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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 341 di martedì 22 giugno 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 14.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 21 giugno 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Aprea, Barbareschi, Bongiorno, Boniver, Brancher, Brugger, Buttiglione, Caparini, Cirielli, Di Stanislao, Donadi, Fiano, Jannone, Leo, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Melchiorre, Menia, Migliavacca, Mura, Nirenstein, Nucara, Leoluca Orlando, Polledri, Sardelli, Stefani, Tabacci e Tempestini sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente novantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 14,05).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo soltanto per una considerazione da porre all'attenzione della Presidenza. Alcuni colleghi mi fanno presente che, in questo momento, sono in corso i lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Ora, evidentemente, la Presidenza darà i venti minuti di preavviso e, credibilmente, se non ci sono altri interventi, si sospenderà la seduta e questa verrà riconvocata al termine dei 20 minuti. Questa è, chiaramente, una considerazione di natura generale in ordine alle convocazioni, anche delle Commissioni bicamerali, che, spesso, possono andare a sovrapporsi ai lavori di una delle due Assemblee. Mi rendo conto, signor Presidente, che quando vengono convocate Commissioni bicamerali vi sono difficoltà di carattere generale nel riuscire a individuare degli orari di seduta che possano permettere a tutti i componenti delle due diverse Assemblee di partecipare effettivamente ai lavori. E mi rendo conto anche dell'atipicità di questa seduta, nel senso che, normalmente, i nostri lavori cominciano alle ore 15. Credo, però, che dovremmo considerare il calendario anche in ordine ai lavori delle Commissioni bicamerali, facendo attenzione, appunto, ai medesimi lavori. Ritengo, inoltre, che, in questo caso, non dovrebbero esserci problemi, perché i lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, considerando i 20 minuti di preavviso e il riaggiornamento della seduta, dovrebbero poter permettere a tutti i colleghi, di maggioranza e di opposizione, di partecipare. È, però, una questione in Pag. 2linea generale, sapendo che esiste, a volte, il problema della compatibilità di orari dei lavori delle suddette Commissioni bicamerali.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, comprendo le perplessità del collega Baldelli, ma, al di là del fatto che anche io sono sceso velocemente da una Commissione congiunta per un parere su un provvedimento, uno degli impegni che avevamo preso ieri nella Conferenza dei Presidenti di gruppo era quello proprio di iniziare - avvertendo, ovviamente, i colleghi - l'Aula oggi in orario preciso, cioè alle ore 14, con votazione subito dopo i 20 minuti di preavviso. Per cui credo - almeno noi lo abbiamo fatto - che tutti i colleghi siano stati preavvertiti di questo cambiamento d'orario, inusuale effettivamente, ma, ovviamente, non casuale. Ritengo perciò che, conoscendo anche l'ordine del giorno, i problemi, il decreto-legge cosiddetto Bondi e quanto potrà seguire, sarebbe opportuno che i lavori, rispetto pure al provvedimento sull'autonomia, iniziassero nei tempi previsti.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi pare evidente che, se la seduta era prevista alle ore 15 e l'abbiamo anticipata alle ore 14, adesso, al di là del problema delle Commissioni - e come sappiamo le Commissioni bicamerali hanno un regime diverso perché non dipendono soltanto dalla Camera dei deputati, ma quelle della Camera dei deputati saranno, come immagino, sconvocate -, diamo i 20 minuti di preavviso e, poi, confidiamo sul fatto che se si è voluto anticipare alle ore 14, allora alle 14 e 20 o alle 14 e 30, saremo tutti qui presenti per votare il provvedimento all'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Colleghi, la sovrapposizione dei lavori delle Commissioni è un problema che esiste da tempo, a cui bisognerà sicuramente mettere mano. La questione riguarda in particolare, come diceva l'onorevole Giachetti, le Commissioni bicamerali, perché il raccordo deve essere sia con il Senato della Repubblica sia con la Camera dei deputati. Vedremo come si potrà ovviare in seguito.

Seguito della discussione del disegno di legge: Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali. Riordino di enti ed organismi decentrati (A.C. 3118-A); e delle abbinate proposte di legge Stucchi; Stucchi; Urso; Mogherini Rebesani ed altri; Angela Napoli; Garagnani; Giovanelli ed altri; Borghesi ed altri; Di Pietro ed altri; Ria e Moffa; Mattesini ed altri; Reguzzoni; Garagnani (A.C. 67-68-711-736-846-1616-2062-2247-2471-2488-2651-2892-3195) (ore 14,09).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge d'iniziativa del Governo: Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali. Riordino di enti ed organismi decentrati; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Stucchi; Stucchi; Urso; Mogherini Rebesani ed altri; Angela Napoli; Garagnani; Giovanelli ed altri; Borghesi ed altri; Di Pietro ed altri; Ria e Moffa; Mattesini ed altri; Reguzzoni; Garagnani. Pag. 3
Ricordo che nella seduta del 17 giugno 2010 è stato da ultimo approvato l'articolo 11.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,10).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,35.

La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 14,40.

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo 12 - A.C. 3118-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 3118-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Donadi 12.1, mentre raccomanda l'approvazione del suo emendamento 12.101.
La Commissione esprime parere contrario sui successivi emendamenti Giovanelli 12.5, Donadi 12.6, Favia 12.8 e 12.10, Donadi 12.12, nonché sugli identici emendamenti Bosi 12.14 e Favia 12.15.
La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 12.100 ed esprime parere favorevole sull'emendamento 12.200 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Donadi 12.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro: prendo atto che vi rinunzia.
Passiamo, dunque, ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Donadi 12.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Prendo atto che i colleghi stanno ritirando le proprie tessere.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Perina... onorevole Germanà... onorevole Letta... onorevole Verini... onorevole Romani... onorevole Lupi... onorevole Zampa... onorevole Mazzocchi... onorevole Di Centa... Abbiamo quasi terminato, è il primo voto... Ci siamo tutti? Onorevole Di Centa ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 458
Maggioranza 230
Hanno votato
211
Hanno votato
no 247).

Prendo atto che i deputati De Poli, Boffa e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare. Pag. 4
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.101 della Commissione, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca... onorevole Murer... onorevole Paglia... onorevole Melis...onorevole Garavini... onorevole Grimoldi... onorevole De Poli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 465
Maggioranza 233
Hanno votato
465).

Prendo atto che i deputati De Poli, Pizzetti, De Girolamo, Argentin e Barbato hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Giovanelli 12.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor presidente, volevo solo rendere esplicite le ragioni di questo emendamento: si tratta di porre innanzitutto un termine al contenuto del comma 3. Stiamo parlando dell'articolo 12 in cui, al comma 3, noi proponiamo di anteporre le parole «entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge» rispetto al contenuto che è già stabilito perché ci sembra corretto che sia dato un termine.
L'obiettivo della nostra discussione è quello di evitare un nuovo centralismo, l'obiettivo è di evitare che in un'epoca in cui, anche a sproposito, si parla continuamente di federalismo fiscale e di federalismo, si voglia sostituire allo statalismo una nuova forma di centralismo e cioè si voglia sostituire a un eventuale immobilismo dello Stato - a cui tra l'altro siamo abbastanza abituati - un immobilismo delle regioni. Quindi, nel momento in cui l'articolo 12 comma 3 prevede che le regioni, con proprie leggi, sulla base di accordi stipulati in sede di Consiglio delle autonomie locali o in altra sede, debbano provvedere a tutta una serie di adempimenti ed in particolare a conferire tutta una serie di funzioni e di compiti agli enti locali, noi riteniamo che tutto questo debba essere fatto con dei termini ben precisi. Proponiamo che tali termini siano quelli di 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge e soprattutto, introducendo il comma 3-bis, proponiamo che qualora le regioni non provvedano entro il termine di cui al comma 3, il Governo provveda in via sostitutiva fino alla data di entrata in vigore delle leggi regionali ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 131 del 5 giugno 2003.
L'obiettivo l'ho già delineato: qui non si tratta di stabilire principi - Ministro Calderoli mi rivolgo a lei in questa confusione che ancora regna perché siamo all'inizio delle votazioni - quanto di rendere questi ultimi effettivi ed efficaci e, in qualche modo, anche esigibili. Infatti, se noi stabiliamo che gli enti locali sono parte della Repubblica - così come stabilito dalla riforma del Titolo V, a norma dell'articolo 114, primo comma, della Costituzione secondo cui la Repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato - vogliamo che tutto quello che è il contenuto che condividiamo del comma 3 e tutte quelle che sono le funzioni che vanno attribuite agli enti locali, cioè le funzioni anche amministrative che non hanno bisogno di essere esercitate unitariamente a livello regionale, siano conferite dalle regioni. Questo non in via di principio ma con una procedura che sia in qualche modo esigibile. Perché la procedura sia esigibile dunque proponiamo due cose: un termine per questo adempimento a carico delle regioni e soprattutto proponiamo che la scadenza di questo termine faccia scattare Pag. 5un meccanismo sostitutivo. Con questa legge noi Stato, noi Parlamento non ci deresponsabilizziamo ma anzi ci assumiamo una responsabilità in più: quella di verificare che le regioni nelle materie in discussione esercitino la funzione in base alla quale devono conferire le funzioni agli enti locali, se non dovessero farlo dovrà subentrare, a norma del comma 3-bis che proponiamo, in via sostitutiva, il Governo. Questo è il senso dell'emendamento e io credo di dover dire, proprio all'inizio di questa seduta, che se questo è il senso dell'emendamento e se si tratta, in buona sostanza, di rendere esigibile anche dagli enti locali, di rendere controllabile, di fare in modo che al nord come al sud gli enti locali sappiano già dalla legge che andiamo ad emanare quali sono le funzioni che possono esercitare e che gli possono essere conferite...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DORIS LO MORO. Penso di dovermi rivolgere a tutto il Parlamento per questa votazione e in particolare alla parte della maggioranza che parla continuamente di federalismo.
Il federalismo non è una cosa astratta, ma è un qualcosa che si produce in uno Stato unito, in cui le varie parti della Repubblica sappiano esattamente quali sono le funzioni che devono esercitare.
Questo è il senso della proposta ed io credo che, se il Ministro Calderoli ha ascoltato, come penso, vista la sua consueta cortesia, ne saprà cogliere gli aspetti positivi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, sono rimasto convinto dalle spiegazioni che ci sono state date e quindi sarei d'accordo, se anche il presidente Bruno lo è, a modificare il parere ed esprimere un parere favorevole (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, innanzitutto desidero aderire e sottoscrivere questo emendamento. Do atto al Ministro Calderoli, ancora una volta, di interagire positivamente con il Parlamento. Mi spiace che il Ministro Brancher non sia presente in Aula. Infatti, a quanto ho capito, anche se ancora non è dato di vedere sulla Gazzetta Ufficiale le deleghe che egli riceverà dal Presidente del Consiglio dei ministri in qualità di Ministro delegato per l'attuazione del federalismo, questo dovrebbe essere il suo mestiere (ossia l'attuazione del federalismo). Infatti, dal momento che per adesso gli hanno delegato solo l'attuazione del federalismo delle leggi Bassanini (che risale a circa dieci anni fa), ci sarà materia, per i prossimi dieci anni, per attuare il federalismo amministrativo prossimo venturo. E poiché ritengo che uno dei nostri problemi risieda nel fatto che le regioni non devolvono i poteri amministrativi che non dovrebbero essere loro in base alla Costituzione, vi è finalmente un termine entro cui il Ministro Brancher potrà attivare i poteri del Governo. Ritengo, dunque, che egli dovrebbe essere compiaciuto del fatto che gli si dia lavoro, dal momento che tutti si domandano, invece, cosa dovrebbe fare, dato che il federalismo già approvato dovrebbe ormai essere esaurito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il relatore, onorevole Bruno, che parla anche a nome della Commissione. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, ho parlato con i membri della Commissione e il parere sull'emendamento Giovanelli 12.5 è favorevole.

Pag. 6

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giovanelli 12.5, accettato dalla Commissione e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Duilio, Letta, Berardi, Crimi, Cavallaro, Buonfiglio, Pisicchio, onorevole Viola ha votato? Hanno votato tutti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 480
Maggioranza 241
Hanno votato
480).

Prendo atto che i deputati Argentin e Ruvolo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Ricordo che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento Giovanelli 12.5, l'emendamento Donadi 12.6 è precluso.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Favia 12.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, colleghi dell'Italia dei Valori, in realtà il gruppo del Partito Democratico si asterrà su questo emendamento. Esso contiene un principio che ci sentiamo di sottoscrivere e che condividiamo pienamente: ossia, l'ascolto del Consiglio delle autonomie locali e, quindi, la concertazione. Tuttavia, riteniamo che occorra privilegiare i luoghi di concertazione istituzionale e, quindi, appunto, il Consiglio delle autonomie locali e altre sedi di concertazione previste nei rispettivi ordinamenti.
Siamo costretti ad astenerci perché nell'emendamento si fa anche riferimento all'ANCI, all'UPI e alle rispettive articolazioni territoriali rispetto alle quali noi abbiamo un atteggiamento di grande rispetto, ma che non riteniamo siano assimilabili ai luoghi di concertazione istituzionale. Questo ci porta ad astenerci.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 12.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Galletti, onorevole Nola.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 485
Votanti 287
Astenuti 198
Maggioranza 144
Hanno votato
27
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che il deputato Realacci ha segnalato che ha votato erroneamente a favore mentre avrebbe voluto astenersi, che la deputata D'Ippolito Vitale ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario e che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 12.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca, onorevole Scarpetti, onorevole Iapicca.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 280
Astenuti 208
Maggioranza 141
Hanno votato
19
Hanno votato
no 261). Pag. 7

Prendo atto che il deputato Duilio ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi e che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Donadi 12.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Luciano Rossi, onorevole Traversa, onorevole Antonino Russo, onorevole Rigoni, onorevole Fogliardi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 487
Astenuti 4
Maggioranza 244
Hanno votato
225
Hanno votato
no 262).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Bosi 12.14 e Favia 12.15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione del Ministro, del relatore e dell'Aula sulla particolarità di questo comma 4 dell'articolo 12.
Infatti, dopo che è stato approvato l'articolo 8, nel quale per la prima volta nel nostro sistema legislativo e istituzionale si obbligano le autonomie e gli enti locali (che, poi, di autonomia rischiano di averne assai poca) a dover gestire comunque - anche se non è conveniente e non porta nessun vantaggio - le proprie funzioni in forma associata, con questo comma 4 si va oltre: sostanzialmente si demanda alla legge regionale di fissare ulteriori forme e modalità di associazionismo.
Francamente non si sa più cosa si voglia e, soprattutto, non si sa più a cosa si vada incontro. Questo perché demandare alle regioni la decisione di quello che è opportuno, utile e conveniente nelle forme di associazionismo - dopo aver previsto per alcune forme addirittura l'obbligatorietà - significa annullare l'autonomia dei comuni non solo nei confronti della legge dello Stato - che ha già inferto questo colpo - ma addirittura delle leggi regionali.
Credo davvero che si vada oltre ogni limite ed è per questo che abbiamo presentato un emendamento di soppressione di questo comma.
Vorrei invitare - lo ripeto - il Ministro ad un minimo di riflessione e chiedergli se sia possibile demandare alle regioni anche questo tipo di poteri a prescindere dalla reale convenienza. Quali sono i parametri di misurazione di questa convenienza? Chi stabilisce le prove? Non sono nemmeno previste, nel comma 4 dell'articolo 12, forme di consultazione né si chiama in causa il Consiglio delle autonomie locali ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO BOSI. ...e dunque mi domando se davvero lo vogliamo mantenere in vita. Sarebbe certamente la pietra tombale sull'autonomia dei comuni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bosi 12.14 e Favia 12.15, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lupi, Pili, Porcino... onorevoli Delfino, Jannone... l'onorevole Delfino ha votato? L'onorevole Jannone ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ). Pag. 8

(Presenti 490
Votanti 309
Astenuti 181
Maggioranza 155
Hanno votato
41
Hanno votato
no 268).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.100 della Commissione, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Nola...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 486
Votanti 484
Astenuti 2
Maggioranza 243
Hanno votato
481
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che i deputati Lo Presti e Distaso hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario e che avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto, altresì, che il deputato La Loggia ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 12.200, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, a proposito di autonomia e di questioni che riguardano le competenze costituzionali delle regioni, vorrei sottolineare, avendo l'occasione di affrontare questo argomento, un fatto che ci preoccupa e che, dal nostro punto di vista, considerata anche la presenza in Aula del Ministro Calderoli, andrebbe chiarito.
In questi giorni abbiamo avuto conoscenza di un ricorso presentato dalla regione Veneto sull'articolo 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 2 convertito dalla legge n. 42 del 2010 che attiene al federalismo fiscale. Praticamente, il ricorso che viene messo in atto dalla regione riguarda l'abolizione degli ATO. Se ricordate, proprio ad opera di alcuni esponenti veneti della Lega Nord in quest'Aula fu inserita, nel provvedimento citato, l'abolizione degli ATO.
Ci preoccupa questa incertezza e anche questa perdita del controllo della normativa nazionale. Siamo in un momento molto delicato, in cui andrebbe attuato il cosiddetto decreto Ronchi, e in cui si devono ultimare gare e procedure che hanno a che vedere sia con servizi pubblici, sia con risorse ingenti che riguardano appalti, sia con la definizione di nuove organizzazioni territoriali.
Ebbene, sapere che, da una parte, si aboliscono gli ATO creando, come dire, indeterminatezza sui soggetti che dovranno gestire la fase articolata delle gare e, dall'altra, si presenta un ricorso perché questa normativa non venga applicata crea sconcerto, pochissima chiarezza e non certo semplificazione, signor Ministro.
In questo momento abbiamo più l'impressione che si sia perso il controllo. Nel momento in cui una maggioranza e più Ministri - lo sottolineo - spiegano agli italiani che dobbiamo andare verso procedure più chiare, più trasparenti e anche più semplici assistiamo, invece, ad una sorta di caos che proviene da differenti enti e, soprattutto, dalla stessa maggioranza.
Vorremmo cogliere l'occasione, rappresentata dalla discussione di questo provvedimento che riguarda l'autonomia, la Costituzione e anche le funzioni delle regioni, per capire come se ne possa uscire.
Abbiamo già assistito a numerosi disastri sul piano delle procedure che hanno toccato da vicino molte imprese (penso solo al sistema Sistri e a quello che sta avvenendo nel nostro Paese). Se ora aggiungiamo a questo anche la difficoltà di coordinarsi sulla vicenda complessa della gestione delle acque e dei rifiuti, penso che alla fine, invece della semplificazione, avremo prodotto un grande caos e sicuramente Pag. 9non avremo aiutato il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.200, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, accettato dalla Commissione e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Nola, onorevole Tommaso Foti, onorevole Dal Lago, onorevole Romano, onorevole Mogherini Rebesani, onorevole Casini.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 498
Maggioranza 250
Hanno votato
497
Hanno votato
no 1).

Passiamo alla votazione dell'articolo 12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanelli. Ne ha facoltà.

PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto a nome del gruppo del Partito Democratico e vorrei fare una breve considerazione. Noi eravamo orientati a votare contro questo articolo per come era uscito dalla Commissione e per il dibattito che fino a quel momento si era svolto con un ragionamento molto semplice, aggravato dal fatto che abbiamo approvato l'emendamento all'articolo 1 presentato dal Governo.
Si tratta dell'emendamento che sostanzialmente sospende e rinvia le funzioni che vengono definite con questa legge sine die, nel senso che ci vorranno anni per arrivare all'attuazione del federalismo fiscale, e pensiamo che sia un errore nel quale è possibile che si sviluppi un concreto processo di rafforzamento del centralismo regionale.
È già un po' nelle cose, e del resto non è un ragionamento del tutto astratto: basta rileggere - chi non lo ha ascoltato lo può leggere - l'intervento del collega, onorevole Calderisi, che ha fatto a nome del principale partito in questa Assemblea, nel quale si è immediatamente spinto a dire che questo provvedimento è transitorio e che dovremo modificare il Titolo V della Costituzione, nel senso che occorre andare verso un regionalismo molto forte, ridimensionando sostanzialmente il ruolo e la funzione dei comuni e degli altri enti locali.
Questa è una linea che non condividiamo e che ha generato molti dubbi che sono anche rafforzati e alimentati dalla pesantezza dei tagli previsti nella manovra economica che ha varato il Governo a carico delle regioni e del sistema delle autonomie locali. Infatti, oltre metà della manovra economica (in termini di sacrifici) va a gravare sugli enti locali.
Se mettiamo insieme questi tasselli - il rinvio delle funzioni, la manovra economica, i propositi di revisione del Titolo V - viene fuori sicuramente qualcosa di cui preoccuparsi, soprattutto per chi ha a cuore la necessità di rafforzare e rendere ancora più efficaci le funzioni del sistema delle autonomie nel nostro Paese.
Per queste ragioni nutrivamo una forte contrarietà rispetto al modo con cui era venuto fuori questo articolo e al significato che aveva; però, dobbiamo rilevare che vi è stato l'accoglimento in Aula da parte del Governo e del Ministro Calderoli, nonché il voto unanime, sull'emendamento illustrato dalla collega Lo Moro.
Si tratta, non a caso, di quell'emendamento che propone che, se le regioni non adempiono alle funzioni di decentramento e di riconoscimento delle funzioni degli enti locali, anche queste ultime possono essere sostituite nell'esercizio di questa responsabilità; è una cosa importante. Noi abbiamo valutato positivamente questo dato e per questa novità ci asterremo su questo articolo, anziché votare contro.

Pag. 10

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Fallica, Granata, Strizzolo, Tabacci, Siliquini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 500
Votanti 263
Astenuti 237
Maggioranza 132
Hanno votato
262
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Lovelli ha segnalato di aver espresso un voto contrario, mentre si sarebbe voluto astenere.

(Esame dell'articolo 13 - A.C. 3118-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 13 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 3118-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, il Presidente Berlusconi ha fatto la campagna elettorale dicendo che le province dovevano essere abolite. Poi qualcuno ha corretto il tiro e la Lega ha detto che sì, bisognava abolire le province, ma non tutte, solo una parte di queste. Quindi è iniziato il balletto, avete fatto delle proposte, salvo ritirarle, che ne prevedevano l'abolizione di diciotto. Successivamente veniva inserito qualche requisito in più per farle diventare quattro e poi addirittura si ritira la proposta.
Abbiamo portato in quest'Aula, otto mesi fa, una proposta di legge costituzionale per l'abolizione delle province e l'avete rinviata in Commissione dicendo, signor Presidente, che la sede giusta era la Carta delle autonomie.
Adesso siamo arrivati alla Carta delle autonomie e ho sentito in quest'Aula il collega Calderisi - ma non solo lui - in discussione generale dirci che la sede giusta... (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Signor Presidente, io non parlo se...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

ANTONIO BORGHESI. Ci hanno spiegato che la sede giusta per parlare di abolizione delle province è una legge costituzionale. Ma la smettete di prenderci in giro? Dite alla gente che la state prendendo in giro, che non volete abolire le province!
In questo articolo vi invitiamo a riflettere - ci sono le proposte di questa maggioranza e le nostre proposte firmate da esponenti di questa maggioranza - e a dare finalmente attuazione alle cose che avete dichiarato agli italiani, oppure a dire agli italiani che li avete presi in giro.
Chi voterà contro adesso significa che prende in giro gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, ribadiamo quello che abbiamo già detto la settimana scorsa. Torniamo a chiedere un senso di responsabilità non dalla maggioranza, ma da tutti quei parlamentari che durante le varie campagne elettorali hanno promesso ai cittadini che si sarebbero impegnati per ridurre tutto questo sistema di burocrazia.
Noi, come Unione di Centro, abbiamo difeso e abbiamo costruito tale proposta, siamo stati chiari. Abbiamo detto chiaramente che, per esempio, il passaggio delle province era da togliere. Abbiamo fatto proposte alternative. Abbiamo aspettato il Governo, che ci aveva dato dei segnali di apertura (non solo gli esponenti del Governo del Popolo della Libertà, ma anche quelli della Lega Nord Padania). Pag. 11
Oggi si continua ad andare in mezzo ai cittadini a prendere impegni, anzi a lanciare proclami dicendo che la burocrazia viene ridotta, che i costi della politica vengono ridotti, ma noi, cari signori del Governo, ci troviamo oggi ad avere come unica grande novità un Ministro nuovo, al quale non si sa neanche ancora quali deleghe dare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, lo ha già esposto molto bene l'onorevole Borghesi e io voglio soltanto ribadirlo: avevamo presentato qui una nostra proposta di legge per abolire le province, tutte le province del nostro Paese. Ci avete obiettato che non era quello il momento per affrontare la discussione, perché si sarebbe affrontata insieme alla Carta delle autonomie. Un mese fa avete annunciato una manovra economico-finanziaria che avrebbe previsto l'abrogazione soltanto di alcune province e oggi siamo qui a discutere della Carta delle autonomie in cui, disattendendo gli impegni assunti in campagna elettorale, negate la possibilità a noi di agganciare a questo provvedimento la discussione della nostra proposta di legge - coerente con le cose che abbiamo sempre detto - per abrogare le province.
Su questo noi non ci stiamo, insistiamo e chiediamo alla Presidenza della Camera che se ne faccia interprete anche nei confronti del Governo, perché si possa finalmente riprendere la discussione su questo tema. Abbiamo scritto una lettera al Presidente della Camera, non abbiamo ancora una risposta, le sarei grato, signor Presidente, di poter provvedere in merito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, la ringrazio per permettermi di intervenire in quest'Aula sulla Carta degli enti locali, che credo dovrebbero essere valorizzati in un momento come questo. Invece, ci troviamo di fronte ad un provvedimento che non modifica né riorganizza l'autonomia degli enti locali. State proponendo una finanziaria che, invece, toglie le risorse agli enti locali. Poi voglio capire come possono avere margini per svolgere delle attività quando voi parlate di federalismo, di autonomia impositiva, di autonomia degli enti locali. Noi gestiamo e noi controlliamo le risorse che vanno al territorio. Invece, state togliendo l'ossigeno agli enti locali, state controllando tutto. Questo provvedimento poteva essere un'opportunità per far sì che si desse spazio alla riorganizzazione della struttura e al taglio dei costi e che si intervenisse su quel provvedimento che voi preannunciate solamente ma poi non lo applicate e non lo praticate.
Noi dell'Italia dei Valori chiediamo ormai da tempo, ma inascoltati, che si dia seguito all'abolizione delle province. Questo poteva essere il momento giusto e il provvedimento giusto perché le province venissero abolite e per semplificare l'azione amministrativa degli enti locali, non mettendo insieme, per esempio, i comuni fino a 3 mila abitanti. Noi abbiamo semplicemente chiesto che i comuni fino a 10 mila abitanti potessero organizzarsi e, quindi, ridurre quella distanza tra istituzioni e cittadini.
Questo provvedimento, invece, non va in questa direzione. È stato completamente modificato, arriva in Assemblea fortemente svuotato e indebolito. Credo che questo confermi la vostra lontananza dal Paese reale e dagli interessi dei cittadini. Un cittadino che si avvicina alle istituzioni e alla burocrazia vuole perdere poco tempo e non vuole rimetterci dei soldi. In questa maniera state dando ancora forza alla burocrazia e state schiacciando, invece, i diritti del cittadino.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, al di là del tono, credo che l'onorevole Borghesi abbia detto delle cose serie e vere. Stiamo prendendo in giro gli italiani. Sulla vicenda poi delle province Pag. 12siamo addirittura caduti nel ridicolo. Siamo partiti dagli appelli in campagna elettorale dove tutti, al di là della Lega, nella maggioranza avevano detto che sarebbero state abolite.
Dopodiché, è stato compiuto un passo indietro. Mi meraviglia il Ministro Calderoli, che è persona seria ed ha affrontato il problema in modo serio e con buono spirito: quando si è parlato di abolire qualche provincia con meno di 220 mila abitanti, si è detto che non si possono toccare quelle delle regioni autonome. Pertanto, che provvedimento è?
Noi dobbiamo dare delle risposte ai cittadini: in questo momento, in cui tutti siamo tenuti a fare sacrifici, credo che il primo passaggio importante sarebbe stato quello di dare un segnale forte. L'abolizione delle province sarebbe andata in questo senso: le deleghe affidate alle province, infatti, sono poca cosa rispetto alle possibilità che potrebbero avere i comuni e la regione, perché sullo stesso territorio ciò che può fare la provincia lo fa benissimo il comune di riferimento.
Credo, pertanto, che con il provvedimento in esame avremmo già dovuto abolire piano piano tutte le province, partendo dalle meno virtuose, arrivando a un disegno conclusivo nel giro di qualche anno. Questo non si è voluto fare. Credo che questo primo passaggio verso il federalismo sia partito con una gamba zoppa.

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo Italia dei Valori ha esaurito anche i tempi aggiuntivi concessi dalla Presidenza. La Presidenza, come già fatto in precedenti analoghe circostanze, consentirà ai deputati appartenenti a tale gruppo lo svolgimento di brevi interventi della durata di un minuto, da imputare ai tempi previsti dal contingentamento per gli interventi a titolo personale.
Ricordo, altresì, che gli interventi a titolo personale sono a disposizione di tutti i gruppi.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, sono consapevole del fatto che il contingentamento dei tempi e, quindi, l'uso che ogni gruppo fa dei tempi a sua disposizione riguardano non solo un diritto del gruppo medesimo, ma il contemperamento di tale diritto con il pari diritto dell'Assemblea - e, in primis, della maggioranza - di avere tempi relativamente certi, nei quali procedere con l'esame dei provvedimenti legislativi.
Mi rendo anche conto, però, che questo non è un provvedimento di assoluta ordinarietà, ma un provvedimento che, insieme ad una serie di altri provvedimenti legislativi, in parte già approvati da quest'Assemblea, sta modificando alla radice l'ordinamento dello Stato. Si sta passando da una struttura con uno Stato centrale che attua il decentramento a una vera e propria devolution, a una forma di federalismo anche fiscale.
Stiamo discutendo di aspetti che attengono in modo straordinariamente rilevante non solo al futuro delle istituzioni di questo Paese, ma, conseguentemente - a seconda del modo in cui queste istituzioni funzioneranno - anche all'equilibrio economico delle pubbliche amministrazioni di questo Paese.
In ragione della straordinaria importanza di questo provvedimento, le chiedo, senza che ciò leda i pari diritti del resto di quest'Aula - e, in particolare, della maggioranza, alla quale facevo riferimento prima -, se sia ipotizzabile, da parte sua, un ulteriore allungamento dei tempi o, qualora lei non lo ritenga possibile, se sia possibile che per uno degli interventi (il primo degli interventi a titolo personale del nostro gruppo su ogni emendamento da qui in avanti), lei non sia proprio assolutamente rigido e rigoroso nel computo del minuto, in modo da consentirci almeno di impostare un ragionamento che, su questioni di merito delicate, non sempre è possibile svolgere nell'ambito di un minuto.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 13

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anche per il gruppo UDC mi allaccio all'intervento del collega Donadi. Sappiamo che l'esame di questo provvedimento sarà sospeso alle 18,30 e non so se verrà ripreso questa settimana, ma il suo contenuto è tale per cui, evidentemente, il confronto deve essere più dettagliato.
So che per il mio gruppo rimangono pochi minuti a disposizione e che lei, gentilmente, ha concesso la possibilità di interventi a titolo personale, che, come da Regolamento, sono della durata di un minuto.
Mi collego all'ultimo intervento e, pur consapevole del dettato del Regolamento, chiedo se, almeno per quanto attiene al primo intervento (quello effettuato per illustrare gli emendamenti o quello svolto in dichiarazione di voto), possa essere concesso, in via straordinaria, un tempo superiore al minuto previsto dal Regolamento.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, anche io vorrei unirmi senza, come si dice, «allungare il brodo» alle considerazioni, a mio avviso assolutamente ragionevoli, fatte dai colleghi Donadi e Compagnon. So bene che, in termini di ordinaria amministrazione, la Presidenza gestisce dei precedenti relativi al fatto che, una volta concesso il tempo aggiuntivo di un terzo, si va avanti con quello. Però, ricordo sicuramente che vi è anche qualche precedente del Presidente Fini, per cui, apprezzate le circostanze e apprezzato il fatto che non vi è alcun ostruzionismo in corso, nel merito del provvedimento, che, peraltro, sicuramente non riusciremo a concludere per le 18,30, può essere utile dare ai gruppi e ai singoli deputati la possibilità di argomentare non in un minuto, ma con qualche considerazione in più.
Le chiederei, se lei lo ritiene, prima di prendere qualunque decisione (che, a bocce ferme, immagino, non potrebbe essere che quella di confermare i tempi dati) se non sia il caso, magari, di sottoporre al Presidente della Camera, così come avvenuto in altre circostanze, la possibilità di prevedere un breve tempo aggiuntivo per i gruppi, per dare la possibilità, in sede di esame degli emendamenti e degli articoli restanti, di approfondire questioni rilevanti, che pure sono rimaste all'ordine del giorno.
Credo che questo non pregiudicherebbe, ovviamente, quello che a lei spetta di fare, ma magari, se il Presidente lo ritenesse, potremmo avere qualche minuto in più.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, a parte il fatto che purtroppo il Presidente della Camera è all'estero, ritengo tuttavia di dovermi attenere alla prassi costante: i tempi concessi sono già stati aumentati dalla Presidenza una volta, così come avviene nella prassi costante. Pertanto ritengo di non poter accedere a una seconda ipotesi di aumento dei tempi.
Per quanto attiene, invece, alla richiesta di poter concedere maggiore tempo al primo intervento a titolo personale, onorevoli colleghi, è la stessa ratio di tale tipo di interventi che mi vieta letteralmente di usare un trattamento diverso da un collega all'altro; altrimenti, se non dovessimo rispettare le regole, si rimetterebbe la questione alla discrezionalità del Presidente di turno. Accolgo, però, l'appello a lasciar gestire questa fase alla Presidenza in maniera equilibrata.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ovviamente non sapevo che il Presidente della Camera non fosse raggiungibile. In questo caso, il Presidente anziano ha tutta la responsabilità.

PRESIDENTE. Anziano tecnicamente!

Pag. 14

ROBERTO GIACHETTI. È il Vicepresidente che fa le funzioni del Presidente; ovviamente, ha la possibilità di assumere tutte le decisioni. Sapendo che vi sono dei precedenti al riguardo, e spesso i precedenti vengono usati contro di noi a mò di clave questa è un'occasione nella quale vi sono più precedenti in senso favorevole. Se il Presidente lo ritiene - in questo caso il Vicepresidente - si può sicuramente fare una piccola eccezione, ma ovviamente lo valuterà lei.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, il Ministro Calderoli lo sa, perché ci siamo confrontati più volte sul federalismo fiscale e sulla Carta delle autonomie. Quello che non capisco - lo chiedo qui, in quest'Aula, perché è il luogo più solenne e anche il luogo istituzionale preposto a queste domande - è: signor Ministro, lei e il Ministro per le riforme istituzionali, il presidente Bossi, non vi sentite un po' svuotati per il fatto di essere stati recentemente deturpati in quanto privati di una delega importante, quella per l'attuazione del federalismo fiscale?
Era proprio il caso che il Governo Berlusconi desse la delega per l'attuazione del federalismo fiscale a un Ministro, Brancher, a cui vanno, ovviamente, i miei migliori auguri, soprattutto quale tutela per non dover rispondere delle proprie azioni davanti alla magistratura? È questo, forse, l'unico vero scopo di questo incarico...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei fare una riflessione semplicissima. Più che una riflessione, mi rivolgo non soltanto al Governo, ma anche a coloro i quali in quest'Aula hanno detto con grande forza che la spesa pubblica si doveva ridurre e, consequenzialmente, si dovevano ridurre gli sprechi.
Quando si parla o si parlava di questi argomenti molti dei colleghi presenti in quest'Aula sostenevano che in Italia vi sono grandi «spreconi» e grandi difficoltà ed avevano detto a gran voce di trovare immediatamente soluzioni attraverso la soppressione di alcune province comprendenti nel complesso quattro o cinque comuni, nonché l'eliminazione delle comunità montane e dei consorzi di bonifica. Perciò diventa difficile che i cittadini vi capiscano e vi comprendano...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scilipoti. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, che l'Italia dei Valori sia per l'abolizione delle province è noto: noi siamo e siamo stati coerenti, ma a non essere coerente in questo caso è il Governo perché pare che abbia poi dimenticato ciò che aveva affermato in precedenza, ossia proprio l'intento di abolire le province. Siamo per l'abolizione - non quella demografica - delle province (qui infatti la popolazione non c'entra nulla), siamo per l'abolizione della struttura politica che poi, a tutti gli effetti, è quella che costa allo Stato.
Siamo coerenti anche votando contro tutto ciò che riguarda questo provvedimento e voteremo contro proprio perché tutto ciò che va all'opposto non interessa all'Italia dei Valori, che ha comunque prodotto...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Giuseppe. Ha chiesto di parlare l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, il Governo lavora dal 2009 a questo provvedimento ma poi perde i pezzi per strada e - come direbbero i latini - lo ha modificato a pedibus usque ad caput. Ha cambiato tutti i pezzi ed ora pensa di affrontare e risolvere i problemi del costo della politica abolendo il gettone dei consiglieri circoscrizionali o riducendo quello dei consiglieri comunali (che rappresentano Pag. 15poi i livelli di prossimità con i cittadini), dimenticandosi invece dei pezzi forti che aveva messo in pista. Uno dei pezzi forti che ci aspettavamo venisse affrontato era la razionalizzazione delle province e degli uffici territoriali dell'amministrazione centrale, ma è stato soppresso. Si tratta quindi di un provvedimento completamente vuoto rispetto alle intenzioni iniziali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo molto perplessi rispetto a questo atteggiamento un po' codino ed evanescente dei tanti proclami fatti alla vigilia del voto con cui avevate in tanti annunciato il desiderio di abolire le province.
Vorremmo quanto meno veder partorire una soluzione intermedia, prima di arrivare al voto della riforma costituzionale che abbiamo proposto e che vede la cassazione dalla Carta fondamentale della Repubblica di questo istituto che già dai tempi di Crispi, nell'Ottocento, era segnato come inutile e che oggi, a maggior ragione, rimane inutile visto che voi stessi avevate proposto l'ipotesi di eliminare le province fino a 220 mila abitanti.
Invece assistiamo ad una proliferazione di questo istituto...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Monai. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, in fisica vi sono gli equilibri stabili, instabili e indifferenti: noi abbiamo visto questa maggioranza, che dà un messaggio all'esterno di un equilibrio stabile e di una graniticità nelle decisioni, dimostrare di fatto, nel tempo, un'instabilità incredibile. Il tempo cambia le cose ed i nodi vengono al pettine, e come Italia dei Valori crediamo, abbiamo creduto e continueremo a credere in un federalismo inteso come senso di responsabilità, di autonomia e di responsabilizzazione dei territori, ma soprattutto riteniamo che possa esservi l'opportunità di un contenimento dei costi.
Nell'ottica di tale contenimento dei costi l'abolizione delle province, tanto sventagliata dal centrodestra e dall'attuale Presidente del Consiglio dei ministri, costituiva una delle misure prioritarie nell'attuazione dello snellimento dell'amministrazione locale...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rota. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, volevamo invitarvi a riflettere su questo articolo.
Infatti, in un momento come questo, di crisi, di sprechi, di riduzioni e sacrifici che chiediamo al Paese, credo che bisognerà tenere conto di tutto quello che il Governo ha detto su tale tema; soprattutto oggi, che siamo a discutere in quest'Aula sulla Carta delle autonomie locali, voi disattendete gli impegni che avete propagandato in campagna elettorale.
Avevamo iniziato dicendo che avremmo soppresso tutte le province, poi siamo passati a diciotto, dopodiché a quattro e oggi addirittura scopriamo che non verrà abolita neanche una provincia! Prefetture, province...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Paladini. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, avevate promesso di abolire le province, lo avevate scritto nel vostro programma di Governo, ma, come quasi sempre accade, non avete mantenuto la promessa e mal ve ne è incolto.
In Sardegna abbiamo appena finito di votare per le province. Un giornale titolava scrivendo che i sardi non amano le province, ma prima di tutto avrebbe dovuto titolare il fatto che i sardi non amano la destra. Infatti, non mantenendo l'impegno di sopprimere le province, avete fatto un autogol clamoroso: in Sardegna avete perso - o non avete vinto - in sei province Pag. 16su otto e avete perso un mucchio di voti, tanto che vi siete attestati al 16 per cento, una percentuale davvero clamorosamente bassa per voi. Se aveste abolito le province, come avevate promesso di fare, vi sareste risparmiati una figuraccia.
Adesso, sta di fatto che dalla Sardegna arriva un vento...

PRESIDENTE. Grazie onorevole Palomba. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, componenti del Governo, abbiamo chiamato questo provvedimento «Carta delle autonomie locali». Qualche Ministro del Governo in carica ha anche dichiarato pubblicamente che o si avrà il coraggio di affrontare il federalismo o altrimenti l'Italia affonderà.
In questo momento, Ministro Calderoli, non vorrei che stesse «tifando» per fare affondare l'Italia: la spesa pubblica continua a crescere e non si ha il coraggio di affrontare quelle poche scelte chiare su cui convergevano tutti i partiti, fra cui anche l'abolizione della province. Non si ha il coraggio di affrontarla con questo disegno di legge, né nella manovra finanziaria, né in alcun provvedimento. Ma allora - mi dispiace dirlo - noi stiamo creando la «Carta del caos», anziché la Carta delle autonomie, e vi ricordo che province autonome come Trento e Bolzano a metà ottobre andranno a votare per quindici comprensori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, il mio intervento era solo sull'ordine dei lavori. Sono intervenuto prima, grazie.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 13 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Tassone 13.1, nonché sull'emendamento Giovanelli 13.2. Il parere è, altresì, contrario sugli emendamenti Giovanelli 13.3, nonché sugli emendamenti Marchignoli 13.4 e Duilio 13.5.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Tassone 13.1. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, con il nostro emendamento chiediamo la soppressione dell'articolo 13, che riguarda la delega al Governo per l'adozione della Carta delle autonomie locali.
Abbiamo assistito ad una serie di fatti, che abbiamo osservato con molta attenzione: mi riferisco anche ad atti politici e ad atti normativi, legislativi. Del provvedimento in esame si è parlato sin dall'inizio, dapprima come codice delle autonomie, poi come Carta delle autonomie. Si era quindi creata una forte attesa: molti si aspettavano una grande trasformazione ed un ruolo forte affidato alle autonomie locali, e quindi ai territori, comprendente titolarità di funzioni importanti, di funzioni essenziali.
Poi, visto il testo, non v'è dubbio che si tratta di poca cosa: in esso è presente una disarticolazione rispetto ai compiti ed alle funzioni, ed anche rispetto ad un dato importante e fondamentale, che è l'associazionismo e l'unione; ma soprattutto vi sono delle contraddizioni molto vistose, che creano un disagio e moltiplicano le difficoltà delle autonomie locali. Forse bisognava parlare, più che di codice delle autonomie o di Carta delle autonomie, di Carta delle regioni, perché vengono sempre più ad essere definiti i principi relativi Pag. 17a queste ultime ed i ruoli ad esse attribuiti, e si evidenzia un centralismo regionale a discapito delle autonomie locali. Per questo motivo, signor Presidente, noi abbiamo chiesto e chiediamo, attraverso l'emendamento in esame, la soppressione dell'articolo 13.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tassone 13.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Abrignani, Perina, Grassi, Mogherini Rebesani, Lusetti, Laganà Fortugno, Roccella e Zeller.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 505
Votanti 501
Astenuti 4
Maggioranza 251
Hanno votato
236
Hanno votato
no 265).

Prendo atto che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Giovanelli 13.2
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, l'articolo 13 rappresenta in realtà il cuore del provvedimento in esame. Abbiamo ascoltato i colleghi dell'Italia dei Valori che l'hanno preso a «simbolo» per parlare delle province, abbiamo ascoltato l'onorevole Tassone che ci ha fatto capire perché sostenere un emendamento soppressivo. Vorrei svolgere considerazioni un po' diverse, sempre però in quella linea, che tende a far capire che quella che stiamo approvando non è una vera e propria legge.
La settimana scorsa l'abbiamo detto in maniera molto chiara. Non so se si possa introdurre la categoria delle leggi a futura memoria; una volta si usava per la testimonianza. Questa è una legge a futura memoria: adesso siamo consapevoli che approvandola non disponiamo nulla. Però, attenzione: è una legge a futura memoria per quanto riguarda gli aspetti dispositivi, ma prevede un elemento, l'articolo 13, quello che stiamo esaminando, che contiene una sorta di «superdelega». Non è una delega ordinaria: come per i ministri, tra cui sappiamo che vi sono quelli normali ed i «superministri», questa è una delega «super». Fra l'altro, proprio perché è super, non so se l'avete dimenticato: avete inserito tutta una serie di concerti ministeriali, ed avete dimenticato l'ultimo Ministro, che tutto sommato di questi argomenti dovrebbe occuparsi; ma comunque, ciò non è così rilevante.
Devo dire che, accanto ad una superdelega, nella quale il Governo chiede al Parlamento di legiferare a futura memoria, cioè di non legiferare, il Governo medesimo, però, al momento opportuno, cioè tra 18 mesi più altri 18 e, quindi, tra 36 mesi, utilizzando lo schema dei decreti, normali e quelli correttivi, farà la vera legge in materia, ossia farà, con il codice, con la Carta delle autonomie, il vero ordinamento in questa materia.
Qualcuno qui potrebbe anche seccarsi se valutasse che le cose stanno effettivamente così. Ma vi dico di provare ad andare a vedere proprio le due parti che vorremmo modificare. La prima: normalmente, in queste deleghe, per esser rispettosi del Parlamento, c'è un coordinamento solo formale, una revisione, una risistemazione delle norme approvate nelle varie fasi storiche. No, qui vi è qualcosa di più: il Governo si riserva il coordinamento sostanziale; ciò vuol dire che può riscrivere le norme e, quindi, la Carta delle autonomie la farà questa delega.
Ma, poi, c'è un preziosismo assoluto per chi può appassionarsi a queste cose. Ricordo, incidentalmente, che siamo ad oltre 270 deleghe (record dei record dei record), mentre, in questa legislatura, Pag. 18siamo soltanto a 40 decreti attuativi; quindi, il Governo ha 230 deleghe ancora da onorare e ne chiede un'altra super.
Ma quali sono i parametri, che sono abbastanza evanescenti? Il parametro decisivo è che i criteri previsti dalla Costituzione sono il rispetto della giurisprudenza costituzionale. Sarebbe come se il Governo venisse qui da noi e dicesse di volere una delega; e quali sono i criteri direttivi? Sono la Costituzione. Dire la giurisprudenza costituzionale è come dire la Costituzione.
È chiaramente, quindi, una sorta di abuso di potere, cioè un Governo che, naturalmente, non solo si riserva di fare la legge vera in questa materia, ma, addirittura, si prende dei parametri talmente generali da essere sostanzialmente non incisivi. Per quanto serve - e credo che serva sempre per chi è fuori di qui - questi fatti mi pare che andassero riferiti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, è stato appena ricordata - e condivido totalmente - la quantità, l'enormità, di deleghe che vengono assegnate a se stesso dal Governo, perché questo disegno di legge poi, alla fine, come ben sapete, nasce dalle viscere del Governo.
L'articolo 13 dà una delega amplissima, in bianco, al Governo, per scrivere la Carta delle autonomie. Ma ciò è una contraddizione in termini, perché sappiamo benissimo che con i limiti posti dalla Commissione bilancio, della quale faccio parte, questa delega sarà svuotata nei contenuti, dato che le funzioni fondamentali che verranno assegnate alle autonomie locali sono ben poca cosa rispetto agli obiettivi che ci si era posti. E sapete perché? Non per una scelta di merito, ma semplicemente perché le casse dello Stato sono vuote e, quindi, non ci sono le risorse finanziarie, né per far funzionare per davvero la Carta delle autonomie e l'autonomia degli enti locali, né tanto meno il federalismo fiscale. Ecco perché avete partorito un topolino; l'avete venduto come se fosse una montagna, ma di fatto altro non è che un piccolo topolino. Vendete tanto fumo e pochissimo arrosto, ma di questo, presto, il Paese comincerà a chiedervi conto, come già sta facendo - lo ricordava un collega prima - nella regione Sardegna. Ecco perché chiediamo per davvero a questo Parlamento, se ha ancora un minimo di dignità, di affossare questo articolo, perché è lo strumento per affossare l'intero provvedimento. Svuota il Parlamento su una cosa che non c'è, che non esiste. Vi chiediamo, quindi, di votare, per intanto, a favore di questo emendamento e, poi, contro l'articolo 13.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giovanelli 13.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Rossi Luciano? Onorevole Iapicca? Onorevole Oliverio? Onorevole Della Vedova? Onorevole Ginoble? Onorevole Cuperlo? Onorevole Giulietti?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 515
Votanti 510
Astenuti 5
Maggioranza 256
Hanno votato
244
Hanno votato
no 266).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giovanelli 13.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca? Onorevole Sbai? Onorevole Briguglio? Onorevole Scarpetti? Onorevole Ravetto? Onorevole Sposetti? Onorevole Oliverio? Pag. 19
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 514
Votanti 509
Astenuti 5
Maggioranza 255
Hanno votato
244
Hanno votato
no 265).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Marchignoli 13.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, quello in esame è un emendamento che meriterebbe una discussione approfondita e non viziata dalla demagogia imperante che è diffusa in questo periodo. Tuttavia, è giusto anche proporsi in una discussione libera al di là dei timori delle cattive interpretazioni.
Noi siamo del parere che l'antipolitica sia il cancro della democrazia. Uno dei temi su cui si accanisce l'antipolitica in questo periodo è l'indennità (l'indennità dei sindaci, l'indennità degli assessori e così via). Credo che quindi noi dovremmo, nell'ambito della Carta delle autonomie, cercare di fare un'operazione verità. Il nostro partito ha più volte richiamato l'attenzione degli alti rappresentanti democratici che siedono in questo Parlamento per dire: se vogliamo troncare questa discussione, spesso appunto venata profondamente da aspetti demagogici che poi sfociano nell'antipolitica, proviamo a fare una «Maastricht» dei costi della politica. Prendiamo a riferimento l'indennità di un sindaco o di un assessore nel resto dei Paesi d'Europa, prendiamo un livello medio e ci attestiamo su quel livello, senza fare la caccia a chi fa più demagogia.
Perché abbiamo presentato a questo punto l'emendamento in esame? L'abbiamo presentato a questo punto perché noi non abbiamo posto obiezioni sul tema della riduzione del numero degli assessori, sia nei comuni sia nelle province, mentre invece abbiamo posto obiezioni serie - riteniamo - sulla diminuzione del numero dei consiglieri provinciali e comunali. Infatti, in questo secondo caso è in questione la rappresentanza democratica, mentre nel primo caso è in discussione la funzionalità operativa di un esecutivo, di una giunta. Proprio in ragione di questa disponibilità a riflettere sulla riduzione del numero degli assessori, che consideriamo anzi auspicabile, noi riteniamo che si debba riflettere e fare un'operazione verità su quanto prendono questi benedetti assessori, rispetto alla responsabilità che hanno.
Un assessore all'urbanistica di un comune come il mio, che sfiora i centomila abitanti, riceve 2 mila euro di indennità netta: ebbene, vorrei che iniziaste a riflettere su cosa significhi fare l'assessore all'urbanistica e su quali siano le responsabilità e l'impegno quotidiano in un comune di centomila abitanti, rispetto a quanto viene riconosciuto in termini di indennità. A mio avviso, siamo ben al di sotto della responsabilità che tali assessori si assumono. Si dirà che questo è sicuramente il momento più sbagliato per porre tali questioni; a me, francamente, interessa poco se sia sbagliato il momento: a me interessa se sia giusta la questione.
Lo ripeto: il rischio che stiamo correndo con questo dibattito demagogico sui costi della politica, che sfocia nell'antipolitica, è che favoriremo, nel pensare comune della gente, l'idea secondo la quale o gli incarichi pubblici (cioè, quelli di servizio alla comunità) vengono svolti dai delinquenti, cioè da coloro che non hanno bisogno che gli venga riconosciuta un'indennità, perché ricaveranno dal loro incarico molto più di quanto gli si dovrebbe (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), oppure che tali incarichi vengono svolti dai ricchi, cioè da coloro che non hanno bisogno che gli venga riconosciuta, democraticamente, un'indennità.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ORIANO GIOVANELLI. Concludo, signor Presidente, citando un ricordo a cui tengo molto. Vi sarà un motivo se una Pag. 20persona come Giacomo Matteotti, nel 1920, abbia imposto a quest'Aula un dibattito sull'indennità degli amministratori locali. Credo che dovremmo ricordare da dove veniamo ed avere più rispetto dei ruoli istituzionali che siamo chiamati a svolgere, soprattutto, con riferimento alle persone che non hanno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marchignoli 13.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Palmieri... onorevole Lazzari... onorevole Oliverio... onorevole Cazzola... onorevole Proietti Cosimi... onorevole Roccella... Hanno votato tutti?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 512
Votanti 483
Astenuti 29
Maggioranza 242
Hanno votato
226
Hanno votato
no 257).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Duilio 13.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, sono un po' sorpreso dal parere negativo dato all'emendamento in oggetto. Esso, infatti, nasce all'interno del Comitato per la legislazione, in cui si è anche valutata l'opportunità di presentare o meno una riflessione che, in seguito, diventasse oggetto di un emendamento, che è, appunto, quello che ho presentato.
Come è stato detto in precedenza, siamo di fronte ad un articolo che rappresenta il cuore del provvedimento in esame: l'emendamento in oggetto tende sostanzialmente ad assicurare il massimo di correttezza, di trasparenza e di linearità tra il Governo ed il Parlamento nell'adozione del decreto legislativo in attuazione della delega.
Dopo la richiesta del parere alle Commissioni competenti, che hanno formulato proposte di modifica, la ricezione di tali proposte fa riferimento ad entrambi i rami del Parlamento. Pertanto, potrebbe accadere che venga recepito quanto proposto al Senato e non alla Camera, oppure che venga recepito in tutto o in parte quanto si è proposto. Ebbene, nell'emendamento in oggetto si prevede che, dopo che il testo è stato modificato, esso venga ritrasmesso alle Camere, affinché le Commissioni parlamentari competenti valutino il risultato finale. Trattandosi dell'ultimo atto che presiede all'emanazione del decreto legislativo di attuazione della delega (che - vorrei ricordarlo - è stata data al Governo dal Parlamento), questo entrerà in vigore.
Quindi non capisco per quale motivo non si voglia dare comunque (e quindi non solo quando il Governo non è d'accordo con quello che è stato proposto dalle Commissioni, come recita attualmente il testo) e cioè in ogni caso alle Commissioni parlamentari il testo affinché esse, se non c'è nulla da dire, si limitino a considerare che tutto va bene, altrimenti formuleranno le loro osservazioni finali e definitive. Mi pare un atto di assoluta limpidezza e trasparenza, di rispetto del Parlamento nell'emanazione del decreto legislativo, che non fa assolutamente male al cuore del problema stesso. Credo addirittura che sia stato respinto perché ritenuto ad abundantiam, ma non ritengo che sia ad abundantiam il ritornare in Commissione per un parere, con l'aria che tira e con i tempi che corrono, tempi cioè sostanzialmente di deleghe abbondanti, di decretazione abbondante, di delegificazione abbondante, perché questo significa comunque riconoscere la potestà ultima del Parlamento in questo caso e per una materia così importante come la Carta delle autonomie locali.
Quindi senza appassionarmi troppo, lo sottopongo a tutti i colleghi e ovviamente Pag. 21al presidente Bruno e al Governo, affinché, confido, possa essere modificato il parere e possiamo quindi approvare anche l'emendamento che è stato proposto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Duilio 13.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Razzi, onorevole Mazzuca, onorevole Pizzolante, onorevole Rampelli, onorevole Trappolino, onorevole Di Pietro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

Presenti 513
Votanti 511
Astenuti 2
Maggioranza 256
Hanno votato
247
Hanno votato
no 264

Passiamo alla votazione dell'articolo 13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, Ministro Calderoli, Ministro Vito, onorevoli colleghi, non è facile fare in questo caso la dichiarazione di voto. Non è facile perché la Carta delle autonomie locali, questa delega è molto attesa nel Paese, io stessa da parlamentare ex sindaco ho molto atteso la discussione di questo disegno di legge e l'ho atteso come un momento di verifica del fatto che si potesse procedere ad autentiche riforme anche lavorando non insieme in senso generico, come delle volte si dice quando si vuole lavorare per forza insieme, bensì con un alto senso di responsabilità e con il senso delle istituzioni rispettando la storia delle autonomie locali nel nostro Paese, storia che rende anche i comuni italiani parte integrante della Repubblica e che dà una specificità alla storia della nostra nazione.
Credo che questo provvedimento sia stato molto svuotato e molto sia dovuto alla circostanza e ai tempi in cui il provvedimento è venuto a maturazione, sono tempi in cui si è parlato, non di quelli che dovevano essere gli argomenti di un'autentica riforma ma si è parlato di sprechi, si è parlato di tagli e, come diceva giustamente e correttamente Oriano Giovanelli prima, si è parlato di indennità. E quando si è parlato di sprechi e di tagli lo si è fatto soprattutto parlando del sistema delle autonomie locali, anche se un altro collega del gruppo del Partito Democratico ha correttamente ricordato in sede di discussione sulle linee generali che, parlando di sprechi, avremmo fatto bene a parlare soprattutto delle amministrazioni centrali visto che da questo punto di vista è almeno il doppio la percentuale di sprechi che si registra nelle amministrazioni centrali.
Invece noi ci troviamo a discutere un provvedimento dopo una serie di decreti e di leggi che hanno impoverito il sistema delle autonomie locali, tutti all'insegna di questa parola d'ordine moralistica che è in qualche modo sorretta dalla crisi in cui versa il nostro Paese e che sono i tagli ai costi della politica. Tutto questo ha sicuramente influito, anche se non ha influito complessivamente sull'attività del Governo visto che si continuano a creare nuovi Ministeri e nuovi Ministri.
Noi abbiamo partecipato anche al voto quando si è trattato dell'istituzione del Ministero della salute, ma dobbiamo prendere atto che si continua ad avere una visione elastica quando si parla di amministrazioni centrali e, invece, si pensa a tagliare e a ridurre le spese quando si parla delle amministrazioni locali.

PRESIDENTE. Per cortesia.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, si riferisce a me?

Pag. 22

PRESIDENTE. Sì, onorevole Lo Moro, sta per concludere il tempo a sua disposizione.

DORIS LO MORO. Sì, signor Presidente, allora dico subito che siamo costretti a votare contro. Come stavo cercando di spiegare, infatti, questo è un provvedimento senz'anima, che tradisce le aspettative non solo del Partito Democratico, ma anche del Paese e dei sindaci, i quali si troveranno domani, davanti al Senato, a protestare contro i tagli e anche a protestare contro una riforma (o una controriforma) che svuota il contenuto delle istituzioni che loro rappresentano.

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 13.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca... onorevole Gnecchi... onorevole Giulietti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 511
Votanti 506
Astenuti 5
Maggioranza 254
Hanno votato
265
Hanno votato
no 241).

Prendo atto che il deputato D'Antoni ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, le ho chiesto di parlare perché, prima di entrare nel merito delle proposte emendative riferite all'articolo 13-bis, vorrei cercare - se possibile e, se necessario, anche con la collaborazione degli uffici - di risolvere un problema e dare certezza ad una questione che attiene all'iter delle proposte emendative riferite all'articolo 17.
Erano state presentate - e così figuravano nei precedenti fascicoli degli emendamenti (sicuramente nel fascicolo n. 2 e probabilmente anche nel fascicolo n. 3, che non ho qui davanti, in quanto non si era riscontrata l'esigenza di porre il problema che sto evidenziando ora) - alcune proposte emendative che poi sono transitate sull'articolo 17. In particolare, faccio riferimento alla proposta emendativa che portava la numerazione ex 16.01, successivamente rinominata 0.17.02. Si tratta di una proposta emendativa che, nell'attuale fascicolo n. 4 degli emendamenti, non compare più, tant'è che in tale fascicolo l'insieme delle proposte emendative riferite all'articolo 17 inizia con un emendamento soppressivo a mia prima firma.
Signor Presidente, credo che alcuni colleghi, membri della Commissione affari costituzionali, abbiano chiesto anche al presidente Bruno la motivazione della sparizione dal fascicolo n. 4 della proposta emendativa di cui sto esponendo la vicenda un po' strana. Da questo punto di vista, mi sembra di aver compreso - e vorrei averne conferma dal presidente Bruno - che la proposta emendativa in questione non comparirebbe più in quanto la Commissione bilancio avrebbe posto alcune questioni. Tuttavia, ritengo che la Commissione bilancio possa porre questioni ma che queste non abbiano alcuna attinenza con l'ammissibilità. Non credo, dunque, che siano potuti intervenire elementi di ammissibilità e di inammissibilità, a meno che non sia stata pronunciata - e mi sia sfuggita - l'inammissibilità della proposta emendativa da parte della Presidenza della Camera. Ma su quale base?
Se la proposta emendativa era ammissibile in precedenza, in riferimento all'articolo 16, non si può dire che vi è estraneità di materia. Infatti, se si fa riferimento alla Commissione bilancio, quest'ultima non si pronuncia in ordine alla materia ma in ordine alla congruenza della proposta emendativa, ossia se possa Pag. 23addurre e condurre con sé spese, o riferirsi, ex articolo 81 della Costituzione, alla necessità di copertura.
Vorrei far presente, tra l'altro, che la proposta emendativa 0.17.02 recava per titolo: «istituzione dell'anagrafe telematica degli amministratori e degli eletti a cariche pubbliche locali» che era stata riformulata proprio su richiesta della Commissione bilancio e del Comitato dei nove, che la ha accettata, tant'è che è stata pubblicata nei fascicoli precedenti.
Infatti, la clausola di salvaguardia, anche dal punto di vista dell'ammissibilità, era tale che si diceva che, con decreto del Ministero dell'interno, si provvede agli adempimenti che sono previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Quindi, già a legislazione vigente, si adottano e si usano le risorse che ci sono. Non vi è un problema di copertura.
La seconda clausola di salvaguardia introdotta è quella per cui testualmente si diceva: «dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
Non mi pare, quindi, che vi siano problemi in ordine alla copertura; non si può fare riferimento all'articolo 81 della Costituzione e le motivazioni di un'eventuale inammissibilità non possono neanche essere quelle relative alla materia, soprattutto se si fa riferimento ad un'iniziativa della Commissione bilancio. A me non risulta, infatti, che la Commissione bilancio possa adottare alcuna iniziativa nei confronti della Presidenza della Camera per chiedere l'inammissibilità di una proposta emendativa. Semmai, può intraprendere un'iniziativa nei confronti della Commissione competente in termini di moral suasion per garantire che la Camera, nel momento in cui si vota, sappia esattamente e sia richiamata alla necessità di far fronte a quello che è il vincolo costituzionale, ex articolo 81 della Costituzione, non certo chiedendolo alla Commissione competente.
La Commissione bilancio non può sostituirsi alla Presidenza per ciò che riguarda gli elementi che si possono addurre in riferimento alla pronuncia di inammissibilità. Vorrei venisse chiarito questo aspetto.

PRESIDENTE. Onorevole, forse se preciso di che cosa stiamo parlando, comprenderà poi tutto il seguito.
Siamo in materia di collegati e non è una questione di prevaricazione o di sostituzione della Presidenza da parte della Commissione bilancio. La Commissione bilancio ha dichiarato priva di copertura finanziaria, esprimendo un parere contrario, una serie di proposte emendative, tra le quali quella a cui lei alludeva, la 0.17.02 (addirittura già con la nuova formulazione), dichiarandole sostanzialmente inammissibili solo ai fini della copertura; questo è nel potere della Commissione bilancio.
La trasfusione dell'inammissibilità è automatica perché siamo in tema di «collegati» ai sensi dell'articolo 123-bis del Regolamento; non siamo di fronte ad una legge ordinaria.
Perché vi è questo collegamento tra la Commissione bilancio e l'inammissibilità automatica che la Presidenza deve segnalare, così come ha fatto ad inizio seduta? Perché si tratta di proposte emendative prive di coperture e perché si tratta di un provvedimento collegato alla manovra finanziaria. Ecco qual è lo snodo di tutto il discorso che lei ha fatto e la ringrazio per averlo fatto. Tuttavia, ai sensi dell'articolo 123-bis del Regolamento, è tutto regolare.

(Esame dell'articolo 13-bis - A.C. 3118-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 13-bis e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 3118-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 13-bis.200, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento. Pag. 24
Presidente, vuole che esprima i pareri anche sugli articoli aggiuntivi?

PRESIDENTE. Sì, prego.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli articoli aggiuntivi Borghesi 13-bis.01, 13-bis.03 e 13-bis.04, Ciccanti 13-bis.02, Favia 13-bis.05, Donadi 13-bis.06 e 13-bis.08.
Il parere è, altresì, contrario sui subemendamenti Lanzillotta 0.13-bis.07.1, Favia 0.13-bis.07.2, Donadi 0.13-bis.07.3, 0.13-bis.07.4 e 0.13-bis.07.5.
La Commissione esprime parere favorevole sul subemendamento Giovanelli 13-bis.07, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione della lettera e): «mantenimento della circoscrizione provinciale quale ambito territoriale di competenza delle prefetture - uffici territoriali del Governo. Soppressione, a decorrere dalla razionalizzazione delle province, delle prefetture ...»

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole relatore. Forse c'è una parola in più: «(...), a decorrere dall'eventuale razionalizzazione...»?

DONATO BRUNO, Relatore. «(...), a decorrere dalla razionalizzazione delle province, delle prefetture - uffici territoriali del Governo non rispondenti ai nuovi ambiti territoriali provinciali conseguenti alla razionalizzazione».

PRESIDENTE. Sta bene. Comunque, vi è la parola «eventuale» prima della parola «razionalizzazione».
Prendo atto che i presentatori del subemendamento Giovanelli 13-bis.07 accettano la riformulazione proposta dalla Commissione.
Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13-bis.200, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, accettato dalla Commissione e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Briguglio, Mazzuca, Mistrello Destro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 499
Maggioranza 250
Hanno votato
494
Hanno votato
no 5).

Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 13-bis.200, risultano preclusi gli emendamenti Donadi 18.10 e Favia 18.8, limitatamente alla parte consequenziale relativa al comma 6-bis. Tale ultima proposta emendativa verrà pertanto posta in votazione limitatamente alla parte non preclusa.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 13-bis, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Milanato, Sposetti, Donadi... L'onorevole Sposetti ha votato...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 500
Maggioranza 251
Hanno votato
500).

Prendo atto che i deputati Trappolino e D'Antoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 13-bis.01. Pag. 25
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, le province complessivamente comportano una spesa che si aggira sui 15-16 miliardi di euro. Siamo consapevoli che un'abrogazione parziale delle province non determina la cancellazione di questa somma, perché evidentemente verrebbero cancellate le strutture politiche delle province, ma con questo primo emendamento, che comporta che ogni provincia abbia un'estensione cosiddetta ottimale per l'esercizio delle funzioni proprie di un'area vasta (che corrisponde a un milione di abitanti), siamo convinti che si possa risparmiare qualcosa come dai tre ai quattro miliardi di euro; il che significa, badate bene, la stessa somma che questa maggioranza pensa di sottrarre agli enti locali con la manovra che è in discussione al Senato, il che vuol dire mettere le mani nelle tasche dei cittadini di quei comuni, perché, senza quei soldi, quei comuni saranno costretti a non fornire i servizi, obbligando i cittadini ad andarli ad acquistare sul mercato o i comuni stessi ad aumentare i contributi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Razzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, approfitto della presenza del Ministro Calderoli per fargli i complimenti riguardo alla sua dichiarazione sui calciatori che guadagnano molto. Però, vorrei anche ricordare che il Ministro è un grande esperto di federalismo fiscale e sa benissimo che senza le province si può fare un buon federalismo, pertanto chiedo al Ministro di fare proposte concrete per abolire le province (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, il gruppo dell'Italia dei Valori aveva salutato con piacere il federalismo fiscale, perché doveva rappresentare un'occasione per affidare la pubblica amministrazione ad amministratori virtuosi e per adottare il termine «responsabilità» della pubblica amministrazione, che significa soprattutto eliminazione di costi inutili della politica.
Questa non è antipolitica, perché eliminare le province, eliminare le auto blu, eliminare gli «staffisti», eliminare i telefonini, eliminare i segretari, eliminare i nuovi contratti, significa, insomma, eliminare tutto questo apparato che serve solo a chi deve campare di politica e a chi deve trasformare la politica in un'attività di risulta. Ecco perché l'Italia dei Valori vuole una pubblica amministrazione pulita, ma soprattutto snella, efficiente ed efficace.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, intervengo solo per proseguire il discorso dell'onorevole Barbato che indicava le province, questi enti inutili, come vere e proprie discariche a cielo aperto per politici «trombati» che vengono messi lì perché non si sa più dove inserirli. Ovviamente, la Lega e il centrodestra in questi mesi e in questi anni hanno detto di voler ridurre gli sprechi e le spese dello Stato, come anche tutto quello che passa attraverso la burocrazia.
Questa è un'occasione - che ovviamente non vogliono e non possono cogliere - perché mentre la Lega è al nord, parlando contro lo Stato ladrone, loro sono a Roma ad incassare i proventi di Roma ladrona.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, approfitto per riprendere quell'intervento che mi ha costretto a contenere poco fa. Pag. 26Dicevo che abbiamo assistito, piuttosto che alla semplificazione dell'architettura istituzionale degli enti locali, ad una inammissibile proliferazione di enti. Addirittura, in Puglia abbiamo una provincia, la Barletta-Andria-Trani, che si articola su tre capoluoghi per i quali la distribuzione degli uffici è stata una partita faticosissima dei contendenti territoriali (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). In Sardegna abbiamo visto la proliferazione di altrettante province alcuni anni fa. È un momento di crisi ed è il momento di tirare la cinghia... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Monai.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, la politica di questa maggioranza è una sola: enunciare delle cose e farne delle altre. Malgrado lo Stato non abbia i soldi e abbia un deficit pauroso, trovate i soldi soltanto per darli alle persone di vostra fiducia o alle varie cricche per consentirne la proliferazione.
Dovreste mettere mano invece ad una politica molto seria, di riduzione drastica della spesa pubblica, ma, con la manovra, operate, facendo dei tagli clamorosi agli enti locali, alle regioni e agli altri poteri locali in modo che a pagare siano sempre i soliti cittadini.
In una parola, mettete da parte i fondi e i soldi...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Palomba.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, abbiamo fatto una proposta di modifica della legge costituzionale che è stata rinviata alle Commissioni per l'abolizione delle province e anche delle prefetture, che riteniamo importante.
Soprattutto vi invitiamo veramente a riflettere su questo articolo e, signor Presidente, in questo momento così importante di crisi, di riduzioni, di sprechi e di sacrifici, credo che il Governo debba intervenire sulla problematica delle province.
Sul tema essenziale che oggi stiamo trattando in questa Carta delle autonomie, state disattendendo gli impegni che avevate propagandato in campagna elettorale.
Prima avevate detto che erano...

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Paladini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, così riusciamo, un minuto dopo l'altro, a svolgere un discorso compiuto. Se li mettiamo insieme, prima della fine, ci riusciamo.
Credo si tratti di una delega in bianco al Governo su un tema troppo importante, con riferimento al quale la maggioranza dei partiti presenti in quest'Aula aveva detto in campagna elettorale che si doveva operare un taglio alle province.
Credo, pertanto, che attribuire una delega in questo senso e per questa materia al Governo, che entro 18 mesi arriverà a certe conclusioni, sia troppo importante.
È per questa ragione che ci opponiamo nel modo più assoluto e che avevamo a suo tempo dato la disponibilità al Ministro Calderoli di affrontare il problema in modo serio (avevamo detto di sì anche al federalismo demaniale), ma se questa è la strada imboccata da questo Governo credo che alla fine non arriveremo da nessuna parte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, vi è all'attenzione dell'Aula una serie di emendamenti che cercano quanto meno di abbattere la spesa pubblica, in Pag. 27particolare nel settore delle province. La proposta emendativa che stiamo discutendo fa riferimento ad una popolazione di un milione di abitanti, ma ne abbiamo una che fa riferimento a 500 mila e un'altra a 300 mila.
Dobbiamo dare un segnale chiaro e ben quantificato, altrimenti stiamo - ripeto - perdendo del tempo, proponendo una riforma del caos e non delle autonomie.
A questo punto, è meglio procedere così e dire agli italiani che abbiamo scherzato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, ho un grande rispetto delle istituzioni fintanto che ci sono. Combatto all'interno del Parlamento e fuori perché le leggi vengano approvate e modificate così come anche gli assetti istituzionali.
Ricordo a me stesso e a tutti i colleghi che è dal 1970, quando sono nate le regioni, che si discute in questo Parlamento di che farne delle province.
Non possiamo dimenticare il grande monito di Ugo La Malfa quando si interrogava pubblicamente, sostenendo che forse già allora era giunto il momento di riscrivere la Carta costituzionale, soprattutto per prevedere l'abolizione delle province. Noi ci abbiamo provato, lo abbiamo fatto con un nostro progetto di legge. Purtroppo, è stato bloccato dalla volontà del Governo e della maggioranza, che da una parte dicono di volere una cosa e dall'altra ne fanno una esattamente opposta. Speculano sugli strumenti di informazione, li usano a proprio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). ..

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cambursano...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, l'avete chiamata «Carta delle autonomie locali», ma sarebbe stato meglio chiamarla «codice del niente». Doveva servire - dico «doveva» perché in realtà serve a ben poco - a riorganizzare, razionalizzare, semplificare e coordinare le competenze dei vari livelli degli enti locali, che in Italia sono tantissimi, dalle province ai comuni, eccetera. In realtà, non siete riusciti a compiere nessuna di queste azioni.
Quella che, insieme al federalismo fiscale, doveva essere la riforma delle riforme, la regina delle riforme, non si è in realtà realizzata: non vi è stata nessuna riforma, né niente che avrebbe potuto cambiare la vita degli italiani. Altro che semplificare, riorganizzare, razionalizzare e coordinare le competenze di tutti i livelli degli enti locali in Italia!
Non siete riusciti a produrre niente che potesse compiere una sola di queste azioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ricordo che l'articolo 85, comma 7, del Regolamento stabilisce che il Presidente concede la parola ai deputati che intendano esprimere un voto diverso rispetto a quello dichiarato dal proprio gruppo, individuando le modalità e i limiti di tempo degli interventi.
Secondo la prassi costantemente applicata, il numero dei deputati che intervengono a titolo personale deve essere inferiore alla metà del numero degli appartenenti al gruppo. Diversamente, infatti, ci troveremmo in una posizione un po' strana, perché la posizione espressa dal gruppo sarebbe minoritaria. Per questo motivo non potrò più dare la parola ad altri deputati del gruppo dell'Italia dei Valori, se non nel numero massimo di 11, così come è avvenuto in questa occasione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, ho qualche difficoltà ad intervenire su questi articoli aggiuntivi dopo gli interventi che mi hanno preceduto, di cui non condivido il tono. Penso che si possa, Pag. 28nonostante questo, affrontare pacatamente il tema della mancata riforma delle strutture provinciali e delle prefetture.
Proprio questa incapacità della politica a mettere in discussione se stessa e le altre burocrazie che lavorano al suo fianco è il brodo di coltura più diretto e più grave - io credo - dell'antipolitica. Dobbiamo esserne consapevoli, così come dobbiamo essere consapevoli del fatto che questa è una grande occasione mancata, che rimarrà come tale per molto tempo e in cui, purtroppo, si vede un po' l'ipocrisia di tanti partiti e la distanza esistente tra le loro promesse elettorali e la propaganda e i fatti che riescono a realizzare condizionati dai microinteressi di cui sono schiavi.
È così per le province, che rimangono immutate. Si rifiuta non la soppressione, sulla quale peraltro non sono d'accordo, ma la loro razionalizzazione per rendere un servizio utile al Paese. Parimenti, si cristallizza l'articolazione delle prefetture sovrapposte alle province. Allora, non si può la domenica proporre l'abolizione delle prefetture e il martedì, addirittura, stabilire che per tutti i prossimi anni le prefetture rimarranno tali e quali, identiche nel numero alle province attuali.
Credo che questa incapacità del sistema politico italiano di cambiare e realizzare le riforme promesse sia davvero l'origine dell'antipolitica e del mancato apprezzamento - se non del disprezzo - dei cittadini per il nostro lavoro.

PRESIDENTE. Avverto che anche la componente politica del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia ha esaurito i tempi a sua disposizione. La Presidenza, essendone stata avanzata specifica richiesta e analogamente a quanto fatto in precedenti analoghe circostanze, concede a tale componente un ampliamento dei tempi pari ad un terzo rispetto a quelli originariamente previsti dal contingentamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, a questo punto della discussione è assai difficile intervenire su un argomento che, stante la lettura testuale dell'articolo aggiuntivo, parla della delega al Governo in materia di razionalizzazione delle province.
I contenuti degli interventi dei colleghi dell'Italia dei Valori e dell'Unione di Centro hanno teso, invece, a svolgere un ragionamento più complessivo circa la soppressione delle province.
Per quanto riguarda il merito dell'articolo aggiuntivo in esame, il gruppo del Partito Democratico si asterrà: questa mia dichiarazione di voto, quindi, vale anche per le proposte emendative successive.
Credo che sia doveroso da parte nostra, però, compiere una distinzione, che è importante proprio nel momento in cui affrontiamo una discussione completamente svuotata di significato rispetto alle questioni che ci eravamo posti.
La modifica costituzionale, che era stata proposta in Aula, circa la soppressione delle province fu rinviata in Commissione alla luce di un ragionamento molto concreto e serio. Credo che la vicenda delle province (la sua storicità), che in maniera ciclica si ripresenta circa la loro utilità, non possa essere contenuta semplicemente nel testo di un emendamento. Credo che sia necessario che i partiti e i gruppi, in maniera coerente, ragionino circa i livelli delle funzioni che vengono attribuite ad esse, a partire dalla riforma del Titolo V, che ha modificato la Costituzione.
Siamo in presenza, dopo la nascita delle regioni, di due assemblee legislative, quella nazionale e quella regionale. La nostra organizzazione dello Stato, gli oltre ottomila comuni e le centoquattro province rappresentano la struttura, l'ossatura dentro la quale si è articolata la funzione dello Stato nei confronti dei cittadini.
Il tema, allora, non è l'utilità di un ente, come quello delle province, e, quindi, la richiesta di una loro soppressione, ma, effettivamente, consiste nel cogliere l'occasione per stabilire le funzioni di questo ente, che diventa un ente intermedio fra le miriadi di comuni sui quali abbiamo ragionato disponendone a vario titolo l'unione. È infatti contenuta anche in Pag. 29questo testo l'obbligo dell'associazione di comuni per lo svolgimento di alcune funzioni fondamentali.
Questo ente intermedio, rappresentato dalla provincia, dovrebbe avere, a nostro giudizio, un maggiore rispetto circa le funzioni di area vasta e dei sistemi a rete: dovrebbe avere, cioè, la capacità di essere un'istituzione che non solo raccordi sul serio l'azione dei comuni, ma che si ponga anche come termine medio anche per l'elemento legislativo regionale.
Tutto questo, spesso, non è avvenuto. Si è persa l'occasione - mi rivolgo al Ministro Calderoli e ai colleghi della maggioranza - di potere, proprio nell'ambito di questa discussione, ragionare circa una razionalizzazione che riguardasse non solo l'elemento delle circoscrizioni provinciali, ma, fondamentalmente, le funzioni, definendo con grande nettezza quali dovesse assumere l'ente provincia.
Abbiamo perso un'occasione e abbiamo dato in pasto questo ragionamento ad una riproposizione stantia, a volte molto fattuale, presa dal clima dei costi della politica, per immettere dentro quella discussione elementi di non verità e di grande demagogia.
Se vogliamo svolgere un ragionamento molto serio, credo che sia l'occasione di rimetterci in sintonia con quella filosofia che aveva ispirato la riforma del Titolo V, con le sue modifiche e le sue storture.
Al Governo va rimproverato un limite vero: per noi (questa è stata sempre la posizione del Partito Democratico), l'istituzione dell'area metropolitana e dei suoi obiettivi (l'aver deciso quali fossero)...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SESA AMICI. ...comportava, proprio per questa necessità, la razionalizzazione secondo la quale laddove si istituiscano le aree metropolitane venga meno l'istituzione provincia.
Nemmeno questo intervento, in tale occasione, è stato compiuto: è un elemento di gravità di cui vi assumete tutta la responsabilità, proprio mentre inizia un dibattito che non ci convince e che corre il rischio di alimentare quello spirito dell'antipolitica sul quale tanti colleghi, in maniera molto precisa, hanno argomentato in questa sede (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto che anche il gruppo del Partito Democratico ha esaurito i tempi aggiuntivi concessi dalla Presidenza. La Presidenza, come ha già fatto in precedenti circostanze, consentirà ai deputati appartenenti a tale gruppo di svolgere brevi interventi della durata di un minuto, da imputare ai tempi previsti dal contingentamento per gli interventi a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale. Troppe chiacchiere federaliste e pochi fatti: questo è il succo. Noi dell'Unione di Centro, da molto tempo, abbiamo posto la questione dell'abrogazione o della forte riduzione delle province: lo abbiamo fatto e lo facciamo, non perché abbiamo un pregiudizio contro le province, ma perché sappiamo che, nella grave crisi economica che attraversa il Paese, troppo a lungo negata da questo Governo, occorre il coraggio delle riforme e occorrono tagli drastici della spesa pubblica.
Però, voi mantenete le province e le moltissime società pubbliche locali e aggiungete anche un Ministero inutile per il federalismo. Non va bene!
Noi dell'Unione di Centro vi abbiamo sfidato in modo costruttivo: più fatti per i comuni, per le famiglie e per le piccole e medie imprese e meno chiacchiere federaliste. Questa sfida la state perdendo!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Borghesi 13-bis.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 30

Onorevoli Patarino, Di Virgilio, Pugliese, Petrenga, Biasotti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 503
Votanti 294
Astenuti 209
Maggioranza 148
Hanno votato
25
Hanno votato
no 269).

Prendo atto che l'onorevole Nunzio Francesco Testa ha segnalato che avrebbe voluto astenersi e che l'onorevole Misiti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Ciccanti 13-bis.02.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, va fatta una premessa per illustrare questo articolo aggiuntivo: il gruppo dell'Unione di Centro ha presentato una proposta di legge costituzionale per modificare l'articolo 133 della Costituzione e per abolire le province.
Detto questo, osserviamo che un Paese grande come la Germania, con 80 milioni di persone e che ha un sistema federale con i Länder, non prevede le province: esistono invece delle forme di governo dell'area vasta a geometria variabile, fondate sull'unione di comuni. Se ciò è possibile in Germania, che funziona bene come pubblica amministrazione, non vediamo perché non sia possibile anche in Italia.
Un'altra considerazione di contesto: ci siamo trovati di fronte al decreto-legge recante la manovra finanziaria, il cui articolo 5 prevedeva che le province con meno di 220 mila abitanti fossero abolite.
In mancanza dei requisiti di necessità e urgenza, quella norma è stata espunta e si è passati all'articolo 14 del presente provvedimento, che era all'esame della I Commissione affari costituzionali, che stava discutendo la Carta delle autonomie; con un emendamento del relatore, il presidente Bruno, si è prevista una delega al Governo che prevedeva il limite di 200 mila abitanti, cioè un limite inferiore rispetto a quello precedente, per la soppressione delle province.
Il Ministro Bossi ha ritenuto che, poiché le province abolite sarebbero state solo quattro secondo il criterio dei 200 mila abitanti, il risparmio era esiguo e quindi non andava fatto niente.
Qui si inserisce questo articolo aggiuntivo. Abbiamo ripreso in pieno l'emendamento in Commissione del presidente Bruno dicendo che, se 200 mila abitanti non era una sfida utile per determinare una razionalizzazione della pubblica amministrazione e, conseguentemente, un risparmio finanziario, prevediamo il limite minimo di 500 mila abitanti.
Il criterio di 500 mila abitanti, però, non nasce a caso, perché fa riferimento al fatto che tra 250 mila e 500 mila abitanti vi sono il 45 per cento delle province...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

AMEDEO CICCANTI. ...che rappresentano il 43 per cento della superficie totale.
Non è, quindi, un numero a caso, ma è una sfida - e concludo, signor Presidente - che lanciamo alla maggioranza, per affermare che il coraggio che non hanno avuto loro, per la riduzione del danno, lo abbiamo avuto noi. Li sfidiamo dunque adesso (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). ..

PRESIDENTE. Avverto che anche il gruppo dell'Unione di Centro ha esaurito i tempi aggiuntivi concessi dalla Presidenza. Come già fatto in precedenti analoghe circostanze, consentirò ai deputati appartenenti a tale gruppo di svolgere brevi interventi della durata di un minuto, da imputare agli interventi a titolo personale.

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 31

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, chiedo scusa, ma non ho capito bene quello che ha appena detto.

PRESIDENTE. Ho detto che il gruppo dell'UdC ha esaurito i tempi aggiuntivi che erano stati richiesti e che gli ulteriori interventi saranno computati tra quelli a titolo personale.

PIER FERDINANDO CASINI. Noi avevamo quindi già usufruito dei tempi aggiuntivi?

PRESIDENTE. Sì, tant'è che ho parlato di ulteriori tempi.

PIER FERDINANDO CASINI. Grazie, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, voterò a favore di questo articolo aggiuntivo e chiedo di sottoscriverlo, perché ritengo che sia congruente con la storia del Partito Repubblicano e con il progetto di legge che io stesso ho presentato alla Commissione competente per l'abolizione delle province.
Pertanto, sottoscrivo l'articolo aggiuntivo e preannunzio su di esso il mio voto favorevole perché lo trovo congruente con la proposta di legge che ho presentato io stesso alla Commissione competente, presieduta dall'onorevole Bruno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il mio voto su questo articolo aggiuntivo, ma soprattutto per dichiarare che proprio sulla questione delle province questo Governo ha dimostrato quale sia il suo modo di procedere in ordine alle riforme: solo annunci da lanciare in campagna elettorale senza atteggiamenti conseguenti! Vi sono diversi modi di governare: voi sulle riforme avete scelto il peggiore (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Poli. Ne ha facoltà.

ANTONIO DE POLI. Signor Presidente, credo che proprio su questo articolo aggiuntivo abbiamo visto, ancora una volta, come non vi sia un'attenzione verso le famiglie, le persone, i cittadini, né si realizzino il contenimento dei costi e la sburocratizzazione.
Proprio in queste ore assistiamo a presidenti di regione e sindaci di comuni che compiono la disobbedienza fiscale: credo che sia una cosa veramente gravissima per le istituzioni e mi riferisco chiaramente, in modo particolare, alle istituzioni del Veneto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, mi rivolgo alla maggioranza: voi pensate davvero che per governare questo Paese ci vogliano 8.200 comuni, 103 province, 20 regioni, uno Stato con due Camere? Ritengo che questi livelli istituzionali vadano ridotti: noi non ce l'abbiamo con le province, ma riteniamo semplicemente che le competenze che oggi sono delle province possano essere attribuite ad 8 mila comuni o alle venti regioni senza che il nostro sistema decisionale ne risenta (anzi, costerebbe meno e funzionerebbe meglio).
Non si può fare una lotta ai costi della politica difendendo prima di tutto i compagni di partito: ci vuole più serietà, soprattutto nei momenti in cui chiediamo sacrifici alle famiglie italiane (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

Pag. 32

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, ci apprestiamo a votare tra poco una manovra finanziaria che imporrà veramente sacrifici alle famiglie (si rischia, ad esempio, di chiudere le scuole), con la scusa che non si riescono a reperire i fondi da altre parti, mentre, se facessimo una manovra semplicissima - quella di tagliare intanto le province -, troveremmo tanti fondi per dare risposte vere e serie ai problemi del nostro Paese.
Credo che questo sia il percorso peggiore che si possa fare se si vuole veramente pensare al bene comune e credo che questa maggioranza e questo Governo diano in questo momento un pessimo segnale, soprattutto con questo provvedimento e con questo articolo in particolare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, siccome il relatore è anche il presidente della Commissione, ma è assente, forse converrebbe stabilire una brevissima sospensione per concedere al presidente e a tutti noi una breve pausa tecnica per poter poi riprendere agevolmente, altrimenti una serie di colleghi rischia di non poter esercitare il proprio diritto di voto, così come sta facendo il presidente.
Tra l'altro non potremmo neppure proseguire formalmente i lavori, perché il presidente è anche il relatore del provvedimento.

PRESIDENTE. Ritengo che il presidente si sia allontanato per un'esigenza personale...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruvolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, intervengo per affermare ancora una volta - ovviamente parlo a titolo personale - che questo è il Governo del fare, ma del fare male. Lo avete dimostrato proprio in questi giorni e in questa seduta in particolare.
Parlate sempre agli italiani di fare dei sacrifici e poi mantenete all'inverso le vostre promesse, ovvero mantenete le province, fonte di uno spreco che noi, ancora una volta, denunciamo. Parlate di federalismo. Ma di quale federalismo? Vi porto un esempio molto chiaro: è stato attuato il federalismo per l'agricoltura, ma ha creato solo delle risorse in più, che vengono spese malamente sempre condannando il settore dell'agricoltura. Ve lo abbiamo sempre detto a chiare lettere e voi continuate su questa strada!
Ecco dunque il perché non siete più credibili. Abbandonate tale disegno di legge che è davvero scandaloso per il Paese!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, con tale articolo aggiuntivo, che invito tutti a leggere e a votare, dimostriamo un'altra volta un modo di fare politica che, secondo me, è un poco diverso. Spieghiamo quello che vorremmo - e lo mettiamo per iscritto - ovvero abbandonare una vecchia e brutta usanza per cui quanto si dichiara qui in Aula poi non viene fatto all'esterno e viceversa.
Guardate quello che è avvenuto nella gestione da parte delle province di tutte le emergenze del Paese: il Governo è dovuto intervenire a vario titolo e varie volte. Ciò che sta succedendo in Campania in questi giorni lo dimostra ancora di più.
Volete prendere atto che bisogna rimettere mano a un sistema delle province che, oltre a costare, oltre ad allontanare i cittadini dai centri decisionali, ci porta anche a non risolvere i problemi? Questi sono i fatti, non quelli che vengono additati...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Libè. Chi è? Onorevole Formisano, chiedo Pag. 33scusa, non si agiti, non l'avevo vista. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, non mi agito, intervengo soltanto per confermare ovviamente tutto il disappunto rispetto a un provvedimento di tal sorta e anche per fare una denuncia in Aula, signor Presidente, dal momento che qui si parla di chiedere agli italiani sacrifici.
Nella Commissione attività produttive, di cui sono capogruppo e che ormai da qualche tempo non ha un Ministro di riferimento, è arrivato un decreto del Governo dove veniva indicata una certa somma relativa a un incarico per consulenze e ricerche. Per due mesi ho chiesto di conoscere quali siano tali ricerche e da chi siano state realizzate. È un fatto che voglio denunciare in quest'Aula: non sono stata capace di trovare una ricerca, soltanto tanti soldi sperperati, quando vi sono aziende che stanno chiudendo. Ne voglio citare una della mia provincia per tutte: la Videocon di Anagni, che manda...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Formisano. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, ho sempre sostenuto la necessità di un riordino e di una razionalizzazione delle province, anche perché nel corso degli anni '80, '90 e nei successivi la presenza di tali istituzioni si era molto allungata, dilatata.
Il problema del governo del territorio, della popolazione su territori ampi, con una popolazione dispersa, è un tema che deve essere correlato, come più volte ho detto, anche al tema del riconoscimento costituzionale delle aree metropolitane.
A me pare che tale proposta di delega al Governo andasse nella direzione di imporre una riflessione all'intero Parlamento e a tutte le forze politiche, per trovare una soluzione equilibrata alla gestione dei territori di area vasta, con una popolazione dispersa, diminuendo la spesa e dando una più efficace rappresentanza...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, la nostra critica dura e decisa a questa mancata eliminazione delle province e a un mancato riordino territoriale trova conferma nel successivo articolo.
In esso si parla addirittura di «conseguente revisione degli ambiti territoriali degli uffici decentrati dello Stato»; pertanto gli uffici dello Stato, a cominciare da quelli del Governo, dovranno modificare il proprio assetto territoriale, mentre gli ambiti provinciali rimangono gli stessi. Questa è la prova provata che si riconosce la giustezza delle nostre osservazioni, ma non si ha il coraggio di portarle avanti, perché vi sono ormai dei condizionamenti forti...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, mi scuso con lei se adopero una certa insistenza; però, anche per rispetto della discussione in Aula, i colleghi stanno svolgendo degli interventi che avrebbero bisogno di una maggiore attenzione da parte di chi ha la responsabilità di seguire il dibattito in Aula, il presidente e il relatore, che in questo caso è rappresentato da un'unica persona. Siccome sono più di cinque minuti che è assente,...

PRESIDENTE. È appena comparso.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. È appena comparso; ma, signor Presidente, se compare...

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, era presente la vicepresidente della Commissione, l'onorevole Santelli. Lei sa comunque Pag. 34che, a termini di Regolamento, è tutto in regola: vi era anche l'onorevole Santelli. Comunque, è anche rientrato l'onorevole Bruno.

DONATO BRUNO, Relatore. Sono presente anche da prima!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, mi rivolgo ai Ministri Brunetta e Calderoli, che sono sempre molto attenti ai costi della politica: il necessario prezzo della democrazia non giustifica costi così elevati di essa! Ci rivolgiamo allora alla maggioranza, ed in particolare al Popolo della Libertà, per chiedere un atto di coraggio. Come diceva Manzoni, «il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare»; molti deputati del PdL hanno però sottoscritto proposte di legge costituzionali per abolire le province: chiedo a questi colleghi di avere un po' di coraggio e di votare l'articolo aggiuntivo in esame per andare verso l'abolizione delle province. Tirate fuori il coraggio, e vedrete che i costi della politica diminuiranno (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mondello. Ne ha facoltà.

GABRIELLA MONDELLO. Signor Presidente, mi associo anch'io a quanto hanno detto i miei colleghi di gruppo. Da tempo in tutte le manifestazioni pubbliche vado sottolineando la mancanza di coerenza del Governo: si era infatti detto di abolire le province per dare un segnale a questo Paese, così martoriato da una profondissima crisi economica. Credo che molti colleghi deputati come me soffrano nel sentirsi additare come una casta privilegiata, che influisce sul Paese. Compiamo oggi un atto di coraggio, procedendo al primo passo verso l'abolizione di un ente che oggi rappresenta pochissimo, in quanto molte delle sue competenze, anzi quasi tutte, sono dei doppioni rispetto a quelle regionali. Credo che se vogliamo veramente dare un segnale dobbiamo mantenere quanto si era pubblicamente promesso in sede di campagna elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luisa Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, mi associo anch'io alla richiesta dei colleghi di ragionare con maggiore freddezza, con maggiore serietà ed oggettività sull'articolo aggiuntivo proposto dai colleghi. Si tratta infatti di discutere di razionalizzazione di un sistema che non tiene, di rivedere gli assetti territoriali, di fornire al Governo dei criteri, che sono generali, precisi, ma comunque criteri per un'azione futura. Siccome la maggioranza parla sempre di essere vicini ai cittadini, questo sistema rende chi governa più vicino ad essi, su ciò non vi sono dubbi: mantenere il sistema così com'è significa non avere la volontà di farlo; e tali risorse, che potrebbero essere risparmiate, potrebbero essere davvero utilizzate per essere vicino ai cittadini. Parlo della scuola: vi sono dei genitori che devono pagare...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nunzio Francesco Testa. Ne ha facoltà.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Signor Presidente, ancora un provvedimento annunciato e non portato a termine. Si taglia sanità, si chiudono i reparti, si limitano i vantaggi per i diversamente abili e, contemporaneamente, si lasciano in piedi le province. Ancora un veto della Lega Nord Padania (e mi rivolgo al Ministro Calderoli, sempre molto attento, ma questa volta poco attento): il nostro articolo aggiuntivo è fatto così a caso, riguarda le province che hanno più di Pag. 35500 mila abitanti e, probabilmente, da parte della Lega Nord Padania è stato fatto qualche calcolo di parte. Invitiamo l'Assemblea a votare questo articolo aggiuntivo che è importante, che dà il coraggio di cominciare a fare ciò che si è promesso (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.

ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, intervengo solo per far presente al Governo che parliamo del riordino delle autonomie locali già dal 1990 e, oggi, arriviamo ancora a riproporre uno schema di organizzazione della pubblica amministrazione con la presenza delle province, che rappresentano una sovrastruttura rispetto alla capacità di dare ai comuni competenze che possono gestire più direttamente con riferimento ai cittadini che rappresentano. La cosa grave non è che non si aboliscono le province sotto i 500 mila abitanti, ma che non si dà avvio, dopo venti anni, al riordino delle aree metropolitane, con la conseguente abolizione delle province. Prendiamo il caso di Roma, Milano, Torino, Napoli, di tutte le grandi aree urbane del Paese, che continuano ad avere l'incapacità di gestire i propri...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Dionisi. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, quello che sembra sorprendente è che dall'opposizione si levi una voce per ottenere che uno di quelli, che è stato un punto qualificante della campagna elettorale del centrodestra, possa essere tradotto in termini concreti. È strano che, dopo aver tanto sostenuto che le province andavano abolite, con una lotta concreta agli sprechi, adesso debba venire dall'opposizione una richiesta in questo senso. C'è una contraddizione profonda nel momento in cui parliamo di crisi, di mancanza di risorse, e anche di livelli concreti di conflittualità che si stabiliscono a livello dei governi locali; livelli di competitività che lasciano francamente sbalorditi i cittadini che trovano una specie di accanimento burocratico a causa del quale non riescono a venire a capo di scelte che toccano la riorganizzazione della piccola-media impresa, l'organizzazione delle famiglie, l'organizzazione dei nidi di assistenza per le madri e tutto questo non viene...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Binetti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, l'unico modo per affrontare seriamente il dibattito sulle province è quello che proponiamo attraverso questo articolo aggiuntivo, ossia un articolo aggiuntivo che va in direzione della razionalizzazione di questo ente di cui tanto si discute. E, oltretutto, questa è la strada che era stata indicata dalla maggioranza, con un emendamento del presidente Bruno, per cui non capiamo davvero come non si sia voluta affrontare la questione delle province nel senso di capire quali sono quelle che possono svolgere davvero le funzioni di area vasta. Il dibattito non è decollato mai perché è un dibattito tutto ideologico: abolizione sì, abolizione no. E, invece, questa è l'unica strada. Ecco perché sfidiamo e vi sfidiamo, ancora una volta, a capire che l'unico modo per salvare questo ente, anche dal punto di vista della storia del nostro Paese, è quello di procedere ad una razionalizzazione attraverso una notevole riduzione del loro numero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.

NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, credo che oggi, in questo momento particolare in cui si chiedono dei sacrifici grossissimi agli italiani, siamo di fronte ad Pag. 36una situazione molto difficile. Durante la campagna elettorale era facile dire quello che si promette a tutti, ma, poi, arriviamo agli atti concreti e non riusciamo a portare in fondo nessuna riforma strutturale in questo Paese.
Facciamo manovre in cui tagliamo a destra e a manca per vedere di superare il momento, ma quando bisogna prendere decisioni importanti e riorganizzare lo Stato (sono trent'anni che non facciamo una riforma in questo Paese) troviamo ognuno che per la propria bottega cerca sempre di portare avanti i propri interessi e mai quelli della comunità. Quindi, anche in questo momento e con il provvedimento in esame, ora che sarebbe giusto e sarebbe il momento di riorganizzare e di dare la possibilità di togliere quelle spese superflue che non servono a nessuno...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Poli. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente e soprattutto signori rappresentanti del Governo, come sapete e come sappiamo tutti state per varare una manovra di lacrime e sangue, di sacrifici, lo ripetete ogni giorno. Dite sempre che non sapete mai dove tagliare, non sapete mai cosa tagliare e i 1.200 emendamenti presentati dalla stessa maggioranza sono a riprova della vostra confusione e delle vostre contraddizioni.
Per le uniche cose serie che avete proposto sin dalla campagna elettorale, come ad esempio l'abolizione delle province, avete la fortuna di avere dalla vostra parte anche l'opposizione, che si fa carico, con grande senso di responsabilità, di condividere questa scelta, che sarebbe certo traumatica, ma per tutti, non soltanto per la maggioranza. Non andrete da nessuna parte se almeno su questo non darete un segnale di coerenza. Non basterà questa manovra e non basterà la prossima che dovrete fare fra due mesi perché i fondi non saranno sufficienti. La coperta è troppo corta e le province sarebbero un gran bel pezzo di stoffa (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

SALVATORE RUGGERI. Signor Presidente, nei prossimi giorni ci apprestiamo a votare una manovra finanziaria dove tra l'altro le entrate verranno per la maggior parte da un'ipotetica evasione fiscale. A questo punto noi diamo la possibilità a tutti voi di potere risparmiare con l'abolizione delle province. Tutti quanti abbiamo fatto uno spot in campagna elettorale, dicendo: «Aboliremo le province». Poi, questo spot è passato nel dimenticatoio e oggi le province non possono essere abolite. Noi vi diciamo: almeno cerchiamo di abolire le province al di sotto dei 500.000 abitanti, anche perché così ci verrà data la possibilità e verrà data la possibilità a tutti gli italiani di iniziare a razionalizzare questi costi, che tanto stanno penalizzando oggi le casse dello Stato e tanto stanno penalizzando i cittadini. Noi vi chiediamo inoltre...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ruggeri. Onorevole Cera, mi dispiace ma non le posso dare la parola perché, come già detto prima, a termini regolamentari non può intervenire a titolo personale un numero di deputati inferiore alla metà del gruppo. I vostri interventi sono stati 19: mi dispiace, ci è andato pelo pelo...
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Ciccanti 13-bis.02, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Migliori? Onorevole Napoli? Onorevole Zinzi? Onorevole Armosino? Onorevole Dal Lago? Onorevole Antonino Foti? Pag. 37
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 514
Votanti 331
Astenuti 183
Maggioranza 166
Hanno votato
68
Hanno votato
no 263).

Prendo atto che il deputato Mannino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Pisacane ha segnalato che non è riuscito a votare.
Dobbiamo ora passare ad un serie a scalare composta da quattro articoli aggiuntivi, che si differenziano tra di loro esclusivamente per il numero di abitanti da cui deve essere composta ciascuna provincia. In base all'articolo 85, comma 8, del Regolamento, come applicato nella prassi costante, la Presidenza porrà in votazione il primo articolo aggiuntivo, Borghesi 13-bis.03 e l'ultimo della serie, Donadi 13-bis.06.
Passiamo quindi alla votazione dell'articolo aggiuntivo Borghesi 13-bis.03.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, in campagna elettorale eravamo tutti d'accordo per abolire le province. L'unico partito che ha portato in Aula (in Commissione e poi in Aula) la legge costituzionale per l'abolizione delle province è stato l'Italia dei Valori.
Ci viene detto che non era il momento e che si sarebbe riaffrontato seriamente il problema con la Carta delle autonomie locali. In realtà, abbiamo assistito ad un «balletto» tra decreti-legge (con l'articolo 14, più o meno, modificato e ritirato), che porta alla conservazione delle province. Ciò in un momento in cui vi è una crisi drammatica, che richiederà grandi sacrifici alle famiglie più bisognose, lacrime e sangue. Si tratta di una manovra terribile ed annunciata, tuttavia, non si vanno a rintracciare 4 o 5 miliardi di euro attraverso l'abolizione delle province. Noi presenteremo, ancora una volta...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Favia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, per noi il federalismo significava sostanzialmente tre cose: responsabilità, trasparenza e controllo. Tali concetti presuppongono competenze chiare ad ogni livello degli enti locali, semplificazione del numero e dei livelli di essi e, quindi, come conseguenza, capacità da parte degli elettori di distinguere tra chi ha fatto e chi non ha fatto bene, tra chi ha speso e chi non ha speso bene i soldi pubblici.
Questo passaggio richiedeva un intervento coraggioso nel codice delle autonomie in oggetto, volto ad avviare un percorso di semplificazione che portasse all'abolizione delle province, ad una seria aggregazione di comuni e a considerare l'eventualità di abolire, o di modificare, altri livelli di rappresentanza territoriale.
Non si è avuto il coraggio di fare nulla di tutto questo. Ci apprestiamo ad approvare un federalismo che comporterà qualcosa come diecimila o undicimila centri di spesa in Italia. Insomma, vi sono le premesse per un federalismo «spendaccione», che non sosterremo mai.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, diventa difficilissimo capire quanto detto da alcuni colleghi parlamentari in quest'Aula. Infatti, fino a qualche anno fa, coloro i quali stanno sostenendo che non deve essere realizzata l'abolizione delle comunità montane, né di alcune province, né dei consorzi di bonifica, a gran voce, all'interno di questo Parlamento, gridavano che si stavano sperperando i soldi pubblici. Pag. 38Era un discorso unanime all'interno delle fila della maggioranza e sponsorizzato da alcuni parlamentari dell'opposizione.
Non si riesce a capire, a distanza di cinque anni, come si sia potuta prendere una posizione completamente diversa. È difficile che il cittadino possa avere fiducia in determinati parlamentari, che sostengono una cosa la mattina, mentre, nel pomeriggio, ne fanno un'altra. Pertanto, cari colleghi, dovremmo fare una riflessione...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scilipoti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, in precedenza ho sentito una collega affermare che è necessario rinviare la discussione ad un provvedimento di natura costituzionale. Fate in fretta una riflessione, perché, entro il prossimo trimestre, ritroverete in Aula la proposta di legge costituzionale concernente l'abolizione delle province, e allora, non vi sarà più scampo.
Vorrei, inoltre aggiungere che avete detto «no» alle province e che intendete abolirle dove vi sono le città metropolitane. Ebbene, nel codice delle autonomie in oggetto anche questa indicazione è scomparsa. Non è scritto più nulla: si rinvia soltanto alla legge n. 42 del 2009, ma nel provvedimento in esame non è scritto da nessuna parte. Credo che almeno questa precisazione vada rafforzata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, in Friuli-Venezia Giulia vi è la provincia di Trieste, che coincide esattamente con la città capoluogo di regione ed altri piccoli cinque comuni della fascia del Carso. Anche in questo caso, da anni, si discute dell'abolizione della provincia, per realizzare, invece, una città metropolitana. È notizia di ieri la presentazione di una proposta di legge popolare volta a perseguire questo disegno. Vi è una sclerosi da parte della politica nazionale e regionale, tesa a «predicare bene e razzolare male».
Continuiamo ad annunciare grandi riforme istituzionali e poi all'atto pratico continuiamo invece a mantenere queste organizzazioni intermedie che creano solo volumi di spesa e poca efficienza. Ricordo che il 60 per cento dei bilanci delle province è dedicato alla loro....

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Monai.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, si è persa una occasione importante per procedere effettivamente ad una razionalizzazione dei poteri locali. Noi crediamo che l'efficienza nell'amministrazione pubblica a livello territoriale debba prevedere l'eliminazione degli organismi intermedi. Crediamo che tutto si possa gestire a livello di regione e a livello di comuni o di associazioni di comuni. Si deve incrementare questa forma importante di solidarismo politico ed amministrativo, la si deve incrementare e incentivare con risorse economiche e con l'attribuzione delle risorse e del personale attualmente in carico alle province a queste ulteriori strutture intermedie. Crediamo che come avviene in molti altri Paesi, noi non possiamo più mantenere...

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Palomba.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, con la Carta delle autonomie locali e il provvedimento sul federalismo fiscale voi avevate annunciato con la banda proprio questi due momenti, descritti inoltre come due binari paralleli, invece ogni binario va per i fatti propri. Non avete Pag. 39avuto il coraggio di tagliare nulla, non solo le province. Un coraggio lo avete avuto: quello di lasciare le cose così come stanno e, nei vari rimaneggiamenti che si sono avuti in Commissione, la Carta delle autonomie è stata ridotta veramente a brandelli. Non vi è stato proprio il coraggio politico di compiere un'operazione che sarebbe stata accolta molto bene da tutti, perché quando si parla di risparmio credo che tutti gli italiani siano d'accordo e non solo noi. Però per fare questo bisogna avere coraggio e sicuramente, come si diceva nel caso di don Abbondio...

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Di Giuseppe.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, stiamo parlando di federalismo, di autonomie, di riorganizzazione a partire dalle province ma la parola organizzazione è una parola impegnativa, è un qualcosa di impegnativo che richiede obiettivi chiari, idee chiare, soprattutto coerenza nel perseguire questi obiettivi. Questa maggioranza pare avere le idee confuse, degli obiettivi confusi, e, al di là di tante promesse fatte ai propri elettori per accalappiare un voto, è una presa in giro, alla resa dei conti sta perdendo un po' la bussola, sta perdendo l'obiettivo, sta perdendo la direzione che va verso la responsabilizzazione delle realtà locali, quella responsabilizzazione nella quale abbiamo creduto e crediamo noi dell'Italia dei Valori, tant'è che siamo per l'abolizione delle province, per l'abolizione dei costi inutili della pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, abbiamo cercato di contenere i costi dell'amministrazione, ci sono provvedimenti nella manovra che riducono le indennità ai consiglieri provinciali, comunali, azzerano le indennità ai consiglieri delle circoscrizioni, ma i costi non stanno solo in quei dieci o quindici o trenta amministratori pubblici, i costi stanno dentro l'amministrazione pubblica e i costi non sono solo quelli del personale e dell'ente stesso, che si sovrappone ad altri, ma il costo che creiamo ai cittadini, perché continuiamo a mantenere passaggi burocratici. Siccome nel frattempo ci sono state modifiche nell'ordinamento amministrativo e si cerca di farne ancora, credo che dovrebbero essere fatte in funzione dell'economia delle singole famiglie, dell'economia dei cittadini e dell'economia delle imprese. Noi possiamo farlo...

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Piffari.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, credo che i colleghi si stiano interrogando sul perché tutti i parlamentari dell'Italia dei Valori e anche dell'Unione di Centro intervengano a sostegno degli emendamenti che vanno nella direzione di abrogare le province.
La risposta è semplicissima perché, a seguito della riforma e dell'avvio delle regioni, la presenza e l'attività, insomma l'esercizio istituzionale delle province, francamente, non ha più molto senso. Si raddoppiano i costi, alcune regioni addirittura non hanno delegato ulteriori funzioni alle medesime province, le quali continuano ad esercitare le stesse funzioni che svolgevano prima che le regioni esistessero, ossia prima del 1970. Abbiamo proposto un disegno di legge di riforma costituzionale che andava esattamente in questa direzione. Ci auguravamo che il Parlamento lo prendesse in seria considerazione...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cambursano.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Razzi. Ne ha facoltà.

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ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, credo che il Ministro Calderoli sappia che l'abolizione delle province sarebbe una grande risorsa per tutti i comuni d'Italia, per gli oltre 8 mila comuni, i quali, laddove venisse approvata la proposta di abolire le province, tornerebbero a fiorire. Si tratta, infatti, di uno spreco enorme. I comuni stanno morendo piano piano. Io credo che i comuni debbano vivere perché sono vicini ai cittadini e i cittadini sono la nostra risorsa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, mi verrebbe da dire che, dopo l'ultima nomina del Ministro Brancher - anche lui per questioni che riguardano il federalismo - sono più i Ministri che si occupano di federalismo di quante siano le province che volete tagliare.
Pertanto, mi chiedo e chiedo al Ministro Calderoli se è contento di questo federalismo che, purtroppo, la sua maggioranza gli sta imponendo. Vi stanno facendo fare una sorta di via crucis lungo questa strada del federalismo che noi dell'Italia dei Valori abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere nella sua accezione positiva, come senso di responsabilità del territorio e degli amministratori. Tuttavia, voi siete legati alla difesa dell'orticello e sappiamo bene che molti dei vostri amministratori si trovano nelle province...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Zazzera.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, volevo rivolgere una domanda al Ministro Brunetta e ai colleghi parlamentari del Popolo della Libertà. Durante la campagna elettorale, la Lega ha sostenuto che le province non vanno toccate. Voi avete detto, per tutta la campagna elettorale, che bisogna abolire le province. Finita la campagna elettorale, vi siete accorti che la Lega non ve lo permetteva e avete detto: dobbiamo abolire le province inutili. Io vi dico, cari amici della Lega: lasciateglielo fare. Troviamo una provincia in modo che almeno lo slogan abbia avuto un risultato: concedete loro una provincia da eliminare, così almeno salveranno la faccia!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pirovano. Ne ha facoltà.

ETTORE PIROVANO. Signor Presidente, potrei essere perfettamente d'accordo - e parlo da presidente della provincia di Bergamo - sull'eliminazione delle province, ma ad una condizione: se le province sono inutili, significa che sono inutili anche i dipendenti che lavorano nelle province. Allora io propongo di chiudere le province, di licenziare tutti i dipendenti e di mandarli a reintegrare le scarse fila dei dipendenti comunali, i quali da trenta o quarant'anni sono, per i due terzi, in esubero rispetto ai comuni del nord, e comunque percepiscono gli stipendi come tutti gli altri dipendenti. Ci sono comuni di 15 mila abitanti al nord con 95 dipendenti, e al sud con 320 dipendenti.

ROLANDO NANNICINI. Ma dove l'hai letto?

ETTORE PIROVANO. Propongo di aiutare questi dipendenti che hanno troppo lavoro e che percepiscono lo stipendio utilizzando le tasse dei comuni del nord, e credo che ci metterò anche i 740 dipendenti della provincia di Bergamo, i quali da oggi sanno che sono assolutamente inutili (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, noi eravamo già intervenuti su un Pag. 41altro articolo, nella seduta precedente, sul tema delle province. Ribadiamo che ci asterremo sulle proposte emendative relative a questi articoli perché, secondo noi, l'obiettivo che si vuole perseguire ha bisogno di essere orientato sulla procedura costituzionalmente corretta: se si vogliono rivedere le circoscrizioni provinciali, bisogna modificare l'articolo 133 della Costituzione che prevede che siano i comuni che fanno parte delle province a chiedere di modificare la circoscrizione provinciale.
Con queste proposte emendative non si riesce ad ottenere il risultato che si vuole ma solo quello di sottolineare la contraddizione, in particolare del Popolo della Libertà, che ha contrabbandato in tutte le sedi, anche televisive...

PRESIDENTE. Grazie onorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

ANGELO CERA. Signor Presidente, volevo ricordare al presidente della provincia di Bergamo che se nel sud ci sono comuni con 300 impiegati, è altrettanto vero che al nord (Sondrio) ci sono comuni con 30 abitanti. Vorrei quindi capire se quando parlate si esce più coerenti dicendo sempre la verità.
Ministro Calderoli, credo che la Lega in questa occasione ha dimostrato - anche alla vostra gente - che sapete predicare bene e razzolare malissimo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, vorrei qui prendere spunto dall'intervento del collega Pirovano che stimo molto.
Ritengo sia sbagliato parlare in termini di contrapposizione nord - sud. Questo ritornello è dannoso al Paese e anche ai rapporti che abbiamo all'interno di quest'Aula. Voglio dire all'onorevole Pirovano che nessuno ha chiesto di mandare a casa i dipendenti della provincia di Bergamo. Abbiamo detto, invece, che possono andare a casa molti presidenti, molti assessori, molto potere politico, e non i dipendenti che verrebbero a svolgere il loro meritevole lavoro sotto altri enti, o unioni di comuni, o altre province più grandi. Rimettiamo i puntini a posto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannarilli. Ne ha facoltà.

ANTONELLO IANNARILLI. Signor Presidente, ho voluto prendere la parola perché non resistevo più a sentire la grande demagogia che c'è in quest'Aula (Commenti). Caro onorevole, è inutile che fai con la mano..., non so nemmeno come ti chiami. Questa demagogia è inaccettabile.

PRESIDENTE. Onorevole Iannarilli, per cortesia, lei si deve rivolgere alla Presidenza.

ANTONELLO IANNARILLI. Signor Presidente, sto parlando sul tema delle province.
È inaccettabile ascoltare ciò che ho sentito da parlamentari (perché siamo in un Parlamento). Dopo la mia esperienza di consigliere comunale, consigliere regionale e assessore, credo che se vi è un luogo dove non si fa nulla questo è il Parlamento italiano, non nelle province e non nei comuni! E non possiamo lasciare insultare, quando sentiamo un qualcuno che parla dalla casta degli assessori e dei presidenti di provincia.
Non so se i colleghi sanno quanto prendono gli assessori provinciali: 1500-1800 euro al mese, e debbono rispondere al cittadino.
Caro Presidente, qualcuno ha addirittura detto che le province sono discariche a cielo aperto; credo si dovrebbe vergognare di trattare gli enti locali e i territori in questo modo. Abbiate il coraggio, conseguentemente a quello che avete detto, di far dimettere i vostri consiglieri provinciali in tutte le province (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Abbiate il coraggio non di rendere...

Pag. 42

PRESIDENTE. Onorevole Iannarilli, il linguaggio deve essere da parte di tutti, nei confronti di tutte le istituzioni, consono.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei rivolgermi all'onorevole Iannarilli che è presidente di una provincia.
Vorrei rassicurare l'onorevole Iannarilli che noi rispettiamo lei come tutti i presidenti delle province che sono in Aula e come tutti i presidenti delle province in Italia. Rispettiamo tutti gli assessori e tutti i consiglieri comunali ma rivendichiamo, con molta semplicità, una cosa che capisco che per alcuni sia imbarazzante, vale a dire la coerenza tra quanto abbiamo affermato in campagna elettorale e quanto facciamo oggi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Non vogliamo dare lezioni a nessuno. Noi rispettiamo tutti. In campagna elettorale abbiamo detto quello che l'onorevole Veltroni, da un lato, e l'onorevole Berlusconi, dall'altro, hanno affermato insieme a noi, cioè che, se governeremo il Paese, ci proporremo di abolire le province. Voi governate il Paese e chiediamo semplicemente di fare quello che avete promesso e basta (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, credo che questa discussione sulle province abbia bisogno di una piccola messa a punto e questo non per criticare gli interventi che finora sono stati svolti. Cari colleghi, ovviamente ho grande rispetto per le considerazioni che sono state svolte e da ultimo anche per la coerenza dell'onorevole Casini rispetto agli impegni elettorali. Tuttavia, onorevole Casini, credo che il Parlamento, nella sua sovranità, debba avere contezza della questione che stiamo affrontando e debba farlo non con quella semplicità, che pure è auspicabile, perché qui stiamo parlando di una questione molto complessa e molto delicata.
Personalmente penso - e non da oggi - che il tema relativo all'abolizione o meno delle province rischia di fuorviare il ragionamento complessivo che bisognerebbe fare sui livelli dei sistemi dei poteri locali e territoriali.
Le dico questo perché in Europa...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, io non ho mai parlato.

PRESIDENTE. Onorevole Moffa, lei sta intervenendo a titolo personale. Prima di lei hanno già parlato membri del suo gruppo.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, in Europa il tema del governo e della governance dell'area vasta è un tema molto delicato e complesso che va affrontato, credo, non attraverso interventi sporadici o cogliendo l'occasione di qualche riforma per aggrapparsi all'impegno elettorale, ma cercando di capire se davvero sia utile o meno un governo di area vasta, che si possa chiamare provincia o in altro modo, ma che pone certamente il tema della razionalizzazione dei sistemi di potere locale e della, come dire, necessità di asciugare i livelli rappresentativi. Tuttavia, rimane intatto il problema di come andare a governare un sistema che ci estrometterebbe anche dalla possibilità di cogliere le opportunità europee.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,30)

SILVANO MOFFA. Infatti, lei sa meglio di me che oggi ci sono risorse per l'area vasta e per lo sviluppo locale, in termini di area vasta, che devono essere intercettate. Dunque, quando faremo un Pag. 43dibattito serio su questo argomento per capire se è necessario o meno eliminare la provincia?
Questo è il tema sul quale dovremmo riflettere e non stabilire se bisogna individuare un livello demografico. Non ho mai visto delimitare una competenza solo ed esclusivamente in base al livello demografico. In Europa si parla in termini di sviluppo locale e di parametri socio-economici. Parliamo di questi se vogliamo parlare in termini seri delle questioni provinciali (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, intervengo solo per fare una riflessione, se vuole un po' amara, sull'inutilità di questa discussione, perché ci stiamo accanendo a discutere di razionalizzazione delle province. Abbiamo discusso addirittura della loro abolizione, abbiamo discusso del costo della politica e della riduzione delle indennità. Però, probabilmente la vera discussione da fare sul futuro degli enti locali non sta nel provvedimento che stiamo analizzando oggi, ma nella manovra che esamineremo tra qualche settimana. In quella manovra vi sono tagli per 24 miliardi e di questi 14 sono tolti agli enti locali, ossia alle regioni, alle province e ai comuni. Non si tratta di tagli agli enti locali in quanto tali ma ai cittadini di quegli enti locali e, quindi, ai bambini, agli anziani, ai lavoratori pendolari e ai disabili.
Voi, come maggioranza, recitate la parte di quelli che difendono addirittura l'ente provincia.
Vorrei richiamare tutti, però, sul fatto che tra qualche settimana porterete in Aula un provvedimento nel quale preparate la loro morte per asfissia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, l'onorevole Moffa con molta cortesia, rispondendo al presidente Casini, ha ammesso che il tema della discussione sul ruolo delle province e sul loro riassetto e razionalizzazione esiste, dunque al di là delle polemiche e delle promesse della campagna elettorale.
Ebbene, noi chiediamo soltanto di sapere dove e quando ne potremo parlare, perché, quando abbiamo parlato del federalismo fiscale, ci è stato detto che del ruolo degli enti intermedi se ne sarebbe parlato quando avremmo esaminato la carta delle autonomie; nella carta delle autonomie, attraverso un escamotage della Commissione bilancio, ci è stato detto, come in una specie di gioco dell'oca, di tornare alla delega sul federalismo perché non in quella sede se ne sarebbe parlato. Forse se ne parlerà nella manovra, che è un contenitore totalmente anomalo.
Allora, mentre in Europa la cancelliera Merkel mette addirittura in discussione il ruolo dei Länder in un Paese a forte tradizione federalista, noi siamo ancora incartati su 7 livelli (sette livelli!) intermedi tra il cittadino e lo Stato e poi ci interroghiamo su dove possiamo recuperare le risorse per fare fronte alla crisi. Diteci soltanto, se non qui e non ora, quando potremo parlare di questo benedetto ruolo delle province (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, intervengo solo per precisare che mi sembra abbia poco senso chiedere quando e dove si debba parlare dell'abolizione delle province, perché la Commissione ne ha parlato, le proposte di legge sono state portate in Assemblea, si è svolto un dibattito, e le proposte di legge sono nuovamente in Commissione.
Si chieda in Commissione, nella sede propria, di parlare di questo tema. Capisco che si debbano riempire gli interventi di Pag. 44argomenti per un minuto ciascuno (perché si sta facendo un gioco parlamentare legittimo), ma non entriamo poi in fondo alle questioni, perché il tema istituzionalmente è già bene incardinato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo anche io a titolo personale, anche prendendo spunto da quanto detto ora dall'onorevole Bianconi. Ovviamente ognuno di noi ha la sua opinione (io ho la mia sull'utilità o meno delle province e ovviamente seguirò le indicazioni del gruppo); tuttavia, vorrei dire che la mancanza di un discorso e di un ragionamento serio, onorevole Moffa, non può essere imputata a chi ve lo sta chiedendo. Ogni tanto vi ricordate questo argomento, lo inserite nella manovra economica, poi lo togliete e lo mettete in questo provvedimento, poi ancora nel federalismo fiscale. Tutto questo vi serve esclusivamente - non a lei magari, ma a chi sta con lei - per fare degli spot televisivi e ogni tanto ricordare che voi siete qui per questo.
Fate dichiarazioni, illudete la gente e la prendete anche in giro, e poi immediatamente con l'altra mano fate sparire le cose. Questa è la realtà, ma non si chieda serietà a noi, perché noi vi stiamo chiedendo da tempo un dibattito serio e voi non siete in grado di produrre neanche un dibattito serio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Borghesi 13-bis.03, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Minasso, Sposetti, Martinelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 505
Votanti 318
Astenuti 187
Maggioranza 160
Hanno votato
46
Hanno votato
no 272).

Prendo atto che il deputato Naro ha segnalato che non è riuscito a votare mentre avrebbe voluto astenersi e che il deputato Pisacane ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Donadi 13-bis.06.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, certo che è sempre lo stesso argomento perché quando intervenite dovreste avere perlomeno l'accortezza di fare un piccolo excursus di quanto è avvenuto.
Dite che è la Commissione la sede per discuterne, quando poi il tentativo di abrogazione parziale delle province doveva essere previsto persino in un decreto-legge; dallo stesso è stato poi espunto per essere inserito in un altro provvedimento che è stato addirittura rivisto e rivisitato con una proposta del presidente della Commissione Affari costituzionali, che non mi pare faccia parte dell'opposizione ma della maggioranza, e poi, su volontà di quella stessa Commissione, è stato cancellato completamente.
Allora, scusatemi, qualche cosa non c'è da parte vostra, non date la colpa a chi vi pone questo problema e ve lo riporrà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, tento solo di ultimare l'intervento iniziato sulla proposta emendativa precedente.
Con questa serie di proposte abbiamo tentato di giungere ad una razionalizzazione quanto meno delle province con Pag. 45territori e numero di abitanti decorosi e sufficienti per uno sviluppo ed una gestione normale.
Resta fermo che non vogliamo le province, ma ci stupisce che proposte emendative del tutto similari ad articoli e a norme che voi avete portato in Commissione non trovino la vostra approvazione. Ci auguriamo che, con serietà, le promesse fatte in campagna elettorale vengano mantenute quando vi sarà una nuova proposta, poiché siamo stati presi in giro quando abbiamo presentato la proposta per la prima volta perché c'era stato detto che ne avremmo parlato in quest'occasione.
Spero che siate più seri quando presenteremo nuovamente la proposta di legge costituzionale per l'abolizione...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, si tratta o di enti inutili, quali le province, o di altri enti come Invitalia, l'ente pubblico che deve intercettare gli investimenti per il Mezzogiorno e il finanziamento alle piccole e medie imprese.
Spero di essermi sbagliato a vedere nella mia sfera di cristallo e di aver visto un futuro sbagliato, augurandomi che il Governo non nomini Paolo Torresani, un uomo che è comparso in un'inchiesta della nuova P2 e negli scandali di Phonemedia, perché, se purtroppo dovesse essere nominato alla guida di Invitalia, è davvero...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, avevamo molta fiducia in questo provvedimento pomposamente definito Carta delle autonomie locali.
Dobbiamo invece dirlo, rilevarlo, prenderne atto: siamo fortemente delusi dal risultato cui siamo giunti e cui stiamo giungendo. Abbiamo contato almeno nove livelli istituzionali riconosciuti dalla Costituzione o da legge ordinaria: lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le unioni tra comuni, le comunità montane, i consorzi di bonifica, i bacini imbriferi montani, le circoscrizioni.
Sono tutti livelli istituzionali che in qualche modo usano denaro pubblico sia perché lo alimentano in modo diretto o coattivo in virtù di legge ordinaria (lo Stato, le regioni, le province e comuni) sia in maniera derivata, come ad esempio il caso delle comunità montane...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, comprendiamo che ci possa essere una certa insofferenza con riferimento al fatto che ricordiamo insistentemente la mancanza dell'impegno assunto con gli elettori dal Popolo della Libertà con il suo programma elettorale in relazione all'abolizione delle province.
Lo ha fatto prima l'onorevole Iannarilli. Sono affari suoi: lui è presidente di una provincia, è anche parlamentare, ma fra le due istituzioni non ha avuto alcun dubbio a dire che si lavora di più nella provincia e di meno nel Parlamento. Questo, signor Presidente, è offensivo per tutti i parlamentari. Lui ha una sola scelta: in presenza di due incarichi, dovrebbe sceglierne uno solo. Allora, se non gli va il Parlamento, si dimetta! D'altra parte, se il Parlamento non funziona, questa è responsabilità unica della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, «le province sono tutte inutili e fonte di ingiustificati costi per i cittadini. È pacifico che debbano essere abolite». Non lo dico io, ma lo ha detto Silvio Berlusconi a marzo 2008 in piena campagna elettorale Pag. 46a Porta a Porta. Quindi, lo ha detto a milioni di italiani facendo un patto - io presumo - con questi milioni di italiani. Allora o voi qui oggi state violando un patto che avete fatto in campagna elettorale oppure avete cambiato idea, ma lo dovete spiegare agli italiani, altrimenti non siete seri. Noi evidentemente propendiamo per questa ultima ipotesi: non siete seri (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, penso che questo sia un tema molto importante, che tra l'altro è stato condiviso da molti partiti. Noi lo volevamo affrontare, dando la nostra disponibilità e anche in Assemblea abbiamo proposto una serie di emendamenti per cercare di abbattere la spesa pubblica, di combattere gli sprechi e, invece, in questa sede, non si vuole né sopprimere, né soprattutto razionalizzare.
La razionalizzazione è una parola a noi molto cara. Avevamo pensato, insieme naturalmente ad altri partiti che avevano condiviso questo percorso, di sopprimere le province, le prefetture e anche altri enti di vitale importanza. Prima di tutto, avevate pensato di sopprimerle tutte, poi 18, poi 4...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Paladini...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, stavo sfogliando la rassegna stampa: ci sono importanti rappresentanti del partito di maggioranza che stanno governando oggi le regioni e stanno razionalizzando la spesa delle rispettive amministrazioni. Leggevo che gli assessori della regione Calabria stanno assumendo da esterni i loro autisti, i loro chauffeur: ogni assessore si sta scegliendo con un decreto un autista esterno. Lo stesso valga per quanto sta accadendo nella regione Lazio, dove stanno dando degli stipendi dai 10 ai 12 mila euro a personaggi che non sono riusciti ad essere inseriti nella politica, non essendo eletti: lo hanno fatto dopo con le nomine esterne. Se questa è la politica del risparmio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cimadoro...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, certo è che questo provvedimento presenta un contenuto misero. Non è stata fatta una sola modifica che possa dirsi sostanziale e che poi a tutti gli effetti risolvesse i problemi che in realtà ci sono. Tutti i livelli di competenza, soprattutto i centri di spesa, rimarranno così come sono. Non cambierà proprio nulla e tutti gli enti locali, le comunità montane, i bacini, le circoscrizioni e i municipi rimarranno così come sono. C'è da dire che continueranno a sovrapporsi l'uno all'altro.
È questo che noi dell'Italia dei Valori non vogliamo, una contrapposizione di competenze: questa è la realtà.
È inutile, allora, annunciare la rivoluzione: qui non c'è alcuna rivoluzione, perché non vi è il raggiungimento degli obiettivi e non vi è stato alcun effetto positivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, prima ho ascoltato due colleghi, gli onorevoli Iannarilli e Pirovano, intervenire in qualità di persone che svolgono un secondo lavoro, risentiti per il modo con cui Italia dei Valori ha loro ricordato gli impegni elettorali e le promesse vane. Pag. 47
Vorrei ricordare a questi onorevoli colleghi che l'impegno di tempo e la dedizione della loro capacità sul territorio rappresentano, comunque, delle risorse. Sicuramente i colleghi non hanno il doppio stipendio, ma far mancare la loro presenza sul territorio ed essere qui in Aula è uno spreco del loro tempo e, quindi, è uno spreco di risorsa pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, considerato che di abolizione delle province tout court non si parla proprio, noi, con le nostre proposte emendative, abbiamo proposto al Governo alcune soluzioni intermedie: avevamo previsto la soppressione delle province in base all'entità della popolazione di riferimento, all'estensione del territorio di ciascuna provincia e al rapporto fra la popolazione e l'estensione del territorio, al fine di realizzare le maggiori economie di scala.
Quindi, abbiamo proposto di considerare i territori con popolazione fino a un milione di abitanti, poi quelli fino a cinquecentomila, poi quelli fino a quattrocentomila e, da ultimo, quelli fino a trecentomila abitanti. Pare che nessuna di tali proposte emendative voglia essere presa in considerazione dal Governo. Dobbiamo dedurre, quindi, che non si vuole parlare minimamente dell'abolizione delle province.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, mi rivolgo al Ministro Calderoli - alla cui sensibilità faccio appello -, che sappiamo essere sensibile alla riduzione degli sprechi e al taglio di ciò che non serve ai cittadini.
Non so se il Ministro si renda conto che questa Carta delle autonomie locali è diventata, con il provvedimento in esame, carta straccia: essa, infatti, sarà rinviata ai prossimi cinque anni. Avete promesso - un partito della maggioranza che la sostiene - che avreste abolito le province. Lo avete promesso e non lo avete fatto. Avete detto che avreste ridotto le spese, attraverso una riduzione dei consigli di amministrazione degli enti pubblici compartecipati. Lo avete detto e non lo avete fatto: evidentemente perché non lo potete fare, considerato che partecipate alla torta di «Roma ladrona» tranquillamente seduti al tavolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, in Commissione affari costituzionali ci siamo trovati di fronte ad un emendamento del presidente Bruno che prevedeva quale limite minimo per abolire le province duecentomila abitanti. Il Ministro Bossi, poi, ha detto che in tal modo sarebbero state soppresse solo quattro province e che erano poche. Qualunque persona ragionevole quindi avrebbe proposto di aumentare il limite a duecentocinquantamila o trecentomila abitanti.
Sappiamo che circa 25 province italiane hanno meno di duecentocinquantamila abitanti: venticinque province sono più di quattro, quindi si sarebbe potuto ottenere il risultato di perseguire l'obiettivo del presidente Bruno alzando la soglia. Perché non è stato fatto? Perché elettoralmente si sarebbe pagato un prezzo. Questi, pertanto, non sono dei governanti, ma soltanto persone che galleggiano su un elettoralismo di comodo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, leggo un divertente comunicato dell'ANSA delle 17,39, nel quale nove autorevoli colleghi, parlamentari del PDL, invitano Pag. 48il capogruppo Cicchitto a far mettere all'ordine del giorno una proposta di legge per l'abolizione delle province.
A volte la realtà supera certamente qualsiasi immaginazione ed anche la fantasia.
Però, siccome vorrei ritenere che questi colleghi siano in buona fede, mi permetto sommessamente di ricordare che stiamo discutendo il problema qui e ora e che ora, e non nella prossima campagna elettorale, è il caso di esprimere la propria volontà e il proprio voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, vorrei finire il discorso che ho cominciato prima (in un minuto è sempre complicato). Dicevo che il merito di questi emendamenti, che pure sono impraticabili, secondo noi, dal punto di vista costituzionale, è quello di evidenziare la contraddizione che, in particolare, il Popolo della Libertà presenta su questa materia, avendo in campagna elettorale «solleticato» l'attenzione dell'opinione pubblica su questo punto e poi essendosi comportato in modo assolutamente contraddittorio.
È una contraddizione che non può essere imputata al Partito Democratico - lo dico al collega Casini - perché in campagna elettorale l'onorevole Veltroni, come ognuno di noi, ha detto che eravamo per l'abolizione delle province coincidenti con le città metropolitane, cosa che confermiamo e continuiamo a confermare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Donadi 13-bis.06, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Fioroni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 500
Votanti 327
Astenuti 173
Maggioranza 164
Hanno votato
65
Hanno votato
no 262).

Prendo atto che i deputati Scalia, Misuraca e Mazzuca hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Pisacane ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Donadi 13-bis.08.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà, per un minuto.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo perché, per quel che riguarda la problematica degli uffici e della loro regolamentazione, pensiamo che anche per le prefetture vi siano dei problemi analoghi a quelli delle province.
Le prefetture hanno un costo complessivo (che non è ovviamente di natura semplicemente strutturale, perché riguarda anche spese effettive, come i vigili del fuoco e così via) di circa 18 miliardi di euro. Ma all'interno di questa somma, vi è circa un miliardo di costi che riguarda aspetti come gli affitti e il personale per delle competenze che sono assolutamente ridicole, se rapportate al costo che viene sostenuto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ribadiamo in continuazione sempre la solita riflessione, ma credo che non vi sia né la voglia né la volontà di ascoltare da parte di coloro i quali dovrebbero farlo ed essere richiamati Pag. 49agli interventi di qualche anno fa, secondo cui alcuni enti inutili dovrebbero essere aboliti.
Ma non si ha l'interesse di ascoltare completamente: è un Parlamento non muto, ma sordo, perché non riesce a sentire nemmeno le parole che sono state pronunciate dai parlamentari qualche anno fa, che sono oggi nella maggioranza, in posizione leggermente diversa rispetto al passato, quando avevano affermato determinati concetti per ridurre la spesa pubblica.
Oggi non facciamo altro che ribadirlo in continuazione: essi non riescono ad ascoltarci e non tengono in alcuna considerazione quanto stiamo per dire, ma la cosa più grave - e concludo, signor Presidente - è che gli italiani, i cittadini non riescono a capire l'atteggiamento del parlamentare, che prima dice una cosa e l'indomani o nel pomeriggio ne fa un'altra! Questo è incomprensibile da parte di parlamentari...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Scilipoti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, pure io sono convinto che avremmo oggi l'occasione di mettere mano anche alla riforma delle prefetture, che già la legge Bassanini n. 59 del 1997 - ricordo - aveva in qualche modo ridefinito, ipotizzando la loro trasformazione in uffici territoriali del Governo.
Sappiamo che questa riforma poi non è stata attuata correttamente ed è quindi opportuna una rivisitazione di questa articolazione statale, che oggi presenta poche competenze ed eccessivi costi, che forse non sono congruenti con il momento di crisi che stiamo attraversando.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, così come siamo contrari alle province siamo contrari all'articolazione provinciale degli uffici del Governo, quindi delle prefetture.
Crediamo che le attività svolte dalle prefetture possano essere svolte bene dalle questure, per quanto riguarda le motivazioni di sicurezza, e da altri enti territoriali dello Stato presenti sul territorio periferico, comunale e provinciale.
Riteniamo che i costi che le prefetture rappresentano per lo Stato potrebbero tranquillamente essere reinvestiti per il sostegno nell'affrontare la crisi. Siamo quindi certamente a favore di questo articolo aggiuntivo e contrari alle prefetture, mentre la razionalizzazione prevista successivamente - su cui poi interverremo - può avere una sua positività, ma non è così radicale come la nostra proposta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, vorrei ricordare ai colleghi del mio amico presidente della provincia di Bergamo che la Lega, quando andò al Governo più di quindici anni fa, la prima cosa che fece fu lo sfratto alla prefettura: oggi stiamo affrontando finalmente un'indicazione dell'Unione europea con il numero unico di chiamata per le emergenze, ma chissà perché non riusciamo a coordinare in modo diverso le strutture dello Stato, in maniera più snella e leggera anche dal punto di vista economico e della presenza sul territorio.
Bisogna avere il coraggio di fare delle scelte e cominciare da queste strutture che oggi sono superate dalla possibilità di utilizzare le nuove tecnologie. Mi viene da piangere a pensare che abbiamo un nuovo Ministro per il decentramento, Brancher, che costa un milione di euro: anziché togliere continuiamo a mettere: bravi, continuate così (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

Pag. 50

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, volevamo farvi riflettere sul momento attuale e soprattutto su quanto sta accadendo nel Paese, sulla crisi, sugli sprechi presenti nel Paese, sul problema della riduzione delle strutture del Paese, ma anche sui sacrifici che stiamo chiedendo di fare agli italiani per il nostro Paese.
Questo tema doveva essere importante e su di esso doveva realizzarsi una condivisione, con la possibilità di affrontarlo dando la nostra disponibilità e proponendo anche una serie di emendamenti volti ad abbattere la spesa pubblica e gli sprechi, naturalmente razionalizzando l'attività del Governo attraverso l'abolizione delle prefetture e delle province.
Oggi però ci siamo resi conto che tutto questo, sotto il profilo...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Paladini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Razzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori ci domandiamo allora che Carta delle autonomie sia questa, se ha lasciato praticamente inalterato tutto quello che c'era prima.
Il provvedimento è iniziato con delle basi sulle quali si poteva ragionare, ma alla fine è stato svuotato. Oggi che cosa dovremmo votare?
Noi dell'Italia dei Valori abbiamo dato da tempo dei suggerimenti, che in parte sono stati accolti nella legge sul federalismo. Tuttavia, per fare le riforme, ci vuole il coraggio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, qualche giorno fa, quando è venuta fuori la questione dell'eliminazione delle province, ne ho parlato con il Ministro Calderoli. Noi dell'Italia dei Valori ci avevamo infatti creduto e avevamo gioito, perché avevamo presentato una proposta di legge per chiederne l'abolizione.
Quando ho chiesto al Ministro se sapesse quante fossero le province da eliminare, mi ha risposto quattordici o quindici. Ho replicato che, per quanto ne sapessi, erano quattro o tre. Lui mi ha risposto che, se erano così poche, avrebbe ritirato il provvedimento.
In realtà si tratta solo di uno spot che questo Governo sta portando avanti, ma al contrario non si vuole l'eliminazione delle province: si vogliono creare nuovi enti e, per di più, inutili, alla faccia dei fannulloni che combatte anche il Ministro Brunetta. Basti pensare al tentativo della Protezione civile Spa e alle prefetture da inventare sul territorio.
Credevo vi fosse un limite alla pubblicità ingannevole. Penso che con questa storia delle province e degli enti da eliminare il limite sia stato abbondantemente superato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, credo che tale provvedimento, cosiddetta Carta delle autonomie, in realtà non razionalizzi le istituzioni pubbliche a livello territoriale. Abbiamo mutuato un'organizzazione simile e analoga a quella francese, basata sulle prefetture e sull'organizzazione provinciale, ma sostanzialmente abbiamo mutato la forma dei poteri locali attraverso l'istituzione del regionalismo.
Da una parte, dunque, il regionalismo e, dall'altra, l'applicazione dell'articolo 5 della Costituzione, che riconosce le autonomie locali - ovvero, sostanzialmente, i comuni - devono condurci a ripartire i poteri tra le regioni e i comuni, eliminando tutte le forme intermedie di istituzioni, comprese le prefetture. Purtroppo, questo non si fa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, ci credevo, ci credo e continuerò a credere che Pag. 51questo Parlamento possa adottare dei provvedimenti che vadano nella direzione della contrazione dei costi della pubblica amministrazione.
In effetti però vedo che, in tema di abolizione delle province e cancellazione delle prefetture, invertendo l'ordine dei fattori, il prodotto non cambia, cari signori della maggioranza, cari signori del Governo. Tale prodotto si chiama «sprechi». Sono sprechi che non vogliono essere affrontati e non vogliono essere risolti.
È molto più facile fare slogan sul territorio «Roma ladrona, Roma sprecona». Quando, però, si è a Roma, non si ha il coraggio di adottare dei provvedimenti, anche impopolari, ma necessari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, lo stesso discorso che facciamo per le province, lo riproponiamo chiaramente per le prefetture: prima si prevede la loro riduzione, poi di nuovo si torna indietro.
Forse dovremmo un pochino riflettere, perché le prefetture costano ogni anno quasi un miliardo di euro. Vi sono almeno nove livelli istituzionali riconosciuti dalla Costituzione, per i quali lo Stato spende diversi milioni di euro. Non è dunque sostenibile che si tengano ancora in vita tali istituzioni, così come non è possibile tenere in vita le prefetture. Quanto sperpero di denaro pubblico!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, vi era un impegno preciso, preso dal centrodestra, sul federalismo fiscale. Vi era anche un impegno ben preciso sull'abolizione delle province.
Ebbene, le cose dette, le cose promesse non si mantengono; le cose non dette, le cose non promesse le fa, questo Governo. Come mettere sotto tutela e protezione il neo Ministro Brancher, che, per sottrarsi ad un processo penale, utilizza i mezzi della casta (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà): utilizza il federalismo e le province che non si fanno (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, vorrei far osservare che l'articolo aggiuntivo in esame è molto parziale, perché si riferisce soltanto alle prefetture: in esso non si tiene conto che con il trasferimento - a Costituzione invariata, con le leggi cosiddette Bassanini - di una serie di funzioni dallo Stato, dai Ministeri, quei Ministeri di «Roma ladrona» cui tante volte ho sentito far riferimento a Pontida, in realtà una serie di competenze si esercitano a livello periferico. Abolire i Ministeri significa abolire innanzitutto e prima di tutto gli uffici periferici di quei Ministeri: penso per esempio alla Ragioneria generale dello Stato, alla Motorizzazione civile, agli uffici provinciali del Tesoro. Che senso ha tenere ancora in piedi tali uffici, Ministro Brunetta, quando noi abbiamo invece problemi di ritardi e di tagli alla spesa pubblica?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, la storia del rapporto fra le prefetture e le autonomie locali è fatta di tensioni, di conflitti: ricordo soltanto le giunte che approvavano i bilanci, e spesso li bocciavano su indicazioni del Ministero dell'interno, sulla base del colore delle amministrazioni.
Detto questo, noi voteremo contro l'articolo aggiuntivo in esame, perché abbiamo presentato l'articolo aggiuntivo a mia prima firma, il 13-bis.07, nel quale secondo noi si lavora in modo attivo per la trasformazione delle prefetture, più che Pag. 52per la loro abolizione, in uffici territoriali del Governo, coerentemente con le cosiddette norme Bassanini di fine anni Novanta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, l'UdC voterà contro l'articolo aggiuntivo in esame, perché noi siamo convintamente per il mantenimento delle prefetture. Il fatto che una dissennata politica di moltiplicazione delle province abbia trascinato con sé, come effetto indotto, la creazione di alcune prefetture sproporzionate in termini di rappresentanza territoriale, nulla toglie all'insostituibile funzione di esse. La prefettura rappresenta lo Stato in tutto il Paese, nella sua periferia; e Dio solo sa in questo momento quanto vi sia bisogno di presenza dello Stato in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Donadi 13-bis.08, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Frassinetti, Rivolta e Cicchitto...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 508
Votanti 500
Astenuti 8
Maggioranza 251
Hanno votato
19
Hanno votato
no 481).

Prendo atto che i deputati Barbato e Scilipoti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Pisacane ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Lanzillotta 0.13-bis. 07.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Coscia... onorevole Fogliardi... onorevole Pisicchio... onorevole Turco...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 516
Votanti 510
Astenuti 6
Maggioranza 256
Hanno votato
5
Hanno votato
no 505).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Pisacane ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Favia 0.13-bis. 07. 2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo solo per chiarire un aspetto anche ai colleghi dell'UdC, che ho sono intervenuti prima. Non esiste nessuna legge, nessun ordinamento, nessun regolamento, che prescriva che vi sia coincidenza tra provincia e circoscrizione di prefettura. Per questo riteniamo che c'è stato un abuso rispetto a questa questione. Non vorrei riandare a Luigi Einaudi che ne chiedeva l'abolizione già negli anni Cinquanta e vorrei ricordare che c'è un personale di quasi 10 mila unità nelle prefetture e 1.561 unità nella carriera prefettizia, per occuparsi di sfratti, di cittadinanza coinvolta nel procedimento, di tossicodipendenza - ma anche qui solo Pag. 53per un fatto marginale - e di servizio elettorale attivo per pratiche di aggiornamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, con questo subemendamento chiediamo che si passi oltre il discorso della circoscrizione provinciale come punto di riferimento territoriale, che si vada - come, peraltro, è previsto da un emendamento della Commissione - a considerare un territorio più ampio come risultante dalla razionalizzazione dei territori provinciali ai fini della massima economia di scala. Tutto ciò proprio per incentivare l'aumento dei territori e diminuire i costi che gravano sulle casse pubbliche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, mi perdonerà se prima di entrare nel merito, nello specifico, di questo subemendamento, provo a terminare il mio precedente intervento che, per motivi di tempo, non ho potuto completare.
Facevo riferimento alle comunità montane, laddove dicevo che si avvalgono dei trasferimenti statali, ai consorzi di bonifica, con i contributi obbligatori, ai bacini imbriferi che si avvalgono dell'addizionale sull'energia. Per non parlare di tanti altri enti che alimentano in maniera indiretta il flusso e l'uso del denaro pubblico e, qualche volta, lo sperpero del denaro pubblico, come è successo anche per le circoscrizioni nei piccoli comuni, le quali, prima che venissero cancellate, ricevevano denari dai comuni medesimi. Insomma, quello che abbiamo detto ed evidenziato in più di un'occasione è che dobbiamo frenare lo sperpero di denaro pubblico, a tutti livelli, sia che si parli di governi eletti direttamente che di enti dove vi sono le nomine.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, torno sulla questione degli uffici territoriali del Governo, poiché legati a questi, di fatto, vi sono le spese di una serie di strutture dello Stato (INPS, INAIL, Ispettorato del lavoro, vigili del fuoco e quant'altro) che fanno riferimento alle province, alle prefetture e quindi ad una modalità di coordinamento di queste piuttosto antica e costosa.
È chiaro che il superamento di ciò probabilmente eviterebbe quello che abbiamo fatto anche solo un anno o due anni fa, quando abbiamo istituito nove province e con loro anche nove strutture, che poi di fatto diventano solo elemento di litigio sul territorio, semplicemente per chi si deve spartire le spese di gestione di questi uffici. Affrontiamo con coraggio la riorganizzazione anche di queste strutture dello Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, le province come le prefetture diventano talvolta centri di spesa inutili e in altri casi addirittura rappresentano momenti inquietanti, come è avvenuto la settimana scorsa, quando un viceprefetto ha chiamato i vigili urbani di Roma, è intervenuto sulla polizia municipale di Roma per far eliminare un verbale elevato a carico di un assessore regionale che utilizzava una falsa paletta per circolare in una zona ZTL di Roma. Ebbene, anziché aiutare per l'affermazione della legalità, vediamo come uomini del Ministero dell'interno, viceprefetti, invece aiutano ad essere fuorilegge e a fregare la legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, colleghi e componenti del Governo, razionalizzazione è un termine molto pomposo, che può voler dire diverse cose. Può voler dire cambiare di posizione alcune Pag. 54pedine per lasciare tutto com'è e allora avremo una rilettura di Tomasi di Lampedusa: in altre parole, può voler dire razionalizzare per lasciare tutto com'è, per non cambiare niente; oppure la razionalizzazione può essere un'occasione per ripensare totalmente gli assetti sociali, gli assetti dei bisogni, gli assetti dei diritti, partendo dalla sussidiarietà, per vedere man mano quali sono le entità, i poteri locali o organizzatori, come le regioni, che li devono soddisfare. Nella Carta delle autonomie non si è fatta questa seconda operazione, che sarebbe stata importante: il Governo ha dimostrato ancora una volta una gravissima carenza di immaginazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, si stanno imponendo tagli agli italiani, ma non agli italiani ricchi, non ai petrolieri, non ai banchieri, bensì agli italiani che vivono di lavoro, di pensione e di lavoro modesto. Bastava aumentare la manovra fiscale, bastava aumentare l'aliquota al 15 per cento per lo scudo fiscale e si evitava la manovra, ma non si è voluto fare. Al contrario, si inventano nuovi enti inutili e si lasciano le province dove stanno, si inventano nuovi uffici e prefetture.
Ma lo sapete voi - ed è una denuncia ufficiale che faccio - che siccome la mobilità non è possibile farla tra una società partecipata e un ente pubblico, vi sono situazioni come quella che si verifica in Sicilia, a Palermo, dove un ente pubblico è in soprannumero per migliaia di dipendenti e una partecipata al 100 per cento dalla regione in questo momento assume, a dispetto di tutto ciò? Credo che bisogni intervenire seriamente per razionalizzare. In caso contrario, smettetela di prendere in giro (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, se l'intenzione del Governo era quella di realizzare un modello di governo territoriale più vicino a quello dei grandi Paesi europei avete fallito, perché non siete giunti ad una riforma necessaria alla funzionalità del sistema amministrativo, anzi avete prodotto un provvedimento che è debole e inutile (verrebbe da dire come altri provvedimenti da voi prodotti, d'altronde). Anzi, direi che siete diabolici nel perseverare nel produrre provvedimenti non adatti e non idonei a migliorare la vita dei cittadini italiani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, è un momento delicato, di crisi economica, in cui i cittadini che hanno creduto negli slogan relativi all'abbattimento dei costi ritenevano di vedere finalmente concretizzata una promessa elettorale. Ebbene, è stata creata un'aspettativa un'altra volta e, un'altra volta, questa promessa non è stata mantenuta.
Il Paese ha bisogno di tutto, tranne che di vedere alzare i costi. La dimostrazione è stata, negli ultimi giorni, l'istituzione di un nuovo Ministero inutile che, di fatto, toglie i poteri ai Ministeri (sono tre quelli che già lavorano sul federalismo). Questo sarebbe stato un motivo per la Lega di opporsi ai desiderata di questo Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, con il subemendamento in esame, intendevamo preoccuparci del problema dei territori e, quindi, di un territorio più ampio (infatti, non siamo favorevoli alla frazionalizzazione). Pertanto, questo intervento poteva essere visto bene non solo sotto il profilo della diminuzione dei costi, ma anche, soprattutto, sotto il profilo della valorizzazione dei territori. Pag. 55
Riallacciandomi al tema del territorio, ritengo che, oggi, in quest'assise, si stia commettendo un errore di sottovalutazione, dimenticandoci che non svolgeremo un buon servizio, se porteremo avanti la non cancellazione delle prefetture e delle province.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIOVANNI PALADINI. Credo che sia un tema importante, che doveva essere condiviso e che invece, oggi, in quest'Aula, non è assolutamente affrontato nella giusta maniera.

PRESIDENTE. Non essendovi altre richieste di interventi...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà, ma le ricordo che non lo aveva segnalato.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, avevo chiesto la parola, alzando la mano, molto prima. Signor Presidente, volevo far presente che vi sono undici regioni con meno di due milioni di abitanti e dieci province con oltre un milione di abitanti.
Vi è stata una ridefinizione della governance di grandi aziende nazionali che erogano servizi (come la Telecom, le banche, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato), che si sono organizzate ben oltre l'ambito provinciale per l'esercizio ottimale delle loro funzioni.
Oggi, vi è un sistema di reti telematiche e di videoconferenze che impone una rivisitazione degli ambiti territoriali del 1948. Vi è stata la riforma della pubblica amministrazione e abbiamo avuto l'occasione della Carta delle autonomie, tuttavia, i Ministri competenti non si sono preoccupati di razionalizzare il sistema.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Favia 0.13-bis.07.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sanga... onorevole Vassallo... onorevole Di Pietro... onorevole Martinelli... onorevole D'Anna... onorevole Melandri... onorevole Nannicini... onorevole Occhiuto... onorevole Castagnetti... onorevole Mosca... onorevole Vaccaro... I colleghi hanno votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 527
Votanti 524
Astenuti 3
Maggioranza 263
Hanno votato
20
Hanno votato
no 504).

Prendo atto che il deputato Pisacane ha segnalato che non è riuscito a votare.
Essendo giunti alle ore 18.30 dobbiamo rinviare l'esame del provvedimento per passare, come previsto dall'ordine del giorno, all'esame e alla votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di spettacolo e attività culturali.

Discussione del disegno di legge: S. 2150 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali (Approvato dal Senato) (A.C. 3552) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali) (ore 18,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali.

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(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 3552)

PRESIDENTE. Avverto che ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento sono state presentate le questioni pregiudiziali Donadi ed altri n. 1, De Biasi ed altri n. 2 e Vietti ed altri n. 3 (vedi allegato A - A.C. 3552).
A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
Avverto che l'onorevole Ciocchetti ha ritirato la propria sottoscrizione dalla questione pregiudiziale Vietti ed altri n. 3.
L'onorevole Borghesi ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Donadi ed altri n. 1, di cui è cofirmatario e ha a disposizione dieci minuti.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, abbiamo rilevato in questo decreto-legge numerose possibili censure di legittimità costituzionale, ad esempio la presenza di articoli che recano misure che hanno effetto pluriennale: in particolare ad esempio l'articolo 1 affida la revisione dell'assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche ai regolamenti che il Governo adotterà su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto e questa è, a nostro giudizio, una conferma del fatto che siamo in presenza di misure pluriennali, in netto, in pieno contrasto con i presupposti di cui all'articolo 77, secondo comma, della Costituzione. Per questo non ravvisiamo quei requisiti di straordinaria necessità e urgenza che invece la Costituzione richiede.
La mancanza di necessità e urgenza è anche ravvisabile in altri articoli: ad esempio nell'articolo 2 che nel suo incipit riporta «in attesa della riforma organica del sistema di contrattazione collettiva del settore», con ciò ammettendo che lo si fa in attesa di un qualche provvedimento che avverrà, avrà luogo, verrà emanato successivamente. O ancora nell'articolo 3, comma 5, dove si dispone tanto il blocco delle assunzioni a tempo determinato, quanto l'indizione di procedure concorsuali delle assunzioni da parte delle fondazioni e ciò fissando un termine lontano, il 31 dicembre 2011, quindi necessità e urgenza anche qui sono discutibili.
Vi è poi l'aspetto che riguarda l'eterogeneità delle norme contenute, che, anche se in qualche modo riconducibili genericamente alle attività culturali, non sembrano essere in linea con le prescrizioni di cui all'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per effetto della quale i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
È vero che questa previsione è disciplinata a livello ordinario, ma è stata sin qui ritenuta dalla Presidenza della Repubblica come un provvedimento di carattere ordinamentale. Tra l'altro, non dobbiamo dimenticare che è proprio il Presidente della Repubblica, nella lettera inviata il 15 luglio 2009, a fare riferimento in modo espresso a come «provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione e di vera e propria congestione sfuggano alla comprensione della opinione pubblica e rendano sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge. Ritengo doveroso ribadire (...) che è indispensabile» - scrive il Presidente della Repubblica - «porre termine a simili 'prassi', specie quando si legifera su temi che (...) riguardano diritti costituzionalmente garantiti e coinvolgono aspetti qualificanti della convivenza civile e della coesione sociale». Pag. 57
In questo provvedimento vi è un'opera di marcata delegificazione settoriale attraverso cui il Governo dovrà disciplinare l'intera materia, in ciò derogando, modificando o abrogando norme di rango primario. L'idea che si usi lo strumento del decreto-legge per una delegificazione di questo tipo a noi appare in contrasto con la norma costituzionale.
Un'altra violazione, a nostro avviso fondata, è quella che riguarda l'articolo 33, sesto comma, della Costituzione, il quale assicura alle istituzioni di alta cultura, alle università e alle accademie il diritto di darsi ordinamenti autonomi. Vi sono disposizioni che non tengono minimamente conto che tali fondazioni, per effetto della legge n. 367 del 1996, sono state trasformate in fondazioni di diritto privato e, come tali, hanno un'autonomia contrattuale che non è comprimibile. Il Governo non può a suo piacimento comprimerla, né sottoporla ex lege alle norme che riguardano la contrattazione della pubblica amministrazione. Al contrario, attraverso questo decreto-legge, vi è un intervento diretto, che va ad incidere negativamente sull'autonomia negoziale, la quale non sarebbe di per sé comprimibile.
In particolare, ci riferiamo a tutte le norme che riguardano i rapporti di lavoro, al taglio della retribuzione integrativa, alla previsione che il contratto collettivo nazionale delle fondazioni lirico-sinfoniche sia sottoscritto da una delegazione datoriale (che si avvale della collaborazione dell'Aran, ossia l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle amministrazioni pubbliche) e poi sottoposto al controllo della Corte dei conti; e ancora, ci riferiamo al divieto di assunzione di personale amministrativo, artistico e tecnico, anche in adempimento ad obblighi di legge, così come al divieto di rinnovo di rapporti di lavoro che dovrebbero passare, altrimenti, a contratti a tempo indeterminato.
Vi è poi - e mi avvio alla conclusione - una terza manifesta violazione, a nostro avviso, dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, il quale ascrive alla competenza concorrente tra Stato e regioni la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, e la promozione e l'organizzazione di attività culturali. Questo decreto-legge, ovviamente, non fissa semplicemente i principi fondamentali a cui le regioni dovrebbero attenersi, ma interviene in modo pervasivo e importante nella potestà legislativa regionale, in quanto disciplina in modo minuzioso la materia delle attività culturali, in alcuni casi persino attribuendo al Ministero per i beni e le attività culturali il potere di emanare decreti anche di natura non regolamentare su materie che sarebbero oggetto, appunto, di legislazione concorrente tra Stato e regioni.
In definitiva, signor Presidente, pensiamo che vi siano solide argomentazioni per chiedere di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3552 (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Zaccaria ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale De Biasi ed altri n. 2, di cui è cofirmatario.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, vorrei iniziare dal punto in cui è arrivato l'onorevole Borghesi.
Noi rischiamo - e lo dice chiaramente, al di là della stanchezza della giornata, l'atteggiamento di indifferenza di quest'Aula - di abituarci ad una sorta di procedura che ormai è diventata una vera abitudine. Mi riferisco alla media di decreti-legge approvati fino ad ora alla Camera e nei due rami del Parlamento.
Questo è il cinquantasettesimo decreto-legge, e ogni volta che parlerò ne citerò ostinatamente il numero. In realtà questo cinquantasettesimo decreto-legge, di questa XVI legislatura, non è la punta più avanzata perché, di fatto, siamo già a sessanta decreti-legge; infatti, mentre questo era in navette tra i due rami del Parlamento, altri tre venivano adottati. Il fatto che ordinariamente si proceda in questo modo è una situazione allarmante in un Paese normale.
Non posso ancora dire che domani avremo la trentacinquesima fiducia, ma tutto lo lascia presumere perché siamo Pag. 58ormai negli ultimi giorni di validità di questo decreto; lo ripeto: trentacinquesima fiducia. Ricordo che il Governo Prodi in un periodo quasi corrispondente ne chiese ventidue. La fiducia è un istituto eccezionale e viene invece utilizzato come strumento ordinario, un decreto-legge è una misura eccezionale ed è utilizzato come strumento ordinario. Questo qualcosa dovrà dirci.
Vorrei cominciare con la prima osservazione che riguarda il tema toccato, da ultimo, dal collega Borghesi, da un punto di vista cioè che non riguarda i decreti-legge ma una questione molto importante: la ripartizione di competenze fra lo Stato e le regioni (sono contento che ci siano dei colleghi della Lega, alcuni dei quali molto attenti a questi temi).
Nel decreto-legge in esame si dispone, soprattutto, di fondazioni lirico-sinfoniche ma ci sono altre norme e si disciplinano materie dello spettacolo e della cultura, tecnicamente: promozione e organizzazione di attività culturali. Questa è una materia di competenza concorrente e non a caso nella Commissione cultura (vedo l'onorevole Carlucci e altri colleghi della Commissione cultura) si stava elaborando un testo ampiamente condiviso per intervenire in materia di spettacolo dal vivo (al Senato si parla di cinematografia).
In materia di spettacolo dal vivo ci sono delle regole da rispettare: si interviene, cioè, con una legge quadro. Lo Stato può fissare solo i principi e le regioni devono adottare le norme in dettaglio, le quali rappresentano la parte prevalente.
Come la mettiamo se un decreto-legge dello Stato non si preoccupa di questo aspetto e legifera in prima battuta avocando una competenza delle regioni?
È facile prevedere che le regioni reagiranno impugnando questo decreto-legge perché è chiaro che non possono accettarlo. Abbiamo adottato la Carta delle autonomie in cui si riducono le autonomie, ci sono gli interventi sulla manovra economica in cui si riducono le potenzialità degli enti locali e con questo decreto facciamo una avocazione di competenza. Questa è una cosa altamente sconsigliabile (vedo il collega Volpi che stamattina è intervenuto in Commissione esprimendo perplessità).
Credo che questo non lo possiamo fare perché è un errore di grammatica. Lo abbiamo detto e lo dice anche il «timido» parere della Commissione affari costituzionali. In materia di competenza concorrente non si possono neanche fare i regolamenti, questi ultimi, infatti, si fanno soltanto dove vi è competenza esclusiva. Come la mettiamo se l'impostazione di questo testo è basata sul regolamento di delegificazione? Negli articoli 1 e seguenti, infatti, si parla di un grande regolamento di delegificazione, anche se l'articolo 117 della Costituzione afferma chiaramente che non si possono fare regolamenti. Ma questo cos'è? È un regolamento, e allora come la mettiamo? Vi sono, quindi, due violazioni: sottraiamo la competenza primaria e interveniamo, addirittura, con una fonte regolamentare.
Ma vorrei dire qualcosa di più preoccupante, signor Presidente. Se leggiamo bene l'articolo 1 di questo testo notiamo che questa è una delega, è una delega camuffata. Non a caso negli interventi, ieri, in Commissione cultura molti parlavano di delega. È una delega. Ma si può varare una delega camuffata in un decreto-legge? In questo modo il Governo emana un decreto d'urgenza con cui si attribuisce la potestà normativa. Qui siamo al limite estremo della tenuta dell'ordinamento costituzionale, al limite estremo.
Credo che questo dobbiamo capirlo. Non possiamo consentire elusioni costituzionali. Possiamo chiamarlo regolamento di delegificazione, ma non si può fare. Possiamo chiamarla delega, ma non si può fare. Credo che vi sia qualcuno anche tra questi banchi vuoti, ma di certo vi sono molte persone che ci ascoltano fuori di qui perché su questo provvedimento, come raramente è accaduto nel nostro Paese, non vi è parte d'Italia che non si sia ribellata in maniera molto grave.
Poi vi è l'ultimo punto che voglio spiegare. In questa materia, come ricordava la collega De Biasi e gli altri colleghi che Pag. 59sono intervenuti, vi era una normativa strutturale costituita dalle leggi n. 800 del 1967 e n. 367 del 1996. Avevamo istituito le fondazioni di diritto privato e avevamo creato questo spazio di autonomia.
Ebbene, signor Presidente, si può realizzare un ingresso così violento nel settore privato? Ma vi sono dei capisaldi nella nostra Costituzione, come l'autonomia dei soggetti privati. Qui si entra «a gamba tesa». Possiamo chiamarla statalizzazione, possiamo considerarla sostanzialmente una forma di commissariamento. Credo che siamo in presenza di una forma di vero e proprio commissariamento delle fondazioni liriche che formalmente restano in piedi. Possiamo anche chiamarla espropriazione vera e propria.
Infine, ricordo che con riferimento alle fondazioni bancarie una sentenza della Corte costituzionale del 2003 aveva affermato che non si possono fare regolamenti né si può intervenire sulla loro autonomia statutaria. Chiedo a quei banchi vuoti, a coloro che propongono sostanzialmente di modificare la Costituzione e l'articolo 41 per dare maggiore autonomia ai privati - una cosa inaccettabile perché la Costituzione già dà questa autonomia -, come possano rendere compatibili il fatto che con alcune proposte praticamente intendono dare maggiore autonomia ai privati e poi, quando emanano i decreti-legge, sostanzialmente cacciano e letteralmente schiacciano il privato.
Questo è inaccettabile. Così si modifica l'articolo 2 della Costituzione sulle formazioni sociali e l'articolo 39 della Costituzione sull'organizzazione sindacale. Si fa la contrattazione di diritto pubblico rispetto a fondazioni private. Si schiaccia, infine, anche la logica, come ha affermato molto bene il collega Borghesi. In ultimo cito i presupposti dei decreti-legge: un decreto-legge si basa su straordinarie condizioni di necessità e di urgenza, ma qui è tutto rinviato «a babbo morto» e chissà quando si interverrà su questa materia. Questa è una cosa che sostanzialmente è inaccettabile.
Credo che i colleghi che nella Commissione cultura stanno facendo una battaglia d'opposizione abbiano questa arma molto forte in mano. A meno di una modifica radicale di questo testo, dobbiamo essere consapevoli che vareremo qualcosa che sostanzialmente aprirà dei problemi piuttosto che risolverli. Il Ministro Biondi, che ho sentito, è animato anche da buone intenzioni ma non può non rendersi conto che in questo modo si mette due volte contro il mondo della cultura: in primo luogo, perché nega risorse, prerogative e possibilità; in secondo luogo, perché interviene calpestando qualsiasi elementare diritto e qualsiasi logica costituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. L'onorevole Mantini ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Vietti ed altri n. 3, di cui è cofirmatario.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, questo decreto-legge n. 64 del 2010 verte su una materia, quella della riorganizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche, che merita certamente un intervento per razionalizzare i costi, l'efficienza e per trovare un parametro di equità nella distribuzione delle risorse, secondo criteri di merito.
Non è dunque l'opportunità dell'intervento che neghiamo, ma certamente i modi sono sostanza ed, in questo caso, come già alcuni colleghi hanno illustrato, siamo in presenza di un intervento che, come al solito, è fatto con decretazione d'urgenza ed è fatto in contrasto con alcuni parametri costituzionali che intendiamo evidenziare.
In primo luogo, non possiamo abituarci al fatto che la decretazione d'urgenza dia per scontata e quasi presupposta la sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione. Certamente c'è, come dice anche la scheda preparatoria degli uffici della Camera, un'urgenza di intervenire per il riordino di questo delicato settore fondamentale anche per la competitività culturale del nostro Paese, ma non si tratta di Pag. 60un'urgenza che possa essere tout cour scambiata con i requisiti di necessità e di urgenza previsti per la decretazione d'urgenza in via straordinaria dalla Costituzione.
Devo ricordare che, più volte, la Corte costituzionale, per esempio con le sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008, ha ribadito che l'esistenza dei presupposti di costituzionalità, di cui all'articolo 77 della Costituzione, non può evincersi dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessità ed urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina introdotta.
La Corte ha sottolineato che la valutazione della sussistenza dei presupposti di costituzionalità deve fondarsi anche su riscontri oggettivi, secondo un giudizio che non può ridursi alla valutazione in ordine alla mera ragionevolezza ed opportunità delle norme introdotte. Questi requisiti francamente mancano.
La nostra critica non è generica, e non si ferma all'evidenziazione dell'insussistenza di questi requisiti previsti dall'articolo 77 della Costituzione, ma vi è un contrasto evidente tra questo decreto-legge e l'articolo 117, sesto comma, della Costituzione che prescrive in modo assolutamente chiaro che la potestà regolamentare possa essere esercitata solo su materia di competenza esclusiva dello Stato.
Qui siamo in presenza, invece, di materia soggetta a legislazione concorrente ai sensi del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione che reca, per l'appunto tra queste materie, la valorizzazione dei beni culturali, ambientali e la promozione e l'organizzazione di attività culturali. All'interno esattamente di questo parametro e di questa materia rientra l'organizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche.
Dunque, abbiamo un contrasto esplicito e palese con l'articolo 117, sesto comma, della Costituzione. Il Governo si affida una delega - adesso vengo a questo punto - e una potestà regolamentare su una materia su cui non ha competenza.
Il secondo profilo evidente di dubbia costituzionalità è quello relativo esattamente ad un uso della potestà regolamentare in contrasto con l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, ossia la legge ordinamentale sul Governo, che esclude che si possa far ricorso alla decretazione d'urgenza se non per l'introduzione di norme di immediata applicazione di contenuto univoco e omogeneo, nonché specifico, tutto il contrario di quello che si fa all'articolo 1 del decreto-legge n. 64 del 2010.
Infatti, come è stato già ricordato, si stabiliscono dei generici criteri di riordino, conferendo al Governo un'amplissima potestà di regolamentazione delegificante. Si tratta, quindi, di un intervento normativo molto ampio su tutti i settori, compresa la contrattazione delle fondazioni lirico-sinfoniche, su tutti gli aspetti organizzativi, senza stabilire neppure i principi del riordino, come si farebbe con una delega (cosa che avremmo voluto fare con chiarezza in Parlamento attraverso un confronto serio e costruttivo), ma enunciando dei parametri delle materie su cui la potestà regolamentare del Governo andrà ad essere esercitata. In ciò consiste la seconda violazione.
Vi è però anche, voglio dirlo, una terza violazione dei principi costituzionali, in particolare degli articoli 2 e 118 della Costituzione, perché vi è un intervento statale molto pregnante e molto ampio sull'organizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche, invadendo cioè l'autonomia delle fondazioni.
Sappiamo che le fondazioni rappresentano una figura giuridica in qualche senso anche ambigua o dal profilo non così netto; però, nel corso di una lunga fase di elaborazione legislativa, dottrinale e culturale, l'abbiamo voluta come un ente del terzo tipo, come ne esistono altri con connotati diversi (le fondazioni bancarie, gli enti fiera e tutti quegli enti che gestiscono risorse pubbliche e che non sono pubblici in senso proprio, ma sono enti di diritto privato che esprimono l'autonomia sociale e sono rappresentati da un management espresso dalle comunità locali).
Sull'autonomia delle fondazioni interviene davvero a gamba tesa questo decreto-legge, conferendo un potere amplissimo Pag. 61al Governo sotto tutti i profili. Se questo vale per le fondazioni lirico-sinfoniche, dovrebbe valere anche per le altre fondazioni.
Credo che soprattutto i colleghi della Lega non dovrebbero essere soddisfatti di tanti esempi di statalismo invasivo a cui il Governo, di cui loro sono magna pars, sta dando luogo. Devo anche dire che, se questo segna un precedente, si riapra allora in Parlamento e nel Paese una riflessione su un corretto rapporto tra disciplina legislativa, poteri pubblici e fondazioni a tutti i livelli, non solo per le fondazioni lirico-sinfoniche.
Per queste ragioni, il gruppo dell'Unione di Centro propone all'Assemblea di non procedere all'esame del disegno di legge A.C. 3552 al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, in merito a questo decreto-legge la Lega Nord ritiene che non vi siano vizi di incostituzionalità anche se ci sono delle motivazioni che ci inducono a discutere su questa problematica.
In ogni caso, per quanto riguarda la natura giuridica delle fondazioni, è evidente che nessuno mette in discussione o eccepisce sulla natura della fondazione che è un soggetto di diritto privato. Tuttavia, bisogna tenere presente che, pur essendo soggetti di diritto privato, le fondazioni sono incluse nell'elenco delle amministrazioni pubbliche ed i loro conti concorrono anche alla costruzione del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche.
Tanto è vero che la loro fonte primaria di finanziamento è costituita proprio dal Fondo unico per lo spettacolo e cioè, in pratica, da elementi dello Stato.
Il presente decreto-legge prevede anche l'attenzione sul contratto collettivo nazionale e cioè che tale contratto sia sottoscritto da una delegazione datoriale, avvalendosi della collaborazione dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni, e dalle associazioni sindacali più rappresentative. Poi tutto questo va sottoposto al controllo della Corte dei conti. Per questo le opposizioni ritengono che sia del tutto incongrua la presenza dello Stato perché non ci si trova di fronte ad enti pubblici.
Anche a questo proposito, bisogna dire che in ogni caso le fondazioni sono inserite tra le amministrazioni pubbliche e, inoltre, che i conti concorrono alla costruzione del conto economico. D'altra parte, se non bastasse tutto questo, bisogna ricordarsi che è dalla legge finanziaria per il 2007 (Governo Prodi) che si susseguono interventi finalizzati al blocco delle assunzioni a tempo indeterminato. Pertanto, in questo caso lo Stato interviene effettivamente a tutto diritto.
In merito alla pregiudiziale sull'urgenza e la necessità, occorre dire che è vero che la Corte costituzionale nelle sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008 ha sottolineato che la valutazione della sussistenza dei presupposti di costituzionalità - cioè dei requisiti di necessità e urgenza - deve fondarsi su riscontri oggettivi. A questo proposito, voglio far notare quale maggiore oggettività della situazione attuale delle fondazioni può riscontrarsi, se è vero, come è vero, che le fondazioni hanno purtroppo accumulato 9.426.124 euro di interessi passivi per il continuo ricorso al credito bancario.
Sappiamo, inoltre, che le fondazioni liriche purtroppo hanno 200 milioni e 310 mila euro di perdite accumulate dal 2002 al 2008. Sappiamo anche che il finanziamento dello Stato è del 60 per cento, quello degli enti locali del 20 per cento e, purtroppo, dobbiamo riconoscere che il finanziamento dei privati, che dovrebbero essere quelli che contribuiscono in maggior numero, in realtà si attestano soltanto sul 7 per cento.

PRESIDENTE. Onorevole Goisis, la prego di concludere.

PAOLA GOISIS. A questo punto dobbiamo, quindi, dire che lo Stato si è accollato l'esigenza di dare una risposta al Pag. 62problema delle fondazioni, che altrimenti, senza l'intervento dello Stato, sarebbero destinate ad affondare.

PRESIDENTE. Onorevole Goisis, dovrebbe concludere.

PAOLA GOISIS. Quindi, occorre approvare un provvedimento che metta le basi per assicurare la sopravvivenza a tutte queste istituzioni di rilevante interesse generale, coniugando, nel contempo, una maggiore efficacia ed efficienza nella gestione delle risorse e l'alta qualità della produzione artistica con l'intento di rafforzare il legame identitario fra cultura e territori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in merito alle pregiudiziali presentate dai gruppi dell'Italia dei Valori, del Partito Democratico e dell'Unione di Centro rilevo innanzitutto l'inconsistenza e l'infondatezza delle motivazioni che le sorreggono. Tutte e tre le pregiudiziali contestano la presunta carenza dei presupposti e delle condizioni previste dall'articolo 77, secondo comma, della Costituzione necessari per l'emanazione dei decreti-legge: sarebbe incostituzionale l'articolo 1 del provvedimento, in quanto prevede una revisione dell'assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche attraverso regolamenti da adottarsi entro 18 mesi.
Si ignora - questo è molto importante - l'assoluta urgenza del riordino e della riorganizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche. Tale riorganizzazione è necessaria proprio per salvaguardare il loro equilibrio finanziario e, conseguentemente, migliaia di posti di lavoro.
Per evitare un ulteriore degrado della situazione, non si potevano attendere le more dell'approvazione di un disegno di legge ordinaria, in quanto era necessario stabilire un punto fermo in questo difficile riassetto.
Pertanto, nella fattispecie, il requisito dell'urgenza sussiste, come, di conseguenza, la costituzionalità dell'articolo 1.
Ancora più irrilevante è la critica all'articolo 2, che detta disposizioni immediatamente operative sulla contrattazione collettiva del settore lirico-sinfonico. Dovrebbe essere evidente a tutti, ripeto, quanto sia urgente regolamentare questo intricato aspetto dell'attività delle fondazioni lirico-sinfoniche e quanto sia necessario inserire l'Aran nell'ambito della delegazione datoriale per i futuri rinnovi contrattuali, nonché per quanto riguarda il taglio di una parte della retribuzione integrativa, nel caso di mancato rinnovo del contratto di lavoro del settore entro due anni.
Il contratto, si precisa, rimane di tipo privatistico, ma va verificato e controllato. Questo è un modo per aiutare i sovrintendenti nella trattativa, attraverso l'organismo dell'Aran.
Per quanto riguarda l'eccezione proposta nella pregiudiziale dell'Italia dei Valori, che contesta le parole iniziali dell'articolo 2 («in attesa della riforma organica del sistema di contrattazione collettiva» del settore), si può facilmente affermare che questo è un riferimento pretestuoso, in quanto il contenuto dell'articolo 2 è immediatamente operativo e giustifica appieno la decretazione d'urgenza.
Per quanto riguarda le contestazioni contenute nelle pregiudiziali dell'Italia dei Valori e dell'UdC in relazione all'articolo 15 della legge 23 agosto 1988 n. 400, secondo cui i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, si tratta di obiezioni infondate, in quanto le norme contenute nel provvedimento corrispondono esattamente al titolo e sono omogenee, specifiche e di immediata applicazione.
I presentatori delle pregiudiziali eccepiscono una presunta violazione dell'articolo 33, sesto comma, della Costituzione, che stabilisce che le istituzioni di alta cultura hanno diritto di darsi ordinamenti autonomi e che, per tale motivo, le fondazioni Pag. 63lirico-sinfoniche dovrebbero avere un'autonomia contrattuale non comprimibile. Al riguardo, però, va osservato che è stato omesso il riferimento all'ultima parte del sesto comma dell'articolo 33 della Costituzione, che, dopo avere attribuito alle istituzioni di alta cultura il diritto di darsi ordinamenti autonomi, precisa «nei limiti previsti dall'ordinamento dello Stato».
Per queste ragioni, la limitazione dell'autonomia contrattuale delle fondazioni lirico-sinfoniche è espressamente consentita dalla Costituzione e, comunque, è necessaria per garantirne l'equilibrio economico e finanziario.
Occorre, al riguardo, ricordare ancora una volta che le fondazioni lirico-sinfoniche vivono soprattutto grazie ai finanziamenti dello Stato, delle regioni e degli enti locali e soltanto il 7 per cento deriva dai contributi dei privati.
Per quanto riguarda il rilievo contenuto nelle pregiudiziali di Italia dei Valori e del Partito Democratico, riferito ad una presunta violazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, che si riferisce al riparto delle competenze tra Stato e regioni, tra le quali vi è la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e la promozione di attività culturali, anche questo rilievo risulta del tutto infondato perché, al di là delle disposizioni contenute nel presente decreto-legge, esiste - mi preme ribadirlo - un ampio spazio per le regioni di legiferare su queste materie, per l'ulteriore valorizzazione del ruolo delle fondazioni lirico-sinfoniche.
In conclusione, come solitamente accade, la verità è che troppo spesso le opposizioni usano lo strumento delle pregiudiziali al solo fine di rallentare il dibattito, usando argomentazioni inconferenti e irrilevanti. Questo, purtroppo, è anche il caso di queste tre pregiudiziali, simili fra loro per la pretestuosità delle loro argomentazioni.
Per tali ragioni, preannunzio il voto contrario del Popolo della Libertà su tutte e tre le pregiudiziali, augurandomi che il provvedimento possa essere agevolmente approvato, per salvare il settore della lirica da una situazione di continuo aggravamento delle condizioni economico-finanziarie, che potrebbero mettere in discussione anche la sua stessa sopravvivenza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannaccone, al quali ricordo che ha tre minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Misto-Noi Sud voterà contro le pregiudiziali di costituzionalità presentate dai gruppi di opposizione, non ricorrendo le ipotesi di incompatibilità con le disposizioni della nostra Carta fondamentale.
Il decreto-legge n. 64 del 2010, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali, presenta tutte le caratteristiche di straordinarietà e urgenza di cui al secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione.
Si tratta di un'urgenza scaturita dalla crisi profonda del settore e dall'esigenza di revisionare l'assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche. È un provvedimento che tiene conto delle istanze formulate anche dall'Associazione nazionale delle fondazioni lirico-sinfoniche, che, in più di un'occasione, ha posto all'attenzione dell'Esecutivo e del legislatore la necessità di razionalizzare le spese degli enti lirici e, contemporaneamente, di accrescere non solo la produttività del settore, ma anche e soprattutto i livelli di qualità delle produzioni offerte.
Il provvedimento sul quale saremo chiamati ad esprimerci, pur garantendo l'autonomia degli enti, punta ad assicurarne l'efficienza, una valida amministrazione e l'affermazione di criteri di economicità ed imprenditorialità.
Pertanto, pienamente convinti che il decreto-legge non presenti alcun elemento di incostituzionalità, il gruppo Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano voterà contro le pregiudiziali presentate dai gruppi di opposizione, nella consapevolezza che il Governo e il Ministro Pag. 64Bondi hanno ben operato e che questa riforma salva la lirica dalla crisi più profonda, tutelando e innovando un aspetto fondamentale della nostra cultura e della nostra storia nazionale.

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Donadi ed altri n. 1, De Biasi ed altri n. 2 e Vietti ed altri n. 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Granata, Garavini, Lusetti, presidente Lupi, onorevole Commercio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti 529
Maggioranza 265
Hanno votato 249
Hanno votato no 280

Prendo atto che il deputato Graziano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Essendo state respinte le questioni pregiudiziali dovremo passare alla discussione sulle linee generali, di cui al successivo punto all'ordine del giorno del giorno.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 19,15).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, prendo la parola a conclusione delle votazioni - e la ringrazio per l'opportunità che mi concede - per informare l'Assemblea e lei, signor Presidente, che da questa mattina sono in sciopero della fame insieme con l'onorevole Pina Picierno.
Conduco questo sciopero in staffetta con altri parlamentari - ieri hanno cominciato gli onorevoli Vico, Damiano e Gatti - e con i lavoratori dell'ex Eutelia, che sono in presidio davanti a Montecitorio, per protestare contro l'immobilismo in cui è finito il tentativo di trovare una soluzione alla vertenza di questi lavoratori, su cui sembrava essersi aggregata un'attenzione positiva.
Poi improvvisamente questi 2 mila lavoratori sono come spariti, eppure sono quelli di un'azienda al centro di una vicenda drammatica e grottesca, che è finita per mesi su giornali e televisioni.
Il Ministro Tremonti in una trasmissione televisiva ha affermato che quello di Eutelia è un caso che deve essere risolto e che è impossibile che una società quotata in borsa possa essersi messa in un «casino» - mi perdoni, Presidente, ma sono parole del Ministro - di queste dimensioni.
Il sottosegretario Letta durante una serie di incontri ha concordato con le organizzazioni sindacali il piano di azione: denuncia per insolvenza al tribunale fallimentare di Roma, commissariamento e impegno del Governo a costituire un tavolo di trattativa tra enti pubblici centrali e locali, clienti e soggetti industriali interessati al rilancio dell'azienda.
Ad oggi di tutto questo nulla si è mosso. Dopo mesi di lotte e di vittorie legali, il destino dei 2 mila lavoratori sembra essere quello di scomparire; dunque, lo sciopero della fame - che speriamo si allarghi ad altri parlamentari - è un'iniziativa per ottenere dalla Presidenza del Consiglio la convocazione immediata dei due tavoli già istituiti: il primo per valutare la situazione delle commesse pubbliche per Agile (ex Eutelia), il secondo relativo alle politiche industriali dell'information technology ed alle altre prospettive di questi lavoratori.
Con questo intervento informo lei, signora Presidente, e l'intero Ufficio di Presidenza, che in più occasioni a vario livello ha espresso consapevolezza e sensibilità Pag. 65verso la situazione di questi lavoratori, del nostro sciopero della fame e delle sue motivazioni e chiedo alla Presidenza del Consiglio - in particolare, al sottosegretario onorevole Letta, che a ciò si era impegnato - di convocare i tavoli e trovare rapidamente una soluzione.
Voglio chiarire che a questo punto non chiediamo un impegno generico, ma vorremmo una data, un impegno certo e quindi preciso; in caso contrario, lo sciopero della fame mio e di altri colleghi, unitamente a quello dei lavoratori, continuerà. La ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, intervengo perché voglio richiamare l'attenzione delle istituzioni, del Parlamento e del Governo sulla gravissima situazione ambientale in Basilicata, che è bene esemplificata dalla recente vicenda dell'inquinamento della diga del Pertusillo. Cito tale fatto non solo perché divenuto di grande interesse da parte della stampa locale e, finalmente, anche delle associazioni ambientaliste nazionali, ma perché credo che questa vicenda ben esemplifichi anche il tasso di inquinamento politico-istituzionale di questa regione ma - devo dire - anche del nostro Paese.
Nel gennaio 2010 un radicale, Maurizio Bolognetti, membro della direzione dei Radicali Italiani, con l'ausilio, in qualità di pubblico ufficiale, del tenente di polizia Giuseppe Di Bello, a fronte di dubbi gravi sulla qualità delle acque negli invasi delle principali dighe lucane, nonché del fatto che l'ARPA della Basilicata afferma di effettuare i monitoraggi sulla qualità dell'acqua, ma non rende pubblici gli esiti di questi controlli, ha provveduto ad effettuare autonomamente e in maniera indipendente delle analisi.
Da tali analisi è emersa la presenza di sostanze fecali negli invasi del Pertusillo, della Camastra e di Monte Cotugno, ma soprattutto è emersa la presenza di bario, una sostanza utilizzata dalle industrie petrolifere (tutte sostanze riscontrate in limiti superiori a quelli consentiti dalla legge).
Maurizio Bolognetti giustamente ha divulgato tali dati e ciò, invece di innescare dei controlli e delle verifiche su quanto stesse affermando, ha fatto sì che egli divenisse oggetto di un pubblico linciaggio e di accuse di procurato allarme. La procura di Potenza lo ha convocato in marzo non già per ascoltarlo sui numerosi esposti che sono stati presentati sempre in materia ambientale, per quanto riguarda il sito di bonifica di Tito Scalo, la situazione della Val Basento, l'inceneritore Fenice e anche il modo in cui l'ARPA sta operando in Basilicata. Lo hanno convocato invece per interrogarlo su quale fosse la fonte delle notizie sulla vicenda dell'inquinamento delle dighe lucane; sono state disposte perquisizioni e sequestri presso la sua abitazione, che è anche sede dell'Associazione dei radicali lucani, ed egli è stato rinviato a giudizio insieme al tenente Di Bello.
Il mio non è un intervento per richiamare l'attenzione su una vicenda che potrebbe sembrare di tipo personale. Ho presentato numerosissime interrogazioni parlamentari sulla grave situazione ambientale in Basilicata e non ho ricevuto alcuna risposta. Con tale intervento sollecito nuovamente delle risposte, ma devo anche rilevare che tale silenzio, che continua da anni, sta diventando insostenibile, come è insostenibile che nulla si sappia delle numerose denunce ed esposti presentati dalla procura di Potenza sulle situazioni di Tito Scalo, di Fenice e della Val Basento.
Sembra, insomma, che in Basilicata sia un delitto far conoscere ai cittadini i dati che riguardano le condizioni in cui sono costretti a vivere, e lo sia anche assicurare una trasparenza che, peraltro, sarebbe loro dovuta in base a quanto dispongono le convenzioni internazionali.
L'onorevole Rita Bernardini aveva proposto a Maurizio Bolognetti di chiedere asilo in un'altra regione italiana, magari Pag. 66meno degradata della Basilicata, ma io credo che, anche a fronte del silenzio che il Governo sta mantenendo sulla situazione ambientale in Basilicata, Maurizio Bolognetti farebbe bene a chiedere l'asilo politico in un altro Paese.

STEFANO GRAZIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO GRAZIANO. Signor Presidente, intervengo per richiamare l'attenzione del Governo sull'ulteriore vicenda di crisi industriale relativa alla Selfin Spa, un'azienda fondata da IBM e successivamente passata a Comdata Spa, che opera sostanzialmente nel settore della progettazione e realizzazione di sistemi informativi, un'azienda di grande e alta specializzazione nel Paese.
In questi mesi si è cercato di identificare i fattori di tale crisi industriale, che - lo voglio chiarire - non è figlia della crisi economica, ma è figlia di un imbroglio; se non si mette mano seriamente a una vicenda di tale genere, si rischia di fare chiudere un'azienda che rappresenta un'eccellenza nel Mezzogiorno di Italia.
Il 30 giugno prossimo è stato convocato un tavolo e chiedo che la Presidenza della Camera si faccia interprete presso la Presidenza del Consiglio, dal momento che il Presidente del Consiglio è anche Ministro per lo sviluppo economico ad interim, affinché sia presente al tavolo convocato per il 30 giugno e segna l'evoluzione della vicenda, così com'era stato dichiarato, nell'interpellanza da me presentata, dal sottosegretario Saglia.
Chiedo, dunque, che si mantenga un impegno preso dalla parte politica, perché altrimenti si rischia che il Governo si assuma la responsabilità, ancora una volta, in questo Paese di far passare un imbroglio rispetto alla crisi di un'azienda che, in realtà, non rientra assolutamente nella logica della crisi economica del Paese.

MARIO LOVELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta a tre atti di sindacato ispettivo da me presentati nei mesi scorsi.
Il primo riguarda la situazione dello stabilimento Ecolibarna di Serravalle Scrivia, che è un sito inserito nel programma nazionale di bonifiche previsto dalla legge n. 426 del 1998. Esso è dal 1993 in stato di emergenza, successivamente sempre prorogato, l'ultima volta con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 gennaio 2010, con scadenza nel prossimo mese di luglio. Il prefetto di Alessandria, a partire dal 2007, svolge le funzioni di commissario delegato per l'attuazione degli interventi.
Su tale situazione, gli interventi svolti da me e da altri parlamentari in Aula e nelle Commissioni sono ormai numerosi: vorrei ricordare in particolare il fatto che la stessa Aula parlamentare è stata interessata da ordini del giorno accettati dal Governo, che si è impegnato ad assumere tutte le iniziative conseguenti alla grave situazione di quella realtà; vorrei ricordare anche che nell'ultima risposta ad un'interrogazione parlamentare, in data 2 febbraio 2010, il Ministro Prestigiacomo aveva comunicato che stava per essere sottoposta all'attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze, da parte del Ministero dello sviluppo economico, l'attribuzione delle risorse già giacenti, pari a circa 800 mila euro, che devono servire oggi al commissario per proseguire la sua attività. In realtà, dopo quella interrogazione non è più successo nulla e la mia interrogazione, che risale al 27 aprile 2010, non ha avuto alcuna risposta.
Siamo prossimi alla scadenza del commissariamento. La questione preoccupa naturalmente le popolazioni locali, i comuni (in particolare Novi Ligure e Serravalle Scrivia) e tutto l'hinterland della Val Scrivia; preoccupa gli abitanti, che si sono organizzati in un comitato per la bonifica del sito e che stanno facendo una raccolta di firme. Pag. 67
Credo quindi che il Governo debba prendere seriamente in considerazione la situazione, non solo rispondendo alla mia interrogazione, ma soprattutto prendendo le iniziative che servono per dare operatività all'intervento previsto in quell'area.
Concludo richiamando due interrogazioni da me presentate, su cui chiedo la risposta del Governo: la prima interrogazione è del 22 aprile 2010 ed è relativa alla situazione dei trasferimenti spettanti per gli anni arretrati alla provincia di Alessandria. Ho presentato appunto un'interrogazione a risposta scritta, rispetto alla quale non ho avuto alcuna risposta del Governo.
La seconda interrogazione è addirittura del 21 gennaio e riguarda la denuncia di una situazione che si è creata nel comune di Casale Monferrato, dove si è svolto un convegno organizzato da un'associazione di estrema destra, durante il quale si sono udite frasi inneggianti alle leggi razziali e all'ideologia fascista.
Avevo chiesto al Ministero dell'interno di darmi una risposta in merito, se fosse a conoscenza della situazione, ma sono ancora in attesa. Credo che tale argomento meriti di avere un riscontro preciso, perché preoccupa i cittadini di Casale Monferrato ed è stato oggetto di denunce anche sui giornali, che chiedono un chiarimento politico.
La ringrazio, Signor Presidente, e la prego di trasmettere al Governo le richieste che ho oggi formulato.

PRESIDENTE. Onorevole Lovelli, grazie della sua sollecitazione, che verrà trasmessa.

RITA BERNARDINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, mi fa particolarmente piacere che sia lei a presiedere in questo momento perché, come si ricorderà, una decina di giorni fa, accolsi il suo invito ad interrompere lo sciopero della fame perché, nella risposta che lei mi diede, da parte del Collegio dei questori, mi si comunicava che sarebbe stata presto messa online la proposta di bilancio interno della Camera dei deputati. A quel che mi risulta, ad oggi, questo bilancio non è ancora online.
A parte il fatto che è dovuto ai cittadini un esame dettagliato e approfondito del bilancio, per spiegare cifra per cifra come si spendono i soldi in questo ramo del Parlamento, ritorno, comunque, alla carica perché siamo ormai alla fine del mese di giugno (il bilancio di previsione sul 2010 è stato approvato nel mese di dicembre) e non vorrei che arrivassimo a settembre e, addirittura, peggiorassimo la situazione, già grave, che si è verificata in tutti gli anni precedenti, di questo enorme ritardo.
La prego, quindi, signora Presidente, di sollecitare la questione, visto che vi era stata la sua parola che riferiva, evidentemente, delle decisioni che non potevano essere sue, bensì l'intenzione dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati. La prego di far presente a coloro che hanno questa responsabilità che attendo - e mi auguro che gli altri deputati attendano - di poter esaminare il nostro bilancio interno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bernardini. Sarà mia cura sollecitare la pubblicazione del bilancio presso il Collegio dei questori, perché, giustamente, come lei ricorda, fui io stessa a pregarla di interrompere lo sciopero della fame perché era stata assunta la decisione e pensavo che sarebbe passato giusto il tempo necessario per procedere. Verificherò io stessa perché la sua sollecitazione è sicuramente condivisibile.

Discussione del disegno di legge: S. 2150 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali (Approvato dal Senato) (A.C. 3552) (ore 19,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già Pag. 68approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3552)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto che la VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Barbieri, ha facoltà di svolgere la relazione.

EMERENZIO BARBIERI, Relatore. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame dispone la conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali, pubblicato il 30 aprile 2010 in Gazzetta Ufficiale. Scadrà pertanto martedì 29 giugno 2010.
Il decreto-legge consta di nove articoli volti a disciplinare il riassetto del settore delle fondazioni lirico-sinfoniche, i contributi allo spettacolo dal vivo, l'età pensionabile dei danzatori, il registro pubblico speciale per le opere cinematografiche e audiovisive, l'Istituto mutualistico artisti, interpreti ed esecutori (nuovo IMAIE), altre disposizioni sui lavoratori extracomunitari nel settore dello spettacolo e sui cosiddetti servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura.
Come è stato ricordato dal Ministro Bondi nelle due audizioni fatte alla Commissione cultura, il Governo ha dato seguito alla richiesta di molti rappresentanti di questa Commissione, ritirando l'originario articolo 5 relativo a Cinecittà Luce Spa, che risulta quindi soppresso.
Come è noto, il testo del decreto-legge è stato modificato nel corso dell'esame al Senato. Mi limiterò quindi ad indicare gli aspetti principali delle materie e delle modifiche introdotte, anche per non togliere spazio agli interventi dei colleghi, riservandomi in ogni caso di intervenire ancora nel corso dell'esame del provvedimento.
L'articolo 1 reca disposizioni per un riordino sistematico del settore lirico-sinfonico. La revisione dell'attuale assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche è demandata a regolamenti da adottarsi su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, nel rispetto di una serie di criteri coerenti con i principi di tutela e valorizzazione professionale dei lavoratori, efficienza e corretta gestione, economicità, imprenditorialità e sinergia tra le fondazioni, tenendo conto dell'importanza storica e culturale desunta dalla sua specificità storica e dalla sua collocazione nella tradizione operistica italiana. I regolamenti dovranno essere emanati dal Governo entro il termine di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, tenendo conto dei pareri della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari, che dovranno essere espressi entro il termine di 60 giorni dalla ricezione.
Voglio sottolineare che i termini indicati sono stati aumentati nel corso dell'esame al Senato rispettivamente dal termine inizialmente fissato in 12 mesi, nel primo caso, e in quello di 30 giorni nel secondo, a dimostrazione della giusta considerazione del ruolo del Parlamento nel processo di riforma delineato dall'Esecutivo.
Tra i criteri direttivi si prevede tra gli altri la previsione di parametri atti a stabilire tetti massimi di spesa per i cachet e loro equiparazione alla media europea; la previsione di specifici strumenti di raccordo dell'operato delle fondazioni, al fine di realizzare la più ampia sinergia operativa possibile; la rideterminazione dei criteri di ripartizione del contributo statale, Pag. 69salvaguardando in ogni caso la specificità della fondazione nella storia della cultura operistica italiana e tenendo conto altresì degli interventi strutturali effettuati a carico della finanza pubblica nei dieci anni antecedenti alla data di entrata di vigore del decreto; la destinazione di una quota crescente del medesimo contributo in base alla qualità della produzione; l'ottimizzazione delle risorse attraverso l'individuazione di criteri e modalità di collaborazione nelle produzioni; l'incentivazione di un'adeguata contribuzione da parte degli enti locali; la possibilità di riconoscere forme organizzative speciali per le fondazioni liriche che rivestano peculiarità, nel rispetto di determinati parametri sia qualitativi sia quantitativi, con una specificità riguardante lo statuto dell'accademia nazionale di santa Cecilia, in relazione alla presenza del presidente sovrintendente e della componente del corpo accademico, eletti direttamente dall'assemblea degli accademici. Ulteriori criteri direttivi sono stati introdotti poi nel corso dell'esame al Senato con il nuovo comma 1-bis, al quale si rinvia, segnalando per ora soltanto in questa sede che il testo formulato inizialmente dalla Commissione cultura del Senato è stato modificato nel corso dell'esame in Assemblea, nel senso di ridurre l'esposizione finanziaria a carico dello Stato, tenendo così conto del parere contrario della Commissione bilancio.
Si prevede, quindi, il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati all'attività delle fondazioni, quali regioni, comuni, organizzazioni sindacali e, naturalmente, soprintendenti delle fondazioni, con la costituzione, altresì, di un tavolo di confronto tra le diverse fondazioni e i rappresentanti sindacali; l'individuazione di interventi anche di natura normativa per favorire una maggiore stabilità del settore con strumenti di finanziamento anche pluriennale; la valorizzazione del sistema dei grandi teatri d'opera, previsti dalla legge n. 800 del 1967; il mantenimento della capacità di produzione culturale sul territorio, principio emerso anche nella legge quadro sullo spettacolo dal vivo, che è stata approvata all'unanimità dalla Commissione cultura e che aspetta il parere di altre Commissioni; la valorizzazione delle finalità e del carattere sociale delle fondazioni lirico-sinfoniche ed il loro ruolo educativo verso i giovani: anche in questo caso, un principio assolutamente condivisibile e da me personalmente difeso nella già citata legge quadro sullo spettacolo dal vivo.
Il successivo articolo 2, anch'esso modificato nel corso dell'esame al Senato, disciplina quindi il procedimento di contrattazione collettiva nel settore delle fondazioni lirico-sinfoniche. Si prevede, in questo senso, che il contratto collettivo nazionale di lavoro delle fondazioni lirico-sinfoniche sia sottoscritto da una delegazione datoriale - individuata con decreto del Ministero per i beni e le attività culturali in sede di prima applicazione, e da una delegazione rappresentativa individuata dalle fondazioni lirico-sinfoniche, per la disciplina a regime -, che si avvale della collaborazione dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni (Aran), e delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori dipendenti dalle fondazioni medesime. L'accordo sottoscritto è, quindi, sottoposto al controllo della Corte dei conti.
L'articolo 3, anch'esso modificato dall'altro ramo del Parlamento, al comma l, attribuisce carattere di esclusività al rapporto di lavoro del personale delle fondazioni lirico-sinfoniche, che può svolgere attività di lavoro autonomo solo nei limiti e con le modalità previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro.

PRESIDENTE. Onorevole Barbieri, le ricordo di regolare il suo intervento sui venti minuti.

EMERENZIO BARBIERI, Relatore. Sì, signor Presidente, infatti, mi soffermerò sui primi tre articoli, che sono quelli maggiormente oggetto di dibattito.
Come dicevo, l'articolo 3 anch'esso modificato dall'altro ramo del Parlamento, al comma l, attribuisce carattere di esclusività al rapporto di lavoro del personale delle fondazioni lirico-sinfoniche, che può Pag. 70svolgere attività di lavoro autonomo solo nei limiti e con le modalità previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro e secondo i criteri determinati in sede di contratto aziendale, previa autorizzazione del sovrintendente. Si stabilisce che nelle more della sottoscrizione del contratto collettivo nazionale di lavoro, sono vietate tutte le prestazioni di lavoro autonomo a decorrere dal 1o gennaio 2011, pur restando ferme alcune disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione e quelle della legge n. 498 del 1992.
Il successivo comma 2 dell'articolo in commento è rimasto invariato nel corso dell'esame al Senato: si prevede espressamente, per i corpi artistici, ferma restando la facoltà di cui all'articolo 23 del decreto legislativo n. 367 del 1996, che il mancato adempimento dell'impegno di cui alla lettera c) del comma 2 del citato articolo 23 costituisce oggetto di specifica obbligazione con effetti di clausola risolutiva espressa ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile.
Al successivo comma 3-bis, si stabilisce peraltro che, secondo la formulazione introdotta al Senato, conseguentemente i contratti integrativi aziendali in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge potranno essere rinnovati solo successivamente alla stipulazione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro.
Con le modifiche apportate dal Senato, il successivo comma 4, prevede ora che, decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, e sino alla stipulazione del nuovo contratto nazionale di lavoro e dei successivi contratti integrativi, il trattamento economico aggiuntivo derivante dalla contrattazione integrativa aziendale sia ridotto del 25 per cento. Non è stata quindi accolta dall'Assemblea del Senato l'originaria previsione di una riduzione al 5 per cento come inizialmente previsto dalla Commissione cultura di quel ramo del Parlamento.
Dall'anno 2012, peraltro, le assunzioni a tempo indeterminato saranno contenute nel limite massimo del turnover del personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell'anno precedente, ferme restando le compatibilità di bilancio di ogni fondazione, al fine di ridurre i costi per l'assunzione di personale a tempo indeterminato. È stata respinta quindi dal Senato la proposta di elevare la percentuale al 30 per cento, senza alcuna eccezione, compresa quella inizialmente prevista per il personale addetto alle manifestazioni estive nell'Arena di Verona. In ogni caso, è data alle fondazioni lirico-sinfoniche la possibilità di avvalersi, compatibilmente con i vincoli di bilancio, delle tipologie contrattuali e delle forme di organizzazione del lavoro disciplinate dal decreto legislativo n. 276 del 2003.
Voglio ricordare che il nuovo comma 5-bis, prevede un meccanismo di sviluppo occupazionale per le fondazioni lirico-sinfoniche che abbiano conseguito il pareggio di bilancio nei tre esercizi precedenti l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto e che presentino un rapporto percentuale tra i ricavi delle vendite e prestazioni e l'ammontare del contributo statale non inferiore al 40 per cento nell'ultimo bilancio approvato.
Il successivo comma 7 disciplina quindi l'età pensionabile dei lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie dei ballerini, novellando l'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 182 del 1997. In questo senso, per i lavoratori indicati, sia uomini che donne, l'età pensionabile è fissata al compimento del quarantacinquesimo anno di età anagrafica.
Il comma 8 dell'articolo in commento, reca quindi la copertura finanziaria del comma precedente: a decorrere dal 2010, ad essa si provvede con una riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 163 del 1985 sul Fondo unico per lo spettacolo. Si stabilisce inoltre che l'ENPALS provvederà al monitoraggio degli oneri di cui al comma 7, riferendone al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, a quello per i beni e le attività culturali e a quello dell'economia e delle finanze. In caso di scostamenti rispetto alle previsioni di spesa comportanti maggiori oneri, si provvederà attraverso la riduzione delle Pag. 71dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte nell'ambito delle spese rimodulabili del programma «Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo» della missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali.
Voglio precisare che l'originaria copertura finanziaria, pari a 1.700.000 euro, è stata elevata nel corso dell'esame al Senato a 2 milioni di euro.
Il successivo comma 8-bis dell'articolo in esame è stato, invece, inserito ex novo. Si prevede che, esclusivamente nei limiti delle risorse assegnate alla fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e teatri di Bari per le proprie attività e senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, la medesima fondazione, in deroga alle disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo in commento, può effettuare assunzione di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato e indeterminato, selezionato esclusivamente a seguito dello svolgimento di procedure ad evidenza pubblica, nei limiti della pianta organica approvata, ovviamente previa autorizzazione dal Ministero per i beni e le attività culturali.
Passo quindi all'articolo 4, per sottolineare che esso è stato radicalmente modificato al Senato, anche sulla base di interventi e pressioni, che hanno trovato disponibilità serie da parte del Governo, effettuati dalla Commissione cultura della Camera, oltre che dalla Commissione cultura del Senato.
L'articolo 5 (di cui ho già parlato), che definiva i compiti e le funzioni del gruppo Cinecittà Luce SpA, è stato soppresso, per cui non mi soffermerò su di esso.
Il successivo articolo 6, al comma 1, del decreto è stato, invece, modificato in tal senso: si dispone che il registro pubblico speciale per le opere cinematografiche comprende anche le opere audiovisive, in quanto la normativa europea sul diritto d'autore reca regole comuni per l'opera cinematografica e per l'opera audiovisiva.
Il successivo comma 2 dell'articolo in commento abroga, invece, l'articolo 23 del decreto legislativo n. 28 del 2004, recante disciplina delle attività cinematografiche, ed altre disposizioni incompatibili con quelle recate dall'articolo in esame. Si mantiene, peraltro, in vigore il sistema previgente, di cui agli articoli 12, 13 e 14 del regio decreto-legge n. 1061 del 1938. Il Senato ha, infatti, inserito un nuovo comma 2-bis all'articolo in commento in base al quale all'allegato 2 al decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179, dopo il numero 446 è inserito il seguente: «446-bis. regio decreto-legge n. 1061 16 giugno 1938 provvedimenti a favore dell'industria cinematografica nazionale beni e attività culturali, articoli 12, 13, 14».
Il comma 3 della norma in commento esclude, infine, che dal medesimo articolo derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La relazione tecnica chiarisce che la gestione del registro è affidata alla SIAE, che destina allo scopo le tariffe che gli utenti corrispondono per avvalersi dei relativi servizi.
L'articolo 7 disciplina il nuovo IMAIE. Devo dire che il Ministro Bondi, come risulta dal resoconto stenografico della Commissione cultura, lo ha ampiamente illustrato nella audizione svoltasi nella suddetta Commissione. Ricordo solo che l'IMAIE, istituito ai sensi della legge n. 93 del 1992, è un'associazione avente personalità giuridica di diritto privato, disciplinato, oltre che dalla disposizione in commento, anche dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del codice medesimo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

EMERENZIO BARBIERI, Relatore. Sto finendo, signor Presidente. L'istituto è stato costituito al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi stabiliti dalla legge n. 93 del 1992.
In conclusione, signor Presidente, noi - parlo ovviamente della maggioranza - abbiamo fondate speranze di riuscire a trovare domani mattina, in sede di Comitato dei nove, una soluzione che consenta, sia pure ovviamente nel rispetto dell'autonomia politica dei singoli gruppi parlamentari, di addivenire ad una modifica di Pag. 72questo testo che consenta un ulteriore passaggio al Senato. Sarà mia cura informare la Presidenza della possibilità di arrivare a questa conclusione. Mi auguro, però, che da questo punto di vista tutti i gruppi parlamentari concorrano a quello che la maggioranza ritiene uno spirito costruttivo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Barbieri, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

SANDRO BONDI, Ministro per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riservo di intervenire domani, in sede di replica.

PRESIDENTE. Prima che l'onorevole Ciocchetti inizi il suo intervento vorrei ricordare che vi sono 52 iscritti a parlare; la Presidenza propone di lavorare fino alle 20,30 e di interrompere, poi, per un'ora circa. Nel dare la parola al secondo oratore ci regoleremo, quindi, in base alla lunghezza dell'intervento del primo.
È iscritto a parlare l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, voglio ringraziare il relatore per le considerazioni fatte ed anche per il lavoro svolto in Commissione, anche se i tempi per poter discutere questo provvedimento alla Camera dei deputati sono stati quasi inesistenti. Credo che un provvedimento di questo genere avrebbe sicuramente meritato più attenzione e la stessa possibilità che ha avuto il Senato della Repubblica di analizzarlo e di approfondirlo. Questo perché siamo di fronte ad una questione che è oggettivamente importante che riguarda il ruolo di enti fondamentali per la storia, la cultura e la tradizione del nostro Paese.
Tali enti sono, e potrebbero essere, delle grandi occasioni di promozione culturale; essi hanno una forte e profonda capacità di tramandare la storia e le tradizioni del nostro Paese ma, purtroppo, sono diventate delle «macchine mangia soldi» senza avere la capacità di offrire questo ruolo importante.
Questo non rappresenta un giudizio negativo nei confronti delle maestranze, del personale, e di chi lavora all'interno delle fondazioni lirico-sinfoniche ma significa che l'organizzazione - che fino ad oggi ha guidato la gestione delle suddette - è stata tesa più a spendere e a sperperare risorse economiche che non a fare quello che servirebbe: essere un punto di qualità, di sviluppo, di promozione e di grande possibilità della tradizione culturale italiana.
Ricordo quando nel 1995 si chiuse Caracalla. All'epoca, infatti, i sovrintendenti intervennero per impedire che nelle terme di Caracalla si potesse continuare a svolgere l'attività estiva prevista. Noi organizzammo, in qualche modo, una protesta verso questa chiusura e vennero ad intervistarci delle riviste giapponesi perché vi era, in merito, una grande attenzione di tutto il mondo. Addirittura, all'epoca, vi erano tour operator che organizzavano visite e viaggi non per venire a vedere Roma per i suoi monumenti, ma per venire al teatro delle terme di Caracalla e seguire la sua stagione estiva.
Quello che accade all'arena di Verona, e in molte altre situazioni, sarebbe una grande occasione di sviluppo, di promozione culturale delle nostre tradizioni, della nostra storia e delle nostre qualità e specificità. Purtroppo i costi, la mala organizzazione e la scelta di manager e di sovrintendenti non sempre in grado di poter svolgere una funzione importante hanno portato a questa situazione.
Signor Ministro, qui alla Camera dei deputati, avremmo preferito avere più tempo per esaminare questo importante provvedimento. Purtroppo i tempi sono ristretti e la scelta del decreto-legge li ha ulteriormente ridotti. Infatti i tempi impiegati dal Senato sono stati troppo lunghi. Pag. 73Certamente, nel dibattito svolto al Senato sono state fatte delle modifiche importanti: sono stati tolti argomenti ultronei o, in qualche modo, in contrasto con quanto era già stato discusso nella Commissione cultura della Camera.
Penso alla delega che era stata introdotta per la legge sullo spettacolo dal vivo che il Senato, appunto, ha eliminato e che, in qualche modo, consente di sperare che si possa arrivare al più presto all'approvazione del testo che la Commissione cultura, all'unanimità, come ha ricordato il relatore, ha approvato. Si tratta di un provvedimento che mira alla riforma dello spettacolo, che è atteso da anni e che, in qualche modo, interviene per tentare di dare una risposta - anche in quel caso - che consenta un migliore controllo sulla spesa e che fornisca le migliori condizioni per poter sviluppare le arti e tutto quello che, in qualche modo, fa riferimento alla nostra storia e alla nostra cultura, che tutto il mondo ci invidia e che noi non riusciamo a promuovere in maniera opportuna.
Credo che vi siano questioni che ci mettono in dubbio se confermare questo provvedimento, sempre nell'ambito di un clima basato su di un ragionamento improntato alla discussione e al confronto e non alla chiusura e al voto demagogicamente contrario. Dunque, rappresentiamo alcune questioni che, a nostro avviso, non sono state affrontate o che lo sono state in maniera limitata o con poco coraggio.
Riteniamo che fosse necessario assumere decisioni più forti soprattutto su chi ha gestito gli enti lirici in questi anni. Infatti, tale gestione non ha assicurato un numero di recite decenti e gli enti e le fondazioni lirico-sinfoniche che raggiungono un numero di recite decenti sono forse inesistenti nel nostro Paese. Dunque, non si può mantenere un'organizzazione così complessa che porta sulle scene, in media, cento recite l'anno su 365 giorni (quando va bene) o che ha fatto interventi di produzione e di scenografie sfarzose che costano milioni di euro senza avere la capacità, però, di portare avanti coproduzione, scambi e di organizzare in qualche modo un sistema in grado ogni anno di portare in giro per l'Italia - o anche all'estero - produzioni costose ma che potrebbero costare molto meno se fossero utilizzate in altre strutture e in altre realtà.
Credo che bisognasse avere il coraggio di affrontare queste questioni e quelle relative ai costi e agli ingaggi degli artisti esterni, ingaggi che hanno raggiunto cifre folli e al di fuori del mercato. Inoltre, si doveva affrontare il tema relativo alla possibilità di far lavorare gli artisti italiani quando, invece, quasi tutte le fondazioni lirico-sinfoniche del nostro Paese vanno all'estero a cercare artisti, cantanti e ballerini per farli lavorare a costi ugualmente folli mentre gli artisti italiani e i nostri giovani non riescono a trovare la possibilità di lavorare all'interno delle fondazioni lirico-sinfoniche. Forse si doveva - e so che il Ministro ne ha parlato in Commissione - avere il coraggio, ma capisco anche la condizione economica e finanziaria del nostro Paese, di affrontare il tema degli sgravi fiscali per i privati che investono in questo settore, perché credo che questo sia l'unico modo per portare controllo, garanzia e la possibilità di trovare nuove risorse che possano costituire un investimento stabilendo, però, delle regole certe.
Credo che fosse necessario intervenire anche sull'attuale sistema di gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche, dando loro indirizzi imprenditoriali cui si devono uniformare le fondazioni. Tali indirizzi devono essere volti alla designazione di figure manageriali di comprovata e specifica esperienza, cui compete indicare il direttore artistico e che rispondono del proprio operato che si svolge sotto il controllo di un collegio di revisori composto da magistrati della Corte dei conti, perché bisogna anche dare la possibilità di intervenire in maniera chiara. Si deve, inoltre, costruire un sistema di coproduzioni attraverso l'individuazione di macroaree musicali di carattere interregionale. Fondazioni, che hanno il pregio di dichiararsi di carattere nazionale, devono avere anche il coraggio Pag. 74di uscire fuori dal territorio e, in qualche modo, poter assicurare un forte interscambio.
Insomma, altre questioni, come il tema degli sgravi fiscali, potevano dare a questo provvedimento, anche avendo più tempo a disposizione, la possibilità e il coraggio davvero di cambiare le cose.
Abbiamo paura che a seguito degli interventi fatti, che certamente intervengono sul contratto del personale delle fondazioni lirico-sinfoniche, a pagare saranno soltanto i lavoratori che lavoreranno all'interno, al contrario dei sovrintendenti, dei direttori artistici, e di questa casta che qualunque Governo o amministrazione comunale ci sia stata, sono sempre gli stessi. Guardate negli ultimi venti anni chi sono i direttori artistici ed i sovrintendenti di queste grandi fondazioni lirico-sinfoniche: alla fine sono di destra, di sinistra, di centro e compagnia varia, ma in qualche modo sempre gli stessi.
Questi pagano poco in rapporto alle loro responsabilità di gestione delle fondazioni e queste credo siano le questioni che bisognerà avere il coraggio di affrontare. Spero che - concludo il mio intervento - quanto detto dal relatore circa il tentativo di arrivare ad un accordo che possa anche portare all'approvazione di qualche emendamento dell'opposizione, possa aiutarci a superare almeno in parte quanto il mio gruppo ha evidenziato sia in Commissione sia nel dibattito in quest'Aula.
Spero, inoltre, che si possa aiutare a migliorare il testo e davvero avere la possibilità di dare un nuovo futuro a queste importantissime fondazioni lirico-sinfoniche che possono e debbono rappresentare per il nostro Paese una grande opportunità per rilanciare la nostra storia, la nostra cultura, la nostra tradizione in Italia, presso i giovani, e nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zazzera. Al termine del suo intervento potremo sospendere la seduta e riprenderla con l'intervento dell'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, saluto il Ministro Bondi e gli onorevoli colleghi. Il provvedimento in discussione questa sera si pone l'ambizioso obiettivo (la pretesa) di riformare le fondazioni lirico-sinfoniche e, in modo particolare, - dovremmo dire - di riformare l'offerta culturale nel nostro Paese. Siamo il Paese del canto, siamo il Paese dell'opera lirica, del teatro, della danza, quindi certamente il problema che solleva questo provvedimento è un'esigenza.
Tuttavia, questo provvedimento ha solo la pretesa di riformare le fondazioni lirico-sinfoniche; per il resto, invece, è l'ennesimo provvedimento, caro Ministro Bondi, firmato in realtà da Tremonti, con un po' di tagli qua e un po' di tagli là, così come è avvenuto con una sorta di continuità in questi mesi.
È un provvedimento che lo stesso Presidente della Repubblica il 30 aprile ha firmato con non poca sofferenza e dopo richieste di chiarimento. Persino il Ministro Bondi ha dovuto prendere atto in un Consiglio dei ministri di avvenuti tagli di cui non era a conoscenza. Il Ministro Tremonti, a mio giudizio, poteva tranquillamente inserire questo provvedimento all'interno della prossima manovra finanziaria, poiché è un provvedimento economico, non avrebbe fatto una piega, e avrebbe evitato peraltro i rischi di incostituzionalità presenti.
Dissentiamo da questo provvedimento, così come è stato fatto, nel metodo e nel merito. Nel metodo, perché ancora una volta ricorrete alla decretazione d'urgenza, anche se nella risoluzione di un anno fa vi eravate impegnati nel percorso ordinario. Invece, ancora una volta, utilizzate la decretazione d'urgenza e, salvo sorprese, ricorrerete alla fiducia, considerati i tempi stretti di approvazione.
Utilizzate nel metodo lo strumento della delegificazione attraverso atti di Governo che soffocano e soffocheranno ogni possibile confronto parlamentare. A parole Pag. 75- le ho sentite anche dal Ministro in audizione in Commissione - si offre la disponibilità al dialogo e alla pace, ma in realtà continua a esserci il confronto pesante e al posto del calumet della pace continuano invece ad esserci, con la decretazione d'urgenza, gesti di guerra.
Tanto è vero che nessuno degli emendamenti in Commissione è stato accolto, non vi è stata alcuna possibilità di modificare questo provvedimento e nessuna discussione perché abbiamo dovuto discutere a tappe forzate in Commissione e ci auguriamo che tutti gli sforzi anche in queste ore vadano nella direzione di una soluzione il più possibile condivisa.
Non vi è stato neppure un gesto che potesse far pensare all'avvio di un possibile confronto con le rappresentanze del settore. Avete evitato anche quello.
Uso le parole del Ministro quando ha detto che la cultura non può essere né di destra né di sinistra. Quindi, credo che su questo abbia davvero ragione, sul terreno della cultura avremmo potuto, anzi dovuto, trovare un momento di grande condivisione. Ma evidentemente c'è la disperazione di mettere a posto i conti e i bilanci, e tutto ciò annebbia la vista e la ragione. Annebbia scelte che invece dovrebbero essere altre.
È l'ennesima opportunità mancata di fronte ad un settore che ha bisogno di risposte. Noi dell'Italia dei Valori condividiamo la necessità di riformare le fondazioni lirico-sinfoniche, quindi non possiamo essere accusati di non volere il cambiamento.
Il cambiamento lo vogliamo. Condividiamo l'esigenza di riorganizzare le fondazioni se tesa al raggiungimento dell'efficacia, di razionalizzare le fondazioni se l'obiettivo è l'utilizzo più trasparente delle risorse (su questo mi soffermo solo per ricordare che cosa scrive la Corte dei conti al riguardo, laddove ci sono consigli di amministrazione di fondazioni che non presentano neppure i compensi dei loro componenti, su come vengono utilizzati i soldi pubblici), ossia di creare sinergia tra pubblico e privato. Siamo d'accordo, condividiamo questa esigenza, ma se il pubblico non serve, come dice la Corte dei conti, a sostenere carrozzoni clientelari attraverso cui si fanno le assunzioni, i privati non devono trasformare la cultura in merce da baraccone. Vogliamo che infatti il privato faccia e abbia la possibilità di fare investimenti nel mondo della cultura.
Quindi, questi principi che pure sono presenti all'interno di questo provvedimento sono enunciati e poi però devono essere applicati. In realtà, non c'è nulla in termini di riorganizzazione né di razionalizzazione, ma si fanno ricadere sui lavoratori i bilanci in rosso delle gran parte delle fondazioni.
Si tratta di bilanci che, come ha detto il Ministro in questi giorni, costano allo Stato 240 milioni di euro l'anno. Eppure, in questi anni erano stati presi provvedimenti per il controllo della spesa, lo dice ancora una volta la relazione della Corte dei conti del 2010 che riconosce come tali, dal 2005, anche il blocco delle assunzioni (il blocco del turn over) e un maggior controllo sugli sprechi. Eppure, ancora oggi, dopo quattro-cinque anni, siamo ancora a parlare di controllo di fondazioni in rosso.
Le responsabilità non si possono addebitare solo a chi lavora nelle fondazioni, ma forse anche a chi le ha gestite attraverso nomine politicizzate. L'uso della delegificazione inoltre contraddice la necessità di urgenza del provvedimento.
Il percorso più corretto sarebbe stato quello di porre in essere un disegno di legge quadro con un percorso ordinario: una cornice all'interno della quale inserire una serie di decreti delegati che poteva, invece, interessare tutto il mondo della cultura, dal teatro alla danza, alla lirica, alle arti visive, alla cinematografia. Invece, avete voluto fare tutto molto in fretta, dopo aver perso tempo al Senato.
In realtà, utilizzate la delegificazione per spogliare il Parlamento delle sue prerogative: evitate il confronto. Persino nelle Commissioni parlamentari, con riferimento agli atti di Governo, vi saranno delle prese d'atto di atti notarili e, nonostante le condizioni e le osservazioni che Pag. 76eventualmente verranno imposte, come spesso accade, il Governo non ne rispetterà neppure una. Inoltre, la delegificazione è uno strumento che non ci fa conoscere oggi quello che potrebbe accadere domani. Il Governo chiede semplicemente una delega in bianco perché, sulla base di questo decreto-legge, possa poi emanare una serie di atti di Governo al buio, senza sapere quale sistema di cultura intenda affrontare, come intenda affrontarlo, quale sia il modello di offerta culturale che il Governo ci vuole proporre.
Credo che in questo provvedimento manchi proprio questo: non lo sappiamo e non lo possiamo sapere, perché evidentemente dipenderà dagli atti di Governo, dall'umore del Ministro Tremonti. Dipenderà dalle crisi finanziarie internazionali perché, se ci sarà una crisi finanziaria, probabilmente l'atto di Governo sarà più impostato in una certa direzione. Se Tremonti quel giorno sarà ad una riunione dell'Unione europea e sarà triste, probabilmente opererà dei tagli e ci imporrà degli atti di Governo su questo settore.
Non lo sappiamo perché quegli atti di Governo saranno funzionali alla situazione economica dei bilanci dello Stato, cioè dipenderanno dalle condizioni del bilancio dello Stato. Insomma, è come cominciare un viaggio con una nave senza sapere quale meta raggiungere. Questo è il viaggio di questo decreto-legge sulle fondazioni lirico-sinfoniche.
Le fondazioni - è vero - costano ogni anno 240 milioni di euro, ma anche in questo caso vi invito a leggere la Corte dei conti che ci accusa di assenza di controlli e di non controllare come vengono spesi i finanziamenti. Quindi, nel decreto-legge sarebbe stata più utile, se davvero vogliamo riformare il sistema delle fondazioni lirico-sinfoniche, la previsione di meccanismi più efficaci di controllo sulla spesa di soldi che per il 90 per cento sono pubblici.
Le fondazioni, però, hanno già conosciuto in passato processi di riforma nel corso dei quali di fatto si è parlato, ma non si è applicato. Il processo di privatizzazione è iniziato con il decreto legislativo n. 367 del 1996. Di fatto, voi con il decreto-legge al nostro esame interrompete bruscamente un processo di privatizzazione. Lo diciamo da opposizione: siamo accusati di essere illiberali, ma credo che voi, che siete espressione di una cultura liberale di destra, dovreste preoccuparvi del fatto che, attraverso questo decreto-legge, di fatto interrompete un processo che riguarda fondazioni di diritto privato.
Poi, ci siamo accorti che di privato avevano ben poco e che, come avete constatato voi stessi, il 90 per cento proviene dagli enti pubblici. Di quel 90 per cento, il 30 per cento proviene dagli enti territoriali che hanno gestito malissimo e con pochissime risorse. Tuttavia, in questo provvedimento, il processo di privatizzazione delle fondazioni viene interrotto perché questo è un provvedimento nel quale il Governo mette le mani dovunque: sulla contrattazione collettiva, sugli organi mutualistici (come l'IMAIE), persino sull'ingresso dei privati. Vuole controllare tutto.
Si tratta di un provvedimento statalista, più che di un provvedimento liberale.
Ci saremmo aspettati, invece, una grande apertura all'iniziativa privata per quanto riguarda l'offerta culturale. Le fondazioni enti di diritto privato, invece, fanno comodo, probabilmente come carrozzoni statali utilizzati dalla politica.
Il dato che deve fare preoccupare è il fatto che di quel capitale che arriva alle fondazioni, appena il 7 per cento proviene dagli enti privati. Oggi che avete tagliato anche le risorse agli enti locali, anche gli enti locali avranno grandi difficoltà a trovare quelle risorse per le fondazioni.
Ci saremmo aspettati, invece, un provvedimento quanto meno liberale, invece siamo di fronte ad un provvedimento che fa invidia alla migliore tradizione statalista. Il Ministro dovrebbe spiegarci, ad esempio, come intende attirare le risorse dei privati con questo provvedimento, come intende far salire quel 7 per cento di finanziamenti dei privati. Perché un privato dovrebbe investire in una fondazione lirico-sinfonica? In questo caso investirebbe per coprire i buchi prodotti dal pubblico, oppure dovremmo metterlo nelle Pag. 77condizioni di investire le risorse, ad esempio attraverso la defiscalizzazione, attraverso un'attrattiva per il privato ad investire nell'offerta culturale. Anche in questo caso, però, capiamo che, sulla defiscalizzazione, non vi è - e certamente non vi potrà essere - il parere positivo del Ministro Tremonti.
È necessario, pertanto, riformare le fondazioni lirico-sinfoniche, ma va riformato tutto il sistema dell'offerta culturale. Ecco perché abbiamo perso un'occasione. Per fare una riforma bisogna parlare non solo di offerta culturale, ma anche di formazione culturale. Credo che questo provvedimento non impedisca anche a quei talenti, che escono dalle scuole musicali e dai conservatori, di trovarsi le porte chiuse per quanto riguarda le opportunità di lavoro. Noi rischiamo di perdere talenti, che andranno via dal nostro Paese, perché non potranno lavorare.
Si tratta di un provvedimento che non si occupa di riforma del sistema lirico-sinfonico e delle fondazioni. Gli articoli 2 e 3 rappresentano il core business, il cuore nevralgico del provvedimento. Non trovate le risorse e andate a mettere le mani nelle tasche dei lavoratori del settore, intervenendo in materia di giuslavoristica.
Il provvedimento, quindi, non è un provvedimento di riforma: trovate i soldi costringendo i diritti sindacali dei lavoratori ed impedendo ad essi di esprimersi in libertà, mettete le mani nelle loro tasche.
Penso che il provvedimento intervenga pesantemente, senza precedenti, sul diritto del lavoro: sono bloccate le assunzioni per i prossimi anni, è bloccato il turn over, è stabilita la decurtazione del 25 per cento del trattamento economico aggiuntivo (la cui abrogazione ci auguriamo possa essere accolta), ma vi è anche il limite del 15 per cento per le assunzioni a tempo determinato: vi invitiamo a rivedere questa cifra, alzando l'asticella al 30 per cento.
Il decreto-legge in esame, quindi, massacra i lavoratori e gli artisti del settore e li mette sotto la scure del ricatto. Il Governo interviene pesantemente sul contratto collettivo nazionale, introducendo pericolose novità incostituzionali: lo Stato interviene sui finanziamenti, sull'ente mutualistico, nella contrattazione collettiva. Lo Stato è dovunque: interviene pesantemente sulle fondazioni, che, ripeto, sono enti di diritto privato.
Nella discussione al Senato avete approvato un emendamento che introduce la deroga al blocco delle assunzioni per il teatro Petruzzelli di Bari.
Ovviamente, è uno spot pubblicitario, anzi, direi una bella scatola vuota, perché si prevede una deroga per il teatro Petruzzelli, ma si dice che non vi sono i soldi per poter sbloccare le assunzioni.
Infatti dite, con riferimento al Petruzzelli, di andare a prendere i soldi dalla programmazione artistica, ed evidentemente, per fare programmazione artistica, vi è bisogno che il Petruzzelli attinga da fondi. Non solo: il decreto-legge interviene sulle assunzioni a tempo indeterminato attraverso l'evidenza pubblica, in questo caso mettendo lo stesso Petruzzelli nelle condizioni di precarizzarsi e di precarizzare i lavoratori.
I senatori Lettieri, Quagliariello, Distaso - sono persone del centrodestra, non del centrosinistra - hanno sollevato alta la voce rispetto ad un emendamento che non li soddisfa, anzi, li delude. A tal punto li delude che questi «capitani coraggiosi» del centrodestra sono disposti a presentare un emendamento alla legge finanziaria per trovare i soldi per il teatro Petruzzelli, salvo, ovviamente, passare dal Ministro Tremonti per sapere se è d'accordo o meno.
Non è vero, quindi, che in questa maniera abbiamo risolto e dato una risposta alla Fondazione del teatro Petruzzelli. Con questo provvedimento cercate di dare una risposta del tutto inadeguata anche sull'istituto IMAIE, un istituto mutualistico per i lavoratori dello spettacolo, la cui gestione è stata certamente allegra: è balzata agli occhi della cronaca e oggi è finita sotto il controllo del Governo; quel Governo che dovrebbe essere di esempio all'IMAIE, cioè dovrebbe spendere di meno, fare meno sprechi ed evitare i numerosi commissariamenti à gogo, che Pag. 78costano milioni di euro. Verrebbe da dire che l'IMAIE passa dalla padella alla brace; speriamo di no!
Avete rinunciato ad un confronto serio. Mi auguro che, in queste ore, si possa riaprire un confronto, accogliendo gli emendamenti dell'opposizione e modificando il provvedimento, sapendo che vi sono tempi ristrettissimi, perché poi questo provvedimento passerà nuovamente all'esame del Senato.
Me lo auguro, perché il mondo della cultura in questi giorni è davvero in subbuglio e vive una grande preoccupazione. Credo che non possiamo rimanere sordi di fronte a quello che sta accadendo nei teatri, a quello che avviene prima della messa in scena delle opere liriche: gesti di protesta.
Ad esempio, vi è un gesto di protesta e di dolore, per cui si sarebbe potuto trovare uno spazio anche in questo provvedimento, comunque in un provvedimento complessivo sull'offerta culturale, per quanto riguarda la decisione di questo Governo di tagliare ogni risorsa e di chiudere uno degli enti storici di questo paese, come l'Ente teatrale italiano, che, di fronte a ciò, grida dolore.
Termino, dicendo che abbiamo anche avanzato una proposta. Non è una provocazione, troppo semplice sarebbe una provocazione nei confronti del Presidente Berlusconi, che è proprietario di emittenze televisive. Vi abbiamo, però, detto che non sempre si deve tagliare, ma si possono anche trovare risorse per il mondo della cultura.
Bisogna averne la volontà, bisogna avere la capacità di rivolgersi alla società e di chiedere come ottenere risorse per il mondo della cultura.
Noi abbiamo fatto una proposta, che chiediamo al Governo di accogliere se davvero vuole pensare ad una ripresa e non solo ad una razionalizzazione dell'offerta culturale. Abbiamo detto che si possono tassare le pubblicità televisive, che rappresentano l'unico settore non in crisi in questo Paese e che aumenta del 3 per cento il suo fatturato; chiediamo che si possano tassare con un'aliquota del 2 per cento i proventi derivanti dalla pubblicità televisiva per le grandi emittenti, lasciando fuori le piccole emittenti del territorio. Si potrebbero così raccogliere 78 milioni di euro, che chiediamo di destinare al Fondo unico per lo spettacolo, rispetto al quale voi invece tagliate le risorse.
Stiamo parlando di un'aliquota minima del 2 per cento, perché se vi fate un po' meglio i conti - ma credo che Tremonti li sappia fare molto bene -, applicando l'aliquota del 5 per cento si potrebbero raccogliere 190 milioni di euro da destinare al Fondo unico per lo spettacolo, il che significa acqua al mulino dello sviluppo dell'offerta culturale. Altro che tagli, altro che intervento nella contrattazione collettiva nazionale!
Per provare, infine, a rappresentare quello che sta succedendo nel mondo della cultura del nostro Paese, signor Presidente, proverò a raccontare la storia di un direttore generale di azienda, bravissimo, che viene invitato ad un concerto dove sarà eseguita l'ottava sinfonia di Schubert, l'«Incompiuta».
Il direttore generale per impegni sopraggiunti non ci può andare e manderà il suo capo del personale, un ragazzo laureato in una scuola inglese. Il giorno successivo lo incontra e gli chiede come è andato il concerto di Schubert ed il capo del personale gli risponde che lascerà per lui sul tavolo alle 12 una relazione scritta. Gli presenta quindi la relazione scritta; alle 12 il direttore generale la trova sul tavolo e nella relazione legge i seguenti cinque punti trasmessi dal capo del personale.
Punto primo: durante considerevoli periodi di tempo i quattro oboi non fanno nulla, bisognerebbe quindi ridurne il numero e distribuirne il lavoro tra il resto dell'orchestra, eliminando i picchi di impiego. Punto secondo: i dodici violini suonano sempre la medesima nota, pertanto il numero dei violinisti potrebbe essere drasticamente ridotto. Punto terzo: non serve a nulla che gli ottoni ripetano i suoni eseguiti dagli archi. Punto quarto: se tali passaggi ridondanti fossero eliminati, il concerto potrebbe essere ridotto di un Pag. 79quarto. Punto quinto: se Schubert avesse tenuto conto di queste mie osservazioni, avrebbe terminato la sinfonia, che quindi sarebbe diventata una sinfonia «Compiuta».
Siccome però noi apprezziamo la musica lirica, crediamo che non si possa ragionare con la testa del capo del personale e ci auguriamo, invece, di continuare a poter ascoltare nei nostri teatri l'ottava sinfonia di Schubert «Incompiuta» (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Come preannunziato, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 21,30 con la prosecuzione della discussione sulle linee generali.

La seduta, sospesa alle 20,30, è ripresa alle 21,30.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Dal Lago, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Alberto Giorgetti, Giro, Jannone, Mantovano, Martini, Melchiorre, Meloni, Migliavacca, Nucara, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Tabacci, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa notturna della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente novanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 3552.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 3552)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, mi rivolgo alla Presidenza, ma anche al Governo e, in particolare a lei. onorevole sottosegretario Giro, e alla maggioranza per vedere se esiste ancora un margine per ragionare su un decreto-legge, che non è vero che riguarda solo le fondazioni e gli enti lirici, ma rischia di creare degli elementi di grave imitazione nell'intero settore dell'industria culturale e nel settore della contrattualistica.
Lo dico con grande passione: prima di annunciare la questione di fiducia, e anche se venisse posta la questione di fiducia, credo che fareste bene a correggere il testo uscito dal Senato persino da soli, persino ad Aula vuota.
Vi sono degli errori e delle interferenze in questo provvedimento e mi riferisco in tal caso proprio al tema dei contratti. Chi dice che è un problema solo degli enti lirici sbaglia: si legga il testo. Non è in discussione solo il problema della riforma, necessaria e indispensabile, ma anche quello degli errori tecnici che si sono materializzati al Senato e che, se non vengono corretti - a voi piace il termine giustizialismo -, inaugureranno una via giustizialista nei teatri italiani, i quali si rivolgeranno ai magistrati e alla Corte costituzionale, bloccando il provvedimento per altra strada. E voi questo lo sapete.
Dunque, il problema non è che cosa faccia l'opposizione, se presenti o meno centinaia di emendamenti o di ordini del giorno. Non si tratta della durata dell'ostruzionismo, ma della correzione che voi medesimi dovreste operare al disegno di legge.
Se non lo fate, porterete a morte il provvedimento, che darà vita a un tale conflitto giudiziario ed extragiudiziario da renderne impraticabile l'applicazione. E voi questo lo sapete. Parlo con passione, ma anche con grande rispetto, perché conosco l'attenzione con cui lei, il Ministro Bondi, il relatore Barbieri e altri colleghi del centrodestra stanno seguendo la vicenda. Non sono fra coloro che pensano che vi siano i buoni e i cattivi e che Pag. 80all'interno della maggioranza nessuno affronti tali temi: sono banalizzazioni che non mi appartengono.
Signor sottosegretario, l'avere introdotto il tema della fiducia «mascherata» può essere bello sul piano della fumettistica o può piacere a qualche letterato che si aggira nelle aule, ma la fiducia mascherata è qualcosa che interrompe il rapporto di fiducia in un'Aula.
In Commissione fui ripreso anche dalla Presidente Aprea, che chiese perché sostenessi questo e che disse che non ci sarebbe stata nessuna questione di fiducia e che vi era il clima di un grande dialogo. Ricordo che i colleghi Barbieri e Granata dissero a proposito che forse era persino possibile che il decreto-legge venisse ritirato. Occorre guadagnare tutte le ore per una modifica, discutere in un altro modo: la fiducia mascherata è sbagliata in un clima reso ancora più aspro da chi ha gettato benzina sul fuoco.
La scorsa settimana si è votata una questione di fiducia sulla cosiddetta legge bavaglio sulle intercettazioni. Dopo i «bavagli», si parla di riproporre una questione di fiducia anche sui tagli, alla vigilia di quei tagli lineari che saranno previsti nella manovra finanziaria. Non potete infatti non sapere che questo provvedimento è esaminato alla vigilia di una finanziaria che introdurrà tagli lineari all'industria della cultura, perché ciò che è scritto sugli enti lirici va letto e coniugato con i successivi tagli: è il combinato disposto fra i due provvedimenti che fa sì che tale disegno di legge rischi tecnicamente di non essere attrezzato e, se non corretto, di produrre un disastro nel lungo periodo.
Vorrei, dunque, invitare tutti, me per primo, quando si parla di industria culturale ad eliminare una sorta di neofurore ideologico, che porta verso l'industria della comunicazione, del cinema e dello spettacolo alla definizione di luoghi puramente improduttivi o addirittura a continue battute contro singoli artisti e autori, perché magari non omologati al pensiero unico televisivo e alla cultura del conflitto di interesse.
Quel tipo di battute ha «incanaglito» la discussione, facendo disperdere il merito: vi inviterei, ed inviterei me stesso, a riprenderlo. Non si può procedere a strappi: il lunedì il dialogo e nessuna fiducia, il mercoledì si rimette la fiducia e si tagliano ogni contrattazione e ogni discussione, perché se questo è il clima, sottosegretario Giro, oggi avviene sulle fondazioni, ma domani sarà sul cinema o sul teatro.
Le risparmio le considerazioni sull'editoria. Sento chiedere, rivolgendosi alle opposizioni, perché si vogliano proteggere sacche di privilegio. Le ricorderò, allora, che siamo in attesa, da parte del sottosegretario Bonaiuti, di una riforma dell'editoria e dell'emittenza, dell'indicazione delle sacche di parassitismo e di provvedimenti mirati che ci sfidino reciprocamente ad eliminare tali sacche. Invece, prima si fanno i tagli, ma la stagione della riforma e delle leggi-quadro è rinviata ad un destino, ad un futuro che non si vede: questo è il metodo, che rende tutto complicato.
Nelle pregiudiziali di costituzionalità, liquidate con sufficienza, illustrate dagli onorevoli Borghesi, Mantini e Zaccaria, vi è stato un richiamo al tema dei contratti e dei diritti sociali. Non introdurrò un tema apparentemente molto lontano, come quello di Pomigliano; ma, caro sottosegretario Giro, lei sa che se indice un referendum sul diritto di sciopero, la Corte costituzionale non potrà che intervenire? Lei sa che, se introduce in una norma gli sbarramenti sui contratti integrativi, si tratta di una bestialità giuridica insostenibile? Non è così che si affrontano eventuali distorsioni! Andavano affrontate in un provvedimento quadro sulle fondazioni e gli enti lirici, che riprendesse alcune proposte formulate in Aula - con più compiutezza che non dal sottoscritto - dai gruppi parlamentari delle Commissioni: penso ad alcuni interventi, che sottoscrivo, dell'onorevole De Biasi.
Si sarebbero posti allora qui il tema della defiscalizzazione e il rapporto con i privati! Non si può ogni volta dire che verrà in un secondo momento la legge quadro, perché si tratta di un provvedimento Pag. 81che rischia di rientrare solo nel capitolo dei tagli (e dei bavagli, avrebbe aggiunto qualcun altro), perché i tagli, quando operano nell'industria della cultura, diventano bavagli e determinano una sostanziale paralisi, non solo delle fondazioni. Lei sa, sottosegretario, che avete scorporato la parte sul cinema in attesa di una riforma sullo stesso il cui finale è ignoto, perché non c'è?
Ecco perché non c'è una logica! Non si tratta di una sfida tra parti. La sfida riformista sarebbe stata la seguente: cari amici, vi proponiamo una legge quadro che affronta seriamente questo tema, diteci dei «sì» e dei «no». Se si antepongono i tagli, dov'è la sfida riformista? La sfida è sulla riduzione del taglio, non è sulla concezione dell'industria della cultura e dell'audiovisivo!
Detto questo, rispondo ad alcune considerazioni del relatore Barbieri. Certo che noi vediamo alcune cose che sono state fatte: per esempio, lo scorporo dell'articolo 4! Ma perché lo avete scorporato? Lo avete fatto perché c'era una delega al Governo in materia di legge sullo spettacolo e quel progetto era discusso nella Commissione cultura, con un grande apporto unitario; ma se l'avete ritirata, perché avete capito che vi era un eccesso di delega, allora dovete ritirare l'eccesso di delega che è contenuto nel provvedimento in esame! Non è solo sull'articolo 4, è anche sull'articolo 1 che c'è un eccesso di delega! Si rimette nelle mani del Governo una serie di decreti successivi di attuazione: sono stati calcolati quindici regolamenti successivi. Capite che non si tratta di un problema di poco conto: quindici regolamenti!
Ha detto il Ministro Bondi: li discuteremo in Commissione. Onorevoli Granata, Barbieri, siete troppo attenti conoscitori delle Aule per non sapere che i regolamenti non si votano nelle Commissioni! Si informano le Commissioni, ma non vi è una costruzione collettiva del processo legislativo successivo. La decisione si assume e poi vi è un processo di consultazione.
Certo che è stato tuttavia positivo. Vi segnalo che sull'IMAIE è stata assunta una decisione positiva, ma sappiamo tutti noi che non vi possono essere due Ministeri che controllano un ente di diritto privato. A questo proposito, non capisco perché non possiate recepire l'emendamento in base al quale a presiedere il collegio di revisori dei conti sia un magistrato indicato dalla medesima Corte dei conti. Evitiamo così il commissariamento surrettizio di un istituto sul quale pesano oltre 40 mila persone!
Non stiamo parlando, all'interno del provvedimento in esame, solo degli enti: non fate finta che si parli solo di alcuni enti lirici, che non sarebbe poco. Parliamo di 40 mila persone che fanno riferimento a quell'ente, molte delle quali lavoratrici e lavoratori precari, che rischiano di perdere tutti i compensi che sono stati depositati ed acquisiti. Parliamo di lavoro precario, non di privilegiati!
Ecco perché è importante che non si faccia finta di niente. Certo, le modifiche sono frutto di un lavoro collettivo, ma se si mette la fiducia, dove finisce questo lavoro collettivo? Dove termina? In che modo viene mantenuto questo lavoro collettivo?
Una legge serviva e serve, ma non con un decreto-legge, non con un voto di fiducia! Non prendiamoci in giro! Non serviva questa modalità, non serve il voto di fiducia. È persino possibile domani proseguire un lavoro, in modo continuo, tutta la giornata, nella sede della Commissione, nella sede dell'Assemblea. Non si concluderà con un'intesa? Voteremo contro? Questo fa parte della dialettica parlamentare, ma è meglio un «no» che nasca da un confronto tra le parti, piuttosto che una strozzatura del dibattito, che avrebbe effetti devastanti.
Vi invito a non percorrere la strada del voto di fiducia e a percorrere fino in fondo persino la strada dell'emendabilità da parte vostra, perché alcuni errori ed alcuni orrori li avete visti, grazie al lavoro dell'opposizione e anche al lavoro di molti parlamentari della maggioranza. Pag. 82
Sottosegretario Giro, immagino che domani replicherete - me lo auguro, fiducia o non fiducia -, qualcuno deve replicare. Provo a chiederle: cosa resterà di questo provvedimento dopo il taglio del 50 per cento che sarà operato nella finanziaria? Lei sa che il Ministro Tremonti vi ha ridato la delega perché vi tagliate da soli; non vi ha chiesto di dargli un progetto di sviluppo dell'industria culturale, ma vi ha detto che dovete tagliare. O lo fa lui o lo fate voi. Vi ha delegato a tagliare. Sarebbe interessante sapere, in quest'Aula, come, dove, con quali criteri tagliare, perché il provvedimento che stiamo per votare è legato ai tagli successivi. Qualcuno deve spiegare come intende rendere sostenibile questo decreto-legge con i tagli successivi che saranno operati.
Non facciamo, dunque, finta che il problema sia di alcune sacche improduttive. Il problema è generale, di riforma del settore e dei settori. Ecco perché ci siamo permessi di dirvi di non mettere la fiducia, di non percorrere quella strada e di utilizzare ogni intelligenza possibile! È stato proposto ad un certo punto persino di percorrere la strada della via legislativa in Commissione, qualora si fosse trovata un'intesa. Cosa si può pretendere di più da un'opposizione che si fa carico, in modo talmente appassionato, dell'industria della cultura, dello spettacolo e del teatro, da darvi la disponibilità ad un ragionamento nel merito, sino all'ultimo istante?
Credo che questo segnale vada dato non solo e non soltanto al comparto della lirica e dei teatri. Questo, forse, è il punto che ci separa, non da molti colleghi della maggioranza, ma, in questa fase, dal Governo in modo netto. Abbiamo, infatti, la sensazione che una parte del Governo ritenga le spese per la cultura, il cinema, l'audiovisivo e il teatro spese improduttive, non legate all'immagine del Paese nel mondo e alla possibilità, addirittura, di usare l'industria della cultura, come sta accadendo in altri Paesi.
Presidente Bindi, non darò le cifre, però mi auguro che l'Assemblea si accorga delle cifre, perché quello che spende la città di Parigi per l'industria culturale della città di Parigi è pari al bilancio di questo Paese. Quello che spende Berlino per il teatro di Berlino è pari alla spesa complessiva di questo Paese nel settore. Stiamo attenti a non sparare cifre. Non abbiamo la maglia nera solo in materia di libertà di informazione, ma siamo arrivati allo 0,26 per cento dell'investimento nel settore della cultura, il che ci colloca, ormai, saldamente agli ultimi posti della graduatoria europea.
Ho sentito dire che non ci sono i soldi, che tutti devono fare sacrifici. Ci mancherebbe altro! Tuttavia, non usiamo questi argomenti in modo demagogico a seconda dei giorni, perché sarebbe molto facile che un cittadino o un componente di un sindacato o di un'associazione ci ricordasse che c'è un problema di pubblica moralità, di lotta ad ogni tipo di sperpero. Qui si potrebbero fare una serie di esempi che, però, aprirebbero un altro tipo di polemica.
Non si può, quindi, usare questa leva a giorni alterni. Ricorderò soltanto un Governo, il Governo tedesco - non certo un Governo di sinistra -, dove la signora Merkel, in modo molto forte, in questi giorni, ha detto che ci sono alcuni investimenti ai quali non rinunciano. Uno è quello della formazione, il mondo del sapere, l'altro investimento è quello dell'industria culturale di quel Paese.
Infatti l'ha definita un'industria che serve in funzione anticiclica, un'industria che può produrre ricchezza, senso comune, fierezza di sé, che è qualcosa di diverso, non misurabile solo in termini quantitativi. Non è misurabile solo in termini di indici quantitativi, riguarda altri indici: della qualità, del linguaggio, dell'intelligenza, del buon gusto, della capacità di esistere da parte di un Paese. Il nostro Paese ha nel settore della cultura uno dei grandi bacini, che ci rende quello che siamo in campo internazionale. Non stiamo parlando di qualcosa che non riguarda il cuore di questo Paese, il suo modo di essere: non si può liquidarlo solo con battute. Noi diamo un segnale sbagliato se votiamo la fiducia e se votiamo il provvedimento così com'è. Pag. 83
Si sono riunite numerosissime associazioni oggi anche davanti alla Camera. Non le associazioni puramente degli enti lirici, che non sarebbe poco: vi è una grande sigla, che si chiama Movem, che raccoglie musica, cinema, teatro, artisti e autori, i grandi nomi e i volti ignoti di questo settore, di cui tutti tuttavia siamo spettatori, spettatori per quello che ci hanno regalato nelle diverse stagioni di questo Paese. Una cosa ci ha colpito del loro ragionamento (lo dico al Governo e lo dico a Giro): ma per quale motivo queste Aule hanno approvato in poche ore il decreto Romani, che aveva al centro il trasferimento di milioni di euro da alcune emittenti ad altre (provate ad immaginare quali) e non ci sono stati temi né di bilancio, né di compatibilità, né si sono alzate voci sdegnate di fronte ad un provvedimento che massacrava tanta parte della piccola e media impresa? Come se quando si parla di televisione ci fosse il pensiero unico, ci si ferma, è un argomento non toccabile, è un territorio non sfiorabile, è un nuovo dogma di fede che dovrebbe fare insorgere chi fedele è. Abbiamo un nuovo idolo ed è il pensiero unico dell'omologazione televisiva e dei suoi dividendi. Non è possibile che si usi quella stessa procedura. Addirittura il decreto Romani fu approvato nelle Commissioni. Come si fa a dire che non ci si può fermare, che non si può ascoltare la voce dell'opposizione, che non si può modificare questo testo, che non si può riaprire il Senato per discuterlo e soprattutto per modificarlo affinché non produca imitazione né negli altri settori né nel settore dei contratti? Non è credibile. Non è accettabile!
Credo che anche non pochi colleghi del centrodestra sappiano che vi è un'altra strada, che vi è un'altra possibilità e che sono accoglibili gli emendamenti di tanta parte dell'opposizione, perché sono emendamenti non strumentali, seri, costruiti nel tempo, confrontati.
Ma scusi, sottosegretario Giro: è vero o no che nel marzo del 2009 fu votata una risoluzione unitaria al Senato su questo tema? Perché si è interrotto quel cammino? Fu votato un documento unitario su questi temi, al Senato e alla Camera, documenti che delineavano proprio una riforma organica, costruiti con l'apporto di tutti, con il consenso di tutti. Perché si è interrotta quella strada? Possiamo noi delegare solo e unicamente al Ministro Tremonti la gestione della cultura, dell'audiovisivo italiano? Possiamo delegare lui solo? Non sto dicendo che non vi sia un aspetto di spesa, ma non può essere cancellato tutto il resto da una discussione di questa natura.
Vorrei che noi trattassimo le centinaia e centinaia di imprese di questo settore, i teatri, il mondo dell'audiovisivo e del cinema, quella che è una grande filiera del sapere, della cultura e dell'industria italiana, con la stessa passione che si dedica al più piccolo ramo televisivo del Presidente del Consiglio in quest'Aula. Non è tollerabile. Non è tollerabile che ci sia stata più passione per la discussione su Retequattro in queste Aule, che non per l'intero assetto dell'industria culturale italiana!
Siccome so che avete analoga passione, usate queste ore per consigliare chi vorrebbe porre la questione di fiducia di cambiare idea, di accettare il confronto in Aula, di accettare i vostri emendamenti. Infatti so perfettamente che voi per primi sapete che il provvedimento in esame va emendato. Allora fatelo: non chiudetevi in un fortino. Il mio è un appello a non prendere paura: non stiamo trattando roba nostra. Non stiamo trattando questioni private: trattiamo dell'assetto di un grande comparto di questo Paese. Trattiamo di una grande industria di questo Paese. Trattiamo di materie inerenti alla libertà di scelta, di opinione, di trasmissione della cultura e del sapere.
Pertanto, credo che, di fronte a questo, il problema non possa consistere nel fare presto, nel porre la questione di fiducia, nel blindare il testo e cavarsela in poche ore, perché ciò comprometterebbe i rapporti tra maggioranza ed opposizione in questo settore, renderebbe difficile il percorso Pag. 84sulle riforme organiche e vi porterebbe ad essere schiavi dei tagli, e non delle riforme.
Credo che se riusciremo - lo ripeto, nella differenza, nell'asprezza delle parti - a liberarci di questa camicia di forza, non avremo fatto un favore al Governo, né alla maggioranza, né alle opposizioni ma, forse, lo avremo fatto all'industria culturale di questo Paese e a milioni di cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cavallotto. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAVALLOTTO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, nel 1967 una legge dello Stato ha dichiarato l'attività lirica e concertistica di «rilevante interesse generale in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività». Le fondazioni lirico-sinfoniche, per la profondità storica che rappresentano e i legami identitari fra cultura e territorio, sono un bene insostituibile.
Le quattordici fondazioni lirico-sinfoniche italiane, pur costituendo un comparto di eccellenza per il patrimonio artistico di cui sono depositarie, vivono oggi una situazione drammatica. Nel 2007, la metà delle fondazioni lirico-sinfoniche italiane ha chiuso i propri bilanci in rosso e, dal 2002 al 2008, risultano accumulate dal settore lirico-sinfonico perdite per complessivi 200 milioni di euro, a fronte di una situazione patrimoniale che vede, in molti casi, eroso anche il patrimonio indisponibile costituito dal diritto d'uso gratuito degli immobili.
È evidente che questo settore necessita di una riforma generale, un intervento risoluto e risolutivo, che tenda a valorizzare le specifiche peculiarità di questi importanti centri culturali, coniugando il rispetto dell'alta qualità artistica con una gestione più efficace delle risorse. È necessario dotare le fondazioni degli appositi strumenti che consentano loro di garantire una gestione equilibrata tra incassi, investimenti privati e contributi pubblici.
Attualmente, infatti, l'insieme dei contributi che perviene alle fondazioni lirico-sinfoniche è composto per circa il 64 per cento dai sussidi statali, per un 28 per cento dalle autonomie locali e per circa l'8 per cento dall'apporto dei privati. Pur essendovi differenze marcate fra le diverse realtà, è evidente che l'intervento pubblico è preponderante. Le risorse statali del Fondo unico dello spettacolo ammontano a circa 450 milioni di euro all'anno e, di questi, quasi la metà, il 47 per cento, è destinata alle fondazioni, mentre il 27 per cento al cinema, il 14 per cento alla musica, il 16 per cento alla prosa e il 2 per cento alla danza.
Sembra quindi più che mai opportuno intervenire in questo settore valorizzando le fondazioni lirico-sinfoniche italiane, offrendo a ciascuna regole ed opportunità diverse, compatibili con le diverse caratteristiche storiche, economiche e territoriali, intervenendo in una diversa gestione delle risorse a disposizione, incentivando gli investimenti da parte dei privati e mettendo in atto un sistema di contribuzione statale premiante, in ragione dei risultati culturali più interessanti sul piano delle proposte, della qualità e dei progetti culturali.
L'autonomia che viene prevista nel provvedimento che ci troviamo oggi a discutere è volta a garantire efficienza, corretta gestione, economicità ed imprenditorialità a tutte le fondazioni.
È opportuno creare le condizioni necessarie non solo per la sopravvivenza, ma per la buona esistenza di tutte queste istituzioni nel contesto odierno, tenendo anche presente l'importante ruolo di attrattiva che svolgono a livello turistico e i ritorni connessi in termini di occupazione e di valorizzazione delle specificità locali e nazionali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Levi. Ne ha facoltà.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, non posso iniziare questo intervento Pag. 85senza rifarmi a ciò che poco fa, quando sono state discusse le questioni pregiudiziali di costituzionalità, ha ricordato il collega Zaccaria. Infatti, il provvedimento in esame - in seguito, passerò ad esaminarne i contenuti nel dettaglio - soffre di tali vizi di forma da renderlo, già per questa ragione, inaccettabile.
Si interviene, vorrei ricordarlo, su una materia di potestà legislativa concorrente, lo si fa con un decreto, si delinea nei fatti una delega al Governo, una delega mascherata come è stato giustamente detto, per di più senza alcuna limitazione e lo si fa su una materia per la quale risulta onestamente difficile intravedere un elemento di necessità e di urgenza, quando, vorrei ricordarlo a tutti, su questo argomento da molti, molti, molti mesi stava lavorando il Senato.
Se siamo in questa situazione - è bene ripeterlo in quest'Aula e lasciarlo agli atti - è solo perché il Governo ha scelto di gettare tra le ruote della macchina legislativa di quest'Aula il provvedimento sulle intercettazioni, togliendo i tempi ragionevoli e dovuti per la discussione di questo provvedimento.
Di cosa stiamo discutendo? Lo ha ricordato all'inizio del suo intervento anche chi mi ha preceduto, l'onorevole Cavallotto, stiamo discutendo di attività lirica, di musica, di un argomento trattato con maestria nella costruzione delle leggi, perché allora le leggi si facevano con attenzione e con penna e italiano attenti, si tratta di ciò che la legge n. 800 del 1967 definiva così al suo articolo 1: «Lo Stato considera l'attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale. Per la tutela e lo sviluppo di tale attività lo Stato interviene con idonee provvidenze».
Dunque un'attività, quella lirica e concertistica, di cui si riconosceva con parole precise, e scritte bene, in un bell'italiano, il rilevante interesse generale. Quel medesimo interesse generale che aveva portato nel 2009, dunque non molto tempo fa, durante questa legislatura, con questa maggioranza, il Senato della Repubblica nella sua VII Commissione ad elaborare una risoluzione condivisa che iniziava così, voglio leggere anche queste parole: «La Commissione, premesso che l'opera lirica e la musica sinfonica costituiscono ricchezze culturali e patrimonio identitario dello Stato italiano e sono ancora oggi uno dei prodotti culturali di eccellenza che meglio rappresenta nel modo il made in Italy (...)». Come vedete il linguaggio si è evoluto, le considerazioni sono cresciute, dal 1967 al 2009, ma l'impianto resta quello.
L'opera lirica è stata per secoli una delle modalità di apprendimento della lingua italiana all'estero nonché di comunicazione della nostra identità culturale. Le fondazioni lirico-sinfoniche da sempre svolgono la funzione fondamentale di tramandare le straordinarie tradizioni musicali e di balletto, la ricchezza culturale del nostro Paese e soprattutto negli ultimi anni hanno rafforzato in modo significativo la loro presenza all'estero al fine di promuovere la partecipazione di un pubblico sempre più ampio. Le fondazioni lirico-sinfoniche stanno godendo di un generale consenso ed apprezzamento, peraltro facilmente riscontrabile dall'aumento del numero delle produzioni, dalla presenza del pubblico, dalla costante presenza delle novità riguardante il settore sugli organi di informazione.
Tuttavia - e qui c'è una nota di preoccupazione - le fondazioni lirico-sinfoniche vivono oggi una situazione drammaticamente preoccupante, soprattutto in relazione al valore culturale nazionale ed internazionale che rivestono. Siamo, dunque, in presenza di una materia sensibile, per il campo nel quale ci si muove e per i riflessi che essa ha sull'identità nazionale, sulla promozione della sua identità all'estero, oltre che - e su questo arriverò tra poco - per il destino di tanti e tante che in questo settore lavorano.
Era, dunque, un settore sul quale bisognava muoversi con attenzione, cautela, saggezza e intelligenza. C'erano motivi per muoversi, certo. Tra l'anno della prima legge che ho ricordato (la n. 800 del 1967) e l'anno (2009) del parere condiviso della Pag. 86Commissione del Senato che ho appena ricordato, vi è stato un altro intervento legislativo importante: quello del 1996, del provvedimento che ha trasformato gli enti lirici in fondazioni di diritto privato.
Perché fu fatta questa scelta? Fu fatta, considerando la realtà delle cose, considerando che debolezze strutturali e congenite, in fondo, della produzione musicale, concertistica e lirica, se le cose fossero continuate inalterate, avrebbero fatto scaricare sui conti dello Stato oneri alla lunga difficilmente sostenibili. Si voleva, dunque, promuovere per motivi strettamente economici e anche per allargare l'interesse attorno alle produzioni culturali nel campo della lirica e della concertistica al mondo privato. Dunque, gli enti lirici furono trasformati in fondazioni di diritto pubblico.
Non tutto è andato come si voleva e i numeri lo dicono, quei numeri stessi che senz'altro militavano a favore di un intervento nel campo della lirica e della concertistica. I numeri parlano in modo abbastanza trasparente della difficoltà importante che attraversa il mondo della lirica: guardiamo ai bilanci preconsuntivi del 2009, oppure anche ai bilanci preventivi del 2010. Se guardiamo ai dati a consuntivo dell'anno 2009, possiamo vedere che delle quattordici, ripeto quattordici, fondazioni lirico-sinfoniche, tre chiudono i loro conti in pareggio e molte di loro chiudono con disavanzi importanti.
Chiudono con disavanzi importanti il comunale di Bologna, il Maggio musicale fiorentino e l'Opera di Roma. Si tratta di un complesso fortemente preoccupante, al punto che, se andiamo a guardare più in dettaglio la composizione dei ricavi, possiamo vedere che, vi sono due uniche ed importanti eccezioni: l'Arena di Verona, la quale, essendo un teatro del tutto particolare (l'unico teatro all'aperto, con una produzione estiva che raccoglie turisti con una lunga tradizione, soprattutto dai Paesi di lingua tedesca), chiude con ricavi delle vendite, botteghino e attività di prestazioni per conto terzi, pari quasi alla metà del valore della produzione; l'altra grande eccezione è basata sulla straordinaria qualità e sullo straordinario prestigio mondiale del Teatro alla Scala, che ha quasi il 35 per cento dei suoi ricavi provenienti dalle vendite.
Tutti gli altri teatri hanno ricavi da vendita molto, molto bassi. Si va dal 7-8 per cento per molti di loro, al massimo di un 17 per cento del Comunale di Bologna o il 18 per cento della Fenice di Venezia.
Non stupisce dunque che di fronte a questi dati l'intervento statale sia un intervento massiccio che è largamente prevalente in tutte le fondazioni, tant'è che il contributo privato è quasi inesistente. Quest'ultimo esiste, di fatto, solo per due teatri italiani: il Santa Cecilia con 6 milioni di euro di contributo e, di nuovo - e non è ovviamente una sorpresa -, la Scala di Milano con 15 milioni di euro di contributo da parte dei privati. Lo Stato fa dovunque la parte del leone.
Ebbene, cosa si sarebbe dovuto fare se si fosse seguita saggezza, cura, delicatezza ed intelligenza? Le strade erano chiaramente due: da un lato intervenire per riportare ordine ed efficienza nella conduzione dei teatri, e da questo punto di vista prevedere dei contributi da parte dello Stato che fossero premianti, in una parte ragionevolmente significativa, di una buona gestione.
Quali avrebbero potuto essere i criteri da adottare? In primo luogo, chiaramente, un criterio che avesse a che fare con la diversa natura dei teatri stessi. È stato più volte avanzata, infatti, l'ipotesi di considerare la diversa vocazione dei teatri e delle fondazioni: alcune con una proiezione squisitamente e naturalmente internazionale (ovviamente il pensiero corre e ritorna di nuovo alla Scala), altre con una vocazione e una dimensione ampiamente nazionale ed altre fondazioni con ambito di attività più squisitamente regionale. E poi, considerare parametri che avessero a che fare con il successo della gestione, che tenessero dunque in conto la capacità di aumentare il numero di spettatori, di attrarre giovani e di aumentare il numero delle prestazioni. Cose di questo genere si potevano fare per responsabilizzare la gestione, ma non sono state fatte. Pag. 87
Inoltre, l'altra grande strada da percorrere era quella, ovviamente, di incentivare quel contributo dei privati che manca nella quasi totalità dei teatri, incentivandoli con ovvi strumenti di natura fiscale che agevolassero i privati a scegliere di destinare somme al finanziamento delle fondazioni lirico-sinfoniche.
Di tutto questo non c'è nulla nel vostro provvedimento, che è un brutto provvedimento. Non voglio usare altri termini perché potrei essere molto più severo, ma è davvero un brutto provvedimento, un provvedimento sgangherato che non mi esimerò, tuttavia, dal percorrere insieme a voi - onorevoli della maggioranza, signor sottosegretario rappresentante del Governo - e che non eviterò di percorrere, articolo per articolo, con la speranza che non voglio deporre, che questa analisi dettagliata vi possa suggerire una scelta diversa da quella di blindare il testo con un voto di fiducia o anche soltanto con il chiudere la porta ad ogni possibilità di emendamento.
Per la vitalità del mondo della cultura in generale, per la vitalità del mondo della lirica e della concertistica in particolare, per le sorti e le vite delle tante persone che vivono in questo settore e per questo settore con passione e dedizione, per i riflessi che un intervento così pericolosamente sgangherato può avere nel mondo del lavoro in generale, a causa delle modalità con cui avete previsto di intervenire sulla materia contrattualistica, per tutto questo voglio con voi esaminare, articolo per articolo e pedantemente, questo provvedimento.
L'articolo 1 è un articolo che cadrebbe sotto la mannaia, sotto i colpi e sotto la critica non credo necessariamente di un professore ma anche di uno studente di diritto costituzionale del primo anno, in una delle nostre tante ed illustri facoltà di giurisprudenza. Prevedete all'articolo 1 di dare potestà al Governo di provvedere, con uno o più regolamenti, alla revisione dell'attuale assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni, anche modificando le disposizioni legislative vigenti. Siamo a ciò che dicevo prima: state intervenendo su una materia concorrente, state mettendo in atto una delega impropria al Governo, state chiedendo al Governo di intervenire con regolamento e state facendo tutto questo con un decreto-legge, che manca delle più elementari basi di necessità e di urgenza.
Dopodiché, di perla in perla intessete una collana che merita di essere snocciolata, come un rosario degli orrori, e che ripeterò uno per uno. Nei criteri che considerate di adottare - e lo dico a tutti coloro che possono non aver letto questo testo, perché merita di essere letto - prevedete, parlando di fondazioni di diritto privato nate nella logica di una natura che deve essere di compartecipazione fra il privato e pubblico, che uno dei criteri debba essere quello di favorire l'intervento, anche congiunto, di soggetti pubblici e privati. Sappiamo che le leggi vanno lette e scritte con attenzione e, dunque, se si scrivono delle parole nelle leggi queste hanno il loro valore. Se scrivete «promuovere l'intervento anche congiunto» vuol dire che ammettete e prevedete che l'intervento possa anche essere disgiunto, il che vuol dire che immaginate, dato lo stato dell'arte (e davvero qui si tratta di arte) che si possa procedere anche solo per mano dello Stato. State riproponendo la statalizzazione del settore lirico e concertistico.
Poi siete anche fantasiosi. Un po' burocrati e un po' fantasiosi. Ci dite che in ogni caso si terrà conto - perché siete gente di mondo e affermate che state lavorando dal Ministero dei beni culturali per noi e che non siete insensibili alle voci della cultura - dell'importanza storica e culturale dei teatri nel decidere il da farsi. Ma come lo stabilirete? È molto semplice ed è scritto qui: l'importanza storica e culturale del teatro di riferimento della fondazione lirico-sinfonica sarà desunta dalla data di fondazione del teatro. Mi complimento per questa bella trovata.
Inoltre, prevedete tetti massimi di spesa per i cachet e la loro equiparazione alla media europea. Credevo di essermi sbagliato quando ho letto questa riga. Pag. 88
Tutto ciò vuol dire che Placido Domingo oggi, il nostro grande Luciano Pavarotti ieri, la mitica Callas, il Toscanini (che aveva con La Scala un rapporto così speciale), prima di venire alla Scala dovrebbero bussare alle porte del Ministero dei beni culturali o il 20 settembre al Ministero dell'economia per sapere quanto potranno prendere? O sarà il Ministero dell'economia che deciderà quanto dare al soprano, quanto al tenore e quanto al grande direttore d'orchestra e, se questo non ci sarà, si manderà un menestrello di turno (magari governativo) a cantare una romanza o a dirigere un grande complesso concertistico?
Ma non vi fermate: parlate ancora di un finanziamento da dare in base alla qualità della produzione. E la qualità in base a cosa la definirete? All'anno di nascita degli artisti? Già mi si rizzano i capelli in testa. Però, in fondo, siete generosi e, dato che non avete fatto nulla per incentivare il privato, nel momento stesso in cui state tagliando i fondi a tutti gli enti locali, dite che terrete conto di una incentivazione per favorire un'adeguata contribuzione da parte degli enti locali.
Poi chiudete questo articolo 1 (ma ve ne sono altri di articoli), dicendo che abrogherete le disposizioni vigenti, anche di legge, che contrastano con il vostro regolamento.
E veniamo agli articoli che più incidono sulla vita delle persone. All'articolo 2 (stiamo parlando di fondazioni private) cosa scrivete? Per le fondazioni la regia della contrattazione collettiva passerà all'Aran, l'agenzia che è incaricata dei contratti nel settore pubblico e i contratti di lavoro saranno sottoposti alla Corte dei conti e al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Stiamo parlando di fondazioni di diritto privato.
Poi l'articolo 3 prevede che il personale dipendente delle fondazioni lirico-sinfoniche potrà svolgere (stiamo parlando di artisti) il proprio lavoro autonomo esclusivamente nei limiti previsti dai regolamenti approvati dal Ministero e saranno vietate, nelle more, tutte le prestazioni di lavoro autonomo rese da tale personale a partire dal 1o gennaio 2011. Stiamo parlando di lavoratori del settore privato e il pubblico sta dicendo loro cosa possono e cosa non possono fare.
Poi addirittura per un Governo e per una maggioranza, che abbiamo sentito dire tante volte che non avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani, si passa a mettere le mani nelle tasche dei lavoratori, intervenendo sul loro contratto integrativo aziendale. Si dice che sarà tagliato del 25 per cento di imperio, d'autorità, per regolamento. La mano statale entra nelle tasche dei lavoratori del settore privato e toglie loro un quarto di quanto convenuto nei contratti integrativi nazionali.
Pensate forse di estendere questa modalità contrattuale a tutto il settore privato? State parlando di questo, signor relatore e signor sottosegretario?
Faccio i più vivi complimenti per il vostro sentimento e per la vostra attenzione ai problemi del mondo del lavoro.
Dite anche che non sarà più possibile assumere (ma forse ci state ripensando, chissà), non sarà possibile assumere nel settore privato nessuno in numero superiore ai dipendenti assunti nell'anno precedente.
Ancora - e qua torniamo agli elementi di grande divertimento -, non solo avete stabilito che sarà il vostro Ministero a definire quanto Lorin Maazel potrà prendere per venire a dirigere l'orchestra della Scala, ma dite anche per grazia vostra che definirete quanto potrà spendere per l'albergo la Scala quando andrà in tournée a Tokyo o quanto potranno spendere per affittare il pullman dall'aeroporto all'albergo. Infatti, le missioni all'estero saranno regolate in modo specifico con tetti massimi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RICARDO FRANCO LEVI. Potrei ancora procedere. Un elemento positivo c'è in questo decreto-legge: l'articolo 5 sul cinema, che avete soppresso perché da un'altra parte stavamo discutendo il provvedimento sullo spettacolo. Pag. 89
Siete anche riusciti ad infilare in questo provvedimento una tenuta di un registro da parte della SIAE, che non c'entra nulla, per le opere audiovisive. Siete addirittura riusciti ad inserire l'istituzione del giorno dell'unità nazionale, e fatico a pensare che cosa c'entri. Inoltre, avete cancellato con un tratto di penna di fatto la legge n. 800 del 1967.
Ebbene vi stupite, qualcuno si può stupire di fronte ad un obbrobrio di questo genere? Parlo di un teatro soltanto per parlare di tutti, il più grande dei teatri italiani, il più grande dei teatri lirico-sinfonici del mondo, la Scala, che è un vanto dei milanesi, degli italiani, ma che è un vanto di tutti coloro che amano la cultura, la musica, la lirica, il grande messaggio della cultura nel mondo. Vi potete stupire che di fronte ad un orrore di questo genere che taglia la speranza di una delle eccellenze della cultura italiana, che distrugge le prospettive di lavoro e di vita dei lavoratori, il Teatro alla Scala di Milano sia in subbuglio in questo momento con una protesta che sta coinvolgendo tutti e che vede in prima persona la sovrintendente e tutti i lavoratori del Teatro compatti combattere contro questo provvedimento?
Ebbene, vi chiediamo davvero di ripensarci. Ripensateci, non chiudete la porta al miglioramento, sono tante le cose che possono essere migliorate di questo provvedimento, che è difficile immaginare di poter salvare, ma che è inaccettabile in ogni caso pensare di poter lasciare con questi orrori dentro, per la cultura e per la vita.
Ripensateci e dateci domani una risposta che non sia quella del voto di fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, la riforma degli enti lirici e sinfonici messa a punto dal Ministro Bondi, ma che è stata poi in fondo molto contestata dai lavoratori del settore che hanno organizzato in questi giorni manifestazioni di protesta nei teatri ma anche qui davanti al Parlamento, dovrebbe mirare a razionalizzare le spese in un settore che, come ha dichiarato il Ministro Bondi, costa allo Stato 240 milioni di euro l'anno. Dico dovrebbe perché in realtà, secondo noi dell'Italia dei valori, non è così.
Pur condividendo l'idea di una riforma del settore - c'è sicuramente bisogno di una riforma - abbiamo però rilevato diverse criticità in questo provvedimento: in primo luogo, l'utilizzo dello strumento del decreto-legge, che non lascia spazio al dibattito parlamentare per una materia che in fondo poi è così importante; in secondo luogo, i criteri dettati per la delega al Governo, che appaiono più che altro delle affermazioni di principio alle quali poi non sembrano seguire fatti concreti e reali. Poi nel testo non è ben chiara la partecipazione integrata delle risorse fra pubblico e privato e sembra che ci sia ancora una politica assistenziale da parte dello Stato stesso con delle fondazioni che sono in realtà molto più statalizzate di come è previsto poi in questo decreto-legge.
L'intervento governativo è molto pervasivo a nostro avviso e la partecipazione privata non è affatto incentivata. È chiaro che i tagli consistenti, dettati proprio da una manovra economica a nostro avviso dissennata, sono sganciati da una visione culturale complessiva e non permettono di risolvere in realtà le problematiche, anzi impediscono il rilancio di questo settore. Poi occorre sottolineare gli interventi - a nostro avviso pesanti - in materia di contratti collettivi da parte dello Stato. Si tratta di interventi che sembrano non avere un progetto preciso e compiuto.
Certamente e sicuramente siamo convinti che il settore vada riformato e rilanciato e che sia necessario mettere in ordine, ridurre gli sprechi, anche consentendo ai privati di entrare nelle fondazioni, prevedendo sistemi di monitoraggio e anche di controllo efficace perché è certo che occorre anche controllare. Questo provvedimento, invece, va ad interrompere in maniera molto brusca il processo Pag. 90di privatizzazione cominciato con il decreto legislativo n. 367 del 1996, che ha previsto la trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato.
Poi c'è un'altra nota dolente, signor sottosegretario, la scadenza così ravvicinata: il 29 giugno prossimo non consente un esame approfondito né un adeguato dibattito in Commissione e, quindi, in Assemblea. I tempi sono stati stretti. Infatti, giovedì 17 giugno è arrivato il testo approvato dal Senato, poi lunedì 20 è stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti in Commissione e, sempre lunedì, è stata convocata di nuovo la Commissione per le votazioni, che sono terminate il pomeriggio stesso senza alcuna modifica. Quindi, gli emendamenti non sono stati accettati.
Si tratta di un iter molto veloce da sprinter, ma il tempo minimo è importante in uno sprinter: in atletica leggera si dice: la massima ampiezza nel minimo tempo. Invece, qui in Parlamento occorre tempo per avere il massimo risultato e questo tempo non c'è stato.
Nello specifico, l'articolo 1 di questo provvedimento prevede regolamenti di delegificazione con l'obiettivo di revisionare l'assetto ordinamentale e organizzativo di queste fondazioni lirico-sinfoniche. Questo è l'obiettivo, quindi, dell'articolo: razionalizzare le spese degli enti lirici e, nel contempo, implementare la qualità delle produzioni offerte.
Certamente, la spesa per il personale sostenuta dagli enti lirici assorbe un valore economico superiore al finanziamento statale: nel 2008, più di 340 milioni di euro a fronte di circa 235 milioni di contributo.
Dal 2002 al 2008 risultano accumulate dal settore lirico-sinfonico perdite per quasi più di 200 milioni di euro, a fronte di una situazione patrimoniale che vede in molti casi eroso anche il patrimonio indisponibile, costituito dal diritto d'uso gratuito degli immobili.
Inoltre, sono elevatissimi gli interessi passivi: più di 9 milioni di euro nel 2008, a causa del continuo ricorso al credito bancario, nonostante la tempestività dell'erogazione dei contributi da parte dello Stato.
È previsto, in particolare, che i regolamenti di revisione dell'assetto organizzativo delle fondazioni siano emanati entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, previo parere della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti e che i pareri siano espressi entro sessanta giorni.
Noi dell'Italia dei Valori vogliamo ricordare che, al contrario, con il decreto legislativo n. 367 del 1996 gli enti operanti nel settore musicale furono trasformati in fondazioni di diritto privato, proprio per eliminare le rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e rendere disponibili risorse private, in aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo.
Quel decreto legislativo del 1996, secondo noi dell'Italia dei Valori, era giusto: esso individuava le finalità delle fondazioni nel perseguimento - che sicuramente non doveva avere scopo di lucro - della diffusione dell'arte musicale, della formazione professionale dei quadri artistici e dell'educazione musicale e poi stabiliva, all'articolo 3, la gestione diretta da parte delle fondazioni dei teatri loro affidati, nonché la loro personalità giuridica di diritto privato, disciplinandone l'assetto, per quanto non espressamente previsto dallo stesso decreto legislativo, in base al codice civile e alle relative norme di attuazione. Esso, inoltre, recava norme generali sul personale artistico e tecnico, i cui rapporti di lavoro erano regolati dal contratto collettivo nazionale, e assoggettava le stesse fondazioni alla vigilanza dell'autorità di Governo competente per lo spettacolo e al controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria.
Al decreto legislativo n. 367 del 1996 sono affiancate ulteriori disposizioni: in particolare, il decreto-legge n. 7 del 2005, che ha inteso ottimizzare la gestione e favorire il contenimento dei costi per gli Pag. 91allestimenti e per il personale, vietando le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2005 e ponendo un limite pari al 15 per cento dell'organico funzionale per l'utilizzo del personale a tempo determinato.
La legge finanziaria per il 2006, poi, ha vietato le assunzioni a tempo indeterminato per gli anni 2006 e 2007 e ha disposto, per il medesimo periodo, la nuova soglia del 20 per cento per l'utilizzo di personale a tempo indeterminato.
Non finisce qui, perché la legge finanziaria per il 2008, a sua volta, ha previsto norme relative al limite di mandato e ha confermato, per il triennio 2008-2010, il divieto di assunzioni a tempo indeterminato, con una deroga per i posti in organico effettivamente vacanti e previa autorizzazione del Ministero. La legge medesima, inoltre, ha istituito un apposito fondo, con dotazione pari a 20 milioni di euro, per ciascuno degli esercizi finanziari 2008, 2009 e 2010, finalizzato proprio alla ricapitalizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche che presentino particolari requisiti, demandando la ripartizione dei contributi ad un decreto annuale del Ministero.
Come si legge dalla tabella E della legge finanziaria per il 2009, è stato disposto il definanziamento del fondo, che ne ha azzerato la dotazione. Insomma, fondo «si», fondo «no», ma andiamo oltre.
Leggendo l'articolo 2, ci sembra che il provvedimento sia stato messo in piedi più che altro per colpire il settore lavorativo; questa è un'altra nota dolente del decreto-legge stesso. Infatti, l'articolo 22 del provvedimento del 1996 stabiliva che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle fondazioni fossero disciplinati dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa e costituiti e regolati contrattualmente.
Prevedeva, poi, che al personale artistico fosse applicato l'articolo 2103 del codice civile. La retribuzione del personale era determinata dal contratto collettivo nazionale di lavoro e restava riservato alla fondazione ogni diritto di sfruttamento economico degli spettacoli prodotti o organizzati. In particolare, nel testo di questo provvedimento, così com'è arrivato dal Senato, si dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, il contratto collettivo nazionale di lavoro sia sottoscritto tra una delegazione datoriale e le associazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori dipendenti delle fondazioni.
Ma tale delegazione datoriale è individuata con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali in sede di prima applicazione e da una delegazione rappresentativa delle fondazioni lirico-sinfoniche e per la disciplina a regime si avvale della collaborazione dell'Aran. Quindi, le competenze relative alla contrattazione collettiva sono esercitate dal Ministro per i beni e le attività culturali. È questo che non va!
Vogliamo sottolineare proprio questo punto, perché vogliamo ricordare che, fino al contratto collettivo nazionale 2003-2005, la procedura per il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei lavoratori dipendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche prevedeva l'accordo tra l'Associazione nazionale fondazioni lirico-sinfoniche e le organizzazioni sindacali dei lavoratori. Insomma, tutto questo è stato da noi sottolineato per dire che il decreto Bondi annulla parte delle norme dei contratti integrativi nazionali.
Vi sono, dunque, nuove regole per le assunzioni e per le graduatorie di accesso e il blocco del turn over; in tema di lavoro, insomma, al Governo piace fare quello che vuole, e questo, chiaramente, a noi non sta bene.
Insistiamo nel dire che, pur ritenendo necessaria la riforma del settore, non condividiamo punti del provvedimento che risultano essere rilevanti. In realtà, a parole si mira all'efficienza, ma poi, nei fatti, non è così. Gli interventi sui contratti di lavoro colpiscono le peculiarità del sindacato negli aspetti negoziali e vanno ad intaccare pesantemente ciò che è stato già contrattato.
Ancora una volta, il Governo vuole fare da solo e vuole ridurre i diritti dei lavoratori, e questo a noi sicuramente non va. Quindi, blocco delle assunzioni, centralizzazione Pag. 92della contrattazione collettiva nazionale, ingerenza nella contrattazione di secondo livello, decurtazione del trattamento economico aggiuntivo derivante dalla contrattazione integrativa aziendale in caso di mancata stipula del contratto nazionale; certo è che su un tema così sensibile si sarebbe dovuto procedere con un disegno di legge che offrisse maggiori garanzie di concertazione e, soprattutto, un'analisi più approfondita, signor sottosegretario.
Pensiamo che l'Aula non possa essere un luogo dove si ratifica ciò che la maggioranza ha deciso. Il gruppo dell'Italia dei Valori ritiene che la cultura potrebbe essere, anzi, è un volano fondamentale per la nostra economia e per uscire dalla crisi, perché riteniamo che l'educazione e la formazione possano permettere lo sviluppo economico del Paese.
A costi relativamente bassi genera occupazione, ricchezza e turismo, mentre con questo decreto-legge, signor sottosegretario, si attacca e si mortifica anche la cultura perché soprattutto - anche qui, come per gli altri settori dell'economia italiana - bisogna sottostare alle esigenze di cassa: insomma, la figura del Ministro Tremonti incombe su tutti i settori, anche e soprattutto su quello della cultura.
L'istruzione pubblica è già sulla strada dell'impoverimento, anzi è già stata impoverita da questo Governo, adesso è la volta del teatro e della lirica. Possiamo immaginare facilmente le prossime mosse del Governo: taglio drastico dei finanziamenti alle accademie di belle arti ed ai conservatori, sospensione dei concorsi letterari, restrizione per le esposizioni locali di artisti, con il dubbio che questo Governo potrebbe anche intervenire sull'editoria specializzata nel settore artistico.
È così palese, è così evidente l'attacco al mondo della cultura a tutto campo, a largo raggio, e così la cultura si avvia piano piano al tramonto con la conseguenza inevitabile che ci si troverà in una situazione di degrado che non è soltanto qualitativo, ma è soprattutto culturale.
Signor Presidente, concludo qui ma noi dell'Italia dei Valori ci auguriamo che dopo questo decreto-legge non si dica soltanto che la musica è finita: a questo punto si dovrebbe dire che anche lo spettacolo è finito (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signora Presidente, colleghi deputati, il primo atto della Norma di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani intona una celebre aria, «Casta diva». La Casta diva, che non è un'attrice sfuggita alle lusinghe del potente di turno, è una dea pura e nell'opera incarna la luna a cui tutti si prostrano per invocarla in preghiera (siamo nell'antica Gallia, al tempo dei romani).
Norma, sacerdotessa di un tempio, ama in gran segreto il proconsole romano Pollione da cui ha avuto due figli, ma Pollione si innamora nel frattempo della giovane novizia Adalgisa la quale, ignara della relazione tra Norma e Pollione, confessa il suo amore per questi alla stessa Norma.
Come si vede le trame amoroso-sentimentali con i potenti che preferiscono le ragazzine non sono una specialità da basso impero dei nostri tempi; in qualche modo ci sono sempre state solo che, a differenza nostra che trasformiamo tutto in farsa, all'epoca avevano il senso dello struggimento e della tragedia.
Ecco perché Norma, innamorata di Pollione, invece di scrivere una lettera ai giornali rivolge una preghiera alla luna affinché il suo amato ritorni da lei.
Lascio a tutti voi il piacere di scoprire come finisce la tragedia, magari qualcuno che parla di lirica senza conoscerla si incuriosisce e va a vedere un'opera e magari capisce cosa è, quale magia solleva, di quale fatica è tessuta, di quanta suggestione si compone, e si libera - chissà - di quell'odiosa supponenza che si sente troppo spesso sui temi culturali come se fossero orpelli, omologati a gioielli e monili (cose inutili, insomma, di cui tutto sommato si può fare a meno). Norma chiede alla luna (recito): «il sacro bosco sia disgombro dai profani», libero. A me Pag. 93viene da pensare proprio al modo con cui i profani in queste settimane hanno discettato di temi a loro chiaramente sconosciuti, pretendendo di riportare tutto a numeri e cifre, indicando sprechi laddove c'è bellezza, segnalando lussi laddove c'è arte.
Il mondo culturale italiano - è stato detto questa sera - è straordinario, ma così come siamo incapaci di tragedie, vivendo di farse, siamo anche incapaci di leggere la forza, la potenza, il valore della nostra cultura, e ci presentiamo qui in quest'Aula non a discutere di come rilanciarla ma a ragionare con il pallottoliere, come se fossimo al mercato.
Sempre Norma parlerebbe di una luna assente della sapienza, a cui io chiederei di liberare quel bosco dai profani. In realtà i profani, mentre passano con un bulldozer sul patrimonio culturale italiano, hanno quasi un'allegria baldanzosa, come quella del Barbiere di Siviglia che canticchia felice «Ah, che bel vivere, che bel piacere» e l'uso delle forbici , per così dire, appare quanto mai appropriato. «Bravo Figaro!» dirà il Ministro Tremonti al solerte Bondi. «Suvvia, subito, rasoi, pettini, lancette, forbici» E ancora Figaro, rasoi e forbici.
Così appunto si è lavorato, ovvero non con una riforma di settore, che poteva essere necessaria, ma con una teoria di tagli: qualche anno in più sull'età pensionabile, meno soldi a questo, meno soldi a quello e... voilà! La riforma è fatta.
«Ahimé, che furia! Ahimè, che folla!» canta sempre Figaro: la furia di tagliare e la folla di ballerine, veline e meteorine, che invece guadagnano cifre iperboliche. «Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono» dice Figaro e, nell'italianissima passaparola, una mano lava l'altra, cosicché a un teatro si taglia e ad un altro no. Allo stesso modo avviene pure nella manovra economica: questo ente sopravvive, quest'altro no.
Sono «fulmini» dice Figaro, ma è così che si amministra il pezzo più pregiato del patrimonio di questo Paese? È così che si coltiva, si fa crescere, si tutela e si protegge la cultura italiana?
Dispiace che non sia qui in Aula il Ministro Bondi, che con tanta ostinazione difende tale disegno di legge che, in verità, andrebbe solo ritirato per lasciare spazio a una riflessione complessiva sullo stato di salute della cultura italiana, con una riforma generale, discussa e condivisa. Come tutti abbiamo letto dalla stampa, il Ministro Bondi ama la poesia. Non posso immaginare che chi ama la poesia possa affrontare la cultura con la calcolatrice. Sarebbe come andare all'opera in pantaloncini. Per carità, giammai! Sono certa - non posso immaginare diversamente - che il Ministro sia stato trascinato dentro una visione della cultura che non gli appartiene e che oggi debba, purtroppo, difendere un provvedimento in cui probabilmente - lo voglio sperare - non crede nemmeno lui. Lo voglio immaginare come la principessa di «Nessun dorma» che guardava le stelle: in quella sua stanza fredda, le guardava con speranza. Il suo mistero forse deve essere chiuso in lui che, del resto, appare così rigido, controllato e forse non a caso: il rigore di chi è chiamato a un compito istituzionale e il controllo di chi non può sempre dire tutto quello che pensa. Ma io gli chiedo di sciogliere il silenzio, non certo con un bacio, come la principessa Norma, per carità! Chiedo che il Ministro sciolga tale silenzio, dicendo quello che sente, non tutto, per carità - mi rendo conto, ci mancherebbe -, ma almeno come sia sbagliato che la grande, altissima, nostra straordinaria cultura di questo Paese, venga piegata a logiche di bassa contabilità e come sia triste e volgare ridurre una riforma della lirica italiana ad uno sforbiciamento selvaggio di risorse economiche, per questo o quel teatro, polverizzando professionalità, sensibilità e spessori artistici.
Questo decreto-legge non può trovare l'adesione di chi crede nell'arte e la sente. Sono convinta che alla fine nei sentimenti più vivi del nostro Paese si farà strada la luce. Non è possibile che si affossi un patrimonio con tanta insipienza. Vorrei credere che - e lo dico concludendo con le parole della Madama Butterfly di Pag. 94Puccini - «un bel dì vedremo levarsi un fil di fumo». Temo però che ci sarà da aspettare moltissimo.
Ma l'attesa, di cui parla la Butterfly, è positiva, tutto sommato, perché credo che la cultura italiana sopravvivrà a questo scempio. Sopravvivrà anche a voi, signor sottosegretario, ai vostri conti da lavandaia, alla rozzezza di certi argomenti, alla volgarità di certi discorsi. La lirica italiana supererà il decreto-legge in esame, lo deve superare; ci guarderà negli occhi e forse intonerà beffarda il suo canto più vitale, quello che Pavarotti ha reso famoso in tutto il mondo: «All'alba vincerò» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, lo dico subito con molta convinzione: non mi manca il Ministro. Non mi manca, perché non fa il Ministro per i beni e le attività culturali: è stato detto da chi mi ha preceduto, in questa serata inoltrata, che questo è un provvedimento redatto con le forbici, con il rasoio, con il coltello, e quindi da un Ministro che ha come unico obiettivo quello di tagliare i fondi. Ecco perché il Ministro della «cultura» - con il punto interrogativo - in questo momento non c'entra assolutamente nulla con la partita in discussione.
Mi rivolgo direttamente al sottosegretario Giro, al relatore Barbieri, all'onorevole Frassinetti, i quali prima, richiamando gli interventi sull'incostituzionalità, che noi abbiamo invocato, hanno eccepito, rispetto ai ragionamenti e alle motivazioni addotti dal collega Borghesi per sostenere che il provvedimento in esame farà la fine del topo, cioè che, se sarà sottoposto all'esame della Corte costituzionale, la sentenza è già scritta.
Voi vi chiederete perché sono così certo: perché siete già passati su questo fronte e proprio a proposito di fondazioni, non posso non ricordare in questo momento la fine che ha fatto il Ministro Tremonti quando impose norme vincolanti, anche in quel caso di natura pubblicistica piuttosto che privatistica, alle fondazioni bancarie. Vi fu una rivolta delle fondazioni bancarie, che ricorsero alla Corte costituzionale, la quale diede ragione su tutto il fronte alle fondazioni bancarie.
Non si può infatti disporre una cosa e poi imporne un'altra: se un soggetto viene definito di natura privatistica, così come gli enti lirici sono stati definiti «fondazioni di diritto privato», non si possono imporre norme che invece sono di altra natura. Bene hanno fatto quelle fondazioni, così come bene faranno le fondazioni liriche, a ricorrere alla Corte costituzionale; e, lo ripeto, essa dovrà solo riprendere di sana pianta quanto scrisse allora e riferirlo anche a queste fondazioni.
Ma non basta: il provvedimento - se non lo modificate, e siete ancora in tempo utile - sarà soggetto a ricorsi non solo alla Corte costituzionale, ma anche alla magistratura ordinaria, che ne vanificherà gli effetti, anzi, non arriverà neanche a produrne. Mi riferisco in particolare - come veniva già ricordato - all'ingerenza che la norma, che state scrivendo, che avete scritto e che volete approvare, prevede a proposito della contrattazione di secondo livello. Le leggi ci sono e non si possono bypassare a piacimento, a seconda dei desiderata di qualcuno di turno.
Ma la domanda «esistenziale» che mi pongo, signor sottosegretario, che vorrei porre al Presidente del Consiglio (se vi fosse e se si degnasse una volta di venire in Aula), è la seguente: voi volete far crescere il popolo italiano in termini culturali? Volete far sì che quello che è stato il vanto di questo Paese per tanti secoli, almeno dal Rinascimento in avanti, venga riconosciuto ancora tale (perché tale è ancora) nel mondo intero?
Volete far crescere anche coloro che, magari, non hanno avuto grandi possibilità, ma che si avviano ad apprendere qual è stato il grande livello culturale di questo Paese? Oppure, preferite avere della gente succube, che si accontenti soltanto di vedere i «programmini» delle donnine nude o quasi o dei TG di regime, come ci Pag. 95propinate a tutte le ore, a tutte le mezz'ore, in continuazione, a reti unificate? Volete far crescere questo popolo?
Allora, non potete immaginare che la cultura sia argomento assoggettabile - come lo è - a semplici tagli per fare cassa. Quello che è ancora più grave è che veleggia, si sente, non profumo, ma odore di fiducia; sarà più o meno mascherata, ma sta di fatto che quello che ci immaginiamo accada nella giornata di domani, salvo miracoli, è che poniate la questione di fiducia. Abbiamo constatato l'impossibilità di un confronto serio, di un dibattito vero. Il fatto stesso che abbiate posto l'inizio della discussione sulle linee generali di questo provvedimento all'ora in cui è iniziata, rende ovvio che non volevate confrontarvi, anzi che il Governo - fatta eccezione per il sottosegretario, cui va la mia stima, se non altro per la sofferenza dovuta al poco piacere di rimanere a sentirci - non avesse nessun interesse a confrontarsi.
È bene dunque relegare la discussione sulle linee generali a un'ora in cui né i media, né le comunicazioni in generale sono collegabili o collegate. Meglio mettere la sordina sa tutto, in modo tale che domani si senta semplicemente la voce del padrone.
Entriamo nel merito: l'Italia dei Valori non si è tirata indietro di fronte ad un confronto ed è convinta che il settore vada riformato e rilanciato e che sia necessario mettere ordine, ridurre gli sprechi, laddove ci sono e sono stati eventualmente davvero verificati. Così come siamo favorevoli a che i privati possano entrare direttamente nelle fondazioni, ma mi domando oggi quali privati mettano mano al portafoglio con la situazione data di crisi generale. Soprattutto, quali incentivazioni sono state attivate? Che cosa prevedete in questo decreto-legge perché ciò accada?
Per esperienza personale, per essere stato parecchi anni negli organi di gestione di fondazioni bancarie, posso affermare che, laddove la norma lo consente, e solo a seguito del pronunciamento della Corte costituzionale, che ha messo dei paletti precisi, bloccando i tentativi di assalto da parte del Ministro Tremonti nel Governo 2001-2005, i privati si sono sentiti incentivati a entrare e a dare contributi alle fondazioni. Anche se le fondazioni bancarie hanno già, per fortuna, dei loro quattrini a disposizione, comunque i privati possono partecipare, nei settori di competenza delle fondazioni medesime, dando dei contributi con delle agevolazioni fiscali che, come è ben noto, erano previsti dalla legge istitutiva delle fondazioni bancarie.
Qui, invece, non mettete nulla, non incentivate l'intervento privato, semplicemente lo scrivete, perché riempie la bocca, potendo così dire pubblicamente che lo fate, ma i risultati non ci saranno.
È stato più volte ricordato questa sera, e non solo questa sera, ma anche in Commissione, l'uso del decreto-legge. Allora, non posso non ricordare che il Ministro Bondi - il quale prende impegni e, come è ben noto, non li mantiene: è una sua prerogativa o meglio una prerogativa un po' generalizzata -, il 18 marzo del 2009, in Commissione al Senato, dove fu approvata una risoluzione, convenne che la riforma delle fondazioni liriche venisse affidata ad un disegno di legge.
Stiamo parlando di poco più di un anno fa. Non stiamo ragionando, non stiamo discutendo, non approveremo un disegno di legge, ma la conversione di un decreto-legge e anche qui con scadenze che ci vincolano, perché altrimenti, se non lo approviamo nei tempi previsti (i famosi sessanta giorni), decade e sarebbe una grave perdita per l'immagine del Governo, ma sarebbe una grande vittoria per il Paese.
Dunque, proseguite sulla vostra strada: non è una novità che voi non amiate il confronto democratico e la dialettica democratica e parlamentare. Il gruppo dell'Italia dei Valori, non avendo avuto la possibilità di questo confronto né in Commissione né in Aula, si è affidato all'unico strumento che aveva, quello di presentare emendamenti, con speranza, ma temo già di sapere ora per domani quale sarà il loro destino.
Credo che di fronte all'insensibilità di questo Governo e di questa maggioranza Pag. 96non rimangano che le «armi» di cui parlavo in apertura, cioè affidare l'esame del provvedimento a chi ha più competenza, anche sopra al Governo, fino a quando naturalmente la Corte costituzionale, dal momento che volete mettere la mordacchia anche a lei, avrà la libertà di giudizio, anche sul provvedimento in esame.
C'è un altro argomento che sostiene l'incostituzionalità del medesimo: sappiamo che la competenza delle regioni su queste materie è ampia e il provvedimento al nostro esame non è passato al vaglio della Conferenza Stato-regioni, quindi anche qui vi sarà altro materiale a sostegno dell'incostituzionalità e la Corte terrà sicuramente conto di questi ragionamenti.
Di fronte alla maggior parte delle norme contenute nel provvedimento in esame, si ha l'impressione di discutere, anziché di una riforma organica e complessiva dell'offerta culturale del nostro Paese, di un provvedimento economico con tratti giuslavoristici, che tra l'altro avrebbero avuto la necessità di approfondimenti da parte di altre Commissioni competenti in materia, come la Commissione lavoro.
Con il decreto-legge in esame si costringono ad una sorta di ricatto le fondazioni lirico-sinfoniche, si precarizza il personale e si attua il riequilibrio dei bilanci facendo pagare le perdite alla parte più debole delle strutture artistiche. Infatti, a proposito degli articoli 2 e 3, si tratta di norme estremamente mortificanti per il lavoro degli artisti, che stanno trovando la solidarietà da parte di tanti cittadini di tutte le parti politiche, oltre che ovviamente degli operatori del settore. Ecco perché, sottosegretario Giro, sarebbe stato bene che avesse fatto un giro per l'Italia per capire cosa sta avvenendo proprio in queste ore e in queste settimane.
Si ritiene che con l'approvazione di questo decreto-legge i lavoratori delle fondazioni lirico-sinfoniche non avranno più voce e diritto e la loro arte non potrà più essere espressione di libertà, cioè sarà controllata direttamente dal Governo, che deciderà, come ci ricordava prima il collega Levi, a chi sarà dato il contributo e il finanziamento e chi invece si troverà la mano pesante del rasoio o della forbice.
I teatri lirici verranno inondati di grandi schermi e di grandi eventi, continuando a penalizzare la cultura vera, in favore di una cultura semplicemente televisiva, cioè quella imposta e voluta dal padrone: voi sapete bene a che cosa mi riferisco, visto che vi è il controllo totale delle televisioni da parte del Presidente del Consiglio direttamente, con le sue reti di proprietà, o indirettamente, con il controllo per il tramite del consiglio di amministrazione RAI e della commissione di vigilanza.
Con riferimento all'IMAIE, le proposte non sembrano affatto finalizzate al recupero di questa istituzione. I criteri dettati per la delega al Governo appaiono, più che altro, affermazioni di principio: infatti, ai previsti criteri di efficienza e correttezza di bilancio non sembrano seguire fatti concreti. Inoltre, non è ben chiara la partecipazione integrata delle risorse - come già dicevo in precedenza - tra pubblico e privato e non è affatto incentivata la partecipazione privata. Permane, invece, una politica assistenziale da parte dello Stato, con fondazioni sempre più statalizzate.
I tagli vengono operati non solo con il provvedimento in oggetto: in contemporanea, il Senato sta discutendo e, tra pochi giorni, si accinge ad approvare una manovra finanziaria pesantissima, che non risparmia niente e nessuno, né gli enti locali, né le regioni, né la cultura, né l'offerta culturale in questo Paese (oltre a quella formativa e sanitaria).
Si tratta di tagli consistenti, tipici di una mera manovra economica sganciata da una visione complessiva culturale, che, di fatto, non risolvono i problemi ed impediscono il rilancio di un settore che è stato, per tanti anni, davvero all'altezza e all'onore del mondo.
I pesanti interventi in materia di contratti collettivi da parte dello Stato appaiono sganciati da un preciso progetto compiuto. Che dire, poi, del blocco delle assunzioni e del turnover, fino a tutto il Pag. 97dicembre del 2011? Anche questo è uno strumento per mandare a morte lenta gli enti lirici.
La centralizzazione e la ripubblicizzazione della contrattazione collettiva nazionale, con il trasferimento della funzione di rappresentanza all'Aran, rappresenta la tipica espressione di un intervento della mano pubblica su istituzioni private, su fondazioni di diritto privatistico.
Ho detto già in precedenza dell'ingerenza nella contrattazione di secondo livello, che attiverà tutta una serie di ricorsi alla magistratura ordinaria, perché interviene con la decadenza, dall'entrata in vigore del semplice contratto collettivo nazionale, di tutte le clausole e gli istituti inerenti i contratti integrativi aziendali, frutto di un accordo che risale al 1993, che dovranno essere negoziati tra le parti.
Allo stesso modo, la decurtazione del trattamento economico aggiuntivo derivante dalla contrattazione integrativa aziendale, grazie proprio ad un emendamento dell'Italia dei Valori approvato in Senato, è stata ridotta dal 50 al 25 per cento in caso di mancata stipula del contratto nazionale.
Inoltre, vi è il prepensionamento dei ballerini che, peraltro, si pone in diretta controtendenza rispetto all'elevamento dell'età pensionabile di tutte le altre categorie. In questo caso, invece, si intraprende una strada in direzione opposta.
Insomma, il Governo con i suoi interventi continua ad infliggere duri colpi alla cultura: si guardi, infatti, alla brutalità dei tagli apportati in questi ultimi mesi all'intera filiera del sapere, a cominciare dal famigerato decreto-legge n. 112 del giugno del 2008.
Quindi, il nostro atteggiamento, di fronte a simili comportamenti, non può che essere di dura opposizione. Per tutto il settore dello spettacolo, il Governo Berlusconi ha stanziato, per il 2010, poco più di 400 milioni di euro, mentre, per il 2011, ridurrà tale cifra addirittura di un ulteriore quarto, con poco più di 300 milioni di euro. Pertanto, il decreto-legge in oggetto si inserisce coerentemente - in base alla vostra coerenza diabolica - nel quadro delle misure penalizzanti adottate dal Governo nei confronti della cultura, dell'istruzione e della ricerca. In questo caso, peraltro, vengono operati tagli indiscriminati in tutto il settore in cui l'Italia è sempre stata leader internazionale.
Il decreto-legge in oggetto, operando indistintamente tagli orizzontali, ostacola le realtà territoriali che producono cultura.
Esso è stato annunciato come un provvedimento di riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche, mentre in realtà l'impronta unica che viene chiara, evidente è quella del Ministro Tremonti. Ecco, quindi, se affidiamo al Ministro dell'economia e delle finanze, in un momento delicato di crisi come questo, l'importante settore della cultura, il risultato è già scritto in partenza. Mi fermo qui, si tratta di un provvedimento che giudichiamo sbagliato, dannoso per le fondazioni lirico-musicali e per il mondo dello spettacolo e della produzione culturale. Di tutt'altro provvedimento avrebbe avuto bisogno questo Paese; mi auguro, siete ancora in tempo, che ci ripensiate.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Murer. Ne ha facoltà.

DELIA MURER. Signor Presidente, anche io vorrei unirmi alle parole dei miei colleghi per sottolineare come questo provvedimento neghi di fatto l'autonomia gestionale, finanziaria dei singoli enti lirici e teatri. Vorrei evidenziare quello che già poneva in rilievo il collega Levi quando parlava di un passaggio, presente nel provvedimento, in cui si dice che nelle fondazioni potrebbero collaborare privato e pubblico, tradendo il fatto di una concezione di presenza normale, di norma, statale. Credo che questo sia un elemento molto grave se noi pensiamo ai percorsi fatti dalle singole fondazioni anche con la presenza di risorse di privati e con risorse degli enti locali territoriali. Anche in questo caso, come in tanti altri casi, si parla di riforma di enti che tra l'altro sono di diritto privato; si vuole guardare a una valorizzazione, ad un confronto con i Pag. 98territori ma in realtà si propone un centralismo molto forte.
Penso che noi stessi riconosciamo l'urgenza di una riforma delle fondazioni liriche, di una riflessione generale sui temi dello spettacolo, ma credo che un miglioramento di questa situazione non si possa esplicare in un ulteriore taglio di risorse e tanto meno in una pericolosa e inaccettabile riduzione dell'organico che viene decisa a livello nazionale con queste modalità.
Anche a me preme sottolineare un elemento: l'Italia è un Paese che investe pochissimo nella cultura, investe lo 0, 23 per cento del PIL a fronte dell'1-1,5 per cento degli altri Paesi europei; e questo indirizzo tradisce quella che è la vocazione del nostro Paese, la possibilità di sviluppare un patrimonio storico, culturale ed artistico che può essere una forte occasione di crescita e di credibilità. Qui invece si penalizza, non si dà prospettiva, così come si fa anche sul terreno della scuola, della ricerca e dell'università. Vorrei ricordare che si taglia il Fondo unico dello spettacolo e questo lo si fa in un momento in cui questo taglio continua ad essere sistematico e tale Fondo è progressivamente ridotto in modo drastico e penalizzante, tanto da minacciare seriamente la produzione culturale del nostro Paese. Questo vale anche per le fondazioni liriche che pure hanno assorbito gran parte del Fondo lo scorso anno.
Vorrei sottolineare gli elementi che vedo fortemente critici all'interno di questo decreto: intanto la prima cosa è il taglio indiscriminato dei fondi che può portare a un rischio di difficoltà di sopravvivenza delle fondazioni.
Inoltre, vorrei sottolineare alcuni aspetti a mio avviso molto penalizzanti: il blocco del turnover, spostando l'età pensionabile; il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato, proprio quelle assunzioni che si attuano attraverso i concorsi internazionali, ossia quella pratica di assunzione per merito che permette alle singole fondazioni il confronto a livello europeo ed oltre, in termini di acquisizione nel proprio organico di talenti riconosciuti a livello mondiale. In tale contesto si rischia una forte localizzazione e precarizzazione dei corpi artistici. Vi è poi il blocco dei contratti stagionali: veniva ricordato anche come la contrattazione centralizzata può creare molte difficoltà alla vita delle fondazioni liriche e dei teatri. Il blocco delle assunzioni ha creato queste difficoltà.
A me, come a molti colleghi, sarebbe piaciuto poter aprire e avere in questa sede un confronto sulle difficoltà delle fondazioni, ma anche sulle possibilità e le prospettive, ed è per questo che vi vorrei portare l'esempio di un teatro - La Fenice - che è uno dei teatri più importanti: il teatro storico lirico sinfonico italiano, sede della fondazione, è uno dei teatri più antichi d'Italia, essendo stato inaugurato nel 1792.
Mi sarebbe piaciuto che in questa sede potessimo parlare delle varie esperienze delle realtà delle fondazioni liriche e su questo confrontarci per capire come migliorare la situazione. Dal dicembre 2003 (periodo in cui il teatro ha ripreso l'attività nella ricostruita sede istituzionale dopo la sua distruzione dall'incendio del 1996), il teatro è stato impegnato, a partire dalla stagione 2004-2005, in una costante progressione produttiva, che ha visto interessati due teatri di sua gestione diretta: La Fenice e anche il Malibran.
Questo sforzo produttivo - non vi voglio tediare ma vorrei portare questo esempio - ha portato a diversificare l'attività, oltre che con produzioni liriche e sinfoniche di balletto, anche con manifestazioni e iniziative formativo-didattiche indirizzate al mondo della scuola. Tale progressione, nonostante la costante diminuzione dei contributi statali, ha visto il teatro aprire all'utenza per 343 spettacoli nell'anno 2009. Parliamo di 343 spettacoli: vi invito a confrontare tale dato con il numero di giorni che ci sono in un anno. Si tratta di una produzione notevole: 88 spettacoli di lirica in sede, 17 spettacoli di balletto in sede, una tournée lirica in Cina, 129 attività sinfoniche in sede, 7 spettacoli Pag. 99sinfonici nel territorio, 2 tournée negli Emirati Arabi, 97 attività collaterali di vario genere aperte al pubblico.
L'attività formativo-didattica sviluppata a livello regionale con spettacoli lirici e sinfonici, spettacoli e laboratori itineranti, incontri con insegnanti e studenti, guide all'ascolto, collane editoriali e sussidi multimediali, ha visto coinvolti oltre 19 mila utenti delle scuole, dall'infanzia all'università, ed un servizio di edumediateca per gli insegnanti. Da non scordare anche che, dal 2004, presso La Fenice si svolge il tradizionale concerto di Capodanno in diretta RAI, eseguito dall'orchestra e dal coro del teatro.
Pertanto, un'attività di produzione di questo genere ha sicuramente bisogno di risorse economiche, ma anche di risorse umane. È quel ragionamento che facevo prima sugli organici. Anche questo è un tema importante: il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato, in vigore senza soluzione di continuità dal 2005, ha creato notevoli contingenti di personale precario, distribuito nelle varie categorie di lavoratori, se pur nell'ambito degli organici funzionali approvati dagli organismi ministeriali competenti, nonostante l'autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali alle assunzioni a tempo indeterminato.
Il perdurare di tale blocco dell'assunzione sino al 31 dicembre 2011, con la possibilità di procedere ad assunzioni stabili dal 2012, limitatamente al numero di lavoratori cessati nell'anno precedente, e di contingentare il numero delle assunzioni a termine nella misura massima del 30 per cento dell'organico approvato, comporta di fatto una riduzione degli organici funzionali a suo tempo approvati con i vari decreti.
Infatti, se dal 2005 - per effetto del citato divieto alle assunzioni a tempo indeterminato da parte di lavoratori a termine - sono superiori al citato 30 per cento, tali vincoli si configurano anche come una riduzione degli organici; e noi sappiamo quanto anche la stabilità degli organici dei teatri dia qualità. Non può esserci precarietà perché uno spettacolo si deve costruire nel tempo e un lavoro non va improvvisato.
Infine, mi limito a ricordare a tutti i colleghi - ma in particolare a quelli della Lega - non soltanto il valore simbolico che il teatro la Fenice ha a livello internazionale per l'Italia, ma in particolare cosa rappresenta per i veneti e i veneziani; lo abbiamo visto dopo il devastante incendio del 1996, quando ci fu l'accorrere di tutti i media di tutto il mondo a Venezia mentre in città partiva una gara di solidarietà e un'azione collettiva volta a ricostruire il teatro com'era e dov'era. Da allora la Fenice è risorta; non siano oggi il Governo e il Parlamento a far morire lentamente una parte così importante per la nostra cultura: la Fenice e tutte le altre fondazioni liriche italiane.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, a quest'ora diventa quasi impronunciabile anche il nome.
Abbiamo discusso in più di un intervento (oggi ce ne sono stati moltissimi su questo provvedimento) e molti dei colleghi che mi hanno preceduto hanno anticipato questa forma - oramai adottata quasi di consuetudine, da parte di questo Governo - di lavorare, utilizzando lo strumento dei decreti-legge e, quando non bastassero, con l'apposizione di questioni di fiducia (con molta probabilità, infatti, arriveremmo domani all'ennesima fiducia, sono forse 35 o 36). Siamo di fronte ad un Governo che non dà la possibilità al Parlamento, ai parlamentari di svolgere il lavoro che devono fare, per cui sono stati eletti e per cui sono pagati. Non vi è, quindi, un minimo di democrazia.
Avevo anche avuto, di fatto, la possibilità di leggere e rileggermi questo provvedimento e probabilmente qualcosa di buono c'era al suo interno. Se il Ministro avesse coinvolto anche noi in una discussione parlamentare più ampia e ci avesse dato il tempo di riflettere, probabilmente qualcosa avremmo accolto, qualcosa Pag. 100avremmo tentato di ottenere e, come dovrebbe succedere in tutte le democrazie parlamentari, probabilmente il risultato sarebbe stato proficuo per tutti.
L'idea che passi, oramai, che quest'Aula sorda e grigia - come qualcuno l'aveva definita qualche anno fa - sia ridiventata tale, continuando ad essere delegittimata da parte del Presidente del Consiglio, credo non faccia bene a nessuno. Non fa bene alla democrazia, non fa bene al Paese ma soprattutto lascia degli strascichi che poi, alla fine, nel momento del bisogno - perché questo Paese probabilmente avrà bisogno di tutta la solidarietà e di tutta la compattezza di tutto il Parlamento per poter uscire da una crisi che si manifesta di giorno in giorno sempre più dura e irreversibile - quando il Presidente del Consiglio sarà costretto a chiamare a raccolta tutti i parlamentari e tutti i partiti, non troverà questa disponibilità e avrà difficoltà a uscire da una situazione che diventa di giorno in giorno sempre più insanabile e irrecuperabile.
La riforma degli enti lirici e sinfonici, messa a punto dal Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, e contestata dai lavoratori del settore che hanno inscenato manifestazioni di protesta nei teatri e davanti al Parlamento - voglio sottolineare che queste proteste sono diffuse e continuano ad esserlo ancora oggi e probabilmente anche domani su tutto il territorio nazionale -, mira a razionalizzare le spese in un settore che, come ha ricordato Bondi, costa allo Stato 240 milioni l'anno.
Capisco tale riforma e forse avrebbe trovato riscontro soprattutto nel nostro partito, che è il partito, come è ormai notorio e risaputo, che va contro gli sprechi e contro ogni forma di sperpero e, probabilmente, da parte nostra avrebbe avuto un po' di collaborazione. Infatti, il gruppo dell'Italia dei Valori è più che mai convinto che il settore vada riformato e rilanciato e che è necessario mettere ordine e ridurre gli sprechi, anche consentendo ai privati di entrare nelle fondazioni e prevedendo sistemi di monitoraggio e di controllo efficaci.
Di fatto, il provvedimento al nostro esame interrompe bruscamente il processo di privatizzazione cominciato con il decreto legislativo n. 367 del 1996, che ha previsto la trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato.
Il gruppo dell'Italia dei Valori, pur condividendo l'idea di una riforma del settore, rileva le seguenti criticità: l'uso dello strumento del decreto-legge, che non lascia spazio al dibattito parlamentare per una materia importante come questa, che attiene all'offerta culturale. Inoltre, va ricordato che il Governo, nella persona del Ministro Bondi, non ha mantenuto l'impegno assunto il 18 marzo 2009 con l'approvazione di una risoluzione in Commissione al Senato, che affidava la riforma delle fondazioni liriche ad un disegno di legge. La scadenza imminente, prevista per il 29 giugno prossimo venturo, non consente un esame approfondito e un adeguato dibattito, sia in Commissione sia in Aula. I tempi sono ristrettissimi. Giovedì 17 giugno è pervenuto il testo approvato dal Senato il giorno precedente. Lunedì 20 giugno è stato fissato il termine per la presentazione di emendamenti in Commissione e lo stesso lunedì è stata convocata la Commissione per le votazioni, terminate il pomeriggio stesso senza alcuna modifica. Dunque, non vi sono i margini per una democratica dialettica parlamentare e per eventuali modifiche su cui ragionare per proposte alternative.
Per tale ragione, il gruppo dell'Italia dei Valori ha presentato un numero rilevantissimo di emendamenti, sia in Commissione sia in Aula, prevalentemente soppressivi del testo del decreto-legge al nostro esame. Tra l'altro, nei nostri emendamenti si rileva la necessità di esplicitare il ruolo della conferenza Stato-regioni nel processo di delegificazione; si mira ad evitare che il Governo possa avere la più ampia discrezionalità nella modifica delle disposizioni legislative vigenti; si rivendica a gran voce una maggiore autonomia dalle direttive del Ministero dell'economia e delle finanze; infine, si richiede un ruolo più incisivo per i pareri delle Commissioni parlamentari. Contrariamente a tutto questo, Pag. 101invece, oggi diamo una delega in bianco al Governo che avrà delega piena - quando non lo sappiamo, ma probabilmente fra diciotto mesi - per fare quello che vorrà.
Di fronte alla maggior parte delle norme contenute nel provvedimento si ha l'impressione di discutere, anziché di una riforma organica e complessiva dell'offerta culturale in Italia, di un provvedimento economico con tratti giuslavoristici che, tra l'altro, avrebbero avuto necessità di approfondimenti da parte anche delle altre Commissioni competenti per materia. Con il decreto-legge in esame si costringe a una sorta di ricatto le fondazioni lirico-sinfoniche, si precarizza il suo personale e si attua il riequilibrio dei bilanci, facendo pagare le perdite alle parti più deboli delle strutture artistiche.
A proposito degli articoli 2 e 3, si tratta di norme estremamente mortificanti per il lavoro degli artisti, che stanno trovando solidarietà da parte di tanti cittadini di tutte le parti politiche. Si ritiene, altresì, che con l'approvazione di questo decreto-legge i lavoratori delle fondazioni lirico-sinfoniche non avranno più voce e diritti e la loro arte non potrà più essere espressione di libertà. Si teme, inoltre, che con tale provvedimento i teatri lirici verranno inondati di grandi schermi per grandi eventi, continuando a penalizzare la cultura vera in favore di una cultura televisiva. Inoltre, il provvedimento, rispetto alla previdenza per i ballerini, per i quali occorreranno 2 milioni di euro, metterà a duro rischio la stabilità economica dell'ENPALS, costringendo il Ministero dell'economia e delle finanze ben presto a tagliare ulteriormente le fondazioni lirico-sinfoniche, non avendo fornito alcun incentivo per il loro rilancio.
Sull'istituto dell'IMAIE le proposte avanzate non sembrano affatto finalizzate al suo recupero. I criteri dettati per delega al Governo appaiono più che altro affermazioni di principio. Infatti, ai previsti criteri di efficienza e correttezza di bilancio non sembrano seguire fatti concreti. Non è ben chiara la partecipazione integrata delle risorse di pubblico e privato, in quanto la partecipazione privata non è affatto incentivata.
Permane una politica assistenziale da parte dello Stato con delle fondazioni sempre più statalizzate e l'intervento governativo oltremodo pervasivo. Mi sembra abbastanza strano da parte di questo Governo, che si dice liberista, che vi sia un'interferenza tale dello Stato da costringere per ogni provvedimento a richiedere il suo parere. I tagli consistenti, tipici di una mera manovra economica, sono sganciati da una visione complessa e culturale. Di fatto non risolvono i problemi ed impediscono il rilancio del settore.
I pesanti interventi in materia di contratti collettivi da parte dello Stato appaiono sganciati da un preciso progetto compiuto. Ulteriori critiche che arrivano al testo sono davvero numerose e si possono così sintetizzare: il blocco delle assunzioni, quindi del turnover sino al dicembre 2011; la centralizzazione e ripubblicazione della contrattazione collettiva nazionale con il trasferimento delle funzioni di rappresentanza dall'Anfols ad un'agenzia di fatto governativa quale l'ARAN, una norma che snatura il carattere delle fondazioni, di fatto trasformandole in istituzioni pubbliche; l'ingerenza nella contrattazione di secondo livello con la decadenza, dall'entrata in vigore del semplice contratto collettivo nazionale, di tutte le clausole e gli istituti inerenti i contratti integrativi aziendali frutto degli accordi del 1993, che dovranno essere rinegoziati tra le parti; la decurtazione del trattamento economico aggiuntivo derivante appunto dalla contrattazione integrativa aziendale che, per lo meno grazie ad un emendamento dell'Italia dei Valori approvato al Senato, è stato ridotto dal 50 per cento al 25 per cento in caso di mancata stipula del contratto nazionale; il prepensionamento dei ballerini, che peraltro si pone in netta controtendenza rispetto all'innalzamento dell'età pensionabile di tutte le altre categorie di lavoratori, e che comporta comunque delle conseguenze sull'ammontare finale del trattamento di quiescenza loro spettante. Pag. 102
Il Governo, con i suoi interventi, continua ad infliggere duri colpi alla cultura: si guardi, infatti, alla brutalità dei tagli apportati in questi ultimi mesi all'intera filiera dei saperi, a cominciare dal primo di tutti, ossia dal taglio previsto dal decreto-legge n. 112 del luglio 2008, per procedere con il complesso delle scelte fatte dalla destra in questi due anni.
Il disegno del Governo, unitamente agli interventi nei settori della scuola e dell'università, appare volto ad abbassare il livello di reattività critica dei cittadini e, invece di adottare una riforma seria sulle fondazioni lirico-sinfoniche, il provvedimento ne cancella l'autonomia che rappresenta il loro punto di forza, introducendo un centralismo ottuso e burocratico che rasenta l'autoritarismo.
Il nostro atteggiamento di forte contrarietà inizia persino dal titolo, assurdo ed incongruo, di questo testo, perché non riguarda affatto le attività culturali. È un testo di tagli e tutt'altro che di rilancio del settore. Il Governo Berlusconi, per tutto il settore dello spettacolo (dall'opera, al teatro, alla musica, al cinema, alla danza e agli spettacoli viaggianti), per il 2010 ha stanziato poco più di 400 milioni di euro e per il 2011, 300 milioni di euro.
Il decreto n. 64 del 2010 si inserisce coerentemente nel quadro delle misure penalizzanti adottate dal Governo nei confronti della cultura, dell'istruzione e della ricerca. In questo caso, peraltro, vengono operati tagli indiscriminati in settori in cui l'Italia è sempre stata leader internazionale. Si afferma, ancora una volta, una visione che considera la cultura un bene superfluo cui si possono imporre delle rinunce nei periodi di crisi, quando invece essa non solo ha una funzione civile e sociale indispensabile per il futuro del Paese, ma rappresenta comunque una risorsa economica.
Le critiche mosse dal gruppo dell'Italia dei Valori al provvedimento si concentrano su alcuni punti specifici: il blocco delle assunzioni, la centralizzazione e ripubblicazione della contrattazione collettiva nazionale con il trasferimento della funzione di rappresentanza all'ARAN, l'ingerenza nella contrattazione di secondo livello, la decurtazione del trattamento economico aggiuntivo derivante dalla contrattazione integrativa aziendale in caso di mancata stipula del contratto nazionale.
Pur concordando sulla necessità di una riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche, occorre intraprendere una nuova politica culturale e non è accettabile che si scarichi tutto il peso della crisi sui lavoratori del comparto. Il decreto-legge n. 64 del 2010, operando indistintamente tagli orizzontali, ostacola le realtà territoriali che producono cultura.
Esso è stato annunciato come un provvedimento di riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche, mentre in realtà porta l'impronta pesante del Ministro Tremonti, come tutte le misure che hanno interessato i settori della cultura e dell'istruzione, vittime della scarsa attenzione del Governo. Durante l'esame in Commissione, grazie al lavoro delle opposizioni, sono stati apportati miglioramenti significativi, ma ancora parziali; pertanto, il Governo avrebbe dovuto ritirare il decreto-legge in esame per arrivare, attraverso un disegno di legge, ad un'efficace e condivisa riforma del settore.
Gran parte dell'attenzione del provvedimento è puntata sul costo dei lavoratori, ingiustamente indicato come la causa unica del dissesto finanziario delle fondazioni, mentre non vengono indicate misure significative per la razionalizzazione e la riorganizzazione delle stesse né per incentivare l'apporto di capitali privati.
Purtroppo non possiamo non leggere una coerenza di Governo in tutti questi tagli indiscriminati che toccano la crescita culturale del nostro Paese, dai tagli alla scuola, all'università, alla ricerca, a quelli ai teatri, agli enti lirici, fino al bavaglio ai mezzi di informazione con il decreto-legge sulle intercettazioni. Un disegno preciso che sembra mirare a fare dei cittadini dei sudditi.
Ancora una volta questo Governo opera tagli indiscriminati e quel che è peggio in un settore in cui l'Italia è sempre stata leader internazionale, come ha detto in proposito il grande maestro Barenboim, Pag. 103secondo cui disinvestire nella cultura significa ignorare il patrimonio culturale italiano e lanciare un messaggio negativo a livello di immagine del nostro Paese. Infatti, quando all'estero si pensa all'Italia, si pensa a Dante, a Michelangelo e a Giuseppe Verdi.
Si tratta di un provvedimento che abbiamo giudicato sbagliato e dannoso per le fondazioni lirico musicali, per il mondo dello spettacolo e della produzione culturale. Si è ritenuto doveroso contrastare questo decreto-legge perché teniamo alle sorti della cultura italiana coerentemente con i nostri valori e con i nostri principi civili, sociali e politici.
La cultura è un valore in sé, è un fattore di sviluppo civile ma è anche un fattore di sviluppo economico, favorisce la coesione sociale in quanto costituisce l'elemento di maggiore identità dell'essere italiani oggi. Soprattutto la lirica costituisce un elemento di identificazione della nostra storia, della nostra tradizione, della nostra cultura, del nostro stare nel mondo, della nostra riconoscibilità nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fogliardi. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, il decreto-legge che stiamo affrontando per la sua conversione in legge presenta molteplici aspetti che non possono essere condivisi, ma che anzi credo segnano una profonda diversità tra la nostra visione e quella della maggioranza di Governo in questo settore così importante della vita culturale del nostro Paese.
Cercherò di evidenziare alcune di queste differenze. Innanzitutto, i tagli alla cultura che sono presentati quali riforma. I tagli non sono una riforma, non sono una politica. Già il dibattito della scorsa settimana al Senato ha messo bene in risalto come l'arte, la musica, la cultura in Italia non siano un settore tra i tanti, siano invece una questione vitale per la nazione, hanno a che fare con la sua libertà come nutrimento della coscienza civile.
Dobbiamo sapere che il no alla cultura è un no alla libertà. Parliamo semplicemente della nostra patria, del suo essere, della sua consistenza, del suo sentimento comune, di ciò che la fa riconoscere nel mondo. Ciascuno di noi rappresenta in Parlamento dei territori. Rappresenta tutta l'Italia, ma anche tante parti diverse d'Italia e sa dove stanno la mente e il cuore della nostra gente che non vede l'ora di poter assaporare la cultura, la musica, il teatro. Nessuno davvero può impedire questa visione e questo desiderio. Nessuno può restringere i confini di questa aspirazione nazionale. I tagli non possono essere una politica, non possono essere una riforma. Sono semplicemente una rinuncia, una sconfitta, un danno.
Sempre al Senato è stato ancora ricordato come la tradizione culturale italiana si attendesse ben altro. È stato ricordato che 135 anni fa, proprio nell'Aula del Senato, sedeva Giuseppe Verdi, il quale scrivendo nel 1883, già senatore a vita, al Ministro dell'istruzione di allora Guido Baccelli, a proposito dei teatri, se ne usciva con questa espressione: «Dote ai teatri. Dote ai teatri e non imposte». «Dote» è la parola appropriata, quella che evoca un'eredità da trasmettere per il futuro, in quanto senza i teatri non ci sarebbe stata l'Italia unita, quella che anche Verdi aveva costruito perché non rimanesse - come disse - «povera, debole, senza libertà e semibarbara». Altro che Va pensiero inno della Lega: sarebbe bene - è meglio tardi che mai - che alcune pagine della storia venissero rilette.
È interessante da questo punto di vista anche evidenziare che la proposta rappresenta l'ennesima dimostrazione di una legislazione antifederalista: si toglie ancora una volta la possibilità di autonomia del territorio e si preferisce concentrare in scelte centraliste, facendo intravedere sempre di più un futuro statale e sempre più sottratto all'autonomia locale. C'è poi un secondo aspetto fondamentale che riguarda la privatizzazione e il mezzo attraverso il quale operare per renderla possibile, ma anche qui si è voluto remare controcorrente a qualsiasi ipotesi e conseguentemente Pag. 104ribadire anche quelle scelte di non autonomia che sottolineavo poc'anzi.
A questo riguardo è interessante, ma vista l'ora vado veloce signor Presidente, riprendere il decreto legislativo n. 134 del 1998, quando il legislatore era intervenuto sulla normativa che disciplinava la trasformazione degli enti autonomi lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate in fondazioni di diritto privato. L'intervento si era reso necessario poiché per 12 dei 13 enti quella collaborazione finanziaria tra pubblico e privato cercata dal legislatore con il decreto legislativo precedente, il n. 367 del 1996, non aveva dato i risultati desiderati.
Vi erano ambiziosi obiettivi nel decreto del 1996: si poneva la privatizzazione della veste giuridica degli enti, la semplificazione del regime organizzativo, la risoluzione dei problemi inerenti al personale dipendente, maggiore autonomia politico-burocratica rispetto all'apparato pubblico, l'imprenditorializzazione dei sistemi finanziari e partecipazione finanziaria ed istituzionale dei soggetti. Insomma, da un certo punto di vista la ratio della formula era creare una compartecipazione finanziaria paritaria tra Stato e privati, predisponendo un metodo che permettesse allo Stato di divenire fondatore senza l'esborso di ulteriori somme rispetto alla contribuzione ordinaria attribuita agli enti.
Vado veloce per dire come sia il decreto del 1996 che quello del 1998 in realtà non raggiunsero gli obiettivi, ma non erano assolutamente da disattendere, come è stato nel dibattito che qui ne è seguito, da tralasciare completamente. La portata innovativa del decreto legislativo n. 134 del 1998 conteneva forse un limite: non aver modificato la disciplina delle agevolazioni fiscali per dare quelle dotazioni dai privati che, come abbiamo visto, sarebbero state essenziali e tutt'oggi si pone il grosso problema: una maggiore detrazione di natura fiscale ai privati darà sicuramente la possibilità di una maggiore partecipazione.
Chiedo al sottosegretario: ma come è possibile, quali possono essere le prospettive se nessuno di noi si racchiude nella realtà dell'economia del Paese e del mondo? Quali altre possono essere le prospettive per questi ruoli vitali della cultura del nostro Paese? Qui potremmo proseguire a lungo, ma credo che forse questo è uno degli aspetti che in maniera macroscopica il decreto-legge, invece, non vuole assolutamente toccare.
Vado verso la fine per toccare un terzo aspetto che mi sta particolarmente a cuore e che in quest'Aula voglio denunciare. Riguarda la situazione dell'ente lirico di Verona, che più volte è stato citato, di quell'arena di Verona che è uno dei più grandi anfiteatri all'aperto del mondo e che dal mondo conduce ogni anno milioni di visitatori nella nostra città. L'importanza e la magnificenza degli spettacoli non è solo rappresentata dalla suggestiva bellezza dell'anfiteatro e dalla regia degli spettacoli, lo è in particolare per il lavoro, l'opera, la passione, la dedizione e l'amore delle centinaia di persone tra orchestrali, coro, tecnici e maestranze varie, che con il cuore e l'orgoglio concorrono ogni sera e ogni notte all'allestimento di spettacoli unici al mondo.
È a loro che voglio, da quest'Aula, esprimere solidarietà profonda e vicinanza morale, perché il decreto-legge in esame colpisce, in primis, proprio loro. Vediamo velocemente il motivo.
Con riferimento alla composizione dell'organico, l'organico funzionale rappresenta il numero minimo del personale stabile occorrente per la normale attività prevista dallo statuto. L'organico funzionale dell'Arena di Verona sarebbe di 408 elementi, di cui 101 orchestrali, 70 appartenenti al coro e 30 al ballo. Si tratta di un numero che non è mai stato raggiunto negli anni: al massimo si sono contati 380 stabili, quindi un 20 per cento in meno del minimo per l'attività ordinaria.
L'Arena di Verona, per concessione ministeriale, ha però un duplice organico, invernale ed estivo. I 416 lavoratori che si aggiungono nella stagione estiva, da sommare ai 315 stabili per raggiungere l'organico di 721, che riempiono per tre o quattro mesi l'organico, vengono calcolati come giornate lavorative spalmate su tutto Pag. 105l'arco dell'anno, creando così un numero totale di 552 lavoratori impiegati tutto l'anno, come rappresentato dalla tabella del Ministero per i beni e le attività culturali.
Con riferimento alle strutture, la fondazione - caso unico in Italia - non ha a disposizione un teatro al chiuso tutto suo. Ciò comporta enormi costi per gli scambi di proprietà effettiva e un totale di novantadue giornate di attività perse a favore dell'accademia filarmonica. Stessa sorte per gli uffici amministrativi, che costano in spese di affitto e ampliamento e per i laboratori scenografici, che sono fatiscenti e poco adatti allo sviluppo.
Riguardo al consiglio di amministrazione, il decreto-legge Bondi stabilisce la costante diminuzione del personale stabile per pensionamento, il blocco delle assunzioni stabili e il blocco al 15 per cento delle assunzioni di personale a termine. Con questi paletti è già difficile immaginare una normale attività di un teatro lirico, figuriamoci l'aumento di produzioni invocato dal Ministro.
Inoltre, il Ministro Bondi non pone alcun accento sulla responsabilità diretta del consiglio di amministrazione in merito ai paurosi deficit sottoscritti. Oggi il consigliere che partecipa alle rare riunioni convocate dal sindaco presidente fa la parte di semplice sottoscrittore di decisioni prese a monte, anche semplicemente dal sovrintendente stesso.
Con riferimento al FUS, il Fondo unico per lo spettacolo, esso, negli ultimi anni, è costantemente diminuito. Nell'anno 2000 valeva, per le fondazione liriche, 240 milioni di euro. Oggi ne sono stanziati quasi 197. Considerando la svalutazione del decennio, si può affermare una diminuzione del 30 per cento. Considerando che 197 milioni comprendono anche 20 milioni destinati al futuro contratto di lavoro nazionale, si evince che i lavoratori, per pagarsi un contratto scaduto da cinque anni, devono sottrarre queste risorse all'attività dei teatri, creando così un circolo vizioso che non porterà allo sviluppo e all'incremento dell'attività.
Il decreto-legge Bondi per l'arena di Verona non offre alcuna garanzia per mantenere il teatro tutto l'anno. Infatti, si cita il festival estivo, che è stato citato più volte anche in questo dibattito, quale eccezione per le assunzioni di aggiunti oltre i limiti fissati. Niente di meno vero. Non si può accettare, per certe professionalità, quali quelle artistiche, la possibilità di assumere figure temporanee, perché la qualità dello spettacolo è proporzionale all'affiatamento degli artisti che ne fanno parte integralmente. Sarebbe come, per un calciatore, chiamarlo a giocare solo per la partita domenicale.
In conclusione, servono garanzie di integrità del teatro con stagioni invernale ed estiva di qualità, come credo che sarà per tanti altri. Servono garanzie di occupazione qualificata, soprattutto nei settori artistici, concorsi e audizioni per posti vacanti e garanzie di finanziamenti, come illustrato, certi e duraturi per garantire qualità di produzione.
Il nostro Paese vanta un patrimonio culturale che tutto il mondo ci invidia: solo questo Governo sembra non rendersene conto e, invece di valorizzare e di investire al meglio in questo settore, decide di affossarlo, abbandonandolo al declino. Non si capisce che la cultura dovrebbe essere uno dei volani per condurre l'Italia fuori dalla crisi. Possibile essere tanto miopi?
Credo che il Ministro Bondi debba ripensarci; credo che il Governo non debba porre la questione di fiducia, ma recepire queste nostre istanze e noi ci impegneremo a collaborare.
Contrariamente, credo che la nostra voce non potrà che unirsi a quella del coro delle maestranze dell'Arena di Verona, che, nella serata augurale della scorsa settimana, al termine dell'Inno di Mameli iniziale, hanno a gran voce gridato «no» al decreto Bondi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ci affidiamo tutti alla sua capacità di sintesi. Prego, onorevole Favia.

Pag. 106

DAVID FAVIA. Ho concordato con il Presidente di parlare fino a mezzanotte, perché dopo mi si trasforma in zucca...!

PRESIDENTE. Dato l'argomento, può anche accadere!

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, stoici colleghi rimasti in Aula, anzitutto va rilevato che questo provvedimento, nonostante sia stata respinta la pregiudiziale di costituzionalità - che ormai è quasi un atto dovuto da parte della maggioranza, senza pensarci, tanto poi ci pensa la vituperata Corte costituzionale -, non ha i requisiti di necessità e urgenza ed è assolutamente incostituzionale, anche perché tratta una materia di competenza anche regionale, senza che sia stato sottoposto alla Conferenza Stato-regioni e senza che sia stato lasciato il ben che minimo spazio all'intervento costituzionalmente previsto delle regioni.
Per questi motivi, ma anche per altri motivi previsti da precedenti sentenze della Corte costituzionale - diciamo precedenti, perché sicuramente ce ne sarà un'altra, che casserà questa normativa - sosteniamo, come abbiamo sostenuto nel pomeriggio, l'incostituzionalità di questo decreto-legge.
Nel merito, mi sia consentito di fare una considerazione, che va al di là della particolarità e della sostanza di questo provvedimento. Dopo due anni di questa legislatura, ma dopo gli altri lunghi, purtroppo, anni di Governo della destra, dobbiamo constatare come vi sia un disegno ormai chiaro nel campo della cultura, della scolarizzazione e della formazione.
È un fil rouge allarmante, che collega tutte le leggi in materia di scuola e di cultura, che si uniscono e si uniformano alle parole che troppo spesso il Presidente Berlusconi pronuncia, provenienti dal cuore, salvo poi smentirle o farle smentire da chi è più accorto di lui.
Da ultimo - e ci riferiamo a questo - le parole sulla RAI, quando il Presidente, bontà sua, ha detto che se la RAI continua a criticarlo e a dire cose contro il Governo - che, ovviamente, lui considera inconcepibili - provvederà alla sospensione del contratto di servizio.
Se cominciamo a mettere insieme tutti questi dati, i tagli alla scuola, all'università, alla ricerca, la fuga dei cervelli italiani, che grandi cose fanno all'estero e purtroppo mai ritornano, i tagli del FUS, i tagli ai trasferimenti agli enti locali e alle regioni, che quest'anno hanno toccato cifre inimmaginabili, addirittura il 67 per cento, tutto questo ci fa pensare a un disegno complessivo che vuole mettere sotto tutela, come da tempo è stato fatto dal sistema televisivo privato di Berlusconi e dall'occupazione del sistema televisivo pubblico, la testa degli italiani o di gran parte di loro.
Noi cerchiamo di sfuggire a questa morsa. Vi è proprio un disegno per addormentare le coscienze e la messa sotto tutela degli enti lirici (perché di ciò si tratta, poi spiegherò meglio perché e cosa intendo) a mio giudizio fa parte di questo disegno, ovvero la compressione di ogni possibilità di libera espressione, di libera formazione, di libero insegnamento che non sia costretto nelle maglie del berlusconismo.
Un vostro parlamentare, Renato Farina, con una lettera non completamente condivisibile (ma in alcune piccole parti condivisibile) che abbiamo trovato nelle nostre caselle opera un raffronto tra la gestione e l'aiuto indiretto alla lirica presente negli Stati Uniti e quella esistente in Italia (vi sono quindi critiche che provengono anche dal vostro interno).
Intendo dire che, pur essendo a parole un Governo liberale, che dovrebbe incentivare l'intervento del privato ovunque, benché qualche parola spendiate in questo decreto-legge, in realtà non incentivate affatto l'ingresso dei privati. Ad esempio, negli Stati Uniti vi è la possibilità della detrazione fiscale addirittura dei biglietti per andare a teatro, oltre che ovviamente delle donazioni (e parlo di detrazione integrale).
Questa sarebbe stata una leva interessante da utilizzare e ovviamente quelle che sono vere e proprie entità private - ossia Pag. 107le fondazioni, che sono poi gli enti lirici - avrebbero potuto incentivare l'ingresso e la contribuzione da parte dei privati, ma nulla di tutto ciò è stato fatto da voi con questo decreto-legge, che, come dicevo, punta a mettere sotto tutela un ente privato.
È vero che il finanziamento pubblico rappresenta la gran parte delle entrate di questi enti privati, ma il codice civile impone assolutamente il rispetto della natura privata dell'ente. Già ad un primo sguardo della normativa troviamo che, quanto alla trattativa sul contratto principale (cioè il contratto collettivo nazionale di lavoro e un contratto integrativo), il contratto collettivo nazionale di lavoro, anziché farlo l'ente datoriale, che è l'associazione degli enti lirici, viene trasferito all'ARAN (cioè sostanzialmente lo Stato dice: scansatevi che pensiamo noi a fare la trattativa).
Vi è il taglio del contratto integrativo del 25 per cento, vi è il blocco delle attività professionali autonome, che si dice che possono sì essere svolte qualora siano prestazioni di alto valore artistico e professionale, però si dice pure che, nelle more della sottoscrizione del contratto collettivo nazionale di lavoro, sono vietate tutte le prestazioni di lavoro autonomo rese da tale personale a decorrere dal 1o gennaio del 2011. Se consideriamo che la contrattazione è ferma da anni vi è poca speranza che gli operatori di questo settore possano svolgere attività esterna.
Vi era poi la previsione del taglio del 50 per cento degli integrativi, che è diventato del 25 per cento solo grazie ad un nostro emendamento, e vi è il blocco totale delle assunzioni.
Vengono addirittura poste delle cogenti limitazioni anche ai cosiddetti enti virtuosi, di cui al comma 5-bis dell'articolo 3, ovvero enti che non hanno perdite rispetto a determinate percentuali e ai quali andrebbe ovviamente lasciata una certa libertà.
Mi si è fermato l'orologio, mi rendo conto solo adesso che è mezzanotte! Ebbene, sto per concludere.
La sensazione che abbiamo è che la chiave dell'intera normativa sia contenuta tutta nell'articolo 4. È noto che lo Stato paghi il proprio contributo con molto ritardo; l'articolo 4 consente un'anticipazione immediata fino all'80 per cento e non vorremmo che questa sia la carota dietro la quale vi è un po' troppo bastone.
Noi crediamo dunque - e così concludo, perché i patti vanno rispettati - che una normativa in tale settore avrebbe meritato un disegno di legge con un dibattito e un confronto più approfondito, e non questa strozzatura, verso la quale stiamo andando, non solo del dibattito ma anche del mondo della cultura.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Favia. Essendo ormai giunti alla mezzanotte, il seguito della discussione sulle linee generali è rinviato alla seduta di domani a partire dalle ore 10.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 23 giugno 2010, alle 10:

(ore 10 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge (per il seguito della discussione sulle linee generali e il seguito dell'esame):
S. 2150 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali (Approvato dal Senato) (C. 3552).
Relatore: Barbieri.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione Pag. 108dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali. Riordino di enti ed organismi decentrati (C. 3118-A).
e delle abbinate proposte di legge: STUCCHI; STUCCHI; URSO; MOGHERINI REBESANI ed altri; ANGELA NAPOLI; GARAGNANI; GIOVANELLI ed altri; BORGHESI ed altri; DI PIETRO ed altri; RIA e MOFFA; MATTESINI ed altri; REGUZZONI; GARAGNANI (C. 67-68-711-736-846-1616-2062-2247-2471-2488-2651-2892-3195).
Relatore: Bruno.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 20 maggio 2010, n. 72, recante misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di CO2 (C. 3496-A).
Relatore: Bonciani.

(ore 15).

4. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 0,05 del 23 giugno 2010.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO EMERENZIO BARBIERI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3552

EMERENZIO BARBIERI, Relatore. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame dispone la conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali, pubblicato il 30 aprile 2010 in Gazzetta Ufficiale; scadrà pertanto martedì 29 giugno 2010.
Il decreto-legge consta di 9 articoli volti a disciplinare il riassetto del settore delle fondazioni lirico-sinfoniche, i contributi allo spettacolo dal vivo, l'età pensionabile dei danzatori, il registro pubblico speciale per le opere cinematografiche e audiovisive, l'Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori (nuovo IMAIE), altre disposizioni sui lavoratori extracomunitari nel settore dello spettacolo e sui cosiddetti servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura. Come è stato ricordato dal Ministro Bondi nell'audizione di ieri, invece, il Governo ha dato seguito alla richiesta di molti rappresentanti di questa Commissione, ritirando l'originario articolo 5 relativo a Cinecittà Luce spa, che risulta quindi soppresso.
Come è noto, il testo del decreto-legge, è stato modificato nel corso dell'esame al Senato. Mi limiterò ad indicare gli aspetti principali delle materie e delle modifiche introdotte, anche per non togliere spazio agli interventi dei colleghi, riservandomi in ogni caso di intervenire ancora nel corso dell'esame del provvedimento.
L'articolo 1 reca disposizioni per un riordino sistematico del settore lirico-sinfonico. La revisione dell'attuale assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche è demandata a regolamenti da adottarsi su proposta del Ministro per i beni e delle attività culturali (MiBac) nel rispetto di una serie di criteri coerenti, come puntualmente evidenziato dal Ministro Bondi nell'audizione svolta nella seduta di ieri, con i principi di tutela e valorizzazione professionale dei lavoratori, efficienza, corretta gestione, economicità, imprenditorialità e sinergia tra le fondazioni, tenendo conto dell'importanza storica e culturale, desunta dalla sua specificità storica e dalla sua collocazione nella tradizione operistica italiana. I regolamenti dovranno essere emanati dal Governo entro il termine di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, tenendo conto dei pareri della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato e delle competenti Pag. 109Commissioni parlamentari, che dovranno essere espressi entro il termine di 60 giorni dalla ricezione. Voglio sottolineare che i termini indicati sono stati aumentati nel corso dell'esame al Senato, rispettivamente, dal termine inizialmente fissato in dodici mesi, nel primo caso, e in quello di trenta giorni, nel secondo, a dimostrazione della giusta considerazione del ruolo del Parlamento nel processo di riforma delineato dall'Esecutivo.
Tra i criteri direttivi si prevede, tra gli altri, la previsione di parametri atti a stabilire tetti massimi di spesa per i cachet e loro equiparazione alla media europea; la previsione di specifici strumenti di raccordo dell'operato delle Fondazioni, al fine di realizzare la più ampia sinergia operativa possibile; la rideterminazione dei criteri di ripartizione del contributo statale, salvaguardando in ogni caso la specificità della fondazione nella storia della cultura operistica italiana e tenendo conto altresì degli interventi strutturali effettuati a carico della finanza pubblica nei dieci anni antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto; la destinazione di una quota crescente del medesimo contributo in base alla qualità della produzione; l'ottimizzazione delle risorse attraverso l'individuazione di criteri e modalità di collaborazioni nelle produzioni; l'incentivazione di un'adeguata contribuzione da parte degli enti locali; la possibilità di riconoscere forme organizzative speciali per le fondazioni liriche che rivestano peculiarità nel rispetto di determinati parametri sia qualitativi che quantitativi, con una specificità riguardante lo statuto dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia in relazione alla presenza del presidente-sovrintendente e della componente del corpo accademico, eletti direttamente dall'assemblea degli accademici.
Ulteriori criteri direttivi sono stati introdotti poi, nel corso dell'esame al Senato, con il nuovo comma 1-bis, al quale si rinvia, segnalando per ora soltanto in questa sede che il testo formulato inizialmente dalla Commissione cultura del Senato è stato modificato nel corso dell'esame in Assemblea, nel senso di ridurre l'esposizione finanziaria a carico dello Stato, tenendo così conto del parere contrario della Commissione bilancio. Si prevede quindi il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati all'attività delle fondazioni, quali regioni, comuni, organizzazioni sindacali e naturalmente soprintendenti delle fondazioni, con la costituzione altresì di un tavolo di confronto tra le diverse fondazioni e i rappresentanti sindacali; l'individuazione di interventi anche di natura normativa per favorire una maggiore stabilità del settore con strumenti di finanziamento anche pluriennale; la valorizzazione del sistema dei grandi teatri d'opera, previsti dalla legge n. 800 del 1967; il mantenimento della capacità di produzione culturale sul territorio, principio emerso anche nella legge-quadro sullo spettacolo dal vivo, in corso di esame in Commissione; la valorizzazione delle finalità e del carattere sociale delle fondazioni lirico-sinfoniche e il loro ruolo educativo verso i giovani: anche in questo caso un principio assolutamente condivisibile e da me personalmente difeso nella già citata legge-quadro sullo spettacolo dal vivo.
Il successivo articolo 2, anch'esso modificato nel corso dell'esame al Senato, disciplina quindi il procedimento di contrattazione collettiva nel settore delle fondazioni lirico-sinfoniche. Si prevede, in questo senso, che il contratto collettivo nazionale di lavoro delle fondazioni lirico-sinfoniche sia sottoscritto tra una delegazione datoriale - individuata con decreto del MiBAC in sede di prima applicazione, e da una delegazione rappresentativa individuata dalle Fondazioni lirico-sinfoniche, per la disciplina a regime -, che si avvale della collaborazione dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni (ARAN), e delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori dipendenti dalle fondazioni medesime. L'accordo sottoscritto è quindi sottoposto al controllo della Corte dei conti.
L'articolo 3, anch'esso modificato dall'altro ramo del Parlamento, al comma l, attribuisce carattere di esclusività al rapporto Pag. 110di lavoro del personale delle fondazioni lirico-sinfoniche, che può svolgere attività di lavoro autonomo solo nei limiti e con le modalità previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro e secondo i criteri determinati in sede di contratto aziendale, previa autorizzazione del sovrintendente. Si stabilisce che nelle more della sottoscrizione del contratto collettivo nazionale di lavoro, sono vietate tutte le prestazioni di lavoro autonomo a decorrere dal 1o gennaio 2011, pur restando ferme alcune disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione e quelle della legge n. 498 del 1992. Il successivo comma 2 dell'articolo in commento è rimasto invariato nel corso dell'esame al Senato: si prevede espressamente, per i corpi artistici - ferma restando la facoltà di cui all'articolo 23 del decreto legislativo n. 367 del 1996, di costituirsi in forma organizzativa autonoma, ove ciò non pregiudichi il regolare svolgimento dell'attività della fondazione - che il mancato adempimento dell'impegno di cui alla lettera c) del comma 2 del citato articolo 23 - ovvero il mancato riconoscimento alla fondazione di vantaggi economici, previamente concordati, in termini di cessione totale o parziale di diritti radiofonici o televisivi, o di partecipazione ai proventi dell'attività, anche in considerazione della utilizzazione del nome della fondazione - costituisce oggetto di specifica obbligazione con effetti di clausola risolutiva espressa ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, ove sia riportato nell'atto di convenzione appositamente stipulato con la fondazione. Il comma 3 dell'articolo in commento novella invece l'articolo 3-ter, comma 5, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 718, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, recante interventi urgenti in materia di università e beni culturali e altri settori, prevedendo che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro, le clausole e gli istituti dei contratti integrativi aziendali stipulati in contrasto con i principi di cui ai commi 2 e 4 del citato articolo 3-ter e con il medesimo contratto collettivo nazionale non possono essere applicati e devono essere ricontrattati tra le parti. Al successivo comma 3-bis, si stabilisce peraltro che, secondo la formulazione introdotta al Senato, conseguentemente i contratti integrativi aziendali in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge potranno essere rinnovati solo successivamente alla stipulazione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro. Con le modifiche apportate dal Senato, il successivo comma 4, prevede ora che, decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame e sino alla stipulazione del nuovo contratto nazionale di lavoro e dei successivi contratti integrativi, il trattamento economico aggiuntivo, derivante dalla contrattazione integrativa aziendale, sia ridotto del 25 per cento. Non è stata quindi accolta dall'Assemblea del Senato l'originaria previsione di una riduzione al 5 per cento come inizialmente previsto dalla Commissione cultura di quel ramo del Parlamento con l'emendamento 3.47, sul quale peraltro la Commissione bilancio aveva espresso parere contrario. Il comma 5 dell'articolo in commento, dopo le modifiche apportate al testo originario, vieta quindi alle fondazioni lirico-sinfoniche, fino al 31 dicembre 2011, di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, nonché di indire procedure concorsuali per tale scopo, pur consentendo l'assunzione a tempo indeterminato per quelle professionalità artistiche necessarie per la copertura di ruoli di primaria importanza indispensabili per l'attività produttiva, previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali. Dall'anno 2012, peraltro, le assunzioni a tempo indeterminato saranno contenute nel limite massimo del turn over del personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell'anno precedente, ferme restando le compatibilità di bilancio di ogni fondazione, al fine di ridurre i costi per l'assunzione di personale a tempo indeterminato. In ogni caso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, le assunzioni a tempo determinato, a copertura dei posti vacanti in organico, Pag. 111con esclusione delle prestazioni occasionali d'opera professionale dei lavoratori così detti «aggiunti», non possono superare il 15 per cento dell'organico approvato. È stata respinta quindi dal Senato la proposta di elevare la percentuale al 30 per cento, senza alcuna eccezione, compresa quella inizialmente prevista per il personale addetto alle manifestazioni estive nell'Arena di Verona. In ogni caso, è data alle fondazioni lirico-sinfoniche la possibilità di avvalersi, compatibilmente con i vincoli di bilancio, delle tipologie contrattuali e delle forme di organizzazione del lavoro disciplinate dal decreto legislativo n. 276 del 2003, recante attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro.
Voglio ricordare anche che il nuovo comma 5-bis, anch'esso inserito nel corso dell'esame al Senato, prevede un meccanismo di sviluppo occupazionale per le fondazioni lirico-sinfoniche che abbiano conseguito il pareggio di bilancio nei tre esercizi precedenti l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto e che presentino un rapporto percentuale tra i ricavi dalle vendite e prestazioni e l'ammontare del contributo statale non inferiore al 40 per cento nell'ultimo bilancio approvato. Ad esse è riconosciuta la possibilità di effettuare assunzioni a tempo indeterminato nei limiti della pianta organica approvata, assumendo personale a tempo determinato, con esclusione delle prestazioni occasionali d'opera professionale dei lavoratori così detti «aggiunti», nei limiti del 15 per cento dell'organico approvato. Il successivo comma 6, non modificato dal Senato, con una norma avente carattere interpretativo conferma quindi l'applicazione alle fondazioni delle disposizioni di cui alla legge n. 426 del 1977 che vietano i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Si prevede inoltre che ai dipendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche si applicano, per le missioni all'estero, le disposizioni in materia di trattamento economico di missione e trasferimento vigenti per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Il successivo comma 7 disciplina quindi l'età pensionabile dei lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie dei tersicorei e dei ballerini, novellando l'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 182 del 1997. In questo senso, per i lavoratori indicati, sia uomini che donne, l'età pensionabile è fissata al compimento del quarantacinquesimo anno di età anagrafica, con l'impiego, per i lavoratori cui si applica integralmente il sistema contributivo o misto, del coefficiente di trasformazione di cui all'articolo l, comma 6, della legge n. 335 del 1995, relativo all'età superiore, invece che inferiore, come previsto invece nel testo originario del decreto-legge. Il Senato ha previsto quindi che per i due anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, ai lavoratori indicati, assunti a tempo indeterminato, che hanno raggiunto o superato l'età pensionabile, è data facoltà di esercitare opzione per restare in servizio, rinnovabile annualmente; tale opzione deve essere esercitata attraverso formale istanza da presentare all'ENPALS entro due mesi dalla data di entrata in vigore della norma, o almeno tre mesi prima del perfezionamento del diritto alla pensione, fermo restando il limite massimo di pensionamento di vecchiaia, di quarantasette anni per le donne e di cinquantadue per gli uomini. Anche in questo caso si tratta di norme sulle quali si è soffermato puntualmente il Ministro nella sua audizione di ieri, alla quale quindi rinvio.
Il comma 8 dell'articolo in commento, modificato al Senato, reca quindi la copertura finanziaria del comma precedente: a decorrere dal 2010, ad essa si provvede con una riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 163 del 1985 sul Fondo unico per lo spettacolo - FUS. Si stabilisce inoltre che l'ENPALS provvederà al monitoraggio degli oneri di cui al comma 7, riferendone al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, a quello per i beni e le attività culturali e a quello dell'economia e delle finanze. In caso di scostamenti rispetto alle previsioni di Pag. 112spesa comportanti maggiori oneri, si provvederà attraverso la riduzione delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte nell'ambito delle spese rimodulabili del programma «Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo» della missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali. Voglio precisare che l'originaria copertura finanziaria, pari a 1.700.000 euro è stata elevata nel corso dell'esame al Senato a 2 milioni di euro. Il successivo comma 8-bis dell'articolo in esame è stato invece inserito ex novo al Senato. Si prevede che esclusivamente nei limiti delle risorse assegnate alla Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari per le proprie attività e senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, la medesima Fondazione, in deroga alle disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo in commento, può effettuare assunzione di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato e indeterminato, selezionato esclusivamente a seguito dello svolgimento di procedure ad evidenza pubblica, nei limiti della pianta organica approvata, preventivamente autorizzate dal Ministero per i beni e le attività culturali.
Passo quindi all'articolo 4, per sottolineare che esso è stato radicalmente modificato rispetto al testo originario approvato dalla Commissione cultura del Senato, tenendo conto delle indicazioni espresse in via informale dai rappresentanti della maggioranza di questa Commissione e, in particolare, da me. Il Governo e il Senato hanno inteso così fare salva la legge-quadro in materia di spettacolo dal vivo in corso di approvazione da parte della Commissione. Il nuovo articolo 4 del decreto-legge, quindi, prevede ora soltanto che, per i contributi ancora da erogare, dal 2010 il Ministero potrà procedere alla liquidazione anticipata fino all'80 per cento dell'ultimo contributo assegnato. La relazione illustrativa chiarisce che l'obiettivo perseguito è quello di razionalizzare l'intero sistema di finanziamento statale destinato agli organismi dello spettacolo dal vivo, tenendo conto, a differenza di quanto accade oggi, dell'attività effettivamente consuntivata. La previsione della norma intende così sollevare l'Amministrazione dal compito di assegnare le risorse che siano deliberate solo su preventivo, spesso successivamente ridotte o revocate all'atto della verifica dell'effettiva attività prodotta.
Come ho detto l'originario articolo 5 che ridefiniva le funzioni e i compiti del gruppo Cinecittà Luce spa, è stato soppresso al Senato, per cui non mi soffermerò su di esso.
Il successivo articolo 6, al comma 1, del decreto è stato invece modificato nel corso dell'esame al Senato. Si dispone, in questo senso, che il registro pubblico speciale per le opere cinematografiche di cui all'articolo 103 della legge n. 633 del 1941 comprende anche le opere audiovisive, in quanto la normativa europea sul diritto d'autore reca regole comuni per l'opera cinematografica e per l'opera audiovisiva. Data l'estensione del registro pubblico speciale al campo delle opere audiovisive, il comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge in esame - sempre in forma di novella all'articolo 103, secondo comma, della legge n. 633 del 1941 - prevede una revisione delle caratteristiche del registro e delle modalità di registrazione. Il Senato ha previsto ora la revisione delle tariffe relative alla tenuta del registro nonché la tipologia e i requisiti formali degli atti soggetti a trascrizione, da attuarsi entro sei mesi, sulla base della disciplina definita da un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico. Il successivo comma 2 dell'articolo in commento, anch'esso modificato al Senato, abroga invece l'articolo 23 del decreto legislativo n. 28 del 2004 recante disciplina delle attività cinematografiche ed altre disposizioni incompatibili con quelle recate dall'articolo in esame. Ricordo, in particolare, che l'articolo abrogato stabiliva che i film riconosciuti di nazionalità italiana e quelli equiparati, fossero iscritti nel pubblico Pag. 113registro per la cinematografia istituito nel 1994, con decreto-legge n. 26 del 1994, ai fini dell'ammissione ai benefici del medesimo decreto n. 28. Si mantiene peraltro in vigore il sistema previgente, di cui agli articoli 12, 13 e 14 del Regio decreto-legge (RDL) n. 1061 del 1938, recante «Provvedimenti a favore dell'industria cinematografica nazionale», fino all'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1. Segnalo che il RDL n. 1061, già abrogato dall'articolo 2 e dall'allegato 1 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, viene recuperato con l'inserimento della sua previsione nel cosiddetto decreto «salva-leggi». Il Senato ha infatti inserito un nuovo comma 2-bis all'articolo in commento in base al quale all'allegato 2 al decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179, dopo il numero 446 è inserito il seguente: «446-bis. Regio decreto-legge 1061 16/06/1938 provvedimenti a favore dell'industria cinematografica nazionale Beni e attività culturali Artt. 12, 13, 14». Il comma 3 della norma in commento esclude, infine, che dal medesimo articolo derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La relazione tecnica chiarisce che la gestione del registro è affidata alla SIAE che destina allo scopo le tariffe che gli utenti corrispondono per avvalersi dei relativi servizi.
L'articolo 7, modificato nel corso dell'esame al Senato, disciplina quindi il nuovo Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori (IMAIE), già ampiamente illustrato dal Ministro Bondi nella audizione di ieri. Ricordo solo che l'IMAIE, istituito dall'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 93, è, ai sensi del comma 1 dell'articolo in commento, un'associazione avente personalità giuridica di diritto privato, disciplinato, oltre che dalla disposizione in commento, anche dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del codice medesimo. L'istituto è stato costituito al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi stabiliti dalla legge n. 93 del 1992 e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali a seguito della messa in liquidazione dell'IMAIE precedentemente istituito. Lo statuto del cosiddetto nuovo IMAIE riconosce inoltre ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali un ruolo consultivo. Aggiungo che l'attività del nuovo Istituto mutualistico è soggetta alla vigilanza congiunta della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria, del Ministero per i beni e le attività culturali e dei Ministero del lavoro e delle politiche sociali. I predetti soggetti ne approvano lo statuto ed ogni successiva modificazione, il regolamento elettorale e di attuazione dell'articolo 7 della legge n. 93 del 1992 e ne riordinano con proprio decreto l'intera materia del diritto connesso, in particolare per assicurare che l'assetto organizzativo sia tale da garantire efficaci forme di tutela dei diritti degli artisti interpreti esecutori e per definire le sanzioni da applicare nel caso di mancato versamento all'Istituto medesimo dei compensi spettanti agli artisti; nonché nel caso di mancata trasmissione all'IMAIE della documentazione necessaria all'identificazione degli aventi diritto. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nomina il presidente del collegio dei revisori, mentre il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero dell'economia e delle finanze nominano, ciascuno, un componente del collegio dei revisori.
Il successivo comma 2 stabilisce quindi che, a partire dal 14 luglio 2009, si considerano trasferiti al nuovo IMAIE tutti i compiti e le funzioni attribuiti all'IMAIE in liquidazione. Secondo la disposizione in questione, in particolare, si prevede il trasferimento al nuovo IMAIE del compito di provvedere all'incasso e alla relativa ripartizione tra gli artisti interpreti esecutori aventi diritto dei compensi indicati negli articoli 71-septies, 71-octies, 73, 73-bis, 80, 84 e 180-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di protezione del diritto d'autore, e degli articoli 5 e 7 della citata legge n. 93 del 1992. Il nuovo IMAIE procede quindi alla determinazione di compensi spettanti agli artisti, interpreti ed esecutori, conformemente a quanto stabilito dallo statuto e dai regolamenti attuativi dell'Istituto, sulla base della disciplina Pag. 114di cui all'articolo 82 della citata legge n. 633 del 1941 per ciò che concerne l'attribuzione della qualifica di artista interprete esecutore. Il personale dell'Istituto mutualistico in liquidazione viene trasferito quindi, dalla data della relativa costituzione, al nuovo IMAIE. Inoltre, al termine della procedura di liquidazione sono trasferiti anche l'eventuale residuo attivo e i crediti maturati, secondo le disposizioni di cui all'articolo 2112 del codice civile in materia di mantenimento dei diritti dei lavoratori, in caso di trasferimento d'azienda. Il comma 3 dell'articolo in commento, infine, prevede che l'IMAIE procede alla pubblicazione nel proprio sito Internet dell'elenco degli aventi diritto ai compensi. Tale pubblicazione è visibile per 1095 giorni consecutivi - tre anni - ed è distinta, per ogni trimestre, dall'indicazione, per ciascun avente diritto, del periodo cui si riferisce il compenso e del produttore di fonogrammi che lo ha versato. Mediante la predetta tipologia di divulgazione si considerano così adempiuti da parte del nuovo IMAIE gli obblighi previsti dall'articolo 5, comma 3, della legge n. 93 del 1992, ai sensi del quale entro il primo mese di ciascun trimestre l'IMAIE deve comunicare agli aventi diritto l'ammontare dei compensi maturati nel trimestre precedente pubblicando, altresì, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, l'elenco dei nominativi degli aventi diritto. Il successivo comma 3-bis, anch'esso aggiunto nel corso dell'esame al Senato, prevede quindi che i dati idonei ad attestare l'identità e la residenza degli artisti interpreti esecutori aventi diritto debbano essere trasmessi al nuovo IMAIE entro 30 giorni dalla data di distribuzione o utilizzazione dell'opera.
Voglio ricordare che sulla base delle intese raggiunte con il Governo e i rappresentanti dei gruppi di maggioranza in Commissione è stato ritirato l'articolo aggiuntivo 7.0.5, inizialmente introdotto dalla Commissione cultura del Senato. Tale norma recava disposizioni in materia di uscita temporanea di cose e beni culturali, novellando l'articolo 67, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto Urbani n. 42 del 2004. È stato mantenuto invece dal Senato il nuovo articolo 7-bis approvato dalla Commissione cultura di quel ramo del Parlamento, che il 17 marzo 2011 istituisce la festa nazionale per la ricorrenza del 150o anniversario della proclamazione dell'Unità d'Italia. Si prevede che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, avvalendosi dell'Unità tecnica di missione di cui all'articolo 14 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 19 maggio 2009, n. 3772, sostiene le iniziative culturali compatibili con il programma delle manifestazioni direttamente connesse alla ricorrenza della festa nazionale, sulla base degli indirizzi del Comitato dei ministri «150 anni dell'Unità d'Italia» e sentito il Comitato dei garanti. Le procedure amministrative per il compimento delle citate attività sono disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Mi avvio a concludere, Presidente.
Ricordo soltanto che l'articolo 8 reca abrogazioni e modificazioni di norme: il comma 1, modificato dal Senato, abroga la legge 14 agosto 1967 n. 800, che ha dichiarato il «rilevante interesse generale» dell'attività lirica e concertistica e ha attribuito agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico, sottoponendoli alla vigilanza dell'autorità di Governo competente. Sono fatti salvi esclusivamente gli articoli l, 6, terzo comma, 7, 23, 27, 28, 32, 35, 36, 39, 42, 43 e 45, ai quali si rinvia, che non sono toccati dalla riforma introdotta nell'ordinamento dal decreto-legge in esame. Il successivo comma 2 del medesimo articolo 8 modifica quindi l'articolo 27 del testo unico sull'immigrazione, il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che disciplina l'ingresso in Italia per motivi di lavoro, in casi particolari. Il comma 2 riguarda in specie le autorizzazioni richieste a lavoratori extracomunitari per la produzione e realizzazione di spettacoli; a tal fine, i lavoratori possono essere assunti, derogando a talune disposizioni del testo unico, previa autorizzazione rilasciata dall'ufficio Pag. 115speciale per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo o da sue sezioni periferiche. Con la modifica indicata, si abroga in particolare la previsione del parere del Dipartimento dello spettacolo per il rilascio della suddetta autorizzazione; secondo la formulazione previgente, infatti, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con le Autorità di Governo competenti in materia di turismo e in materia di spettacolo, determinava le procedure e le modalità per il rilascio dell'autorizzazione. Con la modifica introdotta dal decreto-legge si esclude quindi dal novero di questi soggetti l'Autorità competente per lo spettacolo.
Il comma 3, lettera a) dell'articolo 8, reca quindi l'abrogazione di due commi dell'articolo I della legge 22 luglio 1977, n. 426, relativi a modalità di finanziamento di determinate manifestazioni a favore dei teatri di tradizione e delle istituzioni concertistico-orchestrali di cui all'articolo 28 della legge n. 800 del 1967; oppure a favore di assegnatari che abbiano beneficiato, per almeno tre anni, di sovvenzioni statali. Tale modalità, oggetto dell'abrogazione, consiste nell'anticipazione dell'80 per cento della sovvenzione all'atto della concessione dei contributi medesimi con successiva erogazione del residuo a manifestazioni ultimate. La successiva lettera b), oltre ad un adeguamento di carattere formale conseguente all'abrogazione di cui alla precedente lettera a), abroga lo stesso tipo di modalità di erogazione con anticipo dell'80 per cento per le sovvenzioni di cui all'articolo 2 della legge 6 marzo 1980, n. 54, recante interventi a sostegno delle attività musicali. La successiva lettera e), poi, prevede l'abrogazione del comma terzo dell'articolo 2 della legge 17 febbraio 1982, n. 43, anch'essa riguardante la modalità di erogazione di contributi per spettacoli, con l'identica modalità dell'anticipazione dell'80 per cento della quota per le sovvenzioni ivi disciplinate; la lettera d) abroga invece il comma 392 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2008, che disponeva, per le fondazioni lirico-sinfoniche, il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato negli anni 2008, 2009 e 2010, mentre la successiva lettera e) dispone l'abrogazione dell'articolo 14 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159. Ricordo che quest'ultimo articolo disponeva che l'affidamento dei servizi aggiuntivi negli istituti e luoghi di cultura - servizio editoriale, accoglienza, caffetteria, ristorazione, guardaroba, e così via - poteva avvenire in forma integrata sia in relazione alle varie tipologie di servizi sia ai diversi istituti e luoghi di cultura. Con l'abrogazione della norma questa previsione viene superata allo scopo di rendere un servizio migliore agli utenti degli istituti e dei luoghi di cultura, più efficienti e adeguati, come avrà modo di confermare più compiutamente il sottosegretario Giro.
La lettera e-bis), del comma in esame, è stata invece inserita nel corso dell'esame al Senato. Con essa si abroga il comma 3 dell'articolo 4 della legge n. 93 del 1992, ai sensi del quale il Ministro del turismo e dello spettacolo nomina il presidente del collegio dei revisori dell'IMAIE e il Ministro del lavoro e della previdenza sociale nomina un membro del medesimo collegio dei revisori, come ho già ricordato. La sua abrogazione è quindi conseguente alla previsione di cui al comma 1 dell'articolo 7 del decreto, in base al quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nomina il presidente del collegio dei revisori, mentre i due componenti del collegio dei revisori sono nominati rispettivamente dal Ministero per i beni e le attività culturali e dal Ministero dell'economia e delle finanze. La lettera e-ter) abroga infine il secondo periodo del comma dell'articolo 15 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, recante disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato. Si supera così la previsione secondo la quale gli immobili eventualmente compresi nelle donazioni, eredità e legati destinati alla fondazione, devono essere venduti entro due anni dall'acquisto, salvo siano direttamente destinati all'esercizio dell'attività della fondazione. L'articolo 9 fissa, infine, l'entrata in vigore del decreto-legge, Pag. 116al giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, concludo esprimendo ancora una volta al Ministro Bondi e al sottosegretario Giro il senso del più vivo apprezzamento per il lavoro fatto in queste settimane al Senato. Se un appunto si può muovere, è solo quello di non aver creduto fino in fondo alla capacità di questa Commissione di saper assecondare le istanze riformatrici introdotte con il decreto in esame, indulgendo fin troppo nei tempi di esame al Senato.
Come ha peraltro già preannunciato il Ministro nella seduta di ieri, sono sicuro che la stessa disponibilità sarà manifestata a noi dal Governo già dalle prossime settimane, allorquando potremo varare la seconda faccia della medaglia della riforma complessiva del settore, approvando definitivamente in questa Commissione la legge-quadro sullo spettacolo dal vivo. Sarà in quella sede che eventuali, ulteriori interventi migliorativi di questa disciplina potranno trovare il giusto riconoscimento.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 3118-A - em. 12.1 458 458 230 211 247 70 Resp.
2 Nom. em. 12.101 465 465 233 465 70 Appr.
3 Nom. em. 12.5 480 480 241 480 67 Appr.
4 Nom. em. 12.8 485 287 198 144 27 260 67 Resp.
5 Nom. em. 12.10 488 280 208 141 19 261 67 Resp.
6 Nom. em. 12.12 491 487 4 244 225 262 67 Resp.
7 Nom. em. 12.14, 12.15 490 309 181 155 41 268 66 Resp.
8 Nom. em. 12.100 486 484 2 243 481 3 66 Appr.
9 Nom. em. 12.200 498 498 250 497 1 66 Appr.
10 Nom. articolo 12 500 263 237 132 262 1 64 Appr.
11 Nom. em. 13.1 505 501 4 251 236 265 62 Resp.
12 Nom. em. 13.2 515 510 5 256 244 266 62 Resp.
13 Nom. em. 13.3 514 509 5 255 244 265 62 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 13.4 512 483 29 242 226 257 62 Resp.
15 Nom. em. 13.5 513 511 2 256 247 264 62 Resp.
16 Nom. articolo 13 511 506 5 254 265 241 62 Appr.
17 Nom. em. 13-bis.200 499 499 250 494 5 61 Appr.
18 Nom. articolo 13-bis 500 500 251 500 60 Appr.
19 Nom. articolo agg. 13-bis.01 503 294 209 148 25 269 59 Resp.
20 Nom. articolo agg. 13-bis.02 514 331 183 166 68 263 59 Resp.
21 Nom. articolo agg. 13-bis.03 505 318 187 160 46 272 57 Resp.
22 Nom. articolo agg. 13-bis.06 500 327 173 164 65 262 57 Resp.
23 Nom. articolo agg. 13-bis.08 508 500 8 251 19 481 55 Resp.
24 Nom. subem. 0.13-bis.07.1 516 510 6 256 5 505 55 Resp.
25 Nom. subem. 0.13-bis.07.2 527 524 3 263 20 504 53 Resp.
26 Nom. Ddl 3552 - Questioni pregiudiziali 529 529 265 249 280 51 Resp.