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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 429 di giovedì 3 febbraio 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9.

MIMMO LUCÀ, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sugli sviluppi della situazione in Egitto (ore 9,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sugli sviluppi della situazione in Egitto.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro degli affari esteri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli affari esteri, Franco Frattini.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, certamente in questo momento è particolarmente utile fare il punto assai di frequente con il Parlamento sulla situazione di alcuni Paesi della riva sud del Mediterraneo. Il quadro dei fatti è in evoluzione continua; giorno dopo giorno si verificano accadimenti che meritano un'informativa costante, ma anche proposte e riflessioni operative. Il tema dell'Egitto è divenuto, nelle ultime settimane, un punto chiave dell'azione di politica estera per il Governo italiano così come per molti Governi europei che vedono, giustamente, nell'Egitto una delle chiavi per la stabilità dell'intero Medio Oriente e, certamente, del bacino mediterraneo. Ho avuto, in queste ore, occasioni frequenti di confronto, in primo luogo, chiaramente, con i colleghi europei; l'Egitto è stato uno dei primi punti all'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri degli esteri europei il 31 gennaio scorso. Ieri ho avuto delle conversazioni, in primo luogo con il neonominato vicepresidente dell'Egitto, Omar Suleiman, e altrettanto interessante è stato sicuramente il colloquio che ho avuto con il segretario generale della Lega Araba, l'egiziano Amr Moussa. Ho confrontato queste valutazioni con il Dipartimento di Stato statunitense e con alcuni colleghi arabi particolarmente interessati alla vicenda egiziana, in primo luogo il Ministro degli esteri degli Emirati Arabi Uniti ed oggi, nel pomeriggio, avrò un colloquio con il Ministro degli esteri Pag. 2dell'Arabia Saudita, Al Faisal. Penso sia utile anche dire che vi è, in queste ore, uno stretto coordinamento tra Capi di Governo in vista del Consiglio europeo di domani che avrà l'Egitto come punto aggiunto all'ordine del giorno oltre alle questioni economiche.
Desidero, quindi, iniziare questo mio intervento, mettendo al corrente il Parlamento sui contenuti del colloquio di ieri con il vicepresidente egiziano, generale Suleiman. In primo luogo, gli ho manifestato la calorosa vicinanza dell'Italia al popolo egiziano, un popolo che sta chiedendo diritti, libertà, che attraversa un momento di difficoltà. Ho sottolineato la piena disponibilità dell'Italia a favorire ed incoraggiare una transizione libera e pacifica, facilitando, ovviamente, quelle riforme costituzionali che potranno soddisfare le aspirazioni legittime - occorre dirlo con forza - del popolo egiziano. Il vicepresidente mi ha indicato le prossime mosse del Governo egiziano; ha predisposto una road map diretta a garantire la transizione pacifica del Paese verso un nuovo assetto costituzionale.
Vi sono tre obbiettivi per la road map immaginata dall'Egitto. In primo luogo, evitare il vuoto di potere; in secondo luogo, scongiurare la conseguenza del rischio del caos incontrollato o, peggio, di una situazione prodromica ad una vera e propria guerra civile (avete visto gli scontri di ieri sera tra opposte fazioni all'interno di una grande piazza de Il Cairo); infine, la ricerca di un accordo politico con tutti i partiti per assicurare le riforme necessarie.
Nelle parole del vicepresidente Suleiman, il principio che deve ispirare la transizione deve essere esattamente il dialogo con le opposizioni, in modo da riportare al più presto la calma e porre fine alle proteste ed anche alle violenze che, purtroppo, ieri hanno provocato, negli scontri tra opposte fazioni, molti e molti feriti.
Certamente, il Governo egiziano intende perseguire un accordo con quei partiti che oggi, in parte, non sono legittimati ad avere accesso in Parlamento - alcuni sono stati esclusi dal sistema costituzionale - e intende adottare, nella citata road map, delle modifiche costituzionali e legislative che assicurino la più ampia rappresentatività politica.
Il punto che mi sembra più interessante ancora della descrizione, che mi è stata fatta del progetto che Suleiman intende negoziare con le opposizioni, è che vi è l'intenzione che le riforme costituzionali e le riforme del sistema elettorale siano soggette ad un referendum popolare generale. Il popolo egiziano tutto sarà chiamato a votare sull'approvazione, o meno, di un pacchetto di riforme che conterrà la nuova Costituzione, o le modifiche alla Costituzione stessa, ed esso costituirà la base e il nuovo sistema per le prossime elezioni. Questo significa che le elezioni dovranno essere aperte ad un confronto tra molti candidati e che, come è evidente, spetterà, poi, al popolo egiziano scegliere il prossimo Presidente.
Il vicepresidente Suleiman ha chiesto all'Italia, ci ha chiesto di farci da tramite per il sostegno di questa road map verso l'Europa. L'attuazione di essa, a suo dire, consentirebbe all'Egitto di uscire dalla crisi; inoltre, egli ha garantito ed assicurato, malgrado le difficoltà di cui tutti sono consapevoli, che il Governo si adopererà per risolvere i problemi causati dalle devastazioni provocate dagli scontri tra fazioni, invitando i Paesi amici a sostenere il popolo egiziano.
Resta da vedere, chiaramente, se la road map proposta dal Presidente dell'Egitto e negoziata dal vicepresidente sarà sufficiente a placare le proteste. Finora, il rimpasto governativo e l'annuncio di Mubarak di non ricandidarsi non hanno sortito questo effetto. La piazza continua ad invocare a gran voce le dimissioni di Mubarak; un'altra parte della piazza, ieri, è intervenuta a difesa del Presidente, ma la gran parte del Paese ha, certamente, un forte desiderio di ritorno alla normalità. Vi sono larghissime aree del Paese, dove i servizi normali per i cittadini non funzionano.
Questa è una grande sfida per l'Egitto. L'Egitto di oggi può permettersi, di certo Pag. 3imponenti manifestazioni, come la manifestazione pacifica che abbiamo visto due giorni fa, con 2 milioni di persone. Credo che l'Egitto non possa permettersi - e non possiamo permettercelo nemmeno noi - il ritorno alle violenze e la situazione di caos.
Certamente la ricerca del dialogo è fondamentale, ma preoccupano molto fortemente gli scontri di ieri, che rendono difficile la ricerca di soluzioni condivise. Ciascuno deve essere protetto nel suo diritto di manifestare pacificamente. Io credo che sia fondamentale questo punto, ossia che l'Esercito garantisca il diritto pacifico di manifestare.
L'Italia condanna con forza - lo abbiamo visto alla televisione e ne abbiamo avuto notizia - le violenze e le intimidazioni contro giornalisti di tutti i Paesi, nonché gli episodi che starebbero a indicare presenze di infiltrati, di provocatori nella folla, magari per incitare situazioni davvero terribili, prodromiche ad una guerra civile.
Credo che i manifestanti di due giorni fa, che sono scesi in piazza pacificamente per la libertà e la democrazia, abbiano dato un buon esempio e noi contiamo che certamente queste manifestazioni pacifiche continuino ad essere il fulcro della transizione libera dell'Egitto e che non si sconfini, di nuovo, nello spargimento di sangue e nella violenza.
Seguiamo anche gli sviluppi del confronto politico interno all'Egitto. I movimenti di opposizione sembrano aver concluso un accordo cui partecipa anche il movimento dei cosiddetti Fratelli musulmani, identificando in El Baradei l'uomo da proporre come interlocutore unico per il negoziato e per il confronto.
Crediamo fortemente che il contributo dell'Italia e dell'Europa debba essere a vario titolo. L'Egitto è un Paese chiave per la stabilità regionale ed evidentemente deve continuare ad esserlo. Abbiamo assunto delle iniziative nazionali, come Italia. Siamo purtroppo a constatare il fallimento di una iniziativa europea che avrebbe potuto essere, in questo momento, particolarmente utile, l'Unione per il Mediterraneo, che non è stata finora in grado di dare alcun tipo di risultato concreto. Per dare un contributo alla situazione attuale l'Italia ha assunto quest'anno la presidenza di un esercizio euromediterraneo importante, il «5+5», che raccoglie cinque Paesi della riva nord del Mediterraneo, Paesi europei, e cinque Paesi della riva sud. Convocheremo una riunione di Ministri degli esteri del «5+5» a Napoli in aprile e questa riunione sarà estesa a quello che è un altro esercizio importante, il Forumed, un foro politico di collaborazione euromediterranea a cui partecipa anche l'Egitto e di cui pure l'Italia ha assunto la Presidenza quest'anno. Quindi, a Napoli in aprile riuniremo questi due esercizi a livello ministeriale per fare, per la prima volta, finalmente il punto tra Paesi del sud e del nord del Mediterraneo e riuniremo una conferenza delle società civili del Mediterraneo. Ognuno di questi Paesi ha libere espressioni della società civile, del mondo accademico e del mondo sociale e crediamo che i rappresentanti di queste società civili possano confrontarsi con i Ministri in questa che sarà una due giorni di confronto importante per fare il punto sulle prospettive e sulla situazione non solo dell'Egitto, ma dell'intero bacino mediterraneo attraversato, evidentemente, da un moto nuovo e forte di domanda di democrazia e di libertà. Questa è una linea che l'Unione europea condivide e incoraggia.
Il documento europeo - che è stato approvato il 31 gennaio scorso e che è il frutto di una lunga discussione tra ventisette Paesi con sensibilità diverse e anche con conoscenza diversa delle problematiche mediterranee - ha comunque trovato un consenso su due esigenze fondamentali.
La prima è quella di dare pieno sostegno alle legittime aspirazioni democratiche del popolo egiziano, senza interferenze di tipo paternalistico. Qualcuno ha giustamente detto che non possiamo decidere a Bruxelles o nelle capitali cosa è bene per il popolo egiziano, lo sceglierà il popolo egiziano, ma abbiamo, pur tuttavia, esortato - questo sì - a mantenere il dialogo con le opposizioni e con la società civile, tutelando Pag. 4anzitutto le grandi libertà che, in questi momenti, possono essere a rischio: la libertà di espressione e la libertà di manifestazione.
La seconda grande esigenza è quella di stabilità. Ne ho già parlato. Tutta l'Europa è consapevole che la violenza e il caos non solo non agevolerebbero l'affermazione delle forze democratiche, ma rischierebbero di essere utilizzati dalle forze del radicalismo e del fondamentalismo. Questo è il concetto principale su cui l'Europa si è attestata.
L'Egitto è, tra l'altro, un interlocutore fondamentale nel processo di pace in Medio Oriente. Il rischio di una deriva verso posizioni fondamentaliste va scongiurato, nell'interesse di tutti. In Medio Oriente, onorevoli parlamentari, i «salti nel buio» possono essere davvero pericolosi. Ecco perché abbiamo chiesto che il rappresentante del quartetto, l'ex Primo Ministro Tony Blair, possa trasmettere il messaggio che la situazione attuale, sommata alla chiusura della frontiera tra Egitto e Striscia di Gaza, rende urgente un accresciuto ruolo dell'Unione europea, anche nella gestione dei traffici nei valichi. Questo è un tema particolarmente spinoso e riteniamo che il rappresentante del quartetto possa aggiungere la sua voce a quella dell'Unione europea per far comprendere come davvero sia cruciale la stabilità egiziana.
Un altro punto nelle conclusioni del Consiglio che mi sta particolarmente a cuore - ad onor del vero, avevo sottolineato molte volte, anche prima dello scoppio della situazione di crisi, la necessità di approfondire questo punto - riguarda l'impegno europeo - che oggi è diventato un dovere morale anzitutto, oltre che politico - di fornire assistenza all'Egitto e a tutti i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, per accompagnarne i processi di modernizzazione e di democratizzazione.
I ventisette hanno deciso di mobilitare, rivedere e adattare gli strumenti esistenti per sostenere le riforme politiche, economiche e sociali. Questo è un punto importante. Lo avevo fatto io personalmente più volte, richiamando lo scarso utilizzo e la scarsissima dotazione finanziaria di quello strumento europeo - che pure esiste - che si chiama proprio strumento per la promozione della democrazia e dei diritti umani.
Gli onorevoli deputati forse sanno che il budget complessivo di questo strumento per il 2011, per l'intero Mediterraneo, è di appena 147 milioni di euro e che la programmazione 2011 aveva previsto per i progetti in Egitto - cosa, ovviamente, quasi risibile - una allocazione totale di 900 mila euro. Se questo era l'impegno dell'Europa per sostenere progetti per i diritti e la democrazia, comprendete bene quanto questa disponibilità e questo impegno siano esigui.
Mi sono fatto portatore, lo scorso anno a novembre, di un appello a rivedere questi strumenti per la programmazione 2011. Evidentemente gli equilibri tra Mediterraneo e dimensione orientale non avevano consentito tutto questo e purtroppo i fatti hanno dato ragione ad una richiesta che non era poi ovviamente solo dell'Italia, ma a cui si erano accodati altri paesi mediterranei che comprendono bene quanto ciò sia importante. Questo vale per l'Egitto, per la Tunisia e per tutti i Paesi in cui l'Europa ha un'occasione unica e fondamentale per la nostra stessa sicurezza e prosperità.
Vi sono delle differenze tra caso e caso, tra il caso tunisino e quello egiziano. Vi è una prima importante analogia che è data dal fatto che non esistono nella regione precedenti di transizioni democratiche. Tutti i precedenti di transizioni nella regione mediterranea sono avvenuti in modo diverso con la presa di potere fuori da una logica di percorso nella democrazia. Dunque è chiaro che il modo della transizione è per l'Europa, e per l'Italia in particolare, molto rilevante.
La transizione potrebbe essere soltanto una riformulazione quasi, come dire, «cosmetica» degli assetti esistenti; potrebbe al contrario degenerare nel senso opposto in forme altrimenti non democratiche caratterizzate da spinte radicali oppure - ed è Pag. 5evidentemente la nostra opzione - tradursi in veri processi di democratizzazione.
Sarà cruciale l'atteggiamento anche delle forze di opposizione ed è evidentemente una prova forte anche per le forze islamiche ed islamiste, partiti che hanno finora mantenuto - lo dobbiamo riconoscere - un profilo basso.
In Tunisia vi è una scarsa penetrazione di forze islamiste, in Algeria gli algerini sono provati da una storia di atti di terrorismo islamista e quindi sono restii a cedere a partiti di ispirazione radicale, in Egitto vi è una forza assai organizzata e radicata nel territorio, che sono i Fratelli musulmani, i cui leader hanno, come dicevo, però scelto di delegare la loro rappresentanza ad un personaggio che certamente ha dimostrato moderazione nella sua precedente esperienza internazionale.
Non sarà facile per l'Europa assumere un ruolo proprio di modello di riferimento. La reputazione dell'Occidente, in particolare quella europea, non ha raggiunto livelli particolarmente elevati. Abbiamo fatto degli errori nella regione mediterranea e dobbiamo evidentemente ribaltare la convinzione, che vi è nelle fasce popolari nel nord Africa e nel Medio oriente, che le politiche dell'Europa abbiano sostanzialmente seguito linee ispirate ad un doppio standard, non solo la politica europea, ma anche quella americana e l'idea che la democrazia porti stabilità nei Paesi ad est dell'Europa, mentre invece possa portare instabilità nel sud del Mediterraneo. Dobbiamo essere chiari: la democrazia porta sempre stabilità, la democrazia è sempre condizione per lo sviluppo e per la crescita. Ecco perché dovremmo sostenere lo svolgimento di elezioni libere e trasparenti e adoperarci senza interferenze di tipo paternalistico. Lo ripeto ancora una volta: non dobbiamo dettare noi l'agenda, ma dobbiamo aiutare. Penso a forme di assistenza rispettose dell'indipendenza di quei Paesi, ad esempio, da parte del Consiglio d'Europa. Questo ha un organismo che tutti conoscete: la Commissione di Venezia alla quale la Tunisia ha aderito - non ancora l'Egitto - ma vi hanno aderito anche il Marocco e l'Algeria.
Evidentemente, come sapete, la Commissione di Venezia del Consiglio di Europa si articola intorno a tre principi chiave del patrimonio europeo: la democrazia, i diritti umani, il primato del diritto. Credo che in questo momento il lavoro della Commissione di Venezia possa essere offerto come contributo, per esempio in Tunisia, nella fase cruciale di preparazione delle elezioni libere.
Questo è evidentemente qualcuno degli spunti che possiamo trarre dalla situazione attuale. Vi è evidentemente, dietro tutto questo, una forte richiesta di sviluppo economico e di modernizzazione delle società. Questo parte dalle società civili. Abbiamo visto, particolarmente in Tunisia, che è un Paese più piccolo, delle manifestazioni ispirate da una società civile ben educata, da una società civile che conosce il modo attraverso Internet; questa società è diventata consapevole sempre più di un grande gap, di una grande differenza tra il livello di consapevolezza da loro acquisito e il livello insufficiente di democrazia e di distribuzione della ricchezza nei loro Paesi. Ciò è stata, quindi, un'altra delle ragioni delle crisi in Tunisia, ma anche in Egitto: la povertà da un lato, la scarsa distribuzione della ricchezza dall'altro e la consapevolezza di società civili che costituiscono ormai una vera e propria classe dirigente.
L'Europa ha fatto qualcosa nel passato, ma credo non in questo modo e non per il Mediterraneo. Abbiamo un esempio che potrebbe illuminare la nostra strada, ed è quello, alla fine degli anni Novanta, del patto di stabilità per il sud-est europeo. Era il 1999, e l'Unione europea era nel momento di una crisi terribile che era nata dalla dissoluzione della Iugoslavia. L'Europa in quanto tale, insieme ad organizzazioni internazionali, si impegnò per creare pace sostenibile, sviluppo democratico e benessere economico. Questa era la caratteristica che fu poi vincente negli anni e che ha portato quella regione a progredire verso l'Europa. Strategia complessiva Pag. 6e coordinata che - lo dobbiamo dire - è mancata per il Mediterraneo.
Oggi abbiamo bisogno di un'offerta altrettanto importante. Credo che occorra un patto europeo per la sponda sud del Mediterraneo, che sostenga i diritti, la democratizzazione, la ricostruzione e lo sviluppo economico e, certamente, la sicurezza. Non possiamo permetterci il rischio che il bacino del Mediterraneo diventi luogo di transito di flussi di disperazione e di disperati mossi dalle crisi di Paesi della sponda sud.
È evidente che bisogna cambiare il modo di coordinamento all'interno dei Paesi europei: bisogna assumere ambiziosi impegni finanziari verso i Paesi dell'Africa e del nord Africa e soltanto con questo l'Europa potrà essere un magnete positivo verso quelle popolazioni. Pensate ai giovani che sono stati il motore di questa transizione avviata, che sono il 65 per cento della popolazione egiziana; giovani che hanno oggi una prospettiva negativa per il loro Paese e la vogliono invece migliore.
Anche questo richiede un piano per i giovani del Mediterraneo, un piano europeo. E anche qui abbiamo degli esempi, sperimentati per altre regioni dell'Europa: mi riferisco ad Erasmus, che è stato uno straordinario successo per la fascia orientale prima dell'ultimo allargamento e del penultimo.
Oggi è il momento di pensare ad un Erasmus euro-mediterraneo, dando ai giovani della sponda sud, agli studenti, ai laureati e ai giovani professionisti, con la politica dei visti che si può integrare e che si può migliorare, la possibilità di esperienze nell'area settentrionale del Mediterraneo in Europa.
Concludo queste mie riflessioni con un brevissimo riferimento agli interventi relativi ai connazionali che si trovano in Egitto. Abbiamo definito dei piani di emergenza che sono stati adeguati giorno per giorno. Abbiamo raggiunto con sms sui rispettivi cellulari la stragrande maggioranza dei 14 mila connazionali che erano in Egitto la scorsa settimana, quando sono iniziate le proteste.
Abbiamo aggiornato le informazioni di emergenza e raccolto, tramite tutti i canali, compresi i telefoni ovviamente, ma anche facebook e twitter, le segnalazioni di connazionali per situazioni di emergenza. Abbiamo registrato coloro che hanno fornito le loro coordinate per dare a ciascuno di loro ad personam le indicazione relative alla zona di territorio dove ciascuno dei nostri connazionali si trovava.
Lo abbiamo fatto per informare sulle situazioni relative al coprifuoco, sulla diffusione delle aree di protesta ed abbiamo sconsigliato con forza e ripetutamente, malgrado quello che alcuni avevano richiesto, viaggi e spostamenti non effettivamente necessari in tutte le aree dell'Egitto senza eccezioni, salvo quella (l'unica) della città di Hurghada, che è molto lontana dalle aree dove la crisi è sorta.
L'esempio italiano è stato seguito, con qualche ora di ritardo, da altri Paesi europei, e non soltanto europei. Abbiamo contattato le associazioni di categoria per le imprese italiane. Funziona da dieci giorni un help-desk per l'assistenza alle aziende italiane. L'ENI, che ha un largo contingente di personale, ha effettuato operazioni di rientro in Italia di lavoratori e di familiari.
Nel complesso, abbiamo attivato velivoli dell'aeronautica militare e chiesto ad Alitalia ed AirOne di moltiplicare i voli con aerei più grandi per riportare in Italia tutti coloro che lo chiedessero. Da quando le manifestazioni sono iniziate sono rientrati in Italia circa 4.500 cittadini italiani che lo hanno richiesto.
Abbiamo attivato delle misure di protezione per l'ambasciata, e di intesa con lo stato maggiore della difesa e con il comando vertice interforze vi è un nucleo italiano, formato prevalentemente da operatori del Tuscania, a disposizione a Il Cairo, ovviamente ventiquattro ore, per eventuali interventi di emergenza.
Vi è un centro di primo ricovero istituito presso l'ospedale italiano a Il Cairo. Questo centro di primo ricovero può servire, ove occorra e non solo per gli italiani, per un'assistenza immediata. Vi è anche Pag. 7un presidio mobile italiano presso l'aeroporto de Il Cairo e abbiamo dovuto assistere centinaia e centinaia di italiani che, non avendo un biglietto di viaggio, si erano recati in massa presso l'aeroporto, per i quali abbiamo dovuto trovare quindi il modo di farli partire ugualmente e sono partiti.
Per queste attività l'Italia continua a svolgere il ruolo di portavoce del coordinamento delle missioni diplomatiche dell'Unione europea e in questo ruolo di portavoce l'ambasciata italiana ha rapporti con le autorità egiziane, comprese le autorità di sicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Nirenstein. Ne ha facoltà.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro per la sua relazione esaustiva e piena anche di indicazioni politiche. Mi sembra che il Ministro abbia indicato a sua volta una autentica road map attraverso i meandri di una delle situazioni più complesse in cui il nostro Parlamento si sia mai imbattuto. La rivoluzione violentissima ed inaspettata, che da ieri sera si è tinta dei colori della violenza, delle fazioni e della reazione di un Governo ferito a morte, scuote il mondo intero.
L'Egitto è il più grande, il più antico e il più popoloso dei Paesi arabi, quello che - comunque la si pensi sulla sua politica passata e presente - desta riverenza e timore. Il suo popolo, che conta 80 milioni di abitanti, il suo enorme esercito, la sua funzione di ago della bilancia della pace e della guerra lo rendono speciale nella realtà, nella politica e nell'inconscio collettivo nostro e del mondo intero.
Non è possibile nessuna semplificazione: si tratta della caduta di un uomo, Mubarak, e di un regime al quale, pur riconoscendone i limiti e le prepotenze, abbiamo sovente fatto appello perché mediasse in situazioni impossibili; affinché si impegnasse per la pace e la stabilità; per fungere da pilastro ed esempio rispetto alla possibilità di raggiungere la pace nel Medio Oriente con il suo trentennale patto con Israele; per ristabilire i rapporti tra Fatah e Hamas; per contenere lo strapotere dell'integralismo islamico e l'egemonia iraniana che si esprime attraverso Hezbollah e Hamas (già in queste ore sul confine di Gaza si vede una spugnosità piena di rischi per il futuro); per combattere Al Qaida, che ne ha ripetutamente violato le terre con gli attentati terroristici; per influenzare la Lega araba in senso non estremista.
Tuttavia, Mubarak è stato un tiranno ed è abbastanza facile che il tempo della sua lunga permanenza al potere (trent'anni) si sia ormai concluso. Se Mubarak resterà fino a settembre, quando ha promesso di lasciare il campo a libere elezioni, oppure se sarà costretto ad andarsene prima lo capiremo nelle prossime ore. Dobbiamo tuttavia prepararci a quello a cui già da tempo avremmo dovuto pensare: un Egitto in cui l'ottantatreenne raìs lascia il potere. La marea popolare è giunta di sorpresa, ma era del tutto nota la presenza di una opposizione che denunciava metodi violenti e intolleranti, l'uso disinvolto ed eccessivo della polizia e la gestione egoista dell'economia e la corruzione della classe dirigente.
Oggi dobbiamo dire con grande dispiacere che quella opposizione, quella realmente liberale e democratica (con parecchi dei colleghi qui presenti abbiamo con loro avuto molto a che fare) non è stata mai ascoltata abbastanza. Se l'avessimo aiutata a crescere, avremmo forse potuto aiutare un ricambio graduale. Se avessimo spinto Mubarak a costruire infrastrutture democratiche e a favorire la creazione di partiti democratici invece di reprimerli, avremmo favorito un passaggio quieto. Invece, ci siamo accontentati del ruolo moderato dell'Egitto. Mai abbiamo creduto che questo Paese potesse veramente camminare verso la democrazia. Pag. 8
Mubarak con il comma della successione del figlio Gamal scivolava, secondo noi, verso una naturale conclusione. Ma non è andata così. Ci sono varie domande alle quali dobbiamo cercare una risposta.
Intanto, dato il concetto di onore così consistente nel mondo arabo, Mubarak probabilmente combatterà - come abbiamo visto ieri - fino alla fine per non farsi estromettere dalla sua terra. Ha detto che vuole morire a casa sua e lo ha subito dimostrato suscitando scontri di piazza in sua difesa. Innanzitutto, dobbiamo tenere ben fisso davanti agli occhi, come mi sembra faccia il Governo, il nostro fine: una soluzione non populista, ma democratica, non comunque ossequiosa davanti alla folla, ma desiderosa di vederla muoversi verso una società democratica e ordinata.
Dobbiamo tenerne conto: auspicare una sua immediata uscita non servirà a molto. Sembra più utile aiutarlo a creare una situazione in cui egli possa sostenere di essere uscito onorevolmente, lasciando una traccia, magari quella dell'esercito amato dal popolo insieme al suo sodale e vicepresidente Suleiman, uomo di indubbi equilibri e amico dell'Occidente.
In secondo luogo, dobbiamo tenere conto della forza, ma anche dei limiti dell'opinione pubblica egiziana. Adesso abbiamo a che fare non solo con una situazione in cui l'opposizione non è organizzata, ma in cui il rischio dell'avvento della fratellanza musulmana sostenuta da un'alleanza con il laico El Baradei mette a rischio da un altro punto di vista la libertà del popolo egiziano.
Non aiuteremmo la democrazia se non tenessimo in conto che una view poll di questi giorni ci rivela che il 59 per cento dell'opinione pubblica egiziana vorrebbe vedere instaurato un regime islamista e che solo il 27 per cento desidera un regime di modernizzatori.

PRESIDENTE. Onorevole Nirenstein, la prego di concludere.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, solo un minuto. Questa volta dobbiamo dimostrare di aver imparato la lezione.
Il popolo - e specie i giovani - chiede nelle piazze giustizia e pace. È la loro rivoluzione, che si estende nel mondo arabo, e i giovani possono essere un magnifico segnale di risveglio delle coscienze, ma possono anche prendere la strada che prese la rivoluzione iraniana degli ayatollah, verso la violazione di tutti i diritti umani e verso una politica estera di guerra, di antisemitismo, di antioccidentalismo e di odio verso i cristiani.
Cerchiamo di aiutare il passaggio alla democrazia verificando che sia veramente tale, che i copti siano salvaguardati e che ogni forza politica nuova sia verificata circa il suo intento nei confronti della pace con Israele - oggi sempre più solo e sempre più a rischio -, all'uso dell'informazione, di Internet e dell'accesso al canale di Suez, che è fondamentale.
Noi italiani, come ha spiegato il Ministro, possiamo guidare questo processo anche presso una pigra Unione europea e sono certa che lo faremo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, i fatti di stanotte sono gravissimi. Il popolo egiziano continua a pagare con un numero molto elevato di morti questa battaglia per la libertà. Devono finire le violenze e si deve spezzare il clima torbido delle provocazioni che - ormai è evidente - ha conquistato la piazza.
Signor Ministro, lei dovrà richiamare il vicepresidente Suleiman e chiedergli qualcosa di più sulle responsabilità dell'attuale Governo e dell'attuale regime ancora in carica rispetto a ciò che sta avvenendo. Abbiamo bisogno di sapere meglio chi sono questi provocatori, la mano armata - come ci dicono molti giornalisti nei loro reportage - di cui si conosce il segno. Lei ci deve dire qualcosa di più.
Deve essere, quindi, effettuata da parte nostra una scelta di fondo con molta Pag. 9forza, signor Ministro. Dobbiamo guardare a queste vicende con un tono e con uno spirito che vorremmo fosse lo stesso che stiamo leggendo e stiamo capendo da ciò che ci dicono Hillary Clinton e Obama. Vogliamo che lei, con il suo Governo, ci dia un segnale anche dal punto di vista del tono e del modo con il quale lei affronta tali questioni e che sia all'altezza e abbia la piena consapevolezza delle scelte che dobbiamo compiere, che devono aiutare l'Egitto ad uscire da una situazione che può essere davvero molto pericolosa.
Certamente, deve riprendere la vita civile, devono andare a buon fine le trattative delle parti, dobbiamo fare la nostra parte con prudenza e rifuggire da ogni interferenza, ma dobbiamo dire di essere a favore delle riforme e che la transizione non può essere solo ordinata, ma deve essere anche immediata se vogliamo che la democrazia vada avanti e si consolidi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Infatti, se terremo un atteggiamento che per qualche verso è nostalgico delle vecchie stabilità di quest'area, di una stabilità che per tanti versi ci aveva fatto comodo, rischiamo davvero che l'esito di queste vicende non sia l'esito democratico che auspichiamo oggi. Questo è il momento, questa è l'ora che Mubarak se ne vada via. Mubarak sta finendo come Ben Ali. Questo sarebbe l'esito peggiore e più gravido di rischi.
Occorre che la transizione segua liberamente il suo corso. Sappiamo che sono possibili colpi di coda micidiali, come ci dicono gli episodi di ieri, che vogliono costringere la transizione nelle strettoie della continuità del regime. È possibile, come in Tunisia, un copione scritto dal Mukabarat. Allora sarebbe tutto molto più difficile.
Per questo la comunità internazionale deve far sentire la propria voce in modo il più possibile unitario per una transizione - lo ripeto - rapida, immediata, pacifica ed effettiva.
Naturalmente, accanto ai rischi vedo anche le grandi opportunità, onorevoli colleghi, che questi cambiamenti aprono. È possibile una svolta di eccezionale portata per lo sviluppo e il futuro dell'intera regione.
Si stanno determinando cambiamenti segnati dalla speranza e, su quella speranza, si può costruire un nuovo tessuto politico e sociale che troppi anni di assolutismo avevano compresso e mutilato. Ecco perché dobbiamo stare dalla parte di quella speranza, perché è possibile per mezzo di quei cambiamenti pensare ad un nuovo Mediterraneo: un mare che, per tanti versi, è stato teatro di conflitti e di guerre potrebbe tornare ad essere davvero - se vinceranno quei processi democratici - un mare di pace, un Mediterraneo in cui vinca la democrazia, in cui tornino a parlarsi i popoli e non élite legittimate dall'Occidente, in cui trovino nuova vita le istituzioni. Il Mediterraneo può anche tornare ad essere un mare di sviluppo e di crescita.
Ecco, questo è il punto che poniamo al centro. Ci troviamo di fronte a processi inarrestabili, ma d'altronde era davvero possibile restare fermi a quella stabilità ossificata, di cui è espressione più evidente l'incancrenirsi del processo di pace israelo-palestinese, a quella stabilità della quale l'Egitto di Mubarak era un pilastro, ma un pilastro dai piedi di argilla?
Non abbiamo alcuna nostalgia per la stabilità perduta, dobbiamo mettere in campo l'Europa e noi stessi in modo nuovo, per costituire un momento di raccordo per far tornare l'Europa nel Mediterraneo e per fare del Mediterraneo quel mare, nel quale riporre grandi speranze per il nostro futuro.
Tuttavia, per fare questo - e concludo, signor Presidente - dobbiamo vincere a nostra volta la sfida europea e conquistare una nuova autorevolezza, ma questo è un altro discorso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefani. Ne ha facoltà.

STEFANO STEFANI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro Frattini per l'informativa Pag. 10resa oggi alla Camera, con la consueta sensibilità istituzionale che, peraltro, amplia e aggiorna le comunicazioni che ha svolto già ieri pomeriggio alle Commissioni esteri dei due rami del Parlamento.
Ritengo che sia davvero molto importante per noi prestare un'attenzione altissima verso quello che sta succedendo in Egitto, per una serie di fattori che fanno del nostro Paese uno degli osservatori forse più coinvolti nel futuro di quel Paese.
Partendo dal fattore più concreto, ricordiamo che l'Italia è il primo partner europeo dell'Egitto. Si tratta di una partnership che coinvolge tutti i settori produttivi del nostro Paese e che è stata costruita poco a poco, nel quadro di rapporti politici bilaterali stabili e proficui: Italia ed Egitto hanno condiviso in questi anni il progetto dell'Unione euromediterranea, per fare del Mediterraneo un'area di benessere e di integrazione.
L'incertezza di questi giorni e quella concernente gli scenari futuri costituiscono motivo di grande preoccupazione anche per tutti i connazionali che vivono e lavorano in Egitto, ma ci sono fattori più strettamente politici e culturali che rendono il caso egiziano diverso e particolare rispetto alle altre espressioni popolari che stanno infiammando il Medio Oriente: non dimentichiamo che l'Egitto confina direttamente con Israele e, in particolare, con la striscia di Gaza, linea sempre di altissima tensione e lungo la quale potrebbero giocarsi partite che coinvolgono tutto il mondo arabo musulmano. Non dimentichiamo inoltre che l'Egitto ha sempre svolto il ruolo di parte terza mediatrice nel processo di pace israelo-palestinese.
È soprattutto dal punto di vista interno che il caso egiziano presenta la maggiore complessità. Non si tratta di una situazione che si presta ad una lettura univoca: da un lato, abbiamo una popolazione meno ricca, meno alfabetizzata e meno internazionalizzata, per esempio quella tunisina, dall'altro, però, questo popolo sa di essere erede di una cultura millenaria, ricca di storia e di splendori.
È un'eredità di cui gli egiziani si sono dimostrati fieri e consapevoli, difendendo i propri beni culturali in prima persona durante i tumulti: un popolo che ha dunque la consapevolezza del proprio ruolo, che intende coscientemente un cambio di regime e non solo un capro espiatorio.
Dobbiamo purtroppo ammettere di non essere riusciti come italiani a far capire ai nostri partner europei la necessità di una maggiore considerazione per gli equilibri del Mediterraneo; dalla sua precarietà dipendono gran parte dei problemi, come per esempio quello mediatorio, mentre da una prosperità potrebbero derivarci enormi vantaggi.
Fermo restando il diritto all'autodeterminazione democratica di ciascun popolo, i motivi di preoccupazione non mancano se si pensa ai delicati equilibri che soprattutto dall'Egitto coinvolgono il Medio Oriente. Non è un caso che proprio ieri alla Knesset il Premier israeliano abbia invitato le autorità palestinesi ad una ripresa immediata dei negoziati diretti. Sappiamo fin troppo bene che Abu Mazen, dopo la fuoriuscita di Hamas a Gaza, è stato sostanzialmente sorretto proprio dal Governo egiziano.
A preoccupare è soprattutto l'ombra del fondamentalismo islamico che da Teheran potrebbe scagliarsi sul Cairo. È vero che il mondo musulmano è diviso storicamente tra sunniti e sciiti, ma è anche vero che nel XXI secolo si aggiungono altre istanze che potrebbero invece rivelare un'inedita solidarietà.
Non possiamo inoltre dimenticare un fatto molto importante, ossia che proprio dall'Egitto sono venuti molti dirigenti e militanti di Al Qaeda. Ancora una volta percepiamo la necessità di fare i conti con l'Iran, un Paese chiave per la stabilità regionale, incluso l'Afghanistan, con cui però l'Occidente non ha ancora trovato il bandolo della matassa nonostante il ricorso alle sanzioni.
Una sensazione di frustrazione mista a sgomento ci pervade di fronte ad una realtà così magmatica e apparentemente ostile Pag. 11nonostante le nostre migliori intenzioni di promuovere il dialogo nel reciproco rispetto.
Tornando all'Egitto, come non ricordare che è il Paese con cui negli ultimi anni l'Italia ha sviluppato uno dei più intensi partenariati, è il Paese che abbiamo invitato come ospite speciale quando abbiamo presieduto il G8 e a cui abbiamo riservato il più alto interesse in tutti i campi delle relazioni bilaterali e multilaterali?

PRESIDENTE. Onorevole Stefani, la invito a concludere. Il tempo a sua disposizione è terminato.

STEFANO STEFANI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Abbia considerazione per il mio stato di salute... Abbiamo sostenuto il Presidente Mubarak nella sua difficile opera di mediazione nel conflitto israelo-palestinese. Esiste oggi un capitale di credibilità dell'Italia verso l'Egitto che non possiamo permetterci di perdere. Dobbiamo allora in tutti i modi impegnarci a favorire una transizione ordinata, pacifica e tempestiva (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Adornato. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, signor Ministro, intanto vorrei ringraziare il suo Ministero per le informative così frequenti, che è doveroso in questa situazione rendere al Parlamento, ma poiché non è scontato di questi tempi, credo sia un esempio per tutti.
Vorrei suggerirle due o tre riflessioni molto semplici, che partono dalla considerazione che la cartina geopolitica di quell'area vede oggi confrontarsi due blocchi, un blocco che chiamerei del rifiuto e dello scontro (composto da Iran, Turchia, Siria, Gaza), ed un blocco del dialogo o dello status quo, a seconda delle circostanze (composto da Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto e Cisgiordania).
Le rivolte e le situazioni critiche si stanno soprattutto svolgendo in questa seconda area, il che pone dei problemi molto seri, ovviamente, per l'equilibrio internazionale e per gli esiti che possono scaturire dalla somma di queste crisi. Ma è evidente che il maggior rilievo geopolitico lo assume un Paese come l'Egitto, che, tra quelli che ho citato di questa area, è sicuramente il Paese che più ha contribuito a mantenere, per lo meno, non risoluti in direzione del fondamentalismo gli equilibri di quella regione.
Quindi, il caso dell'Egitto è molto importante e credo che noi in Italia lo stiamo sottovalutando: non solo la politica, ma anche i media. Non avviene così nel resto del mondo occidentale (anche in questo siamo una pecora nera). Non dobbiamo sottovalutarlo e la domanda che dobbiamo porci è questa: cos'è che aiuta di più l'Egitto a rimanere ancorato a questo ruolo geopolitico che finora Mubarak, pure in un regno, dobbiamo riconoscerlo, di tirannia, arbitrio, corruzione e povertà, ha contribuito a mantenere?
La mia sensazione personale è che, più si fanno marcire le cose, meno noi riusciremo ad avere quella che chiamiamo, in gergo geopolitico, una transizione ordinata. Ho paura - è l'esperienza della storia che va in questa direzione - che più si fanno crescere, senza dar loro risposte, movimenti come quello che si è creato in Egitto, più questi movimenti si radicalizzano.
Figure come El Baradei, che oggi hanno un ruolo, scompariranno nel giro di qualche giorno, se il movimento si radicalizza. A me sembra che la nostra posizione e la posizione dell'Europa, pur non volendo interferire in alcun modo nelle scelte dell'Egitto, sia quella di fare una pressione molto forte perché si dia una risposta alle domande di questo movimento.
Certo, l'ideale sarebbe una transizione guidata (anche qui, si tratta di un'espressione di gergo, che, probabilmente, se detta in piazza al Cairo otterrebbe qualche risata, ma usiamo pure questa espressione). Ma dobbiamo dire che la transizione guidata, se è questo che noi e l'Europa Pag. 12stiamo chiedendo all'Egitto - mi pare di aver capito ciò, signor Ministro, dalle sue parole, dalla telefonata che ha riportato - deve essere certa e condivisa.
Non basta la road map di cui Suleiman le ha parlato al telefono, perché una road map di transizione certa e condivisa significa fornire le date. Non basta dire che Mubarak non si ricandida: questa non è una transizione certa e condivisa, ma è la dichiarazione di un leader in difficoltà. Occorre che vi siano le date, le scadenze, le riunioni, le scelte e le decisioni. Questo significa una transizione certa. Una transizione condivisa significa che deve esserci, visibile agli occhi degli europei, degli italiani nel nostro caso, un tavolo in cui si discuta questo con i leader dell'opposizione.
In mancanza di questo, non siamo di fronte a una transizione certa e condivisa, ma siamo di fronte alla classica situazione che chi comanda è tentato di prendere, che è quella di tirare a campare e di dire tutto e il contrario di tutto pur di tirare a campare.
Signor Ministro, credo che questa debba essere la nostra posizione e la inviteremo, come gruppo dell'Unione di Centro, ad assumerla in modo ancora più certo e definito con Suleiman e con la leadership del Egitto, ma anche a porre una domanda agli amici europei, che per brevità riassumo così: quante divisioni ha l'Europa? Che peso ha in questa crisi?
Ho il timore che in questa crisi l'Europa sia «un'Europa d'Egitto», se mi consente la battuta, nel senso che non ha alcun peso e, a differenza degli Stati Uniti, non esercita alcun ruolo, cosa particolarmente fastidiosa per noi che stiamo davanti al Mediterraneo e ai Paesi che sono coinvolti da questa crisi.
Signor Ministro, la inviterei ad assumere presso il Governo egiziano questa posizione di una transizione certa e condivisa, che però ha bisogno di date, senza le quali, forse, converrà che l'Italia e l'Europa premano perché Mubarak lasci il potere (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ruben. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO RUBEN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Ministro Frattini, le manifestazioni di popolo, sfociate, purtroppo, anche in violenza e saccheggi, degli ultimi mesi nelle piazze e nelle strade di molte città del Maghreb ci preoccupano molto.
Ci preoccupa molto proprio l'esito di queste rivolte. Non sappiamo se vedremo nascere sistemi politici realmente democratici e rappresentativi o assisteremo all'ennesimo cambio di regime, a volte monarchico, a volte all'interno di uno stesso clan, a volte presidenziale, ma sempre frutto di un compromesso oligarchico e di potere.
Degli oltre cinquanta Stati musulmani, di cui venti arabi, l'unico Stato in cui la democrazia funziona è la Turchia. Parliamo di Paesi che, oltre al petrolio, hanno il controllo, come nel caso dell'Egitto, di un'arteria strategica di importanza globale, come il Canale di Suez. Forse è il caso di ricordare cosa avvenne nell'ottobre del 1956, quando Nasser bloccò la libera circolazione del canale, portando alla reazione militare di Regno Unito, Francia ed Israele.
Si tratta di uno scenario tutt'altro che fantasioso, che potrebbe drammaticamente riprodursi anche oggi, come riportato da importanti analisti ed esperti di politica internazionale. Prendiamo, quindi, atto che anche i cosiddetti Paesi moderati stanno entrando in una fase di instabilità, che già da molti mesi non assicura - ed è solo un esempio - alcuna tutela alle minoranze religiose, ed in particolare alle comunità cristiane, che non si sentono né protette né difese dalle autorità locali.
Le persecuzioni dei cristiani, gli assalti alle chiese e persino le stragi di fedeli non hanno prodotto nel Governo dell'Europa nessuna reazione, nessuna preoccupazione e nessun allarme, ma un silenzio ed una latitanza che rischiano di rafforzare l'estremismo islamico.
Quello stesso estremismo ed integralismo che oggi, nelle grandi proteste di Pag. 13piazza contro il presidente Mubarak, vede la possibilità di conquistare il potere, di limitare la modernità, l'accesso libero all'informazione e il confronto delle opinioni.
Contrariamente a quanto si può pensare, nelle piazze e nelle strade de Il Cairo oggi non vi è una sola voce, ma due. La prima afferma che la modernizzazione è stata inadeguata o distorta e che occorre una vera modernizzazione, che porti alla democrazia e alla libertà. Queste è la voce dei giovani di un'intera generazione lasciata ai margini della società e cresciuta con Internet, twitter e tutti i sistemi di comunicazione globale.
La seconda è la voce di chi afferma che tutti i problemi del mondo islamico discendono dal tentativo dissennato di copiare l'Occidente. In questo caso, la soluzione proposta è quella di tornare al vero e autentico Islam delle origini. Questo tipo di musulmani ritiene che ogni valore occidentale sia peccaminoso e malvagio e che i riformisti siano i lacchè dell'Occidente. I sostenitori di queste concezioni aderiscono ad un'interpretazione particolarmente violenta e fanatica dell'Islam. Si tratta del credo dei fratelli musulmani, dei salafisti e degli wahabisti.
È questo il bivio davanti al quale si trovano oggi le società arabe: conquistare spazi di libertà ed uguaglianza e di parità dei diritti tra uomini e donne, con libero accesso alla formazione e all'educazione, o scivolare verso sistemi teocratici e integralisti sul modello iraniano.
Scenari profondamente diversi che richiedono da parte dell'Europa e, in particolare, da parte della nostra diplomazia una attenta analisi, una valutazione ponderata e una chiara strategia.
Se l'Europa anche in questa occasione si è dimostrata silenziosa, assente e distratta, noi non ce lo possiamo permettere. Per questo basta ricordare cosa ha detto proprio ieri la baronessa Ashton: Mubarak faccia qualcosa. È un gran consiglio. Noi siamo l'altra sponda di quel Mediterraneo, sulle cui rive del Maghreb sta o per fiorire un sogno o quanto meno una speranza, o sta per nascere il peggiore degli incubi.
Quello che non possiamo permetterci, come Italia, è quindi di rimanere a guardare e in attesa. La nostra posizione geografica, la nostra vicinanza a quella popolazione non ce lo permette. Come reagiremo se improvvisamente da quelle terre partisse una nuova ondata migratoria di disperati o semplicemente ci fosse un'ingente richiesta di accoglimento di rifugiati politici? Questo non può essere un problema solo dell'Italia. È un problema le cui soluzioni devono essere trovate con forza e determinazione a livello di politica comune europea, per una definita strategia di relazione con questi Paesi. Dobbiamo, quindi, scongiurare la possibilità che in Egitto possa nascere un regime di matrice fondamentalista come in Iran che certamente incendierebbe tutta l'area.
Pertanto, auspichiamo che la transizione cominci subito, una transizione magari guidata anche dallo stesso Mubarak, ma verso riforme e libere elezioni, che permetterebbe a tutti questi giovani, che ogni giorno vediamo su tutti gli schermi televisivi chiedere libertà, riforme e democrazia, di potersi esprimere liberamente, senza il rischio di una nuova oppressione.
In conclusione, in relazione alla proposta avanzata dal Ministro degli affari esteri di riunire i cinque più cinque, forse sarebbe anche il caso di organizzare una riunione di tutti i Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, al fine di arrivare comunemente e concordemente anche alla riunione dei cinque più cinque, perché forse è opportuno (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia e di deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, partendo dal fondo, dico subito: Mubarak se ne deve andare. Lo ho sentito ripetere in quest'Aula, ma non mi pare di averlo sentito nelle parole del Ministro degli affari esteri, il quale - mi perdonerà - ancora una volta traccheggia. Pag. 14
È la stessa situazione che si è determinata in Tunisia: c'è voluta prima la fuga di Ben Ali e poi vi è stato il timido sostegno all'inevitabile processo di transizione democratica, dopo aver sostanzialmente auspicato che la situazione tenesse invece che precipitare.
Stiamo facendo più o meno la stessa cosa: il Ministro è venuto qui a raccontarci dei suoi incontri, delle sue telefonate, ma sostanzialmente ci ha detto che lui risponde positivamente a quella che è la domanda che gli è venuta dal vice di Mubarak, Suleiman, che gli ha chiesto un sostegno alla road map. Questo significa «no» al vuoto di potere, «no» alla guerra civile e «sì» ad un accordo politico per le riforme, il che vuol dire tutto e il contrario di tutto.
Ho già avuto modo di dirlo una settimana fa, quando una prima informativa al Parlamento è venuta dal sottosegretario Craxi - allora però c'era un elemento che poteva giustificare, perché le questioni erano in movimento, era soltanto questione di ore - e risultava essere soltanto una vera e propria informativa, senza un'analisi, una proposta o una presa di posizione. Stamattina, invece, il Ministro ancora una volta rifugge dall'analisi, dalle cause, dagli sviluppi, dai rischi, dalle ricadute.
Capisco perfettamente quanto sia difficile rispondere alla domanda sul cosa fare. A questa domanda al momento non sa rispondere nessuno. Non sa rispondere Obama, non sa rispondere Netanyahu, non sa rispondere la Merkel, non sa rispondere Sarkozy. Non pretendo che risponda il Ministro degli affari esteri italiano, ma pretendo almeno uno sforzo per capire e per far capire al Parlamento e all'Italia che cosa è successo in quel Paese, che cosa sta succedendo, come e perché.
Basta aprire il Corriere della Sera oggi e vedere due pagine dedicate all'intero mondo arabo in ebollizione, a tutto quello che sta avvenendo nella sponda sud del Mediterraneo, mentre lei non vi ha fatto il minimo riferimento. Siamo in presenza di una polveriera che sta per esplodere e lei non ha fatto un minimo riferimento a quelle che possono essere le ricadute, non un accenno alle difficoltà, al balbettio, alle contraddizioni della diplomazia americana, non un riferimento ai timori di Israele, non un riferimento alle prese di posizione dell'Iran, e non ha fatto un riferimento a quella che può essere la deriva fondamentalista, se non esprimere una preoccupazione: bisogna scongiurare una deriva fondamentalista. Bella forza!
Un riferimento al ruolo dell'Unione europea serve per dire che cosa? Che bisogna provare a proporre un progetto Erasmus per i giovani egiziani? Ma di cosa stiamo parlando? Gli «effetti annuncio» possono ancora risultare utili in questo nostro Paese, ma non certamente in Egitto. Siamo seri! Il Ministro ha voluto riconoscere che sono stati compiuti degli errori, bontà sua. Ma qui gli errori sono due, o meglio uno: o il suo ruolo è deficitario per quanto riguarda gli analisti alla Farnesina, oppure è deficitario per quanto riguarda le prese di posizione politiche.
Allora, pur condividendo la necessità che si porti avanti una transizione democratica, voglio sperare che vi sia un qualche segnale più netto nelle prese di posizione italiane. Il riferimento non può essere alla Commissione di Venezia del Consiglio di Europa, di cui appunto l'Egitto non fa parte.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Vanno bene, è chiaro, la democrazia, i diritti umani e i primati del diritto, ma per quanto riguarda il Patto europeo per la sponda sud del Mediterraneo si tratta di una riunione che si farà ad aprile, si rende conto dell'inadeguatezza?
Il fatto è che lì i morsi della crisi internazionale hanno fatto sollevare le popolazioni, che hanno sopportato le dittature e la corruzione, ma non sopportano più la fame. È lo stesso motivo per cui sarete travolti voi: potete imporre il regime mediatico, potete continuare in un mondo di corruzione, ma il 29 per cento dei cittadini, i giovani disoccupati italiani, vi Pag. 15presenteranno presto il conto, così come le famiglie che hanno visto ritornare il potere d'acquisto in Italia indietro di 15 anni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signor Ministro, noi del gruppo Iniziativa Responsabile la ringraziamo per l'ampia relazione che ha voluto, oggi, portare all'attenzione del Parlamento, concernente la situazione davvero drammatica che sta interessando la sponda sud del Mediterraneo e, in particolare, da qualche giorno, l'Egitto.
È evidente che il tempo che abbiamo a disposizione non aiuta ad approfondire sufficientemente un'analisi che, tra l'altro, chiediamo debba essere fatta il prima possibile dal Parlamento, anche sulla scorta della lunga relazione che lei, signor Ministro, cortesemente, oggi, ha voluto portare alla nostra attenzione. Ciò nel convincimento che, davvero, anche il riconoscimento degli errori fatti negli ultimi anni dall'Europa e la posizione assunta dal nostro Paese rispetto all'evolversi e allo sviluppo delle situazioni soprattutto in quella parte del mondo, oggi chiamino tutti ad un supplemento di responsabilità e a una capacità di lettura di quello che sta accadendo.
Ho l'impressione che ciò certamente non sia facile e lei, signor Ministro, lo ha detto con grande onestà intellettuale. Molto spesso nelle analisi siamo un po' condizionati dalle vecchie categorie del pensiero e, in qualche misura, non riusciamo a cogliere effettivamente la portata dei cambiamenti che stanno interessando quei popoli e quelle regioni del mondo.
Anche la similitudine che qualcuno avanza tra la Tunisia e l'Egitto è fondamentalmente sbagliata perché è sbagliato porre sullo stesso piano l'evoluzione e la modernizzazione dei processi che hanno interessato quelle parti del mondo, anche se ci sono delle affinità.
È evidente, tuttavia, che le differenze profonde oggi chiamano anche noi ad una capacità di analisi diversa. Quello che è accaduto - sotto il profilo dell'aspetto che in qualche misura richiama la similitudine - riguarda certamente la capacità di reagire di una sorta di ceto medio in formazione in queste due aree del mondo, che nasce anche dai nuovi meccanismi della comunicazione e dalla modernizzazione del linguaggio, da Internet e da facebook.
Questo pone una grande differenza tra le realtà della Tunisia e quella dell'Egitto. Nella città di Tunisi c'è già un ceto medio fatto di giovani che possono essere elemento di costruzione di un futuro possibile in quella realtà, mentre nella città de Il Cairo ancora si vive con due dollari al giorno è c'è una disparità profonda tra le zone rurali e le zone centrali di quell'area del mondo. È evidente, quindi, che rispetto a queste situazioni, l'analisi, anche quella politologica, debba essere molto diversa.
Vorrei aggiungere, tuttavia - e ciò per riprendere un tema che lei, signor Ministro, ha affrontato e per cercare di trarre conclusioni dalle sue considerazioni - che ritengo che dalla crisi del mondo arabo emerga in maniera ormai imponente il problema occidentale che si chiama «geopolitica» in un mondo dominato dal caos. Non ci sono più strategie rassicuranti in queste fasi caotiche in cui le contraddizioni celebrano i loro fasti, incuranti persino dell'astuzia e della ragione di hegeliana memoria. Non basta più la retorica geopolitica dell'ordine mondiale e probabilmente non basta neppure la retorica del nuovo ordine mondiale. Oggi le superpotenze, di fronte ad alcune impreviste accelerazioni, devono abituarsi ad agire nel caos, in una sorta di vuoto pneumatico che spesso ci pone dinanzi a realtà molto diverse.
Qualcuno stamani ha scritto - e concludo, signor Presidente, un minuto ancora -, attento osservatore del mondo arabo, che la democrazia come grande metafisica politica e ordine di pace e prosperità terrestri non attecchisce spontaneamente attraverso soltanto il voto, come, per esempio, ha testimoniato quanto accaduto nella Striscia di Gaza. Di fronte a tutto questo, è arrivato il momento, Pag. 16signor Ministro - ecco l'appello che le facciamo -, di uscire fuori da quella ormai ripetuta fragilità ideologica e politica dell'Unione europea. Occorre incanalarsi verso processi di costruzione di rapporti che siano molti più solidi e di capace interlocuzione con i nuovi soggetti che, in qualche modo, stanno animando quelle rivolte per costruire, non soltanto un percorso di pace e di democrazia, come è stato detto, ma per costruire davvero un'area che sia capace di relazionarsi per far sì che quelle popolazioni abbiano quello di cui hanno bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Calgaro. Ne ha facoltà.

MARCO CALGARO. Signor Presidente, signor Ministro, per troppo tempo l'Occidente ha compiuto l'errore di sostenere i regimi arabi, laici e secolari, ma, soprattutto, autoritari, illiberali e spesso corrotti vedendo in questi l'unico possibile antidoto all'avanzare del fondamentalismo islamico. Abbiamo accettato l'assenza di libertà e democrazia in cambio di relazioni politiche durature e stabili e, oggi, in tutto il nord Africa, nella quasi totale assenza dell'Italia e dell'Europa, è elevatissimo il rischio che la caduta delle dittature secolari permetta il dilagare del fondamentalismo, dell'intolleranza e dell'integralismo. In questo quadro, i pogrom contro le comunità cristiane sono un importante campanello d'allarme. È necessario, anche se con grande ritardo, mettere a punto una strategia per la promozione dei diritti e per l'affermazione della democrazia nel Mediterraneo. È tempo, per l'Europa e per l'Italia, di fare delle scelte precise che promuovano il consolidamento della democrazia in tutto il Mediterraneo, incoraggiando il multipartitismo, sostenendo le opposizioni democratiche e liberali, la stampa libera e indipendente, l'indipendenza della magistratura e lo Stato di diritto.
Al termine delle rivolte e dei cambiamenti in corso, potremmo avere esiti diametralmente opposti: l'avvio di un vero e stabile processo di democratizzazione in tutta l'area oppure l'affermazione di nuovi regimi totalitari di stampo integralista. In tutto questo, colpisce l'assordante silenzio dell'Europa e del suo Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la signora Ashton. Un silenzio che ricorda l'Europa incredula e totalmente incapace di agire di fronte alle carneficine nell'ex Jugoslavia. Per l'Europa e, soprattutto, per l'Italia, un Mediterraneo stabile e democratico è un interesse vitale, sia sul fronte della sicurezza che in quello dell'economia. Non dobbiamo fare l'errore di guardare con gli occhi del passato il Maghreb e il Medio Oriente trattando con rassicuranti dittatori o, peggio, erogando un po' di elemosina della cooperazione allo sviluppo.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Calgaro.

MARCO CALGARO. Ho quasi finito, signor Presidente. Dobbiamo far sentire la nostra voce e quella dell'Europa; dobbiamo, con autorevolezza, sostenere davvero un processo di cambiamento profondo in senso democratico e liberale in tutto il Mediterraneo. Se il Governo saprà cogliere e sostenere questa sfida, certamente troverà un ampio consenso in Parlamento, ma ci pare che le proposte e i timing italiani ed europei da lei previsti non siano adeguati all'emergenza attuale.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,23).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

Pag. 17

(Elementi in merito ai chiarimenti richiesti alle autorità di Santa Lucia dal Ministro degli affari esteri circa la proprietà di un appartamento situato a Montecarlo - nn. 2-00948 e 2-00952)

PRESIDENTE. Avverto che le interpellanze urgenti Bocchino ed altri n. 2-00948 e Corsaro n. 2-00952, concernenti elementi in merito ai chiarimenti richiesti alle autorità di Santa Lucia dal Ministro degli affari esteri circa la proprietà di un appartamento situato a Montecarlo, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
L'onorevole Della Vedova ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bocchino ed altri n. 2-00948, di cui è cofirmatario.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, signor Ministro, abbiamo ritenuto di presentare questa interpellanza urgente a seguito dello svolgimento inusuale cui abbiamo assistito nelle scorse settimane ed in particolare la settimana scorsa.
Nelle scorse settimane, sono comparse sugli organi di stampa, sui giornali italiani, delle indiscrezioni circa carte segrete, che sarebbero state non troppo segretamente custodite nelle casseforti - così era scritto, ad esempio, sul Corriere della Sera - della Farnesina, contenenti informazioni e prove decisive sulla nota vicenda della proprietà di un appartamento sito a Montecarlo. Quindi, si è pubblicizzata la notizia, tenendo ben segrete la fonte e la documentazione di essa.
In seguito, su questa vicenda, è stato presentato un atto di sindacato ispettivo al Senato, che è stato calendarizzato con inusuale rapidità e che ha ottenuto, signor Ministro, una sua immediata risposta, ad horas: credo che siano passate meno di ventiquattr'ore.
Signor Ministro, questo inusuale procedimento è stato testimoniato dal fatto che lei, al Senato, visti gli appunti critici - diciamo così - di molti dei presidenti di gruppo che avevano preso la parola prima che lei intervenisse, ha esordito dicendo: «se mi chiama il Parlamento, devo rispondere». In un arco di tempo molto breve il Presidente del Senato ebbe modo di precisare che è il Governo a decidere a quali atti di sindacato ispettivo urgenti rispondere in Senato nella fascia oraria prevista. Quindi, si è scelto di dare assoluta priorità a quella risposta.
Perché abbiamo presentato l'interpellanza urgente in oggetto e cosa chiediamo? Ovviamente, non si entra nel merito della vicenda, né delle posizioni, né delle prevenzioni, tuttavia, c'è da capire come mai la diplomazia italiana e il Capo della diplomazia italiana abbiano ritenuto di intervenire in modo così diretto in questa vicenda.
Signor Ministro, nel suo intervento al Senato, lei ha detto che le ragioni di questo interessamento risiedevano nella richiesta di un chiarimento, perché vi erano state delle voci di stampa che avevano, in qualche modo, alluso ad un coinvolgimento dei servizi di intelligence italiani. Non so se la Farnesina abbia responsabilità sull'intelligence e, quindi, casomai, se non doveva essere stato qualche altro Dicastero a chiedere conto per chiarire se l'intelligence fosse stata davvero coinvolta in quella vicenda. In realtà, su un giornale di proprietà della famiglia Berlusconi, era comparso un articolo in cui si diceva: i servizi segreti sono a Santa Lucia.
Quindi, sulla base di questo, non i Dicasteri eventualmente e direttamente chiamati in causa, ma nientemeno che il Capo della diplomazia italiana, il Ministro degli affari esteri, per tutelare il buon nome del Paese, messo a repentaglio non da altre vicende, ma da questa vicenda e da ciò che si dice dell'Italia, non a Bonn, ma a Santa Lucia, decide di intervenire.
Ebbene, non voglio farla lunga, perché mi sembra che le cose siano sufficientemente chiare. Credo che da questo lodevolissimo tentativo di trasparenza, il Paese abbia ottenuto un surplus di opacità. Chiedo, però, signor Ministro - e questo chiediamo nell'interpellanza urgente - per quale ragione, che non sia quella relativa Pag. 18al fatto che su il Giornale era scritto che a Santa Lucia vi sarebbero stati i servizi segreti - fatto peraltro smentito, allora, da tutte le autorità preposte al governo dei servizi segreti di qualsiasi natura; ciò appunto è stato smentito sui giornali - lei abbia scelto di chiedere chiarimenti al Primo Ministro di Santa Lucia.
Sebbene non abbiamo avuto ancora modo di vedere nulla, nella lettera di risposta - così come alcuni organi di stampa l'hanno chiamata - il Primo Ministro di Santa Lucia fa riferimento alla sua richiesta. Per quale ragione? Visto che poi queste carte segrete sono rimaste - e anche di questo non si capisce il perché - intere settimane chiuse nelle casseforti del Ministero prima di essere giustamente consegnate all'autorità giudiziaria. Quel lasso di tempo diventa obiettivamente difficile da comprendere. Per quale ragione, quando, ma soprattutto come. Io mi rifiuto di credere che un Ministro telefoni e dica: per favore mandami questo. Quindi, con quale forma protocollare, attraverso quali canali diplomatici. Ammetto la mia ignoranza, come si dice. Non so se questo tipo di lettere sono secretate, ma sono certo che lei avrà messo per iscritto una richiesta e quindi vorrei vederla, possibilmente. Siamo nei tempi di WikiLeaks, vorrei leggere in quale giorno e con quale argomentazione. Anche perché - lo ammetto - io non ho una grande esperienza parlamentare, ma sono abituato ad ascoltare e in queste circostanze il Ministro rispondendo ad una interrogazione o una interpellanze dice: in data XY, con lettera protocollata eccetera, il Ministero ha chiesto.
Quando invece l'ho ascoltata rispondere nell'Aula di Palazzo Madama, sono rimasto esterrefatto quando ha detto: «ho ritenuto di chiedere, eccetera, senza nessun riferimento preciso». Può darsi che gli uffici che l'hanno aiutata a preparare la risposta siano stati anch'essi frettolosi, visto il poco tempo.
Credo che si debba avere una risposta - sono certo che da parte sua arriverà - sul quando, sul perché e sul come questa richiesta è stata avanzata al Governo di Santa Lucia. E poi, magari, anche perché è rimasta qualche tempo «secretata» - ma non segreta - nella cassaforte della Farnesina (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Corsaro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00952.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, signor Ministro degli affari esteri, noi in realtà non avremmo mai voluto - e sin qui, a questa nostra sensibilità ci eravamo attenuti - portare in quest'Aula parlamentare la trattazione di questa vicenda, che occupa i sistemi di comunicazione e la dialettica politica nazionale oramai da troppo tempo. Non avremmo voluto perché siamo convinti che per alcune vicende altri siano gli ambiti che devono essere investiti, ambiti che attengono a storie, tradizioni e comunità, che hanno condiviso passioni, sacrifici e successi e che oggi si sentono umiliate dalle circostanze che sono diventate di pubblico dominio. Ma su questo avremmo modo magari di svolgere qualche riflessione nel corso dei prossimi minuti.
Dicevo che non avremmo voluto trattare questa vicenda, ma ci siamo visti costretti ad intervenire anche noi con una interpellanza urgente, signor Ministro, nei suoi confronti in relazione ad atteggiamenti che sono stati assunti da altri gruppi parlamentari in quest'Aula - con la presentazione della interpellanza urgente che è stata ora illustrata dal collega onorevole Della Vedova -, ma anche fuori nell'agone politico generale, con pronunciamenti e posizioni personali e soggettive nei confronti del signor Ministro degli affari esteri, che noi abbiamo ritenuto politicamente inaccettabili.
Voglio solo citare alcune delle dichiarazioni che hanno preso corpo su tutti gli organi di stampa il giorno dopo il suo intervento nell'Aula parlamentare del Senato della Repubblica, signor Ministro, in cui lei è stato additato con aggettivi sgradevoli: alcuni colleghi la hanno definita il «fattorino del Premier»; altri autorevoli Pag. 19rappresentanti di questo ramo del Parlamento, rivolgendosi a lei, hanno detto: «ora Frattini lo ammacco io»...

STEFANO STEFANI. Son forti! Son forti!

MASSIMO ENRICO CORSARO. ...fino a giungere alla presentazione di un esposto da parte di un sedicente militante: almeno la buona grazia di metterci la faccia, mi verrebbe da dire.
Peraltro, nell'interpellanza che è stata presentata e poc'anzi illustrata dal collega Della Vedova, vi sono alcuni aspetti di grande inesattezza. Ne voglio citare soltanto due: il primo fa riferimento ad auspici espliciti provenienti da parti della maggioranza, affinché della vicenda della casa di Montecarlo si interessi la magistratura.
Per quel che riguarda questo aspetto, voglio subito sgomberare il campo: questa è una totale menzogna. Nessuno ha mai inteso utilizzare la triste vicenda della casa di Montecarlo, pensando di investire la magistratura o alcuna procura della Repubblica. Si tratta di una vicenda i cui margini giudiziari non sono di interesse alcuno soprattutto da parte di chi si sente parte offesa dalle vicende che stanno emergendo.
I dati di fatto li conosciamo: c'era e c'è un immobile che faceva parte del patrimonio di una società legata al partito politico Alleanza Nazionale. Questo immobile è stato alienato ad una società off-shore originaria dell'isola di Santa Lucia, con un contratto che - non per parte nostra, ma per valutazione delle stesse autorità dell'isola di Santa Lucia - è sottostante ad una definizione valoriale molto inferiore ai prezzi di mercato. All'interno di questo appartamento vive o comunque questo appartamento è in disponibilità - poi si tratterà di capire in ragione di quale diritto - di un congiunto, di un affine del Presidente della Camera dei deputati, il quale - voglio ricordarlo sommessamente - per tutti gli anni della storia politica di esistenza del movimento Alleanza Nazionale, ne è stato il presidente.
Pertanto, questa è una vicenda che attiene ad una comunità che politicamente non c'è più perché non esiste più Alleanza Nazionale, ma che non può dimenticare la storia e il percorso che ha vissuto e le modalità con le quali e per le quali, faticosamente, un patrimonio, che è la garanzia di milioni di militanti, era venuto in disponibilità di quel soggetto politico. Tuttavia, mai nessuno di noi ha pensato che questo argomento dovesse o potesse diventare oggetto di discussione delle aule giudiziarie.
Il secondo aspetto sul quale mi voglio soffermare riguarda il fatto che, nella loro interpellanza, i colleghi di Futuro e Libertà per l'Italia, chiedono quale fosse l'interesse nazionale sottostante alla vicenda, che avrebbe indotto il Ministro degli affari esteri della Repubblica italiana ad occuparsi del problema.
Voglio ricordare che non noi, signor Presidente, ma il Presidente della Camera, già presidente di Alleanza Nazionale, ha dichiarato con un messaggio televisivo agli italiani: «Se dovesse emergere con certezza che Tulliani è il proprietario e che la mia buona fede è stata tradita, non esiterei a lasciare la Presidenza della Camera».
Di fatto, egli stesso, con un'operazione politica del tutto esterna ed estranea a quest'Aula parlamentare, ha inserito questo argomento di polemica al centro dell'interesse nazionale. Infatti, la terza carica dello Stato, che comunica agli italiani che vi è una circostanza per effetto della quale egli potrebbe lasciare un importante ruolo - quello, appunto, di terza carica dello Stato - diventa, già solo per questo fatto, una vicenda di interesse nazionale.
Tuttavia, signor Ministro per arrivare al senso della nostra interpellanza urgente, noi riteniamo che lei abbia, correttamente, non solo presenziato ma anche esposto la circostanza dei fatti al Senato della Repubblica, rispondendo a quella che è una prassi parlamentare, ovvero, il parlamentare le chiede delle notizie e lei, come ha fatto in molte occasioni nel corso di questa legislatura, ha avvertito la sensibilità di fornire le risposte di cui era conoscenza. Nel suo intervento, signor Ministro, si è Pag. 20occupato esattamente del buon nome delle istituzioni e ha avuto l'eleganza, mai reciprocamente corrisposta nei suoi confronti da altri operatori della competizione politica, di non entrare neanche per una virgola nel merito di una storia meschina. Il risultato di ciò è stata la presentazione di un esposto da parte di un anonimo militante di Futuro e Libertà per l'Italia ed è curioso peraltro che un movimento che deve costituirsi di qui ai prossimi dieci giorni, già affermi l'esistenza di militanti (i militanti sono coloro i quali partecipano ad un soggetto politico esistente e questo ancora oggi non c'è, ma questo fa parte della dialettica politica); ed è curioso che da questa vicenda, nel giro di minuti, neanche di ore, lei, signor Ministro, sia diventato un indagato per abuso di ufficio tanto da arrivare al paradosso di una possibile acquisizione da parte della magistratura degli atti parlamentari, del testo del suo intervento che, oltre ad essere di pubblico dominio, essendo un atto parlamentare, è di per sé, per il fatto stesso, insindacabile, ma che diventa a questo punto oggetto, evidentemente, di una valutazione extrapolitica ed entra nelle Aule parlamentari.
Signor Presidente, signor Ministro, nel suo intervento al Senato, lei ha esposto un passaggio chiaro che basterebbe a dare una risposta agli interrogativi su cui ci stiamo interrogando questa mattina. Voglio citare testualmente una parte dell'intervento del Ministro al Senato: «oggetto della polemica - dice il Ministro Frattini - sono state anche l'origine e l'autenticità di un documento a firma del Ministro della giustizia di Santa Lucia che attribuiva allo stesso signor Giancarlo Tulliani la titolarità di società offshore intestatarie dell'immobile. In detto documento si sarebbe precisata e indicata l'esistenza di un'inchiesta disposta dalle autorità di Santa Lucia nata dalla circostanza di dover accertare perché il prezzo di vendita di quell'appartamento fosse basso in relazione al livello medio del prezzo di mercato di immobili collocati in Montecarlo». Questo è il punto: «Vi fu una polemica che investì anche una presunta manipolazione del documento e quindi la sua autenticità; da alcuni organi di stampa si era indicato anche un presunto ruolo di organi dello Stato in tale attività».
Mi chiedo, ora, e vi chiedo se il Ministro degli esteri della Repubblica italiana non ha il dovere di intervenire, nel momento in cui, in una comunicazione di carattere internazionale, qualcuno sostiene che organi istituzionali dello Stato manipolano dei documenti ancora non ufficiali (perché allora non sapevamo l'origine ufficiale che è stata poi determinata dall'acquisizione successiva della rappresentazione del Primo Ministro del Governo di Santa Lucia) e, se il Ministro degli esteri non si fosse occupato di tutelare la credibilità delle istituzioni dello Stato in tutte le sue diramazioni, allora certamente, oggi, avremmo un motivo serio per lagnarci della latitanza dell'attività del Ministro degli esteri. Anche per questo, signor Ministro, la ringraziamo non solo per la sobrietà del suo intervento e del contenuto delle cose che lei ci ha voluto esporre, ma anche per la puntuale attenzione che ha voluto riservare al bene pubblico della credibilità delle nostre istituzioni.
Un'ultima cosa, signor Ministro, che corrisponde al testo della nostra interpellanza. Le chiediamo se per davvero, alla luce degli atti che lei ha acquisito, siamo in grado di poter serenamente affermare di essere tutelati come immagine nazionale e in relazione alle vicende che abbiamo appreso, anche in ragione della documentazione ufficiale che lei è stato in grado di esporre nel suo intervento al Senato, se questo per davvero pone la parola fine almeno sotto l'aspetto istituzionale, perché sotto l'aspetto della dialettica politica e soprattutto della necessità di una comunità di andare a fondo su una vicenda meschina, la storia è ancora da aprire (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, ha facoltà di rispondere.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, la ringrazio Pag. 21molto e voglio ringraziare coloro che hanno illustrato le interpellanze, l'onorevole Della Vedova e l'onorevole Corsaro, anche per il tono e il modo certamente istituzionale e garbato che ha caratterizzato queste illustrazioni, in particolare quella dell'onorevole Della Vedova.
Inizio con una doverosa premessa a quest'Aula ricordata dall'onorevole Corsaro: come è noto, un cittadino, che le agenzie di stampa hanno definito un militante del movimento politico Futuro e Libertà, movimento cui appartengono gli onorevoli interroganti, ha presentato una denuncia in relazione all'episodio in questione e conseguentemente, come atto ovviamente dovuto, la procura di Roma ha avviato un'indagine.
La questione è quindi oggetto di valutazione da parte della magistratura inquirente proprio in questo momento; tuttavia poiché la questione riguarda me stesso - e, onorevoli deputati, la verità è una sola e ne sono certo: sarà rapidamente accertata dalla giustizia - sento di rispondere in quest'aula, non solo egualmente come avrei fatto, ma esattamente con gli stessi argomenti che metterò a disposizione degli organi inquirenti.
Ribadisco, in relazione al riferimento dell'onorevole Della Vedova, che per quanto mi riguarda - il Governo non è un'entità astratta - per quanto riguarda me e i sottosegretari che collaborano con me, mai ho tardato una risposta a interpellanze e interrogazioni definite urgenti dagli interroganti e dagli interpellanti.
Come si ricorderà, lo scorso settembre la polemica, sorta nel corso dell'estate a proposito della proprietà del noto appartamento di Montecarlo, aveva raggiunto toni di particolare virulenza e soprattutto, a scatenare ulteriori congetture e accuse è stata la diffusione su alcuni giornali di un documento a firma del Ministro di giustizia, Attorney General, dello Stato di Santa Lucia.
Non solo organi di informazione, onorevoli colleghi, ma anche diversi esponenti parlamentari hanno parlato allora di atti di dubbia autenticità se non addirittura falsi, formalmente intestati ad autorità di Stati stranieri allo scopo di alimentare una campagna scandalistica.
È stata ventilata, a quel tempo, la possibile partecipazione di pezzi di Servizi deviati a questa presunta azione di dossieraggio. Il riferimento che desidero fare è in particolare alle dichiarazioni di un esponente parlamentare che ha chiamato in causa, esplicitamente e formalmente, responsabilità e competenze non solo della Presidenza del Consiglio, ma anche del Ministero degli Affari esteri, invitandoli a fare chiarezza.
Mi riferisco alla dichiarazione del 22 settembre 2010 dell'onorevole Briguglio rilasciata alle agenzie ANSA e APCOM che faceva riferimento testualmente a responsabilità e competenze della Presidenza del Consiglio e del Ministero degli Affari esteri e lamentava la gravità di pubblicazioni di documenti falsificati.
Per parte sua il Dipartimento informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio da cui dipendono i Servizi effettivamente adottò un'iniziativa: sottolineò in una dichiarazione ufficiale l'assoluta infondatezza di quanto pubblicato in ordine ad attività di qualsiasi natura illegale attribuite ai Servizi di informazione e sicurezza.
Il Presidente del Consiglio con una propria dichiarazione denunziò l'irresponsabilità di chi diffonde voci del genere per ragioni di polemica politica.
Per fugare - e vengo alla competenza del Ministero degli affari esteri, che l'onorevole Della Vedova ha cortesemente richiamato -, anche sul fronte internazionale, ogni dubbio suscitato da tali false ricostruzioni circa una presunta manipolazione del documento, e quindi tutelare l'immagine di istituzioni dello Stato italiano, pesantemente messa in discussione, ho ritenuto di chiedere alle autorità del Governo di Santa Lucia un chiarimento ufficiale sull'origine e soprattutto sulla autenticità dell'atto emesso dal Ministro della giustizia di quel Paese. Tutti gli onorevoli deputati sanno che è evidente che Pag. 22chiarimenti e riferimenti ad un Governo straniero siano chiesti dal Ministero degli affari esteri.
Ma aggiungo un altro elemento che può, in qualche modo, caratterizzare e illustrare esattamente - come direi e dirò all'autorità giudiziaria inquirente, e lo stesso faccio in quest'Aula -: proprio nei giorni in cui tali dichiarazioni erano rilasciate (22 settembre 2010), proprio nei giorni in cui il contestato documento era riportato sulla stampa italiana, mi trovavo a New York per la settimana di apertura dell'Assemblea generale dell'ONU, che comincia, come è noto, il lunedì e finisce il sabato. Esattamente in quei giorni, a margine dei lavori della stessa Assemblea ho tenuto circa trenta incontri formali ed una ventina di incontri informali tra bilaterali e multilaterali ed ho ritenuto doveroso preavvertire personalmente e direttamente, vista la sua presenza ai lavori dell'Assemblea generale dell'ONU, il Primo Ministro di Santa Lucia, al quale ho detto che gli avrei scritto formalmente per la conferma dell'autenticità di quel documento contestato. Il Primo Ministro di Santa Lucia si limitò, ovviamente, a prendere atto dell'informazione, riservandosi di acquisire la richiesta ufficiale per esaminarla.
Vengo alla richiesta, la quale è stata effettuata, in quanto Ministro degli affari esteri, con mia lettera ufficiale alcuni giorni dopo, il 6 ottobre del 2010. La richiesta è stata trasmessa al Governo di Santa Lucia ovviamente in via diplomatica, attraverso le rispettive rappresentanze presso le Nazioni Unite, non essendovi, come è noto, sedi diplomatiche italiane a Santa Lucia o sedi di Santa Lucia in Italia e, per parte sua, il Primo Ministro di Santa Lucia ha ritenuto di rispondere con una lettera e con degli allegati che sono pervenuti il 28 dicembre al Gabinetto del Ministero da me presieduto, e sono stati da me visionati al mio rientro, dopo le festività.
Come ho già detto in Senato la risposta era esattamente quella di conferma dell'autenticità del documento del Ministro della giustizia di quel Paese; informai il Senato e confermo ovviamente oggi di avere inviato la lettera e la documentazione ad essa allegata alla procura per le valutazioni di competenza. Anche su questo è ovvia una precisazione: ho ritenuto di valutare quegli atti e poi di trasmetterli alla procura, come atto di corretta collaborazione tra istituzioni e non ovviamente come denuncia di reato. Quello che ha detto l'onorevole Corsaro è particolarmente evidente: quella richiesta e quella risposta non erano e non sono un atto compiuto nell'ambito di un'azione volta a individuare un reato, ma semplicemente per definire se vi fosse stata o meno una manipolazione e, quindi, una non autenticità del documento distribuito.
Per questo ho ritenuto e ritengo doveroso il riserbo sul contenuto della documentazione, perché tale documentazione è stata ormai messa integralmente a disposizione degli organi giurisdizionali.
Infine, in particolare per l'onorevole Corsaro, la conferma dell'autenticità di tale documentazione ha potuto eliminare i sospetti e i dubbi di qualsiasi interferenza negativa e addirittura di una manipolazione, che dichiarazioni politiche e indicazioni giornalistiche avevano fatto sorgere in quel momento e che, a mio avviso, con la conferma al più alto livello del Governo del Paese originatore, credo siano state definitivamente fugate (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. L'onorevole Bocchino ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00948.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, per certi versi, signor Ministro, posso dirmi soddisfatto della sua risposta, perché lei con il suo intervento adesso è reo confesso come complice di una operazione di dossieraggio (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

SERGIO MICHELE PIFFARI. Così è!

ITALO BOCCHINO. Noi avevamo annunciato che presto si sarebbe saputo di Pag. 23un suo incontro informale e riservato che ha taciuto con il Premier di Santa Lucia e che oggi ha comunicato all'Aula semplicemente perché da giorni stiamo dicendo che presto avremmo reso noto che incontri ha avuto il 24 settembre dello scorso anno a New York.
Quando un Ministro incontra un Primo Ministro di un altro Paese c'è un verbale di questo incontro, c'è un verbale di quello che si sono detti, ma lei ha incontrato il Presidente di Santa Lucia per conto terzi. Rispondo anche all'onorevole Corsaro: non l'ho accusata di essere il fattorino del Premier; ho detto semplicemente che per gli americani lei è il fattorino del Premier, è una cosa diversa (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

FABIO EVANGELISTI. C'è anche chi fa di peggio.

ITALO BOCCHINO. Per l'ambasciata degli Stati Uniti in Italia lei è ritenuto il fattorino del Premier.
Signor Ministro, lei non solo ha confessato di essere andato, senza averne titolo, dal Premier di Santa Lucia, che è un paradiso fiscale che utilizza la propria legislazione per consentire l'aggiramento delle norme dei Paesi come il nostro, del mondo occidentale, ma ha confessato di essere andato a chiedergli la documentazione perché, come è ovvio e come tutti sanno, qualcuno glielo aveva chiesto.
Non si capisce a che titolo. Lei dice che c'era il dubbio dell'intervento dei servizi segreti, ma le ricordo che lei da anni non ha più la delega ai servizi segreti. Dei servizi segreti in questo Paese se ne occupano il DIS, attraverso il prefetto De Gennaro, e non è lei il prefetto De Gennaro, la Presidenza del Consiglio attraverso un'autorità delegata che è il dottor Gianni Letta, e non è lei il dottor Gianni Letta, e il COPASIR, attraverso l'organismo collegiale nominato dai Presidenti delle Camere. Se aveva questo dubbio doveva scrivere a De Gennaro, a Letta e all'allora presidente del COPASIR e dire: guardate, ho questo dubbio da Ministro degli esteri e quindi attivatevi per capire.
Poi, le chiedo, mi scusi signor Ministro, ma lei si affretta a New York ad incontrare il Premier niente meno di Santa Lucia per avere notizie sui documenti della casa di Montecarlo e quando la povera nipote di Mubarak viene arrestata per furto non chiama nemmeno l'ambasciatore d'Egitto in Italia per dire: «Avvisate immediatamente il Presidente Mubarak che la nipote è qui, ma sta intervenendo il Presidente del Consiglio per farla rilasciare e per farla dare in affido ad un consigliere regionale. State tranquilli» (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia ). Lì si dimentica di fare il Ministro degli esteri; all'improvviso si dimentica di fare il Ministro degli esteri.
Lei dice che ha mandato il 6 ottobre una lettera per i canali diplomatici, ma innanzitutto i canali diplomatici con Santa Lucia li teniamo attraverso l'ambasciata in Venezuela, a me risulta, e ci spieghi perché l'ha mandata all'ONU. Ci faccia vedere il protocollo, la lettera protocollata del 6 ottobre e poi ci spieghi perché, se si è messo d'accordo con il Premier di Santa Lucia di scambiarsi lettere per via diplomatica attraverso la nostra rappresentanza all'ONU, il Premier di Santa Lucia le ha scritto per posta ordinaria con il corriere Fedex.
Ci spieghi queste cose, oggi che lei è reo confesso. Ci dica anche una cosa: qualche giorno prima che le arrivasse la lettera, il Presidente del Consiglio, nella conferenza stampa di fine anno, disse che il Presidente della Camera si sarebbe dovuto dimettere per ragioni che allora non poteva dire, ma che sarebbero state presto rese note.
Quindi, già sapeva e aveva già avvisato lei il Presidente del Consiglio che nella conferenza stampa di fine anno ha utilizzato quelle parole? La verità è che lei si è adoperato - ed oggi è reo confesso - travalicando le sue funzioni e offendendo il ruolo della diplomazia italiana, perché le era stato chiesto di procurarsi la documentazione affinché si potesse andare all'assalto del Presidente della Camera per chiederne le dimissioni. Lei ha fatto uno Pag. 24sgarbo istituzionale gravissimo e si è reso protagonista di una vicenda torbida per la quale oggi è indagato.
In questa vicenda torbida ci sono faccendieri senza reddito formale in Italia che giravano con aerei privati tra Panama, Brasile (dove organizzavano feste con ballerine per il Presidente del Consiglio) e Santa Lucia. Si tratta di faccendieri che lei ben conosce, con i quali ha rapporti personali. Da Ministro degli esteri vorrei sapere da lei come fanno questi signori italiani a girare per i Caraibi con aerei privati dicendo che sono alla ricerca di documentazione contro il Presidente della Camera? Perché si è dimenticato di intervenire in questi casi come Ministro degli esteri?
Oggi lei ha dimostrato di essere reo confesso, ma soprattutto è molto grave il fatto che lei abbia violato il galateo istituzionale. Ha messo la Farnesina in maniera impropria a disposizione di una strategia contro la terza carica dello Stato nel tentativo di occupare anche questo ruolo istituzionale per piegarlo alla logica con cui si è piegato lei - mi dispiace anche per il nostro rapporto personale, signor Ministro - e si è piegato anche il Presidente del Senato mettendo all'ordine del giorno immediatamente la risposta all'interrogazione.
Lei dichiara di non entrare nel merito, di avere trasferito le carte alla Procura e, quindi, di non poter dire che cosa c'è scritto. Io ho visto i documenti. Non c'è scritto nulla. C'è una lettera del 16 settembre nella quale è scritto che il Ministro di Santa Lucia si è informato dal notaio che ha fatto il rogito a Montecarlo e, secondo quanto si dice a Montecarlo, risulterebbe che... È questa la prova di Santa Lucia? Sono questi i documenti di Santa Lucia? Perché non hanno tirato fuori i documenti a Santa Lucia? In quel documento hanno scritto che avrebbero fatto un'inchiesta e che vi avrebbero fatto sapere le risultanze, ma le risultanze sono scomparse.
Lei ha taciuto il merito della lettera proprio per far credere che chissà che cosa ci fosse. La verità è che si è prestato - lo ribadisco e concludo - ad una operazione di dossieraggio dissennata con un obiettivo anti-istituzionale teso a colpire la terza carica dello Stato e lo ha fatto piegando a questa logica i mezzi della diplomazia italiana, senza averne titolo, senza utilizzare le vie formali e poi, cosa ancor più grave, si è conservato in cassaforte tutto ciò fino al momento opportuno nel quale il documento sarebbe servito al Presidente del Consiglio per distrarre l'attenzione dal caso Ruby.
Nel momento nel quale il Presidente del Consiglio era sotto scacco, avete aperto la cassaforte della Farnesina e avete tirato fuori i documenti (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia)! Così non si servono le istituzioni, signor Ministro! Questo è un fatto gravissimo del quale per ora sta rispondendo dinanzi alla magistratura italiana e di cui oggi risponde in Parlamento, ma è molto grave che una persona come lei, che viene dalla magistratura, che ha sempre detto che non si sarebbe mai messo a disposizione della «macchina del fango» si sia messo a disposizione di un atto così grave contro le istituzioni di questa Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia)!

PRESIDENTE. L'onorevole Corsaro ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00952.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, debbo dire che le difficoltà con la quale il collega Bocchino ha provato ora ad arrampicarsi sugli specchi sulla vicenda della casa di Montecarlo e delle operazioni ad essa connesse sarebbero probabilmente già di per sé sufficienti per dichiararmi soddisfatto. Tuttavia, ho ragione di ritenere che le inesattezze esposte dal presidente Bocchino meritino qualche approfondimento.
Vede (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

CARLO CICCIOLI. Torna in Aula!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, consentite all'onorevole Corsaro Pag. 25di svolgere il proprio intervento. Prego, onorevole Corsaro...

MASSIMO ENRICO CORSARO. Dicevo che qualche risposta nel merito va certamente data, a cominciare dal ribadire l'assoluta, totale e inconfutabile correttezza dell'operato del Ministro degli affari esteri della Repubblica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
È paradossale e risibile - e mi permetterei quasi di dire che è ridicolo - che in un'Aula parlamentare si provi a sostenere l'inesistenza, nelle relazioni politiche, di rapporti e di incontri che esulano dalla istituzionalità e dalla loro verbalizzazione. Se poi a questo dobbiamo aggiungere la considerazione che la circostanza che è stata rappresentata dal signor Ministro degli affari esteri attiene ad un'Assemblea dell'ONU, in cui si trovano centinaia e centinaia di rappresentanti e di delegati della politica e della diplomazia internazionale, e pensare che non vi possano essere, nel volgere delle giornate di lavoro, rapporti e incontri che esulano dalla necessità di percorrere strade ufficiali di verbalizzazione, è un po' come venire a raccontare la storia di Alice nel paese delle meraviglie.
Ma non basta, signor Presidente. Con un Paese straniero - e l'onorevole Bocchino adesso è insolitamente assente, come è già capitato in quest'Aula in altri momenti - ha...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, ma questo non è un dibattito!

CARLO CICCIOLI. Sei nervoso! Sei nervoso!

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, per favore, basta. Colleghi, per cortesia (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Ci penso io e ho già richiamato l'onorevole Quartiani. Invito gli altri componenti del gruppo dell'onorevole Corsaro a consentire allo stesso di parlare e a rivolgersi possibilmente alla Presidenza e al Ministro, evitando di interloquire con gli assenti.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, stavo sottolineando alla sua attenzione le inesattezze dell'onorevole Bocchino. La ringrazio, comunque, per avermi richiamato in questo senso.
L'onorevole Bocchino, signor Presidente, ha cercato di sostenere che altri fossero gli organismi e le rappresentanze istituzionali cui competeva, eventualmente, rivolgersi alle autorità di Santa Lucia per appurare se la circostanza dell'eventuale intervento scorretto da parte di organi dello Stato italiano avessero, in qualche modo, artefatto il documento che era divenuto di conoscenza pubblica.
Tuttavia, vi è una piccola circostanza che la prego, signor Presidente, di rappresentare al presidente Bocchino, perché non faccia un'altra volta questo errore. Ai rappresentanti degli Stati internazionali si rivolge e può rivolgersi soltanto il Ministro degli affari esteri della Repubblica. La prego di dirlo, signor Presidente onorevole Bindi, al presidente Bocchino.
Oltretutto, il Ministro degli affari esteri si è attenuto alla necessità di chiedere, di preavvertire il Presidente del Consiglio del Governo di Santa Lucia dell'invio di una richiesta ufficiale di una risposta in merito alla veridicità di un documento. Ma è chiaro che il tentativo di attacco al Ministro degli affari esteri rappresenta il tentativo di alzare un polverone su una vicenda sulla quale capisco che vi sia un grande imbarazzo e che - lo ripeto - non voglio trattare e non credo che debba diventare un argomento di discussione da parte di quest'Assemblea.
Tuttavia - e lo dico a lei, signor Presidente, perché voglia, se lo crede, informare anche l'onorevole Bocchino -, se qualcuno pensa che alzando il livello delle intimidazioni una comunità intera rinunci a capire, sino in fondo, se le proprie battaglie sono state compiute, nel corso di decenni, per consentire a qualche Pag. 26rampollo di svernare in Costa Azzurra, se lo dimentichi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
È stato anche detto che questa vicenda sarebbe stata intenzionalmente utilizzata, da parte della maggioranza, per sollevare la questione della richiesta di dimissioni del Presidente della Camera.
Anche in ordine a questo punto, non c'è nulla di vero: nessuno di noi ha mai chiesto le dimissioni del Presidente della Camera perché avrebbe spostato parte del patrimonio di Alleanza Nazionale - e quindi non nella sua personale disponibilità - alla disponibilità di persone a lui molto vicine, facendo ricorso a operazioni tecnicamente curiose per un'alta carica delle istituzioni, come la vendita e l'alienazione ad una società offshore di un Paese che, in alcune occasioni viene deriso, ma che, in altre circostanze, invece viene utilizzato per transazioni internazionali.
È vero il contrario e cioè che noi abbiamo sollevato una valutazione di opportunità politica sul mantenimento del ruolo di terza carica dello Stato da parte di un importante personaggio politico nazionale, che ha contemporaneamente assunto il ruolo di capo di un partito politico di opposizione e, per tale fatto - lo ha dimostrato la triste vicenda del COPASIR della settimana scorsa -, non è stato più in grado di garantire quella terzietà nei confronti delle forze politiche che la terza carica dello Stato deve garantire in nome di quella correttezza delle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Sulla vicenda in conclusione, signora Presidente, credo che gli italiani si siano fatti una chiara fotografia. Quello di cui discutiamo è un tema di credibilità delle persone, un argomento che attiene a miserie umane, non a vicende politiche.
Si è cercato addirittura di storpiare la traduzione della lingua inglese per contestare la veridicità di un documento: beneficial owner è stata definita il 25 settembre 2010 da Il Sole 24 ore, il quotidiano economico più venduto in Europa da qualche decina di anni, come una formula che indica il proprietario beneficiario e si utilizza maggiormente quando una persona coinvolta mira a far «seminare» le proprie tracce.
Quindi, non c'è nessun dubbio sulla circostanza che si tratti del reale proprietario dell'immobile. Ma su questo elemento - affinché le cose siano chiare su un aspetto che, lo ripeto, non avrebbe dovuto investire l'attenzione di questo Parlamento - interviene non quel bieco personaggio che risponde al nome di Massimo Corsaro, signora Presidente, ma l'onorevole Carmelo Briguglio, autorevole esponente del gruppo di Futuro e Libertà per l'Italia, intervenuto in una trasmissione televisiva, L'ultima parola, andata in onda su RAI due venerdì scorso, 28 gennaio (nel corso della quale uno degli argomenti di discussione è stato quello relativo alla vicenda della casa di Montecarlo). Dopo la messa in onda di un collegamento esterno che rappresentava la presenza di un gruppo di persone e di ragazzi, sotto un'abitazione del quartiere Parioli di Roma, anch'essa facente parte del patrimonio di Alleanza Nazionale e anch'essa trasferita al patrimonio di Alleanza Nazionale per mandato ereditario della contessa Colleoni, e, in risposta alla circostanza che il rappresentante dei manifestanti sollevava il timore che anche quell'appartamento - come già quello di Montecarlo - potesse essere in modo surrettizio alienato e quindi distratto dal patrimonio comune di tutti noi, che siamo appartenuti alla gloriosa storia di Alleanza Nazionale, l'onorevole Briguglio, alla ripresa della diretta, dallo studio ha testualmente detto - e cito testualmente, chiedendo scusa se in qualche occasione la ricostruzione sintattica sembra un po' scorretta -: «Il patrimonio di Alleanza Nazionale oggi è intestato ad una fondazione, dove negli organi societari certamente non è in maggioranza il fronte finiano. Per cui, diciamo questo scenario che vediamo mi sembra assolutamente improbabile». Quindi, l'onorevole Briguglio ha cercato di tranquillizzare chi temeva che anche un'altra parte del patrimonio potesse essere distratta, dicendo loro che la maggioranza del consiglio di Pag. 27amministrazione della fondazione nella quale oggi albergano i beni patrimoniali di Alleanza Nazionale non è in gestione al gruppo di Futuro e Libertà per l'Italia.
Siamo d'accordo con lui, con l'onorevole Briguglio, e, anche per questo, ringraziamo il Ministro Frattini (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, consentitemi di dire che abbiamo assistito ad un uso di uno strumento istituzionale anche per una sorta di dibattito politico tra due componenti di una «gloriosa» comunità. Questo qualche volta capita, ma vale la pena sottolinearlo.

(Informazioni sui lavori dell'autostrada Asti-Cuneo, con particolare riferimento all'ipotesi progettuale alternativa relativa al lotto 2.5 - n. 2-00951)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00951, concernente informazioni sui lavori dell'autostrada Asti-Cuneo, con particolare riferimento all'ipotesi progettuale alternativa relativa al lotto 2.5 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, sarò breve considerato che il testo della nostra interpellanza urgente è estremamente chiaro e raccoglie le vive e profonde preoccupazioni della comunità provinciale cuneese ma non solo, anche regionale, stante l'importanza di questa autostrada Asti-Cuneo rispetto alla quale la questione è conoscere quali sono i tempi e gli elementi rispetto a modifiche o ipotesi di modifica progettuale già oggetto di appalto nella concessione affidata alla Asti-Cuneo Spa.
Credo che non debba ripetere tutto il contenuto di questa interpellanza. Auspico dal sottosegretario una risposta puntuale sulle questioni che abbiamo posto nell'interpellanza, vale a dire: se si è perseguita la strada di un'ipotesi progettuale alternativa relativamente al lotto 2.5 che sembrerebbe essere oggetto di modifiche - così era stato detto - per l'alto costo; quali siano gli accorgimenti presi dal Ministero per le infrastrutture ed i trasporti al fine di recuperare il tempo che inesorabilmente verrà perso per altre ipotesi progettuali; soprattutto vogliamo conoscere, rispetto al dato che lei illustrerà sui due primi punti, quali ripercussioni potrebbero avere la modifica di un progetto già appaltato relativamente agli oneri che derivano dai sottoscrittori della concessione stessa.
Si tratta di questioni che preoccupano molto, tenuto conto che questo collegamento autostradale ha un iter ormai ultraventennale e che c'erano dei cronoprogrammi, messi a disposizione dai vari Ministri che hanno avuto la responsabilità del Ministero per le infrastrutture e i trasporti, che prevedevano la piena funzionalità dell'autostrada alla fine del 2012.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Vorrei pertanto avere una risposta che diradi le preoccupazioni e che soprattutto faccia capire se, nelle more di un nuovo progetto, il collegamento provvisorio che verrebbe ipotizzato risponde alle condizioni di sicurezza e di sostenibilità del traffico locale e autostradale che verrebbe a realizzarsi con tale impostazione provvisoria.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, parliamo qui di un'opera importante per la provincia di Cuneo, che ha dato molto alla costruzione del processo unitario, che ha dato al Paese politici come Giolitti ed Einaudi e grandi riformatori come Coppino e Soleri, che ha avuto tra i suoi sindaci Camillo Benso conte di Cavour, e che nel dopoguerra ha dato vita ad uno sviluppo economico e sociale molto importante, classificandosi ai migliori posti anche per la gestione dei conti pubblici.
Per il Governo la Asti-Cuneo è un'opera importante per migliorare i collegamenti Pag. 28con l'economia italiana e mondiale di una provincia che esporta i suoi prodotti in ogni parte del mondo. È un'opera importante per una provincia che da anni cresce di più della media nazionale grazie al turismo e all'enogastronomia, ma anche grazie alle sue esportazioni.
Onorevole Delfino, in relazione ai tempi di realizzazione dei lavori dei lotti 2.5 e 2.6 (lotti albesi) dell'autostrada Asti-Cuneo, si precisa che i riscontrati ritardi dei lavori non sono da attribuire allo studio di un'ipotesi alternativa, finalizzata al contenimento dei costi di realizzazione del lotto 2.5, ma all'esito della conferenza di servizi per il rinnovo dell'intesa Stato-regione, divenuta inefficace per decorrenza dei termini.
La conferenza si è conclusa in data 26 giugno 2009 presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ha disposto di assoggettare i progetti definitivi dei lotti in questione ad una specifica procedura di valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente, procedura ad oggi ancora in corso. Tale disposizione ha, infatti, imposto la necessaria elaborazione di uno specifico studio ambientale, che è stato presentato al Ministero dell'ambiente in data 16 aprile 2010 e, in relazione al lotto 2.6, in data 8 novembre 2010.
Il Ministero dell'ambiente ha richiesto alcuni chiarimenti ed integrazioni, che sono stati tempestivamente elaborati e presentati in data 10 gennaio 2011. Per il lotto 2.5 è attualmente allo studio un'ipotesi progettuale alternativa finalizzata ad ottenere il contenimento dei relativi costi di realizzazione. Tale elaborazione non pone ostacoli temporali all'ottenimento di un primo efficace collegamento a scorrimento veloce e a doppia carreggiata, senza soluzione di continuità tra Asti e Cuneo, la cui entrata in esercizio è prevista con il completamento dei lavori del lotto 2.6, provvisoriamente collegato con l'attuale tangenziale di Alba, che verrà utilizzata senza pedaggio anche dal traffico autostradale e opportunamente ammodernata e messa in sicurezza per la nuova destinazione.
Il nuovo collegamento tra il lotto 2.6 e l'attuale tangenziale di Alba costituisce, peraltro, una tratta integralmente inserita, con caratteristiche autostradali, adeguata in termini di sicurezza e livelli di servizio sia per il traffico locale che autostradale. Tale soluzione transitoria, con funzionalità di tipo misto (autostradale-stradale), è consentita da una adeguata e verificata sostenibilità, da parte delle attuali tangenziali di Asti ed Alba, sia per il traffico locale che autostradale e garantisce: l'accessibilità diretta, tramite l'attuale tangenziale di Alba, verso il sistema autostradale e il nuovo ospedale di Alba-Bra per l'utenza proveniente dal comprensorio albese; l'assenza di pedaggio nei tratti non autostradali del collegamento viario (tangenziali di Asti e Alba non gestite dalla concessionaria).
Successivamente all'acquisizione del decreto di valutazione di impatto ambientale per il lotto 2.6, si procederà con la conferenza di servizi, all'esito della quale potranno essere avviati i lavori.
Vorrei rassicurare che la linea operativa sino ad oggi seguita risulta conforme, secondo quanto dicono gli uffici, alla vigente normativa nazionale e comunitaria in materia di appalti e di concessioni.
In ogni caso, personalmente mi impegnerò a seguire attentamente, con gli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con l'ANAS, la tempistica di un'opera essenziale per la nostra economia e a tenerne adeguatamente informati i rappresentanti del Parlamento.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Giachino, perché ancora una volta ha confermato di presentarsi in Parlamento con una chiarezza della situazione e dello stato dell'arte di questa grande arteria.
È un'arteria che, ricordando il valore e il contributo dato dalla provincia all'unità d'Italia e quello dato oggi allo sviluppo e alla crescita economica del Paese, ha pienamente titolo e diritto di essere completata Pag. 29nei tempi e nei modi previsti, perché questo collegamento non è solo importante, ma fondamentale.
Relativamente all'andamento dei lavori degli altri lotti, confermo che vi sono elementi di piena condivisione di quanto affermato dal sottosegretario Giachino.
Rimango, invece, più perplesso per quanto attiene alle questioni insorte per la nuova valutazione di impatto ambientale. Si tratta di una procedura in corso, che, se non ho capito male, è scaturita dopo la conferenza del 26 giugno 2009.
Siamo, quindi, ad oltre un anno e mezzo di distanza. La procedura dovrà concludersi con un decreto di valutazione ambientale per il lotto 2.6.
L'unico vero appunto che le faccio, signor sottosegretario, è rispetto a quanto lei ha detto sulla possibilità di un'ipotesi progettuale alternativa. Certamente, prendo atto dell'impegno che lei ha dato di seguire con la massima attenzione la questione e di tenerci costantemente informati, ma non so a che punto siamo di questa nuova ipotesi progettuale, se siamo al progetto di massima, di fattibilità o al progetto esecutivo.
Lei non ha chiarito, se non con un'affermazione molto generale, dicendo che gli uffici assicurano che la gestione del contratto derivante dalla concessione viene fatta nel rispetto di tutte le norme contrattuali previste. Però, è indubbio che, con la modifica del progetto, senza avere una scansione temporale di come viene portato avanti l'iter della progettazione generale, della progettazione di fattibilità e della progettazione esecutiva, noi siamo nel buio più completo su come e quando il lotto 2.5 potrà essere messo in cantiere.
Nell'ultima risposta che lei ha dato, lei ha assicurato una piena compatibilità e sostenibilità del traffico locale e di quello autostradale tramite un collegamento provvisorio, che sarà realizzato in mancanza del completamento dell'opera nei tempi previsti. Infatti, se si fa un collegamento provvisorio, utilizzando l'attuale circonvallazione tangenziale di Alba, se vi è questa esigenza, è chiaro che ciò vuole dire che viene posposta la realizzazione del lotto 2.5 rispetto al cronoprogramma a suo tempo definito.
Prendo atto della sua dichiarazione: mi sembra una dichiarazione tranquillizzante, però impegnativa. Quanto abbiamo raccolto non va pienamente a coincidere con le sue affermazioni. Mi auguro che le preoccupazioni che vengono dal mondo produttivo siano esagerate e, soprattutto, mi auguro che l'ANAS o la società, pur non avendo la gestione di questo tratto della tangenziale, assicurino gli interventi per rendere quest'ultima compatibile e superare le difficoltà, le preoccupazioni e i conseguenti disagi che la realtà economica e produttiva e le comunità delle zone interessate mi hanno rappresentato.
Per cui, concludendo, credo che sarò in qualche misura soddisfatto, salvo che lei abbia la cortesia di fornirmi un'integrazione, successivamente all'intervento che ha svolto oggi in Aula e che comunque mi trova, per così dire, sufficientemente soddisfatto. È necessaria però un'integrazione sui tempi delle procedure di impatto ambientale sul lotto 2.6 e soprattutto delle procedure sul lotto 2.5, con i tempi e un crono-programma per quanto riguarda le diverse fasi di progettazione e naturalmente anche in questo caso, con il conseguente parere e decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ringrazio comunque il sottosegretario Giachino per il suo intervento.

(Iniziative per un'accoglienza adeguata dei lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura nella zona di Rosarno (Reggio Calabria) - n. 2-00945)

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00945, concernente iniziative per un'accoglienza adeguata dei lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura nella zona di Rosarno (Reggio Calabria) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIO TASSONE. Signor Presidente, discutiamo e affrontiamo un argomento, forse Pag. 30non di grande rilevanza, così come quello che abbiamo ascoltato poc'anzi. Si tratta di un dibattito tutto interno, che potremmo dire tra «ex amici», dove non arriviamo né raggiungiamo queste vette così alte, seguite ovviamente con grande attenzione da tutto il Paese, che vi dedica le sue giornate e non dorme per capire e comprendere questi spostamenti di immobili di altro genere.
Ritengo che ora noi ci interessiamo un poco, attraverso questa nostra interpellanza, dei miseri e dei derelitti di questa terra, di una realtà regionale come quella calabrese, che manifesta e presenta sempre più elementi di difficoltà e asperità, che certamente bisogna guardare con una diversa ottica, con diverso slancio e con una diversa volontà.
Ringrazio il signor Presidente e anche il sottosegretario all'interno, presente in Aula, che certamente, leggendo e soprattutto raccogliendo le osservazioni che evidenziamo nella nostra interpellanza, capirà di che cosa stiamo parlando. Stiamo parlando di Rosarno e delle vicende che hanno caratterizzato drammaticamente quella realtà nel gennaio 2010, con quell'esplosione di rabbia, con le manifestazioni molto forti e alcune volte anche violente da parte di immigrati, con le risposte altrettanto violente che vi furono anche in quel territorio e in quella realtà. Stiamo parlando di vicende drammatiche e amare, che ci riportano via via indietro nel tempo, in un'arretratezza ed esasperazione senza limiti, allo sfruttamento, all'attività di proprietari a volte senza scrupoli.
È una realtà, come dicevo poc'anzi, misera, che certamente ha bisogno non soltanto di essere guardata con attenzione, quando si trova al centro di manifestazioni o quando l'opinione pubblica o i mass media si polarizzano su quelle vicende; ritengo invece che bisogna affrontarla in termini molto seri e soprattutto molto incisivi in questo particolare momento, in cui si intravedono già delle situazioni di difficoltà e sussiste chiaramente una situazione che permane in tutta la sua gravità.
Signor Presidente, voglio ricordare al signor sottosegretario che, quando abbiamo discusso delle vicende di Rosarno, vi era stato il grande impegno di guardare con molta attenzione alla questione e, quando vennero rese le notizie relative a situazioni di vita subumana degli immigrati, si assunse da parte del Governo e di tutto il Parlamento un impegno: queste situazioni non potevano essere più accettate e dovevano essere rimosse. Oggi, ad un anno di distanza, dobbiamo dire con molta chiarezza che questa situazione si sta riproponendo drammaticamente.
Ci sono varie inchieste di giornali anche locali che hanno dedicato articoli e servizi molto ampi alla situazione di Rosarno, che poi è ripetitiva di altre realtà: c'è una massa di migranti, lo sfruttamento, le condizioni di vita che sono quelle che sono. Faccio riferimento ai container che sono costati 250 mila euro e che restano inutilizzati e a una raccolta di agrumi sempre più defatigante. Mi dicevano questa mattina che un chilo di agrumi viene a costare due centesimi, per cui non è più neanche remunerativa, non c'è neanche più lavoro e c'è una esasperazione molto forte.
Lei ricorderà, signor sottosegretario, che quando scoppiarono queste vicende nessuno aveva visto niente e ci fu un rimbalzo di responsabilità tra organi dello Stato e organi della regione. Ritengo, invece, che ci siano responsabilità che vanno distribuite equamente. La nostra interpellanza nasce da questa esigenza: c'è una situazione grave che permane anche dopo il gennaio 2010, è passato un anno e non sono stati compiuti passi in avanti. Che cosa aspettiamo, che venga fuori un'altra esplosione e che ci siano situazioni non più controllabili? Ecco perché questa nostra richiesta di capire e di comprendere perché ci sono state inadempienze, perché i container non sono stati messi in funzione, perché ancora la gente vive in capanne con una promiscuità incredibile (dieci o quindici persone in una stanza), nelle campagne abbandonate.
Ritengo che questa situazione certamente non può dare dignità e decoro a un Pag. 31Paese che riteniamo essere moderno, civile, avanzato e a una delle potenze più importanti e significative a livello mondiale: la nostra interpellanza nasce da questa esigenza. Mi auguro che la risposta possa offrire modulazioni di percorsi e garantire un'attenzione da parte del Governo, non soltanto quello centrale ma anche un coinvolgimento degli organi regionali e comunali.
C'è bisogno di un indirizzo, sia per quanto riguarda i temi e i problemi della sicurezza nonché, ancora più importanti, quelli del rispetto della dignità umana e dei principi che non possono essere rimossi ma che devono essere riaffermati, soprattutto in questo particolare momento, con tutto quello che si conviene e con tutto quello che c'è dietro, con le organizzazioni criminali che certamente sono sempre attivamente presenti quando c'è da sfruttare, alimentare violenze e soprattutto trarre da tutto ciò benefici e arricchimento.
La situazione resta sempre complessa e anche se molte volte esaltiamo - come è giusto - alcuni dei risultati raggiunti nel contrasto alla criminalità organizzata non c'è dubbio che, invece, tali risultati siano, molto spesso, degli episodi e non ci sia invece quel risultato complessivo, esaustivo e conclusivo che tutti noi auspichiamo. È un ribollire di situazioni e di vicende drammatiche e, certamente, questa vicenda relativa agli immigrati, insieme ad altre situazioni - come dicevo poco fa - collegate, credo formino un crogiolo e un magma che possono essere sempre più forieri di eventi pericolosi e soprattutto di arretramento di civiltà e ulteriore condizionamento di questa nostra regione nel suo anelito e nella sua ansia di progresso e di sviluppo civile e democratico.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, questa interpellanza urgente permette, a distanza di circa un anno, di affrontare nuovamente la delicata questione delle condizioni di vita in cui si trovano gli extracomunitari impegnati nella raccolta degli agrumi ed, in particolare, gli episodi che hanno interessato il comune di Rosarno. In questo tempo, la situazione è stata continuamente monitorata. Obiettivo delle istituzioni responsabili, la prefettura di Reggio Calabria, l'amministrazione comunale di Rosarno e le altre istituzioni coinvolte, è quello di contribuire al ristabilimento di condizioni normali di vita della popolazione, al rispetto della legalità, al fine di evitare il ripetersi di episodi di violenza e di intolleranza. Analoghi sforzi sono stati profusi per favorire l'effettiva integrazione degli immigrati nell'ambito della comunità rosarnese e garantire condizioni lavorative ed alloggiative dignitose a quanti sono impegnati nei lavori stagionali. In particolare, la cabina di regia di ciascuna iniziativa assunta a tutela della legalità è rappresentata dal tavolo tecnico permanente costituito presso la prefettura di Reggio Calabria, sede naturale del coordinamento delle forze di polizia per quanto riguarda l'attività di controllo del territorio, ma anche dal coordinamento istituzionale tra il sistema delle autonomie locali e le amministrazioni periferiche dello Stato.
L'attività della prefettura si muove in stretto collegamento con quella della procura della Repubblica, intensificando i rapporti di collaborazione nel rispetto delle reciproche responsabilità istituzionali. Questo sia per quanto attiene al coordinamento delle forze di polizia nell'attività di prevenzione e repressione, sia per quanto riguarda il coordinamento dell'attività investigativa che fa capo ai magistrati inquirenti. Al predetto tavolo tecnico hanno preso parte, oltre ai rappresentanti dell'amministrazione comunale, gli altri uffici ed enti a vario titolo interessati (forze di polizia, regione Calabria, provincia di Reggio Calabria, direzione provinciale del lavoro, azienda sanitaria provinciale, associazioni di categoria del comparto agricolo e del terzo settore), proprio nell'ottica di definire tutte le iniziative necessarie a scongiurare ed, eventualmente, Pag. 32fronteggiare il ripetersi di situazioni critiche, nonché al fine di prevenire situazioni di degrado igienico-sanitario ed assicurare ai lavoratori immigrati sistemazioni dignitose. Dai lavori del citato tavolo sono emersi importanti indicazioni sulla fisionomia attuale del fenomeno. In particolare, i rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro hanno evidenziato che le produzioni agrumicole hanno subito, in questa stagione, gli effetti di una grave crisi di mercato, tale da scoraggiare le imprese dal procedere alla raccolta dei frutti e, conseguentemente, all'assunzione di lavoratori da adibire a tale attività.
Gli amministratori comunali, invece, hanno prospettato la difficoltà di reperire immobili e risorse economiche da destinare all'ospitalità di lavoratori stagionali confermando, comunque, la disponibilità a dare assistenza a gruppi ristretti di extracomunitari, anche avvalendosi delle collaborazioni di esponenti del volontariato e di associazioni operanti nell'ambito del sociale. Inoltre, per fronteggiare efficacemente la questione alloggiativa, è stato interessato il presidente della regione Calabria. Quest'ultimo, d'intesa con il Dipartimento della protezione civile, ha reso noto che, quanto prima, saranno utilizzabili 20 container abitativi con la capacità complessiva di 80 posti letto. Tali moduli abitativi temporanei sono stati installati in un'area urbanizzata situata nel comune di Rosarno di proprietà del Consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Reggio Calabria. La questione è stata oggetto di un'apposita riunione del tavolo tecnico permanente tenutasi il 1o febbraio al fine di mettere a punto taluni profili organizzativi connessi al funzionamento della struttura destinata all'accoglienza di lavoratori extracomunitari presenti nel territorio di Rosarno. Alla riunione hanno preso parte il sindaco del comune, il responsabile del servizio di protezione civile della regione Calabria ed i rappresentanti dell'associazione di volontariato Drusium con sede a Rizziconi. Questi ultimi hanno, in particolare, manifestato la disponibilità a partecipare all'attività di gestione dell'istituenda struttura in base ad una specifica convenzione in corso di stipula con il comune di Rosarno. Il responsabile dei servizi di protezione civile ha comunicato che, proprio in data odierna, saranno trasportati, all'interno dei moduli abitativi, i beni mobili e le suppellettili che consentiranno l'apertura del centro già dalla giornata di domani. La questione è stata oggetto di attenzione anche da parte del consiglio comunale che si è impegnato ad informare la cittadinanza sull'apertura ufficiale della struttura. Assicuro che quest'ultima sarà, comunque, oggetto di un'assidua vigilanza da parte delle forze di polizia.
Voglio, inoltre, precisare che le istanze attualmente pervenute al comune di Rosarno da parte dei cittadini extracomunitari interessati a richiedere ospitalità presso la suddetta struttura sono di gran lunga inferiori ai posti disponibili. L'attività volta a prevenire eventuali emergenze igienico-sanitarie e favorire l'integrazione dei lavoratori immigrati non può, comunque, essere disgiunta da un impegno mirato all'intensificazione dell'attività ispettiva avente ad oggetto il fenomeno del lavoro irregolare di cittadini extracomunitari caratterizzato, frequentemente, dallo sfruttamento della manodopera e dal caporalato.
L'intensificazione dei controlli - operati in forma congiunta dalle forze di polizia, dalla Direzione provinciale del lavoro e dall'INPS nel contesto dell'apposito Piano straordinario di vigilanza, disposto dal Governo - si è rivelata un efficace deterrente per combattere l'utilizzo della manodopera irregolare nel settore agrumicolo.
Le analisi di recente condotte hanno, infatti, evidenziato che le generalità dei titolari delle aziende agricole operanti nell'area si attengono alla normativa che disciplina l'assunzione dei lavoratori extracomunitari, astenendosi dalla stipula di contratti di lavoro con soggetti sprovvisti di permesso di soggiorno e privi di regolare domicilio.
L'attività di vigilanza organizzata e programmata nell'ambito di tutta la provincia, in funzione delle colture e dei periodi che Pag. 33prevedono il maggior utilizzo di manodopera, si è svolta anche con ispezioni sui campi, proprio in occasione della raccolta delle colture predominanti della piana di Gioia Tauro. Complessivamente, nel corso del 2010, sono state ispezionate nella provincia 875 aziende agricole e controllati 1.781 lavoratori italiani, neocomunitari ed extracomunitari.
Il massiccio impiego degli ispettori in servizio presso la Direzione provinciale del lavoro ha portato ad una riduzione considerevole dell'impiego di lavoratori extracomunitari in nero, sprovvisti di permesso di soggiorno, soprattutto per evitare le pesanti sanzioni previste in materia. Effetto questo riscontrato anche dalle stesse associazioni dei coltivatori e sindacali di categoria, che hanno verificato una consistente diminuzione delle irregolarità in materia di assunzioni dei lavoratori stagionali da parte delle aziende operanti sul territorio.
Per lo svolgimento di tali attività di controllo - ed a conferma dell'attenzione costante del Governo - il personale ispettivo in servizio presso la Direzione provinciale del lavoro di Reggio Calabria è stato ulteriormente potenziato, con il distacco di cinque ispettori provenienti da sedi lombarde.
Secondo quanto riferito dall'Arma dei carabinieri, inoltre, si è registrata anche una variazione sensibile della provenienza geografica dei lavoratori impegnati nell'attività agrumicola. Infatti, durante l'attuale campagna di raccolta, la presenza di braccianti di origine africana è diminuita di circa il 70 per cento rispetto al passato, mentre è cresciuta, di contro, quella dei lavoratori comunitari (circa 1.400, provenienti prevalentemente dalla Romania e della Bulgaria). Si tratta per lo più di lavoratori già residenti nel comune di Rosarno, circostanza, quest'ultima, che rivela una maggiore capacità di integrazione con la popolazione.
In quest'ambito, accanto alle iniziative poste in essere dal Ministero dell'interno, non vanno trascurate quelle di competenza degli enti locali, che rappresentano lo strumento necessario per incidere sul tessuto economico e sociale rosarnese e creare così le condizioni ottimali per l'effettiva integrazione dei lavoratori extracomunitari. Mi riferisco, in particolare, a due specifiche iniziative, volte al miglioramento delle condizioni dei lavoratori impegnati nell'attività agricola a Rosarno: il progetto concernente la «Riqualificazione dell'area ex fabbrica Rognetta» - finanziato dal Ministero dell'interno per un importo pari a 930 mila euro, a valere sui fondi per la realizzazione di iniziative urgenti per il potenziamento della sicurezza urbana e la tutela dell'ordine pubblico, di cui all'articolo 61, comma 18, della legge 6 agosto 2008, n. 133 - e quello relativo all'utilizzo di un bene confiscato per la realizzazione di un «Centro di accoglienza e di formazione per i migranti», finanziato dallo stesso Ministero nel contesto del PON «Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno 2007/2013» misura 2.5, per un importo di 2 milioni di euro.
Il progetto consiste, in particolare, nel recupero di un bene confiscato e nella costruzione di un altro immobile ove verranno collocati uffici e servizi destinati all'accoglienza degli extracomunitari, strutturati su tre grandi aree: una per l'intrattenimento e il supporto scolastico dei bambini, una dedicata agli sportelli sociali ed uffici, l'ultima per la formazione professionale con laboratori e aule.
In particolare, a completamento dell'iniziativa che ho appena citato per la realizzazione di un centro di accoglienza, è stato sottoposto all'esame della segreteria tecnica del PON Sicurezza un altro progetto per la creazione di strutture abitative, da finanziarsi nel contesto dell'obiettivo 2.1 dello stesso programma, per un importo di oltre 3 milioni di euro.
Anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito delle risorse del Fondo politiche migratorie per l'anno 2010, ha destinato 600 mila euro alla regione Calabria per la realizzazione di iniziative rivolte a favorire l'accesso all'alloggio dei cittadini extracomunitari, attraverso il recupero, anche tramite il supporto delle scuole edili, di beni immobili Pag. 34confiscati e di immobili a vario titolo in disponibilità pubblica, da destinare ad uso abitativo.
Sempre a valere sullo stesso Fondo, quel dicastero ha destinato alla Regione Calabria la somma di 166.900 euro per la realizzazione di interventi volti a favorire l'apprendimento della lingua italiana da parte dei cittadini extracomunitari adulti regolarmente presenti nel territorio regionale, con particolare riguardo ai lavoratori immigrati che hanno fatto recente ingresso per la prima volta nel territorio nazionale.
Quanto espresso dimostra che l'impegno del Governo al fine di evitare il ripetersi degli incresciosi episodi verificatisi il 7 gennaio dello scorso anno a Rosarno non trascura nessun possibile risvolto del fenomeno.
In conclusione, desidero ribadire quanto già detto in apertura dell'intervento e cioè che la situazione è oggetto di costante attenzione da parte delle forze dell'ordine, sia per evitare il ripetersi di episodi di violenza in occasione della stagione agrumicola, sia per garantire il pieno rispetto delle condizioni della legalità, presupposti e coordinate essenziali di una pacifica e serena convivenza civile.
Resta il fatto, tuttavia, che l'obiettivo invocato dall'interpellante non può trovare risposta solo nelle iniziative dello Stato, che certamente ha fatto, fa e farà sempre la sua parte, ma richiede anche la cooperazione interistituzionale di tutti i soggetti della Repubblica e quindi delle istituzioni locali, senza per questo escludere i cittadini che sono espressione del più ampio Stato-comunità. Ed è in questo disegno che si riassume il concetto e il significato più autentico del federalismo della solidarietà e della responsabilità, che fa parte del programma di Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, debbo ringraziare il sottosegretario per questa ampia e articolata risposta che ha dato alla mia interpellanza urgente, dando anche riscontro delle sollecitazioni sia evidenziate nell'interpellanza urgente stessa, ma anche poi commentate e illustrate nel mio intervento introduttivo.
Anche il riferimento ultimo del sottosegretario Davico mi trova consenziente. Lo dicevo anch'io. C'è bisogno del cosiddetto «combinato disposto» degli organi dello Stato, ma anche delle responsabilità delle autonomie locali - della regione, dei comuni - nell'ambito certamente delle responsabilità e nell'ambito delle solidarietà. Io non farei riferimento, sottosegretario Davico, al federalismo, perché così come è stato concepito il provvedimento sul federalismo, io credo che non ci sia una traccia di solidarietà in termini di unità e, soprattutto, di equilibrio tra esigenze varie all'interno del nostro Paese. Possiamo anche, come slogan, introdurre questo termine e parlare di federalismo, ma la mia concezione di federalismo è qualcosa di diverso, che attiene certamente alla responsabilità, ma anche all'etica della responsabilità, alla giustizia e all'equa distribuzione della ricchezza nel nostro Paese, mettendo tutti quanti nelle condizioni di progredire e soprattutto permettendo di rafforzare le aree più arretrate del nostro Paese.
Ciò per fare giustizia di vecchie storie, perché anche per avere delle risposte a quelli che sono gli interrogativi, i nodi e i problemi di oggi, certamente dovremmo andare nel passato fino ai tempi post-unitari del nostro Paese per trovare degli elementi di chiarimento a quelli che sono luoghi comuni, atteggiamenti e posizioni, che certamente sono immotivati perché non trovano nessun tipo di giustificazione e nessun elemento di sostegno.
Io dico questo: sì, signor sottosegretario, lei fa riferimento ad una serie di iniziative e di attività, e a me piace anche fare riferimento alla legalità, che è stato un tema ricorrente anche nella mia interpellanza urgente e nella relativa illustrazione.
Lei lo ha richiamato con forza e ha fatto anche riferimento ad incontri e a riunioni operative avvenute all'interno della prefettura, di cui una - e me ne compiaccio - si è svolta il 1o febbraio, Pag. 35all'indomani di una mia sollecitazione mediante atto di sindacato ispettivo. Questo è un dato che può far piacere ad un parlamentare, in quanto riesce a sollecitare e a rimuovere qualche pigrizia e, quindi, a mettere in movimento iniziative.
Tuttavia, non credo, signor sottosegretario, che la situazione sia così in fermento e così proiettata a risolvere i problemi. Non ho elementi in questa direzione. Certamente, vi sono stati gli ispettori del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che si sono mossi.
Lei ha fatto anche riferimento al potenziamento degli ispettorati stessi e di tale realtà ispettiva, all'interno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il trasferimento di ispettori provenienti dalla Lombardia, ma perché vi sono ancora container inutilizzati? Ha fatto riferimento ad alcune richieste che siano state al di sotto delle disponibilità, mi sembra, tuttavia vi siano container inutilizzati. Non si sa il perché. Non se ne conosce il motivo.
Certamente gli immigrati sono degli «sbandati». Lei ha fatto riferimento alla necessità di creare, sempre più, condizioni di vivibilità. Ha fatto riferimento alle condizioni igienico-sanitarie. Io faccio riferimento alla condizione di elementare riconoscimento dei diritti civili, umani e naturali che, certamente, ogni cittadino deve avere. Tuttavia, dopo un anno di tempo, c'è questo tipo di realtà, in questa situazione estremamente precaria, rarefatta e difficile.
Lei fa riferimento all'integrazione e ai controlli, ma i processi integrativi non vi sono, né si intravedono. Come dicevo poc'anzi, questi immigrati sono ancora confinati nelle baracche. C'è bisogno anche di un aiuto da parte della comunità. Ciò è stato detto, lei lo ha detto, è un fatto scontato che, certamente, è auspicabile giorno per giorno. Tuttavia, permane questa collocazione ai margini della realtà rosarnese, ed è una situazione che si può riscontrare anche in altre realtà della Calabria, e non solo.
Pertanto, non si tratta di dichiararmi soddisfatto o insoddisfatto, ma di essere attento a questa macchina che è partita: si sono - come si suol dire - accesi i motori dell'«attenzionamento». Tuttavia, credo che vi siano state, e vi siano, alcune vicende e situazioni che occorre continuamente fronteggiare.
Lei ha fatto anche riferimento ad alcuni programmi mandati avanti da parte del Ministero dell'interno, per quanto riguarda alcuni centri e strutture che dovrebbero essere messi a disposizione degli immigrati. Però poi - ne converrà, signor sottosegretario - siamo un po' in ritardo ed è evidente che forse - dico forse - vi è stata qualche intenzione di «svuotare» continuamente questo fenomeno, come se esso potesse esaurirsi naturalmente, con gli immigrati che sembravano essere andati via da quella realtà, ma poi sono tornati. Con una economia certamente difficile, molte aziende si trovano in difficoltà e in crisi. Pertanto, l'episodio che noi evidenziamo e indichiamo con la nostra interpellanza, deve richiamare ad una visione complessiva e generale, sia il Governo, sia le istituzioni locali.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Tassone.

MARIO TASSONE. Detto ciò, signor Presidente, rispettoso del suo gentile richiamo, concludo dicendo che ho apprezzato questa risposta, la quale - come dicevo poc'anzi - non è stata una risposta di maniera, di occasione, né di circostanza, ma vi sono stati elementi concreti. Tuttavia, ovviamente, rimango non insoddisfatto, bensì perplesso, in questa mia non convinzione della positività della situazione, in quanto c'è ancora una realtà in piedi che è diversa da quella rappresentataci e illustrataci nella risposta alla mia interpellanza da parte del signor sottosegretario per l'interno.


(Orientamenti del Governo sulla vicenda della nomina del direttore della ASL di Monza e Brianza - n. 2-00949)

PRESIDENTE. L'onorevole Piffari ha facoltà di illustrare l'interpellanza Di Pietro n. 2-00949 Pag. 36concernente orientamenti del Governo sulla vicenda della nomina del direttore della ASL di Monza e Brianza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti) di cui è cofirmatario.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, signor sottosegretario, abbiamo indirizzato questa interpellanza urgente al Governo in particolare richiamando l'attenzione del Ministro dell'interno e del Ministro della salute. Ma vorrei anche richiamare l'attenzione sulla interpellanza urgente svolta all'inizio di questa giornata dove abbiamo assistito ad un contenzioso tutto in casa di Alleanza Nazionale, anche per certi aspetti simpatico, con il Ministro degli esteri che doveva rispondere; un Ministro degli esteri molto presente in quegli Stati particolari, tra cui quello di Santa Lucia, che magari trova anche il tempo di interessarsi di sport invernali.
Signor Presidente, il collega Corsaro sosteneva che a loro stesse molto a cuore il bene pubblico della credibilità delle istituzioni; trovo molto efficaci i colleghi che riescono, con frasi semplici, a centrare le questioni. Credo che anche in questo caso bisognerebbe, però, concentrarsi sul bene pubblico della credibilità delle istituzioni. Il gruppo Italia dei valori ha interpellato il Ministro dell'interno e il Ministro della salute, perché ci risultano singolari intrecci che legano la prefettura di Lodi, la ASL Milano 1 (l'ASL più grande d'Italia, con tutto ciò che questo comporta, essa infatti non comprende solo la città di Milano o una parte della città di Milano ma Milano intera con altri 73 comuni, Milano e dintorni) e il consiglio regionale lombardo. Cerco adesso di spiegare i fatti, i quali nel loro insieme delineano un quadro che apre interrogativi e pone, assolutamente, la necessità di chiarimenti. Il 23 dicembre 2010 la giunta regionale lombarda ha promosso Pietrogino Pezzano da direttore della ASL di Monza e Brianza - una delle ASL della Lombardia, comunque situata in un territorio abbastanza critico per certi aspetti che vi dirò dopo - a direttore generale della ASL Milano 1. Pezzano compare nella carte della maxi inchiesta contro la 'ndrangheta cosiddetta «Infinito» della procura di Milano, in quella maxi retata che ha portato oltre 300 arresti nella regione Lombardia, nel mese di dicembre, e che ha svegliato tutti i lombardi perché si è scoperto di avere una criminalità diffusa della 'ndrangheta, della mafia e non solo, anche in territorio lombardo. Ciò ha scioccato tutti, vi era stato peraltro il prefetto Lombardi di Milano, noto per altre questioni, che poche settimane prima aveva dichiarato che in Lombardia, a Milano, non esiste la questione della criminalità, della 'ndrangheta o della mafia.
Tornando alla questione, tengo a precisare che per adesso il signor Pezzano non ha ricevuto avvisi di garanzia, però dalle intercettazioni del boss pavese Pino Neri, risulta fotografato tra l'altro in compagnia dei boss Saverio Moscato e Candeloro Polimeno, e risultano anche intercettazioni, oltre che con Polimeno, anche con Giuseppe Sgro, fratello di Eduardo Sgro, arrestato per reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale.
Quindi vi è una serie di conversazioni amichevoli molto approfondite tra questi criminali e il dottor Pezzano.
La nomina di Pezzano è stata oggetto, quindi, anche da parte del gruppo dell'Italia dei Valori nella Regione Lombardia di una mozione presentata il 18 gennaio 2011, primo firmatario il consigliere regionale Giulio Cavalli.
Tale atto aveva come scopo quello di chiedere al Presidente della regione Lombardia di utilizzare tutti gli strumenti di cui la stessa regione si è dotata ed intervenire per rimuovere questo amministratore di Asl così come richiesto da decine di sindaci e amministratori del territorio coinvolto.
Preciso che il regolamento approvato dalla stessa Giunta regionale della Lombardia prevede proprio che, quando ci sono contrasti anche con le amministrazioni locali e con i territori, la regione, in forma di autotutela, revochi queste nomine.
Con questa richiesta, che viene sottoscritta anche da parte di colleghi del PD, Pag. 37della Sel e altri, si chiede quindi la revoca della nomina proprio per contrastare, per fermare qualsiasi tipo di infiltrazione della criminalità organizzata, soprattutto all'interno delle istituzioni degli enti pubblici, nonché in nome del ruolo di garanzia cui è chiamato il Consiglio regionale e della necessità che non vi siano ombre relativamente a soggetti chiamati a dirigere enti di particolare importanza, quali le aziende sanitarie lombarde.
La sera del medesimo 18 gennaio 2011, Giulio Cavalli è messo al corrente del fatto che il prefetto di Lodi, la dottoressa Peg Strano, ha sottoposto all'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis) la revoca della sua scorta, in quanto, secondo il prefetto, non è più esposto, nonostante il lungo elenco di minacce ricevute negli ultimi mesi, così come negli anni precedenti, essendo sotto tutela dal 2008.
Qualche giorno dopo riaccadono due fatti in contemporanea: a Giulio Cavalli viene comunicato l'annullamento della proposta di revoca avanzata dal prefetto di Lodi e, dunque, riottiene la scorta. Questo avviene perché sono stati presentati atti di sindacato ispettivo anche da parte dei colleghi di Italia dei Valori e del Partito Democratico. Anche i colleghi del consigliere Giulio Cavalli - non solo di opposizione ma anche di maggioranza - si sono rivolti al Governo per chiedere il ripristino di queste garanzie di tutela così come prevede la Costituzione. Sicuramente c'è stato un intervento da parte del Governo nell'effettuare questo ripristino.
Accade anche che la mozione da me richiamata di sfiducia, di richiesta di revoca del Pezzano, viene respinta, ma per un solo voto, nonostante al voto sulla revoca partecipino non solo i consiglieri di opposizione, ma anche quelli di maggioranza. Pezzano rimane tuttavia al suo posto con dichiarazione di totale fiducia da parte del Presidente Formigoni.
Nel frattempo, appena avuta la conferma di questa nomina, il direttore generale della Asl di Milano nomina direttore sanitario il dottor Giovanni Materia, il quale, signor sottosegretario, risulta essere il marito del prefetto di Lodi.
Non solo: Giovanni Materia è anche il fratello dell'ex procuratore generale di Reggio Emilia che nel 2009 si è dimesso per una serie di conflitti anche in questo caso con la propria attività. Ciò è stato a volte sollecitato sia da parlamentari che da europarlamentari e colleghi di Italia dei Valori come Sonia Alfano.
Materia risulta indagato per aver truccato dei concorsi al policlinico di Messina.
Nel frattempo, dopo tutto ciò, succede che egli viene rinviato a giudizio e quindi ci giunge una nota dalla regione Lombardia nella quale si comunica che il 1o febbraio Materia si dimette e rimette il mandato del suo incarico. Sono alcuni fatti che ci preoccupano e ci portano quindi a chiedere al Governo se, nell'ambito delle proprie competenze, nel rispetto naturalmente di quelle regionali, vi siano interventi idonei a chiarire queste situazioni.
Vi sono stati anche fatti minori - che cito, considerato che ho questa opportunità - come le minacce con lettere anonime a consiglieri comunali che, nel frattempo, sollecitano i propri sindaci ad intervenire su questa materia e chiedono quindi la revoca di Pezzano: da ultimo, il caso del consigliere comunale Crugnola del comune di Rescaldina. Può darsi che non siano fatti automaticamente legati a questo, ma da quello che abbiamo rilevato in questi mesi, e che la procura milanese ci ha aiutato a vedere, credo invece siano da tenere molto in attenzione. Ve ne sono altri, io ne ho citato solo uno, ma si potrebbero citarne tanti altri.
La questione che ci poniamo e rivolgiamo al sottosegretario è se oggi - pur se nessuno mette in dubbio la buona fede del prefetto di Lodi -, in questo conflitto, quanto meno di parentele, quando egli svolge il suo ruolo, non vi sia un rischio rispetto a quello che sta facendo sul territorio, quanto meno il fatto che abbia valutato superfluo mantenere la scorta ad un consigliere come Giulio Cavalli, il quale, tutti i giorni, con la propria attività, Pag. 38non solo di uomo politico rappresentante delle istituzioni regionali in Lombardia, ma anche con la sua professione di attore e regista, continua a portare in mezzo alla gente e nelle scuole la denuncia di una criminalità che si infiltra in modo pericoloso dentro la sana economia della Lombardia.
Ci chiediamo se sia ancora giusto che, comunque, egli continui a fare questo lavoro. Signor sottosegretario, le richiamo qualche altro provvedimento che è stato adottato in terra lombarda, come, ad esempio, quello sul questore di Bergamo che non ha saputo limitare, controllare e impedire che noti trafficanti di letame posassero davanti ad un immobile di proprietà del Ministro Gelmini alcune carriole di questo nobile prodotto per l'agricoltura lombarda e, quindi, è stato prontamente trasferito. Credo che un controllo e una richiesta, ai funzionari dell'amministrazione pubblica, di massimo rigore nell'applicare le norme e le leggi sia assolutamente necessario.
Ho parlato del questore di Bergamo ma è chiaro che, in questo momento, l'interpellanza era incentrata sulla questione del prefetto di Lodi. Credo che dobbiamo assolutamente salvaguardare sia le istituzioni, sia le persone che devono naturalmente avere il coraggio di continuare a denunciare queste situazioni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, gli interpellanti pongono all'Assemblea due ordini di problemi: l'infiltrazione della criminalità organizzata calabrese nella sanità lombarda e la revoca delle misure di tutela nei confronti del consigliere regionale Giulio Cavalli. Per quanto riguarda il primo aspetto preciso che si tratta di fatti sui quali sono in svolgimento iniziative dell'autorità giudiziaria che, attraverso alcune operazioni condotte dall'arma dei carabinieri, hanno prodotto recentemente risultati investigativi di rilievo, su tutto il territorio nazionale.
Per quanto riguarda le vicende amministrative relative alla sanità lombarda, il Governo non ha elementi informativi per rispondere ai quesiti posti, considerato che la nomina degli organismi di vertice delle aziende sanitarie locali è di esclusiva competenza delle regioni.
Sullo specifico punto sono stati, peraltro, disposti accertamenti, all'esito dei quali posso fornire le seguenti risultanze.
Nel mese di dicembre la giunta regionale della Lombardia ha provveduto al rinnovo dei vertici della sanità lombarda. In quell'occasione (23 dicembre) il dottor Pietrogino Pezzano, già manager dell'ASL di Monza Brianza, viene nominato manager dell'ASL Milano 1, nomina fortemente contestata dal consigliere Giulio Cavalli per l'asserita vicinanza del dottor Pezzano ad ambienti compromessi.
Su questo specifico aspetto non posso avanzare alcuna ipotesi, in quanto ogni valutazione ricade nell'autonoma potestà di indagine e accertamento della magistratura.
Il 18 gennaio scorso il gruppo Italia dei Valori presenta, in regione Lombardia, una mozione, chiedendo che il presidente Formigoni e la sua giunta rivedano la nomina del dottor Pezzano a direttore generale della ASL Milano 1. Il consiglio regionale respinge la mozione.
Il successivo 28 gennaio il Corriere della sera, e la Repubblica, nelle pagine di Milano, hanno dato notizia che il dottor Pietrogino Pezzano aveva scelto come direttore sanitario della ASL Milano 1 il dottor Giovanni Materia, marito del prefetto di Lodi Peg Strano e fratello di Italo, ex procuratore della repubblica di Reggio Emilia, che, sino alla data del 31 dicembre scorso, ricopriva l'incarico di direttore sanitario dell'azienda ospedaliera di Desio e Vimercate (situata a nord-ovest di Milano).
Questi, contattato dai dirigenti generali dell'azienda ospedaliera di Melegnano e di Pavia per conoscerne la disponibilità ad accettare l'incarico di direttore sanitario aziendale di quelle strutture, riteneva Pag. 39inopportuno accettare una eventuale nomina per la contiguità di quelle strutture con il lodigiano, poiché la moglie ricopriva l'incarico di prefetto della provincia di Lodi. II 27 gennaio l'assessorato regionale alla sanità scioglieva le riserve e comunicava ai diretti interessati ed alla stampa i nomi dei nuovi direttori aziendali.
Quanto, invece, all'aspetto relativo alla tutela del consigliere regionale sono stati disposti specifici e penetranti accertamenti tramite l'ufficio centrale interforze per la sicurezza, che è la struttura del dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno che attende a questo fine. Fornisco quindi a questa Assemblea l'esito degli accertamenti disposti.
Non si è verificata alcuna soluzione di continuità nelle misure di protezione riconosciute in favore del consigliere regionale Cavalli che, nella sua qualità di direttore artistico del teatro Il Nebiolo, aveva subìto minacce ed atti vandalici in relazione ad uno spettacolo teatrale fortemente ironico nei confronti degli appartenenti alla criminalità organizzata.
Voglio infatti ricordare che il procedimento in base al quale vengono concesse le misure di sicurezza a persone esposte a particolari situazioni di rischio si caratterizza per una duplicità di fasi: la prima di carattere istruttorio, svolta dagli uffici per la sicurezza personale istituiti presso ogni prefettura.
Questi ultimi, analizzata attentamente la situazione, formulano una proposta all'ufficio centrale interforze per la sicurezza personale - istituito presso il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno - che dispone in via esclusiva l'adozione dei dispositivi di protezione personale, conformemente alle direttive del Capo della polizia e previo parere di un'apposita commissione centrale consultiva.
Nel caso di specie, il 22 dicembre scorso, nel corso di una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia presso la prefettura di Lodi, appositamente convocata, dopo aver esaminato ancora una volta la posizione del consigliere Cavalli, attesa la prolungata assenza di ulteriori, specifici, concreti e attuali elementi sintomatici di esposizione al rischio del consigliere regionale, i partecipanti, all'unanimità, concordavano di proporre la revoca del dispositivo di protezione, mantenendo comunque la misura della vigilanza generica radiocollegata, con frequenti passaggi alla residenza e al luogo di lavoro nella provincia di Lodi.
Nella stessa data il prefetto di Lodi formulava una proposta di analogo contenuto all'UCIS che il successivo 11 gennaio disponeva la revoca del dispositivo tutorio, previo congruo preavviso all'interessato, mantenendo comunque la vigilanza generica presso la residenza e il luogo di lavoro del Cavalli.
Lo stesso Prefetto di Lodi, dopo aver convocato in prefettura il consigliere regionale, forniva un congruo e tempestivo preavviso della cessazione del servizio di tutela che sarebbe avvenuta, sempre previa comunicazione, nei successivi 15 giorni.
L'ampio risalto anche mediatico che è stato dato alla notizia e le preoccupazioni espresse da esponenti di associazioni impegnate nella lotta alla criminalità organizzata, hanno indotto l'UCIS a disporre ulteriori approfondimenti sul livello di esposizione al rischio del consigliere regionale.
In attesa delle valutazioni della commissione centrale consultiva, il predetto ufficio disponeva la sospensione della revoca della misura tutoria.
Alla luce delle considerazioni sopraesposte, appare del tutto evidente che la misura della tutela, stante la previsione del «congruo preavviso», non è mai stata interrotta, ma è sempre proseguita senza soluzione di continuità.
Posso assicurare, inoltre, gli onorevoli interpellanti che, nel rispetto delle competenze della regione Lombardia, il Ministero dell'interno e, per esso, i prefetti non tralasciano nessuna iniziativa volta a scorgere ogni sia pur lieve indizio, che possa rappresentare una spia di fenomeni di illegalità e scarsa trasparenza nell'azione amministrativa delle aziende sanitarie locali, in vista dell'adozione delle misure ritenute necessarie. Pag. 40
Nel caso sollevato, comunque il direttore sanitario dell'ASL Milano 1 Giovanni Materia ha formalmente rassegnato le proprie dimissioni nella giornata del 1o febbraio scorso.

PRESIDENTE. L'onorevole Piffari ha facoltà di replicare.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, sicuramente riconosciamo al Ministero dell'interno l'attenzione posta sulle questioni della sicurezza delle persone, ma ciò in cui forse si è un po' stati carenti (vorrei soffermarmi su tale aspetto in questa mia risposta) è questa debolezza delle strutture periferiche.
In questo caso, mi riferisco alla prefettura di Lodi, ma ho già accennato anche alla questione della prefettura di Milano. Siccome sono al servizio dello Stato, credo che quando nascono situazioni di disagio come queste - se così le possiamo chiamare - sicuramente nell'opinione pubblica si diffondono dubbi per lo meno sulla capacità di svolgere serenamente il proprio ruolo, perché comunque lo stesso approfondimento che il Ministero ha fatto attraverso l'UCIS dimostra che c'è stata una errata valutazione perlomeno sul piano tecnico di una situazione come questa.
Credo che siano segnali forti da dare sia per tranquillizzare gli abitanti e i residenti, sia per - se posso dire - «tranquillizzare» quei criminali sul fatto che non hanno ancora via libera, né il campo completamente a loro disposizione. Infatti, non vi è solo la questione di quanto successo oggi in questa ASL con tale nomina, perché l'operazione «Infinito» ha coinvolto criminali e imprese che operano nel movimento della terra o altro, ma anche criminali e personalità che operano nel campo della sanità, come si è visto dagli arresti anche a Pavia. Quindi, poiché la sanità è una buona parte del bilancio della regione Lombardia (circa 17 o 18 miliardi di euro), è sicuramente di interesse della criminalità. Vorremmo evitare che questo malcostume si diffonda.
Purtroppo, so che il Governo non ha tutti gli strumenti per intervenire immediatamente, ma lo si può fare con prese di posizione forti. All'interno delle strutture, queste nomine sono fatte con leggerezza e senza la valutazione dei relativi curricula. Ci sono prese di posizione di dirigenti che, in barba a qualsiasi valutazione di capacità operativa, di risultati e di esperienza fatta negli anni, rimuovono e spostano dirigenti e medici dai loro ruoli per far strada al raccomandato di turno.
Sono alcuni casi rispetto alle centinaia o migliaia di persone che lavorano nella sanità lombarda, ma quando una mela marcia rimane nella cassetta fa marcire anche le altre. Quindi, è necessario fare uno sforzo in questo senso.
Sicuramente, se nella sanità non lo può fare lo Stato, lo possiamo fare nell'apparato dello Stato. Quindi, chiedo veramente che ci sia uno sforzo per valutare anche l'opportunità di confermare o rimuovere i prefetti che si comportano con leggerezza in casi come questo. Infatti, la Lombardia non può sbagliare nessun passaggio. Non si può sbagliare, perché si rovina - come dicevo già prima - la parte sana del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Orientamenti del Governo a favore del settore delle costruzioni, anche con riferimento alla problematica relativa ai ritardi nei pagamenti - n. 2-00904)

PRESIDENTE. L'onorevole Mastromauro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00904, concernente orientamenti del Governo a favore del settore delle costruzioni, anche con riferimento alla problematica relativa ai ritardi nei pagamenti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'Unione europea, attraverso lo Small business act, riconosce il ruolo principale di protagonista dello sviluppo alla piccola e media impresa e mira a creare, all'interno di ciascuno Pag. 41Stato membro, le condizioni favorevoli alla concorrenzialità e alla competitività di quest'ultima.
Si tratta di affermazioni di principio, che troppo spesso in Italia sono smentite da provvedimenti e comportamenti. L'Italia, infatti, è agli ultimi posti in Europa nel favorire lo sviluppo e la competitività delle imprese, a causa di norme confuse e incerte e di una burocrazia lenta e farraginosa. Purtroppo, proprio su questo punto - e lo confermano i dati ma anche le associazioni di categoria e i rappresentanti delle parti sociali - si è dispiegato il maggior fallimento di questo Governo e di questa maggioranza. Infatti, la mancanza di politiche industriali e di politiche per la crescita è stato il vero vulnus di questa esperienza del Governo Berlusconi.
Un vostro europarlamentare, l'onorevole Baldassarre, ha affermato che l'Italia finora ha avuto un atteggiamento pubblico, culturale e politico non sempre vicino al mondo delle imprese e che questo sistema, che ha portato molte imprese al fallimento, non è più tollerabile.
Il grido di allarme, dunque, è generale. Ma con questa interpellanza urgente abbiamo raccolto, in particolare, il grido di allarme lanciato qui, dinanzi a Montecitorio, nel mese di dicembre dagli imprenditori e dai lavoratori del settore edile. Ci ha favorevolmente impressionato il fatto che per la prima volta associazioni di impresa, grandi e piccole, imprenditori, sindacati, lavoratori e cooperative ma anche società di progettazione, fornitori e imprese di servizi - insomma tutta la filiera dell'edilizia - sono scesi in piazza senza distinzioni corporative per portare l'attenzione del Paese sul difficile momento nel quale versa il settore, che rappresenta in Italia - lo ricordiamo - l'11 per cento del PIL e che impiega circa tre milioni di addetti.
Durante tutti questi mesi essi hanno denunciato più volte, a livello nazionale e su tutto il territorio, lo stato di grande difficoltà del settore, ricercando un costante dialogo con il Governo e le amministrazioni pubbliche, sollecitando un confronto e avanzando proposte concrete che hanno incontrato spesso il favore bipartisan delle forze politiche.
A questa azione, responsabile e propositiva, del mondo dell'edilizia non ha corrisposto, purtroppo, un'efficace azione del Governo, né sul piano dei provvedimenti adottati e delle risorse disponibili, né su quello del coinvolgimento degli attori e degli stati generali, visto che il tavolo interministeriale dell'edilizia, che era stato insediato a Palazzo Chigi nel luglio 2009, si è riunito una sola volta.
Non si può protrarre un'attesa che ha già fatto molte vittime in termini di posti di lavoro e di competitività del Paese. Sono ben 250 mila i posti di lavoro persi rispetto al 2008 e rischiano di diventare 500 mila nel 2011. Tra le numerose cause che hanno aggravato questa crisi l'ANCE, l'Associazione nazionale dei costruttori edili, ne ha denunciate in primis - e su questo punto la nostra interpellanza urgente si sofferma maggiormente - la stretta creditizia e i ritardi di pagamento da parte della pubblica amministrazione, causati anche dai vincoli del patto di stabilità interno. Si tratta di un problema che ha una rilevanza assoluta poiché per la verità non riguarda solo il settore dell'edilizia, ma tutti i settori che operano con la pubblica amministrazione.
Sulla lotta ai ritardi di pagamento, come è noto, esiste una direttiva comunitaria del 2000 che è stata trasposta nel nostro ordinamento nel 2002 ma, di fatto, è rimasta inapplicata. Nel 2010 è stata approvata dal Parlamento europeo una nuova proposta di direttiva sui ritardi di pagamento che si prospetta come rifusione della direttiva precedente, rinforzandone e inasprendone le sanzioni.
Dobbiamo pensare che in base alla normativa comunitaria, già in atto in numerosi Paesi europei, il limite dei pagamenti del settore pubblico dovrebbe essere di 30 giorni e solo se giustificato da motivazioni oggettive potrebbe diventare di 60 giorni.
L'ANCE invece denuncia che quasi la metà delle stazioni appaltanti salda le fatture dopo oltre sei mesi e che il 35 per cento Pag. 42impiega un tempo ancora più lungo, superiore a un anno e mezzo, per liquidare imprese e fornitori. Dobbiamo anche pensare che, ad oggi, il debito dello Stato verso il complesso delle imprese ammonta a ben 44 miliardi di euro, di cui 15 miliardi soltanto nei confronti delle imprese di costruzioni. Ebbene, è evidente che il problema nel nostro Paese c'è ed è grande: è un problema di diritti fondamentali che non vengono rispettati, perché non è possibile pensare che sia meglio far fallire le imprese per non far fallire uno Stato che non paga.
Rispetto a questo problema il Governo sino ad oggi è rimasto sordo; pensiamo dunque che occorra dare subito attuazione alla normativa comunitaria sui ritardi nel pagamento, senza attendere i due anni di tempo che ci concederà l'Unione europea per adeguarci. A questo proposito, ricordo che sono state già depositate diverse proposte di legge che recepiscono quella normativa e che possono essere calendarizzate e poste in discussione.
Occorre subito con urgenza definire un piano per il rimborso dei crediti arretrati dovuti dagli enti pubblici, in particolare verso le piccole e medie imprese, entro il 2012 e con indicazione delle risorse necessarie.
Infine, occorre affrontare seriamente, una volta per tutte, il tema del Patto di stabilità: la disciplina del Patto di stabilità interno per gli enti locali - così come adesso è concepita - è troppo stringente ed è solo un freno ai pagamenti ed agli investimenti, piuttosto che agli sprechi.
Nel parere unanime espresso dalla mia Commissione attività produttive della Camera alla direttiva europea sui ritardi di pagamento, tra le altre cose, si osserva proprio la necessità del massimo impegno del Governo per porre a livello comunitario la questione della revisione delle norme del Patto di stabilità, che andrebbero modificate nel senso di prevedere una loro maggiore flessibilità nelle modalità operative.
A ben poco è valsa la deroga prevista nella manovra di giugno 2010 poiché - come precisato nell'interpellanza - ha liberato risorse disponibili solo per 390 milioni di euro rispetto ai 6 miliardi previsti dal Patto, così come non risolutiva è apparsa l'istituzione, con l'ultima legge di stabilità, di un Fondo di 60 milioni di euro per il 2011 per il pagamento degli interessi passivi maturati dai comuni a causa del ritardato pagamento dei fornitori e l'allentamento del Patto di stabilità interno solo per alcuni comuni virtuosi.
L'ANCE ha denunciato a gran voce anche i rischi relativi alla rigidità del Patto di stabilità, aggravato dai tagli consistenti delle risorse agli enti locali, in particolare dai tagli ai trasferimenti regionali che questo Governo ha praticato negli ultimi anni. Ha stimato essere a rischio di restituzione all'Unione europea ben 9,6 miliardi di euro di risorse nel periodo 2011-2015, di cui 1,6 miliardi di euro per il centro nord e 8 miliardi di euro nel Mezzogiorno.
Per questo, appare meritevole di considerazione la proposta di escludere dalle regole del Patto di stabilità i cofinanziamenti nazionali relativi ai programmi dei Fondi strutturali europei e dei finanziamenti destinati ai programmi FAS che, tuttavia, questo Governo non ha ritenuto di prendere in considerazione.
Con questa interpellanza, abbiamo ritenuto doveroso - e concludo - richiamare l'attenzione di questo Governo, del Parlamento e di tutte le forze politiche sulla crisi che sta interessando il comparto delle costruzioni e che richiede interventi immediati e concreti per rilanciare lo sviluppo di un settore determinante per la ripresa economica del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Sonia Viale, ha facoltà di rispondere.

SONIA VIALE, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza l'onorevole Mastromauro e gli altri firmatari, nel rappresentare preliminarmente la crisi che, in questi ultimi anni, ha colpito il settore delle costruzioni, chiedono quali iniziative si intendano intraprendere in materia di Pag. 43Patto di stabilità interno al fine di favorire, per le imprese che hanno stati di avanzamento lavori approvati, lo sblocco dei pagamenti da parte degli enti locali.
Al riguardo, in merito alla richiesta avanzata in materia di Patto di stabilità interno e al connesso problema del blocco dei pagamenti nei confronti delle imprese da parte degli enti locali, si fa presente che sono state introdotte idonee disposizioni atte a favorire l'accelerazione dei rimborsi dei crediti vantati dai fornitori nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
In particolare, l'articolo 9 comma 3-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come modificato dall'articolo 31, comma 1-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede a partire dal 2009 la possibilità per gli enti locali di certificare i propri debiti certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni di forniture e appalti, secondo lo schema allegato al decreto ministeriale 19 maggio 2009, emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze. Tale certificazione viene rilasciata ai titolari di crediti non prescritti, ai fini della cessione del credito pro soluto a banche o ad intermediari finanziari autorizzati ai sensi del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, favorendo pertanto la concessione di finanziamenti alle imprese.
Inoltre, il citato articolo 31, comma 1-bis, del decreto legge n. 78 del 2010 nell'introdurre l'articolo 28-quater al decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ha disposto che a partire dal 1o gennaio 2011, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti degli enti locali, per somministrazione, forniture e appalti possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo. A tal fine il creditore dovrà acquisire la certificazione prevista dal suddetto articolo 9, comma 3-bis, la cui esistenza e validità risulteranno pertanto condizione necessaria per la compensazione dei crediti verso le pubbliche amministrazioni e l'estinzione dei debiti iscritti a ruolo.
Si soggiunge, infine, che il comma 93 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), dispone che, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, possono essere stabilite, per l'anno 2011, misure correttive dei saldi obiettivi, determinati ai sensi del comma 92 del medesimo articolo, nella misura di 480 milioni di euro. Tale previsione determina, quindi, maggiori spazi finanziari che gli enti locali possono utilizzare per pagare le imprese con stati di avanzamento lavori approvati.
Si segnala inoltre che anche il comma 122 del citato articolo 1 potrebbe consentire agli enti locali l'utilizzo di maggiori spazi finanziari, laddove autorizza la riduzione degli obiettivi annuali degli enti locali, in base ai criteri definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell'interno e d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nella misura pari alla differenza registrata tra l'obiettivo programmatico assegnato ed il saldo conseguito nel 2010 dagli enti inadempienti al patto di stabilità interno.

PRESIDENTE. L'onorevole Mastromauro ha facoltà di replicare.

MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, le risposte del Governo non ci soddisfano, credo che siano inadeguate e insufficienti e, nonostante le norme citate dal sottosegretario, gli effetti prodotti sul sistema malgrado queste normative risultano molto gravi e sono sotto gli occhi di tutti.
Non ripeto i dati relativi ai crediti che le imprese di costruzione devono esigere, che ammontano, come dicevo, a 15 miliardi di euro, oltre ai 44 miliardi complessivi di tutte le imprese che lavorano con la pubblica amministrazione. Ricordo che la cessione dei crediti di cui parlava il Pag. 44sottosegretario rappresenta comunque un costo per le imprese.
Dunque, credo che c'è ancora tanto da fare. Gli investimenti nelle costruzioni negli ultimi quattro anni si sono ridotti di 30 miliardi, le gare si sono ridotte quasi del 50 per cento, la legge obiettivo, contrariamente a quanto affermato dal centrodestra, non ha prodotto né accelerazioni né semplificazioni delle procedure per realizzare le grandi infrastrutture. Al contrario, è stato sottolineato dall'ANCE che i percorsi procedurali sono addirittura più lunghi e complessi delle procedure ordinarie.
Sulla complessità della normativa ordinaria non si è intervenuti e, com'è noto, tale complessità fa proliferare il contenzioso, rallenta la realizzazione di infrastrutture, non prevede controlli efficaci. È stata inutile e improduttiva la semplificazione delle procedure con l'introduzione degli arbitrati attraverso il recepimento della «direttiva ricorsi» e si sono introdotte procedure invece straordinarie e poco trasparenti - come nel caso dei cosiddetti grandi eventi - che pregiudicano la concorrenza fra le imprese.
Riguardo i fondi FAS - cito velocemente - il Governo, da 43,4 miliardi di euro disponibili fino al 2015, ha spostato 23,6 miliardi da spesa in conto capitale a spesa corrente, mentre con la ripartizione iniziale dei fondi FAS 36,9 miliardi erano destinati al Mezzogiorno e 6,5 miliardi al centronord.
Grazie alle decisioni del Governo, si sono allocati 18,9 miliardi al Mezzogiorno e 19,4 miliardi al centro nord. Non si sono, però, spostate risorse da infrastrutture al sud a infrastrutture al nord. Infatti, al centro nord la spesa in conto capitale è scesa, comunque, da 6,5 a 3,3 miliardi, la metà, mentre al sud da 36,9 a 11 miliardi, cioè si è ridotta di un terzo.
Nella difficile difesa di queste scelte, esponenti autorevoli del Governo hanno fatto più volte riferimento alla circostanza che in passato l'impiego dei fondi FAS sarebbe stato lento e frammentato in interventi non strategici. In realtà, il Governo avrebbe potuto impiegarli direttamente in pochi grandi interventi, anziché girarli a spesa corrente. Il piano casa, più volte annunciato, dopo tre anni non è ancora partito. I fondi stanziati dal CIPE esistono solo sulla carta. Nell'ultima delibera CIPE, su 21 miliardi stanziati, risultano disponibili solo 276 milioni. Che dire: l'elenco è lungo e il quadro è questo.
Voglio concludere semplicemente chiedendo di risolvere con urgenza almeno il primo dei problemi, quello più importante, che abbiamo inteso segnalare, cioè quello di dare alle imprese almeno ciò che spetta loro di diritto. Si definisca finalmente un piano per il rimborso dei crediti arretrati dovuti dagli enti pubblici alle piccole e medie imprese, almeno nell'arco di un anno. Si dia attuazione alla normativa comunitaria sui ritardi di pagamento senza perdere tempo. Si cerchi, una volta tanto, di essere fra quei Paesi virtuosi che entrano nelle classifiche europee non come Paesi con la maglia nera. Insomma, credo che dobbiamo per una volta dimostrare che esiste una politica con la «p» maiuscola, che si interessa davvero dei problemi dei cittadini e delle imprese, e che il nostro Paese è ancora un Paese civile.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, da oltre due mesi centinaia di profughi si trovano nelle mani di trafficanti di uomini nel deserto del Sinai. Tra essi pare vi siano un'ottantina di eritrei provenienti dalla Libia, poi etiopi, somali e sudanesi. Ad oggi, nessuno è in grado di sapere che fine abbiano fatto un centinaio Pag. 45di individui di questo gruppo, presumibilmente trasferiti o venduti ad altre bande di trafficanti.
In queste settimane, ci sono state iniziative di mobilitazione, l'ultima martedì scorso presso la scalinata del Campidoglio. Su questo tema avevo presentato un'interrogazione, che intendo sollecitare. L'ho presentata il 13 gennaio ed è la n. 4-10370.
Se lei me lo consente, approfitto dell'occasione per segnalare una questione ovviamente assolutamente minore, che riguarda la mia città. Vi è un antico castello, il castello Malaspina, e vi è un progetto dell'amministrazione comunale che prevede di giungere a questo castello attraverso un sistema di scale mobili, che scavalcherebbero, deturpandone l'immagine, le antiche mura quattrocentesche. Su questo, a suo tempo, mesi fa avevo presentato un'interrogazione al Ministro Bondi, il quale probabilmente, in tutt'altre faccende affaccendato, non aveva avuto modo di rispondere. Però oggi, visto che gli è stata rinnovata la fiducia, gradirei la risposta. In questo caso l'interrogazione è la n. 4-08990.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, anch'io intervengo per sollecitare un'interrogazione presentata l'8 luglio del 2009, la n. 4-03533.
È stata sollecitata il 17 febbraio 2010 e ancora non ha ottenuto una risposta. Mi permetto di evidenziarne non tanto l'urgenza, quanto l'attualità, in quanto in questo periodo, in questi giorni, il Governo e il Parlamento stanno discutendo di federalismo fiscale.
Questa interrogazione tratta degli accantonamenti che gli aeroporti stanno facendo - mi riferisco, in particolare, a quello di Verona - trattenendo una cifra dalle compagnie, che poi dovrebbe essere devoluta agli enti locali, ma che non può esser devoluta perché si è in attesa da ben otto anni che il Ministero definisca le modalità per l'esplicazione. Sollecito, quindi, ancora una volta questa interrogazione, auspicando di poter avere una risposta.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15, con la discussione della domanda di autorizzazione ad eseguire perquisizioni domiciliari nei confronti del deputato Berlusconi.

La seduta, sospesa alle 12,50 è ripresa alle 15,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono cinquantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

TESTO AGGIORNATO AL 07 FEBBRAIO 2011

Discussione della domanda di autorizzazione ad eseguire perquisizioni domiciliari nei confronti del deputato Berlusconi (Doc. IV, n. 13-bis-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione ad eseguire perquisizioni domiciliari nei confronti del deputato Berlusconi (Doc. IV, n. 13-bis-A).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta dell'Assemblea del 31 gennaio 2011.

(Discussione - Doc. IV, n. 13-bis-A)

Testo sostituito con l'errata corrige del 07 FEBBRAIO 2011 PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulla relazione della Giunta per le autorizzazioni che propone che la Camera restituisca gli atti all'autorità giudiziaria precedente. Pag. 46
Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Leone.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulla relazione della Giunta per le autorizzazioni che propone che la Camera restituisca gli atti all'autorità giudiziaria procedente. Pag. 46
Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Leone.

ANTONIO LEONE, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nello svolgere il mio ruolo di relatore su questa delicata questione ho cercato di «sterilizzare» le procedure parlamentari da elementi che con essa non hanno molto a che fare. Ho tentato di non transitare sul terreno evidentemente tecnico delle prerogative parlamentari, su spezzoni di dibattito politico a cui abbiamo assistito recentemente, a volte anche scomposti, sia in televisione che sui giornali, e forse molte volte anche spropositati. La decisione, che spettava alla Giunta delle autorizzazioni e che spetta oggi alla Camera, è meramente tecnica. Non dobbiamo qui fare il processo ad alcuno, non al Presidente del Consiglio né ad altri. Bisogna invocare la proprietà e la correttezza di comportamenti istituzionali da parte di tutti.
La Giunta delle autorizzazioni ha esaminato il caso nelle sedute del 19, 25, 26 e 27 gennaio 2011. Occorre valutare se, nel caso di specie, ricorrano i presupposti per concedere o negare l'autorizzazione all'esecuzione delle perquisizioni e se, quindi, questa rischi o meno di minare quella garanzia di inviolabilità del domicilio del parlamentare, garanzia che la Corte costituzionale ha posto alla base dell'immunità, di cui all'articolo 68, secondo comma, della Costituzione. Occorre, cioè, una verifica sul fatto che nell'azione della magistratura non siano ricavabili elementi di intimidazione o di persecuzione ingiusta, che si risolverebbero in una forma di pregiudizio al libero e pieno esercizio delle funzioni parlamentari. Inoltre, conviene valutare in via pregiudiziale se l'autorità promanante sia rivestita pienamente della competenza ad inoltrare la richiesta.
Bisogna quindi fare rientrare la vicenda nei giusti confini che sono più generali e attengono sia alla tutela del mandato del singolo parlamentare, ma anche - e direi soprattutto - all'interesse istituzionale della Camera, rispetto all'esercizio delle funzioni di un altro potere dello Stato e tenendo presente che quello che si deciderà oggi, varrà anche per domani rispetto ad altri casi che si potranno porre in futuro. Stabilire se vi sia o meno un fumus persecutionis implica non già una valutazione sugli elementi processuali, bensì la verifica che non vi siano ingiustificate, e perciò illegittime, interferenze con l'esercizio del mandato parlamentare.
È pervenuta alla Giunta delle autorizzazioni una memoria da parte degli avvocati dell'onorevole Berlusconi, che tra l'altro ribadisce la qualifica di domicilio dei locali in questione, ma tant'è che la questione sembra già risolta in senso favorevole dalla procura, la quale attesta la loro natura di domicilio nella stessa domanda di autorizzazione. Sono pervenuti altresì altri atti integrativi sia dalla procura che dai difensori.
La domanda di autorizzazione ad eseguire perquisizioni domiciliari nei confronti dell'onorevole Berlusconi si riferisce ad uffici ubicati in Segrate, «dove lavora Spinelli Giuseppe» e gli stessi magistrati convengono vi siano elementi «che fanno ritenere che i locali siano nella disponibilità diretta o indiretta dell'onorevole Silvio Berlusconi». Alla luce della giurisprudenza costituzionale, queste circostanze, rilevate dalla stessa procura, non pongono in dubbio il fatto che rientriamo nei confini della tutela costituzionale del domicilio del parlamentare, di cui all'articolo 68, secondo comma della Costituzione. Voglio ricordare, in tal senso la sentenza n. 58 del 2004 della Corte costituzionale, relativa alla perquisizione dell'ufficio dell'onorevole Maroni, con la quale la stessa Corte ha adottato un'interpretazione molto, ma molto, ampia della nozione di «domicilio». Coerentemente con questa giurisprudenza, dunque, la procura della Repubblica di Milano, nel caso di specie, ha trasmesso la richiesta di autorizzazione ad acta e sospeso l'esecuzione della perquisizione.
Sgombrato quindi il campo dalla riflessione su questo punto preliminare, passiamo Pag. 47alla valutazione della domanda di autorizzazione sul versante della competenza funzionale.
Un primo aspetto riguarda il possibile riconoscimento della qualificazione come reato ministeriale per il reato di concussione. Sulla base della normativa prevista in materia di reati ministeriali il Presidente del Consiglio ed i Ministri per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni sono sottoposti alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione della Camera o del Senato. In particolare, sinteticamente, si ricorda che il procuratore della Repubblica che abbia ricevuto i rapporti, referti e denunzie concernenti i reati indicati dall'articolo 96 della Costituzione, è tenuto a trasmetterli al cosiddetto tribunale dei Ministri, senza compiere alcuna indagine. Nel caso di specie la procura di Milano non ha preso in considerazione in alcun modo tale procedura, non ipotizzando minimamente che nel caso in questione potesse trattarsi di uno dei reati indicati dall'articolo 96 della Costituzione. L'espressione «reati indicati dall'articolo 96 della Costituzione» non rinvia ad un elenco specifico di reati, ma indica invece una formula generale che è quella dei reati commessi dal Presidente del Consiglio e dai Ministri nell'esercizio delle loro funzioni. È del tutto evidente che il ricorrere di siffatta locuzione richiede, volta per volta, una delicata attività interpretativa, in cui l'operatore del diritto deve impegnarsi, tenendo conto della fattispecie concreta, il cui approfondimento e la cui soluzione costituiscono una fase propedeutica del prosieguo del procedimento, e di cui però - nel caso in questione - non sembra esservi traccia (almeno nelle carte che ci sono state trasmesse). Eppure, le ragioni che portano eventualmente l'operatore ad escludere nel caso concreto la ministerialità del reato non possono non essere considerate quanto meno utili (o forse - direi - essenziali) ai fini della decisione della Giunta sulla domanda di autorizzazione all'esecuzione della perquisizione, che deve anzitutto escludere la sussistenza di un qualsivoglia intento persecutorio o limitativo delle prerogative dei parlamentari interessati. È vero, certamente, che la giurisprudenza ha provveduto a specificare le due circostanze indicate dalla Costituzione per riconoscere la ministerialità di un reato, e cioè la qualificazione soggettiva dell'autore dello stesso, al momento della sua commissione, ed il rapporto di connessione (o di interconnessione) tra la condotta integratrice dell'illecito e le funzioni esercitate dal Presidente del Consiglio o dal Ministro.
Il ricorrere però del suddetto rapporto di connessione, non essendo riducibile ai soli provvedimenti formali assunti dal soggetto nell'ambito della sua competenza (vedasi una sentenza delle Sezioni unite della Cassazione, la n. 14 del 1994), comporta inevitabilmente un'attività di accertamento approfondito e complesso tra la condotta asserita come illecita ed il collegamento con le funzioni governative. Ma di tutto questo ragionamento non vi è traccia nella richiesta trasmessa, né emersione negli atti d'indagine: ciò, nonostante la concussione sia - come è noto a chi mastica questa materia - reato proprio e che la stessa sia stata rinvenuta dai magistrati procedenti nella qualità di Presidente del Consiglio dei ministri ricoperta da Berlusconi. Altre volte peraltro i giudici, in presenza di tale qualità soggettiva (solo in presenza di tale qualità soggettiva), hanno comunque rimesso gli atti al tribunale dei Ministri, perché questa circostanza, suscettibile di modificare la competenza, fosse preventivamente valutata da quest'ultimo: in proposito richiamo il recentissimo precedente Matteoli (non parlo «parlamentarmente», mi riferisco addirittura alla fase precedente), di cui ci siamo occupati anche in questa legislatura ed in cui la procura della Repubblica di Firenze - cito testualmente - «previa formulazione delle imputazioni, omessa ogni indagine», aveva rimesso il 12 gennaio 2005 gli atti al locale collegio per i reati ministeriali, che poi escluse la ministerialità (badate bene); però la procura inviò al tribunale dei ministri gli atti proprio per questa sorta di pregiudiziale. Si richiama anche il recente precedente della procura di Trani - che forse tutti i Pag. 48presenti ricorderanno - che il 19 marzo 2010 ha trasmesso al tribunale dei Ministri gli atti relativi ad un procedimento per concussione nei confronti dello stesso Presidente del Consiglio, rimettendo ad esso - cito testualmente - «la corrispondente delibazione», essendosi posto un dubbio sulla configurabilità del reato come ministeriale: la procura ritiene che le norme vigenti «lascino intendere che la valutazione in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti commessi spetti con precedenza al tribunale dei Ministri» (sono parole della procura di Trani). Che la competenza primaria a qualificare come ministeriale il reato sia essenzialmente (e - direi - di fatto) attribuita dalla legge al tribunale dei ministri lo si ricava anche dall'articolo 2 della legge ordinaria n. 219 del 1989 (fonte primaria), laddove contempla espressamente, tra i diversi sbocchi dell'attività di indagine del tribunale, la conclusione che «il fatto integra un reato diverso da quelli indicati nell'articolo 96 della Costituzione», con questo evidentemente ammettendo la competenza sull'accertamento del requisito della ministerialità.
Ciò quanto meno per i fatti per i quali sussista un ragionevole dubbio circa il ricorrere di questo requisito e mi sembra di poter dire che, nel caso in questione, il ragionevole dubbio è dato proprio dal tipo di reato contestato che presuppone l'esercizio di una pubblica funzione, anche se con abuso dei poteri o della qualità di pubblico ufficiale.
Peraltro, l'attivazione della procedura di rimessione al Tribunale dei ministri ha, nella sistematica del procedimento, la funzione di garantire l'interesse costituzionalmente tutelato delle Camere ad operare un'autonoma valutazione sulla ministerialità del reato, rispetto a quella operata dalla magistratura, cosa che qualche intervento di alcuni colleghi ritiene di dover escludere. Garanzia, invece, che è totalmente esclusa se quel tribunale non venga attivato. Rammento la sentenza n. 241 del 2009 della Corte costituzionale che riconosce, a favore delle Camere, «un interesse costituzionalmente protetto ad essere tempestivamente informata, per via istituzionale ed in forma ufficiale, dell'avvenuta archiviazione, come prescrive, senza eccezioni, il citato comma 4 dell'articolo 8 della legge costituzionale n. 1 del 1989». Tale interesse, quindi, risulta tutelato solo se sia il Tribunale dei ministri ad intervenire per la valutazione della ministerialità e risulta, invece, privo di tutela quando procede direttamente l'autorità giudiziaria ordinaria. In quest'ultimo caso, la Camera sarebbe privata della stessa possibilità di operare quella sua autonoma valutazione sulla ministerialità del reato che proprio la Corte ha ritenuto spettare ad essa, ex articolo 96 della Costituzione.
La posizione del Presidente del Consiglio, inoltre, quanto all'esercizio di funzioni e competenze ed alla eventuale commissione di reati nell'esercizio di queste, è del tutto peculiare e presenta degli evidenti caratteri di specificità. Egli ha funzioni e competenze che presentano, per certi versi, contorni sicuramente meno netti di quelle dei singoli Ministri, ma se facciamo affidamento solo a quest'ultimo criterio, per individuare i reati ministeriali, è evidente che si rischia di ridurre considerevolmente, per il Presidente del Consiglio, che non è collocato a capo di uno specifico Ministero, la possibilità di avvalersi, nell'esercizio del suo delicato ruolo di direzione della politica di governo e di mantenimento dell'unità d'indirizzo, della prerogativa di cui all'articolo 96 della Costituzione, finendo per ammettere una conclusione paradossale, ossia una minore tutela del Presidente del Consiglio rispetto ai singoli Ministri, in rapporto ai quali egli è però primus inter pares. Con riferimento allo specifico reato contestato - la concussione, che attrae, anche a detta degli stessi magistrati e della procura, l'altro reato - non appare elemento risolutivo per escluderne la ministerialità la circostanza che la concussione stessa deve essere compiuta dal pubblico ufficiale abusando della sua qualità o dei suoi poteri, anzi, proprio dalla giurisprudenza della Cassazione si desume che l'abuso dei poteri o delle funzioni possono essere uno degli elementi ricavabili in via interpretativa Pag. 49per riconoscere la ministerialità di un reato. La Cassazione, infatti, con la sentenza n. 14 del 1994, nell'escludere la correttezza di un'interpretazione che richieda necessariamente l'abuso di potere per riconoscere la ministerialità di un reato conferma, comunque, che l'abuso di potere può essere uno dei casi nei quali riconoscere che il fatto è stato commesso nell'esercizio di funzioni di governo, conseguentemente assumendo natura ministeriale.
Al di là di queste considerazioni, che pure, con riferimento al reato di concussione, avrebbero consigliato ai magistrati di valutare con più cautela la eventuale competenza del Tribunale dei ministri - dico eventuale perché sarebbe bastato anche un accertamento preventivo da parte della procura per far sì che una valutazione venisse fatta - si potrebbero porre, comunque, ulteriori dubbi sulla competenza territoriale. Lo dico ad abundantiam: osservo infatti che, secondo la ricostruzione dei magistrati, in sostanza, la concussione si sarebbe consumata con l'induzione, nei confronti del dottor Ostuni, ad accelerare le procedure per il rilascio della minore, ciò che costituirebbe l'utilità della concussione. Ne consegue che la asserita concussione si sarebbe consumata con la telefonata dell'onorevole Berlusconi e la rassicurazione a lui offerta, per telefono, dal dottor Ostuni.
Risulta dal verbale di assunzione di informazioni rese dal dottor Ostuni stesso che questi ricevette la telefonata del Presidente del Consiglio mentre si trovava in quel di Sesto San Giovanni, a letto per la verità. Rilevazione della cella telefonica.
La concussione, dunque, se quanto riportato nei verbali fosse corrispondente al vero - e non dobbiamo dubitarne -, si sarebbe consumata in un luogo non compreso nella competenza territoriale del tribunale di Milano, ma assegnato alla competenza del tribunale di Monza.
Insomma, anche ove fosse esclusa la competenza del Tribunale dei ministri, si porrebbero, comunque, dubbi sulla competenza territoriale, così come si evince dalle stesse carte trasmesse dalla procura. Parliamo del reato di concussione e non parliamo dell'altro reato per cui c'è stata una novella - del 2000 se non ricordo male - ai fini della competenza che avrebbe spostato, eventualmente, la competenza stessa dal tribunale di Monza a quello di Milano. Parliamo di Corte d'appello, infatti.
Quasi ad abundantiam aggiungo il dato che se è vero quanto riferito dai giornali...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Leone.

ANTONIO LEONE, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, un minuto. La procura sarebbe intenzionata a chiedere il giudizio immediato il cui presupposto è l'evidenza della prova. A cosa servirebbero allora le perquisizioni se il quadro probatorio a detta della procura è completo?
Concludo che l'impressione che ho ricavato dalla lettura delle carte è dunque che non può escludersi alla luce dell'omissione di qualsivoglia argomentazione circa la non ministerialità del reato ed alla luce di difetti di competenza territoriale rinvenibile dagli atti, oltre che alla luce delle valutazioni che ho fatto sull'effettiva utilità della perquisizione (giudizio questo, mi rendo conto, di mero fatto) un intento persecutorio della procura, valutazione che ovviamente non può prescindere dai precedenti rapporti tra Berlusconi e la procura, che definire burrascosi è forse un eufemismo: non ho bisogno di ricordare le dichiarazioni rese negli anni passati alla stampa, ma richiamate anche nel dibattito politico-parlamentare, essendo quello della contrapposizione dell'onorevole Berlusconi alla magistratura cosiddetta politicizzata un tema ricorrente nelle opinioni espresse dallo stesso onorevole Berlusconi da molti anni, con particolare riferimento ai magistrati della procura di Milano.
La preoccupazione, quindi, che vi possa essere da parte dei magistrati di quella procura un intento ritorsivo, se non persecutorio, nei suoi confronti non sembra facilmente fugabile ed anzi sembra rafforzarsi alla luce delle criticità che ho cercato di illustrare poc'anzi. Pag. 50
Vi sono poi diversi precedenti riguardanti il divieto dell'autorizzazione all'esecuzione delle perquisizioni per gli stessi motivi - vedi il caso riguardante l'onorevole Tabacci, l'onorevole Fortunato, l'onorevole Di Giuseppe e l'onorevole Romano ed altri -; alla luce di questo contesto generale vi è conclusivamente da rilevare che nel dibattito svoltosi in Giunta, diversi interventi si sono incentrati anche sulla qualificazione o meno di reato ministeriale della presunta concussione vuoi in relazione all'esistenza del fumus persecutionis o meno: comunque si tratta di reato ministeriale.
Inoltre a rafforzare le ipotesi che si versi nel reato ministeriale sono state nel dibattito stesso sottolineate le circostanze che avrebbero indotto il Presidente del Consiglio a prendere contatti con il dottor Ostuni.
Tutto ciò posto e considerato, il relatore si è deciso - tenuto conto del dibattito e modificando la proposta contenuta nella bozza di relazione e ritenendo dovuta la trasmissione al tribunale dei ministri - a proporre la restituzione degli atti all'autorità giudiziaria. E ciò anche al fine di un riequilibrio e della fissazione dei paletti e dei confini dei due poteri in ballo o in contestazione.
In conclusione - la ringrazio signor Presidente per la pazienza - a maggioranza la Giunta propone di deliberare che la Camera restituisca gli atti all'autorità giudiziaria procedente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Samperi.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, consegnerò l'intervento perché i pochi minuti che abbiamo li dobbiamo distribuire tra le forze di opposizione e quindi riassumerò brevemente.
Nella notte tra il 27 e il 28 maggio presso la questura di Milano viene condotta una giovane di nazionalità marocchina, Karima El Mahroug, denunziata per il furto di tremila euro.
La minorenne Karima vieni subito identificata tramite la banca dati delle forze di polizia e si accerta che ella risiedeva a Letojanni, in provincia di Catania e che si era allontanata da un centro di ricovero per ragazzi in difficoltà e, quindi, la polizia accerta immediatamente che Karima è marocchina, minorenne, ha una famiglia povera alle spalle ed è fuggita da una comunità di accoglienza.
Il pubblico ministero di turno subito avvertito dà le direttive: Karima deve essere accompagnata in un centro di accoglienza o in subordine deve rimanere in questura.
Un intervento di pura routine, un caso uguale a tanti altri. Mentre sono in atto però le procedure di affidamento a un centro per minori, sopravviene l'indebito intervento del Presidente del Consiglio che telefona al capo di gabinetto del questore e gli dice che Karima è egiziana, addirittura la nipote del Presidente Mubarak e che, a causa del fermo, potrebbe scoppiare un incidente diplomatico. Ella pertanto deve essere liberata e consegnata alla signora Nicole Minetti, consigliere regionale della Lombardia incaricata dalla Presidenza del Consiglio. A seguito di questa comunicazione, inizia un convulso traffico telefonico tra il dottor Ostuni, la dottoressa Iafrate e il questore di Milano: ben 21 telefonate in meno di due ore.
Alle due di notte, Karima viene effettivamente consegnata a Nicole Minetti. Avventatamente il questore di Milano sostiene l'ordinarietà del caso a fronte delle evidenti deroghe alla procedura ordinaria.
Nessun documento di identità viene acquisito, né vengono rispettate le direttive del pubblico ministero.
Da qui nasce l'indagine, da cui emerge che Karima ha un soprannome, Ruby, e che frequenta le residenze del Presidente del Consiglio, in particolare, la villa di Arcore. Si rivela, quindi, che l'intervento del Presidente del Consiglio per far sì che i pubblici dipendenti deroghino alla procedura ordinaria, è fatto per evitare che Ruby fosse affidata ad un centro minori e che rivelasse le sue attività consuete e le sue ordinarie frequentazioni. Di qui, l'apertura del fascicolo per concussione e le relative indagini. Pag. 51
Tali indagini hanno portato ad accertare che il Presidente del Consiglio invitava con regolarità, presso la sua residenza di Arcore, numerose giovani donne, le quali svolgevano diverse attività di intrattenimento. Le cene venivano proposte dall'onorevole Berlusconi e organizzate in vario modo da Nicole Minetti, con la collaborazione di Lele Mora e di Emilio Fede.
Dalle informazioni testimoniali, dalle perquisizioni effettuate e dalle intercettazioni telefoniche emerge con certezza un quadro inquietante di ambigue serate, con balli lascivi e relazioni interpersonali guastate da un sistema di mercificazione dei rapporti e slealtà venali.
Viene accertato che presso villa San Martino è sita un'apposita sala per intrattenimenti di vario genere, che viene minutamente descritta attraverso le intercettazioni e le testimonianze raccolte. In questa sala, gli ospiti si spostavano dopo cena e davano inizio a balli e squallidi contatti fisici. Dopo il «bunga-bunga» si elargivano regali di ogni sorta e denaro in cambio delle nudità offerte all'onorevole Berlusconi.
Il tenore di queste serate lo ricaviamo anche dalle intercettazioni telefoniche relative a cene successive, frequenti e numerose (il 12 e il 13 luglio; l'11, il 22, il 24 e il 25 agosto; il 5, il 19, il 20, il 25 e il 26 settembre), che seguono sempre lo stesso copione.
Dalle indagini risulta, poi, che sette appartamenti siti in Milano, in via Olgettina n. 65, erano posti a disposizione di altrettante giovani donne frequentatrici della residenza di Arcore. Tali immobili, di proprietà della Friza Srl, venivano gestiti da Giuseppe Spinelli, dispensatore anche di ingenti somme di denaro per conto di Berlusconi alle frequentatrici di villa Arcore, e il cui ufficio coincide proprio con la segreteria politica dell'onorevole Berlusconi.
In uno di questi appartamenti, quello in uso a Garcia Polanco, in arte Maristelle, ospite assidua di villa San Martino, vengono sequestrati, nell'agosto del 2010, oltre 2 chili di cocaina, che il suo convivente, arrestato in quel frangente, aveva nascosto in casa, lasciandone altri nove chili e mezzo nel box adiacente: comportamenti opachi e torbidi, che ruotano vertiginosamente attorno al Presidente del Consiglio.
Con la telefonata fatta da Berlusconi al dottor Ostuni, l'intera sua vita privata diventa pubblica e non, come sostiene la maggioranza, perché il Presidente agisca utilizzando funzioni o poteri del Presidente del Consiglio per difendere un interesse dello Stato tutelato dalla Costituzione. Ospitare a casa giovanissime donne per attività strettamente private, peraltro eticamente e penalmente rilevanti, non è in alcun modo riconducibile alle funzioni ministeriali, né tanto meno lo è indurre funzionari della Polizia di Stato a deviare dall'ordinaria procedura. Basterebbe il comune senso del pudore per dissuadere dall'usare tali argomentazioni.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Il muro tra pubblico e privato cade, solo perché Berlusconi, per i suoi interessi esclusivamente personali, interferisce pesantemente e illegittimamente con la vita pubblica; cade, perché la sua vita privata sta condizionando il Governo; cade, perché candida escort senza competenza alle cariche istituzionali e consente, in barba a tutte le regole sulla sicurezza, che si possa frequentare la sua residenza senza alcun controllo, mettendo a rischio la stessa sicurezza dello Stato.
Rinvio agli atti per tutte le altre fonti di prova. Dirò soltanto che dal contenuto degli atti emerge uno scenario squallido e desolante, insieme alla consapevolezza che si è andati oltre, che nell'uso che si fa di questa schiavitù volontaria vi è la negazione della storia di tanti uomini e donne che umilia la coscienza civile di tutti gli italiani. La Camera dei deputati farebbe bene a non diventarne complice.
Certo, questi elementi hanno bisogno di riscontri oggettivi, hanno bisogno di un processo.
Ce n'è però abbastanza perché il Presidente del Consiglio assolva ai suoi doveri Pag. 52di cittadino di fronte alla legge e ai suoi obblighi di uomo pubblico davanti al Paese. Si presenti ai giudici di Milano senza costringere il Parlamento a sostenere tesi impudiche e si affidi ai suoi legali sollevando le eccezioni procedurali e di merito previste nelle nostre leggi a garanzia di tutti i cittadini.
È assolutamente illegittima la proposta che la maggioranza della Giunta fa, sotto il profilo procedurale e sotto il profilo di merito. È illegittima perché in questo caso non si profila assolutamente alcuna competenza del Tribunale dei ministri; è illegittima perché c'è una riserva ex lege a che la qualificazione del reato sia fatta esclusivamente dal procuratore della Repubblica. E il procuratore della Repubblica non ha ritenuto che in questo caso si trattasse di reato ministeriale.
Il profilo dell'autonoma valutazione della Camera riguarda solamente ed eventualmente l'esimente che la Camera potrebbe trovare, il profilo cioè che se il Presidente Berlusconi avesse agito nelle sue funzioni e non nella sua qualità, come gli viene contestato dalla procura, potrebbe averlo fatto per un interesse superiore dello Stato costituzionalmente protetto. Ma questo interesse superiore dello Stato costituzionalmente protetto appare molto difficile da individuare in questo contesto.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Samperi.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Io mi sono soffermata lungamente, ma sì, concludo, Presidente. Aggiungo soltanto che nessun precedente esiste nella Giunta per quanto riguarda condotte del tutto private ed estranee alla competenza specifica del titolare del dicastero.
Sappiamo soltanto - e chiudo veramente - che con certezza l'l'identità di Karima era stata già definita prima che venisse rilasciata. Il Presidente del Consiglio non poteva non saperlo, visto che ci sono state molte telefonate tra la questura e la Presidenza del Consiglio, che il Presidente del Consiglio già nei giorni del 14, 20, 21, 27 e 28 febbraio, 9 marzo, 4, 5, 24, 25, 26 aprile, 1 e 2 maggio aveva ricevuto Karima nella sua villa di Arcore e i sistemi di sicurezza non potevano non averla correttamente identificata, e che Emilio Fede la conosceva bene per averla premiata in un concorso di bellezza qualche anno prima.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Samperi.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Chiudo, Presidente, dicendo che la mia relazione di minoranza finisce con l'invito alla Camera a respingere la proposta della Giunta (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Samperi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Palomba.

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho già affidato ad una diffusa relazione di carattere tecnico il mio intervento in Giunta, che spiega le ragioni per le quali la magistratura di Milano ha la piena competenza, per territorio e funzionale, per procedere.
Ho anche presentato una relazione di minoranza, che chiedo che sia allegata agli atti. Qui affiderò a questi quattro minuti che mi sono assegnati alcune considerazioni in chiave un po' ironica, ma anche di grande amarezza e preoccupazione.
Noi dell'Italia dei Valori siamo assai preoccupati dal fatto che il Parlamento possa rendersi complice, ancora una volta, di una decisione che consegnerebbe al ludibrio e allo scherno il nostro Paese e le nostre istituzioni. Comprendiamo che la Pag. 53disperazione possa far fare cose incredibili, ma non può mai arrivare al punto di far fare cose ridicole.
Si dice che la competenza apparterrebbe al Tribunale dei ministri, perché il Presidente, facendo quella telefonata sconcia e indecente, avrebbe agito nell'esercizio delle sue funzioni nell'ambito delle relazioni internazionali e per evitare dei guai internazionali o diplomatici. Ma come? Non c'è nessun Presidente del Consiglio al mondo, nessun diplomatico al mondo, che si permetterebbe di mettere in crisi le relazioni diplomatiche con una telefonata di quel genere. E difatti qualche problema con l'Egitto lo abbiamo avuto, anche se adesso lo zio di Ruby, Mubarak, ha qualche problema lui. Forse dipende anche da questo, magari porta pure scarogna questo fatto.
In nessuna parte del mondo un Presidente del Consiglio che, di fronte al dubbio se una persona sia nipote di un Capo di Stato, non farebbe telefonare dal suo addetto diplomatico, o dalla Farnesina, all'ambasciata egiziana, magari per dire loro: scusate, per caso avete per la strada una nipote marocchina del Presidente egiziano?
Ovviamente, siccome sarebbe stato sommerso dalle proteste e dall'indignazione, si è guardato bene dal farlo, perché non avrebbe poi potuto fare quella telefonata. Oppure, se per ipotesi gli fosse stato risposto di sì, nell'ipotesi della sua buona fede, avrebbe dovuto dire: andate a prendervela, perché noi, altrimenti, la rimettiamo sulla strada per via di una persona, che poi non se ne prende carico e la rimette sul marciapiede.
In una tale situazione, con un Presidente del Consiglio che si è comportato in maniera assolutamente irresponsabile, noi rischiamo di compromettere le relazioni internazionali, non di favorirle. Ecco la ragione per la quale è inimmaginabile poter ascrivere un intervento di questo genere all'esercizio delle funzioni di un Capo di Governo.
In nessun Paese questo è mai accaduto. Infatti, quando il Presidente del Consiglio, la prima volta, se ne uscì con queste cose, fummo sommersi da una cosmica risata di scherno. Non possiamo più permettercelo, colleghi.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la invito a concludere.

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. La Camera non si renda complice di un'ulteriore situazione di questo genere. Qui si tratta di un semplice abuso, non di una funzione, ma di una qualità, che è stata prospettata al solo fine di commettere uno sviamento dalla qualità stessa.
Concludo: colleghi, vi scongiuro, salvate il Parlamento e l'Italia da un altro colossale scherno che ci sommergerebbe. Per salvarlo dal processo, voi lo consegnate al ridicolo. Il consiglio dell'Italia dei Valori è questo: salvatelo dal ridicolo e consegnatelo al processo. Recupereremmo tutti la dignità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Mantini.

PIERLUIGI MANTINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, intervengo a nome dell'Unione di Centro e dei deputati che fanno riferimento al nuovo Polo per l'Italia, anticipando il voto contrario alla relazione di maggioranza del collega Leone.
Innanzitutto, dobbiamo dire che la nostra competenza è molto limitata. Esattamente, essa è limitata all'autorizzazione ad eseguire la perquisizione domiciliare che ci è stata richiesta dalla procura di Milano. La prima domanda inevitabile è: perché l'onorevole Berlusconi e la sua difesa si oppongono alla perquisizione domiciliare? Cosa c'è dietro quella porta? Cosa c'è che non possa essere conosciuto? Pag. 54
Infatti, se la perquisizione domiciliare in uno degli uffici di Segrate del ragioniere Spinelli fosse stata consentita, senza opporre il carattere di sede parlamentare, o meglio - come vedremo - di pertinenza della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Parlamento non avrebbe avuto neanche le carte e non si sarebbe occupato di questa vicenda. Perché non si chiariscono le cose e si favoriscono le indagini, anziché inventare motivi per opporvisi? È questo il tema (e lo riprenderò tra un attimo) che ha determinato, appunto, il trasferimento per competenza - l'unica nostra competenza - delle carte per l'autorizzazione alla perquisizione domiciliare.
Queste carte - che, ormai, sono sufficientemente pubbliche e note - disegnano un quadro davvero allarmante: festini organizzati dal Premier con riti sessuali definiti «bunga-bunga», ragazze pagate che dichiarano di partecipare a pratiche sessuali, minorenni coinvolte in queste attività, l'intervento diretto del Premier per l'affidamento della minorenne Karima El Mahroug, falsamente definita nipote del Presidente egiziano Mubarak, alla consigliera regionale del Popolo della Libertà, Nicole Minetti, la quale, peraltro, dopo pochi minuti, la lascia nelle mani di una persona che sembra dedita alla prostituzione; e ancora: rinvenimenti di ingenti quantitativi di cocaina in un appartamento che risulta pagato dal Premier, personale di scorta utilizzato per accompagnare le ragazze partecipanti ai festini, disponibilità del telefono del Premier in ambienti assai equivoci, minacce di ricatti, e così via.
Compete alla magistratura, non a noi, con le garanzie del processo, l'accertamento definitivo dei fatti e dei reati.
Noi esprimiamo un giudizio di netta condanna per la condotta del Premier per cinque ragioni di natura politica. La prima ragione è di ordine morale, perché chi esercita rilevanti ruoli istituzionali dovrebbe avere una condotta improntata al decoro e al buon esempio, come è stato da più parti osservato.
La seconda delle ragioni riguarda le condizioni di ricattabilità nelle quali si è posto il Presidente del Consiglio, anche per la disinvoltura con cui sono stati intrecciati rapporti con persone coinvolte nel narcotraffico. La terza ragione politica consiste nell'avvilente concezione della donna e dell'uso dei minori che emerge dai fatti di Arcore. La quarta motivazione politica di censura è a nostro avviso costituita dal grave discredito internazionale del Paese che discende dalla condotta del Premier. Il quinto, preoccupante motivo di condanna politica deriva dal coinvolgimento delle istituzioni nella difesa personale del Premier, che, anziché chiarire i fatti al processo, provoca un lacerante conflitto contro la magistratura e tra le istituzioni.
Su questo punto occorre essere un po' più precisi, anche per rispondere alla tesi di maggioranza. Bisogna innanzitutto notare che le due porzioni immobiliari, designate con i numeri 801 e 802 di Residenza Parco, in Segrate, sono uffici del ragioniere Spinelli e non risulta alcuna prova né alcun elemento è stato fornito del carattere parlamentare di queste sedi.
Sicuramente questo carattere non vi è per la porzione dell'unità immobiliare 802, che è pacificamente sede di società commerciale per cui, su questa unità immobiliare, la perquisizione domiciliare potrebbe essere fatta senza alcuna autorizzazione.
Sulla porzione 801, invece, vi è una targa: sede politica, segreteria dell'onorevole Silvio Berlusconi, che può essere un indizio; vi è anche una comunicazione del 2004, contenente un elenco generico di immobili che attualmente non sono neanche, tutti, nella disponibilità del Presidente del Consiglio dei ministri, ma, a parte il fatto che si tratta di una comunicazione risalente ad altra legislatura, ci si chiede davvero se possa bastare una targa a fronte di prove evidenti, risultanti dallo stesso ragioniere Spinelli. Quest'ultimo dice che, in quell'ufficio, si limita a svolgere un'attività, su precisa indicazione del dottor Berlusconi - lo chiama dottor Berlusconi, non onorevole Berlusconi - di pagamenti, di gestione di molti fatti, tra cui anche beneficenza e non abbiamo Pag. 55motivo di dubitarne, di pagamenti per la signorina Ruby, per la gestione degli appartamenti, insomma, tutto meno che un'attività di tipo istituzionale. Dovrei dire anche che, se fosse una sede istituzionale, a fronte degli usi che ne sono stati fatti in seguito, emergerebbero davvero nuovi elementi di potenziali illeciti.
La tesi della maggioranza, esposta dal collega Leone, è davvero risibile, come è stato detto, e anche un pochino offensiva sul piano della dignità istituzionale e molto infondata. È risibile pensare che l'intervento in questura per il rilascio e l'affidamento della signorina Ruby nelle mani della consigliera Nicole Minetti, la quale tra l'altro l'abbandona dopo alcune ore, sia un atto di politica internazionale.
Adesso la carità di patria mi impedisce di insistere su questo argomento, perché ciascun italiano può comprendere quanto sia risibile questo argomento; peraltro neppure il presunto zio, Presidente Mubarak, risulta essere stato avvisato del rilascio della nipote.
C'è da dire però che la ministerialità di questi reati è un po' insultante, perché è ovvio che il presunto intervento conclusivo è stato fatto in qualità di pubblico ufficiale e non certo nell'esercizio della funzione tipica di Governo, a meno che la prostituzione minorile non sia ad oggi tra le funzioni tipizzate proprie del Governo.
Abbiamo diversi precedenti, quello recente del Ministro Lunardi, il precedente del Ministro Alemanno, il precedente del Ministro Radice, in un caso per un decreto ministeriale proprio, nell'altro caso per la questione del latte fresco, cioè sempre per attività relative proprio a funzioni di Governo, un altro caso ancora per il condono edilizio: insomma, tutti i precedenti giudizi di ministerialità riguardano tipici atti nell'esercizio specifico di funzioni proprie.
Anche la Cassazione a sezioni unite, come è stato ricordato, nella sentenza del 1994 ci dice che occorrono strumentalità e nesso funzionale con l'esercizio proprio. Tutti i precedenti sono in questo senso, dunque devo dire che questa tesi della ministerialità aggiunge disdoro a disdoro in una vicenda peraltro, in sé, non molto decorosa per l'intero Paese, oltre che per la figura del Premier.
È una tesi che aggrava le condizioni, perché istituzionalizza il conflitto, fermo restando che anche il voto che dovesse esprimere quest'Aula intorno alla tesi proposta dalla maggioranza non avrebbe alcun effetto giuridico, poiché circa la ministerialità o meno dei reati per cui si procede giudica, come da consolidata giurisprudenza e da norme, il giudice, per poi sollevarsi i conflitti con gli usuali rimedi giurisdizionali nelle sedi giurisdizionali.
Dunque, signor Presidente, concludiamo con molta amarezza, esprimendo un voto contrario alla tesi di maggioranza e sottolineando che, a nostro avviso, il domicilio oggetto della perquisizione in Segrate (gli uffici del ragionier Spinelli) non sono sedi parlamentari, sicché si potrebbe procedere senza alcuna autorizzazione. Ove invece tali si ritenessero, riteniamo che dal quadro derivante dalle carte processuali inviate e trasmesse emergano sufficienti elementi ed indizi per ritenere non persecutoria la richiesta di perquisizione domiciliare e, in tal senso, esprimeremo il nostro voto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signora Presidente, se volessi essere un po' meno serio del solito, potrei dire che dalle carte processuali si ricava una sensazione quasi divertente. Da un lato, alcuni sostengono che i tempi della giustizia sono lenti, ma stranamente, quando si tratta del Presidente del Consiglio, accelerano improvvisamente: iscrizione della notizia di reato 21 dicembre, già pronti con agli atti mandati alla Giunta per le autorizzazioni per procedere con il giudizio immediato.
Si dice, signora Presidente, che in questo Paese mancano i magistrati, tant'è che il Governo si è adoperato per fare in modo che con la fine delle prossime procedure ne vengano assunti circa mille, ma guarda caso, quando si tratta dell'onorevole Berlusconi, ci sono tre sostituti procuratori Pag. 56che procedono alle indagini e se ne aggiunge un quarto che è il capo della procura quando, per l'appunto, ci si deve occupare delle inchieste del Presidente del Consiglio.
Se poi volessi essere un pochino meno «delicato», potrei dire che, quando si offende - condivido questa testi - la dottoressa Boccassini con la pubblicazione di un procedimento disciplinare che risale a circa trent'anni or sono, improvvisamente la magistratura non è lenta, ma procede in tempo reale alle perquisizioni, anche personali, nei confronti di una giornalista (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania); invece, quando vengono pubblicate sui siti Internet 400 pagine di atti di indagine rivolti contro il Presidente del Consiglio nessuno muove un dito per scoprire chi sia stato (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Inoltre, quando si leggono i verbali degli interrogatori segretati non c'è nessuno che si muove naturalmente per criticare questi aspetti o per chiedere che magari venga fatta qualche perquisizione in qualche importante quotidiano nazionale che ha sempre la possibilità di rendere pubblici gli atti che sono coperti da segreto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Guarda caso sono giornalisti che stanno molto spesso vicini alla procura di Milano.
Ma c'è un altro aspetto, signora Presidente, che mi rende un pochino più inquieto e credo che la vicenda sia più seria. La prima questione è l'utilizzo dei dati relativi ai tabulati telefonici per ricavare chi si trovava nell'abitazione del Presidente del Consiglio in determinate sere. Il Presidente del Consiglio, per chi non lo ricorda, è un deputato.
Mi riferisco all'utilizzo dei dati relativi, come sempre, a questo tipo di utenze telefoniche per stabilire l'ubicazione e, quindi, poter determinare chi ha dormito all'interno della residenza o del domicilio del Presidente del Consiglio, che è un deputato in carica della Repubblica. Si potrà obiettare che le utenze intercettate sono di terzi, ma la questione che pongo, signora Presidente, è se con gli aspetti tecnologici che avanzano si può interferire con il diritto di libertà e alla vita privata sancito dalla nostra Costituzione e dalle Convenzioni relative ai diritti dell'uomo.
La questione non è l'utilizzo in sé di quei dati ma stabilire chi era a cena con il Presidente del Consiglio, chi parlava con il Presidente del Consiglio e chi dormiva presso il Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Chi di questi colleghi non si rende conto che quello che oggi viene fatto al Presidente del Consiglio può essere fatto a un qualsiasi deputato non si pone il problema, non in ordine ai deputati, ma alle istituzioni, alla Camera e al rapporto che vi è con il potere giudiziario (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Signora Presidente, penso di avere il dovere di porre un'altra questione in quest'Aula. La questione riguarda la Giunta per le autorizzazioni, di cui non faccio parte. Ho preso visione degli atti naturalmente facendoli stampare dal gruppo parlamentare, grazie a un sito molto noto che li ha pubblicati. Tuttavia, mi sono immediatamente reso conto di una questione, che mi ha lasciato estremamente perplesso. La richiesta relativa alla perquisizione domiciliare, nei confronti del Presidente Berlusconi, prende le mosse da un'indagine su alcuni reati che sono stati ricordati dal relatore.
Naturalmente, una delle protagoniste - e non esprimo giudizi morali - di questa vicenda è, appunto, Karima e, guarda caso, la pubblica accusa invia alla Giunta per le autorizzazioni, insieme alla domanda, anche la richiesta relativa alla presentazione della persona indagata, cioè Silvio Berlusconi, indicando gli elementi di prova. Ma cosa fa la procura? Manda alcuni atti, manda una relazione, inserisce le indicazioni ma fa anche una cosa che mi ha sorpreso molto, signora Presidente. Gli unici atti che omette di inviare alla Camera dei deputati e alla sua Giunta per le autorizzazioni sono le quattro dichiarazioni testimoniali della ragazza, su cui si basa l'impianto accusatorio. Pag. 57
Ma, signora Presidente, lei non ritiene che, a fronte dell'indicazione di quegli atti per consentire all'indagato - non nel processo, ma al parlamentare Berlusconi - di poter vedere una corretta delibazione da parte della Giunta per le autorizzazioni, quegli stessi atti non dovevano essere occultati ma dovevano essere trasmessi alla Camera dei deputati per consentire, appunto, alla Giunta di farsi un'opinione fondata su quali dichiarazioni aveva reso (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)?
Signora Presidente, non sono preoccupato dei giudizi morali. Ormai alla procura della Repubblica - e dico alla procura della Repubblica - abbiamo demandato il giudizio morale sui parlamentari. Non voglio prestarmi a questo gioco, perché i giudizi morali non si applicano alle carte dell'accusa senza che vi sia il contraddittorio.
Ma dirò di più: i giudizi morali non si applicano quando si entra nelle case dei parlamentari e quando, ancora un po', ci si diverte a rappresentare, anche all'interno dei dati sulle intercettazioni telefoniche di cui tanto si parla, anche quelle offese alle istituzioni e al Presidente del Consiglio su cui nessuno ha sprecato una parola.
Allora ci si muove naturalmente per il diritto alla riservatezza o per tutelare anche i magistrati - ed è giusto - ma quando nelle intercettazioni telefoniche si fa riferimento al Presidente del Consiglio non vi sono gli omissis ma vi sono gli insulti.
In conclusione, tutto questo, signora Presidente, mi riporta ad una sola situazione: non mi presto ai giudizi morali e credo che anche il Popolo della Libertà non vi si possa prestare. Noi voteremo contro la perquisizione perché è un atto morale a difesa della Camera dei deputati (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signora Presidente, nell'aprire la seduta di oggi, lei ha detto che la Giunta per le autorizzazioni ha proposto la restituzione degli atti all'autorità giudiziaria. Io avrei voluto sentire, come membro di quest'Aula, in base a quale articolo del nostro Regolamento ci accingiamo a fare una cosa diversa da quella che ci chiede l'autorità giudiziaria procedente.
Devo dire che, su questo punto, non ha motivato neanche con una riga il relatore, che pure si lamenta che non sia stato motivato un'altro profilo dai giudici di Milano, mentre avrebbe dovuto dire a noi, almeno a noi dell'opposizione, che un articolo del Regolamento prevede l'ipotesi in cui a domanda non si risponde e si rispondono cose diverse.
Lo spiego in due parole perché, così parliamo di cose che conosciamo tutti. La Costituzione prevede due strade per le autorizzazioni riguardanti i parlamentari o i politici: una è la strada dell'articolo 68 e l'altra è quella dell'articolo 96 che concerne i cosiddetti reati ministeriali.
L'articolo 68 non prevede più le autorizzazioni a procedere, ma le autorizzazioni ad acta (e noi adesso stiamo parlando di una di queste); l'articolo 96 prevede l'autorizzazione a procedere e le autorizzazioni ad acta. Ebbene - lo dico ai colleghi perché guardino il Regolamento - nel caso dell'articolo 96, il Regolamento nel 1989 ha disposto la restituzione degli atti per i casi in cui la competenza non spetti alla Camera, ma ad esempio al Senato. Ciò è previsto agli articoli 18-ter e 18-quater, ma nell'ambito dell'articolo 18, di cui ora stiamo trattando, questa ipotesi non è prevista espressamente.
Pertanto, siccome la scelta della strada spetta alla magistratura - e su questo non ci piove - la quale dispone anche di strumenti interni per poter controllare se la scelta procedurale del pubblico ministero possa essere sindacata. Siccome spetta alla magistratura la scelta sulla strada da percorrere (se quella indicata dall'articolo 68 o dall'articolo 96 della Costituzione), mi pare che stiamo facendo un'operazione un po' singolare perché applichiamo una norma del Regolamento che formalmente non c'è - e naturalmente dirò Pag. 58tra poco qualcosa su questo punto - non spendiamo una sola riga per spiegare per quali ragioni stiamo e applicando una norma che non c'è e restituendo arbitraria gli atti all'autorità giudiziaria.
Ebbene, ho visto i precedenti: naturalmente coloro che si occupano di Regolamento sanno benissimo che il Regolamento non è solo un atto scritto, ma è anche frutto di norme introdotte in via di prassi e ci sono effettivamente dei precedenti che hanno introdotto questo istituto dal 1992. Non li ho presi tutti, ma ne ho considerati alcuni. Ho preso quelli che si riferiscono al caso dell'onorevole Piro, (1992) nell'ambito del quale è stata rimessa la querela e quindi è venuto meno un presupposto, essenziale quelli concernenti l'onorevole Previti, (1997) sulla cui autorizzazione non si era ancora pronunciato il GIP, quelli concernenti l'onorevole Marone, risalenti al 2001 e riguardanti una misura cautelare ingiustificata alla luce di nuovi elementi del quadro investigativo. Cito ancora il caso dell'onorevole Gianni del 2003, concernente intercettazioni telefoniche eseguite prima che Gianni fosse proclamato deputato, oppure il caso di Ranieli nel 2006, concernente il mancato avviso al deputato per l'udienza stralcio per le intercettazioni, con conseguente irregolarità della procedura. C'è poi anche un caso Adolfo del 2006 con contenuti sempre procedurali.
Tutti questi casi hanno una matrice precisa e comune, ossia sono casi nei quali si dovrebbe dire che è cessata la materia del contendere e, pertanto, non vi sarebbe motivo di dare l'autorizzazione oppure ci sono irregolarità procedurali. Signora Presidente, devo dire invece che il caso di restituzione degli atti per l'incompetenza dell'organo richiedente, cioè il caso che oggi applichiamo, non ha alcun precedente.
Questo è un fatto che deve fare riflettere; dovrebbero essere bene informati i parlamentari e lei lo farà sicuramente dopo il mio intervento. Lo strumento della restituzione degli atti non è previsto formalmente e è stato introdotto in via di prassi, esso ha un peso in quanto «ripetuto» di fronte ai medesimi presupposti. Se invece per la prima volta si applica una regola nuova bisogna avere grande cautela perché la regola tocca un punto nevralgico: la corretta applicazione delle norme costituzionali previste dagli articoli 68 e 96.
Le chiedo solo questo, signora Presidente. Il Regolamento della Camera, come quello del Senato, è approvato a maggioranza assoluta, che rappresenta una garanzia per le minoranze. So che ci possono essere delle prassi in via consuetudinaria che stabiliscono dei precedenti che sono norme, però quando queste prassi sono conformi, costanti, ripetute e accettate in definitiva è giusto che abbiano lo stesso valore delle norme. Tuttavia, quando una prassi viene introdotta per la prima volta, in un caso così delicato, signora Presidente, rischiamo di violare un criterio elementare dei rapporti tra maggioranza e opposizione, perché viene impiegata come se fosse una norma consuetudinaria una norma che non lo è, che è applicata per la prima volta in un caso molto delicato che va ad incidere sugli equilibri costituzionali.
Non dico che la forzatura l'ha fatta la Presidenza né gli uffici, assolutamente, ma non è questa la mia valutazione. La forzatura l'ha fatta la maggioranza che ha piegato il Regolamento per non seguire la strada principale, di dire «sì» o «no» ai giudici di Milano, cosa che si poteva agevolmente fare. Questa era la strada principale. L'aver seguito questo percorso contorto e non averlo motivato neanche con una parola, a mio modo di vedere, è una cosa che deve preoccupare la Presidenza e l'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento e sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le rivolgo soltanto una richiesta, immagino che lei forse provvederà. Penso che l'intervento dell'onorevole Zaccaria sia Pag. 59stato posto in un contesto sbagliato, perché era sicuramente un intervento da svolgere nell'ambito di un richiamo al regolamento o sull'ordine dei lavori. Tuttavia, credo che abbia posto delle questioni di una tale serietà che, con il tempo che lei riterrà opportuno nel corso del dibattito, meriterebbero una risposta da parte della Presidenza della Camera, anche attraverso - ripeto - un vaglio effettuato dagli uffici.
Ritengo che mai come in questo momento una questione regolamentare assuma anche un significato politico. Per questo dicevo che abbiamo impropriamente destinato la questione ai tempi a noi riservati alla discussione, ma penso che ci sia una riflessione da fare e anche una risposta da dare.

PRESIDENTE. Per quanto concerne le questioni che sono state sollevate e le obiezioni circa la legittimità della proposta sottoposta al voto dell'Assemblea, si rileva che, con riferimento alle domande di autorizzazione ex articolo 68 della Costituzione, l'articolo 18, comma 1, del Regolamento prevede soltanto che la Giunta possa formulare proposta di concessione o di diniego dell'autorizzazione medesima.
Tuttavia, ancorché la formulazione di tale norma regolamentare non contempli espressamente la possibilità che la Giunta si esprima nel senso di restituire gli atti all'autorità giudiziaria, tale possibilità, in base alla prassi costante, deve ritenersi implicita nei poteri della Camera, allorché quest'ultima non ravvisi la sussistenza dei presupposti per pronunciarsi nel merito.
In tal senso, del resto, questi sono i precedenti: XV legislatura, seduta della Giunta per le autorizzazioni del 28 giugno 2006, nel corso della quale, in relazione all'esame della domanda di autorizzazione a eseguire gli arresti domiciliari nei confronti del deputato Vittorio Adolfo, la Giunta all'unanimità deliberò di proporre all'Assemblea la restituzione degli atti all'autorità giudiziaria; XIV legislatura, documento IV n. 4-A, con riferimento alla richiesta di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della sospensione dall'esercizio di pubblici uffici nei confronti dell'onorevole Marone, discussa in Assemblea il 14 febbraio 2002; XIII legislatura, seduta dell'Assemblea del 18 settembre 1997, in cui è stata approvata la proposta della Giunta per le autorizzazioni di dichiarare l'improcedibilità della domanda di misura cautelare nei confronti dell'onorevole Previti e la conseguente restituzione degli atti per difetto dei presupposti di cui all'articolo 68, secondo comma, della Costituzione.
Accogliendo obiettivamente l'osservazione fatta dal collega Zaccaria, secondo cui questa votazione crea un precedente nuovo rispetto agli altri e su questo non ci sono dubbi, in base alle considerazioni svolte e alla prassi sopra ricordata, la Presidenza ha ritenuto senz'altro ammissibile la proposta di restituzione degli atti all'autorità giudiziaria formulata dalla Giunta ed è stata ammessa, in quanto il presupposto principale credo che sia da ricondursi anche sicuramente al fatto che la Camera ravvisa che non ci siano i presupposti per pronunciarsi sul merito della questione.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ovviamente non posso che rimettermi alle decisioni della Presidenza. Come è evidente, le decisioni della Presidenza sono della Presidenza a prescindere da chi nel momento ne assume la responsabilità e non possiamo che prenderne atto. Vorrei però semplicemente lasciare agli atti, ovviamente con un recondito auspicio che questo possa consentire un ulteriore approfondimento da parte della Presidenza, che i precedenti ai quali lei ha fatto riferimento, da quel che ho potuto comprendere e che ho analizzato, da quanto detto dall'onorevole Zaccaria e da quanto da lei replicato, non sono precedenti, perché le motivazioni con le quali si è chiesta la remissione degli atti alla procura nei Pag. 60casi precedenti non sono in nessun modo paragonabili a quelle che vengono utilizzate in questa occasione.
Lo stesso iter procedurale che ha portato a quelle determinazioni era diverso. Mi risulta anche, ma ovviamente questo lei lo saprà meglio di me ed anche questo non è irrilevante ai fini delle decisioni che prendiamo, che quelle decisioni sono state assunte all'unanimità dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere, cosa che non mi pare sia rappresentata nella decisione che si sta assumendo. Quindi, vorrei dirle - ovviamente mi rimetto in questo alle sue valutazioni - che nella decisione di oggi, se la Presidenza conferma questa decisione, non stiamo applicando il Regolamento, ancorché nella parte che riguarda l'applicazione di una prassi attraverso dei precedenti, ma ahimè stiamo costituendo un ulteriore precedente, che a mio avviso produce danni molto gravi.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, sono assolutamente d'accordo con lei e con quanto ha detto l'onorevole Zaccaria che si tratti di un precedente nuovo, tant'è vero che i precedenti citati non fanno riferimento alla fattispecie in atto. Sono assolutamente d'accordo con lei su questo punto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di deliberazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere è abnorme da un punto di vista giuridico. Anche a credere all'ennesima barzelletta del Premier di aver creduto alla parentela della giovane Ruby con il Presidente Mubarak e alla tesi conseguente sostenuta dalla Giunta per le autorizzazioni che possa esserci la copertura del reato ministeriale, vi faccio notare un aspetto che forse non è stato abbastanza considerato.
Il combinato disposto degli articoli 12 lettera c) e 13 del codice di procedura penale ci dicono che, quando vi è connessione di reati, la cognizione tra giudice ordinario e giudice speciale è del giudice ordinario, poiché la Corte costituzionale, che è l'unica ad assorbire eventualmente la competenza per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, non ha alcuna attinenza con l'ipotesi del reato ministeriale di concussione, che nel capo d'accusa è contestato con l'aggravante dell'articolo 61, n. 2, cioè con l'aggravante del nesso teleologico, che è proprio quello che è previsto dalla lettera c) dell'articolo 12 del codice di rito.
Ergo, anche discendendo dalle conseguenze teoriche della vostra tesi, la competenza rimane della procura della Repubblica di Milano e del giudice ordinario, non del Tribunale dei ministri. Ma quello che mi interessa di più e penso interessi di più agli italiani è la particolare questione politica. Voi state proponendo una soluzione che rischia di trascinare nel baratro agli occhi degli italiani l'immagine della nostra stessa Assemblea. Passi che, come tante volte avete fatto con leggi ad personam, abbiate reso impunito il Premier per i falsi in bilancio, le corruzioni e le evasioni fiscali, ma oggi voi volete garantirgli il salvacondotto anche per il contestato delitto di sfruttamento della prostituzione minorile. Non voglio crederlo colleghi.
Mi appello a quelli che sentono, in fondo, di essere dei buoni padri e madri di famiglia, che siedono anche qui, nella parte destra dell'Aula, e che, a fortiori, proprio per questa collocazione simbolica, dovrebbero interrogarsi sull'idealità declamata dalla loro parte sui valori della famiglia, della dignità dell'individuo e della sicurezza sociale, perché siano conseguenti e coerenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Lega Nord approva e concorda con la relazione testé rappresentata, ne condivide le conclusioni e voterà di conseguenza. Va ricordato ai colleghi che si sono immersi anche in Pag. 61valutazioni di merito - a questo punto, anche io in parte replicherò - che esiste l'articolo 96 della Costituzione, che prevede espressamente che il Presidente del Consiglio dei ministri è sottoposto alla giurisdizione ordinaria.
Infatti, tanto per far capire alla gente, perché qui dentro lo sappiamo tutti, il cosiddetto Tribunale dei ministri è un giudice ordinario a tutti gli effetti. Quindi, non si sottrae alla magistratura ordinaria la valutazione del fatto, ma si attribuisce al giudice previsto dalle leggi l'esame del fatto. Lo dice la legge costituzionale - ripeto, costituzionale - 16 gennaio 1989, n. 1, che prescrive al procuratore della Repubblica, che venga a conoscenza delle notizie di reato, omessa ogni indagine, di trasmettere gli atti a questo giudice entro 15 giorni.
Quando la procura di Milano è venuta a sapere dell'eventuale - dirò poi perché eventuale, perché secondo noi non vi è alcun reato, almeno sotto quel profilo - coinvolgimento del Presidente del Consiglio dei ministri in una notizia di reato? Quando si è identificata la persona il 30 ottobre del 2010, data del rapporto che hanno fatto sia il dottor Ostuni sia l'altra funzionaria in servizio quella sera.
Dunque, da quella sera, 30 ottobre, entro 15 giorni, secondo la nostra, ritengo, corretta valutazione dei fatti, si sarebbero dovuti, anche in virtù del reato contestato o ipotizzabile, trasmettere gli atti al Tribunale dei ministri, omessa l'indagine.
Questa indagine, invece, pare che sia stata fatta. Si è contestata, tra l'altro, la concussione. Nella concussione sappiamo che vi è il metus. Se vi è metus, quale altro metus avrebbe potuto indurre il funzionario a commettere qualcosa di illecito, se non la qualità di Presidente del Consiglio dei ministri del chiamante? È evidente che, se paura vi fu, e noi lo escludiamo, certamente derivò dalla qualifica non ministeriale, ma più che ministeriale, di primus inter pares, del chiamante, del telefonante.
Perché abbiamo forti dubbi? Tra l'altro, riteniamo che qui vi sia il vero fumus persecutionis. Infatti, dalle testimonianze dei due funzionari emerge che non vi fu, ovviamente, alcuna minaccia, ma, soprattutto, si trattò di una mera istanza acceleratoria del procedimento.
Non fu detto di lasciare quella persona a tutti i costi. Si disse solo di cercare di finire prima possibile. Questa è un'affermazione che fanno decine, centinaia di cittadini, quando, dovendo partire per le vacanze, chiamano la questura e chiedono al funzionario amico di accelerare il rilascio del passaporto, perché devono partire, senza minacciare nulla di male.
Ma, soprattutto, la legge comunque prevede che, dopo 12 ore, un minore sia comunque rilasciato. La signorina in questione, che è stata fermata intorno alle ore 18 del pomeriggio ed è stata rilasciata in affido temporaneo, previsto dalla legge, alla persona interessata, comunque quattro ore dopo, alle sei, avrebbe dovuto essere rilasciata per legge.
Non trovandosi, come hanno dimostrato tutti gli interessati, una casa famiglia alla quale affidare la minore, ben si sarebbe potuto, a norma di legge, affidarla ad una persona che in quel momento era disponibile. Aggiungiamo (è la cosa che ci preoccupa di più sul piano procedurale): ma se vi fosse stata un'irregolarità - qualche irregolarità vi è stata: l'affido temporaneo è stato firmato dai due agenti che operarono il trasporto in questura, non dal funzionario; anche questa è un'anomalia - perché la mattina dopo, se si fosse in quel momento ravvisato qualcosa di illecito, lo stesso pubblico ministero minorile non ha provveduto a disporre diversamente? Questa è un'altra cosa che ci sembra assolutamente curiosa.
A nostro avviso, è giusto che sia il Tribunale dei ministri a valutare, prima di tutto, se sussiste un reato perché non dimentichiamo che il Tribunale dei ministri può anche chiedere l'archiviazione e questa è una delle facoltà che, non procedendo come si intende chiedere di fare, verrebbe sottratta al Presidente del Consiglio dei ministri. Se poi il Tribunale dei ministri ritenesse non sussistente almeno quella fattispecie di reato cosa succederebbe? Se invece così sarà, tutto l'iter Pag. 62procedurale riprenderà normalmente ed il Presidente del Consiglio verrà giudicato.
Quindi, al collega Palomba che ha detto, riferendosi al Presidente del Consiglio, «per salvarla dal processo la consegnano al ridicolo» rispondo «no», caro onorevole Palomba, per rispettare la legge lo consegniamo al suo giudice naturale.
Concludendo, credo che la Camera farà bene a votare a favore della decisione in oggetto affinché il corso del giudizio possa continuare nelle sue sedi opportune (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

CARLO MONAI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, non essendo riuscito a concludere l'intervento precedente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Monai, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, come abbiamo già anticipato in sede di Giunta per le autorizzazioni, siamo convinti che dal punto di vista giuridico la richiesta dei magistrati milanesi sia formalmente fondata e, quindi, i deputati radicali voteranno contro la proposta del relatore per la maggioranza.
Detto questo riteniamo però che sia indubbio che una mobilitazione, un accanimento ed un investimento di energie enormi siano alla base della richiesta in oggetto. I risultati che, probabilmente, si sarebbero avuti anche senza un'anomala, impropria e sapiente utilizzazione di risorse giudiziarie potrebbero rappresentare essi stessi aspetti di rilevanza penale, soprattutto se si confronta questa indagine con l'inspiegabile, o troppo facilmente spiegabile, realtà lombarda, letteralmente di regime «formigoniano-ciellino», che in modo notorio, nell'inchiesta detta della P3 ed in eloquentissime intercettazioni, costituisce qualcosa che ci ricorda in maniera impressionante la realtà napoletana e camorristica del caso Tortora. Questo caso, ricordo, fu inventato e gestito da un'associazione costituita da parti della giurisdizione, del locale, ma non solo, «quarto potere» e da pentiti subornati per giungere attraverso la criminalizzazione criminale di Enzo Tortora, a distrarre l'opinione pubblica da questa convergenza camorristica di potere che ancora oggi lascia le sue tracce.
Basta guardare l'intreccio di telefonate di Governo prefettizie, di vertici della magistratura, di potere regionale nel senso istituzionale della parola, che costituiscono certissimamente una struttura ed un'operazione volte a sacralizzare l'impunità della partitocrazia, di un potere che per dichiarazione esplicita del governatore Formigoni era ed è tutt'ora terrorizzato dalle puntuali denunce radicali - purtroppo solo da quelle - relative alla falsificazione delle firme utilizzate per la presentazione del candidato governatore alla regione Lombardia Formigoni, archiviate in due giorni, senza indagini e riaperte solo dopo che le ricerche dei radicali hanno fornito alla magistratura milanese il corpo del reato.
Tutto questo è successo alcuni mesi fa, nel silenzio assordante di tutti voi. Allora non vi era indignazione. Eravate tutti, ma proprio tutti, d'accordo a tacere, fornendo probabilmente così, con quel silenzio, anche la spiegazione del crollo della sinistra lombarda, complice subalterna come clamorosamente si è potuto verificare in una puntata della trasmissione Annozero che è stata particolarmente eloquente tanto da neutralizzare perfino il grande Vauro.
Leggiamo d'altra parte che si sta annunciando un grande, grandissimo, enorme partito di legittima difesa, che è per ora un partito di legittima difesa dei metodi e dei riflessi criminosi di governatori, prefetti, procuratori generali, cooperazione e forze cooperative rosse e bianche, Pag. 63un nuovo modello emiliano con evidenti radici lombarde. Se volete questo è solo un frammento, che è esemplificativo dell'ordinaria negazione della giustizia.
Cari colleghi, parole come queste e le reiterate condanne a carico del nostro Paese hanno indotto il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa a rivolgere nuovamente la sua attenzione al «caso Italia», per ribadire che tempi eccessivi nell'amministrazione della giustizia costituiscono un grave pericolo per il rispetto dello Stato di diritto. Non sono più affermazioni riprese dai radicali e da Marco Pannella: oggi sono le affermazioni riportate dal primo presidente della Corte di Cassazione, Ernesto Lupo, che le ha pronunciate alcuni giorni fa in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario.
Il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa antepone una considerazione: queste denunce, queste violazioni si reiterano a partire dagli inizi degli anni Ottanta. Vi dice niente questo «inizi degli anni Ottanta»? Oggi, come allora, come agli inizi degli anni Ottanta, la partitocrazia continua a far finta di non accorgersi delle urgenze, cioè di porre mano allo sfascio che dalla giustizia passa anche allo Stato di diritto e alla democrazia. Agli inizi degli anni Ottanta, mentre voi tutti pensavate di poter accomodare le cose tra complici, noi raccoglievamo le firme sui referendum per la giustizia giusta, sui referendum radicali di Enzo Tortora. Nonostante il solito miope ostracismo con vostra somma sorpresa - ma non nostra - oltre l'80 per cento degli italiani (80,2 per cento) votò per il sì. Per esempio, disse sì alla responsabilità civile dei magistrati e, anziché farvi forti del voto popolare, come vostra consuetudine, lo tradiste.
Oggi, come allora, c'è chi pensa che il vuoto di politica possa creare le condizioni per poter formare finalmente un'enorme coalizione, pur di evitare la riforma liberale sconosciuta al nostro Paese. Continueremo caparbiamente ad anteporre gli interessi del Paese a quelli che potrebbero essere interessi di partito o personali e continueremo ad opporre alle vecchie e nuove gioiose macchine da guerra la riforma liberale della giustizia, dell'economia e delle istituzioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Maurizio Turco.

MAURIZIO TURCO. Vorrei finire leggendo alcune parole del presidente Ernesto Lupo: «Il rispetto del diritto umano fondamentale di ogni persona, il diritto alla giustizia, costituisce una sorta di precondizione per la tutela di ogni altro diritto, una sorta di diritto ai propri diritti». Questo è quello che voi con le vostre leggi, con il vostro silenzio e con la vostra disattenzione state negando (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è vergognoso che il Parlamento sia oggi qui riunito a dibattere su nulla, spettatore di un ritorno alle istituzioni da medioevo.
Mi tratterrò poco sul contenuto giudiziario degli atti in discussione, non per disattenzione nei confronti dei lavori della Giunta per le autorizzazione o di quest'Aula, ma perché ritengo talmente irrilevante il loro contenuto giuridico da rendere manifesto l'obiettivo tutto politico di questa inchiesta.
Il reato di concussione contestato al Premier è del tutto insussistente, come già risulta da quello che dicono gli stessi magistrati. L'asserito concusso, talmente non è stato intimidito dalla famosa telefonata, che riporta quella telefonata negli atti scritti. Considerato inoltre che l'asserito concusso è un funzionario di polizia, bene avvezzo alla valutazione dei reati, è evidente che non ne ha rilevato alcun estremo.
La concussione richiede inoltre che l'utilità ottenuta sia indebita, ma la possibilità di affidare il minore ad un soggetto maggiorenne è prevista dalla legge, tant'è vero che il procuratore della Repubblica di Pag. 64Milano ha asserito di non aver alcun dubbio sulla legittimità della procedura seguita e degli atti adottati. Quanto all'ipotizzata prostituzione minorile i magistrati hanno sicuramente voluto creare un quadro suggestivo che però è privo di qualunque elemento indiziante. Il tempismo con cui si è mossa la procura di Milano è inquietante, signor Presidente: l'iscrizione al registro degli indagati è del 21 dicembre 2010 (una settimana prima vi era stato il giorno della fallita spallata al Governo Berlusconi); l'avviso a comparire viene emesso il giorno dopo la sentenza della Corte costituzionale sul legittimo impedimento; le cosiddette nuove carte inviate dalla procura sono giunte alla Giunta mezz'ora prima della convocazione e lo stesso giorno della fiducia al Ministro Biondi. Infine appare veramente difficile comprendere come un decreto di perquisizione, normalmente composto da una o due pagine, arriva in quest'Aula composto da circa 700 pagine. La violazione del segreto istruttorio e la pubblicazione di paginate di intercettazioni non sono un accidente ma è la sostanza di questa azione giudiziaria, proprio perché l'obiettivo non è la condanna penale di Berlusconi ma più semplicemente un tiro al bersaglio mediatico che possa distruggere la credibilità del Premier. Una considerazione nasce spontanea, signor Presidente: la Camera e le istituzioni sono state utilizzate come una buca delle lettere al solo scopo di divulgare le informazioni senza formalmente assumersene la responsabilità. Attenzione colleghi, le istituzioni stanno correndo un grave rischio. Alcuni illustri esponenti della magistratura hanno teorizzato che nel sistema maggioritario si annida il verme dell'autoritarismo, e il potere della maggioranza va necessariamente controbilanciato e combattuto anche attraverso lo stretto controllo del potere politico, anche con funzione di intervento diretto. Alcuni hanno detto direttamente che il Governo Berlusconi costituisce un'anomalia italiana, e addebitano al Presidente Berlusconi l'inquinamento della vita e della politica di questo Paese (lo dicono magistrati della Repubblica). Questi sacerdoti della Costituzione e del diritto affermano di avere una legittimazione democratica più forte di quella derivante dall'investitura popolare. Siamo l'unico Paese in cui la magistratura pretende di scegliere chi governa, e non può esistere democrazia in un Paese in cui la volontà popolare è sovvertita dall'azione delle procure che mira a condizionare i Governi. La verità è che questo Parlamento, dopo essersi privato della tutela costituzionale del vecchio articolo 68, è diventato sempre più sotto ricatto e non libero di determinare scelte consapevoli soprattutto in tema di giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Anche queste indagini riflettono 15 anni di ossessione giudiziaria finalizzata all'abbattimento di Silvio Berlusconi, che viene considerato dalla magistratura detentore di un potere illegittimo. Una magistratura che osa arrivare a tanto, intervenendo a gamba tesa nel dibattito politico, non può pretendere di essere considerata imparziale dal popolo italiano. La guerra senza esclusione di colpi, cui assistiamo da decenni, ha avuto oggi un salto di qualità, e ciò è evidente dalla capziosità e dalla gratuità delle accuse rivolte al Premier. Il partito delle procure sta portando alla negazione totale della politica, alla sostituzione del diritto con i sacerdoti del diritto, a un golpe canonizzato dai tribunali. Non è mia esclusiva valutazione se all'indomani della notizia dell'invito a comparire il direttore de il Fatto Quotidiano accusa l'opposizione di inettitudine perché - cito testualmente - «si è fatta fregare pure da Bondi e non resta che sperare nella magistratura». Questo scrivono i vostri giornalisti.

ROBERTO GIACHETTI. I nostri giornalisti?

JOLE SANTELLI. In gioco quindi non c'è il destino personale politico di Berlusconi ma quello della democrazia. La convinzione dei golpisti è che per far qualcosa di buono occorre sterilizzare la democrazia o addirittura abolirla. Il Parlamento Pag. 65è chiamato a dire con parole chiare e massimo senso di responsabilità se al popolo è ancora concessa libertà d'azione o se questa deve essere totalmente delegata a un potere irresponsabile politicamente come la magistratura. Infine vorrei spendere qualche parola per rispondere in quest'Aula ad alcune colleghe che, con toni spesso assai sgradevoli, hanno preteso da noi donne del PdL quello che hanno definito uno scatto di dignità.
Io non accetto lezioni da quelle politiche del femminismo militante che non hanno esitato a rinnegare anni di battaglie su libertà sessuali, diritti civili, libera scelta, per tuffarsi nel bigottismo solo allo scopo strumentale di legittimare la condanna al rogo di Berlusconi (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Respingo quindi al mittente una polemica che ritengo strumentale e a tratti squallida.
Ho lavorato con Forza Italia dal 1994; in questi anni, il Presidente Berlusconi ha rappresentato, per me, come per tantissimi altri, il sogno e la speranza, l'impegno per un'Italia diversa e migliore. Siamo donne, ma, soprattutto, siamo persone che lavorano con entusiasmo e passione. Rivendichiamo la forza della nostra identità politica, le nostre battaglie, gli entusiasmi e le energie spese in esse. Sono sempre stata orgogliosa del mio Presidente e lo sono ancora di più; care colleghe, sono orgogliosa della forza e della dignità con cui il Premier affronta un martirio personale che non ha eguali. Sono orgogliosa delle tante colleghe che, ogni giorno, lavorano e che stanno al Governo e nelle aule parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) perché, se è difficile essere donne in politica, lo è più da questa parte dove esistiamo ed abbiamo dignità, presso i grandi intellettuali e presso la grande stampa, solo quando riusciamo ad essere d'accordo con le tesi dell'opposizione e parliamo contro Berlusconi. Sono orgogliosa perché le nostre lotte sono, innanzitutto, battaglie di libertà per un Presidente che non cede all'intimidazione dei veri poteri, armati di toga o di penna che tengono sotto scacco questo Paese. Sono per Berlusconi perché lo stimo e credo in lui come politico e lo ammiro per come ha saputo resistere all'odio e per come ha saputo costruire una politica all'insegna dell'umanità, della fiducia politica e anche personale che troppi caporali di giornata, opportunisti della politica, non sono in grado di comprendere e che, forse, invidiano il nostro Governo, il nostro partito e la nostra gente (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che una democrazia non possa fare a meno di alcuni principi molto semplici che la nostra Costituzione trova stampati per sempre: il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, l'esistenza di una magistratura autonoma ed indipendente, l'assenza di poteri sottratti al controllo di legalità. Di questo ha bisogno una democrazia, onorevole Santelli...

JOLE SANTELLI. E di magistrati imparziali!

LANFRANCO TENAGLIA. ... non di unti dal Signore che si ritengono sganciati da qualsiasi controllo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Avete parlato, in quest'Aula, di fumus persecutionis, avete detto che siamo di fronte ad una persecuzione della magistratura, ma non avete avuto il coraggio di scriverlo nella proposta perché non c'è nessun fumus persecutionis, perché, ancora una volta, come nei dieci anni che governate questo Paese e in tante leggi ad personam, avete avuto il coraggio di perseguire il garantismo dell'impunità. In questo caso, neanche quello perché sarebbe stato un po' troppo anche per voi, ma sappiate che noi siamo per il garantismo dell'innocenza, il garantismo di chi si presenta, con gli strumenti processuali, a difendersi davanti al proprio giudice. È questo l'unico garantismo che una democrazia può sopportare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Pag. 66Avete scelto un'altra trincea, molto più labile questa volta, quella della remissione degli atti sul presupposto che siamo di fronte ad un reato ministeriale. Me lo lasci dire, signor Presidente, in questo caso, per gli strappi al Regolamento, che ha indicato l'onorevole Zaccaria, abbiamo avuto una partenogenesi del precedente. Mai vi era stato un precedente di questo genere in quest'Aula. Ebbene, non c'è nessun reato ministeriale; ma che volete sostenere, che c'è stata una concussione, un abuso di una funzione per coprire un reato di prostituzione? Ma è ridicolo solo pensare una cosa del genere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E non è vero che la Corte costituzionale, nella sentenza del 2009, ha detto che la Camera è competente a qualificare il reato; l'unico organismo, l'unica istituzione, competente a qualificare i reati è la magistratura. È quella la sede dove contestare la qualificazione giuridica del reato. Siamo di fronte, quindi, ad un'ennesima pronuncia illegittima.
Ma spero, sono arrivato al punto di sperare, signor Presidente, che questo reato venga qualificato come ministeriale perché oggi sono pronto a scommettere una cosa che, se così dovesse essere, il Presidente del Consiglio, che pure ha detto: sono pronto ad andare davanti al giudice che ritengo competente cioè il tribunale dei ministri, chiederà a voi, che oggi in quest'Aula invocate il tribunale dei ministri, di votare contro l'autorizzazione a procedere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Voglio concludere il mio intervento. Non so se il Presidente del Consiglio ha commesso in questo caso dei reati. Non spetta a me deciderlo. Sarà la magistratura ad accertarlo se sarà messa in grado di farlo. Spero soltanto che il Presidente del Consiglio segua degli esempi. Esempi di uomini politici come da ultimo Chirac che con serietà, autorevolezza e senso istituzionale si sta sottoponendo al giudizio della magistratura. Sono convinto che il Presidente del Consiglio ha commesso reati politici: sì, di essersi messo in una posizione per la quale è soggetto passibile di ricatti, quello per cui è diventato un esempio negativo per i tanti giovani che ogni giorno studiano o lavorano per farsi una posizione e cercare un lavoro. Si è messo in una posizione di reato politico perché in questa vicenda si è dimostrato per tabulas che ha detto ripetutamente il falso. Di questi reati politici non dovrà rispondere di fronte ad un tribunale: dovrà rispondere davanti ad un tribunale costituito dai cittadini elettori e là credo che la condanna arriverà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, cerco di concentrarmi nei pochi minuti a mia disposizione su quanto sia del tutto infondata la tesi della presunta parentela di Ruby con il Presidente Mubarak che vorreste propinare a quest'Aula per salvare Berlusconi da accuse gravi e infamanti e per sottrarlo al suo giudice naturale che è quello ordinario.
Non voglio entrare nei dettagli delle squallide seratine di Arcore che mi sgomentano come cittadina, come donna, come madre e soprattutto come parlamentare. Certo posso capire lo sconforto e anche la rabbia dell'onorevole Santelli che addirittura è arrivata a dire quanto è più difficile per essere donna essere dall'altra parte, nella parte del PdL, perché certo nessuna di noi parlamentare del PD è costretta a partecipare invitata al «bunga-bunga» del Presidente del Consiglio. Avendo letto attentamente gli atti della Giunta, mi concentro sulla ricostruzione di quella famosa notte in questura a Milano perché ho sentito qui ricostruzioni parziali, faziose, artefatte e pilotate. Ebbene nel pomeriggio del 27 maggio 2010 una volante della polizia ferma a Milano Karima denunciata per furto per tremila euro da Caterina Pasquino. Già alle 18,50 dopo i primi accertamenti la volante identifica la ragazza come minorenne di origine marocchina che si era allontanata un Pag. 67anno prima dalla comunità casa famiglia Le Glicine di Messina.
Alle 19,13 la PM di turno, Fiorillo, contattata, dà disposizioni per avviare la normale procedura di affidamento in comunità che spetta appunto ad una minorenne.
Ma in quel lasso di tempo in cui viene avviata regolarmente quella procedura dal personale della polizia si mette in moto l'organizzazione che si occupa delle serate di Arcore e non è escluso ed è confermato dalle carte a nostra disposizione e che abbiamo letto che il motivo sia proprio il timore concreto che la ragazza possa in qualche modo riferire in questura delle sue partecipazioni alle serate e del suo tipo di rapporti intercorsi con il Presidente del Consiglio.
Parte un vero tam tam e i passaggi temporali e le persone coinvolte sono fondamentali per capire il contesto. Caterina Pasquino chiama Conceicao Santos Oliveira alle 20,21.
Quest'ultima alle 21,20 chiama proprio il ragionier Spinelli fiduciario di Berlusconi.
Alle 22,19, viene chiamata, poi, sempre dalla Conceicao, Nicole Minetti, la consigliera regionale che, alle 23,30, chiamerà insistentemente il Popolo della Libertà a Roma, in via dell'Umiltà.
In quell'orario, il capo di gabinetto della questura di Milano, il dottor Ostuni, riceverà la telefonata del Presidente del Consiglio, che, quindi, dimostra di essere a conoscenza della presenza in questura di una ragazza minorenne, che gli è stata segnalata - dice lui - come nipote del Presidente egiziano Mubarak, e chiede, quindi, di accelerare le pratiche di identificazione, segnalando che la consigliera Minetti è disponibile. Mai la Minetti dirà che quella ragazza è la nipote del Presidente egiziano.
La richiesta, quindi, viene fatta da un Berlusconi che era a conoscenza che si trattava di una minorenne. D'altro canto, gliela aveva presentata - e questo è notorio - Emilio Fede, che aveva conosciuto la ragazza nel 2009, durante il concorso «Una ragazza per il cinema», dove appunto si era presentata come minorenne.
Dalle carte della Giunta non sappiamo che cosa Berlusconi disse oltre questo al funzionario, al capo di gabinetto; tuttavia, è emblematico che la parentela con il Presidente egiziano non venne mai dichiarata dalla minore in questura, nell'immediatezza del fermo. La parentela non solo è inesistente, ma è smentita dai primi accertamenti degli agenti che hanno fermato la giovane e dal fatto che né Berlusconi, né la questura hanno mai cercato di contattare l'ambasciata egiziana.
Il commissario capo di turno, la giovane dottoressa Iafrate, disse subito al capo di gabinetto che si trattava di una ragazza di origine marocchina sprovvista di documenti, ma, nonostante ciò, quella commissaria capo - la giovane Iafrate - ricevette non meno di dieci telefonate dal capo di gabinetto, pressato dal Presidente Berlusconi, che chiedeva l'affidamento della minore alla consigliera Minetti.
Alle 2 di notte del 28 maggio, la ragazza viene consegnata alla Minetti, che si dichiara disponibile, dicendo di conoscere la vita privata della ragazza. Ma che cosa fa la Minetti, che, quindi, dimostra bene di sapere che non è certo la nipote del Presidente egiziano? Si libera subito di quella giovane affidatale dalla polizia e la consegna alla Conceicao, che risulta - viene dedotto dagli atti - svolgere attività di prostituzione.
All'uscita della questura - come ha avuto modo di dire Ruby in un'intervista al settimanale Oggi il 2 novembre 2010 - la giovane venne contattata telefonicamente, tramite la Minetti, da Silvio Berlusconi in persona.
È sintomatico, poi, che lo stesso 28 maggio, la commissaria capo Iafrate non faccia nella relazione di servizio alcun riferimento al presunto legame familiare tra la giovane marocchina e il Presidente egiziano.
È proprio per smentire tutti gli indizi di fumus persecutionis e di incompetenza funzionale che ha voluto, in maniera non adeguata e del tutto illegittima, dedurre la maggioranza che quella relazione fu l'atto Pag. 68di avvio delle indagini della procura di Milano sui reati di concussione, di favoreggiamento e di sfruttamento della prostituzione, anche minorile, che vedono coinvolto, tra l'altro, anche il Presidente Berlusconi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DONATELLA FERRANTI. L'indagine, quindi, si avvia su documenti in cui non si fa alcun cenno a quella presunta parentela. Ed è questa la prova che sgancia categoricamente il reato di concussione contestato da qualsiasi connessione con - voglio metterlo tra virgolette, perché è stata questa l'espressione utilizzata, in sede di Giunta, dalla maggioranza - «l'esercizio delle funzioni governative per la tutela del prestigio internazionale dell'Italia», che appunto si sta sostenendo, in quest'Aula, per giustificare l'illegittima restituzione degli atti alla procura di Milano.
Siamo davanti ad una forzatura dei Regolamenti parlamentari insostenibile e lesiva delle istituzioni repubblicane.
Comunque, cari colleghi della maggioranza, se voi credete veramente che Berlusconi fosse convinto di avere davanti a sé la nipote del Presidente egiziano, preoccupatevi come cittadini dell'Italia: vuol dire che siamo davanti ad un Capo di governo che può credere a qualsiasi cosa e che, quindi, può essere ricattabile da chiunque. Questo, certamente, non può essere il ruolo del Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, l'invito del Presidente della Repubblica ad abbassare i toni non può, ovviamente, riguardare, per il Popolo della Libertà, la necessità di rispettare le garanzie.
Il rispetto delle garanzie non ammette abbassamento di toni, ma va costantemente perseguito con una severità metodologica e con una qualità di impegno, personale e politico, sempre costante.
Se questa è la premessa, è evidente che noi non ci preoccupiamo di difendere il Presidente del Consiglio. Non difendiamo il Presidente Berlusconi. Noi difendiamo tutti i cittadini che si possono trovare in questo frullatore di tipo mediatico di natura extrapenale e che possono, per questa ragione, essere costretti ad una difesa a tutto campo, senza possibilità di capire ciò che è penalmente rilevante, ciò che non lo è, quello che è mediaticamente rilevante e quello che è politico, senza capire da dove provengono questi attacchi.
Il tema è quello di una giustizia che possa essere giusta, senza doppie o triple misure a seconda di chi, di come e di perché. Noi siamo il Paese - l'unico Paese probabilmente - in cui il potere giudiziario si arroga il diritto di abbattere il consenso politico e la volontà del popolo. Come lo fa? Lo fa - perché è interessante, è un problema di metodo - contestando reati inesistenti.
Lo dico subito: io non cito le pagine, cara collega Ferranti, perché è paradossale. Poiché i giornali hanno pubblicato gli atti, noi ci sentiamo autorizzati a citarli in Parlamento, come se fossimo liberati da quel segreto che esiste in Giunta, che ci costringe a sottoscrivere un modulo, presidente Castagnetti, prima di esaminare gli atti. Entriamo in una stanza, firmiamo un modulo, li guardiamo alla presenza di un funzionario e ci sentiamo liberi di descriverli perché i giornali e i siti Internet li hanno pubblicati in tempo reale! Io dico che questo è un altro paradosso. Vedete come questa vicenda rasenta davvero l'attacco alle istituzioni.
Dicevo di reati inesistenti. La concussione spaventa soltanto la procura di Milano, perché lo stesso destinatario di quella telefonata esclude che possa aver avuto alcuna capacità, neanche suggestiva, di induzione. E che dire della prostituzione, laddove la stessa presunta persona offesa riferisce di non aver mai avuto rapporti sessuali e di non aver mai ricevuto pagamenti? Parliamo quindi di situazioni parziali, scelte fior da fiore, versate Pag. 69alla Giunta per le autorizzazioni con una oculata scelta parziale per parziale. Lo ripeto perché non lo si dimentichi. Nel processo penale la prova si forma nel contraddittorio. Oggi noi diamo per distillati di verità delle raccolte di prove da parte della pubblica accusa che sono soltanto parziali ed incapaci di produrre alcun tipo di responsabilità. La procura si erge a depositario della verità, quando il processo dice esattamente il contrario: la procura è una parte e, finché la parte non supera il vaglio del contraddittorio, non può dire che è vero quello che afferma.
Allora, signori miei, mettiamoci d'accordo. Il nostro è un sistema di regole o un sistema massacrato dalla violazione delle regole? Il problema è di grande rilevanza. A parte i reati inesistenti, perché tali sono, sbaglio o anche il procuratore della Repubblica di Milano ebbe a dichiarare che a carico di Silvio Berlusconi non c'erano elementi di responsabilità penale? Che cosa è cambiato in taluni passaggi e in talune ore? Davvero questa modifica della prospettazione può essere stata capace di rivoltare completamente quella dichiarazione pubblica del capo della procura di Milano?
Ma, signor Presidente, credo che il tema più rilevante e l'altro strumento per raggiungere un obiettivo non consentito sia il massacro mediatico a mezzo di ciò che è penalmente sprovvisto di rilevanza. Come si raggiunge questo obiettivo? In primo luogo, con atti sovrabbondanti. Alla Giunta per le autorizzazioni sono giunti degli atti che nulla hanno a che spartire con il decreto di perquisizione, che è atto tipico. Quindi un eccesso, un'ipertrofia di atti. In secondo luogo, una violazione impunita e sistematica del segreto. Ma, secondo voi, la pubblicazione di quegli atti praticamente in tempo reale su tutti i siti doveva lasciare indifferenti quei magistrati che con tanta solerzia li avevano trasmessi alla Giunta?
Vedete, l'immagine nobile - lo voglio dire - e bonaria di Matteo Brigandì è rimasta sigillata in quella stanza per troppo tempo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Non è possibile ritenere che un galantuomo come Matteo Brigandì debba subire un'iniziativa solo perché - altro paradosso -, responsabile dell'autogoverno della magistratura, dagli stessi magistrati subisce un trattamento differenziato rispetto a soggetti che invece meriterebbero trattamenti ben più incisivi e li meritavano tempestivamente, signor Presidente!
Credo che a questi paradossi si debba necessariamente sommare un altro passaggio, sempre metodologico: una perquisizione inutile. Infatti, è ovvio che l'immobile è lasciato nella disponibilità e la perquisizione è soltanto strumentale, non ha alcun senso giudiziario.
Ma soprattutto vi è l'uso del processo penale, anche in questo caso, per fini politici. Rito immediato: perché? A che cosa serve un rito immediato se non ad immediatamente cercare di disarcionare il nostro Presidente del Consiglio e il Governo? È una scelta che non si giustifica e non si spiega. Ha soltanto questa ragione e io la percepisco, vista l'inutilità processuale di tale scelta.
Pertanto - e mi avvio rapidamente alla conclusione, signor Presidente - se noi siamo di fronte ad una lettura della vicenda metodologicamente così scorretta, così non va. Noi dobbiamo sapere che dei reati si occupano i giudici o i pubblici ministeri, ma comunque dei giudici. Dei peccati si occupa il Padreterno. Delle responsabilità politiche si occupano i cittadini. Ebbene, credo che, a parte il Padreterno, nessuno possa violare queste competenze.
Nessuno deve pensare, a mezzo di reati, di sovvertire né le valutazioni etiche, meno che mai le valutazioni politiche. Attenzione: la caccia all'uomo Silvio Berlusconi non basta. Infatti, dietro ogni lettera del nome Berlusconi, dietro ogni voto, ogni volto, ogni uomo e ogni donna, ci siamo noi del Popolo della Libertà.
Questo senso di patologia e di aggressione generalizzata, l'odio che Cechov definiva capace di compattare, è una forza che abbiamo recuperato, una capacità di stare insieme, di essere uniti e compatti, che ci porta a difendere, signor Presidente, Pag. 70una sola parola, e lo dico con grande convincimento. Questa parola si chiama e si chiamerà «democrazia» (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Poiché, come stabilito a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 31 gennaio 2011, la votazione sulla domanda di autorizzazione è prevista per le ore 19, le dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, di cui è stata disposta la ripresa televisiva diretta, avranno inizio a partire dalle ore 17,40.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,55).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo, pertanto, la seduta, che riprenderà alle ore 17,40.

La seduta, sospesa alle 16,55, è ripresa alle 17,40.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione ad eseguire perquisizioni domiciliari nei confronti del deputato Berlusconi (Doc. IV, n. 13-bis-A).
Ricordo che, prima della sospensione della seduta, si è conclusa la discussione.

(Dichiarazioni di voto - doc. IV, n. 13-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto, con ripresa televisiva diretta, dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha due minuti di tempo a sua disposizione.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, nelle sue decisioni, al di là degli aspetti di diritto, la Camera dei deputati è un organo politico che deve affrontare, questa sera, un grave e difficile tema politico.
Un'indagine di giustizia e le inchieste della stampa libera del nostro Paese hanno fatto emergere una realtà molto spiacevole, per usare un termine limitativo, attorno alla vita privata del Presidente del Consiglio; vita privata sì, ma di un uomo pubblico. È necessario ricordare un articolo della nostra Costituzione: l'articolo 54, comma 2, dice che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore.
Signor Presidente, questo è il punto della questione: vi possono essere reati, ma ci sono certamente comportamenti incompatibili, se veri, con il decoro che è richiesto agli uomini investiti di una pubblica funzione. È vero o non è vero quello che è uscito fuori ed è emerso in queste settimane?
La risposta non può essere quella che dà la maggioranza e cioè che a suo tempo gli elettori hanno fatto le loro scelte, perché sono certo che quegli stessi elettori che hanno votato nel 2008 per questa maggioranza non possono volere quello che è emerso nel corso di queste settimane.
Il Presidente del Consiglio dice che è tutto falso; se egli è sereno vada dai magistrati e chiarisca quello che deve essere chiarito. La decisione della Giunta, onorevoli colleghi, è sbagliata, perché allontana Pag. 71questo incontro - o spera di allontanare questo incontro -, dice che il reato è un altro, che i giudici sono altri, offre le carte agli avvocati per un rinvio, cioè contraddice quello che è un interesse del Presidente del Consiglio e comunque un interesse dell'Italia.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIORGIO LA MALFA. Mi auguro che questo alone negativo possa essere disperso, se può essere disperso. Nei giorni scorsi ho avuto occasione di viaggi internazionali e di incontri con parlamentari di molti Paesi e il giudizio sull'Italia è tremendo.

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIORGIO LA MALFA. Penso che il Presidente del Consiglio servirebbe l'Italia e la sua parte politica facendo un passo indietro. In ogni caso, la Giunta non fa un servizio né a lui né all'Italia prendendo tale decisione e, come esponente del Partito Repubblicano e come portavoce del gruppo Liberal Democratico annuncio che voteremo contro la proposta della Giunta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Monte. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha tre minuti di tempo a sua disposizione.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, il gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud non ama le contrapposizioni e predilige invece il confronto, soprattutto nelle aule parlamentari.
In questo caso si tratta di affrontare il merito di una richiesta della magistratura senza entrare né in considerazioni di ordine politico, né tanto meno in quelle di ordine morale, anche se la tentazione di farlo sarebbe forte.
La procura di Milano richiede l'autorizzazione a eseguire una perquisizione domiciliare in un locale che si ritiene essere di pertinenza del deputato Silvio Berlusconi. Credo che prima di tutto dovremmo discutere della dilatazione, estranea sicuramente alla ratio della norma, del concetto di domicilio. Andrebbero considerati, infatti, nella dizione di domicilio esclusivamente le abitazioni e gli uffici nei quali si svolge l'attività politico-parlamentare. Il caso in questione non rientra con tutta evidenza in questa fattispecie. Giusto sarebbe quindi restituire gli atti con questa motivazione.
Se si dovesse scartare questa ipotesi, dovremmo comunque valutare l'esistenza o meno di un intento persecutorio da parte del magistrato. Il relatore, tuttavia, inspiegabilmente, compiendo una vera e propria inversione ad «u», ha ritenuto di proporre il rinvio degli atti alla procura perché, a suo avviso, il caso spetterebbe al Tribunale dei ministri in quanto il reato di concussione sarebbe legato al ruolo di Presidente del Consiglio: tesi francamente temeraria e, se volete, anche risibile.
Il Tribunale dei ministri ha competenza non in relazione alla carica rivestita dall'indagato, bensì a seguito di un atto o di un fatto compiuto nell'esercizio delle funzioni attinenti alla carica rivestita.
Infatti, secondo i sostenitori di questa tesi, il Presidente Berlusconi era convinto che la giovane fosse nipote del Presidente egiziano Mubarak. Che questo non sia vero è assolutamente notorio e dimostrato dagli atti e anche da qualche semplice considerazione.
Se così fosse stato, l'affidamento sarebbe stato proposto a funzionari dell'ambasciata egiziana e, fra tutte le qualifiche che possono essere attribuite alla signora Minetti, quella di addetta di ambasciata non ci sembra la più verosimile. Un Presidente del Consiglio, per quanto eccentrico, non invita alle sue feste casalinghe, riservate e non e non certo formali, la nipote di un Capo di Stato di un Paese amico e, per la verità, neanche di uno non amico.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARMELO LO MONTE. Considerato tutto questo, l'ipotesi che ne fosse convinto sarebbe persino più grave. Per questo motivo, Pag. 72voteremo contro la risibile proposta del relatore (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud e Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo di fronte alla domanda avanzata dalla procura della Repubblica di Milano di poter eseguire perquisizioni domiciliari a carico del deputato Berlusconi nell'ambito del procedimento penale che lo riguarda.
La cosa più curiosa, e per certi aspetti illuminante, riguarda il dibattito che si è svolto nella Giunta per le autorizzazioni. Il relatore, onorevole Leone, aveva sostenuto il rigetto della richiesta di perquisizioni per l'esistenza del fumus persecutionis. Personalmente mi risulta difficile considerare l'onorevole Berlusconi nella veste di perseguitato, ma riconosco che quella tesi giuridica poteva avere una sua logica; sennonché la maggioranza della Giunta ci mette di fronte ad un'impostazione del tutto diversa.
Si sostiene, sposando la tesi dell'onorevole Paniz, che è necessario restituire gli atti alla procura di Milano perché essa non è competente, e non sarebbe competente perché il Presidente del Consiglio credeva che Ruby fosse davvero la nipote di Mubarak e quindi, nell'atto di compiere pressioni sulla questura di Milano, intendeva tutelare le relazioni internazionali dell'Italia, in questo caso rispetto all'Egitto.
Per questo, l'eventuale reato commesso sarebbe ministeriale e rientrerebbe nell'ambito dell'articolo 96 della Costituzione. Ora, è bene che i cittadini sappiano che li si vuole prendere in giro e questo lo si vuol fare deliberatamente. Non credo che gli italiani ci provino gusto. Questa tesi non merita neppure di essere confutata.
Berlusconi è tutt'altro che uno sprovveduto: non può avere creduto di avere frequentato per mesi la nipote di Mubarak. Sapeva benissimo chi era, ma si era spinto così avanti da vedersi costretto a compiere atti palesemente contrari ai suoi doveri. Il Presidente del Consiglio Berlusconi ha tenuto un comportamento assolutamente irresponsabile e il nostro Paese, pur così mal ridotto, non merita di essere trascinato in un buco così nero, oggetto del più assoluto ridicolo, dall'opinione pubblica di tutto il mondo.
Questi che Berlusconi rivendica come fatti privati possono avere una qualche qualificazione giuridica come reati, ma stabilirlo spetta ai giudici, e i pubblici ministeri di Milano hanno il dovere di proseguire le indagini e di chiarire tale qualificazione. Noi deputati di Alleanza per l'Italia respingiamo la proposta della Giunta e ci auguriamo che l'Aula la costringa a formulare nel merito la proposta di concessione dell'autorizzazione richiesta.
L'onorevole Berlusconi sbaglia ad intralciare le indagini. Trascina anche le istituzioni in uno scontro tra poteri che rischia di minare il nostro equilibrio democratico. Siamo ben oltre il clima drammatico di «mani pulite». Di tutto questo lei, onorevole Berlusconi, porta per intero la responsabilità. Non passerà certo alla storia per il più grande Presidente che l'Italia abbia avuto nei centocinquanta anni, ma per avere interpretato una delle pagine meno nobili e più opache della nostra storia civile e politica.
Anche per questo la nostra opposizione sarà ancora più netta, non solo sul profilo politico, ma anche su quello morale (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Ne ha facoltà.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, appena due giorni fa l'abitazione di Anna Maria Greco è stata messa a soqquadro da numerosi carabinieri e lei stessa ha dovuto subire un imbarazzante perquisizione personale e corporale. Si tratta forse di una pericolosa latitante? Pag. 73Stiamo parlando di una capocosca a piede libero o di una terrorista pericolosa per l'incolumità dei cittadini di Roma? Ebbene no. Si tratta di una redattrice de il Giornale che è stata trattata alla stessa stregua di un terribile delinquente soltanto per avere svolto il proprio lavoro e per avere esercitato il sacrosanto diritto di esprimersi liberamente. La vita di Anna Maria Greco è stata sconvolta per il solo fatto di essere una giornalista che ha voluto raccontare una verità che è risultata scomoda a uno di quei magistrati impegnati quotidianamente a colpire il Presidente del Consiglio.
Cari colleghi, non è nostra intenzione elevare i toni di un dibattito che ogni giorno è sempre più aspro. Non vogliamo disattendere l'invito al dialogo e al confronto più sereno rivolto l'altro ieri dal Capo dello Stato a tutte le forze politiche.
Non possiamo, tuttavia, esimerci dal denunciare una deriva pericolosa per la nostra democrazia, dannosa per la vita delle nostre istituzioni e deleteria per quella stabilità di Governo richiesta a gran voce dall'Unione europea e necessaria, data la grave congiuntura economica. È un vulnus determinato da una piccolissima parte della magistratura italiana che vorrebbe rovesciare l'attuale Governo, legittimato dal voto degli italiani, per imporre un Governo confacente al pensiero di chi in gioventù forse lanciava molotov e che oggi, invece, indossa la toga.
Possiamo, colleghi, definire magistrati coloro che, abusando del potere che la Costituzione attribuisce loro, combattono una personalissima battaglia politica, immaginando di estromettere Silvio Berlusconi dalla guida del Governo e dalla vita politico-istituzionale del nostro Paese? Possiamo tacere dinanzi a magistrati che da 15 anni si occupano esclusivamente della persona di Silvio Berlusconi? Possiamo far finta di non sapere che da 15 anni assistiamo alla più colossale persecuzione giudiziaria della storia della nostra Repubblica?
Noi, che in quest'Aula rappresentiamo il popolo italiano, abbiamo il diritto, ma soprattutto il dovere, di alzare la voce e di denunciare l'operato strumentale e irresponsabile delle procure rosse. Noi, che siamo legittimati dal consenso di quel popolo che la Carta fondamentale definisce sovrano, abbiamo l'obbligo morale di dire «no» e di dire «basta». Basta con questi continui tentativi di rovesciare Berlusconi per via giudiziaria; basta con una politica ossessionata dal Premier; basta con una magistratura che sperpera centinaia di migliaia di euro dei contribuenti per organizzare una scandalosa operazione di spionaggio ai danni del Presidente del Consiglio, dei suoi amici e dei suoi familiari. D'ora in poi continueremo a dire «basta» con forza, senza timore e a testa alta.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Iniziativa Responsabile è nato con il preciso intento di garantire stabilità e governabilità al Paese. Senza presunzione alcuna possiamo dire di aver costituito un argine per tutti coloro che, tradendo il mandato ricevuto dagli elettori con inaudita baldanza e con grande irresponsabilità, erano pronti a far cadere il Governo e a gettare il Paese nel caos politico, economico e finanziario.
Abbiamo garantito, invece, una fase di ulteriore stabilità, spianando la strada a riforme molto importanti per la vita e per il futuro del Paese. Si tratta di alcune riforme epocali, come quella dell'università, il federalismo e il piano per il sud. Si tratta di riforme sulle quali abbiamo registrato il nulla assoluto da parte delle opposizioni, che hanno scambiato il Parlamento per un'arena nella quale combattere una guerra a colpi di giustizialismo, facendo leva sulle iniziative di determinate procure e su trasmissioni della televisione di Stato a senso unico.
Non una proposta, non un progetto di sviluppo per il Paese, non un'idea per affrontare la difficile congiuntura economica, non un'indicazione sul piano per il sud, non un contributo sul federalismo. Insomma, il vuoto assoluto, un vuoto che danneggia un Paese che vorrebbe e dovrebbe essere normale e che accanto a una maggioranza solida ed efficiente dovrebbe avere Pag. 74un'opposizione democratica e propositiva, tale da costituire una potenziale alternativa a chi governa.
Cari colleghi, il gruppo di Iniziativa Responsabile si ritrova qui, oggi, con immutata determinazione e con la forza di chi intende opporsi ad un nuovo tentativo illegittimo e anticostituzionale di far cadere il Governo, questa volta per la via giudiziaria. È per questo che il nostro gruppo voterà «sì» alle conclusioni della Giunta per le autorizzazioni, che ha sostenuto l'incompetenza della procura di Milano. Ci sono molte ragioni di tipo tecnico sulle quali potremmo soffermarci, ma per certo possiamo dire che non abbiamo bisogno di prolungarci troppo in disquisizioni di ordine giuridico: il popolo infatti ha ben compreso, il popolo sa che quella contro Silvio Berlusconi è una persecuzione, è l'accanimento di chi trasuda odio, di chi combatte una battaglia politica, calpestando la Costituzione e la toga che indossa.
Tuttavia, il popolo è con il centrodestra e con Berlusconi - come testimoniato da tutti i risultati elettorali dal 2008 in poi - ed è in nome del popolo italiano che noi, qui in quest'Aula, condanniamo senza appello i tentativi di sovvertire per via giudiziaria il responso delle urne.
Signor Presidente del Consiglio, la invitiamo ad andare avanti con decisione sulla strada delle riforme economiche e sociali per il bene del nostro popolo. È nostro dovere proseguire la legislatura per consentire all'Italia di uscire dalla crisi e di tornare a crescere! È nostra responsabilità respingere assalti e tentativi di vendetta da parte di chi in questi anni è stato beneficiato: finti leader, pronti a fare accordi con l'estrema sinistra. Noi vogliamo un nuovo centrodestra, senza ricattatori e senza eterni aspiranti che, pur di soddisfare ambizioni personali di potere, sono disposti ad allearsi anche con il diavolo.
Il gruppo di Iniziativa Responsabile sarà al suo fianco con determinazione e serietà per realizzare le riforme necessarie al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, mi rivolgo ancora una volta al Presidente del Consiglio, chiedendogli perché, ancora una volta, obbliga il Parlamento ad occuparsi dei fatti suoi invece che dei problemi degli italiani.
Nemmeno oggi, ovviamente, ha la buona creanza di presentarsi davanti al Parlamento per giustificare i suoi comportamenti. D'altronde lei, Presidente del Consiglio, ormai da tempo ha trasformato questo Parlamento in una sua succursale aziendale e pretende ogni giorno di ordinarci di sfornare leggi ad personam per assicurarsi la sua impunità.
Ieri lei, ancora una volta, si è intrufolato nel telegiornale della RAI per illudere i cittadini che il suo Governo intenderebbe finalmente occuparsi di piano casa, di questione meridionale, di riduzione delle tasse, di liberalizzazioni, di sburocratizzazione, di sviluppo, di lavoro e così via. Insomma, è dal 1994 che ci racconta questa favoletta, ma magari fosse così! Invece, siamo qui ancora oggi ad occuparci di come fare per permettere a lei di sistemare i suoi guai giudiziari.
Solo pochi giorni addietro, la Corte costituzionale ha bocciato, per la terza volta consecutiva, il suo tentativo di sottrarsi alla giustizia: prima il lodo Schifani, poi il lodo Alfano e, infine, ultimamente, il legittimo impedimento. Sono tutte leggi che lei ha voluto e per le quali ha tenuto impegnato il Parlamento in questi anni. Questo è stato sempre occupato - lo ripeto - a provvedere ai suoi bisogni personali e non a quelli della collettività, o meglio addirittura, più che ai suoi bisogni, alla sua impunità.
Oggi siamo qui a decidere cosa fare di una richiesta della procura di Milano, rispetto alla quale lei, ancora oggi, per la quarta volta, per l'ennesima volta fa il recidivo, chiedendoci di approvare un'altra decisione ingiusta: quella di respingere la richiesta della procura di Milano di perquisire locali non suoi - si badi bene - ma di Pag. 75terze persone, alle quali lei ha delegato di tenere i conti per i suoi loschi affari.
Ed allora sappia che quello che chiede oggi in Parlamento è un autentico atto incostituzionale ed illegale, anzi è una vera e propria provocazione, una prevaricazione che lei commette ai danni del massimo organo costituzionale, in quanto lei vorrebbe che questo Parlamento si sostituisse al suo giudice naturale, a quel giudice unico e legittimato a decidere su una questione di stretta competenza tecnica della magistratura, la questione dell'individuazione dell'autorità giudiziaria che deve svolgere le indagini sul suo conto, se cioè debba essere la procura di Milano o il tribunale dei Ministri sempre di Milano e che, ripeto, è comunque costituito da magistrati.
Non vogliamo neanche entrare nel merito della questione, ben sapendo che trattasi appunto di una decisione tecnica che può prendere solo l'autorità giudiziaria sulla base dell'esatta conoscenza delle carte processuali, ma visto che ci tirate per la giacchetta, volendo entrare nel merito di questa squallida vicenda che la riguarda, è davvero un'offesa all'intelligenza e al buonsenso voler sostenere che rientri nelle funzioni proprie di un Presidente del Consiglio quella di fare telefonate notturne per non far restare in questura una minorenne sua amica del cuore. Il Di Pietro di una volta direbbe «non c'azzecca proprio a niente».
Non può essere lei, signor Presidente del Consiglio, a scegliersi il suo giudice a suo piacimento, né tantomeno può pretendere che sia il Parlamento a farlo, giacché da quando esistono lo Stato di diritto e la democrazia parlamentare qui dobbiamo occuparci solo di fare le leggi e non di fare pure le sentenze.
Lo so, questo Parlamento invece lo farà perché la sua maggioranza asservita, unitamente a qualche altro parlamentare che ultimamente si è venduto l'anima e che in queste ultime ore si sta vendendo anche la dignità, chiuderanno gli occhi e si chiuderanno il naso, votando una decisione incostituzionale ed anche un po' criminale solo per non perdere la poltrona, per paura di andare a casa e sottoporsi alle elezioni.
Si sappia, però, e rimanga agli atti, che oggi questo Parlamento con il suo voto a favore delle pretese incostituzionali del Presidente del Consiglio sta umiliando la sua funzione, e di ciò il popolo prima, la storia poi, vi chiameranno a rendere conto.
Soprattutto, si sappia e restino agli atti l'offesa e le falsità storiche contenute nella relazione di maggioranza, quella che la maggioranza parlamentare appunto si accinge ad approvare. Non esistono e non sono mai esistiti rapporti burrascosi né contrapposizioni ideologiche fra la magistratura e l'onorevole Berlusconi, come non esistono né mai sono esistite contrapposizioni fra guardie e ladri, giacché i primi non rincorrono i ladri se non in nome della legge (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) ed i secondi sfuggono alla giustizia perché hanno violato la legge. Non è una contrapposizione, è una necessità quella di avere delle persone che applicano la legge e la fanno applicare nei confronti di tutti. Non è una necessità né un'opportunità per questo Paese avere al Governo delle persone che violano la legge e utilizzano il Parlamento per non farsi processare dai giudici.
La favoletta della lotta politica da parte della cosiddetta magistratura politicizzata come viene scritto nella relazione di maggioranza va respinta con forza perché, soprattutto in questo caso, l'input alle indagini l'ha dato proprio l'onorevole Berlusconi, con la sua impropria sequela di telefonate alla questura di Milano per raccomandare un'inesistente nipote di Mubarak.
Si tratta di favole accusatorie belle e buone, a cui l'onorevole Berlusconi e la sua claque hanno fatto sempre ricorso per mistificare la realtà e così sfuggire al doveroso controllo da parte dell'autorità giudiziaria chiamata a giudicare i suoi comportamenti penalmente rilevanti, perché ci sono e non perché qualcuno glieli addebita indebitamente, perché ci sono e finora egli non ha potuto essere processato Pag. 76soltanto perché si è fatto leggi apposta per non farsi processare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) o leggi apposta per depenalizzare quello che prima costituiva reato.
È una favola, quindi, che oggi viene riproposta per invocare ancora una volta un'inesistente persecuzione giudiziaria e per coprire la vergogna di un Presidente del Consiglio che non ha il coraggio di andare a giustificarsi davanti ai giudici per quel che ha commesso; ma chi non ha il coraggio delle proprie azioni non è degno di fare il Presidente del Consiglio e di rappresentare il Paese in Italia e agli occhi del mondo.
È una favola che può e che deve essere sfatata, chiedendo ai cittadini indignati di far sentire la propria voce scendendo in piazza per manifestare contro questo regime illiberale.
È una favola che solo i cittadini indignati possono fermare, perché in questo Parlamento, un Parlamento asservito a una maggioranza che pensa alla propria poltrona e non al bene del Paese, non si riesce a trovare una maggioranza parlamentare in grado di avere la dignità di mandare questo Governo a casa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). È una favola che deve essere, quindi, affrontata dal popolo con una voce sola nelle piazze, in modo democratico ma nelle piazze.
Chiediamo, perciò, ai cittadini di recarsi alle manifestazioni che si stanno svolgendo e che sono programmate, affinché una forte manifestazione di piazza faccia sentire al Presidente del Consiglio l'inutilità e la dannosità della sua partecipazione a questo Governo.
Chiediamo comunque ai cittadini di recarsi alle urne almeno per il prossimo referendum sul legittimo impedimento, quel referendum promosso dall'Italia dei Valori riferito ad una legge che in parte è già stata bocciata. Quella legge è già stata bocciata dalla Corte costituzionale. Proprio oggi - voglio qui dare una notizia in diretta - poco fa la Corte di Cassazione ha definitivamente confermato che ci sarà fra qualche mese un referendum sul legittimo impedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), non più e non già solo per dire se vogliamo o non vogliamo quella legge, ma per dire se vogliamo ancora vivere in un Paese in cui un Presidente del Consiglio tiene impegnato il Parlamento sempre e solo per farsi leggi ad personam e non per pensare agli interessi del Paese. Quel referendum sarà finalmente un giudizio universale (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania) su questo comportamento del Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Invito, pertanto, i cittadini ad uscire dalle proprie case, ad andare nelle piazze e a presentarsi alle urne per mettere fine a questa barbarie del diritto.
Cittadini italiani, dovete rendervi conto che solo voi ora potete mandare a casa questo raìs nostrano, solo voi ora potete salvare il Paese e la democrazia, prima che diventi lo zimbello del mondo.
Il Governo Berlusconi ha trascinato il Paese in un baratro politico, economico, sociale e morale, e raggirando le regole democratiche ha calpestato la libertà di espressione e l'autonomia della magistratura. Mentre il debito pubblico aumenta, mentre c'è bisogno di intervenire per sistemare i problemi del Paese, noi abbiamo visto di tutto: compravendita di parlamentari, leggi varate nell'interesse particolare, smantellamento dello Stato sociale.
Ribadisco: la misura è colma. Occorre una mobilitazione generale, occorre scendere in piazza, occorre soprattutto, se ci fosse un minimo di dignità, respingere la relazione di maggioranza, ma in questo Parlamento non c'è più dignità ormai e si va nelle piazze (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi nascondo che è con qualche imbarazzo che prendo la Pag. 77parola per svolgere la dichiarazione di voto che mai avrei voluto pronunciare nel corso della mia non più breve esperienza parlamentare.
Provo imbarazzo perché si discute di fatti che riguardano una persona che non è soltanto il Presidente del Consiglio, ma un uomo che è stato una speranza e che oggi purtroppo rappresenta la fine di un sogno, una cocente delusione per milioni di italiani.
Non tratterrò in questa dichiarazione di voto aspetti etico-morali o profili penalistici che riguardano fatti ben noti, mi limiterò ad alcune considerazioni che riguardano il merito della scelta tecnica operata dalla Giunta, affatto trattate nel corso del dibattito odierno.
Il voto di Futuro e Libertà sarà contrario alle decisioni assunte dalla Giunta per le autorizzazioni non soltanto perché i suoi componenti sono convinti che eccezioni di incompetenza, presunte persecuzioni giudiziarie o contestazioni sul merito delle accuse mosse dai magistrati di Milano non abbiano decoro o non siano fondate giuridicamente. Il nostro voto sarà contrario perché riteniamo che il Presidente del Consiglio abbia il dovere, ma anche la necessità, di difendersi nel processo.
Solo nel processo egli può avere la garanzia di dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati e scongiurare il pericolo che, al di fuori di esso, egli possa incorrere nella foga difensiva di rintuzzare a tutto campo le iniziative legittime della magistratura in clamorosi infortuni procedurali, come purtroppo è accaduto nella vicenda al nostro esame, durante l'iter che si è svolto dinanzi alla Giunta per le autorizzazioni. Spiegherò perché, cominciando dalla soluzione di un equivoco.
La proposta sulla quale oggi siamo chiamati a votare non riguarda, e lo voglio ricordare ai colleghi distratti, l'autorizzazione ad effettuare la perquisizione nello studio Spinelli-Berlusconi; riguarda, piuttosto, la restituzione degli atti alla procura. Tale decisione, però, è sopravvenuta in esito ad un esame del tutto contraddittorio ed incongruo, effettuato dalla Giunta per le autorizzazioni dopo un ampio dibattito.
Il pur garbato relatore, onorevole Leone, aveva analizzato diversi profili e aveva parlato genericamente di fumus persecutionis, ma ad un tratto, sul finire della discussione, ha fatto irruzione sulla scena il contrordine: dall'alto è stato dettato un cambio di strategia.
L'onorevole Berlusconi, è stato detto, nell'indurre la questura di Milano a rilasciare la minore e poi affidarla alla signora Nicole Minetti, ha fatto ciò per salvare le relazioni dell'Italia con l'Egitto. Il Presidente Berlusconi era sinceramente convinto che la giovane marocchina fosse minorenne, egiziana ed imparentata con Mubarak; di ciò era informato da molto tempo, come dimostrano le carte esaminate. Tutto questo, però, non è servito, per inciso, ad impedire che lo stesso Premier ospitasse la minore a casa più volte, fornendole anche adeguati mezzi di sussistenza.
Rifuggirò da facili ironie collegabili ai tragici eventi che in questi giorni sconvolgono l'Egitto e stanno per travolgere il Presidente Mubarak. Non mi chiederò perché non ha chiamato, come il bon ton istituzionale imponeva, il Ministro Maroni, che, sono sicuro, da quell'ottimo Ministro dell'interno che ha dimostrato di essere, mai si sarebbe prestato a tale messinscena.
Voglio invece credere alla tesi in limine litis ammannita dal Presidente del Consiglio, il quale, dopo l'intervento presso la questura di Milano, si sarà addormentato serenamente per aver salvato i rapporti con l'antico Paese dei faraoni. Vorrei però sapere, ed è questo il punto, e vedere, soprattutto vedere, le prove che dimostrino che l'indomani mattina, il 28 maggio, il Presidente Berlusconi si sia premurato di chiamare subito a rapporto il Ministro degli affari esteri Frattini, abbia verificato che il consolato egiziano a Milano avesse preso in consegna la giovane nipote del Presidente Mubarak e abbia informato il Presidente Napolitano dello scampato pericolo con l'Egitto. Pag. 78
Questo mi sarei aspettato di vedere; invece, niente. Perché mai? Forse perché non è riuscito a trovare il Ministro degli affari esteri, impegnato in quei giorni in quel di Santa Lucia? O piuttosto perché sapeva perfettamente che la minorenne non era la nipote del Capo di Stato egiziano?
Onorevoli colleghi, il fatto che la Giunta per le autorizzazioni abbia voluto collegare la competenza del Tribunale dei ministri allo svolgimento delle funzioni del Presidente del Consiglio, che è intervenuto per salvare le relazioni con l'Egitto, costituisce, a mio avviso, per l'onorevole Berlusconi, un vero e proprio autogol.
Ciò perché la dedotta buona fede della conoscenza della parentela della minore non ha poi portato il Presidente del Consiglio a compiere quegli atti consequenziali che ho appena citato. Ancora una volta, quindi, il potere e le istituzioni vengono usati come paravento di debolezze umane, ma stavolta in evidente contraddizione con il presupposto, ritenuto vero, ma nella sostanza falso, che avrebbe dovuto avviare l'iter diplomatico che in realtà non è mai stato avviato.
Ma ciò che più mi amareggia, signor Presidente, è il fatto che la Giunta per le autorizzazioni della Camera si sia, purtroppo, prestata ad avallare questa finzione, abdicando ai propri compiti istituzionali di giudice obiettivo ed imparziale, a cui non è certo demandato il compito di sostituirsi ai giudici, ma nemmeno quello di essere paravento dietro al quale negare la giurisdizione.
Non vi è, dunque, reato ministeriale per tutte le ragioni che ho spiegato, né in conseguenza della presupposizione della qualità della minore, che avrebbe potuto giustificare un abuso di funzioni per ragioni di Stato, né, soprattutto, per gli eventi, o meglio, i non eventi successivi, che smentiscono il fatto che il Presidente del Consiglio fosse veramente, in buona fede, convinto che la giovane Karima fosse la nipote di Mubarak.
Signor Presidente, per tutte queste ragioni voteremo contro la proposta della Giunta per le autorizzazioni (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi la Camera è chiamata a pronunciarsi sulla richiesta della procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano di procedere ad una perquisizione domiciliare nei confronti dell'onorevole Silvio Berlusconi, in particolare nei locali dell'ufficio di Giuseppe Spinelli, sito in Segrate, nell'ambito di un procedimento penale per concussione e prostituzione minorile, questo è il tema all'ordine del giorno.
In linea di principio e conformemente alla natura dell'oggetto di cui dobbiamo parlare la Camera è chiamata a dire se esista un fumus persecutionis e quindi il sospetto di una violazione delle prerogative del Parlamento. Inaspettatamente ed in modo quanto meno inusuale siamo, invece, chiamati a pronunciarci su di un'altra questione, ossia se competente in materia sia il Tribunale di Milano o il Tribunale dei ministri, ma questo è il compito della Camera dei deputati? Siamo noi giudici sulla competenza? Questo già è sufficiente a darmi un certo imbarazzo davanti al voto che ci aspetta.
Si potrebbe dire, però, «esiste un'inimicizia della procura di Milano verso il Presidente del Consiglio» e vi sono stati in passato episodi che rendono legittimo questo sospetto. Il sospetto però deve essere sostanziato caso per caso da dati di fatto attinenti al procedimento. I materiali che sono emersi rendono plausibile, che non vuol dire provata, l'ipotesi investigativa della procura e risparmiatemi la citazione delle innumerevoli intercettazioni che mostrano questa plausibilità.
È interesse del Capo del Governo e di tutta la nazione fare chiarezza al più presto su questa brutta storia. Noi chiediamo al Capo del Governo di presentarsi al più presto ai giudici per fare chiarezza su Pag. 79di una vicenda che lede gravemente nel mondo la credibilità ed il prestigio dell'intera nazione italiana.
Per quanto riguarda le restanti questioni giuridiche mi rimetto alla brillante relazione di minoranza del collega Mantini. La questione fondamentale, però, non è giuridica, è politica. Si è formato un abisso che oggi separa in modo drammatico i governanti dai governati e che intacca quel rapporto di rappresentanza che sta alla base della democrazia. Al di là di ogni questione giuridica, il quadro desolante che è emerso dalle intercettazioni approfondisce questo baratro, fa franare la fiducia nelle istituzioni e la fiducia nella democrazia.
Noi siamo garantisti, non amiamo usare le debolezze private di un politico come strumento di una lotta di annientamento, non amiamo neppure l'uso disinvolto delle intercettazioni e di documenti riservati che finiscono regolarmente sulla stampa. Qui, però, la questione ha assunto una dimensione di uno scandalo pubblico e davanti ad uno scandalo pubblico bisogna dare un giudizio pubblico. La gente pensa che i politici fanno il «bunga-bunga» invece di occuparsi dei problemi del Paese, quasi irridendo ai tanti che soffrono, alle famiglie che hanno visto cadere il proprio tenore di vita, ai giovani che non trovano lavoro, a quelli che hanno visto scadere i propri contratti a tempo determinato e non li hanno visti rinnovati, a quelli che sono in cassa integrazione straordinaria e sanno che i loro posti di lavoro, in realtà, già non ci sono più, a tutte quelle brave ragazze che lavorano un anno per vedere i soldi che, pare, venivano passati in una busta alle ragazze che frequentavano certe feste.
In una trasmissione televisiva un giovane mi ha detto «io amo le donne, come Berlusconi». Si riferiva, naturalmente, a ciò che le intercettazioni attribuiscono al Presidente del Consiglio e che io mi auguro di vedere smentito in modo convincente nelle aule del Tribunale, ma non è quello amare le donne. Amare le donne è averne cura, accompagnarle nei momenti di difficoltà e di depressione, generare ed educare insieme dei figli, riconoscersi come persone che hanno una testa e un cuore, oltre che, naturalmente, anche degli organi sessuali.
Un padre ha detto in una trasmissione televisiva: mia figlia non è la favorita di Berlusconi, purtroppo. Ho sentito quel «purtroppo» come uno schiaffo in piena faccia: quello è il destino che un padre desidera per la propria figlia, non già un grande amore, una famiglia, dei figli, una carriera brillante in un qualche ambito professionale?
La politica non coincide con la morale - lo sappiamo - eppure la politica non può nemmeno essere totalmente separata dalla morale. Abbiamo tutti il dovere di servire il Paese con fedeltà e con onore. Non pretendo che i politici diano sempre il buon esempio, mi accontenterei se non dessero in modo plateale quello cattivo. Machiavelli, che a differenza di me non era un bigotto, ha scritto che il Principe - noi diremmo il politico - deve essere, o almeno sembrare, buono. E qui è anche la radice del famoso detto di La Rochefoucauld, per cui «L'ipocrisia è l'omaggio che il vizio rende alla virtù». Ma quando della virtù non c'è neppure l'illusione, allora si corrode la sostanza morale della nazione e si è cattivi anche come politici. Il cittadino si aspetta dalla politica, infatti, anche un esempio morale. Quando questo viene meno, si corrode il rapporto che unisce i governanti e i governati e noi, a questo punto di rottura, siamo pericolosamente vicini, se già non lo abbiamo oltrepassato.
Signor Presidente del Consiglio Berlusconi, non sto dicendo che tutto questo avviene esclusivamente per colpa sua. Ognuno di noi ha qualche motivo di rammaricarsi del proprio contributo alla decadenza morale della politica e quindi del Paese. Il Presidente Berlusconi però è diventato il simbolo di questo decadimento. Signor Presidente del Consiglio, lei ha il dovere morale e politico di chiarire tutto, rapidamente e in modo convincente, non dia l'impressione di volersi sottrarre al chiarimento e di voler guadagnare tempo. Si difenda nel processo, non dal processo, e davanti alla pubblica opinione con Pag. 80dati e fatti concreti e convincenti. Non chieda ai suoi seguaci un atto di fede, che forse non le sarebbe dato e, anche se fosse concesso, sarebbe dato senza convinzione e non risanerebbe la rottura che si è verificata nella coscienza del Paese, tra politica e morale, tra governanti e governati.
Non le fa onore e non la aiuta il comportamento di alcuni suoi sostenitori, che cercano in ogni modo di infangare i suoi avversari per poter dire poi trionfalmente «il più pulito ha la rogna», sperando in questo modo di ottenere una presunzione di eguaglianza dentro una politica compiutamente degenerata.
Questa è la visione del «muoia Sansone con tutti i Filistei». Noi preferiamo quella madre, di cui pure parla la Bibbia, che era pronta a cedere suo figlio alla sua avversaria pur di farlo vivere. Ognuno di noi oggi è chiamato - e lei prima di tutti - a rinunciare a qualcosa, a fare un passo indietro perché l'Italia viva. Si difenda, signor Presidente del Consiglio, con energia e coraggio nel processo e non dal processo o, altrimenti, dia le dimissioni chiedendo scusa al popolo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico, Futuro e Libertà per l'Italia e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'affrontare il dibattito su questa delicata questione giudiziaria, che per l'ennesima volta vede una forte contrapposizione tra il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e la procura di Milano, vorrei cercare di seguire due filoni di ragionamento.
Il primo, sotto il profilo meramente politico e di rispetto delle procedure previste dalla nostra Costituzione. L'equilibrio tra i poteri è la regola basilare di uno Stato democratico. L'autonomia e l'indipendenza della magistratura, per noi della Lega Nord, sono un valore che nessuno pensa di mettere in discussione, ma la magistratura per essere credibile deve dimostrare di saper rispettare gli altri poteri dello Stato, soprattutto quando sono la diretta emanazione della sovranità popolare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), e quindi, in particolare, di saper rispettare le guarentigie e le garanzie, seppure attenuate dopo la soppressione dell'istituto dell'autorizzazione a procedere, che i nostri padri costituenti hanno previsto a tutela dell'equilibrio del sistema.
Allora, venendo alla vicenda nel concreto, soprassediamo sulla straordinaria intromissione nella vita privata del Presidente del Consiglio, che pure non ha precedenti nella storia del Paese. Soprassediamo sul fatto che dal gennaio 2010 sono state sottoposte a continuo monitoraggio tutte le persone che entravano e uscivano dalla residenza privata del Presidente del Consiglio ad Arcore. Soprassediamo sulla trasmissione alla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera delle quasi 700 pagine di atti e di intercettazioni, utili, più che all'ottenimento di una richiesta di perquisizione (sarebbero state sufficienti due o tre pagine), unicamente a fornire ai giornali particolari dettagliati per gli amanti del gossip e del fango, visto che purtroppo in Italia la violazione del segreto istruttorio e la negazione della libertà di stampa quando pubblica atti secretati vigono solo quando ad essere coinvolto è un magistrato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ma su una cosa non possiamo soprassedere, e cioè sulla valutazione della ministerialità del reato che di fronte all'ipotesi di concussione la procura di Milano avrebbe dovuto fare rimettendo gli atti proprio all'organo competente, e cioè al Tribunale dei ministri. Del resto, la procedura di attuazione dell'articolo 96 della nostra Costituzione è molto chiara: il Presidente del Consiglio ed i ministri per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni sono sottoposti alla giurisdizione ordinaria. In particolare, si ricorda che il procuratore della Repubblica che abbia Pag. 81ricevuto rapporti, referti o denunce concernenti reati indicati dall'articolo 96 della Costituzione è tenuto a trasmetterli, entro 15 giorni, al Tribunale dei ministri, senza compiere alcuna indagine. E proprio perché il reato contestato è la concussione, al di là dei tecnicismi utilizzati a posteriori dalla procura di Milano per giustificare il mancato rispetto della legge, come si fa a non riconoscere che si tratta tipicamente di uno di quei reati che presuppongono l'esercizio di una pubblica funzione o l'abuso di una pubblica qualità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Quindi, noi condividiamo la tesi dell'incompetenza della procura di Milano. Evidenziamo il dubbio che vi sia stata una violazione procedurale nella quale si può ravvisare il fumus persecutionis, e apprezziamo la dichiarata volontà del Presidente del Consiglio, che non è quella di sottrarsi alla giustizia (perché è giusto, è interesse dei cittadini conoscere se vi sia stato o meno un reato), ma di presentarsi al giudice naturale, che è il Tribunale dei ministri. Detto questo - vengo al secondo filone del mio ragionamento - resta un forte rammarico e la preoccupazione per il clima che si è venuto a creare nel Paese. Dispiegamento di uomini, mezzi, pedinamenti, sequestri, indagini bancarie e postali sono stati messi in campo; mesi di indagini, risorse per pagarle.
È vero che esiste il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale e che le presunte responsabilità devono essere accertate, ma tutto appare spropositato. Con prodigi della tecnologia più sofisticata si arriva ad intercettare le telefonate attorno ad Arcore, si avviano indagini e provvedimenti tipici di un'azione contro la criminalità organizzata, si ipotizza di chiedere il giudizio abbreviato per imprimere una forte accelerazione temporale al processo, e poi quando l'imputato è meno eccellente o non fa politica siamo di fronte a tutta un'altra realtà.
Infatti, come si apprende dalla relazione annuale del procuratore generale della Cassazione, i delitti impuniti, i furti, le rapine in villa, gli omicidi, reati che sono considerati particolarmente odiosi e offensivi per i cittadini, superano le vette vergognose di oltre l'80 per cento di impunità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Lo Stato italiano è costretto ogni anno a pagare milioni di euro in indennizzi per l'eccessiva durata dei processi a causa della giustizia lumaca. Pericolosi mafiosi vengono scarcerati perché qualche giudice in oltre quattro anni non è riuscito a depositare le motivazioni di una sentenza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Come fanno a capire tutto questo i cittadini? Allora, senza avvalorare la tesi del complotto o della persecuzione, come si fa tuttavia a non evidenziare quanto meno che Berlusconi abbia ricevuto un'attenzione particolare da parte di certe procure da quando è entrato in politica. Cari colleghi, soprattutto dell'opposizione, l'utilizzo delle vicende giudiziarie come strumento di lotta politica è sempre un grave errore.
L'aspetto politico non appartiene alla Giunta per le autorizzazioni che valuta su questioni inerenti la sfera delle libertà individuali con assoluta oggettività a prescindere che si tratti di parlamentari di maggioranza o di opposizione. Per cui, avviandomi alla conclusione, la Lega Nord Padania voterà a favore della proposta della Giunta per le autorizzazioni che non è - ripeto - quella di sottrarre il Presidente del Consiglio al giudizio dei magistrati, ma di farlo giudicare dal suo giudice naturale che è il Tribunale dei ministri. Un'ultima considerazione: speriamo che, d'ora in poi, la politica esca dalla rissa del fango e torni a occuparsi dei problemi concreti dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, mi rivolgo a lei anche se, come al solito, non è in quest'Aula, ma segue il dibattito dal televisore Pag. 82del suo ufficio perché prova un certo disagio ad ascoltare le parole di chi la critica pubblicamente (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Mi voglio, però, rivolgere a lei e parlare oggi di politica, non di indagini perché le indagini sono compito della magistratura, è l'accertamento dei reati, e non per fare moralismo perché sappiamo di non avere i titoli per farlo e perché gli italiani si sono già fatti un'idea per conto loro sugli stili di vita e sulle serate del Presidente del Consiglio. Soltanto di due aspetti dobbiamo parlare perché sono oggetto del voto di quest'Aula. Lei ha spinto la sua maggioranza, con il voto della Giunta per le autorizzazioni, a negare la perquisizione in alcuni uffici. Basterebbe questo per farci un'idea. Lei si proclama innocente e perseguitato e, allora, sappia che una persona innocente ed onesta non ricorre a stratagemmi ed a trucchi, ma, di fronte alle forze dell'ordine ed ai magistrati, li prega di entrare in casa sua perché non ha nulla da nascondere (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori) e, anzi, vuole che la perquisizione dimostri che è innocente e vittima di una persecuzione giudiziaria e si difende, in questo modo, dalle accuse infamanti che gli sono rivolte. E la seconda cosa è questo tentativo maldestro di stabilire che la competenza è del Tribunale dei ministri; basterebbe dire che non è competenza della Camera stabilire il livello giurisdizionale che deve occuparsi di un reato.
Ma perché tanta testardaggine? Gli italiani che ci ascoltano lo devono sapere: per una semplice differenza, perché contro un parlamentare, cioè l'onorevole Berlusconi, si può andare a processo senza autorizzazione a procedere di quest'Aula, contro un Ministro, invece, davanti al Tribunale dei ministri, si può procedere soltanto con l'autorizzazione di quest'Aula. E questo è l'ultimo trucco (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori): lei vuole usare un'altra volta la sua maggioranza per sottrarsi alla giustizia italiana. Fa così da 17 anni. Quell'elenco è vergognoso e lei va in televisione a dire che è sempre stato assolto. Basta con questa fandonia! Le leggi vergogna: le rogatorie internazionali, il falso in bilancio, la legge Cirami, il lodo Schifani, il lodo Alfano, la legge Cirielli, il legittimo impedimento, il condono. Vi danno fastidio queste cose (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e quelle ancora in cantiere come il processo breve e le intercettazioni. Un elenco che fa rabbrividire, un elenco di schiaffi in faccia agli italiani, al principio dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia). Questa volta, per sottrarsi al suo giudice naturale, è caduto davvero nel ridicolo. Dopo aver detto per giorni, lei e le persone a lei vicine, che non aveva mai detto che questa ragazza era nipote del presidente egiziano, per andare nelle competenze ministeriali è arrivato a dire, ad affermare, a far sostenere negli atti, che lei credeva davvero fosse la nipote del Presidente Mubarak e che, addirittura, ne ha parlato con lui. Capisco che, in questi giorni, il presidente egiziano non abbia tempo per smentire questa affermazione, ma voglio crederle e, allora, le do un consiglio per il futuro: se le capiterà, per dovere istituzionale naturalmente, un'altra volta di dover chiamare una questura per fare rilasciare la nipote di un Capo di Stato straniero, magari mandi un ambasciatore a prenderla e la faccia dormire in ambasciata (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia), non mandi una ragazza che, dopo poche ore, la riconsegna ad una prostituta brasiliana, perché lo zio potrebbe prenderla abbastanza male questa cosa.
Lei ha esposto il nostro Paese al ridicolo di fronte al mondo con queste vicende tragiche e comiche allo stesso tempo. Lei espone il suo Paese a dei rischi se lei è ricattabile da delle ragazze. È legittimo immaginare che vi siano poteri interni ed esterni che hanno un pochino di organizzazione in più, che possono anche loro ricattarla nell'esercizio delle sue funzioni? Lei blocca il Parlamento, blocca il Governo, Pag. 83perché tutto è concentrato su di lei mentre l'economia italiana è alla deriva. Mentre nel Paese ci sono persone, imprese che aspettano risposte ai loro problemi drammatici prima che sia troppo tardi noi ci occupiamo di altro; mentre il Mediterraneo è in fiamme, noi siamo lì in mezzo, la diplomazia italiana è totalmente assente e il Presidente del Consiglio non se ne occupa e lei soprattutto fa pagare agli italiani i costi di tutto questo suo lavorare. In un mondo globale sappiamo bene quanto costa la credibilità di uno Stato, quanto conta nei mercati la credibilità di chi guida quello Stato. E allora il differenziale, lo spread tra gli interessi italiani e sul debito tedesco, quel differenziale che è circa 27 miliardi all'anno, quanta parte di quei 27 miliardi pagati dagli italiani è dovuta alla sua perdita di credibilità internazionale, al crollo dell'immagine del nostro Paese nel mondo? Sì perché lei mette davanti a tutto la sua persona, qualsiasi altro leader di fronte al disfarsi della sua maggioranza, di fronte all'impossibilità di governare si sarebbe fatto da parte almeno per salvare il suo partito, almeno per salvare la sua coalizione passando la mano a qualcun altro del suo campo. Invece lei non lo fa: ha trascinato anche il federalismo dentro questa logica perché tutto diventa un braccio di ferro. Voglio provare a credere che lei sia sceso in campo come ama dire non per altri motivi ma perché voleva fare il bene del suo Paese. Allora sappia che adesso lei sta facendo del male all'Italia e che l'unico atto che può fare per il bene del suo Paese adesso è dimettersi e consentire al nostro Paese, alla politica di tornare ad un normale confronto tra maggioranza e opposizione, tra avversari che finalmente possono trovare le intese sui problemi del Paese anche a cominciare dal federalismo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione di Centro e Misto-Alleanza per l'Italia).
Qualsiasi persona, qualsiasi coalizione che verrà dopo di lei troverà montagne di macerie e non parlo soltanto di macerie economiche, istituzionali o legislative, purtroppo parlo anche di macerie di valori. Chi ha un ruolo pubblico, chi guida uno Stato con le sue parole, con i suoi comportamenti indica dei modelli sociali, anche inconsapevolmente indica al proprio Paese gerarchie di valori. È per questo che deve cercare e ha il dovere di dare l'esempio. L'Italia nella sua storia si è sempre basata su valori positivi e valori condivisi al di là delle distinzioni tra laici e cattolici, delle stesse distinzione tra destra e sinistra: la solidarietà, l'accoglienza, l'uguaglianza, i talenti, la famiglia, le comunità, la straordinaria forza, la straordinaria autorità morale delle donne italiane che la dimostreranno il 13 di questo mese in piazza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia). Tutto è stato travolto dal messaggio e da un modello che lei ha incarnato, dalla gerarchia di valori che le sue televisioni hanno diffuso: contano solo i soldi e conta solo il potere, conta soltanto la notorietà che si può raggiungere a qualsiasi costo perché consentono di comprarsi tutto. Queste sono le gerarchie sociali che lei ha rovesciato, queste sono le macerie che lei lascia alla fine inesorabile del suo percorso politico, ma gli italiani anche nella loro storia recente hanno dimostrato tante volte di saper ricostruire sulle macerie, ricostruire con fatica, con sudore, con orgoglio ma anche con la rabbia civile dentro.
Noi saremo con loro, noi saremo con l'Italia che vuole ricominciare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia - Congratulazioni - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, colleghi, ogni cittadino italiano, anche chi ha l'onore di ricoprire funzioni pubbliche, ha diritto ad una sfera di riservatezza e di intimità che nessuno dovrebbe violare, se non in presenza di denunciate ed accreditate ipotesi di reato, certamente, non per la mera ricerca di presunte illiceità. Pag. 84
È il diritto alla privacy, tanto importante che il Garante, inascoltato, è dovuto intervenire nei giorni scorsi con il monito ad evitare di diffondere e pubblicizzare informazioni non essenziali che possano ledere la riservatezza delle persone. Ma vi è qualcuno, tra magistrati ed inquirenti, che abbia mai pagato per la fuga di notizie (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)? In un Paese «dei due pesi e delle due misure», si può infangare il Presidente Berlusconi con migliaia di carte e non succede nulla; si può scrivere un solo articolo nei confronti della dottoressa Boccassini e, ventiquattr'ore dopo, si trova un ufficio sequestrato (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), si trova un'indagine nel cuore del Consiglio superiore della magistratura, si trova un suo consigliere esposto al ludibrio dell'intera nazione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile).
Questo diritto alla privacy per Silvio Berlusconi è stato gravemente violato, senza che vi fosse una denuncia, un esposto, una qualche obiettiva ragione, se non la spasmodica ricerca di qualche cosa di utile per denigrarlo.
Si è costruita una notizia di reato, ma è ora di finirla di inventarsi reati: la gente vuole che si puniscano i ladri, i truffatori, i mafiosi, non che si consumino le risorse per fotografare le cene o le feste (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Questa inchiesta della procura di Milano è già costata ben oltre un milione di euro, ha avuto circa 150 mila intercettazioni telefoniche e sono stati almeno centocinquanta gli uomini impegnati in attività di perquisizione. Questi sono gli sperperi della giustizia da gridare al Paese, altro che la mancanza di carte da fotocopia negli uffici giudiziari (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
La casa di Silvio Berlusconi, del Presidente del Consiglio, è stata monitorata fin dal gennaio del 2010, cinque mesi circa prima della famosa telefonata che ha innestato il reato di concussione. Le persone che sono entrate in casa sua sono state di fatto controllate, molte intercettate a lungo e in maniera sistematica, molte interrogate, senza che vi fosse una denuncia che legittimasse questo tipo di controllo.
Nei suoi confronti, è stato emesso un invito a comparire di ben 389 pagine. Ma mi rivolgo a voi colleghi di quest'Aula, magistrati e giornalisti: avete mai visto un invito a comparire di 389 pagine (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile)? La grandissima parte di esse non contiene alcun riferimento ad interventi di carattere giudiziale, ma una sequela di intercettazioni, di sporchi riferimenti, di fatti squisitamente privati, che nelle aule di giustizia non dovrebbero entrare, che nelle Aule del Parlamento non dovrebbero entrare, e che qui sono state fatte entrare.
E puntualmente, pochi minuti prima che la Giunta per le autorizzazioni si riunisse per decidere, sono arrivate altre 227 pagine, la gran parte delle quali poteva essere inviata con il primo dossier. Ma ciò non sarebbe servito per alimentare la spinta mediatica, la denigrazione sistematica.
Ed ancora, di tale secondo dossier è stato fatto addirittura un comunicato stampa per rendere noto a tutti che era arrivato quel carteggio. Tutto ciò è stato reso pubblico con scientifica puntualità.
Dopo due voti di fiducia del settembre e del dicembre 2010, nei quali qualcuno ha sperato che il Governo crollasse, dopo una sentenza equilibrata della Corte costituzionale, che ha negato le aspettative dei detrattori più accaniti, l'intento politico che si cela in questa tempistica e in questi fatti è troppo chiaro per dovere essere sottolineato.
Ci viene chiesta l'autorizzazione ad una perquisizione mentre si sbandiera ai quattro venti il fatto che si è pronti al giudizio immediato, giudizio immediato che vuol dire prova piena, prova completa, prova esauriente. Ma allora che senso ha chiedere una perquisizione se c'è già la prova piena, completa, esauriente (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile), Pag. 85se non per alimentare, una volta di più, il circuito mediatico di denigrazione del Premier?
E da chi proviene questa richiesta? Da un'autorità giudiziaria funzionalmente incompetente, perché fin dal 28 maggio 2010 la competenza del Tribunale dei ministri appariva limpida. L'istruttoria lo ha subito evidenziato con la deposizione di ben quattro funzionari della questura di Milano e con le altre varie deposizione sentite. La valutazione ed i processi si fanno sulle carte processuali, non sulle emozioni dei racconti giornalistici, spesso compiacenti, interessati o politicizzati.
E che la competenza appartenga al Tribunale dei ministri lo ha detto un finiano doc, un professore, l'onorevole Consolo, nell'intervista al Corriere della Sera del 27 gennaio contro l'affermazione di voto del suo partito. È stato chiaro.
E che lo scrivano anche gli stessi pubblici ministeri è significativo, perché nell'invito a comparire, nel capo di imputazione, è scritto chiaro che l'onorevole Berlusconi ha abusato della sua qualità di Presidente del Consiglio dei ministri. Egli ha telefonato - sì, è vero - a un funzionario della questura. Lo ha fatto senza esercitare pressioni di sorta per chiedere un'informazione (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), nella convinzione, vera o sbagliata che fosse, che Karima El Mahroug fosse parente di un presidente di Stato (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). E lo sapete meglio di me, lo sapete meglio di me che la tutela dei rapporti internazionali passa anche attraverso telefonate come questa (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ricordatevi quello che è successo nei rapporti tra Svizzera e Libia! Ricordatevelo bene (Vivi commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)! Qualche mese fa!

PRESIDENTE. Prego, onorevoli colleghi.

MAURIZIO PANIZ. Ed al Tribunale dei ministri si va, come è stato esattamente detto da esponenti dell'opposizione, anche nel caso in cui ci sia il dubbio sulla competenza.
La pervicace volontà di trattenere l'istruttoria alla procura di Milano è chiara e si inserisce in un filone di diciassette anni di persecuzione giudiziaria, di migliaia e migliaia di perquisizioni, di ventotto procedimenti, di atti ed atti che sono tutti partiti nel momento in cui Silvio Berlusconi è sceso in politica. Tutte queste iniziative, tutti questi tentativi di delegittimazione per via giudiziale non fanno onore alle migliaia di magistrati che tutti i giorni fanno in silenzio il loro encomiabile e delicato lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile).
Per i minori, si va alla competenza del Tribunale dei minori. Per i Ministri, si va alla competenza del Tribunale dei ministri. Con la nostra scelta di invocare la competenza del Tribunale dei ministri, noi difendiamo quello che prevede la Costituzione italiana (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Il Tribunale dei ministri non è fatto da politici interessati e non è un ufficio giudiziario compiacente. È fatto da veri e propri magistrati togati, che fanno il loro dovere come tutti. È il giudice naturale in questa vicenda. E sarà il Tribunale dei ministri a decidere se ci sono o non ci sono reati. Ed io non ho tema di smentita nel dire che dei reati di cui si parla, non c'è traccia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile)!
La concussione non ha l'elemento oggettivo, non ha la costrizione, non ha l'induzione, non ha l'utilità, non ha l'elemento soggettivo. La congiunzione con minori è esclusa dalla stessa minore, peraltro presentatasi ventiquattrenne in mille e mille telefonate, in mille e mille contatti, in mille e mille interviste (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Non è una scelta di comodo quella del Popolo della Libertà, ma una scelta di giustizia e di rispetto delle regole e dovreste sostenerla anche voi, colleghi dell'opposizione, che, per un distorto utilizzo Pag. 86della giustizia, c'avete rimesso il Governo della scorsa legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Paniz.

MAURIZIO PANIZ. Voi dite che l'Italia viene danneggiata da questa iniziativa. Ditelo a quei magistrati e a coloro che hanno diffuso queste notizie! Voi invocate la presunzione di innocenza. Ditelo a coloro che hanno subito le conseguenze di vent'anni di persecuzione giudiziaria!

PRESIDENTE. Onorevole Paniz, la invito a concludere.

MAURIZIO PANIZ. Voi dite che agevoliamo la strumentalizzazione delle regole processuali a fini difensivi, ma siamo noi quelli che hanno inasprito le pene contro la prostituzione minorile (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
Siamo noi che siamo intervenuti per l'arresto dei latitanti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
Ma non siamo noi, non siamo noi quelli che sono andati a patti con la mafia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Onorevole Paniz, concluda.

MAURIZIO PANIZ. Continuate pure! Voi lavorate per denigrare il Premier (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Lui e noi lavoriamo per l'Italia, solo per l'Italia! Questa è la differenza (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Congratulazioni - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Ricordo che nella Conferenza dei presidenti di gruppo, riunitasi il 31 gennaio, fu previsto che la votazione sulla domanda di autorizzazione avrebbe avuto luogo alle ore 19. Sono le ore 18,55. Dovrei, pertanto, sospendere la seduta fino alle ore 19, a meno che i presidenti dei gruppi non siano di diverso avviso.
Io sono costretto a tenere fede a quello che, all'unanimità, è stato deciso nella Conferenza dei presidenti di gruppo, ossia che non si sarebbe votato se non a partire dalle ore 19, ed è anche la ragione per la quale ho consentito all'onorevole Paniz di parlare qualche minuto di più.
Sospendo, pertanto, la seduta che riprenderà alle ore 19.

La seduta, sospesa alle 18,55, è ripresa alle 19.

(Votazione - Doc. IV, n. 13-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che, ove la proposta della Giunta di restituire gli atti all'autorità giudiziaria procedente venisse respinta, gli atti si intenderanno nuovamente trasmessi alla Giunta per le autorizzazioni affinché questa formuli una nuova proposta da sottoporre all'Assemblea.
Avverto inoltre che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Prego i colleghi di votare rimanendo seduti al loro posto, onde consentire alla Presidenza di vedere se tutti i colleghi hanno espresso il voto.
Ripeto, se i colleghi non sono seduti non possiamo vedere se tutti i colleghi hanno votato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta Pag. 87della Giunta di restituire all'autorità giudiziaria gli atti di cui al Doc. IV, n. 13-bis-A.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Tremonti...
Prego i colleghi di rimanere seduti per consentirmi di vedere se è acceso il pulsante. Onorevole Vignali...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Vedi votazionia ).

(Presenti 614
Votanti 613
Astenuti 1
Maggioranza 307
Hanno votato
315
Hanno votato
no 298).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che si è erroneamente astenuto, mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Elezione del segretario del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

PRESIDENTE. Comunico che il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha proceduto, nella seduta odierna, all'elezione del segretario. È risultato eletto il deputato Marco Giovanni Reguzzoni.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 7 febbraio 2011, alle 14,30:

1. - Discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica Araba Siriana fatto a Roma l'11 settembre 2008 (C. 3994).
- Relatore: Corsini.

2. - Discussione della proposta di legge:
GIANCARLO GIORGETTI ed altri: Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri (C. 3921-A).
- Relatore: Baretta.

3. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
BRUGGER e ZELLER; BERNARDINI ed altri; FERRANTI ed altri: Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori (C. 52-1814-2011-A).
- Relatore: Samperi.

4. - Discussione della proposta di legge:
LUSSANA: Modifica all'articolo 442 del codice di procedura penale. Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo (C. 668);

e dell'abbinata proposta di legge: D'ANTONA ed altri (C. 657).
- Relatore: Lussana.

La seduta termina alle 19,05.

TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI MARILENA SAMPERI E FEDERICO PALOMBA IN SEDE DI DISCUSSIONE SUL DOC. IV-13-BIS-A

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Onorevoli colleghi, a nome dei deputati del Partito Democratico risultati in minoranza nella seduta del 27 gennaio 2011 riferisco su una domanda di perquisizione a carico di Silvio Berlusconi. Pag. 88
I fatti. Nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, presso la questura di Milano viene condotta una giovane di nazionalità marocchina, Karima El Mahroug, nata il 1o novembre 1992, denunziata per furto da tale Caterina Pasquino, che la indicava come autrice di una sottrazione illecita per un valore di circa 3.000 euro.
La minorenne Karima viene immediatamente identificata e si accerta che ella risiedeva in Letojanni, in provincia di Catania, e che si era allontanata da un centro di ricovero per ragazze in difficoltà.
Mentre sono in atto le procedure di affidamento a un centro per minori - secondo quel che stabilisce la legge, sentito anche il pubblico ministero competente - sopravviene l'indebito intervento del capo di gabinetto del questore di Milano, il dottor Pietro Ostuni. Costui sostiene di aver avuto indicazioni dal Presidente del Consiglio Berlusconi che Karima non sarebbe marocchina bensì egiziana e addirittura la nipote del presidente Mubarak. Ella pertanto deve essere liberata immediatamente e consegnata alla signora Nicole Minetti, consigliere regionale della Lombardia e incaricata dalla Presidenza del Consiglio.
A seguito di questa comunicazione inizia un convulso traffico telefonico tra il dott. Pietro Ostuni, la dottoressa Giorgia Iafrate, di turno in questura, il questore di Milano, Vincenzo Indolfi, e il dottor Morelli, dirigente dell'Ufficio Prevenzione generale della questura di Milano, circa 21 telefonate in meno di due ore.
Alle due di notte, Karima viene effettivamente consegnata a Nicole Minetti. Curiosamente, di tale consegna non è redatto un verbale regolare, sottoscritto da un magistrato, bensì una laconica attestazione di operazioni compiute, sottoscritta da due agenti di polizia.
Solo alle ore 2,20, dopo che la minore era già stata affidata alla Minetti, trasgredendo le indicazioni del pubblico ministero, che aveva dato precise disposizioni sulla necessità di effettuare preventivamente verifiche presso la famiglia della minore, la dottoressa Iafrate si attiva per avere conferma degli elementi richiesti dal pubblico ministero presso il tribunale dei minori.
Quest'ultimo, nel rispondere ad una richiesta di informazioni del procuratore della Repubblica il 29 ottobre 2010 sottolinea che i fatti del 27 maggio avevano suscitato in lei molte perplessità, cosa che esternò con chiarezza all'interlocutrice (dottoressa Iafrate), sottolineando in modo assertivo l'inopportunità di un affidamento a persona estranea alla famiglia senza l'intervento dei Servizi sociali. Lo stesso pubblico ministero sottolinea di non avere autorizzato l'affidamento della minore a Nicole Minetti.
A seguito di tale macroscopica violazione della legge vengono disposti ulteriori accertamenti ed emerge - come largamente noto - che Karima El Mahroug ha un soprannome, Ruby, e che frequenta le residenze del Presidente del Consiglio, in particolare la villa di Arcore. Resta confermato, evidentemente, che la ragazza ha genitori marocchini e non ha alcunché a che fare con il presidente egiziano. Si disvela quindi che l'intervento diretto del presidente del Consiglio sulla questura di Milano, volto a far sì che i pubblici dipendenti ivi addetti violassero la legge, non era motivato altro che dalla necessità di evitare che Ruby fosse affidata ad un centro per minori e che rivelasse la sua attività consueta e le sue ordinarie frequentazioni. Di qui l'apertura del fascicolo per concussione e le relative indagini.
Tali indagini - svolte nella più rigorosa formalità giuridica, con accortezza e pertinenza - hanno portato ad accertare che il Presidente del Consiglio invitava con regolarità presso la sua residenza di Arcore numerose persone, prevalentemente giovani donne, le quali svolgevano diverse attività di intrattenimento. Le visite delle persone via via identificate nel corso delle indagini erano assai frequenti, le cene venivano proposte dall'On. Berlusconi e organizzate in vario modo da Nicole Minetti, con il concorso di Dario Mora, più noto come Lele, ed Emilio Fede.
Dalle informazioni testimoniali e dalle intercettazioni telefoniche emerge con certezza Pag. 89un quadro inquietante di ambigue serate, con balli lascivi, relazioni interpersonali guastate da un sistema di mercificazione dei rapporti e slealtà venali.
È altresì accertato che presso Villa S. Martino è sita un'apposita sala per intrattenimenti di vario genere, che viene minutamente descritta attraverso le intercettazioni e le testimonianze raccolte. In questa sala gli ospiti (in genere venti, venticinque ragazze e tre o quattro uomini) si spostavano dopo cena e davano inizio a balli equivoci e squallidi contatti fisici.
In questo contesto, la magistratura ipotizza anche fatti di rilievo penale.
È infatti accertato che Ruby, da minorenne, frequentasse già i luoghi descritti. Ciò risulta tra l'altro dalla deposizione della medesima Caterina Pasquino che - in data 7 luglio 2010 - afferma che Ruby le aveva confessato a più riprese di avere intimità con il Presidente del Consiglio. L'autorità giudiziaria crede che la stessa Ruby si sia prostituita, integrandosi così il reato di prostituzione minorile di cui all'articolo 600-bis del codice penale. È evidente che questo profilo non può interessare la Giunta perché è rimesso alle verifiche giurisdizionali.
Tuttavia, numerosi elementi investigativi fanno apparire assai verosimile l'ipotesi accusatoria.
Anzitutto, in un'intercettazione telefonica del 7 settembre 2010 Karima parla con tale Grazia, madre di Sergio Corsaro, e le narra dei contenuti dell'interrogatorio sostenuto poco prima. Sostiene di aver evitato di «metterlo nei casini» e di aver negato che l'on. Berlusconi sapesse che lei era minorenne.
In un'intercettazione del 26 ottobre 2010, inoltre, Karima fa riferimento alla richiesta di cinque milioni di euro fatta al Presidente del Consiglio «a confronto del macchiamento del "suo" nome»; in un'intercettazione del 28 ottobre 2010, Karima precisa poi che il Presidente del Consiglio la chiama di continuo chiedendole «di passare per pazza» e afferma «con il mio avvocato gli abbiamo chiesto 5 milioni di euro in cambio del fatto che io passo per pazza, che ho raccontato solo cazzate e lui ha accettato».
Nella stessa giornata del 26 settembre 2010, Karima parla con Luca Risso e gli dice che ha parlato sia con l'on. Berlusconi sia con Lele Mora.
In una telefonata del giorno dopo, Ruby dice a tale Antonio Passaro che lei si rivolge a Berlusconi col nome di «papi». Parallelamente sappiamo dalla deposizione di tale Diana Maria Iriarte Osorio del 17 dicembre 2010 che Ruby la chiama da Genova per invitarla ad avere incontri sessuali a pagamento e le dice «....Il sabato c'avrò come minimo cinque clienti che comunque dobbiamo fare per diversi orari della serata, cioè torniamo a casa almeno con 4.000 -...» (pag. 73 dell'allegato 5).
Inoltre, dal tabulato relativo a due utenze intestate a Iris Berardi, minorenne all'epoca dei fatti, nel periodo compreso tra il 21 novembre 2009 e e il 23 novembre 2010, si evince la presenza anche della suddetta minore presso le residenze del Presidente del Consiglio (una volta a Porto Rotondo e ben 27 volte ad Arcore) (pagine 43-46).
In una telefonata del 29 settembre 2010, tra l'ex prefetto Carlo Ferrigno e il figlio, emerge che presso la villa di Arcore di sera venivano portate regolarmente tra le 20 e le 25 ragazze, le quali a un certo punto rimanevano in topless. Sempre Carlo Ferrigno, il 28 ottobre dice a tale Mario Sacco che nelle serate di Arcore si fa il «bunga bunga» e si elargiscono alle ragazze regali di ogni sorta e denaro.
Tra gli stessi interlocutori, il 1o novembre 2010 si offrono ulteriori ragguagli sulle serate a villa San Martino, sulle nudità offerte all'on. Berlusconi, sull'alcol disponibile e sulle presenze della Minetti che viene a tratti qualificata in modo poco lusinghiero (pagine 144 e 145).
Tali fatti vengono confermati dalle informazioni rese in data 15 gennaio 2011, da Maria Makdoum, che riferisce con dovizia di particolari le serate lascive e dissolute che si svolgevano nella Villa di Arcore (pagg. 144-150 del secondo incartamento). Un resoconto parimenti dettagliato Pag. 90si rinviene nelle informazioni rese in data 15 gennaio 2011 da T.M. (pagine 168-173).
In un'intercettazione del 26 settembre 2010 (pag. 247 del primo fascicolo) Emilio Fede e la Minetti si scambiano informazioni e impressioni sulle varie serate e sui relativi partecipanti. Fede dice testualmente, parlando della Garcia Polanco: «Maristelle è simpatica però attenzione! Io conosco la sua storia vera, perché l'ho eletta miss Pompea, io l'ho avviata eccetera... (...) guarda, è una persona pericolosissima! (Lorenzo, il mio autista le ha fatto da paraculo), ... gli ha portato la bambina, beh lui si è intenerito della bambina, guarda ti devo dire la verità forse di tutte quelle di ieri sera ne salvo tre!». Nella stessa intercettazione Fede confida alla Minetti che al Presidente del Consiglio piacciono varie delle ragazze passate da poco ad Arcore (la slava, la brasiliana e tale Roberta).
Il tenore delle serate che si tengono ad Arcore lo ricaviamo anche dalle intercettazioni telefoniche relative a cene successive, cene numerose (12, 13 luglio; 11, 22, 24, 25 agosto; 5, 19, 20, 25, 26 settembre) cene che seguono sempre lo stesso copione. Una per tutte analizziamo la cena che si svolge ad Arcore il 19 settembre 2010. Fervono i preparativi, si incrociano le telefonate, gli inviti. Berlusconi contatta alcune ragazze e, tramite loro, altre. Dalla verifica delle celle e ponti radio agganciati ai cellulari in uso a varie invitate viene ricostruita la platea degli ospiti, la modalità della cena, la quantificazione della ricompensa alle ragazze partecipanti. Francesca Cipriani dice a Giovanna Rigato di avere ricevuto un braccialetto e 2.000 -, Aris Espinosa dice a Iris Berardi che dopo la notte trascorsa ad Arcore ha avuto ancora «una da cinque divisa in due» (due e cinque e due e cinque pag. 195), la Cipriani dice alla Faggioli che lui aveva anche delle buste «da cinque e da di più» ma che lei è contenta perché ha avuto quello che hanno avuto le altre e dice di aver avuto anche un braccialetto d'oro con un diamantino e la lettera F incisa, che a tutte le ragazze è stata data una busta con 2.000 euro.
Nel secondo incartamento si trovano le fotocopie dell'agenda di Iris Berardi, la quale annota i pagamenti ricevuti da «papi»: 2.000 euro il 7 marzo, 2.000 euro il 13 marzo e il 5 aprile ancora 2.000 euro.
In dissonanza rispetto al coro avido è invece l'esperienza di M[elania] T[umino], invitata dalla Minetti per colorire la serata del Presidente e arricchirla di nuove tipologie femminili «... C'è la zoccola, c'è la sudamericana che non parla l'italiano e viene dalle favelas, c'è quella un po' più seria, c'è quella via di mezzo tipo Barbara Faggio li e poi ci sono io che faccio quel che faccio». Così viene invitata anche lei che ha due lauree ed è stata tre mesi alla Sorbona.
Dall'intercettazione del 20 settembre 2010 sulla sua utenza emerge che la ragazza è rimasta stupita per essere entrata nella villa senza alcun controllo, che nella discoteca c'è «... il degenero più totale, cioè proprio siamo, ripeto in un puttanaio in cui ci si intrattiene come meglio si crede...», che «... nei giornali dicono molto meno della verità cioè anche quando lo massacrano cioè è molto peggio. Molto più triste. A me ha proprio lasciato l'amaro in bocca. Ma non perché ho avuto paura, no, no, per la desolazione, sai quando vedi quelle cose... ... A me è scaduto tantissimo. Mi ha, mi sembrava di avere di fronte non lui ma le caricature del Bagaglino. Ecco io ho vissuto la serata come se fossi al Bagaglino... A un certo punto, non si sa bene come o perché qualcuno ha iniziato a far vedere il culo e da lì la serata è decollata...,» (207 e seguenti).
Dalla deposizione di M(elania) T(umino) del 16 novembre 2010 risulta che al termine delle serate l'onorevole Berlusconi dava alle ragazze partecipanti banconote, generalmente inserite in CD musicali (pagina 222 dello stesso allegato 5 nel primo incartamento).
Dalle indagini risulta poi che sette appartamenti siti in Milano, via Olgettina n. 65 erano posti a disposizione di altrettante Pag. 91giovani donne frequentatrici della residenza di Arcore. Tali immobili, di proprietà della Friza srl sono gestiti da Giuseppe Spinelli, che si occupa anche di pagare le bollette relative ai consumi di elettricità eccetera.
In uno di questi appartamenti, quello in uso a Maria Esther Garcia Polanco (in arte Maristelle), ospite assidua di Villa San Martino, vengono sequestrati nell'agosto 2010 oltre 2 chilogrammi di cocaina che il suo convivente Ramirez, arrestato in quel frangente, aveva nascosto in casa, lasciando altri 9 chili nel box adiacente. (Vale la pena rimarcare che proprio il 27 gennaio 2011, il Ramirez verrà condannato in primo grado a 8 anni per detenzione e spaccio di stupefacenti).
In una conversazione del 29 luglio 2010 (pag. 273), Giuseppe Spinelli - la persona i cui uffici la procura intende perquisire - parla con la Minetti e le fa presente che c'è stato un errore nei pagamenti «degli affitti» in ordine alla stessa Maristelle Garcia Polanco. Se ne trae che i compensi per il meretricio della medesima devono essere ravvisati anche nel pagamento del canone locatizio.
Orbene questi elementi necessitano sicuramente di riscontri oggettivi e rigorosi. Ce n'è però abbastanza per considerare l'inchiesta ben fondata e meritevole di assoluto rispetto.
Aspetti giuridici. La Giunta per le autorizzazioni a procedere è stata chiamata ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento della Camera ad esaminare la domanda di autorizzazione ad eseguire una perquisizione domiciliare nei confronti dell'on. Silvio Berlusconi ai sensi dell'articolo 68, secondo comma, della Costituzione (Doc. IV, n. 13-bis). L'esame di simili domande da parte della Giunta deve compiersi in particolare in relazione al parametro della sussistenza o meno del fumus persecutionis alla base della domanda stessa. Per ciascun caso la Giunta, come dispone l'articolo 18, comma 1, r.C., «formula, con relazione, proposta di concessione o di diniego dell'autorizzazione». (Conviene qui allegare i resoconti dell'esame per consentire una migliore comprensione del relativo andamento).
Nell'illustrare alla Giunta per le autorizzazioni una prima proposta nella seduta del 25 gennaio 2011, l'onorevole Leone aveva esposto una serie di argomentazioni secondo le quali alla base della suddetta perquisizione domiciliare sarebbe sotteso un intento persecutorio da parte della Procura della Repubblica di Milano nei confronti dell'onorevole Berlusconi. Un fumus persecutionis tale da giustificare, nella prima formulazione di proposta dell'on. Leone, il diniego della richiesta di autorizzazione a procedere. Il relatore aveva quindi inizialmente scelto una linea cauta e ragionata, anche se non condivisibile.
La sussistenza di un fumus persecutionis veniva dedotta dall'on. Leone sostanzialmente: dall'asserita incompetenza funzionale della procura di Milano (apparendo piuttosto competente il tribunale dei Ministri); dall'asserita competenza riconosciuta dalla Corte costituzionale in capo alla Camera a valutare la natura ministeriale o meno dei reati (competenza che alla Camera sarebbe stata indirettamente sottratta, nel caso concreto, dalla mancata attivazione del Tribunale dei Ministri); dalla natura ministeriale dell'illecito contestato; dall'incompetenza territoriale della Procura di Milano.
Sul merito di tale proposta e sulle singole argomentazioni addotte dal relatore, numerosi membri della Giunta per le autorizzazioni avevano espresso la propria contrarietà nella seduta del 27 gennaio 2011 e si erano espressi a favore della concessione dell'autorizzazione, preannunciando la presentazione di una relazione di minoranza. Tuttavia nessuna obiezione sembrava doversi opporre sotto il profilo regolamentare alla procedura che la Giunta stava seguendo nel caso concreto.
Al termine della seduta della Giunta del 27 gennaio 2011, tuttavia e come risulta dai resoconti qui allegati, il relatore on. Leone ha inopinatamente esposto una nuova proposta, approvata dalla Giunta, pronunciandosi questa volta per la restituzione Pag. 92degli atti all'autorità giudiziaria, argomentata in ragione della competenza funzionale del tribunale dei Ministri con riguardo alla richiesta in esame, data la natura ministeriale del reato.
La proposta approvata della Giunta circa la restituzione degli atti all'Autorità giudiziaria per incompetenza funzionale della Procura di Milano è errata sia dal punto di vista procedurale e regolamentare sia sotto il profilo delle argomentazioni addotte a sostegno di tale scelta.
Conclusioni. La Camera, rimettendo gli atti alla procura di Milano, non può pretendere che la competenza funzionale con riferimento al procedimento in corso si radichi in capo al tribunale dei Ministri in virtù della lesione che la pretermissione di quest'ultimo arrecherebbe alla possibilità della Camera stessa di pronunciarsi circa la natura ministeriale o non ministeriale di un reato. Da quanto esposto in nota, risulta chiaro come il «precedente Matteoli» tale non sia e non è affatto giovevole alla tesi del relatore Leone.
Peraltro, alla base della proposta dell'on. Leone sta fondamentalmente il maldestro tentativo di definire ministeriale il reato di concussione ascritto all'on. Berlusconi e quindi la contestazione del mancato riconoscimento da parte della procura di Milano di tale natura ministeriale del reato.
Si tratta di un profilo centrale nella ricostruzione compiuta dall'on. Paniz, durante il dibattito.
Sul profilo della natura ministeriale del reato si intende però in questa sede limitarsi ad alcuni brevi passaggi perché - a parte l'aspetto ridicolo del prospettare il Presidente del Consiglio incline a credere a una ragazza di dubbia reputazione che (a dire del medesimo on. Berlusconi) avrebbe detto di essere imparentata con Mubarak - come si è ampiamente ricordato, si ritiene che la competenza a valutare la natura ministeriale o non ministeriale di un reato spetti esclusivamente all'autorità giudiziaria.
L'unica considerazione che ci si limita quindi qui a fare è ribattere alla ricostruzione che l'on. Leone fa della sentenza delle Sezioni unite penali della Cassazione 20 luglio 1994, n. 14, dalla quale risultano chiari i confini della nozione di reato ministeriale ed in base alla quale l'on. Leone pretende invece di ricondurre a tale nozione il reato di concussione.
La Cassazione afferma infatti chiaramente che la Costituzione «rifiutando una specifica previsione di singole fattispecie, ha preferito far riferimento a tutte le ipotesi di reato ravvisabili nell'ambito dell'ordinamento positivo dello Stato, sicché gli elementi qualificanti della previsione sono affidati alla concorrente presenza di due circostanze: non solo la particolare qualificazione soggettiva dell'autore del reato nel momento in cui questo è commesso, ma anche l'indispensabile rapporto di connessione tra la condotta integratrice dell'illecito e le funzioni esercitate dal ministro (corsivo aggiunto). In relazione alla delimitazione di tale rapporto di connessione, una volta venuta meno, in seguito alla radicale riforma introdotta con la l. cost. 16 gennaio 1989 n. 1, l'avvertita esigenza di utilizzare criteri riduttivi per limitare l'eccezionale deroga alla giurisdizione ordinaria, è sufficiente far ricorso ai risultati interpretativi ai quali questa Corte è pervenuta in relazione a tutte quelle ipotesi di reato nelle quali la condotta incriminata richiede un rapporto di condizionalità strumentale con l'esercizio di determinate funzioni (confronta articolo 316, 341, 362, 476, 477, 478, 479, 480, 496 e 617-ter del codice penale)». Significativamente la Cassazione non include tra tali ipotesi la fattispecie della concussione ex articolo 317 del codice penale («il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o in duce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni»).
Prosegue d'altronde la Cassazione sottolineando che «nell'ambito di tutte queste numerose fattispecie si è sempre affermato che con l'espressione "esercizio delle funzioni", il legislatore ha inteso far riferimento alla competenza funzionale dell'autore Pag. 93del fatto, sicché il rapporto di strumentale connessione sussiste tutte le volte in cui l'atto o la condotta siano comunque riferibili alla competenza funzionale del soggetto. Da ciò discende che, così come il flesso di mera occasionalità con l'esercizio delle funzioni non può essere equiparato ad un rapporto di oggettiva connessione, altrettanto arbitrario sarebbe arricchire quel rapporto di ulteriori elementi qualificanti, come l'abuso dei poteri o delle funzioni, o la violazione dei doveri di ufficio, non richiesti dalla legge, né suggeriti da una corretta interpretazione».
Del resto, all'on. Berlusconi si contesta l'abuso della qualità, cioè del solo status soggettivo dell'essere il Presidente del Consiglio, il quale, «abusando della sua qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri, la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, avendo appreso che la minore El Mahroug Karima - da lui precedentemente frequentata - era stata fermata e condotta presso la Questura di Milano, si metteva in contatto con il Capo di gabinetto del questore, dottor Pietro Ostuni e (...) lo sollecitava ad accelerare le procedure per il suo rilascio (...) e, quindi induceva il dottor Pietro Ostuni a dare disposizioni (...) affinché la minore venisse affidata a Minetti Nicole (...)» integrando così un'azione delittuosa per finalità che non sono in alcun modo ricollegabili ad alcun esercizio di funzioni di governo, quali quelle esercitate (o che dovrebbero essere esercitate) dal rappresentante dell'esecutivo.
Quanto invece ai recenti precedenti della Camera dei deputati, le richieste di autorizzazione pervenute ai sensi degli articoli 96 della Costituzione e 8 della legge costituzionale n. 1 del 1989 hanno sempre avuto a che fare con atti strettamente funzionali, quali per esempio i reati contestati: al ministro dei trasporti e delle infrastrutture Lunardi (doc. IV-bis, n. 1 - XVI legislatura), per un finanziamento concesso con decreto interministeriale; al ministro delle politiche agricole Alemanno (doc. IV-bis, n. 1 - XIV legislatura), per la certificazione di un nuovo prodotto Parmalat (Lattefrescoblu); al ministro dei lavori pubblici Radice (doc. IV-bis, n. 1 - XIII legislatura) per l'asserita diffamazione a carico di un sindaco nell'ambito di una polemica sul condono edilizio; al ministro della sanità Bindi (doc. IV-bis, n. 2 - XIII legislatura), per la nomina di un commissario straordinario per un istituto di tumori a Napoli.
Nessun precedente quindi (neanche i più risalenti che qui è superfluo citare) riguarda condotte del tutto private ed estranee alle competenze specifiche del titolare del dicastero.
Al cospetto di questo panorama normativo, nella seduta del 27 gennaio 2011 è stato sostenuto che l'identità putativa di Karima avrebbe indotto il Presidente del Consiglio a intromettersi d'urgenza nella politica estera del nostro Paese, scavalcando le competenze specifiche del ministro Frattini (cosa, in ipotesi, ben possibile), per salvare le relazioni con l'Egitto, la nipote del cui Presidente era trattenuta in questura. Si è sostenuto anche che tale circostanza avrebbe dovuto essere ben presente ai magistrati che procedono.
Eppure «Ruby», nella notte del 27 maggio 2010 non fu consegnata alle autorità diplomatiche egiziane ma fu affidata al consigliere regionale Minetti. La sua presenza in questura era stata segnalata al Presidente del Consiglio non da agenti dei servizi d'informazione ma da tale Michelle Conceicao (donna dedita ad attività non proprio commendevoli). Inoltre, è noto ai magistrati che procedono che la giovane marocchina era una conoscente di Emilio Fede, che l'aveva sostenuta in un concorso di bellezza e che ben conosceva la sua reale identità. Risulta poi dagli atti trasmessi dalla procura che la minore abbia frequentato la casa di Arcore assiduamente tra il 14 febbraio e il 2 maggio 2010 (14, 20, 21, 27, 28 febbraio; 9 marzo; 4, 5, 24, 25, 26 aprile; 1, 2 maggio) ed è quindi da escludere che i servizi di sicurezza non l'abbiano correttamente identificata.
Ma c'è di più: nella notte del 27-28 maggio, da Letojanni (CT) la questura assunse informazioni certe sull'identità di Karima El Mahroug e comunicò a più riprese con la Presidenza del Consiglio. Pag. 94Nei vari contatti durati fino alle 2 di notte non può essere ritenuto possibile che il Presidente del Consiglio non sia stato informato sulla reale identità della giovane. Quindi si poteva e si può escludere la fondatezza della convinzione che la medesima fosse imparentata con il leader egiziano.
In sostanza, il Presidente del Consiglio basa la sua strategia difensiva sulla menzogna o sulla dabbenaggine e questa seconda ipotesi è peggiore della prima, come pure è stato rilevato presso la Giunta.
Ciò è confermato dal fatto che - come si evince dal secondo incartamento inviato dalla procura di Milano - la prostituta Garcia Polanco si rivolge al prefetto di Milano spendendo il nome del Presidente del Consiglio. Che questo lo sapesse o no non è stato accertato ma è assai grave e proietta una sinistra ombra sulla sua affidabilità.
Certo è però che il prefetto incredibilmente riceve la donna e manda i saluti al Capo del Governo tramite la medesima (a riprova del fatto che non poteva avere rapporti funzionali diretti con lui, senza passare per il ministro dell'interno) (l'episodio è riportato anche da Repubblica, articolo di P. Colaprico, 30 gennaio 2011, p. 15).
In conclusione, i cittadini - specie in un momento di crisi economica e occupazionale gravissima - si sarebbero aspettati di vedere le istituzioni affrontare e risolvere i problemi di un Paese in difficoltà: dalla mancanza di futuro e di certezze per i giovani e da un welfare ormai claudicante all'urgenza di riforme per modernizzare il Paese. Si trovano invece di fronte a questa girandola di serate equivoche, danaro, sesso profferto con volgarità e rapporti umani degradati. Si trovano sgomenti e destabilizzati da un Capo del Governo che (a prescindere dalle responsabilità penali) umilia il Paese e ne mette a repentaglio la reputazione internazionale.
Invito pertanto l'Assemblea a respingere la proposta della Giunta.

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Onorevoli colleghi, con questa relazione mi sforzo di illustrare e di recepire quanto è emerso sulla posizione mia e degli altri sette deputati che sono intervenuti in merito a una domanda di perquisizione a carico di Silvio Berlusconi e sono risultati in minoranza nella seduta del 27 gennaio 2011.
Il mio compito in questa sede - in fondo - è facilitato dall'imprevista e grottesca piega che l'esame presso la Giunta delle autorizzazioni ha preso nella seduta appena richiamata.
Il 25 gennaio 2011, il relatore on. Leone aveva svolto una lunga e a tratti contorta relazione, non condivisibile ma almeno istituzionalmente garbata (l'onorevole Antonio Leone, nel lungo e per certi versi contraddittorio intervento del 25 gennaio 2011, aveva cercato di sostenere la sussistenza del fumus persecutionis e aveva proposto il diniego nel merito dell'autorizzazione alla perquisizione. Il repentino abbandono di questa tesi dimostra quanto anch'essa fosse fragile), chiedendo il rigetto della richiesta di perquisizione per l'esistenza del fumus persecutionis, desunto anche da alcuni elementi sintomatici quali la negazione, da parte dei magistrati milanesi inquirenti, della loro incompetenza territoriale e funzionale (in favore del «tribunale per i ministri»). L'analitica confutazione di tale tesi si può leggere nel resoconto ufficiale dei lavori della Giunta.
Invece, il collega Paniz - sconfessando il suo collega di gruppo nonché vicepresidente della Camera on. Leone - ha sostenuto che il reato di concussione ascritto all'on. Silvio Berlusconi concerne le funzioni ministeriali perché il Presidente del Consiglio credeva che Ruby fosse davvero la nipote di Mubarak e quindi, nello svolgere le pressioni sulla questura, aveva voluto tutelare le relazioni internazionali del nostro Paese.
Per questo il reato sarebbe ministeriale e quindi rientrerebbe nell'alveo dell'articolo 96 Cost. e dunque anche della procedura garantita delle leggi costituzionale n. 1 del 1989 e ordinaria n. 219 del 1989. Pag. 95
In sostanza, la procura ordinaria di Milano non sarebbe competente e quindi occorrerebbe restituirle gli atti.
Debbo innanzi tutto affermare che con questo sorprendente cambio di rotta il Popolo della Libertà ha voluto abbandonare la tesi di Antonio Leone ritenendola debolissima e inaccettabile dall'Assemblea, proprio come avevo sostenuto dimostrando l'insussistenza dell'intento persecutorio. E sarebbe lecito ritenere che quella fantasiosa tesi sia stata archiviata per sempre e relegata nell'ambito dei maldestri tentativi non riusciti posti in essere da una maggioranza sempre più confusa. Potrei, quindi, dirmi soddisfatto del risultato del fuoco di sbarramento, culturale e giuridico, che il mio gruppo, l'Italia dei Valori, ha posto in campo.
Ma ora ci troviamo a dover fronteggiare una nuova tesi talmente risibile da dover essere collocata nel novero delle barzellette di cattivo gusto che il Presidente del Consiglio ci ha purtroppo abituato ad ascoltare. Il buono è però che ciò ci esonera dal doverla confutare con troppi argomenti perché contiene una predizione di autosmentita.
È accertato infatti che la presenza in questura a Milano di Ruby non fu segnalata al Presidente del Consiglio da canali ufficiali (la diplomazia egiziana, i servizi segreti o le forze dell'ordine) ma da una tal Michelle Conceicao Santos (una donna conosciuta in ambienti assai equivoci). Piegate le resistenze della dottoressa Giorgia Iafrate e disattese le istruzioni del pubblico ministero Fiorillo, Ruby viene affidata non alle autorità consolari egiziane ma a Nicole Minetti (accusata attualmente di favorire la prostituzione di altre donne e di sfruttarne i proventi).
Nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 peraltro vengono svolti accertamenti sull'identità di Ruby (al secolo Karima el Marough) e si sa subito, dalle richieste al commissariato di Taormina per controlli in Letojanni in provincia di Catania e dalle relative risposte, che ella è marocchina. Nonostante queste notizie certe, il Presidente del Consiglio insiste nelle indebite pressioni.
Tanto è sufficiente per disvelare il ridicolo inganno della proposta di maggioranza: le relazioni internazionali dell'Italia non c'entrano alcunché e di conseguenza l'articolo 96 Cost. non potrebbe mai trovare applicazione al nostro caso. Manca qualsiasi ipotesi di condotta funzionalmente collegabile all'ambito delle relazioni internazionali che un Presidente del Consiglio può intrattenere: salvo che tra esse si vogliano ricomprendere - ma la sola prospettazione di tanto ci farebbe inorridire - anche condotte che mettono nel più assoluto ridicolo il nostro Paese dinanzi all'opinione pubblica, come è successo a suo tempo quando dal mondo evoluto, appreso che il Capo del governo aveva esercitato pressioni sulla polizia in favore «della nipote marocchina di Mubarak», si levò una cosmica risata di scherno.
La medesima risata si risolleverebbe, ancora più forte, se si sapesse del tentativo di recidiva (aggravata), vale a dire del sostenere nuovamente una tesi così assurda.
Siamo solo dinanzi ad una condotta privata (a mio avviso, del tutto illegittima) posta in essere da persona che svolge una funzione pubblica. La carica rivestita non può mai essere addotta a pretesto per far ingoiare la tesi che tutto ciò che fa un uomo pubblico costituisce espressione di una funzione pubblica, anche quando rappresenta solo un orribile abuso allo status. Si tratta di un fatto privato la cui qualificazione giuridica, come reato, spetta solo ai giudici: perciò bene fanno i pubblici ministeri di Milano a continuare a perseguirlo.
Invito pertanto l'Assemblea a respingere la proposta della Giunta e a rinviare gli atti alla stessa Giunta, affinché questa possa formulare nel merito la proposta della concessione dell'autorizzazione.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO CARLO MONAI IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOC. IV N. 13-BIS-A

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di deliberazione Pag. 96della Giunta per le autorizzazioni è abnorme da un punto di vista giuridico: se anche volessimo tener conto dell'ennesima barzelletta del Premier di aver creduto alla parentela col Presidente Mubarak della giovane Ruby e alle conseguenti tesi, sposate dalla Giunta, che si tratti di una concussione «ministeriale», la competenza resterebbe quella dei giudici ordinari di Milano! È un aspetto tecnico non esaminato che vi invito ad approfondire: il combinato disposto degli articoli 12, lettera c), codice di procedura penale e 13 codice di procedura penale, alla stregua delle accuse elevate a Silvio Berlusconi che vedono la concussione contestata come aggravata dall'articolo 61, n. 2 del codice penale, cioè in vincolo teleologico con il più grave delitto di prostituzione minorile, radica la competenza proprio in capo ai PM e al GIP di Milano.
Ma piuttosto che gli aspetti tecnico-giuridici, mi interessa denunciare che la gravità politica di questa proposta rischia di trascinare nel baratro, agli occhi degli italiani, l'immagine della nostra stessa Assemblea!
Passi che, come avete fatto tante volte con le leggi ad personam, abbiate reso impunito il Premier dai falsi in bilancio, dalle corruzioni e dalle evasioni fiscali, ma oggi volete garantirgli il salvacondotto anche per il contestato delitto di sfruttamento della prostituzione minorile?
Non voglio crederlo!
Mi appello ai colleghi che si sentono, in fondo, dei buoni padri o madri di famiglia e che siedono qui, a destra dell'Aula: a fortiori proprio per questa collocazione simbolica dovrebbero interrogarsi sulle idealità declamate dalla loro parte sui valori della famiglia, della dignità di ogni individuo, della sicurezza sociale...
Chiedo a loro coerenza, e la chiedo soprattutto ai parlamentari della Lega Nord Padania che, esattamente quindici giorni fa, in occasione dell'approvazione della proposta di recepire la Convenzione di Lanzarote del 25 ottobre 2007 a tutela dei minori, hanno fatto qui vibrare parole severe per deprecare la prostituzione minorile, ottenendo da quest'Aula che il concetto di «bambino» sfruttato sessualmente fosse esteso a ricomprendere anche gli infradiciottenni e arrivando ad auspicare l'introduzione in Italia di pratiche farmacologiche per bloccare la «libìdo e l'istinto irrefrenabile» di coloro che compiono reati sessuali su minorenni.
Dov'è finito il vostro «forte allarme sociale»?
O questo è giustificato solo se ad essere accusato di questi crimini sia un extracomunitario o un boss della malavita? Perché, se parliamo di una badante filippina, di un bracciante africano o di un manovale albanese, usate il pugno di ferro, i respingimenti in mare, le espulsioni immediate, e quando c'è Berlusconi di mezzo siete così indulgenti con questa selva di prostitute straniere, spesso irregolari, che quando non frequentano la corte di Arcore sono parcheggiate al circo dell'Olgettina a «Milano 2» e che grazie al loro protettore ottengono favori da questori e prefetti?
Le minorenni Ruby o Iris Berardi necessiterebbero di ben altra tutela! Possono forse essere sfruttate sessualmente da ricchi, potenti ed anziani uomini solo perché appaiono come delle bellissime e spregiudicate ragazze?
Eppure, dietro al pruriginoso sex appeal e alla apparente disinvoltura di queste giovani donne, troviamo la fragilità di adolescenti, lasciate sole, dal destino già segnato da crude esperienze di vita.
È vero, queste ragazze avranno anche accettato la cosa; anzi, questa indagine ci dimostra addirittura che esse fanno a gara pur di partecipare ai famosi «wild parties» (la cui imbarazzante frequenza era stata evocata con sconcerto - l'abbiamo appreso grazie al sito di Wikileaks di Julian Assange - persino dai diplomatici americani) e ancor più bramano le profittevoli notti in cui abbandonarsi a disposizione del Cavaliere, forse anche nell'ormai leggendario «lettone di Putin».
Ma questa grottesca lotteria del sultano, luccicante di denaro, di potere, e alimentata dal sogno di poter apparire in televisione o dalle lusinghe di lucrose quanto improbabili carriere politiche, di cui Pag. 97avevamo in parte scoperto i retroscena con i precedenti boccacceschi di una Noemi o della D'Addario, vogliamo accettarla così, spudoratamente, anche quando, come ci raccontano le carte di quest'accuratissima inchiesta, la posta in gioco è lo sfruttamento sessuale e reiterato di minori d'età?
Ruby, sul suo profilo di Facebook, scrisse un messaggio gracile quanto penetrante: «Mi soffermo a guardare il mio viso, a cercare lo sguardo fiero di quella donna idealista, sorridente alla vita, ma non lo vedo più. Le ferite inferte hanno cancellato quello sguardo lasciandone uno opaco come questa mia vita insulsa».
La Giunta per le autorizzazioni, però, chiude gli occhi di fronte allo scandalo di questa desolazione ed anzi alimenta il sospetto di una macchinazione giudiziaria, di uno spirito di vendetta dei PM milanesi contro il premier, individua, cioè, il fumus persecutionis!
Peraltro, lo fa con una motivazione suicida quando sostiene che l'intento persecutorio deriverebbe dall'inutilità della perquisizione richiesta dai Magistrati a fronte dell'evidenza delle prove già da loro raccolte e dall'annuncio alla stampa che si starebbe per chiedere il giudizio immediato.
Se le prove dei fatti sono evidenti tanto da rendere inutile, secondo la Giunta, la stessa perquisizione dell'ufficio di Spinelli, ciò esclude di per sé che esista il fumus persecutionis! Al contrario, qui c'è ben altro: c'è un denso e fetido - scusate la licenza linguistica - «fumus prostitutionis»!
Da avvocato, prima ancora che da deputato, vi confermo che, dalle risultanze investigative a carico degli indagati, i PM di Milano sono stati giammai vendicativi, bensì assai cauti e istituzionalmente corretti: gli inquirenti hanno sospeso la perquisizione e chiesto l'autorizzazione alla Camera nonostante dei due immobili da ispezionare l'uno non avesse alcuna attinenza al deputato Berlusconi e l'altro avesse una semplice targhetta di ottone con scritto il nome e cognome dell'onorevole. Per questo secondo vano, il rag. Spinelli, il «tesoriere di Arcore», sentito dagli stessi difensori del Premier, ha spiegato trattarsi di un ufficio privato e commerciale: non è un luogo dove si sia mai svolta attività politica del parlamentare e dove debba estendersi il regime delle guarentigie.
Se gli indagati qui fossero, al posto dei celebri potenti, dei semplici cittadini, i giudici di Milano, così come quelli di Palermo o della mia Udine, avrebbero già chiuso questa indagine con una retata dei Carabinieri in flagranza di reato e con gli arresti in carcere!
I presupposti della custodia cautelare ci sono tutti: i gravi indizi di colpevolezza per aver organizzato una struttura dedita all'induzione, al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione, finanche minorile, con abitazioni concesse in uso alle prostitute attraverso locazioni fittizie a nome di un'insospettabile persona, il sequestro di ingenti quantitativi di droga al convivente di una lucciola nell'auto prestatagli dalla predetta prestanome, il pericolo di reiterazione dei delitti, il rischio di inquinamento probatorio (si va dalla spregiudicatezza delle telefonate tra prostitute, il premier e la questura per liberare Ruby a dispetto delle cautele richieste dal magistrato minorile, alla traccia investigativa di quei cinque milioni di euro promessi dal Premier - con tariffe decuplicate rispetto al caso Mills! - alla Ruby purché ritrattasse tutto).
Ma nel caso specifico questi indagati sono, come sappiamo, dei cittadini «più uguali» degli altri!
Un rimando storico calzante ci riporta alla fine dell'impero romano, che gli storici ci hanno spiegato così: «quando i valori morali di un impero si indeboliscono progressivamente, il rimedio che solitamente si prende è quello dell'autoritarismo istituzionale, che diventa tanto più forte quanto più è debole la coesione sociale sui valori comuni». Sono passati più di 1.500 anni da allora e circa tre secoli da quando il filosofo napoletano dei «corsi e ricorsi storici», Giambattista Vico, ammoniva: «Gli uomini prima sentono il necessario; dipoi badano all'utile; appresso Pag. 98avvertiscono il comodo; più innanzi si dilettano nel piacere; quindi si dissolvono nel lusso; e finalmente impazzano in istrapazzar di sostanze».
Il 150o dell'Unità d'Italia, intriso degli ideali del Risorgimento, di Garibaldi, di Mazzini, meriterebbe ben altro per le sue celebrazioni, non certo questa deriva decadente: gli italiani, anche quelli all'estero, l'Europa e il Mondo ci guardano. Berlusconi ascolti l'appello del Presidente della Repubblica, vada subito dai giudici e chiarisca tutto, se lo può fare, ma la Camera dei deputati eviti di essere vista come sua complice!

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Doc. IV, n. 13-bis-A 614 613 1 307 315 298 3 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.