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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 316 di martedì 4 maggio 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,35.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 29 aprile 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Brancher, Brugger, Cirielli, Donadi, Lo Monte, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Molgora, Mura, Nucara, Pescante, Ravetto, Sardelli, Scajola, Stucchi e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(Intendimenti del Governo circa la soppressione del tribunale di Tolmezzo (Udine) nell'ambito del progetto di riconfigurazione delle circoscrizioni giudiziarie - n. 3-00481)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Compagnon n. 3-00481 concernente intendimenti del Governo circa la soppressione del tribunale di Tolmezzo (Udine) nell'ambito del progetto di riconfigurazione delle circoscrizioni giudiziarie (Vedi l'allegato A - Interpellanza e interrogazioni).

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in relazione all'interrogazione dell'onorevole Compagnon evidenzio che l'istituzione e la soppressione degli uffici giudiziari esistenti, al di là delle ipotesi specificamente previste dalla normativa vigente limitatamente agli uffici del giudice di pace e alle sezioni distaccate dei tribunali, è materia coperta da riserva di legge, e pertanto non può essere assunta con mero atto amministrativo alcuna determinazione in tal senso. A tal proposito si deve peraltro osservare che all'interno del disegno di legge S. 1440, presentato al Senato della Repubblica e in corso di esame, contenente tra l'altro disposizioni in materia di procedimento penale, ordinamento giudiziario, ed eque riparazioni in caso di violazione del termine ragionevole del processo, non sono presenti norme volte alla modifica delle circoscrizioni giudiziarie, né risultano attualmente allo studio iniziative legislative finalizzate al raggiungimento di tale obiettivo. Pag. 2
L'assetto territoriale degli uffici giudiziari costituisce comunque una materia costantemente oggetto di esame e di analisi da parte del Ministero, e pertanto le esigenze sottese al mantenimento della sede giudiziaria in questione saranno tenute in debita considerazione nell'ambito delle eventuali future iniziative che si riterrà di assumere al fine di conseguire una maggiore efficacia nell'accesso e nell'erogazione del servizio giustizia.

PRESIDENTE. L'onorevole Compagnon ha facoltà di replicare.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, ringrazio della risposta il sottosegretario che, per quanto mi riguarda, dichiara che non ci sono possibilità che in questo momento venga meno la presenza del tribunale di Tolmezzo. Questa mia interrogazione, peraltro presentata un anno fa, è dovuta al fatto che effettivamente circolavano delle voci preoccupanti rispetto ad iniziative del Governo dirette a chiudere, per così dire, alcune sedi in generale, e in particolare si erano fatti alcuni nomi di città, tra i quali vi era Tolmezzo. Secondo me dovrebbe essere prassi che le risposte alle interrogazioni vengano date in tempi più stretti, e questa risposta arriva un anno dopo. Comunque prendo atto dal sottosegretario che attualmente non sono presenti norme tali da far pensare ad una chiusura di tale sede. Ha anche affermato che certamente è una normativa in continua evoluzione, per cui potrebbero esserci in futuro iniziative in tal senso, che saranno guardate con attenzione.
Devo far presente al signor sottosegretario e quindi per lui al Governo che questa situazione di Tolmezzo è una situazione particolare, come ho scritto nell'interrogazione. Nello Statuto speciale della nostra regione la legge elettorale divide la regione stessa in circoscrizioni che fanno riferimento ai tribunali per cui oltre a Udine, Trieste, Pordenone e Gorizia (che sono città capoluogo di provincia) c'è anche Tolmezzo. Quindi andrebbe cambiata anche la legge elettorale, che però è legata alla norma costituzionale frutto della individuazione della nostra regione come una regione a statuto speciale. Detto questo e verificata anche la necessità che in quella zona, già depauperata in quanto zona di montagna, vi sia la necessità e il dovere di una attenzione particolare, credo di potermi dichiarare soddisfatto, signor sottosegretario, con l'impegno che lei ha preso (e al quale non ho motivo di non credere) che in futuro, se ci dovesse essere un approfondimento rispetto a modifiche di questo tipo, ci sarà la dovuta attenzione affinché questo tribunale, per le caratteristiche e le motivazioni che ho illustrato, venga salvaguardato.

(Ipotesi di accorpamento del tribunale di Albenga con quello di Imperia - n. 3-00527)

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Volontè n. 3-00527, concernente ipotesi di accorpamento del tribunale di Albenga con quello di Imperia (Vedi l'allegato A - Interpellanza e interrogazioni).

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in risposta all'onorevole Volontè si deve innanzitutto premettere che l'eventuale revisione delle circoscrizioni giudiziarie, ove comporti la soppressione o l'istituzione di nuovi tribunali o spostamenti di porzioni di territorio da un circondario all'altro, non può essere realizzata mediante atto amministrativo. La soppressione del tribunale di Imperia e, più in generale, dei tribunali con organico complessivo inferiore alle venti unità di magistrato, potrebbe, quindi, essere disposta solo mediante specifica iniziativa legislativa.
Al riguardo, si fa presente che non risulta essere stata attivata alcuna iniziativa in materia, né sono attualmente allo studio iniziative legislative finalizzate al raggiungimento di tale obiettivo. Con riferimento, poi, all'ipotesi di accorpamento della sezione distaccata di Albenga alla Pag. 3sede circondariale di Savona, realizzabile in via amministrativa ai sensi dell'articolo 48-ter dell'ordinamento giudiziario, si evidenzia che, laddove l'amministrazione avesse ravvisato l'opportunità di attivare la procedura prevista dalla norma citata, l'avvio del procedimento avrebbe dovuto essere tempestivamente comunicato, oltre che al consiglio giudiziario e al consiglio dell'ordine forense competente, anche a tutti gli enti locali interessati.
La norma in questione, introdotta dal decreto legislativo n. 51 del 1998 all'articolo 48-ter (Istituzione, soppressione e modifica della circoscrizione delle sezioni distaccate), prevede uno specifico procedimento che non è stato avviato e del quale ometto la lettura. Come premesso, non vi sono in merito specifiche iniziative, giacché l'orientamento generale dell'amministrazione è di non procedere a singole modifiche dell'attuale assetto delle circoscrizioni giudiziarie al di fuori di un progetto organico complessivo. Per quanto attiene, infine, alle problematiche relative all'eventuale richiesta di aumento di organico del personale amministrativo, al di là delle riduzioni già operate nel corso degli ultimi anni in attuazione di specifiche disposizioni legislative come, da ultimo, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 ottobre 2005 e il relativo provvedimento attuativo adottato con il decreto ministeriale 8 marzo 2007, si rappresenta che in base al decreto legge n. 112 del 2008, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le amministrazioni dello Stato hanno dovuto procedere, entro il 30 novembre 2008, a ridimensionare gli assetti organizzativi esistenti, operando la riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e di quelli di livello non generale in misura non inferiore al 20 e al 15 per cento, nonché a rideterminare le rispettive dotazioni organiche del personale non dirigenziale realizzando, tra l'altro, una riduzione non inferiore del 10 per cento della spesa complessiva riferita a queste ultime.
Il Ministero della giustizia, su specifica direttiva del Capo Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, ha tempestivamente attivato, con nota a firma dell'onorevole Ministro del 6 agosto 2008, successivamente integrata con nota del 6 novembre 2008, la procedura di rideterminazione delle piante organiche del personale non dirigenziale, da realizzarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, proprio al fine di non incorrere nella sanzione prevista dal già citato articolo 74, comma 5.
La proposta di rimodulazione predisposta e trasmessa al dipartimento per la funzione pubblica, pur realizzando l'abbattimento dei costi previsto dalla citata legge n. 133 del 2008 (tradottosi in una riduzione complessiva del personale pari a circa il 7 per cento), è stata diretta ad assicurare la disponibilità di risorse organiche idonee a consentire la stabilizzazione del personale precario o in posizione di part-time obbligatorio e la sanatoria delle posizioni soprannumerarie esistenti, con la contestuale riduzione delle posizioni economiche apicali (C3 e C2) ove era dato rilevare elevati contingenti di posti vacanti, e ciò al fine di non disperdere le risorse professionali già disponibili, in considerazione delle concrete esperienze acquisite dal personale che da tempo opera nell'amministrazione, il cui apporto risulta indispensabile per garantire l'attuale livello di funzionalità delle strutture giudiziarie.
Allo stesso tempo, nell'ambito della proposta, si è tenuto conto delle modifiche ordinamentali ed organizzative introdotte dal decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, proponendo un assetto organico ad esse corrispondente.
In data 15 dicembre 2008 il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra citato, che ha recepito integralmente i contenuti della proposta ministeriale, è stato firmato e successivamente perfezionato Pag. 4per effetto della registrazione alla Corte dei conti avvenuta il 26 gennaio 2009.
Con il decreto ministeriale 5 novembre 2009, registrato alla Corte dei conti il 29 gennaio 2010 e pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero il 15 marzo 2010 si è, quindi, provveduto ad adeguare le piante organiche dei singoli uffici dell'amministrazione giudiziaria alla complessiva ridotta disponibilità di risorse, riflettendo la percentuale di riduzione dei contingenti nazionali sulle diverse figure professionali e fasce retributive assegnate in organico alle singole strutture.
All'applicazione dei criteri generali sono state, peraltro, introdotte alcune deroghe in funzione di specifiche situazioni rilevate all'esito dell'indagine condotta in ordine ai fabbisogni delle singole strutture.
Per l'ufficio in questione si è ritenuto di non applicare la decurtazione proporzionale, mantenendo invariata la preesistente consistenza numerica complessiva, pur dovendosi necessariamente tener conto della differente articolazione dei contingenti nazionali nell'ambito delle diverse aree e fasce retributive, sopra sinteticamente rappresentata.
La mancata decurtazione dell'organico della sezione distaccata di Albenga, anche alla luce delle determinazioni assunte per gli omologhi uffici a livello nazionale, può senz'altro essere considerata alla stessa stregua di un aumento di organico e testimonia, in ogni caso, l'attenzione che l'amministrazione riserva alle esigenze funzionali di tale struttura.

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, per dichiararmi soddisfatto. Ringrazio l'onorevole sottosegretario per la risposta ampia, completa, che da tutti i punti di vista ci tranquillizza e dà atto di una comprensione adeguata della centralità del tribunale di Albenga per la riviera ligure.

(Dati ed iniziative in materia di recupero dei detenuti per reati a sfondo sessuale - n. 3-00814)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Peluffo n. 3-00814 concernente dati ed iniziative in materia di recupero dei detenuti per reati a sfondo sessuale (Vedi l'allegato A - Interpellanza e interrogazioni).

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in risposta all'onorevole Peluffo, sottolineo che il drammatico fenomeno della violenza nei confronti delle donne e dei minori è costantemente all'attenzione di tutte le amministrazioni competenti a risolvere le problematiche ad esse connesse e ciò ha consentito di fornire risposte sempre più adeguate per prevenire e reprimere le diverse forme in cui tale violenza si manifesta. Segnalo, in particolare, che negli ultimi anni il Ministero dell'interno ha assunto, in proposito, numerose iniziative: dalla creazione presso le squadre mobili di specifiche équipe per la trattazione dei casi di violenza sessuale e di abusi sessuali, alla costituzione degli «uffici minori» presso le questure, all'effettuazione di un costante monitoraggio sugli episodi di violenza contro le donne svolta dalla direzione centrale anticrimine della polizia di Stato. Desidero ricordare, inoltre, il protocollo d'intesa siglato tra il Ministro dell'interno e quello per le pari opportunità, allo scopo di rendere ancora più efficace l'azione di prevenzione e contrasto rispetto a tali delitti.
L'accordo, di durata triennale - stipulato anche in vista dell'adozione del Piano d'azione nazionale ad hoc sulla tematica - prevede, fra l'altro, lo sviluppo di iniziative volte ad ottimizzare il servizio telefonico di pubblica utilità antiviolenza «1522», esteso alla nuova fattispecie penale degli atti persecutori, con la realizzazione di un raccordo tra i call center e le forze di polizia, nonché la specifica formazione del Pag. 5personale di queste ultime per uniformare le linee di comportamento nel rapporto con le vittime di violenza. A tal fine, si è cercato di dare maggiore impulso alla formazione professionale degli operatori della Polizia di Stato, anche mediante l'attuazione di programmi di portata europea.
Tra questi, il progetto europeo «S.A.R.A. - Spousal Assault Risk Assessment», condotto in collaborazione con un'associazione onlus, nel cui ambito è stata realizzata una mirata attività di formazione per 200 operatori della Polizia di Stato, con il coinvolgimento di docenti specializzati in criminologia e psicologia forense e di magistrati con esperienze maturate nel settore. Particolare attenzione è stata rivolta agli aspetti «pratici» sotto forma di esercitazioni nelle tecniche di ascolto della vittima, in testimonianze simulate, nella valutazione del rischio e nella individuazione di strategie di protezione.
Sotto il profilo dell'azione di contrasto, il ruolo principale, per la Polizia di Stato, è svolto - come già accennato in premessa - dalle Squadre mobili delle Questure, che, da oltre un decennio, sono dotate di sezioni specializzate per lo svolgimento delle indagini riguardanti i reati perpetrati in danno di minori, le violenze sessuali, gli abusi ed i maltrattamenti in ambito familiare e, da ultimo, lo stalking. A tali sezioni viene assegnato personale qualificato, che ha svolto appositi percorsi formativi.
Ogni Ufficio di polizia, inoltre, deve riservare un apposito locale per la ricezione delle denunce e querele per tali delitti, che devono essere raccolte con l'utilizzo di tecniche ed impostazioni delle domande da porre ai soggetti passivi dei reati, tali da evitare loro il riacutizzarsi del trauma psicologico subito.
Per quanto riguarda il problema sollevato dall'onorevole interrogante in merito al recupero di soggetti condannati per reati a sfondo sessuale, si deve premettere che il Ministero della giustizia non dispone di capitoli di bilancio indirizzati in maniera distinta a finanziamenti specifici per singole attività a favore dei detenuti, bensì di un unico capitolo di bilancio destinato al trattamento inteso in senso lato. Si deve poi rilevare che per quanto concerne i programmi di recupero dei detenuti «sex offenders», un ruolo importante viene assunto dagli esperti ex articolo 80.
Ciò chiarito, voglio evidenziare che l'amministrazione penitenziaria è da tempo impegnata a risolvere le questioni connesse a tale problematica, tanto da aver promosso ed autorizzato, presso vari istituti penitenziari del Paese, attività di rieducazione e recupero di tale tipologia di detenuti, nella prospettiva di prevedere un loro rientro attivo e positivo nella vita sociale.
Inoltre, proprio per l'attenzione che il Ministero della giustizia presta al problema, è stato predisposto nel 2009, ed è ancora in fase di attuazione, un programma esecutivo d'azione, il n. 18/2009, dal titolo «Elaborazione di un modello di trattamento per sex offenders» con l'obiettivo di uniformare il trattamento per tutti i detenuti coinvolti. Da rilevazioni effettuate nei diversi penitenziari del Paese si è constatato, infatti, che esistono solo alcune sezioni dedicate ai sex offenders con programmi di recupero appositi, e che nella maggior parte degli istituti questa utenza vive in sezioni protette promiscue, spesso anche con transessuali.
Si è ritenuto pertanto necessario predisporre un progetto con l'obiettivo di studiare il problema al fine di individuare strutture dedicate ed un modello di trattamento comune, sulla falsariga del progetto avviato presso la casa di reclusione di Milano Bollate che, al suo terzo anno di esperienza, ha dimostrato una valenza altamente positiva anche in termini di riduzione della recidiva.

PRESIDENTE. L'onorevole Peluffo ha facoltà di replicare.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l'ampia risposta, che ha trattato diversi aspetti del contrasto ai reati di violenza sessuale. L'intento dell'interrogazione Pag. 6 in esame, come da ultimo ha ricordato nella sua risposta il sottosegretario, era quello di indicare un'esperienza, quella del carcere di Milano Bollate, che appunto non prevede la presenza di sex offenders in reparti separati, ma un vero e proprio progetto di trattamento e presa in carico in maniera intensificata e sezione attenuata.
Ricordo che tale progetto è una sperimentazione pianificata e gestita da professionisti del privato sociale, è iniziata nel settembre del 2005 ed è sostenuta economicamente da un finanziamento integrato della provincia di Milano e della regione Lombardia.
Dopo quattro anni di attività è utile ricordare questi dati: le persone assistite sono state 155 - quelle seguite all'interno del carcere sono 60 mentre quelle seguite nei centri all'esterno sono 95 - e di queste solo tre hanno commesso nuovi reati sessuali.
Tali dati indicano un abbattimento della recidiva di reati di questo tipo e credo che questo debba essere l'obiettivo da perseguire: non soltanto che tali soggetti scontino la pena e il loro debito nei confronti della società ma che, una volta ritornati nella società, non reiterino il reato per cui sono stati oggetto di pene detentive.
Da questo punto di vista credo sia importante l'attenzione che ha dimostrato il sottosegretario, progetti di questo tipo hanno bisogno di un sostegno economico. Nella fattispecie vi è un concorso degli enti locali. Per prevederlo negli altri carceri, o si realizza una pari partecipazione degli enti locali di riferimento e delle altre case di reclusione oppure dovrebbe essere previsto un finanziamento specifico. Per queste ragioni mi dichiaro parzialmente soddisfatto.

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza Castagnetti n. 2-00630. Tuttavia, non essendo presente il sottosegretario Mantica, sospendo brevemente la seduta, che riprenderà al momento dell'arrivo del sottosegretario.

La seduta, sospesa alle 9,55 è ripresa alle 10.

PRESIDENTE. Sottosegretario Mantica, lei è sempre così puntuale e preciso e così rispettoso del Parlamento, ma «talvolta dormicchia anche il buon Omero», dicevano gli antichi. Nella tradizione popolare italiana si dice «talvolta sbaglia anche il prete a dir messa».

(Iniziative diplomatiche in relazione alla campagna di violenza e terrore in atto nei confronti della popolazione cristiana di Mosul (Iraq) - n. 2-00630)

PRESIDENTE. L'onorevole Castagnetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00630, concernente iniziative diplomatiche in relazione alla campagna di violenza e terrore in atto nei confronti della popolazione cristiana di Mosul (Iraq) (Vedi l'allegato A - Interpellanza e interrogazioni).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica, ha facoltà di rispondere.

ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, chiedo scusa per il minuto di ritardo, ma nonostante la sirena il traffico di Roma non mi ha consentito di essere puntuale.
Passo ora alla risposta all'interpellanza dell'onorevole Castagnetti, relativa ad un fatto che, devo dire, drammaticamente ha avuto ancora conferma in un altro episodio avvenuto in queste ultime ore.
Gli attentati e le violenze dello scorso febbraio in Iraq, alle quali l'interpellanza fa riferimento, hanno riacceso il dibattito che è in corso nella comunità internazionale sulla condizione di vulnerabilità in cui versa la minoranza cristiana in Iraq, in particolare in un'area molto specifica che Pag. 7è quella proprio di Mosul. Una parte di tali attentati è chiaramente attribuibile ad Al-Qaeda, o comunque al fanatismo estremista salafita. Ma tra i fattori che li rendono possibili, vi è senz'altro il complesso equilibrio etnico dell'area, contesa fra arabi e curdi.
In base all'ultimo rapporto distribuito dall'ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), le famiglie sfollate da Mosul sarebbero al momento 866, circa 5.200 persone. Le stesse Nazioni Unite, impegnate insieme ad alcune ONG a garantire il necessario sostegno umanitario, non sono ad oggi in condizione di definire con esattezza le condizioni di sicurezza in cui versano quelle rimaste a Mosul.
Nell'immediatezza degli eventi dello scorso febbraio, il portavoce del Governo iracheno Ali Al-Dabbagh è intervenuto pubblicamente sull'accaduto, sottolineando come la regione di Mosul rappresenti un'area in cui forti sono i contrasti fra le forze politiche espressione di diversi gruppi etnici e religiosi, con un'attiva presenza di estremisti arabo-sunniti.
Al-Dabbagh ha definito il fenomeno delle gravi e ricorrenti violenze nei confronti dei cristiani «una minaccia nei confronti del Paese e dello Stato iracheno», aggiungendo che il Primo Ministro Al Maliki (allora in carica a pieno titolo, mentre ricordo che attualmente il Governo prosegue il suo lavoro per la sola ordinaria amministrazione, in attesa della designazione di un nuovo Primo Ministro) ha disposto la creazione di una struttura «volta a monitorare la situazione e fornire maggiore sicurezza ai cristiani, ai loro beni e alle loro istituzioni religiose».
Questa presa di posizione del Governo iracheno è seguita alle dichiarazioni con cui il Papa ha chiesto «rispetto» e «tutela» dei diritti della comunità cristiana in Iraq, e alla recente pubblicazione su L'Osservatore Romano della lettera inviata lo scorso 2 gennaio dal Cardinale Bertone al Primo Ministro Al Maliki, nella quale si esortava al «rispetto in Iraq della libertà di culto» e alla «tutela dei cristiani e delle loro chiese». Si tratta di due passi di cui le autorità irachene sembrano, dunque, aver concretamente preso buona nota.
Dopo l'annuncio del Primo Ministro Al Maliki di voler creare una struttura dedicata alla sicurezza dei cristiani presenti nel Paese, il governatorato di Niniveh ha comunicato l'istituzione di un comitato il cui compito sarà organizzare gli aiuti umanitari agli sfollati all'interno della provincia.
In questo quadro certamente non semplice, va comunque registrato l'annuncio da parte dell'amministrazione provinciale di Niniveh che oltre 50 famiglie cristiane avrebbero da poco fatto ritorno a Mosul.
Malgrado l'impossibilità di stimarne con precisione l'entità, la partecipazione dei cristiani al voto dello scorso 7 marzo indica che buona parte dei cristiani ha preferito votare non per le apposite liste che concorrono per i cinque seggi a loro riservati e comunque assicurati, ma per uno dei principali blocchi nazionali, in particolare per la lista Iraqiya di Allawi, uscita di misura vincente sulla base dei risultati, peraltro ancora non definitivi.
Grazie alla sua caratterizzazione laica e nazionalista, Iraqiya avrebbe attratto anche il voto dei turcomanni, che in essa avrebbero identificato il mezzo più efficace per contrastare le mire curde nelle aree contese.
Da parte irachena, anche a livello locale, si stanno, dunque, facendo sforzi apprezzabili per cercare di ricondurre la grave situazione dei cristiani in Iraq alla normalità, in particolare tenuto conto del contesto generale di un Paese impegnato in un difficile processo di stabilizzazione.
Il Governo italiano è impegnato, e continuerà in tal senso, nella sua opera di attento monitoraggio, sia sul piano bilaterale, dove abbiamo più volte sottolineato alla controparte irachena la gravità e l'urgenza della questione, sia sul piano multilaterale, in particolare con l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). Il nostro convinto sostegno alle autorità irachene sul piano del capacity building, attraverso l'addestramento della polizia federale da parte Pag. 8dei nostri carabinieri, è improntato all'attenzione e al rispetto dei diritti degli individui e delle minoranze.
Su un piano più generale, vorrei ricordare come la difesa della libertà religiosa e di culto, e la tutela degli appartenenti alle minoranze religiose, in particolare quelle cristiane, ovunque nel mondo, costituiscano una delle priorità della politica estera italiana dei diritti umani.
Permettetemi di aggiungere un'osservazione a nome del Governo: le comunità cristiane sono oggetto di persecuzione non solo in Iraq, ma in molti Paesi, tra cui ricordo l'India. Tali comunità sono perseguitate perché sono l'espressione di una cultura di convivenza, di superamento dei conflitti etnici e rappresentano una realtà sociale che media fra le diverse realtà etniche. Il voto che abbiamo in questa sede segnalato, e che pare espresso dalle comunità cristiane di Mosul durante le recenti elezioni del 7 marzo, è la riprova di una scelta politica precisa e di un modo di vivere e di convivere segnato dall'appartenenza alla comunità cristiana.
Recentemente, prendendo spunto dagli attacchi contro le minoranze religiose, l'Italia ha sollevato più volte il tema della difesa della libertà di religione e della tutela delle minoranze religiose nell'ambito dell'Unione europea. Questo impulso ha consentito di pervenire all'adozione, il 16 novembre 2009, di conclusioni ad hoc sulla libertà di religione da parte del Consiglio affari generali e relazioni esterne. Con questo testo, i Ministri degli affari esteri dei 27 Stati membri hanno riaffermato il loro forte impegno per la promozione e la protezione del diritto alla libertà di religione e di credo, e si sono dichiarati allarmati per le notizie di frequenti e crescenti atti di estrema violenza contro persone appartenenti a minoranze religiose.
Il Consiglio ha previsto anche l'avvio di un esercizio interno di valutazione degli strumenti a disposizione dell'Unione europea per contrastare l'intolleranza religiosa.
Ad ulteriore riprova dell'impegno del nostro Governo nella difesa del diritto alla libertà religiosa, merita altresì menzione l'azione intrapresa dall'Italia, insieme ai partner dell'Unione europea, in ambito Nazioni Unite, con la presentazione della risoluzione sull'intolleranza religiosa, approvata in occasione della scorsa sessantaquattresima Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Si tratta di un documento di grande importanza politica, dato che affronta il problema dell'intolleranza religiosa in maniera organica. Soprattutto, l'Unione europea è riuscita nell'obiettivo di rappresentare le diverse sensibilità della membership in un testo condiviso, che, infatti, è stato approvato dall'Assemblea generale per consenso. L'Unione europea dovrebbe presentare la risoluzione anche alla prossima sessione dell'Assemblea generale dell'ONU che si svolgerà a settembre.

PRESIDENTE. L'onorevole Castagnetti ha facoltà di replicare.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, apprezzo sempre lo stile e l'impegno con cui lei risponde ai nostri atti di sindacato ispettivo. Mi consenta di dire, però, che non mi pare sufficiente quello che il Governo ha fatto, o sta facendo, sulla questione dell'aggressione dei cristiani in Iraq e, in particolare, nella provincia di Mosul.
Mi pare che, da questo punto di vista, le sue parole siano troppo formali e troppo lontane dalle possibilità che il Governo ha di intervenire ulteriormente. Mi rendo conto che, in Iraq, siamo in una fase di passaggio da un Governo ad un altro (che non si è ancora insediato), eppure quello che sta accadendo è di una gravità estrema e, quindi, è necessario che il Governo italiano, assieme all'Unione europea, si ponga l'obiettivo di intervenire con maggiore efficacia.
Lei oggi ci ha detto che da Mosul, secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sono già partiti cinquemila cristiani, 800 famiglie.
Io ho un altro dato che è addirittura doppio, stando sempre all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Pag. 9secondo cui da Mosul sarebbero partite 1.560 famiglie, pari a 9.360 persone. Oggi i cristiani sono assolutamente perseguitati in quella zona e si ha l'impressione - e mi riferisco all'episodio che mi aveva suggerito questa interpellanza - che si voglia confinare la comunità dei cristiani in una città che appartiene alla storia del cristianesimo.
Stiamo parlando di un Paese nel quale vi sono le radici fondative del cristianesimo e, quindi, non stiamo parlando semplicemente di una minoranza religiosa. È vero che in Iraq il cristianesimo è minoranza, ma stiamo parlando, appunto, di luoghi che evocano le radici del cristianesimo.
Per questo credo che la comunità internazionale non possa non porsi il problema di quello che sta accadendo e quello che sta accadendo è esattamente un disegno lucido che nei mesi passati è stato perseguito da più parti - si condivide questo giudizio - con la complicità del Governo di Al Maliki che non vedeva male, probabilmente, il confinamento dei cristiani nella piana di Niniveh, la loro riduzione e, quindi, la sollecitazione alla loro uscita dal Paese, mentre quelli che rimanevano dovevano essere confinati in una zona molto ristretta. Non è possibile accettare questo da parte della comunità internazionale.
Inoltre - lei ne ha fatto breve cenno ma devo soffermarmi sull'argomento - siamo all'indomani di un altro episodio drammatico, di cui la stampa nazionale non parla, ad eccezione di Avvenire che giustamente oggi richiama ciò che è accaduto in questi giorni. Domenica scorsa è avvenuto un altro attentato, con quattro morti e circa 171 feriti, tre dei quali gravissimi. Questo è il tragico bilancio dell'attentato compiuto il 2 maggio contro due pullman di studenti che da Qaraqosh si dirigevano all'università di Mosul.
Questo episodio ha determinato una serie di ulteriori allarmi come minimo, perché un attentato di questo genere non può non far crescere la tensione. L'agenzia Fides ha interpellato padre Bashar Warda, il quale ha affermato che si è trattato di un attacco «brutale e senza precedenti». Ed ha aggiunto: «Siamo scioccati in quanto le vittime non erano soldati o militanti, ma solo studenti che portavano con sé i libri, le penne e i loro sogni di crescere e servire il proprio Paese. I cristiani restano nel mirino e sono le vittime privilegiate della violenza».
Potremmo continuare con altre testimonianze raccolte dall'agenzia Fides, ma vorrei soffermarmi su una dichiarazione dell'arcivescovo di Mosul, il quale cerca di replicare all'atteggiamento del Governo.
Signor sottosegretario, stando a quello che si legge stamattina in un editoriale di Avvenire, nessuna autorità governativa irachena ha espresso una parola di solidarietà nei confronti della comunità cristiana. Può accadere che vi sia un attentato di queste dimensioni e che non vi sia una voce del Governo ad esprimere deplorazione. Tuttavia, quello che non è meno grave è che anche la comunità internazionale non si è espressa su ciò che è accaduto tre giorni fa. Nessuno ha ritenuto di dovere intervenire e di esprimere una parola di condanna, di solidarietà e di deplorazione. Questo non è possibile.
Normalmente la risposta che fornisce l'autorità governativa irachena è che i cristiani sono come gli altri iracheni, nel senso che sono vittime di questo clima di violenza e, quindi, non possono lamentarsi più di tanto. Ma le minoranze cristiane, osserva ancora padre Bashar di cui ho appena parlato, sono le vittime più facili da colpire, gli innocenti che non prendono parte alle lotte o ai conflitti intestini, che non portano armi. Nelle loro difficili condizioni i cristiani hanno reagito pregando per la sicurezza e per la stabilità dell'Iraq e per la riconciliazione.
Ci sono attentati fra sciiti, sunniti e curdi, che sono parti in lotta. I cristiani non sono, invece, parti in lotta. Non hanno fucili neppure per difendersi e, quindi, non c'è ragione che siano oggetto di attentati. E poi non si può dire che siano vittime come gli altri cittadini iracheni se è vero che vanno nelle case a cercarli, come risulta da tante notizie che si sono Pag. 10avute attorno a questi attentati. Ho in mente l'intervista ad un altro sacerdote, padre Mazen, apparsa recentemente sul Corriere della Sera, che descrive come hanno distrutto la sua famiglia, i genitori e due fratelli. Vanno nelle case, chiedono la carta di identità, chiedono se sono cristiani e poi li ammazzano, li uccidono solo perché sono cristiani, li vanno a stanare a casa.
Siamo di fronte ad una persecuzione di una durezza inaudita. Non è possibile il silenzio della comunità internazionale. Giustamente il vescovo Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico di Mosul, ha chiesto l'intervento delle Nazioni Unite. Pertanto, mi attendo che anche il Governo italiano, che giustamente si è pronunciato in passato per le radici giudaico-cristiane dell'Europa, intervenga. Il Governo, invece, non sente che le radici cristiane sono lì, e di fronte ad una violenza così inaudita non sente la responsabilità di una iniziativa che è nelle sue possibilità.
Certo che valgono i documenti che avete promosso in sede comunitaria o in sede delle Nazioni Unite, figuriamoci se io sottovaluto questo dato, ma quali altre azioni diplomatiche il Governo intende intraprendere?
La stampa ha dato notizia recentemente di una iniziativa del Ministro degli affari esteri italiano Frattini che ha annunciato l'elaborazione di un protocollo operativo destinato alle rappresentanze diplomatiche nei cosiddetti Paesi a rischio per tenere sotto controllo gli episodi di discriminazione religiosa. Che ne è di questo protocollo che sarebbe stato predisposto dalla Farnesina (non so neanche se rispetto a questo impegno, a questa promessa, ci sia stato un seguito)? Che ne è di questo protocollo? Quali istruzioni vengono date alle nostre ambasciate per monitorare la situazione?
Stiamo parlando di una realtà in cui l'Italia intrattiene con il nuovo Iraq dei rapporti commerciali piuttosto importanti. Il Governo si fa vanto della possibilità di intervento in quell'area; c'è la possibilità, quindi, per il Governo, che tratta interventi per le nostre imprese, di condizionare questi interventi anche ad un'iniziativa del Governo locale contro questa strage di cristiani. I nostri rapporti commerciali? I nostri aiuti? Che aiuti stiamo dando a questi cristiani che sono, loro malgrado, esuli e devono lasciare le loro case, i loro beni, e sono in balia di ogni altro rischio? Nessuno si occupa di loro.
Abbiamo lì anche una presenza, i carabinieri, stiamo collaborando con le autorità irachene, stiamo istruendo la polizia locale, abbiamo la possibilità di influire, di chiedere conto, di insistere con efficacia e con sistematicità.
Ho l'impressione che il Governo italiano abbia preso alla leggera questa vicenda, tant'è che ho presentato in passato diverse interrogazioni, diverse interpellanze, e questa è la prima volta che mi si risponde - sono grato a lei sottosegretario Mantica - però ho avuto la conferma dalle sue parole che non è stato fatto niente di veramente efficace.
L'Italia sta intrattenendo importanti relazioni in sede internazionale - penso al ruolo spesso anche da protagonista nel G8, nel G20, in sede comunitaria, nei rapporti con la Russia, nei rapporti con gli Stati Uniti - e se ci fosse la consapevolezza che la situazione merita un intervento, evidentemente le iniziative sarebbero state altre. Perché l'Italia, che in genere è sempre guidata anche nelle relazioni internazionali da un certo tasso di fantasia, non propone alle Nazioni Unite la promozione di una conferenza sulla libertà religiosa in Medio Oriente e in Oriente e si offre come Paese ospitante di una iniziativa di questo genere?
Infatti, quello che sta avvenendo lì è la metafora della condizione della libertà religiosa in tutto l'Oriente. Voglio citare ancora l'editoriale di Avvenire di questa mattina: «Non si ripeterà mai troppe volte che un Iraq liberato dalla dittatura, ma privo di una delle sue componenti religiose e sociali più antiche, testimonierebbe la sconfitta di un progetto democratico che doveva estendere la sua influenza anche ai Paesi vicini.» - la sconfitta, lo ripeto - «Al contrario, il contagio di una pulizia confessionale implicitamente accettata potrà Pag. 11diffondersi pure oltreconfine in una regione dove gli estremismi non sono certo sopiti».
Il Governo, che non ha esitato ad intervenire direttamente militarmente al fianco dell'iniziativa degli Stati Uniti e della Gran Bretagna a suo tempo, si deve rendere conto che ha un qualche credito. Allora non ho condiviso questo intervento e continuo a considerarlo ingiustificato dalla condizione, che io certo non difendo, tirannica e dittatoriale in cui in cui si trovava quel Paese al tempo di Saddam Hussein. Però sta accadendo quello che io e tanti altri (conta poco quello che pensavo) temevamo: gli equilibri dell'intero Medio Oriente sarebbero stati ulteriormente sconquassati, ed è quello che è accaduto. Soprattutto ricordo gli appelli dei vescovi cristiani iracheni (raccolti in diverse iniziative e pronunciamenti fortissimi di Giovanni Paolo II) che mettevano in luce il rischio che i cristiani presenti in Iraq venissero loro malgrado identificati con l'Occidente e che, quindi, si scatenassero su di loro il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta che invece era destinata ai Paesi occupanti dell'Occidente. I cristiani che stanno lì hanno solo il torto di essere nati in quel luogo, non hanno nessun tipo di responsabilità, e ci avevano allertato e informato di questo rischio concreto.
Anche per questo c'è una responsabilità morale in primo luogo sicuramente degli Stati Uniti, ma, in particolare, anche dei Paesi che hanno partecipato a questa iniziativa militare. Vorrei, insomma, che da parte del Governo italiano ci fosse questa consapevolezza, perché abbiamo tutti gli interessi (immagino che anche il nostro Governo ne sia consapevole), che non si estenda ulteriormente il fondamentalismo religioso e che non nasca nessuna tentazione, anche da parte dei cristiani, di immettere in quel teatro - che continua ad essere non più di guerra formale dichiarata, ma ancora di grande violenza agita - a loro volta altro fondamentalismo che risponde a quello degli altri.
Non è possibile che non si capisca la gravità di quello che sta avvenendo. Non è che i cristiani evocano atteggiamenti vittimistici. In effetti, c'è una cristianofobia che è agita in varie parti del mondo con una violenza che è inquietante. Ecco perché credo che una conferenza sulla libertà religiosa in questi Paesi, promossa dalle Nazioni Unite e ospitata dal nostro Paese, avrebbe un grande significato. Purtroppo si sta estendendo anche nei Paesi arabi dell'Africa, del nord Africa e del Maghreb. René Guitton nel suo libro Cristianofobia cita un documento raccapricciante: «Munitevi di chiodi sufficientemente grossi e rugginosi, di un martello, di corone di spine e crocifiggete tutto ciò che non si adegua al buon senso. All'attacco dei seguaci del falegname con la barba! Dagli ai fan del bue e dell'asinello! Morte ai preti e ai pastori! In Algeria il cristianesimo non passerà (...)».
Questo proclama, dalle intenzioni omicide, è dell'editorialista Hakim Laâlam ed è stato pubblicato il 2 febbraio del 2008 sulle pagine di un quotidiano francofono progressista, Le Soir d'Algerie. Ho fatto questa citazione ripresa da questo libro semplicemente per dire che questo clima si sta diffondendo. Io sono molto preoccupato, perché è vero che il cristianesimo in questi Paesi è minoranza, ma proprio perché è minoranza deve essere tutelato: la libertà religiosa si evoca nei confronti delle minoranze.
Allora anche i cristiani sono minoranza nel mondo, in particolare in quelle zone, e hanno diritto di essere tutelati dalla comunità internazionale, in particolare in una situazione in cui il Governo uscente, e anche quello entrante, è tanto debitore rispetto all'intervento della comunità internazionale, al punto da non potersi sottrarre al dovere di ascoltarla. La comunità internazionale però deve agire con iniziative concrete, non deve solo fare degli affari. In Iraq il Governo italiano non deve essere preoccupato solo di promuovere affari per le imprese del nostro Paese, ma deve promuovere la libertà religiosa e condizionare ogni aiuto e ogni intervento, anche quello dei nostri carabinieri, all'impegno Pag. 12concreto del Governo centrale di Baghdad (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative a favore delle popolazioni eritree afflitte da gravi carenze alimentari - n. 3-00877)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Mannino n. 3-00877, concernente iniziative a favore delle popolazioni eritree afflitte da gravi carenze alimentari (Vedi l'allegato A - Interpellanza e interrogazioni).

ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, la questione eritrea è posta nell'interrogazione solo sotto l'aspetto della grave crisi alimentare che affligge questo Paese. Risponderò per questo aspetto specifico dell'interrogazione dell'onorevole Mannino, mi auguro che un giorno in Parlamento si possa affrontare il tema del perché c'è questa situazione di crisi alimentare che non è dovuta soltanto a fenomeni meteorologici o ambientali. Vi è una situazione politica ben definita, vi è una scelta prioritaria da parte di quel Governo per il quale certamente la crisi alimentare della propria popolazione non è prioritaria; vi è una situazione di rapporti politici tra l'Eritrea e la comunità internazionale estremamente difficile, vi è una posizione dell'Eritrea nel Corno d'Africa e nel Sudan che è contraria agli sforzi attualmente in corso per cercare di contenere e far cessare il conflitto somalo o le tensioni nel Darfur e nel sud del Sudan.
In questa cornice ha senso la risposta che mi accingo a dare, perché questa affronta solo la crisi alimentare. Noi abbiamo risposto ad una richiesta avanzata dal Ministro degli affari esteri eritreo, Saleh, con lettera indirizzata al Ministro Frattini in data 8 dicembre 2009. Nello stesso mese di dicembre, attraverso l'ufficio emergenze e cooperazione, abbiamo stanziato un contributo di 530 mila euro a favore dell'UNICEF destinato in quanto tale a finanziare il programma denominato Blanket Supplementary Feeding. Obiettivi del programma sono: fornire assistenza alimentare d'emergenza, ridurre la condizione di grave malnutrizione, alleviare il rischio di mortalità, frenare lo sviluppo di epidemie. Tale programma è gestito dall'UNICEF d'intesa con la Organizzazione mondiale della sanità e il Ministro della salute eritreo e prevede la distribuzione per sei mesi di cereali ricchi di vitamine e di minerali a beneficio di oltre centomila bambini di età compresa tra i sei mesi e i cinque anni residenti nelle regioni di Anseba, Gash Barka e del Mar Rosso meridionale. L'operazione è ancora in corso e al momento non si segnalano difficoltà nella sua realizzazione.
Nonostante ciò, le gravi criticità di approvvigionamento alimentare continuano a persistere nel Paese.
Attraverso la cooperazione manteniamo aperto il dialogo con le autorità di Asmara al fine di individuare modalità di intervento adeguate per far fronte all'emergenza in atto nel Paese. Una delegazione eritrea a livello tecnico è stata ricevuta a Roma dal 19 al 21 aprile al fine di discutere possibili ulteriori forme di aiuto alla popolazione eritrea.
Voglio ricordare che in Eritrea operano solo le ONG che il Governo decide che possono operare, le altre sono state tutte espulse dall'Eritrea, e questo, ovviamente, è anche uno dei limiti con i quali si svolge questa azione ad altissimo contenuto umanitario.
La cooperazione italiana sta altresì valutando la possibilità di fornire un ulteriore sostegno alla popolazione colpita dalla crisi alimentare attraverso il finanziamento di un programma d'assistenza alimentare d'emergenza, ancora più vasto di quello attualmente in corso, che la stessa UNICEF intende condurre nel Paese e che è volto ad interessare non più alcune regioni dell'Eritrea, ma la totalità del territorio eritreo, quindi estendendo notevolmente il numero dei bambini e delle persone assistite. Questa è la situazione di Pag. 13un Paese che ha 3 milioni di abitanti e la metà di questa popolazione vive con meno di un dollaro al giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Mannino ha facoltà di replicare.

CALOGERO MANNINO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta esauriente che ella ha voluto fornire in Aula stamane. Il problema, come ella ha sottolineato, è assolutamente delicato e complesso. La situazione politica dell'Eritrea va tenuta distinta dall'opportunità che l'Italia, in modo particolare facendosi carico soltanto delle sue responsabilità umane e morali non anche di quelle storiche e politiche, tenti di aiutare le popolazioni eritree.
Le opportune distinzioni che ella ha introdotto tra la cornice politica e la realtà del Paese mi sono abbastanza note, perciò condivido i criteri con i quali si sta muovendo il Governo italiano: aiutare la popolazione senza entrare in conflitto con il Governo eritreo, che di per sé rappresenta un problema politico nell'ambito della situazione del Corno d'Africa.
Tutte le forme di iniziativa possibile vanno aiutate; ho degli amici medici, romani e siciliani, che in passato, attraverso un'organizzazione di volontari, hanno potuto portare un contributo addirittura in termini di riorganizzazione dell'ospedale civile di Asmara, e che adesso hanno visto preclusa la continuità di questo apporto, di questo contributo. Tuttavia, essendo i canali soltanto quelli obbligatori, e considerato che non mi pare che l'UNICEF abbia molte alternative, sarebbe auspicabile tentare, attraverso l'UNICEF, di organizzare, in modo più puntuale e più forte l'iniziativa, che chiamerei proprio così, di solidarietà umana alle popolazioni.
Condivido anche l'opportunità che tale iniziativa venga estesa alla totalità del territorio del Paese, perché è vero che vi sono alcune regioni, che anzi chiamerei più propriamente province, particolarmente afflitte (soprattutto quelle sul confine con l'Etiopia) ma si tratta di una situazione endemica di tutta l'Eritrea. Ciò nella speranza che la situazione politica internazionale, la situazione politica dell'Africa, permetta un giorno di avere un Governo con il quale poter collaborare più fattivamente a quella ripresa della vita civile ed economica che ha caratterizzato l'Eritrea non soltanto nella stagione coloniale, ma anche in qualche fase temporale successiva.

(Problematiche inerenti ad una gara di appalto promossa dal Governo della Repubblica d'Albania e finanziata dal Governo italiano concernente il miglioramento dell'acquedotto di Tirana - n. 3-00936)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare allo svolgimento dell'interrogazione Ciccioli n. 3-00936.
Constato l'assenza dell'onorevole Ciccioli: si intende che vi abbia rinunziato.
È così esaurito lo svolgimento della interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali.

La seduta, sospesa alle 10,35, è ripresa alle 15,15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Bruno, Caparini, Gregorio Fontana, Franceschini, Lusetti e Vitali sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta Pag. 14dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori (A.C. 3350-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori.
Ricordo che nella seduta del 3 maggio 2010 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore per la VI Commissione e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 3350-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 3350-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 3350-A).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 3350-A).
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, in quanto non strettamente attinenti alla materia del decreto-legge e già dichiarate inammissibili in sede referente: Di Biagio 1.19, volto ad estendere l'operatività dei centri di assistenza fiscale anche ai dipendenti pubblici non residenti nell'ambito dello Stato; Di Biagio 1.02, recante proroga al 2011 dell'applicabilità delle detrazioni per carichi di famiglia in favore di soggetti non residenti; Barbato 2.31, che prevede che l'Agenzia delle entrate attinga alle graduatorie regionali dei candidati dichiarati idonei in uno specifico concorso, Vignali 2.50, recante disposizioni in materia di proroga e assegnazione delle concessioni idroelettriche, nonché di definizione dei canoni concessori; Di Pietro 2.304, Barbato 2.303 e Borghesi 3.304, volti a destinare risorse al settore bieticolo-saccarifero, concernenti materia analoga a proposte emendative già dichiarate inammissibili in sede referente; Pelino 2.73, volto ad escludere dalle materie per le quali è obbligatorio il preventivo esperimento del procedimento di mediazione il risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti; Codurelli 2.320, concernente la disciplina relativa agli obblighi di verifica della clientela a fini antiriciclaggio presso la casa da gioco di Campione d'Italia: tale proposta emendativa riproduce il contenuto dell'emendamento Codurelli 1.29, già dichiarato inammissibile in sede referente; Pelino 2.02, che modifica disposizioni del codice delle assicurazioni relative alla disciplina dell'indennizzo diretto, alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale in materia; Di Biagio 2.04, che estende l'esenzione ICI sulla prima casa anche all'abitazione non locata di proprietà dei cittadini italiani iscritti all'AIRE; Sposetti 4.175, volto ad individuare la definizione di investimenti ai fini fiscali; Pag. 15Zazzera 4.300, Raisi 4.310, Brugger 4.304, Di Biagio 4.0300 e Narducci 4.0301, che modificano la disciplina sui contributi all'editoria: tali proposte emendative riproducono il contenuto di emendamenti già dichiarati inammissibili in sede referente; Pelino 4.60 recante norme sul personale dell'Ente tabacchi italiano; Germanà 5.300, concernente l'autorizzazione per la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili: tale proposta emendativa riproduce il contenuto dell'emendamento Allasia 4.98, già dichiarato inammissibile in sede referente; Milanato 5.0300, in materia di proroghe in materia di concessioni autostradali: tale proposta emendativa riproduce il contenuto dell'articolo aggiuntivo Abrignani 5.025, già dichiarato inammissibile in sede referente; Cambursano 5-bis.300 che prevede la possibilità che la Cassa depositi e prestiti conceda incentivi a tassi agevolati finalizzati alla realizzazione di progetti di sviluppo di reti di telecomunicazioni a banda larga, tale proposta emendativa riproduce il contenuto dell'emendamento Cambursano 4.21, già dichiarato inammissibile in sede referente.
La Presidenza non ritiene altresì ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1 e 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti ulteriori proposte emendative, in quanto non strettamente attinenti alla materia del decreto-legge e non previamente presentate nelle Commissioni: Bernardo 1.301, recante disposizioni in materia di imposte sul reddito delle società, IVA e imposte di registro, ipotecarie e catastali, con riferimento agli enti pubblici e privati di previdenza obbligatoria; Del Tenno 1.300, recante esenzioni in materia di dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività; Girlanda 2.314, volto ad esentare dall'obbligo di emissione della certificazione fiscale la vendita dei prodotti postali; Strizzolo 3.300 e 3.301, limitatamente al capoverso 1-ter, recanti disposizioni in materia di procedimento innanzi al giudice tributario; Di Biagio 3.0300, volto alla definizione delle modalità di estinzione dei debiti relativi a ruoli pregressi; Torazzi 3.0301, concernente le commissioni conseguenti ai pagamenti effettuati con carta di credito; Armosino 4.215, in materia di misure di sostegno al consorzio del brachetto d'Acqui e dei Colli Tortonesi; Raisi 4.216, volto ad istituire e disciplinare il Fondo per il finanziamento del servizio di gestione della toponomastica nazionale; Raisi 4.316 e 4.317, volti ad estendere anche agli anni 2009 e 2010 i contributi alle imprese radiofoniche di informazione di cui all'articolo 11 della legge n. 67 del 1987; Mantini 4.0302, recante disposizioni in materia di esercizio dell'attività di commercio all'ingrosso. Bernardo 5.0301, recante disposizioni per la realizzazione di pontili galleggianti.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A -A.C. 3350-A). In particolare, il parere della Commissione bilancio reca alcune condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, che saranno poste in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Ricordo, inoltre, che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 1.500, 2.500, 3.500 e 4.500.
Avverto che, prima della seduta, è stato ritirato dal presentatore l'emendamento Comaroli 4.106.
Avverto, infine, che sono in distribuzione le versioni corrette dell'emendamento Sanga 4.186 e dell'articolo aggiuntivo Sanga 4.027.
Comunico che il Governo, con lettera in data odierna, ha presentato l'emendamento Dis. 1.1, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali e di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori, preannunciando l'intenzione di porvi la questione di fiducia.
La Presidenza ne effettuerà il vaglio di ammissibilità, trasmettendolo quindi alle Pag. 16Commissioni bilancio e affari costituzionali ai fini dei pareri di competenza, nonché alle Commissioni finanze e attività produttive, affinché possano prenderne visione.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, mi dispiace: prima che lei entrasse, ho rappresentato agli uffici e alla segreteria generale la necessità di intervenire per richiamo al Regolamento e sull'ordine dei lavori prima che ella procedesse alla lettura di quanto adesso ha fatto, preannunziando anche la notizia della presentazione da parte del Governo di un emendamento interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, sul quale probabilmente il Governo porrà la questione di fiducia.
Avevo chiesto di intervenire in precedenza. Il collega mi deve scusare: non sto entrando nel merito del preannunzio della fiducia, ma sto facendo una questione di percorso. Non credo che si possa procedere, senza che le Commissioni di merito, la VI e la X, abbiano potuto prendere visione di quanto è stato licenziato poco fa dalla Commissione bilancio, che si traduce in emendamenti a norma dell'articolo 86, comma 4-bis, e nel quale si afferma che le Commissioni di merito, sostanzialmente, si dovrebbero pronunciare relativamente agli orientamenti assunti dalla Commissione bilancio. Ciò anche perché, ove questi orientamenti ponessero condizioni, a norma dell'articolo 81 della Costituzione, le Commissioni di merito dovrebbero dichiarare di uniformarsi agli orientamenti della Commissione bilancio; diversamente, dovrebbero essere poste in votazione le condizioni della Commissione Bilancio, non solo de facto, ma anche de iure, e dovrebbero essere sottoposte all'attenzione della Camera, della Presidenza e delle Commissioni, oltre che del Comitato dei diciotto.
Quindi, dal punto di vista della procedura, le sto chiedendo di verificare un'opportunità, prima ancora di entrare nel merito di ciò che comporterebbe il preannuncio della presentazione di un emendamento del Governo interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge, su cui il Governo potrebbe porre la questione di fiducia.
Le sottopongo il fatto che proceduralmente si deve concludere la riunione delle Commissioni di merito, le quali, peraltro, dovrebbero, diciamo così, assumere un orientamento del quale, anche il Governo - non solo per bon ton, ma anche per prassi parlamentare e per Regolamento - dovrebbe prendere atto.
Infatti, le Commissioni di merito e la Commissione bilancio hanno concluso i loro lavori, licenziando un testo sul quale eventualmente il Governo potrebbe decidere di porre la questione di fiducia. Addirittura la Presidenza della Camera, nella pienezza dei suoi poteri potrebbe usare, diciamo così, una moral suasion, per convincere il Governo che, ove intendesse porre la questione di fiducia, lo potrebbe fare sul testo della Commissione che ha concluso i suoi lavori. Quindi, le Commissioni devono prendere atto sicuramente delle condizioni poste dalla Commissione bilancio e concludere così l'iter. Poi, eventualmente, in quest'Aula si potrebbe affrontare la questione che riguarda la posizione della questione di fiducia.
Dico questo, signor Presidente anche perché, prima ancora che ella leggesse il testo che qui ci ha sottoposto, relativamente agli intendimenti del Governo, il presidente del nostro gruppo, l'onorevole Franceschini, e i presidenti dei gruppi di opposizione, nelle Commissioni VI e X, avevano già preannunciato il fatto che dal nostro gruppo e dall'intera opposizione - perché erano già intercorsi colloqui nei giorni scorsi, confermati oggi da tutti nelle Commissioni - sono stati presentati pochi emendamenti significativi, in particolare su alcune questioni, tra le quali il pericolo di default per quanto riguarda 500 comuni coinvolti nella vicenda di Tributi Italia e le polizze dormienti delle compagnie di assicurazione. Tuttavia, esclusi questi passaggi fondamentali, ciò avrebbe consentito Pag. 17all'opposizione di garantire, attraverso un atteggiamento consono, che entro domani sera si poteva licenziare questo provvedimento.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, la prego di concludere.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Non si capisce perché noi adesso dobbiamo essere posti nella situazione in cui dobbiamo prendere atto di una decisione del Governo quando ancora non si è concluso l'iter e il percorso regolamentare, che consente a lei e a noi di trarre le conseguenze anche dal punto di vista dell'atteggiamento parlamentare e di ciò che comporterà ove si decidesse eventualmente di non procedere alla discussione e alla votazione in Aula su un provvedimento che è sostanzialmente già pronto, salvo alcuni passaggi ulteriori, probabilmente molto brevi, che devono essere fatti nelle Commissioni. Diversamente, l'atteggiamento del mio gruppo e dell'opposizione dovrebbe essere di prendere atto di ciò che il Governo fa in una situazione di crisi, visto che il Ministro competente per questo provvedimento è un Ministro che ha preannunziato le proprie dimissioni.
È esattamente anche per questo motivo che bisognerebbe evitare, essendo un provvedimento già pronto, con l'opposizione che vi dice di essere pronta a garantire la conversione del decreto-legge entro domani sera, di «buttarci in faccia» il preannuncio della posizione della questione di fiducia.
Signor Presidente, questo è quanto non può accadere in un Parlamento democratico nei rapporti con il Governo, in una democrazia come quella italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, desidero, innanzitutto, scusarmi per non aver colto il senso della sua immediata richiesta di intervenire sull'ordine dei lavori, e quindi, come lei ha rimarcato all'inizio del suo intervento, per aver dato, prima di darle la parola, lettura delle motivazioni attraverso le quali la Presidenza ha dichiarato inammissibili alcuni emendamenti e ha preannunciato l'intenzione del Governo di avvalersi della prerogativa di porre la questione di fiducia.
Da questo punto di vista, la Presidenza non ha alcuna difficoltà ad ammettere che ella aveva certamente il diritto di porre le questioni che ha posto prima che la Presidenza desse notizia all'Assemblea della volontà del Governo di avvalersi della possibilità di ricorrere alla questione di fiducia.
In ogni caso, come è noto a lei, che conosce bene il Regolamento, e ai colleghi, quando il Governo annuncia l'intenzione di porre la questione di fiducia su un testo interamente sostitutivo, il procedimento propedeutico alla fiducia stessa, vale a dire l'esame di ammissibilità, il parere della Commissione bilancio e l'esame da parte delle Commissioni di merito, assume priorità rispetto ad ogni altro adempimento dell'Assemblea.
La prassi in questo senso è costante e univoca. In ogni caso, onorevole Quartiani, le Commissioni potranno valutare, come lei ha auspicato, se le condizioni poste dalla V Commissione siano state soddisfatte, e lo potranno fare nell'ambito della discussione sull'emendamento interamente sostitutivo presentato dal Governo, su cui il Governo medesimo ha preannunciato di voler porre la questione di fiducia. In ogni caso, a tale verifica provvederà ovviamente anche la Presidenza.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,33).

ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, voglio approfittare della sua sensibilità per porre in quest'Aula un problema che non è inerente a questo provvedimento, ed è per questo che intervengo sull'ordine dei lavori. Questa mattina, in piazza Montecitorio, alcune centinaia di giovani appartenenti Pag. 18ai vigili del fuoco discontinui hanno manifestato, chiedendo alla sensibilità politica di questo Parlamento un provvedimento che consenta il completamento della loro stabilizzazione.
Credo sia opportuno richiamare ciò, perché in quest'Aula, in numerose occasioni, dalla maggioranza e dall'opposizione, in questa legislatura e in quella precedente, è stato ricordato il loro ruolo insostituibile in materia di protezione civile e di sicurezza di questo Paese.
Questa discriminazione nei loro confronti - sono gli unici tra i dipendenti della pubblica amministrazione che non vedranno la stabilizzazione concludersi - rischia di penalizzare persone che in continuazione, ogni giorno, anche oggi, garantiscono la sicurezza dei nostri concittadini.
Pregherei il Governo, approfittando anche della presenza del Ministro Vito in quest'Aula, di farsi carico di questo problema, che è stato sollevato, ripeto, sia dalla maggioranza sia dall'opposizione, e di dare una risposta a persone che lo meritano, anche ricevendo le delegazioni che lo hanno richiesto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Rosato, la Presidenza prende atto della sua richiesta.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, anche io questa mattina ero in piazza Montecitorio e ho incontrato i cosiddetti discontinui dei vigili del fuoco, precari che sono indispensabili all'attività di vigilanza e di soccorso alle popolazioni, che si trovano nei termini appena richiamati dall'onorevole Rosato.
Mi sono impegnato con questi precari a porre in Aula il problema: lo ha già fatto l'onorevole Rosato. A questo punto, posso soltanto associarmi, chiedendo a lei di sensibilizzare il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, confermo a lei quanto detto all'onorevole Rosato.

Si riprende la discussione.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei solo un chiarimento. Lei ha annunciato che è stata manifestata l'intenzione da parte del Governo, attraverso una lettera, di porre la questione di fiducia; presumo, se mi consentite, che essa sarà presentata non appena la Commissione avrà esaminato il maxi-emendamento. Siccome però alcune fonti parlamentari ci informano che la ragione di tale fiducia sarebbe legata al fatto che vi sarebbe un Ministro dimissionario (ciò affermano alcune fonti parlamentari, non so se risponde al vero), vorrei chiederle, se questo è lecito e se lei lo ritiene opportuno, di sapere innanzitutto quando il Consiglio dei ministri ha dato mandato al Ministro per i rapporti con il Parlamento di porla; questo infatti prevedono la nostra Costituzione e le nostre regole, ossia che il Ministro riceva un mandato per porre la questione di fiducia.
Dunque, in primo luogo vorrei sapere quando si è riunito il Consiglio dei ministri e quando è stato dato tale mandato; in secondo luogo, vorrei sapere se la riunione del Consiglio dei ministri ed il mandato che eventualmente è stato dato al Ministro per i rapporti con il Parlamento - e magari anche la lettera con la quale il Ministro per i rapporti con il Parlamento ci preannuncia l'intenzione sua e del Governo di porre la fiducia - sono antecedenti, quindi fulminee rispetto alle intenzioni del Ministro competente, oppure se sono conseguenti. Almeno, così, avremo spazzato via il campo dal dubbio che la questione di fiducia non sia posta perché vi è un Ministro dimissionario, ma semplicemente Pag. 19perché, come è evidente, vi sono palesi divisioni all'interno della maggioranza.

PRESIDENTE. La Presidenza prega il Ministro per i rapporti con il Parlamento di fornire le indicazioni richieste.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, non so a quali notizie di stampa fa riferimento l'onorevole Giachetti. L'avrei detto successivamente all'atto formale: il Consiglio dei ministri ha autorizzato la posizione della questione di fiducia nella seduta di venerdì scorso.

UGO SPOSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UGO SPOSETTI. Signor Presidente, capisco che il mio intervento a questo punto può anche sembrare inutile, però ho bisogno del suo aiuto. Il mio emendamento 4.175, dichiarato inammissibile, attiene in modo corretto agli aspetti fiscali degli incentivi nel Mezzogiorno. L'aiuto che le chiedo, signor Presidente, riguarda la questione seguente: come è possibile dirimere un contenzioso tra un contribuente e l'Agenzia delle entrate, quando anche all'Agenzia delle entrate vigono opinioni diverse, due scuole di pensiero, sull'interpretazione della norma? Se la risposta del Parlamento è che per avere un minimo chiarimento occorra percorrere tutti e tre i gradi di giudizio (commissione tributaria provinciale, commissione regionale e Cassazione), penso che il Parlamento non abbia fatto il proprio mestiere.
Solo questi provvedimenti danno la possibilità al Parlamento e ad un parlamentare di invocare un pronunciamento su materie fiscali e di incentivi. La prego quindi di indicare in quali casi viene formulata la dichiarazione di inammissibilità, signor Presidente, quanto meno per un prossimo provvedimento: è il secondo provvedimento che transita in Aula e sul quale questo emendamento viene dichiarato inammissibile. Dove si può presentare la corretta interpretazione di una norma? È una domanda, signor Presidente: non le chiedo assolutamente di rivedere quanto deciso, anche perché sarebbe sciocco da parte mia, ma quanto meno che qualcuno mi dica: Sposetti, lei può presentare il tale emendamento al tale provvedimento.

PRESIDENTE. Onorevole Sposetti, credo di comprendere bene il senso della sua questione; al tempo stesso, non ho dubbio alcuno che lei sappia che l'emendamento cui lei ha fatto riferimento, Sposetti 4,175, al di là di qualsiasi valutazione sul merito del medesimo, è stato dichiarato inammissibile dalla Commissione in quanto verte su materia non ricompresa nel provvedimento in esame. Alla luce di tale decisione della Commissione, la Presidenza non poteva far altro, a prescindere da qualsiasi valutazione sul merito, che confermare la decisione relativa all'inammissibilità dell'emendamento medesimo.
Sospendo a questo punto la seduta che riprenderà una volta compiuti gli adempimenti che ho richiamato nel mio intervento iniziale, relativi all'esame da parte delle Commissioni competenti dell'emendamento interamente sostitutivo che il Governo si accinge a presentare, e sul quale ha preannunciato la volontà di porre la questione di fiducia.

La seduta, sospesa alle 15,40 è ripresa alle 17,10.

PRESIDENTE. Avverto che la Presidenza, all'esito del vaglio di ammissibilità, ritiene ammissibile l'emendamento Dis. 1.1 del Governo (Vedi l'allegato A - A.C. 3350-A): esso, infatti, si limita a recepire le modifiche apportate al testo dalle Commissioni in sede referente, le condizioni formulate nel parere espresso in data odierna dalla Commissione bilancio e reca, all'articolo 1 del disegno legge di conversione, una clausola di salvaguardia degli effetti prodotti dalle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 4 e all'articolo 5, conseguenti alle modificazioni apportate in sede referente. Pag. 20
L'emendamento Dis. 1.1 del Governo è in distribuzione ed è già stato esaminato dalle Commissioni finanze e attività produttive.
Avverto, inoltre, che la Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 3350-A), che è in distribuzione e che è del seguente tenore: «La V Commissione, esaminata la proposta emendativa Dis. 1.1 relativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 40 del 2010, recante disposizioni tributarie e finanziarie urgenti in materia di contrasto alle frodi fiscali, di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno alla domanda in particolari settori; valutata la relazione tecnica relativa alla proposta emendativa in oggetto e verificata dalla Ragioneria generale dello Stato, esprime parere favorevole, con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione: all'articolo 2, comma 1-bis, terzo periodo, sopprimere le parole: "secondo le regole vigenti"; all'articolo 2, comma 1-ter, quarto periodo, dopo le parole: "anche in soprannumero", aggiungere le seguenti: "con riassorbimento al momento della cessazione dal servizio a qualunque titolo"; all'articolo 2, comma 2-undecies, primo periodo, dopo le parole: "2-decies", aggiungere le seguenti: "pari a 50 milioni di euro nell'anno 2010". Conseguentemente: al primo periodo sostituire le parole: "per l'anno 2010" con le seguenti: "nel medesimo anno", e sopprimere le parole: "per il 2010"; al secondo periodo sopprimere le parole: "per l'anno 2010" e dopo le parole: "30 milioni di euro", aggiungere le seguenti: "per l'anno 2010"».

(Posizione della questione di fiducia - Emendamento Dis. 1.1 del Governo - A.C. 3350-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, intervengo per dichiarare, a nome del Governo, che aderiamo alle condizioni poste dalla Commissione bilancio e che si intendono, quindi, recepite nel testo. Con l'occasione, intervengo anche per rappresentarle la necessità di tre correzioni di carattere meramente formale al testo presentato: a pagina 9, dopo la riga 20, inserire la seguente: «al comma 1, secondo periodo, sostituire le parole: "23 dicembre 2006", con le seguenti: "27 dicembre 2006"»; a pagina 10, alla riga 27, sostituire le parole: «del comma» con le seguenti: «dell'alinea»; alla medesima pagina 10, alla riga 30, sostituire le parole: «all'entrate», con le seguenti: «all'entrata».
Come si vede, si tratta di correzioni puramente formali.

PRESIDENTE. Sì, sembrano correzioni formali: ovviamente la Presidenza si riserva di valutarlo nel modo più compiuto. Tuttavia, non mi sembra che si possa dissentire sul fatto che sono meramente formali.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ciò detto, quindi, signor Presidente, autorizzato - come dicevo - nella seduta di venerdì del Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis. 1.1 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40.

PRESIDENTE. Essendo stata posta, testè, la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis. 1.1 del Governo, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente al piano Aula, non prima però di aver dato la parola all'onorevole Borghesi, ed agli altri colleghi che ne faranno richiesta.
Prego, onorevole Borghesi, ha facoltà di parlare.

Pag. 21

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, non ricordo più qual è il numero di questa questione di fiducia, mi sembra la trentaquattresima, non sono certo. È certo, però, che vi è un significativo cambiamento nel modo di porre la questione di fiducia.
Abbiamo assistito, in un primo momento, a vicende in cui la responsabilità veniva addebitata all'opposizione, affermando che l'opposizione faceva ostruzionismo e, quindi, impediva di convertire in tempo i decreti-legge. Poi è giunto il momento in cui si è detto che non vi era più il rischio della mancata approvazione e si è cercato di dare una spiegazione logica dicendo che, comunque, vi era stato un tempo ampio e abbondante per la discussione in Parlamento, al punto che la Presidenza in più di un'occasione ha dovuto fare significative rimostranze contro questo modo di porre la fiducia da parte del Governo.
Ora noto che il Ministro ha raggiunto la pace dei sensi, perché si limita a dichiarare semplicemente che pone la questione di fiducia e non prova neppure a darne una giustificazione. A nostro avviso questo è politicamente significativo, perché in questo caso non vi sono rischi di urgenza e la discussione avrebbe potuto tranquillamente aver luogo. Dunque, è evidente che la spiegazione va ricercata altrove.
Non dimentico che nelle Commissioni sono stati presentati circa 500 emendamenti e questi in massima parte - anzi di più - provengono dalla maggioranza e non dall'opposizione. Ricordo che anche ora gli emendamenti presentati dall'opposizione non sono numerosi e potevano tranquillamente essere diminuiti. Tuttavia, non dimentico neppure che, solo una settimana fa, la maggioranza è stata battuta dall'opposizione in quest'Aula sul provvedimento in materia di lavoro. Allo stesso modo, la maggioranza era stata battuta una settimana prima sul cosiddetto decreto-legge «salva liste».
Dunque, se consideriamo anche quello che sta avvenendo al di fuori, con le dimissioni di un Ministro per la note vicende, e se ricordiamo quanto è avvenuto la scorsa settimana alla direzione nazionale del Popolo della Libertà, è evidente che il Governo non si fida più della sua maggioranza ed è evidente che da ora in poi assisteremo a questioni di fiducia poste senza giustificazione, ma solo perché la maggioranza in questo momento è allo sbando e tra questioni giudiziarie e questioni politiche non è più in grado di garantire l'approvazione dei decreti-legge così come il Governo vorrebbe.
Credo che questa sia la motivazione che dovrebbe far riflettere la maggioranza. Ritengo che se il Ministro ha dato le dimissioni forse sarebbe ora che anche l'intero Governo provvedesse a darle perché qui continuiamo a discutere di questioni che non hanno nessuna rilevanza e nessuna attinenza con i problemi del Paese. Vi ricordo anche questo e ve lo abbiamo anche dimostrato durante la discussione sulle linee generali. Dunque, forse è ora - e credo che il Paese lo stia comprendendo - e...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO BORGHESI. ... forse è il caso che anche il Presidente del Consiglio dia le dimissioni.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non siamo rassegnati a dover verificare, di volta in volta, come l'approccio che il Governo ha verso il Parlamento sia un approccio che abbassa sempre di più l'asticella, anche nei confronti del mero rispetto del Parlamento. È del tutto evidente che la questione di fiducia, prevista, come lei stesso ha ricordato, per casi straordinari e con motivazioni in grado di onorare in qualche modo un atto così grave, sia diventata ormai un'abitudine da parte del Governo.
Però credo che arrivare al punto che il Ministro per i rapporti con il Parlamento - pur sapendo qual è l'iter di questo Pag. 22provvedimento e conoscendo anche le vicende che hanno riguardato il Ministro competente - non abbia neanche l'accortezza e il rispetto di pronunciare parole che motivino un atto così grave che, com'è noto, toglie la possibilità di dibattito, di discussione, di miglioramento di un provvedimento, rappresenti un fatto particolarmente grave e, se possibile, un peggioramento ulteriore in termini di rispetto di quello che è il lavoro di tutti noi, della maggioranza e dell'opposizione.
Infatti, non dimentichiamo, signor Presidente, che gli emendamenti che erano proposti a questo provvedimento erano in parte dell'opposizione in maniera molto misurata (poche decine), mentre c'erano parecchi emendamenti da parte della maggioranza, ed erano emendamenti di merito proposti, in particolare, da parte della Lega.
Ora, signor Presidente, accade che, senza dare alcuna motivazione, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ci comunica che il Governo venerdì lo ha autorizzato a porre la questione di fiducia, guarda caso, martedì. Quindi, sapendo perfettamente quali fossero le intenzioni del Governo, si è fatto in modo che la farsa si compiesse anche nelle Commissioni, dove tutti eravamo presenti per cercare di migliorare un provvedimento che già palesemente era stato svuotato di soldi prima che di contenuti. Si è fatto lavorare per ore le Commissioni sapendo già perfettamente dove si arrivava. Almeno ci fosse stata la motivazione - ho concluso signor Presidente - che ogni tanto veniva data, ancorché abusivamente, della scadenza del decreto-legge.
Questo decreto-legge, signor Presidente, scade il 25 maggio, cioè tra 21 giorni. Qual è l'urgenza, onorevole Vito? Almeno abbia la compiacenza di alzarsi in piedi, di dire che ormai la maggioranza è arrivata ad un punto di palese incapacità di essere unita sul nulla, visto che ogni settimana va sotto.
Siete riusciti anche a farvi bocciare un intero decreto-legge, al quale probabilmente non credevate molto, dopo che si è dimostrato inutile, e adesso non avete neanche la compiacenza di venire qui e dire la verità: non c'è una motivazione istituzionale, non c'è una motivazione regolamentare, non c'è una logica politica per la quale voi ponete la questione di fiducia su questo provvedimento.
Sennonché, pezzo dopo pezzo, il Paese può vedere in che condizioni vi trovate, e non siete neanche in grado di discutere, di portare ad esame, a votazione un provvedimento che, già in origine, avete svuotato di tutta la sua valenza.
A questo siete arrivati. Il problema è che ciò non inficia soltanto i lavori del Parlamento, ma sta segnando, giorno dopo giorno - e per noi è elemento di straordinaria preoccupazione - anche la tenuta del nostro Paese non solo rispetto alla prassi parlamentare, ma anche ai problemi che la gente si aspetta che voi risolviate e che, invece, non avete neanche la capacità di affrontare misurandovi con l'opposizione, ma soprattutto con la maggioranza.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, siamo alla trentunesima questione di fiducia posta durante questa legislatura e, soprattutto, siamo all'ennesima richiesta di fiducia su provvedimenti di natura economica che nascono come decreti-legge e che vengono convertiti sempre e solo in forza del voto di fiducia.
Siamo, quindi, di fronte ad un vero e proprio sistematico commissariamento del Parlamento da parte del Ministro dell'economia e delle finanze che evidentemente ritiene riservata la materia di sua competenza, non consentendo su questi argomenti il dibattito parlamentare né dal punto di vista dell'iniziativa, né dal punto di vista della ratifica e dell'approvazione finale.
Ovviamente questo non ci può trovare d'accordo e soprattutto non ci pare, alla luce degli esiti gravi che la crisi economica continua a mostrare in questo Paese mordendo sulle famiglie e sulle imprese, che Pag. 23questa strategia del Governo e del Ministro dell'economia e delle finanze di avocare a sé, in via esclusiva, non consentendo interferenze da parte del potere legislativo sulla materia economica, stia dando buoni frutti.
Ci limitiamo a rilevare che evidentemente chi sceglie questa via ne porterà fino in fondo le responsabilità.
Chi non vuole condividere le ricette sulla difficile, anzi, sulla drammatica situazione economica che il Paese vive, ne sarà, alla fine, l'unico ed esclusivo responsabile.
È inutile che ricordi al Ministro, perché lo sa molto bene, che su questo provvedimento l'UdC aveva presentato dieci - dicasi dieci - emendamenti. Credo che il resto dell'opposizione ne avesse presentati qualche decina in più, c'erano molti emendamenti della maggioranza, ma certo non erano numeri che in alcun modo potessero consentire di parlare di ostruzionismo. Dunque, questa è una scelta sistematica, è una scelta perseguita con protervia, che si ripete da due anni e staremo a vedere dove porterà.
Mi permetto di aggiungere, signor Presidente, signor Ministro, che è una scelta che cade in un momento, in una giornata anche straordinariamente particolare. Mi riferisco alle dimissioni di un Ministro di questo Governo (di cui non abbiamo sentito fare cenno nelle motivazioni), dopo settimane in cui l'opposizione legge sui giornali di divisioni interne al partito di maggioranza relativa, di divisioni tra i due partiti che fanno parte della maggioranza, di minacce che vengono da alcuni esponenti di questi partiti di andare addirittura alle elezioni anticipate, di prese di posizione clamorose da parte di alcuni Ministri su temi fondamentali come quelli dell'unità nazionale.
Ebbene, di fronte a questo scenario, che non è uno scenario ordinario, il Parlamento si vede per l'ennesima volta espropriato del suo diritto di dibattere, di discutere, di parlare anche - perché no - di politica interloquendo con l'Esecutivo, con una formale - mi consenta, signor Ministro - burocratica e priva di motivazioni richiesta di posizione della questione di fiducia.
Forse però - concludo, Presidente - questa volta siamo di fronte ad una novità in questa reiterazione sistematica di richieste di voti di fiducia; questa volta, forse, non è la solita protervia di un Esecutivo troppo sicuro di sé, probabilmente questa volta qualche scricchiolio si sente provenire dietro questa richiesta di fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

LUDOVICO VICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, già ieri mi sono rivolto alla Presidenza della Camera, e ora ripropongo a lei, Presidente Fini, la questione che nella discussione sulle linee generali di ieri avevo sottoposto ai colleghi, al Governo e al relatore.
Presidente Fini, noi pensiamo che siamo giunti ad un punto di decadenza dalle prerogative dei parlamentari italiani. So di asserire in maniera forte una cosa che va argomentata, e pertanto in pochi minuti l'argomenterò. Ci troviamo di fronte all'ennesimo decreto-legge, ma il Parlamento italiano, questa Camera - Presidente Fini - non ha più a disposizione i fondi speciali che costituiscono l'accantonamento per le leggi; ebbene, chiedo ad ella se è mai possibile che un Parlamento eletto democraticamente, la cui prerogativa è approvare le leggi, non sia messo in condizioni di vararle perché i fondi speciali sono stati assorbiti dal Governo.
Parlo della Tabella A e della Tabella B, parlo della cifra irrisoria che, come il Presidente Fini sa, nella legge finanziaria scorsa prevedeva solo 14 milioni di euro, mentre i Governi precedenti, compreso anche il precedente Governo Berlusconi, assegnavano a quella Tabella almeno un miliardo di euro. Allora, se così è, viene meno la prerogativa del Parlamento, viene meno la prerogativa dei parlamentari tutti. Pag. 24
L'unico detentore delle risorse per fare le leggi in questo Paese è il Governo, Palazzo Chigi, con risorse che sono i fondoni del FAS, lo scudo fiscale, i grandi eventi, ovvero il FISPE (il fondo interventi strutturali di politica economica). Presidente, la nostra prerogativa di legiferare e di avere l'accantonamento per le future leggi viene cancellata.
Cosa abbiamo chiesto dopo l'ottimo lavoro svolto nelle Commissioni riunite, quando il Governo è venuto qui e ha posto la questione di fiducia? Due cose semplici: la prima è di impedire che i comuni, a cui non sono stati riversati i tributi locali riscossi dalla società Tributi Italia, vadano in dissesto finanziario. Il voto di fiducia che il Ministro chiede a nome del Governo, tuttavia, espone decine e decine di comuni al dissesto finanziario.
In secondo luogo, abbiamo chiesto un intervento che ci pareva convenuto e disponibile in sede di Commissioni, in ordine ai conti dormienti delle polizze. Anche qui, Presidente, nel novembre del 2009 il Governo avrebbe dovuto consegnarci la rendicontazione dei conti dormienti, cosa che noi, a tutt'oggi, non conosciamo. Sulle polizze dormienti avevamo chiesto di avere un afflato comune di giustizia e anche su questo, fino a qualche minuto fa, i nostri capigruppo nelle Commissioni riunite hanno riproposto queste due problematiche, a cui, però, si è risposto con la richiesta formale del voto di fiducia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUDOVICO VICO. In conclusione, noi riteniamo di non poter condividere nell'interesse del Paese, anche rispetto alle difficoltà che il Paese ha, questo atteggiamento che ha ormai sempre più il sintomo dell'arroganza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Facci sognare!

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, faremo del nostro meglio.
Svolgo solo tre brevi precisazioni: la prima è rivolta all'onorevole Giachetti che conosce bene il meccanismo dell'autorizzazione della posizione della questione di fiducia e, quindi, sa benissimo che, spesso, il Consiglio dei ministri autorizza la fiducia su un provvedimento nella riunione di un Consiglio dei ministri che è necessariamente precedente a quella che si potrebbe tenere la settimana in cui un provvedimento può andare all'esame di uno dei rami del Parlamento. Quindi, l'autorizzazione è stata data su molti provvedimenti, a differenza della fiducia che non è stata posta su altrettanti provvedimenti, ma su molti meno rispetto a quelli per cui è stata autorizzata. È un'autorizzazione, dunque, che prescinde dal numero degli emendamenti.
In secondo luogo, rilevo che il testo su cui il Governo pone la questione di fiducia è rispettoso dei lavori delle due Commissioni riunite e delle osservazioni che, rispetto al testo prodotto da questi lavori, ha formulato la Commissione bilancio riunitasi poco tempo fa. Quindi, c'è un rispetto sostanziale dei lavori dei colleghi delle Commissioni che si sono riuniti e che hanno lavorato anche in sedute notturne nel corso delle giornate precedenti l'esame del provvedimento in Assemblea.
In terzo luogo, ho motivo di ritenere che, a differenza di quanto sostiene l'onorevole Borghesi, il fatto che il Governo non adduca come motivazione della posizione della questione di fiducia un ostruzionismo che non c'è, sia un motivo di linearità e di onestà intellettuale, a differenza, ad esempio, di quanto faceva il Governo Prodi nella scorsa legislatura, il quale adduceva spesso e volentieri...

ROBERTO GIACHETTI. Non lo adduceva!

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti la prego... onorevole Baldelli prosegua.

SIMONE BALDELLI. La memoria del Governo Prodi «stuzzica»: è un riflesso Pag. 25condizionato di alcuni colleghi dell'opposizione, ma mi rendo conto che può dar fastidio.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, proceda.

SIMONE BALDELLI.. Spesso e volentieri accadeva che si ponesse la questione di fiducia, adducendo come motivazione un ostruzionismo che, di fatto, in effetti non c'era. Ciò non è accaduto e credo che l'onorevole Borghesi dovrebbe rallegrarsene, anziché «piccarsi».

PRESIDENTE. Ricordo che la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente al piano Aula. Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 17,35, è ripresa alle 18.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis. 1.1 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 3350 - Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori (da inviare al Senato - scadenza: 25 maggio 2010).
Nella seduta odierna avranno luogo interventi per l'illustrazione degli emendamenti, con eventuale prosecuzione notturna e nella mattinata di domani.
Poiché la questione di fiducia è stata posta alle ore 17,15 di oggi, la votazione per appello nominale avrà inizio alla stessa ora di domani, mercoledì 5 maggio 2010.
Le dichiarazioni di voto, a norma dell'articolo 116, comma 3, del Regolamento, avranno inizio domani, alle ore 16, con ripresa televisiva diretta degli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Domani, dopo il voto di fiducia, si passerà alle successive fasi dell'esame del disegno di legge di conversione.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 10 di domani.
Lo svolgimento del question time, previsto per domani, dalle ore 15, avrà luogo giovedì 6 maggio, alla stessa ora, dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge di conversione.
Successivamente alla conclusione dell'esame del disegno di legge di conversione avrà luogo l'esame degli altri argomenti già iscritti all'ordine del giorno.

Su lutti dei deputati Amedeo Ciccanti e Paolo Gentiloni Silveri.

PRESIDENTE. Comunico che il collega Amedeo Ciccanti è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.
Comunico, altresì, che il collega Paolo Gentiloni Silveri è stato colpito da un grave lutto: la perdita della sorella.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che Pag. 26desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

In morte dell'onorevole Gustavo De Meo.

PRESIDENTE. Comunico che, nella giornata di ieri, è deceduto, all'età di 90 anni, l'onorevole Gustavo De Meo, già membro della Camera dei deputati nelle legislature I, II, III, IV, V e VI.
Nato a Serracapriola, Foggia, il 25 agosto 1920, entrò giovanissimo a far parte del partito della Democrazia Cristiana. Alla Camera dei deputati ricoprì le cariche di segretario di Presidenza, nonché di questore. Fu più volte sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alla difesa.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Si riprende la discussione (18,06).

(Illustrazione delle proposte emendative - A.C. 3350-A)

PRESIDENTE. Essendo stata posta dal rappresentante del Governo la questione di fiducia sull'approvazione dell'emendamento Dis. 1.1, il dibattito proseguirà, come convenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, a norma dell'articolo 116 del Regolamento, così come costantemente interpretato su conforme parere della Giunta per il regolamento. Potranno, pertanto, intervenire i presentatori degli emendamenti che non siano stati già illustrati, per non più di 30 minuti ciascuno.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, il gruppo del Partito Democratico aveva presentato, relativamente al tema delle polizze dormienti (ma la dizione migliore è polizze prescritte), cinque emendamenti: il 2.64, il 2.66, il 2.67, il 2.70 e il 2.71.
Quale era l'obiettivo del gruppo, che poi la posizione della questione di fiducia ha interrotto? Avevamo trovato consenso anche nella discussione presso le Commissioni congiunte e avevamo discusso anche con i colleghi della maggioranza, ma la sostanza è che i nostri obiettivi sono tutti saltati con la posizione della questione di fiducia e con gli emendamenti del Governo.
I nostri obiettivi erano: primo, rendere costituzionale il provvedimento, perché non si può dire che va bene per dei cittadini se la prescrizione non vale prima del 28 ottobre 2008, se non sono stati versati i fondi di cui all'articolo 1, commi 343, 344 e 345, della legge finanziaria per il 2006.
Si discriminerebbero infatti gli altri cittadini, in relazione ai quali gli intermediari hanno versato al fondo. Una norma, quindi, così incostituzionale in rapporto ai cittadini andava sanata da parte del Parlamento, e avrebbe richiesto non molto, una copertura di 8 milioni, come avevamo precisato nei nostri emendamenti. Tale obiettivo è «saltato».
L'altro obiettivo che il gruppo del Partito Democratico si era prefissato in tale ambito, era quello di fare un po' di giustizia per tale fondo, nato per aiutare i cittadini vittime delle frodi finanziarie: nasceva nel 2005, anno in cui si erano verificati il caso Parmalat, il caso Cirio, quello dei bond argentini, e non un euro di rimborso è stato garantito ai cittadini attraverso il fondo istituito ai sensi dei commi da 343 a 345 della legge finanziaria per il 2006. La stessa legge finanziaria per il 2006 attribuiva al Governo la facoltà di emanare un regolamento di attuazione, rispetto alle norme che nella legge finanziaria non potevano essere di dettaglio.
Tuttavia, quella legge finanziaria cambiava le vecchie norme, perché è chiaro che si sa quali sono i conti correnti dormienti (tali sono quelli non movimentati per dieci anni): essa inseriva anche le polizze assicurative all'interno del fondo Pag. 27per indennizzare i cittadini vittime delle frodi finanziarie di cui si discuteva in quel periodo.
Siamo andati alle elezioni del 2006, e il Governo Prodi ha emanato un decreto di attuazione del comma 345 della legge finanziaria, il decreto n. 116, emanato il 12 giugno 2007, in cui si precisano alcuni elementi sempre disattesi. All'articolo 1, lettera a), si fa l'elenco degli intermediari, mentre alla lettera b) dello stesso articolo 1 vi sono altre definizioni; emerge così la polizza dormiente. La si prevede e si dispone che la prescrizione delle polizze rientra nei dieci anni. È chiaro che tale norma, entrata in vigore nel 2007, crea dei problemi, perché non cita l'articolo 2952 del codice civile, che dispone che il contratto tra privati per le polizze è di un anno.
Successivamente, sempre in quel decreto, all'articolo 3 si prevede che gli intermediari abbiano l'obbligo di comunicare entro sei mesi ai titolari ed ai beneficiari delle polizze dormienti, o dei conti correnti, o di tutto quanto sia «dormiente» (in questo caso andava detto per iscritto) che erano nell'elenco, prima di devolvere le relative somme al fondo. Vi è infatti un primo elenco da compilarsi entro il 31 marzo dell'anno; per quelli in prescritti in precedenza, il versamento avviene invece entro il 31 maggio dell'anno successivo.
Si insedia il nuovo Governo. Con il decreto-legge cosiddetto Alitalia si prevedono alcune misure: si sono beneficiati i cittadini portando da un anno a due quanto prevedeva la prescrizione di cui all'articolo 2952, dimenticando però che vi era un regolamento di attuazione. Noi, quindi, proponevamo con precisione al Parlamento nel mio emendamento 2.66 una norma abbastanza chiara: la prescrizione dei contratti doveva essere quadriennale, e non più decennale, come poteva essere interpretata in base al decreto n. 116 del 12 giugno 2007, e nemmeno come in base al codice civile modificato dal decreto-legge cosiddetto Alitalia. Promuovevamo i quattro anni, dopo tanta discussione, anche avvenuta consultandoci con i cittadini e con le associazioni dei consumatori.
Inoltre, all'articolo 3 per dare facoltà di mandare la comunicazione semestrale nei 180 giorni rendevamo obbligatoria la verifica biennale da parte degli intermediari finanziari per verificare se la polizza vita è sempre in vigore e se il beneficiario è morto o meno: è difficile infatti dare la comunicazione a 100 mila cittadini, dal momento che ovviamente l'intermediario non li conosce. Ciò, dunque, anche per poter dare applicazione all'articolo 3 del regolamento.
Questi emendamenti, sebbene meritevoli di attenzione, sono stati completamente disattesi dal Governo e dalla maggioranza. I cittadini, d'ora in avanti, si troveranno applicata la prescrizione biennale secondo il codice civile e non ci sarà nessuna comunicazione rispetto alle polizze prescritte, perché l'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 22 giugno 2007 è inattuabile, poiché non si chiede la verifica. In più avevamo aggiunto l'obbligo per l'intermediario di richiedere al beneficiario perlomeno la comunicazione di tre indirizzi, qualora fosse venuta a cessare la polizza per la morte del beneficiario, per poter comunicare tempestivamente questo evento.
Se dobbiamo esprimere un giudizio sulla finanziaria del 2006, come sempre è una finanziaria bella nella comunicazione: dire che tolgo i soldi alle banche e li do alle vittime delle frodi finanziarie va di moda e trova consenso. Ma il Governo ha disatteso completamente qualunque elemento di attuazione, ovvero tutti gli elementi di costruzione successivi: il regolamento, l'attuazione e lo sforzo affinché questa norma possa avere valenza nei confronti delle vittime e dei cittadini che ne erano beneficiari.
Abbiamo richiesto più volte quale fosse l'ammontare non solo delle polizze prescritte, ma anche dei conti correnti dormienti. È chiaro che questo ammontare può essere certamente superiore a qualche miliardo di euro, ma non abbiamo ancora Pag. 28la risposta precisa. Serve al saldo netto della finanziaria, al fabbisogno, alla cassa, a tutti gli elementi di gestione di un bilancio «tremontiano» che fa sempre cassa senza mettere le mani in tasca agli italiani, ma mettendo le mani in tasca in modo improprio, non attuando gli indirizzi legislativi, non dando ai beneficiari i fondi per cui le leggi nascono, dicendo di averle fatte ma in realtà prendendo i soldi per utilizzarli per tante altre questioni che non sono comprese nella finalità della legge.
Sia chiaro che non ci batteremo solo per quegli 8 milioni, per ritrovare capacità finanziaria per eliminare l'assurdità dell'articolo 2, comma 4, ossia che per chi ha versato non è più possibile recuperare i fondi, mentre chi non ha li versati può riprenderseli. Per fortuna polizze vita non ha versato al fondo, quindi rientra nella norma. Molti cittadini che si erano rivolti al Parlamento, al Governo e anche a noi hanno trovato soddisfazione. Però è chiaro che la battaglia è di principio sugli 8 milioni, ma è anche una battaglia continua ad ogni passaggio finanziario di questo Governo per sapere dove sono destinati questi fondi, per portarli all'origine della finanziaria del 2006, perché si fa propaganda dicendo di essere vicini ai risparmiatori, mentre ai risparmiatori non si dà un euro e si può correre il rischio di sottrarli ai cittadini che hanno risparmiato senza essere precisi nell'attuazione del citato regolamento.
Quindi al danno si aggiunge la beffa e la frode di chi ha risparmiato, mentre alle vittime non diamo nemmeno un euro. Quindi continueremo nella nostra azione continua rispetto a questo argomento e non comprendiamo perché gli emendamenti 2.71, 2.67, 2.70, 2.66 e 2.64, che non trasformeremo in un ordine del giorno, accettato o non accettato, accolto come raccomandazione o non accolto come raccomandazione. Su questo argomento non trasformeremo niente in nessun ordine del giorno, ma faremo sempre una battaglia precisa e puntuale affinché si ritorni alla finalità della finanziaria del 2006, che fra l'altro avete fatto voi prendendo in giro e truffando diversi cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, intervengo con la finalità principale di illustrare un emendamento che ritenevo, con altri colleghi, potesse qualificare la conversione di questo decreto-legge, che - come qualcuno ha definito - è stato una specie di montagna che ha partorito un topolino.
Molto atteso dal sistema delle imprese, annunciato e riannunciato, alla fine appunto il topolino piccolo piccolo che è stato partorito è sostanzialmente un provvedimento che dà sostegno all'apparato produttivo italiano neppure con le risorse messe in campo l'anno scorso. Allora le imprese poterono contare su 900 milioni di euro di incentivi, eppure dicemmo - e non solo noi dell'opposizione - che si trattava di un'aspirina di fronte ai piani adottati dagli altri Paesi per il rilancio dei loro sistemi produttivi. Dodici mesi dopo, con 80 miliardi di euro del PIL bruciati alle spalle, si riparte da uno stanziamento che è poco più di un terzo di quello dell'anno scorso. Molti ne sono rimasti fuori e comunque anche chi è compreso deve dividersi un rivolo d'acqua. Tra l'altro 50 milioni di euro usati per gli incentivi vengono sottratti al Fondo per la ricerca e l'innovazione.
Sappiamo quanto siano state deprecate le modalità con cui oggi è stato disciplinato il ricorso all'incentivo fiscale per la ricerca e l'innovazione (il famigerato click day) e lo stesso Governo credo ne sia consapevole. Addirittura avete stanziato in finanziaria 400 milioni e, di questi, 50 vengono sottratti alla ricerca e all'innovazione per coprire gli incentivi. Alcuni di questi sono utili, perché - per carità - poco è sempre meglio di nulla, altri sono francamente incomprensibili.
Ho già fatto l'esempio dell'incentivo alle cappe climatizzate (che francamente non si capisce perché dovrebbero essere un Pag. 29oggetto utile, in questo momento di crisi, alle nostre famiglie), che probabilmente sono prodotte da un'unica impresa nel Paese, forse due.
Per questo si tratta di un profilo veramente basso e ogni volta la giustificazione è la stessa: dobbiamo tenere sotto controllo i conti pubblici. La stabilità economica e finanziaria del Paese è importante, però vorrei che ci ricordassimo tutti che si può morire non solo di poca stabilità, ma anche di crescita zero. Credo che provvedimenti come questo non portino crescita e che neppure da lontano la intravedano. Non a caso il Patto sempre richiamato dal Ministro Tremonti è un Patto di stabilità per la crescita. Non è un patto per la stabilità, è un patto in cui la stabilità è uno strumento per la crescita. Tanto più con la situazione difficile che si vive anche in questo momento, un decreto incentivi che stanzia queste risorse di fronte al piano di salvataggio della Grecia assume la sua dimensione, nemmeno di punto e virgola, ma proprio di una virgola: mettiamo dei puntini e speriamo che arrivi qualcos'altro andando avanti.
Avevamo proposto dunque un emendamento che faceva tesoro di una buona esperienza legislativa applicata in questi anni (a partire dalle leggi finanziarie del Governo Prodi, confermata dal Governo Berlusconi, anche se purtroppo solo in parte, e a tempo rifinanziata), cioè un'esperienza legislativa che mette insieme una serie di principi importanti che si possono coniugare per determinare una crescita sostenibile in questo Paese.
Si tratta di incentivi fiscali nella direzione di uno sviluppo sostenibile che coniuga sviluppo, crescita, sostenibilità e anche equità ed efficienza.
Comparto fondamentale anche dell'economia italiana è quello immobiliare, che è stato anche all'origine della drammatica crisi finanziaria globale. Il 16 dicembre 2008, in un seminario a New York dell'Unece REM si è tentato di tracciare le linee guida e i principi per il settore immobiliare e per quello finanziario al fine di promuovere stabilità e sostenibilità. Sono principi e linee guida molto rilevanti e importanti e vorrei citarne due dal momento che erano alla base della nostra proposta emendativa. Il principio n. 4 così enuncia: un'economia immobiliare sviluppata contribuisce alla trasformazione delle risorse non utilizzate o sottoutilizzate in capitale produttivo per ridurre la povertà. Autorevoli studi hanno evidenziato come il settore immobiliare possa essere una forza trainante per lo sviluppo non solo dell'economia emergente ma anche di quelle sviluppate grazie alla stretta interconnessione con numerosi altri settori economici.
Proprio ieri mattina, ero alla prima assise veneta dell'ANCE (dove tra l'altro è stato letto anche un messaggio del Presidente della Repubblica) e veniva comunicato un dato particolarmente significativo: la crisi economica o, meglio, il contraccolpo sul settore delle costruzioni della crisi economica, solo in Veneto, in questo anno e mezzo, ha visto la perdita di 20 mila posti di lavoro diretti che arrivano a 50 mila considerando l'indotto. Questo Parlamento e questo Governo giustamente si stanno assai preoccupando della situazione paventata per lo stabilimento di Termini Imerese, ma lì i dipendenti sono millecinquecento. Allora ritengo che occuparsi di questo comparto sia qualcosa di molto importante per sostenere la crescita e, quindi, la stabilità di questo Paese.
Le linee guida che discendono da questo principio che ho appena enunciato sono una serie di cui ne richiamo soltanto due perché ispiratrici del nostro emendamento. Questa anzitutto: la valorizzazione del settore immobiliare e l'efficiente amministrazione, gestione e manutenzione degli edifici dovrebbero costituire un fattore strategico chiave della politica nazionale volta a promuovere sviluppo economico, giustizia ed equità sociale oltre che stabilità politica. E ancora: è necessario sviluppare una riforma della politica urbanistica che promuova l'efficienza energetica e investimenti nelle energie rinnovabili con la realizzazione di costruzioni moderne connotate da tecnologie costruttive e caratteristiche architettoniche che Pag. 30riducano i consumi energetici e che pertanto contribuiscano a ridurre le spese di manutenzione.
Altro principio ancora che vorrei richiamare, perché anche questo ispira il nostro emendamento, è quello sin qui trascurato degli incentivi fiscali relativi alla ristrutturazione e alla riqualificazione energetica degli edifici, il principio n. 9 di queste linee guida. Le politiche edilizie dovrebbero essere pianificate ed attuate considerando l'edilizia sociale una parte integrante e complementare del mercato immobiliare nonché un mezzo per favorire la crescita economica, lo sviluppo urbano, la riduzione della tensione abitativa e gli insediamenti informali. Ne seguono anche in questo caso una serie di linee guida che vengono desunte da tale principio. Siamo profondamente convinti che i principi non siano astratti, ma possano essere tradotti in concreto.
Abbiamo davanti a noi la buona prova dei bonus fiscali in materia di risparmio energetico messi in campo dalla legge finanziaria 2007 (sappiamo che oggi c'è stata la relazione dell'ENEA sul loro impatto ed è una relazione particolarmente positiva): in tre anni ci sono stati interventi in oltre 590 mila abitazioni con un incentivo fiscale pari a 4 miliardi (questi certo sono «soldini» che escono dalle casse dello Stato; tuttavia i 4 miliardi rappresentano 8 miliardi di indotto). Vorrei ricordare che in questo caso non si fanno mai i conti con le entrate positive di questo tipo di incentivi fiscali, perché in realtà misuriamo semplicemente quanto esce.
Invece queste spese agevolate non sono solo costi: sono benefici. Nessuno può dare numeri certi, ma il 55 per cento - così come il 36 per cento - comporta un'emersione di IRPEF, di IRES, di IVA, contributi INPS e Inail, senza contare i tagli alle emissioni inquinanti (per i quali ci siamo anche impegnati in sede europea), il mantenimento della manodopera in un periodo di crisi e l'emersione di lavoro nero. Pertanto, sarebbe molto utile che il Governo - che ne ha gli strumenti - potesse misurare effettivi costi ed effettivi benefici di queste misure, anche per assumere consapevolmente la decisione di prorogare in particolare il 55 per cento, che come sappiamo va a scadenza a fine anno.
Vi è però un tema rilevante: queste agevolazioni fiscali del 36 per cento e del 55 per cento non si applicano all'edilizia sociale, cioè al patrimonio di proprietà dello Stato e degli enti pubblici. Si tratta, tra l'altro, di un patrimonio che quindi va in deperimento, visto che gli Ater lamentano la carenza di risorse sia per nuove edificazioni sia per la manutenzione di quelle esistenti: anche oggi sui giornali leggiamo notizie di enti e di comuni in particolare, quando si tratta di proprietà dei comuni, che mettono in vendita patrimonio dell'edilizia sociale perché non hanno le risorse, anche in conseguenza del Patto di stabilità, per farne una manutenzione straordinaria.
Pertanto, in un momento in cui si allungano le liste di attesa per l'assegnazione di alloggi popolari, drammaticamente registriamo che stiamo dismettendo il patrimonio di edilizia sociale pubblico, anziché manutenendo e riqualificarlo anche dal punto di vista energetico. Chiaramente l'estensione di questo beneficio fiscale anche all'edilizia sociale permetterebbe di conseguire la possibilità di valorizzare un patrimonio che è già pubblico, di conseguire un risparmio in termini di efficienza energetica, di mettere in moto un indotto (e quindi lavoro); consentirebbe inoltre alle famiglie particolarmente disagiate - e qui il tema dell'equità - di avere una bolletta meno cara. In realtà, a fronte del famoso piano casa e anche del piano casa per l'edilizia sociale, nonostante i molteplici tentativi che abbiamo fatto, non siamo riusciti ad ottenere dal Governo questa estensione del beneficio.
Il nostro emendamento cercava di coprire questa carenza e anche di prendere esempio da un'esperienza di successo che è stata messa in campo in Francia, cioè i cosiddetti ecoprestiti. In un momento di difficoltà e di crisi economica, questi benefici, come ho appena detto, hanno incentivato molte famiglie a fare delle spese per migliorare le loro abitazioni. Oltre a Pag. 31questo, vi è da dire che ancora di più si potrebbe incentivare questa buona pratica, agevolando le famiglie attraverso l'accesso ad un ecoprestito, come è stato fatto in Francia.
Illustro quindi il nostro emendamento, con la speranza che questo contributo e questa proposta che l'opposizione offre al Governo possano essere assunti in un prossimo provvedimento. Peraltro, dentro al decreto incentivi vi è spazio anche per un incentivo all'acquisto di immobili ad alto risparmio energetico (mi pare che vi siano 60 milioni destinati a questa finalità). Tuttavia - a parte l'entità molto esigua della risorsa - per quello che ho spiegato ritengo che, anziché sostenere l'acquisto di immobili ad alto risparmio energetico, settore del mercato che già è accessibile a chi ha la possibilità di comprare un immobile nuovo ad alta efficienza energetica, sarebbe molto meglio da parte del Governo sostenere invece la riqualificazione e la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, soprattutto di quello più degradato. Qui appunto ci mettiamo le tante prime case di molte famiglie italiane e ci mettiamo anche gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, da eseguire appunto con il beneficio cumulabile - a questo dell'ecoprestito - della detrazione per le ristrutturazioni edilizie al 36 per cento e per la riqualificazione energetica al 55 per cento. Questo incentivo è già stato previsto in Francia con questi risultati: si tratta di un prestito fino a 30.000 euro a tasso zero per ristrutturare l'abitazione principale che l'utente, proprietario o comodatario, può restituire in dieci anni.
In Francia, in soli otto mesi, da quando è stato istituito il citato ecoprestito, sono state raccolte centomila domande. Si prevede che il volume d'affari complessivo nei tre anni sia di 9 miliardi di euro, quindi nei prossimi tre anni contano di poter ristrutturare, accedendo a questo fondo, 400 mila alloggi.
La nostra proposta prevedeva che tale fondo, denominato Fondo per l'ecoprestito, di natura rotativa, fosse costituito presso la Cassa depositi e prestiti, con una dotazione originale di 200 milioni di euro per l'anno 2010. Il nostro emendamento prevedeva che il Fondo potesse erogare anticipazioni senza interessi - così come in Francia - a carico del beneficiario, denominate ecoprestiti fino ad un importo massimo di 30 mila euro, per interventi di ristrutturazione edilizia e per interventi di riqualificazione energetica che, appunto, beneficiano anche della detrazione del 36 per cento e del 55 per cento su unità immobiliari adibite ad abitazione principale.
Abbiamo previsto che ne possano beneficiare i proprietari, i conduttori, o i comodatari di unità immobiliari ad uso abitativo, nonché anche i conduttori degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in proprietà o in gestione degli istituti autonomi case popolari, comunque denominati.
Abbiamo previsto che le anticipazioni siano rimborsate dai proprietari, dai conduttori o dai comodatari di unità immobiliari adibite ad abitazioni principali in un periodo non superiore a dieci anni, e che i relativi interessi siano a carico del bilancio dello Stato. Qualora i beneficiari delle anticipazioni siano i conduttori degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, in proprietà o in gestione delle ATER, le anticipazioni sono rimborsate dai medesimi istituti e i relativi interessi sono a carico del bilancio dello Stato.
Anche in questo caso, prevediamo che, a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in oggetto, le disposizioni relative alle detrazioni del 36 per cento per le ristrutturazioni e del 55 per cento per la riqualificazione energetica si applichino anche alle spese sostenute per gli interventi effettuati sugli alloggi di edilizia residenziale pubblica e sulle loro pertinenze.
Gli oneri recati dall'emendamento in oggetto sono essenzialmente gli interessi sull'ecoprestito posti a carico del bilancio dello Stato e l'estensione anche agli immobili IACP delle detrazioni del 36 per cento e del 55 per cento (che oggi non ne beneficiano perché sono soggetti all'IRES, Pag. 32mentre la legislazione vigente prevede questi benefici solo per i soggetti sottoposti a IRPEF). Pertanto, a copertura di tali oneri prevediamo che siano escluse da questi benefici fiscali, 36 per cento in particolare e 55 per cento, le abitazioni di lusso, come definite dal decreto del Ministro dei lavori pubblici del 2 agosto 1969.
Un'ulteriore e congrua copertura che abbiamo messo in campo degli oneri dall'emendamento prevede che l'importo annuo massimo complessivo di 48 mila euro di lavori su cui si può beneficiare della detrazione del 36 per cento non sia applicato ad un singolo immobile come prevede la legislazione vigente, ma a ciascun contribuente. Con questa modifica ogni contribuente potrebbe beneficiare di un plafond annuo di 48 mila euro di lavori su cui poter chiedere la detrazione del 36 per cento per lavori effettuati su unità immobiliari residenziali di qualunque categoria catastale, anche rurale purché non di lusso.
In questo modo il nostro emendamento cerca di operare un intervento redistributivo in quanto la normativa attuale consente anche ai grandi proprietari immobiliari di usufruire della detrazione del 36 per cento su un costo totale di interventi di 48 mila euro per ogni immobile, così che un proprietario di dieci immobili può usufruire ogni anno di una detrazione del 36 per cento su un costo totale di interventi fino a 480 mila euro, per una detrazione pari a 172 mila euro. Con la copertura da noi proposta ogni proprietario può ristrutturare anche dieci immobili, ma per non più di 48 mila euro in ragione d'anno e quindi può beneficiare al massimo di una detrazione di 17 mila 200 euro. L'industria delle ristrutturazioni non vede così ridimensionato il proprio mercato potenziale perché, con l'emendamento proposto, invece prevediamo di estendere sia la detrazione sulle ristrutturazioni edilizie sia quella sulla riqualificazione energetica anche ad ogni singolo alloggio IACP. Si tratta di un patrimonio immobiliare che conta circa un milione di immobili, oggi escluso da questi benefici fiscali.
Mi sono dilungata nel descrivere la proposta perché non si tratta di uno slogan, ma di una misura che coniuga crescita, sviluppo sostenibile, efficienza energetica ed equità e lo fa anche indicando delle possibili coperture. È una misura - questa sì - che potrebbe dare sostegno a un comparto fondamentale della nostra economia: speriamo e confidiamo che nei prossimi mesi la montagna possa partorire qualcosa di più che un misero topolino (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Saglia, i colleghi Giachetti e Vico hanno già stigmatizzato quanto sta avvenendo con l'impropria posizione della trentunesima questione di fiducia. Da parte mia voglio ringraziare il mio gruppo per avere richiesto l'applicazione del lodo Iotti, che consente ad alcuni di noi di intervenire, almeno per potere esporre gli emendamenti che abbiamo studiato, che abbiamo presentato e che ci aspettavamo che quest'Aula discutesse e approvasse.
Io, signor Presidente, illustrerò le mie proposte emendative, che invece in questo modo vanno al macero, privandoci ancora una volta delle nostre prerogative, ma mi permetta, più in generale, di fornirle qualche commento d'insieme sul decreto-legge in conversione, sui suoi contenuti innanzitutto e sui suoi risvolti finanziari.
Partiamo dal titolo, signor Presidente, lo riassumo perché è molto lungo: contrasto all'evasione fiscale con destinazione dei gettiti recuperati per incentivi alla domanda. Bene, potrebbe sembrare che il tema dell'evasione fiscale finalmente entri nel dibattito in questo periodo di crisi. Del resto, molto spesso ce lo diciamo, di fronte ad un debito pubblico che è la vera palla al piede di questo Paese, i nostri margini di manovra sono pochi. Uno di questi è relativo all'evasione fiscale, oltre ovviamente alla crescita e quindi alle azioni che mirano ad attivare tutte le potenzialità di Pag. 33crescita. Il terzo, invece, è una riduzione o, meglio, una qualificazione della spesa pubblica.
Sono queste le tre grandi linee su cui il Paese si dovrebbe muovere e voglio velocemente analizzare tutte e tre. L'oggetto del provvedimento, come abbiamo detto, è il contrasto all'evasione fiscale. Gli osservatori nazionali e internazionali stimano per il nostro Paese un'evasione fiscale di 100 miliardi da mancata o ridotta fatturazione e altrettanta ne stimano per evasione contributiva sul lavoro. Signor Presidente, non so cosa chiedermi dopo questo decreto-legge, non so se pensare se veramente credete alla possibilità di contrastare l'evasione fiscale. Faccio presente che l'aspettativa di recupero dell'evasione fiscale, quindi le entrate che vengono registrate per l'anno 2010, ammontano in questo decreto-legge a 300 milioni. Vi ho fornito dei dati forse non corretti, ma molto più larghi, poiché ho parlato di 100 miliardi.
A proposito della crescita, come interviene questo decreto-legge e quali sono le sue possibilità di intervenire? Intanto vorrei richiamare la vostra attenzione sulle dimensioni. Nel recente periodo di crisi abbiamo registrato un calo del prodotto intero lordo superiore al 5 per cento, che corrisponde a circa 9 miliardi di euro. Ebbene, con questo decreto-legge ci occupiamo di immettere circa 300 milioni nel meccanismo finanziario di questo Paese; non so calcolare la percentuale, ma so tradurla in qualcosa che corrisponde a poco: li abbiamo definiti coriandoli. Vi è poi il modo in cui spendiamo questi 349 milioni di euro, si dice a sostegno della domanda.
Abbiamo tutto un elenco di incentivi per 349 milioni di euro, a valere soltanto in un anno: le misure andranno a regime, la spesa varrà solo nel 2009, in questa partita, per incentivi all'acquisto di beni di consumo, dai ciclomotori, alle gru a torre, alle cucine, agli elettrodomestici, eccetera.
Noi riteniamo questo metodo sbagliato: Si tratta di un metodo che sostanzialmente droga il mercato, perché rallenta la domanda prima che si traduca in acquisto. Le ricordo che gli incentivi su tanti settori vengono annunciati mesi prima - sono mesi che vengono annunciati - e quindi, in qualche modo, frenano la possibilità di acquisto. Tutti, infatti, dicono di aspettare, che ci sarà un incentivo - un fuoco di paglia, al momento dell'emanazione dei decreti - e poi un successivo rallentamento, in attesa di ulteriori decreti, di altre manovre e di altre modifiche. Sostanzialmente, è un modo per liberare un po' di magazzini, ma che non centra l'obiettivo principale della ripresa della domanda interna.
La strada maestra, al contrario, sarebbe stata quella di intervenire attraverso agevolazioni fiscali e incentivi alle aziende che qualifichino la propria offerta e i propri prodotti. Voglio riconoscere che, da questo punto di vista, una misura c'è, ma ce n'è soltanto una: quella prevista all'articolo 4, dove si esclude «dall'imposizione sul reddito di impresa, (...) il valore degli investimenti in attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo finalizzate alla realizzazione di campionari». Si tratta di campionari di nostre imprese. A tal riguardo, vengono richiamate le tabelle ATECO le quali che fanno riferimento sostanzialmente al sistema moda, al sistema dell'abbigliamento, al made in Italy, che è importante nel mondo.
Pertanto, dare aiuti finanziari a chi fa ricerca, innovazione e prodotti innovativi, è corretto e giusto. Si tratta di una misura, a mio avviso, giusta. Tuttavia, così com'era stata concepita, essa era completamente assurda, signor Presidente. Le ricordo che le tabelle inscritte nel decreto - le tabelle ATECO 13 e 14 - facevano esclusivamente riferimento al settore tessile. Quando noi parliamo di «sistema moda» nella nostra concessione, parliamo di tutto l'abbigliamento. Dunque, come si poteva escludere la calzatura? Come si potevano escludere i prodotti in pelle? Tale misura era pensata solo per una piccola parte e non avrebbe prodotto gli effetti sperati.
Solo su questo aspetto siamo riusciti ad incidere nelle Commissioni, grazie ad una forte azione del gruppo del Partito Democratico - che ringrazio - e ad una mia Pag. 34proposta emendativa sottoscritta dai componenti di entrambe le Commissioni, ai quali si sono aggiunte, poi, ovviamente proposte emendative del Popolo della Libertà e della Lega. In tal modo, è stato possibile «far passare» ciò nelle Commissioni - il sottosegretario Saglia se lo ricorderà - dopo che la maggioranza era andata sotto su una proposta emendativa e ha dovuto, in qualche modo, aprirsi alla discussione.
Noi riteniamo, quindi, inefficace e insufficiente questo provvedimento per quanto riguarda lo stimolo alla domanda interna, mentre pensiamo che la strada maestra per uscire dalla crisi sia appunto quella di stimolare la domanda interna, posto che abbiamo registrato forti cali nella nostra attività di esportazione, che pure sta riprendendo.
Ma come fare per incentivare la domanda interna? È questo il modo, oppure la strada maestra sarebbe quella di affrontare seriamente il tema del fisco? A vostra memoria, colleghi, quando si è parlato, in quest'Aula, di fisco in tempo di crisi? In una crisi come quella che abbiamo di fronte ancora - la Grecia è lì a testimoniarlo - può essere eguale il fisco, oppure c'è bisogno di rimetterci mano?
Vi riporto un attimo indietro al dibattito sulla legge finanziaria. Ve lo ricordate? Al Senato ci fu, all'interno della stessa maggioranza, addirittura la presentazione di una «controfinanziaria», che valeva 35 miliardi di euro e agiva in questo settore.
Ci fu un forte dibattito all'interno della maggioranza in particolare su un'imposta, l'IRAP, che in momenti di crisi deve essere rivista. Certamente essa fornisce un gettito fiscale di 40 miliardi, al quale non possiamo rinunciare. Tuttavia, quando diciamo e ci interroghiamo su chi può pagare questa crisi e su chi effettivamente paga i costi di questa crisi dobbiamo mettere mano a questa nostra legislazione. Se l'IRAP è pagata dalle imprese in ragione della loro forza lavoro nel momento in cui diciamo loro di assumere e di non licenziare è chiaro che penalizziamo il lavoro. Se l'IRAP è pagata per le esposizioni bancarie che le imprese hanno nel momento in cui diciamo alle banche di finanziare le imprese è chiaro che si va in controtendenza.
E come si è concluso questo dibattito? Si è concluso con una dichiarazione del Governo che disse: «sì, avete ragione». Ricordo che il Presidente del Consiglio Berlusconi telefonò in diretta ad un congresso della CNA e disse che si sarebbe soppressa - o ridotta, adesso non ricordo - l'IRAP proprio nel momento in cui discutevamo la legge finanziaria. Poi venne il Ministro Tremonti - o il viceministro Vegas, non ricordo - e disse: «sì, va bene. Ora non possiamo. Faremo la riforma fiscale, però la priorità è l'IRPEF». E poiché abbiamo tasse progressive dovremmo agire sull'IRPEF con deduzioni e detrazioni per agevolare i redditi più bassi. Di tutto questo, signor Presidente, non abbiamo visto niente.
La strada maestra per far riprendere la domanda interna è quella di agire sul potere di acquisto delle nostre famiglie, domanda che occupa il ventisettesimo posto al mondo mentre noi sediamo al G8 (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Dunque, la manovra da fare era concedere sgravi fiscali, agire sui redditi bassi di lavoratori e pensionati dando loro cento euro in più al mese o facendo pagare loro 100 euro di tasse in meno ogni mese, in modo da far ripartire la domanda interna perché questi soldi, non potendo le famiglie arrivare al 30 del mese, si riverserebbero direttamente e immediatamente nei consumi e nella domanda, diversamente rispetto a quando voi abbassate le tasse ai redditi più alti.
Questo, signor Presidente, onorevoli colleghi, si poteva fare anche in presenza dei vincoli di bilancio che abbiamo. Vi cito tre voci che già raddoppiavano la cifra necessaria per dare questi sgravi fiscali: avremmo dovuto rinunciare alle quote latte; avremmo dovuto rinunciare a sopprimere l'ICI ai ricchi; infine, avremmo dovuto fare un'altra operazione per Alitalia. In questo modo avremmo avuto le risorse per portare il potere d'acquisto Pag. 35delle nostre famiglie al livello che deve occupare in Europa, cioè fra i primi Paesi mentre, invece, oggi è in fondo al gruppo. La terza opportunità, signor Presidente, quella della qualificazione della spesa l'abbiamo persa subito con la famosa manovra estiva, quella dei tagli lineari. Non la commento perché l'ho già commentata altre volte, ma i dati sono qui a testimoniare come i conti siano fuori controllo, come vi sia un costante aumento della spesa corrente - e non di quella per investimenti - e come vi sia un costante aumento del debito pubblico. Anche questa era una scommessa. Questo Governo dichiara il proprio fallimento su evasione fiscale, crescita - e non vi cito i dati di previsione, che sono i peggiori in Europa, proprio perché non forniamo ossigeno alla domanda interna - e qualificazione della spesa. Questo Governo dichiara il proprio fallimento su queste tre linee, che sono le uniche linee che possiamo perseguire.
Infine, voglio dire una parola - e sarà più preciso di me l'onorevole Duilio, se interverrà - sugli effetti finanziari di questo provvedimento che ha impegnato la Commissione bilancio. Signor Presidente, nel momento in cui voi approverete con la vostra fiducia - perché non vi daremo la nostra fiducia - questo provvedimento rimangono molti dubbi aperti sulla effettiva copertura finanziaria. Il servizio studi della Camera dei deputati ci ha fornito un dossier sul testo di oltre 75 pagine. In ogni comma e in ogni articolo di entrata - mi riferisco sostanzialmente alle entrate - vi è un richiamo forte alla incertezza delle stime.
Le statistiche non sono state fatte correttamente, i conti non sono suffragati da stime reali e c'è costantemente un richiamo alle incertezze della stima: così per le frodi fiscali IVA, per gli illeciti fiscali internazionali, per gli illegittimi utilizzi del credito d'imposta, per il recupero indebito dell'INPS e per le notifiche dall'estero.
A questo proposito, Presidente Lupi, credo che sia degno di nota per la Presidenza della Camera richiamare la relazione della Corte dei conti sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri delle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2009 (pubblicata a gennaio 2010), perché - dice la Corte dei conti - potrebbe risultare non cautelativo l'utilizzo di maggiori entrate la cui individuazione potrebbe essere non agevole anche a consuntivo, in quanto è collegata ad un possibile effetto dissuasivo di comportamenti fraudolenti a copertura di maggiori spese certe, sia nella realizzazione che nell'ammontare, come nel caso di questo provvedimento in esame. Quando parliamo di contrasto e di lotta all'evasione fiscale e ne stimiamo gli effetti, Presidente, sarebbe buona norma spendere tali effetti quando effettivamente si realizzano.
In questo caso c'erano altre possibilità per trovare risorse; ho citato soltanto tre voci relative alle scelte che questa maggioranza ha compiuto e che sarebbero state ampiamente sufficienti per dare una risposta significativa - lo ribadisco: significativa - al tema principale che è quello del reddito delle famiglie.
Riguardo ai miei emendamenti, essi non saranno oggetto di discussione in quest'Aula, il che, ovviamente, mi dispiace, perché avevo dato fondo a tutte le mie possibilità creative, visto che il Ministro dell'economia e delle finanze sembra che in questa fase abbia perso questa capacità. Avevo cercato di costruire quattro emendamenti che ruotavano tutti attorno ad un settore particolare, quello del mobile e dell'arredo, che però andavano ad incidere su altri settori, avrebbero provocato anche comportamenti, produzione e rinnovamento del nostro sistema produttivo.
Ricordo che il settore dell'arredamento e del mobile in particolare, che rappresenta una delle quattro A del made in Italy, assorbe il 9 per cento degli addetti di tutto il settore manifatturiero; è il secondo settore italiano per numero di imprese: vi sono 4 mila aziende con 410 mila addetti e fattura circa 40 miliardi di euro. Nonostante tale settore sia stato toccato pesantemente da questa crisi, in questo provvedimento è stata introdotta un'unica previsione sull'efficienza energetica degli elettrodomestici Pag. 36e delle cucine componibili, che secondo noi è del tutto insufficiente.
In tutti i decreti-legge anticrisi, le finanziarie e i decreti-legge incentivi ci siamo scordati, ad esempio, di grandi ed importanti settori strategici per il nostro Paese: uno di questi, Presidente, è il turismo, riguardo al quale ogni anno vediamo arretrare nella classifica il nostro Paese, mentre nel mondo è percepito nel novero dei Paesi che le persone vorrebbero maggiormente visitare. Questa è la visione dell'Italia nel mondo, ma ciononostante non intercettiamo i grandi flussi turistici.
Le cito il turismo perché l'emendamento a cui tenevo di più interveniva sulla cosiddetta Tremonti-ter e la detassazione degli utili reinvestiti per il 50 per cento. È una misura che ha prodotto alcuni risultati, noi ne chiedemmo l'ampliamento anche in fase di approvazione e ci abbiamo riprovato adesso, perché non sono forse beni strumentali anche gli arredi degli alberghi? Allora, per quale ragione non applicare la Tremonti-ter, cioè la detassazione degli utili reinvestiti, anche a chi rinnova gli arredi degli alberghi?
Credo che abbiamo un'offerta turistica da riqualificare e il mio emendamento, quindi, comprendeva i benefici della detassazione degli utili reinvestiti a chi realizza investimenti per gli arredi degli alberghi, per gli arredi dei negozi, presidente Conte, anche allo scopo di riqualificare l'offerta commerciale del nostro Paese, e per chi rinnova gli arredi degli uffici.
Ebbene, credo che ciò avrebbe dato la possibilità di azione in vari settori.
C'era un secondo emendamento, presidente Conte, cui tenevo particolarmente, perché rappresenta un tema tra l'altro ripreso nel corso dei lunghi annunci che ci sono stati per questo decreto incentivi dell'ex Ministro Scajola - posso chiamarlo ormai ex - ovvero il bonus fiscale ai giovani che mettono su casa. Molto spesso diciamo che i nostri ragazzi si attardano per molti anni dentro le case. La proposta era di dare loro 10 mila euro per arredare la loro prima casa (siano coppie o giovani single) e intervenire affinché li potessero dedurre dalla loro imposizione fiscale. Anche questa era una norma volta a sostenere in modo più generale la famiglia.
Un terzo emendamento riguardava sempre la possibilità di portare in detrazione le spese per l'arredo della prima casa. Si hanno agevolazioni per l'acquisto della prima casa e l'IVA al 4 per cento per chi costruisce la casa, però la prima casa bisogna anche arredarla con i costi di oggi. Quindi, ci sembrava opportuno collegare un credito di imposta anche alla prima casa, così come collegarlo alle ristrutturazioni: chi ristruttura la casa abbia un bonus fiscale per arredare la nuova casa ad uso abitativo. Tra l'altro, ciò avrebbe rinnovato una norma da voi inserita in uno degli ultimi provvedimenti che, però, è scaduta a novembre. Non è stata pubblicizzata e non ha dato grossi effetti, anche perché era stata impostata in maniera complicata e io ne avevo proposto una versione molto più semplificata, che senz'altro avrebbe avuto successo.
Se avessimo potuto discutere, presidente Conte e sottosegretario Saglia, questi quattro emendamenti in Aula, forse il Governo avrebbe cambiato opinione e forse avremmo potuto trovare le coperture necessarie, visto che dal decreto-legge risulta un miglioramento dei saldi. Questo non ci è stato permesso, dunque, come i colleghi hanno detto, il nostro voto non potrà che essere contrario alla fiducia da voi chiesta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, anch'io svolgerò qualche rapidissima riflessione sul provvedimento al nostro esame, anche se per modo di dire visto che ormai è stata posta la questione di fiducia e dobbiamo utilizzare queste interpretazioni del Regolamento della Camera per poter intervenire su alcuni emendamenti, ormai decaduti proprio per la posizione della questione di fiducia.
I colleghi che mi hanno preceduto - il collega Vannucci, la collega Rubinato e il collega Nannicini - hanno toccato alcuni Pag. 37punti importanti da noi posti come gruppo del PD in sede di Commissioni, relativamente alle polizze dormienti e, in maniera particolare, al sostegno di alcuni settori, utilizzando strumenti normativi, come ha ricordato la collega Rubinato, per dare un sostegno concreto soprattutto alle giovani generazioni e a chi mette su famiglia per arredare e per realizzare una casa con caratteristiche finalizzate al risparmio energetico.
Prima di esaminare alcuni emendamenti da me presentati, vorrei sottolineare un dato drammatico che emerge: quando gli esponenti parlamentari del centrosinistra e del PD esprimono preoccupazioni e critiche alla politica di questo Governo, a mio modo di vedere - lo dico per me stesso ma penso di interpretare anche lo stato d'animo dei colleghi - queste critiche non vengono fatte con la felicità nel cuore.
Infatti, a noi sta a cuore il bene dell'Italia, la prospettiva futura di questo Paese, la sua possibilità reale di crescere. Quindi se vengono fatte delle critiche, accanto alle numerosissime proposte presentate - non solo in questo provvedimento ma anche in precedenti provvedimenti di carattere economico e legati alla possibile crescita del Paese -, tutto questo viene fatto da parte nostra proprio perché abbiamo l'obiettivo serio, concreto, reale di contribuire a migliorare la situazione complessiva del Paese a partire dalla sua condizione economica e sociale. Se talvolta i nostri interventi possono essere interpretati da qualcuno come delle sottolineature, forse eccessivamente aspre, la finalità premia ed è superiore a questo aspetto, la finalità è quella di dare un apporto a risolvere i problemi del nostro Paese.
Come dicevo, purtroppo da anni, e soprattutto in questi ultimi due o tre anni, non c'è una seria e vera politica industriale messa in campo dal Governo di questo Paese. Si sta procedendo con «interventi tampone» che vengono molto bene annunciati e propagandati, come il provvedimento di cui ci stiamo occupando in questi giorni, che era stato annunciato con grande enfasi, addirittura alla fine dell'anno scorso, poi già nelle prime settimane del 2010, per materializzarsi, guarda caso, il 25 marzo, a pochi giorni dalla tornata elettorale regionale. Tra l'altro si tratta di un provvedimento molto debole, inadeguato e insufficiente rispetto ai problemi veri di questo Paese. Quindi i rilievi, le osservazioni, le proposte che noi abbiamo fatto nelle Commissioni, che tentiamo di fare anche in quest'Aula, pur sapendo che gli emendamenti sono decaduti, avevano ed hanno lo scopo di cercare di migliorare la politica del Governo, di questo Paese.
Si assiste alla mancanza di una politica industriale, basti pensare a settori strategici come quello delle telecomunicazioni, delle infrastrutture, dell'energia. Si parla tanto del ritorno al nucleare ma qui, guarda caso, una scelta così importante e strategica, viene sostanzialmente delegata alle compagnie, alle società private che avrebbero intenzione di investire. Per cui, da parte di questo Governo, c'è una rinuncia a mettere in campo una sua politica industriale nei diversi settori.
Qui si parla tanto di comparto manifatturiero, che ancora rappresenta la struttura fondante, costituita dalle tantissime piccole e medie aziende. È una realtà importantissima per il rilievo economico e sociale dell'intero nostro Paese. Tuttavia, questo è un settore lasciato alla deriva perché non sono certamente questi modestissimi interventi che - come hanno ricordato diversi miei colleghi - o sono già esauriti o non producono quell'effetto sperato.
Ha ragione il collega Vannucci: la via maestra per restituire potere d'acquisto alle famiglie, quindi per sostenere la domanda di consumi, era e rimane quella delle detrazioni fiscali, soprattutto sul lavoro dipendente e sulle pensioni. Si tratta di una scelta strategica che il precedente Governo, il Governo Prodi, aveva indicato in un comma del primo articolo della legge finanziaria per il 2007; poi il Governo è entrato in crisi, la legislatura è stata interrotta ma quello era un caposaldo, una scelta importante che guardava proprio alle categorie sociali più deboli e più in difficoltà. Pag. 38
Invece questo Governo prosegue con interventi che aiutano, come è stato ben ricordato, le categorie sociali più abbienti: l'abolizione dell'ICI sulla prima casa, indistintamente a tutte le categorie sociali, o l'operazione Alitalia, che ha fatto diminuire la concorrenza nel settore del trasporto aereo, ha fatto aumentare le tariffe ed ha comportato un peggioramento del livello dei collegamenti tra Roma e Milano ed i principali aeroporti del nostro Paese.
Quindi, sono operazioni che sono state il frutto di una propaganda elettorale politica e che pesano sul bilancio dello Stato. A proposito di questo - lo dico in maniera molto sincera e corretta, nel pieno rispetto di chi ha un compito oggi molto difficile - mi auguro che quello che sta dicendo il Ministro Tremonti in questi giorni e in queste settimane, avallato, è vero, anche da alcune valutazioni di istituzioni finanziarie internazionali e agenzie di rating, e cioè che i conti pubblici del nostro Paese sono totalmente in regola, sono affidabili e sono sotto controllo, risponda al vero e non venga contraddetto in futuro, per l'aprirsi di situazioni di difficoltà.
Dico questo con grande sincerità e con spirito di dedizione al nostro Paese. Infatti, pensiamo, per esempio, che i conti del 2009 sono sostanzialmente in regola grazie a due operazioni una tantum: una è quella dello scudo fiscale. Non torno qui a ripetere quello che abbiamo detto in maniera forte, chiara e trasparente su quell'operazione, che ha agevolato gli evasori e ha avuto un impatto psicologico devastante per il rapporto tra i contribuenti di questo Paese, lo Stato e il Ministero dell'economia e delle finanze.
Comunque, grazie a quella partita, a quell'intervento, e grazie anche alla rivalutazione prevista degli asset in base agli IAS, si è dato fiato ai conti pubblici.
Però, si tratta di due interventi una tantum, non ripetibili. Considerando i conti di quest'anno, con il peggioramento del debito pubblico, che è noto a tutti (rispetto ad altri Paesi, abbiamo una possibilità di crescita molto limitata), non so come saranno realmente i conti alla fine di quest'anno.
Ripeto, mi auguro di essere smentito e di sbagliare, però noto che, con grande enfasi, anche qualche collega della maggioranza, negli interventi di ieri, si è sperticato in lodi, dicendo addirittura che il nostro Governo in campo finanziario ormai è un modello e un esempio per tutti.
Diciamo la verità fino in fondo, almeno questa è la mia opinione: se il nostro Paese, durante le grandi turbolenze finanziarie internazionali, non ha avuto delle conseguenze pesanti, lo si deve a due fattori, a mio modo di vedere, più che all'azione del Governo.
Lo si deve ad una complessiva - sottolineo, complessiva - capacità di vigilanza e di controllo delle autorità del nostro Paese, come la Banca d'Italia, la Consob e l'Isvap (cito queste tre, ma ce ne potrebbero essere altre), e anche al fatto che il sistema bancario italiano non aveva in pancia un'enormità di titoli tossici, come invece è accaduto negli altri Paesi.
Infatti, se vi fosse stata una presenza di titoli tossici di dimensione elevata nel sistema bancario italiano, probabilmente qualcuno non farebbe oggi questi grandi elogi alle grandi scelte di politica finanziaria del nostro Governo.
Diciamo che ci è andata bene per questi motivi, più che per una qualche invenzione o qualche straordinaria capacità demiurgica del Ministro dell'economia e delle finanze. So che svolge un compito complicato e difficile e, nella chiarezza, nella trasparenza, nel limite delle possibilità e nell'interesse del Paese, si deve dare anche il contributo e la collaborazione di fronte a situazioni gravi e di emergenza, ma non enfatizziamo oltre ogni limite.
Tornando ai problemi di cui si occupa questo provvedimento, signor Presidente, onorevoli colleghi, avendo anche sottoscritto gli emendamenti illustrati dai colleghi che mi hanno preceduto, mi limito a fare alcune battute conclusive su due o tre emendamenti che avevo presentato, che erano semplicemente e puramente un piccolissimo contributo sul piano strettamente Pag. 39tecnico per quanto riguarda la gestione del contenzioso e il rapporto tra contribuenti e fisco.
Oggi, nella comunicazione del Presidente circa gli emendamenti ritenuti inammissibili, ho notato una contraddizione, mi sia permesso, lo dico nel massimo rispetto della Presidenza: quando si dice che essi non sono strettamente attinenti alla materia del decreto-legge in esame e non sono stati previamente presentati nelle Commissioni, non capisco perché ciò intervenga su due dei tre emendamenti, giacché i tre emendamenti che sono stati presentati in Aula non erano stati presentati in Commissione solo per una ragione di procedura tecnica. Si tratta dunque di un elemento che poteva benissimo essere superato.
Noto però la contraddizione contenuta nel fatto che si tratta di emendamenti che riguardano il percorso legato ad una semplificazione, ad un contributo alla chiarificazione del percorso della gestione dei ricorsi e delle procedure di riscossione. Avevo presentato il mio emendamento 3.300, ad esempio, che è stato dichiarato inammissibile, e che disponeva l'abrogazione del secondo periodo del comma 2 dell'articolo 53 del decreto legislativo del 31 dicembre 1992, n. 546 per fornire, anche in questo caso, un aiuto a migliorare il rapporto tra il cittadino contribuente e lo Stato: esso era, ed è, diretto a ripristinare il testo originario di tale comma 2. Era stato infatti introdotto un comma dal decreto-legge n. 203 del 2005, con cui si prevedeva un adempimento assolutamente pleonastico, considerando il fatto che oggi, con il sistema dei collegamenti telematici, è possibile un rapido scambio di informazioni tra le commissioni dei diversi livelli del percorso relativo alle cause tributarie, quelle di livello provinciale e regionale: per l'ammissibilità dell'atto di appello bisognava depositarne una copia anche presso la segreteria della commissione provinciale. Tale aspetto, che non ha grande rilevanza concreta, poteva benissimo essere accolto, in quanto dà «una mano» al contribuente: soprattutto quello piccolo, quello che non è addentro a questi meccanismi, e che magari tante volte inoltra il ricorso personalmente, senza l'ausilio di un professionista.
Non mi addentro e non approfondisco ulteriormente gli altri due emendamenti. Anch'essi erano però finalizzati a migliorare, lo ripeto ancora una volta, la gestione del rapporto tra il contribuente e lo Stato, facendo in modo di aumentare il livello dell'equità e della giustizia fiscale.
Concludendo, signor Presidente, colleghi, il provvedimento in esame uscirà ormai dal voto di fiducia dell'Assemblea - salvo sorprese sempre possibili, viste le situazioni di questi ultimi tempi - nel testo contenuto nell'emendamento interamente sostitutivo presentato oggi dal Governo. Però, lo ripeto, non è questo l'aiuto che il Paese, e soprattutto il mondo economico e produttivo, si attendevano.
Noi ci auguriamo che da parte del Governo, da parte della maggioranza vi sia la disponibilità in concreto prima dell'estate ad entrare nel merito di alcune grandi questioni, che sono state sollevate in più occasioni dal Partito Democratico; e che vi sia finalmente la volontà del Governo di intervenire in maniera robusta, come hanno fatto altri grandi Paesi europei. E siccome noi crediamo che l'Italia possa e debba rimanere a pieno titolo fra i grandi Paesi europei, ci auguriamo che essa segua (in questo caso sì, a rovescio) l'esempio di Paesi come la Germania e la Francia, in particolare, che sono intervenuti in maniera molto più robusta per far fronte alla crisi, e non con questo modestissimo intervento, che ha creato grandi aspettative, ma che nei fatti rappresenta per tanti una grande delusione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia dei Valori ha presentato una serie di emendamenti - non tanti - perché abbiamo ritenuto di selezionare le questioni più importanti proprio per evitare di dare adito a critiche Pag. 40di ostruzionismo. Purtroppo abbiamo riscontrato che puntualmente sono stati tutti respinti, cancellati, annullati, non presi in considerazione, eppure servivano per segnalare e per cercare di dare risposte positive ai cittadini, per dare soluzione ai problemi, insomma erano davvero estremamente costruttivi.
Ad esempio, il primo che abbiamo presentato riguardava le cosiddette polizze dormienti per le quali in verità già esiste una confusione iniziale, nel senso che nel fondo che viene previsto a garanzia delle frodi in danno dei consumatori, costituito con i cosiddetti titoli dormienti, sono state inserite anche le cosiddette polizze dormienti. Ma se tanto è possibile per il settore bancario nel quale, ad esempio, non vi è alcuna prescrizione per quei conti correnti che non hanno movimentazione e dove quindi era necessario regolamentare per legge un'eventuale prescrizione (e quindi i relativi diritti degli utenti), invece nel settore assicurativo non funziona così, perché lì è espressamente prevista per legge la prescrizione. Con l'articolo 2956 del codice civile si prevede infatti il termine entro il quale il beneficiario della polizza o un suo erede ha diritto a richiedere alla compagnia di assicurazione il riconoscimento della prestazione. Già con la legge n. 166 del 2008 era stato in realtà elevato il termine di prescrizione da uno a due anni ma con una norma che addirittura prevedeva la retroattività, ovvero non veniva riconosciuta al beneficiario un'eventuale restituzione dei capitali versati. Ciò avveniva malgrado vi fosse in tal senso anche una posizione delle compagnie di assicurazione che, secondo una certa prassi ormai, non opponevano più alcuna resistenza in ordine alla prescrizione e quindi non limitavano questo diritto di chi aveva sottoscritto delle polizze assicurative, delle polizze vita, e quindi il beneficio di poter incassare le somme maturate con eventuali capitalizzazioni ed interessi.
In tal senso vi erano stati pure un orientamento e direttive precise dell'autorità di vigilanza, l'ISVAP, che invitava appunto le compagnie di assicurazione a non ledere i diritti dei consumatori anche quando è intervenuta una prescrizione, che naturalmente poi diventa un momento di conclusione, di estinzione del diritto stesso. Proprio per questa ragione abbiamo presentato un emendamento perché riteniamo che bisogna dare una possibilità a cittadini che per venti, venticinque, trenta anni addirittura hanno versato premi assicurativi alle compagnie e che per una determinata ragione o per il decesso del contraente non hanno poi avuto la possibilità di riprendere i capitali versati.
Proprio per questa ragione volevamo che vi fosse un minimo di giustizia per tanti cittadini, però l'emendamento che abbiamo presentato in tal senso è stato respinto; ma la cosa più assurda è che sia nel maxiemendamento sia nell'emendamento Vincenzo Antonio Fontana 2.301, che è stato accolto dalla maggioranza, è stato previsto che il termine di prescrizione di diritto dei beneficiari sia scaduto soltanto successivamente al 28 febbraio 2008.
Ciò significa che il Governo riconosce la necessità di restituire a questi cittadini i premi versati, però lo fa con decorrenza dal 28 ottobre 2008 in poi e, quindi, per tutti i casi precedenti (ovvero per tutti i casi che si erano verificati dal 1o gennaio del 2006 fino al 28 ottobre 2008) si vogliono punire quei cittadini che si trovano nella stessa situazione di quelli che abbiamo previsto nella fascia successiva (dall'ottobre 2008 a tutt'oggi). Come vedete persiste una situazione di disparità e di ingiustizia, che riconoscete ma mantenete ancora in piedi.
Con questa situazione, a dispetto del fatto che il Governo Berlusconi ha sempre detto di non mettere le mani nelle tasche degli italiani, sembra che addirittura (più che mettere le mani in tasca agli italiani) si faccia proprio una rapina nei confronti degli italiani che hanno versato premi assicurativi, che hanno dato i risparmi di una vita a una compagnia di assicurazione, e che per una ragione o per l'altra non vedono restituiti tali soldi. La cosa più grave è che si reca soprattutto un danno di immagine all'intero comparto assicurativo, perché poi il consumatore, l'assicurato, il beneficiario della polizza stessa, Pag. 41non se la prende con il Governo Berlusconi, o con il Ministro, o con la maggioranza di centrodestra, o con il PdL, che hanno realizzato questo provvedimento, ma si rivolge alla propria agenzia di assicurazione, al proprio assicuratore.
Quindi ci sono 125 mila intermediari assicurativi che in questo momento vengono danneggiati, perché l'assicurato, il consumatore se la prende direttamente con loro, va al banco di questi intermediari a far valere le proprie ragioni. È un danno di immagine soprattutto al comparto assicurativo, a tutti gli operatori del settore assicurativo, atteso tra l'altro che proprio nel 2009 c'è stato un incremento, un boom di polizze assicurative, proprio di polizze tradizionali, di polizze con premi ricorrenti, le cosiddette polizze salvadanaio. Perché? Per effetto di questa crisi economico-finanziaria che, dal caso Lehman Brothers in poi, ha terrorizzato tutti i mercati, e tutti hanno preferito rivolgersi al mercato tradizionale, alla solita polizza sotto casa, all'ufficio dell'agente di cui ha fiducia. C'è stato infatti un grosso incremento di premi vita nel 2009, un dato molto positivo per il comparto assicurativo, che in questo modo invece, con questo provvedimento, è danneggiato fortemente dal Governo. È la ragione per la quale noi su questo emendamento ci siamo tanto battuti.
Allo stesso modo ci siamo battuti sull'emendamento che prevedeva un minimo di attenzione per la banda larga. Proprio ieri su la Repubblica c'era un interessantissimo articolo che riportava uno studio di Confindustria, dal quale emerge che con la banda larga in Italia si risparmiano 30 miliardi di euro all'anno. Infatti velocizzando Internet e portando le famiglie digitali dal 45 all'80 per cento e le aziende digitali dal 65 al 100 per cento si dà una spinta alla modernizzazione di questo Paese.
Da questo studio di Confindustria addirittura risulta che i Paesi che maggiormente hanno utilizzato la banda larga registrano un incremento del PIL dello 0,89 per cento, mentre i Paesi dove non è diffusa la banda larga registrano un incremento del PIL dello 0,47 per cento. Quindi questo certifica l'importanza della banda larga cui il Governo non ha dato risposte. E non lo ha fatto per quanto riguarda un altro emendamento (cui tenevamo tantissimo) a prima firma dell'onorevole Di Pietro, che riguardava il settore bieticolo-saccarifero, a proposito del quale c'era stato l'impegno del Governo (con il Ministro Zaia) a riconoscere (c'erano anche le autorizzazioni dell'Unione europea) una sorta di aiuti nazionali, che - lo ripeto - erano autorizzati in sede comunitaria.
Per quale motivo? Perché questo è un settore importante, strategico, dove ci sono diecimila aziende agricole, ci sono quattro stabilimenti industriali, migliaia e migliaia di lavoratori che avevano bisogno di una spinta, se questo davvero fosse stato un decreto-legge per aiutare la crescita, lo sviluppo, la ripresa economica di questo Paese.
Quindi alla fin dei conti - concludo - per la verità questo decreto-legge cosiddetto «incentivi» si riduce ad una pura manovra finanziaria pro banche, pro evasori, pro Ministro La Russa, perché con i condoni che voi approvate con il presente pacchetto più la rimodulazione dei giochi, andate semplicemente a finanziare le missioni internazionali del Ministro della difesa. Allo stesso modo con le piattaforme navali duali, voi non fate altro che alimentare l'industria militare. Dunque abbiamo capito che questo provvedimento «incentivi» è servito per accontentare il Ministro La Russa perché in questo momento si aveva bisogno di estirparlo dalla sua posizione politica originaria e portarlo nell'alveo berlusconiano. Tuttavia non è possibile fare una legge per fare giochetti politici, giochetti di correnti. Questa «roba» non serve agli italiani, secondo me è solo un incentivo ai Ministri.
Al Ministro La Russa abbiamo dato questo incentivo, l'incentivo del SUV, della macchina che gli abbiamo regalato e, quindi, questo è un provvedimento per i «Ministri incentivati». Così a La Russa diamo il SUV, gli regaliamo una macchina e a Scajola un appartamento. Questo, lo ripeto, è un provvedimento per i «Ministri incentivati». Questo è il Governo che ci Pag. 42propone incentivi per i Ministri e non incentivi per l'economia, per lo sviluppo e per l'Italia.

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti.
Il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani con lo svolgimento a partire dalle ore 16 delle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia con ripresa televisiva diretta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 5 maggio 2010, alle 16:

Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori. (C. 3350-A)
- Relatori: Milanese, per la VI Commissione; Fava, per la X Commissione.

La seduta termina alle 19,30.