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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 297 di mercoledì 10 marzo 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,40.

MIMMO LUCÀ, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bongiorno, Brancher, Caparini, Cirielli, Donadi, Gregorio Fontana, Franceschini, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Graziano, Jannone, Leone, Mantovano, Martini, Menia, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Mura, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Pescante, Ravetto, Rigoni, Roccella, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Vernetti e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni (A.C. 3146-A) (ore 9,49).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni.
Ricordo che nella seduta del 4 marzo 2010 è iniziato l'esame degli ordini del giorno e il rappresentante del Governo ha espresso i prescritti pareri.

Preavviso di votazioni elettroniche.

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 10,10.

La seduta, sospesa alle 9,50, è ripresa alle 10,10.

Si riprende la discussione.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, giacché abbiamo all'ordine del giorno l'esame di due decreti-legge, il primo sugli enti locali e il secondo sull'Agenzia per la confisca dei beni, assolutamente in conseguenza e in continuazione con le valutazioni che noi già facevamo ieri, proponiamo - e chiediamo che ciò sia messo ai voti - che sia rinviato a domani Pag. 2il seguito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di enti locali e regioni, e che si prosegua con il secondo punto posto all'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, lei propone un rinvio dell'esame del provvedimento: è correttissimo, la proposta è evidentemente accettabile; vediamo come si esprime l'Assemblea. Devo ritenere che l'intervento a favore sia già stato svolto oppure qualcuno intende intervenire spiegando meglio le ragioni?

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare a favore.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, prendo la parola per intervenire a favore della proposta dell'onorevole Giachetti, alla luce di quanto sta accadendo in Aula in questi giorni, e a seguito anche della Conferenza dei presidenti di gruppo, nel corso della quale noi come UdC abbiamo espresso la nostra volontà di non fare ostruzionismo, ma certamente di deprecare quello che è stato l'atteggiamento rispetto ad un decreto-legge che è stato emanato.
Ritenendo quindi che anche il punto successivo all'ordine del giorno sia un punto di estrema importanza, e mancando soltanto alcuni ordini del giorno per quanto attiene al decreto-legge sugli enti locali, svolgo questo intervento come dichiarazione a favore della proposta dell'onorevole Giachetti relativamente alla modifica dell'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Quindi, onorevole Compagnon, lei è a favore della sospensione della discussione. Ho «bisogno» di un intervento contro la sospensione.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare contro.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, già nella giornata di ieri abbiamo assistito ad una richiesta analoga da parte dei gruppi di opposizione, e in questo caso la richiesta era motivata sul piano politico, almeno formalmente, dall'anticipo dell'esame del provvedimento sulle cure palliative: un testo condiviso dalla maggioranza; un testo sul quale, evidentemente anche a seguito delle votazioni che sono state svolte, si è dimostrata una grande convergenza dell'intera Assemblea, da parte di tutti i gruppi, è ciò nonostante un precedente scontro, seppure leggero, in sede di discussione sulle linee generali di un altro provvedimento, che aveva impedito, a seguito di una scelta dell'opposizione di innescare un ostruzionismo di ampio raggio, l'anticipo della discussione sulle linee generali della proposta di legge sulle cure palliative stesse.
Purtuttavia, nella giornata di ieri si è proceduto all'accantonamento del decreto-legge sugli enti locali, e si è affrontato il provvedimento sulle cure palliative, partendo proprio dalla discussione sulle linee generali, che si è svolta, e a cui ha fatto seguito l'esame degli articoli, degli ordini del giorno ed il voto finale.
In questo caso abbiamo di fronte un altro passaggio. Il decreto-legge sugli enti locali, lo ricordo sommessamente all'Assemblea, è in dirittura d'arrivo; è stato oggetto dell'esame da parte dell'Assemblea durante la scorsa settimana.
È un decreto-legge su cui il Governo ha ritenuto legittimamente di porre la questione di fiducia, che è stata votata da questa Assemblea.
A seguito degli accordi intercorsi nella Conferenza dei presidenti di gruppo che si è tenuta la settimana scorsa, si sarebbe dovuto quindi procedere all'esame degli ordini del giorno, gran parte dei quali sono stati ritirati da tutti i gruppi (PdL, Lega, PD e dell'UdC), salvo il gruppo dell'Italia dei Valori. Si sarebbe dovuto procedere, come dicevo, all'esame dei pochi ordini del giorno, alle dichiarazioni di voto ed alla votazione finale sul provvedimento nella mattina di ieri (quando la Camera era stata convocata per le ore 11); Pag. 3successivamente, si sarebbe dovuto procedere all'esame del decreto-legge che istituisce l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle criminalità organizzata.
Signor Presidente, è evidente che lo slittamento di un giorno nell'esame del decreto-legge ha comportato l'esaurimento di altri punti all'ordine del giorno, ma oggi questo decreto-legge è iscritto al primo punto dell'ordine del giorno.
Ritengo dunque che i gruppi di maggioranza non possano accedere alla richiesta formulata dall'onorevole Giachetti, perché credo che si debba procedere all'esame degli ordini del giorno, alle dichiarazioni di voto ed alla votazione finale, assodato - e sottolineo anche questo aspetto - che nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo che si è tenuta ieri alle ore 13,30 l'opposizione non ha dato disponibilità alcuna a stabilire un percorso di chiusura dell'esame del provvedimento in discussione.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, deve concludere.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, ritengo quindi che un ulteriore rinvio sarebbe assolutamente negativo per il percorso dei nostri lavori. Faccio anche presente che, a seguito della indisponibilità dell'opposizione a garantire un percorso certo nell'esame di questo provvedimento e dell'altro decreto-legge, ed avendo la stessa innescato un meccanismo di ostruzionismo a 360 gradi risulta che l'accordo, cui si era giunti nella Conferenza dei presidenti di gruppo della settimana scorsa, in ordine all'esame degli altri punti posti all'ordine del giorno, ivi compreso anche il dibattito sulle mozioni in materia economica, è saltato.
Signor Presidente, a tale riguardo intendo lasciare agli atti dell'Assemblea che questo punto all'ordine del giorno non è saltato per una paura della maggioranza a confrontarsi sui temi economici - visto che in quest'Aula lo abbiamo fatto spesso e volentieri - ma perché è stato attivato, come detto, un meccanismo di ostruzionismo a 360 gradi, che ovviamente ha fatto slittare l'intero calendario (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Pongo dunque in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio a domani del seguito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di enti locali e regioni.

(È respinta - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 3146-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 3146-A). Passiamo all'ordine del giorno Garagnani n. 9/3146-A/2, accettato dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Garagnani non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/3146-A/2, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Brugger n. 9/3146-A/5, accettato dal Governo.

GIANCLAUDIO BRESSA. Sì, Signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, volevo svolgere una dichiarazione di voto, anche perché l'ho concordata con l'ex collega Monaco, per cui ci tengo che resti agli atti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo è un ordine del giorno particolarmente importante perché è il segnale di come il Governo affronta i temi delle autonomie speciali, argomento che prima o poi quest'Aula avrà il dovere e la necessità di Pag. 4affrontare compiutamente. In questo ordine del giorno chiediamo che il Governo si impegni ad adottare iniziative, anche normative, volte ad attribuire una mera valenza statistica alla certificazione sul maggior gettito ICI accertato per l'anno 2009, dai comuni delle province autonome di Trento e di Bolzano, al solo fine di poter consentire allo Stato di effettuare i necessari calcoli macroeconomici, e, pertanto, a non ritenere applicabile alle medesime province l'articolo 4, comma 4-quater, lettera b), del testo in approvazione oggi.
Chiediamo questo perché la situazione che vi è nel Trentino Alto Adige è sostanzialmente diversa dal resto del Paese. Vorrei ricordare all'Assemblea che le province di Bolzano e di Trento, avendo competenza primaria in tema di finanza locale, garantiscono sostanzialmente in maniera integrale il sistema della finanza locale. Giusto perché abbiate un termine di paragone: su 116 comuni della provincia di Bolzano solo 16 applicano l'ICI e a livello minimale; nel caso della provincia di Trento il dato è ancora più clamoroso perché su oltre 230 comuni sono solo 2 quelli che applicano l'ICI. Ciò sta a significare che il sistema di garanzie finanziarie che le due province autonome hanno attuato nei confronti degli enti locali consente agli enti locali stessi piena autonomia. È esattamente un esempio che potrebbe diventare un paragone positivo e virtuoso per il resto del Paese.
Vi è poi da sottolineare un'altra questione molto importante: nella recente legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), all'articolo 2, commi da 106 a 125, vi è una norma che specifica che ogni volta che lo Stato interviene in materia di finanza locale, anche istituendo nuovi tributi, la provincia deve intervenire sempre con propria legge provinciale. Non vi è alcun automatismo perché è una competenza primaria. Allora ignorare questo aspetto, e non immaginare di stralciare le posizioni di Trento e di Bolzano, è un errore grave che può anche viziare l'intero provvedimento d'incostituzionalità.
È del tutto evidente che una competenza primaria, stabilita dallo Statuto, che è legge di rilevanza costituzionale, è fonte sovraordinata a qualsiasi legge ordinaria statale. Ed è per questo che abbiamo chiesto, durante i lavori nelle Commissioni, che questa parte venisse stralciata. Il fatto che questo non sia avvenuto, e che lo si cerchi oggi di correggere attraverso uno strumento sicuramente utile, ma improprio, quale è l'ordine del giorno, sta a dimostrare come anche in questa occasione non vi è stata quella sensibilità che sarebbe necessario dimostrare in questi atti e che probabilmente sarebbe utile nel momento in cui, come dicevo all'inizio del mio intervento, il Parlamento si porrà il tema delle autonomie speciali. Ciò sarebbe importante soprattutto in relazione al fatto che entrando - se e quando mai entreremo - nella nuova dimensione del federalismo fiscale, questa sarà una partita che dovrà avere una sua rivisitazione, un suo ripensamento, sempre però partendo dai dati ineliminabili degli Statuti che sono leggi costituzionali che garantiscono alle regioni autonome uno statuto e delle condizioni particolari giustificate nel tempo dalla nostra Repubblica per ragioni storiche e politiche.
È per questo motivo che chiedo la votazione dell'ordine del giorno in esame, perché è importante che l'Assemblea si esprima con un voto su questo dato, anche al fine di impedire quello che sarà invece un fatto quasi certo e naturale, e cioè il ricorso davanti alla Corte costituzionale per inficiare questa specifica normativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Albonetti. Ne ha facoltà.

GABRIELE ALBONETTI. Signor Presidente, colgo anch'io l'occasione per intervenire sull'ordine del giorno del collega Brugger ed altri. È un ordine del giorno che intende precisare il senso di una norma introdotta in questo decreto-legge, che però non può trovare applicazione per Pag. 5lo speciale statuto di autonomia finanziaria che caratterizza gli accordi tra le province di Trento e Bolzano ed il Governo. Già questo problema particolare segnala di per sé una grave contraddizione - come diceva poco fa il collega Bressa - con i proclami federalisti e autonomisti che sentiamo spesso in questa Aula.
La posizione della questione di fiducia ha impedito che - invece di accogliere un ordine del giorno, come il Governo ha detto - si potesse provvedere ad una modifica del testo, ma voglio ricordare che la posizione della fiducia ha impedito molto di più, perché c'è una grande questione che si chiama compensazione dell'abrogazione dell'ICI per tutti i comuni, che sta ammazzando la possibilità dei comuni di governare le proprie comunità, in una fase così difficile per le sfide che le comunità locali hanno davanti. Questo problema è stato richiamato con grande allarme da una nota recente che il presidente dell'ANCI ha inviato al Governo e a tutti i parlamentari, nella quale egli ricorda che vi sono alcune questioni non risolte da almeno tre anni. La prima è la questione dell'ICI 2008: lo stanziamento previsto nella legge finanziaria a copertura dell'abrogazione dell'ICI sull'abitazione principale per il 2008 è pari a 3 miliardi e 20 milioni di euro e, pertanto, mancano 340 milioni rispetto alla compensazione integrale riconosciuta dal 2009 che è pari a 3 miliardi e 364 milioni.
Vi è poi un secondo problema, che riguarda la compensazione del gettito ICI per la riclassificazione degli immobili D (gli immobili agricoli). Le diverse interpretazioni succedutesi nell'ultimo anno relative ai rimborsi compensativi per il minor gettito dell'ICI per gli immobili di questo genere comportano recuperi considerevoli a valere sui trasferimenti 2010 per un importo non inferiore a 100 milioni di euro per circa 300 comuni. Faccio l'esempio del mio comune. Il comune in cui abito io, se non si risolve questo problema, vedrà una decurtazione delle sue risorse per circa il 15 per cento del totale dell'ICI.
Dunque, il tema che abbiamo davanti è drammaticamente reale. I comuni, tutti, sono in ginocchio e la posizione della fiducia ha impedito di affrontare e discutere questo argomento per trovare una soluzione.
Naturalmente gli ordini del giorno valgono quello che valgono, servono per impegnare il Governo a fare quello che non ha fatto avendo posto la fiducia.
Chiedo anche io che si votino questi ordini del giorno, anche quando siano stati accettati dal Governo, perché si tratta di rafforzare l'intento e lo spirito che guidano la presentazione degli ordini del giorno, che sono volti a modificare e invertire la rotta di una politica che è sempre più centralistica e che toglie respiro e spazio all'attività dei comuni in tutta Italia, se vogliamo davvero, e non solo a parole, costruire un Paese fondato sulle autonomie locali e sul federalismo fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, l'ordine del giorno che chiediamo di approvare è collegato ad un decreto-legge importante per le nostre istituzioni e per gli enti locali e soprattutto si riferisce alle riforme che devono coinvolgere i nostri municipi, che costituiscono la prima cellula dello Stato, l'istituzione veramente prossima alla comunità.
I comuni sono erogatori di servizi fondamentali per l'affermazione dei diritti di cittadinanza. Negli ultimi anni essi hanno visto modifiche sostanziali sul piano delle competenze e della distribuzione dei poteri. C'è stata un'oggettiva crescita dell'esecutivo, in modo particolare della figura del sindaco, eletto direttamente dai cittadini, conferendo stabilità a tale funzione importante per l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa.
I consigli comunali, invece, hanno continuato ad avere dei limiti. Queste importanti assemblee hanno anche perso la funzione di controllo fondamentale nell'equilibrio Pag. 6tra maggioranza e opposizione e che è alla base della stessa dialettica democratica. Il decreto-legge, quindi, che volete approvare e che ha avuto già il voto di fiducia della vostra maggioranza va considerato come un'occasione mancata: esso non incide infatti sull'esigenza vera di una riforma importante dei poteri degli enti locali.
Il decreto-legge è una norma-manifesto che rincorre il furore anti-politico, che mette al centro ipotesi di tagli sui numeri dei componenti delle assemblee elettive, come se queste costituissero gli sprechi e i costi impropri della politica. Non sono queste le spese superflue: gli enti locali possono divenire, invece, con questo decreto-legge l'anello debole da colpire. Le spese parassitarie e quelle clientelari sono su altre basi, su altre istituzioni.
I comuni avrebbero meritato una diversa attenzione; avrebbero dovuto avere da questo decreto-legge nuove norme per rilanciare il loro modo di essere, il loro ruolo di erogatore di servizi ma anche di promotori dello sviluppo economico, in modo particolare in questa difficile stagione di crisi. I comuni avrebbero potuto riprendere quella centralità di politiche del territorio, che è fondamentale per uno sviluppo autopropulsivo, riproponendo in questa stagione alcuni istituti che sono stati utilizzati in passato nel produrre lavoro, occupazione, sviluppo come i contratti d'area e gli accordi di programma. Tutto ciò non è avvenuto con questo decreto-legge.
Noi, invece, pensiamo che i comuni avrebbero bisogno di risorse adeguate. Non deve sfuggire, peraltro, che oggi sono appesantiti dal mancato gettito dell'ICI che voi avete abolito in maniera irrazionale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Burtone.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. L'ordine del giorno che vi chiediamo di approvare ribadisce, partendo dall'esperienza delle province autonome, questa necessità di compensazione, per coprire il minore gettito dei comuni che, invece, devono avere quelle risorse fondamentali per essere veramente vicini ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, colleghi, anche io trovo importante sottolineare l'ordine del giorno in esame, che ha una grande valenza rispetto alle regioni a statuto speciale, cioè le regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano.
Credo sia importante ribadire che le regioni a statuto speciale non possono essere considerate, come previsto dal Governo, allo stesso modo delle altre; è necessario che vi sia una diversificazione e che le certificazioni siano previste, per quanto concerne l'ICI, solo a fini statistici, rispettando l'autonomia delle suddette regioni e province.
È assolutamente inimmaginabile che lì dove vi sia autonomia economica, si parli invece di rispettare un'uguaglianza con le altre regioni, che non può sussistere, perché vi è un finanziamento degli enti locali con oneri a carico dei propri bilanci che si diversifica rispetto alle altre regioni.
Il Governo con un emendamento al decreto-legge recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni, ha obbligato anche i comuni delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano a trasmettere al Ministero dell'interno un'apposita certificazione del maggior gettito per l'anno 2009. Tale vincolo per l'anno 2009 può nascere soltanto rispettando l'autonomia delle suddette regioni, cioè rispettando l'accordo sottoscritto fra queste regioni, le province autonome e il Governo sulla revisione del loro ordinamento finanziario, poi inserito all'articolo 2, commi da 106 a 125, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010).
È chiaro che, se parliamo di diversificare, non possiamo considerare che l'ICI costituisca lo stesso presupposto in tutte le Pag. 7regioni. Pertanto, credo sia realmente necessario in qualche modo riferirsi alle province autonome e all'accordo sottoscritto tra il Governo e le regioni e che, ancora, ciò sarebbe possibile farlo solo al fine statistico, perché se non si rispetta l'autonomia non solo economica, ma politica e territoriale di queste province, non potremmo avere alcuna possibilità di un'equiparazione rispetto ad un iter gestionale, ma soprattutto politico, che esiste su altre norme e su altri emendamenti.
Credo, inoltre, signor Presidente, che queste regioni non possano non avere una considerazione relativa agli oneri degli enti locali, perché gli enti locali hanno propri bilanci e si diversificano fortemente. È chiaro che noi parliamo di un territorio con uno statuto speciale e parliamo dell'ICI senza renderci conto che, dietro a questo, vi è appunto una differenza che non può essere sottovalutata.
Pertanto, credo che l'ordine del giorno Brugger n. 9/3146/5 abbia un senso vero, cioè quello di non adottare ulteriori iniziative, anche normative, e di considerare che vi siano altre possibilità e soluzioni in merito alla certificazione del maggior gettito ICI (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bachelet. Ne ha facoltà.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. L'ordine del giorno a prima firma dell'onorevole Brugger intende impegnare il Governo a porre rimedio ad una svista: il decreto-legge concernente gli enti locali ignora non solo antiche prerogative dell'autonomia speciale del Trentino-Alto Adige, ma anche il dettaglio di un recentissimo accordo con le province autonome di Trento e di Bolzano sottoscritto dal Governo tre mesi fa, il 30 novembre 2009, ed inserito, poi, nella legge finanziaria per il 2010.
Il decreto-legge in oggetto, infatti, chiede a tutti i comuni - quindi, anche a quelli delle province autonome di Trento e di Bolzano - la certificazione del maggiore introito dovuto nel 2009 all'aumento del gettito ICI, ai fini di poter ridurre, poi, di una corrispondente quantità, i trasferimenti dello Stato. Questa norma, però, non ha senso per Trento e Bolzano, province autonome i cui enti locali sono finanziati non dallo Stato centrale, bensì dalla regione. Occorrono, quindi - lo si chiede nell'ordine del giorno in esame - ulteriori iniziative, anche normative, affinché sia stabilito che, per queste due province, la certificazione richiesta abbia un valore esclusivamente statistico, senza alcun effetto sui trasferimenti.
Certo, se il Governo non avesse posto la questione di fiducia anche sul decreto-legge in oggetto, sarebbe stato sufficiente che tutte le forze che conoscono l'«abc» delle regioni a statuto speciale votassero un semplice emendamento. Oggi, queste stesse forze possono solo votare l'ordine del giorno dei colleghi Brugger, Zeller e Bressa, sperando che un Governo che si proclama paladino del federalismo fiscale voglia, poi, davvero tenerne conto.
Ma questo Governo crede all'autonomia regionale? Sembra di no. Stiamo parlando di province già finanziariamente autonome, tuttavia l'idea base del decreto-legge in oggetto - diminuire i trasferimenti statali in proporzione degli eventuali aumenti del gettito ICI, per ottenere che la crescita edilizia di un certo comune si traduca non in un arricchimento di risorse a disposizione di quel comune, bensì in un risparmio dello Stato centrale - non sembra un'idea molto federalista.
Ciò era stato fatto anche dai nostri nella scorsa legislatura ma, almeno, non si proclamavano pasdaran del federalismo. La Lega, allora, gli sparava contro, mentre ora, invece, vota ed applaude. Ma ha già fatto anche di peggio, qualcosa che Prodi, Padoa-Schioppa e Visco non hanno mai fatto: ha contribuito a «picconare», ad inizio legislatura, l'unica tassa di tipo federale, cioè l'ICI sulla prima casa, senza la quale molti enti locali si sono trovati in «brache di tela». L'indimenticabile Silvius Magnago, trasformando in Los von Trient l'antico grido Los von Rom, ha ottenuto per il suo Sudtirolo un'autonomia speciale Pag. 8di cui il Governo attuale non ha capito molto, almeno da quanto si evince dal provvedimento in oggetto e da quel che si fa per l'ICI.
È anche notevole però che per tutte le altre regioni - quelle a statuto ordinario - lo slogan di questo Governo sia, anche con riferimento al provvedimento in discussione: Geld nach Rom, cioè «soldi a Roma», continuando a colpire l'ICI, nella speranza che elettori ed amministratori, ad esempio, della Lombardia o del Veneto, non si accorgano dell'ulteriore «buggeratura» che il Governo sta loro propinando.
Per questo motivo, chiediamo a tutti, ma soprattutto, alla Lega e alla maggioranza, di votare l'ordine del giorno in oggetto, in sé, perché tende a sanare un elemento incostituzionale del decreto-legge in questione, come ha spiegato l'onorevole Bressa, ma anche come primo segno di ravvedimento del Governo rispetto ad un trend centralista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, vorrei intervenire anch'io sull'ordine del giorno in esame, sottolineando il fatto che è un atto di servizio al Governo e ad un modo di legiferare pieno di errori, che nascono, necessariamente, dalla legiferazione per decreto-legge approvata a colpi di fiducia.
L'ordine del giorno in esame si propone, infatti, di rimuovere, chiarendola, una disposizione presente nel decreto-legge in oggetto, che è in palese contrasto con le prerogative di autonomia e di specialità delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle regioni a statuto speciale, sancite negli accordi stipulati dal Governo sull'autonomia finanziaria, come è già stato ricordato, in questa sede, da più colleghi.
Il fatto che si incorra in errori di questo genere, in norme improprie e sbagliate, come accennavo già all'inizio dell'intervento, non dovrebbe suscitare meraviglia, anche se non finisce di sorprendere, in quanto è in qualche modo una conseguenza inevitabile di questo modo vostro - della maggioranza e del Governo - di legiferare per decreto-legge, imponendo poi la fiducia, con assoluta disattenzione e mancanza di riguardo, peraltro, per il carattere non urgente degli interventi che disciplinate con decreto-legge.
È il caso anche del decreto-legge in esame, come ha ricordato il collega Baretta in quest'Aula nelle dichiarazioni di voto: si tratta di un decreto-legge che affronta in modo improvvisato e parziale - come vediamo anche dalla norma oggetto di questo ordine del giorno - una materia delicata e di estrema importanza per la vita dei cittadini, delle comunità locali, e che riguarda appunto il funzionamento degli enti locali, in una logica che è tutto il contrario di quella federalista che mettete sugli slogan con i quali fate campagna elettorale.
Si tratta di una logica centralista, opposta al rispetto delle autonomie locali e che persegue, peraltro, lo scopo di «fare cassa» con ogni mezzo, a spese delle funzioni proprie degli enti locali, in questo caso anche in aperta violazione di accordi interstatali e interregionali, nonché in violazione di norme e di impegni costituzionale.
L'ordine del giorno Brugger n. 9/3146/5 persegue lo scopo di consentire il rispetto dell'accordo raggiunto con la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e le province autonome di Trento e Bolzano sul nuovo ordinamento finanziario. A questo fine, pertanto, si chiarisce che l'articolo 4, comma 4-quater, e in particolare la lettera b), del decreto-legge non può - ripeto, non può - essere riferita alle province autonome di Trento e Bolzano dopo l'accordo sottoscritto con le province autonome il 30 novembre 2009 sulla revisione del loro ordinamento finanziario.
Cosa prevede, poi, tale norma che non dovrà essere applicata? Essa riguarda gli enti locali e obbliga anche i comuni delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché delle province autonome di Trento e Bolzano, a trasmettere al Ministero Pag. 9dell'interno un'apposita certificazione del maggior gettito, accertato a tutto l'anno 2009, derivante dalle misure di incremento della base imponibile ICI recate dal decreto-legge n. 262 del 2006, obbligo che aveva già introdotto per tutti gli altri comuni con la legge finanziaria per il 2010, ai fini della riduzione - e questo è l'altro punto - dei trasferimenti erariali da parte dello Stato.
Come dicevamo, questa norma può trovare applicazione per le province autonome di Trento e Bolzano.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO BARBI. Concludo, signor Presidente. Pertanto, questo ordine del giorno impegna il Governo ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte ad attribuire mera valenza statistica alla certificazione sul maggior gettito ICI accertato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bellanova. Ne ha facoltà.

TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, ancora una questione di fiducia! Il segnale che si ricava da questa fiducia è esattamente il quadro della coalizione di Governo: un quadro allarmante, una coalizione che va in sofferenza anche su provvedimenti di pura propaganda. Infatti, come definire l'atto che stiamo discutendo in quest'Aula? Ci avete tolto la parola ponendo la questione di fiducia, ma l'avete posta su un provvedimento che vorrebbe comunicare al Paese che i costi della politica si risolvono tagliando il gettone di presenza ai consiglieri comunali: gettone che - vorrei ricordare a chi non incontra mai gli amministratori - spesso è di 25-30 euro, per dieci-undici riunioni annuali.
Questa, secondo voi, è la priorità sulla quale impegnare il Parlamento con un voto di fiducia e comunicare al Paese che si stanno risolvendo i problemi?
Credo, cari colleghi della maggioranza, che voi stiate espropriando il Parlamento non per le urgenze e non perché non riuscite a reggere il confronto con l'opposizione, ma per il semplice fatto che siete arrivati al punto in cui non riuscite a reggere le vostre idee. Infatti, parliamo un attimo di federalismo. Avevate parlato di una grande necessità, di una riforma, di una rivoluzione per il Paese, del decentramento e dell'autonomia. Il vostro federalismo funziona al contrario: tagliate in periferia e i risparmi rimangono al centro. Così avete fatto nei provvedimenti precedenti e continuate a farlo anche in questo.
Uno di tali precedenti provvedimenti, che viene richiamato nell'ordine del giorno che è in discussione, prevedeva il taglio dell'ICI. Prodi aveva tagliato l'ICI al 60 per cento delle famiglie italiane, voi l'avete tagliata al restante 40 per cento, cioè a chi poteva pagarla. Quello non è stato uno spot, ma un'elargizione e una regalia, perché degli amici, in questo caso, vi siete ricordati: peccato, però, che questa regalia l'avete fatta a spese dei cittadini italiani, di quelli più in difficoltà, perché l'impegno che avevate assunto non lo avete mantenuto.
State riducendo i trasferimenti ai comuni anche per la parte dell'ICI e la soluzione cui porta questa vostra scelta è quella di minori servizi, proprio nel momento in cui c'è più domanda da parte delle famiglie e dei cittadini in difficoltà. Avreste potuto prevedere per voi un ravvedimento operoso, che continuo a consigliarvi.
C'è un'urgenza in questo Paese anche su questo tema ed è quello che è stato segnalato a più riprese in quest'Aula dal gruppo al quale appartengo e che è stato sancito in un documento votato all'unanimità dall'Associazione dei comuni italiani.
Continuiamo a chiedervi di intervenire per modificare le regole del Patto di stabilità interno per consentire ai comuni di realizzare le spese per investimenti. Vorrei ricordarvi che quelle spese sono, ad esempio, quella per la manutenzione straordinaria delle scuole. Basta con la solidarietà pietosa quando si verificano degli incidenti e dei disastri, permettete ai comuni di realizzare questi interventi! Bisogna ricorrere Pag. 10agli appalti, rendere possibile ai comuni di appaltare i progetti immediatamente esecutivi per realizzare infrastrutture locali e per sbloccare i pagamenti alle imprese, che per i ritardi della pubblica amministrazione si trovano in situazioni di difficoltà e restano in arretrato con il pagamento degli stipendi ai loro dipendenti.
Queste sono le urgenze alle quali dovete rispondere e così facendo darete due risposte: la prima, alla necessità di garantire servizi e strutture efficienti ai cittadini; l'altra è quella di dare ossigeno alla nostra economia in difficoltà, perché i comuni possono essere il migliore fattore anticiclico in questa fase.
Certo, ignorate la crisi e ci impedirete questa sera di confrontarci su questo argomento. Dite che si tratta di un fattore psicologico, che ne siamo fuori...

PRESIDENTE. Onorevole Bellanova, la prego di concludere.

TERESA BELLANOVA. La disoccupazione aumenta, siamo ad oltre l'8 per cento, le aziende chiudono e riducono il personale e i consumi si contraggono. In questa situazione i cittadini chiedono un maggiore welfare locale e voi, invece, di fronte al disagio delle famiglie...

PRESIDENTE. Onorevole Bellanova, la prego di concludere.

TERESA BELLANOVA. Di fronte a questo disagio vi girate dall'altra parte. Chiedete ai comuni di dare risposte, ma mentre il disagio aumenta e le richieste arrivano ai sindaci di destra e di sinistra...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bellanova.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benamati. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, siamo in presenza di un ordine del giorno rivolto ad un adempimento richiesto alle province autonome di Trento e di Bolzano. Si tratta però di un adempimento che, come abbiamo già sentito, sembra di dubbia applicazione. È un ordine del giorno, quindi, signor Presidente, che in qualche modo è esemplare delle peculiarità negative alla base di questo decreto-legge e del nostro dissenso.
Si tratta di un decreto-legge che - ricordo anche io per inciso come altri - è stato approvato con un voto di fiducia posto più che altro allo scopo di tutelare il Governo ed il provvedimento dalla sua maggioranza e non per reali ragioni di necessità ed urgenza. È un testo che presenta contenuti deboli, spesso a carattere propagandistico ed in molti passi risulta confuso. Peraltro, molti temi sono trattati con evidente sovrapposizione quando non in contrasto con altre norme e provvedimenti anche maggiormente organici. Valga per tutti il caso del codice delle autonomie locali che oggi è in gestazione.
Si tratta di un decreto-legge che ci colpisce per quello che c'è: la norma manifesto sui costi della politica (che anticipa e rafforza misure sui consiglieri comunali e provinciali, ma lascia intoccato il livello nazionale); l'abolizione degli ATO, senza per questo intervenire però nella fondamentale questione dei rapporti tra le province e i comuni nel delicato settore dei servizi pubblici locali; la rivisitazione delle funzioni del difensore civico.
Si tratta di una norma che soprattutto colpisce per quello che non c'è. Faccio un esempio che valga per tutti: un intervento serio e concreto sul tema del patto di stabilità interno per dare respiro ai comuni e all'economia.
Il punto vero, onorevole Presidente, è che ancora oggi, ancora una volta, in questo decreto-legge siamo in presenza di una norma slogan, che crea e cavalca un'onda emotiva e mediatica tutta contro gli enti locali, con spirito accentratore e di gestione centralista delle risorse. È tutto in spregio alla realtà ed ai bisogni del Paese e dei cittadini che vedono nei sindaci il loro primo riferimento e baluardo contro Pag. 11la morsa delle crisi e della situazione grave, ma anche contro le promesse elettorali di questa maggioranza.
Signor Presidente, dicevo che questo è un ordine del giorno che segnala un problema, come spesso accade a questa maggioranza: è un problema di applicabilità della norma. L'onorevole Bressa ha già chiaramente rappresentato la difficoltà che si applichi questa norma alle province autonome di Trento e Bolzano per la certificazione del maggior gettito ICI del 2009. Questo perché la regione Trentino-Alto Adige ha autonomia finanziaria e provvede direttamente al finanziamento dei propri enti locali con oneri a carico del proprio bilancio.
Per questi motivi, appare anche ardua l'applicazione di quanto previsto all'articolo 4, comma 4-quater, lettera b), laddove si prevede una sospensione del contributo ordinario per il 2010 in caso di mancata certificazione di questo maggior gettito. I motivi, quindi, sono evidenti perché questo ordine del giorno chiede al Governo ulteriori iniziative tese ad attribuire a questa certificazione, nel caso delle due province a statuto speciale, valenza meramente statistica della certificazione ICI.
Direi che, onorevole Presidente, questo ordine del giorno (che non è lo strumento adatto perché questa norma doveva essere esclusa nel dibattito precedente in Commissione) si presenta un po' come un male minore necessario per porre rimedio ad una norma di dubbia efficacia ed applicabilità.

PRESIDENTE. Onorevole Benamati, la prego di concludere.

GIANLUCA BENAMATI. È un male minore, come molti di quelli ai quali questa maggioranza sta cercando forzatamente di abituarci (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, colleghi deputati, membri del Governo. Abbiamo ascoltato proprio dai banchi del Governo l'accoglimento dei primi due ordini del giorno. Credo che in questa Assemblea dovremmo interrogarci su che cosa significhi l'accoglimento di un ordine del giorno.
Così come dovremmo interrogarci su cosa significhi in quest'Aula approvare una mozione o una risoluzione. In questo Parlamento, in quest'Aula, che parla a vuoto di fronte alle tante, alle continue questioni di fiducia che vengono poste dal Governo, il ruolo di ciascun deputato è ormai ridotto a zero, è un ruolo insignificante. Non è il Parlamento, non è l'Aula dove si confrontano tesi diverse, dove dal confronto politico possa scaturire una posizione terza diversa dalle posizioni di partenza. No, noi siamo i delegati ad una recitazione che poi si trasforma nel nulla: niente viene fatto sulle mozioni approvate, niente ha come conseguenza la risoluzione che viene approvata in quest'Assemblea, niente ha come conseguenza l'ordine del giorno che viene accettato o che viene approvato da quest'Aula.
Credo che, prima o poi, ciascuno di noi che fa parte di quest'Assemblea, di questo Parlamento di nominati, dovrebbe porsi il problema della riforma della politica per restituire un ruolo ed una dignità a quest'Aula. Mi auguro che si possa costituire una lega trasversale per il rispetto dello Stato di diritto e delle regole. Certo, ormai il livello raggiunto dalla nostra non democrazia è sotto gli occhi di tutti, anzi direi sotto gli occhi di coloro che possono avere accesso all'informazione. Ho detto all'informazione, non alla propaganda dei telegiornali o dei talk show che creano personaggi e personalità politiche, ma all'informazione che, soprattutto in campagna elettorale, dovrebbe essere un'informazione corretta, che dà eguali spazi, eguali opportunità a tutte le forze in campo.
Già, ma quali sono le forze in campo? Sono quelle che hanno rispettato le regole, sono quelle che hanno rispettato il procedimento elettorale o sono quelle per le quali si emanano decreti-legge interpretativi, tra l'altro fatti anche molto male per Pag. 12cui risultano inutili? Decreti-legge interpretativi «ad listam», «ad candidatum» e solo di una parte...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RITA BERNARDINI. Sono trascorsi quattro minuti e dodici secondi, signor Presidente, ho il mio cronometro.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, io avviso tutti i parlamentari un minuto prima che scada il loro tempo.

RITA BERNARDINI. Lei è molto gentile, signor Presidente, le devo riconoscere questo ruolo importante. Concludo dicendo che mi auguro che questo Parlamento, quest'Aula, abbia un sussulto di dignità sul rispetto delle regole, perché quando non si rispettano le regole qui vuol dire che per il cittadino più debole non ci sono speranze, non ci sono speranze di vedere un Governo in grado di risolvere i suoi problemi. Ecco perché dico: forza, forza e dignità a ciascuno di noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Berretta. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BERRETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Governo è stato costretto, ancora una volta, a ricorrere ad un decreto-legge che si dovrebbe giustificare solo in presenza di ragioni specifiche di urgenza.
In questo decreto-legge non c'è nulla di urgente e, considerato che vengono modificati aspetti che ineriscono alla vita quotidiana dei cittadini, su questi temi intraprendere un confronto con le opposizioni sarebbe stato corretto, anzi doveroso. Altro che federalismo e decentramento di potere, volete essere voi e solo voi a decidere su tutto: su quanti debbano essere gli assessori e i consiglieri dei comuni e delle province; se l'acqua e i rifiuti debbano essere gestiti con gli ATO; se ci debbano essere o non essere i difensori civici e le circoscrizioni dei comuni. Siamo ancora in attesa della Carta delle autonomie di cui sì sentiremmo il bisogno. Inserite, inoltre, un concetto non solo sbagliato, ma anche piuttosto pericoloso: che tutte le comunità d'Italia sono uguali, grandi o piccole che siano, situate in zone urbane, in campagna, o in montagna; che abbiano risorse o siano in difficoltà economica. Si tratta di una vera e propria bestemmia per l'Italia dei mille campanili ed è tutto il contrario del federalismo che professate, in quanto questa è la vostra concezione del federalismo al contrario che non è centralismo, bensì prevaricazione centralista. Invadete, così come dimostra l'ordine del giorno che sto illustrando, le competenze delle regioni e delle province autonome. Con il vostro federalismo al contrario cercate di ridurre gli spazi di federalismo e di autonomia, anche dove questi hanno una tradizione lunga e nobile. Vi occupate degli enti locali non essendo capaci di mettere in campo un disegno organico con l'ennesimo provvedimento tampone, ignorando il problema principale che ogni giorno viene sollevato. Mi riferisco al fatto che le risorse sono bloccate dalle regole ormai sterili e imposte dal Ministero dell'economia e delle finanze e che impediscono ai comuni, anche a quelli virtuosi che dispongono di risorse economiche sufficienti e che hanno i bilanci in attivo, di realizzare interventi infrastrutturali, manutenzioni ordinarie e straordinarie, di mettere in sicurezza gli edifici pubblici a cominciare dalle scuole. Viene impedito persino di saldare gli avanzamenti dei lavori e i debiti con i fornitori.
Insomma, c'erano tutte le condizioni per un decreto-legge urgente che riguardasse gli enti locali, peccato che non avete affrontato nessuna delle questioni che rivestono effettivamente i caratteri di urgenza e che avrebbero potuto svolgere una funzione anticrisi, rilanciando l'economia e mettendo in circolo risorse pubbliche che sarebbero andate a circuito delle piccole e medie imprese che lavorano con gli enti locali. Avete continuato ad ignorare il grido di dolore che i sindaci levano alto, Pag. 13quasi quotidianamente, per manifestare il profondo e diffuso senso di disagio. Avete voluto inserire il concetto, anche questo pericolosissimo per la buona e corretta amministrazione, che si debbano preferire le gestioni straordinarie e i grandi eventi alla gestione ordinaria e che non si debbano realizzare delle procedure chiare, trasparenti e regolate dalle norme rigorose, ma che si debba ricorrere il più possibile a strumenti straordinari, a proroghe e a deroghe. Questa crisi è difficile: le persone, le famiglie di artigiani, i piccoli imprenditori, i lavoratori, gli anziani e i giovani sono in difficoltà, in quanto calano i redditi ma le tariffe aumentano, come qualche giorno fa ha certificato l'ISTAT. Il lavoro è a rischio, l'incidenza degli affitti aumenta sempre di più sui bilanci familiari e sempre più spesso il comune è il luogo al quale ci si rivolge per superare un momento di difficoltà. Diminuendo le risorse (prima tra tutte quelle derivanti dall'ICI) e depotenziando gli strumenti a disposizione dei sindaci, diminuite la possibilità che lo Stato e le istituzioni nella prima loro istanza si trovino a fianco dei cittadini in un momento di difficoltà con un ruolo positivo.
Infine, pesa su di voi la responsabilità di aver posto per ventotto volte la questione di fiducia, di aver messo l'ennesimo mattone di una visione delle istituzioni in cui Parlamento è un'inutile perdita di tempo e un fastidio di cui si farebbe volentieri a meno. Continuate a gridare che volete abbassare i toni e collaborare con l'opposizione, ma la questione di fiducia non va per nulla in questa direzione. Concludo dicendo che questa legislatura passerà alla storia come una pagina triste delle nostre istituzioni, in quanto avete logorato tutti i rapporti che è stato possibile logorare tra le istituzioni, con il presidente della Repubblica, con la magistratura e adesso anche con quella amministrativa, in cui si annidano pericolosi rivoluzionari che pretendono di applicare le leggi piuttosto che interpretarle secondo i vostri desideri e le vostre esigenze.
Questa è la legislatura in cui il Parlamento è stato costretto ad occuparsi degli affari privati e particolari del Premier e dei suoi guai giudiziari, degli enti locali per far fronte alle promesse elettorali...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIUSEPPE BERRETTA. ...ed approva oggi il provvedimento in esame per avere qualche strumento di propaganda elettorale. Si tratta di un Parlamento che è costretto occuparsi di tutto, tranne che dei problemi del Paese: la pesante responsabilità che ognuno di voi, colleghi della maggioranza, porterà su di sé, è di avete ignorato le difficoltà degli italiani in un momento di grandissima difficoltà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bobba. Ne ha facoltà.

LUIGI BOBBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a forza di decreti e di provvedimenti che seguono la via apparente della celerità e della rapidità, si rischia di fare dei pasticci, che non sono certo un buon segnale e un buon annuncio per i nostri comuni, ossia per quell'istituzione, quella più antica, che fa della rete dei comuni il vero presidio della democrazia, oltre che il senso di appartenenza e di identità dei cittadini al nostro Paese.
La scelta di provvedimenti che non vanno alla radice delle questioni e che rischiano perfino di produrre danni è antitetica rispetto a quella di un federalismo effettivo e vero, di uno Stato che parta effettivamente dalle responsabilità dei comuni e che si costruisca, dunque, laddove le comunità locali sono capaci di rispondere ai bisogni dei loro cittadini e del loro territorio.
In particolare, questa fretta, questa improvvisazione si evincono anche da un articolo del provvedimento in esame, nel quale (ignorando la legislazione vigente e, in particolare, quanto sottoscritto il 30 novembre 2009 fra le province autonome di Trento e Bolzano, la regione Trentino-Alto Adige e il Governo circa una revisione Pag. 14del loro specifico ordinamento finanziario) si impone anche a questi soggetti, alle province autonome e alle regioni a statuto speciale, come già è stato imposto a tutti gli altri enti territoriali e agli altri comuni, di comunicare i dati relativi al maggior gettito accertato durante l'anno 2009, in modo da far sì che questo incremento della base imponibile ICI porti ad una corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali da parte dello Stato, in misura proprio pari al maggior gettito dell'ICI.
Ebbene, questa scelta si rivela non solo sbagliata, ma anche contraddittoria con la stessa firma dell'accordo fra le province autonome e il Governo, già sottoscritto pochi mesi fa, alla fine di novembre del 2009. Dunque, con l'ordine del giorno in esame si chiede al Governo che l'applicazione di questo articolo avvenga con una funzione meramente statistica, al fine di consentire allo Stato di effettuare i necessari calcoli macroeconomici e, pertanto, di rendere inapplicabile alle province già citate l'articolo 4, comma 4-quater, lettera b), in modo che l'accordo che è stato recentemente sottoscritto non venga disatteso. Si tratta di una scelta ragionevole di buonsenso, che alla fine si regge su un accordo già determinato e già sottoscritto dallo stesso Governo e che non fa che rispettare la speciale autonomia di questi territori (che ha a che fare con principi di natura costituzionale), oltre che con recenti accordi con lo stesso Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bocci. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, come i miei colleghi hanno già avuto modo di ricordare e come lo stesso ordine del giorno Brugger n. 9/3146-A/5 fa presente, ci troviamo ad affrontare una questione che è molto più delicata dal punto di vista democratico di quanto il Governo abbia cercato di far passare, motivando la presentazione e l'approvazione della proposta emendativa oggetto della nostra discussione.
Dico questo riferendomi soprattutto alla vicenda dell'autonomia delle province di Trento e di Bolzano e dell'autonomia finanziaria dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, in particolare dopo il nuovo accordo sottoscritto tra il Governo, questo Governo, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano il 30 novembre dello scorso anno proprio sulla revisione dell'ordinamento finanziario, poi inserito nella legge finanziaria per il 2010.
Per questa e per altre considerazioni l'ordine del giorno che è stato presentato dal gruppo del collega Brugger sostanzialmente sta cercando di dare una risposta ad un vuoto che, altrimenti, rischia di crearsi attraverso l'approvazione dell'emendamento in oggetto.
Per questo, l'ordine del giorno Brugger n. 9/3146-A/5 sostanzialmente prevede che la certificazione del maggior gettito ICI accertato per l'anno 2009 dai comuni delle province autonome di Trento e di Bolzano debba avere una mera valenza statistica, al solo fine di poter consentire allo Stato di effettuare i necessari calcoli macroeconomici.
Ma vorrei partire da questa considerazione per evidenziare come è ormai chiaro che da parte di questo Governo vi sia un'idea particolare della democrazia, che non tiene conto delle più elementari regole democratiche, della storia del Paese e non tiene conto, come l'emendamento in oggetto dimostra, della storia di alcune città e di alcune province del nostro Paese.
Vi è un tentativo di forzare le relazioni con gli enti locali e vi è una forzatura dello Stato centrale, che addirittura non tiene conto dell'autonomia riconosciuta tanti anni fa ad alcune province, che è il risultato del lavoro e dell'unità democratica che un'altra classe dirigente, molto più saggia e molto più attenta di quella che governa oggi, ha realizzato, nel tentativo di dare al nostro Paese un grande profilo non solo di unità, ma di unità democratica.
Da questo punto di vista, vorrei ricordare che sorprende il comportamento di alcuni colleghi, soprattutto dei colleghi della Lega, che hanno fatto del federalismo, Pag. 15delle autonomie locali, della responsabilità dei territori e della responsabilità delle città un punto centrale del Governo di questa legislatura e della campagna elettorale, e che poi si trovano a votare insieme al resto della maggioranza un emendamento che, sostanzialmente, va nella direzione opposta.
Qui si ritorna a un centralismo e a un ruolo forte dello Stato, che penalizza la capacità di governo degli enti locali. Vorrei anche ricordare che più volte abbiamo chiesto che si potessero liberare i comuni dalle rigidità del Patto di stabilità, soprattutto i comuni virtuosi che hanno dei bilanci sani, per rilanciare gli investimenti sulle infrastrutture e sulle piccole opere pubbliche. Abbiamo sottolineato la necessità di dare, ad esempio, delle risposte agli imprenditori e alle imprese che hanno eseguito lavori e svolto prestazioni per le amministrazione pubbliche, i cui pagamenti registrano dei ritardi.
Di fronte ad una situazione di questo tipo, di fronte alla necessità di riassegnare agli enti locali un ruolo determinante, incisivo nell'organizzazione dello Stato, ci troviamo di fronte - con un Governo e con una maggioranza, e con una parte della maggioranza, la Lega, che più volte ha ricordato l'autonomia e la forza del federalismo - ad una soppressione forte del ruolo e delle funzioni degli enti locali. Per questo noi abbiamo anche oggi con l'ordine del giorno in esame, nel tentativo di far riflettere il Governo, riaffermato invece il ruolo importante...

PRESIDENTE. Onorevole concluda, per cortesia.

GIANPIERO BOCCI. ...così come lo individua la nostra Costituzione, degli enti locali, delle province del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccuzzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Governo ha affrontato la questione dell'ordinamento degli enti locali in diversi modi: nell'arco di pochi mesi vi sono stati, come ha ricordato il collega Causi la scorsa settimana nel corso della discussione sulle linee generali, quattro diversi pacchetti di intervento, che spesso si sono sovrapposti fra loro. Abbiamo la netta sensazione che in alcuni di questi passaggi il Governo abbia pensato solo all'impatto comunicativo dei suoi provvedimenti. Le apparenze, le supposizioni, il far intendere ma non capire è ormai insito nel vostro modo di fare politica: si va sui giornali con la notizia di decine di migliaia di consiglieri comunali in meno, ma senza mai dimenticare la volontà di affrontare i problemi di fondo.
Non vi è dubbio che bisogna razionalizzare e ridurre i costi di autoamministrazione, e quelli degli apparati di indirizzo politico degli enti locali e regionali. Tuttavia, signori del Governo e della maggioranza, i recenti eventi sulla Protezione civile mostrano in modo lampante che sprechi e corruzione possono ben annidarsi anche negli organismi centrali e nazionali. I dati ci dicono che i consumi intermedi delle amministrazioni centrali continuano a correre: quindi, al di là dei fatti di cronaca più recente, emerge che bisogna lottare con tutti i mezzi contro sprechi e corruzione. Tuttavia, questa è una lotta che non va delimitata ai soli comuni, province e regioni, ma è una lotta che deve comprendere appieno tutte le amministrazioni centrali. Al contrario, il Governo e la maggioranza fanno molta propaganda sugli enti locali in modo neocentralistico e si dimenticano troppo spesso lo Stato.
Una nuova etica politica può nascere solo da un rinnovamento profondo della politica stessa: è ora che tutti assumano la questione etica come questione fondante per la ricostruzione del rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini, al di là di facili propagande e di facili provvedimenti demagogici. I comuni e le province sono gli unici che stanno contribuendo al risanamento della finanza pubblica: nel 2008 hanno ridotto il loro indebitamento netto Pag. 16di 1,2 miliardi di euro, nel 2009 di ulteriori 300 milioni. La questione finanziaria per comuni e province sta diventando drammatica, e questo non è un bene dentro la crisi, perché i comuni potrebbero rappresentare le sentinelle più sensibili di una vera politica anti-crisi in questo Paese.
È evidente lo sbaglio che il Governo e la maggioranza hanno fatto sull'ICI: adesso stiamo rincorrendo aumenti della spesa statale per rimborsare la mancata ICI ai comuni, così i tagli si stanno abbattendo tutti sulla spesa per investimenti. Ancora non vi sono i consuntivi del 2009, ma basti pensare che i contributi statali agli investimenti di comuni e province si sono ridotti da 3,3 miliardi nel 2008 a 1,7 nell'assestato per il 2009 e a 1,5 nel bilancio per il 2010. Vanno bene quindi alcuni correttivi apportati in Commissione, come le misure relative ai piccoli comuni e alle operazioni straordinarie, ad alcune rimodulazioni del Patto di stabilità per taluni comuni virtuosi, ai dividendi alla montagna, alle categorie D, all'esclusione dei fondi europei; così come va bene anche la modifica del Patto di stabilità per le regioni, che poi è frutto di un emendamento presentato dal Partito Democratico e recepito dal maxiemendamento dei relatori. Con la modifica del Patto di stabilità per le regioni verranno infatti liberate risorse per il pagamento dei fornitori delle regioni, sia nel comparto sanitario sia in quello non sanitario: si tratta di diverse centinaia di milioni di euro, che si libereranno a partire da giugno sotto il monitoraggio del Ministero dell'economia e delle finanze, e che saranno ossigeno per le imprese fornitrici della pubblica amministrazione.
Altre modifiche non vanno però bene, come ad esempio quanto è previsto con riferimento al comune de L'Aquila, il quale vive una crisi particolare dovuta anche al terremoto.
Così non può andare avanti, questo non è un modo buono di legiferare, soprattutto in tempi di crisi: mi chiedo ancora cosa possono pensare i nostri concittadini del fatto che si interviene con provvedimenti tampone come questo.

PRESIDENTE. Onorevole Boccuzzi, la invito a concludere.

ANTONIO BOCCUZZI. Viene il dubbio che la vita dei comuni, dei territori, degli enti locali non sia evidentemente al centro del vostro vero interesse: i sindaci protestano da tempo perché i cittadini sono in difficoltà. Questa crisi, come abbiamo detto più volte, è una crisi difficile: le persone, le famiglie, i lavoratori, i piccoli imprenditori, gli anziani, i giovani sono in difficoltà. Calano i redditi e, contemporaneamente, aumenta tutto il resto: ormai la famiglia e i comuni sono sempre più il loro ammortizzatore sociale e i sindaci di tutti gli schieramenti politici i nuovi assistenti sociali!
Abbandonare loro è come abbandonare e dimenticare i cittadini. È stupefacente - lo ricordavano anche gli onorevoli Barbi e Bocci - come i colleghi della Lega che riempiono i mercati, le piazze, i quartieri dei paesi, insomma quegli stessi colleghi della Lega che raccontano ormai da anni delle inefficienze di Roma (quelli di «Roma ladrona», per intenderci), oggi assolvono qui al compitino assegnato e plaudono a questo aberrante provvedimento. Signor Presidente, e concludo, ancora una questione di fiducia...

PRESIDENTE. Onorevole Boccuzzi, deve concludere.

ANTONIO BOCCUZZI. Evidentemente non vi fidate neanche di voi stessi ma, dopo quanto è accaduto negli ultimi dieci giorni qui a Roma con il grande 'pasticcio' che avete combinato, fossi in voi anch'io farei fatica, molta fatica, a fidarmi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boffa. Ne ha facoltà.

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COSTANTINO BOFFA. Signor Presidente, su questo provvedimento la Camera si sarebbe probabilmente già espressa la settimana scorsa se non si fosse fatto ricorso, per l'ennesima volta, al voto di fiducia: è stata una decisione sbagliata e grave, che non aveva e non ha alcun fondamento.
D'altronde, ormai è fin troppo chiaro come il continuo e costante ricorso al voto di fiducia sia in realtà l'unica strada percorribile per un Governo altrimenti incapace a tenere unita e coesa una maggioranza che, nel merito delle questioni, è divisa su tutto.
Oggi parliamo di un provvedimento che contiene in sé molte contraddizioni: basti pensare alle tante incongruenze tra questo testo ed il cosiddetto codice delle autonomie locali depositato poche settimane fa, e a questo strano modo di agire che un giorno vi porta a discutere di interventi generali e validi per tutti, il giorno dopo vi vede affrontare invece provvedimenti riguardanti singoli territori (ieri è toccato a Catania, oggi a Brescia e poi a Palermo, per non parlare di Roma capitale che meriterebbe un approfondimento a parte).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,30)

COSTANTINO BOFFA. Ma è nel suo complesso che questo decreto-legge mostra criticità su cui è opportuno spendere qualche parola. Voglio innanzitutto fare una riflessione in merito alla prima parte di questo decreto-legge, quella che è stata definita ordinamentale: è qui infatti che si mostra con maggiore evidenza la poca lucidità del Governo, che sembra molto più attento a lanciare spot da comunicare con enfasi attraverso i media che ad affrontare concretamente e secondo un filo logico la necessità di un riordino degli enti locali.
In tal senso basti pensare a quante volte e in quanti modi diversi il tema è stato oggetto di intervento da parte dell'Esecutivo, dalla legge finanziaria al decreto-legge nelle sue diverse formulazioni, alla Carta delle autonomie (e tutto questo nel breve arco temporale di alcuni mesi). Si è trattato di interventi che andavano a sovrapporsi senza mai dare l'impressione che vi fosse dietro una regia coerente e con l'unica preoccupazione di essere sui giornali con continui annunci di riduzioni e tagli alla spesa pubblica.
Per questo continuiamo a credere che un reale e non propagandistico intervento in tema di razionalizzazione della spesa pubblica passi inevitabilmente per la strada dell'approvazione del codice delle autonomie e dell'attuazione della legge n. 42 del 2009.
Altro tema sul quale crediamo si poteva fare di più e meglio è quello del Patto di stabilità per i comuni: in tal senso infatti il pacchetto di modifiche è decisamente modesto rispetto a quanto era lecito attendersi. La principale novità riguarda la norma che libera dai vincoli del Patto di stabilità le risorse giunte, direttamente o indirettamente, dall'Unione europea e le spese sostenute con questi fondi dagli enti locali.
Qualcosa è poi previsto per le spese riguardanti i grandi eventi, con l'esclusione dei saldi rilevanti ai fini del Patto, ma con limiti ben precisi. La norma va in pratica ad equiparare queste uscite e quelle sostenute per le calamità naturali, togliendo quindi ai calcoli relativi al Patto solo i trasferimenti statali e le spese da questi finanziate.
Vi sono poi altri piccoli interventi che nel complesso confermano la sensazione che sul tema del Patto di stabilità per i comuni si è persa una grande occasione. Questo, innanzitutto, perché proprio in relazione al Patto, i comuni italiani hanno già dato tanto, anche in considerazione di quanto fatto a livello centrale, e poi perché di fronte ad una crisi, che è sconsiderato affermare che oramai è alle nostre spalle, sarebbe stato davvero utile premiare quelle amministrazioni che si sono contraddistinte per virtuosità e concedere loro un po' di respiro, di ossigeno, un po' di risorse da immettere nel circuito economico delle loro comunità, per incentivare piccole e medie imprese e per dare un po' Pag. 18di sostegno alle fasce sociali più deboli e più bisognose di attenzione da parte delle istituzioni.
Nel decreto-legge poi sono presenti due norme profondamente sbagliate, sulle quali, sia pur brevemente, è utile tornare. La prima, sembra profilare l'arrivo di una maxi operazione speculativa sugli immobili della difesa. Il programma di valorizzazione delle caserme e degli altri immobili del Ministero della difesa, previsto nell'ultima legge finanziaria, si annuncia sempre più come un buon affare soltanto per gli investitori che parteciperanno ai progetti. Noi avevamo chiesto che almeno una quota, non inferiore al 20 per cento del valore patrimoniale originario, fosse destinata al Ministero della difesa all'atto del conferimento degli immobili stessi ai Fondi di investimento. Si tratta di una proposta sulla quale si sarebbe potuto anche arrivare ad un accordo se solo si fosse lasciata all'Aula la possibilità di discutere il provvedimento.
L'altra norma grave è quella che dà il via libera alla soppressione degli ATO, autorità di ambito territoriale delle acque e dei rifiuti. Così dopo l'approvazione del decreto Ronchi che con il contestatissimo articolo 15 ha dato l'input per la privatizzazione dell'acqua, oggi il Governo accetta di sopprimere gli ATO di riferimento, determinando, nell'attesa che le regioni legiferino per la nuova organizzazione, un vuoto normativo preoccupante.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

COSTANTINO BOFFA. Tanto per cominciare oggi non sappiamo chi è titolare della gestione delle gare di assegnazione del servizio. Questa situazione è, dunque, paradossale, ma è figlia di questa idea tutta vostra di democrazia, dove il Parlamento è relegato a mero ratificatore delle scelte del Governo. Per questo motivo noi stiamo facendo il nostro dovere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzarella. Ne ha facoltà.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, mi permetta di leggere una breve poesia, De vita beata, di un poeta spagnolo, Jaime Gil de Biedma, che credo rispecchi il sentire in quest'Aula di non pochi di noi. Tale poesia recita: «In un vecchio paese inefficiente, un po' come la Spagna tra due guerre civili, in un paesino sul mare, possedere una casa e pochi beni e memoria nessuna. Non leggere, non soffrire, non scrivere, non pagare conti, e vivere come un nobile decaduto fra le rovine della mia intelligenza». Così Jaime Gil de Biedma, poeta tra i maggiori spagnoli della generazione degli anni Sessanta del secolo scorso. Ma può un ceto politico di Governo, degno di questo nome, crogiolarsi nella vita beata nell'esercizio pubblico del proprio ufficio come mera insipienza delle regole di base di un corretto rapporto tra Stato ed enti locali, senza neanche le rovine di un'intelligenza di governo del territorio che non c'è mai stato dall'inizio della legislatura? Tutto è divenuto una curatela, per giunta approssimativa, degli interessi personali del Presidente del Consiglio. Provveda il Governo più che ad eccitare gli animi, le piazze, e a far strame del diritto, dopo aver messo in difficoltà i propri stessi elettori nell'allucinante vicenda delle liste nel Lazio, a rendere meno inefficiente il Paese nel governo degli enti locali. Sono gli enti locali le strutture della vita politica e dell'amministrazione della vita pubblica più prossimi ai cittadini. È dalla loro efficienza che innanzitutto gli italiani, così legati alle loro radici, alla loro storia comunale e locale, giudicano la politica, chi le governa e la correttezza di un'amministrazione. Con provvedimenti più congrui di questo decreto il Governo sappia stare vicino agli enti locali, li aiuti nella loro cura dei territori da loro amministrati, senza togliere loro mezzi economici e normativi per fare bene il proprio mestiere.
Il tema degli enti locali non può essere trattato con la fretta che anche questi provvedimenti attestano, con approssimazione, con quella approssimazione cui siamo abituati su troppi temi da parte di questo Governo da tempo. Ci sono lacune Pag. 19ordinamentali di non poco conto, oltre che aspetti finanziari esiziali per la vita dei comuni e degli enti locali. Sarebbe opportuno che il Governo ripensasse a tutta la materia, perché, se c'è un'urgenza e una necessità, questa è quella di riportare la politica vicina ai cittadini. Ma riportare la politica vicina ai cittadini significa anzitutto restituire, in termini di credibilità, la politica ai cittadini; e questa credibilità riguarda innanzitutto il governo del proprio territorio, della propria strada, del proprio quartiere, della propria città.
Insomma da un decreto che riguarda gli enti locali in questi tempi di crisi del Paese ci si aspetterebbe ben altro: un concreto sostegno, e non solo un orpello normativo di parole, ai cittadini mettendo gli enti locali in condizione di venire loro incontro. Invece che cosa si ritrovano i cittadini dalle strategie del Governo, da un Governo che anzitutto dovrebbe provvedere al federalismo? Precisamente la negazione del principio per cui si invoca il federalismo, vale a dire una politica più efficiente nelle sue articolazioni territoriali. Ma se così stanno le cose, se non si riesce, se questo Governo non riesce a venire incontro ai bisogni del Paese, ai bisogni delle realtà territoriali della nostra Italia, ebbene, allora si ritiri davvero in un paese marino, tra le rovine di quella che non è stata neanche la sua intelligenza, e lasci in pace questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bordo. Ne ha facoltà.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la discussione su questo ordine del giorno mi consente di fare alcune considerazioni politiche sul decreto che stiamo discutendo e sul quale, tra l'altro, la settimana scorsa avete posto la questione di fiducia. Intanto dico subito che intendo stigmatizzare il modo con il quale avete scelto di procedere, per l'ennesima volta, su questa materia così importante che riguarda l'organizzazione e il funzionamento degli enti locali. Avete scelto di procedere a strappi e senza dar vita a un confronto chiaro e costruttivo con le autonomie locali. Infatti, se con le autonomie locali abbiamo svolto un minimo di discussione ciò è stato possibile solo ed esclusivamente perché noi abbiamo posto il tema della necessità di ascoltarle, di ascoltare le loro ragioni, le loro esigenze. Procedete a strappi perché continua a mancare in voi sul tema degli enti locali una visione d'insieme, articolata ed equilibrata. Affrontate cioè questa materia in modo schizofrenico, senza un disegno organico, rischiando tra l'altro di mettere seriamente in pericolo la qualità della produzione legislativa di questo Parlamento. Secondo noi invece sarebbe stato molto meglio - e abbiamo posto questo tema in sede di discussione del provvedimento in I Commissione (Affari costituzionali) - se questo provvedimento fosse stato discusso ed affrontato, per esempio, nel momento in cui questo Parlamento doveva considerare la questione contenuta nella Carta delle autonomie. Quello sarebbe stato il luogo più idoneo e più adatto per affrontare il tema dell'ordinamento, dell'organizzazione e del funzionamento degli enti locali. Voi invece avete scelto di procedere in un altro modo. Avete scelto di procedere approvando questo decreto, non perché ci fosse la necessità e l'urgenza, ma solo perché obiettivamente vi interessava fare un po' di demagogia a pochi giorni dall'appuntamento elettorale.
Non vi interessa il modo in cui funzionano e come funzioneranno gli enti locali ma vi interessa solo ed esclusivamente dare al Paese il messaggio che con questo provvedimento si riduce, ad esempio, il numero dei consiglieri e degli assessori come se il problema degli sprechi, presente non soltanto negli enti locali, fosse rappresentato dal numero o solo dal numero dei consiglieri e degli assessori. Certo il tema che riguarda gli sprechi degli enti locali è anche il numero di chi sta nelle istituzioni, ma non è certamente solo questo. Ritengo, invece, che fondamentalmente il dramma che vivono gli enti locali è che il Governo ormai da troppi anni Pag. 20continua a tagliare risorse che, invece, debbono essere destinate ai comuni, alle province, alle regioni. Gli enti locali sono costretti a tradurre tali tagli di risorse purtroppo in tagli di servizi. Se il Governo centrale continua a tagliare risorse da trasferire agli enti locali è evidente che gli enti locali, per far quadrare il bilancio, debbono o aumentare le tasse o tagliare i servizi. Soltanto in questa maniera possono far quadrare i conti. Dunque gli enti locali, i comuni sono costretti a tagliare gli asili nido, i trasporti pubblici, insomma sono costretti a fare tagli che diversamente non sarebbero costretti a fare.
Che dire del fatto che, ad esempio, avete fatto una mossa demagogica con il taglio dell'ICI senza che vi foste preoccupati di trovare le coperture finanziarie necessarie, per cui oggi i comuni sono costretti a tagliare? Dunque, in conclusione, mi pare evidente che il punto vero è che su materie come queste che incidono direttamente sul rapporto tra i comuni, le province e i cittadini sarebbe stato molto meglio che vi fosse una discussione un po' più articolata anche per evitare, ad esempio, che si possa sollevare un conflitto di attribuzione.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bordo.

MICHELE BORDO. Ed è per questa ragione, proprio perché non rispettate gli enti locali, che noi votiamo a favore di questo ordine del giorno per mettere una pezza a questo provvedimento. Voteremo, infine, contro il disegno di legge di conversione di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, singolare per davvero è il fatto che abbiamo bisogno di ribadire con un ordine del giorno ciò che la Costituzione ha da tempo riconosciuto, cioè l'autonomia delle regioni a statuto speciale. Siamo costretti a farlo questa mattina in questa sede perché ormai nella nostra Repubblica legifera il Governo. Lo fa prima in conferenza stampa con la tecnica degli annunci roboanti e poi sulla carta ma in maniera confusa, caotica, contraddittoria. Lo fa senza che esistano motivi di urgenza. Lo fa già sapendo che poi alle strette, all'esame del Parlamento, arriva la questione di fiducia che stronca il dibattito, annienta la riflessione collettiva, prosciuga di senso questa Assemblea e la sua funzione.
Questo provvedimento più di altri evidenzia le contraddizioni di questo modo di legiferare. Dove sono i motivi di urgenza a parte il titolo? È vero che la riforma degli enti locali sia nella parte ordinamentale sia in quella finanziaria è attesa da tempo e invocata da molti ma non credo che si possa assumere la necessità politica di un provvedimento come ragione della sua urgenza ai fini della forma del decreto-legge. Si tratta di una chiara forzatura che dà la misura di quale è la cultura istituzionale e politica di questo Governo e di questa maggioranza.
Nel merito poi siamo di fronte, colleghi deputati, ad un provvedimento davvero estemporaneo in molte scelte, una sorta di decreto-legge omnibus che mescola proroghe, deroghe, provvedimenti finanziari, cambiamenti procedurali; qualche cambiamento dunque e molte toppe. Sugli enti locali questo è il terzo provvedimento del Governo negli ultimi mesi.
Vi sono state alcune norme della legge finanziaria, altre disposizioni nella proposta della sulla carta delle autonomie e adesso il provvedimento in esame, che pure ha avuto alterne fortune e svariate versioni: in pochi mesi tre percorsi, tre strade sovrapposte tra loro, a volte anche strette in sottili contraddizioni, che evidenziano una maniera di legiferare non solo anomala, ma anche disordinata.
Il rischio è il corto circuito, la non armonizzazione della normativa e la mancanza di una visione d'insieme, di una strategia, una visione complessiva che poteva essere espressa nel codice delle autonomie, con un percorso organico, nato Pag. 21in Parlamento, sul terreno di un confronto aperto, ricco di tutte le esperienze, un codice che avrebbe potuto razionalizzare le autonomie locali e proporsi come strumento di riforma complessiva del settore. Invece, si preferisce lavorare per segmenti, in modo da fare ogni volta un annuncio ad uso stampa e dare l'idea che si fa molto e bene, quando invece - ma questo lo sanno tutti in quest'Aula - si fa poco e male, molto male (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo anche io per dichiarazione di voto sull'ordine del giorno dei colleghi Brugger, Zeller e Bressa n. 9/3146-A/5, che riguarda i comuni delle province autonome di Trento e Bolzano, per le quali avete impropriamente stabilito l'obbligo di trasmissione al Ministero dell'interno della certificazione relativa al maggior gettito, accertato a tutto l'anno 2009, derivante dalle misure di incremento della base imponibile ICI.
Con l'ordine del giorno in esame chiediamo di provvedere alla correzione di una norma che si pone in netta contraddizione con l'autonomia finanziaria stabilita dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e per cui la regione stessa è tenuta a provvedere direttamente al finanziamento dei propri enti con oneri a carico del proprio bilancio.
Se vi fosse stato modo di confrontarsi in quest'Aula su questi temi, forse si sarebbero trovati dei correttivi condivisi e migliorativi al provvedimento in esame, invece la chiusura che avete dimostrato ancora una volta ci ha posto di fronte all'impossibilità di un confronto serio e costruttivo su un provvedimento che, come è stato detto, riguarda il funzionamento di oltre 8.000 comuni italiani e le cui ricadute pesano e gravano su milioni di cittadini che vivono in questi comuni.
Questa possibilità è stata sacrificata alle esigenze tutte politiche di una maggioranza sempre più allo sbando, incapace di reggere con le opposizioni e con il Paese un confronto su questi temi e ancor più sui temi della crisi e delle risposte che questo Governo non è in grado di mettere in campo, come dimostra anche la cancellazione dell'appuntamento di oggi pomeriggio.
Per questa incapacità e per le tensioni laceranti che vi attraversano siete stati costretti a ricorrere ancora una volta al voto di fiducia, che tradisce in realtà tutta la sfiducia che avete nei confronti del Parlamento e soprattutto della vostra maggioranza. È una fiducia che vi penalizza per i tempi più lunghi di quelli di un iter normale - al quale il PD si era detto da subito disponibile - e che mette in evidenza tutte le vostre difficoltà proprio nei riguardi delle istituzioni locali e dei cittadini a cui tra poche settimane sarà data la possibilità di esprimere, attraverso il voto, la contrarietà crescente e motivata verso le scelte di questo Governo: un Governo che si professa federalista, ma che in realtà si sta rivelando il Governo più centralista della storia di questo Paese e che sui territori, soprattutto al nord, continua a riempirsi la bocca di proclami e di parole come «federalismo fiscale» e «autonomia dei territori», mentre in realtà rallenta il processo di attuazione della riforma federalista e, attraverso misure incongruenti e contraddittorie come questa, svuota di significato un provvedimento atteso ed importante come la Carta delle autonomie.
È un Governo che persegue ormai un disegno chiaro persino ai vostri amministratori: quello di indebolire e di affossare il sistema delle autonomie locali attraverso misure che colpiscono la capacità di questi enti di operare, di programmare nel tempo i propri investimenti, di fare fronte alle esigenze dei cittadini, persino di rispondere al ruolo ed ai compiti che la Costituzione assegna loro.
Nei giorni scorsi, come tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione eletti nella mia regione (la Lombardia), ho ricevuto una nota indirizzata dall'ANCI regionale che denuncia la situazione finanziaria sempre più pesante dei comuni lombardi. Pag. 22Nel 2009, oltre il 15 per cento dei comuni lombardi non ha rispettato il Patto di stabilità per mantenere gli investimenti e per pagare le aziende che hanno effettuato lavori e servizi. Per il 2010, si prevede che almeno il 30 per cento dei comuni non potranno rispettare il Patto di stabilità e si prevede, soprattutto, una contrazione degli investimenti del 30 per cento.
I tagli ai trasferimenti e gli obiettivi imposti ai comuni rischiano di essere troppo alti e di mettere in discussione persino la capacità di mantenere gli impegni di investimento e di assicurare alla persona e alla comunità servizi di qualità, come i comuni lombardi hanno dimostrato di saper fare nella loro storia.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CHIARA BRAGA. Molte segnalazioni sono giunte da enti locali che non sanno come chiudere il bilancio di previsione; che pagano gli effetti di norme scritte, senza alcun riferimento alle reali condizioni in cui operano i comuni (come la norma che impedisce lo sblocco dei pagamenti dei residui passivi e che fa rientrare, in modo penalizzante, nei parametri per la definizione degli obiettivi di miglioramento, le entrate straordinarie del 2007); che chiedono la certezza della restituzione dei contributi a copertura dell'ICI; che non sanno cosa aspettarsi in merito all'applicazione delle sanzioni per il mancato rispetto del Patto di stabilità.

PRESIDENTE. Deve concludere.

CHIARA BRAGA. Grave preoccupazione viene anche dalle comunità montane, che rappresentano territori penalizzati e che sono destinate ad una lenta agonia istituzionale, senza che ci si faccia carico di pensare, in questa fase transitoria, ad una loro seria ridefinizione.
Tutti questi problemi che colpiscono i comuni del nostro Paese non sono stati affrontati da questo Governo con la dovuta attenzione e le ricadute che tale situazione avrà sui cittadini e sulle imprese sono, ormai, sotto gli occhi di tutti e non possono più essere ignorate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mogherini Rebesani. Ne ha facoltà.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, l'ordine del giorno in oggetto segnala una contraddizione evidente tra la retorica che usa il Governo e la pratica dei suoi atti e delle sue scelte concrete, ed indica, altresì, una possibile via d'uscita, seppure molto parziale, dato lo strumento dell'ordine del giorno. Tale strumento, infatti, è l'unico a cui possiamo ricorrere, a causa del metodo che il Governo ha scelto di farci seguire quotidianamente, cioè l'approvazione di un provvedimento attraverso la votazione della questione di fiducia.
Da una parte, infatti, normalmente, il Governo usa la bandiera del decentramento e del federalismo in modo del tutto vuoto, propagandistico e strumentale; dall'altra parte, non solo non aumenta gli spazi dell'autonomia locale e territoriale, ma non riconosce neanche quelli già esistenti, come è evidente nel caso delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Si imbrigliano le realtà autonome, si impongono da Roma lacci e lacciuoli, regole, argini, vincoli e, perfino, adempimenti burocratici; gli stessi che, poi, a Roma, il Governo stesso pretende di ignorare, di violare o di interpretare - se è più corretto dire così - a proprio uso e consumo, secondo le proprie esclusive e quasi private convenienze, invadendo e stravolgendo, in modo centralistico e perfino piuttosto dispotico, prerogative proprie delle regioni, delle province e dei comuni.
Non solo, quindi, questo Governo non amplia gli spazi di autonomia, ma restringe ed invade gli spazi laddove essa vi è già: ciò vale per la norma contenuta nel decreto-legge in oggetto relativa al trasferimento dei dati dell'ICI delle province autonome di Trento e di Bolzano, e vale, purtroppo, per i decreti-legge interpretativi Pag. 23delle leggi elettorali regionali. Altro che federalismo, questo è centralismo, e della peggiore specie, cieco, burocratico e dispotico!
Il provvedimento in oggetto rappresenta l'emblema e il simbolo delle vostre contraddizioni sull'autonomia, sul federalismo - come ho detto - sulla spesa pubblica, sull'efficacia delle misure di Governo, sulla distanza tra annunci fatti e decisioni prese, sull'etica pubblica e perfino sulla questione morale.
Con riferimento alla spesa, se si vuole davvero razionalizzare, si inizi da Roma, dal Governo, dai Ministeri, da questo Parlamento, e non si pensi, in modo folle e miope, di tagliare le risorse proprio a quei comuni che sono le istituzioni che possono fare di più - se messi in condizione di agire - contro questa crisi economica. Essi potrebbero fare molto non solo sul fronte degli investimenti (ma non possono: si pensi a strade, scuole, parchi, periferie, illuminazione, sicurezza) e dei servizi ordinari (si vedono, invece, costretti a operare dei tagli: si pensi agli asili), ma anche sul fronte di quell'assistenza straordinaria a tutti coloro che, in questi tempi molto difficili, di cui, evidentemente, non vi accorgete, si scoprono deboli, soli, con le proprie angosce e le loro nuove povertà.
Questo provvedimento evidenzia anche la contraddizione tra la solennità degli annunci e la pochezza, la confusione e la frammentarietà delle decisioni e dei provvedimenti. Nell'arco di pochi mesi vi sono stati quattro diversi pacchetti di intervento, spesso con norme contraddittorie tra loro, sovrapposte, schizofreniche e confuse: un pasticcio come tanti, troppi, di quelli che fate. Ma finché siete voi e i vostri candidati le vittime prime dei vostri pasticci, credo che gli italiani possano farsene una ragione. Quando, invece, esercitate la vostra incapacità, la vostra faciloneria e la vostra approssimazione su ciò che più da vicino tocca la vita degli italiani, ossia il funzionamento dei comuni in cui vivono, allora è tutta un'altra storia.
Ma non vi limitate a fare pasticci: li fate anche d'urgenza e con la fiducia, in una materia come questa, che avrebbe invece bisogno di essere trattata seriamente (una parola che forse voi non conoscete), in modo strutturale, congiunto tra maggioranza e opposizione, e sistematico; andrebbero risolti i problemi una volta per tutte, non soltanto annunciati spot che, poi, restano vuoti il giorno dopo. Gli «spot voti», gli annunci ad effetto cui segue il nulla - ripeto, il nulla - sono davvero l'ultima cosa che serve al nostro Paese, il quale piuttosto avrebbe bisogno urgente - questo sì - di riforme vere.
Infine, per quanto riguarda la questione dell'etica pubblica, è quasi svilente parlarne a questo Governo; ma qualcuno in quest'Aula davvero pensa che una nuova etica pubblica possa nascere solo da norme penali e di ingegneria giuridico-amministrativa, quando chi governa non perde occasione per ostentare disprezzo per ogni norma e ogni regola e per quei cittadini che testardamente si ostinano a ritenerle vincolanti? No. Una nuova etica pubblica non può che nascere da un profondo rinnovamento della politica, a tutti i livelli, a partire soprattutto da quelli più alti: Governo, Parlamento, e quelli che sono o dovrebbero essere tali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bucchino. Ne ha facoltà.

GINO BUCCHINO. Signor Presidente, credo che sia davvero inconfutabile lo stato di crisi finanziaria ed economica in cui si trovano gli enti locali dopo due anni di malgoverno nazionale. Questo Governo ha fatto ricadere sugli enti locali l'ulteriore deterioramento del saldo delle pubbliche amministrazioni, il quale ha raggiunto adesso la cifra di 35 miliardi di euro.
Sappiamo tutti che una delle maggiori cause di questa situazione di grave deficit è da attribuire all'abolizione indiscriminata e non modulata dell'ICI e, soprattutto, alla sua mancata copertura. Inutile è stata la pressante richiesta da parte dell'ANCI di garantire la totale copertura del minor gettito ICI, per neutralizzare, così, i tagli delle risorse già operati da Pag. 24moltissimi comuni italiani e che si riflettono ora sulla qualità e sul funzionamento dei servizi ai cittadini, ai nostri concittadini.
Mi sembra, quindi, ovvio e legittimo, ma anche ragionevole, l'appello a fare in modo che si rendano disponibili i residui passivi, i quali potrebbero essere destinati alle opere infrastrutturali di cui si è sempre vantato questo Governo, ma che in realtà in questa legislatura - dedicata prevalentemente, se non esclusivamente, alla soluzione dei problemi del Premier - hanno subito un notevole rallentamento.
Al contrario, per il rilancio della nostra economia, le opere infrastrutturali (soprattutto del sud) consentirebbero un'importantissima ripresa. La carenza infrastrutturale, infatti, caratterizza il ritardo dell'economia meridionale e della sua crescita.
Il sud versa veramente in condizioni di grave dissesto. La produttività media del sistema è inferiore di ben il 18 per cento a quella del centro nord, il tasso di occupazione è più basso di quasi 20 punti percentuali e la quota di lavoro irregolare è del 20 per cento.
L'Italia risulta oggi un Paese diviso, fondamentalmente, in due tronconi, con un sud meno sviluppato e con scarsa capacità di collegarsi all'economia globalizzata. Il meridione necessita di un grande progetto di ripresa di investimenti, trovandosi oggi in un contesto di crisi anche per le mancate tutele politiche, le quali hanno generato modelli di sviluppo insufficienti, costosi e negativi.
Pertanto, non è neanche possibile non sospendere - come pensa di fare questo Governo - le sanzioni previste, per l'anno 2009, per i comuni che non hanno rispettato il Patto di stabilità (appunto, per l'anno 2009) per spese relative ad investimenti: infatti, come abbiamo sottolineato nell'ordine del giorno, non è ragionevole penalizzare i comuni che hanno adottato misure volte a sostenere l'economia in un momento di forte crisi.
Si possono immaginare le devastanti conseguenze per i comuni del sud, in particolare, ma per tutti i comuni d'Italia se non si riuscirà a garantire il mantenimento degli equilibri di bilancio sia in sede di salvaguardia, sia in sede di assestamento per il 2010, rispettando il Patto di stabilità e i pagamenti programmati.
Voglio ricordare, signor Presidente, che i comuni sono stati in tutti questi anni un soggetto primario dello sviluppo economico e sociale. Continuano ad essere l'istituzione che è sentita più vicina sia dai cittadini, sia dal mondo economico, quella a cui ci si rivolge per i servizi sociali e culturali, per gli investimenti e per i piani strategici capaci di promuovere innovazione e semplificazione per rendere più visibile e moderna la propria comunità.
Oggi il Patto di stabilità, così come è formulato e applicato, provoca situazioni insostenibili e difficili da comprendere: un allungamento dei tempi di pagamento delle imprese che hanno effettuato servizi e lavori e una diminuzione degli investimenti, con una previsione di ulteriore riduzione nei prossimi anni. Vi è un problema vero di risorse, senza le quali sarà impossibile garantire investimenti e servizi.
Auspico davvero che il Governo tenga conto delle proposte presentate e approvate dai nostri ordini del giorno. Con particolare riferimento all'ordine del giorno in questione, voglio ricordare ancora una volta e sottolineare che esso fa riferimento ad accordi già sottoscritti tra il Governo, la regione Trentino-Alto Adige e i comuni delle province autonome di Trento e di Bolzano. È impensabile che un emendamento introdotto in fretta e furia e senza, evidentemente, le opportune analisi e verifiche stravolga un impegno ufficiale vincolante del Governo, obbligando anche i comuni delle regioni...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Bucchino.

GINO BUCCHINO... della regione Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano a trasmettere al Ministero dell'interno l'apposita certificazione di maggior gettito...

PRESIDENTE. Grazie...

Pag. 25

GINO BUCCHINO... ai fini della corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali da parte dello Stato in misura pari a tale maggior gettito ICI. Ho davvero finito, signor Presidente,
Chiediamo, quindi, al Governo di rispettare gli impegni assunti e di dichiarare, anche con iniziative normative, l'inapplicabilità dell'articolo 4.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Concia. Ne ha facoltà.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, desidero che sia messo agli atti il documento che sto per leggere, che è la delibera del comitato direttivo dell'ANCI dello scorso 4 marzo. Come è noto e immagino che i colleghi lo sappiano, l'ANCI è composto dai sindaci di centrodestra, di centrosinistra e anche della Lega, quindi non sono dei pericolosi estremisti. Vediamo, quindi, cosa hanno da dirci.
Nella delibera i comuni sostengono che, premesso che legge finanziaria per il 2010 contiene una risposta non esaustiva alle pressanti richieste avanzate dall'ANCI al Governo e al Parlamento, tese ad assicurare il ristoro integrale della compensazione ICI attraverso una congrua quantificazione del fondo compensativo, istituito nel bilancio dello Stato dal decreto-legge n. 93 del 2008, la norma contenuta nel provvedimento prevede un'integrazione dello stanziamento di 156 milioni di euro nel 2008; premesso che la legge finanziaria prevede una significativa riduzione del contributo ordinario base spettante ai comuni pari a 12 milioni di euro, 86 milioni di euro e 118 milioni di euro per un totale di 216 milioni; premesso che il decreto legge n. 2 del 25 gennaio 2010 all'articolo 1, comma 1, introduce, pur mantenendosi il rinvio al 2011, una diversa formulazione relativa alle modalità di applicazione del taglio ai trasferimenti; premesso ancora che il comparto dei comuni, così come si evince dai dati ISTAT, ha contribuito al miglioramento dei conti pubblici, correggendo il proprio saldo, dal 2004 al 2008, di 2 miliardi e 500 milioni di euro, circa il 50 per cento del miglioramento complessivo registrato dalla pubblica amministrazione; premesso, infine, che i comuni per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità saranno costretti nel triennio 2009-2011 a ridurre la spesa totale di circa il 10 per cento e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, e a risentirne sarà la spesa per investimenti che si potrebbe ridurre di almeno il 30 per cento; tutto ciò premesso, evidenziano che le diverse interpretazioni, succedutesi nell'ultimo anno, relative ai rimborsi compensativi per minore gettito ICI degli immobili riclassificati nel gruppo catastale D, avanzano una richiesta.
Vediamo che cosa chiedono. Qui ci sono una serie di cose: la convocazione urgente di un incontro con il Governo per definire le questioni sopra indicate; una ulteriore integrazione dello stanziamento per i rimborsi dell'ICI per l'anno 2008; l'immediata sospensione di tutte le sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità interno per il 2009; la modifica delle regole del patto di stabilità interno, in modo da consentire ai comuni di sostenere la spesa per investimenti e in modo da rendere sostenibile per il comparto la manovra finanziaria 2010-2012.
Chiedono, inoltre, di istituire immediatamente un tavolo tecnico permanente che monitori l'andamento dei quadri di finanza pubblica del comparto dei comuni e che definisca la manovra finanziaria condivisa dai vari livelli di Governo.
Chiedono, ancora, un urgente intervento legislativo che dia stabilità ai trasferimenti dovuti ai comuni a titolo di rimborso compensativo per minore gettito ICI degli immobili riclassificati nel gruppo catastale D; la predisposizione di un decreto delegato che, in attuazione della legge n. 42 del 2009, attribuisca ai comuni una autonomia impositiva congrua e certa, che consenta una programmazione di interventi infrastrutturali ed un'equa distribuzione del carico fiscale sui cittadini e che faccia riferimento al patrimonio, al Pag. 26reddito e ai servizi erogati. Quindi, delibera la necessità che sia convocata una riunione della Conferenza unificata.
Credo che, tra tutte le richieste che sono state fatte dall'ANCI, nessuna sia scritta nel decreto-legge al nostro esame. Ritengo che forse sarebbe necessario un atto di umiltà, anche perché ce lo chiedono non delle persone fuori dalle istituzioni, ma i sindaci della Lega Nord Padania, del Popolo della Libertà, del Partito Democratico, sono le istituzioni di prossimità, le più vicine ai cittadini, che immediatamente debbono risolvere i problemi.

PRESIDENTE. Onorevole Concia, la prego di concludere.

ANNA PAOLA CONCIA. Facciamo questo atto di umiltà ed evitiamo di approvare questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Concia, lei ha chiesto che venga messo agli atti un documento di cui ha dato lettura. Tale richiesta non può essere accolta. Comunque il suo intervento resterà agli atti del resoconto stenografico.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, intervengo brevemente per cinque minuti (purtroppo abbiamo solo questo tempo) per fare una riflessione sull'ordine del giorno al nostro esame che si aggiunge a quelli precedenti perché - essendo stata posta l'ennesima questione di fiducia - l'ordine del giorno è ciò che sarebbe stato un emendamento con il quale si sarebbe tentato di modificare questo provvedimento per migliorarlo.
L'ordine del giorno diventa un consiglio, un auspicio come ha detto una volta un sottosegretario. Tuttavia, noi abbiamo una visione ottimistica dell'uomo e, in particolare, del recepimento da parte dell'autorevole Viceministro Vegas delle osservazioni che facciamo e, quindi, vogliamo dedicargli questa riflessione. Sostanzialmente, attraverso questo ordine del giorno, vogliamo richiamare il Governo al rispetto di un accordo fatto con la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e Bolzano che, invece, viene stravolto dal contenuto di questo decreto-legge.
Questa è una peculiarità di questo decreto-legge, che interviene in modo schizofrenico, un po' rapsodico, estemporaneo, sulla materia degli enti locali, peraltro andando a modificare delle norme non ancora entrate in vigore.
Vorrei sottolineare che si modificano alcune norme della legge finanziaria approvata pochi mesi fa, peraltro nemmeno ricordando che noi avevamo già osservato in quella sede che le norme (mi riferisco, in particolare, alla riduzione del numero dei componenti delle assemblee elettive degli enti locali) non sarebbero potute entrare in vigore.
Tuttavia, oramai siamo purtroppo in una condizione nella quale in Parlamento sicuramente non ci si ascolta, non sono sicuro che ci si senta, con certezza constatiamo che si vanno a modificare delle norme approvate facendo poi esattamente le cose che si era tentato di far recepire con i nostri interventi ed emendamenti.
Peraltro, vorrei sottoporre all'attenzione del sottosegretario che noi stiamo modificando la legge finanziaria in materia di enti locali, però in modo diverso da ciò che è previsto dalla Carta delle autonomie che dobbiamo ancora discutere e approvare; quindi, siamo nella confusione più totale.
Voglio dire una seconda cosa telegrafica, perché ho poco tempo: in questo decreto-legge vi sono delle norme che sono molto discrezionali e che non sono giuste. Mi riferisco, per esempio, alle norme che riguardano l'eliminazione dal Patto di stabilità di alcune entrate straordinarie. Penso alla norma «salva Brescia», per esprimermi in termini molto espliciti, con la quale si tolgono dall'arco di tempo che si prende in considerazione per i saldi degli anni prossimi per osservare il Patto di stabilità alcune entrate straordinarie che si sono verificate nel 2007 a Brescia. Non che non sia giusto, perché mi rendo Pag. 27conto che, essendo straordinaria, quella norma avrebbe vincolato gli anni successivi; ma, Viceministro Vegas, non è giusto che questa decisione la si addotti solo per Brescia e per pochi altri comuni.
Mi è arrivata una e-mail, tanto per farle un esempio, dal sindaco di Inzago che dice: «Onorevole buongiorno, ci siamo visti l'altro giorno ma non sono riuscito a parlarle. Vorrei sapere se la cosiddetta norma "salva Brescia", entrate straordinarie per dividendi nel 2007 tolti dal calcolo del Patto di stabilità, è stata approvata così oppure se qualcuno ha avuto la decenza di allargare il concetto a tutte le entrate straordinarie, il che evidentemente aiuterebbe anche altri comuni». Bisognerebbe evitare la logica dei figli e figliastri, per cui si aiutano alcuni comuni che si trovano in difficoltà, mentre altri che si trovano nella stessa difficoltà, almeno in termini relativi, continuano a rimanere nella stessa situazione senza che nessuno se ne preoccupi.
Non voglio poi fare riferimento a cose assurde che si verificano, lo dico all'indirizzo del Ministro Calderoli: vi sono alcuni comuni che si vedono arrivare il 28 dicembre la bellezza di 280 mila euro da parte del Ministero dell'interno, 280 mila euro che dovrebbero spendere tra il 29 il 31 dicembre. Ovviamente non sono in grado di farlo e, quindi, queste cifre andranno a costituire un avanzo di amministrazione che sarà un'ulteriore palla al piede per gli anni successivi.
Chiudo con riferimento ad una norma che è un capolavoro, quella che riguarda Roma Capitale. Mi permetto di dire ai colleghi che l'altro giorno avevamo una seduta straordinaria del consiglio comunale di Roma in Commissione bilancio laddove si è varata una norma, tra l'altro scoperta, che porta ulteriore discredito alle nostre istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Duilio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capodicasa. Ne ha facoltà.

ANGELO CAPODICASA. Signor Presidente, non intervengo in questo dibattito a difesa delle buone ragioni della regione Trentino-Alto Adige, sarebbe del resto paradossale che a farlo fosse un siciliano e soprattutto mi sembrerebbe un atto di presunzione che davvero non intendo compiere.
Intervengo perché la questione sollevata con l'ordine del giorno dai colleghi Brugger, Zeller e Bressa tocca questioni delicate sul rapporto tra questo Governo e le regioni a statuto speciale. Autoritativamente e centralisticamente con lo strumento del decreto-legge il Governo si mette sotto i piedi norme statutarie di quella regione e soprattutto un accordo sottoscritto tra il Governo e i rappresentanti della regione Trentino-Alto Adige non più tardi di qualche mese fa, esattamente il 30 novembre 2009.
C'è da dire che questo Governo intende qualificarsi come un Governo federalista, immaginiamo cosa avrebbe fatto se si fosse qualificato come un Governo centralista! Peraltro, non è nuovo ad atti simili.
Presidente, quest'Aula qualche mese fa ha approvato alcune mozioni relative alla restituzione delle somme dovute dallo Stato alla regione siciliana in ottemperanza a prerogative statutarie proprie di quella regione e alle relative norme di attuazione, che sono state confermate con numerose sentenze della Corte costituzionale in cui lo Stato è stato richiamato a risarcire le somme indebitamente trattenute nelle proprie casse.
Ebbene, sono passati anni, dall'approvazione di quelle mozioni sono passati tanti mesi, nell'occasione dell'approvazione di quelle mozioni il rappresentante del Governo sostenne che a breve, anzi subito, si sarebbe conclusa la trattativa con i rappresentanti della regione siciliana per liquidare quanto dovuto, sono passati ormai parecchi mesi e nulla è accaduto di quanto qui si era dichiarato.
Del resto, proprio in questi giorni, credo la settimana scorsa, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni, ha deciso di impugnare un atto amministrativo del governo Pag. 28della regione siciliana con il quale venivano nominati i dirigenti a capo dei dipartimenti amministrativi di quella regione. È un atto che non ha precedenti, poiché la materia del personale, del bilancio, e così tante altre materie che sono correlate al provvedimento di quella regione, rientrano pienamente nell'articolo 14 dello statuto della regione siciliana laddove sono individuate le competenze esclusive della regione.
Occorre dire che, in questo caso, il conflitto di attribuzione che il Consiglio dei ministri ha sollevato, impugnando quei provvedimenti, nel merito, da parte nostra è condivisibile, poiché la regione siciliana ha deciso di aumentare la percentuale dei dirigenti esterni da preporre ai dipartimenti da un 5 per cento, come era previsto nella legge approvata dal Governo di centrosinistra, all'attuale 30 per cento. È una percentuale abnorme che anche noi abbiamo contestato ma che, bisogna dirlo, rientra pienamente nelle competenze di quella regione. Quindi, se il Governo...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Capodicasa, deve concludere.

ANGELO CAPODICASA. Mi avvio a concludere, Presidente. Se il Governo avesse ritenuto in violazione della Costituzione quell'aumento dal 5 al 30 per cento avrebbe dovuto impugnare la legge e non adesso il provvedimento amministrativo. Tutto ciò, Presidente, ringraziandola della sua gentilezza, sta a dimostrare quanto questo Governo abbia a cuore le autonomie regionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cardinale. Ne ha facoltà.

DANIELA CARDINALE. Signor Presidente, utilizzo questo ordine del giorno per ribadire che, ancora una volta, il Governo e la maggioranza hanno fatto ricorso al voto di fiducia per far passare un provvedimento che ha solo la funzione di dar vita ad un manifesto elettorale. Gli enti locali, e in particolare i comuni, sono la prima cellula dello Stato, sono i ricettori delle istanze dei cittadini, sono le istituzioni prossime alla comunità. Per questo avrebbero meritato un approfondimento vero, un dibattito nel Parlamento e nel Paese all'altezza del momento politico che viviamo.
Invece, la maggioranza e il Governo hanno inseguito la china populista dell'antipolitica con la proposizione di tagli irrazionali, ma anche insufficienti rispetto ai costi della politica. È un'occasione mancata, perché gli enti locali e i cittadini avrebbero meritato molto di più: l'opportunità di avere comuni e province erogatori di servizi, ma di fronte alla crisi economica anche soggetti promotori di sviluppo.
In tal senso, credo diventi utile ricordare - e mi preme farlo - le significative esperienze maturate alcuni anni fa in territori del Mezzogiorno. In particolare, i comuni come Gela, Caltanissetta, Caltagirone, Modica e Vittoria furono soggetti proponenti e attuatori di contratti d'area e di accordi di programma che diedero impulso alle attività produttive, industriali ed agricole con un conseguente rilancio occupazionale. Oggi, di fronte alla crisi non ci si può rassegnare alla perdita di posti di lavoro, né accontentarsi delle casse integrazione guadagni che danno un minimo respiro ai lavoratori in difficoltà. Sarebbe necessario, invece, riproporre le citate esperienze della programmazione negoziata con iniziative che mettano insieme risorse dello Stato, delle regioni e degli enti locali per riproporre politiche di ripresa economica, di sviluppo e di occupazione. In particolare, signor Presidente, con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di compensare con dei trasferimenti il mancato gettito dell'ICI che avete abrogato e per questo chiediamo all'Assemblea un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carella. Ne ha facoltà.

Pag. 29

RENZO CARELLA. Signor Presidente, colleghi, con un emendamento il Governo obbliga i comuni delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano a trasmettere al Ministero dell'interno una certificazione sul maggior gettito accertato a tutto l'anno 2009 derivante dall'incremento della base imponibile ICI. Questa norma non può trovare applicazione per le province autonome di Trento e Bolzano che hanno l'autonomia finanziaria sancita dallo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige; altro che federalismo come veniva ricordato dai colleghi: qui si violano diritti costituzionalmente riconosciuti. Con il vostro Governo, che sta riproponendo una politica neocentralistica, non rispettate neanche le regioni a statuto speciale. Chiediamo che la richiesta si trasformi, anche attraverso l'approvazione di una norma, in un'acquisizione di dati esclusivamente a fini statistici. Non possiamo non sottolineare che, con la conversione in legge del decreto-legge recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni, il Governo ha perso un'altra occasione per avviare una politica di sostegno all'azione degli enti locali che, in un momento di crisi economica così drammatica, rappresentano la prima istanza istituzionale che incontrano i cittadini. Vi sono, infatti, famiglie senza reddito e lavoratori in cassa integrazione che hanno subito una drastica riduzione del loro stipendio. Nella stragrande maggioranza dei casi i comuni hanno messo in campo politiche sociali, adottando misure volte a contrastare gli effetti della crisi, sostenendo le fasce più deboli: i lavoratori in cassa integrazione, i giovani precari che hanno perso i contratti di uno o tre mesi, le fasce più deboli della popolazione e meno tutelate. Molti comuni hanno stanziato somme per applicare agevolazioni sulle tariffe dei servizi locali: acqua e mense scolastiche. Possibile che voi del Governo e della maggioranza non avete incontrato una famiglia che vi ha raccontato che non ha i soldi per comprare i buoni della mensa scolastica?
Ma possibile che solo noi incontriamo questa Italia e voi parlate di un altro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Questo sostegno alle famiglie sta aggravando pesantemente i bilanci dei comuni, già compromessi per la riduzione dei trasferimenti che voi avete portato avanti: essi sono penalizzati dall'inadeguata copertura del mancato gettito derivante dalla soppressione dell'ICI sulla prima casa. Noi non ci stancheremo di ricordare e denunciare il danno che quel provvedimento, iniquo e demagogico, ha causato alle casse dei comuni e alle entrate dello Stato. Avete regalato a chi poteva un'esenzione che oggi poteva essere utile proprio per finanziare i comuni e la ripresa e per dare sostegno alle famiglie, alle quali tante volte vi richiamate, ma nei confronti delle quali non mettete in campo un atto di sostegno vero. Si tratta di quattro miliardi di risorse importanti in un momento di crisi economica come questo, ma, quando la propaganda prende il sopravvento sulla ragione, l'equità e la giustizia, questi sono i danni.
Inoltre, molti comuni, quelli virtuosi e che hanno rispettato regole, procedure e indirizzi del Governo hanno nei loro bilanci residui passivi che potrebbero destinare alle opere infrastrutturali, al fine di contribuire al rilancio dell'economia. Vi sono migliaia di imprese, le imprese artigianali, che potrebbero avere una boccata di ossigeno vitale...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RENZO CARELLA. ...se si sbloccassero questi fondi. Vi sono province che hanno i soldi per fare manutenzione ordinaria nelle scuole...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Carella. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marco Carra. Ne ha facoltà.

MARCO CARRA. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame ci offre l'opportunità di parlare di ICI, ossia di quell'imposta la cui eliminazione totale sulla prima casa ha messo in seria difficoltà i comuni, come già ha ben ricordato il Pag. 30collega Carella. Si è detto che questa era ed è l'unica imposta federalista, perché la sua applicazione veniva praticata con ampi margini di autonomia da parte dei comuni. Già il Governo Prodi aveva eliminato l'ICI sulla prima casa e il provvedimento interessava le categorie sociali meno abbienti: quella è stata una scelta politica netta, inequivocabile, che aveva trovato il sostegno dei comuni e delle famiglie.
È bene, allora, cogliere questa occasione per ribadire che la scelta di eliminare totalmente l'ICI sulla prima casa anche per quelle famiglie abbienti - sul cui bilancio familiare il pagamento dell'ICI sulla prima casa non avrebbe inciso particolarmente - è stata profondamente sbagliata. Noi lo abbiamo denunciato. Tutti i comuni, di qualsiasi orientamento politico, hanno fatto altrettanto. Non ci avete ascoltato, ma soprattutto non avete ascoltato i comuni e avete inteso corrispondere ad una promessa elettorale - pura propaganda, come è già stato detto - e i danni sono sotto gli occhi di tutti. Avete affermato, inoltre, che avreste colmato l'eliminazione di questa imposta e del relativo gettito con somme identiche, ovviamente trasferite da Roma, ossia dal centro alla periferia. Tutto ciò non è accaduto, se non in misura parziale. Non solo, quindi, avete privato i comuni dell'unica imposta federalista, ma avete tolto loro quelle risorse indispensabili per garantire i servizi essenziali che assicurano la qualità della vita, degna di questo nome, a ciascuna delle famiglie amministrate.
È già stato ricordato che, in questi ultimi periodi, i comuni hanno fatto fronte alle emergenze sociali, costituendo dei veri e propri fondi anticrisi e spostando risorse da altri servizi importanti al sostegno delle famiglie e dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, in questo caso sostituendosi ancora una volta a voi.
Si sa, i comuni sono i primi presidi istituzionali - si dice che i sindaci sono sovente «in frontiera» - ai quali i cittadini si rivolgono nel momento del bisogno ed oggi non riescono a corrispondere compiutamente a quei bisogni. Nemmeno questo decreto-legge risponde, credo, alle esigenze dei comuni.
Auspico che cessi il tempo delle mortificazioni nei confronti dei comuni, tranne qualcuno, come ad esempio Catania, e possa ripartire un dialogo fecondo con l'ANCI e con la Lega delle autonomie per rimettere al centro - scusate il gioco di parole - l'autonomia delle autonomie locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, capisco che le modalità con cui interveniamo possono anche recare un qualche fastidio e non sono gradevoli neanche per noi, ma sono gli unici strumenti che abbiamo a disposizione per poter interloquire su materie importanti.
Infatti, la strategia del Governo di procedere per voti di fiducia, di fatto, ci priva dell'unica possibilità che in un Parlamento si ha, si dovrebbe avere e si dovrebbe rispettare: quella di confrontarsi, di esprimere opinioni, di potere, in qualche modo, recepire anche dagli apporti della minoranza ciò che è utile.
Se aveste potuto consentire alla minoranza di discutere e votare emendamenti come quello di cui si occupa questo ordine del giorno, avremmo evitato a questo provvedimento sgangherato di uscire con i limiti che oggi denunciamo.
Quando avete deciso di porre la questione di fiducia, non lo avete fatto perché eravate in presenza di numerosi emendamenti avanzati dall'opposizione. Avete posto la fiducia perché sapevate che questo provvedimento è lacunoso in mille parti.
È un provvedimento che solleva la giusta reazione di tutto il sistema delle autonomie locali, dei sindaci della sinistra e dei sindaci della destra. So, in particolare, delle reazioni vivacissime che i sindaci della Lega, che sono alle prese, come i nostri sindaci, con i problemi del territorio, Pag. 31hanno espresso di fronte a questo provvedimento.
Avete posto la questione di fiducia perché avevate paura del voto dei vostri deputati, dei colleghi di maggioranza. Purtroppo, i colleghi di maggioranza subiscono e non reagiscono mai; vanno nei propri territori, dicono agli amministratori locali che, venendo in Parlamento, si impegneranno a sostenere le loro tesi, ma quando arrivano qui sono costretti al silenzio e non reagiscono.
L'ordine del giorno che stiamo commentando, in qualche modo, fotografa i danni che la strategia governativa dei voti di fiducia sta provocando all'azione amministrativa e al sistema delle autonomie locali, che è l'ossatura dello Stato che ancora funziona e regge anche i problemi dell'emergenza. Se non ci fosse la rete dei comuni, delle amministrazioni provinciali e degli enti locali, come hanno detto da ultimi i colleghi Carella e Marco Carra, probabilmente il peso di questa crisi sulle famiglie e sui lavoratori sarebbe ancora maggiore.
Sono gli enti locali che riducono le tariffe, che riducono le rette, che agevolano l'accesso ai servizi del welfare locale, che assumono iniziative per mettere sul mercato case in affitto, che riducono ulteriormente il costo degli affitti dell'edilizia pubblica, che intervengono con degli assegni sulle famiglie numerose ove vi sono disoccupati, che intervengono per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese.
Questa parte dello Stato che funziona, che regge il nostro Paese in questo momento di difficoltà, voi la penalizzate continuamente, la continuate a penalizzare sistematicamente, rivelando in ciò qual è la vostra filosofia di Governo, il vostro senso dello Stato, la vostra cultura del Governo! È facile parlare del federalismo a voce, parlarne in sedi dove si fa solo propaganda, parlarne in campagna elettorale: in questi giorni nelle piazze del Veneto, nelle piazze della Lombardia o del Piemonte, la Lega in particolare continua ad insistere e a promettere il federalismo, a dire che col federalismo tutto sarà risolto, e quando veniamo in Aula accettano tutte le conseguenze di una politica centralista come non si è mai vista!
È una politica centralista che nei fatti contraddice principi supremi della nostra Carta costituzionale. Vorrei invitare i Ministri presenti, i sottosegretari a rileggersi l'articolo 5 della nostra Costituzione: non solo il Titolo V, l'articolo 5 della Costituzione, che usa quel verbo, «riconosce». La Repubblica italiana promuove e garantisce, ma riconosce il valore delle autonomie locali! Se voi aveste una cultura costituzionale minima, vi rendereste conto che le comunità locali sono precedenti la Repubblica, al punto che la Repubblica usa il verbo «riconoscere»!

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Castagnetti.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Queste politiche governative, tutte contro gli enti locali, sono politiche fondamentalmente contraddittorie, in violazione dello spirito fondamentale della nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni)!

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei solo avere l'assicurazione da lei se al numero dei sottosegretari, che è stato nominato l'altro giorno, si sia aggiunto anche l'onorevole Calderisi; nel contempo, se ci dà la comunicazione formale in Aula.

PRESIDENTE. Non è ancora stato comunicato alla Presidenza, anche se potrebbe essere un auspicio suo e mio che l'onorevole Calderisi faccia il sottosegretario.

ROBERTO GIACHETTI. Mio no!

Pag. 32

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brandolini. Ne ha facoltà.

SANDRO BRANDOLINI. Signor Presidente, l'ordine del giorno n. 9/3146-A/5, sottoscritto da Brugger, Zeller e Bressa, ci dà l'opportunità di affrontare il contenuto del decreto-legge in discussione. Intanto per dire che la prima assurdità è che il Governo debba emanare, subito dopo l'entrata in vigore della legge finanziaria, un decreto-legge per rendere inefficace, per alcuni versi, la legge finanziaria stessa, e per rinviarla all'anno successivo.
La seconda osservazione era in merito, come anche altri interventi hanno sottolineato, alla natura degli ordini del giorno. In questi giorni si discute molto di democrazia; anzi, il Presidente del Consiglio anche oggi dice che difenderà la democrazia dai soprusi inaccettabili. Penso che la regola fondamentale della democrazia sia il dibattito, la discussione, l'ascolto, il confronto e la decisione; la decisione però non è il fine della democrazia: è il mezzo, per attuare poi che ciò che, appunto, si è deciso attraverso un processo democratico. Parlando allora di ordini del giorno, che sempre di più diventano lo strumento attraverso il quale noi possiamo esercitare il nostro ruolo democratico all'interno del Parlamento, mi viene in mente, se non sbaglio, proprio un'affermazione del sottosegretario Vegas, che oggi è presente, secondo la quale un ordine del giorno non si nega a nessuno.
Ciò detto, parafrasando un motto largamente popolare, voglio anche dire che questa affermazione del sottosegretario Vegas mi fa venire in mente un detto molto popolare: un ordine del giorno - al giorno, in questo caso - se pure non si nega comunque non toglie la malattia di questo Paese, non risolve (come la mela, appunto) i problemi degli enti locali né, in generale, i problemi economici e sociali che questo Paese sta attraversando, che anzi risultano aggravati dai provvedimenti - o meglio, dai mancati provvedimenti - del Governo.
Siamo di fronte ad una situazione nella quale i comuni - già altri lo ricordavano - non riescono a restare nel Patto di stabilità, e questo non perché - badate bene - i comuni siano spendaccioni. Voglio ricordare infatti che il deficit dello Stato è il prodotto di due dati positivi e di uno negativo e che i due dati positivi sono rappresentati dagli avanzi a fine anno degli enti locali e addirittura degli enti previdenziali. In particolare, gli enti locali dovendo osservare l'obbligo per cui le uscite non possono essere maggiori delle entrate, naturalmente non facendo tutte le spese previste a fine anno chiudono in attivo. Quel deficit, che oggi viaggia ben oltre il 4 per cento del PIL, è esclusivamente il frutto dell'attività dello Stato e quindi è lì e a quel livello che occorre intervenire (il deficit sarebbe cioè ancora superiore se non vi fossero appunto l'impegno e l'attività degli enti locali che rispettano i patti e i bilanci e che, da questo punto di vista, portano un contributo al contenimento delle spese, di modo che, se in questi anni il debito è stato contenuto al massimo, ciò è dovuto appunto anche alla politica degli enti locali).
Ancora una volta siamo dunque di fronte ad una situazione assolutamente ridicola. Da una parte, ci veniva detto, con la legge finanziaria, che bisognava ridurre i costi della politica, dall'altra però, se i costi della politica vengono individuati nella riduzione dei consiglieri comunali o di qualche altra spesa questa mi pare essere una concezione della democrazia che sicuramente non può essere accettata.

PRESIDENTE. Onorevole Brandolini, deve concludere.

SANDRO BRANDOLINI. Da questo punto di vista, ritengo che la volontà vera non sia quella di tagliare i costi della politica, bensì quella di tagliare la democrazia, ma ritengo che a ciò il Parlamento si debba ribellare. In questi giorni, e concludo, si parla di OGM...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brandolini. Ha chiesto di parlare per dichiarazione Pag. 33di voto l'onorevole Picierno. Ne ha facoltà.

PINA PICIERNO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, è sufficiente uscire da quest'Aula e leggere i giornali o semplicemente discutere con i cittadini per avere un esempio concreto delle difficoltà che il nostro Paese e che i cittadini di questo Paese stanno attraversando in conseguenza della crisi economica.
Quasi dovunque si susseguono senza sosta presidi, manifestazioni di lavoratori che da domani, da oggi, rischiano di non avere più uno stipendio da portare a casa.
Purtroppo si parla troppo poco di loro e troppo spesso soltanto di alcuni di loro, ma è bene ricordare in quest'Aula che sono tantissime le situazioni prive di visibilità eppure drammatiche per la portata e le conseguenze che hanno.
Ma a voi, a questa maggioranza e a questo Governo, tutto ciò semplicemente non interessa: non vi interessa, come è stato detto, incrociare il Paese reale né vi interessano la sofferenza, le ansie, le aspettative di questi cittadini, perché semplicemente avete deciso di girarvi dall'altra parte!
E l'ennesima prova di quanto tutto questo non vi interessi è proprio il provvedimento di cui stiamo discutendo ora, che non tiene minimamente in considerazione le forti riduzioni nelle entrate che gli enti locali si sono trovati a dover fronteggiare a causa di misure assolutamente propagandistiche come l'abolizione dell'ICI.
Gli enti locali stanno svolgendo, nei limiti ovviamente delle loro possibilità e delle loro risorse, ed è bene ricordarlo, tra mille difficoltà, un compito importantissimo e fondamentale che è quello di garantire ai cittadini colpiti dalla crisi la prossimità delle istituzioni attraverso misure importanti e straordinarie di rilancio dell'economia, di sostegno al reddito, e di erogazione di servizi essenziali alle fasce più deboli della popolazione.
Noi riteniamo, come abbiamo detto in tanti interventi, che se messi in condizione, i comuni, le province e gli enti locali, avrebbero potuto essere in qualche modo le sentinelle più sensibili di una politica anticiclica e anticrisi. Invece, questo Governo e questa maggioranza, hanno deciso di ridurre gli investimenti, passando da 3,3 miliardi di euro a 1,7. Rimane, inoltre, tutto intatto, il gigantesco ed enorme problema relativo al Patto di stabilità interno. I comuni, lo sappiamo e l'abbiamo detto, saranno costretti nel triennio 2009-2011 a ridurre la spesa totale di circa il 10 per cento e considerato, come è noto, che la spesa corrente è difficilmente contraibile, allora a risentirne sarà la spesa per gli investimenti, per i servizi (ad esempio, i trasporti, gli asili nido) rivolti alle persone delle fasce più deboli della popolazione.
Credo, allora, che sarebbe in qualche modo doveroso e necessario, da parte di una maggioranza e di un Governo che hanno preferito sempre gli spot elettorali (mi riferisco in questo caso all'abolizione dell'ICI) ad una politica più lungimirante di supporto al ruolo degli enti locali, fare un atto di umiltà. Questo è quello che chiediamo al Governo oggi: un atto di umiltà, non approvare questo decreto-legge e, comunque, accogliere quegli ordini del giorno, come quelli che stiamo discutendo, che vanno nella direzione di migliorare il testo e che mettono delle «pezze» ad un testo che rappresenta nella forma e nella sostanza l'ennesimo schiaffo ai cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signori rappresentanti del Governo, vorrei rifarmi ad alcune considerazioni che, molto opportunamente, svolgeva l'onorevole Rita Bernardini: stiamo discutendo da alcune ore di un ordine del giorno e questo è l'effetto di un Parlamento che vede ogni giorno di più strozzate le sue competenze e prerogative. Pag. 34
Ormai, con l'utilizzo della questione di fiducia, con i decreti-legge, e adesso anche con la questione di fiducia posta su uno dei pochissimi provvedimenti di iniziativa parlamentare che riescono, come aveva ricordato il Presidente Fini, a trovare una strada, al Parlamento non è rimasto altro che discutere sugli ordini del giorno.
Ordini del giorno che sono sostanzialmente violati, nel senso che anche quelli che sono accettati dal Governo non trovano poi applicazione. Voglio dire anche che in questo Parlamento non hanno più applicazione nemmeno le mozioni. Ricordo una mozione di un anno fa, a prima firma Rita Bernardini, sulla riforma della giustizia, che venne fatta propria dal Governo, e che non ha ottenuto ancora alcuna applicazione e chi sa mai quando la otterrà visto che questo Parlamento è, ancora una volta, costretto ad occuparsi di leggi più o meno ad personas o adesso, addirittura, «ad listas».
Credo che francamente il decreto-legge, approvato alcuni giorni fa dal Consiglio dei ministri, sul pasticcio delle liste a Roma verrà lasciato cadere su un binario morto onde evitare che intervenga anche la Corte costituzionale. Questa è una mia idea, magari mi sbaglio.
In questo contesto noi siamo qui a discutere di questi ordini del giorno mentre è in corso una campagna elettorale, o meglio dovrebbe essere in corso una campagna elettorale, perché in realtà la RAI TV, in violazione delle decisioni del Parlamento, ha deciso di chiudere i talk show. Si tratta di una decisione assolutamente improvvida, assolutamente contraria al regolamento che la Commissione di vigilanza ha approvato, che chiedeva, al contrario, un rafforzamento di queste trasmissioni con l'applicazione di quelle regole - pensate un po', la par condicio italiana - che sono deboli rispetto a quelle in vigore negli altri Paesi.
Marco Pannella è tornato dall'Inghilterra con le 72 regole che in quel Paese devono essere adottate nei confronti a tre, nei confronti tra i due partiti maggiori e il partito liberaldemocratico. Lo ripeto, sono 72 regole che regolamentano anche i dettagli, regolamentano anche il trucco. Tutto questo in Italia non c'è. Persino quando si chiede di applicare la par condicio alle trasmissioni più importanti viene sollevato il muro dell'impossibilità; un'impossibilità che abbiamo dimostrato essere falsa. Mentre tutto questo accade, anche delle tribune politiche non abbiamo più notizie. Non ne abbiamo più notizia da più di due anni, e ancora adesso negli ultimi trenta giorni della campagna elettorale, dopo che si sono chiusi i talk show, le tribune politiche non ci sono e la RAI ci dice: ma è un problema, è il Ministro dell'interno che deve dare alla RAI l'elenco dei soggetti che sono abilitati a far parte della campagna elettorale in RAI TV. Ebbene, mi chiedo, come mai allora Mediaset e le altre televisioni - concludo - viceversa organizzano le tribune politiche. Perché se le fanno le TV private (che applicano le stesse regole) non le può fare la RAI TV?
Nessuno questo lo sa spiegare, e allora per tutto questo parliamo di enti locali, e siamo qui, su questo ordine del giorno, dicendo che non si possono non realizzare riforme complessive e non si può procedere con tagli a caso (questo è quello che sta succedendo). Quindi anche su questo tema non possiamo far finta di nulla. Chiediamo riforme complessive degli enti locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo voluto richiamare l'attenzione - lo stiamo facendo con i nostri interventi - sulla situazione critica nella quale versano gli enti locali dal punto di vista delle risorse disponibili, perché in realtà questo è un aspetto decisivo della strategia anticrisi di cui il nostro Paese avrebbe bisogno per affrontare una crisi che, nonostante le dichiarazioni propagandistiche del Presidente del Consiglio, non sta affatto alle nostre spalle. Pag. 35
Ricordo, a testimonianza della gravità della crisi, che in due anni la disoccupazione è passata dal 6 al 9 per cento; in due anni la cassa integrazione guadagni è aumentata di dieci volte, i dati sull'andamento dell'economia 2009 fanno registrare un calo della produzione industriale ai livelli del 1991 e un calo delle esportazioni al livello del 1971. Le cifre non sono opinioni e queste cifre sono lì a dimostrare, insieme a tante altre che potrebbero essere snocciolate, la gravità di una crisi che morde, e morde fortemente nella vita dei cittadini, nella certezza del loro lavoro, nella certezza del loro reddito, nel futuro dei loro figli e nelle opportunità di vita.
Naturalmente si potrebbe obiettare che la crisi c'è anche in Francia, c'è anche in Germania, c'è anche negli Stati Uniti, il che naturalmente è vero stante che siamo di fronte alla prima vera crisi della globalizzazione. Ma - vedete - la differenza non sta tanto nella crisi e nella sua profondità, la differenza tra l'Italia e gli altri Paesi sta nella risposta alla crisi. Perché se si va a guardare quello che è stato fatto in Germania, in Francia o negli Stati Uniti per affrontare la crisi si vede che lì sono state messe in campo terapie d'urto, strategie d'intervento, programmi di emergenza, con cospicui finanziamenti e investimenti, mentre nel nostro Paese questo non è avvenuto e continua a non avvenire.
Ricordo, ad esempio, che noi stiamo affrontando la situazione critica del mercato del lavoro esattamente con gli stessi strumenti e le stesse dotazioni finanziarie di cui disponevamo prima che la crisi precipitasse, tant'è che la cassa integrazione guadagni nei mesi di novembre e dicembre 2009 è stata coperta già attingendo ai fondi stanziati per il 2010. Ricordo che le famose 43 grandi opere, con in testa il mitico ponte di Messina, che un anno e mezzo fa il CIPE ha deliberato e che avrebbero dovuto fare da traino al rilancio degli investimenti sono a tutt'oggi, 10 marzo 2010, coperte tutte per un ammontare finanziario non superiore al 15 per cento. Il che significa che quei cantieri non si apriranno mai perché io non conosco una sola azienda che partecipa ad un appalto di quelle dimensioni, coperto finanziariamente soltanto per il 15 per cento.
Ricordo che non c'è una strategia di sostegno alle imprese soprattutto alle piccole e alle medie che costituiscono peraltro il 95 per cento del nostro apparato produttivo per le quali non sono stati presi provvedimenti né per facilitare l'accesso al credito né per mettere a disposizione ammortizzatori sociali di cui spesso queste aziende non godono né per favorirle nella penetrazione sui mercati nel momento in cui la flessione della domanda internazionale determina una pericolosa riduzione della nostra capacità esportativa.
In questo quadro non c'è una strategia adeguata neanche per utilizzare quelle risorse che pure sarebbero disponibili da parte degli enti locali. Ricordo che in sede di dibattito sul disegno di legge finanziaria da questi banchi chiesi al Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti la revisione delle regole del Patto di stabilità interno in ragione tale da consentire a quei quasi cinquemila comuni, che hanno avanzi di bilancio e che in omaggio alle attuali regole non riescono a spenderli, di poter mobilitare queste risorse con le quali si potrebbero aprire cantieri, si potrebbero anticipare pagamenti ad aziende che lavorano per le pubbliche amministrazioni e così via.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Fassino.

PIERO FASSINO. Tremonti si alzò, disse che avevamo ragione, si sedette e le regole del Patto di stabilità continuano ad essere quelle. Gli enti locali continuano ad essere strozzati nelle loro disponibilità finanziarie e non si mobilitano risorse che ci sono con cui affrontare la crisi.
Queste sono le tante ragioni per le quali noi consideriamo che la politica che il Governo sta perseguendo sia una politica sbagliata per la quale chiediamo una revisione e per la quale abbiamo proposto gli ordini del giorno che si stanno discutendo Pag. 36e che noi naturalmente sosterremo e che ci auguriamo che siano sostenuti da tutta l'Aula perché corrispondono ad un interesse generale e non ad un interesse di parte mettere in campo strategie e risorse adeguate ed affrontare la crisi prima che quella crisi continui a produrre impatti sociali ed economici particolarmente negativi sull'economia del nostro Paese e sulla vita dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Essendo state ritirate tutte le ulteriori richieste di intervento per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Brugger n. 9/3146-A/5, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sardelli... Onorevole Di Pietro... Onorevole Evangelisti... Onorevole Vietti... Onorevole Molteni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 466
Votanti 447
Astenuti 19
Maggioranza 224
Hanno votato
438
Hanno votato
no 9).

Prendo atto che i deputati Vannucci e La Loggia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Ruggeri e Adornato hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lo Monte n. 9/3146-A/9, accettato dal Governo, purché riformulato.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, credo sia utile a tutti sapere semplicemente se lei ha un'idea di come proseguiremo i nostri lavori.

PRESIDENTE. Mi sembra un'utile richiesta: andremo avanti fino alle 13,45, in modo da poter permettere poi ai colleghi di partecipare alle riunioni delle Commissioni. Poi alle ore 15 è previsto il question time e alle ore 16 si riprenderà con l'eventuale - laddove vi fosse necessità - conclusione delle dichiarazioni di voto sull'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11 e relativa votazione.
Sull'ordine del giorno in questione, infatti, pur essendo stato accettato dal Governo, se riformulato, è stato richiesto, mi sembra, il voto.
Prendo dunque atto che i presentatori accettano la riformulazione e insistono per la votazione dell'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11, accettato dal Governo purché riformulato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, mentre la finanza nazionale peggiora i comuni risparmiano. Lo fanno perché essendo vicini ai cittadini sentono immediatamente la responsabilità di una finanza rigorosa, sentono l'obbligo di orientare le risorse verso le vere priorità e soprattutto in questo periodo, in questo momento di difficoltà e di crisi, sono sicuramente più attenti ai cittadini che sono in difficoltà, al sostegno al lavoro ed al reddito.
In occasione del voto di fiducia, l'altro giorno, ho sostenuto che sono le famiglie ed i comuni ad essere i nuovi assistenti sociali e che quando lasciamo soli loro lasciamo soli anche i cittadini. Eppure questo atteggiamento virtuoso rischia di essere inutile e questo sforzo di restare vanificato, perché vessati dalle regole di un Pag. 37Patto di stabilità insidioso ed insensato gli amministratori dei comuni non possono agire e fare le politiche per i quali sono stati eletti.
È un bel caso di scuola sul quale dovrebbero riflettere tutti coloro che nella maggioranza e nel Governo, a cominciare dal Presidente del Consiglio, sostengono quotidianamente il diritto di governare sulla base del mandato ottenuto dagli elettori. Questo diritto viene reso impossibile nel caso dei sindaci e degli enti locali: quelli che sono usciti dai vincoli del Patto di stabilità perché hanno agito per il bene collettivo dei cittadini o per rilanciare la loro economia locale hanno subito sanzioni del tutto anacronistiche ormai; quelli che lo hanno rispettato ed hanno i bilanci a posto non possono investire (penso alla manutenzione delle scuole) e non possono pagare i debiti verso coloro che hanno accumulato così tanti crediti nei confronti dell'intera pubblica amministrazione.
Penso inoltre al decreto-legge n. 112 del 2008, che come ricordiamo bene ha realizzato un obbligo al concorso da parte degli enti locali al risanamento pubblico di 1 miliardo 340 milioni di euro nel 2009, 2 miliardi 370 milioni nel 2010 e ben 4 miliardi 145 milioni nel 2011. Se aggiungiamo i 451 milioni di mancato trasferimento, ma soprattutto la restituzione ICI, inadeguata ed incompleta, abbiamo di fronte un quadro desolante della situazione dei nostri enti locali. Ricordo anche l'irrisolta questione della TARSU dopo la sentenza della Corte costituzionale.
Signor Presidente e signor rappresentante del Governo, l'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11 chiede di risolvere esattamente questi problemi; chiede un impegno del Parlamento affinché venga celermente affrontata l'intera tematica degli enti locali con provvedimenti più organici, meno provvisori e meno improvvisati di quello sul quale abbiamo discusso in queste settimane. Nel voto di fiducia dell'altro giorno l'onorevole Dal Lago, pur oggettivamente e comprensibilmente approvando il provvedimento, ha detto che si poteva fare di più. Ebbene, prendiamo in parola questa esigenza e l'ordine del giorno in esame ha proprio questo obiettivo: si prefigge di provare a chiedere al Governo un impegno costante. Mi auguro che venga preso in considerazione.
Mi auguro che nei prossimi mesi riusciremo a scontare i limiti del provvedimento che ci accingiamo ad approvare: ciò in previsione della Carta delle autonomie e della necessità urgente che il federalismo diventi una regola con la quale realizzare obiettivi precisi. Stiamo aspettando che vengano portati all'attenzione dell'Assemblea i provvedimenti applicativi da parte del Governo e che, con il consenso di tutti, parta l'attività della Commissione che ha il compito di dar corso ad una verifica parlamentare: infatti, sappiamo che il ruolo del Parlamento nell'applicazione del federalismo è assolutamente importante e decisivo.
Mentre aspettiamo tutto questo, abbiamo bisogno di tracciare un punto fermo, di mantenere in piedi un riferimento preciso. Un ordine del giorno - si sa - non è la soluzione dei problemi, ma la passione con la quale confrontiamo questi strumenti in quest'Aula ed il rigore con il quale il Governo dà le sue risposte, rappresenta un impegno.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PIER PAOLO BARETTA. Il fatto che il Governo abbia accettato l'ordine del giorno in oggetto è positivo e, se lo votiamo insieme, lo confermeremo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, ciò che stiamo vedendo oggi nel corso di questo dibattito e l'atteggiamento che abbiamo assunto all'interno dell'Aula, ci porta a svolgere alcune riflessioni, che nascono da un comportamento tenuto da Pag. 38parte della maggioranza, non solo all'interno dell'Aula parlamentare, ma anche all'esterno.
Infatti, attraverso alcuni atteggiamenti utilizzati sia all'esterno che all'interno di quest'Aula, la maggioranza non ha portato ad un dialogo sereno e costruttivo nell'interesse della collettività e del Paese, ma ha portato il Paese in un clima di grande confusione. La confusione che si è creata non è spiacevole solo ed esclusivamente per i parlamentari all'interno del Parlamento, ma anche per tutti i cittadini. Essi, infatti, non riescono più a capire cosa è giusto, né quali sono le norme a tutela e a garanzia del buon senso e del buon comportamento. Ciò si evince da quanto è stato fatto recentemente in relazione alla problematica delle liste elettorali nel Lazio e in Lombardia.
Qualcuno all'interno del Parlamento potrebbe pensare o chiedere: ciò che sta dicendo il collega, l'onorevole Scilipoti, ha un nesso con l'ordine del giorno che stiamo discutendo? Sì, ha un nesso, perché l'atteggiamento assunto dall'Assemblea in questo preciso momento è un atteggiamento di ribellione, volto a far capire ai colleghi presenti in Aula che alcuni comportamenti ed atteggiamenti non dovrebbero essere utilizzati a beneficio proprio, o soltanto ed esclusivamente da alcuni, che la pensano in modo completamente diverso rispetto a quelle che dovrebbero essere le regole del gioco.
L'arma a disposizione del Parlamento è quella del dibattito, ossia di utilizzare le parole e l'ostruzionismo - nel significato più nobile del termine - per far sì che alcuni parlamentari inizino a riflettere e a pensare seriamente che determinati atteggiamenti non fanno altro che far morire, piano piano, la democrazia nel nostro Paese. Questo è un fatto grave, gravissimo, che va detto e denunciato non solo all'interno di questo Parlamento, ma anche fuori da quest'Aula. Va detto con grande forza, affinché situazioni del genere non si verifichino e, per il futuro, non siano nemmeno pensabili.
Tuttavia, questo non ci rassicura, perché ciò che sosteniamo all'interno del Parlamento, molte volte, viene condiviso solo a parole, nei discorsi che si tengono alla buvette o in Transatlantico, ma, poi, non viene condiviso in Aula. Qui nasce sempre il vero problema, il nocciolo dell'argomento e della discussione, l'argomento centrale: perché facciamo tutto quello che facciamo e perché assumiamo un certo comportamento e un certo atteggiamento? Perché i parlamentari assumono questo atteggiamento? Perché il Governo assume un atteggiamento che, molte volte, prevarica quella che dovrebbe essere la norma del buon comportamento? Perché ognuno ritiene e pensa che possa fare tutto ciò che vuole.
Ciò accade da parte del Governo, ma i parlamentari molte volte intervengono non con lucidità, né con interventi volti a far riflettere coloro i quali assumono atteggiamenti scorretti: essi intervengono, piuttosto, per essere bravi, consenzienti, affidabili, per essere parlamentari di parte, che prendono o sostengono una posizione solo per farsi dire «bravo» dal leader del partito che rappresentano. Ciò è veramente grave, perché nel dire e nel farsi dire «bravo» dal partito o dal leader che hanno come capo, essi possono fare un bene a quel leader, in quel preciso momento, tuttavia recano un danno gravissimo, non solo al Parlamento, ma minano questo nostro Stato italiano e le leggi che lo regolano.
Ciò richiama sempre quella vecchia riflessione che io, all'interno di questo Parlamento, svolgo e che riguarda sempre quel sistema che non è più corretto, non è più spiegabile, né applicabile, ossia quello...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DOMENICO SCILIPOTI. ...del sistema elettorale, che in questo momento è in grande crisi: esso molte volte vede, all'interno del Parlamento, parlamentari che non ragionano liberamente...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scilipoti.

Pag. 39

DOMENICO SCILIPOTI. ...parlamentari - concludo - che non sostengono le battaglie nell'interesse della collettività, ma debbono solo dire di sì al capo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, non ha ancora un minuto di tempo, ha già superato il tempo a sua disposizione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, gradirei aggiungere la mia firma all'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11 per due ordini di motivi: in primo luogo, in quanto su questo ordine del giorno compare la firma dell'onorevole Bersani - il segretario del Partito Democratico - quale secondo firmatario; in secondo luogo, in quanto, nel merito, questo ordine del giorno - e lo dico da uomo componente dell'ANCI Campania - esprime degli argomenti significativi e importanti per il rilancio degli enti locali.
Ma andiamo con ordine. Ieri, vedevo una vignetta comparsa sulla prima pagina del Corriere della Sera, dove era raffigurata la «Pasticceria Silvio»: una pasticceria recante l'insegna «Specialità regionali - nostra produzione». Ovviamente, il pasticciere raffigurato era Berlusconi, il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale, rivolgendosi all'onorevole Bersani - anch'egli presente nella medesima vignetta - diceva: «Per lei abbiamo un'ottima pastiera (...)». La pastiera è uno dei dolci più importanti, più prelibati...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, lei è sempre molto creativo, però si attenga alle dichiarazioni di voto sull'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11, il quale - le ricordo - concerne l'adozione di misure in ordine alla copertura del minor gettito ICI, l'applicazione delle tariffe di igiene ambientale e così via. L'ha presa un po' alla larga, ma adesso entri nel vivo della questione.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, sto svolgendo ragionamenti che mi consentono di arrivare sull'argomento.

PRESIDENTE. Ma i ragionamenti poi devono arrivare al punto.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, accetto la sua indicazione e la rispetto.
Per questa ragione, in relazione all'ordine del giorno, invito l'onorevole Bersani, anzi gli rivolgo una raccomandazione, ossia quella di non accettare nulla dal Premier pasticciere. Non accetti, onorevole Bersani, i pasticci berlusconiani, anche se si tratta di pastiere, che sono il dolce più delizioso napoletano. Sa perché? Perché questi pasticci hanno ingredienti molto velenosi per il nostro Paese.
È importante quanto appare in questo ordine del giorno: colmare quanto prima il vuoto legislativo creatosi dopo la sentenza della Corte costituzionale in ordine all'applicazione della tariffa di igiene ambientale, ridurre l'obiettivo del Patto di stabilità e colmare e ristorare soprattutto il minor gettito dell'ICI, atti fondamentali, importanti e significativi per gli enti locali.
Gli enti locali, però, i comuni e le regioni, funzionano e rendono una buona amministrazione se a monte ci sono delle buone norme e delle buone regole, ma poi camminano e funzionano bene soprattutto se ci sono gli uomini giusti nelle istituzioni, se ci sono le facce pulite che devono portare avanti la buona amministrazione.
Voglio parlare, appunto, degli uomini che si occupano dell'amministrazione degli enti locali. Onorevole Bersani, troppe volte il Partito Democratico paga anche per colpe che non ha. Mi riferisco al consigliere comunale di Castellammare del Partito Democratico, che è stato ammazzato e che trattava con il clan D'Alessandro, del quale si dice avesse una tangente di 30 mila euro da dover portare ai livelli politici superiori. Ebbene, quel consigliere comunale del Partito Democratico ammazzato a Castellammare non parlava con lei, onorevole Bersani, che è il segretario nazionale del PD, e non parlava neanche con Pag. 40il segretario regionale del Partito Democratico in Campania: il consigliere comunale del PD che è stato ammazzato a Castellammare interloquiva e aveva come referente politico un capolista alle prossime elezioni regionali in Campania dell'Unione di Centro, che per la verità...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. Posso continuare?

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, ha cinque minuti per il suo intervento ed è già 15 secondi oltre.

FRANCESCO BARBATO. E allora, per la verità...

PRESIDENTE. Allora non ci può essere, deve concludere il suo intervento.

FRANCESCO BARBATO. Concludo il mio intervento, signor Presidente, dicendo che egli aveva come referenti politici un uomo dell'Unione di Centro e un parlamentare del Popolo della Libertà...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, signori del Governo, è uscita questa mattina una notizia importante: l'ISTAT ha chiuso la valutazione dell'andamento del prodotto interno lordo nel quarto trimestre dell'anno 2009 e, purtroppo, registra una riduzione dello 0,3 per cento. La «ripresina» del terzo trimestre, un aumento dello 0,6 per cento, quindi, non si è consolidata e non si è confermata nel quarto trimestre. Di conseguenza, l'ISTAT chiude il conto del PIL 2009 con un meno 5,1 per cento in Italia, contro il meno 3,9 dell'area euro e il meno 4,8 del recente programma di stabilità e della nota di aggiornamento consegnata dal Governo al Parlamento alla fine di gennaio.
Questo è il momento, signori del Governo e della maggioranza, della verità e della responsabilità. Non dovete soltanto ammettere, credo, che i vostri funzionari hanno fatto qualche pasticcio nella consegna delle liste del Popolo della Libertà nel Lazio, ma dovete anche ammettere che c'è un errore fondamentale nella politica economica di questo Governo.
Che senso ha avuto l'abolizione dell'ICI sulla prima casa delle famiglie più abbienti? Si tratta di 3,3 miliardi gettati al vento nel 2008 che oggi ci costringono a rincorrere un aumento di spesa statale ai comuni per ristorarli, peraltro ancora in modo completo. I trasferimenti ordinari ai comuni sono saliti da 4,7 a 8 miliardi nel 2009 per effetto di questa scelta sbagliata. Abbiamo tolto l'ICI alle famiglie più abbienti, a quelle che pagavano un'imposta superiore a 300 euro, ma non abbiamo avuto da questa misura alcun impatto congiunturale, alcun impatto a sostegno della domanda ed è anche per questo che l'evoluzione economica del 2009 in Italia è così insoddisfacente.
Si sarebbero potuti utilizzare molto meglio quei 3,3 miliardi, approvando, come il Partito Democratico aveva proposto, una dote fiscale per i figli e, quindi, riformando l'istituto degli assegni familiari, estendendolo a tutte le famiglie, anche a quelle con capo famiglia lavoratore autonomo, dando 2.500 euro all'anno per il primo figlio e poi a scalare per i figli successivi e a scalare per classi di reddito.
La dote fiscale per i figli, che è una delle proposte fondamentali del Partito Democratico, non solo risponde ad equità, meritorietà e alla riforma del sistema fiscale, ma dà i soldi a chi ne ha più bisogno, alle famiglie dei ceti medi e bassi e avrebbe sostenuto e potrebbe sostenere la domanda molto più della riduzione dell'ICI. Sapete quanto costa la riforma complessiva dell'istituto per i figli nel fisco italiano? Costa 3,5 miliardi, esattamente quanto è costata l'abolizione dell'ICI per le famiglie più abbienti, la quale contemporaneamente ha comportato per i comuni - questo è molto grave - una riduzione dei Pag. 41contributi statali per investimenti da 3,3 miliardi nel 2008 a 1,7 (cioè dimezzati) nel 2009 e a 1,5 nel 2010.
Quindi, non solo si è fatta una misura abolendo l'ICI per le famiglie più abbienti che non ha avuto effetto congiunturale e che è stata anche iniqua, ma in più oggi rincorriamo la spesa corrente dei comuni con trasferimenti statali e riduciamo la spesa per investimenti. Quindi, non utilizziamo i comuni e le province per il fattore di sostegno all'economia anticiclico che essi dovrebbero avere grazie alle loro tradizionali competenze in materia di manutenzione dei beni pubblici, investimenti manutentivi, investimenti di piccola dimensione, ma di grande diffusione sul territorio e, quindi, immediatamente cantierabili.
In conclusione, oggi è il momento della verità e della responsabilità. Il 2009 si è chiuso peggio di come avevamo previsto. Qui non è una questione di pessimismo o di ottimismo, ma di rimboccarsi le maniche: governare il Paese significa affrontare e risolvere i problemi. Non mi sembra che il vostro Governo e la vostra maggioranza ne abbiano più tanta voglia in questi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.

MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, chi si occupa di enti locali o ne vive quotidianamente le esperienze sa quanto i provvedimenti assunti da questa maggioranza e da questo Governo fino ad ora siano stati del tutto contrari tanto alle esigenze che l'emergenza economica pone, quanto ai principi generali a cui la stessa maggioranza e lo stesso Governo dichiarano di ispirarsi.
In particolare, in riferimento al primo tema è chiaro che, mentre sono gli enti locali a dover fare fronte in maniera significativa, rapida ed immediata alla crisi riguardo al suo aspetto sociale ed al rilancio delle economie attraverso la realizzazione rapida di opere pubbliche, i continui tagli e la continua riduzione dei trasferimenti impediscono la realizzazione di questo scopo. Altrettanto, non si può non evidenziare come le misure assunte siano tutte ispirate ad un non sempre strisciante centralismo, che contraddice totalmente quel federalismo non soltanto fiscale e, comunque, ai principi di sussidiarietà ai quali la maggioranza, ma in particolare la Lega al suo interno, avrebbe dovuto e dovrebbe ispirarsi nell'opera di Governo.
L'ordine del giorno che, in particolare, noi abbiamo qui presentato si occupa di due questioni fondamentali, che non sono peraltro le uniche che debbono essere segnalate come importanti nel rapporto tra i trasferimenti di parte statale e quelli assegnati al sistema generale delle autonomie locali.
In particolare, vi è la questione dell'ICI, che è stata incautamente soppressa anche per chi aveva ampiamente le risorse personali per farvi fronte e che non è stata, invece, reintegrata adeguatamente ed integralmente a favore degli enti locali, né per le somme sottratte in precedenza, né per quelle che si continuano a maturare in relazione al cambiamento anche delle classazioni catastali, che pure provocano delle riduzioni di disponibilità a carico degli enti locali e che il Governo aveva assicurato di poter coprire con propri trasferimenti.
A questo scenario imbarazzante ed inquietante si aggiunge anche la necessità di un intervento, che nonostante la decretazione d'urgenza invece non viene fatto, in materia di revisione dei rapporti fra TARSU e TIA, cioè fra tassa o tariffa ambientale di cui, con la recente sentenza n. 238 del 2009, la Corte costituzionale ha ormai determinato la natura, al fine di evitare delle difficoltà attuative agli enti locali per le misure di attuazione e di determinazione pratica. Neanche questo il Governo ha fatto, neanche questo la maggioranza ha portato in Parlamento.
In generale noi vediamo che si prosegue nel campo dei trasferimenti verso gli enti locali con la tecnica tipica del Ministro Pag. 42Tremonti il quale fa tagli sì, ma solamente in casa d'altri, in quanto la pubblica amministrazione allargata ha aumentato di 20 miliardi le sue spese dal 2007, pare che arriveremo a 35 nel giro di quest'anno, mentre i comuni sono stati chiamati ad un autentico e reale sacrificio con una contrazione delle loro disponibilità economico-finanziarie.
Tutto questo quando, fra l'altro, uno dei principi costituzionali al quale già ci siamo richiamati in numerosi interventi è proprio quello di sussidiarietà e nel momento in cui dovremmo attuare il cosiddetto federalismo fiscale, ovvero dovremmo assegnare agli enti locali delle risorse certe e confidare nella loro autonoma e responsabile capacità di impiegare queste risorse utilmente, sia per la parte corrente che per la realizzazione di progetti e programmi di opere pubbliche.
Aggiungo, infine, che con una assai discutibile demagogia si taglia su miserevoli spese di trasferimento agli enti locali per il funzionamento degli organi istituzionali, mentre nulla si fa per le ben più cospicue e ingenti spese - come per le famose auto blu e per altre forme di sperpero - che l'amministrazione centrale continua imperterrita a dilatare.
In conseguenza di ciò l'approvazione dell'ordine del giorno non si pone certo come risolutiva dei problemi che noi lamentiamo, perché occorre un ridisegno globale dei rapporti fra Governo, Parlamento ed enti locali, ma certo è significativa della disponibilità del Parlamento a cambiare finalmente rotta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccuzzi. Ne ha facoltà.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, colleghi, l'ordine del giorno a prima firma del nostro capogruppo, onorevole Franceschini, ha dei contenuti che vanno molto al di là di un semplice atto di indirizzo.
Per quanto ci riguarda, ma siamo convinti che tutti gli amministratori locali la pensino come noi come anche tanta parte dei cittadini che è attenta alla questione dei comuni, i comuni sono in realtà l'ultima linea che nel territorio rappresenta un punto di riferimento essenziale e insostituibile per le comunità, sono la vera politica almeno nel breve e medio periodo che questo Governo e questa maggioranza avrebbero dovuto adottare nei confronti della finanza locale. La finanza locale sarebbe uno strumento importante in chiave anticiclica per rispondere ad una crisi economica durissima che è tuttora in corso e che soltanto tecnicamente, ma in maniera fredda e non vissuta, si può dire che si sia conclusa.
Non soltanto sono veri i dati che riferiva l'onorevole Causi prima di me, dobbiamo aggiungere purtroppo che la perdita del 4,9 per cento del prodotto interno lordo è, da quando esiste la contabilità nazionale ovvero dal 1970, il peggiore dato che il nostro Paese ha potuto registrare. Ma non soltanto, ci sono economisti e storici che hanno potuto fare calcoli ed è dall'ultimo anno della Seconda guerra mondiale, cioè dal 1945, quando abbiamo perso il 21,8 per cento del prodotto interno lordo, che non si registrava una flessione così seria e drammatica della ricchezza nazionale.
Allora tutto il comparto degli enti locali, della finanza locale e degli investimenti pubblici, che fu nel New Deal del 1929 uno strumento importantissimo per risollevare gli Stati Uniti dalla crisi della grande depressione, non è stato assolutamente utilizzato nel nostro Paese. Anzi, come abbiamo potuto constatare quando la settimana scorsa il presidente dell'ANAS, l'ingegner Pietro Ciucci, è venuto nella VIII Commissione a svolgere un'audizione, le casse dell'ANAS sono state completamente svuotate nonostante che i concessionari abbiano aumentato del 7 per cento le tariffe autostradali, che non sono andate quindi alle opere pubbliche, ma ad arricchire gli azionisti privati delle concessionarie autostradali.
Potrei citare il lotto 9 di una strada di grande comunicazione come la Due mari, la Grosseto-Fano, che è pronto da sei mesi Pag. 43e che non viene sottoposto al CIPE perché sono state distolte anche le risorse che erano state assegnate ad alcune grandi opere dal DPEF 2006-2009 del Governo Prodi.
Potrei continuare facendo riferimento alle numerose questioni affrontate da questo ordine del giorno, nel quale tuttavia, non si ricorda - questo, invece, sarebbe stato assolutamente auspicabile - che sono stati tagliati anche i fondi per la montagna, oltre a tutto l'elenco puntuale che è contenuto nella parte narrativa dell'ordine dei giorno.
Le risorse per la montagna ammontano a 50 milioni ed equivalgono ad un quarto del regalo che avete fatto al comune di Catania o a un «x» per cento delle mance che avete dato agli amministratori vostri amici. Questa è una vergogna, perché tagliare i fondi per la montagna significa anche venire meno all'articolo 44 della Costituzione che in materia detta una previsione molto precisa.
Posso continuare con la soppressione dell'ICI, che non ha soltanto l'aspetto negativo di aver sottratto risorse essenziali, ma è anche anticostituzionale dal punto di vista della non progressività ed è dannosa non solo in termini assoluti, bensì anche in termini relativi, perché sottrae ai comuni risorse che sarebbero state utilizzate per introdurre elementi di equità sociale in una fase durissima come quella attuale.
Ma in questo decreto-legge avete introdotto anche un «pensiero unico padano», una sorta di imposizione lombarda, gravissima, nei confronti di quelle regioni dove le ATO delle acque e dei rifiuti sono istituzioni funzionanti, che hanno accompagnato la modernizzazione del processo a partire dal 1994, quando con la legge Galli si è introdotto un principio di civiltà per il quale tutte le acque sono pubbliche, mentre in precedenza non era così.
Ci sono regioni come quelle del centro Italia dove i processi di apertura al mercato temperati dalla mano pubblica che ha fissato le tariffe, che ha stabilito quali investimenti si devono fare e quali no, si svolgono in territori di area vasta e non provinciali, come volete fare voi, colleghi della Lega, che volete rilocalizzare la gestione di servizi che per la loro natura industriale e per la loro essenzialità nei confronti dei cittadini devono avere una gestione d'area vasta.
L'ultima denuncia che voglio fare, prima di concludere, Presidente, verte su un fatto gravissimo che sarà anche oggetto di un atto di sindacato ispettivo. La Cassa depositi e prestiti, proprio in questi giorni, con una delibera, ha negato un finanziamento ad un soggetto gestore pubblico-privato della risorsa idrica, motivandolo con il fatto che, in ragione dell'introduzione dell'articolo 15 del decreto-legge cosiddetto Ronchi - articolo con riferimento al quale voi avete negato che avrebbe comportato la privatizzazione dell'acqua - questi soggetti gestori non sono più bancabili, perché il quadro di riferimento normativo è incerto. Si tratta di un fatto gravissimo che, insieme all'abolizione delle ATO dell'acqua e dei rifiuti, porta ulteriore vantaggio e spinge verso la privatizzazione dell'acqua stessa.

PRESIDENTE. Onorevole Ceccuzzi, deve concludere.

FRANCO CECCUZZI. Concludo, Presidente. Ecco perché la vera politica della finanza locale in chiave anticiclica è quella contenuta nell'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11 e per tali ragioni ci auguriamo che venga approvato, ma che venga tradotto anche in atti concreti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cenni. Ne ha facoltà.

SUSANNA CENNI. Signor Presidente, intervengo anch'io sull'ordine del giorno che ha come primo firmatario l'onorevole Franceschini e che vede la firma di molti colleghi del Partito Democratico. Devo purtroppo dire che noi, ancora una volta, siamo costretti dalla pratica politica di questo Governo ad essere qui a svolgere una discussione che avremmo potuto svolgere Pag. 44in maniera diversa sui contenuti, sui pochi emendamenti che erano stati presentati.
Purtroppo non è possibile, e ancora una volta ci troviamo a svolgere questa discussione mentre fuori dalla Camera dei deputati ci sono imprenditori - questa mattina c'erano migliaia di floricoltori italiani, ieri c'erano i tabacchicoltori - a testimoniare una sofferenza molto grande del mondo agricolo del nostro Paese. Ancora una volta avete scelto la strada della fiducia ed è l'ennesima occasione che questo Governo ha perduto.
Voi vi presentate da qualche tempo come il Governo del fare, dell'efficienza, però, ancora una volta, la realtà ci dice che quanto state facendo è una cosa molto diversa.
Voi elaborate, presentate e vi approvate atti che testimoniano una grande diffusione e frammentazione, norme omnibus sulle quali caricate e inserite di tutto e con un uso e abuso del ricorso alla fiducia. Vi esercitate moltissimo con l'uso (qualche volta riuscito e qualche volta francamente un po' meno) della demagogia e anche su questo decreto-legge che riguarda gli enti locali lo fate abbondantemente. Se non sbaglio, infatti, questo è il quarto provvedimento che riguarda la materia degli enti locali.
Tutti i vostri interventi portano nei propri titoli il termine urgente, straordinario, interventi a sostegno della competitività di quello e quell'altro settore. Purtroppo, ai titoli non corrisponde mai niente di concreto, né nelle conseguenze che questi provvedimenti hanno sui cittadini, né tantomeno nelle risorse che voi mettete a disposizione che, anche in questo caso, sono profondamente carenti.
Fate, quindi, cose francamente sbagliate (in qualche caso anche molto gravi) e questi atti continuano ad essere molto contraddittori. Fate di tutto per causare e per alimentare una vena di insofferenza nel Paese nei confronti dei provvedimenti politici inconcludenti. Fate ciò in un Paese che, invece, fa i conti con le conseguenze di una crisi molto pesante che fa sempre più fatica anche a sostenere la compartecipazione minima ai servizi che negli enti locali vengono erogati ai cittadini. Penso a tutto il pacchetto di servizi, per lo meno in quella parte d'Italia dove sono stati istituiti gli asili nido e quant'altro.
Dall'altro lato, voi usate e cavalcate questa insofferenza che contribuite ad alimentare candidandovi in qualche modo a guidare questa sorta di antipolitica. Questa volta lo fate mettendo tutto il carico di questo clima tematizzandolo, ad esempio, sui costi della politica e lo mettete tutto in carico agli enti locali, al numero dei consiglieri, alle comunità montane e così via. Lo fate con la cancellazione delle ATO e, guarda caso, contestualmente alla nomina di altri quattro sottosegretari: solo quattro perché di più non ne potevate fate, in quanto siete arrivati al culmine.
Torno sul tema delle ATO che, forse, ad un pezzo d'Italia può non dire niente, ma io vengo da una parte del Paese che ha tradotto questa possibilità in cose concrete. Le autorità di ambito territoriale sono i luoghi, le sedi e gli strumenti attraverso i quali i sindaci possono partecipare e determinare le decisioni con le quali i soggetti che poi vincono le gare possono gestire i servizi. Queste autorità determinano i piani, le tariffe che i cittadini pagano e fanno anche un'altra cosa importante che qui va ribadita: fanno le gare pubbliche, Presidente, con trasparenza e rispettando le regole. Allora, mi chiedo e chiedo a voi e al Governo qual è la vostra idea della gestione congiunta dei servizi pubblici e anche qual è la vostra idea per l'attribuzione di questi lavori.
Francamente quanto abbiamo avuto modo di leggere in questi giorni dalle intercettazioni ci preoccupa moltissimo. Vorremmo capire qual è la vostra idea di governo del Paese e di federalismo, perché noi non riusciamo a capirla e, poiché non riusciamo a capirla, né noi, né i sindaci, magari vi suggeriamo di farci un decreto interpretativo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.

Pag. 45

PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, la normativa contenuta in questo decreto-legge relativamente al suo contenuto finanziario rappresenta una normativa del tutto fuori contesto, per quanto in essa è previsto e per quanto non si è inteso accogliere delle proposte avanzate dalle opposizioni e dei suggerimenti emersi nelle numerose e qualificate audizioni tenutesi dinanzi alle Commissioni di merito. Si tratta di una normativa varata senza tener in alcun conto la situazione di grave crisi economica che il Paese attraversa e la conseguente necessità di porre mano a provvedimenti anticiclici che liberino risorse utili a far ripartire il processo di crescita del sistema economico.
Altrimenti, perché non raccogliere le indicazioni che pure sono provenute, ad esempio, dall'ANCI, in direzione dell'introduzione di una sorta di modularità quanto alla gestione delle politiche di rientro nell'equilibrio di bilancio (prevedendo che ogni anno ciascun ente sia chiamato a migliorare di una percentuale prefissata il saldo obiettivo dell'anno precedente, qualora questo registri un disavanzo e, simmetricamente, ciascun ente possa peggiorare di una percentuale prefissata il saldo obiettivo dell'anno precedente quando questo registri un avanzo)?
A quanto affermato va aggiunta quella che ormai pare una abitudine consolidata e assai cara al nostro Governo, quella di scaricare i sacrifici più pesanti sulla rete di enti territoriali ed istituzionali che sono, invece, il nerbo vero del nostro Paese. Le cifre che in sede di discussione sulle linee generali sono state ripetutamente richiamate parlano chiaro e sono tali da resistere a qualsiasi tentativo di strumentalizzazione. Comuni e province sono tra quelli che più stanno contribuendo alla tenuta della finanza pubblica. Se il comparto delle amministrazioni centrali potesse vantare analoghe performance, ad esempio in materia di andamento dei consumi intermedi, il panorama della finanza pubblica si presenterebbe oggi più roseo e certamente, comunque, non più cupo.
Il Governo, invece, compiuto il capolavoro politico-finanziario della cancellazione dell'ICI, si scrolla dalle spalle le conseguenti responsabilità e si erge, anzi, a severo censore delle altrui politiche finanziarie. Se non fosse un problema dalle ricadute così gravi e pesanti, ci sarebbe quasi da sorridere.
Qualsiasi attento osservatore può verificare come, di fronte a un tessuto di enti locali sul quale, nel corso degli anni, è stata scaricata una mole di competenze tale da porne a serio rischio la sopravvivenza - tanto più che allo spostamento di competenze non ha corrisposto un parallelo trasferimento di risorse -, insistere con un'ulteriore severissima fase di stretta finanziaria significhi, in più casi, renderne impossibile la benché minima funzionalità.
Per non parlare dell'odiosa trasformazione del Patto di stabilità in quello che l'onorevole Boccia ha definito, in sede di discussione sulle linee generali, un patto di stabilità à la carte, in cui quel che vale per certe realtà territoriali non vale per altre, perché, come nella fattoria degli animali di Orwell, ce n'è sempre qualcuno più eguale degli altri.
A parte quest'ultima considerazione, vorrei limitarmi ad osservare come il comportamento del Governo rappresenti una ben strana applicazione non del tanto abusato principio del federalismo - che ormai ciascuno interpreta a proprio uso e vantaggio -, ma dello stesso principio di sussidiarietà, formalmente costituzionalizzato.
Francamente, non si vede bene neanche quali siano i reali vantaggi che il Governo e il sistema Paese possa trarre dallo stressare in maniera così esasperata una condizione come quella descritta. I conti in ordine rappresentano fuor di ogni dubbio un obiettivo e un valore, ma se per conseguire questo obiettivo il paziente deve trasformarsi in moribondo, allora siamo fuori da ogni logica razionale prima ancora che economica.
L'ordine del giorno in esame vuole rappresentare un tentativo, per certi aspetti ancora inadeguato, per evitare che la situazione possa ancora precipitare e ulteriormente deteriorarsi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 46

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.

TOMMASO GINOBLE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOMMASO GINOBLE. Signor Presidente, intervengo brevemente per illustrare a quest'Aula il senso di un'interrogazione che verrà discussa in Commissione e che, con altri colleghi, ho rivolto al Ministro delle infrastrutture Matteoli. L'oggetto di questa interrogazione è ciò che è successo in questi giorni in occasione del maltempo che ha investito il nostro Paese, maltempo ampiamente previsto da tutti i mezzi di informazione.
Nonostante ciò, in maniera particolare sul tratto autostradale A24 che collega questa regione con la mia, l'Abruzzo, per un'intera notte vi sono stati disagi che qualcuno ha definito come un inferno. Non riesco a capire come a tutt'oggi ciò possa avvenire.
So che l'ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali, l'IVCA, ha già aperto una verifica ispettiva per chiedere il perché di questa situazione. Mi permetta di dire che mi farebbe piacere, per rispetto di quest'Aula, ma anche di tutti coloro che hanno motivo di ascoltarci, che il Ministro Matteoli, alla fine di questa verifica, avesse la sensibilità di riferirci in Aula riguardo a questa situazione.

PRESIDENTE. Onorevole Ginoble, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo alla interrogazione da lei richiamata.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,48).

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, voglio parlare di calamità naturali, legandomi anche al significato e al senso del nostro Regolamento. Abbiamo avuto un provvedimento nei giorni scorsi, che l'Assemblea di Montecitorio ha licenziato, che riguardava la Protezione civile.
In quell'occasione, attraverso un ordine del giorno, ma anche attraverso una serie di interventi, abbiamo chiesto un'attenzione e abbiamo rivolto una sollecitazione al Governo verso la regione calabrese, profondamente colpita da calamità naturali e da intemperie che hanno devastato e tormentato il suo territorio.
L'ordine del giorno è stato accettato da parte del Governo, anzi, il sottosegretario Bertolaso ha dichiarato e si è impegnato a essere disponibile e a fronteggiare questa situazione. A tutt'oggi non abbiamo notizie: c'è Janò, che è una frazione di Catanzaro, che è crollata; vi è l'evacuazione continua delle famiglie, vi è una tragedia in corso. La provincia dice che non è di sua competenza, il comune dice, giustamente, che non è di sua competenza, la regione credo che faccia una perlustrazione di massima in termini molto superficiali.
Vi è un affidamento alla ventura e alla provvidenza - è importante quando un territorio e una popolazione vengono ad essere affidati alla provvidenza - ma in questi casi credo che ci voglia un'attenzione diversa.
Faccio questo discorso, signor Presidente, perché riguarda ovviamente anche i nostri lavori. Gli ordini del giorno hanno un significato, così come l'interrogazione che abbiamo presentato insieme al collega Occhiuto sulla provincia di Cosenza, ma in realtà per tutta la Calabria.
Ecco perché richiamo la sua attenzione, perché credo che ne vada anche della dignità e del prestigio dell'Assemblea di Montecitorio (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, la ringrazio. Solleciteremo certamente non solo la provvidenza, ma anche la Presidenza, ovviamente, per quanto riguarda la risposta alla sua interrogazione. Sospendiamo la seduta, che riprenderà alle ore Pag. 4715 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata e, a partire dalle ore 16, con il seguito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di enti locali e regioni. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,50, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno ed il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Orientamenti del Governo in merito alla programmazione e alla realizzazione delle reti di trasporto transeuropee - n. 3-00956)

PRESIDENTE. L'onorevole Bergamini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00956, concernente orientamenti del Governo in merito alla programmazione e alla realizzazione delle reti di trasporto transeuropee (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, signor Ministro, le infrastrutture di trasporto sono una condizione fondamentale per lo sviluppo e la competitività del Paese, ma una programmazione nazionale delle infrastrutture può definirsi solo in base alla scelte adottate a livello comunitario in materia di reti di trasporto transeuropee.
Oggi la politica dell'Unione europea su questo tema è oggetto di una approfondita riflessione e il Governo italiano ha assunto un ruolo di iniziativa, organizzando a Napoli nell'ottobre scorso una Conferenza interministeriale dedicata proprio al futuro delle reti di trasporto transeuropee.
Due in particolare gli indirizzi fondamentali emersi per l'Italia: l'esigenza di rafforzare i collegamenti nel bacino del Mediterraneo e con i Balcani, e quella di sostenere l'intermodalità, in particolare attraverso l'attivazione delle autostrade del mare.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DEBORAH BERGAMINI. Perciò, con l'interrogazione presentata dal nostro gruppo, chiediamo al Ministro quali iniziative intenda assumere nella ridefinizione della politica comunitaria in materia di reti transeuropee di trasporto e sulla realizzazione degli interventi infrastrutturali previsti proprio nell'ambito di tali reti.

PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, ha facoltà di rispondere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, come la onorevole collega ha ricordato, nell'ottobre 2008 su proposta dell'Italia si è avviato un processo di rivisitazione delle reti transeuropee di trasporto TEN-T a scala comunitaria che ha visto, nella prima Conferenza di Napoli sempre sulle reti TEN del 21 e 22 ottobre organizzata dalla Commissione europea, l'avvio di un concreto atto programmatico e procedurale che ci porterà in un breve periodo verso decisioni compiute non solo su alcuni Corridoi, ma anche su alcune linee strategiche definite dalla Commissione e dal Parlamento europeo sin dal 2004, e che necessariamente a nostro avviso richiedono oggi un'attenta rilettura.
Nella conferenza di Napoli, allargata al sistema mediterraneo nelle sue interazioni con le reti TEN, i partecipanti hanno prospettato l'opportunità che la Commissione europea verifichi se ricorrono le condizioni per non imporre, sugli interventi ubicati sulle reti TEN-T, i vincoli alle Pag. 48finanze pubbliche poste dal Trattato e dal Patto di stabilità e crescita; è stata, inoltre, condivisa la proposta di prolungare il Corridoio 8 Bari-Durazzo-Varna sino a Napoli.
Nel rispetto dei vari impegni richiesti dalla Conferenza, intendo proporre nella prossima Conferenza di Saragozza, nonché in uno dei prossimi Consigli dei ministri dei trasporti dell'Unione europea, un primo quadro di proposte e di aree tematiche anche in termini di strategia finanziaria ricomprendente i Fondi strutturali FES ed i Fondi di coesione.
Parallelamente si dovrà approfondire lo strumento del partenariato pubblico-privato, identificando possibili società di corridoio e distinguendo le coperture finanziarie in comunitarie, pubbliche dei singoli Stati dell'Unione europea e private, nonché costruire un fondo rotativo con il coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti.
In merito poi all'avanzamento del progetto lungo le reti TEN, va ricordato che l'Italia sta investendo con le proprie risorse in modo sostanziale e misurabile su tali reti, ed è il membro della Comunità europea che negli ultimi sette anni ha investito di più.
Il volano globale che l'Italia sta dedicando alle reti TEN è difatti pari a circa 104 miliardi di euro, suddivisi per i tre Corridoi europei che interessano il nostro Paese: 59,2 miliardi per il Corridoio Berlino-Palermo...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. ...37,9 miliardi per il Corridoio Lisbona-Kiev, 7,2 miliardi relativi ad interventi nel comparto ferroviario sul Corridoio 24 Rotterdam-Genova. Quest'ultimo è stato avviato concretamente proprio nello scorso mese di gennaio.

PRESIDENTE. L'onorevole Garofalo, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, signor Ministro, abbiamo ascoltato con attenzione la sua risposta alla nostra interrogazione ed abbiamo apprezzato anche il suo impegno, che lei ha voluto illustrarci in occasione degli incontri svoltisi presso la IX Commissione.
Nel corso dei lavori della Commissione abbiamo ritenuto importante supportare l'azione del Governo ma anche fornire indicazioni rispetto alle rivisitazioni delle reti TEN-T, in quanto abbiamo ormai chiaro che l'esigenza del nostro Paese è quella non solo di rafforzarsi con infrastrutture tali da generare sviluppo e reddito, ma soprattutto di portare l'asse dello sviluppo nel Mediterraneo, luogo nel quale ovviamente il nostro Paese gode di una posizione predominante e di favore.
È per questo che abbiamo inserito nella nostra relazione e nei nostri documenti pure indirizzi al Governo, che lei ha voluto accogliere anche nell'intervento tenuto con gli altri Ministri di ben 46 Paesi presenti a Napoli. Soprattutto abbiamo sottolineato l'esigenza di aumentare la capacità ferroviaria e di riuscire ad investire quanto necessario per rendere tutto il Paese omogeneo nell'Alta Velocità, trasferendo così una parte sempre maggiore del traffico dal settore stradale ai settori più ecologici (quale, ad esempio, quello della rotaia), nonché di rafforzare i nostri porti hub (tanto i porti hub di Trieste e Genova quanto quelli presenti in Sicilia), consentendo in questo modo all'Italia di avere nel Mediterraneo un ruolo principale.
Continueremo pertanto a spenderci politicamente e saremo al fianco del Governo, al quale chiediamo di svolgere un ruolo sempre più attivo in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative relative ai ritardi verificatisi nelle procedure per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno - n. 3-00957)

PRESIDENTE. L'onorevole Murer ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00957, concernente iniziative relative ai ritardi verificatisi nelle procedure per il Pag. 49rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

DELIA MURER. Signor Presidente, signor Ministro, con questa interrogazione intendiamo porre il problema dei tempi del rinnovo e del rilascio del permesso di soggiorno. Il testo unico prevede che questo tempo sia di 20 giorni dalla data di presentazione della domanda, invece il rinnovo e la conversione del permesso di soggiorno nelle grandi città vede tempi che arrivano fino anche a 15 mesi. Abbiamo circa 500 mila domande di rilascio, rinnovo o conversione del permesso di soggiorno che giacciono da mesi, soprattutto in alcune realtà.

PRESIDENTE. Onorevole Murer, deve concludere.

DELIA MURER. L'assenza del permesso di soggiorno nelle mani degli stranieri crea loro significativi problemi perché non sempre il cedolino viene ritenuto utile a fini lavorativi o per tante altre finalità.
Vogliamo quindi sapere dal Governo cosa intenda fare per far fronte a tali ritardi, che sono poi ritardi della pubblica amministrazione complessivamente intesa.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, sin dal mio insediamento ho inteso affrontare immediatamente il problema dei tempi lunghi per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno ai cittadini stranieri, con l'obiettivo di individuare le soluzioni più idonee a risolvere questo problema.
Nel corso del 2009 sono state potenziate le dotazioni strumentali degli uffici immigrazione delle questure con l'assegnazione di 300 nuove postazioni di lavoro per la procedura del permesso di soggiorno elettronico, anche al fine di consentire l'apertura di nuovi sportelli al pubblico con l'obiettivo di ridurre i tempi di consegna dei permessi; sono state distribuite 70 nuove apparecchiature visa scan di ultima generazione per il più rapido rilevamento delle impronte digitali; sono stati assegnati agli uffici immigrazione 325 operatori con contratto a termine; per il personale già in servizio nei medesimi uffici è stata consentita l'effettuazione di lavoro straordinario.
Grazie a queste iniziative si sono registrati buoni risultati sia nella concessione dei titoli di primo soggiorno, che nella concessione dei rinnovi e nei tempi medi di conclusione del procedimento. I dati sono questi: nel 2008 sono stati rilasciati 169 mila permessi di soggiorno e nel 2009 242 mila, con un incremento del 43 per cento. Per quanto riguarda i rinnovi: nel 2008 i rinnovi sono stati 386 mila, nel 2009, 528 mila, con un incremento di oltre il 50 per cento.
Inoltre, i tempi medi assoluti di conclusione del procedimento si sono progressivamente ridotti, si è passati dai 303 giorni del 2007 (tempi medi per il rilascio del permesso) ai 271 del 2008, ai 101 del 2009, con una riduzione del 67 per cento rispetto al 2007 e del 63 per cento rispetto al 2008, quindi, di oltre il 120 per cento in due anni.
L'obiettivo che mi sono proposto di raggiungere entro la fine della legislatura è di ridurre ulteriormente i tempi, per arrivare al rispetto del termine dei 20 giorni previsto dalla legge.
Sottolineo, infine, con soddisfazione che in questi mesi è stato eliminato tutto l'arretrato in 65 questure ed entro il prossimo mese di giugno questo traguardo, l'eliminazione dell'arretrato nei permessi di soggiorno, sarà raggiunto in tutte le 103 questure d'Italia.

PRESIDENTE. L'onorevole Murer ha facoltà di replicare.

DELIA MURER. Signor Presidente, voglio dire che ritengo interessanti queste iniziative promosse dal Ministero per ridurre i tempi, vorrei, però, esprimere ancora la mia insoddisfazione per i tempi lunghi che permangono e qualche dubbio Pag. 50su questa ultima affermazione resa dal Ministro ovvero sul fatto che si riesca a smaltire l'arretrato entro giugno.
Anch'io so che le modalità nuove delle Poste prevedono che ci sia già un appuntamento con le questure, ma in molte città, tra cui la mia, so anche che questo fa sì che molte persone che si accingono al rinnovo hanno l'appuntamento, mentre le persone che aspettano da quasi un anno, non si sa che fine faranno rispetto a questi tempi.
Vorrei rilanciare una sollecitazione al Ministro: vi è stata una grande discussione anche con l'ANCI sul fatto che siano i comuni ad occuparsi del rilascio dei permessi di soggiorno, credo che questa sarebbe una buona cosa. È ovvio che, dal mio punto di vista, sarebbe importante anche che la durata del permesso di soggiorno fosse diversa. In questo senso, credo che alcuni aspetti della normativa Bossi-Fini andrebbero modificati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Misure per la salvaguardia degli stabilimenti FIAT nel sud Italia e dei relativi livelli occupazionali - n. 3-00946)

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00946, concernente misure per la salvaguardia degli stabilimenti FIAT nel sud Italia e dei relativi livelli occupazionali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, signor Ministro, la FIAT ha annunciato recentemente la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese. La FIAT ha presentato al Governo nel dicembre scorso un piano industriale che punta al rafforzamento degli stabilimenti del centro e del nord d'Italia e che, quindi, penalizza fortemente gli stabilimenti del sud.
Per quanto riguarda l'Fma di Pratola Serra ancora la FIAT non ha presentato un piano industriale che possa rilanciare l'attività produttiva di quello stabilimento al fine di mantenere i livelli occupazionali.
Noi chiediamo al Governo di sapere se intenda mantenere un atteggiamento di fermezza per far sì che in quello stabilimento si possano produrre i motori della nuova Panda, sola opportunità per mantenere i livelli occupazionali in quello stabilimento.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Iannaccone, come lei ha ricordato, il Governo sta seguendo con particolare attenzione la situazione del settore automobilistico nel quale è in corso - come è noto - un processo di profonda trasformazione a livello globale.
In questo nuovo scenario il Governo ha ritenuto necessario ridefinire le politiche di sostegno del settore assicurando un più efficiente utilizzo delle risorse pubbliche ed intensificando il sostegno all'innovazione e alla ricerca.
Con specifico riferimento però alla sua interrogazione, in particolare per quanto riguarda gli stabilimenti FIAT nel sud d'Italia, il Governo ha ricevuto rassicurazioni circa il futuro della produzione di autovetture in Italia, il cui previsto aumento da 650 a 900 mila auto si effettuerà soprattutto nel sud del nostro Paese.
Al riguardo, il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto alla FIAT di fornire dettagli sul riassetto industriale di ogni singolo stabilimento in modo da poter avviare confronti specifici sulle varie realtà produttive.
Per quanto riguarda poi lo stabilimento Fma di Pratola Serra, al quale ha fatto riferimento, sì è registrata effettivamente una diminuzione della produzione che ha reso necessario un ampio ricorso alla cassa integrazione.
Per questo il Ministero dello sviluppo economico ha convocato il 26 febbraio scorso una specifica riunione alla quale erano presenti, oltre che rappresentanti Pag. 51delle istituzioni locali, anche rappresentanti sindacali della FIAT.
In tale sede l'azienda ha affermato che non sussistono eccedenze strutturali per quanto riguarda la produzione di motori in Italia, e che i propulsori prodotti sul nostro territorio andranno ad equipaggiare quattordici nuovi modelli del gruppo FIAT. Durante i lavori è emersa la necessità di valutare l'inserimento dell'impianto di Pratola Serra in un ampio contesto di ristrutturazione di tutto il comparto motori.
In questa ottica il Ministero ha convocato per il prossimo 30 marzo proprio un tavolo di settore sui motori dove, con riferimento allo stabilimento di Pratola Serra, si valuteranno le azioni da intraprendere a difesa dell'occupazione e della produzione, d'intesa con gli enti locali e con le organizzazioni sindacali.
In conclusione quindi, onorevole Iannaccone, le posso assicurare il continuo impegno del Governo a seguire la vicenda con particolare attenzione, e naturalmente a tenere costantemente e tempestivamente informato il Parlamento sugli sviluppi che registreremo.

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di replicare.

ARTURO IANNACCONE. Signor Ministro, lei ha fornito importanti elementi in relazione alla crisi che sta vivendo lo stabilimento Fma di Pratola Serra e, quindi, non posso non sottolineare l'azione positiva che il Governo attraverso il Ministro Scajola sta sviluppando.
Le voglio ricordare che la provincia di Avellino ha 400 mila abitanti (80 mila sono i disoccupati), e se si dovesse registrare una crisi irreversibile dello stabilimento Fma di Pratola Serra, con le circa 2 mila unità occupate e i circa cinquemila lavoratori che complessivamente sono impegnati nell'indotto, in quella provincia si registrerà una situazione problematica e preoccupante.
Noi siamo convinti che la FIAT, se vuole dare risposte ed invertire l'idea che il sud non sia suscettibile di sviluppo e che investire al sud rappresenti una diseconomia (così come cinicamente ha tentato di affermare l'amministratore delegato Marchionne quando ha ribadito che lo stabilimento di Termini Imerese sarà chiuso), per quanto riguarda l'Fma di Pratola Serra si dovrà impegnare, nell'incontro convocato dal Governo, a realizzare motori moderni di piccola cilindrata, perché se ciò non dovesse avvenire quello stabilimento avrà lo stesso destino degli impianti di Termini Imerese, rischio che noi dobbiamo assolutamente scongiurare.

(Intendimenti del Governo in merito alla pubblicità dei siti destinati alla localizzazione di impianti nucleari anteriormente alle elezioni regionali del 28-29 marzo 2010 - n. 3-00945)

PRESIDENTE. L'onorevole Cimadoro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00945 concernente intendimenti del Governo in merito alla pubblicità dei siti destinati alla localizzazione di impianti nucleari anteriormente alle elezioni regionali del 28-29 marzo 2010 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, signor Ministro, con la legge n. 99 del 2009 cambia un'era, cioè in Italia si va verso il nucleare. La posizione dell'Italia dei Valori rispetto al nucleare è nota a tutti. Noi eravamo favorevoli all'istituzione dell'Agenzia del nucleare anche perché con questa avremmo avuto la possibilità di disporre di fondi, risorse e ricerche per arrivare ad un nucleare di quarta generazione cioè il nucleare pulito e senza scorie. Invece voi avete affrontato il problema in modo diverso e oggi i nodi vengono al pettine. Bisogna individuare i siti, quali sono questi siti. Individuando i siti è previsto un semplice parere della regione che non è comunque vincolante. Quindi viene dato un parere ma non c'è l'individuazione del sito.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cimadoro.

Pag. 52

GABRIELE CIMADORO. Noi chiediamo al di là dell'intervento militare alla fine, se è vera la notizia apparsa sugli organi di stampa il 15 febbraio 2010 secondo cui di fatto ENEL e EDF hanno già individuato questi siti. È corretto, credo, che i futuri presidenti che andranno a governare le regioni qualora vincessero le elezioni sappiano se sul loro territorio...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Cimadoro.

GABRIELE CIMADORO. ...vengono individuati o meno siti nucleari.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, vorrei ancora preliminarmente ringraziare l'onorevole Cimadoro e gli onorevoli presentatori del gruppo dell'Italia dei Valori perché consente al Governo di chiarire ancora una volta in questa sede la procedura relativa al programma nucleare italiano, che è un tema di grande interesse presso l'opinione pubblica. In attuazione della delega contenuta nell'articolo 25 della cosiddetta legge sviluppo n. 99 del 2009 è stato adottato il decreto legislativo 15 febbraio 2010 n. 31, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 8 marzo 2010, che definisce compiutamente le diverse fasi del programma nucleare italiano.
Quanto al contenuto del decreto esso ha l'obiettivo di porre le basi per una maggiore garanzia della sicurezza degli impianti, della tutela della popolazione e degli operatori e della protezione dell'ambiente.
Dunque il decreto non ha l'obiettivo di stilare elenchi dei siti candidati ad ospitare gli impianti. Il decreto prevede infatti che l'Agenzia per la sicurezza nucleare istituita dall'articolo 29 della citata legge sviluppo individuerà i parametri relativi alle caratteristiche ambientali e tecniche cui devono rispondere le aree del territorio nazionale per essere idonee ad ospitare un sito nucleare, sulla base dei contributi e dei dati tecnico-scientifici predisposti da enti pubblici di ricerca, comprese le nostre università.
Tali parametri saranno poi definitivamente approvati dal Governo unitamente al documento programmatico sulla strategia nucleare, sulla base di una procedura di consultazione pubblica e istituzionale che coinvolgerà tutti gli enti e i soggetti interessati, nonché sulla base della valutazione ambientale strategica. Pertanto solo dopo il completamento di questa procedura potrà avvenire l'individuazione dei siti, peraltro ad iniziativa e sulla base di specifica richiesta degli operatori interessati.
All'Agenzia in particolare spetterà valutare la rispondenza dei siti proposti ai criteri ed ai parametri individuati e procedere alla conseguente certificazione degli stessi, che sarà successivamente sottoposta dal Governo all'intesa con la regione interessata e con la Conferenza unificata ai fini dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio delle centrali.
Come si vede, una procedura che il Governo intende assicurare nel pieno rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli territoriali di Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Cimadoro ha facoltà di replicare.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, la ringrazio. Se così fosse, signor Ministro, non vi sarebbe la necessità di arrivare all'extrema ratio: ove non si riesce a individuare, interviene l'esercito e decide il Presidente del Consiglio o la Presidenza del Consiglio.
Ciò anche perché a lei è sfuggito, ma nella sua relazione lo ha indicato, che di fatto vi è da parte delle società interessate comunque un suggerimento. Allora mi conferma ancora di più la paura suscitata da quanto la stampa aveva già reso noto la settimana scorsa, cioè che vi sono già siti individuati, per cui di fatto le due società interessate, l'italiana Enel e la francese Edf, senza chiedere né al Ministero Pag. 53dell'ambiente né al Ministero delle attività produttive né a tutti i Ministeri interessati, di fatto hanno già superato tutti questi scogli e sono addivenute ad una conclusione che soddisfa le loro esigenze. Fermo restando che vi sono non una, ma undici regioni che hanno già detto «no» al nucleare, tenendo presenti anche le due regioni governate dal centrodestra, con Formigoni e con Zaia, Ministro che in futuro, probabilmente, ma speriamo di no, andrà a governare il Veneto: egli sta facendo la sua campagna elettorale dicendo che in Veneto non hanno bisogno di centrali nucleari perché hanno energia da vendere e lo stesso vale per Formigoni.
Credo che, al di là delle belle e buone parole, non vi siano le condizioni per poter accettare questa risposta. Noi siamo preoccupati, la gente è preoccupata. I nostri presidenti - spero tanti - che verranno poi rieletti nelle varie regioni faranno una campagna elettorale correttamente, dicendo che sul loro territorio non ci saranno e non verranno costruite centrali nucleari (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Intendimenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa la costituzione di una cabina di regia per gli interventi di bonifica del bacino del Po - n. 3-00943)

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00943, concernente intendimenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa la costituzione di una cabina di regia per gli interventi di bonifica del bacino del Po (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente e Ministro, devo dire che il 23 febbraio ultimo scorso, quando vi è stato questo sversamento che dal Lambro, in qualche modo anche sottovalutando la portata dello stesso - un po' le notizie sono arrivate tardi e un po' si è agito per comparti stagni - è arrivato al Po, l'allarme era grosso. Un po' di danni anche di immagine per il nostro Paese vi sono stati: pensate al comparto agroalimentare della pianura padana, che è visto come un comparto di eccellenza, mentre sfilavano in televisione le immagini di questa macchia nera che passava. L'allarme è stato anche accentuato nei giorni successivi, perché a Isola Serafini comunque tutto ha funzionato: è una diga naturale e lì si è fermato il 90 per cento della macchia scura. La parte non emulsionabile è andata comunque in circolo, provocando una piccola fuoriuscita. Qual è il problema? Io ero là all'interno delle prefetture e non vi è stata una regia complessiva in un'emergenza come questa. Una regia complessiva credo sia necessaria, quindi noi dobbiamo individuare un commissario straordinario, attraverso le ordinanze che si stanno preparando, per affrontare l'emergenza già chiesta ed ottenuta da parte delle regioni. La pianura padana ed il Po in particolare hanno bisogno che nell'asta fluviale vi sia un'unica regia che ci dica chi e cosa deve fare quando succedono queste cose. Credo che sia importante la sollecitazione che stiamo facendo, affinché si affrontino queste situazioni nel migliore dei modi nel prossimo futuro.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, sono lieto di poter concordare con l'onorevole Alessandri a nome del Governo: il Governo condivide l'impostazione della sua interrogazione, anche per come è illustrata. Che cosa chiede l'onorevole Alessandri, del gruppo della Lega Nord? Chiede che al seguito dello sversamento nel fiume Lambro e nel Po di una grossa quantità di idrocarburi - avvenuto come ricordato nella notte dello scorso 23 febbraio - sia costituita un'unica cabina di regia, al fine di poter procedere senza lentezze burocratiche alla gestione e all'attuazione della bonifica dei fiumi. Ebbene, le confermo Pag. 54appunto che è esattamente questa l'impostazione che il Governo intende assumere. A seguito del grave evento è stata immediatamente attivata - come ricordato - la Protezione civile, che ha costituito un'unità di crisi in accordo con tutte le amministrazioni locali e nazionali. Terminati gli interventi di urgenza, senza alcuna soluzione di continuità, le funzioni di controllo sul prosieguo delle attività passeranno al Ministero dell'ambiente, che intende appunto predisporre l'apposita cabina di regia per il necessario coordinamento. Per tale operazione il Ministero si avvarrà tra gli altri dell'ISVAP e dell'autorità di bacino. La cabina di regia avrà proprio lo scopo di verificare l'eventuale stato di contaminazione, al fine della predisposizione degli interventi di bonifica.
Ricordo, inoltre che, attesa la situazione di particolare criticità, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dello scorso 25 febbraio, è stata attribuita al commissario delegato, Capo del Dipartimento della protezione civile, l'adozione di ogni provvedimento necessario, e che, con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o marzo, è stato dichiarato lo stato d'emergenza. Una nuova successiva ordinanza, di prossima pubblicazione, disciplinerà competenze ed interventi da attuare.
Segnalo, inoltre, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sta provvedendo all'adozione di tutte le iniziative di propria competenza, anche in ordine all'accertamento del danno ambientale che è stato cagionato, e che nella richiesta di risarcimento a titolo di danno ambientale saranno annoverati anche i costi sostenuti dalle varie amministrazioni dello Stato.
Rappresento, infine che, per far fronte ai problemi connessi a questo grave disastro ambientale, sul quale, peraltro, il Governo ha già riferito alla Camera, e per il necessario coordinamento, vengono periodicamente convocate delle riunioni con gli uffici della Protezione civile, l'ultima delle quali è stata calendarizzata proprio per questa mattina.

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di replicare.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro Vito, naturalmente, siamo soddisfatti della sua risposta. Al tempo stesso, vorrei rimarcare che l'attenzione che il movimento politico che rappresento riserva all'intera asta fluviale del Po è fondamentale. Credo, infatti, che oggi, forse più che in passato, quando vi è stata molta sottovalutazione, meriti di essere rimesso in pista come vero elemento di vita trainante dell'intera pianura padana.
A livello europeo - questa era l'impostazione che intendevamo dare alla nostra sollecitazione, e mi fa piacere che venga raccolta - ci chiedono di trasformare l'autorità di bacino in un distretto: ebbene, esso potrebbe diventare, veramente, domani, il punto di riferimento, in grado di eseguire anche un'azione di coordinamento con l'AIPO, con l'ARNI, con tutte le ARPA, con le regioni e con gli enti locali. La pletora di enti - tutti hanno competenza sul fiume Po - rischia di diventare troppo numerosa: alla fine, tutti decidono, ma non decide nessuno.
Vorrei, inoltre, lanciare un appello, e approfitto dell'occasione, per dire che ciò che è avvenuto, rappresenta, sicuramente, a tutti gli effetti, non solo un inquinamento, ma un atto criminale: è stato causato un disastro ambientale, un crimine vero e proprio. Ritengo che le tre figure, che sembra siano state viste, di notte, sversare materiale dalle cisterne, abbiano creato non solo un danno di immagine, ma anche un danno concreto a livello ambientale - che verrà verificato tramite il lavoro del commissario nei prossimi mesi - sia sulle sponde, che, eventualmente - mi auguro di no - anche nelle falde.
Mi auguro che tutta la pianura padana si costituisca parte civile, affinché, quando questi soggetti verranno individuati, questa volta, vengano considerati non come semplice inquinatori, ma come veri e propri criminali, che hanno messo a duro repentaglio un fiume già inquinato di suo e che, Pag. 55per questo, poteva subire un colpo mortale.
Siamo vicini al fiume Po, perché vi abitiamo vicino. Lo viviamo tutti i giorni e vogliamo consegnarlo ai nostri figli e ai nostri nipoti, così come ce lo ricordano i nostri padri e i nostri nonni.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANGELO ALESSANDRI. È un impegno che prendiamo nei confronti delle generazioni future: vogliamo essere sempre «sul pezzo» e ci fa piacere che il Governo voglia perseguire questa strada con noi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Iniziative per una moratoria di un anno per il recupero dei crediti vantati da Equitalia nei confronti delle famiglie e delle imprese in Italia e, in particolare, in Piemonte - n. 3-00958)

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di illustrare l'interrogazione Vietti n. 3-00958, concernente iniziative per una moratoria di un anno per il recupero dei crediti vantati da Equitalia nei confronti delle famiglie e delle imprese in Italia e, in particolare, in Piemonte (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), che ha sottoscritto in data odierna.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, quello in oggetto è un tema che riguarda tante famiglie e tante piccole aziende nel nostro Paese. Partiamo dal caso del Piemonte, sollevato dal nostro consigliere Goffi. Vorrei ricordare che, per esempio, solo a Torino vi sono 50 mila ipoteche sui mobili e 70 mila procedure di ganasce fiscali sulle automobili.
Pertanto, chiediamo che le procedure di Equitalia, al fine di riscuotere anche una serie di imposte e di tasse, naturalmente, dovute, tengano conto - e chiediamo che il Governo si impegni su questo - della crisi in atto. È una crisi che riguarda tutti: lo Stato per primo, perché ha dei tempi lenti, per esempio, di pagamento dei servizi che richiede alle aziende private. Chiediamo una moratoria di un anno, tenendo conto che la crisi esiste e che è forte. Questo potrebbe essere un segnale concreto.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, mi dispiace che questa volta, a nome del Governo, non potremo concordare con la conclusione auspicata dall'onorevole Libè e cercherò brevemente di spiegarne le ragioni.
Innanzitutto ricordo che, a partire dalle norme di riforma del sistema di riscossione dei tributi che risalgono alla fine degli anni Novanta, a Equitalia è stato attribuito per legge il compito di riscuotere - anche mediante ricorso a procedure esecutive - i crediti degli enti erariali e degli enti locali. La riforma ha prodotto effetti positivi per l'incremento dei volumi di riscossione, per il contrasto all'evasione fiscale e per il miglioramento del servizio offerto rispetto a quello fornito dal precedente sistema.
Sotto un altro aspetto, l'attività svolta dal gruppo Equitalia si realizza in piena trasparenza ed è comunque improntata a criteri di equità. In particolare, il più diffuso utilizzo di solleciti, preavvisi e procedure cautelari ha prodotto la contrazione delle procedure esecutive, quali ad esempio l'espropriazione e il pignoramento degli stipendi, con un conseguente aumento della riscossione, che è raddoppiata nell'anno 2009 rispetto ai valori dell'anno 2005.
Inoltre, sono state poste in essere - e in questo senso, andiamo nella direzione chiesta dall'onorevole Libè - apposite azioni a favore dei contribuenti, come ad esempio l'ampliamento dei periodi di rateizzazione del debito da cinque a sei anni e l'eliminazione dell'obbligo di fideiussione bancaria. Ciò ha permesso a oltre 640 mila contribuenti di rateizzare il proprio debito. Pag. 56
Circa la preoccupazione esposta dagli interroganti su possibili attività di sequestri ed espropri di massa nelle realtà in cui la riscossione è gestita da Equitalia Nomos - in particolare per il Piemonte, a cui fa riferimento l'interrogazione - il Ministero dell'economia e delle finanze, sentite l'Agenzia delle entrate ed Equitalia Spa, ci comunica che, sulla base dei dati a disposizione, gli scenari prefigurati non sono ipotizzabili e che, comunque, il Ministero dell'economia e delle finanze ritiene che un'eventuale richiesta moratoria nei termini non appare condivisibile (a parte il fatto che occorrerebbero provvedimenti normativi).
Vi è, infatti, la necessità di tenere conto, a tal fine, sia delle inevitabili conseguenze in termini di minor gettito atteso, sia della prevedibile diminuzione del tasso di adesione spontanea all'adempimento tributario.
Queste sono le ragioni per le quali rispondo alla sua interrogazione in questi termini.

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di replicare.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, vorrei ringraziare il signor Ministro. Non posso dichiararmi soddisfatto della risposta, anche perché sono convinto che lei non possa concordare formalmente. La sostanza c'è e credo che trovi la concordia di tutti. Tuttavia, il problema è uno: capiamo le norme; il Ministro dell'economia e delle finanze ha anche annunciato l'emanazione di un provvedimento che conterrà disposizioni tributarie; le norme sono difficili e vanno rispettate, lo capiamo.
Vorrei capire bene se quegli effetti positivi siano tali per il Governo o per le famiglie che devono pagare. Teniamo conto che in mezzo vi sarà sicuramente una parte di contribuenti che hanno, come si suol dire nel gergo, «fatto i furbi», ma vi sono anche tante aziende e tante famiglie che hanno a che vedere - e sono la stragrande maggioranza - con la crisi in atto.
Dunque, ritengo che nelle iniziative per combattere la crisi si sarebbe potuta prevedere una moratoria. Essa è stata prevista per altre cose, signor Ministro, ad esempio per la presentazione delle liste. Ebbene, se viene prevista per la presentazione delle liste, non capisco perché non debba esserlo per un evento molto più difficile e molto più grave per i tanti cittadini che si trovano bloccati e in preda al terrore. Infatti, molti possono anche fare i furbi, ma molti hanno il terrore anche solo per l'arrivo della lettera: si tratta di un terrore reale, che getta nello sconcerto relativamente ai rapporti interni, verso i propri figli e la propria moglie, e che, sicuramente, crea grande difficoltà.
Ci sono difficoltà in Piemonte, a Torino più che in altre città, ma ci sono anche in altre città, perché l'applicazione sarà probabilmente coerente con la normativa, ma non è sicuramente coerente con la situazione economica: basta andare a vedere i tassi di interesse applicati e le multe che conseguentemente vengono applicate.
Dunque, ci auguriamo che il Governo, non solo in conseguenza della nostra interrogazione urgente, ma anche perché penso che sia una questione condivisibile, possa rivedere la propria posizione nei prossimi giorni e, indipendentemente dal successo di qualcuno, trarre delle sollecitazioni e delle valutazioni per andare incontro a tutta questa gente.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brancher, Caparini, Casini, Cossiga, Crimi, Donadi, Gregorio Fontana, Franceschini, Gibelli, Giro, Graziano, Lo Monte, Martini, Menia, Molgora, Mura, Pag. 57Pescante, Ravetto, Saglia, Sardelli, Stucchi, Tabacci e Vitali sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,06).

LUDOVICO VICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per segnalare ad ella, signor Presidente, e per il suo tramite al Governo, che i lavoratori e le lavoratrici della società Agile ex Eutelia sono ancora in piazza, vicino a piazza Montecitorio, a manifestare per ottenere quello che in un Paese civile sembrerebbe normale. Quella normalità, in questo momento, è il sostegno del Governo in carica. Infatti, dopo mesi di lotta e di denunce ormai nessuno può più dire che la vicenda non sia chiara. Le iniziative dei sindacati, i presidi e i provvedimenti della magistratura, sia sul piano penale sia su quello civile, hanno ormai messo a nudo il progetto di Eutelia-Omega e dei gruppi di potere che si muovono dentro quella società.
Questa vicenda non può e non deve finire con la distruzione di quelle ultime attività rimaste e la collocazione in cassa integrazione di tutto il personale. Ora si chiede la cassa integrazione per 1.200 lavoratori ma a breve, se non si arriverà all'amministrazione straordinaria, non rimarrà nulla.
Quale richiesta rivolgiamo oggi al Presidente, ai colleghi e al rappresentante del Governo? Il Governo può intervenire subito con un decreto-legge e con la decisione, ovvia e naturale, di salvare quel patrimonio aziendale, quel know-how e i dipendenti, come pure in altre circostanze si è fatto. Lo si è fatto per Alitalia e per Parmalat e non si è rimasti semplicemente in attesa delle decisioni del tribunale che auspichiamo, comunque, arrivino presto. Questa è la richiesta che come Partito Democratico rivolgiamo ai colleghi e ad ella, signor Presidente, per trasferirla al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo anche perché insieme all'onorevole Vico, già lo scorso lunedì, siamo stati ad un incontro con i lavoratori di Eutelia, presso la sala multimediale del comune di Napoli, e avevamo già promesso, in quella occasione, che non li avremmo abbandonati e che avremmo seguito le loro vicende, perché la politica, in questo momento, dovrebbe mettere al primo punto della sua agenda la salvaguardia dei posti di lavoro. Il caso Eutelia è uno dei casi più emblematici e più drammatici di posti di lavoro che saltano e che vanno in fumo.
Per la verità, vorremmo, in questa occasione, davvero sollecitare il Governo a fare una vera politica per il lavoro e per la salvaguardia dei posti di lavoro. Diversamente, rimarremmo davvero esterrefatti, soprattutto quando vediamo che gli unici posti nuovi che il Governo ha creato sono i quattro nuovi posti da sottosegretario, per Santanchè e company. Non è questa la vera politica per salvaguardare i posti di lavoro e per creare nuovi posti.
Il Governo dovrebbe piuttosto orientarsi a prestare più attenzione verso coloro che, come i lavoratori di Eutelia, stanno vivendo drammaticamente per le loro sorti e non vedono un futuro.
Men che mai vi è stata, ad oggi, una disponibilità, benché ci siano i lavoratori in via del Corso nei pressi di Palazzo Chigi che stanno sollecitando almeno un tavolo di concertazione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri perché davvero venga messo sotto i riflettori questo grave momento che li attanaglia. Pag. 58
Mi risulta che sinora non hanno avuto neanche una disponibilità in tal senso da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ciò è gravissimo per la verità e voglio sollecitare il Parlamento e la Presidenza del Consiglio affinché si facciano carico di prestare una maggiore attenzione sulla questione. Per questo motivo personalmente, insieme ad alcuni altri parlamentari dell'Italia dei Valori, lascerò l'aula di Montecitorio proprio perché è importante stare insieme a loro e testimoniare concretamente un sostegno e una lotta per la difesa e la salvaguardia dei posti di lavoro.
Alcuni di noi non saranno assenti dal Parlamento per disertare le proprie funzioni di parlamentari, ma semplicemente perché riteniamo più importante in questo momento essere davvero al fianco dei lavoratori di Eutelia, sostenerli in questo momento di lotta davanti a Palazzo Chigi e incalzare la Presidenza del Consiglio affinché fissi un tavolo di concertazione presso la Presidenza del Consiglio stessa per dare soluzione e risposte concrete e risolutive a centinaia e centinaia di lavoratori di Eutelia che oggi purtroppo non vedono un futuro (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione 3146-A.

PRESIDENTE. Ricordo che prima della sospensione della seduta era iniziato lo svolgimento delle dichiarazioni di voto sull'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11. Risultano ancora iscritti a parlare per dichiarazione di voto 24 deputati.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 3146-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Codurelli. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, intervengo sull'ordine del giorno a prima firma Franceschini e ne approfitto per chiedere di apporvi anche la mia firma. Tale ordine del giorno rappresenta molto bene il dramma che vivono le nostre autonomie locali. Voglio sottolineare il termine «autonomie locali», perché sono state messe in mora da questo Governo e non più riconosciute tali. Si tratta di una vera violazione del diritto amministrativo costituzionale, e poi sui territori andate a parlare di federalismo. La Lega, in particolare, ne ha fatto una bandiera e continua a prendere in giro gli elettori con slogan (Commenti del deputato Polledri) come «padroni a casa nostra».
Padroni di che, quando togliete ai comuni la possibilità di predisporre il bilancio, di poter pagare i fornitori, di mettere in campo opere già approvate, di scegliere se avere sei o più consiglieri? Sapete che ai comuni si rivolgono sempre più famiglie e lavoratori e, a fronte del massiccio ricorso alla cassa integrazione, per la gran parte di questi essa diventa mobilità o licenziamento?
Appena ora abbiamo sentito parlare ancora una volta dei lavoratori di Eutelia che da mesi e mesi sono in lotta senza più avere uno stipendio. Visto che questo Governo è di decretazione d'urgenza molto facile su tutto, non si capisce per quale ragione non abbia ancora provveduto ad emanare un decreto-legge. Oppure lo farà per dire a questi di non mangiare più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)? Vogliamo sentire questo? È una vergogna. Il prossimo decreto-legge sarà per dire di non mangiare più e di non andare a fare la spesa, perché è di questo che stiamo parlando.
L'altra sera ero a Casatenovo, comune della provincia di Lecco, un comune medio in un tessuto produttivo che prima non aveva nessun disoccupato. Ora oltre il 20 per cento di famiglie si rivolge ai servizi e alla Caritas poi tocca al resto.
Altro che social card! In quel comune una famiglia aveva avuto la social card! E guardiamo la percentuale di chi oggi si Pag. 59rivolge al comune! Solo poche citazioni. Ne potrei fare migliaia, visto che sono state autorizzate oltre tre milioni di ore di cassa integrazione in provincia e oramai si fa strada l'idea che la ripresa è sempre più lontana. Giustamente dai comuni arriva un appello a tutto il Parlamento e al Governo di cambiare rotta; perché non è possibile, a fronte di tutto ciò, che il Governo nel 2009 abbia tagliato il Fondo sociale di ben 300 milioni. Ecco dove sono andati gli stanziamenti per la social card!
Figuriamoci poi: se nel 2008 erano solo il 6 per cento i comuni lombardi che non hanno rispettato il patto di stabilità, sono diventati oltre il 20 per cento nel 2009 e saranno più del 40 per cento nel 2010 (dati dell'ANCI Lombardia). Come si pensa allora di fare ripartire l'economia con queste scelte? Siamo di fronte a ripercussioni pesantissime, soprattutto rispetto alle famiglie, sui servizi ai cittadini, a fronte di una crisi ferocissima, che solo dal Governo non è riconosciuta e, di conseguenza, nascosta. Quei sindaci ora però stanno comunicando ai loro cittadini le crescenti difficoltà. Lo hanno fatto e lo fanno anche a noi. Allora vi chiedo, cari deputati della maggioranza, ma a che cosa state giocando? State giocando sulla pelle di tante persone che sempre più si trovano smarrite!

PRESIDENTE. Onorevole Codurelli, la prego di concludere.

LUCIA CODURELLI. Questa è la vera insicurezza, cari deputati. O vogliamo che si faccia finta di nulla per i tanti suicidi o per tutti quelli che hanno perso il lavoro o per tutte quelle persone che si rivolgono ai servizi sociali per la crisi di identità, perché hanno paura del loro futuro rispetto alle perdite dei posti di lavoro?
Ecco perché credo che l'ordine del giorno proposto debba essere votato, perché chiede, come nell'appello dei comuni, la completa restituzione del mancato gettito dell'ICI per l'abitazione principale, che vengano tolte le sanzioni ai comuni virtuosi, che venga finalmente riconosciuto ai comuni una reale autonomia finanziaria, che cessi il continuo taglio dei trasferimenti, che vanno ripartiti più equamente, e che i trasferimenti di competenze ai comuni vengano accompagnati da idonee risorse economiche.

PRESIDENTE. Onorevole Codurelli, concluda.

LUCIA CODURELLI. Basta questioni di fiducia sui provvedimenti e discutiamo seriamente sulla crisi del Paese: è veramente ora che si faccia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colaninno. Ne ha facoltà.

MATTEO COLANINNO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli deputati, questo decreto-legge sugli enti locali, sul quale il Governo ha ritenuto di porre la questione di fiducia, appare per alcuni versi singolare e al tempo stesso inspiegabile. La rigidità che ne contraddistingue l'approccio sembra, infatti, non tener neppure lontanamente conto del particolare momento di difficoltà attraversata dal nostro Paese, né dello stato di grave crisi economica e finanziaria che colpisce molti comuni, province e regioni e che è il risultato di scelte politiche fortemente penalizzanti e stratificatesi nel corso del tempo.
Nell'illustrare questo ordine del giorno, intendo in particolare riferirmi all'inadeguata copertura del mancato gettito derivante dalla soppressione dell'ICI sulla prima casa, che è stata - come sappiamo - estesa anche a quei soggetti teoricamente non necessitanti di questa manovra, che ha impattato pesantemente sulle finanze pubbliche del nostro Paese. Intendo riferirmi al blocco dell'autorità impositiva degli enti territoriali, al taglio di trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali, alle regole fortemente restrittive del Patto di stabilità interno.
Il decreto-legge n. 112 del 2008 ha imposto agli enti locali un contributo alla Pag. 60manovra finanziaria di 1.650 milioni nel 2009, di 2.900 milioni nel 2010 e di 5.140 milioni nel 2011: un obiettivo questo talmente stringente da implicare il rischio per molti enti di non riuscire a rispettare il Patto di stabilità interno e tale quindi da determinare, mediante un effetto a catena, un'ulteriore contrazione della spesa per investimenti e dunque una sorta di evaporazione del ruolo di sostegno all'economia dinanzi alla crescente stagnazione produttiva.
Tuttavia, nel 2008 il deficit, al lordo degli investimenti dei comuni, si è ridotto di oltre un miliardo e 200 milioni di euro e nel 2009 i comuni dovrebbero essere riusciti a ridurre ulteriormente il proprio deficit di altri 300 milioni di euro circa. È proprio qui che scatta il paradosso perché, nonostante questi comportamenti virtuosi, in ragione del quadro finanziario imposto dal Governo, i comuni italiani sono costretti a tagliare gli investimenti proprio nel momento in cui il Paese manifesta la forte esigenza di attivare quell'effetto moltiplicatore che le opere medio-piccole producono sul sistema economico e sull'occupazione nel loro complesso. Un impatto questo che risulterebbe sorprendentemente più urgente e immediato di quello di grandi infrastrutture, distribuito in modo diffuso e di cui le imprese del territorio potrebbero trarre grande beneficio.
Inoltre, tanto per non farci mancare i soliti lacci e lacciuoli all'italiana, molti enti locali che dispongono di risorse economiche per finanziare opere già progettate, facilmente cantierabili o addirittura già cantierate, sono costretti incredibilmente a non procedere a causa di quei vincoli imposti dal Patto di stabilità che bloccano gli investimenti locali. Quegli stessi vincoli che impediscono il pagamento dei lavori già eseguiti ovvero il proseguimento delle opere appaltate e in corso di realizzazione. Questa è una sorta di malcostume tutto e solo italiano che mi pare francamente non più tollerabile, soprattutto in una fase come quella che stiamo attraversando.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MATTEO COLANINNO. Concludo, signor Presidente. Se davvero esistono, come la procedura del decreto-legge implica, criteri di necessità e di urgenza, allora non possiamo che riferirci ad un aspetto di civiltà giuridica e di efficienza economica insieme: dobbiamo consentire cioè agli enti locali di pagare i debiti che hanno nei confronti di piccole e medie imprese. Non è quindi pensabile né accettabile che le imprese, abituate a confrontarsi quotidianamente con le difficili prove del mercato, debbano correre anche il rischio di fallimento a causa delle difficoltà ad incassare crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione. Eppure è quello che succede in un Paese che impedisce di spendere anche a chi è nelle condizioni di farlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, vi sono varie cornici nelle quali possiamo situare questo evento, questo tentativo di interferire con un ingiusto ed arbitrario voto di fiducia che è stato imposto in quest'Aula ai danni della maggioranza prima ancora della minoranza. Una cornice è rappresentata certo dagli eventi di poche ore fa: una conferenza stampa nella quale il Ministro della difesa crede che tra i suoi compiti rientri quello di picchiare una persona che stava ponendo una domanda impropria al Presidente del Consiglio. È una scena umiliante e queste immagini, video e fotografie, faranno il giro del mondo: ancora una volta, non si potrà dire che gli anti-italiani sono coloro che dicono che il Governo Berlusconi ha qualche pecca e qualche problema.
Dal punto di vista dell'argomento di cui stiamo parlando, in quella stessa conferenza stampa c'è un documento estremamente interessante su cosa si intende per federalismo dal punto di vista del Presidente del Consiglio e di questa maggioranza.
Il Presidente del Consiglio, quando gli è stato chiesto, mettendolo un po' alle Pag. 61strette (vi sono anche giornalisti che osano fargli delle domande vere) che cosa intendesse per grande manifestazione degli italiani il 20 marzo a difesa della libertà, ha risposto: perché dobbiamo dire alle regioni - cito testualmente, l'ho annotato - che devono occuparsi delle case famiglia, di piantare gli alberi e della politica dei trasporti nelle loro regioni.
Se un Presidente americano si permettesse di dire al governatore del Wyoming che cosa deve fare, crollerebbero il suo prestigio, la sua attendibilità e la sua credibilità. Quindi, noi sappiamo che stiamo parlando di un federalismo che non esiste, nel quale si vuole persino interferire sulla legge elettorale di una singola regione, pena lo scardinare l'intero Paese. Altro che lasciare autonomia, libertà ed indipendenza federalista alle varie regioni, enti e comuni. Si intende che io parlo a favore e a sostegno dell'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11, che è un ordine del giorno chiave, perché dice di salvare il salvabile in ciò che è originale, autonomo e indipendente nelle maglie di ciò che dovrebbe essere il federalismo.
Qui, per esempio, si tratta di interferire, attraverso il meccanismo della sottrazione agli enti locali delle loro tasse, sulla loro autonomia di governo. Signor Presidente, lei ricorderà come è nata l'abolizione dell'ICI. La data è il 3 aprile 2006, una rarissima occasione in cui il Presidente del Consiglio incontrava un altro essere umano in un dibattito alla pari. Dal punto di vista di Berlusconi, si fa per dire alla pari, ma insomma aveva di fronte a sé Romano Prodi, che sarebbe diventato il Presidente Prodi, perché quel tipo di confronto porta a qualche risultato, le rarissime volte che si fanno.
In quell'occasione, alla fine del dibattito, quando ciascuno dei due aveva risposto, secondo una vaga copiatura del modello americano, alle domande del moderatore, il Presidente Berlusconi si è rivolto alle telecamere e, come ultimo intervento, quando non gli si poteva più rispondere e totalmente fuori tema, ha annunciato l'abolizione dell'ICI in tutto il Paese, interferendo di colpo nell'autonomia di tutti i governi dei comuni. Ecco con cosa siamo rimasti: con dei sindaci che possono infierire sui rom e sugli extracomunitari e per il resto non hanno più alcun altro potere. Questa opposizione tenta disperatamente di rovesciare la situazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, stiamo discutendo di una cosa molto importante. Ho chiesto al mio gruppo di intervenire proprio sull'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11. I tanti interventi che sono stati svolti su quest'ordine del giorno, signor Presidente, signor sottosegretario, non devono essere interpretati, come malignamente qualcuno può pensare, come una volontà ostruzionistica da parte dell'opposizione che prescinde dal merito, ma come un'attenzione ai grandi problemi che quest'ordine del giorno pone.
Noi attribuiamo grande importanza, signor Presidente, a quest'ordine del giorno, che per noi è uno degli ordini del giorno più importanti di questa legislatura e per questo ci siamo iscritti a parlare in tanti. La situazione, la fotografia della realtà, la conoscete anche voi del Governo e della maggioranza. Il decreto-legge n. 112 del 2008, la vera manovra triennale portata avanti da questa maggioranza e da questo Governo, ha dettato condizioni capestro ai comuni.
Sono quasi 8 miliardi di euro le risorse che il Governo centrale ha chiesto ai comuni come obbligo al concorso nel risanamento dei conti pubblici. È una formula elegante per dire che, sui comuni, gli effetti complessivi dei tagli lineari operati dal decreto-legge n. 112 del 2008 ed i mancati trasferimenti producono una diminuzione di risorse così rilevante; quindi, c'è il taglio dell'ICI, l'abbandono dell'autonomia impositiva, il taglio dei trasferimenti erariali, il taglio alle politiche sociali, Pag. 62le regole troppo rigide del Patto di stabilità, i tagli lineari alla scuola, alle infrastrutture, alla logistica e ai trasporti.
Oggi i comuni vivono nell'impossibilità e nella difficoltà di rispettare il Patto di stabilità interno, di programmare spese per investimenti e di dare sostegno alle famiglie e ai bisogni delle persone che, in un periodo di crisi, trovano come primo interlocutore il sindaco della propria città. Eppure, i comuni non sono quei luoghi di spreco che sono stati descritti da settori della maggioranza di Governo e, qualche volta, anche dallo stesso Ministro Tremonti. I comuni italiani hanno ridotto in questi anni il loro deficit di un miliardo e 200 milioni e lo faranno anche nel 2009, a fronte, invece, di una pubblica amministrazione che aumenta il proprio deficit anche per il 2009.
Ecco il senso del nostro ordine del giorno, signor Presidente: garantire copertura per le entrate che prima erano garantite dall'ICI, allentare i vincoli del Patto di stabilità, sbloccare i residui passivi e sospendere le sanzioni per la violazione del Patto di stabilità per il 2009.
Tradotto, cosa vuol dire tutto questo, signor Presidente? Vuole dire permettere ad una pubblica amministrazione o ad un comune di pagare le piccole e medie imprese che hanno crediti nei loro confronti; significa permettere ad un comune che ha qualche risorsa nel proprio bilancio di fare la manutenzione nelle scuole. Già, perché oggi abbiamo comuni con un avanzo di bilancio che non possono fare interventi sulle scuole, mettendo anche a repentaglio la sicurezza di chi vive e lavora in quelle strutture.
Pensiamo che sia utile dare l'opportunità ai sindaci di rimettere in cantiere opere già cantierabili e progettate, per le quali vi sono le risorse. Sono piccole cose, signor Presidente, ma di grande buonsenso e di grande importanza politica; più grande, mi sia consentito di dire, dell'esclusione del PdL dalle elezioni regionali del Lazio.
Un'altra cosa di buonsenso che voglio consigliare al Governo in queste ore è di recepire l'appello, che altri deputati del mio partito hanno rivolto, di incontrare i lavoratori dell'Eutelia, che stanno manifestando e attendono da ore un incontro con il Governo, che per adesso ancora non c'è stato. Rivolgo, quindi, un invito al buonsenso anche in questo caso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.

PAOLO CORSINI. Signor Presidente, questo ordine del giorno riveste un'importanza centrale nella battaglia che il Partito Democratico sta svolgendo in Aula; non casualmente l'onorevole Dario Franceschini è il primo firmatario. Esso ha il pregio di tematizzare l'orizzonte compiuto dello stato di crisi finanziaria che attanaglia il sistema delle autonomie locali, e in modo particolare i comuni italiani.
Sono personalmente interessato alla discussione con i colleghi del centrodestra su questo tema, perché mi pare di poter osservare che i problemi, le soluzioni e gli indirizzi che l'ordine del giorno propone possano essere in larga misura condivisi anche dagli amministratori locali e dai numerosi sindaci con i quali il centrodestra governa molteplici municipalità italiane; sindaci e colleghi che siedono anche nei banchi di questa Camera.
Credo che ci accomuni una duplice convinzione. Innanzitutto la centralità del comune nell'ordinamento statuale del nostro Paese, e non solo.
Non è un caso che un grande pensatore della politica moderna come Tocqueville, se da un lato riconosce l'importanza degli Stati, dall'altro giunge addirittura a scrivere che Dio innalza al suo cospetto i comuni, perché sono il luogo del farsi della comunità locale, dell'affermazione del legame comunitario, territoriale. Ma credo che anche i colleghi della Lega possano convenire nel nome di Cattaneo che i comuni costituiscono il principio ideale delle storie italiane, e che non si prevede federalismo se non nell'ambito di una piena valorizzazione dell'autonomia e della capacità di responsabilizzazione delle autonomie locali. Pag. 63
Il quadro che l'ordine del giorno delinea consente una ricostituzione credo veritiera e spassionata della condizione dei comuni italiani, come peraltro sottolineano documenti recenti resi pubblici alla nostra attenzione dall'ANCI, cioè dall'organismo di rappresentanza unitaria degli interessi dei comuni italiani. Qual è il quadro che emerge da questa raffigurazione assolutamente veritiera che l'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11 propone alla nostra attenzione?
Innanzitutto, per quanto attiene alla costituzione del deficit della pubblica amministrazione, i comuni italiani documentano un grado di virtù certamente superiore ai vizi delle altre amministrazioni, perché soprattutto da parte delle amministrazioni comunali si è manifestato un impegno assolutamente serio e riconoscibile sotto il profilo del contenimento del disavanzo. Già altri colleghi hanno richiamato le principali cause che determinano una condizione che va certamente a detrimento delle nostre comunità locali, in ragione del fatto che i comuni italiani si troveranno nella condizione di ridurre del 10 per cento le loro spese, con una ricaduta in termini del 30 per cento per quanto attiene agli investimenti in conto capitale. Credo che tutti i colleghi del centrodestra siano assolutamente concordi con me, quando osservo che, sotto il profilo dell'impegno di risposta alla crisi del Paese, l'economia comunale costituisce un volano fondamentale per rilanciare una politica di investimento, e dunque di ripresa e di sviluppo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PAOLO CORSINI. Ciò non soltanto per quanto attiene al profilo dell'espletamento di servizi fondamentali per mantenere ed elevare il grado di dignità della convivenza civile e per dare risposte ai bisogni primari delle nostre comunità, ma anche per quel che attiene all'economia, alle necessità di un rilancio che oggi è assolutamente indifferibile. Quando ragioniamo degli incentivi e delle possibilità che l'amministrazione pubblica detiene per determinare una ripresa dello sviluppo, non possiamo in alcun modo sottovalutare il ruolo centrale dei comuni e delle amministrazioni pubbliche, come sanno tutti i nostri concittadini e tutti i nostri amministratori. Siamo in presenza, peraltro, di una disparità, di una sperequazione, anche in ragione di norme, recentemente promulgate, in base alle quali i comuni italiani si vedranno annullare somme legittimamente iscritte a bilancio, senza riuscire a reperire le risorse necessarie per la copertura di eventuali disavanzi.
Ancora, ricordo a tutti gli amministratori, anche ai colleghi del centrodestra, ai quali mi rivolgo con assoluto rispetto...

PRESIDENTE. Onorevole Corsini, concluda per favore.

PAOLO CORSINI. ...e nel segno di una colleganza amministrativa che ci ha visto impegnati per molti anni insieme nell'ANCI, che è assolutamente rilevante il fatto che il taglio dei trasferimenti ai comuni, quei comuni che soprattutto al nord per circa l'80 per cento riescono a garantire le proprie finanze attraverso risorse autonome, è stato in questi anni assolutamente rilevante e persino mortificante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. È un intervento congruo con la procedura iniziata?

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, se non inizio non può sapere se è congruo; penso di sì, giacché peraltro sono anche, assieme all'onorevole Cesa, firmatario dell'ordine del giorno adesso in discussione, a prima firma dell'onorevole Franceschini.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Intervengo sull'ordine dei lavori perché, dopo l'inversione dell'ordine del giorno deliberata ieri Pag. 64e il tentativo di questa mattina di procedere alla discussione del secondo punto iscritto all'ordine del giorno, credo che - a fronte di questa azione ostruzionistica che peraltro noi non abbiamo portato avanti, tenendo presente che la discussione sugli ordini del giorno ha comunque già visto prima un parere favorevole da parte del Governo e quindi anche votazioni che, come quella avvenuta questa mattina, alla fine raccolgono un voto favorevole all'unanimità e ripensando al secondo e al terzo punto iscritti all'ordine del giorno, in particolare all'importanza dell'Agenzia per i beni confiscati alla malavita e soprattutto alla previsione di un dibattito sui problemi dell'economia già previsto per oggi e che ovviamente è stato messo in coda ai due decreti-legge - un po' tutti dovremmo riflettere circa il prosieguo di questo atteggiamento all'interno dell'Aula per quanto riguarda l'esame del decreto-legge sugli enti locali.
Mi rivolgo sommessamente - anche perché comprendo che tale azione è legittima - alla parte di opposizione che assieme a noi ha preso atto, con amarezza, del decreto-legge sulle liste elettorali, al fine di poter trovare una sintesi della situazione e cercare di organizzare anche tempisticamente il tutto per arrivare, ovviamente ormai alla prossima settimana, con delle date e degli orari precisi per dare svolgimento al secondo punto dell'ordine del giorno e soprattutto per poter affrontare la prossima settimana in Assemblea la discussione sui temi dell'economia.
Se dovessimo continuare in questo modo, seppur legittimamente, è evidente che l'esame del secondo e del terzo punto all'ordine del giorno slitterebbe non alla fine di questa settimana e neppure a quella della prossima. Pertanto, con il massimo rispetto nei confronti di chi sta svolgendo questo ostruzionismo, come UdC chiediamo un minimo di riflessione e di ripensamento al fine di raggiungere ugualmente gli obiettivi (in maniera anche determinata, per quanto attiene alle convinzioni), ma certo senza quella dilatazione dei tempi, come sta avvenendo adesso, che alla fine effettivamente non porta a nulla e non produce niente (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Compagnon, il suo intervento era in effetti congruo rispetto alla fase in atto della discussione.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, non posso non concordare con l'analisi che ha ora svolto, in relazione all'andamento dei nostri lavori e all'ordine del giorno, il collega Compagnon, nel senso che siamo stati attentissimi alle modalità con le quali si è svolta la discussione in Aula già a partire dall'altro giorno. Infatti, ieri abbiamo proposto il rinvio ad oggi della discussione del decreto-legge sugli enti locali affinché si potesse dare corso alla discussione e all'approvazione di una importantissima proposta di legge, che è stata poi in effetti approvata da questa Assemblea, riguardante la nota vicenda di un settore molto importante all'interno della sanità e dell'assistenza pubblica, nonché relativo agli indirizzi personali per quanto concerne l'alimentazione di chi si trova nel fine vita.
Oggi abbiamo di fronte un'altra situazione, quella per la quale stiamo discutendo il decreto-legge sugli enti locali dopo che la maggioranza questa mattina ha voluto respingere una proposta del Partito Democratico, quella di rinviarne cioè l'esame, invertendo l'ordine del giorno, in modo tale che si potesse procedere alla discussione e al voto sul decreto-legge istitutivo dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata.
È quindi alla maggioranza che deve essere rivolta la richiesta di recedere da un atteggiamento di totale disattenzione verso i problemi del Paese, anche perché Pag. 65adesso stiamo discutendo di un decreto-legge sugli enti locali che forzosamente e forzatamente la maggioranza ha voluto portare all'esame dell'Assemblea dopo l'ulteriore posizione, la scorsa settimana, della questione di fiducia.
Dunque, è del tutto evidente che l'opposizione, in questo momento, sta cercando di portare avanti un'iniziativa di valorizzazione delle posizioni espresse in numerosi emendamenti che riguardano questo decreto-legge sugli enti locali, in particolare per quanto riguarda il Patto di stabilità e i tagli che sono stati fortemente realizzati nei confronti dei comuni e degli enti locali sia con la legge finanziaria, che con altri provvedimenti, problemi che questo decreto-legge non risolve. Abbiamo cercato, evidentemente, di rappresentare a quest'Aula la necessità di dare priorità ad una serie di questioni, a partire dalla discussione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Di fronte all'atteggiamento della maggioranza, che è stato quello di respingere la nostra proposta, non possiamo far altro che procedere nella discussione di merito, come si può rilevare da tutti gli interventi che i colleghi stanno svolgendo sugli ordini del giorno del decreto-legge che riguarda gli enti locali e le regioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi e membri del Governo, anche io, come hanno fatto altri colleghi, chiedo il suo intervento e quello del Governo affinché ai lavoratori dell'Eutelia, che sono in via del Corso, sia possibile incontrare il sottosegretario Letta, perché come sappiamo purtroppo la situazione di crisi drammatica di quei lavoratori è ancora tutta aperta.
Come già altri numerosi colleghi hanno sottolineato con i loro interventi, con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di rivedere i vincoli del Patto di stabilità interno sui bilanci degli enti locali. Questo ordine del giorno, infatti, non a caso è firmato dal nostro presidente di gruppo, onorevole Franceschini e dal nostro segretario, onorevole Bersani.
Un Governo lungimirante, per affrontare seriamente le grave crisi economica e finanziaria che ha investito il nostro Paese, metterebbe in campo una serie di misure e di azioni efficaci per promuovere una più alta capacità di investimento delle risorse finanziarie pubbliche, e in questo ambito sarebbe molto importante sostenere la capacità di spesa produttiva degli enti locali. Invece, i bilanci dei comuni e delle province sono stati taglieggiati e decimati dalle scelte sbagliate del Governo, che da un lato ha ridotto i trasferimenti dello Stato finalizzati a garantire una serie di servizi fondamentali, dall'altro ha anche determinato gravissime incertezze e difficoltà sulle entrate proprie dei comuni, con la soppressione dell'ICI sulla prima casa. Peraltro, il mancato gettito dell'ICI non è stato ancora interamente ripristinato con i trasferimenti promessi dal Governo, mancano, infatti, ancora risorse consistenti riferite all'anno 2008. A questi si sono aggiunti tagli dei trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali, nonché le regole restrittive del Patto di stabilità interno. In particolare, con il decreto-legge n. 112 del 2008 è stato imposto agli enti locali un contributo alla manovra finanziaria di 1.650 milioni nel 2009, di 2.900 milioni nel 2010 e di ben 5.140 milioni nel 2011. Si tratta di misure che hanno già determinano e che, se non saranno modificate, ancora di più determineranno per gli enti locali, l'oggettiva impossibilità di rispettare il Patto di stabilità interno e un'ulteriore contrazione della spesa degli investimenti.
Tutto ciò, oltre ad aggravare la crisi economica e finanziaria degli enti locali, farà venir meno quelle politiche di sostegno locale alle economie dei vari territori così importanti in un momento di crisi così difficile, soprattutto per le piccole e medie imprese. Tuttavia, i comuni virtuosi sono stati capaci di ridurre nel 2008 il deficit, al lordo degli investimenti, di circa Pag. 661 miliardo e 200 milioni di euro, così nel 2009 si prevedono circa 300 milioni. Dunque, se l'Italia riuscirà a mantenere, e non a disattendere del tutto, gli impegni assunti con il Patto di stabilità e crescita europeo, buona parte del merito dovrà essere riconosciuto al buon governo degli enti locali.
Ma, come dicevo, per le scelte restrittive poco lungimiranti imposte dal Governo ai bilanci degli enti locali, le province e i comuni italiani sono costretti a tagliare gli investimenti in un contesto di crisi ove le analisi evidenziano che le piccole e medie opere pubbliche, promosse in particolare dagli enti locali, possono produrre un effetto benefico moltiplicatore sul sistema economico e sull'occupazione molto più elevato delle grandi infrastrutture. Ciò perché si tratta di opere diffuse nei territori e pertanto a vantaggio delle piccole e medie imprese, che conseguentemente potrebbero avere quell'ossigeno e quei benefici che consentirebbero loro di continuare non solo a vivere, ma a dare un futuro a centinaia di migliaia di lavoratori e anche a garantire servizi fondamentali ai cittadini. Non solo, ma i vincoli imposti dal Patto di stabilità impediscono agli enti locali di investire anche le risorse economiche libere che hanno a disposizione, utilizzabili per finanziare opere già progettate, immediatamente cantierabili o addirittura già cantierate.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Coscia.

MARIA COSCIA. Si tratta di opere ferme, appunto, per i vincoli imposti dal Patto di stabilità, vincoli che impediscono in modo del tutto ingiustificato ed ingiusto il pagamento dei lavori già eseguiti e il proseguimento delle opere appaltate e in corso di realizzazione. Negli altri Paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti e dagli altri Paesi europei, per contrastare la crisi si stanno attivando programmi di opere infrastrutturali diffusi nei territori. L'edilizia scolastica, in particolare, è il settore più in difficoltà, sia per i tagli al bilancio sia per l'incapacità del Governo di concretizzare i programmi varie volte annunciati.

PRESIDENTE. Concluda, per favore, onorevole Coscia.

MARIA COSCIA. Per tutti questi motivi chiediamo, con questo ordine del giorno, di rivedere i vincoli del Patto di stabilità interno sui bilanci degli enti locali. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Coscia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cuomo. Ne ha facoltà.

ANTONIO CUOMO. Signor Presidente, l'ordine del giorno a prima firma del presidente Franceschini ed altri - e chiedo di potervi apporre anche la mia firma - rappresenta un'ulteriore opportunità di riflessione, di giusta riflessione per il Governo nel merito di un argomento e di un decreto che ha un'importanza fondamentale nell'equilibrio dei diversi livelli della struttura della pubblica amministrazione. A me personalmente invece offre l'occasione per esprimere anzitutto una preoccupazione, un disagio e soprattutto uno stato d'animo: lo stato d'animo di chi, avendo oggi l'onore di stare in questa Aula, ricorda con orgoglio di essere stato per molti anni amministratore locale (amministratore cioè dei diversi gradi: comune, provincia e regione). Dunque, da ex amministratore che conosce direttamente le prerogative, i compiti e le funzioni degli enti locali, oggi non mi resta che provare un senso di rabbia, un senso di delusione, per non dire di sfiducia. Penso sempre di più che siamo di fronte ad un Governo irresponsabile e, andando più in fondo, siamo davanti ad un Governo incapace. Ha detto bene - e condivido appieno quanto ha affermato stamattina - il collega Burtone sulla possibilità che i comuni e, più Pag. 67in generale, tutti gli enti locali continuino a rappresentare sul territorio la prima linea dello sviluppo economico e sociale del Paese. Del resto, penso anche che se volessimo dare un giudizio in corso d'opera di questi quasi due anni del quarto Governo Berlusconi basterebbe analizzare semplicemente tre punti: primo, basta guardare come è cresciuta la disoccupazione in questi due primi anni del Governo Berlusconi; secondo, basta vedere come il debito pubblico è tornato a crescere (oggi sfiora il 120 per cento); terzo, basta considerare che l'evasione fiscale continua a salire sopra una soglia che non ha eguali negli altri Paesi europei.
Se poi si considera che soprattutto in questi due anni il divario tra nord e sud, che è il vero problema della non competitività di questo Paese, anziché accorciarsi, si è allungato diventa facile immaginare che lo stato di degrado in cui versa il Paese ha raggiunto purtroppo livelli irreversibili. Davanti a questo scenario, a questa diagnosi che in tutta la sua semplicità corrisponde alla verità e ad un clima di totale confusione anche alla luce delle ultime vicende, dal mio punto di vista, dal mio semplice punto di vista diventa onestamente difficile non avere paura sul futuro delle nostre comunità, sul futuro dei nostri territori.
Vedete, la Lega si è riempita la bocca per aver proposto e promosso un dibattito forte sul federalismo, per aver già incassato un primo risultato nella prima parte. Ma io credo che questo Governo, che ha prodotto...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cuomo.

ANTONIO CUOMO. Concludo immediatamente. Come stavo dicendo, ritengo che questo Governo, che ha prodotto e ha introdotto nel nostro sistema democratico una mentalità opposta a quella della buona politica, del buon governo e della buona cultura, continui a produrre danni che probabilmente per il futuro metteranno il nostro Paese in ginocchio rispetto al resto dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesare Marini. Ne ha facoltà.

CESARE MARINI. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, l'ordine del giorno in esame documenta la riduzione dei trasferimenti ai comuni negli ultimi due anni. Quando fu abolita l'ICI per la prima casa il Governo si impegnò a sopperire alle minori entrate per gli enti locali con il trasferimento di risorse economiche di pari importo. Il rimborso ai comuni è parzialmente avvenuto, ma contemporaneamente avete organizzato, egregi signori del Governo, l'inganno. Con una mano date e con l'altra sottraete. Infatti, negli ultimi due anni avete ridotto i trasferimenti ai comuni scaricando sul primo anello della catena della democrazia rappresentativa le contraddizioni di una politica economica che, volendo essere benevoli, si può dire incerta. Si sostiene che il debito sproporzionato nelle pubbliche amministrazioni non consente un'adeguata iniziativa di spesa per alimentare i consumi e, di conseguenza, la produzione, così come hanno fatto i maggiori Paesi industrializzati dell'Unione europea. Senza dubbio l'affermazione contiene una parte di verità che comunque non è stata sufficiente per consigliare al Governo una politica della spesa coerente.
Il Ministro dell'economia e delle finanze ha sostenuto e scritto di aver previsto prima, nel luglio 2008, la gravità della crisi. Se fosse vera questa tesi chiedo allora alla maggioranza e al Governo perché mai si è abolita l'ICI per la prima casa. Sarebbe stato molto utile nelle condizioni attuali dei conti pubblici poter disporre di oltre 2 miliardi e mezzo di euro, invece si è privilegiata una politica economica influenzata da esigenze elettorali e non solo: si è privato il Tesoro di entrate importanti ma si sono prese decisioni di governo che hanno avuto ricadute negative sull'economia. Alludo alla sottrazione di risorse destinate agli investimenti per finanziare l'aspetto ordinario e, in particolare, volendo fare alcuni esempi, penso all'utilizzazione dei FAS per la rimozione dei Pag. 68rifiuti in Campania, all'ammortamento per la rateizzazione delle multe per lo sforamento delle quote latte, al contributo per il «buco» del comune di Catania.
Chiedo alla maggioranza che si accinge a convertire il decreto-legge in discussione: avete valutato quali effetti produce la riduzione continua di risorse ai comuni? Questa linea politica - quella appunto della riduzione delle risorse ai comuni - mette in seria difficoltà il funzionamento degli enti locali, ingessati in ordinamenti non modificabili dalle singole amministrazioni. Se credete ai processi di autonomia così come dichiarate, perché non prevedete una piena libertà ordinamentale? La verità è che il vostro federalismo è di parole: diminuire le risorse agli enti locali ha come conseguenza la riduzione indiscriminata della spesa pubblica, che a sua volta innesca effetti negativi sull'economia locale, con minori ordini ed il contenimento dei servizi. Anziché contrastare la crescente disoccupazione la si alimenta, costringendo gli enti territoriali a ridurre le spese per le prestazioni di lavoro, e andrebbe quantificato qual è stata l'influenza dei minori trasferimenti sul livello occupazionale determinato dai comuni. Concludo: sono queste considerazioni, signor Presidente e onorevoli colleghi, i motivi della nostra opposizione al provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dal Moro. Ne ha facoltà.

GIAN PIETRO DAL MORO. Signor Presidente e onorevoli colleghi, la scelta di utilizzare tutto il tempo disponibile per una serena ed utile discussione parlamentare rimette a mio avviso al centro la funzione di queste aule. Troppo spesso infatti si è assistito ad un progressivo svuotamento di funzioni e prerogative del Parlamento su questioni fondamentali per la vita del Paese. Questo è un atteggiamento del Governo che le opposizioni hanno più volte evidenziato, criticando e facendo appello alle coscienze libere della maggioranza, al fine di sanare un dannoso vulnus per la nostra democrazia. La richiesta di fiducia su questo come su altri provvedimenti ratificati semplicemente dal Parlamento ha consentito di spostare sostanzialmente tutta l'iniziativa legislativa nel palazzo qui a fianco. Pochi metri ci dividono fisicamente dalla sede del Governo, che però procede con interventi d'urgenza e in deroga, allontanandosi sempre di più dal controllo delle istituzioni costituzionalmente preposte a questi compiti. È inoltre un atteggiamento che contribuisce ad allontanare anche quel prezioso clima di dialogo e di confronto con il sistema delle autonomie locali, con quell'insieme di enti di prossimità, con gli interessi dei cittadini. Conosciamo tutti la grave crisi istituzionale e di stallo della Conferenza Stato-regioni. Sappiamo bene dei ripetuti inviti di amministratori locali di entrambi gli schieramenti, a prescindere dalle decisioni sensate sul Patto di stabilità, che di fatto impedisce ad enti locali virtuosi di sbloccare risorse utili all'innovazione ed alle politiche anticicliche per il territorio. Ma di tutto questo negli atti parlamentari come di Governo non vi è traccia. La propaganda sul federalismo si ferma davanti al «serrate le fila» del Governo, che impone voti di fiducia come quello sul provvedimento in esame, che taglia le gambe ad ogni possibile confronto di merito. L'impossibilità di confrontarsi sul ruolo, le funzioni e l'importanza delle autonomie locali, sulle sofferenze di enti spesso abbandonati al loro destino non può che generare ulteriore scollamento tra lo Stato centrale ed i suoi cittadini. Non dobbiamo dimenticare infatti che l'insieme degli enti locali rappresenta un'insostituibile intercapedine tra le politiche di Governo nazionale - insufficienti e del tutto inadeguate degli ultimi anni - e i bisogni delle comunità locali.
Si sono progressivamente trasferiti sulle spalle degli amministratori locali funzioni, oneri e responsabilità senza, tuttavia, fornire loro strumenti adeguati in termini di regole, di procedure, ed anche di risorse (basti pensare agli effetti sul taglio dell'ICI). Pag. 69
Da una parte, si è permesso di disperdere risorse in maniera del tutto discrezionale e senza controllo (l'esempio della Protezione civile e delle risorse sprecate per il G8 a La Maddalena ne sono un esempio); dall'altra parte, si fanno orecchie da mercante alle richieste, quanto mai opportune, di sindaci ed amministratori.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIAN PIETRO DAL MORO. Forse, una cosa è vera: in tutta questa confusione ed approssimazione, probabilmente, non avete ben chiaro neanche voi ciò che è necessario fare. Noi siamo convinti: i cittadini, prima o poi, vi daranno i vostri meriti e rimanderanno a casa questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Biasi. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, di fronte ad un provvedimento di questa natura, l'immagine che emerge è quella di «leggi bandierina», che servono per mettere bandiere di carattere e di immagine, senza affrontare, di fatto, i problemi strutturali. Ciò, per di più, con tono molto antipatico dal punto di vista etico nei confronti degli enti locali, ai quali si continua ad addossare la responsabilità degli sprechi e della corruzione.
Non vi è dubbio che vi sia bisogno di una moralizzazione, ma vorrei che partissimo da una moralizzazione in tutti i campi dello Stato e - vorrei anche aggiungere - della politica, senza arrivare, per forza, inevitabilmente, a dire che il problema consiste nella vita dei comuni.
In secondo luogo, con riferimento all'ordine del giorno in oggetto, a prima firma dell'onorevole Dario Franceschini, vorrei dire che nel provvedimento in esame vi è un problema. Caro Governo, delle due, l'una: o fate una battaglia federalista e provvedimenti federalisti, o fate provvedimenti centralisti. Quello in oggetto è palesemente un provvedimento centralista: fra le altre cose, si parla del «caro estinto». Il «caro estinto» è il federalismo fiscale, di cui non si sa assolutamente più nulla, dopo che è stato fatto un battage pubblicitario davvero senza precedenti, e dopo che in quel federalismo fiscale - mi corre l'obbligo di ricordarlo per l'ennesima volta - la cultura non appare come funzione fondamentale. Ma non credo che vi interessi più di tanto.
Il provvedimento in oggetto, come dicevo, è centralista. Il Codice delle autonomie, che era stato così tanto promesso e che doveva essere a ridosso del federalismo fiscale (che oggi si trova senza finanziamenti e con tempi di attesa per l'attuazione, davvero molto, troppo, lunghi), in compenso, giace, senza ancora essere stato discusso né approvato.
Vorrei sapere se la Conferenza unificata abbia espresso o meno il suo parere: visto e considerato che siamo tutti federalisti, sarà bene che essa si esprima rapidamente e ci faccia sapere quale sarà il futuro del federalismo fiscale in questo Paese, perché non è ancora dato saperlo.
Le scelte che sono state fatte quest'anno dal Governo sono tutte di straordinaria pesantezza: voglio soltanto ricordare l'abolizione dell'ICI, di cui hanno parlato tutti gli altri miei colleghi e su cui non mi dilungo, se non per dire che si tratta dell'ennesimo colpo inferto ai comuni. Inoltre, si penalizzano i comuni che hanno lavorato per superare la crisi e per fare in modo di essere, fino in fondo, istituzioni di prossimità e, quindi, capaci di intervenire sulla crisi con interventi, molto spesso, suppletivi rispetto a quelli di uno Stato che ha scelto, evidentemente, un'altra strada.
Mi corre anche l'obbligo di dire che la penalizzazione riguarda tutta la parte che riguarda gli investimenti. Come può un comune concorrere, nella Repubblica, a far crescere lo sviluppo di questo Paese, se lo si penalizza esattamente nel capitolo degli investimenti?
Com'è possibile che un comune non sia messo in condizione - con il Patto di stabilità così pesante e con i vincoli così Pag. 70pesanti che esso comporta - di riuscire a risolvere tanti problemi, quali quelli della vita quotidiana delle persone. Non si tratta, evidentemente, soltanto di problemi di carattere urbanistico: sono problemi che riguardano i servizi sociali, le scuole, la famosa edilizia scolastica rinviata dal Governo a giugno (nel frattempo, però, non si mettono i comuni nella condizione di poter esercitare almeno una supplenza); si tratta di problemi che riguardano la vita quotidiana nel campo dell'offerta culturale, nel campo dei disabili, nel sistema dei trasporti e degli orari: di tutto questo, evidentemente, non vi è traccia e non vi è soprattutto - il che è molto, ma molto più grave - alcuna intenzione da parte del Governo di tornare ad una politica di rigore, di trasparenza, di onestà, ma anche di valorizzazione di quelle istituzioni di prossimità che sono i comuni e che costituiscono l'ossatura portante della nostra Repubblica.
Voglio ricordare che i comuni sono parte rilevante della nostra civiltà, della nostra tradizione e della nostra storia. Penso che, dopo anni e anni, far tornare nuovamente la politica di un Governo ad un assetto centralista dello Stato, danneggerà in modo consistente un'idea seria di autogoverno locale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, mentre in quest'Aula discutiamo l'ennesima fiducia sul decreto-legge concernente gli enti locali, qui fuori - come sapete - i lavoratori dell'Eutelia stanno lottando per il loro lavoro e stanno presidiando via del Corso. Mi auguro che non vi sia, anche questa volta, un intervento delle forze di polizia, perché noi dobbiamo sostenere questa giusta lotta per l'occupazione e per una fabbrica - l'Eutelia - la quale opera in un settore che dovrebbe essere una garanzia, ossia l'information technology, e che invece corre il rischio di essere cancellato per le scelte negative e approssimative dell'impresa.
Si dirà che queste cose non c'entrano nulla: invece, sono tutte collegate. Lo dico perché un Governo come questo, che si ritiene infallibile, ha compiuto gravi errori di politica economica. Mi domando come si sia potuto, nel 2008, regalare tre miliardi di euro per togliere l'ICI ai più ricchi, sapendo che distogliere questa somma di denaro (una somma enorme, strutturale, che vale anno per anno, che crea diseguaglianza nel Paese e che toglie risorse agli enti locali, i quali non possono intervenire sotto il profilo della tutela sociale) ha significato anche distogliere risorse importanti per quanto riguarda la destinazione agli ammortizzatori sociali, al sostegno al reddito dei lavoratori, nonché al sostegno all'impresa, che deve innovare e vincere nella situazione di crisi.
Questi sono errori molto gravi, così come è stato un grave errore inventare, sempre nel 2008, come soluzione di tutti i problemi, addirittura il ribasso del costo degli straordinari, quando, nel 2009, abbiamo consumato 1 miliardo - dico, 1 miliardo - di ore di cassa integrazione! Questo vuol dire avere incapacità, da parte del Governo, di fare qualsiasi seria previsione di politica economica e di comprendere le dinamiche della crisi.
Allo stesso modo, ritengo che ci troviamo di fronte ad un Governo pieno di contraddizioni. Questa mattina è giunta notizia (si sentiva nell'aria) che il Ministro Sacconi si sta opponendo ad una norma - che abbiamo deciso in modo unitario tra maggioranza e opposizione nella Commissione lavoro - volta ad aumentare la durata della cassa integrazione di sei mesi e venire incontro, in questa maniera, alle richieste dei lavoratori e delle imprese. Anche questo è già di per sé indicativo e dimostra il modo sconnesso con il quale il Governo si muove: in questo caso, si muove chiaramente in una logica che sconfessa, non solo l'attività unitaria della Commissione lavoro alla ricerca di un miglioramento degli ammortizzatori sociali, ma sconfessa anche chi, nel partito dello stesso Ministro, ha votato a favore di quella norma. Pag. 71
Mi auguro che il Ministro Sacconi non voglia affossare anche un'altra norma che abbiamo votato unitariamente che può garantire ai lavoratori dell'Eutelia e a tutti coloro che si trovano nella stessa condizione le mensilità di stipendio che non vengono pagate. Infatti, ci sono migliaia di lavoratori in Italia che non sono né in mobilità, né in cassa integrazione, ma non ricevono stipendio e noi della Commissione lavoro abbiamo deciso, con queste norme, di consentire con un apposito fondo presso l'INPS di dare queste retribuzioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Damiano.

CESARE DAMIANO. In questo modo pensiamo di venire incontro ai problemi reali e concludo dicendo questo: facciamo delle cose utili e concrete. Lo dico anche a lei, signor Presidente, si faccia interprete di questa richiesta: vengano ricevuti i lavoratori di Eutelia che sono di fronte a Palazzo Chigi, vengano ricevuti dalla Presidenza del Consiglio, prima che ci sia una grave tensione sociale contro i lavoratori che lottano per il posto di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Credo che questo ordine del giorno sia molto importante, perché vuol dire superare un Patto di stabilità che condanna chi risparmia le risorse a non investirle e dà dei soldi agli enti locali amici, come i comuni di Roma e Catania, che spendono risorse che non hanno risparmiato e soprattutto vuol dire dare a questo Paese risorse per una prospettiva che tuteli il lavoro, il reddito, le famiglie e la politica industriale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Antona. Ne ha facoltà.

OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, ancora una volta un decreto-legge, ancora una volta il Governo ha posto la questione di fiducia. Sembra proprio che il Governo si sia appropriato, ormai, del potere legislativo, sottraendo al Parlamento la sua prerogativa fondamentale prevista dalla nostra Costituzione.
Questa volta gli interventi urgenti riguardano gli enti locali e le regioni. Ma quale necessità, quale urgenza? Ancora una volta, hanno impedito un leale confronto parlamentare e sottratto all'opposizione l'opportunità di offrire il suo contributo per il bene del Paese.
La realtà è che questo Parlamento è ormai impegnato per la maggior parte del tempo ad occuparsi dei problemi giudiziari del Presidente del Consiglio e non ha tempo per occuparsi dei problemi dei cittadini. Abbiamo, ancora una volta, un decreto-legge dettato dalla necessità e l'urgenza di togliere le castagne dal fuoco di questa maggioranza, le sue turbolenze interne e le sue contraddizioni. Da una parte il Governo continua con gli slogan propagandistici, declamando il federalismo; dall'altra parte i provvedimenti legislativi non fanno altro che confermare la vocazione accentratrice del Governo.
Mi sorge spontanea una domanda: i colleghi della Lega, che sui loro territori promettono con forza il federalismo, come possono poi accettare così supinamente provvedimenti di segno così apertamente contrario? Soppressione dell'ICI sulla prima casa anche per i ricchi, quelli per i quali pagare o non pagare l'ICI non fa alcuna differenza; blocco dell'autonomia impositiva degli enti locali (mi riferisco all'addizionale IRPEF); taglio dei trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali; infine, regole fortemente restrittive del Patto di stabilità interno.
Il Paese sta attraversando una crisi economica pesante che continua ad essere sottovalutata dal Governo. Le fabbriche chiudono. Mi associo all'appello dell'onorevole Damiano e di quanti prima di lui hanno avanzato una pressante richiesta al Governo di ricevere i lavoratori dell'Eutelia che sono davanti Palazzo Chigi e lottano per il loro posto di lavoro.
La disoccupazione ha raggiunto, ormai, livelli preoccupanti. È solo un fattore psicologico? È un'impressione? Il lavoro non Pag. 72c'è e quando c'è è precario. I giovani non hanno prospettive. Si sono sottratte risorse alla scuola, alla formazione, all'università e alla ricerca. È solo suggestione?
Le famiglie sono in difficoltà crescente. Il bisogno di welfare e di solidarietà sociale è più forte. Il ruolo degli enti locali assume sempre maggiore rilevanza e sarebbe importante un welfare efficiente, capace di sostenere i bisogni dei cittadini. Sarebbe importante sostenere lo sviluppo con incentivi alle piccole e medie imprese. In tutti gli altri Paesi europei le misure per contrastare la crisi comprendono l'attivazione di programmi infrastrutturali diffusi a livello locale, la manutenzione dei beni pubblici, l'edilizia popolare, opere di dimensioni piccola e media, scuole, reti idriche e strade. I vincoli posti dal Patto di stabilità, invece, bloccano gli investimenti locali, impediscono il pagamento dei lavori già eseguiti, il proseguimento delle opere già appaltate e in corso di realizzazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

OLGA D'ANTONA. Il decreto-legge n. 112 del 2008 ha imposto agli enti locali un contributo alla manovra finanziaria di 1.650 milioni nel 2009, di 2.900 milioni nel 2010 e 5.140 milioni nel 2011. Si tratta di un obiettivo che, se non sarà alleggerito, determinerà per molti enti l'oggettiva impossibilità di rispettare il Patto di stabilità interno, un'ulteriore contrazione della spesa per investimenti e l'assenza di sostegno all'economia a fronte della crescente stagnazione produttiva.
Tuttavia, nel 2008 il deficit dei comuni, al lordo degli investimenti, si è ridotto di oltre 1,2 miliardi di euro. Nel 2009 i comuni dovrebbero essere riusciti ancora a ridurre i propri deficit di altri 300 milioni di euro circa. È evidente che se l'Italia riesce a mantenere del tutto gli impegni del Patto di stabilità e crescita europeo...

PRESIDENTE. Onorevole D'Antona, concluda per favore.

OLGA D'ANTONA. ... buona parte del contributo va agli enti locali e al sacrificio dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole D'Antona, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, l'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11 coglie l'elemento essenziale della nostra discussione sulla politica economica e sulle questioni legate all'intervento dei comuni per venire incontro ai problemi posti dalla crisi. Tutto iniziò da una scelta sciagurata che il Governo fece subito dopo le elezioni, abolendo l'ICI per la prima casa, comprendendovi anche le case di lusso, perché l'ICI era già abolita per il 40 per cento degli italiani, cioè le case di valore medio-basso. Restavano quelle di valore medio-alto, di lusso, e il Governo abolì per un importo consistente - quasi 3 miliardi di euro - questa imposta, commettendo così un doppio errore: il primo fu quello di sottrarre un'imposta a chi la poteva pagare; il secondo errore fu nel farlo con una copertura assolutamente impropria, cioè utilizzando soldi che erano destinati agli investimenti nelle aree deboli del Paese. In sostanza, si trasferiva, attraverso quella manovra, una quota pari a 2 miliardi e mezzo di euro alle famiglie medio-ricche che avevano le case di lusso, da piazza Navona a piazza di Spagna e da Piazza di Spagna a piazza Duomo a Milano.
Questo è stato fatto dal Governo che aveva e che ha un Ministro dell'economia e delle finanze che si dice profetico, che aveva previsto la crisi, che aveva scritto un libro che la prevedeva, che aveva capito tutto della crisi e proprio perché aveva capito tutto il primo atto che ha compiuto è stato un provvedimento a favore della crisi. Infatti, trasferire risorse dalle zone deboli alle zone forti del Paese e, comunque, Pag. 73ai ceti forti del Paese significa fare l'esatto contrario di ciò che la crisi impone. La crisi è una crisi di domanda e di consumi.
La crisi è una crisi che colpisce i ceti deboli e le zone deboli e questo Governo, che aveva capito tutto, fa esattamente il contrario, cioè fa un provvedimento pro-crisi, perché dando i soldi alle case di lusso, sostanzialmente trasferisce ricchezza a chi non ne aveva bisogno.
C'è un principio in tutte le dottrine (si prenda una dottrina qualunque, dal socialismo cristiano alla socialdemocrazia, al liberalismo compassionevole o una qualsiasi ispirazione) che dice che quando si hanno pochi soldi - e l'Italia ne ha pochi, perché ha il debito pubblico che ha, ce lo ricordate sempre in ogni occasione e lo sappiamo - che si fa? Quei pochi euro che si ha si danno a chi non ha niente o ha pochissimo, perché così vuole un principio di eguaglianza e di solidarietà. Invece, il Ministro dell'economia ha fatto esattamente il contrario: ha dato di più a chi aveva di più e ha dato niente o pochissimo a chi aveva niente o poco, capovolgendo il principio della solidarietà.
Questo avete fatto e questo ci portiamo dietro. L'Italia è il Paese più indietro per superare la crisi perché questa politica, che ha colpito i ceti deboli e le zone deboli, ha colpito anche i comuni deboli. Infatti, avendo promesso che l'ICI sarebbe stata restituita, ma era chiaro che non poteva essere restituita, i comuni che si trovavano in difficoltà per fare gli investimenti, per fronteggiare la crisi e per fronteggiare le politiche sociali, hanno dovuto tagliare e si sono trovati in una condizione di assoluta difficoltà. Questo è il capolavoro di politica economica che ci consegnate. Il Governo ha detto che l'abolizione dell'ICI era una promessa elettorale e doveva mantenerla, ma aveva anche promesso che avrebbe diminuito le tasse. Invece, nell'ultimo anno la pressione fiscale è aumentata dal 42,9 al 43,2 per cento.
Avete aumentato le tasse, mettendo le mani nelle tasche degli italiani, però le avete un po' tolte alle case di lusso, cioè ai ceti alti. Questa è la vostra filosofia. Per questa ragione il popolo prossimamente vi punirà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Micheli. Ne ha facoltà.

PAOLA DE MICHELI. Signor Presidente, oggi sono arrivati dati molto preoccupanti: meno 5,1 per cento del PIL. Non possiamo comprendere l'intensità di questo dibattito se non fissiamo un punto: questo Paese è più povero. Sono più povere le famiglie e sono più povere le imprese. C'è un altro numero angosciante: meno 12 per cento di investimenti e, tenuto conto della tempistica di realizzazione degli investimenti, questa dimensione di povertà si scarica di fatto già anche sul 2011.
Di fronte a questi dati oggi riproponiamo, con l'ordine del giorno Franceschini-Bersani, una questione centrale della politica economica di questo Paese, ossia quella legata alle autonomie e agli enti locali. Dobbiamo riconoscere che, a fronte di questa povertà - questo Governo fa troppa fatica a riconoscere il nuovo stato del Paese - ci sono alcuni bisogni che si articolano diversamente sui territori.
Allora, rispetto alla politica delle autonomie e alle politiche economiche degli enti locali occorre fare due ragionamenti, uno di visione, e uno di prospettiva. Avevamo anche cominciato a farlo insieme quando abbiamo affrontato la legge quadro sul federalismo fiscale, ma prima di fare questo - è di fatto ciò che chiediamo con questo ordine del giorno - dobbiamo affrontare l'emergenza nella quale vivono i comuni e le province italiani, veri motori di sviluppo e anche unico strumento in questo momento nelle mani della politica per realizzare politiche economiche attive che rilancino il prodotto interno lordo e gli investimenti.
Voi continuate a parlare di politiche di rigore. Pag. 74
In due anni, comuni e province insieme hanno dato un contributo positivo al deficit di un miliardo e mezzo di euro. Contemporaneamente, solo nel 2009, la pubblica amministrazione ha incrementato il suo deficit di 35 miliardi. Vorrei capire che cosa vuol dire per questo Governo la politica del rigore: se si scarica soltanto sugli 80 miliardi di spesa che rappresentano gli enti locali, non penso che ci sia un futuro ragionevole per le politiche di bilancio di questo Paese.
L'altra questione dirimente, importante ed emergenziale è legata ai cosiddetti «residui passivi», parola che suonerà strana al grande pubblico e magari ai cittadini, ma significa una cosa sola: ci sono 15 miliardi liquidi in tesoreria pronti per pagare investimenti o stati di avanzamento degli investimenti degli enti locali già fatti. Sono pronti per essere pagati e 15 miliardi sono un punto di PIL. Se noi riprendiamo quell'articolo del decreto-legge n. 78 del 2009, che avete riscritto con un emendamento del Partito Democratico (che il Governo ha utilizzato dentro al decreto-legge), per sbloccare il 2,5 per cento dei residui passivi degli enti locali e rimettiamo in pista quella stesura, oggi o domani diamo fiato alle imprese italiane per 15 miliardi. Quelli sono soldi che oggi rappresentano di fatto un rapporto di debito tra la piccola e media impresa e le banche private. Quindi, continuiamo a scaricare oneri sugli imprenditori attraverso una politica inefficiente rispetto al bilancio pubblico.
L'altra questione importante contenuta in questo ordine del giorno è legata alla tariffa dei rifiuti. C'è una sentenza del 2009, noi non possiamo continuare a far finta che questa non sia un'emergenza per i nostri territori.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PAOLA DE MICHELI. Concludo con due questioni, signor Presidente. Per quanto riguarda i lavoratori dell'Eutelia, faccio una parentesi personale. Quando avevo trent'anni, sono stata disoccupata per cinque mesi e posso testimoniare non senza emozione che è veramente un inferno personale e non solo economico. Vi prego: ricevete questi lavoratori perché hanno diritto di parola e a una immediata soluzione ai loro problemi.
L'ultima cosa che mi preme sottolineare è che l'accettazione di questo ordine del giorno significa un impegno preciso, signor Viceministro Vegas: dalla prossima settimana uno dopo l'altro i punti previsti in questo ordine del giorno debbono essere affrontati, perché sono un primo passo per la risposta alla crisi che veramente i cittadini italiani e tutti noi stiamo vivendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Mentre parliamo di autonomie locali, saluto un prestigioso rappresentante delle autonomie locali, il dottor Roberto Simonetti, presidente della provincia di Biella, che è venuto a visitarci assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Pasquale. Ne ha facoltà.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori sottosegretari e ministri, a sostegno dell'importanza di questo ordine del giorno, vorrei utilizzare le parole di un sindaco per portare la voce di chi in trincea sta vivendo le devastanti conseguenze che derivano dall'applicazione del Patto di stabilità. Dice il sindaco: la stagnazione dell'economia nazionale nel campo dell'edilizia genera un duplice aspetto negativo: in primo luogo, per le ditte costruttrici la difficoltà di monetizzare gli interventi realizzati negli anni precedenti e, quindi, l'impossibilità oggettiva di dare avvio a nuovi investimenti; in secondo luogo, per gli enti locali, perché sono pochissimi i costruttori edili in questo momento a dare inizio a nuovi investimenti.
Si verifica un forte rallentamento nel rilascio dei permessi a costruire, i cui incassi permettevano negli anni passati di effettuare pagamenti sugli stati di avanzamento su opere pubbliche in corso di Pag. 75realizzazione, ancorché finanziate in anni precedenti. Il meccanismo perverso di dover considerare per la parte investimenti gli incassi e i pagamenti genera uno sbilanciamento tra l'esercizio in cui viene finanziata l'opera e, quindi, vengono accantonati i mezzi finanziari necessari alla sua realizzazione e l'esercizio in cui tali mezzi finanziari vengono effettivamente spesi per il pagamento degli stati di avanzamento relativi alla realizzazione dell'opera stessa.
Quanto sopra genera per i comuni consistenti giacenze sui conti di tesoreria provenienti dagli esercizi precedenti e l'impossibilità, pur avendo i fondi a disposizione, di effettuare pagamenti qualora nell'esercizio di riferimento l'andamento delle entrate del Titolo IV (entrate in conto capitale, tra le quali risultano anche le entrate per permessi a costruire) subisca rallentamenti per cause non dipendenti dalla volontà degli enti locali.
Alla luce dei fatti risulta pertanto molto difficile richiedere la sospensione dell'esecuzione dei lavori in corso con la motivazione che gli stessi sono stati finanziati in esercizi precedenti e che nell'anno di realizzazione non ci sono sufficienti disponibilità sul fronte delle entrate per poter rispettare i saldi imposti dal Patto di stabilità interno. Il Patto di stabilità inoltre è conteggiato con riferimento al solo 2007 e quindi è pura casualità per un comune trovarsi avvantaggiato o svantaggiato poiché, se in quell'anno vi sono stati forti incassi destinati al finanziamento di opere la cui realizzazione è iniziata negli anni successivi, è praticamente impossibile raggiungere l'obiettivo.
Alla luce delle sopraesposte considerazioni si richiede - continua il sindaco - che il Governo intervenga allentando i vincoli e dando la possibilità di escludere dai saldi del Patto di stabilità interno i pagamenti in conto residui concernenti spese di investimento finanziate in esercizi precedenti. Quanto sopra in considerazione del fatto che gli introiti derivanti da permessi di costruire e da dismissioni immobiliari sono per legge destinati alla realizzazione di spese di investimento e difficilmente la procedura di spesa può concludersi nell'esercizio in cui la stessa è finanziata, vista la complessità degli atti necessari per l'aggiudicazione. Pertanto nella quasi totalità dei casi non c'è corrispondenza tra l'esercizio in cui vengono accantonati i fondi per il finanziamento e l'esercizio in cui detti fondi vengono effettivamente utilizzati.
In aggiunta a quanto sopra esposto mi preme ricordare anche che già in occasione della presentazione in Aula degli ordini del giorno a dicembre, durante l'esame della finanziaria 2010, ho richiamato l'attenzione del Governo sulle problematiche collegate ai tragici effetti del Patto di stabilità sulla necessità di adeguare alle norme di sicurezza gli edifici scolastici, oltre che sulla possibilità di intervenire sul nostro patrimonio edilizio adattandolo alle nuove esigenze sia numeriche che di spazi per l'azione didattica delle nostre scuole. Il tema della messa in sicurezza degli edifici scolastici deve rappresentare una delle priorità degli investimenti pubblici al fine di assicurare condizioni di integrale sicurezza e salubrità per gli studenti e per il personale scolastico.
La situazione degli edifici scolastici nel nostro Paese è ben lungi dal conseguimento di detto obiettivo. Occorre uno sforzo straordinario di tutti i soggetti pubblici proprietari di immobili destinati ad attività scolastiche affinché gli studenti, le famiglie e i lavoratori della scuola possano vivere la realtà scolastica in serenità e senza rischi per la loro incolumità. Appaiono necessarie misure volte a facilitare il compito degli enti locali nell'impegno di miglioramento strutturale degli edifici scolastici di loro proprietà. Per questo risulta indispensabile consentire la deroga alla disciplina del Patto di stabilità interno finalizzata a non contemplare nel saldo del bilancio comunale l'utilizzo di risorse statali, regionali, degli enti locali stessi e dei privati per interventi di messa in sicurezza e adeguamento a norma degli edifici scolastici, oltre che per tutti gli interventi necessari agli ampliamenti e alla costruzione di nuovi edifici scolastici i Pag. 76quali riconducano le scuole a rispondere esaurientemente all'esigenza di qualità e di eccellenza che i nostri ragazzi meritano.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA DE PASQUALE. Concludo subito. Ma è mai possibile che con questo provvedimento che adesso stiamo esaminando il Governo abbia trovato il modo e le risorse per escludere dai vincoli del Patto di stabilità gli oneri per i grandi eventi - quali gli investimenti milanesi per l'Expo 2015, le spese destinate al centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, i mondiali di nuoto e di ciclismo - e non abbia trovato il modo e le risorse per dare seguito al nostro ordine del giorno che aveva accolto a dicembre e che chiedeva l'esclusione dal Patto di stabilità degli interventi per l'edilizia scolastica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Grazie, onorevole De Pasquale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Torre. Ne ha facoltà.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, inizio il mio intervento con una domanda: in questo provvedimento dove è andato a finire il tanto sbandierato federalismo? A parte il termine non corretto fin dal suo primo uso, perché non vi sono dentro l'Italia Stati da federare, ma se con la parola federalismo si fosse voluto significare valorizzazione, responsabilità e autonomia dei territori, allora proprio non ci siamo. Talvolta ho il timore che in realtà federalismo sia un approccio che in inglese si direbbe selfish, da noi in Italia egoistico, un po' alla «chi se ne frega». Chi se ne importa se i comuni possono vivere o no. Chi se ne importa se hanno le risorse per garantire ai cittadini case, quartieri vivibili, strade sicure, sostegno alle aziende, aiuti alle famiglie dei disoccupati, investimenti in opere pubbliche urgenti che darebbero lavoro. Chi se ne importa se le scuole non sono a norma, se non si possono tutelare tutti i minori, assistere tutti gli anziani, predisporre mense e luoghi coperti per i poveri.
Chi se ne importa, tanto se la vede il sindaco. Chi se ne importa se, senza quella capacità di valutare le conseguenze di un provvedimento, che sarebbe richiesta ad un Governo dal mattino alla sera, con l'esenzione dell'ICI per chi ha redditi tali da non accorgersene neppure, si tolgono oltre 2 miliardi e mezzo ai comuni, senza altra analoga, immediata e contigua copertura. Chi se ne importa poi se i comuni hanno già messo a bilancio cifre promesse e poi non trasferite. Chi se ne importa se non hanno di come ripianare il buco. Chi se ne importa se non hanno i soldi per pagare lavori già eseguiti. Chi se ne importa se, ad esempio, i rimborsi per la diminuzione delle entrate ICI dovute ad una riclassificazione dei fabbricati sono attribuiti all'ultimo, in modo così confuso da provocare trasferimenti iniqui. Chi se ne importa se non è regolato il passaggio dalla tassa sui rifiuti alla tariffa sull'igiene urbana. Chi se ne importa se in tutto ciò il Patto di stabilità viene deformato e va a penalizzare l'economia e la sicurezza delle città. Chi se ne importa, ancora, se in aggiunta si chiede ai comuni di contribuire alla manovra finanziaria con 1 miliardo e 600 mila euro nel 2009, 3 miliardi quasi nel 2010 e oltre 5 miliardi nel 2011.
Questo federalismo molle, senza un governo federale che abbia a cuore la federazione, questo federalismo chewing gum, di geografia variabile, del fare quello che conviene a seconda che l'interesse sia centrale o locale, a sud o a nord, a favore dei potenti o per avere il consenso di tanti cittadini, mi fa paura. È la stessa paura nebbiosa e bagnata del legittimo impedimento o del grave pasticcio della «listopoli» di questi giorni. È la politica selfish, la società del chi se ne frega degli altri. È una società da far paura.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,45)

MARIA LETIZIA DE TORRE. Eppure, un provvedimento per i comuni poteva Pag. 77essere un'occasione molto interessante per un Governo che ha proposto e portato in porto il cosiddetto federalismo fiscale. Con proposte eque ed anche nella direzione di una cultura legislativa ed amministrativa orientata al territorio, poteva essere un passo significativo verso il nuovo regime che verrà, semmai verrà e semmai sarà fatto bene. È il regime in cui le regioni avranno risorse da gestire in autonomia, un regime che per essere buono richiede un Governo centrale altamente altruistico, cioè rivolto al bene dei territori, ma richiede anche regioni non centralistiche che sappiano cedere potere ai comuni e agire facilitandoli. Dunque, i provvedimenti di un Governo federalista dovrebbero sottolineare questa cultura istituzionale, invece, purtroppo, ci troviamo continuamente davanti a norme autoritarie e centralistiche. Lo ripeto: potrebbe essere diverso.
Ciò che molti intendono, con onestà intellettuale, con il termine federalismo è qualcosa di politicamente moderno e affascinante. Dovrebbe essere l'organizzazione della comunità politica che pone al centro i comuni, perché è la prima - direi la vera - comunità politica, dove è possibile partecipare alle scelte, nella quale è possibile riconoscersi ed essere riconosciuti, dove la parola politica diventa sostanza, intorno al comune, non in una rappresentazione istituzionale piramidale, come oggi, dove tutto pesa sulla base, cioè sui poveri comuni, ma in una visione innovativa, a cerchi concentrici, con al centro il comune ed i comuni in rete ed intorno comunità politiche, quali la regione, lo Stato, l'Unione europea, che si muovono in modo sussidiario al servizio della comunità politica primaria e delle relazioni tra città e territori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole De Torre, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Incecco. Ne ha facoltà.

VITTORIA D'INCECCO. Signor Presidente, vorrei apporre anche io la mia firma all'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11. Ha ragione l'onorevole De Torre: si fa un gran parlare di federalismo. La Lega ne ha fatto una bandiera politica e questo Governo uno slogan costante. Eppure, fin dalla legge finanziaria e con altri provvedimenti, tra cui quello di oggi, la maggioranza è impegnata in una doppia manovra: scaricare sugli enti locali il peso dei passaggi più complessi del rapporto istituzionale con i cittadini e, nello stesso tempo, svuotare sistematicamente le loro risorse economiche. La crisi finanziaria che sta attraversando il Paese, per esempio, è quasi per intero caricata sulle spalle degli enti locali.
Non esiste una vera manovra del Governo per contenere il disagio economico delle famiglie, ma è attiva una rete di servizi sociali che collega le regioni ai comuni e al terzo settore. A fronte di questo, il Governo taglia risorse agli enti locali, ne cancella alcuni e ne rende la vita più complessa; insomma, si chiede giustamente di responsabilizzare in termini di federalismo e sussidiarietà gli enti più prossimi al cittadino, ma, nel contempo, si svuotano questi ultimi di risorse economiche, di potenzialità e di strumenti.
Non solo: si scarica sugli enti locali il peso di maggiori responsabilità, tagliandone le risorse, ma si chiede e si è chiesto ai comuni di farsi carico, quasi per intero, del contenimento del deficit della pubblica amministrazione. Tutte le manovre economiche degli ultimi anni in termini di contenimento del disavanzo sono ricadute sugli enti locali, alimentando così questo curioso paradosso: si parla di federalismo quando si devono trasferire i problemi e si ridiventa centralisti quando bisogna decidere.
Pensiamo all'ICI, per esempio: i bilanci dei comuni si servivano di questo gettito per finanziare servizi e attività. Nel 2008 il Governo, con una decisione unilaterale, Pag. 78ha cancellato questa entrata per la prima casa, determinando un minor gettito per i comuni molto significativo; minor gettito che il Governo ha lasciato scoperto per il 2008 e copre in parte solo adesso, a due anni di distanza.
Come se non bastasse, si inventano stratagemmi per ridurre ancora di più questi impegni e si tagliano anche trasferimenti per centinaia di milioni di euro. Vengono decurtati i trasferimenti per 451 milioni di euro: 251 per revisione dei costi della politica e 200 come riduzione del fondo ordinario destinato ai comuni.
Il decreto legge n. 112 del 2008 ha stabilito, infine, un concorso dei comuni al risanamento dei conti pubblici per un importo pari a un miliardo e 340 milioni di euro nel 2009, 2 miliardi e 370 milioni di euro per il 2010 e 4 miliardi e 145 milioni per il 2011. Quindi, ai comuni, nell'ultimo anno del triennio 2009-2011, è richiesto in termini di miglioramento dei saldi un contributo pari a 4 miliardi e 145 milioni di euro.
I comuni, per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità interno, saranno costretti nel triennio 2009-2011 a ridurre la spesa totale di circa il 10 per cento e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti, che si potrebbe ridurre di almeno il 30 per cento.
In un Paese, come il nostro, nel quale, per quanto riguarda le spese correnti, bisogna ristrutturare un welfare municipale sempre più sotto pressione per la crisi economica, mentre, per quelle per investimenti, bisogna sostenere il peso di un ammodernamento che, quando non realizzato, si traduce, come accade spesso, addirittura in tragedie, con crolli, frane e smottamenti derivanti da mancate opere pubbliche e da scarse infrastrutture, come ci siamo ridotti!
Come si capisce, gli enti locali non possono più sostenere questo peso. Concludo, signor Presidente: è necessaria una manovra complessiva che intervenga sui punti più critici e offra delle soluzioni. Ecco perché il PD, con questo ordine del giorno, chiede al Governo di aprire un confronto per varare al più presto un provvedimento straordinario per gli enti locali, contenente misure per garantire la totale copertura del minor gettito ICI, per ridefinire le regole del Patto di stabilità e per sostenere i comuni, che sembrano sempre più soli di fronte ad un Paese in crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto gli alunni della scuola media statale «Perotto» di Manfredonia, in provincia di Foggia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. L'Assemblea li saluta (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Esposito. Ne ha facoltà.

STEFANO ESPOSITO. Signor Presidente, colgo anch'io l'occasione per apporre la mia firma sull'ordine del giorno in esame e inizio riprendendo un tema che è stato già oggetto di interventi dei colleghi, cercando di sollecitare il Governo a non far finta di niente rispetto alla protesta dei lavoratori di Eutelia. Siamo di fronte ad una situazione molto preoccupante: ormai sono otto mesi di lotte e di promesse che non vengono mantenute.
Vi sono migliaia di lavoratori che hanno perso la speranza. Lo dico al Governo, perché vi era stato un impegno preciso da parte del sottosegretario Letta: garantire che le commesse pubbliche non venissero sottratte. Purtroppo, tutto quello che è stato promesso durante i tavoli di Palazzo Chigi è stato puntualmente smentito. Chiedo al Governo un atto di responsabilità: occupatevi di questa vicenda! Invece di continuare ad emanare decreti-legge su vicende che, come poi dimostrano i fatti, non ne hanno bisogno, occupatevi di 2 mila lavoratori! Chiedete al sottosegretario Letta di mantenere la parola data! Non si risolve il problema di una delle aziende tecnologicamente più importanti di questo Paese lasciandola morire, per poi magari approfittare della rete, che qualche abile affarista si prenderà e verrà gestita nel modo che abbiamo già visto.
Torno sull'ordine del giorno, signor Presidente. Parliamo del Patto di stabilità. Pag. 79Vorrei fare un esempio concreto: è proprio di queste ore una denuncia dell'amministrazione comunale di Torino, perché credo sia utile provare a dare dei numeri. Il comune di Torino ogni anno spende 90 milioni di euro per fornire servizi che sarebbero di competenza statale. E non parliamo di servizi qualunque: parliamo di servizi come gli insegnanti di sostegno, 4,5 milioni di euro l'anno per garantire 140 insegnanti di sostegno nelle scuole di Torino; parliamo di altri 3 milioni di euro per le attività di laboratorio, anche queste di competenza dello Stato; parliamo di altri 3 milioni per garantire la mensa agli insegnanti; in più, ci mettiamo 80 milioni di euro l'anno che garantiscono le scuole materne comunali, anche questo un servizio in capo allo Stato. Sapete qual è la risposta che è stata data al comune di Torino, che ha chiesto di riavere questi soldi? «Non c'è trippa per gatti»! E nonostante questo, non si fa uno sforzo sul Patto di stabilità, per togliere almeno il 50 per cento delle spese che il comune di Torino garantisce in nome e per conto dello Stato ma che non sono di competenza del suo bilancio, in modo da consentire di avere delle risorse da utilizzare senza dover aumentare le tasse.
Questo gioco è ormai scoperto: lo dico al sottosegretario Vegas, che so essere attento al tema. Voi continuate a dire che le tasse non aumentano, voi continuate a dire che va tutto bene; peccato che poi scaricate le vostre difficoltà sugli enti locali! Anche su questo, fate un gesto di attenzione nei confronti delle amministrazioni locali! Non cercate di garantire solo le amministrazioni amiche! Questo è un Paese unico! Vi ho fatto un esempio reale, sul quale basterebbe il buon senso per dare una risposta positiva: se non lo fate vi assumete una grave responsabilità; d'altra parte, in questi mesi ve ne siete assunte molte, anche più gravi per la verità. Vi chiediamo di fare un gesto di attenzione.
Concludendo, ricordatevi di Eutelia! Non fate orecchie da mercanti! Questa sera vi è un presidio in corso: date una risposta, non portate i lavoratori all'esasperazione! Sarebbe un errore, sarebbe un gravissimo errore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - I deputati Barbato e Boccuzzi espongono un cartello recante la scritta «Basta scaricabarile - Vogliamo giustizia - A noi il lavoro a loro la galera - Eutelia, Bari» - Il deputato Cambursano indossa una maschera bianca - Dai banchi del gruppo PdL si grida «Buffoni»)!

PRESIDENTE. Onorevole Barbato! Prego i commessi di intervenire. Onorevole Cambursano, ha una bellissima maschera ma la tolga. Era un po' pallida, onorevole Cambursano.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fadda. Ne ha facoltà.

PAOLO FADDA. Signor Presidente, credo che il mio intervento (Commenti)...

PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi di consentire all'onorevole Fadda di svolgere il proprio intervento. Prego, onorevole Fadda, la ascoltiamo tutti con molta attenzione.

PAOLO FADDA. Signor Presidente, non ne avevo dubbi.

PRESIDENTE. Con lei non si può fare altro che ascoltarla.

PAOLO FADDA. Grazie, signor Presidente, credo che il mio sarà l'ultimo intervento sull'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11.
Viceministro Vegas, lei è uno dei rappresentanti del Governo che stimo di più e, quando questa mattina nel suo intervento, il collega Brandolini ha riferito una frase che lei avrebbe detto, cioè che un ordine del giorno non si nega a nessuno, non è che sia diminuita - mi creda - la mia stima, tuttavia ritengo che non sia possibile che lei possa aver detto una frase del genere. Dico questo perché preferisco, per la stima che ho nei suoi confronti, che lei oggi dica con chiarezza se condivide o non condivide, se accetta o non accetta questo ordine del giorno, ma non è pensabile Pag. 80che si possa dire che si accetta un ordine del giorno perché termini un dibattito.
Signor Viceministro, siccome è stato espresso un parere favorevole con riformulazione, penso che la riformulazione che lei intende proporre sia quella di stabilire un calendario preciso affinché non soltanto il nostro ordine del giorno possa essere approvato oggi dall'Assemblea, ma vengano anche portati avanti tutti quei provvedimenti normativi per venire incontro agli enti locali. È necessario stabilire un calendario, è necessario che lei riferisca in Aula e ci dica anche quali sono i tempi che saranno necessari per cercare di riparare a tutta una serie di torti che sono stati compiuti nei confronti degli enti locali.
Ma immaginate un po': vengono tolti 250 milioni di euro per la riduzione del fondo ordinario destinato ai comuni per quanto concerne la revisione dei costi della politica! Signor Viceministro, ma le sembra possibile che queste risorse non possano almeno rimanere nel sistema locale, non possano andare a sostegno delle famiglie, aumentare i livelli assistenziali, sostenere gli anziani, essere utilizzate per combattere le nuove povertà, ma debbono proprio essere utilizzati per cercare di ripianare i debiti (quelli della nostra capitale o di altre città)? Signor Viceministro, lei ne è convinto così come ha dichiarato, del resto, in sede di replica. Anche a tale riguardo, devo riconoscere la sua onestà intellettuale: è stato detto infatti che gli enti locali - ciò è quanto lei ha dichiarato in quest'Aula - sostanzialmente hanno contribuito al risanamento della finanza pubblica - ed è vero - perché nella loro media, salvo qualche rara eccezione, hanno adempiuto ai precetti del Patto di stabilità.
Signor Viceministro, le voglio leggere una parte di un'interrogazione che ho presentato assieme ad alcuni colleghi del PD. Il comune di Sestu, in provincia di Cagliari, al pari di quanto è successo in tanti altri comuni della Sardegna e del resto d'Italia, nel corso dell'anno 2009 non ha rispettato il Patto di stabilità interno perché ciò avrebbe comportato il blocco totale delle opere pubbliche in corso di realizzazione. Il mancato rispetto del Patto di stabilità ha conseguito l'obiettivo di salvaguardare posti di lavoro e contrastare la disoccupazione in un momento particolare di profonda crisi economica e di seria preoccupazione per la crescente tensione sociale che ne sta conseguendo.
Tale mancato rispetto è dovuto anche alla scelta del comune di Sestu di non dover sopportare un aggravio di oneri finanziari per il mancato pagamento dei lavori eseguiti e contabilizzati nei termini previsti dalle disposizioni vigenti.
L'applicazione delle sanzioni richiamate nei commi 20 e 21 dell'articolo 77-bis della legge finanziaria per il 2009 comporta la quasi impossibilità per questo comune di chiudere il bilancio per l'anno in corso.
Signor Viceministro, sono convinto che se lei è veramente d'accordo nel dichiararsi favorevole a questo ordine del giorno, sia indispensabile che stabilisca un calendario, per capire quando finalmente potremo dare delle risposte agli enti locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedi. Ne ha facoltà.

MARCO FEDI. Signor Presidente, l'ordine del giorno al nostro esame, sul quale chiedo anch'io di apporre la mia firma, e per il quale chiediamo un voto favorevole dell'Aula, svolge nella premessa alcune considerazioni che ritengo importanti sulla situazione oggettiva degli enti locali al centro di questo decreto-legge. Il generale peggioramento della situazione in cui versano gli enti locali, con una sempre più grave crisi finanziaria ed economica che rischia di limitarne fortemente l'azione, è conseguenza delle scelte politiche del Governo e della maggioranza, ovvero del voto di fiducia e della decisone, quindi, di limitare il dibattito in sede parlamentare; è una conseguenza anche delle scelte legate ai contenuti e al merito dei provvedimenti Pag. 81che approvate. Si tratta di scelte di merito e di contenuto, quindi, ancorate a logiche di appartenenza, di cui oggi il nostro Paese rischia, però, di pagare le conseguenze.
L'esenzione dal pagamento dell'ICI per la prima casa, prevista dal decreto-legge n. 93 del 2008, ha creato una situazione di oggettiva difficoltà per i comuni, con una perdita di gettito a cui non siete riusciti, o non avete voluto, dare una risposta. Non solo non ci siete riusciti con i provvedimenti successivi, ma neanche con la legge finanziaria. Sempre sul tema dell'ICI, siete riusciti anche qui ad inserire una vera e propria discriminazione per i residenti all'estero, come avete recentemente fatto anche per i fondi per l'editoria. Ai cittadini residenti all'estero non si applica l'esenzione ICI sulla prima casa che voi avete voluto, mentre agli stessi si applicava l'ulteriore detrazione ICI introdotta dal Governo Prodi e voluta dalla maggioranza di allora, che poi voi avete abolito. Su questi temi il Governo ha accolto in Aula numerosi ordini del giorno sull'estensione dell'esenzione ICI ai residenti all'estero, mentre dal Ministero dell'economia e delle finanze sono arrivati dei secchi «no» ad ogni ipotesi di esonero. Riteniamo che sia necessario un chiarimento, almeno nella direzione dell'impegno della maggioranza e del Governo a dare una risposta a questo problema. Il Governo ha, inoltre, preso degli impegni nella direzione del superamento dei tanti balzelli che gravano sugli immobili degli italiani all'estero, a partire dalla tassa sulla raccolta dei rifiuti, fino al canone RAI.
Oggi è, però, l'Italia intera che rischia di pagare le conseguenze di queste scelte, se non troviamo una soluzione agli impegni assunti con il Patto di stabilità. Un'ulteriore contrazione della spesa per investimenti porterebbe ad ulteriori tagli alle politiche sociali e di welfare, con la conseguenza di riduzioni nei servizi e di minore attenzione alle famiglie ed alle fasce sociali più esposte alla crisi economica. Una crisi economica che vi chiediamo di affrontare e discutere in quest'Aula e che state allontanando nel tempo con ulteriori gravi conseguenze per il nostro Paese. Il taglio agli investimenti (quando invece le analisi evidenziano che le opere medio-piccole producono un effetto moltiplicatore sia sul sistema economico che sull'occupazione in maniera più significativa e superiore rispetto alle grandi opere infrastrutturali grazie alla diffusione sul territorio) in questo momento contribuisce ulteriormente ad indebolire il nostro sistema economico. Oltre ai vincoli, signor Presidente, che impediscono il proseguimento delle opere già in corso, oltre ai ritardi nell'affrontare la crisi economica e le conseguenze sulla vita di ogni giorno dei cittadini, questa condizione di stallo e di inattività ci caratterizza negativamente anche in Europa e tra i Paesi più avanzati, dove il contrasto alla crisi passa attraverso progetti infrastrutturali locali, l'edilizia popolare e le opere a livello territoriale.
In altri Paesi questi interventi non solo sono previsti, ma ottengono anche forte attenzione e corsie privilegiate, sia per la destinazione sia per l'utilizzo delle risorse. Il dispositivo dell'ordine del giorno, Presidente, chiede attenzione da parte del Governo e un impegno a garantire la totale copertura del minore gettito ICI ai comuni e a predisporre misure urgenti per la ripresa degli investimenti. Vedete, vi è una cosa peggiore che uno Stato centralista: un federalismo incapace di coordinare i centri di spesa con i centri di prelievo, incapace di trasferire responsabilità nella gestione delle risorse.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Fedi.

MARCO FEDI. O, peggio, vi è il federalismo capace di trasferire solo responsabilità senza trasferire risorse.

PRESIDENTE. Onorevole Fedi...

MARCO FEDI. I provvedimenti che dovranno seguire nei prossimi anni nella costruzione di un autentico federalismo fiscale ci chiamano a un impegno oggi che possiamo iniziare con l'approvazione di questo ordine del giorno.

Pag. 82

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanelli. Ne ha facoltà.

PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, vorrei rivolgermi soprattutto al Viceministro Vegas che segue, ormai da anni, con molta assiduità le tematiche che riguardano gli enti locali, e credo sia bene a conoscenza e ben consapevole della fase di grave e difficile situazione che stanno attraversando i comuni e le province (ma i comuni in modo particolare). Vede Viceministro, questo ordine del giorno vuole sicuramente rimediare al fatto che noi abbiamo perso un'altra occasione con questo decreto, perché le nostre proposte e i nostri emendamenti andavano nel senso di potere affrontare, non dico risolvere, ma quanto meno attenuare il peso di questa crisi che attanaglia gli enti locali. Così non si è voluto ed è un'occasione persa. Però questo ordine del giorno ci permette di rimettere la questione all'attenzione, ci permette di affrontare quella che ormai è diventata una gravissima emergenza della finanza locale.
Già ne abbiamo parlato altre volte e il Viceministro Vegas lo sa bene. Noi abbiamo presentato già mesi fa una mozione - a primo firmatario Franceschini anche allora - in cui chiedevamo e proponevamo di rivedere il Patto di stabilità. Non dicevamo niente di eversivo, ma riprendevamo le posizioni e le richieste che venivano dall'ANCI e dalle altre associazioni del mondo delle autonomie locali. Allora si approvò in modo unitario un documento - la mozione - e si disse che bisognava davvero metterci le mani. Sono passati mesi e mesi e questo non è stato fatto. La situazione si è ulteriormente aggravata, si è ulteriormente appesantita. Oggi siamo davvero di fronte ad una situazione di reale insostenibilità per la finanza locale. Lo dicono con chiarezza i dati. Già è evidente che i comuni hanno contribuito al miglioramento dei conti pubblici nel periodo 2004-2008 per oltre due miliardi e 500 milioni di euro, che vale il 50 per cento del miglioramento complessivo della pubblica amministrazione se teniamo conto degli investimenti; cioè in sostanza il peso della manovra di contenimento della spesa pubblica e del rientro dal debito è stato scaricato in grandissima parte sui comuni, sugli enti locali. Oggi questo porta ad una situazione che non regge più, anche perché la manovra economica prevede ulteriori e gravi impegni dal punto di vista finanziario che porteranno, nei prossimi bilanci, i comuni ad avere un'enorme difficoltà a mantenere il loro livello di impegno nei servizi, oltre che ad una consistente e ulteriore riduzione dell'impegno negli investimenti.
L'ordine del giorno in esame vuol dire questo: riconosciamo questa situazione e diciamo esplicitamente che riconosciamo l'esigenza di un intervento straordinario. Con questo ordine del giorno ci si impegna tutti quanti, e noi siamo contenti che anche la maggioranza abbia detto di votare a favore di questo ordine del giorno perché tutti quanti in questa Aula - e ci auguriamo che così sia anche per il Governo - ci impegniamo a tornare qui con una proposta, che dovrà fare il Governo, di una manovra straordinaria che consenta di dare finalmente una reale e concreta risposta ai comuni e agli enti locali italiani.
Di questo bisogna essere consapevoli. In conclusione, ritengo che non basta dire. Non vorrei che fosse questo l'ordine del giorno che non si nega a nessuno, si vota e poi si va avanti facendo finta di nulla. Sbagliereste davvero, Governo, sbagliereste davvero come maggioranza. Infatti oggi anche gli amministratori del centrodestra, anche i sindaci del centrodestra o della Lega sanno che così non si può più andare avanti. Per questo vi chiediamo di mantenere l'impegno che qui prenderemo approvando quest'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Non vi sono altri interventi sull'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11.
Passiamo dunque ai voti. Pag. 83
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Franceschini n. 9/3146-A/11, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Conte... tutti i colleghi che sono in aula hanno votato? Onorevole Berardi... onorevole Mosella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 453
Votanti 439
Astenuti 14
Maggioranza 220
Hanno votato
431
Hanno votato
no 8).

Prendo atto che i deputati Tempestini, Ruggeri, Cesa, Zampa, Scilipoti, Monai e Lanzillotta hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Onorevole Borghesi, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/3146-A/21, accettato dal Governo?

ANTONIO BORGHESI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Questo ordine del giorno suona in qualche modo, se vogliamo, un po' beffardo rispetto a tutto quanto è avvenuto in questi giorni. Dico questo perché è un ordine del giorno che attiene proprio alla questione del procedimento elettorale. Vorrei, dunque, che non accadesse che fosse emanato qualche decreto-legge interpretativo quando quel procedimento elettorale è aperto. Forse è meglio che ci pensiamo prima e lo dico con grande serenità.
Devo anche dire che quando, nel corso della discussione sulle linee generali, ho posto questo problema il collega relatore ha detto in qualche modo che il problema è stato risolto. Il collega Calderisi mi ha detto: «No, guarda che è stato risolto tutto perché abbiamo inserito un emendamento». Vorrei spiegare un attimo qual è il problema. Il problema è il seguente: modificandosi il numero dei consiglieri nelle province ed essendo il procedimento elettorale basato su un numero di collegi per ciascuna provincia pari al numero dei consiglieri da eleggere è evidente che il cambiamento del numero dei consiglieri comporta una modifica nel numero dei collegi e, quindi, della loro dimensione spaziale per numero di elettori votanti nel collegio. Dunque è chiaro che prima che si vada ad una nuova elezione in quella provincia è necessario che si riveda il numero dei collegi per adattarli al nuovo numero che il decreto-legge definisce per quanto riguarda i consiglieri provinciali.
È altresì evidente che questo non è un procedimento che si fa in quattro e quattr'otto perché richiede una serie di valutazioni da un certo punto di vista geografico, ma anche legate al numero degli elettori, posto che tutti i collegi devono avere un numero di elettori pressoché simile. Ed è quindi evidente che è un procedimento che ha una sua complessità in sé.
Dunque, il problema che si pone e che giustamente forse ci si è posti è il seguente: se non si arriva secondo il procedimento naturale a definire il nuovo numero dei collegi che accade?
Infatti è evidente che addirittura in una prima versione dell'articolo 2 del decreto-legge in esame non era previsto nulla, il che avrebbe comportato l'obbligo per i partiti di indicare un numero di candidati inferiore al numero dei collegi, se i collegi non fossero stati rivisti. Ciò avrebbe altresì significato davvero una situazione che avrebbe impedito agli elettori di qualche collegio di votare per il partito che essi avevano scelto e questo sarebbe stato certamente un metodo sbagliato e gravemente lesivo del diritto degli elettori di votare per il partito che essi avevano scelto.
Allora si è fatto un intervento che però non è stato fatto con le dovute certezze, perché si dice semplicemente: «in tale Pag. 84caso» cioè in caso di mancata ridefinizione della tabella dei collegi «in deroga all'articolo 14»; è una precisazione che non precisa assolutamente che si fa riferimento al numero dei collegi vecchi e non al numero dei collegi nuovi, come invece dovrebbe essere precisato. L'intento dell'ordine del giorno in esame è dire al Governo di fare una precisazione, al fine di evitare che durante un procedimento elettorale già iniziato si debba fare un decreto interpretativo, con tutto ciò che in questi giorni abbiamo dimostrato può conseguirne (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, noi voteremo a favore dell'ordine del giorno in esame. Vorrei provare a ripercorrere un punto di dissenso politico che abbiamo manifestato nel corso della discussione di tutto il provvedimento nelle Commissioni. Il provvedimento in esame ha inserito, a nostro avviso in maniera del tutto sbagliata, questioni ordinamentali che riguardavano le province, la riduzione del numero dei consiglieri, ma soprattutto la ridefinizione delle circoscrizioni provinciali, materia poco attinente al decreto-legge ma soprattutto che sottrae questo argomento ad un ben più corposo intervento riguardante il provvedimento che abbiamo all'esame delle nostre Commissioni da questa settimana e che riguarda il codice delle autonomie. So bene che le motivazioni apportate dal Governo ed in particolare dal Ministro Calderoli tendevano a fare ancora una volta di questi argomenti, così come era avvenuto con un comma introdotto nella legge finanziaria, una discussione completamente astratta e sbagliata circa la riduzione dei costi della politica e la riduzione del numero dei consiglieri comunali e provinciali. La gravità di quanto è affermato nel comma 2 dell'articolo 2, che prevede la rideterminazione entro il 30 novembre del 2010 delle circoscrizioni regionali e la diminuzione conseguente in ogni caso, anche se non si provvede alla ridefinizione della circoscrizione da parte dei consiglieri, crea una di quelle classiche situazioni su cui forse occorrerebbe una norma di tipo interpretativo. Dico questo perché ci troveremmo di fronte ad un elemento di questa natura: le liste dei partiti - che sono uninominali - potrebbero presentare tanti consiglieri quanti sono da eleggere oppure, trovata la scorciatoia, presentarsi solo in quei collegi per cui è stato stabilito il numero da eleggere, lasciando gli altri collegi privi di qualsiasi candidato. Siccome in questi giorni si parla di vulnus alla democrazia ed alla possibilità dell'esercizio del proprio voto da parte dei cittadini, questa norma così come concepita nel decreto-legge diventa esattamente uno di quegli elementi che non solo non garantisce la certezza del voto dei cittadini, ma addirittura permette alle stesse forze politiche di presentarsi in maniera del tutto arbitraria nella competizione elettorale.
È del tutto evidente che non chiediamo solo un impegno a rendere la norma più chiara e più decisa, dando la certezza della procedura elettorale, ma soprattutto saremmo interessati ad avviare una discussione.
Vorrei ricordare un fatto ai colleghi, compresi quelli dell'Italia dei Valori, che sono stati promotori di un provvedimento concernente l'abolizione delle province (che l'Assemblea discusse, rinviando, poi, il prosieguo del dibattito). In questa Camera, abbiamo affermato di non voler discutere dell'eventuale soppressione delle province, perché, a nostro avviso, è sbagliato introdurre un provvedimento che segue una critica esterna e non si sviluppa, invece, all'interno della cornice istituzionale.
Vorrei ricordare a me stessa e all'Assemblea che la nostra Costituzione ha equiparato i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni allo Stato: sono tutti equipollenti. Dovevamo decidere - era, e resta questo il compito del Codice delle autonomie - quali fossero le funzioni e come, all'interno di esse, si determinassero le risorse. Pag. 85
Con un intervento realizzato attraverso il decreto-legge in oggetto, abbiamo, invece, realizzato un'operazione esattamente inversa: quella di non discutere delle funzioni fondamentali, ma semplicemente di limitarci, di nuovo, ad un atteggiamento propagandistico che fa male gli enti locali, alla democrazia e, soprattutto, ad un modo di legiferare che, così facendo torna ad essere confuso e sbagliato. Non vorremmo essere complici, anche in questa situazione, di norme di cui, poi, si chiederà a qualcun altro un'interpretazione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SESA AMICI. L'interpretazione non è mai soggettiva, è un fatto politico, ma proprio per questo, il Codice delle autonomie deve tornare ad essere la sede propria in cui si discutono le funzioni e gli impegni relativi alla ridefinizione dei collegi circoscrizionali.
Credo che questo sia lo spirito con il quale appoggiamo l'ordine del giorno in oggetto e chiediamo all'Assemblea di votare a suo favore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, chiedo di poter aggiungere la mia firma all'ordine del giorno in oggetto, che condivido, perché ha un significato profetico: sembra quasi aver percepito una certa rilassatezza nella percezione di ciò che può accadere nei meccanismi elettorali da parte del Governo e, ovviamente, da parte della maggioranza che lo sostiene. È un ordine del giorno profetico perché tende ad avvertire il Governo e la maggioranza che, in materia di procedimenti elettorali, è necessario porre estrema attenzione.
Certo, se avessimo immaginato quanto si è verificato a Roma e in Lombardia, avremmo predisposto per voi, poco tempo fa, un ordine del giorno con cui avremmo invitato il Governo e la maggioranza che lo sostiene a stare attenti nella presentazione delle liste elettorali; ad arrivare, cioè, per tempo, secondo l'orario previsto dalla normativa vigente, a presentare le liste, e non a presentare firme fasulle. Ma non potevamo immaginare questo, non potevamo arrivare fino a tanto, a pensare che questo Governo e questa maggioranza, a causa di dissidi interni, potesse arrivare a compiere pasticci così grandi.
La conseguenza dei pasticci è che cercare di eliminarli, come è stato fatto, con un provvedimento di interpretazione autentica, aggiunge pasticcio a pasticcio, anzi, aggiunge illegalità al pasticcio. Abbiamo letto con attenzione questo decreto-legge inutile: avreste potuto risparmiarvelo. È un decreto-legge inutile, ma anche estremamente pericoloso, perché la sua filosofia è la seguente: il Governo e la maggioranza che lo sostiene, attraverso un fasullo provvedimento di interpretazione autentica, possono interferire ed intervenire nei procedimenti elettorali in corso e, soprattutto, nelle determinazioni degli organi di garanzia. Ciò, da un lato, al fine di cancellare e porre nel nulla le decisioni assunte, e dall'altro lato, al fine di condizionare gli altri organi di garanzia, che devono occuparsi delle questioni nel grado successivo di giudizio.
Questo è un precedente pericolosissimo, perché chiunque sia al Governo e faccia parte della maggioranza volesse poi, successivamente, utilizzare questo strumento deformato, potrebbe porre in essere un pericolo molto grave: ossia, chi comanda, chi svolge una funzione esecutiva di Governo e praticamente controlla il Parlamento, attraverso questo strumento potrebbe controllare anche i procedimenti giurisdizionali e di garanzia, in questo modo fornendo anche l'interpretazione della legge.
Capiamo cosa ciò possa significare, tra un primo e un secondo grado di giudizio: di fronte ad una sentenza sgradita, il potente di turno che comanda potrebbe dire di no, potrebbe affermare che l'interpretazione data in quella sentenza è errata e che l'interpretazione giusta è un'altra, in questo modo vanificando una Pag. 86decisione giurisdizionale e imponendo all'organo successivo di gravame, che se ne deve occupare, il compito di fornire un'interpretazione della legge.
Ecco, quindi, l'intrinseca pericolosità - oltre che inutilità - del procedimento che avete posto in essere, ed ecco, quindi, la necessità che noi abbiamo sentito, come Italia dei Valori, di mettervi sull'avviso, per farvi capire che, in materia di procedimenti elettorali, bisogna essere estremamente rigorosi, occorre pensare prima, e non dopo, alle cose.
Per questo motivo, vi diciamo di stare attenti, perché questo può essere uno degli strumenti ulteriori di contestazione: non vorremmo poi, domani, trovarci di fronte ad una contestazione o ad una situazione per cui, a fronte di una decisione a voi sgradita - essendo stati esclusi dalla competizione elettorale per responsabilità vostra - interveniste con un'altra legge cosiddetta di interpretazione autentica, mentre in realtà si tratta di una legge che tende ad eliminare le decisioni precedenti e, quindi, sostanzialmente anche ad interferire pesantemente sui rapporti tra i poteri costituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fogliardi. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, ancora una volta ci troviamo di fronte ad un provvedimento dove è netta e chiara l'intenzione del Governo di pensare solo ad un impatto comunicativo, privo di qualsiasi sostanza. L'articolo 2 prevede infatti che, con riguardo al numero dei consiglieri provinciali, si provveda entro il 30 novembre 2010 a varare nuove tabelle per il loro ridimensionamento e che, in ogni caso, anche laddove ciò non fosse possibile, si provveda comunque ad una riduzione.
Si tratta dell'ennesima vendita al mercato rionale o alla fiera annuale della burla: si propone la novità e poi ci si accorge del bidone. Si sbandiera la notizia di migliaia di consiglieri comunali in meno, senza affrontare però la problematica di fondo, perché manca la volontà e anche perché questa maggioranza non è in grado di affrontare un serio confronto su questa materia, soprattutto per le profonde divisioni al proprio interno.
È auspicabile che il Governo adotti un provvedimento utile a restituire certezza alla procedura elettorale che è stata indicata, scongiurandone le conseguenze negative. In particolare, anche sul piano dell'interpretazione, sarà utile che il Governo chiarisca per bene non solo a quali collegi intenda riferirsi, ma anche le procedure vere e proprie che intende seguire. Infatti, se con tempi così lunghi e procedure ben note abbiamo assistito in questi giorni alle sceneggiate e farse a tutti ben note, figuriamoci cosa accadrebbe in mancanza di provvedimenti chiari e certi, a meno che, ripeto, non ci si trovi di fronte all'ennesimo spot elettorale del Governo, di impatto populista, senza alcuna reale volontà di arrivare alla soluzione del problema.
Il pressappochismo con cui il Governo vara questi provvedimenti lascia molta preoccupazione e non pochi punti interrogativi.
A cosa si punta? Dove si vuole arrivare? Il disonore e l'impasse che il nostro Paese sta dimostrando in questi giorni è disarmante. L'incertezza e la paralisi in cui state ponendo le regole dello Stato democratico è allarmante. Volete far rassegnare il Paese, mortificarlo e abituarlo alle vostre regole, ma noi non ci stiamo. Noi siamo fedeli al monito di Don Primo Mazzolari che ci ha insegnato che non è vero che ci si abitua a stare male, è vero invece che quando la miseria ha il colmo, c'è sempre qualcosa che aiuta a non cadere in fondo. Ora, anche se è vero che al peggio non ci sono limiti, noi vogliamo pensare che la miseria nella quale ci avete portato sia arrivata al colmo e che quanto prima arrivi qualcosa per non farci cadere in fondo. Anche per questi motivi, chiedo di apporre la firma su questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci ritroviamo a discutere di un ordine del giorno di natura elettorale quando tristemente oggi in Commissione affari costituzionali abbiamo iniziato l'esame del decreto-legge della vergogna «salvalista PdL». Questo salto indietro ci fa capire che questa maggioranza non è molto abile nell'affrontare la materia elettorale, perché già affrontando la questione elettorale relativa ai collegi provinciali era caduta in una confusione che con questo ordine del giorno cerchiamo di rimediare.
L'articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, prevede che la rideterminazione dei collegi elettorali delle province avvenga entro il 30 novembre 2010. Innanzitutto, dobbiamo lamentare un fatto gravissimo: in campagna elettorale quasi tutti i partiti si sono dichiarati favorevoli all'abolizione delle province e hanno introdotto il concetto dell'abolizione delle province nei propri programmi, ma poi soltanto l'Italia dei Valori, fruendo della riserva riconosciuta alle minoranze, è riuscita a portare in questa sede la proposta di legge di abolizione delle province, che prontamente quasi tutta l'Assemblea è stata d'accordo nel rimandare in Commissione.
Ci troviamo, quindi, a parlare di un ente inutile che avremmo ben visto sostituito dai comuni e dalle unioni dei comuni, a proposito delle quali seguirà un ordine del giorno anche a mia firma: si tratta di uno strumento utile e di sinergia, purtroppo sottofinanziato, quindi chiederemo con un altro ordine del giorno che ai servizi che le unioni dei comuni possono offrire vengano assicurate maggiori risorse finanziarie. Come dicevo, avremmo visto bene una ripartizione dei poteri e delle competenze delle province tra i comuni, le unioni dei comuni e le regioni, ma tant'è, ci ritroviamo a parlare di province. Almeno siamo riusciti a ottenere la riduzione dei consiglieri, con una conseguente riduzione dei costi della politica, un maggiore snellimento e una maggiore funzionalità di questi enti, ma il pasticcio c'è.
Circa le nuove tabelle che devono essere realizzate entro il 30 novembre, voi stessi prevedete che potrebbero non essere approntate e, se così fosse, si provvederebbe comunque alla riduzione dei consiglieri.
Come ciò sia possibile non è dato sapere se non - mi viene in mente - con una formula che sarebbe una beffa per i candidati, cioè lasciando il numero di candidati oggi previsto e assegnando poi i seggi soltanto in ragione del 20 per cento in meno. Ciò significherebbe far correre delle persone con un certo tipo di aspettativa e poi deludere tale aspettativa, sia dell'elettorato passivo, sia di quello attivo.
Francamente non ci fidiamo fino in fondo delle rassicurazioni che ci sono state date relative al fatto che queste tabelle verranno realizzate in tempo utile e, quindi, chiediamo che venga adottato un provvedimento utile a restituire certezza alla procedura elettorale indicata, scongiurando anche l'eventualità di conseguenze negative, e di offrire un'interpretazione univoca rispetto ai collegi cui intende riferirsi la deroga introdotta.
Come già ha affermato un collega in precedenza - e voglio ribadirlo anche io - ho notato che nella parte dispositiva di questo ordine del giorno si parla di interpretazione univoca. Non vorremmo ritrovarci con un altro decreto-legge interpretativo quando la procedura...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DAVID FAVIA. ...quando la procedura elettorale fosse già iniziata. Pertanto, saremmo ben lieti dell'accoglimento di questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aniello Formisano. Ne ha facoltà.

ANIELLO FORMISANO. Signor Presidente, in realtà con questo ordine del giorno si tenta di far diventare certezza in materia elettorale quello che da un po' di Pag. 88tempo è diventato aleatorio nella nostra produzione normativa. Dico nostra produzione normativa intendendo per nostra quella del Parlamento. In realtà, nella produzione normativa della maggioranza si ipotizza addirittura, all'articolo 2 di questo provvedimento legislativo - e questo è il fatto grave -, che vi possa essere una mancata ridefinizione di una tabella in base alla quale si prevede il numero dei consiglieri provinciali eletti dopo la consultazione elettorale. Questo alla faccia della certezza del diritto, uno dei capisaldi sulla base dei quali l'Italia era stata considerata la patria del diritto stesso.
Il fatto stesso che questa ipotesi possa verificarsi - e cioè che le famose tabelle previste dalla normativa non vengano rideterminate - è previsto dal legislatore stesso, perché si prevede una fattispecie subordinata nell'ipotesi in cui le tabelle non dovessero essere rideterminate a termini di legge e nei tempi previsti. È un fuor d'opera, trattandosi di materia elettorale e trattandosi, quindi, di materia rispetto alla quale si esercitano diritti costituzionali e tutelati, quali quelli dell'elettorato attivo e dell'elettorato passivo.
È ovvio che questo provvedimento interviene in una vicenda sulla quale in campagna elettorale tutti si erano spesi, perché la riduzione delle province, a mia memoria, era diventata un elemento della campagna elettorale di tutte le forze politiche, anche di quelle di maggioranza. Però, nel momento in cui gli impegni elettorali devono essere convertiti in provvedimenti legislativi la maggioranza, stranamente, ha memoria corta e provvede in un modo diverso rispetto ad una propaganda che pure era stata fatta unidirezionalmente e che prevedeva la riduzione tout court delle province.
Ma quel che più è significativo, nella discussione che stiamo sviluppando in queste ore, è che questo modo di legiferare, ancora una volta, ci dimostra la aleatorietà con la quale una materia così delicata viene trattata e disciplinata dall'attuale maggioranza e dall'attuale Governo. Prevedere che possa esservi una mancata ridefinizione di tabelle statuite nel procedimento legislativo in corso è, quindi, prevedere una subordinata, laddove in questa materia subordinate non ve ne dovrebbero essere e, piuttosto, vi dovrebbe essere una certezza giuridica in ordine all'elettorato attivo e a quello passivo.
Concludo, signor Presidente, signor Ministro che non è in Aula, dicendo che questa è la conferma di quello che è avvenuto in questi giorni.
Evidentemente per il Popolo della libertà e le forze di maggioranza discutere, intervenire, legiferare e anche «praticare» leggi esistenti è un qualcosa di estremamente difficile, che non si riesce a comprendere né a realizzare. Quello che è avvenuto in questi giorni ed è oggetto delle cronache quotidiane dimostra esattamente quanto sia improvvisata la gestione della materia elettorale da parte del PdL e delle forze di maggioranza.
Laddove ve ne fosse stato bisogno, con questo testo addirittura prevedete che una norma che voi stessi vi date potrebbe non essere realizzata, per cui prevedete anche una fattispecie subordinata. Ci sembra, signor Presidente, un fuor d'opera rispetto a quello che è uno dei capisaldi del nostro diritto, che conferma che probabilmente la magistratura amministrativa e gli uffici circoscrizionali hanno ragione quando trattano di quello che producete in materia elettorale.
Quindi tutti i provvedimenti che finora vi hanno negato il diritto all'elettorato passivo in alcune regioni evidentemente sono fondati, perché se avete trattato la materia delle liste così come state trattando la materia elettorale de iure condendo significa che siamo proprio agli albori.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANIELLO FORMISANO. Concludo, signor Presidente, dicendo che è talmente interessante e talmente fondato questo ordine del giorno che chiedo di apporre anche la mia firma.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Aniello Formisano. Pag. 89
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, intervengo anch'io in dichiarazione di voto sull'ordine del giorno dell'onorevole Borghesi ed altri per sostenere la richiesta, che facciamo nostra, che il Governo adotti un provvedimento che restituisca certezza alla procedura elettorale sull'elezione del consiglio provinciale. Non è ammissibile che ci sia mancanza di chiarezza in una materia così delicata come quella elettorale.
Le vicende degli ultimi giorni sulla presentazione delle liste in Lazio e in Lombardia dovrebbero indurre il Governo ad una responsabilità e ad un'attenzione particolare in questa materia, e invece sta prendendo l'abitudine di inventarsi leggi ad hoc cucite addosso per sfuggire a responsabilità precise e, tra l'altro, imponendo a questo Parlamento decreti all'insegna del pressappochismo.
Questo provvedimento crea contraddizioni non solo su questo dettaglio elettorale, ma dimostra la mancanza di una strategia globale del Governo sugli enti locali. La stessa materia è stata affrontata prima nella legge finanziaria e poi nel decreto-legge in esame con misure completamente diverse. Si tratta di un decreto-legge, ancora una volta, che affronta in modo improvvisato gli interventi per il funzionamento degli enti locali. Non interviene, ad esempio, a modificare quei vincoli troppo rigidi imposti dal Patto di stabilità, vincoli che non consentono ai comuni di destinare risorse agli investimenti.
In questa situazione ci saremmo aspettati un intervento concreto per dare agli enti locali la possibilità di affrontare, o comunque arginare, una situazione sempre più difficile. Sarebbe stato fondamentale, ad esempio, sospendere le sanzioni previste per il 2009 per quei comuni che non hanno rispettato il Patto di stabilità per lo stesso anno per spese relative ad investimenti.
È assurdo penalizzare i comuni che investono sul territorio e che, a seguito delle sanzioni, saranno costretti a ridurre la spesa totale e gli investimenti. Stiamo parlando di soldi utili a fornire servizi ai cittadini, a realizzare politiche sociali per le fasce più deboli in un momento di grande e diffusa crisi occupazionale, misure di sostegno concrete che sarebbero indispensabili per milioni di cittadini e sulle quali ci saremmo potuti confrontare, forse costruttivamente, se si avesse avuto la possibilità in quest'Aula e nelle Commissioni riunite di dibattere.
Ma il Governo, per la ventinovesima volta, ha posto la questione di fiducia, impedendo lo svolgimento del normale dibattito parlamentare, e questo nonostante i tempi tecnici ci fossero stati, eccome. È chiaro, dunque, che si tratta di una fiducia dettata da ragioni politiche che dimostra la spaccatura all'interno della maggioranza su tutto, anche su un provvedimento in materia di enti locali.
Questo provvedimento non sostiene i comuni e le province in una situazione come quella attuale, in cui potrebbero avere il prezioso compito di contenere gli effetti della crisi, sostenendo in modo particolare le fasce più deboli della popolazione. Eppure, nonostante tutte le difficoltà, molti enti locali hanno comunque destinato ingenti somme per le politiche sociali, aggravando così i loro bilanci già provati dalla inadeguata copertura del mancato gettito derivante dall'eliminazione dell'ICI sulla prima casa.
Sono gli enti locali gli unici a rappresentare un cuscinetto di garanzia per quelle crescenti sacche di povertà che interessano sempre più strati della società. Tradotto nella vita di tutti i giorni, ciò significa meno soldi per l'assistenza agli anziani, nessun aiuto ai cittadini più poveri, nessun aiuto per il rifacimento di scuole, ospedali, strade, che spesso cadono a pezzi o presentano buche enormi. Dunque, potrebbero svolgere una funzione importantissima di veri e propri ammortizzatori sociali, che in più dovrebbero attuare una vera politica anticrisi, con piccoli e immediati investimenti sul territorio.

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PRESIDENTE. Onorevole Garavini, la prego di concludere.

LAURA GARAVINI. In parte lo hanno fatto. Basti pensare che, a fronte di un peggioramento del deficit della pubblica amministrazione di quasi 20 miliardi di euro rispetto al 2007, il deficit dei comuni si è ridotto di 1,2 miliardi di euro nel 2008 e di 300 milioni nel 2009. Questo nonostante ci fosse stata la scelta sbagliata del Governo sull'abolizione dell'ICI.
Ci troviamo di fronte, dunque, ad un decreto-legge confuso, approssimativo, che prevede il taglio del numero degli amministratori locali per pura propaganda elettorale. Si tratta cioè di un provvedimento che è lo specchio di una politica cieca ed arrogante, fatta a colpi di decreti-legge e voti di fiducia, che non risolve i problemi reali del nostro Paese e, anzi, ne mette in serio pericolo il futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gatti. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, penso che a questo punto il senso dell'ordine del giorno sia risultato chiaro dagli interventi che mi hanno preceduto. Tuttavia, vorrei leggere solo una piccola parte perché dà il senso di questo provvedimento: «Con riguardo alle tabelle delle circoscrizioni dei collegi provinciali per l'elezione del consiglio, la disposizione contenuta nell'articolo 2 prevede la loro rideterminazione entro il 30 novembre 2010, ma anche ove le nuove tabelle non fossero approntate si provvederebbe comunque alla riduzione dei consiglieri».
Penso che questo sia un modo di intervenire furioso con un pregiudizio altissimo rispetto agli enti locali e soprattutto un modo centralistico di grande invadenza rispetto alle comunità locali. È come se si volesse riproporre, anche in questo provvedimento, la lotta contro i grandi sprechi, individuando propri negli enti locali i punti principali di questo spreco. Il punto è, signor Presidente, che gli sprechi non si annidano là e i dati appena letti, per esempio dall'onorevole Garavini, lo dimostrano in modo esplicito.
Un provvedimento del genere però fa una cosa ancora peggiore: si assume la responsabilità di cavalcare l'onda populista e demagogica contro la politica, mettendo a carico degli enti locali una serie di responsabilità. Non vi è dubbio che bisogna razionalizzare, ridurre i costi, per esempio quelli relativi agli apparati di indirizzo politico degli enti locali (comuni, province e regioni), ma gli ultimi casi di cronaca di cui ci siamo occupati, anche in quest'Aula non molto tempo fa, ci dicono che sprechi, corruzione e forme di corruttela si annidano anche in organismi e organizzazioni di carattere nazionale e centrale. I giornali in questi ultimi giorni ne sono pieni. Cavalcare l'onda contro gli enti locali dimostra soltanto che questa maggioranza e questo Governo sono animati da uno spirito assolutamente centralistico e - mi viene da dire - per niente federalista.
A proposito, in questo momento fuori da questo palazzo, non molto lontano su via del Corso, ci sono i lavoratori dell'Eutelia. Loro sono vittime di una forma di malgoverno e corruzione di un'azienda privata.
Si trovano in una condizione allucinante per cui sono nove mesi che non percepiscono lo stipendio, lavorano ma non sono in cassa integrazione né possono usufruire degli ammortizzatori sociali. Il tribunale ha rimandato al 30 di questo mese una possibile sentenza relativa al commissariamento dell'azienda.
Ci rendiamo conto di cosa sta succedendo? Anche in quel caso noi abbiamo una situazione privata, che dovrebbe avere tutte le caratteristiche dell'efficienza e della funzionalità, che mantiene dentro competenze altissime e che invece è il luogo di corruttele e di malversazioni. Noi abbiamo anche una seria difficoltà ad intervenire, perché c'è tutto un mondo che aleggia attorno a Eutelia, un mondo fatto di poteri forti e anche un po' oscuri. Forse quest'Aula, se la finisse di discutere di provvedimenti utilizzando solo gli ordini Pag. 91del giorno, potrebbe affrontare problemi di questo tipo e potrebbe per esempio dare delle risposte ai lavoratori, evitando di farli restare per nove mesi senza nessun tipo di sostegno al reddito.
Questa è una responsabilità che tutti portiamo, maggioranza e opposizione, per cui esprimo grande solidarietà verso i lavoratori di Eutelia, però vorrei anche un grande impegno. In Commissione lavoro noi abbiamo definito, maggioranza e opposizione, su proposta dell'opposizione, un piccolo provvedimento che dispone piccole misure sugli ammortizzatori sociali: un fondo per affrontare la questione relativa ad Eutelia e anche l'aumento dei mesi di cassa integrazione; si affrontano così i problemi relativi alle aziende più grandi di questo Paese. Nello stesso provvedimento c'è un intervento per gli ammortizzatori sociali e un pezzo relativo anche all'agricoltura.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIA GRAZIA GATTI. Mi faccia dire un'ultima cosa, Presidente. Fuori da quest'Aula oggi c'erano anche i floricoltori di Viareggio, chiedevano una serie di cose ma erano anche molto arrabbiati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Gatti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacomelli. Ne ha facoltà.

ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, colleghi, potrei dire che questo ordine del giorno si propone di evitare il rischio di pasticci elettorali, ma temo che sarebbe eccessivo e riduttivo insieme. Eccessivo perché non intervenendo sul consumo compulsivo e inopportuno di panini non può garantire fine in fondo il risultato; riduttivo perché attiene anche al ruolo e alla funzione delle assemblee. Il decreto introduce, come è stato illustrato, il rischio di un'aleatorietà, di un'incertezza, senza un atto successivo, nell'elezione dei consiglieri provinciali. Parliamo cioè delle tabelle elettorali per l'elezione del consiglio provinciale e capisco quanto questo tema vi possa apparire minore o risibile. Si rischia cioè una discrasia fra eletti ed eleggibili. Non ci si risponda per favore che basterà un decreto interpretativo per portare certezza, prove recenti sconsigliano di fare affidamento sulla capacità del Governo di intervenire con una qualche efficacia nel merito.
Eppure questa approssimazione non è episodica, non è casuale, è frutto di una concezione che in modo crescente esalta nell'ente locale la funzione esecutiva a discapito del momento assembleare: una concezione che privilegia un illusorio decisionismo efficientista e che riduce il confronto, il dialogo, l'approfondimento ad una pura perdita di tempo. La stessa riduzione del numero dei consiglieri è un ammiccamento alla demagogia dell'antipolitica, non è una ragionata analisi sulla rappresentatività e sul rapporto fra i territori, la comunità e l'assemblea eletta.
Il collega Castagnetti ci ha ricordato stamani con molta efficacia l'articolo 5 della Costituzione, dove si riconosce il valore delle autonomie locali.
Il riferimento, però, non è e non può essere solo al momento decisionale della scelta, soprattutto se immaginiamo questo come un solitario atto di imperio. Le assemblee sono e rimangono il luogo centrale del confronto, del dialogo e della rappresentanza di culture e posizioni diverse, che non temono il confronto, ma si riconoscono nella comune attitudine alla ricerca del bene comune e dell'interesse generale.
Se la concezione dell'ente locale si svuota di queste idee centrali, tutto quello che rimane è uno scontro di gruppi per la gestione di un potere fine a sé stesso, ed è questo che apre la strada alle degenerazioni delle lobby o delle cricche, come oggi meglio si dice.
Infine, nell'approssimazione con cui si affronta, anche per gli enti locali, la regolazione della normativa e della procedura elettorale, vi è tutta un'insofferenza, nemmeno celata, per le norme, le regole, le forme, le procedure, tutto quello che per voi è un optional del sistema democratico Pag. 92e che ne è, invece, fondamento. Senza regole condivise vi è solo lo scontro e l'affermazione del più forte; senza norme che regolino l'esercizio dei diversi poteri la forza della maggioranza diventa arbitrio e dominio.
Signor Presidente, questo non è che un ordine del giorno; peraltro, credo che la maggioranza lo voterà, perché non siete certi nemmeno dei numeri in quest'Aula. Ma pur affrontando un tema specifico e particolare, esso ribadisce un concetto generale: dopo le «città da bere» abbiamo la «politica del fare».
Noi non cerchiamo la contrapposizione, ma non ci convincerete del fatto che la cura delle istituzioni, il rispetto delle regole e il senso della responsabilità possano essere sostituiti con degli slogan (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grassi. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI. Signor Presidente, intervengo su un ordine del giorno che chiede una maggiore razionalità e trasparenza sulla riduzione dei collegi provinciali. In alcune zone d'Italia questa riduzione ha provocato veri scempi, con città divise tra loro e accorpate ad altre città.
Questo è un modo di comprimere l'autonomia della rappresentanza comunale; si tratta, però, della triste conseguenza di un'idea di nazione che contraddistingue l'attuale Governo e che si caratterizza per superficialità, approssimazione, incapacità e lesione dei diritti soggettivi delle persone.
Una riflessione seria, seppur breve, ci impone di sottolineare come gli enti locali siano considerati sempre residuali e minimali; dovrebbero essere, invece, il cuore della nostra Italia. Sono stato sindaco della mia città all'inizio degli anni Novanta: da allora, mentre si parla di federalismo, l'autonomia economica dei comuni ha subito grossi danni e grosse riduzioni.
I comuni sono considerati l'anello più debole: a loro i fondi vengono contabilizzati con il contagocce e spesso gli amministratori comunali si trovano impotenti rispetto ai bisogni primari delle persone. Quando si tratta di tagliare, si tagliano i bilanci dei comuni.
Il Governo Berlusconi, che si caratterizza per l'esaltazione dei grandi eventi, poi colpisce i piccoli eventi: quegli eventi che sono vicini alla sofferenza e alla vita dei cittadini; quegli eventi che riguardano i servizi sociali, le disabilità, i trasporti e l'assistenza alle famiglie meno abbienti.
Sono tutte materie che toccano la persona ed il cittadino debole. La logica di tutto questo sta nella visione economicistica del Governo, il quale si preoccupa molto poco delle persone e si preoccupa approssimativamente e superficialmente della riduzione del debito pubblico.
Questo Governo si muove con una scure che colpisce indistintamente tutti i comuni, quelli che possono spendere e quelli che non possono spendere; poi fa delle leggi che finanziano e ripianano debiti di alcuni comuni amici.
Il comune andrebbe esaltato. Siamo l'Italia dei piccoli e dei grandi comuni, siamo l'Italia che va dalla Sicilia all'Alto Adige, con le differenza peculiari dei singoli comuni, che dalla vostra politica e dal vostro Governo vengono mortificati. Il comune, nella logica del Partito Democratico, deve avere piena centralità: non esiste federalismo senza l'autonomia e l'esaltazione dei comuni. Assistiamo purtroppo ad un neocentralismo normativo ed economico, che porterà alcuni piccoli comuni d'Italia a scomparire. Quando questi comuni saranno stati soffocati dalla vostra rigida logica economica, voi avrete fatto un danno non ad un'entità astratta, ma a delle persone: soffocando i piccoli comuni si fa male all'Italia, soffocando i comuni si comprime l'autonomia del cittadino, che guarda al comune come ente locale più vicino, come l'ente locale che dovrebbe dare le risposte. Tutto ciò non avviene; e voi a colpi di fiducia andate avanti, come il treno di Cassandra Crossing, non sapendo che quel treno vi porterà all'autodistruzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 93

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Signor Presidente, con l'ordine del giorno in esame si solleva una questione seria, estremamente delicata, visto che l'articolo 2 del decreto-legge prevede entro il termine del 30 novembre 2010 la ridefinizione delle tabelle delle circoscrizioni relative ai collegi per il rinnovo dei consigli provinciali, contemplando altresì che comunque, a partire dalla tornata elettorale del 2011, sarà operativa e diventerà vigente la prevista riduzione del numero dei consiglieri provinciali. Ciò, con una subordinata estremamente strana, che non può non suscitare fondate e gravi preoccupazioni: il decreto-legge stabilisce che comunque le elezioni provinciali, a partire dalla tornata del 2011, si svolgeranno con un numero ridotto di consiglieri, anche nell'ipotesi in cui non avvenga la ridefinizione delle tabelle delle circoscrizioni elettorali. Si determina così una condizione che potenzialmente può dar luogo a gravi incertezze e confusioni in una materia estremamente delicata e rilevante come quella elettorale; è una disposizione, questa, generica, approssimativa e incerta, espressione del resto di una tendenza a legiferare, che sempre più è ricorrente e frequente da parte del Governo, in modo assolutamente superficiale, confuso, sconcertante, ed in quanto tale produttiva di pesanti riverberi negativi. La tendenza a legiferare in tal modo è ancora più grave, perché interviene su una materia come quella elettorale, che è assolutamente fondamentale e primaria per il funzionamento del sistema democratico, dell'ordinamento costituzionale; materia nella quale il Governo proprio in questi giorni ha dimostrato, con il cosiddetto decreto-legge «salvaliste», di porre in essere una prova colossale di arroganza istituzionale, a cui si unisce anche una non meno colossale incapacità legislativa, incapacità di comprendere il rispetto di uno dei principi più sacri e fondamentali dell'ordinamento costituzionale, il riparto cioè dei ruoli e delle competenze legislative fra lo Stato e le regioni. Il tutto in una legislatura in cui sempre di più Governo e maggioranza sbandierano il vessillo del federalismo, e poi danno prova così incredibile ed evidente di non rispettare nemmeno le prerogative costituzionali delle autonomie regionali.
Il decreto-legge in esame è anche l'occasione per una riflessione più ampia, doverosa sulla situazione degli enti locali, che sono stati colpiti duramente e pesantemente dalle politiche seguite dal Governo in questi primi due anni di legislatura. Abbiamo una situazione nella quale il deficit pubblico nel 2008 e nel 2009 è cresciuto e cresce in maniera vertiginosa, mentre invece il deficit degli enti locali si contrae e diminuisce.
Questo significa che le politiche di contenimento del disavanzo pubblico colpiscono soltanto gli enti locali, vanno a gravare soltanto sui comuni e sulle province, costretti ad una situazione sempre più difficile da sostenere e da gestire. Inoltre, a seguito della soppressione dell'ICI sulla prima casa non vi è stato il recupero integrale del relativo gettito per i comuni di oltre 300 milioni di euro per l'anno 2008, mentre assistiamo a tutta una serie di tagli pesanti e continui nei trasferimenti ai comuni con i vincoli asfissianti ed irragionevoli del Patto di stabilità interno.
Si prevede per il triennio 2009-2011 una contrazione della spesa totale a carico degli enti locali del 10 per cento; siccome la spesa corrente è difficilmente contraibile nella condizione degli enti locali, è evidente che tale vincolo colpirà pesantemente e diminuirà fortemente le spese per gli investimenti (per di più, crescono sempre di più i residui passivi mentre gli impegni di spesa non si possono onorare a causa dei vincoli insuperabili, ciechi ed irragionevoli del Patto di stabilità).
Così voi colpite contemporaneamente il sistema delle autonomie locali e dei comuni ma anche il sistema delle imprese, sempre più strette in una tagliola: da un lato, vi sono infatti i vincoli del Patto di stabilità che ritardano a dismisura i pagamenti, Pag. 94dall'altro, diventa difficile per i soggetti privati onorare nei termini, a seguito della crisi economica sempre più grave, i pagamenti dovuti (e sempre più forti diventano invece i vincoli che il sistema del credito pone a carico delle imprese).
Ma ancor di più, voi impedite costantemente ai comuni - e con questo decreto-legge perdete l'ennesima occasione - di esercitare ogni ruolo attivo e propulsivo per contenere la crisi, per avviare un suo superamento o quanto meno una sua attenuazione: gli impedite infatti di finanziare quelle opere e quelle infrastrutture per le quali i progetti sono già pronti e cantierabili.
Signor Presidente, la politica del Governo - e concludo - si caratterizza per colpire indistintamente in più direzioni: da un lato, le famiglie, dall'altro, il sistema del lavoro e dei giovani precari, dall'altro ancora, le imprese e il lavoro autonomo. State sempre di più mettendo in ginocchio il mondo delle autonomie locali e dei comuni: questa è la vostra devastante e negativa politica per il Paese, ma gli elettori lo comprenderanno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Forgia. Ne ha facoltà.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, voglio anch'io sottolineare nuovamente che questo ordine del giorno, come è già stato detto, si propone di evitare che ad una scelta che non possiamo condividere - quella ossia di concedere all'antipolitica il taglio e la riduzione delle rappresentanze locali per fare una cassa abbastanza misera di 250 milioni di euro - si aggiunga una conseguenza preoccupante, il fatto cioè che la necessaria ridefinizione dei collegi in cui viene suddiviso il territorio provinciale (ridefinizione che è necessaria in vista della copertura dei seggi assegnati a ciascuna provincia) non avvenga tempestivamente.
Molti colleghi lo hanno già detto, ma per non sentirmi del tutto «maramaldo» ricorrerò alla figura della reticenza e non dirò che la nostra preoccupazione è legittimata dal fatto che il principale partito della maggioranza ha dimostrato un'attitudine alquanto approssimativa nell'approcciarsi alle regole del procedimento elettorale; e non dirò che anche il Governo ha dimostrato una certa brutalità, anziché quella necessaria ricerca del consenso, per tentare di risolvere un problema sicuramente grave nel Lazio ma che non poteva, come purtroppo si è dimostrato, essere risolto con quell'approccio.
Il problema del tutto evidente è naturalmente quello di una piena espressione e di un pieno esercizio della sovranità popolare. Stiamo impiegando - e chiedendo all'Aula di impiegare - questo tempo per ragionare attorno a questi ordini del giorno e a questo decreto-legge attraverso una forma che lo speaker del partito di maggioranza, del Popolo della Libertà, ha definito un ostruzionismo addirittura a 360 gradi.
Non vi è dubbio che nel nostro comportamento vi sia la volontà di reagire ad atti che consideriamo di prepotenza, ma vi è anche, e oserei dire persino di più, la volontà di mostrare e di esibire tutta l'attenzione e il peso che attribuiamo alla materia di cui si occupa questo decreto-legge, ovvero il peso e il valore delle attività delle amministrazioni locali. Siamo convinti che, se esiste una necessità ed un'urgenza in questo momento è, prima di tutto, quella di permettere agli enti locali di pagare i debiti che hanno nei confronti di piccole e medie imprese e di avviare quella molteplicità di opere pubbliche che, certo, non sono grandi opere, ma hanno una rilevanza ed un'efficacia sul processo dell'economia assolutamente centrale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO LA FORGIA. Naturalmente, capisco che una maggioranza e un Governo che predicano contro un'opposizione parolaia la forza del fare abbiano l'ambizione di fare grandi cose. Ma siamo in tempi in cui molte cose, anche relativamente piccole, possono produrre grandi Pag. 95effetti. Tali misure, certamente, non fanno notizia. Certamente restaurare, mettere in sicurezza, migliorare la condizione di scuole, servizi, impianti pubblici su tutto il territorio nazionale non ottengono né la prima, né la terza pagina dei giornali, ma evitano anche che si debbano leggere notizie drammatiche come quella che abbiamo dovuto leggere un anno fa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) in cui i giovani...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole La Forgia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Laganà Fortugno. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA LAGANÀ FORTUGNO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non si può non riconoscere l'importanza di questo ordine del giorno che si prefigge lo scopo di restituire certezza e chiarezza alle procedure elettorali locali soprattutto in questo periodo. Altresì, però, non si può non riconoscere l'importanza del disegno di legge sugli interventi a favore degli enti locali e delle regioni. Tuttavia, proprio per gli stessi motivi, il provvedimento non deve essere liquidato senza i necessari approfondimenti e discussioni. Sembra, invece, che anche in questa circostanza, peraltro seguendo una linea comportamentale adottata sin dall'inizio della legislatura, il Governo voglia chiudere in fretta e anche con una certa approssimazione, ovvero senza tenere in debito conto le reali esigenze del Paese. Con l'attuale Governo, i comuni si sono trovati ad operare in un contesto fortemente vincolato dalla limitazione alle entrate e dai tagli dei trasferimenti erariali, a fronte del blocco delle aliquote dei tributi locali, fino alla completa attuazione del federalismo fiscale. Il decreto-legge n. 93 del 2008, convertito dalla legge n. 126 del 2008, ha disposto la soppressione pressoché integrale dell'imposta comunale sugli immobili considerati abitazione principale, da compensare mediante incremento dei trasferimenti erariali ai comuni. Come più volte denunciato dal centrosinistra, la copertura disposta dal decreto-legge n. 93 di 2 mila e 604 milioni di euro è del tutto insufficiente a compensare gli introiti dell'ICI.
Con specifico riferimento al 2010, il mancato rimborso del minore gettito dell'ICI ammonta a circa 925 milioni di euro. Vi è poi da considerare che i comuni sono ancora gravati da vincoli draconiani stabiliti per il Patto di stabilità dalla manovra 2009.
Infatti, nel DPEF 2009 - 2011 il contributo a carico dei comuni per il risanamento dei conti pubblici è stato fissato complessivamente in un miliardo e 340 milioni di euro per il 2009, un miliardo e 39 milioni di euro per il 2010, e un miliardo e 775 milioni per il 2011, per un totale di 4 miliardi e 145 milioni di euro. La riduzione dei trasferimenti erariali, il taglio ICI non compensato e il blocco dell'autonomia impositiva costringono ad operare essenzialmente attraverso risparmi di spesa, una spesa in tempi di crisi e di recessione che deve far fronte però a una crescente domanda di servizi social, all'aumento dei costi, ai rinnovi contrattuali. Paradossalmente la parte più flessibile della spesa resta quella in conto capitale che subisce inevitabilmente severe decurtazioni con evidenti effetti sugli investimenti delle amministrazioni locali, sulla congiuntura economica, sull'inefficienza dei servizi, sul deterioramento delle strutture, anche di quelle destinate a fornire servizi essenziali per la comunità come le scuole. Tenuto conto di quanto appena detto, se esiste una necessità e un'urgenza è proprio quella di consentire agli enti locali di pagare i debiti che hanno nei confronti delle piccole e medie imprese, che nel nostro Paese costituiscono una ricchezza sia in termini di produttività che di occupazione, e che invece, in carenza di liquidità di fondi, non riescono a continuare la loro attività.
Un'altra questione urgente che riveste un'importanza significativa è quella poi di dare avvio a quelle opere pubbliche indispensabili per l'educazione, la salute, le attività sociali e sportive della popolazione, da privilegiare rispetto ai grandi progetti, Pag. 96alle opere, in primis il ponte sullo Stretto. Malgrado anni di studi e 200 miliardi di vecchie lire spesi per il progetto si è ancora di fronte ad un'elaborazione lacunosa rispetto ad aspetti essenziali e rilevanti. Tengo a sottolineare che da studi effettuati da università di eccellenza il costo stimato del ponte si attesta intorno ai sei miliardi di euro, e l'analisi costi - benefici dimostra che il segno positivo si verificherà a partire dalla fine del XXI secolo. Per cui - concludo Presidente - sono tutti questi i problemi che hanno cominciato a gravare in maniera sempre più pesante sulle famiglie dei meno abbienti (dalla classe operaia degli artigiani ai titolari delle piccole e medie imprese). È ora di dare una svolta nelle scelte della politica, è ora che il Governo cambi direzione aiutando veramente chi ha bisogno, attraverso un congruo finanziamento agli enti locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Laratta. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, intervengo anch'io sull'ordine del giorno in esame, e approfitto per parlare della situazione degli enti locali, situazione molto grave, ma è altrettanto grave il fatto che noi siamo costretti a parlarne qui alla Camera all'interno di un decreto-legge, quindi senza alcuna reale possibilità di approfondire la complessa e difficile condizione in cui si trovano gli enti locali stessi. Gli enti locali sono fortemente indeboliti dai tagli della legge finanziaria e sono costretti ad affrontare l'emergenza sociale ed economica senza mezzi, senza risorse, e vivono in una condizione di marginalità visto che il Governo nazionale ne limita sempre di più i mezzi, le risorse, i trasferimenti diretti e indiretti. Ecco perché c'è urgente bisogno di ridisegnare i compiti e le funzioni degli enti locali (dei comuni, delle province), e di capire qual è il loro ruolo nel sistema politico istituzionale nazionale. Ma questo Governo invece di cercare insieme a noi, insieme al Parlamento, una soluzione complessiva e generale sugli enti locali pensa solo di risparmiare qualcosa, ben poco per la verità, tagliando qualche assessore e qualche consigliere comunale e provinciale. Me lo consenta signor Presidente, è davvero una cosa meschina soprattutto visto che nel frattempo il Governo nomina nuovi ministri, nuovi viceministri e, proprio l'altro ieri, quattro nuovi sottosegretari. Nel frattempo comuni e province sono chiamati ad affrontare le emergenze senza risorse, senza mezzi. Ne approfitto anche per segnalare come in queste ore in molte regioni italiane i sindaci sono chiamati a far fronte alle emergenze per il maltempo nelle province, così come sta accadendo adesso in Calabria, dove si affronta una situazione molto difficile e dove il Governo deve ancora rimborsare ai comuni 15 milioni di euro della seconda ordinanza di protezione civile per gli eventi alluvionali dell'inverno 2008-2009 (un fatto veramente grave).
Dico questo per sottolineare quanto sia necessario ed indispensabile il ruolo dei comuni e delle province nelle emergenze, ma dico questo per ricordare al Governo che non ci si può servire degli enti locali solo nelle emergenze. Degli enti locali ci si deve ricordare sempre. Non ci si può ricordare solo quando si fanno le leggi finanziarie e solo quando si tratta di fare tagli per gli sprechi della pubblica amministrazione. Secondo noi i veri tagli di non vanno effettuati sui comuni e sulle province. Ben altrove sono gli sprechi, ben altri sono gli enti inutili che sprecano e che dovrebbero essere fortemente ridimensionati. Ma, come noi sappiamo, questo Governo è sempre più forte con i deboli: taglia gli assessori comunali e qualche consigliere provinciale e aumenta il numero dei componenti del Governo. Per gli enti locali dopo i tagli decisi dal Ministro Tremonti con le manovre finanziarie la situazione è gravemente peggiorata. Tagli non solo diretti alle risorse per la finanza locale, ma anche indiretti: quelli al fondo sociale, diretti alla diminuzione dei trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali, a cui va aggiunta Pag. 97l'inadeguata copertura del mancato gettito derivante dalla soppressione dell'ICI sulla prima casa.
Il quadro è aggravato ulteriormente dalla crisi finanziaria ed economica in atto che ha portato alla diminuzione delle entrate proprie e degli enti locali: ICI, addizionale IRPEF, oneri di urbanizzazione, imposte quali la pubblicità con l'effetto di mettere in crisi gli equilibri di bilancio dei nostri comuni. Le regole fortemente restrittive del Patto di stabilità interno inoltre impediscono a gran parte dei comuni di poter effettuare investimenti e pagamenti alle imprese che hanno effettuato lavori aggravando così lo stato di crisi in cui versa il Paese. L'attuale normativa a livello nazionale sugli enti locali viola la Costituzione che riconosce e promuove le autonomie locali. Quali sono dunque la necessità e l'urgenza degli enti locali? Altro che tagliare qualche assessore o qualche consigliere comunale! La copertura integrale, totale a favore degli enti locali del minor gettito derivante dall'abolizione dell'ICI sull'abitazione principale, l'abolizione delle sanzioni previste per il mancato rispetto del Patto di stabilità interno, la possibilità anche per i comuni come già previsto per i ministeri di provvedere al pagamento dei residui passivi concernenti le spese per gli investimenti e la costituzione di un fondo a livello nazionale per promuovere gli investimenti degli enti locali pronti ad aprire cantieri. L'eliminazione del vincolo che impedisce l'utilizzo degli avanzi di amministrazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Laratta.

FRANCESCO LARATTA. Ecco, signor Presidente, noi volevamo parlare di tutte queste cose in questa sede per poter discutere insieme sulla condizione degli enti locali, che sono il primo fronte di lotta alla povertà e il primo fronte di argine alla crescita del disagio economico e che non possono essere trattati come una Cenerentola del nostro Stato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Levi. Ne ha facoltà.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, l'ordine del giorno che stiamo esaminando tratta il problema delle procedure per le elezioni nelle province italiane e nelle premesse si leggono queste parole che cito testualmente: «l'aleatorietà cui vengono esposte le candidature»; si parla di «scarsa ratio cui viene esposta una disposizione di legge in materia elettorale» e nel dispositivo «si impegna il Governo ad adottare un provvedimento utile a restituire certezza alla procedura elettorale» e si conclude affermando che si propone di «offrire un'interpretazione univoca in riferimento a quali collegi intende riferirsi la deroga introdotta».
Ebbene, parlando prima di me, il collega La Forgia ha detto che non voleva essere maramaldo. Riesce difficile tuttavia leggendo queste semplici parole non pensare a ciò che in questi giorni il Governo ha fatto occupandosi di elezioni nella provincia di Roma. Evidentemente quando le questioni elettorali si incrociano con le competenze delle province e con le questioni elettorali questo Governo tende a far pasticci. Tende a fare gravi pasticci e tende, quale che sia l'impianto ideologico che lo sostiene, a riconoscere ben poco la dignità, il rispetto e l'autonomia degli enti locali alla faccia di un federalismo a parole che non trova riscontro nella realtà.
Ma se di realtà vogliamo parlare e dunque di numeri, guardiamo i numeri duri della finanza pubblica, che ci dicono che nel 2008 - la fonte è l'Istituto nazionale di statistica - a fronte di un peggioramento del deficit della pubblica amministrazione di quasi 20 miliardi di euro rispetto al 2007, il disavanzo dei comuni nel medesimo periodo si è ridotto di 1,2 miliardi. Cresceva dunque il disavanzo pubblico di 20, calava quello dei comuni di 1,7. Nel 2009 - non sono dati dell'ISTAT, che ancora non sono disponibili, ma dati dell'ANCI - a fronte di un ulteriore peggioramento del saldo delle pubbliche amministrazioni di 35 miliardi di euro, i Pag. 98comuni prevedono un miglioramento ulteriore di 300 milioni. Tutto ciò vuol dire una cosa molto semplice: a fronte del ciclone che ha investito l'economia italiana, il Governo - lo sappiamo bene, però i numeri cantano e ce lo dicono con grande chiarezza - ha deciso una cosa molto facile e molto semplice, cioè quella di non fare nulla, aspettando che fossero gli altri Paesi a tirarci fuori dalle difficoltà e scaricando tutto il peso dell'assistenza per la ripresa dell'economia o comunque dell'assistenza per far fronte alle difficoltà di chi più aveva bisogno sugli enti locali e sui comuni. Dunque, si vede che vi è, non voglio dire una regia, ma di certo una coerenza molto forte nell'attività di questo Governo e della maggioranza che lo sostiene, sia quando si tratta di affari dell'economia sia quando si tratta di questioni elettorali.
Il fatto molto chiaro è un'inversione molto forte di tendenza rispetto a quella spinta verso il trasferimento di maggiori responsabilità e di maggiori capacità economiche dal centro alla periferia. Questo è il segno di un Governo che riporta potere verso il centro e che però, riportandolo verso il centro, calpesta le autonomie locali e lo fa in modo scomposto e tale da indurre una sempre più grave incertezza legislativa ed amministrativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo e colleghi, non credo per niente che questo pomeriggio, in un clima che sicuramente è un po' di stanchezza, perché stiamo discutendo su ordini del giorno in maniera diversa da come facciamo di consueto, si stia perdendo tempo, soprattutto non lo penso in particolare rispetto all'ordine del giorno in discussione. Forse, se in quest'Aula riuscissimo a parlare di più delle regole, delle regole che spesso vengono calpestate, diventano desuete e vengono contraddette dalle norme che finiamo per emanare, non sarebbe male ed il risultato potrebbe essere quello di migliorare la nostra legislazione.
Voglio partire proprio da questo, dalle regole e voglio partire da un discorso che sicuramente qualcuno dei sottosegretari presenti che frequenta il Comitato per la legislazione ha sentito più volte fare: lì infatti, proprio per la missione del Comitato per la legislazione, si parla spesso delle regole. Quello in esame è un decreto-legge che è nato proprio male, a parte il fatto e la circostanza che avere posto la questione di fiducia non ha prodotto il risultato di affrettare i tempi di approvazione, come è sotto gli occhi di tutti, quindi dovremmo capire anche perché è stata posta la questione di fiducia. Dico che è un decreto-legge nato male perché contiene una normativa eterogenea e soprattutto perché in realtà, a conti fatti, soprattutto in riferimento ad alcune norme specifiche, mancano assolutamente tutti i presupposti di un decreto-legge. La norma dell'articolo 2 è sicuramente una delle norme rispetto alle quali manca questo requisito, perché peraltro la caratteristica più immediata e più leggibile di questa norma è che si tratta di una normativa che non ha immediata applicazione: a voler considerare che l'iter procedurale sia quello previsto, come minimo questa norma dovrebbe comunque entrare in vigore tra un anno.
Nella norma è già previsto che un nuovo provvedimento - un decreto del Presidente della Repubblica - dovrebbe rimodellare le tabelle delle circoscrizioni e dovrebbe essere emanato entro il 30 novembre. Comunque, la norma dovrebbe entrare in vigore a partire dalle future elezioni provinciali e, quindi, dalla tornata elettorale del 2011. Dunque, non si capisce quale sia l'urgenza che porta ad introdurre, attraverso un decreto-legge, una normativa che non è di immediata applicabilità.
Un'altra questione balza subito agli occhi e dovremmo sottolinearla di più, soprattutto in Aula, per migliorare i rapporti, perché, a volte, bisognerebbe concordare Pag. 99almeno sulle regole. Il provvedimento in oggetto interviene su una normativa pregressa, non nel senso di «antica»: esso interviene - modificando e, in parte, integrando, in altri punti - sulla normativa introdotta dalla legge finanziaria.
La legge finanziaria è approvata a fine dicembre ed entra in vigore all'inizio dell'anno successivo: il provvedimento in esame è di gennaio. Pertanto, non si capisce come si possa entrare così in conflitto con le norme che si emanano, per cui prima si parla di riduzione degli assessori comunali e provinciali, e poi, con una norma successiva si introducono elementi temporali diversi e si amplia anche la riduzione, parlando dei consigli provinciali e non più dei consigli comunali.
Nel fare tutto ciò, si entra in conflitto anche con un'altra normativa, che è, addirittura, contemporanea a quella che stiamo discutendo. Infatti, la Carta delle autonomie, che dovrebbe essere la riforma delle riforme - e che, sicuramente, è l'argomento più importante che in questo momento è in discussione, per esempio, nella Commissione di cui faccio parte, cioè la Commissione Affari costituzionali -, prevedeva tutt'altro.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DORIS LO MORO. Siamo di fronte ad una normativa strana, che entra in vigore con immediatezza perché è oggetto di un decreto-legge, ma modifica le carte in tavola ed una normativa che è oggetto anche di ben altri due provvedimenti, l'uno immediatamente precedente e l'altro, addirittura, coevo.
Dico questo perché la ragionevolezza vorrebbe che sui provvedimenti non si dovesse continuamente tornare, soprattutto a distanza di così poco tempo. Il provvedimento in oggetto, inoltre, è irragionevole sotto altri punti di vista. Credo che parlarne diffusamente in Aula, in queste ore, sia non solo tecnicamente, ma anche politicamente corretto, perché non si può dire oggi che sia eccessivo...

PRESIDENTE. Deve concludere.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, il tempo è volato! Come dicevo, con riferimento alla materia elettorale, è sotto gli occhi di tutti che si tratta di un provvedimento che, anziché introdurre delle regole certe, introduce una procedura che è oggetto di successive integrazioni e che, comunque, ha in sé un elemento di incertezza inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Losacco. Ne ha facoltà.

ALBERTO LOSACCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo affrontando, in modo parziale e contraddittorio, una materia così importante per la vita dei cittadini qual è il funzionamento degli enti locali.
Sino ad ora, il Governo ha proposto all'Assemblea la questione dell'ordinamento degli enti locali in quattro diversi modi: prima, con alcune norme contenute nella legge finanziaria; poi, con altre disposizioni contenute nella proposta sulla Carta delle autonomie; ancora, con altre norme previste nella struttura iniziale del provvedimento in oggetto; infine, con le norme contenute nella versione definitiva.
Emerge chiaramente che, in tutti questi passaggi, il Governo ha avuto come unico punto di riferimento l'impatto comunicativo. L'obiettivo è sempre stato quello di cavalcare l'onda populistica e demagogica contro la politica, scaricandola tutta a carico degli enti locali. I quattro «pacchetti» proposti dal Governo in modo così scoordinato, segnalano quanto il Governo ha cercato di conquistare le pagine dei giornali con la notizia di migliaia di consiglieri comunali in meno, senza mai cercare di affrontare seriamente i problemi esistenti in modo efficace e coordinato.
In sede di discussione della legge n. 42 del 2009, il Partito Democratico ha sostenuto che non si poteva approvare tale provvedimento senza porre in essere, contemporaneamente, il codice delle autonomie. Finalmente, il Governo, seppure in ritardo, ha presentato una proposta di Pag. 100codice delle autonomie, ma ancora una volta, non ci si concentra su di essa, ma si inseguono provvedimenti spot utili solo alla buona propaganda, specialmente in periodo elettorale. Sicuramente è necessario razionalizzare e ridurre i costi di autoamministrazione, come quelli degli apparati di indirizzo politico e degli enti locali e regionali.
Non vi è dubbio, però che - anche alla luce dei recenti avvenimenti - cattiva gestione, sprechi e corruzione possono trovare ampi spazi anche negli organismi centrali e nazionali.
Inoltre, non bisogna dimenticare che i comuni e le province stanno contribuendo, più di tutti, al risanamento della finanza pubblica: basti pensare che, nel 2008, hanno ridotto il loro indebitamento netto di 1 miliardo e 200 milioni di euro, incrementati di 300 milioni di euro nel 2009.
La situazione finanziaria per province e comuni è ormai al collasso e questo avviene anche in un momento di crisi, quando invece sarebbero provvidenziali gli investimenti dei comuni: investimenti di piccola entità, ma di immediata fattibilità, come ad esempio le manutenzioni straordinarie per le scuole.
Con questo provvedimento, emanato in assenza della Carta delle autonomie, si afferma l'idea sbagliata che tutte le comunità d'Italia sono uguali, grandi o piccole che siano, situate in zone urbane o in campagna, che abbiano risorse o siano in difficoltà economica. Ci troviamo di fronte ad un decreto-legge - urgente per definizione - che va nella direzione opposta al tanto sbandierato federalismo.
Questo Governo considera urgente decidere a Roma, con voto di fiducia, quanti debbano essere gli assessori nei comuni e nelle province, così come eliminare i difensori civici nelle circoscrizioni nei comuni al di sotto dei 250 mila abitanti. Se si vuole davvero razionalizzare e risparmiare, la soluzione non è quella di colpire gli enti locali adottando provvedimenti schizofrenici.
Con questo decreto-legge, il Governo dimostra che la vita e il funzionamento degli enti locali è lontano dall'essere oggetto di attenzioni costruttive. Se non fosse così, il Governo avrebbe affrontato in questo provvedimento, a loro intitolato, il principale del problema degli enti locali: ossia, il fatto che essi sono bloccati dalle regole ormai fuori registro, imposte dal Ministro dell'economia e delle finanze, le quali impediscono ai sindaci (anche a quelli che, grazie ad una gestione oculata, hanno i bilanci in attivo) di pagare i debiti che la pubblica amministrazione ha accumulato verso chi svolge le necessarie attività per garantire e mantenere efficienti i servizi ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, con l'ordine del giorno Borghesi n. 9/3146-A/21 si propone all'attenzione dell'Aula un problema specifico affrontato dall'articolo 2 del decreto-legge: la ridefinizione delle tabelle delle circoscrizioni dei collegi provinciali.
Così come altre questioni inserite propagandisticamente nel pacchetto di riduzione dei costi della politica, tale questione è stata sottoposta ad un iter di approvazione talmente confuso (che abbiamo chiamato schizofrenia legislativa) da produrre un risultato necessariamente confuso e contraddittorio, frutto di interventi legislativi non coordinati tra loro e non rispondenti ai principi fondamentali in materia di enti locali, a cominciare dalla leale collaborazione tra Stato e autonomie locali, dall'autonomia statutaria e da quella organizzativa dei comuni e delle province.
Sarebbe stato possibile ottenere un risultato migliore e più coerente se la maggioranza e il Governo avessero seguito il percorso virtuoso avviato con l'approvazione della legge delega al Governo n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale, da abbinare al Codice delle autonomie, peraltro presentato solo di recente e con grave ritardo.
In questo quadro, gli interventi imposti nell'ambito della legge finanziaria con il Pag. 101voto di fiducia in materia di riduzione del contributo ordinario agli enti locali, ottenuto tagliando il numero degli assessori e dei consiglieri, vengono contraddetti e superati dai contenuti di questo decreto-legge, sul quale è stata nuovamente posta la questione di fiducia, eludendo la questione centrale che riguarda l'ordinamento delle autonomie e la finanza locale, ossia il rapporto tra comuni, province e Stato centrale, nonché l'autonomia fiscale e le regole del Patto di stabilità interno.
Pensate a quanti cantieri sarebbe possibile attivare, se si sbloccasse quella grande massa di risorse - calcolate dall'ANCI nell'ordine di 44 miliardi di euro - che oggi sono inutilizzabili da parte dei nostri comuni e che darebbero un contributo fondamentale in funzione anticrisi. Invece, il Paese deve continuare a pagare il prezzo di quella manovra triennale di tagli indiscriminati, avviata con il decreto-legge n. 112 del 2008, a cui il sistema degli enti locali ha dato un contributo determinante e in percentuale ben maggiore a quella del complesso della pubblica amministrazione.
Così, mentre si è indebolito il quadro degli interventi degli enti locali in campo sociale ed economico, soprattutto sotto il profilo degli investimenti, si è consolidata una legislazione «tampone» e di emergenza che attraverso decreti-legge ed ordinanze ha evidenziato sempre più un'idea di Stato centralizzato e aziendalizzato che mette in capo a sé stesso l'esercizio di funzioni - come si voleva provare a fare con la Protezione civile Spa o come si è fatto con la Difesa Spa - che gli enti locali, invece, devono affidare ai privati nel campo dei servizi pubblici locali.
Con questo ordine del giorno vogliamo mettervi in guardia: fate attenzione, perché in materia elettorale i pasticci sono all'ordine del giorno e ne sapete qualcosa.
Per questi motivi, se anche è giusto pensare di poter ridurre consiglieri e collegi elettorali, bisogna però garantire la rappresentanza territoriale, evitare procedure approssimative e ricondurre con certezza in capo agli elettori la scelta dei propri rappresentanti. Non servono deroghe, ma certezze. Evitiamo di affidare ai tribunali la soluzione dei problemi, ma preveniamoli con una buona legislazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Borghesi n. 9/3146-A/21, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Pelino, l'aspettiamo... onorevole Di Virgilio... onorevole Rossi, non si faccia male... onorevole Orlando Andrea... onorevole Codurelli... onorevole Gatti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 393
Votanti 378
Astenuti 15
Maggioranza 190
Hanno votato
352
Hanno votato
no 26).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Piffari n. 9/3146-A/22, accettato dal Governo.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, perché insisto per la votazione? Stiamo affrontando un decreto-legge che è un provvedimento di emergenza che scadrà nei prossimi giorni, alla fine di marzo, cioè prima delle elezioni. Se esso dovesse decadere, quindi se il Parlamento non dovesse convertirlo in legge, ci Pag. 102troveremmo, in decine o centinaia di città d'Italia, a non sapere più se abbiamo presentato delle liste per la candidatura alle elezioni corrette o no, perché dovremmo far riferimento a quanto deliberato con la legge finanziaria per il 2010 e quindi ridurre il numero dei consiglieri comunali.
Anche a questo riguardo abbiamo, di fatto, cambiato alcune regole in corsa, perché a gennaio sapevamo già che a fine marzo si sarebbero svolte le elezioni. Al di là di questo particolare, però, vorrei concentrarmi sulla questione affrontata dal presente ordine del giorno, le unioni di comuni.
Con questo provvedimento cerchiamo di stimolare le unioni di comuni. Già circa venti anni fa il legislatore intuì questa modalità con un obiettivo ben preciso: ridurre il numero dei piccoli comuni, che rappresentano un costo sul territorio italiano, agendo in linea con quanto già fatto da altri Stati in Europa, come la Francia e recentemente anche la Svizzera. Il fatto, però, che gli incentivi, che venivano previsti per realizzare le unioni di comuni fossero finalizzati a che dopo dieci anni le unioni si trasformassero in un unico comune non ha mai fatto partire questo sostegno.
Rimosso successivamente tale vincolo, anche attraverso gli incentivi economici che le regioni sul territorio concedevano affinché partissero le unioni, finalmente alcune unioni hanno cominciato a costituirsi e a produrre anche risultati soddisfacenti.
In realtà, abbiamo visto che alcune unioni di comuni, specialmente dei piccoli comuni, sono insignificanti, perché si sono costituite e strutturate come propri enti semplicemente per gestire, magari in forma associata, i piccoli cimiteri o i campi di calcio e, quindi, con poco risparmio e, anzi, con un aggravio della spesa.
In alcuni casi - e ancora oggi, purtroppo, resistono - le unioni dei comuni si sono sovrapposte alle comunità montane. Queste ultime oggi non sono più prese in considerazione da parte dello Stato italiano o, perlomeno, non vengono più finanziate. In realtà, però, rientrando ormai nella materia di competenza delle regioni, esse tuttora resistono e in alcune regioni purtroppo - lo ripeto - si sovrappongono alle unioni di comuni.
Oggi prendiamo atto di alcuni interventi, su proposta del Ministro Calderoli, compresi anche nel provvedimento, che spero arrivi presto in Aula, sulle autonomie locali, laddove si va a stimolare l'obbligo di unioni ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Sto per terminare, signor Presidente. Unioni, quindi, sotto i 3.000 abitanti, nei comuni piccoli. L'ordine del giorno impegna il Governo a fare in modo di individuare una fascia di popolazione sufficiente - che indichiamo, nelle premesse dell'ordine del giorno, in almeno 20 mila abitanti - per dare corpo e sufficiente forza alle unioni dei comuni, affinché non si chiudano su sé stesse e non risultino, anche queste, enti inutili (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, questo ordine del giorno tratta una delle questioni più interessanti che dovrebbe trovare sede nel dibattito sulla carta della autonomie locali e testimonia come questo decreto-legge, che reca misure urgenti per gli enti locali e le regioni, in verità non affronta le questioni più importanti, che sono all'ordine del giorno nel sistema dell'autonomia locale. Tra queste senza dubbio vi è la lotta alla frammentazione, cioè la piena attuazione dell'articolo 118 della Costituzione che, al primo comma, prevede che oltre al principio di sussidiarietà, oltre al principio di differenziazione (per far sì che i diversi livelli istituzionali non si pestino i piedi) vada promosso, con decisione, il principio di adeguatezza, in modo che per far fronte all'esercizio di funzioni fondamentali gli Pag. 103enti locali si debbano associare. Questa è una questione fortemente innovativa e dinamica del sistema che, tuttavia, non viene assolutamente toccata e che trova, anche nelle recenti disposizioni finanziarie di questo Governo un assoluto disinteresse. Dove sono gli incentivi per favorire le unioni dei comuni?
Il secondo aspetto che mi sembra giusto rilevare, anche in difformità rispetto a quanto detto ora dal collega, è che mi sembra paradossale che se dobbiamo spingere nella direzione dell'unione dei comuni poi si siano messe in discussione, con un'azione pervicace e direi quasi persecutoria, le comunità montane, che sono l'unica vera forma associativa preesistente. Inoltre, non dobbiamo dimenticare la centralità della questione montana, vale a dire che la maggioranza del territorio italiano è montano e che la sua tutela e la sua valorizzazione è una prerogativa che compete allo Stato, a norma dell'articolo 44 della Costituzione.
Non vi è dubbio che nella direzione della promozione di queste forme associate, che saranno un elemento innovativo del sistema delle autonomie locali, decisivo sarà il ruolo delle regioni. Tuttavia, decisive saranno anche la modalità con cui organizzeremo queste unioni. Su questo aspetto, appunto, registro un altro elemento di debolezza di questo decreto-legge. Pensate che mettere insieme più comuni sia soltanto una questione di sommatoria di servizi o non pensiamo, invece, che si tratta anche di reingegnerizzare questi servizi e di ridisegnarne l'organizzazione?
Allora la norma che prevedete, di mettere un tetto a 100 mila abitanti per la previsione di un direttore generale, credo che alla fine danneggerà l'organizzazione di unioni di comuni orientate davvero all'efficienza, alla managerialità, all'organizzazione funzionale dei servizi migliori per la nostra collettività.
Da questo punto di vista credo che tutto il vostro decreto-legge, in verità, sia ispirato ad una filosofia che non possiamo accettare. Non prendete in esame i veri problemi delle autonomie locali, rubricate le questioni delle autonomie locali ai costi della politica, avete fatto un decreto sulla corruzione prendendo un pezzo del codice delle autonomie e ce lo avete attaccato.
Per voi, sostanzialmente e alla faccia della Lega Nord, gli enti locali o sono inefficienti, o sono corrotti, o sono un costo, o sono corrotti, e credo che francamente questo non corrisponda alla realtà delle autonomie locali del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIOVANNI CUPERLO. Bravo Giovanelli!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, questo è un ordine del giorno che riguarda le unioni dei comuni ed è certo che esse siano da favorire per raggiungere quell'economia di scala che si ottiene attraverso la gestione associata dei servizi e delle attività comunali. Questa forma associativa ha avuto una crescita del 50 per cento nel nostro Paese, però i contributi a favore delle unioni dei comuni rimangono tali e quali a quelli stanziati nell'anno 2003 e questo ci pare un controsenso, visto e considerato che siamo a favore delle unioni dei comuni.
Bisogna, quindi, incrementare i fondi destinati a questa forma associativa. Nel contempo, però, riteniamo, come ha già messo in evidenza l'onorevole Piffari, che sia necessario vincolare la loro costituzione alla dimensione proprio perché, se si vogliono garantire la funzionalità e l'efficacia di questa economia di scala, occorre che gli abitanti serviti siano superiori ai 3 mila previsti (intorno ai 15-20 mila abitanti), se si vuole che ci sia una effettiva previsione di influenza sulla finanza pubblica.
Inoltre, vogliamo far notare che, visto che sono stati previsti nella legge finanziaria solamente 300 milioni di euro per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, e quindi considerato che lo Stato ha Pag. 104destinato briciole alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, riteniamo che, come minimo, sarebbe opportuno escludere dal Patto di stabilità interno dei comuni le spese alle quali i comuni vanno incontro intervenendo su queste strutture, sia per metterle in sicurezza che per la ristrutturazione. Non si può penalizzare un comune che si sostituisce allo Stato e al Governo centrale nella messa in sicurezza delle scuole. Se i comuni lo fanno bisogna premiarli e non penalizzarli.
Inoltre, riteniamo che non bisogna attribuire gli sprechi esclusivamente agli enti locali, perché gli sprechi sono riconducibili a tutte le amministrazioni e quindi anche all'amministrazione centrale e a dimostrarlo è il numero delle auto blu che sono presenti nel nostro Paese. Non si può chiedere agli enti locali di risparmiare e poi ai piani alti si circola con le auto blu. È come se un padre dicesse alla propria famiglia di risparmiare e poi lui viaggia in Ferrari; è troppo comodo.
Dobbiamo tener presente che sono soprattutto i comuni ad aver contribuito al contenimento della spesa pubblica, più delle amministrazioni centrali, e sono i comuni che permettono di lavorare anche con gli investimenti minori, le piccole imprese e quindi riescono a muovere l'economia locale e che sono ancora i comuni che possono offrire soluzioni ai problemi di liquidità delle aziende creditrici. Ecco perché è importante favorire anche l'utilizzo dei residui passivi.
Quindi, gli enti locali hanno subìto in questi ultimi anni una riduzione costante dell'autonomia finanziaria e gli stessi contributi statali alle province e ai comuni sono stati ridotti. C'è da dire che, comunque, noi dell'Italia dei Valori abbiamo sempre sostenuto che sarebbe meglio abolire le province. Quello sì che sarebbe un risparmio per lo Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Di Giuseppe, la prego di concludere.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, concludo subito. Vogliamo ricordare che anche gli enti locali hanno contribuito, con il mantenimento del Patto di stabilità, al contenimento della spesa pubblica. Quindi, il ruolo dello Stato deve essere comunque quello di valorizzare gli enti locali che hanno un compito evidente, che è quello di risolvere i problemi dei cittadini. Quindi, non dobbiamo penalizzare i comuni. Lo Stato deve essere vicino (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

PRESIDENTE. Onorevole Di Giuseppe, la ringrazio...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marantelli. Ne ha facoltà.

DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente, desidero apprezzare l'iniziativa del collega Piffari che, con la presentazione dell'ordine del giorno sull'unione dei comuni, ci invita a riflettere più in generale sul ruolo che sono andati assumendo in questi anni. La storia d'Italia è profondamente intrecciata con quella degli oltre 8 mila comuni. Le regioni hanno quarant'anni e lo Stato celebrerà i suoi centocinquanta di vita l'anno prossimo: i comuni sono il punto di riferimento della nostra straordinaria comunità da secoli. Il prossimo anno, a mio giudizio, il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia deve essere l'occasione per ripensare, partendo dal basso, alla nostra storia e alla nostra identità nazionale. Si tratta di un'identità plurisecolare, ma tuttora percepita come fragile da molti. È tanto cronica, quanto noiosa l'abitudine di alcune culture politiche di contestare, con un secolo di ritardo, il valore di questa realizzazione. Per questo avrei voluto interloquire con mente aperta con il Ministro Calderoli, impegnato in quella che appare una missione impossibile al momento: riformare lo Stato e attuare il federalismo fiscale.
Per talune culture politiche sembra che le difficoltà dell'attualità siano imputabili al Risorgimento e all'indipendenza e non agli sviluppi storici e ai problemi della modernità. Combattere per l'Italia significò anche combattere per le libertà costituzionali, Pag. 105per un sistema rappresentativo basato sulla cittadinanza, sull'uguaglianza di fronte alla legge, per la libertà di coscienza ed espressione, per la scuola laica e gratuita che solo l'Unità poteva garantire. In un tempo nel quale la gran parte delle élite politiche ed economiche appare rapita dalle agenzie di stampa e da Facebook, sento il bisogno di richiamare un dato per esemplificare il concetto che ho appena esposto.
Nel 1861 la percentuale di analfabetismo nel regno delle Due Sicilie era dell'87 per cento. Nello Stato pontificio dell'80 per cento, in Veneto del 75 per cento, ma anche in Lombardia una persona su due era analfabeta. I comuni dall'inizio del secolo e dopo la seconda guerra mondiale sono stati protagonisti di crescita economica, innovazione, diffusione del benessere e della cultura e, con i loro sacrifici, hanno anche contribuito all'apertura internazionale del nostro Paese, facendolo entrare nel gruppo di testa dell'Europa moderna. Vorrei segnalare alcuni dati che possono far riflettere sul portato di queste realizzazioni: nel 1950 solo il 52 per cento delle case italiane era provvisto di acqua corrente, solo il 27 per cento aveva il gabinetto da bagno, solo il 7 per cento il telefono. La spesa di sopravvivenza, cioè l'acquisto di generi alimentari, di una famiglia era pari al 93 per cento del salario. L'inchiesta sulla miseria in Italia, disposta da questo Parlamento nel 1951, rivelò che 860 mila famiglie italiane non si cibavano mai di carne e di zucchero e attribuì la qualifica di «misere» a un milione e 370 mila famiglie. Ripensare al nostro passato, forse può aiutarci a comprendere meglio la società attuale.

PRESIDENTE. Onorevole Marantelli, la prego di concludere.

DANIELE MARANTELLI. Questo decreto-legge sugli enti locali aiuta i sindaci a risolvere i problemi attuali delle comunità? Vorrei che il Governo si ponesse questa domanda onesta: oggi il problema più importante delle famiglie è quello del lavoro. Nella pur ricca e sviluppata Lombardia l'anno scorso si sono perduti 100 mila posti di lavoro.
Nel gennaio in Italia ne sono stati bruciati 370 mila. Allora, rispetto ai bisogni delle persone, come il lavoro, la casa, la scuola, la salute, i problemi come la droga, l'immigrazione, la sicurezza, qual è la possibilità concreta di risposta di un sindaco? Scarsa o nulla. Si dirà che la soluzione a taluni di questi problemi non dipende dal comune ed è giusto, ma è altrettanto giusto riconoscere che per questi temi il sindaco di un comune piccolo e medio diventa il parafulmine obbligato; che sia di destra, del PD, leghista o che guidi una lista civica, la realtà non cambia. Noi voteremo l'ordine del giorno che chiede una gestione più realistica dell'unione dei comuni...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DANIELE MARANTELLI. ...ma voteremo invece contro - e ho concluso, Presidente Lupi - il decreto sugli enti locali perché speravamo che il Governo diminuisse il prelievo centralizzato e la spesa burocratica...

PRESIDENTE. Grazie.

DANIELE MARANTELLI. Ho concluso, poi andremo a vederci la partita. Perché l'Italia ha bisogno di un federalismo per superare il divario che c'è tra nord e sud, ma il federalismo non può essere oggi quello che è stato per i giovani comunisti degli anni Cinquanta il comunismo: un'ingenua utopia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Gioacchino Alfano - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marantelli, ovviamente lei rimarrà fino alla fine della seduta ad aspettare il Presidente.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palagiano. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, il testo legislativo all'attenzione della Camera prevede una serie di norme: Pag. 106ricordiamo la riduzione del numero degli assessori per comuni e province che non dovranno mai superare un quarto dei consiglieri; la riduzione del 20 per cento dei consiglieri comunali; si parla anche degli emolumenti per i consiglieri regionali che non dovranno mai superare quello massimo dei parlamentari europei. Insomma, vi è una serie di norme che hanno come obiettivo la riduzione dei costi della politica.
A nostro avviso questa legge però fa poco rispetto a quello che sarebbe da farsi. Mi spiego. L'Italia è un Paese europeo con un tasso di crescita previsto per il 2010 dello 0,9 per cento rispetto all'1 per cento dell'Europa, al 4,5 per cento degli Stati Uniti, al 7 per cento dell'India e al 10 per cento, addirittura, della Cina. Con tali previsioni è ipotizzabile un futuro G7 che escluda l'Europa tra i Paesi con maggiore benessere per includere, oltre agli Stati Uniti, la Cina, il Brasile, il Messico, l'Indonesia e forse anche la Russia. È necessario quindi per l'Europa, ma specialmente per l'Italia, cambiare rotta ed avviarci verso una vera e sana politica per il cambiamento.
L'Italia è il Paese in cui vi sono circa 300 mila processi a rischio di prescrizione e, anziché incentivare gli strumenti a disposizione della magistratura, si inventa il processo breve. L'Italia è il Paese in cui un chilometro di autostrada, un chilometro di linea ferroviaria per i treni ad alta velocità, costa da due volte e mezzo a tre volte in più della media europea. L'Italia è il Paese in cui abbiamo un parco macchine statali, ministeriali, regionali e provinciali, sterminato: 650 mila autovetture, contro le 75 mila degli Stati Uniti e le 72 mila della Francia. Siamo il secondo Paese al mondo per numero di auto di servizio e spesso sappiamo che fine e che servizi vanno a fare i nostri amministratori.
L'Italia è il Paese in cui, secondo la relazione della Corte dei conti, i costi della corruzione ammontano a circa 60 miliardi di euro e il nostro Governo, anziché pretendere i massimi controlli ed invocare la massima trasparenza, decide di allargare le competenze della Protezione civile anche alle competizioni sportive e ai grandi eventi. Anziché aumentare i controlli, quindi, li sottrae al controllo della Corte dei conti con un piccolo trucco: basta arrivare all'ultimo minuto e scatta il carattere dell'urgenza, scatta l'impiego della Protezione civile, che volevano addirittura privatizzare in una Spa, o meglio in una S.p.a., per non fare confusione.
L'Italia è un Paese con 1.750 miliardi di debito pubblico e che ha il primato europeo di evasione fiscale, con il più alto numero di pirati della strada, che rappresenta il tasso di caduta di civiltà che avvilisce il nostro Paese. L'Italia è il Paese con il maggior tasso di litigiosità condominiale: 730 mila cause con i vicini di casa sono in discussione nei nostri tribunali e richiedono risorse, personale e sedi idonee per le loro celebrazioni. L'Italia è il Paese in cui utilizziamo meno le risorse finanziarie della Comunità europea e quando le si utilizzano lo si fa spesso male e talvolta in maniera fraudolenta.
L'Italia sta diventando, con la politica di chiusura di questo Governo, un Paese provinciale, razzista e omofobo in cui si ha paura per quelli diversi da noi, per il colore della pelle, per il credo religioso e per abitudini che riguardano la sfera privata.
È un Paese in cui non si ammette con estrema franchezza la straordinaria casualità della fede religiosa, perché sarebbe bastato nascere in un Paese differente per professarne un'altra o per avere un colore diverso della pelle. L'Italia sta diventando un Paese intollerante verso le fasce più deboli, i disabili, i carcerati e gli indigenti; un Paese in cui i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri; un Paese che è al ventiseiesimo posto su ventisette - l'ultimo è Malta - in cui la donna occupa posti qualificati o di dirigenza. È un Paese in cui vengono negati i più elementari diritti civili, come si appresta a fare la legge sul testamento biologico, che vede prevalere un concetto religioso della vita in uno Stato che per definizione dovrebbe essere laico. È un Paese in cui tutti sono ammessi a fare di tutto, purché abbiano delle conoscenze politiche. Insomma, state Pag. 107prendendo una serie di misure che non risolveranno il problema dei costi della politica, perché vi saranno altri problemi da affrontare prima (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchioni. Ne ha facoltà.

ELISA MARCHIONI. Signor Presidente, intervengo anch'io su questo ordine del giorno con riferimento a un decreto-legge che prevede i comuni e gli enti locali nel titolo, ma non nel cuore, perché gli enti locali sono il vero front office del rapporto con i cittadini; sono coloro che, pur senza ICI, si sono fatti carico della crisi. Gli enti locali, i comuni, le province e le regioni si sono fatti carico di tutte le difficoltà che hanno vissuto gli italiani nel corso di questi anni: hanno ridotto le tariffe per venire incontro alle famiglie, hanno mantenuto la coesione sociale, hanno distribuito contributi per gli affitti e hanno sostenuto i redditi. Per fortuna c'è la regione: io vengo dall'Emilia Romagna e per fortuna la regione, insieme a province e comuni, ha fatto tutto questo, perché invece il Governo su questo non c'è stato. L'autonomia degli enti locali è riconosciuta dalla Costituzione; infatti, per il Governo, senza trasferimenti statali, hanno potuto autonomamente scegliere cosa tagliare, visto che non vi sono stati altri modi per dare risposte ai cittadini se non quello di scegliere le assolute priorità, tagliando tutto il resto.
Questo ordine del giorno si occupa delle unioni dei comuni e dei piccoli comuni. I piccoli comuni spesso sono il vero presidio dei territori, i luoghi dove l'identità e la tradizione si toccano con le prospettive del futuro. Sono i luoghi dove la cultura, l'artigianato, tutto ciò che abbiamo vissuto sono rimasti e sono un importante presidio, ma vivono un momento di grave difficoltà. Se per i comuni più grandi e più consistenti - nel decreto-legge vi è un aiuto importante per la città di Roma - si riescono comunque ad attivare almeno dei provvedimenti provvisori, per i piccoli comuni a volte è proprio stato difficile in questi anni anche chiudere il bilancio. Sono quelli che vedono a rischio, addirittura, per esempio, l'apertura delle scuole, visto che pende ancora il rischio che le scuole con meno di 50 alunni vengano chiuse.
Le scuole sono a volte il presidio importante della socialità, l'unico luogo che garantisce che anche le famiglie con bambini possano rimanere senza spopolare e abbandonare i territori. Cosa ci si poteva aspettare da questo decreto-legge? Ci si poteva aspettare che il Governo fosse vicino agli enti locali e che, insieme a loro, promuovesse una riforma che davvero rilanciasse l'autonomia e li rinforzasse nell'affrontare tutti i problemi che insieme ai cittadini affrontano ogni giorno; ci si poteva aspettare che, invece di slogan, il Governo attuasse il federalismo fiscale, ad esempio, che è il «Carneade» di questo provvedimento. Il federalismo fiscale, chi era costui? Spesso i piccoli comuni sono proprio i luoghi che scegliamo per le nostre vacanze, perché hanno delle caratteristiche a volte paesaggistiche e ambientali del tutto favorevoli.
Perché, ad esempio, non prevedere nel provvedimento una partecipazione dell'IVA per i comuni turistici? Producono maggiore gettito e ne potrebbero beneficiare, in modo che sia i cittadini sia gli ospiti possano trovare ampliati ed innovati i servizi che vengono loro offerti. Ma di vero federalismo in tutto il decreto-legge non c'è traccia! Ci si poteva aspettare un ripensamento saggio della rigidità del Patto di stabilità, che consentisse ai comuni virtuosi sia di ottemperare ai pagamenti sia di attivare percorsi di investimento, per esempio, su scuola e sanità, anche al di fuori del Patto di stabilità, ma in virtù dei bisogni del territorio. Si poteva pensare al ripensamento della rappresentanza, ma non a colpi di qualche sforbiciata, considerato che parliamo di piccoli comuni in questo ordine del giorno, che vengono colpiti dalla riduzione dei consiglieri e forse, in percentuale, di assessori, quando sono delle figure che si occupano delle comunità locali, a volte con gettoni di Pag. 108presenza di poche decine di euro e a volte facendosi carico di tasca propria di alcune spese proprio per non gravare sui bilanci comunali.
Il decreto-legge è un'occasione mancata, ed è questo un grave peccato: non modifica, risolve, non dà risposte complesse, che vengono invece attese, non valorizza le autonomie. Con esso, gli enti locali sono solo ancora più soli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, siamo ancora ad un voto di fiducia, il ventottesimo, ancora al combinato disposto decretazione d'urgenza più voto di fiducia. Ci eravamo illusi, dopo il voto sul decreto-legge sulla Protezione civile, nel quale era stato possibile discutere in Parlamento e modificare un pessimo provvedimento, lasciandolo ancora negativo ma certamente migliorandolo; invece siamo ricaduti nel clima, quello solito, oscuro di mancanza di rispetto per il lavoro del Parlamento, di mancanza di possibilità di incidere con la nostra attività di parlamentari sull'iter delle leggi. Clima peraltro acuito da una fiducia chiaramente utilizzata come strumento per coprire le divisioni della maggioranza; clima appesantito, e di quanto, dal cosiddetto decreto-legge «salvaliste» che, come si è visto in queste ultime ore, ha sommato al dilettantismo dei presentatori di lista il dilettantismo dei legislatori di Governo.
La cifra del decreto-legge sembra essere l'indifferenza rispetto agli enti locali, in molti passaggi addirittura l'ostilità nei confronti degli enti locali e dei più importanti tra essi, e cioè dei comuni, dei loro bisogni; d'altra parte, questo Governo ha iniziato la propria attività abolendo l'ICI, e facendone pagare per intero il costo agli enti comunali.
Il decreto-legge affronta una serie di questioni la cui urgenza sarebbe tutta da dimostrare, e invece non tocca un'emergenza vera, quella dell'insostenibilità del Patto di stabilità interna, che andrebbe corretto per consentire ad esempio ai comuni virtuosi e che abbiano possibilità di investire in opere pubbliche di medie e grandi dimensioni, di farlo; da tali misure potrebbe anche trarre vantaggio l'impresa, la nostra impresa, la piccola e media impresa, non certo dalla realizzazione del Ponte sullo Stretto.
Ma le cose che serve fare non si fanno, e invece si indulge a misure del tutto propagandistiche. Si pensi al taglio dei consiglieri comunali e di assessori in piccoli comuni: è ben noto che le indennità che tali consiglieri comunali e assessori percepiscono sono assolutamente irrisorie ed insignificanti, e non certo tali da incidere in positivo sulle casse dello Stato.
È stata poi introdotta in I Commissione, accogliendo un emendamento della Lega, la misura di abolizione degli ATO, degli ATO acque e ATO rifiuti: anche in quel caso, con un taglio indiscriminato che non tiene conto delle esperienze positive che in alcune parti del territorio vi sono state. In alcune parti del territorio gli ATO sono stati certamente un fenomeno negativo, soltanto una sovrastruttura inutile, ma in tante altre - penso alla mia Basilicata - hanno funzionato e hanno dato luogo ad esempi di modelli virtuosi di funzionamento di gestione dei servizi. Non si capisce peraltro bene, in tale emendamento, chi debba poi assolvere alle funzioni che oggi sono demandate agli ambiti territoriali ottimali.
Nell'ordine del giorno in esame si chiede poi in particolare di intervenire a favore dei piccoli comuni, di quei comuni che hanno necessità di essere collegati tra di loro attraverso unioni di comuni, comunità locali, per poter svolgere, secondo quanto peraltro previsto dal Codice delle autonomie locali, molte delle loro funzioni in maniera integrata.
Concludo, signor Presidente. Siamo insomma di fronte ad un federalismo a parole e ad un centralismo sempre più bieco, sempre più cieco, sempre più oscuro nei fatti: è per questo che ci opponiamo al decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 109

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marrocu. Ne ha facoltà. No? Bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pierdomenico Martino. Ne ha facoltà (Commenti del deputato Giachetti). Sono molto dispiaciuto, onorevole Marrocu, però parla l'onorevole Pierdomenico Martino. Prego.

PIERDOMENICO MARTINO. Signor Presidente, con l'ordine del giorno in esame stiamo chiedendo al Governo di mettere in condizione i comuni, attraverso l'istituzione di unioni tra loro, di offrire in questo grave momento di crisi migliori e più efficienti servizi ai cittadini.
Invece voi state proponendo al Paese una soluzione diversa che prevede solo ed esclusivamente il taglio delle risorse per i comuni: state affrontando cioè ancora una volta un problema molto serio che affligge il Paese con una ormai consueta fretta ed approssimazione, a cui purtroppo questo Governo ha abituato gli italiani.
Non vi è una strategia, non vi è una proposta seria; si ha la netta sensazione che in alcuni passaggi il Governo abbia pensato solo all'impatto comunicativo dei suoi provvedimenti usando in modo distorto il circuito politica-informazione. Eppure i sindaci, tutti i sindaci, anche i vostri, anche quelli del Popolo della Libertà e della Lega, protestano da tempo perché i cittadini sono in difficoltà.
Questa crisi è difficile anche se continuate a negarlo, anche se i mezzi di informazione pubblici e privati, controllati militarmente da voi, non ne parlano, anche se il Tg1 della RAI e del servizio pubblico evita scientificamente di mostrare la crisi in tutte le sue sfaccettature e in tutta la sua drammaticità, preferendo dedicare in ogni sua edizione metà del telegiornale a divertenti notizie di colore.
Accendere i riflettori sulla crisi appare quindi vietato. Se esiste invece una necessità, se esiste un'urgenza, è quella di intervenire sul Patto di stabilità come da molti mesi chiede con forza il Partito Democratico a questo Governo, è quella cioè di permettere agli enti locali di pagare i debiti che hanno nei confronti di piccole e medie imprese. Se esiste una necessità, se esiste un'urgenza, è quella di avviare o di sbloccare tutta una serie di micro opere pubbliche che non hanno nulla a che vedere con i grandi eventi che invece piacciono tanto al Governo della destra.
Ma tutto questo viene impedito agli enti locali da misure particolarmente restrittive; questo Governo e questa maggioranza - Lega compresa e alla faccia del federalismo e del decentramento - non colgono il potenziale di sviluppo intrinseco nella funzione dei comuni e delle province.
Da un decreto-legge che riguarda gli enti locali e i comuni, in questo tempo di crisi materiale (una crisi concreta, non psicologica) un cittadino, un imprenditore si aspetterebbero misure che sblocchino i pagamenti delle pubbliche amministrazioni locali. Invece cosa gli state offrendo: nulla, misure tampone che non risolvono i problemi, ma ne fanno una fotografia statica ed impietosa.
Eppure un problema finanziario esiste ed è generale: il problema principale consiste nel fatto che gli enti locali sono bloccati dalle regole miopi imposte dal Ministro dell'economia e delle finanze, che impediscono ai sindaci, anche a quelli che dispongono di risorse economiche e che hanno i bilanci in attivo, di offrire nuovi servizi oppure di fare, ad esempio, la manutenzione straordinaria degli edifici che ospitano le scuole dei nostri figli (è proprio di oggi la notizia del crollo del tetto di una scuola a Messina).
Si impedisce cioè ai comuni di pagare, sia pure in ritardo, i debiti che tutta la pubblica amministrazione ha accumulato verso chi ha fatto e fa ancora i necessari lavori per mantenere efficienti i servizi ai cittadini.

PRESIDENTE. Onorevole Martino, deve concludere.

PIERDOMENICO MARTINO. Voi negate la crisi, questa crisi invece c'è ed è pesante: le persone, le famiglie, gli artigiani, i piccoli imprenditori, i lavoratori, gli anziani e i giovani sono in vera difficoltà. Pag. 110Calano i redditi ed aumentano le tariffe, il lavoro è a rischio e i mutui continuano a pesare: sempre più spesso sono la famiglia ed il comune i luoghi nei quali si tenta di far fronte all'emergenza, sono i sindaci ad essere i nuovi assistenti sociali.
Lasciando soli i sindaci lascerete soli i cittadini: è dunque per tale motivo che con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di indicare una dimensione economico-demografica più ampia di quella prevista dal provvedimento per l'unione dei comuni, i quali in questo modo sarebbero in condizione di offrire ai cittadini i servizi necessari in modo più efficace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mastromauro. Ne ha facoltà.

MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, c'è una Repubblica costituzionale fondata sul lavoro ed una materiale fondata sulle chiacchiere: ai cittadini - come ha ricordato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - preme la prima. Sopra ogni cosa preoccupa il lavoro, risorsa che la crisi ha reso ancora più scarsa aumentando le fila dei disoccupati.
È questo che interessa agli italiani: sapere quando ripartirà davvero l'economia e arriverà la ripresa. Questa consapevolezza dovrebbe sempre ispirare l'azione di un Governo, anche quando disciplina un settore così importante come quello degli enti locali.
Gli enti locali potrebbero giocare, infatti, un ruolo importante rispetto alla crisi, appunto, sostenendo l'economia locale. Ma vi sono due problemi fondamentali che con questo decreto-legge non sono stati né affrontati, né risolti: la crisi della finanza locale, che vede tanti comuni italiani con bilanci passivi, e il blocco del Patto di stabilità. Sul primo punto, con questo decreto, è stato detto dai colleghi, non si danno delle risposte, ci sono solo provvedimenti spot, utili alla propaganda elettorale, come il tetto ai compensi dei consiglieri regionali, la soppressione della figura del direttore generale dei comuni, o la riduzione del numero dei consiglieri comunali.
Per quanto riguarda il Patto di stabilità è profondamente sbagliato derogare solo per i grandi eventi. Sarebbe stato più utile una deroga per i pagamenti ai creditori della pubblica amministrazione, che sarebbe stato un grosso aiuto contro la crisi. Invece, così si spingeranno i comuni soltanto ad avere sempre più grandi eventi e a trasmigrare verso la straordinarietà e l'eccezionalità, dando spazio a quelle degenerazioni amministrative che noi, invece, qui dovremmo combattere. La lotta contro gli sprechi e la corruzione, è una lotta importante che noi tutti dobbiamo fare, Governo e opposizioni, ma occorre un progetto serio e preciso nell'ambito della revisione del codice della autonomie e, comunque, non limitato ai soli enti locali, ma che riguardi anche le amministrazioni centrali.
Nell'ordine del giorno presentato dal collega Piffari, proprio nell'ottica della razionalizzazione della lotta agli sprechi, si prevede che i piccoli comuni possano associare alcune funzioni e servizi. Questo è un tema che credo sia conforme a quella che è l'opinione del Governo visto che, ad esempio, sul provvedimento delle Camere di commercio è stato previsto che le Camere di commercio che hanno un numero limitato di imprese possano mettere insieme alcune funzioni e servizi. Credo, quindi, che questo ordine del giorno si muova un po' secondo la linea sposata dal Governo anche in altri ambiti e settori. È per questo che invito il Governo ad esprimere un parere positivo e a dare un segnale di condivisione, nonostante questo provvedimento non sia da noi altrettanto condivisibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattesini. Ne ha facoltà.

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, questo decreto-legge intitolato interventi Pag. 111urgenti concernenti enti locali e regioni contiene tutto tranne norme urgenti; l'unica urgenza reale, che è quella dell'allentamento del Patto di stabilità, non è stata minimamente toccata. La gran parte delle norme che sono contenute in questo decreto-legge sono dannose e nocive per l'efficienza e l'efficacia della pubblica amministrazione. Mi riferisco al taglio delle risorse delle comunità montane, alla cancellazione del difensore civico, alla soppressione degli ATO e dei consorzi di funzioni tra i comuni. Questo Governo continua a parlare di federalismo, ne parla, ma invece pratica costantemente un asfissiante e dannoso centralismo. È un Governo in confusione, che continua a legiferare in modo confuso, altro che semplificazione!
Faccio degli esempi: mentre viene posta su questo decreto la ventottesima fiducia, nel contempo si vede depositato un testo, quello sul codice della autonomie locali, che in molte parti si contraddice e contiene norme opposte a quelle che stiamo votando. Da una parte, infatti, si sopprimono i consorzi di comuni, dall'altra si indicano, senza tra l'altro alcun tipo di risorse aggiuntive, quali devono essere le funzioni che i comuni sotto i 3 mila abitanti devono gestire con l'unione dei comuni stessi. Sappiamo bene che la programmazione e la gestione servizi pubblici locali per essere sempre più capaci di dare risposte alle comunità locali devono prescindere dallo stretto ambito locale, ma io dico anche come si fa a prevedere che solo i comuni sotto i 3 mila abitanti devono associarsi? Non è forse la specificità territoriale, quell'omogeneità territoriale già presente nei consorzi dei comuni l'elemento di riferimento? Tra l'altro, un elemento di riferimento e di definizione che appartiene alle regioni e non certo allo Stato. Tutto questo decreto-legge è animato da un atteggiamento assolutamente demagogico, quello di far credere e di illudere gli italiani che con questo provvedimento state riducendo i costi della politica. Ma con questo provvedimento non si riducono i costi, si riduce solo la democrazia e l'efficienza della pubblica amministrazione.
Ma io domando: come mai non vi occupate delle vere riforme che porterebbero davvero efficacia ed efficienza? Come mai, quando il Partito Democratico vi ha sfidato sulla riforma vera delle istituzioni, siete scappati? Come mai quella parte di pubblica amministrazione su cui vi accanite tanto con i tagli (sono comuni, province e regioni) è rappresentata spesso da quelli che hanno conti a posto e che sono capaci di dare risposte efficienti ai cittadini, mentre gli unici conti che sfuggono al vostro controllo sono le spese della pubblica amministrazione centrale, dei vostri Ministeri? Se vogliamo parlare di sprechi e di pubblica amministrazione efficiente, mi domando come mai, in modo silenzioso e arrogante, d'altra parte, avete eliminato il tetto dei compensi dei super manager, fissato con la legge finanziaria del Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Lo avete tolto e ricordo il Ministro Brunetta che, in Commissione, quando gli è stata posta la questione, ha detto che, solo a pensare al tetto, gli veniva l'orticaria. Ma costa più un consigliere di circoscrizione, che nella mia città, Arezzo, prende circa 30 euro di gettone di presenza nel consiglio di circoscrizione? E quanti consiglieri di circoscrizione potrebbero esserci a fronte dei cinque milioni di euro dei super manager rispetto ai quali avete tolto il tetto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Invece di comandare questo Paese con arroganza e insipienza, se vi guardaste davvero attorno, vedreste che i consorzi dei comuni spesso non hanno costi e, se li hanno, sono molto contenuti, e anche dove c'è il costo, sicuramente sono maggiori i benefici anche sul fronte della spesa pubblica. Basti pensare alle forme associate dei servizi sociali o scolastici. I consorzi e le unioni di comuni non solo sono una buona fonte di amministrazione e vanno sostenuti, ma dobbiamo aver presente che, laddove c'è questa capacità, cresce l'intera comunità, perché fare comunità significa far crescere la solidarietà Pag. 112di tutta la comunità. Si esce da quel piccolo e vizioso localismo e si crea invece una comunità coesa e responsabile. Volete che faccia degli esempi (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)? Li faccio e dovete avere pazienza, perché la democrazia è anche saper ascoltare e saper attendere, cari colleghi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Nei comuni montani, dove non vi sono solo piccoli paesi ma anche piccole e piccolissime frazioni, case sparse, costa di più un servizio unico di trasporto con ambulanza al più vicino pronto soccorso o invece - per così dire - che si faccia ognuno per conto suo, secondo la logica del vostro localismo imperante? Insisto, laddove c'è capacità di lavoro comune, a collaborare a risparmiare non sono solo gli enti locali ma anche il volontariato e l'associazionismo tutto. Lavorare insieme, programmare, utilizzare risorse: questa è una sfida che appartiene a chi crede veramente nelle comunità locali e nelle istituzioni locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Piffari n. 9/3146-A/22, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sposetti, onorevole Gava...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 356
Votanti 341
Astenuti 15
Maggioranza 171
Hanno votato
316
Hanno votato
no 25).

Prendo atto che i deputati Razzi e Cesa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Il seguito dell'esame degli ordini del giorno è rinviato ad altra seduta. Si intendono altresì rinviati gli altri argomenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 11 marzo 2010, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni (3146-A).
- Relatori: Calderisi, per la I Commissione; Bitonci, per la V Commissione.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, recante istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (3175).
- Relatori: Santelli, per la I Commissione; Contento, per la II Commissione.

3. - Discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00336, Bersani ed altri n. 1-00340, Casini ed altri 1-00341 e Lo Monte ed altri n. 1-00342 concernenti misure urgenti per contrastare la crisi economica in atto.

(al termine delle votazioni)

4. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20,30.

Pag. 113

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO DEI DEPUTATI MARIA COSCIA E MARIA LETIZIA DE TORRE IN SEDE DI ESAME DEGLI ORDINI DEL GIORNO RIFERITI AL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3146-A

MARIA COSCIA. Negli altri paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti e dagli altri paesi europei, per contrastare la crisi si stanno attivando programmi di opere infrastrutturali diffusi nei territori, a partire dalla manutenzione dei beni pubblici, dall'edilizia abitativa popolare, alle strade, alle scuole.
Nel nostro paese invece si tagliano gli investimenti.
L'edilizia scolastica, in particolare, è il settore più in difficoltà sia per i tagli ai bilanci degli enti locali che per l'incapacità del Governo di concretizzare i programmi varie volte annunciati e mai concretizzati con le gravi conseguenze sulla sicurezza degli alunni, sulla qualità della didattica e sulle responsabilità che ricadono, senza avere la possibilità di intervenire attivamente, sugli enti locali e sui dirigenti scolastici.
Infine che dire dei tagli al comparto del welfare?
Gli enti locali sono il primo argine per la lotta alla povertà e, dunque, un argine alla preoccupante crescita del disagio economico, sociale ed occupazionale e i tagli indiscriminati alla spesa sociale sono più che mai una scelta grave che mette in discussione valori fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione, quali l'equità, la giustizia sociale, la solidarietà nel momento in cui si mettono a rischio diritti di cittadinanza fondamentali per una parte sempre più crescente della popolazione a cui viene nei fatti negato l'accesso a interventi e servizi di prima importanza.
Per tutti questi motivi chiediamo con questo ordine del giorno di rivedere i vincoli del patto di stabilità interno sui bilanci degli enti locali.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Quanto molti intendono - con onestà intellettuale - con il termine federalismo è qualcosa di politicamente moderno e affascinante. Dovrebbe essere l'organizzarsi delle comunità politiche che pone al centro il comune perché è la prima - io direi 'la vera' - comunità politica dove è possibile partecipare alle scelte, nella quale è possibile riconoscersi ed essere riconosciuti (così necessario nella dimensione globale di oggi), dove la parola «politica» (che ha la sua radice proprio nella polis, nella città) diventa sostanza. Ed intorno al comune, non in una rappresentazione istituzionale piramidale come oggi, dove tutto pesa sulla base e cioè sui poveri comuni, ma in una visione innovativa a cerchi concentrici, con al centro il comune ed i comuni in rete ed intorno comunità politiche quali la regione, lo Stato, la Comunità europea, che si muovono modo sussidiario, a servizio della comunità politica primaria e delle relazioni tra città e territori ed in quella dinamicità che già ogni città e ogni territorio sa esprimere, operando insieme senza confini, creando un continuum (impossibile a scrivere dal di fuori) tra una piccola municipalità e il mondo. Sarebbe interessante.
E allora, se le forze politiche autenticamente federaliste presenti in quest'Aula è questo che onestamente vogliono, prendiamoci un attimo di tempo per leggere questo ordine del giorno e decidere da che parte stare; sono briciole certo perché in una visione «federalista» i comuni meriterebbero un posto ben più importante.
Ma questa, come tante altre piccole e grandi scelte, ci può mettere dalla parte del «a me importa», «tutti nel Paese dobbiamo farci carico di tutti». Dalla parte di chi ha a cuore i comuni e cioè i cittadini. Tutti i cittadini.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO OLGA D'ANTONA IN SEDE DI ESAME DEGLI ORDINI DEL GIORNO RIFERITI AL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3146-A

OLGA D'ANTONA. Ancora un decreto-legge. Ancora una volta il Governo ha Pag. 114chiesto la fiducia. Il Governo si è appropriato del potere legislativo sottraendo al parlamento la sua prerogativa fondamentale prevista dalla Costituzione.
Questa volta gli interventi urgenti riguardano gli Enti Locali e le regioni. Ma quale necessità e quale urgenza ancora una volta hanno impedito un leale confronto parlamentare e sottratto all'opposizione l'opportunità di offrire il suo contributo per il bene del Paese?
La realtà è che questo Parlamento, impegnato per la maggior parte del tempo ad occuparsi dei problemi giudiziari del Presidente del Consiglio, non ha tempo per occuparsi dei problemi dei cittadini.
Un decreto-legge, ancora una volta, dettato dalla necessità e l'urgenza di togliere le castagne dal fuoco di questa maggioranza, le sue turbolenze interne, le sue contraddizioni.
Da una parte il Governo continua con gli slogan propagandistici, si declama il federalismo, dall'altra i provvedimenti legislativi non fanno altro che confermare la vocazione accentratrice del Governo.
Mi sorge spontanea una domanda: i colleghi della Lega, che sui loro territori promettono con forza il federalismo, come possono poi accettare, così supinamente, provvedimenti di segno apertamente contrario?
Soppressione dell'ICI sulla prima casa anche per i ricchi, quelli per i quali pagare o non pagare l'ICI non fa la differenza.
Blocco dell'autonomia impositiva degli enti locali - mi riferisco all'addizionale IRPEF, il taglio dei trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali, le regole fortemente restrittive del patto di stabilità interno.
Il Paese sta attraversando una crisi economica pesante che continua ad essere sottovalutata dal Governo.
Le fabbriche chiudono, (EUTELIA) i livelli di disoccupazione hanno raggiunto livelli preoccupanti - È solo un fattore psicologico? Un'impressione?
Il lavoro non c'è - e quando c'è è precario - i giovani non hanno prospettive - si sono sottratte risorse per la scuola, per la formazione, per l'Università e la ricerca. È solo suggestione?
Le famiglie sono in difficoltà crescente; il bisogno di welfare, di solidarietà sociale, è più forte.
Il ruolo degli enti locali assume sempre maggiore rilevanza; sarebbe importante un welfare efficiente capace di sostenere i bisogni dei cittadini; sarebbe importante sostenere lo sviluppo con incentivi alle piccole e medie imprese.
In tutti gli altri Paesi europei le misure per contrastare la crisi comprendono l'attivazione di programmi infrastrutturali diffusi a livello locale: manutenzione dei beni pubblici, edilizia popolare opere di dimensioni piccola e media, scuole, reti idriche, strade.
I vincoli posti al patto di stabilità bloccano gli investimenti locali, impediscono il pagamento di lavori già eseguiti, il proseguimento delle opere, già appaltate e in corso di realizzazione.
Il decreto-legge n. 112 del 2008 ha imposto agli enti locali un contributo alla manovra finanziaria di 1.650 milioni nel 2009, 2.900 milioni nel 2010 e 5.140 milioni nel 2011.
Si tratta di un obiettivo che, se non sarà alleggerito, determinerà, per molti enti, l'oggettiva impossibilità di rispettare il Patto di stabilità interno, una ulteriore contrazione della spesa per investimenti, l'assenza di sostegno all'economia a fronte della crescente stagnazione produttiva.
Tuttavia, nel 2008 il deficit dei comuni, al lordo degli investimenti, si è ridotto di oltre 1,2 miliardi di euro.
Nel 2009 i Comuni dovrebbero essere riusciti ancora a ridurre il proprio deficit di altri 300 milioni di euro circa.
È evidente che se l'Italia riesce a mantenere del tutto gli impegni del patto di stabilità e crescita europeo, buona parte del contributo va agli Enti Locali con il sacrificio dei cittadini.
È doveroso sottolineare però, che a causa del quadro finanziario imposto dal Governo, i Comuni Italiani sono costretti a tagliare gli investimenti, proprio quando le analisi evidenziano che le opere medio-piccole Pag. 115producono un effetto moltiplicatore molto più elevato delle grandi infrastrutture e, distribuite in modo diffuso sul territorio, potrebbero rappresentare un volano di sviluppo per le piccole e medie imprese con un incremento dell'occupazione ed un rilancio diffuso dell'economia territoriale.
È un altro aspetto del provvedimento, che potrebbe farci sorridere, se non fosse presente in noi la consapevolezza che, ancora una volta, si producono provvedimenti ad effetto piuttosto che affrontare seriamente, e in modo complessivo, i problemi veri del Paese.
Il tema della riduzione dei costi della politica è un tema serio e in modo serio deve essere affrontato. A fronte di una proliferazione ingiustificata, quanto inutile, dei livelli di rappresentanza il Governo risponde con la cura palliativa della riduzione degli assessori e dei consiglieri.
C'è da dire che, nel frattempo, il Governo ha appena nominato due nuovi sottosegretari di cui non ci è facile comprendere la necessità. È tempo di affrontare seriamente il tema della riduzione dei costi della politica. Io stessa ho presentato una proposta di legge per dimezzare il numero dei parlamentari e per ridurre l'eccessivo numero dei livelli di rappresentanza, creatisi non a caso in tempi di particolare debolezza e frammentazione del quadro politico. È ora di porre rimedio in modo serio a tale anomalia, se davvero si vuole meritare da parte dei cittadini quella credibilità necessaria per governare il Paese. Non ci sembra davvero che l'attuale Governo, il Governo del fare sempre e solo quello che gli pare, stia dando prova di efficienza e credibilità.
Con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di rivedere i vincoli del Patto di stabilità interno di bilancio per enti locali che così fortemente pregiudicano la loro autonomia di intervento per le politiche di sostegno dell'economia locale di loro competenza.

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2 Nom. odg 9/3146-A/11 453 439 14 220 431 8 68 Appr.
3 Nom. odg 9/3146-A/21 393 378 15 190 352 26 65 Appr.
4 Nom. odg 9/3146-A/22 356 341 15 171 316 25 64 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
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