendo palesemente incostituzionale - anche sulla base di recenti sentenze della Corte costituzionale - questo disegno di legge di conversione di un decreto-legge, che non possiede nessuno dei requisiti previsti dall'articolo 77, Pag. 36ma anzi confligge almeno con ben altri quattro articoli della Costituzione.
Cosa vogliamo poi dire dell'abrogazione delle norme sulle demolizioni campane? Con sentenze penali passate in giudicato era stata disposta la demolizione di edifici abusivi. Con questo provvedimento proroghiamo i termini e probabilmente in un futuro questo Governo cercherà di annullare anche le disposizioni previste dalla sentenza penale passata in giudicato.
Vantava prima il collega Polledri la proroga al 31 agosto 2012 delle graduatorie provinciali ad esaurimento del personale insegnante. Noi, così com'è stato sostenuto recentemente dalla Corte costituzionale a proposito degli inserimenti cosiddetti a pettine e non in coda, saremmo dell'idea che, anziché prorogare le graduatorie, sarebbe bene sbloccare le assunzioni e indire nuovi concorsi, affinché nuovi precari possano avere gli stessi diritti dei «vecchi precari» - chiamiamoli così - che hanno acceduto alle graduatorie.
Abbiamo un'anticipazione dei diritti delle città metropolitane, anche se i correlati doveri ancora non sono stati definiti. Come è noto, è previsto che i consiglieri circoscrizionali delle medesime città metropolitane godano di un'indennità. Il decreto-legge in esame prevede che in quelle che saranno le nuove città metropolitane i consiglieri circoscrizionali abbiano un compenso, ciò in barba totalmente alla tanto decantata lotta ai costi della politica che i cittadini ci chiedono.
Ciò fa il paio - dispiace che il collega Polledri abbia difeso questa normativa - con il consentire ai comuni con più di un milione di abitanti (ovvero Roma, Napoli e Milano) di conservare 60 consiglieri comunali, anziché 48, e 15 assessori, anziché 12.
Avevamo salutato positivamente l'obbligo di vendita delle partecipazioni nei comuni al di sotto dei 30 mila abitanti e l'obbligo di poter avere una sola partecipazione per i comuni fra i 30 e i 50 mila abitanti. Anche questa opera di razionalizzazione è stata vanificata in quanto prorogata fino al 2013, con la facoltà per i comuni con i conti in ordine da tre anni di vedere annullata di fatto questa normativa. Ma, allora, per quale ragione questa normativa è stata prodotta?
Ci sono - come diceva il collega Polledri - norme ordinamentali molto pesanti nel decreto-legge in esame. Che dire del differimento al 2015 della proibizione per i proprietari di televisioni di avere partecipazioni nella carta stampata? Ancora una volta ci troviamo in presenza di una legge ad personam. È noto l'interesse del gruppo Berlusconi a mettere le mani sul Corriere della Sera o su altri importanti quotidiani o settimanali italiani, per continuare quella pressione mediatica che in qualche modo «ammalora» la vita pubblica italiana, per consentire falsamente al Premier di dire che ci deve essere la prevalenza del voto popolare, ad esempio sui provvedimenti della Corte costituzionale, il che è un concetto del tutto singolare, al quale, però, voglio aggiungere la nota che il consenso popolare, in Italia, è assolutamente drogato dal possesso unilaterale dei mezzi televisivi e dei mezzi della carta stampata e da questa norma relativa alla loro moltiplicazione da parte del padre-padrone del Popolo della Libertà e della maggioranza.
Quindi, attenzione a dire, colleghi della maggioranza, che i lamenti levati dall'opposizione sono vani e che la normativa in esame è simile a quella nominalmente analoga dei Governi di centrosinistra, perché così non è. I contenuti del decreto-legge in esame sono drammatici - lo ripeto - nella forma e nel merito.
Passo rapidamente a citare l'ennesima proroga per le sanzioni dei furbetti delle quote-latte e vengo alla difesa, che ho sentito fare qui in Aula dalla maggioranza, della normativa in esame, che consente a Poste Italiane di entrare nelle banche. Ci viene detto che questa norma è necessaria per creare la Banca del Sud - e fin qui possiamo anche starci, o meglio, capire - tuttavia si dovrebbe spiegare perché non viene detto che la norma in questione viene prevista solo per realizzare la Banca del Sud e per quale ragione per realizzare la Banca del Sud è necessario acquistare Mediocredito Centrale, società notoriamente Pag. 37dai contenuti poco chiari e in perdita. Per quale ragione non è possibile istituire una nuova banca magari presieduta da Poste italiane?
Forse che una norma del genere nasconda qualcosa? Forse che, oltre all'esigenza (non si sa perché) di acquistare Mediocredito Centrale, ci sia l'interesse del Governo, attraverso Poste italiane, di mettere le mani su qualche altro istituto bancario? Questa è una normativa - non è una proroga - assai pesante e assai ambigua.
Vi sono anche il differimento del termine per richiedere i rimborsi elettorali e la sanatoria per il manifesto selvaggio.
Si diceva prima che la maggioranza si vanta di aver investito sulla cultura. Quindici milioni - mi sembra - in più sul FUS sono una goccia nel mare, e si è dovuti arrivare all'imposizione di una tassa di un euro, che in percentuale è tanto, sul biglietto del cinema (perché ci sono giornate in cui il biglietto costa anche 4-5 euro: questo significa un'imposta del 20 per cento sul costo del biglietto) per consentire a investitori non del settore di investire nel cinema italiano. Ebbene, ciò andava fatto con uno stanziamento che non doveva pesare su coloro che vanno al cinema.
Mi avvio a concludere citando una norma che è veramente terribile. Con una sentenza del 2010 della Cassazione a sezioni unite si era chiusa giurisprudenzialmente la vicenda dell'anatocismo. C'è un enorme contenzioso da parte dei consumatori, delle associazioni dei consumatori, perché sia restituita quella che è un'usura legalizzata da parte delle banche, cioè gli interessi sugli interessi, gli interessi composti. Si era arrivati a definire la prescrizione decennale come decorrente dalla chiusura del conto corrente. C'è un contenzioso enorme. È noto che le banche hanno da perdere, come usiamo dire noi avvocati. In un momento di crisi come questo la restituzione del maltolto sarebbe stato un importante volano per l'economia e per le nostre famiglie. Ecco che di colpo, con un atto magico, questa prescrizione viene spostata all'indietro, al momento dell'annotazione dell'interesse anatocistico.
Mi riferisco al collega Polledri, e al fatto di difendere - come è stato fatto - normative come questa che ho voluto tenere da ultima e come tante altre che ho citato. Credo che facciamo fatica a ritrovarle in provvedimenti dei Governi passati, tant'è che avete bisogno di porre la fiducia per far passare delle norme così bislacche.
Purtroppo - come dicevo prima - credo che cose orribili di questo tipo non saranno né le ultime né le più gravi che ci farete vedere.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, colleghi, onorevole sottosegretario, siamo finalmente arrivati a discutere del decreto milleproroghe. Dico «finalmente» perché questa occasione non è stata data alle Commissioni I e V, che invece avevano il dovere, da Regolamento e da Costituzione, di intervenire (ma su questo torneremo dopo).
Leggiamo sui giornali italiani in questi giorni e assistiamo in televisione a una parata di cose sagge e meravigliose che dovrebbero accadere, di qui a qualche giorno, per il nostro Paese.
Il Presidente del Consiglio, accompagnato da un coro di ascari e gazzettieri, continua a raccontarci che il Governo è forte, sempre più forte, pronto a grandi riforme per cambiare il Paese. Ma se noi abbiamo l'accortezza di leggere, non solo le gazzette italiane, ma anche i giornali stranieri, vediamo che si legge una storia completamente diversa.
Non starò qui a tediarvi con una rassegna stampa internazionale, ma citerò solo l'articolo de The New York Times di domenica, quotidiano, quest'ultimo, che, notoriamente, è l'organo del nostro Partito Democratico italiano e che, quindi, è sicuramente un giornale di parte. The New York Times di domenica, occupandosi dell'Italia, ad un certo punto scrive: «il Parlamento italiano dovrebbe votare per sostituire questo Governo con una temporanea grande coalizione, che coinvolga tutti i partiti, il cui principale compito dovrebbe Pag. 38essere quello di preparare le nuove elezioni». Occorre andare oltre l'oceano per trovare questa saggezza, ma, forse, più che saggezza è un semplice e sano realismo.
Voi, però, legittimamente potete chiedere quanti voti conta, quanti voti ha The New York Times in quest'Aula. Sicuramente nessuno, per cui, per voi, non conta nulla. Invece conta, non solo perché è uno dei giornali più prestigiosi del mondo, ma perché questo dà chiaramente la dimensione di quale sia la considerazione internazionale per il nostro Paese governato dal Presidente Berlusconi e dalla presente maggioranza. E, comunque, il fatto che non abbia i voti in quest'Aula non è una garanzia, perché voi, che i voti in quest'Aula li avete, siete tutt'altro che una garanzia per il Paese.
Vorrei ricordare - faccio solo un brevissimo inciso - la pagina credo più brutta che la storia del Parlamento nazionale ha vissuto qualche settimana fa quando, per salvare il Presidente Berlusconi, questo Parlamento ha votato un fatto di per sé grottesco e, cioè, che una signorina di nome Ruby era niente popò di meno che la nipote dell'allora Presidente egiziano Mubarak, coprendo di ridicolo, non solo voi che l'avete votato, ma l'istituzione parlamentare. Ed è questa la vicenda di una gravità inusitata e senza precedenti.
Per cui, il fatto che voi abbiate i voti qui dentro, non significa per nulla che siate una garanzia per questo nostro Paese e per la sua capacità di essere in qualche modo decentemente rappresentato.
Tuttavia voi, oltre che per questo, non rappresentate una garanzia nel presente momento per il Paese per un motivo politico più profondo: siamo alla vigilia del Consiglio europeo di marzo; l'11 marzo vi sarà la pre-riunione con i Capi di Stato, con i leader dei Governi, e il 25-26 marzo si riunirà il Consiglio europeo che dovrà definire quali saranno le condizioni di vita dell'Europa per i prossimi vent'anni. Dovranno, inoltre, essere definite le condizioni per il Patto di stabilità e di sviluppo dell'Europa dei prossimi decenni.
Ebbene, il biglietto di ingresso che l'Italia dovrà pagare per sedersi a quel tavolo e per essere, nei prossimi anni, dentro questo processo di stabilità e di sviluppo europeo, è un prezzo salatissimo: si parla di 45 miliardi all'anno di qui fino al 2030. Se queste cifre non sono vere, sarebbe bene allora che qualcuno del Governo avesse la cortesia, per non dire la decenza, di venire in quest'Aula e di spiegarci esattamente come stanno le cose e qual è la proposta dell'Italia su questi temi. Per quanto affascinante, infatti, la relazione che il Ministro Tremonti ha svolto all'indomani del G20, sul fatto che anche il debito delle famiglie viene conteggiato, è - ripeto - fascinosa, ma del tutto irrilevante rispetto alla nostra capacità di essere competitivi in Europa.
Voi vi presentate oggi alla Camera con questo mastodontico decreto-legge; vi presentate oggi, il 22 febbraio, a cinque giorni dalla sua scadenza, con un decreto-legge che elude i problemi veri a cui ho appena fatto riferimento, non per caso, ma per una melina assurda che la vostra maggioranza, il vostro Governo, ha attuato in Senato.
Una melina assurda che ha fatto sì che venissero consumati tutti i tempi, e di più, per una semplice e banale ragione: non potevate arrivare alla Camera in tempi normali, perché alla Camera questo grande Governo, questo Governo così forte e così potente non aveva la maggioranza nelle Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) - le Commissioni più importanti di questo Parlamento -, che erano competenti a discutere il decreto-legge cosiddetto milleproroghe.
Questa è esattamente la ragione per cui oggi, all'apertura dei lavori, abbiamo assistito ad una trasmigrazione di quattro colleghi dal Popolo della Libertà a Iniziativa Responsabile: per consentire - guardate un po' che caso - la possibilità di modificare quei numeri. Questo dovrebbe farci riflettere: forse, la vostra declamata potenza non è tale, se dovete ricorrere a questi mezzucci per salvare la ghirba. Ciò che avete commesso nella scorsa settimana rappresenta un precedente politicamente Pag. 39inquietante: il Governo forte, sempre più forte, pronto a cambiare il Paese, si è arreso in Commissione, ha alzato le mani per una manifesta impotenza politica.
Ma vi rendete conto della distanza che corre tra la vostra salmodiante e quotidiana apologia del Governo e la realtà? La realtà dice che non siete un Governo normale per un Paese normale: siete un Governo assediato dalla sua stessa incapacità, prigioniero della sua inadeguatezza. Parafrasando Shakespeare, che viene utilizzato di questi tempi anche per fare la pubblicità a qualche automobile, siete fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi. Infatti, il documento che avete presentato a quest'Aula è un incubo che, purtroppo, non tormenterà solo le vostre notti, ma tormenterà le notti di tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Il decreto-legge cosiddetto milleproroghe, che nel vostro immaginario dovrebbe rappresentare l'epitome dell'azione del vostro Governo, il compendio di un'azione di Governo di grande vastità, sarà invece l'epitaffio di questo Governo, sarà l'immagine ultima che resterà di voi: un impasto indecente di incostituzionalità, clientele, favori e aggiustamenti, un modello di legislazione a metà tra l'assalto alla diligenza e l'ultimo treno per Yuma.
Non c'è, caro collega Polledri, in quest'Aula, un'indignazione a comando, bensì una constatazione politica, e lo ripeto ancora una volta: non siete un Governo normale per un Paese normale. Vediamo perché, punto per punto. Purtroppo, per ragioni di tempo, mi soffermerò solo su qualche aspetto.
Cominciamo con ciò che potrei definire una specie di divertimento, una questione piccola, un problema piccolo, ma capace di evidenziare la vostra grande incapacità. Mi riferisco all'articolo 2, comma 9-sexies, che definisce il numero di assessori dei comuni delle città che hanno più di un milione di abitanti.
Ebbene, nella nostra Repubblica, le città che hanno più di un milione di abitanti sono due: Milano, che sta per andare al voto e, quindi, è scarsamente interessata, e Roma che, invece, al voto dovrà andarci; non si sa quando, io immagino presto, viste anche le cose che sto per dirvi. Comunque, ciò è all'origine di questa straordinaria norma che vi siete immaginati.
Prima che lo legga dai resoconti parlamentari, vi consiglio di telefonare al sindaco Alemanno per fargli presente che non potrà fare riferimento alla norma che avete confezionato per consentirgli di aumentare il numero degli assessori ed arrivare a 15, più lui 16, per dare un po' di collante a questa giunta che sta insieme con i cerotti.
Indifferentemente, vi invito a leggere il dossier del Servizio studi, oppure il più agile volumetto redatto per il provvedimento - che forse è più adatto alla vostra distratta attenzione -, concernente «Elementi per l'istruttoria legislativa», in cui si dice che l'articolo 2, comma 9-sexies, «prevede che, nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti, il numero dei consiglieri comunali resta determinato in 60 e che il numero massimo dei componenti della giunta è 15, oltre al sindaco».
Ecco ciò che dovreste comunicare per tempo al sindaco Alemanno: le disposizioni del comma 9-sexies non sembrerebbero applicabili agli organi di Roma capitale, con riferimento ai quali, il decreto legislativo n. 156 del 2010 di qualche settimana fa, detta una disciplina speciale.
Questo è uno dei decreti legislativi che attuano la legge sul federalismo fiscale e che dice in maniera esplicita, all'articolo 1, comma 2, che le norme in esso contenute costituiscono limite inderogabile per l'autonomia normativa dell'ente e possono essere modificate, derogate o abrogate dalle leggi dello Stato solo espressamente. Allora, mentre per Milano questa norma potrà valere, per cui il prossimo sindaco di Milano potrà farsi una giunta di quindici assessori, purtroppo questo non vale per il povero sindaco di Roma. Dovete dirglielo, perché avere dispiegato così tanto tempo e così tanta energia per questa norma - abbiamo letto tutti i resoconti dei lavori del Senato, dove il vicesindaco Cutrufo si Pag. 40è dato parecchio da fare perché questa norma passasse -, adesso è passata, ma l'avete scritta talmente male che non serve assolutamente a niente, soprattutto non serve ad assolvere alla funzione per cui era stata pensata. Questo dà la dimensione esatta di come fate le leggi.
Passando da questa bagattella a cose invece più serie e importanti, vediamo che il precipizio sulla vostra capacità e qualità di legiferare è veramente inarrivabile. L'articolo 1, comma 1, del decreto-legge cosiddetto «milleproroghe» fissa al 31 marzo 2011 il termine di scadenza dei regimi giuridici indicati nella tabella 1.
Il comma 2, soprattutto, prevede che possa essere disposta una ulteriore proroga bis fino al 31 dicembre 2011. Introduciamo, cioè, il sistema delle proroghe a cannocchiale, un pezzetto oggi, un altro pezzetto domani, un altro pezzetto dopodomani ancora. La cosa veramente incredibile è che la proroga ulteriore è rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con il solo parere consultivo della Commissione bicamerale per la semplificazione e delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro dieci giorni. Quando si dice che il Governo è efficiente e che non perde tempo, lo si vede da qui! Si hanno dieci giorni di tempo per dire se si è d'accordo o meno con una simile mostruosità. Comunque anche questi dieci giorni sarebbero, in ogni caso, superabili da parte del Governo, calpestando, tranquillamente e senza nessun particolare patema d'animo, la legge n. 400 del 1988 che, all'articolo 17, comma 2, pone invece delle procedure estremamente garantiste per evitare esattamente quello che voi, oggi, proponete.
Nella tabella 1 allegata a questo decreto, si vede oltretutto che alcune di queste proroghe si riferiscono a normative la cui efficacia non è ancora scaduta, i cui termini sono tuttora alquanto distanti: il 30 luglio, il 10 ottobre, il 30 settembre, il 30 aprile. Avete davvero così tanta paura di non essere qui in quel periodo e dovete proprio oggi prorogare delle leggi che sono ancora attualmente in vigore? È una cosa che veramente fa impallidire, se non ridere a crepapelle.
Come si possono immaginare le ragioni di necessità e urgenza, e quindi il rispetto dell'articolo 77 della Costituzione e dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, quando ci sono delle leggi che sono ancora pienamente in vigore, quando alcuni provvedimenti dovranno essere in qualche modo sistemati con interventi legislativi successivi? Non si può immaginare di delegificare per decreto-legge spostando il potere di disciplina dal Parlamento al Governo e non è ammissibile che si modifichino con questo decreto-legge norme contenute in regolamenti di delegificazione, determinando così una commistione di fonti tra primarie e secondarie, realizzando un'operazione di delegificazione, la quale produce come conseguenza il fatto che atti non aventi forza di legge presentino un diverso grado di resistenza agli interventi modificativi successivi. Ancora più grave il rinvio operato, in più occasioni, a fonti del tutto atipiche, quali i decreti aventi natura non regolamentare.
Tutte queste cose le dice un deputato dell'opposizione e voi, con la vostra attenzione e capacità di considerazione della minoranza, potete anche non prenderle in considerazione ma, al di là delle valutazioni politiche che l'opposizione fa, vi invito sempre a prendere in mano e a leggere il dossier fatto dal Servizio studi.
In tale dossier, a proposito dell'articolo 1, commi 1, 2, 2-bis e 2-quinquies (gli argomenti di cui abbiamo appena parlato), si legge questo particolare inciso, e ripeto che si tratta del Servizio Studi, non in qualche modo tacciabile di parzialità: «Gli elementi di indeterminatezza evidenziati nell'operazione normativa effettuata dai commi illustrati andrebbero valutati anche alla luce delle previsioni dell'articolo 1-bis della legge n. 400/1988, introdotto in questa legislatura dall'articolo 3 della legge n. 69/2009 in tema di chiarezza dei testi normativi». Voi, dunque, due anni fa, avete modificato la legge n. 400 del 1988 dicendo: facciamo le cose serie, da adesso in Pag. 41poi non si scherza più con la legislazione; bisogna che vi siano dei principi chiari, perché la chiarezza di una legge è alla base della sua comprensibilità e quindi alla base del rapporto di democrazia che un Governo serio deve instaurare con i cittadini.
Ebbene, vediamo cosa vi è scritto in questa legge che voi avete voluto e che voi avete approvato, in questo caso anche con il nostro consenso: tali previsioni, che si autoqualificano princìpi generali per la produzione normativa non derogabili, non modificabili, non abrogabili se non in modo esplicito, richiedono che: ogni norma che sia diretta a modificare norme vigenti indichi espressamente le norme modificate; ogni rinvio ad altre norme contenute in disposizioni legislative indichi in forma integrale o in forma sintetica e di chiara comprensione, il testo ovvero la materia alla quale le disposizioni fanno riferimento, o il principio, contenuto nelle norme cui si rinvia, che esse intendono richiamare. Inoltre, dice sempre il Servizio Studi: «Seppure tali disposizioni abbiano una valenza solo monitoria nei confronti del legislatore, sarebbe opportuno valutare, sia dal lato della coerenza dell'ordinamento giuridico che dal lato della complessità dell'attività dell'interprete, l'effetto dell'introduzione nello stesso ordinamento in un ristretto contesto temporale di disposizioni di orientamento difforme in tema di qualità dei testi normativi».
L'ho detto prima e lo ripeto ancora volta: non siete un Governo normale per un Paese normale. Questa è la dimostrazione: non siete in grado nemmeno di essere conseguenti con le vostre riforme, con le leggi che voi stessi avete approvato. Ma non è finita qui, perché vi sono altre norme che fanno veramente accapponare la pelle, una è particolarmente significativa: il decreto «milleproroghe» contiene varie disposizioni ampiamente derogatorie del diritto vigente, che quindi si pongono in contrasto con il principio di legalità. Uno degli esempi più significativi è rappresentato dal comma 2-bis dell'articolo 2, dove agli enti territoriali della regione Campania è conferito il potere di deliberare aumenti dei tributi e delle addizionali delle aliquote, ovvero della maggiorazione delle aliquote, al fine di coprire i costi del ciclo della gestione dei rifiuti anche in assenza della dichiarazione dello stato di emergenza e anche in deroga alle vigenti disposizioni. Deroghe simili sono state previste in materia di rendite catastali e nell'ambito dei princìpi stabiliti dallo statuto dei diritti del contribuente. Basta vivere in Campania per certificare che il principio di legalità non esiste, non solo perché vi è la camorra, ma anche perché vi è un Governo che fa norme di questo tipo; basta essere in Campania per poter fare ognuno quello che vuole, alla faccia del principio di legalità, alla faccia della Costituzione e alla faccia di questo Parlamento che dovrebbe essere chiamato a fare leggi che poi dovrebbero essere applicabili, perché l'ordinamento prevede che vengano rispettate e non perché qualche sindaco decide, svegliandosi una mattina, di fare quello che vuole!
Ma andiamo avanti, perché vi è un'altra perla che voi avete inserito: l'articolo 1, comma 2-septies, reintroduce pressoché integralmente il contenuto del decreto-legge n. 62 del 2010 recante «Temporanea sospensione di talune demolizioni disposte dall'autorità autorità giudiziaria in Campania», il cui disegno di legge era stato respinto dall'Assemblea della Camera l'8 giugno del 2010. Siccome quel giorno vi eravate distratti, nonostante siate un Governo forte e sempre più forte, siete «andati sotto», calpestate la legge n. 400 del 1988, articolo 15, comma 2, lettera c), e riproponete un testo che stato bocciato da quest'Aula, cosa che non si può fare.
Sapete che chiunque impugnerà queste normative davanti alla Corte costituzionale troverà soddisfazione, ma non perché la Corte è un covo di giudici comunisti, ma semplicemente perché è l'ultimo baluardo di legalità che rimane a questo Paese.
Come ho detto più volte, e continuerò a ripeterlo come una sorta di leitmotiv e di tormentone, non siete un Governo normale capace di governare un Paese normale. Se non imbrogliate sempre tutto, non riuscite a sopravvivere. Siete riusciti - Pag. 42guarda caso c'è sempre di mezzo la Campania - a recuperare un provvedimento che quest'Aula aveva bocciato.
Allora, quando vi appellate alla sovranità del Parlamento, dovreste avere la decenza di riconoscere la sovranità del Parlamento non come un elastico delle mutande che tirate dove diavolo volete a seconda delle vostre convenienze. Il Parlamento è sovrano. Il nostro Presidente del Consiglio lo ripete ogni cinque minuti: in questo caso dimostrate che il Parlamento è sovrano se lo decidete voi e non quando lo decide lui.
L'articolo 2, comma 4-novies, nel fare salvi gli adempimenti conseguenti alla dichiarazione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge n. 194 del 2009, disposto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 41 del 9 febbraio 2011 e al fine di consentire la definizione del nuovo sistema di reclutamento, proroga fino al 31 agosto 2012 i termini di efficacia delle graduatorie provinciali del personale insegnante previste dall'articolo 1.
Anche su questo giova fare riferimento al dossier del Servizio studi, dove si dice senza ombra di dubbio e senza difficoltà interpretativa che l'espressione «sono fatti salvi gli adempimenti conseguenti alla declaratoria di legittimità costituzionale» non appare chiara, perché da un lato, sembra fare riferimento ad adempimenti consequenziali alla delibera della Corte che ha sancito l'illegittimità costituzionale dell'intera disciplina, dall'altro, sembra fare riferimento ad una salvaguardia degli adempimenti posti in essere sulla base della stessa disciplina dichiarata illegittima.
Allora riassumiamo: avete deciso che quando l'Assemblea della Camera dichiara incostituzionale una norma con un voto, ve ne fregate allegramente e la riproponete. Decidete che una sentenza della Corte costituzionale che dichiara illegittima una parte di una vostra legge non ha alcun valore, né alcuna importanza, e la riproponete pari pari.
Allora si capisce perché volete cambiare la Costituzione e modificare la Corte costituzionale: perché vi rendete conto che la Corte costituzionale è quel limite naturale che una qualsiasi Costituzione democratica occidentale pone al potere politico, ma per voi l'unico limite che il potere politico è in grado di riconoscere è quello che stabilisce il Presidente del Consiglio.
Capisco che per voi questa sia un'ipotesi comoda, peccato che sia un'ipotesi irrealistica che fa a cazzotti con la nostra Costituzione e con i suoi principi. È esattamente per questo che difenderemo sempre la Costituzione qui in quest'Aula e, se sarà necessario, nel caso sciagurato voi doveste davvero arrivare a cambiare la Costituzione per quanto riguarda la Corte costituzionale, tra la gente, tra i cittadini con il referendum abrogativo di queste vostre mostruosità.
Ma non è ancora finita: il decreto-legge, con riferimento al conferimento di potestà regolamentare al Governo, all'articolo 2, commi 4-vicies e 4-vicies semel, reca due autorizzazioni alla delegificazione in materia di sistema nazionale di valutazione dell'istruzione non formulate in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in quanto non sono indicate le norme generali regolatrici della materia e non sono indicate espressamente le norme di rango primario abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti.
Del resto, la disciplina sul sistema nazionale di valutazione e la connessa revisione della funzione ispettiva non possono essere oggetto di regolamenti di delegificazione, perché vi ostano due ragioni di costituzionalità grandi come una casa: la prima è la riserva di legge al legislatore statale delle norme generali sull'istruzione, che è prevista nel secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, e la seconda grave ragione di incostituzionalità sta nella carenza attuale di qualsivoglia disciplina generale in materia che, in quanto non esiste, non può essere delegificata.
Arriviamo ad un'altra perla, che ha a che fare con problemi di eguaglianza, ma anche con problemi concernenti l'Europa.
Mi riferisco al comma 12-terdecies che sospende fino al 30 giugno 2011 il pagamento Pag. 43degli importi dovuti dai produttori di latte in ragione dei piani di rateizzazione regolanti il prelievo supplementare da essi versato in eccesso rispetto alle quote latte. Questa è la famosa questione delle quote latte e soprattutto dei truffatori che non hanno pagato le multe. Questa proroga costa allo Stato 5 milioni di euro e, proprio perché va in aiuto a persone che hanno truffato lo Stato e l'Unione europea, sarà probabilmente, anzi quasi sicuramente, oggetto di infrazione comunitaria, con il rischio di provocare una possibile sospensione degli aiuti comunitari in materia agricola. Tutto questo avviene per difendere in qualche modo le non ragioni di chi si ostina a non voler pagare quello che il resto dei produttori onesti di questo Paese ha già pagato.
Non è la prima volta che affrontiamo questo tema in quest'Aula e non è la prima volta che vediamo alcune forze politiche schierarsi a difesa di chi ha truffato lo Stato e l'Europa e non di chi invece è al servizio dell'economia e dello sviluppo di questo Paese. Ma la cosa più indecente è come avete coperto questi 5 milioni di euro. È un problema la cui decenza politica si fa perfino fatica a raccontare, perché è di una gravità che non ha - credo - precedenti nella storia parlamentare.
Avete trovato la copertura per questi 5 milioni di euro attingendo dall'articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge di stabilità del 2011 (legge n. 220 del 2010). I 50 milioni di euro per il 2011 che sono previsti dall'articolo 1, comma 40, prevedevano interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio economico e allo sviluppo dei territori, ma soprattutto - vi prego di prestare un minimo di attenzione, perché qui veramente il livello di decenza è stato infranto e calpestato - questi soldi servivano all'attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici. Pertanto togliamo 5 milioni di euro ai malati oncologici per darli ai truffatori delle quote latte. Complimenti!
Non solo non siete un Governo normale per un Paese normale, ma siete un Governo pericoloso per gli italiani ed è questo uno dei motivi per cui credo che la vostra storia in quest'Aula, se magari sarà vincente anche oggi e nei prossimi giorni, sarà sconfitta ed è sconfitta fuori di qui nel Paese. Ma non ci sono solo questioni di costituzionalità.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Bressa.

GIANCLAUDIO BRESSA. Concludo, signor Presidente, un'ultima perla. So che l'ho interessata, Presidente, non vorrei escludere quest'ultima riflessione. Non ci sono solo questioni di costituzionalità, parliamo anche di tasse. Non bastava aver raggiunto il picco storico massimo di pressione fiscale del 43,4 per cento, la più alta dal 1997; non bastava la patrimoniale surrettiziamente introdotta con il federalismo municipale (l'IMU), un'imposta sul patrimonio che colpirà artigiani, commercianti e professionisti; né bastava l'aumento delle addizionali sulle imposte. Mancava un tocco di fantasia al sistema tributario ed ecco la tassa di un euro sul cinema ed ecco la tassa sulle calamità naturali: un capolavoro di ingegneria tributaria! Se su una regione si abbatteranno terremoti e alluvioni, cosa dobbiamo fare e cosa deve fare lo Stato? Non c'è problema, a quel tipo di alluvione ce ne sarà un'altra di tipo fiscale, per via legislativa: l'aumento al massimo consentito dei tributi e delle addizionali attribuite alle regioni, l'aumento dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione e, se non basterà, bisognerà obbligatoriamente aumentare le accise del gasolio.
In questo caso, l'articolo 53 della Costituzione, che prevede il principio costituzionale della capacità contributiva, va a finire sul camino! È per questo che faremo un'opposizione fortissima perché questo non è un decreto-legge milleproroghe, è un decreto-legge mille favori, mille imbrogli, mille schifezze, in una parola è la foto di gruppo con un Presidente di un Governo che non rappresenta più il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 44

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, se ho capito bene, lei si accingeva a dare il preavviso di votazioni elettroniche. È inusuale che ciò avvenga nel corso di una discussione sulle linee generali...

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, sono d'accordo...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Siccome questo rischia di essere un preavviso rispetto ad una discussione che può determinarsi in seguito, non vorrei che lei fosse già stato avvisato da un gruppo o da qualcuno della maggioranza che si sta accingendo a predisporre le condizioni per poi arrivare al taglio della nostra discussione sulle linee generali, che invece deve proseguire su un provvedimento così importante e magari c'è qualcuno che pensa anche di arrivare alla fiducia.
Siccome questo non è dato, la prego signor Presidente, se e quando verrà dato il preavviso di venti minuti, lo si faccia nel momento in cui si entra nella fase delle votazioni e non durante quella della discussione. Ci troviamo nella fase della discussione sulle linee generali!

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, siamo tutti attenti alla fase della discussione sulle linee generali. Mi era stato soltanto posto un foglietto sul banco; quindi, ci mancherebbe altro: nessun preavviso di nessun genere verso malaugurate ipotesi di fiducia o meno. Vedo che il dibattito sarà lungo.
È iscritta a parlare l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, qualcuno - i colleghi lo ricorderanno - ci aveva annunciato (se non erro era proprio il Ministro Tremonti) che con la riforma della legge n. 468 del 1978 e con l'introduzione della legge di stabilità erano finiti per sempre gli assalti alla diligenza. Invece, ci troviamo di fronte ad una situazione diversa, dal momento che anche questa grande riforma della contabilità pubblica, del modo di decidere dentro al Parlamento, una riforma dell'etica pubblica per dare trasparenza alle decisioni parlamentari è stata rapidamente archiviata, vanificata e mandata in soffitta. Ci troviamo in una situazione analoga a tante altre riforme annunciate dal Governo e dalla sua maggioranza, che hanno la passione per gli annunci ma poi non hanno né interesse, né forza e, tantomeno, coesione politica per trasformare gli annunci in coerente azione di Governo, in vincolo per l'agire della maggioranza in Parlamento, in un cambiamento vero nel modo di utilizzare le risorse. Tale annuncio si è rivelato non corrispondente al vero.
Così, quello che era uscito dalla porta della legge finanziaria monstre è rientrato dalla finestra nel decreto-legge «milleproroghe». Infatti, il provvedimento al nostro esame si è trasformato - credo che sia sotto gli occhi di tutti - nell'ennesimo suk per i parlamentari della maggioranza, ma anche per molti esponenti del Governo, alla spasmodica ricerca di un qualche vagone legislativo in cui infilare le tante norme e «normette» necessarie a soddisfare una miriade di micro-interessi. Tale ricerca è tanto più spasmodica quanto più si addensano le nubi intorno alla legislatura. Si tratta di interessi di tutti tranne che della comunità e del popolo in nome del quale il Parlamento dovrebbe agire. Invece, è proprio il contrario di questo interesse generale, perché nel 99 per cento dei casi gli interessi generali sono danneggiati e umiliati da questo provvedimento.
Il decreto-legge «milleproroghe», come molti ricorderanno, esiste dal 2005. Fu il Governo Berlusconi in quell'anno ad inventarlo e i Governi successivi - debbo dire purtroppo anche quelli di centrosinistra - colpevolmente si sono adeguati a Pag. 45questa ignobile prassi. Oggi è praticamente istituzionalizzato come strumento legislativo che a fine anno, subito dopo la Decisione di finanza pubblica, così solennemente assunta, mette le toppe ai buchi che il Parlamento in un anno di legislazione non è stato capace di chiudere con soluzioni definitive. Infila norma che consentono a qualcuno che ha violato la legge di sottrarsi alla sua applicazione, di distribuire favori e piccole prebende, di disfare o rinviare quelle poche norme virtuose che il Parlamento ha approvato ma che - colpendo gli interessi particolari di qualcuno - hanno trovato nella loro applicazione resistenze insormontabili.
Ne abbiamo parecchi esempi che sono stati citati, come le norme sulla sicurezza sul lavoro così come quelle delle prove per la patente dei motocicli, norme nell'interesse generale che, però, trovano resistenze da parte degli interessi organizzati.
Il decreto-legge milleproroghe, insomma, è la metafora della degenerazione della politica italiana, una politica che rinvia, che proroga, che pone nelle leggi termini che già sa che saranno prorogati e che non decide, una politica immobilista che annuncia cambiamenti che non si realizzeranno, una politica sempre comprensiva con se stessa e pronta ad autoassolversi da ogni colpa ma vessatoria con i cittadini e con gli interessi generali, pronta a concedere condono a chi ha violato la legge e a farsi beffe dei cittadini onesti che la legge, invece, la rispettano. Una politica pronta a cancellare le poche norme di riduzione dei costi della politica - quelle norme che in questa legislatura avevano visto la Lega protagonista, norme di cui la Lega si era fatta vanto - per cedere alle pressioni di gruppi e correnti che hanno bisogno di posti e che per trovare la quadra, come direbbe Bossi, hanno bisogno di un campo su cui realizzare gli accordi di spartizione.
Vale la pena allora ricordare alcune di queste perle del decreto-legge milleproroghe. Innanzitutto, vorrei sottolineare - a beneficio dei colleghi della Lega - che in questo provvedimento vi è una raffica di disposizioni che sono esattamente il contrario dell'impostazione federalista. Per esempio, si inizia - e non è stata citata, perché questa norma ha registrato un consenso trasversale - con la cancellazione delle multe ai partiti che in campagna elettorale hanno imbrattato i muri. Qualcosa che costa molto ai comuni e che i comuni ora dovranno affrontare con le risorse dei loro già dissestati bilanci e, magari, imponendo qualcuno dei nuovi balzelli previsti dal federalismo municipale, perché le multe che i partiti dovevano pagare sono state abbonate. Così ancora, ricordo che gli interventi per le calamità naturali vengono finanziati, sulla base di una decisione unilaterale non concertata con le regioni, attraverso i fondi FAS di competenza delle regioni stesse, mentre per gli anni successivi le regioni colpite sono autorizzate a imporre nuove tasse per finanziare gli interventi.
Si conferma, così, un'idea che è già emersa nel federalismo municipale che rischia di produrre un progressivo e inarrestabile aumento della pressione fiscale. Si tratta dell'idea, cioè, che di fronte alla necessità di finanziare spese di competenza delle regioni e degli enti locali non si procede a una riduzione delle spese di competenza dello Stato ma si prevede l'introduzione di nuove tasse regionali e locali, con una logica incrementale senza fine. È un'idea perversa del federalismo che, anziché produrre efficienza, riduzione della spesa o riduzione o, almeno, mantenimento della pressione fiscale, spingerà le tasse inesorabilmente verso l'alto.
D'altra parte, che ogni tentativo di riduzione della spesa attraverso la lotta agli sprechi, la semplificazione e la riorganizzazione della macchina burocratica rimanga lettera morta è definitivamente provato dal reintegro del taglio dei consiglieri e degli assessori delle città con popolazione superiore al milione - misura che era stata molto propagandata come lotta ai costi della politica - e dalla reintroduzione - anche questa è una misura che va sottolineata - del gettone di presenza per i consiglieri delle circoscrizioni comunali delle città con più di 250 mila abitanti. Insomma, l'idea che pure era Pag. 46stata ventilata, accennata e sostenuta in questo Parlamento, che la politica sul territorio possa essere impegno civico al servizio della comunità e non un'attività remunerata è durata lo spazio di un mattino. Con questo decreto-legge, invece, si ribadisce il concetto della politica come occupazione inevitabilmente remunerata, una forma di ammortizzatore sociale che, in alternativa ad altre misure per l'occupazione, sussidia qualcuno che gravita intorno al sistema dei partiti.
Ed ancora sono degne di menzione, credo, le norme sulla cultura o, meglio, potremmo dire almeno in parte contro la cultura. Si tratta, per esempio, delle misure opportune ma molto parziali di tax shelter che sono, però, finanziate aumentando la tassa sul biglietto del cinema.
Si introduce anche qui una sorta di autarchia fiscale, in virtù della quale il sostegno di un settore si autofinanzia nell'ambito dello stesso settore, ma a carico di categorie diverse e così si abbandona l'idea che il sostegno a settori strategici possa essere un volano per l'intera economia.
A fronte di questa discutibilissima misura vi è poi il reintegro in misura risibile dei FUS e così appaiono arbitrari ed evidentemente frutto di specifici patronati politici i contributi dati non a categorie di enti, ma a singoli enti, a cominciare da quelli lirici per cui si finanziano...

PRESIDENTE. Onorevole Lanzillotta, mi scusi, prego i colleghi di abbassare un po' i toni del loro dialogo.

LINDA LANZILLOTTA. La ringrazio, signor Presidente. Pur non volendo infierire sulla persona del Ministro Bondi - personalmente non ho alcuna intenzione di farlo - tuttavia non è possibile non riconoscere come il complesso delle misure nel settore della cultura riveli una debolezza di direzione politica e un'assenza di autorevolezza di questo settore all'interno del Governo, che non possono non essere imputate al Ministro responsabile.
E ancora: molte misure possono essere catalogate nella categoria degli incentivi all'illegalità, così si rinviano le demolizioni degli abusi edilizi in Campania in attesa forse che ad eliminare quelle case, invece delle ruspe, sia la prossima calamità naturale, in occasione della quale piangeremo tutti lacrime di coccodrillo. E ancora: il rinvio dei pagamenti delle multe per le quote latte, che penalizzano, ancora una volta, gli allevatori onesti. E ancora: un decreto - e questo è gravissimo per la qualità complessiva del nostro sistema economico e sociale - che aumenta la confusione e l'approssimazione legislativa, con una sovrapposizione di norme che prorogano termini ancora non scaduti, che modificano con legge norme regolamentari, che rinviano a regolamenti la modifica di leggi adottate con norme primarie, all'interno delle quali gli operatori del diritto e innanzitutto le imprese non avranno più modo di orientarsi.
Vorrei sapere che cosa ne pensa il Ministro per la semplificazione. Io penso che il prossimo falò dovrebbe farlo con il decreto milleproroghe invece che con norme che non si applicano più, con norme che andranno ad opprimere l'intero sistema economico del nostro Paese. A fronte di tutto questo, non vi è neppure una misura a favore delle famiglie e delle imprese, nessuna misura per sostenere la crescita, senza la quale entro poco tempo anche la stabilità finanziaria sarà a rischio.
Tra poche ore - signor Presidente, lo sappiamo - il Governo, pure in agonia politica, con una maggioranza raccogliticcia e precaria porrà la fiducia su un provvedimento per il quale le Commissioni competenti non sono nemmeno riuscite a designare un relatore per l'Aula. Nonostante i tentativi di sopravvivenza del Governo, siamo alla vigilia di un cambio di fase politica.
La nuova maggioranza e il Governo che scaturiranno da questo cambio di fase dovranno ridare decoro, dignità e credibilità alle istituzioni e al loro modo di operare, alla loro capacità di intervenire sull'emergenza del Paese e di lavorare per il futuro dell'Italia. Per questo, oggi il primo impegno delle opposizioni che si Pag. 47apprestano ad essere protagoniste in questa nuova fase deve essere chiaro e netto: mai più un decreto milleproroghe! Mettere fine a questa prassi sarà un primo e significativo segno di discontinuità e di rinascita delle istituzioni.
Per questo, nell'opporci a questo decreto milleproroghe, siamo però fiduciosi che esso possa essere anche l'ultimo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signori ministri e sottosegretari, onorevoli colleghi, su questo provvedimento mi intratterrò con tre valutazioni: una di carattere giuridico, una di carattere finanziario e una di carattere politico.
Per una più approfondita analisi si rimanda al parere, del giorno 17 ultimo scorso, del Comitato per la legislazione, qui da più colleghi richiamato, il quale demolisce in ogni sua parte il decreto-legge in esame.
Il Ministro Calderoli, in quanto Ministro per la semplificazione normativa, dovrebbe arrossire e per dignità istituzionale dovrebbe chiedersi a cosa serve la sua funzione.
Alle incongruenze che già erano presenti nel testo originario si sono aggiunte quelle degli emendamenti approvati dal Senato con il parere favorevole del Governo. Le norme introdotte in questo decreto-legge sono palesemente in contraddizione tra di esse e con l'ordinamento in generale, violano soprattutto i più elementari principi del diritto amministrativo e costituzionale e disorientano il cittadino per quanto riguarda le tutele giuridiche in modo, credo, irreparabile.
In questo provvedimento, titolato «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie», troviamo disposizioni di contenuto eterogeneo che nulla hanno a che vedere con il titolo. La Presidenza della Repubblica ancora una volta sarà sottoposta ad uno stress istituzionale che poteva essere evitato. Invece di riordinare e semplificare la legislazione vigente, con questo provvedimento si complica e si polverizza, la legislazione, creando uno stato confusionale che disorienta qualunque operatore del diritto.
Ci sono disposizioni che derogano al diritto vigente. La deroga è una disposizione legislativa di contenuto sostanziale che novella una norma, quindi innova l'ordinamento generale. Essa però, per essere giustificata, deve riguardare norme che disciplinano materie corrispondenti a quelle in titolo e non quelle estranee al titolo, così come avviene. Dette norme dovrebbero essere espunte o dichiarate inammissibili e, nonostante il Regolamento del Senato sia più stringente e più rigido di quello della Camera, ciò non è avvenuto.
Faccio riferimento all'autorizzazione alla guida dei ciclomotori, alla stipula dei contratti di lavoro a tempo determinato nei comuni della provincia de L'Aquila, all'utilità della Commissione per le misure di protezione dei collaboratori di giustizia, al potere speciale concesso ai comuni della Campania di aumento dei tributi per coprire il costo del ciclo di gestione dei rifiuti. La perla delle deroghe è però il comma 5-bis dell'articolo 2 dove si prevede che gli effetti fiscali delle rendite catastali siano prodotti sin dalla loro iscrizione in catasto, ma con decorrenza 1o gennaio 2007, ossia con effetti retroattivi.
Queste norme non solo aumentano la pressione fiscale - come vedremo - ma violano il principio di affidabilità dello Statuto del contribuente, il quale prevede l'applicazione di obblighi fiscali a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso.
Altro rilievo è quello relativo a disposizioni retroattive. Posto che esse riguardano norme di interpretazione autentica, in nessun caso comunque possono riguardare norme a suo tempo abrogate. Eppure si fa esattamente il contrario. Faccio riferimento, per esempio, all'articolo 2 comma 9-quater, dove si dispone l'interpretazione autentica - quindi con efficacia ora Pag. 48per allora - relativamente alla corresponsione dei gettoni di presenza ai consiglieri di circoscrizione delle città metropolitane. Ebbene, in tale norma si dispone che gli effetti decorrono dalla data di conversione del decreto-legge, senza efficacia retroattiva.
Peggio si fa con l'articolo 2-quater, commi 5 e 6, dove si fanno rivivere le norme abrogate contenute nell'elenco di cui al decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, probabilmente perché erroneamente cancellate o erroneamente bruciate nel falò del Ministro Calderoli. Pertanto lo stesso Ministro Calderoli nel famoso falò ha cancellato leggi che esso stesso oggi ripropone.
Questa operazione maldestra però viene fatta male. Infatti, il Ministro Calderoli ha bruciato sia la legge n. 379 del 1955 sia la sua modifica con la legge n. 1295 del 1961. Con questo decreto-legge, invece, si fa rivivere soltanto la legge del 1955 e non anche la sua modifica del 1961, facendo una confusione nel settore dei trattamenti di quiescenza per i dipendenti degli enti locali che non credo sia possibile dirimere nemmeno da parte della magistratura amministrativa. È un danno grave ed irreparabile per i dipendenti pubblici degli enti locali. Il Ministro per la semplificazione però chiude gli occhi anche di fronte alla tanto sbandierata delegificazione, perché in questo decreto-legge si rilegifica quello che era stato delegificato e si altera in modo grottesco il principio della gerarchia delle fonti. All'articolo 2, comma 2-decies, si dispone un contributo di 200 mila euro all'associazione Alleanza ospedali nel mondo e al comma 5-octies si stabilisce il termine del 31 luglio 2011 quale data entro la quale disciplinare le attività di controllo della Consob, norme, queste citate, che dovevano essere emanate con decreto ministeriale. Non solo. All'articolo 1 si dispone una proroga di termini differenziata per scadenze di norme di legge di cui una parte è rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ossia ad un atto amministrativo. Quindi, da una parte si rilegifica e dall'altra si delegifica, tra l'altro in modo improprio come abbiamo visto. Le atrocità giuridiche però non finiscono qui. All'articolo 2 si autorizza la potestà regolamentare al Governo in materia di valutazione dell'istruzione, senza però indicare le norme generali regolatrici della materia né si indicano le norme di legislazione vigente da abrogare, sicché si rischia di avere norme in contraddizione con se stesse. Quindi, quando si delegifica non solo lo si fa in modo approssimativo, senza seguire prassi e regole, ma lo si fa anche violando i principi dell'ordinamento generale. Però al peggio non c'è riparo in questo decreto-legge. La Corte costituzionale, con sentenza n. 41 del 9 febbraio 2011, quindi di qualche settimana fa, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge n. 194 del 2009, riguardante il sistema di reclutamento del personale insegnante a livello provinciale. All'articolo 2, comma 4-novies, questo decreto-legge invece proroga proprio quelle norme incostituzionali al 31 agosto 2012. A quale santo dovranno votarsi gli insegnanti interessati per poter chiedere anche al Ministro Calderoli quale è la strada giusta per poter risolvere le loro questioni così violentate, in modo abborracciato, da questo decreto-legge? Un'altra perla, che anche uno studente di ragioneria coglierebbe con stizza, è la proroga al 31 marzo 2011 di alcuni termini in materia di gestione dei rifiuti, mentre il decreto-legge n. 195 del 2009 e successivamente il decreto-legge n. 196 del 2010, approvato in via definitiva dalla Camera lo scorso gennaio, stabiliva termini più ampi. Sicché non si comprende se si tratta di un errore ovvero di un restringimento di termini, che crea comunque incertezze e disorientamento nei soggetti interessati, in quanto destinatari delle norme.
Infatti, come si fa a cambiare strategia in appena quindici giorni? Dal momento che i provvedimenti interessati marciavano quasi in parallelo tra Camera e Senato, sarebbe bastato che il Governo, nel dare i propri pareri, raccordasse i due procedimenti legislativi. Svolgo due ultime considerazioni di carattere politico e giuridico. Pag. 49
Parlo della reintroduzione di un condono di fatto delle case abusive della Campania e la reiterazione ossessiva di alcuni termini di scadenza che non sono mai definitivi, ancorché dichiarati tali; argomento sul quale alcuni colleghi si sono ampiamente soffermati.
La Camera, l'8 giugno 2010, ha bocciato con una questione pregiudiziale di costituzionalità, come ricordava il collega Bressa, il decreto-legge n. 62 del 2010 il quale sospendeva le demolizioni di case disposto dall'autorità giudiziaria in alcuni comuni campani.
L'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 dispone il divieto per il Governo di rinnovare le disposizioni di decreti-legge per i quali è stata negata la conversione. Invece, facendo finta di niente, il Governo riproduce, nella sostanza, le stesse disposizioni del decreto-legge n. 62 del 2010 non convertito dalla Camera. Un capolavoro di violazione delle leggi a tutti livelli.
Tra le altre proroghe, colpisce quella prevista dall'articolo 2, comma 17-quaterdecies, riguardante la cessione delle partecipazioni azionarie delle banche popolari. Tale proroga al 31 dicembre 2014, data entro la quale devono essere alienate le azioni del capitale sociale detenute in eccesso rispetto al limite di possesso azionario fissato dalla legge, è di fatto uno svuotamento delle finalità della legge stessa, perché tale termine è stato prorogato già quattro volte e adesso lo si porta addirittura sino al 2014! Tanto valeva cancellare la norma.
Invito poi tutti colleghi a leggere l'articolo 2, comma 5-sexies, riguardante la scadenza imposta alla Banca d'Italia per adeguarsi al contenimento della spesa secondo i criteri del decreto-legge n. 78 del 2010. Ebbene, con tale norma si impone perentoriamente di definire accordi sindacali «in tempo utile» per dare attuazione al citato decreto-legge. Nemmeno uno studente di ragioneria scriverebbe in una norma «tempo utile» quale termine di scadenza di un adempimento. Può far parte sicuramente di un accordo sindacale, ma mai in una norma si scrive «tempo utile»!
Qualche valutazione di carattere finanziario, come dicevo. L'articolo 3 definisce le coperture finanziarie. Se da una parte non si modificano i saldi di finanza pubblica per quanto riguarda il fabbisogno e l'indebitamento, dall'altra è evidente la natura regressiva delle compensazioni degli effetti finanziari.
Le maggiori spese previste dal testo originario incidono sulla riduzione di stanziamenti riguardanti i consumi intermedi, il Fondo per la finanza d'impresa ed il sostegno ai comuni in dissesto finanziario. Si taglia la carne viva di settori di sviluppo economico e della pubblica amministrazione che confidavano nei suddetti finanziamenti.
Le compensazioni sulla base del testo emendato, invece, vengono fatte con riduzioni di spesa e con aumenti delle entrate. Non può sfuggire in questa disamina la responsabilità politica della maggioranza e del Governo su alcune misure introdotte attraverso emendamenti che aumentano la pressione fiscale.
Con questa dilatazione di norme rispetto alla versione originaria del decreto-legge, il Governo Berlusconi aumenta le tasse agli italiani. Lo fa di soppiatto, in modo indiretto, losco e truffaldino. Lo fa con i commi 2-bis e 2 octies sulla Protezione civile, dove viene attribuita la facoltà, in alternativa al sistema della tariffazione, sia agli enti locali che alla regione Campania di aumentare specifici tributi: le addizionali, le aliquote ovvero le maggiorazioni di aliquote di competenza degli enti locali per la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti.
È inaccettabile che gli errori, i ritardi, gli abusi e le presunte ruberie da tangenti e da clientelismo, come dimostrano le inchieste giudiziarie in atto, le paghino i cittadini campani! Il Governo e questa maggioranza, invece di proporre norme tendenti a punire una classe dirigente locale e nazionale di politici e burocrati, responsabile dello scandalo dei rifiuti per strada, punisce, invece, i cittadini campani mettendo le mani nelle loro tasche.
Con i commi 2-quater e seguenti si prelevano risorse per affrontare lo stato di Pag. 50emergenza a seguito di calamità naturali. Le risorse per le calamità naturali devono essere rinvenute nell'ambito del territorio dove è avvenuto l'evento calamitoso, secondo il provvedimento in esame, mediante l'aumento di alcuni tributi, ovvero attingendo sul Fondo nazionale di protezione civile da reintegrare, però, di pari importo mediante l'aumento dell'accisa su benzina e gasolio.
Finisce la solidarietà nazionale! È come dire: «chi vuole Dio se lo preghi». Quindi è come dire: alluvioni frane e terremoti, con i loro danni, se li paghino i malcapitati cittadini italiani che ne sono vittime. Ci spieghi qualcuno della maggioranza come può un cittadino malcapitato, senza casa e senza lavoro, procurarsi le risorse fiscali per risolvere i danni subiti? Questa dabbenaggine la segnaliamo all'interno di un contesto finanziario che da due anni registra l'assegnazione di un miliardo di euro per interventi di prevenzione di calamità naturali, di cui il Ministro Prestigiacomo non ha ancora speso un euro, mentre l'Italia frana per ogni pioggia.
Vi è poi il cosiddetto «pacchetto Abruzzo». Di rilievo, in tale pacchetto, vi è la proroga del termine per la restituzione dei tributi e contributi dal 1o gennaio al 31 ottobre. Durante l'esame del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 le opposizioni - e l'Unione di Centro in particolare - segnalarono con forza la necessità di una dilazione delle restituzioni più congrua e più giusta, quantomeno come per i terremotati di Marche ed Umbria. Non fummo ascoltati allora e non lo siamo adesso, perché sosteniamo che al 31 ottobre dovremo rimetterci mano, perché a L'Aquila la ripresa economica è lenta, manca il lavoro e le imprese non hanno margini operativi per ripartire con le loro attività. Si immagini, quindi, se i cittadini possono pagare tasse e contributi, quando hanno bisogno di sussidi!
Dal comma 4 al comma 4-quater si prorogano le disposizioni agevolative - con un contributo speciale dal 1o luglio 2011 al 31 dicembre 2013 - a favore del settore cinematografico. La maggior parte degli interventi avviene attraverso il credito di imposta. Come vengono finanziati questi interventi? Anche in tal caso si finanziano mettendo le mani nelle tasche degli italiani. Viene chiesto, infatti, come è stato ricordato da più parti, l'aumento di un euro per ogni biglietto del cinema per finanziare le agevolazioni fiscali alla produzione cinematografica.
Con il comma 5-bis viene prorogato il termine dal 31 dicembre 2010 al 30 aprile 2011 per l'accatastamento degli immobili non ancora censiti e di quelli che hanno subito variazioni non dichiarate. In tal caso, però, non si tratta solo di uno slittamento di termini: ai ritardatari, infatti, arriverà da pagare una rendita presunta, che produrrà effetti retroattivi al 1o gennaio 2007. Dovranno, pertanto, essere pagati gli arretrati di imposte e sanzioni.
Mentre si torchia parte degli italiani, anche ingiustamente, come nel caso delle calamità naturali, il Governo e la maggioranza fanno sconti ad un'altra parte di italiani. Pensiamo alla sospensione per tutto il 2011 dell'obbligo penale di abbattere le case abusive solo per la Campania. Pensiamo al regalo fatto ai comuni sopra un milione di abitanti - con riferimento soprattutto a Milano, visto che Roma difficilmente potrà applicare questa norma - per i quali viene soppresso il taglio di consiglieri comunali, stabilito tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010 con enfasi degna di miglior causa, da parte del Ministro Calderoli. Pensiamo ai gettoni di presenza reintrodotti nei comuni con più di 250 mila abitanti, quando lo stesso Governo non ha voluto lasciare in vita i consiglieri di circoscrizione volontari e senza gettoni.
Pensiamo alla proroga al 31 dicembre 2013 dell'obbligo di dismissione delle quote dei comuni fino a 30 mila abitanti nelle società partecipate di servizi, quando lo stesso Governo annuncia con enfasi la modifica dell'articolo 41 della Costituzione e un nuovo piano di liberalizzazioni. Pensiamo allo scandalo della nuova proroga dei termini per il pagamento delle quote latte da parte di alcune migliaia di agricoltori padani, i quali seguitano ad ostentare Pag. 51la volontà di non voler pagare le sanzioni che altre migliaia di agricoltori hanno pagato per rispettare la legge.
Ma l'operazione più immorale il Governo la compie quando copre i 5 milioni di euro di minore entrata a causa del rinvio di ogni pretesa, sottraendo un pari importo ad uno stanziamento di 50 milioni - come è stato ricordato anche dal collega Bressa - quindi pari al 10 per cento dello stesso, destinato all'attività di assistenza, ricerca e cura degli ammalati oncologici, ossia alla cura degli ammalati di cancro e ciò è una vera vergogna! Pensiamo all'emendamento 2-octies, il cosiddetto «emendamento Parmalat», con il quale lo Stato interpreta un concordato, ossia un accordo tra privati, meglio ancora un accordo definito tra i giudici e gli azionisti, sostenendo che esso è inefficace anche se derivante da modifiche statutarie. Dunque quella parte di azionisti che hanno investito centinaia di milioni nella Parmalat, che è una public company, lo ricordiamo, non possono ricevere utili se non nei limiti del 50 per cento, senza precisare se si tratta di un limite massimo o minimo e in un arco di tempo di 15 anni. Pertanto l'amministratore delegato Bondi tiene un miliardo e mezzo in cassa investito all'1 per cento, bruciando redditività, investimenti e espansione della Parmalat, proprio in una fase dove si registra un margine operativo del 9 per cento. Secondo noi il Governo non può pretendere di regolare i rapporti tra privati con legge. Il presupposto del concordato era quello di tutelare eventuali futuri creditori e il fatto che da ottobre 2010 non sia più possibile chiedere rimborsi alla società fa cadere il principale presupposto del concordato medesimo, motivo per il quale l'assemblea degli azionisti, che è sovrana, potrebbe chiedere di cambiare il concordato. Pensiamo, da ultimo, al regalo fatto alle banche e al danno ai clienti prodotto con la norma sull'anatocismo. Con la sentenza della Cassazione del 23 novembre 2010 era stato affermato il principio della prescrizione decennale per richiedere la restituzione degli interessi sugli interessi ingiustamente pretesi dalle banche, a partire dal giorno della chiusura del conto corrente. Con il decreto-legge in esame, invece, si sancisce l'impossibilità di pretesa per tutti i riconoscimenti maturati prima del 2000, cancellando di fatto tutte le sentenze di restituzione degli interessi da parte delle banche tra il 1990 e il 2000. Concludo con qualche valutazione politica. Il decreto-legge in esame, nel testo originario, conteneva 3 articoli, 24 commi e 63 proroghe. Arriva alla Camera dal Senato con 8 articoli, 186 commi e 54 proroghe, avendo assorbito nove proroghe in altrettanti emendamenti. È vero che 27 delle 107 proposte emendative - onorevole Polledri - cioè un terzo, sono a firma bipartisan, ma è altrettanto vero che i due terzi delle stesse e le peggiori, come avevo segnalato poco fa, sono della maggioranza, con il parere favorevole del Governo. Nel decreto-legge in esame non ci sono misure per la crescita, quindi per le famiglie e le imprese, come invece maldestramente previsto nel titolo.
La scossa all'economia preannunciata sui giornali, attraverso i media e, con enfasi dal Presidente Berlusconi e dal Ministro Tremonti, non c'è, né si fa modificando alcune norme della Costituzione. Quello che finora registriamo è l'aumento della pressione fiscale invece che una serrata lotta all'evasione fiscale che rimane alta.
L'aumento delle tasse che abbiamo puntualmente individuato fa il paio con quello che abbiamo denunciato rifiutando il nostro voto in occasione del federalismo municipale. Con l'imposta municipale urbana (IMU) avete introdotto una nuova patrimoniale che colpirà artigiani, commercianti e professionisti: proprio quel popolo delle partite IVA che avete blandito durante la campagna elettorale e che oggi punite.
Siamo forse alla fine di un ciclo politico. Ecco perché lo slogan «meno tasse per tutti» sta diventando «più tasse per tutti». In questo decreto-legge vi è di più. Vi è l'incapacità di scelta, quindi di governo. Quando leggiamo che il Governo decide di accogliere gli ordini del giorno della Camera sul 5 per mille, destinando 400 Pag. 52milioni decisi dai contribuenti nella loro dichiarazione dei redditi a favore delle associazioni per il volontariato, e poi invece queste risorse le va a togliere alle imprese che devono ricevere i crediti di imposta, allora scopriamo che si imbrogliano due volte i cittadini.

PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Ciccanti, siamo quasi al termine del suo intervento, però chiederei ai colleghi di liberare l'emiciclo e di prendere posto, per cortesia, o comunque di dare la possibilità all'onorevole di concludere adesso il suo intervento. Ha ancora a disposizione circa tre minuti.

ROBERTO GIACHETTI. Presidente, ancora cinque minuti!

PRESIDENTE. Tre minuti, precisamente tre minuti e quaranta.

AMEDEO CICCANTI. Se me li fate spendere, io vi ringrazio.

PRESIDENTE. Appunto, la discussione poi eventualmente è tra me e l'onorevole Ciccanti, non tra me e l'onorevole Quartiani o l'onorevole Giachetti.

AMEDEO CICCANTI. Infatti mi faccia recuperare, Presidente. Prima si promette il 5 per mille e poi si promette la restituzione dei crediti d'imposta alle aziende che ne hanno diritto. Poi si rinvia la restituzione di ciò che è del bilancio delle aziende, e non si sa a quando, provocando chiusure, fallimenti e disoccupazione. Alla fine si danno soldi al 5 per mille dopo averli negati nel 2010 con il decreto-legge n. 78 e con la legge di stabilità, ma a scapito delle aziende.
Ma il raggiro politico ed elettorale il Governo lo fa a trecentosessanta gradi. Infatti, per coprire il cosiddetto decreto milleproroghe, il Governo riduce gli stanziamenti previsti in un elenco di misure e di interventi indicati nella legge di stabilità per il 2011 per un ammontare di 750 milioni. Con tale Elenco 1, allegato al provvedimento, il Governo prometteva risorse agli autotrasportatori, ai lavoratori socialmente utili di Napoli e Palermo, alle famiglie per l'acquisto di libri di testo, alle scuole e alle università private.
Con questo provvedimento invece, a distanza di tre mesi, riducete tutti gli stanziamenti promessi per finanziare il 5 per mille che doveva essere finanziato in altra forma. Ancora una volta fate il gioco delle tre carte: con gli stessi soldi ci pagate due o tre volte cose diverse, facendo tutti contenti e bidonati.
Noi, signor Presidente, abbiamo condotto nelle Commissioni una dura battaglia di contrasto a questo documento milleproroghe, ma poi ci siamo trovati di fronte all'ostruzionismo della maggioranza che ci ha impedito di discutere gli emendamenti. Hanno fatto una maratona oratoria, proibendo, inibendo alla minoranza di parlare. Ne abbiamo preso atto e i presidenti Giorgetti e Bruno si sono sentiti in dovere di chiudere i lavori delle Commissioni.
Veniamo in Aula dove sarà posta la questione di fiducia. Questo Governo e questa maggioranza non solo non consentono di legiferare in modo consono alle leggi, alla prassi e ai principi dell'ordinamento generale, ma non consentono nemmeno di discutere.
Signor Presidente, probabilmente sono giunti al capolinea e stanno facendo la resistenza della cittadella assediata. Ma è l'ultimo rantolo che noi ascoltiamo e che sta ascoltando il popolo italiano, perché sappiamo che - prima o dopo - dovranno cedere e far finire questo ingiusto stillicidio (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 53

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, chiedo alla Presidenza di porre in votazione, ai sensi dell'articolo 44, comma 1, la chiusura della discussione sulle linee generali. Abbiamo di fronte a noi ancora circa duecentocinquanta iscritti, quindi credo Presidente, apprezzate le circostanze, di dover richiedere alla Presidenza di porre in atto questa votazione.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le volevo solo chiedere, nella sua sensibilità, la possibilità, data la rilevanza della questione e al di là di tutte le valutazioni sui tempi, che sulla proposta avanzata si esprima, invece di un deputato a favore e uno contro, come prevede il Regolamento, un deputato per gruppo. Ciò per permettere a tutti i gruppi di esprimersi su una richiesta così rilevante al di là di qualunque considerazione politica (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sulla richiesta di chiusura della discussione sulle linee generali testé avanzata dall'onorevole Baldelli, come prima sottolineato proceduralmente dall'onorevole Quartiani, prima di decidere se dare la parola solo ad un deputato a favore e uno contro, darò il preavviso di cui all'articolo 49, comma 5 del Regolamento dovendosi procedere a votazione nominale.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,20).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 4086)

PRESIDENTE. A questo punto, considerata la richiesta dell'onorevole Giachetti ed essendoci anche la possibilità di far decorrere i 20 minuti, se vi fossero ulteriori interventi, oltre a quello dell'onorevole Quartiani, da parte di altri gruppi dell'opposizione, la Presidenza non ha alcuna obiezione a farli svolgere.
Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che bisognerebbe meglio articolare una proposta di chiusura della discussione sulle linee generali di un importante decreto-legge come questo, diversamente da come ha fatto il vicepresidente del gruppo Popolo della Libertà, il quale ha semplicemente constatato che, poiché vi sono 250 iscritti a parlare, per ciò stesso bisogna impedire che parlino.
Vorrei far presente, anzitutto, che i 250 iscritti sarebbero sensibilmente meno, si conterebbero sulle dita di una mano, se la maggioranza ed il Governo avessero dichiarato di rinunciare a porre la fiducia su questo provvedimento.
E sarebbero sensibilmente meno gli iscritti a parlare se i componenti della maggioranza nelle Commissioni di merito, in particolare nelle Commissioni bilancio e affari costituzionali, non avessero deciso di fare essi stessi - qui sì - auto-ostruzionismo. Infatti, nel corso della discussione sulle linee generali di questo provvedimento - l'ennesimo decreto-legge del Governo - la maggioranza, nelle Commissioni, si è iscritta a parlare in massa per impedire che si arrivasse a votare perché, se si fosse riusciti a votare nelle Commissioni, sarebbero state respinte le proposte del Governo e l'intero provvedimento. Questo è il punto.
E un Governo ed una maggioranza in crisi dovrebbero avere almeno il senso di Pag. 54responsabilità di non compromettere ulteriormente i rapporti tra il Governo ed il Parlamento. Dovrebbe esistere ed intercorrere un rapporto fattivo tra Governo in crisi e Parlamento, soprattutto quando si sta discutendo di un decreto-legge che interviene sulla pelle dei cittadini.
In questo decreto-legge, infatti - vorrei che si sapesse - non stiamo discutendo semplicemente di qualche spostamento di data (l'espressione «proroga termini» potrebbe evocare tutto ciò), poiché, rispetto al testo originario, il Governo ha inserito al Senato delle norme che non erano contenute nel testo sottoposto alla firma del Presidente della Repubblica. Le aggiunte effettuate al Senato da parte del Governo e della maggioranza di centrodestra, che noi qui vogliamo discutere e vorremmo anche votare, per metterle alla prova della bontà di un voto parlamentare, sono provvedimenti e norme che hanno un sapore anticostituzionale, come poi potremo vedere meglio, anche con il collega Zaccaria, nella fase in cui discuteremo e voteremo la pregiudiziale di costituzionalità. Infatti, nel provvedimento si reinseriscono di nuovo le quote latte, si introducono delle norme odiose, come quella della sospensione delle demolizioni, in seguito a sentenze penali, in Campania, si interviene sulle case fantasma, si vuol far pagare ai cittadini nei comuni l'aumento della tassa rifiuti, si vogliono far pagare, ai terremotati e a tutti coloro che in passato sono stati colpiti da calamità naturali, tasse ulteriori, addizionali IRPEF, addizionali sui tributi propri delle regioni e dei comuni.
Questo è il provvedimento «milleproroghe» e di questo vogliamo discutere, non «tagliare» la discussione. Vorremmo discutere il motivo per il quale il Governo abbia inserito l'aumento di un euro del costo del biglietto del cinema.
Signor Presidente, in questa situazione, la maggioranza ha fretta di arrivare a votare la questione di fiducia; invece, credo che un Parlamento serio, così come sta facendo l'opposizione, non debba avere fretta. È bene che vi sia il confronto: non si deve «tagliare» la discussione, come ha proposto il collega Baldelli, non bisogna discutere semplicemente di questioni che fanno piacere alla maggioranza.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. In questo momento, dobbiamo discutere dei problemi che il Paese ha di fronte e nel decreto-legge «milleproroghe» di tutto si discute tranne che dei problemi reali del Paese; anzi, si aggravano le condizioni reali dei cittadini in una fase di crisi.
Anche per questo motivo, respingiamo e diciamo «no» alla proposta di chiusura anticipata della discussione sulle linee generali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, mi stupisce questo ulteriore colpo di mano della maggioranza avvenuto per bocca del collega Baldelli, che propone a lei di chiudere qui, con un colpo di mano, la discussione sulle linee generali di un provvedimento «omnibus», che contiene di tutto e di più e, per alcuni versi, è anche contro qualcosa di più.
Mi stupisce, perché quanto sta accadendo in quest'Aula e nel Parlamento in generale ha davvero dell'incredibile: mi verrebbe da dire che è un colpo di Stato nascosto dietro l'atteggiamento della maggioranza, che è supina al Capo del Governo.
Hanno tentato in tutti i modi nelle Commissioni riunite bilancio e affari costituzionali, che dovevano discutere il provvedimento in oggetto e le proposte emendative presentate dalla maggioranza e dall'opposizione per entrare nel merito e tentare di correggere alcune macroscopiche situazioni non tollerabili, che andavano decisamente, addirittura, contro altri provvedimenti assunti dallo stesso Governo. Pag. 55
Ebbene, questo non ci è stato consentito, perché i colleghi di maggioranza delle due Commissioni hanno pensato bene di fare auto-ostruzionismo, intervenendo compatti e uniti come una falange per togliere spazio alla conclusione normale dei lavori delle Commissioni.
Addirittura, i due presidenti delle Commissioni sono arrivati a prendere atto che non vi erano più gli elementi per continuare la discussione presso le Commissioni e, senza dare mandato ai relatori, si sono assunti la responsabilità di venire personalmente in Aula: essi non hanno presentato le ragioni del contenuto del provvedimento «milleproroghe», ma hanno semplicemente detto che la Commissione bilancio e la Commissione affari costituzionali non avevano la maggioranza dei parlamentari e che, quindi, non erano in grado di decidere.
Ma una decisione si può prendere, eccome: si prende atto di non avere la maggioranza e si rispetta la democrazia. A meno che l'intento - come ricordavo questa mattina durante la discussione sulle linee generali - non sia quello di far prendere atto a lei, signor Presidente della Camera facente funzioni e al Presidente che non è presente in questo momento, che occorre mettere mano alla ricomposizione delle Commissioni. Questo è davvero un attentato, lo dico convintamente usando una parola forte, ma perché credo davvero nella democrazia parlamentare.
Ora cosa propone l'onorevole Baldelli? Non ci basta l'annunciato voto di fiducia, non ci basta vedere all'interno del provvedimento «milleproroghe» una delega al Governo per un ulteriore «milleproroghe» che il Governo potrà attivare semplicemente con un decreto del Presidente del Consiglio. Adesso ci togliete anche la possibilità, in quest'Aula, nell'Aula del Parlamento, di confrontarci su temi importanti come quelli contenuti nel decreto-legge «milleproroghe».
Se volete posso riprendere, punto per punto, quello che non va di questo provvedimento, ma credo che l'importante sia capire che l'atto che state approvando è davvero fuori da ogni Regolamento, contro la Costituzione, contro il Comitato per la legislazione, contro il Parlamento.
Di fronte ad un comportamento del genere quest'Aula, la maggioranza, deve fermarsi un attimo e domandarsi: non sto uccidendo la democrazia? Non sto, per davvero, mettendo il bavaglio a me stesso e alle mie prerogative parlamentari, a prescindere dal fatto di essere maggioranza o opposizione? Dobbiamo assolutamente stare uniti e difendere quelli che sono i nostri compiti, il compito di legiferare e non soltanto quello di alzare la mano o di andare davanti al Presidente e dire se si è favorevoli o meno alla questione di fiducia.
Colleghi, prendiamo atto di quest'ultima occasione che abbiamo perché domani potrebbe essere davvero tardi. Quello che sta avvenendo in altri Paesi, della cui amicizia il Presidente del Consiglio si è fatto vanto non più tardi di qualche giorno fa, credo dovrebbe insegnarci per davvero qualcosa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, ringrazio il collega Laffranco, svolgerò alcune brevi considerazioni di carattere politico e giuridico sul provvedimento al nostro esame per dimostrare come sia necessario proseguire nella valutazione di quello che non esito a definire un vero e proprio monstrum giuridico.
Sotto questo profilo voglio sottolineare come questo provvedimento, signor Presidente, onorevoli colleghi, di fatto mortifichi il lavoro di questa Camera. Qualcuno lo ha già accennato, il cosiddetto decreto milleproroghe è approdato alla Camera dopo ben 50 giorni consumati al Senato e si è concluso al Senato con un voto di fiducia. La Camera ha avuto solo dieci giorni a disposizione per l'esame di questo provvedimento. È un'assurdità, credo che ciascuno Pag. 56di noi si possa rendere conto che il nostro ruolo, il ruolo di questa Camera, è stato mortificato.
Il provvedimento iniziale, onorevoli colleghi, è stato modificato in modo radicale al Senato, sono stati aggiunti cinque articoli e 196 commi; inoltre, come altri colleghi hanno ricordato, il provvedimento contiene di tutto e di più. Circa il 50 per cento delle disposizioni che stanno passando così, sotto i nostri occhi, senza alcun approfondimento, sono state introdotte al Senato e non c'entrano nulla con la materia del cosiddetto decreto milleproroghe e, come è stato rilevato in sede di esame dal Comitato per la legislazione, il 50 per cento di queste disposizioni è eterogeneo e al limite del vulnus costituzionale.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, come è possibile che non ci si renda conto che, in questo modo, violiamo i principi stabiliti dall'articolo 77 della Costituzione e dalla legge n. 400 del 1988?
La cosa che più colpisce è che il Governo prima presenta un decreto-legge lindo e pulito che rispetta tutti i crismi della Costituzione, poi così, di fatto, lo sottopone al Presidente della Repubblica che lo firma senza alcun vaglio preventivo di costituzionalità perché il provvedimento è apparentemente perfetto; dopodiché, utilizza il Senato della Repubblica e la sua maggioranza per infarcirlo di tutto e di più, di fatto strozzando il dibattito in Commissione, di fatto strozzando il dibattito anche in questa Camera e limitando, con l'ulteriore probabile questione di fiducia, il ruolo della Camera dei deputati.
Questo, signor Presidente non è un decreto «milleproroghe», di fatto è una nuova legge finanziaria dove, peraltro, si introducono disposizioni di proroga che vanno regolamentate successivamente - udite - con provvedimenti aventi forma di decreto ma natura di disposizioni legislative.
Sono stati quindi violati i principi di leale collaborazione tra Governo e Parlamento, signor Presidente, ma questa, purtroppo, non è più una novità. A questo punto rimane soltanto sperare che il Presidente della Repubblica, di fronte allo scempio che è stato fatto di questo decreto, abbia modo di intervenire presso il Governo per convincerlo a discutere, in un dibattito costruttivo, di un nuovo modo di affrontare i problemi, a cambiare questo provvedimento e a riportarlo nella legalità (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, in questa giornata la Presidenza ha richiamato più volte la scadenza di questo provvedimento, pena la sua decadenza, ossia il 27 febbraio. È ovvio che una Camera responsabile, a fronte di un iter normale, in effetti, dovrebbe trovare assieme un accordo per fare in modo che questo provvedimento non decada.
Tuttavia, senza entrare nel merito del provvedimento, vorrei fare una considerazione di tipo politico: si è fatto di tutto per arrivare alla scadenza del provvedimento cercando di far venir meno l'essenza della discussione di un provvedimento importante come il «milleproroghe». Si è aspettato di farlo arrivare in Aula l'ultima settimana, tenendolo fermo e congelato, invece di procedere in tempi stretti al Senato. Questa è l'ennesima dimostrazione di come, da tre anni a questa parte, questo Governo, complice questa maggioranza, prima molto ampia, adesso un po' risicata, continui imperterrito ad avvilire quest'Aula e a tagliare la democrazia, non facendo quel percorso necessario e utile per il Paese, che è quello di una discussione aperta, magari anche contestata, ma che alla fine produce provvedimenti, se non condivisi, quanto meno migliorati da una parte di questo Parlamento. Non è pensabile che la maggioranza e il Governo pensino che metà del Parlamento sia incapace di fare proposte migliorative.
Questo «milleproroghe» ha poco della proroga e tanto della tassazione ed è per questo, forse, che non si è voluto far svolgere Pag. 57un dibattito, strozzandolo in Commissione e di fatto non facendolo nemmeno iniziare in Aula, per fare in modo che non emerga - ma emergerà lo stesso - la contraddizione di fondo che sta all'interno di questo provvedimento.
Signor Presidente, mi rivolgo al Governo e alla maggioranza: tante volte il gruppo dell'UdC ha dimostrato grande responsabilità ed equilibrio e ha capito tanti momenti, ma questa ennesima forzatura contro la democrazia parlamentare - che veramente mette all'angolo la Camera dei deputati - è per noi imperdonabile ed inqualificabile. Non lo abbiamo mai detto prima, ma è proprio vero che si può dire che questa è una vergogna che dura da tre anni.
Ricordo l'ultima volta che è stata posta la questione fiducia e quindi la mancanza di dibattito, speriamo che questa sia l'ultima. Speriamo che questa maggioranza si renda conto che ha bisogno, anche lei, del supporto dell'opposizione. Imperterrita invece continua a non guardare da questa parte con arroganza politica e presunzione politica. Questo non è più tollerabile, per cui, anche come gruppo dell'UdC ritengo sia veramente una vergogna inaccettabile (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

LINDA LANZILLOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, siamo di fronte ad un provvedimento di ben 200 pagine fitte di norme e disposizioni. In violazione della Costituzione, questo provvedimento, che altera molte parti dell'ordinamento, che introduce imposte, che sana violazioni della legge penale, che interferisce sul sistema tributario, che modifica l'ordinamento degli enti locali e che detta misure molto significative in materia bancaria, è stato approvato al Senato a scatola chiusa, con un voto di fiducia.
È passato nelle Commissioni riunite I e V della Camera senza poter discutere una proposta di modifica, perché la maggioranza è stata paralizzata dall'essere non maggioranza e adesso, dopo pochi interventi che non consentono nemmeno all'opinione pubblica di capire cosa ci sia dentro, si chiude la discussione per poter rapidamente andare alla fiducia.
Credo, signor Presidente, che occorrerebbe un attimo di riflessione e di consapevolezza da parte di tutti, perché il Parlamento e il funzionamento della democrazia parlamentare non sono questioni di una parte, ma riguardano l'intero Paese, tutto il sistema politico e tutto il Paese. Voi le state assolutamente cancellando, anticipando forse quella che sarebbe un'aspirazione del Presidente del Consiglio: poter riuscire a fare a meno del Parlamento.
Voi, sbrigativamente, con una scorciatoia, invece di modificare la Costituzione, state modificando la sua materiale operatività. Ciò è molto grave e crea delle condizioni che peggiorano la qualità della vita politica del nostro Paese e non migliorano la vostra prospettiva politica, anche come Governo. È un errore e mi auguro che vi sia un momento di ripensamento.

LUCIANO DUSSIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, intervengo semplicemente per esprimere parere favorevole alla richiesta che è stata formulata dall'onorevole Baldelli e per aggiungere una brevissima considerazione sulla quale ritornerò tra poco, quando discuteremo delle questioni pregiudiziali.
Sento parlare di colpi di mano e di attentati alla democrazia, ma pongo un interrogativo a chi ha a cuore il funzionamento democratico delle istituzioni, ossia se risulta a qualcuno che in qualche Paese democratico ci sia una maggioranza parlamentare, come si registra in quest'Aula, priva di una conseguente maggioranza nelle Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). È di questo che dovremmo discutere, non di altro. Pag. 58Noi il colpo di mano lo stiamo subendo come maggioranza e di questo comunque riparleremo dopo!
È giusto quindi interrompere questa discussione, perché è animata da pretesti politici che non entrano nel merito di ciò che stiamo discutendo e proponendo per il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi di prendere posto. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di chiusura della discussione sulle linee generali avanzata dall'onorevole Baldelli.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Menia, Bernardo, Franceschini, Lisi, Bersani, Ministro Alfano, onorevoli Merloni, Di Stanislao, Milo, Messina, Rota, Monai, Mura, Carra.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).
(Presenti e votanti 551
Maggioranza 276
Hanno votato sì 290
Hanno votato no 261).

Prendo atto che il deputato Lo Presti ha segnalato che non è riuscito a votare.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, lo avevo segnalato.

PRESIDENTE. Sì, onorevole Lo Presti, lo so. Purtroppo non l'ho sentita e le devo chiedere scusa. Resta comunque agli atti che l'onorevole Lo Presti era in Aula e ovviamente avrebbe votato. Anche il Ministro Meloni lo avrebbe fatto.
Ricordo che, essendo stata deliberata la chiusura della discussione sulle linee generali, ha facoltà di parlare, a norma dell'articolo 44, comma 2, del Regolamento, e per non più di 30 minuti, un deputato tra gli iscritti non ancora intervenuti nella discussione per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi consenta, attraverso un richiamo al Regolamento e quindi anche a quelle che sono le sue responsabilità nella conduzione dei lavori, di poter dare qualche indicazione almeno ai miei colleghi, sapendo che ci avviamo verso una fase nella quale c'è una serie di iscrizioni a parlare che possono durare fino a mezz'ora e che complessivamente, se tutta l'opposizione parlasse, sarebbero due ore e mezza. Attenzione però perché ovviamente ciascuno può parlare di più o di meno e quindi sarà sicuramente difficile individuare nel corso della seduta un'ora precisa in cui votare.
Quindi, siccome ci sono state un po' di forzature, vorrei che fosse chiaro ai miei colleghi - ovviamente gli altri se vogliono possono fare tranquillamente altro - che si potrebbe votare da un momento all'altro.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, ovviamente poteva anche dirlo parlando con i suoi colleghi. In ogni caso, mi sembra che possa essere utile ricordare come proseguiranno i lavori.
Adesso possono intervenire per un massimo di trenta minuti un rappresentante di ciascun gruppo che ne faccia richiesta. Subito dopo passeremo alla questione pregiudiziale e quindi il Regolamento prevede che si svolgano gli interventi per l'illustrazione e per dichiarare il voto e successivamente procederemo al voto della questione pregiudiziale. Ognuno ovviamente può organizzare il proprio tempo e sapere quando si arriverà alle votazioni.
Per il gruppo dell'Italia dei Valori, ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

Pag. 59

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, è stato molto interessante seguire questa mattina l'intervento del presidente della Commissione bilancio Giancarlo Giorgetti e vorrei rileggere un suo passaggio. Egli innanzitutto dice che l'imminente scadenza del termine per la conversione in legge del decreto-legge - come sapete, i sessanta giorni scadono il 27 febbraio - e la complessità e l'eterogeneità del testo oggetto di modifiche al Senato, molto rilevanti per qualità e quantità, rendevano obiettivamente difficile un esame circostanziato e approfondito.
Se io mi trovassi in un'aula di tribunale, a questo punto, dovrei semplicemente chiedere la trasmissione del verbale della Camera alla procura per gli atti conseguenti, perché mai come in questo caso siamo di fronte ad un atto di colpevolezza, poiché è del tutto evidente che se, come dichiara il presidente della Commissione bilancio, che non appartiene sicuramente all'opposizione, si trattava di atto complesso ed eterogeneo, oggetto di modifiche al Senato molto rilevanti per qualità e quantità, siamo già al di fuori totalmente di quanto è previsto dall'articolo 77 della Costituzione.
Quindi, è un'ammissione di colpevolezza che dovrebbe fare riflettere. È questo il motivo per il quale, come qualche agenzia di stampa ha riportato, questa mattina ho inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica. Darò ora lettura di tale lettera.
«Signor Presidente della Repubblica, ho piena consapevolezza di quanti sforzi Ella stia facendo perché la difesa della Costituzione, compito a Lei assegnato, sia effettiva e non meramente formale. Ho personalmente apprezzato, come fin dall'inizio del Suo mandato, Ella non abbia mai mancato di far osservare al Governo e al Parlamento come »i principi fondamentali della Costituzione repubblicana sono fuori discussione e nessuno può pensare di modificarli o alterarli».
Non posso non ricordare altresì i frequenti richiami al rispetto dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che l'articolo 77 della Costituzione richiede per l'esercizio di un provvisorio potere legislativo da parte del Governo attraverso i decreti-legge. Altrettanto dicasi per ciò che concerne i Suoi reiterati rilievi con riguardo all'introduzione di nuove norme nel corso dell'iter della loro conversione in legge: sul punto in particolare mi riferisco al Suo ammonimento in data 18 maggio 2007, quando Ella sostenne che «l'adozione di criteri rigorosi diretti ad evitare sostanziali modificazioni del contenuto dei decreti-legge è, infatti, indispensabile perché sia garantito, in tutte le fasi del procedimento - dalla iniziale emanazione alla definitiva conversione in legge - il rispetto dei limiti posti dall'articolo 77 della Costituzione alla utilizzazione di una fonte normativa connotata da evidenti caratteristiche di straordinarietà e che incide su delicati profili del rapporto Governo-Parlamento e maggioranza-opposizione».
Infine, non posso non richiamare la Sua lettera del 15 luglio 2009 con la quale Ella ha espressamente indicato che «provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione e di vera e propria congestione sfuggono alla comprensione della opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge. È doveroso ribadire oggi che è indispensabile porre termine a simili "prassi", specie quando si legifera su temi che riguardano diritti costituzionalmente garantiti e coinvolgono aspetti qualificanti della convivenza civile e della coesione sociale. È in giuoco la qualità e sostenibilità del nostro modo di legiferare».
Ebbene, signor Presidente, non ho assolutamente dubbi sul fatto che Ella porrà ogni rigorosa attenzione alla vicenda del decreto-legge cosiddetto milleproroghe, che sta concludendo il suo iter parlamentare di conversione in legge alla Camera, con una già annunciata «apposizione del voto di fiducia» da parte del Governo.
Signor Presidente, dall'esame cui Ella sottoporrà il testo non potrà che rilevare che le Sue precedenti osservazioni sia in merito all'introduzione di sostanziali modifiche Pag. 60di contenuto, che in merito alla loro eterogeneità sembrano essere state disattese.
Vi è tuttavia un aspetto, signor Presidente, che mi permetto sommessamente di segnalare alla Sua attenzione e che costituisce un elemento di novità assai rilevante rispetto al passato. Come Ella stessa potrà constatare, infatti, il provvedimento si è arricchito di norme tutt'altro che marginali, che non hanno seguito alcun iter parlamentare. Dette norme sono state inserite nel maxiemendamento del Governo, dopo che già si erano conclusi i lavori delle Commissioni affari Costituzionali e bilancio del Senato.
D'altronde neppure le Commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera hanno potuto discuterle e votarle poiché, come è noto, queste Commissioni non sono state in grado né di votare né di dare il mandato al relatore. Si tratta di norme di grande rilievo, come la riforma della tassazione dei fondi di investimento, la riforma della cosiddetta «legge Marzano» sulle grandi imprese in crisi, modifiche alla legge di bilancio senza indicazione della destinazione delle somme, modifiche con effetto retroattivo ai criteri di bilancio delle banche, modifiche con effetto retroattivo ai termini di prescrizione con riguardo al cosiddetto anatocismo, con rilevanti impatti sui diritti dei consumatori. Siamo, dunque, in presenza di un precedente assoluto poiché norme di legge emanate dal Governo sono convertite in legge senza alcun iter formale né alla Camera né al Senato. Sono certo che ella saprà valutare, con estrema attenzione, un fatto di tale delicatezza istituzionale e naturalmente mi rimetto con piena fiducia alle determinazioni che riterrà di assumere. Con stima ed osservanza».
Questo è il testo delle lettera che ho inviato al Presidente della Repubblica perché credo che davvero questo sia il punto più basso di degrado e di offesa della Costituzione e del Parlamento. Il potere esecutivo ha la possibilità, solo in via temporanea e provvisoria, di emanare atti aventi forza di legge ed è necessario, quindi, che questi siano trasformati in legge dall'organo che detiene il potere legislativo, cioè dal Parlamento. Questa è la prima volta, signor Presidente, che il potere esecutivo emana atti con forza di legge che non sono approvati dal Parlamento. Credo che questo fatto sia una lesione e un vulnus mai registrati dall'inizio della Repubblica italiana; un fatto gravissimo perché qui non vi è neppure la questione che qualcuno possa affermare che, di fatto, siamo passati dal bicameralismo perfetto al monocameralismo. Qui non vi è il monocameralismo ma, piuttosto, una legge che diventa tale attraverso un solo atto del Governo. È evidente, pertanto, la lesione della ripartizione dei poteri che la Costituzione ha equilibrato in modo diverso sul Governo e sul Parlamento.
Quanto al contenuto, proprio in quella parte che non è stata oggetto di esame da parte del Parlamento ci troviamo di fronte ad atti che, in un certo senso, costituiscono addirittura riforme che meriterebbero di essere realizzate non attraverso un decreto-legge ma attraverso un atto che segua l'iter previsto per i progetti di legge. Voglio dire che, per esempio, la riforma della tassazione dei fondi di investimento è uno stravolgimento, un cambiamento così radicale rispetto al passato - con il passaggio dalla tassazione sul maturato alla tassazione sul realizzato - che pure sembra ragionevole e giusta. Non voglio discutere nel merito, perché già nella precedente legislatura si era discusso di questa ipotesi, ma si era discusso all'interno di un disegno complessivo che si chiamava riforma della tassazione delle rendite finanziarie e non si chiamava riforma della tassazione dei fondi di investimento.
Prevedeva in un disegno organico che ci fosse un cambiamento dal maturato al realizzato, ma anche che ci fosse un adeguamento della tassazione alla media europea, che non è il 12,50 per cento, signor Presidente. Qui qualcuno si è scomodato a dire che con questo intervento noi andiamo a fare ciò che si fa in Europa. Non è vero, non è vero, signor Presidente! Noi andiamo a fare ciò che si fa in Europa solo in parte, ma non per l'aspetto che riguarda Pag. 61la tassazione. Così abbiamo distrutto un disegno organico che prevedeva certamente modifiche al sistema di tassazione, ma anche un riallineamento della tassazione da quell'esiguo e inaccettabile 12,50 per cento, escludendo ovviamente i titoli di Stato, com'è sempre stato dichiarato; un allineamento della tassazione delle rendite finanziarie, quello sì a livello europeo, ossia al 20 per cento. Invece, qui, in modo proditorio - il Presidente della Repubblica se lo ritroverà tra qualche giorno sul suo tavolo senza mai averlo visto quando il decreto-legge è stato emanato - attuate un cambiamento così radicale e così rilevante.
Per non parlare di un altro atto in totale danno dei consumatori, dei risparmiatori e delle imprese, ossia la modifica retroattiva della prescrizione prevista per il cosiddetto anatocismo. Sull'anatocismo sono state emanate sentenze importanti da molto tempo e con un colpo di spugna, per fare un favore alle banche, adesso andate a sopprimere i legittimi diritti di tante persone, di tanti risparmiatori, di tante imprese, che si trovano sovraccaricate da interessi sugli interessi che, in base alla precedente legislazione, avevano diritto di chiedere di ritorno. Si tratta di regali alle banche, le quali, dopo, come si comportano? Infatti, signor Presidente, non posso dimenticare che con due provvedimenti - uno dei quali concerne l'addebito al conto economico di tasse anticipate che si trasformano in credito di imposta - le banche otterranno dei vantaggi. Può darsi, per Basilea 3 non lo so. Sicuramente la modifica della prescrizione dell'anatocismo avrà un effetto largamente positivo, visto i soldi che dovevano restituire. Tuttavia, si tratta di quelle stesse banche, signor Presidente, dove Corrado Passera in due anni ha incassato 50 milioni di euro di stock option e dove Profumo ha ricevuto un argent de poche di 40 milioni di euro nel momento in cui ha lasciato la presidenza. Noi a soggetti come questi facciamo regali come quelli contenuti in questo decreto-legge e in modo proditorio senza iscriverli nel decreto originario e facendoli trovare immediatamente al Presidente della Repubblica. Questo non è il modo corretto di lavorare perché il Parlamento è stato persino impossibilitato, sia al Senato che alla Camera, di discutere di un tema come questo.
Vorrei parlare anche di altre nefandezze che sono contenute nel decreto, molte delle quali inserite dopo. Tra queste, il regalo agli allevatori che hanno violato la legge sulle quote latte. Questa è perseveranza. Abbiamo tutti stigmatizzato già in passato, già una volta, il fatto che per fare un favore alla «stampella» del Governo, alla ruota di scorta del Governo, che è la Lega, voi fate un regalo a gente che ha violato la legge, mentre penalizzate quegli allevatori che si sono comportati in modo corretto e che hanno pagato le quote latte così com'era richiesto dalla legge. Quelli sono stati penalizzati, gli altri favoriti; gli illegali sono stati favoriti, le persone che sono vissute nella legalità sono state sbertucciate e prese in giro. Anche questo non è accettabile, signor Presidente.
C'è di più, una nuova «legge mancia» signor Presidente, con una dotazione di 170 milioni di euro che si disperderanno in mille rivoli sulla base delle clientele dei parlamentari; un'altra vergogna nazionale, 170 milioni di euro spesi in questo modo, dispersi, sprecati, e poi dite che non ci sono i quattrini per le non autosufficienze, non c'è un centesimo per le non autosufficienze ma inserite 170 milioni di euro nella vergognosa «legge mancia». Ecco cosa c'è in questo decreto milleproroghe.
Dei regali alle banche ho parlato, ma c'è una norma molto strana: l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni aveva chiesto esplicitamente che fosse prorogato il termine del divieto di incroci azionari tra imprese che operano nel settore della carta stampata e nel settore della radiotelevisione. Una ulteriore proroga sarebbe stata molto semplice, sarebbe stato sufficiente dire che il termine veniva prorogato, e invece no, avete scritto una norma che desta sospetti. Poiché credo sia lecito sospettare nel caso del Presidente del Consiglio, padrone di Mediaset, secondo taluni così come è stata riscritta tale norma rischia di aprire le porte alla Pag. 62possibilità che Mediaset aumenti ulteriormente il suo potere, pressoché monopolistico, attraverso l'acquisizione di giornali e, in particolare, di una testata importante come il Corriere della Sera.
Nuove tasse introdotte da quelli che dicono «noi non mettiamo le mani nelle tasche degli italiani» e invece voi continuate a metterle direttamente o a farle mettere da qualcuno per vostro conto. Penso alla tassa sulle calamità naturali, in un colpo solo buttate al vento il concetto di solidarietà nazionale, concetto sul quale si è sempre basata la convivenza e il progresso civile e sociale della nostra Italia. Nel 150o anniversario dell'Unità d'Italia buttate al vento uno dei principi su cui questa nazione si è costruita - il principio di solidarietà nazionale, che si estrinseca evidentemente proprio nel caso delle calamità - e di fatto andate ad imporre alle regioni di aumentare le tasse ai cittadini prima di poter usufruire eventualmente del Fondo nazionale.
C'è anche una nuova tassa sul cinema. Da chi verranno pagate le agevolazioni fiscali ai produttori cinematografici? Dagli spettatori. È straordinario questo risultato che avrà un effetto deprimente su tutta l'industria cinematografica, ma che permette di non intervenire ancora - come non avete fatto in passato - sulla cultura. La cultura che è il motore di qualunque nazione, la cultura sulla quale Germania e Francia non solo non hanno ridotto le risorse a disposizione del settore pubblico ma le hanno aumentate nella consapevolezza che la cultura è un moltiplicatore di crescita e voi qui, per mantenere delle agevolazioni fiscali, le fate pagare ai cittadini.
La sanatoria sulle affissioni selvagge dei manifesti: vivo in una zona del Paese dove in particolare la Lega Nord Padania è abituata a fare attività politica durante le elezioni cancellando vergognosamente e continuamente tutti gli spazi che toccano agli altri partiti (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e certamente otterrà da questa norma grandi vantaggi - anche altri partiti, per carità, credo che Roma sia un esempio emblematico di queste vicende - però ancora una volta un vantaggio a un pezzettino di casta, un vantaggio a quelli che invece di comportarsi nella legalità violano le norme e a cui diamo il solito condono.
Poi avevamo appena ottenuto una riduzione del numero dei consiglieri comunali. Pronti, ecco la norma per permettere ad alcuni di essere più uguali degli altri, per permettere ad alcuni di poter nuovamente avere un maggior numero di consiglieri, di assessori, con ulteriori aumenti dei costi della politica. Altro che riduzione dei costi e delle spese della politica! Lo stesso vale per le indennità ai consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane. Avevamo ottenuto una norma con un effetto straordinario. Sapete perché dico straordinario? Perché nella mia città, Verona, dopo che il gettone di presenza era stato tolto e la carica era diventata gratuita, chissà perché non si facevano più riunioni dei consigli di circoscrizione, non si riunivano più le commissioni circoscrizionali. Ciò perché l'unico vero motivo di sopravvivenza di una struttura assolutamente inutile, come le circoscrizioni, era quello di percepire il gettone di presenza. Adesso almeno ad una parte dei comuni italiani, alle città metropolitane, ridate immediatamente la possibilità delle indennità.
Poi vi è ancora la nuova vita alle società degli enti locali minori. Si era finalmente avviata una pratica, quella, perlomeno nei comuni con meno di trentamila abitanti, di far cessare l'assurdità di una società partecipata dal comune, mentre in quelli con meno di cinquantamila abitanti si era ridotta la possibilità ad una sola partecipazione. Ebbene, tutto è rinviato al 2013 e poi si vedrà, alla faccia degli sperperi di denaro pubblico.
Di fronte a queste nefandezze - a mio avviso naturalmente, a mio giudizio politico di parte, quindi posso accettare che chi dice che è per la spesa pubblica a qualunque costo faccia queste leggi (spesa pubblica che non è neanche produttiva, ma non importa) - noi avevamo cercato comunque con caparbietà e con volontà di intervenire sui contenuti. Pag. 63
Noi volevamo comunque discutere questo decreto-legge «milleproroghe», noi volevamo comunque migliorare le disposizioni contenute nel provvedimento ed abbiamo provato a farlo. Abbiamo provato con pochi emendamenti, ma di fatto non ci avete permesso di discuterne. Un emendamento, ad esempio, sopprimeva una disposizione che proroga il termine a partire dal quale dovevano entrare in vigore le norme in materia di rilascio della patente per la guida dei ciclomotori, che prevedevano l'obbligo del superamento di una prova pratica di guida. Addirittura il termine è ulteriormente prorogabile attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Sono anni, signor Presidente, che si chiede un intervento normativo volto a migliorare la sicurezza nella circolazione stradale.
L'ultima relazione al Parlamento sullo stato della sicurezza stradale, la quarta relazione al Parlamento presentata dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ci dice che gli incidenti degli utenti delle due ruote a motore, ciclomotori e motocicli, hanno determinato in un solo anno, il 2007, che era l'ultimo anno di riferimento, 1.540 morti, il 30 per cento del totale, 90.551 feriti, il 27,8 per cento del totale, un costo sociale di 8 miliardi 812 milioni, il 28,3 per cento del totale.
Siamo ad una relazione che conferma quanto grave sia una circolazione non disciplinata dei mezzi su due ruote.
Ad una richiesta proveniente dai genitori e da coloro che hanno visto il coinvolgimento di propri cari in incidenti gravissimi a causa di questi mezzi, voi è come se rispondeste che non ve ne importa poiché vi prendete un altro anno, in conseguenza del quale si potrebbero verificare altri 1.540 decessi accompagnati da 90.550 feriti, creando così - tanto non ve ne importa - un nuovo costo sociale equivalente a quasi 9 miliardi di euro: questo è il vostro modo di legiferare!
È un comparto in cui i morti sono stati in crescita negli anni. Ecco, questo è un esempio di cosa avremmo voluto cambiare nel testo che voi ci avete presentato, ma naturalmente non solo questo.
Vi sono anche svariati altri interventi per i quali avremmo voluto modificare le situazione da voi proposta. Per esempio, vi è un intervento che è sicuramente illegittimo. Vi ricordate la famosa tabella 1, quel piccolo elenco che stava nella vecchia legge finanziaria, poi diventata legge di stabilità e legge di bilancio? Vi era un piccolo elenco che qualcuno al Governo immaginava potesse essere molto generico e privo dell'indicazione della destinazione delle somme. Mi ricordo che prevedeva un miliardo di euro e, inizialmente, il Governo pensava di poter decidere circa le modalità attraverso cui sarebbe stato distribuito.
Ovviamente, il Presidente della Repubblica ha fatto sapere che un provvedimento del genere non l'avrebbe mai controfirmato. A seguito di quell'intervento siete stati obbligati a declinare le destinazioni specifiche per le somme che erano presenti in quella famosa tabella 1. Oggi la ricreate! Ricreate una tabella 1 riutilizzando somme non spese che erano destinate all'autotrasporto! Ripristinate una tabella 1 generica senza dare l'indicazione della destinazione delle somme. Un fatto non grave, gravissimo, che spero davvero il Presidente della Repubblica prenda in seria considerazione ed in serio esame.
Durante quel poco di discussione che si è svolta in Commissione e sulle linee generali vi sono stati dei colleghi i quali hanno sostenuto che noi volevamo spendere dei soldi: certo, per le persone non autosufficienti volevamo spendere dei soldi.
Se vi è qualcuno in quest'Aula che prova a dire che i non autosufficienti sono tutelati nel nostro Paese, credo dica una bestialità. Il Fondo nazionale per le non autosufficienze è indispensabile per garantire un'assistenza a 300 mila persone.
In questo momento in Italia vi sono 300 mila...

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, la prego di concludere.

ANTONIO BORGHESI. ... persone non autosufficienti.
Signor Presidente, mi permetta di concludere. Pag. 64
Evidentemente, non credo che sarebbe stata una spesa inutile e sbagliata come quella della legge Mancia. Per questo noi voteremo contro il provvedimento in esame e non daremo la fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Grazie onorevole Borghesi, anche per i trenta minuti precisi che ha utilizzato, più quei cinque secondi che la Presidenza le ha concesso.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, ancora una volta, nonostante ormai sia divenuta prassi, ci troviamo oggi a discutere di un decreto-legge milleproroghe, che purtroppo è divenuto un contenitore di disposizioni eterogenee, non tutte sicuramente sempre rispondenti alle necessità reali. E, tuttavia, pur se divenuta prassi pressoché consolidata, a noi non sembra più accettabile, rispetto alle problematiche che investono oggi l'Italia intera, che nei decreti-legge milleproroghe vengano inserite nuove disposizioni, anche queste del tutto eterogenee, di natura sostanziale e che non sempre presentano la comune finalità di prorogare dei termini stabiliti per legge.
Cito un esempio per tutti. Ci ritroviamo di fronte a disposizioni in materia di sistema bancario, in materia sociale e di lavoro. Vorrei chiedere al Governo e a coloro che hanno predisposto questo decreto-legge in che cosa consistano queste disposizioni e cosa hanno a che vedere le stesse con la proroga dei termini.
Inoltre, alcune proroghe, riferite ad esempio al cosiddetto bonus maturità e agli studi di settore, si rifanno a normative la cui efficacia non è ancora scaduta. Ed ancora, il decreto-legge, modificando sia in modo testuale che in via implicita disposizioni di recente approvazione, costituisce una modalità di produzione legislativa non conforme alle esigenze di stabilità, di certezza e di semplificazione della legislazione. È bene allora puntualizzare che anche il disegno di legge di conversione non è corredato, né della relazione sull'analisi tecnico-normativa né della relazione sull'analisi dell'impatto della regolamentazione.
Dopo questa dovuta premessa, giungo al merito di alcuni contenuti dello stesso provvedimento. Inizio - e sento doverosamente di farlo - dai cittadini del sud, in particolare della Calabria. Ancora una volta devo evidenziare l'ennesimo scippo e danneggiamento che viene arrecato al sud e - lo ribadisco - in particolare alla Calabria con questo decreto-legge milleproroghe. Ancora una volta gli alluvionati calabresi, infatti, sono considerati figli di un Dio minore. È inaccettabile che lo stanziamento di 200 milioni di euro per le alluvioni per il 2011-2012 siano suddivisi con il 75 per cento tutto e solo a favore del nord, mentre al sud l'attenzione cade soltanto sulla Campania e sui comuni della provincia di Messina, dimenticando che la Calabria in materia di dissesto idrogeologico è il luogo che presenta le maggiori sofferenze del nostro Mezzogiorno.
Un'ulteriore atto di ostilità nei confronti della Calabria è poi rappresentato dall'abolizione dell'emendamento bipartisan - e ribadisco bipartisan - approvato in Commissione bilancio al Senato, favorevole all'introduzione di facilitazioni fiscali e contributive a favore della gestione del porto di Gioia Tauro, un porto nevralgico quale punto di smistamento delle merci nel Mediterraneo.
Si tratta di un porto sul quale più volte è stata richiesta l'attenzione adeguata del Governo, ma in realtà tale attenzione non c'è neanche quando la stessa viene ribadita con l'approvazione di una proposta emendativa che è bipartisan, il che ne evidenzia quindi l'utilità. E ancora, questi reiterati e pesanti atti di ostilità, naturalmente confermano le numerose ingiustizie che già sono state attuate in danno del Mezzogiorno e, lo ribadisco, in particolare in danno della Calabria, con il FAS utilizzato per coprire le illegali quote latte Pag. 65della Padania e per pagare la CIG in deroga, per fronteggiare la gravità della situazione delle fabbriche del nord. E poi, di fronte a tutte queste ostilità, il Presidente del Consiglio ha anche il coraggio di telefonare nel corso delle convention regionali del PdL, per garantire ai calabresi la riforma della giustizia. Vorrei chiedere al Presidente del Consiglio se non ritenga più urgente garantire ai calabresi e alle regioni del Mezzogiorno d'Italia la giustizia sociale, che è quella veramente necessaria per considerare le regioni uguali e parte integrante della nostra Italia.
La penalizzazione della Calabria e del Meridione passa attraverso un'altra discriminazione, che nasce dal congelamento delle graduatorie ad esaurimento dei docenti precari inseriti proprio nel decreto milleproroghe in esame, nonostante il decreto ministeriale dell'8 aprile 2009 e la legge 24 novembre 2009, n. 167, ne prevedano l'aggiornamento. Questo congelamento produce un gravissimo danno nei confronti dei docenti precari in attesa di poter dichiarare i titoli di riserva acquisiti o riconosciuti nel periodo successivo all'ultimo aggiornamento. Si tratta di penalizzazioni che, non c'è dubbio, intervengono sulla giustizia sociale e sulla considerazione che anche i cittadini del Mezzogiorno d'Italia dovrebbero essere considerati parte integrante del contesto nazionale. E ancora vorremmo chiedere al Governo, che è l'estensore del provvedimento milleproroghe in esame e che si vanta così tanto di portare avanti la lotta al crimine organizzato, come mai attraverso l'articolo 1, comma 2-septies di questo provvedimento riproduce pressoché integralmente il contenuto del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 62, recante temporanea sospensione di talune demolizioni disposte dall'autorità giudiziaria in Campania. Nel ricordare che il relativo disegno di legge di conversione approvato dal Senato era stato respinto dall'Assemblea della Camera l'8 giugno 2010, a seguito dell'approvazione di una questione di pregiudizialità, vorrei chiedere: per garantire quale parte collusa con la camorra è stato reinserito il contenuto di questo decreto-legge e quindi il blocco delle demolizioni in Campania?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,30)

ANGELA NAPOLI. Noi sappiamo benissimo che quando sulle demolizioni interviene la magistratura non c'è solo un discorso di norme legislative defraudate, ma ci sono senz'altro gli interessi della criminalità organizzata. Questo non può passare così inosservato (questo reinserimento) in un provvedimento che - come dicevo prima - è diventato un provvedimento omnibus, nel quale sono state inseriti argomenti che nulla avrebbero a che vedere con provvedimenti di deroga e con gli interessi reali dei cittadini. Per non parlare poi del fatto che nell'ambito della sempre declamata lotta alla criminalità organizzata è stato previsto di tutto - ribadisco - in questo provvedimento, ma - guarda caso - non c'è stato nessun intervento che possa garantire le forze dell'ordine, le forze della sicurezza, quelle forze che quotidianamente sono chiamate a garantire la lotta al crimine e la sicurezza dell'intero Paese. Per non dire poi che non c'è stato alcun intervento in merito alla cultura, in merito al cinema, in merito al teatro. Non c'è niente di niente, non vi è nulla che dimostri come in realtà il Governo voglia puntare sulla cultura, l'elemento che dovrebbe rappresentare il motore principale di una nazione: infatti, senza incentivi alla ricerca l'Italia non può davvero diventare competitiva.
Inoltre c'è il tanto declamato, ma analogamente vituperato, problema della deroga dei termini per la media conciliazione. Qui c'è un discorso ben più ampio, perché anche in questo caso - ma lo dirò alla fine - si è verificato uno scippo rispetto alla volontà parlamentare manifestatasi attraverso l'approvazione di un emendamento, in maniera pressoché unanime al Senato. Intanto occorre ricordare che il decreto legislativo riferito alla media conciliazione va assolutamente modificato, credo che di questo se ne sia reso conto anche Pag. 66il Governo. Ebbene, in vista di queste modifiche la Commissione Giustizia del Senato aveva espresso all'unanimità il parere favorevole per la proroga di un anno del termine di entrata in vigore della obbligatorietà, termine che è stato fissato per il 21 marzo 2011. La conciliazione investirà obbligatoriamente, negli ambiti civilistici, settori economicamente e socialmente cruciali: condominio, locazioni, comparto assicurativo.
Il provvedimento sulla conciliazione obbligatoria presenta, però, numerosi elementi di preoccupazione che l'avvocatura italiana ha sottolineato, ponendo in evidenza numerosi profili critici della normativa attuativa della delega, sostenendo che la media conciliazione obbligatoria è palesemente incostituzionale, danneggia i cittadini e che il regolamento attuativo che la disciplina è da abrogare.
L'avvocatura ha, altresì, sottolineato che la direttiva europea che detta le linee da seguire in materia di giustizia civile prevede espressamente la facoltatività e non l'obbligatorietà della mediazione, così come avviene in tutti i Paesi dell'Unione europea.
Per tali ragioni, l'organismo unitario dell'avvocatura - si sa, è noto - ha presentato un ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, ma sta preparando un ulteriore ricorso alla Corte europea e azioni che si aggiungono anche ai ricorsi presentati autonomamente dagli avvocati.
Bisognerebbe, quindi, pensare che il Governo avrebbe dovuto sentire quanto meno il dovere - non parlo di obbligo, ma di dovere - di intervenire per correggere una misura che potrebbe avere ulteriori effetti negativi sulla già grave situazione in cui versa l'amministrazione della giustizia civile. Ma per poter effettuare un adeguato intervento è chiaro che sarebbe stata indispensabile una proroga almeno di un anno.
L'impegno del Governo di prorogare per ulteriori 12 mesi le disposizioni di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 2010, n. 28, al fine, appunto, di utilizzare questo ulteriore lasso di tempo per modificare gli aspetti critici della normativa, è venuto meno.
Allora, vorrei chiedere al Governo, come è possibile procedere alla revisione complessiva dell'applicazione e dell'istituto previsto dalla norma, rivalutando le materie per le quali può trovare applicazione, introducendo criteri precisi per l'individuazione della competenza territoriale degli organismi di conciliazione, eliminando l'obbligatorietà del procedimento di conciliazione, garantendo l'obbligatorietà dell'assistenza tecnica per l'oggetto del procedimento, la natura procedimentale dell'istituto e la funzione preliminare rispetto al procedimento dinanzi all'autorità giudiziaria.
Tuttavia, visto che l'intervento del Governo è già avvenuto pesantemente contro questa deroga, vorrei chiedere allo stesso dove sono i tempi e quali sono i modi per garantire la soluzione di queste situazioni. Come può, il Governo, prima dell'entrata in vigore della normativa in materia, avere il tempo per garantire la previsione dei requisiti di parificazione, di formazione della professionalità e la competenza per l'accesso all'albo dei mediatori? Come può prevedere la valorizzazione, la funzione ed il ruolo di terzietà del mediatore che dovrebbe facilitare la ricerca della soluzione, abolendo conseguentemente la facoltà di formulare una proposta contumaciale e, comunque, quando le parti non ne facciano richiesta?
Come può eliminare ogni contaminazione tra media conciliazione e processo, al fine di garantire gli istituti della mediazione e della conciliazione, così come disciplinati dal decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28?
Il parere unanime della Commissione giustizia del Senato è stato trasmesso al Governo attraverso un iter che prevedeva l'approvazione delle proposte emendative regolarmente presentate dai senatori al provvedimento «milleproroghe» e dichiarate ammissibili.
La richiesta è stata avanzata al Ministro della giustizia e alla richiesta del Parlamento si sono associate la posizione Pag. 67dell'organismo unitario dell'avvocatura italiana e le numerose associazioni forensi attraverso la definizione di sei punti.
È necessario ribadire, inoltre, che accanto a tali richieste - lo ripeto, del Senato, delle associazioni forensi e dell'organismo unitario dell'avvocatura italiana - si è aggiunto anche il presidente della corte d'appello di Lecce. Quest'ultimo, durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011, condivideva la convinzione degli avvocati secondo cui il tentativo di conferire obbligatorietà alla media conciliazione è destinato a naufragare clamorosamente, come già avvenuto per il tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di controversie di lavoro e di locazioni. Egli ha dichiarato di non volere avallare un approccio al problema che possa compromettere il diritto del cittadino al giusto processo, che, così com'è concepito, oltretutto, appare non corrispondente alle direttive europee.
Ebbene, il Ministro della giustizia, l'onorevole Alfano, nonostante fosse in presenza di questi documenti e di queste richieste, nonostante vi fosse anche una richiesta pressante che il mondo dell'avvocatura ha voluto rivolgere direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri, ha inteso, attraverso un colpo di mano, cedere ai poteri forti e ad alcuni ambienti ministeriali.
Che si possa parlare, di fatto, di cessione, si evince dal fatto che, nonostante al Senato la Commissione giustizia avesse approvato all'unanimità la deroga di 12 mesi per l'avvio dell'applicazione della norma, di fatto, però, durante una riunione notturna, due senatori, guarda caso conosciuti come molto vicini al Ministro Alfano, hanno inserito una nuova mozione attraverso la quale è previsto il rinvio di un anno dell'entrata in vigore della conciliazione, esclusivamente per le controversie condominiali e per quelle che riguardano incidenti stradali.
Tutto questo avviene all'interno di un provvedimento che, ormai è noto, per le scadenze, per l'iter, per le lungaggini che lo hanno visto bloccato o comunque in discussione al Senato, oggi è qui in Aula. E sappiamo benissimo che non ci saranno emendamenti di sorta che potranno ripristinare la garanzia del diritto civile, quella garanzia che viene invocata e richiamata costantemente dal Ministro della giustizia, ma che in realtà, nei fatti, non viene assolutamente posta in essere, e questo, naturalmente, con una ricaduta, in negativo, nei confronti dei cittadini.
Quando a qualsiasi cittadino viene vietata la possibilità di difesa, mi domando e domando quale garanzia può essergli data di considerarsi cittadino di una nazione che impegna il proprio status sul rispetto della legalità. Questo a meno che - e i fatti di questi giorni credo siano ormai conclamati di fronte a tutti gli italiani - ancora una volta, questo Governo non voglia procedere cercando di avviare procedimenti e norme legislative che finiscono con il tutelare non il comune cittadino, ma sempre ed esclusivamente i soliti personaggi.
Questo Governo, allora, dovrebbe anche avere una forza visto che ormai siamo di fronte a provvedimenti normativi rispetto ai quali l'opposizione non ha alcuna possibilità di inserire i propri emendamenti; l'opposizione non ha alcuna possibilità di considerare tutti i cittadini italiani uguali di fronte alla legge.
Invito, a questo punto, il Governo italiano ad adottare un provvedimento legislativo per cancellare la scritta presente nelle aule dei tribunali: la legge dovrebbe essere uguale per tutti. Ma, se la legge dovrebbe essere uguale per tutti, è inammissibile che non possa essere davvero tutelato il diritto del comune cittadino, del singolo cittadino.
Non prendiamoci più in giro: qui non è più un problema di crisi, non è più un problema di situazioni che investono questo o quel personaggio, qui siamo di fronte alle necessità dei cittadini italiani. Se queste necessità non vengono recepite nemmeno nei provvedimenti dove, di fatto, si inserisce di tutto e comunque quel tutto non va a tutelare la collettività italiana, allora possiamo chiederci: cosa ci stiamo a fare?

PRESIDENTE. La invito a concludere.

Pag. 68

ANGELA NAPOLI. Abbiamo il dovere di denunziare determinate cose - signor Presidente, mi avvio a concludere - ma abbiamo il dovere, proprio nel momento in cui l'Italia è chiamata a festeggiare il centocinquantesimo anniversario dell'unità, di considerare tutti i cittadini italiani uguali di fronte alla legge (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori perché le agenzie di stampa stanno battendo un comunicato del Presidente della Repubblica che, in sostanza, dichiara che questo decreto «milleproroghe» presenta delle caratteristiche di eterogeneità in contrasto con l'articolo 77 della Costituzione. Dichiara, altresì - come peraltro avevo anch'io espresso stamattina nella lettera aperta che avevo mandato al Presidente, e che ho letto nel mio intervento -, che vi sono norme che non sono state sottoposte al vaglio del Parlamento.
Signor Presidente, di fronte ad una situazione di questo tipo le chiedo una sospensione dei lavori della Camera, perché mi pare di capire che sia impensabile che venga persino posta la fiducia di fronte al fatto che il Presidente della Repubblica è stato molto chiaro nelle dichiarazioni che ha reso e nei comunicati diffusi nel pomeriggio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Adesso possiamo procedere in uno di questi due modi: dare la parola a tutti i gruppi in modo che ognuno possa esprimere le proprie valutazioni su un fatto oggettivamente rilevante e strettamente attinente all'agenda dei nostri lavori; l'altra possibilità è quella di attendere la conclusione della Conferenza dei presidenti di gruppo, perché credo che i gruppi siano stati avvisati e che la Conferenza dei presidenti di gruppo si svolga esattamente su questo tema. Per cui, se siamo d'accordo, adesso andrei avanti, e rimanderei la discussione.

MICHELE VENTURA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, sono per sostenere la seconda delle ipotesi che lei ha rappresentato all'Assemblea e, quindi, per sospendere i lavori dell'Aula in attesa della conclusione della Conferenza dei presidenti di gruppo. Questo mi sembra il modo più serio, perché, da quello che si apprende dalle agenzie, il rilievo del Presidente della Repubblica è di quelli che possiamo definire di fondo, che riguardano cioè tutta la struttura del provvedimento. Per cui, saggezza vorrebbe che attendessimo la conclusione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

PRESIDENTE. Mi domando se questa sia una posizione sostenuta anche da altri, perché l'alternativa sarebbe continuare i lavori per poi, quando conosceremo l'esito della Conferenza dei presidenti di gruppo, eventualmente sospenderli.

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, anche noi abbiamo appreso con la dovuta importanza i rilievi - annunciati dalle agenzie - del Capo dello Stato. D'altra parte, in questa vicenda, le violazioni del corretto procedimento legislativo sono numerose, e sono anche note perché appartengono ad una prassi parlamentare censurata in altre occasioni, anche in messaggi del Capo dello Stato e, comunque, in valutazioni fatte dal Presidente della Camera. Vi è, dunque, una consistenza di questo argomento favorevole ad una migliore valutazione.
Non so se debba essere la Conferenza dei presidenti di gruppo la sede giusta, in Pag. 69ogni caso, inviterei la Presidenza a investire il Governo circa una sua posizione in ordine anche alla conduzione dei lavori che, francamente, meriterebbero una ridefinizione, perché se non si vuole andare incontro così allegramente ad un possibile conflitto, sia pur di ordine politico, sarebbe necessario riorganizzare e avere il tempo necessario per valutare un'altra organizzazione dei lavori, eventuali correzioni ed eventuali rimedi. In tal senso, dunque, la pregherei di attivarsi.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Presidente Bruno, ci illumini, perché il caso, effettivamente, è un po' difficile.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, anch'io ho letto il comunicato del Presidente della Repubblica. Mi sia consentito affermare, con tutto il rispetto che dobbiamo al Presidente della Repubblica, che fare un comunicato, nel momento in cui il Parlamento si sta esprimendo e sta valutando anche le pregiudiziali di costituzionalità credo faccia sorgere la necessità di fare forse qualche riflessione in più sulla sovranità del Parlamento, che viene da tutti i gruppi sempre richiamata.
Per quanto attiene, invece, al merito che a me sembra di aver colto nelle dichiarazioni fatte dal Presidente della Repubblica, sappiamo che al Senato, proprio in virtù del Regolamento - che ha una valenza pari alla Costituzione -, il fatto che senatori (nel caso di specie) e il Governo allarghino le maglie del provvedimento che è stato firmato dal Presidente della Repubblica è una prassi consolidata e gridare oggi allo scandalo a me sembra fuori luogo.
Pertanto, credo che dobbiamo andare avanti con i nostri lavori, giacché ritengo che l'Aula sia sovrana, dopodiché ognuno si assume le proprie responsabilità in riferimento ai voti sia sulla questione pregiudiziale, sia sul merito del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, mi ha molto colpito l'argomentare del presidente Bruno. Praticamente si coglie il Presidente della Repubblica in fallo. Invece, mi pare che, a cominciare dal Comitato per la legislazione di questo ramo del Parlamento, è stato tutto un susseguirsi di argomentazioni approfondite rispetto al procedere di questo decreto-legge.
Presidente Bruno, è stata inserita al Senato una parte che riguarda le banche che avrebbe richiesto, secondo me, un decreto-legge apposito del Governo, chiamando le cose con il loro nome e non facendole passare alla chetichella. Al Senato quella parte non è mai passata neanche dalla Commissione, è andata direttamente al voto di fiducia e viene ribaltata qui con un altro voto di fiducia perché, come è noto, chi ha partecipato ai lavori delle Commissioni riunite sa che non si è potuto entrare nel merito di nulla.
Adesso si eccepisce che il Capo dello Stato starebbe dicendo la sua mentre noi stiamo elaborando, ma che cosa? Ci stiamo prendendo in giro, non stiamo elaborando una procedura legislativa che sia trasparente. Qui c'è tutto il contrario della trasparenza: si è utilizzato questo veicolo, avviato nel 2005, che certo non è un inno alla trasparenza legislativa anche per chi lo ha reiterato (vedi Prodi nei due anni della sua permanenza).
Tuttavia, detto questo, si procede con questa incidenza, richiamando gli altri poteri dello Stato, i quali hanno delle responsabilità - perché questo è un decreto-legge e non un disegno di legge qualsiasi. Andate avanti e fate anche la morale. Ci fate anche la lezione. È davvero inaccettabile questo atteggiamento: fatevi un esame di coscienza prima di parlare a vanvera, scusatemi (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Partito Democratico).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

Pag. 70

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, lei chiede di parlare, ma sto dando la parola ad un rappresentante per gruppo, secondo una consolidata tradizione...

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, tornando al punto, credo che la sovranità del Parlamento si possa anche esprimere in una pausa, così come è stata richiesta, che mi sembra assolutamente ragionevole data la situazione. Si tratta di attendere una manciata di minuti per capire le determinazioni della Conferenza dei presidenti di gruppo. Successivamente affronteremo anche le questioni di merito sollevate dagli interventi del presidente Bruno e dell'onorevole Tabacci, ma credo che, in piena sovranità, sarebbe ragionevole accedere alla richiesta di una pausa.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei sapere se le considerazioni fatte dal presidente della I Commissione Bruno possono aprire un dibattito diverso da quello che si era aperto perché egli ovviamente interviene come presidente della Commissione e si assume anche la responsabilità di ciò che dice. A prescindere dal merito, è utile che chi magari ascolta sappia che il Presidente della Repubblica non ha fatto un comunicato stampa, ma egli - come credo che per prassi ripetutamente accade - ha scritto al Governo. Se poi quello che il Presidente della Repubblica scrive al Governo finisce sulle agenzie di stampa non è ovviamente un problema né del Presidente della Repubblica né di chi parla.
Lo dico perché altrimenti dalle parole del presidente Bruno sembrava che chissà cosa avesse fatto il Presidente della Repubblica, un comunicato stampa su quello che sta accadendo in quest'Aula. Penso che la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo in corso probabilmente sta facendo un'analisi su ciò che il Presidente della Repubblica ha scritto al Governo e che, per carità, molto più umilmente qualcuno di noi e di coloro che sono intervenuti in queste ore ha ripetutamente segnalato. Detto tutto ciò, signor Presidente, penso che anche per chi deve intervenire, visto che siamo in una fase di discussione, sia importante sapere le decisioni della Conferenza dei capigruppo. Signor Presidente, questa è la ragione del mio richiamo al Regolamento e la proposta che le faccio è in questi termini: poiché la Conferenza dei presidenti di gruppo non sta discutendo di materia estranea o di questioni estranee a quanto stiamo qui decidendo, penso che sarebbe molto utile anche per chi deve intervenire nel prosieguo del dibattito - di ciò che è rimasto visto che ce lo hanno tagliato - farlo sapendo quali sono le decisioni che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha assunto.
Quindi, a questo riguardo, ovviamente mi rimetto a qualunque sia la sua decisione, le vorrei sottoporre la mia proposta con il massimo rispetto e con la piena condivisione di quella che sarà la sua decisione. Visto che non è una richiesta strumentale, ma è una richiesta legata a cercare di capire cosa si sta decidendo nella Conferenza dei presidenti di gruppo, le faccio la formale richiesta di mettere ai voti la proposta di sospensione della seduta fino a che non sia conclusa la Conferenza dei presidenti di gruppo e non sappiamo come evolva il dibattito nel merito di quello che ovviamente la Conferenza dei presidenti di gruppo sta decidendo.
Ripeto che non c'è nulla di strumentale. Come lei sa perfettamente, la maggioranza ha tutte le possibilità di tagliare tutto ciò che vuole. In questa occasione, per chi parla e per noi che dobbiamo andare avanti non è del tutto marginale quello che, alla luce delle parole del Presidente della Repubblica, sta decidendo la Conferenza dei presidenti di gruppo. Per Pag. 71questo, la prego, se non ci fosse l'unanimità da parte di tutti i gruppi, se lei lo ritiene opportuno, di mettere ai voti la richiesta di sospensione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

LUCIANO DUSSIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Onorevole Luciano Dussin, la pregherei di esprimere anche il parere del suo gruppo sulla richiesta formalmente avanzata.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, intervengo semplicemente per concordare con quanto ha proposto il presidente Bruno. Anche noi siamo dell'avviso che sia il caso di continuare la discussione ed eventualmente, quando la Conferenza dei presidenti di gruppo sarà terminata, se dovesse aprirsi un altro percorso ne prenderemo atto, ma solo in quel momento.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo molto brevemente e solo ed esclusivamente a titolo personale. Di solito non leggo mai le agenzie di stampa, però vorrei far presente nel dibattito anche la mia opinione personale in merito alla sospensione, a seguito del fatto che proprio qualche minuto fa, più o meno quattro minuti fa, è stato reso noto che la Presidenza del Consiglio condivide le osservazioni di metodo formulate dal Presidente della Repubblica. Quindi, vista la forma sulla quale il Presidente della Repubblica si era concentrato e vista la condivisione del Governo, ovviamente penso che sia inutile fare degli atti di eroismo che, a quanto pare, sembrano inutili anche da parte del Presidente del Consiglio.

JOLE SANTELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, non credo che per la prosecuzione dei lavori di questa Assemblea sia necessario il rientro immediato di tutti i parlamentari per giungere ad un voto che dovrebbe essere di sconfitta o di vittoria a seconda di chi riuscirà ad arrivare prima in Aula.
In questo caso, il buon senso dovrebbe guidarci. Sappiamo tutti che la Conferenza dei presidenti di gruppo è riunita, fra poco ne apprenderemo le determinazioni. La decisione che, quindi, dobbiamo assumere è semplicemente se sospendere i nostri lavori e attendere le suddette decisioni o proseguire con un dibattito che, in ogni caso, andrà svolto. Sinceramente non credo che i colleghi che ancora devono intervenire abbiano bisogno alcuno di sapere in anticipo le decisioni della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Credo dovremmo affidarci esclusivamente al buon senso e non semplicemente effettuare la verifica dei numeri per constatare chi riesca ad avere più persone in Aula per votare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, avendo ampiamente ascoltato, non abbiamo proceduto ai consueti interventi uno a favore ed uno contro, perché, essendo praticamente in chiusura la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, mi sembra inutile sospendere i lavori. Invece, credo sia interessante ed utile andare avanti per quel poco tempo che ci separa dall'arrivo del Presidente della Camera qui in Aula per renderci noto ciò che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha deciso. In quel momento, poi, ognuno potrà condurre una discussione più informata sulle prospettive che si aprono.
Desidero esprimere tutta la mia stima nei confronti del presidente della Commissione, le cui valutazioni, tuttavia, impegnano soltanto la sua responsabilità, almeno per quanto riguarda le valutazioni sull'operato del Capo dello Stato, che non sono condivise dalla Presidenza dell'Assemblea.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

Pag. 72

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, le concedo la parola, ma questa discussione è chiusa...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, le faccio presente una questione e le formulo un quesito dal punto di vista dell'organizzazione dei lavori a seguire prima che il collega di turno prenda la parola. Occorre rilevare che non siamo più in sede di discussione sulle linee generali, ma semplicemente stiamo attuando la coda di tale discussione, perché c'è il diritto di ciascun gruppo di svolgere un intervento di mezz'ora sulle questioni discusse nella fase della discussione sulle linee generali.
Dico ciò non per lei, che ha perfettamente condotto i lavori dell'Assemblea, ma per la collega Santelli, la quale prima ha votato per il taglio della discussione e adesso ci dice che la discussione deve continuare. No, la maggioranza ha già chiuso la discussione, imponendoci di non svolgerla! Quindi, evidentemente prima che prenda la parola un collega che parlerà mezz'ora (ogni esponente di ciascun gruppo dell'opposizione, infatti, tanto parlerà), le rivolgo una richiesta, signor Presidente, dal momento che credo la Conferenza dei presidenti di gruppo si sia da poco conclusa o si stia per concludere. Eventualmente, se il Presidente della Camera volesse direttamente venire in Aula a riferirci sulla conclusione della suddetta riunione forse sarebbe meglio che ciò avvenga prima che il collega prenda la parola per mezz'ora, altrimenti il Presidente dovrebbe aspettare la conclusione dell'intervento.
Siccome mi sembra una questione di una certa rilevanza proporrei, sempre che lei lo ritenga opportuno, di attendere che il Presidente della Camera riferisca per poi riprendere la discussione secondo il Regolamento, che consente ad un rappresentante per ciascun gruppo di parlare per mezz'ora dopo la chiusura anticipata della discussione operata dalla maggioranza parlamentare.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, chi prenderà la parola ha il diritto, ma non il dovere, di parlare per 30 minuti. Quindi, dobbiamo affidarci alla discrezione di ciascuno riguardo all'uso del tempo che gli è attribuito. Colgo l'occasione per precisare anche un'altra cosa: il Presidente della Repubblica non ha comunicato alla stampa la sua posizione, ma l'ha resa nota al Capo del Governo con lettera di cui è stata poi data notizia attraverso un comunicato.
Sta arrivando il Presidente della Camera. Pertanto, la difficile decisione se dare o meno la parola ci è risparmiata dai fatti.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 18,10).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di prestare un attimo di attenzione.
Ho testè dato lettura alla Conferenza dei presidenti di gruppo di una lettera che il Capo dello Stato ha inviato quest'oggi al Presidente del Consiglio e ai Presidenti del Senato e della Camera. Ritengo opportuno e necessario darne lettura integrale ai membri della Camera dei deputati. Avviso sin d'ora che al termine della lettura, in conformità ad una costante prassi, non consentirò interventi aventi ad oggetto la lettera del Capo dello Stato e ciò in ossequio ai principi costituzionali che definiscono la posizione del Presidente della Repubblica nel nostro ordinamento.
La lettera così recita: «Onorevoli Presidenti, ho attentamente esaminato i contenuti delle modifiche e delle aggiunte apportate nel corso dell'esame al Senato al disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle famiglie e alle imprese.
Devo, innanzitutto, osservare che il disegno di legge di conversione del decreto-legge Pag. 73è stato presentato dal Governo al Senato il 29 dicembre 2010 e assegnato alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio il 7 gennaio 2011. L'esame in sede referente, iniziato il successivo 19 gennaio, si è concluso l'11 febbraio con l'approvazione di 104 emendamenti. Nello stesso giorno è iniziato l'esame in Assemblea che si è concluso mercoledì 16 febbraio, con l'approvazione del maxiemendamento presentato dal Governo sul quale è stata posta la questione di fiducia che riproduce il testo delle Commissioni con l'aggiunta di numerose altre disposizioni.
L'esame in prima lettura ha, dunque, consumato 50 dei 60 giorni tassativamente previsti dalla Costituzione per la conversione in legge dei decreti-legge, nonostante che l'esame nell'Assemblea del Senato si sia concentrato in pochi giorni.
A seguito delle modifiche apportate dalle Commissioni del Senato e dal Governo con il successivo maxiemendamento al testo originario del decreto-legge, costituito da quattro articoli di cui il terzo relativo alla copertura finanziaria e il quarto all'entrata in vigore e 25 commi, sono stati aggiunti altri cinque articoli e 196 commi. Molte di queste disposizioni, aggiunte in sede di conversione, sono estranee all'oggetto quando non alla stessa materia del decreto, eterogenee e di assai dubbia coerenza con i principi e le norme della Costituzione. Ciò è avvenuto nonostante l'intendimento manifestato dal Governo al Capo dello Stato, in sede di illustrazione preventiva del provvedimento d'urgenza poi confermato con l'approvazione del testo da me successivamente emanato, di limitare a soli tre mesi le proroghe non onerose di termini in scadenza al 31 dicembre 2010, rendendo facoltativa la ulteriore proroga al 31 dicembre 2011 di quei termini e degli altri indicati in apposita tabella attraverso l'eventuale adozione di uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nonché di prevedere pochi e mirati interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.
È appena il caso di ricordare che questo modo di procedere, come ho avuto modo in diverse occasioni di far presente fin dall'inizio del settennato ai Presidenti delle Camere e ai Governi che si sono succeduti a partire dal 2006, si pone in contrasto con i principi sanciti dall'articolo 77 della Costituzione e dall'articolo 15, comma 3, della legge di attuazione costituzionale n. 400 del 1988, recepiti dalle stesse norme dei Regolamenti parlamentari.
L'inserimento nei decreti di disposizioni non strettamente attinenti ai loro contenuti, eterogenee e spesso prive dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, elude il vaglio preventivo spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione dei decreti-legge. Inoltre, l'eterogeneità e l'ampiezza delle materie non consentono a tutte le Commissioni competenti di svolgere l'esame referente richiesto dal primo comma dell'articolo 72 della Costituzione e costringono la discussione da parte di entrambe le Camere nel termine tassativo di 60 giorni. Si aggiunga che il frequente ricorso alla posizione della questione di fiducia realizza un'ulteriore pesante compressione del ruolo del Parlamento.
Tali considerazioni sono state da me ribadite ancora di recente con la lettera in data 22 maggio 2010, inviata in occasione della promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, in materia di incentivi, recante le norme antievasione di contrasto alle cosiddette frodi carosello.
Sono consapevole che un'eventuale decisione di avvalermi della facoltà di richiedere una nuova deliberazione alle Camere del disegno di legge in esame, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione, per il momento in cui interviene a seguito della pressoché integrale consumazione da parte del Parlamento dei termini tassativamente previsti dall'articolo 77 della Costituzione potrebbe comportare la decadenza delle disposizioni contenute nel decreto-legge da me emanato, nonché di quelle successivamente introdotte in sede di conversione, ed è questa la ragione per la Pag. 74quale vi sono solo due precedenti in cui tale facoltà è stata esercitata nei confronti di disegni di legge di conversione dei decreti-legge, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 360 del 1996 che ha ritenuto, di norma, costituzionalmente illegittima la reiterazione dei decreti-legge. Entrambi i precedenti da parte del Presidente Ciampi che, in data 29 marzo 2002 e 3 marzo 2006, chiese una nuova deliberazione alle Camere sulle leggi di conversione dei decreti-legge 25 gennaio 2002, n. 4, e 10 gennaio 2006, n. 2. Devo osservare peraltro che l'ordinamento prevede la possibilità di ovviare a tali inconvenienti attraverso sia la regolamentazione con legge dei rapporti giuridici sorti sulla base del testo originario del decreto, sia la riproposizione in uno o più provvedimenti legislativi, anche d'urgenza, di quelle disposizioni introdotte in sede di conversione che si ritengano conformi ai principi costituzionali.
Inoltre, allorché, come in questo caso, la decadenza del decreto-legge sia riconducibile al rinvio del disegno di legge di conversione in legge, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione, anziché alla mancata conversione da parte delle Camere nei termini stabiliti dall'articolo 77, ritengo possibile anche un'almeno parziale reiterazione del testo originario del decreto.
Ho ritenuto di dovervi sottoporre queste considerazioni perché, a mio avviso, non mancherebbero spazi attraverso una leale collaborazione tra Governo e Parlamento, da un lato, e tra maggioranza e opposizione, dall'altro, per evitare che un decreto-legge, concernente essenzialmente la proroga di alcuni termini, si trasformi sostanzialmente in una sorta di nuova legge finanziaria dai contenuti più disparati.
Mi riservo altresì, qualora non sia possibile procedere alla modifica del testo del disegno di legge approvato dal Senato, di suggerire l'opportunità di adottare successivamente possibili norme interpretative e correttive qualora io ritenga, in ultima istanza, di procedere alla promulgazione della legge.
Devo infine avvertire che, a fronte di casi analoghi, non potrò d'ora in avanti rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio anche alla luce dei rimedi che l'ordinamento prevede nella eventualità della decadenza di un decreto-legge, come ho sopra ricordato. Con viva cordialità».
Alla luce di quanto contenuto nella lettera del Capo dello Stato, la Presidenza sospende i lavori che riprenderanno domani mattina alle ore 9.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 23 febbraio 2011, alle 9:

(ore 9 e dopo i punti 2 e 3)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate e per il seguito dell'esame):
S. 2518 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie (Approvato dal Senato) (C. 4086).

(ore 10,30)

2. - Informativa urgente del Governo sugli sviluppi della situazione in Libia.

(ore 15)

3. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 18,20.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 4086 - Chiusura d.g. 551 551 276 290 261 22 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.