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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 242 di lunedì 9 novembre 2009

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 14,05.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 ottobre 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Aprea, Barbieri, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Amico, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Lisi, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Menia, Miccichè, Migliori, Milanato, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rossa, Rotondi, Ruggeri, Saglia, Soro, Stefani, Tenaglia, Tremonti, Urso, Vegas, Vico e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che con lettera in data 4 novembre ultimo scorso il presidente della XI Commissione ha rappresentato alla Presidenza, a nome della Commissione, l'esigenza di rinviare, in ragione della mancata espressione del parere sul testo da parte della Commissione bilancio, da ritenersi determinante a fronte del significativo onere previsto, l'esame della proposta di legge in materia di benefici previdenziali in favore di coloro che assistono portatori di handicap.
La discussione generale di tale provvedimento si intende pertanto rinviata ad altra data, che verrà stabilita dalla Conferenza dei presidenti di gruppo.

Discussione della proposta di legge: S. 1397 - Senatore Azzollini ed altri: Legge di contabilità e finanza pubblica (Approvata dal Senato) (A.C. 2555-A); e dell'abbinata proposta di legge D'Antona ed altri (A.C. 659) (ore 14,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato: d'iniziativa del senatore Azzollini ed altri: Legge di contabilità e finanza pubblica; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati D'Antona ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

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(Discussione sulle linee generali - A.C. 2555-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Leone.

ANTONIO LEONE, Relatore. Signor Presidente, prende corpo oggi la revisione della disciplina contabile, che costituisce sicuramente una questione politica di rilievo e di prima grandezza che ha impegnato a fondo, come ricorderanno tutti, molti Parlamenti e molti Governi che si sono succeduti nelle ultime legislature.
L'assetto degli strumenti e delle procedure di bilancio condiziona, infatti, in maniera molto pregnante il modo di atteggiarsi della democrazia, non solo economica, del nostro Paese, incidendo significativamente sulla dinamica dei rapporti e delle interrelazioni reciproche tra Governo, Parlamento, autonomie territoriali ed Unione europea.
Ciò è ancor più vero nel sistema istituzionale policentrico e multilivello che è andato configurandosi negli ultimi anni, nell'ambito del quale si sono registrate due diverse e opposte tendenze: da una parte, il consolidarsi di un assetto istituzionale federalista e il conseguente riconoscimento agli enti territoriali di un proprio ambito costituzionalmente tutelato di funzioni politiche e amministrative assistite da autonomia finanziaria, che hanno generato rilevanti spinte centrifughe, che rendono estremamente complesso ricondurre nell'alveo di una corretta dialettica parlamentare segmenti rilevanti delle decisioni di bilancio.
Dall'altra parte, l'appartenenza dell'Italia all'Unione economica e monetaria e la connessa esigenza di rispetto dei vincoli finanziari da questa discendenti hanno viceversa determinato spinte centripete, inducendo gli Esecutivi ad esercitare più penetranti poteri di coordinamento e di governo unitario della finanza pubblica, accompagnati da un riconoscimento di spazi sempre più ampi di flessibilità nella gestione del bilancio, finalizzato anche a rendere sostenibili interventi generalizzati di contenimento della spesa.
È in questo contesto di profondi cambiamenti politici ed istituzionali che è emersa con forza l'esigenza di definire un quadro regolatore unitario delle fasi di costruzione delle decisioni di finanza pubblica, che sappia coniugare in modo nuovo il ruolo del Governo, responsabile a livello europeo del rispetto dei vincoli finanziari ivi posti, quello del Parlamento, detentore, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, di un «diritto al bilancio», e quello degli enti territoriali, titolari di un'autonomia finanziaria di entrata e di spesa parimenti salvaguardata dalle norme costituzionali e che implica un loro diverso e più intenso coinvolgimento nella fase ascendente della definizione degli obiettivi di finanza pubblica. Questo è il mix che permea sostanzialmente e praticamente tutto il provvedimento che oggi portiamo all'attenzione di quest'Aula.
È evidente come la proposta di legge oggi in discussione si saldi in modo inscindibile con l'altra grande riforma di sistema recentemente approvata da questo Parlamento, di cui sono stato onorato di fare il relatore, ossia la legge n. 42 del 2009, di attuazione del federalismo fiscale.
Anche a seguito delle innovazioni introdotte durante l'esame in sede referente, il combinato disposto delle due riforme configura un corpus normativo organico che appare in grado, a regime, di avviare una profonda trasformazione nel sistema delle decisioni di bilancio, atta a contemperare la perdurante esigenza di risanamento dei conti pubblici con quella di una contestuale riqualificazione della spesa volta a migliorare il rendimento delle amministrazioni pubbliche in termini di economicità e qualità dei servizi pubblici offerti ai cittadini e alle imprese. Inoltre, l'armonizzazione dei sistemi contabili, la Pag. 3maggiore trasparenza dei documenti di bilancio, la previsione di un orizzonte pluriennale per la programmazione della spesa, così come il rafforzamento del coordinamento delle azioni dei diversi livelli di governo e il potenziamento delle attività di monitoraggio, controllo, verifica e valutazione della spesa pubblica si inquadrano nella logica di complessivo ammodernamento delle pubbliche amministrazioni, volto a garantire una gestione del bilancio più strategica e orientata ai risultati, in coerenza, anche questo, con la legge n. 15 del 2009, la cosiddetta «legge Brunetta». In questo quadro, la riforma della legge di contabilità mira a razionalizzare tutte le fasi in cui si articola la spesa pubblica, rafforzando contemporaneamente sia i poteri di indirizzo e di controllo del Parlamento, sia i poteri di gestione dell'Esecutivo, con una sorta di bilanciamento tra i due poteri.
La proposta di legge configura, quindi, in modo nuovo strumenti e procedure di bilancio, delineando nel complesso un sistema delle decisioni di finanza pubblica che pone l'accento sullo stock delle risorse iscritte in bilancio, piuttosto che sulle modifiche al margine della legislazione di spesa da introdurre nel disegno di legge finanziaria favorendo, per tale via, una più approfondita analisi della quantità e della qualità della spesa storica e dei nodi strutturali che generano gli squilibri della finanza pubblica.
A tal fine, la riforma conferma e perfeziona la riclassificazione del bilancio dello Stato per missioni e programmi, amplificando le potenzialità del bilancio quale strumento di politica economica; garantisce una maggiore condivisione delle informazioni disponibili per i diversi attori istituzionali, il che rappresenta un altro punto essenziale di questa riforma; amplia gli strumenti per il coordinamento e il monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, potenziando nel contempo il sistema informativo e dei controlli, anche parlamentari, sul sistema delle pubbliche amministrazioni.
La proposta di legge provvede quindi a ridefinire il sistema delle decisioni di finanza pubblica secondo tre assi principali, che prevedono: un ampio coinvolgimento degli enti territoriali nella fase di definizione degli obiettivi economico-finanziari; un'articolazione della manovra di finanza pubblica su più strumenti, di indirizzo e di carattere legislativo, da esaminare in Parlamento nel corso di un'apposita sessione dei lavori da disciplinare attraverso i regolamenti parlamentari e un rafforzamento delle procedure di collegamento con l'Unione europea.
Prima di passare all'illustrazione più dettagliata della proposta di legge, desidero ringraziare tutti i componenti della Commissione bilancio per l'impegno profuso durante l'esame preliminare, che ha consentito di poter svolgere un lavoro intenso, che si è tradotto in una serie di proposte emendative, devo riconoscerlo, in maniera molto equilibrata e serena.
Il testo approvato dal Senato è stato ampiamente modificato nel corso dell'esame in sede referente, secondo una logica di confronto costruttivo tra i diversi gruppi parlamentari che ha condotto alla definizione di un testo sostanzialmente condiviso. Le principali innovazioni normative introdotte attengono ai seguenti ambiti: il coordinamento della riforma in esame - lo ho già ricordato - con le altre due grandi riforme di sistema approvate quest'anno dal Parlamento, ossia la legge n. 42 del 2009, di attuazione del federalismo fiscale e la legge n. 15 del 2009, di riforma della pubblica amministrazione; l'articolazione del ciclo di bilancio; le procedure di raccordo interistituzionale con l'Unione europea; la disciplina degli strumenti di finanza pubblica; il contenuto della legge di stabilità e le modalità di copertura finanziaria delle leggi; il completamento della riforma della struttura del bilancio e il passaggio alla redazione del bilancio in termini di sola cassa; infine, si tratta dell'ultimo degli ambiti che ho testè indicato, i modelli organizzativi da adottare al fine di rafforzare il controllo parlamentare sulla finanza pubblica.
Una prima serie di interventi correttivi del testo in esame è stata orientata a migliorare, in via generale, i profili di Pag. 4coordinamento con le deleghe, le procedure e gli organi previsti dalla legge n. 42 del 2009, di attuazione del federalismo fiscale, in special modo per quanto riguarda l'armonizzazione dei sistemi contabili e la partecipazione degli enti decentrati alla fase ascendente di definizione della decisione annuale di finanza pubblica.
Quanto al primo aspetto, quello dell'armonizzazione dei sistemi contabili, la scelta operata è stata quella di espungere dal testo in esame i criteri di delega relativi all'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni e degli enti locali, integrando contestualmente, mediante una apposita novella, i criteri direttivi della delega già prevista (abbiamo quindi operato un «ritocco» alla delega così come prevista all'articolo 2 della legge n. 42 del 5 maggio 2009).
Nel testo in esame rimane pertanto ferma la delega al Governo per l'armonizzazione dei sistemi contabili delle altre amministrazioni pubbliche, mentre quella relativa alle autonomie territoriali viene interamente ricondotta alla legge n. 42 del 2009 (abbiamo pertanto stabilito una netta divisione tra le due questioni).
Il raccordo tra le due distinte deleghe per l'armonizzazione dei sistemi contabili previste dalla proposta di legge in esame e dalla legge n 42 del 2009 è assicurato dalla previsione in base alla quale il comitato per i principi contabili previsto dalla riforma in esame dovrà agire in reciproco raccordo con la Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, la cui composizione tra l'altro è stata integrata anche con due rappresentanti dell'ISTAT.
Per quanto attiene, più in generale, al coordinamento della finanza pubblica, le disposizioni recate dalla proposta di legge e dai relativi decreti legislativi costituiscono, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e sono finalizzate alla tutela dell'unità economica della Repubblica italiana, ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione.
Viene quindi confermata la scelta di estendere l'ambito di applicazione della nuova legge di contabilità all'intero perimetro della pubblica amministrazione in coerenza con gli impegni contratti dal nostro Paese in sede comunitaria; una modifica all'articolo 1 ha inoltre specificato che le disposizioni della proposta di legge in oggetto si applicheranno anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto di quanto previsto dai relativi statuti.
Nel complesso, la filosofia di fondo delle modifiche introdotte è stata quella di individuare procedure di coordinamento della finanza pubblica atte ad evitare il rischio di comportamenti incoerenti.
In questa prospettiva, si è anzitutto convenuto sull'opportunità di confermare sostanzialmente le sedi e le modalità di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali previste dalla legge n. 42 del 2009, e in particolare il ruolo della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica quale organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica stessa, che concorre alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto.
Fermo restando il ruolo della Conferenza, una modifica di rilievo è stata tuttavia operata con riferimento ai rapporti tra il patto di convergenza, previsto dall'articolo 18 della legge di attuazione del federalismo fiscale, ed il Patto di stabilità interno.
In particolare, a seguito di una novella operata al citato articolo 18 della legge n. 42 del 2009 è stato espunto dal contenuto proprio del patto di convergenza il riferimento alla definizione, per ciascun livello di governo territoriale, del livello programmato dei saldi da rispettare, delle modalità di ricorso al debito, nonché dell'obiettivo programmato della pressione fiscale complessiva, lasciando pertanto a tale patto il compito fondamentale di perseguire l'obiettivo della convergenza dei Pag. 5costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo. Conseguentemente, le modalità di definizione del quadro di riferimento del Patto di stabilità interno sono state interamente ricondotte nell'ambito delle procedure previste dall'articolo 10, comma 5, della proposta di legge.
A seguito delle ulteriori modifiche introdotte dalla Commissione, sarà la Decisione di finanza pubblica a definire, in coerenza con gli obiettivi programmatici, sia il contenuto del patto di convergenza, sia il contenuto del Patto di stabilità interno, nonché le sanzioni per gli enti territoriali nel caso di mancato rispetto di quanto previsto da quest'ultimo, come stabilito dall'articolo 10, comma 2, lettera f).
Una volta definiti, in sede di Decisione di finanza pubblica, il contenuto sia del patto di convergenza sia del Patto di stabilità interno, nella legge di stabilità potranno essere introdotte le norme «eventualmente necessarie a garantire l'attuazione del Patto di stabilità», nonché quelle dirette a realizzare il patto di convergenza.
Il combinato disposto delle modifiche introdotte demanda pertanto ad una specifica procedura di concertazione-consultazione con le autonomie la definizione del «quadro di riferimento normativo» del Patto di stabilità interno, i cui contenuti essenziali saranno poi definiti dal Parlamento in sede di deliberazione della Decisione di finanza pubblica, che dovrà peraltro indicare anche le sanzioni per gli enti inadempienti.
Tra le questioni inerenti i profili di coordinamento tra la proposta di legge in esame e la legge n. 42 del 2009, occorre infine evidenziare come nel corso dell'esame in Commissione siano state inserite alcune disposizioni volte ad agevolare la costituzione del patrimonio informativo necessario a dare attuazione al federalismo fiscale.
A tal fine, il nuovo comma 2 dell'articolo 13 dispone, in particolare, che i dati di bilancio che le amministrazioni sono tenute ad inserire nella banca dati unitaria da istituire presso il Ministero dell'economia e delle finanze debbano essere messi a disposizione, anche mediante accesso diretto, della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale e della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, ai fini dell'espletamento delle attività di competenza di tali organi ai sensi degli articoli 4 e 5 della stessa legge n. 42.
Un'analoga, benché meno intensa, esigenza di coordinamento è emersa, durante l'esame in sede referente, anche in relazione alla legge n. 15 del 2009, recante la riforma della pubblica amministrazione promossa dal Ministro Brunetta, con particolare riferimento, in questo caso, all'opportunità di un migliore raccordo tra il sistema di indicatori ivi delineato per la valutazione dei risultati dei dirigenti e delle pubbliche amministrazioni e quello prospettato per la misurazione del raggiungimento degli obiettivi riferiti alle missioni e ai programmi di bilancio.
Una delle questioni evidenziate nel corso delle audizioni e del dibattito svoltisi in Commissione bilancio attiene alla congruità della tempistica del ciclo di bilancio delineata nella proposta di legge.
In proposito, gli aggiustamenti al testo in esame operati in Commissione sono stati diretti a contemperare diverse finalità.
Da una parte, quella di ridurre il rischio di sovrapposizioni tra l'esame della Decisione di finanza pubblica e quello della manovra annuale, consentendo al Parlamento di esprimere i propri indirizzi al Governo in tempo utile e tale da garantire che il Governo ne possa tenere adeguatamente conto; a tal fine è stato lievemente anticipato, dal 20 al 15 settembre di ogni anno, il termine di presentazione al Parlamento della Decisione di finanza pubblica.
Dall'altra quella di favorire una più intensa possibile partecipazione degli enti decentrati alla definizione della decisione di bilancio, al fine di consentire una più agevole impostazione dei loro bilanci. A tal fine anche su questo punto c'è stata una rivisitazione dei termini: è stato anticipato dal 20 al 15 luglio il termine entro il quale il Governo è tenuto a comunicare alle Pag. 6autonomie territoriali le linee guida per la ripartizione degli obiettivi programmatici di finanza pubblica.
La posticipazione al mese di settembre della data di presentazione alle Camere della Decisione di finanza pubblica appare quindi volta a soddisfare l'esigenza di disporre di un quadro di previsione di finanza pubblica più aggiornato rispetto a quello disponibile al 30 giugno (attualmente la data di presentazione, come sappiamo, alle Camere del DPEF), anche in relazione alla previsione sull'evoluzione del gettito tributario, alla luce delle recenti modifiche normative che hanno spostato in avanti i termini per la presentazione delle dichiarazioni.
Ulteriori novità in tema di ciclo di bilancio - e non poteva che essere così - attengono ai rapporti con l'Unione europea.
Da una parte è stato disposto che in sede di predisposizione dell'aggiornamento del programma di stabilità da presentare al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione, il Governo debba trasmettere alle Camere e alla Conferenza unificata, entro i quindici giorni antecedenti la data di presentazione concordata in sede europea, lo schema di aggiornamento del programma di stabilità; tale schema dovrà comprendere sia un quadro generale sulle prospettive di medio termine della politica economica italiana nell'ambito dell'Unione europea, sia l'indicazione delle linee guida per la sua implementazione a livello di politiche nazionali.
Dall'altra, è stato previsto che, in sede di presentazione della relazione sull'economia e la finanza pubblica di cui all'articolo 12, il Governo debba dare conto del parere del Consiglio dell'Unione europea sull'aggiornamento del programma di stabilità.
Nel corso dell'esame in Commissione bilancio sono state affrontate talune questioni inerenti il contenuto degli strumenti di programmazione e attuazione della manovra di finanza pubblica.
Siamo così ai disegni di legge collegati. In tale ambito, al fine di delineare un sistema delle decisioni di bilancio in grado di assicurare maggiore ordine e coerenza all'interno del processo decisionale, prevedendo nel contempo il fenomeno, ricorrente negli ultimi anni, di manovre finanziarie realizzate attraverso procedure di decretazione d'urgenza, particolare attenzione è stata posta nei confronti della disciplina dei disegni di legge collegati, che è stata potenziata anche alla luce del restringimento del contenuto della legge di stabilità.
È stato pertanto previsto che i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica debbano recare disposizioni omogenee sia per materia, sia per competenza delle amministrazioni; si è inoltre specificato che ciascuno di essi è chiamato a concorre al raggiungimento degli obiettivi programmatici già fissati dalla Decisione di finanza pubblica, anche attraverso interventi di carattere ordinamentale, organizzatorio ovvero di rilancio e sviluppo dell'economia.
In poche parole si avrà una sessione limitata, dall'inizio fino alla fine, di tutti gli adempimenti che sono previsti, di tutte le informative, di tutti gli adempimenti non solo del Governo ma anche nei confronti dell'Unione europea e del Parlamento, con le decisioni che dovranno essere prese di conseguenza, nell'arco di un tempo ben prestabilito, per evitare che il Parlamento venga «ingolfato» quasi per tutto l'anno da provvedimenti attinenti alle manovre di bilancio.
Tra le ulteriori modifiche introdotte nel corso dell'esame in sede referente volte a garantire un corretto svolgimento della dialettica tra Parlamento ed Esecutivo, deve essere ricordato anche il comma 3 dell'articolo 10, ai sensi del quale il Governo, ogniqualvolta intenda modificare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica rispetto ai medesimi obiettivi, che rendano necessari interventi correttivi, è tenuto a presentare alle Camere una Nota di aggiornamento della Decisione di finanza pubblica come deliberata dal Parlamento.
Un complesso di questioni di natura tecnica recanti un impatto rilevante in Pag. 7termini di tenuta dei saldi di bilancio ed attuazione degli interventi di politica economica attiene al contenuto della legge di stabilità ed alla copertura finanziaria delle leggi.
Per quanto attiene alla legge di stabilità, la proposta conferma la configurazione «snella» dello strumento, nel quale non potranno essere inserite disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, né norme di delega ovvero a carattere ordinamentale ed organizzatorio, ferma restando l'inclusione, sopra richiamata, nel contenuto proprio della legge, delle norme eventualmente necessarie a garantire l'attuazione del patto di stabilità interno, nonché a realizzare il patto di convergenza.
Alcune innovazioni sono state introdotte in relazione alla copertura finanziaria della legge.
A tale ultimo proposito, una delle novità più rilevanti introdotte nel corso dell'esame in sede referente consiste nell'aver sostanzialmente ripristinato, nel testo della proposta di legge, il contenuto dell'attuale comma 5 dell'articolo 11 della legge n. 468 del 1978 (quella che stiamo riformando), concernente l'obbligo di copertura degli oneri correnti recati dal disegno di legge finanziaria, che non era stato invece mantenuto o riprodotto nel testo approvato dal Senato.
Richiamando espressamente l'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, si è infatti previsto che la legge di stabilità possa disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni da iscrivere nel fondo speciale di parte corrente, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente, assicurando comunque - come specificato dalla Commissione - il «valore positivo del risparmio pubblico».
Nella prospettiva della trasparenza e di una più agevole intelligibilità della decisione di bilancio si colloca, infine, la previsione di cui al comma 4 dell'articolo 11, ai sensi della quale al disegno di legge di stabilità dovrà essere allegato, a fini conoscitivi, un prospetto riepilogativo degli effetti triennali sui saldi di finanza pubblica derivanti dalla manovra.
Per quanto concerne poi, in generale, la copertura finanziaria delle leggi, nel corso dell'esame in sede referente sono state anzitutto meglio precisate le modalità di copertura delle leggi di delega e dei relativi decreti legislativi di attuazione, prevedendosi altresì che la Corte dei conti, conformemente alla prassi esistente in materia, nella relazione quadrimestrale sulle coperture e le tecniche di quantificazione degli oneri, riferisca sulla tipologia delle coperture adottate dai decreti legislativi emanati nel periodo considerato e sulla congruenza tra le conseguenze finanziarie di tali decreti e le norme di copertura recate dalle leggi delega.
Sotto altro versante, è stato precisato che la relazione tecnica sugli effetti finanziari delle proposte legislative e degli emendamenti all'esame delle Commissioni parlamentari debba essere trasmessa nel termine indicato dalle medesime Commissioni in relazione all'oggetto e alla tempistica dei lavori parlamentari, fermo restando, in ogni caso, il termine di trenta giorni dalla richiesta; qualora il Governo non sia in grado di trasmettere la relazione entro il termine stabilito, dovrà inoltre indicarne le ragioni.
È stata infine inserita una norma di chiusura, in base alla quale viene demandato ai Regolamenti parlamentari il compito di disciplinare gli ulteriori casi in cui il Governo è tenuto alla presentazione della relazione tecnica.
Un ulteriore ampio filone di questioni emerse durante l'esame preliminare della proposta di legge attiene al bilancio dello Stato, la cui riforma si attuerà in più fasi.
La proposta di legge, infatti, da un lato sistematizza le innovazione apportate al bilancio nel corso degli ultimi due esercizi finanziari, dall'altro delega il Governo al completamento della riforma, prevedendo anche il graduale passaggio da una redazione Pag. 8di tale documento in termini di competenza e cassa, ad una redazione in termini di sola cassa.
Sotto altro profilo, viene confermata la rimodulabilità delle risorse destinate ai programmi di ciascuna missione, con espressa previsione dell'indicazione, nell'ambito del programma, della quota delle spese rimodulabili e non rimodulabili.
In questo quadro, l'ampliamento dei margini di flessibilità, oltre a valorizzare il ruolo della legge di bilancio come strumento di attuazione della manovra di finanza pubblica, appare funzionale sia al processo di consolidamento dei conti pubblici, rendendo maggiormente sostenibili gli interventi di contenimento della spesa, sia al processo di riqualificazione della spesa stessa.
Un'ulteriore novità - mi avvio velocemente verso le conclusioni - introdotta nel corso dell'esame in Commissione, diretta ad accrescere il corredo informativo del bilancio, è costituita dalla previsione, in ciascuno stato di previsione, di una scheda illustrativa dei capitoli recanti i fondi settoriali correlati alle principali politiche pubbliche di rilevanza nazionale (tra i quali il FAS), nella quale devono essere indicate una serie di informazioni di estremo interesse per il Parlamento, quali, ad esempio, il complesso degli stanziamenti previsti dal bilancio triennale, il riepilogo analitico dei provvedimenti legislativi e amministrativi che hanno determinato i suddetti stanziamenti e le relative variazioni, nonché gli interventi previsti a legislazione vigente a valere su detti fondi con separata indicazione delle spese correnti e di quelle in conto capitale.
Di ampia portata appaiono, infine, le modifiche introdotte dalla Commissione in relazione al completamento della riforma del bilancio e al passaggio alla redazione di tale documento in termini di sola cassa. Quanto alla prima questione, la principale novità consiste nell'aver ricondotto la revisione dell'attribuzione dei programmi e delle relative risorse tra i Ministeri ad un'apposita delega legislativa, che ai fini del completamento della riforma della struttura del bilancio prevede una complessiva revisione sia delle missioni, sia del numero e della struttura dei programmi di spesa.
Il passaggio - e sintetizzo - avverrà attraverso step previsti regolarmente dal provvedimento in oggetto mediante una sorta di sperimentazione, per arrivare, poi, al completamento (se sarà il caso e se ne saranno ben visibili gli effetti). Per i nostri sistemi tale passaggio - mi riferisco al passaggio al bilancio di cassa - è epocale.
Un ultimo argomento a cui tengo è quello relativo al controllo parlamentare sulla finanza pubblica.
Nel corso dell'esame in Commissione è stata unanimemente condivisa l'esigenza di rafforzare il ruolo di indirizzo e controllo del Parlamento, dotando le Camere di nuovi strumenti di conoscenza e valutazione, che consentano anche una riqualificazione del lavoro parlamentare.
In tale ambito, piuttosto che la costituzione - come era previsto nel testo che ci è pervenuto dal Senato - di una Commissione bicamerale ad hoc per la trasparenza dei conti pubblici, priva dei poteri parlamentari di indirizzo e controllo propri delle Commissioni bilancio dei due rami del Parlamento, nel corso dell'esame si è convenuto sull'opportunità di prevedere un potenziamento delle attività di controllo e di verifica sulla finanza pubblica delle Commissioni medesime, da svolgere anche in forma congiunta previa intesa tra i Presidenti delle due Camere.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO LEONE, Relatore. Nel concludere questa relazione e nel formulare l'auspicio di un prosieguo dell'esame in Assemblea costruttivo ed approfondito quale quello svoltosi in Commissione di merito - ho concluso veramente -, voglio solo sottolineare come con la proposta di legge al nostro esame sarà possibile superare definitivamente i limiti di un circuito decisionale della finanza pubblica che, nonostante la previsione di stringenti vincoli incrociati di natura contenutistica e procedimentale, non è ancora riuscito a garantire né una trasparenza dell'indirizzo Pag. 9politico-finanziario sotteso alle manovre di bilancio, né un livello accettabile di ordine e di coerenza alla manovra finanziaria nelle sue diverse articolazioni.
Dovrà essere, pertanto, compito di questo Parlamento aggiornare ed armonizzare le procedure parlamentari con il nuovo assetto della contabilità nazionale delineato nella proposta di legge in esame, nella consapevolezza che le dinamiche del nostro sistema di bilancio non dipenderanno, tuttavia, solo da questioni tecniche e di ingegneria contabile o procedurale - così come, purtroppo, molte volte, è stato sino ad ora - ma da come le forze politiche, le istituzioni rappresentative e le amministrazioni pubbliche nel loro complesso riusciranno ad attuare con convinzione un disegno riformatore che appare, allo stato, come l'unica strada percorribile per coniugare la perdurante esigenza di risanamento dei conti pubblici con una politica di sviluppo e di sostegno all'economia, assicurando contestualmente la riqualificazione della spesa pubblica all'insegna dei criteri dell'efficienza, dell'efficacia e della verifica dei risultati raggiunti dall'azione amministrativa (Applausi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà per diciassette minuti.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, Viceministro Vegas, relatore Leone, colleghi, la revisione delle disciplina di finanza pubblica costituisce una grande questione politica, prima ancora che semplicemente tecnico-amministrativa e contabile, che ha impegnato i Parlamenti e i Governi negli anni passati e nelle precedenti legislature. Gli esiti sono stati piuttosto scarsi, anche se il lavoro svolto in quelle legislature è utile oggi.
La legge quadro n. 468 del 1978 ha trentuno anni di età ed è giusto che lasci il campo e lo spazio a una nuova legge di contabilità e di finanza pubblica. Questo perché l'espansione del ruolo delle autonomie territoriali e l'avvenuta riforma del Titolo V della Costituzione, i vincoli comunitari esterni - cioè il patto di stabilità e di crescita - e il vincolo di stabilità interno nonché l'avvenuta approvazione della legge sul federalismo fiscale ci obbligano, per l'appunto, a rivedere l'insieme del complesso delle leggi di contabilità. L'assalto alla diligenza che è stato compiuto negli anni passati e lo stravolgimento per mettere la parola fine a quell'assalto da parte dei Governi (uso il plurale perché è stato fatto sia dai governi di centrodestra sia da quelli di centrosinistra), attraverso il ricorso al maxiemendamento e poi al voto di fiducia, hanno manifestato il limite di un cortocircuito decisionale che non è riuscito a garantire una procedura adeguata ad un dibattito parlamentare ordinato. Venendo meno questo, è venuta meno anche la trasparenza delle procedure decisionali relative all'indirizzo politico-finanziario sotteso alla manovra di bilancio.
L'enorme ampliamento delle dimensioni e dei contenuti normativi della legge finanziaria si è manifestato anche attraverso la prassi di affiancare uno o più decreti-legge collegati, che hanno reso ancora più complessi e confusi i procedimenti parlamentari, sia di indirizzo sia di controllo. Allo stesso modo, è stata pressoché impossibile un'analisi approfondita della quantità e della qualità della spesa storica e dei nodi strutturali che generano squilibri di finanza pubblica. A sua volta, i vincoli europei hanno fatto scattare l'esigenza di mettere un freno alla spesa con strumenti di intervento e di contenimento automatico e trasversale, attraverso i cosiddetti tagli lineari, ma non selettivi, delle dotazioni di bilancio.
La proposta di riforma, approvata dal Senato, ha tentato di dare una soluzione alla «ipertrofia» della legge finanziaria e alla opposta carenza di contenuto decisionale del bilancio, aprendo la via verso un più ampio processo di revisione della spesa pubblica. L'entusiasmo che ha accolto quel testo si è però via via spento, al punto che la riapertura del dibattito in questo ramo del Parlamento - in Commissione Pag. 10prima e da oggi in Aula - e il successivo lavoro svolto hanno portato a una corposa riscrittura, come ci ricordava, per l'appunto, il relatore Leone.
Un grande lavoro è stato compiuto in Commissione con un'ampia disponibilità anche da parte del relatore stesso ma con qualche freno posto dal Governo (anche se questa è una legge di iniziativa parlamentare), a scrivere insieme un nuovo testo ad integrazione e miglioramento parziale del prodotto del Senato della Repubblica e a correzione di alcuni veri e propri «scivoloni» presenti nel testo ricevuto dall'altro ramo del Parlamento. Ne voglio ricordare alcuni: l'insufficiente raccordo tra il testo e il dettato dell'articolo 119 della Costituzione, così come attuato dalla legge n. 42 sul federalismo fiscale.
Il successo della riforma federalista dipenderà molto, a nostro avviso, dall'operazione di standardizzazione dei costi, dei fabbisogni e dei prelievi, essenziale per la determinazione delle risorse da assicurare a regioni ed enti locali, mediante risorse proprie, compartecipazioni e quote del Fondo di perequazione per i territori con minore capacità fiscale. Permane ancora a nostro avviso - e qui richiamo l'attenzione del relatore - una sostanziale centralizzazione delle procedure che entra in collisione con l'autonomia di entrata e di spesa prevista dall'articolo 119 della Costituzione.
Un secondo limite è l'eccessiva concentrazione degli strumenti di governo centrale e dei tempi della loro presentazione e discussione in Parlamento.
Nonostante le positive correzioni apportate in Commissione bilancio, riteniamo ancora troppo presente il tentativo di appropriazione di spazi decisionali non conformi alle esigenze di programmazione e di coordinamento della finanza pubblica.
Questa proposta di legge non tiene ancora in sufficiente conto che una parte consistente delle competenze in materia di spesa sono ormai trasferite alle regioni e per la concreta gestione amministrativa alle autonomie locali (comuni, città metropolitane e province) e che questi livelli di Governo sono tenuti ad esercitare tali funzioni - lo dice l'articolo 119, primo comma, della Costituzione - con autonomia di entrata e di spesa.
Il processo di coinvolgimento nella programmazione delle politiche di finanza pubblica dovrebbe essere, a nostro avviso, più trasparente ed efficace attraverso schemi più appropriati. Per raggiungere tale obiettivo abbiamo proposto che i quadri tendenziali e programmatici della spesa per funzioni, oltre che per voce economica, debbano essere esposti in modo da rappresentare, anche solo sinteticamente, il quadro tendenziale delle politiche pubbliche e il connesso quadro programmatico, prevedendo anche un'articolazione per sottosettori, che riproponiamo all'attenzione dell'Aula con gli emendamenti che abbiamo presentato.
L'azione poi di monitoraggio del conseguimento degli obiettivi costituisce una funzione importante per avere contezza della distanza tra questi e i risultati ottenuti e di conseguenza per provvedere tempestivamente ad approvare i necessari interventi. La banca dati prevista dall'articolo 14, istituita presso il Ministero dell'economia ed alimentata dalle amministrazioni pubbliche con l'obiettivo di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le amministrazioni, così come riformulati in Commissione, è sicuramente un passo avanti nella direzione di un maggiore coinvolgimento delle autonomie.
Il comma 4-bis dell'articolo 14 è lì a confermarlo, così come l'inserimento - lo ricordava il relatore - dell'ISTAT e della Conferenza unificata, ma la concentrazione presso la Ragioneria generale dello Stato, da una parte, e il semplice «sentire» dei due organismi citati ci lasciano ancora del tutto insoddisfatti.
In merito all'articolo 40 (analisi e valutazione della spesa) riteniamo che al fine di rendere efficace il processo di programmazione, efficiente l'allocazione delle risorse ed effettivo il controllo obiettivo-risultati, si istituzionalizza una prassi già avviata, cioè la cosiddetta spending review. Al fine di rendere tale prassi più effettiva ed efficace, a nostro avviso, devono essere assicurati tutti i presupposti per l'interscambio Pag. 11dei dati al fine di conseguire ogni possibile sinergia tra le attività di acquisizione delle informazioni e l'analisi delle medesime.
La nuova formulazione della delega al Governo per il passaggio al bilancio di cassa (articolo 43) è sicuramente migliorativa. Essa prevede, infatti, che tale passaggio avvenga con gradualità. Cito alcuni passaggi: affiancamento al bilancio di cassa ai fini conoscitivi di un corrispondente prospetto redatto in termini competenza; la previsione di un sistema di controlli preventivi sulla legittimità contabile ed amministrativa dell'obbligazione assunta dal dirigente responsabile; la predisposizione da parte del dirigente responsabile di un apposito piano finanziario che tenga conto della fase temporale di assunzione delle obbligazioni sulla base delle quali ordina e paga le spese; infine, la definizione di limiti di assunzione di obbligazioni da parte del dirigente responsabile in relazione all'autorizzazione di cassa disponibile con previsione di appositi correttivi.
Il rischio però, relatore e Governo, che il controllo dei flussi di cassa sia l'unico imperativo del dirigente titolare di un programma di spesa è forte, mentre effetti nefandi potrebbero emergere solo negli esercizi futuri. Da qui discende la necessità di affiancare la contabilità redatta in termini di cassa con quella redatta in termini di competenza. Quindi non solo per i primi tre anni è stata tolta la dizione in via sperimentale, ma nella sostanza così è da leggersi. Inoltre, l'affiancamento, a soli fini conoscitivi, che invece è rimasto come dizione, ci lascia davvero parecchio perplessi se non, per l'appunto, contrari.
Appare altresì del tutto insufficiente la previsione relativa all'introduzione del sistema di contabilità economico-patrimoniale accanto a quella finanziaria, anch'essa prevista solo in via sperimentale e per finalità conoscitiva.
In sede di discussione sulle linee generali in Commissione bilancio abbiamo ribadito quanto aveva sostenuto nell'altro ramo del Parlamento il gruppo dell'Italia dei Valori, ovvero che nonostante quell'entusiasmo che si era creato, occorresse ricorreggere alcuni passaggi. Abbiamo visto lungo, avevamo ragione: la corposa riscrittura è lì a confermare la necessità che i nostri colleghi del Senato avevano evidenziato. Quello licenziato dalla Commissione bilancio è sicuramente un testo migliorativo, ma riteniamo - oltre a quanto sin qui evidenziato - che in primo luogo il ciclo della programmazione debba essere avviato prima di luglio, come peraltro indicato dalla legge n. 42 del 2009, evitando una concentrazione di documenti e procedure nei mesi di settembre e ottobre.
In secondo luogo, riteniamo che la Decisione di finanza pubblica sia opportuno mantenerla a luglio e che nella sessione estiva di bilancio si dedichi maggiore attenzione all'esame del rendiconto dell'esercizio precedente sul quale spesso e volentieri si sorvola (io per primo naturalmente).
In terzo luogo, pensiamo che le disposizioni relative al coordinamento di finanza pubblica debbano essere approvate in tempo utile a consentire alle amministrazioni territoriali di approvare il proprio documento di bilancio entro il mese di dicembre.
In quarto luogo, la classificazione di bilancio per missioni e programmi deve intrecciarsi con la classificazione per funzioni-obiettivo per facilitare il raccordo con la contabilità economica e patrimoniale nazionale. La gestione per competenze giuridiche - ci ricordava una delle tante audizioni, quella del professor Carabba - è nella prassi reale attraversata da contraddizioni distorsive la cui manifestazione evidente è rappresentata dai residui di stanziamento, sicché la funzione del conto impegni non risponde all'esigenza essenziale di fornire un quadro sistematico e aggiornato delle obbligazioni delle amministrazioni e dell'impatto economico di medio periodo delle scelte di bilancio.
Non è condivisibile, infine, l'impostazione di schemi autoritativi relativi alle tecniche di accountability e alla raccolta di informazioni, dettate dal centro, con riferimento Pag. 12alla struttura decisionale e programmatica dei bilanci delle autonomie, seguendo peraltro una strada preclusa dal disegno costituzionale. Allo stesso modo non è condivisibile la scarsa attenzione dimostrata anche rispetto alla legge n. 42 del 2009, sulla quale (lo ricordiamo, contrariamente ad altri partiti o ad altri gruppi che hanno votato contro o si sono astenuti) l'Italia dei Valori aveva espresso voto favorevole, soprattutto con riferimento al ruolo degli enti decentrati nel procedimento di formazione della Decisione di finanza pubblica assolutamente preminente.
Allo stato è previsto esclusivamente un parere della Conferenza unificata su un documento semplificato contenente linee guida per la ripartizione degli obiettivi di finanza pubblica. Il collega Causi, in sede di illustrazione del complesso degli emendamenti in Commissione, richiamava la necessità di un ulteriore approfondimento circa la collocazione del provvedimento nel quadro della disciplina costituzionale vigente in materia di coordinamento della finanza pubblica. Noi ci associamo perché devono essere assicurate adeguate garanzie alla prerogativa che la nostra Carta costituzionale riconosce agli enti territoriali.
A tal fine riteniamo che la delega prevista dall'articolo 2 debba essere armonizzata con quella già prevista nella lettera h) del comma 2, articolo 2, della legge n. 42 del 2009. Un passo avanti è stato fatto, ma credo che si possa ancora; abbiamo, infatti, la possibilità di farlo in quest'aula del Parlamento. A tal fine sono stati presentati emendamenti che tendono ad assicurare la fissazione di criteri uniformi per la redazione del bilancio delle amministrazioni pubbliche e degli enti territoriali, ed affidano alla Commissione paritetica l'attuazione del federalismo fiscale e il compito di concorrere alla predisposizione dei decreti legislativi, previsti da entrambe le norme di delega, integrandola con rappresentanti dell'ISTAT e della Corte dei conti. Anche su questo ci sono nostri emendamenti.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, concludo. Questa è la prima proposta di iniziativa parlamentare, almeno in materia economica. Non poteva che essere così, visto che si scrivono le regole relative alla legge di contabilità, di bilancio e di finanza pubblica. Tali regole dovrebbero durare nel tempo e valere per tutti, a prescindere dalle maggioranze e dai Governi che si alternano. Serve una riforma che integri l'esigenza di coordinare i bilanci e le politiche finanziarie dello Stato e delle autonomie nell'ottica del nuovo modello di ispirazione federalista della Repubblica e nel rispetto del Patto europeo di stabilità e di crescita.
Serve anche il passaggio da un bilancio di risorse, che presenta i fondi suddivisi in base alla natura delle spese, ad una logica di obiettivi e di risultati. Siamo disponibili anche in Aula, così come lo siamo stati in Commissione, a confrontarci sino all'ultimo minuto sui passaggi ancora migliorabili, poi valuteremo che fare nel voto finale. Ma per cortesia - mi rivolgo in particolare al rappresentante del Governo, l'autorevole Viceministro - basta tavoli rovesciati, come è avvenuto nella sessione di bilancio dello scorso anno, basta voti di fiducia su manovre finanziarie e di bilancio. Sono certo che anche i colleghi che siedono al banco dei nove siano d'accordo sulla necessità di mettere mano con urgenza alla rivisitazione dei Regolamenti parlamentari che sono prodromici ad un'attività vera e concreta di snellimento, ma anche di controllo del nostro operato.
Presidente Leone, mi rivolgo a lei, almeno per il nostro gruppo lei ha portato bene per l'altra legge di cui era relatore, quella sul federalismo fiscale. Mi auguro che la sua ulteriore disponibilità a confrontarsi possa portarci al voto favorevole. Grazie e buon lavoro (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà per dieci minuti.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, riprendo la chiusura dell'intervento di Cambursano: l'auspicio è che in qualche Pag. 13modo il lavoro già fatto con il presidente Leone e il Governo sulla legge n. 42 del 2009 possa consentirci, nelle giornate che abbiamo davanti, di completare l'opera già iniziata nelle Commissioni. Nelle Commissioni è stato fatto un lavoro importante che ha di fatto cancellato le ombre che c'erano dopo l'approvazione del provvedimento al Senato; ombre legate alla reale possibilità di armonizzare i sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche nel nostro Paese. Se l'obiettivo era, a regime, un unico piano dei conti del sistema pubblico italiano non potevamo raggiungerlo a spizzichi e bocconi. Pur avendo il Senato fatto un lavoro importante, soprattutto sul ciclo e sugli strumenti di programmazione, restavano molti dubbi su alcuni aspetti che non sono astrazione e non sono neanche teoria, ma fanno riferimento al funzionamento reale del raccordo tra i sistemi contabili delle diverse amministrazioni pubbliche.
Da questo punto di vista il Partito Democratico ha dato un contributo importante nella prima fase al Senato e lo ha ripreso in questa sede. Cambursano molto opportunamente richiamava alcuni passaggi che per il Partito Democratico l'onorevole Causi e l'onorevole Beretta hanno fatto in Commissione: questi sono per noi il punto dal quale ripartiamo in questa discussione generale e obbiettivamente sono stati anche oggetto di una riflessione concreta da parte del relatore e del Governo.
In questo mio intervento vorrei riprendere alcuni concetti che molto spesso noi del Partito Democratico abbiamo richiamato al Governo in sede di approvazione di alcuni provvedimenti economici (certamente l'anno scorso prima dell'approvazione della legge finanziaria e non mancheremo di farlo anche con riferimento alla legge finanziaria di quest'anno quando arriverà alla Camera dopo il passaggio al Senato) perché, a mio avviso, ci sono alcuni aspetti che noi non possiamo non mettere insieme. Il relatore Leone nel suo intervento ha richiamato il combinato disposto tra questo provvedimento e la legge n. 42, la delega sul federalismo fiscale. Tuttavia, ho la sensazione che finalmente siamo ad un passo da una parola finale, che abbiamo il dovere di dire come legislatori, sul significato che vogliamo dare alla programmazione economica e al legame della stessa con i meccanismi di reperimento delle risorse finanziarie.
Se è vero che tutto quello che abbiamo detto in Aula in questi mesi, anche nel dibattito sul disegno di legge sul federalismo fiscale, è nei cromosomi del legislatore, allora non possiamo più nasconderci dietro alcuni temi. Tutti coloro che si occupano di economia sono cresciuti avendo la convinzione che la programmazione economica fatta dalle amministrazioni pubbliche ai vari livelli, perché questa è la novità che ci troviamo a vivere nel 2009 rispetto agli anni Sessanta o Settanta, ha un senso se riesce, come allora, a prevenire le incertezze sui livelli di crescita sempre più condizionati da fattori esterni, che molto spesso sono esterni anche al nostro stesso Paese, e se in qualche modo riesce ad incidere sulle diseconomie esterne.
L'attuale modello che porta alla definizione di questa legge finanziaria, così come di quella precedente, non dà tali risposte, non le fornisce ai vari livelli, non a quello centrale, ma neanche ai livelli regionali. Se è vero che questi due temi che oggi richiamiamo in Aula potevano essere gli stessi temi centrali del Parlamento negli anni Sessanta e Settanta, anche se allora magari si dava meno importanza alle incertezze sui livelli di crescita che in qualche modo venivano condizionati dalle economie dei Paesi vicini al nostro, oggi abbiamo la certezza inconfutabile che il coordinamento tra i diversi livelli istituzionali, che parte dal comune e passa attraverso le regioni, ha lo snodo principale nella programmazione economica che fa il Paese a livello centrale, ma non può non tener conto del contesto europeo. Questo è un passaggio centrale che senza l'armonizzazione dei sistemi contabili non si può realizzare; questo passaggio è fondamentale e tutti gli sforzi che abbiamo fatto nelle Commissioni per avvicinarci a questo obiettivo Pag. 14sono sforzi che dimostrano anche la maturità politica dei gruppi parlamentari che hanno deciso di dare un contributo importante rispetto a tale passaggio.
Oltre al coordinamento dei diversi livelli istituzionali che abbiamo il dovere di garantire nel nostro Paese, ci sono altri due aspetti che sono figli del tempo che viviamo. Uno di questi è la valutazione ex ante dell'impatto degli interventi delle politiche stesse, che non attiene solo alla valutazione, alla quale siamo abituati, degli investimenti infrastrutturali. Molte amministrazioni regionali - la Lombardia lo fa già da tempo, ma posso citare l'Emilia Romagna e la Toscana - sono dotate all'interno non solo di normative regionali, ma anche di strumenti tecnici che consentono alle stesse di compiere una valutazione ex ante dell'impatto degli investimenti, e che portano spesso il legislatore regionale a dire «sì» o «no» in funzione del fatto che quella politica incida o meno sull'aumento dell'occupazione, incida o meno sull'aumento del PIL anche su scala regionale o sia capace di stimolare altri investimenti privati. Ebbene, questo «credo» deve diventare anche il «credo» dell'amministrazione centrale dello Stato. Diciamoci la verità: ciò non è mai accaduto in questi anni; molto spesso si è proceduto a politiche infrastrutturali che nulla avevano a che vedere con la crescita dei territori. Se noi riusciamo a costruire un meccanismo in grado di portare la valutazione dell'impatto economico delle politiche non solo sul livello degli investimenti infrastrutturali, ma anche sulle policies a tutti i livelli, anche sulle politiche sociali, probabilmente questo Paese, indipendentemente da chi lo governa, avrà strumenti di gestione della cosa pubblica in grado di reggere a qualsiasi impatto esterno, e per impatto esterno intendo quello legittimo, ma non certo finalizzato al bene collettivo delle lobby esterne al Parlamento.
Se noi costruiamo un meccanismo di questo tipo probabilmente raggiungiamo questo obiettivo, poi toccherà alla politica decidere se si cede o meno ad una lobby anziché ad un'altra, ma intanto abbiamo uno strumento condiviso che ci consente di costruire meccanismi che in qualche modo garantiscono l'erogazione dei servizi indispensabili ai cittadini.
Infine, vengo alle risorse private che non sono - e concludo signor Presidente - un tema di un partito e non di un altro, o di una coalizione e non di un'altra. I meccanismi con i quali noi abbiamo costruito il sistema di raccordo delle contabilità deve tener conto che molto spesso, su molti investimenti, è necessario capire se stimolano investimenti privati ulteriori e se, in qualche modo, sono in grado di attrarre investimenti privati. Penso che anche su questo piano si siano compiuti dei passi in avanti importanti.
In conclusione, riconosco alle modifiche apportate nelle Commissioni competenti, in particolar modo nella Commissione bilancio, un passaggio importante, ovvero quello del controllo parlamentare sulla finanza pubblica. I nuovi strumenti di conoscenza e di valutazione, in qualche modo accettati, garantiranno, a mio avviso, domani una discussione in Aula più in linea con le nostre attese. Per questo motivo, il contributo del Partito Democratico sarà ulteriormente costruttivo anche in Aula (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor Viceministro, onorevoli colleghi, la legge n. 468 del 1978 disciplina la contabilità generale dello Stato e le procedure di bilancio e le sue norme sono in vigore, quindi, ormai da trent'anni. I Regolamenti parlamentari di Camera e Senato sono fermi ad una disciplina della sessione di bilancio organizzata sulla base di un Parlamento e di un sistema finanziario e monetario superati dalla prassi e dal diritto. In questi trent'anni, sono avvenuti tre eventi storici: l'Euro, la riforma del Titolo V della Costituzione e il sistema elettorale maggioritario.
L'Euro ha vincolato il nostro Paese al patto di stabilità e crescita che ogni anno, in sede ECOFIN, valuta gli Stati membri di Pag. 15Eurolandia sul rispetto dei parametri di Maastricht. Quindi, il saldo netto da finanziare e il fabbisogno finanziario devono stare dentro il profilo dei tetti dell'indebitamento. Ciò significa per l'Italia contenere e ridurre il deficit di bilancio fino ad arrivare al pareggio che è l'obiettivo verso il quale l'Italia si è impegnata. Il pareggio è la condizione per riportare il debito pubblico, oggi il più alto dell'Unione europea, nei parametri del 60 per cento, cioè della metà di quello che attualmente abbiamo.
Il Titolo V della Costituzione, riscritto nel 2001, impone l'autonomia contabile degli enti locali e delle regioni. Le stesse regioni, in base all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, hanno anche un potere concorrente nel definire le regole di contabilità del settore pubblico allargato. L'autonomia finanziaria degli enti territoriali significa anche autonomia di regole di contabilità relative ai rispettivi enti, soprattutto per le regioni che hanno potere legislativo.
Dal 2006, inoltre, si vota in Parlamento con un sistema maggioritario che prefigura maggioranze precostituite già con il voto popolare, attraverso un premio di maggioranza. Tale novità implica un diverso ruolo del Parlamento verso il Governo a causa di una più netta distinzione tra la decisione e il controllo. Di fronte a tre cambiamenti epocali come questi la legge n. 468 era diventata inattuale e tale legge ha resistito finora solo per la disciplina dell'applicazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Già nella legislatura 2001-2006 si pose il problema di una riforma condivisa tra maggioranza e opposizione e nella legislatura 2006-2008 si è tornati sull'argomento.
In questa legislatura, per opportuna decisione della V Commissione bilancio, su iniziativa del presidente Azzollini, del Popolo della libertà, della Lega e dell'UdC, si è ripresa l'iniziativa parlamentare e, attraverso un voto condiviso tra maggioranza ed opposizione al Senato, abbiamo avuto un testo in prima lettura che ha visto la V Commissione bilancio della Camera svolgere un approfondito esame, anche ricorrendo a mirate audizioni in modo aperto e condiviso che ne hanno arricchito la riflessione. In tal senso un ringraziamento va al relatore Leone, che ha svolto una approfondita verifica delle proposte e delle ragioni di miglioramento offerte dalle opposizioni, raccogliendo le parti più ragionevoli e condivise anche dal Governo.
Le innovazioni di questa proposta di legge possono essere rintracciate seguendo i titoli che sono esplicativi: delega per l'armonizzazione dei sistemi contabili per un riallineamento con la legge delega n. 42 sul federalismo fiscale; programmazione degli obiettivi di finanza pubblica per riallineare il sistema delle autonomie, degli enti previdenziali e dello Stato alle decisioni assunte in sede europea in materia di finanza pubblica; monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica per prevedere aggiustamenti in corso d'anno; copertura delle leggi di spesa, bilancio dello Stato e delega per il completamento della sua riforma; sistemi dei controlli che si prevedono più rafforzati per il Parlamento a compensazione di quelli decisionali che in modo più incisivo fanno capo al Governo.
Volendo inquadrare gli istituti di riforma delle regole di contabilità in una cornice politica possiamo dire che con questo provvedimento legislativo si amplia il perimetro di riferimento delle norme di contabilità dello Stato al complesso delle amministrazioni pubbliche secondo il sistema SEC 95, adottato dall'Unione europea per la rilevazione dei dati economici con i parametri EUROSTAT.
L'armonizzazione dei dati economici e finanziari definita in sede europea comporta anche l'armonizzazione delle rilevazioni interne dei dati di ciascun paese membro. Tale armonizzazione significa anche definire regole per una maggiore efficacia del coordinamento degli schemi contabili per il perseguimento di comuni obiettivi di finanza pubblica.
Regole più diffuse e maggiore coordinamento devono prevedere un orizzonte di programmazione più ampio dell'annualità finanziaria. La triennalità introdotta dal decreto-legge n. 112 del 2008, insieme ad Pag. 16una maggiore flessibilità di gestione del bilancio che si prospetta attraverso il superamento dell'unità previsionale di base quale unità di voto di autorizzazione di spesa da parte del Parlamento per introdurre il programma quale unità di voto, è per un verso un passo avanti verso la semplificazione, la trasparenza e la rapidità delle decisioni e, per l'altro, un motivo per distinguere i ruoli tra controllo e decisione.
Con questa normativa si cerca quindi di conciliare la maggiore autonomia di entrata e di spesa degli enti territoriali prevista dal federalismo fiscale con le esigenze di un maggior coordinamento e controllo della finanza pubblica, affinché tutti i soggetti istituzionali previsti nell'articolo 114 della Costituzione possano partecipare con tali responsabilità al perseguimento degli obiettivi stabiliti dal patto di stabilità e crescita definiti in sede europea per garantire la stabilità monetaria, unica strada per contrastare quella tassa occulta che si chiama inflazione, la quale erode i redditi di famiglie e di imprese in modo non selettivo, favorendo le spinte speculative di chi ha posizioni dominanti nei mercati di riferimento.
L'armonizzazione dei bilanci e il coordinamento della finanza pubblica ha come presupposto la ridefinizione del ciclo e degli strumenti di programmazione. In tal senso è stato riscritto il calendario delle verifiche e degli adempimenti. Ad aprile, la relazione sulla finanza pubblica, con lo stesso significato della relazione unificata sull'economia e finanza. Nel caso di scostamento dai dati previsionali e di correzione dei conti pubblici, il Governo presenta una nota di aggiornamento al Parlamento e, sulla base della definizione di nuovi obiettivi di finanza pubblica, propone una nuova manovra correttiva.
A luglio, il Governo presenta alla Conferenza unificata le linee guida con le quali si anticipano gli obiettivi di finanza pubblica, con particolare riferimento al comparto delle autonomie, al fine di definire percorsi condivisi, sia nella definizione degli stessi obiettivi che di attuazione per i rispettivi livelli di Governo. A settembre, la Conferenza unificata esprime il parere sulla proposta di Governo, che dopo due settimane propone la decisione di finanza pubblica che sostituisce l'attuale DPEF. Ad ottobre, il Governo presenta il disegno di legge di stabilità, ossia l'attuale disegno di legge finanziaria, con il relativo disegno di legge di bilancio, dove vengono decise le misure e le quantificazioni attraverso le quali raggiungere gli obiettivi macroeconomici definiti con la decisione di finanza pubblica, la quale, a sua volta, tiene conto - e non può non tener conto - del parere della Conferenza unificata.
Da novembre a febbraio, possono essere presentati i provvedimenti legislativi collegati alla legge di stabilità. Tale ciclo della programmazione degli strumenti di intervento nel controllo della finanza pubblica, da recepire anche nei Regolamenti parlamentari, ha lo scopo di concentrare nell'ultimo trimestre tutte le decisioni di finanza pubblica, facendo sì che il restante periodo sia riservato al controllo degli andamenti in rapporto alle previsioni e alle eventuali fasi congiunturali. La scelta di richiedere un'eventuale nota di aggiornamento, sia prima che dopo la relazione di finanza pubblica di aprile, mira ad accentuare il controllo parlamentare su eventuali manovre correttive, al fine di evitare la decretazione omnibus, come quella della manovra estiva del 2008, ovvero del decreto anticrisi di quest'anno, che si risolve in un maxiemendamento su cui porre la questione di fiducia, con un ruolo acritico e marginale del Parlamento. Un'altra significativa innovazione, che rende coerenti il bilancio e la legge finanziaria con il piano dei conti europeo definito con le classificazioni SEC 95 e con le nuove norme sul federalismo fiscale, che si basano sui costi standard e i fabbisogni standard dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e delle funzioni fondamentali, è rappresentata dalla riclassificazione per missioni e programmi del bilancio annuale e pluriennale, che definisce le allocazioni delle risorse finanziarie con diretto riferimento agli obiettivi di intervento pubblico. Il conseguente fatto di assegnare la realizzazione Pag. 17del programma ad un unico centro di responsabilità amministrativa e di riconoscerla come macroaggregato finanziario, su cui si esprime l'unità di voto parlamentare, rappresenta un forte nesso tra decisione, responsabilità e controllo. Il Parlamento, attraverso missioni e programmi, definisce dei macro aggregati funzionali e finanziari omogenei in rapporto alle finalità di spesa decise. Il Governo gestisce detti programmi con centri di responsabilità amministrativa, affidati a dirigenti che, secondo la riforma della pubblica amministrazione, devono essere valutati in rapporto ai risultati, i quali tornano al Parlamento per il controllo su come le proprie decisioni siano state attuate dall'Esecutivo. Un circuito virtuoso, dopo l'impianto istituzionale di un Parlamento che indirizza e controlla e un Governo che esegue, trova qui tutta la sua forza espressiva, secondo il disegno costituzionale di una Repubblica parlamentare. La naturale conseguenza di un sistema statale organizzato su programmi di spesa, il cui esito è valutato da parametri di risultato, e di un sistema di finanza decentrata organizzata sulla base di costi e fabbisogni standard è un sistema contabile organizzato su un bilancio di sola cassa. Quasi tutti i Paesi OCSE adottano il bilancio di cassa. Tale innovazione, però, viene enunciata affinché possa realizzarsi in un triennio, eventualmente prorogabile, come è stato aggiunto dal relatore Leone.
Rimane pertanto l'attuale impianto, impostato su criteri di competenza e di cassa, prevedendo schemi di contabilità economico-patrimoniale previsti solo a fini conoscitivi. Sulla contabilità di cassa vi sono forti resistenze politiche e burocratiche. La stessa maggioranza si è dimostrata tiepida e divisa rispetto alle forti convinzioni espresse dal Viceministro Vegas, che personalmente condivido.
Lo stesso Ragioniere generale dello Stato, dottor Canzio, ha rilevato che l'adozione del previsto criterio di cassa imporrebbe la revisione completa degli schemi contabili del bilancio e delle attuali norme di contabilità dello Stato, nonché la riorganizzazione dei sistemi informativi di gestione del bilancio, con conseguenti rilevanti oneri finanziari.
Nelle preoccupazioni del dottor Canzio non vi sono valutazioni di merito negative, ma sovrastanti ragioni di metodo che ne inibiscono l'attuazione. La questione dei rilevanti oneri finanziari, infatti, non è una materia di competenza del dottor Canzio, ma del decisore politico.
Quello che però risalta dalle parole del Ragioniere dello Stato sono le inopportune difficoltà enunciate, che danno la misura delle forti resistenze burocratiche che renderanno inattuabile l'adozione del bilancio di cassa.
È una previsione personale che mi auguro sia smentita dai fatti. Indubbiamente, la compresenza di documenti di contabilità finanziaria e di contabilità economico-patrimoniale possono generare confusione ed incremento del carico di lavoro, soprattutto per la coesistenza nel sistema pubblico di ambedue i modelli di contabilità, con prevalenza una volta dell'uno, come per esempio nelle società di gestione dei servizi, e una volta dell'altro, come per esempio negli enti locali e nello Stato.
Da questo sistema binario bisogna però uscire: è necessario un sistema di trasformazione dei dati che consenta la coesistenza dei due modelli. Questo è il primo degli adempimenti di cui è fatto carico al Governo. La contabilità finanziaria è utile per la valutazione degli oneri correnti e per un più rigoroso controllo degli impegni che scoraggi il fenomeno dei debiti sommersi, ma la contabilità economico-patrimoniale consente di responsabilizzare la gestione delle risorse pubbliche, potendone valutare l'efficacia, l'efficienza e l'economicità.
Questo è un sistema che evolve verso i costi standard e di spesa pubblica quale criterio orientativo per pesare il prelievo fiscale e che pone al centro la responsabilità del dirigente nella valutazione dei risultati di gestione. È di tutta evidenza la necessità di una flessibilità gestionale modulabile ai fini dell'ottenimento dei risultati attesi. Pag. 18
Proprio qui, su questi banchi, abbiamo discusso della validità di superare la spesa storica, di superare una concezione della pubblica amministrazione che va per procedimenti e di misurare di più l'efficienza della gestione, quando abbiamo discusso del federalismo fiscale.
Si rischia, però, di andare dalla parte opposta. Se il programma diventa l'unità di voto, è evidente che il responsabile del programma stesso deve avere la possibilità di manovrare le allocazioni di risorse all'interno dello stesso programma, soprattutto sapendo di poter fare le opportune compensazioni nell'arco di un triennio. È solo a questo fine che può avere un rilievo e un significato la triennalità.
Se non ci si sposta dalla responsabilità delle procedure a quella dei risultati, che pure contiene le procedure, se non si sposta l'attenzione su questo dato e su questo obiettivo, nessuna riforma per rendere efficiente la pubblica amministrazione avrà mai successo.
Se vi è un limite in questa proposta di legge rispetto alle ambizioni che ha è proprio la sottovalutazione dell'importanza e del rilievo che viene dato alla contabilità economico-patrimoniale come momento importante della gestione delle risorse pubbliche.
E su questo noi dell'Unione di Centro abbiamo insistito in seno alla Commissione. Ci rendiamo conto che passi avanti sono stati fatti e altri potranno meglio essere fatti nella delega data al Governo; però confidiamo nell'apertura culturale che il Viceministro ha più volte manifestato in Commissione, affinché alcuni di questi obiettivi, mancati in modo esplicito nel testo della proposta di legge e nei criteri della delega, possano essere meglio colti con norme più puntuali, in modo da attuare la contabilità economico-patrimoniale di cui la cassa è un sottosistema. Ciò consentirebbe sicuramente di non avere soltanto a fini valutativi un sistema contabile parallelo a quello finanziario, perché nel tempo tale sistema potrebbe diventare dominante e determinare veramente una gestione delle risorse pubbliche, così come avviene nel settore privato, con la quale si possano misurare meglio capacità ed efficienze, un sistema di cui questo Paese ha molto bisogno, se vuole sia ridurre il debito pubblico sia razionalizzare la spesa pubblica in modo intelligente (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, Viceministro Vegas, onorevoli colleghi, più volte è stato affermato che l'esigenza di una riforma complessiva delle procedure di bilancio è oggetto di dibattito politico da molti anni e quindi tale riforma è riconosciuta come necessaria sia dalle forze di maggioranza che di opposizione. È dunque con particolare soddisfazione, anche nella mia qualità di capogruppo del Popolo della Libertà in Commissione bilancio, che prendo oggi la parola per sostenere le ragioni di un testo che si propone di razionalizzare i principi della contabilità pubblica, e quindi anche del bilancio, coniugando una maggiore capacità di governance dell'economia da parte del Governo con un rafforzamento dei poteri di controllo e di indirizzo del Parlamento, in linea con le esperienze delle maggiori democrazie europee ed occidentali.
La riforma oggi al nostro esame rientra a pieno titolo nel quadro di quella stagione di riforme che la maggioranza intende con determinazione a perseguire, con l'obiettivo di cambiare il Paese, rendendolo più moderno. L'ambizione della maggioranza è quella di realizzare in questa legislatura leggi di sistema. Preciso subito che non mi piace sentir dire che si tratta di una riforma che nasce dalla crisi: anzi, questa è una riforma che può servire alla crisi, ma che non nasce da essa. In quest'ottica occorrerà procedere anche sulla strada delle riforme costituzionali, e non fermarsi quindi soltanto alla riforma di bilancio.
Devo tuttavia con piacere dare atto che il testo al nostro esame è il frutto di un lavoro approfondito, prima al Senato e poi alla Camera in Commissione bilancio, che Pag. 19ha visto un dialogo costruttivo tra maggioranza ed opposizioni (i colleghi lo hanno affermato anche oggi) sempre sul merito, senza tatticismi, e che ha consentito anche il recepimento di importanti proposte emendative avanzate dalla stessa minoranza e che la maggioranza ha accolto. Mi auguro che tale atteggiamento positivo possa caratterizzare anche il dibattito in Aula al fine di migliorare ulteriormente il provvedimento.
La proposta di legge oggi in discussione, che nasce - mi piace ricordarlo - dall'iniziativa parlamentare, in un momento in cui si fa troppa critica all'eccessiva iniziativa del Governo, si intreccia strettamente con due importanti leggi recentemente approvate dalle Camere (la legge n. 15 del 2009, recante la riforma della pubblica amministrazione, e la legge n. 42 dello stesso anno, relativa al federalismo fiscale), che necessitano peraltro di essere armonizzate con la nuova legge di bilancio che stiamo esaminando.
Rispetto alla legge n. 42 del 2009 si è posta l'esigenza di coordinamento, in particolare con riferimento ai sistemi contabili ed alla partecipazione degli enti decentrati alla fase ascendente di definizione della finanza pubblica, come ha già anche detto più volte il relatore. Riguardo alla legge di riforma della pubblica amministrazione, in Commissione è stata affrontata la questione del raccordo del sistema di indicatori delineato per la valutazione dei risultati dei dirigenti con quello proposto per la misurazione del raggiungimento degli obiettivi riferiti alle missioni ed ai programmi di bilancio. Un tale sistema, basato sull'individuazione di performance chiare e misurabili, rappresenterà quindi un utile strumento al fine di un più efficace controllo da parte del Parlamento.
Sui contenuti di merito della riforma sono già intervenuti autorevolmente i miei colleghi, i quali hanno riportato una dichiarazione del relatore, che più volte è stata colta e che vorrei ripetere, ossia che questa è l'occasione di lavorare, ringraziando tutti.
In questa sede desidero però soffermarmi brevemente su alcune questioni, in particolare con riferimento ai rapporti con le istituzioni dell'Unione europea. Il criterio che è alla base delle scelte effettuate dalla Commissione è stato quello di prevedere un maggior coinvolgimento del Parlamento nella fase ascendente, quindi tenendo presenti i tempi. Ho più volte chiesto al Governo se non fosse possibile considerare i momenti di approvazione degli strumenti contabili anche in riferimento alle esigenze degli enti locali italiani ma, come giustamente il Viceministro Vegas ha puntualizzato, bisogna sempre tenere presenti le scadenze che ogni Paese ha nell'adempiere alle direttive comunitarie.
In particolare, tornando alla questione europea, all'articolo 9 viene disposto che, in occasione della predisposizione dell'aggiornamento del programma di stabilità da presentare al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, il Governo trasmette alle Camere e alla Conferenza unificata, entro i 15 giorni antecedenti la data di presentazione concordata in sede europea, lo schema di aggiornamento del programma di stabilità, che comprende un quadro sulle prospettive di medio termine della politica economica italiana nell'ambito proprio dell'Unione europea, con l'indicazione delle linee guida per la sua implementazione a livello di politiche nazionali. Tale previsione consentirà al Parlamento di incidere maggiormente sulla definizione dei vincoli e degli obiettivi che l'Italia concorda con le richiamate istituzioni europee. Inoltre, il comma 3 dell'articolo 12 prevede che, nella relazione sull'economia e la finanza pubblica, il Governo debba dare conto del parere del Consiglio dell'Unione europea sul programma di stabilità. Quest'ultima previsione consentirà alle Camere di disporre del quadro complessivo degli obblighi di bilancio assunti dall'Italia.
Un altro aspetto della riforma in esame che voglio sottolineare è quello già accennato del conferire maggior rigore al ruolo di controllo e di indirizzo del Parlamento. La proposta di legge in esame, anche a Pag. 20seguito delle importanti modifiche introdotte dalla Commissione bilancio della Camera, ha inteso, da un lato, rafforzare il controllo che le Camere esercitano direttamente avvalendosi dei propri apparati tecnici, mentre dall'altro lato si assiste all'ampliamento degli obblighi informativi da parte del Governo. Entrambi i profili evidenziati, unitamente alla revisione dei termini per la presentazione dei documenti di bilancio, mirano a rendere la decisione parlamentare maggiormente consapevole e conseguentemente più efficace.
Particolarmente utili a tal fine risultano le modifiche introdotte con riferimento alle schede illustrative che saranno allegate al disegno di legge di bilancio e che dovranno dare conto anche dell'utilizzo delle risorse dei fondi di settore, ivi compresi i fondi FAS, offrendo in tal modo ai parlamentari un utilissimo strumento per tenere il polso delle politiche economiche più efficaci.
Importante sotto lo stesso profilo è la revisione delle norme concernenti la relazione tecnica che potrà essere chiesta dalle Commissioni parlamentari su tutte le proposte di legge e gli emendamenti al loro esame e che dovrà essere presentata al Governo nei termini fissati dalla stessa Commissione richiedente. Anche tale disposizione, come ben sanno i colleghi della Commissione bilancio, appare particolarmente opportuna perché consentirà alle Commissioni di disporre di un elemento conoscitivo fondamentale per una corretta istruttoria legislativa.
Desidero soltanto aggiungere - l'ho già detto in premessa - che questo provvedimento nasce non in funzione della crisi, ma nonostante la crisi. Infatti, il Governo sa benissimo che in momenti di crisi il Parlamento e il Governo stesso sono spinti a preoccuparsi di quei provvedimenti necessari ad evitare che la crisi possa peggiorare, ma un Parlamento è tale quando non abbandona le attività fondamentali e le strade maestre e le riforme per noi sono strade maestre (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà per venti minuti.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento del quale mi limiterò, qui in sede orale, soltanto a richiamare i principali tratti.

PRESIDENTE. Onorevole Causi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, riformare il processo di decisione della finanza pubblica italiana e i suoi strumenti a partire dalla struttura del bilancio dello Stato e dai contenuti dei documenti e delle leggi che annualmente ne definiscono la traiettoria è un obiettivo sacrosanto. È un pezzo di riforma normativa che, affiancandosi alla legge 5 maggio 2009, n. 42, sulla finanza decentrata può dimostrare che esiste ancora spazio, pur in una fase politica confusa e turbolenta, per lavorare all'innovazione del sistema Italia.
E quanto sia necessario questo lavoro lo dimostra uno studio della Commissione europea di due anni fa, nel quale sono stati messi a confronto i sistemi di bilancio pubblico di diciotto Paesi dell'Unione, calcolando un indice su diverse dimensioni del processo di bilancio: l'indice sintetico di qualità delle procedure di bilancio calcolato per l'Italia colloca il nostro Paese appena al terz'ultimo posto in Europa (al sedicesimo posto sui diciotto Paesi esaminati).
La crisi del processo di bilancio è manifesta da molti anni: la legge su cui oggi interveniamo è datata al 1978 ed è stata più volte riformata, negli anni Ottanta e ancora negli anni Novanta.
Le riforme hanno consentito l'ancoraggio della sessione parlamentare a predefiniti obiettivi finanziari e ciò ha contribuito alla tenuta dei conti pubblici, un fatto che non era scontato prima del 1978; tuttavia, si sono mano a mano incancreniti Pag. 21tanti altri aspetti, primo fra tutti quello relativo al circuito tra Governo e Parlamento in materia finanziaria.
Per cinque leggi finanziarie di seguito - da quella del dicembre 2003 a quella del dicembre 2007 - l'approvazione è avvenuta ricorrendo al voto di fiducia con maxiemendamento, un segnale certamente legato anche a dati politici e alle difficoltà insite nella conduzione di maggioranze di coalizione, ma al tempo stesso un segnale di scarsa qualità, prima del processo di redazione del bilancio da parte dei Governi, e poi dei processi relazionali tra gli stessi Governi e le loro maggioranze parlamentari.
La crisi assunse una forma diversa a partire dal 2008, quando la manovra finanziaria 2009-2011 fu anticipata con provvedimenti varati dal Governo nel mese di giugno ed approvati dal Parlamento all'inizio di agosto, con un tempo scarsissimo destinato alla riflessione ed alla discussione e comunque ricorrendo, una volta ancora, al voto di fiducia. Insomma, è chiaro che il circuito Governo-Parlamento in materia di decisioni finanziarie non funziona e che la prassi inaugurata nel 2008 non costituisce una risposta soddisfacente: occorre trovare un nuovo equilibrio tra le esigenze del Governo e quelle del Parlamento.
Con le leggi esistenti e con i Regolamenti parlamentari vigenti il Governo non è affatto sicuro di poter vedere approvate in tempo misure per le quali la tempestività è cruciale ancor più del merito; dall'altro lato, se si svuotano le leggi con un ricorso anomalo alla decretazione d'urgenza si rischia di alterare profondamente l'equilibrio dei poteri.
Ma la crisi, signor Presidente, è aperta anche su altri fronti. Il primo e più importante è quello del coordinamento tra le decisioni di finanza pubblica centrali e locali; il secondo è che poco si sa e poco si discute delle effettive realizzazioni, anche perché la reportistica esistente non consente con facilità di raccordare leggi di spesa, missioni, programmi del bilancio e valutazione dei risultati conseguiti su obiettivi misurabili; il terzo elemento di crisi è infine legato alla certezza delle poste finanziarie in gioco e dei loro effettivi andamenti.
La riflessione sulla riforma è avviata da tempo tra gli addetti ai lavori e nella letteratura scientifica ed ha ampie componenti e convergenze comuni a tutti gli schieramenti politici: di ciò sono testimonianza l'origine parlamentare e non governativa del progetto di legge che stiamo esaminando, l'ampio consenso che il testo ha raccolto al Senato, il proficuo lavoro di ulteriore miglioramento che è stato condotto in Commissione bilancio alla Camera, di cui diamo atto al relatore e al presidente della V Commissione.
Il consenso coinvolge vari obiettivi: il primo è quello di superare una formulazione eccessivamente estensiva della legge finanziaria; il secondo è quello di spostare l'attenzione politica e la stessa attività del Parlamento sui programmi e sulle azioni pubbliche da cui è composto il bilancio; il terzo è quello di ritrovare nei provvedimenti collegati la collocazione delle altre misure legislative prioritarie; il quarto è quello di armonizzare i bilanci delle pubbliche amministrazioni e superare le reiterate difficoltà di acquisizione dei dati e di loro aggregazione; il quinto è quello di rendere più trasparenti e leggibili tutte le procedure con cui i bilanci vengono costruiti e modificati. Signor Presidente, è convinzione del Partito Democratico che il testo che oggi comincia il suo cammino in Aula possa permettere di raggiungere in modo soddisfacente questi obiettivi, e nondimeno riteniamo che questo testo sia ancora perfettibile.
Procederò nell'analisi distinguendo tre grandi temi: i contenuti del bilancio, il processo di bilancio, le attività di monitoraggio, controllo e valutazione.
In materia di contenuti di bilancio il testo contiene alcuni punti di equilibrio innovativi. La legge finanziaria, che d'ora in poi si chiamerà «legge di stabilità», sarà light ma non sarà anoressica poiché potrà essere corredata dei disegni di legge collegati che intervengono su materie ordinamentali, strutturali e di sviluppo. Pag. 22
Poi verrà completata con delega la riforma della struttura del bilancio avviata nella precedente legislatura. Il bilancio verrà riorganizzato per missioni, programmi, azioni. All'interno delle azioni verranno riclassificate e raggruppate le norme di legge esistenti e l'occasione sarà eccellente per valutare la necessità di un loro mantenimento o modificazione. La nuova struttura del bilancio verrà sottoposta al parere delle Commissioni parlamentari di merito, non solo dunque della Commissione bilancio. Se le due Commissioni di merito di Camera e Senato esprimeranno un parere uniforme esso diventerà vincolante per il Governo. Inoltre nello stato di previsione del bilancio verranno indicate in apposite schede allegate le spese rimodulabili e, infine, il nuovo bilancio sarà più trasparente e più ricco di informazioni (altri ne hanno parlato prima di me).
Restano tuttavia, a nostro avviso, due aree di ulteriore possibile miglioramento. La prima concerne l'individuazione di poste da garantire in bilancio per il finanziamento nel corso dell'anno di progetti di legge di iniziativa parlamentare. Può trattarsi di cifre piccole o grandi a piacere, ma a questo punto è il principio che conta. Si tratta, come sapete, del motivo con cui è stata giustificata ancora ieri sera nell'intervento del Presidente Fini, in uno dei programmi televisivi più seguiti del Paese, una scelta politica niente affatto banale, come la chiusura dei lavori d'Aula di Montecitorio nella prima settimana del mese di novembre. Al di là delle trattative tutte interne alla maggioranza e al suo Governo, che potrebbero portare a destinare qualche marginale risorsa a tale iniziativa parlamentare nell'attuale sessione di bilancio, se la Presidenza della Camera e la maggioranza vogliono fornire una risposta strutturale e permanente al problema da loro stessi sollevato, allora potranno prevedere in considerazione un emendamento del Partito Democratico o proporci un'eventuale riformulazione.
La seconda area di miglioramento riguarda la clausola di salvaguardia per la copertura finanziaria. Il Governo insiste nel volere automatismi che potrebbero, non soltanto ad avviso nostro, ma di tutte le istituzioni e gli esperti auditi in Commissione, incidere sulla esigibilità dei diritti soggettivi. In questo caso abbiamo proposto in Aula un emendamento di compromesso rispetto a quelli esaminati in Commissione che vi preghiamo di esaminare insieme.
Passiamo adesso al processo di bilancio. In materia di processo di bilancio il Governo ha ritenuto indispensabile contrarre i tempi della sessione nella seconda metà dell'anno, posticipando così il documento programmatico da giugno a settembre e la presentazione della legge di stabilità da settembre a ottobre. La motivazione addotta riguarda l'affidabilità dei dati su cui costruire la manovra, che migliora solo durante il mese di luglio in seguito all'afflusso dei dati sull'autotassazione. In tutta sincerità noi continuiamo ad avere qualche riserva in proposito e potremmo polemicamente argomentarla ricordando al Governo che negli ultimi due anni le manovre triennali fatte per decreto-legge sono arrivate in Parlamento a fine giugno e sono state dallo stesso approvate all'inizio di agosto. Dunque, se la motivazione che oggi il Governo indica è valida ne seguirebbe che le due manovre approvate con il decreto-legge n. 112 del 2008 e con il decreto-legge n. 78 nel 2009 sono state fatte al buio senza disporre di dati sufficienti. Con ciò dunque il Governo darebbe ragione alle critiche che più volte l'opposizione ha avanzato sull'efficacia di tali manovre.
In ogni caso, lasciando da parte le questioni relative all'attuale congiuntura di politica economica, la Commissione bilancio della Camera ha lavorato bene in due importanti direzioni. In primo luogo, è stata accettata una riformulazione di un emendamento del Partito Democratico ed è stata introdotta un'importante novità: se nel corso del primo semestre il Governo ritenga necessaria una manovra correttiva, dovrà presentare una nota di aggiornamento ai quadri previsivi per dimostrarne la necessità e assumere gli indirizzi del Parlamento. Pag. 23
In secondo luogo, si è introdotto un processo di coordinamento della finanza pubblica centrale con quelle locali, anche tenendo conto di quanto stabilito non più di qualche mese fa con il varo della legge n. 42 del 2009. Si tratta di un passo avanti rispetto al testo del Senato e di questo passo avanti la relazione introduttiva dell'onorevole Leone spiega bene gli elementi, pertanto non mi soffermerò ulteriormente su questi punti.
Su due questioni però devo richiamare l'attenzione dell'Aula e soprattutto dei colleghi più attenti ai problemi del governo locale e territoriale. Prima questione: nella legge n. 42 del 2009 avevamo previsto l'intesa in materia di patto di stabilità e l'eventuale motivazione al Parlamento della mancata intesa; nel testo della legge di contabilità pubblica si fa invece un passo indietro, non prevedendo l'intesa.
Seconda questione: la decisione sulla manovra relativa alle autonomie dovrebbe a nostro parere essere anticipata rispetto alla decisione sul resto della manovra, in modo da consentire a regioni ed enti locali di chiudere i loro bilanci entro la fine dell'anno. Basterebbe in tal senso introdurre in modo esplicito la previsione di uno o più disegni di legge collegati relativi alla sola manovra di finanza locale. Sarà poi il Parlamento, nella sua autonomia, a valutare come trattare questi collegati nell'ambito dei suoi Regolamenti.
Infine, un terzo aspetto: il rafforzamento di tutti i processi che concorrono al miglioramento del monitoraggio, del controllo e della valutazione dei conti pubblici. Una migliore conoscenza e trasparenza è, d'altra parte, il contraltare necessario per assicurare al Parlamento, a fronte della maggiore flessibilità gestionale del Governo, un esercizio più efficace dei suoi poteri di indirizzo e di controllo.
Non mi dilungo, se non per ricordare che stiamo a questo punto attivando tre processi di valutazione: quello dei risultati della spesa pubblica (in base a questa legge di contabilità), quello degli obiettivi di servizio (in base alla legge n. 42 del 2009) e quello dei risultati delle amministrazioni pubbliche (in base alla legge n. 15 del 2009). Sarà importante garantire che questi processi parlino tra loro e crescano in modo integrato anche dal punto di vista delle metodologie impiegate. A questo fine, abbiamo previsto in Commissione apposite norme che prevedono il raccordo tra le amministrazioni responsabili delle varie procedure e un preciso indirizzo per una riportistica congiunta in sede di rapporto sullo stato di attuazione della presente legge di riforma.
Infine, in tema di controllo parlamentare, in Commissione non sono stati accolti i nostri subemendamenti - che ripresenteremo in Aula - volti a trasformare la Commissione bicamerale prevista dallo stesso Senato in un Comitato paritetico delle due Commissioni bilancio e a dare l'indirizzo per un rafforzamento ed una possibile graduale unificazione dei servizi tecnici dei due rami del Parlamento.
Signor Presidente, concludo: è chiaro che per innovare una materia così complessa non è sufficiente una legge; il bilancio è il cuore pulsante del funzionamento di un sistema democratico, è l'oggetto attraverso cui viene filtrato il patto sociale di cittadinanza, il processo che consente alla collettività di riconoscersi come tale e non solo come somma di individui, e perciò stesso di decidere su quali azioni e su quali interventi impegnare la forza delle pubbliche istituzioni. Per innovare davvero in questo campo non basterà una legge: saranno necessari comportamenti coerenti e di respiro lungo da parte del sistema politico e comportamenti altrettanto coerenti e di accettazione di nuove responsabilità da parte di tutte le amministrazioni centrali, locali e dei loro gruppi dirigenti tecnici e non solo politici.
Con questa consapevolezza la Camera oggi ha la possibilità di attivare una riforma importante, di profondo impatto sul funzionamento della macchina pubblica, e di attivarla su una base che, già oggi soddisfacente, potremo migliorare ancora con il lavoro delle prossime ore (Applausi).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà, per diciassette minuti.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, credo che ne utilizzerò meno di quelli che mi sono concessi. Vorrei semplicemente svolgere alcune considerazioni, perché penso che quello in esame non sia uno di quei provvedimenti destinati ad essere magari dimenticati in fretta, non foss'altro perché nelle sue norme transitorie e finali porta l'abrogazione espressa della legge n. 468 del 1978 sulla contabilità nazionale.
Quindi, stiamo parlando di una legislazione che, sia pure con varie modifiche, ha rappresentato un punto fermo nella gestione della cosa pubblica e dello Stato per trent'anni.
Allo stesso modo, ritengo che la delega al Governo per la redazione di un testo unico delle disposizioni vigenti in materia di contabilità di Stato e di tesoreria sia un altro strumento necessario. Infatti, di fronte ad un mondo che si evolve in modo così rapido, non è immaginabile tenere ferme determinate leggi realizzate in base a certi presupposti, usi e strumentazioni: la legge di contabilità nazionale è stata formulata quando ancora non era stato inventato il personal computer. Solo questo la dice lunga.
Tuttavia, forse, in qualche caso, la voglia di andare più in là ha preso - a mio giudizio - la mano. Dico questo, perché in una democrazia parlamentare il vero strumento attraverso il quale il Parlamento pone all'Esecutivo i paletti, dando le indicazioni e le linee guida all'interno delle quali l'Esecutivo dovrebbe poi muoversi, è proprio la legge di bilancio. Non possiamo togliere ad un organo come il Parlamento la possibilità di incidere, in misura rilevante, nella fase della definizione delle azioni che il Governo è chiamato ad eseguire, e non ad inventarsi. Esso può anche avanzare delle proposte ma, in una vera democrazia parlamentare, il Governo è l'organo esecutivo - lo dice la parola stessa - cioè esegue le linee guida che un altro organismo, che in questo caso è il Parlamento, ha definito. Purtroppo stiamo assistendo a qualcosa, sul piano effettivo, di radicalmente diverso da questa idea o da questa immagine: ci troviamo, infatti, di fronte ad un organo esecutivo che detta anche le linee guida dello Stato. Ciò è in contrasto con il principio di cui parlavo prima.
Quindi, ben venga una legge che semplifichi e che renda chiarezza nel bilancio dello Stato (che è un oggetto, come è noto, difficilmente esplorabile e comprensibile, se non dagli addetti ai lavori), ben venga la trasparenza; si renda più efficace la macchina dello Stato, anche nelle decisioni conseguenti all'utilizzo e alle azioni previsti dal bilancio.
Tuttavia, se si sposta in modo, a mio giudizio, eccessivo - come è avvenuto attraverso il provvedimento in oggetto, dopo la prova fatta con legge di un anno fa - verso il Governo il consolidamento e, anzi, l'ampliamento della possibilità di un uomo solo, cioè del Ministro dell'economia, di rimodulare e di riscriversi il bilancio dello Stato, significa che qualcuno potrebbe anche spingere (così come è avvenuto per la decretazione d'urgenza) per trasformare ciò in un fatto normale. Potrebbe anche capitare che un Ministro dell'economia, con l'aiuto del suo Governo, spinga all'estremo questa operazione, facendo sì che un bilancio dello Stato qui approvato venga, di fatto, completamente rivisto attraverso una decretazione del Ministro stesso. Per questo motivo, abbiamo cercato - in qualche caso, credo anche con esito positivo - di mantenere in capo al Parlamento un minimo di controllo su questo tipo di atti.
È chiaro che avremmo voluto un controllo più stringente. Tuttavia, dobbiamo anche riconoscere che nei lavori in Commissione una serie di nostre proposte emendative sono state in parte assorbite sia da emendamenti del Governo, sia da riformulazioni ovvero dall'accoglimento di alcuni emendamenti presentati dall'opposizione. Non si tratta principalmente di nostri emendamenti, per la verità, ma questo non cambia i fatti, perché l'importante è il risultato. Mi riferisco, per esempio, Pag. 25all'emendamento 2.43 del Governo, che in parte ha assorbito alcuni nostri emendamenti in ordine alla necessaria armonizzazione con i principi e con gli schemi contabili europei e con la legge sul federalismo fiscale - e chiedevamo questo - ma anche ad alcune altre problematiche tra cui, ad esempio, una riduzione a date leggermente più favorevoli, che permettano maggiormente al Parlamento di esprimersi (anche se su questo punto si poteva, a nostro avviso, fare qualcosa in più) e, come dicevo, all'accoglimento di alcuni emendamenti presentati dall'opposizione e riformulati. Mi riferisco all'emendamento Misiani 11.13 e all'emendamento Boccia 22.12 che, in qualche modo, vanno incontro ad esigenze che avevamo prospettato.
Certo, vi sono ancora alcune insufficienze, a nostro avviso. Le abbiamo sottolineate con alcuni emendamenti che ovviamente abbiamo ripresentato per l'esame in Assemblea. In particolare, ritenevamo opportuno un intervento su alcuni aspetti, tra cui l'adeguamento dei sistemi contabili, che a nostro avviso richiede una delega e un tempo più ampi. È evidente che se non si concorderanno realmente le modalità di armonizzazione ai principi e agli schemi contabili europei rischieremo, tra l'altro, di creare anche non pochi problemi agli eventuali decreti attuativi della legge sul federalismo. Per tale ragione abbiamo proposto anche un ulteriore emendamento in questo senso.
Allo stesso modo, a nostro avviso, i Comitati per i principi di contabilità pubblica rappresentano un ulteriore organismo che si sovrappone alle funzioni della Commissione tecnica paritetica per il federalismo fiscale. Avremmo voluto che il documento «Decisione di finanza pubblica» contenesse i provvedimenti collegati alla manovra finanziaria a cui il Governo dà carattere prioritario. Avremmo anche voluto - e questo forse è l'emendamento al quale attribuiamo oggi ancora più significato - che allorché vi sia una copertura determinata da riduzioni di precedenti autorizzazioni di spesa vi sia anche una relazione tecnica che dia indicazioni sui motivi del mancato utilizzo delle risorse per le finalità originariamente destinate. In caso contrario rischiamo, come più volte è avvenuto in questo anno e mezzo, di vedere l'utilizzo di risorse previste da altri capitoli di bilancio o addirittura da altre leggi di spesa. Si tratta, quindi, di risorse che avevano una loro destinazione e che sono state utilizzate impropriamente per fornire copertura a provvedimenti nuovi: o quelle leggi erano inutili, oppure qualcuno dovrà spiegarci che cosa accade all'attuazione di quei provvedimenti per i quali era prevista una precedente copertura.
L'altra questione è la facilità - e mi accingo a terminare con un appunto finale - della lettura del bilancio. Vorremmo non dico che la lettura possa essere disponibile alla massaia, perché capisco che forse è un po' difficile, ma che quanto meno anche i non strettamente addetti ai lavori possano, in qualche modo, capire cosa è scritto nel bilancio.
Dunque chiedevamo (e chiediamo), con un emendamento che viene mantenuto, proprio per rendere il programma di facile lettura, che vi sia la previsione che il dirigente di ciascun programma rediga una relazione sulle leggi di spesa a legislazione vigente che comportino spese obbligatorie (inderogabili e derogabili) sia di finanziamento di spesa corrente, sia in conto capitale e pluriennale, e che proponga il mantenimento, l'accorpamento o la soppressione delle medesime leggi, con una relazione inviata al Parlamento. A noi sembra che questo sia un modo per rendere più chiaro e trasparente il sistema.
Faccio un ultimo appunto: chiedevamo che il bilancio fosse anche redatto per funzioni, perché la funzione è l'elemento che realmente ci consentirebbe di comprendere meglio il bilancio. Penso che il Viceministro Vegas conosca la rivista L'Ircocervo, che è una rivista non della mia parte politica e che leggo al fine di capire meglio quello che pensano anche gli altri. Nell'ultimo numero vi è un articolo proprio a firma del Viceministro Vegas sul tema della contabilità. C'è un passo che vorrei leggere, perché mi pare sia esattamente in contrasto con l'ultimo aspetto Pag. 26che ho trattato: la legge di riforma (è scritto) attualmente in discussione mira a ovviare a questi inconvenienti con tre principali obiettivi, tra cui la redazione di un bilancio per funzioni vere, uno strumento che consenta di conoscere con ragionevole certezza quanto si spende per ogni funzione dello Stato.
Signor Viceministro, si tratta del discorso che ho appena fatto e che, invece, in questo provvedimento non c'è. Allora se il Viceministro Vegas conferma quanto ha scritto in questo articolo a sua firma, credo che dovrebbe farsi parte diligente perché questo Parlamento accolga il nostro emendamento che chiede appunto che il bilancio sia redatto anche per funzioni (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, svolgo qualche considerazione in occasione di questa discussione generale, che pure ha fatto registrare un clima molto sereno in ordine al provvedimento che stiamo affrontando e di cui il relatore ha dato ampia e puntuale descrizione nell'ambito di una relazione lunga e importante che, al di là degli incidenti di percorso, ha fatto chiaramente comprendere che questo provvedimento non va annacquato.
Gli interventi di molti colleghi, seppure con dei distinguo e con alcune puntualizzazioni, hanno confermato la volontà comune di procedere su questa riforma importante che è stata seguita da vicino dal Viceministro Vegas, con la puntualità e la competenza di sempre, e che costituisce un punto di svolta importante non soltanto per il percorso politico-parlamentare di questa legislatura, ma anche come punto di arrivo di un'aspettativa che dura da diverse legislature.
Tante volte coloro che tra di noi siedono tra questi banchi da prima di questa legislatura hanno ascoltato diversi interventi, provenienti da diverse posizioni e da diversi gruppi parlamentari, sulla necessità e sulla «urgenza» di modificare il meccanismo della sessione di bilancio dei lavori parlamentari e il rapporto tra Governo e Parlamento in ordine alla redazione delle leggi finanziarie e della documentazione di programmazione economica e finanziaria.
Ebbene oggi, con questo provvedimento, si giunge all'epilogo di questa vicenda. Si giunge all'epilogo di questa vicenda che comprende, tra l'altro, come ricordava giustamente il relatore, onorevole Leone, anche l'inquadramento in un contesto più ampio dato dalla riforma del federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009), che impone la responsabilità di spesa a coloro i quali gestiscono gli enti locali, e dalla riforma Brunetta, che deriva dalla legge n.15 del 2009 che reca la riforma della pubblica amministrazione, e che introduce ed amplifica il concetto di programmazione degli obiettivi e di controllo di tali obiettivi. Si prevedono, conseguentemente, la verifica e il monitoraggio non solo degli obiettivi, ma anche dell'attuazione del decreto legislativo stesso, come il Ministro Brunetta ha avuto modo di far presente non solo nelle Commissioni parlamentari, ma anche di fronte alla Conferenza unificata.
Si tratta, cioè, del meccanismo e del metodo di monitorare un provvedimento nella sua entrata in vigore per vedere se l'effettività e se la produzione degli obiettivi e dei risultati di un provvedimento di fatto sono positive e quindi se sia il caso di mantenere il provvedimento stesso nelle forme e nei termini stabiliti dal legislatore, oppure verificare con il legislatore e le parti interessate quali modifiche debbano essere apportate.
Allora, anche in questa occasione, non entro nel merito del provvedimento che - lo ripeto - è stato illustrato con grande chiarezza dal Presidente Leone, vi è la necessità di modificare il vecchio Documento di programmazione economica e finanziaria che diventa la Decisione del Governo, vincolante rispetto alle vecchie leggi finanziaria e di bilancio, che diventano la legge di stabilità.
Vi è una modifica non sono nominale, ma anche contenutistica importante ed effettiva: l'armonizzazione dei bilanci Pag. 27rende finalmente chiaro e leggibile per tutti - o perlomeno fa sì che si arrivi a tale obiettivo - il bilancio non solo dello Stato, ma anche delle regioni e degli enti locali, ciò al fine di capire effettivamente che cosa c'è, chi spende, quanto spende, per quali obiettivi e poter fare e avere una fotografia completa delle uscite, delle entrate, non solo del sistema finanziario nazionale, ma di quello pubblico complessivo di tutte le pubbliche amministrazioni. Quindi, si avrebbe trasparenza e un bilancio al servizio dei cittadini, in cui il cittadino che paga le tasse diventa controllore di quanti soldi egli versa e di come questi soldi vengono spesi, su quali obiettivi e se questi obiettivi vengano o meno raggiunti.
Quindi, il combinato disposto di questo provvedimento, del federalismo fiscale per altri aspetti e della riforma delle pubbliche amministrazioni per altri ancora, diventa una Gestalt, un unicum che rende possibile un grande salto di qualità. Questo salto di qualità (evidentemente con il concorso degli enti locali, da un lato, e delle amministrazioni locali che partecipano, che vengono consultate e dell'Europa, dall'altro, per quanto riguarda una programmazione di stabilità di cui pure gli Stati membri devono rendere conto all'organismo sovranazionale europeo) diventa elemento di deterrenza e anche di controllo e di stabilità stessa.
Con questi elementi, il provvedimento in esame rappresenta un salto di qualità con il concorso positivo di tutti i gruppi parlamentari, registrato nel percorso in Commissione, sotto la presidenza del presidente Giorgetti; percorso importante nel corso del quale si sono registrate alcune modifiche anche rispetto al passaggio che si è svolto al Senato e che si evidenzierà anche nel corso del passaggio parlamentare che andremo ad affrontare a partire dalla giornata di domani qui in quest'Aula; credo vi sarà un grande salto di qualità che spesso in questo Parlamento accade in tono silenzioso. Ma questo non toglie che il salto di qualità sia importante ed anche «rivoluzionario», lo dico tra virgolette.
Restano aperte anche altre questioni relative al rapporto tra Parlamento e Governo e mi riferisco alla grande sfida, alla quale anche noi non ci sottraiamo, della riforma dei regolamenti parlamentari, che troppo spesso emerge nella discussione di quest'Aula solo quando il Governo si trova ad apporre la questione di fiducia su questo o su quell'altro provvedimento o in sede di emanazione di decreti-legge e nella discussione dei decreti-legge stessi. I nostri regolamenti danno la possibilità di prolungare la discussione qualora i gruppi di opposizione intendano esercitare le proprie prerogative in maniera molto ampia, spesso mettendo a repentaglio la stessa conversione dei decreti-legge.
Insomma, al di là di questo provvedimento, resta aperta una sfida alla quale credo non ci si debba sottrarre. Se si riuscisse ad affrontare questa sfida in maniera costruttiva, così come costruttivo è stato (lo testimoniano la relazione del presidente Leone e gli interventi svolti in quest'aula oggi, ma ci auguriamo anche quelli nella giornata di domani) il percorso di questa iniziativa legislativa, credo che si potrebbe vincere anche un'altra sfida, quella di modernizzare il funzionamento di questa Camera, venendo incontro a quelle esigenze che possono essere e che mi auguro siano il più possibile condivise, riconoscendo all'opposizione i diritti dell'opposizione e alla maggioranza e al Governo il diritto a governare e ad essere maggioranza.
Pertanto, signor Presidente, mi auguro di poter affrontare nella giornata di domani questo provvedimento, con i migliori auspici consapevole che il lavoro svolto dal relatore, dai commissari, dal presidente della Commissione bilancio e dal Governo, che ha seguito con attenzione questo provvedimento, è certamente qualcosa che non riguarda solo questa legislatura, ma che viene da molto più lontano, che viene auspicato da molto tempo e che forse oggi si trova per fortuna ad un punto di svolta (Applausi).

Pag. 28

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2555-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Leone.

ANTONIO LEONE, Relatore. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE VEGAS, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto rivolgo un ringraziamento non formale per il lavoro svolto al relatore Leone, al presidente della Commissione Giorgetti e a tutti i commissari della Commissione bilancio e a quanti sono oggi intervenuti in Aula, perché si tratta di un lavoro che è stato portato a termine con un impegno unitario da parte di tutte le forze politiche del Parlamento, a testimonianza del fatto che il Parlamento, quando si tratta di scrivere regole importanti, riesce a trovare, anche nei momenti di difficoltà politica, le ragioni dello stare insieme e di guardare al futuro di questo Paese.
Questo non è un provvedimento di poco momento, anche se forse, data la tecnicalità di cui si occupa, non è oggetto di grandi luci da parte dei riflettori dell'opinione pubblica; tuttavia, andando a modificare la legge n. 468 di trent'anni fa, e anche in certe parti la legge di contabilità del 1923, ha un impianto non banale. Nell'ambito delle grandi riforme strutturali, vi è un minore clamore da parte dell'opinione pubblica, ma è un provvedimento non è meno importante, toccando uno dei nodi fondamentali della vita politica e non solo parlamentare, quello dell'ordinato andamento dei conti pubblici.
Signor Presidente, una legge di contabilità è un requisito necessario e sufficiente per risanare i conti pubblici? Sufficiente sicuramente «no», ma necessario certamente «sì», non solo per i decisori politici, ma io direi soprattutto per i contribuenti. Non dimentichiamoci che i parlamenti nacquero con la Magna Charta nel XIII secolo proprio per far sì che i contribuenti e i loro rappresentanti in Parlamento ponessero un freno alla voglia smodata di spendere da parte dei Governi e dei sovrani di allora; quindi, il riappropriarsi del potere di controllo della spesa da parte del Parlamento è un elemento fondamentale affinché nella ripartizione dei poteri, che ancora oggi caratterizza la vita delle democrazie parlamentari, si possano salvaguardare alcuni principi fondamentali.
Il principio fondamentale è proprio quello di dotarsi di strumenti che consentano di avere maggiore trasparenza nei conti pubblici affinché ciascun contribuente - quindi non solo ciascun parlamentare - possa comprendere la ragione del livello della tassazione a cui è sottoposto, cioè del livello della diminuzione del proprio reddito per destinarlo ad utilità collettiva, e della funzionalità e dell'efficienza della spesa pubblica relativamente al livello di reddito che gli viene richiesto di versare per il bene comune.
Quindi, in sostanza, una buona legge di contabilità è quella che consente una maggiore trasparenza dei conti pubblici e, consentendo una maggiore trasparenza - perché «no» - deve consentire anche uno di quegli obiettivi che, da Maastricht in avanti, ci poniamo come obiettivo fondamentale dell'azione politica di tutti i Governi europei in questo periodo: quello della razionalizzazione della spesa unita alla diminuzione della pressione fiscale, ben sapendo che una migliore spesa può portare a meno tasse e meno tasse portano a maggiori possibilità di sviluppo. Si tratta di un tema rispetto al quale ci dobbiamo confrontare sempre di più nel futuro perché, se una cosa la crisi ha reso ancora più evidente, è il fatto che una maggiore competitività internazionale è richiesta per superare la crisi e per affrontare con ragionevole speranza di successo le sfide Pag. 29che il domani, non solo nell'ambito interno ed europeo, ma soprattutto internazionale, ci pone.
Dunque, come dicevo, la legge di contabilità è essenziale come strumento di chiarezza e di trasparenza ed è essenziale anche per meglio definire i rapporti tra Governo e Parlamento.
Se i Parlamenti, come dicevo, sono nati per contrastare la voglia di spendere del Governo, cosa che è mancata negli anni, anche a causa di alcune carenze, non neghiamolo, della legge n. 468 del 1978, è ovvio che il Parlamento deve riottenere quei poteri di controllo che si sono alquanto vanificati nel corso degli anni. Pensiamo, in primo luogo, al rendiconto che è quell'atto con il quale si certifica la bontà della spesa effettuata: il Parlamento, nella sostanza, non si è mai occupato seriamente del rendiconto; si è occupato di decidere appostazioni di spesa di bilancio, il più delle volte di competenza, magari poi non seguite dalla spendita reale di quelle risorse. In sostanza, si è fatto, se mi è consentito il termine, un po' abbindolare da proposte di spesa immaginifiche, magari sostenute da questo o da quella parte politica o dal Governo, senza che poi si avessero degli effetti complessivi. Invece, il fatto che il Parlamento si possa riappropriare seriamente di un controllo significa, in un'ottica, come è stato accennato prima, anche di diversa impostazione dei sistemi elettorali, dare un potere di cui fino adesso il Parlamento non ha sentito se non nei libri di scuola.
Credo che questa rinnovata funzione del Parlamento sia molto importante in un'ottica di divisione dei poteri efficiente che porti, da una parte, alla decisione, ovviamente, e alla responsabilità concentrata sul Governo e al controllo concentrato sul Parlamento. Perché la responsabilità deve essere concentrata sul Governo? Per un semplice motivo, perché, se il nostro Paese, come gli altri partecipanti alla moneta unica, deve rispondere in termini molto seri, ovviamente in periodi ordinari, adesso siamo in un periodo relativamente eccezionale, all'Unione europea relativamente alle sue politiche di bilancio, e quindi con riferimento al deficit e al debito, è chiaro che il soggetto deve essere titolato ad essere responsabilizzato, a portare la responsabilità, il peso delle scelte di politica economica. Per questo motivo, il bilancio non può più essere il bilancio dello Stato come era nel 1923, e come era ancora nel 1978, quando lo Stato intermediava oltre l'80 per cento della spesa pubblica. Adesso, la spesa pubblica è composta da una pluralità di centri di decisione, pensiamo solo alle regioni, alle province, ai comuni, agli istituti previdenziali, alle università, alla spesa sanitaria e lo Stato intermedia circa il 50 per cento del totale della spesa pubblica, perciò non avrebbe senso che vi fosse la responsabilità di rispondere all'Unione europea senza contemporaneamente costituire un meccanismo di coordinamento della finanza pubblica che è ciò che sostanzialmente prevede questo provvedimento.
Con l'omogeneizzazione e il coordinamento dei conti noi riusciamo in qualche modo, in un modo ovviamente tipico della finanza pubblica, non della finanza privata, a costituire una sorta di bilancio consolidato di gruppo, non diversamente dalle imprese commerciali, talché lo Stato possa rispondere di quello che si fa a livello locale, a livello di finanza decentrata, di finanza autonoma, ma sapendo ex ante quello che succederà e in qualche modo avendo gli strumenti per potere intervenire prima e non, come adesso, solo a consuntivo, quando sono noti i dati dell'ISTAT e si interviene semplicemente per dire: siamo nei limiti della spesa indicata nel Trattato di Maastricht, nel Patto di stabilità europeo, oppure stiamo andando fuori da questa spesa. Avere gli strumenti per decidere prima è una questione fondamentale per fare una buona pianificazione finanziaria, per poter adeguare la nostra finanza pubblica agli obiettivi europei che sono obiettivi, non dimentichiamolo, non astratti, ma concreti, perché, senza una sana finanza pubblica, l'ovvio rischio è che aumenti la spesa pubblica, aumenti il deficit, aumentino le emissioni di titoli pubblici, aumenti la tassazione con danno notevole non tanto Pag. 30delle persone che stanno bene finanziariamente, che se la cavano sempre, ma soprattutto delle classi economiche più disagiate che sentono più pesante il peso della tassazione, più pesante il peso delle difficoltà finanziarie del Paese.
Quindi, un sistema di coordinamento della finanza pubblica è indispensabile, ma non solo: anche il cambiamento e il passaggio dal sistema della competenza al sistema della cassa in prospettiva verso un sistema di contabilità economica, rende ancor più chiaro il rapporto tra il dare e l'avere, tra l'efficacia e l'efficienza della spesa pubblica e il sacrificio che viene richiesto al contribuente. In sostanza, questa proposta di legge, mi si perdoni il paragone forse improprio, è il tentativo di passare da un sistema di contabilità puramente finanziaria ad una sorta di sistema di partita doppia. In fondo, noi colleghiamo all'idea della partita doppia, quindi a Luca Pacioli, il fatto di aver consentito lo sviluppo delle società contemporanee in termini di società capitalistiche perché senza la partita doppia anche le imprese non sanno bene quanto spendono e qual è l'efficacia della spesa.
È un meccanismo che, anche se non proprio così, tende a questo e arriva seicento anni dopo l'invenzione della partita doppia (ma nello Stato è sempre meglio arrivare che non arrivare mai). Questo meccanismo consente di valutare meglio quale sia l'efficacia della spesa e di ogni singolo euro richiesto a livello di imposizione a carico dei contribuenti come prestazione di servizi. Senza una chiara trasparenza è difficile anche applicare la legislazione sul federalismo fiscale, perché quest'ultima postula una sorta di concorrenza tra i diversi livelli istituzionali e tra le diverse realtà, al fine di dimostrare che ogni euro di imposta richiesta al contribuente (italiano o locale) serve per fornire un servizio pubblico di qualità migliore, in modo più efficiente e possibilmente con la spesa più bassa. È ovvio che in questo sistema, che richiederà sicuramente qualche tempo per essere attuato, ciò costituisce la via migliore verso una diminuzione della spesa pubblica senza, per il momento, arrivare a traumi che potrebbero derivare dal taglio della spesa pubblica in settori socialmente rilevanti. Quindi, un affinamento degli strumenti di bilancio può consentire una razionalizzazione della spesa senza intervenire pesantemente sul consenso e sul tessuto sociale del nostro Paese, e credo che questo rappresenti un qualche valore proprio come strumento.
Ho rapidamente parlato del bilancio di cassa, mentre il bilancio per funzioni, onorevole Borghesi, in realtà è previsto all'articolo 40, comma 2, lettera b). È chiaro che una funzionalizzazione del bilancio serve a capire meglio come si spende, ovvero serve a rendere comparabili la spesa tra una funzione e l'altra: ad esempio, tra la difesa, l'istruzione e la sanità. Il Parlamento, quando si sarà riappropriato di maggiori poteri, ovvero quando il peso della spesa fissa (e principalmente della spesa per gli stipendi) potrà diminuire in modo ragionevole, potrà scegliere su quale settore di spesa concentrare il proprio intervento. Bisogna tenere ovviamente conto che il passaggio ad un sistema di bilancio per missioni e programmi (quindi sostanzialmente per funzioni) rappresenta una svolta fondamentale. Fino a quando, infatti, noi ragionavamo in termini di capitoli di bilancio o di unità previsionali di base, in realtà creavamo un bilancio poco comprensibile non solo al parlamentare, ma a volte anche a quello specializzato, quindi figuriamoci al cittadino comune. Creavamo un bilancio sostanzialmente rivolto all'amministrazione e non si pensava che il bilancio fosse lo strumento fondamentale, come invece emerge da questo provvedimento, per creare un rapporto di chiarezza tra il decisore pubblico e il contribuente. È il contribuente, infatti, che deve sapere quante risorse gli vengono richieste e per cosa sono utilizzate. In sostanza, è come riportare il bilancio dello Stato a quello di qualunque famiglia dove si sa quali sono le entrate e per cosa sono spese (per gli affitti o per l'alimentazione). Perché non deve essere così anche per lo Stato, ovviamente Pag. 31fatte salve le ovvie complicazioni che derivano dalla gestione di un bilancio di questa portata?
Relativamente al bilancio, questo provvedimento ha l'ulteriore pregio di dare maggiore risalto al bilancio stesso rispetto a quella che si chiamava una volta la legge finanziaria. Infatti, il bilancio intermedia la ricchezza del Paese e i grandi flussi di spesa, mentre la legge finanziaria in fondo agisce solo al margine e su quel delta che di anno in anno cambia e fa parte della manovra. Quindi, nella sostanza, la legge finanziaria rappresenta una questione relativamente marginale rispetto al governo della massa della spesa pubblica ed è una questione che ovviamente era oggetto di grande interesse da parte dei mass media perché comportava un'azione di stress anche della sensibilità della popolazione. Troppo spesso, infatti, come capita, ci si interessa del fenomeno marginale, ovvero della punta dell'iceberg, senza rendersi conto che la cosa importante è il volume dell'iceberg che non si vede perché sta sott'acqua.
In conclusione, signor Presidente, anche il fatto che la legge finanziaria cambi nome e non si chiami più in questo modo, ma legge di stabilità, dà il segno della volontà di questo Parlamento, rispetto alla quale il Governo è completamente concorde. D'altronde, tutta la procedura deriva da un provvedimento parlamentare rispetto al quale, però, è inutile nascondere che il Governo ha avuto sempre un interesse molto forte in materia e lo ha seguito dal suo inizio e, speriamo, lo seguirà fino alla sua prossima fine.
È stato un provvedimento sostanzialmente condiviso non solo tra Governo e Parlamento ma soprattutto tra maggioranza e opposizione, proprio per dare il senso dell'unità di intenti di questo Parlamento rispetto alla soluzione di problemi e di riforme di struttura di ampio livello.
Il fatto che si passi dalla legge finanziaria alla legge di stabilità non è solo un fatto nominalistico, che come tale potrebbe avere poco rilievo, ma è anche il segnale della volontà di Governo e Parlamento di andare verso una trattazione delle questioni di finanza pubblica secondo un approccio, non voglio dire programmatorio, ma di maggiore pacatezza, di maggiore intenzione di risolvere i problemi reali e non i problemi episodici. Tutto ciò in modo da togliere anche quello stress che ha contraddistinto trent'anni di vita repubblicana, secondo il quale bisognava creare un grande momento di euforia o di agitazione in costanza dell'approvazione delle leggi finanziarie, trascurando poi la realtà dei conti pubblici, cioè l'andare a scavare dentro il bilancio, vedere ciò che è buono e ciò che è cattivo, come può essere corretta o migliorata la spesa. Quindi, sostanzialmente, anche con il cambiamento del nome, si tratta della cancellazione di una sorta di illusione ottica che ci ha guidati in questi trent'anni e che speriamo che nei prossimi anni possa essere definitivamente fugata (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1691 - Istituzione del Ministero della salute e incremento del numero complessivo dei Sottosegretari di Stato (Approvato dal Senato) (A.C. 2766) (ore 16,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Istituzione del Ministero della salute e incremento del numero complessivo dei Sottosegretari di Stato.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2766)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Pag. 32
Avverto che il Presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari Costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Bruno, ha facoltà di svolgere la relazione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il disegno di legge del Governo che giunge oggi all'attenzione dell'Assemblea della Camera dei deputati, dopo essere stato approvato dal Senato, prevede, da una parte, una modifica del numero dei Ministeri e dei componenti il Governo e, dall'altra, l'istituzione del Ministero della salute.
In particolare, l'istituzione del Ministero della salute avviene attraverso lo scorporo delle funzioni in materia di salute attualmente esercitate dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il quale a seguito dell'operazione assumerà il nome di Ministero del lavoro e delle politiche sociali conservando le competenze su tali due settori.
Il provvedimento si compone di un unico articolo suddiviso in 11 commi: di seguito per brevità farò riferimento direttamente ai commi.
Il comma 1 dispone l'aumento del numero dei Ministeri da dodici a tredici e l'incremento del numero complessivo dei membri del Governo da sessanta a sessantatré. A tal fine viene modificato l'articolo 1, comma 376, della legge finanziaria per il 2008, ossia la legge n. 244 del 2007. L'aumento dei Ministeri è da riconnettersi allo sdoppiamento dell'attuale Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Viene confermato che, come già oggi previsto, la composizione del Governo dovrà essere coerente con il principio delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive sancito all'articolo 51, primo comma, della Costituzione.
Il comma 2 interviene sulle disposizioni recate dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Innanzitutto, si modifica l'elenco dei Ministeri previsti dal predetto decreto al fine di adeguarlo allo spacchettamento; in secondo luogo, si introducono alcune misure volte a rafforzare il coordinamento tra il nuovo Ministero e il Ministero dell'economia e delle finanze al fine di assicurare il controllo sulla spesa sanitaria, che costituisce uno dei principali capitoli di spesa dello Stato italiano.
In particolare, si include il settore della spesa sanitaria tra quelli su cui il Ministero dell'economia e delle finanze esercita funzioni di coordinamento della spesa pubblica e di verifica dei suoi andamenti.
Si precisa, inoltre, che il monitoraggio della spesa pubblica cui provvede il Ministero dell'economia e delle finanze riguarda anche tutti i profili attinenti al concorso dello Stato al finanziamento del servizio sanitario nazionale anche quanto ai piani di rientro regionali.
Si prevede che il Ministero della salute eserciti la funzione ad esso attribuita di coordinamento del sistema sanitario nazionale di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze per tutti i profili di carattere finanziario.
Vengono poi riviste le funzioni del Ministero della salute. In particolare, si precisa che la funzione di programmazione sanitaria di rilievo nazionale è funzione di programmazione tecnico-sanitaria di rilievo nazionale e che la funzione di indirizzo, coordinamento e monitoraggio delle attività regionali è funzione di indirizzo, coordinamento e monitoraggio delle attività tecnico-sanitarie regionali e che la stessa viene esercitata di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze per tutti i profili attinenti al concorso dello Stato al finanziamento del servizio sanitario nazionale.
Si prevede, ancora, che le funzioni del Ministero della salute relative all'organizzazione dei servizi sanitari, alle professioni sanitarie, ai concorsi e allo stato giuridico del personale del Servizio sanitario nazionale siano svolte di concerto con il Ministero Pag. 33dell'economia e delle finanze per tutti i profili di carattere finanziario.
Infine, si prevede come nuova funzione del Ministero della salute quella del monitoraggio della qualità delle attività sanitarie regionali riguardanti i livelli essenziali delle prestazioni erogate.
Si prevede, altresì, che il Ministro riferisca annualmente al Parlamento sui risultati di tale monitoraggio.
Il comma 3 statuisce il trasferimento al costituendo Ministero della salute, a decorrere dall'entrata in vigore della legge, delle funzioni in materia di sanità e delle relative strutture indicate dal decreto legislativo 30 luglio del 1999, n. 300, che, ai sensi della disciplina vigente, sono attualmente conferite al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
La norma precisa che dal trasferimento non deve derivare alcuna revisione dei trattamenti economici corrisposti ai dipendenti trasferiti che si traduca in maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Il comma 4 dispone che la denominazione Ministero della salute sostituisca, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Analogamente, la denominazione Ministero del lavoro e delle politiche sociali sostituisce, ad ogni effetto e ovunque compaia, la denominazione Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in relazione a tutte le altre funzioni previste dalle disposizioni di legge vigenti in capo al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Il comma 5 prevede l'emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per l'approvazione delle variazioni necessarie per l'adeguamento del bilancio di previsione dello Stato alla nuova struttura di Governo.
Un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi del comma 6, individuerà in via provvisoria il contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione dei Ministeri interessati al riordino, garantendo comunque l'invarianza della spesa.
Il comma 7 precisa che, fino alla data di entrata in vigore dei nuovi regolamenti di organizzazione, sono fatti salvi i regolamenti che disciplinano l'organizzazione dei Ministeri interessati dallo spacchettamento, nonché degli uffici di diretta collaborazione dei relativi Ministri.
Il comma 8 prevede che, ai fini della funzionalità delle strutture, per i Ministeri interessati dall'operazione, sia fatta salva la possibilità di provvedere alla copertura dei posti di funzione di livello dirigenziale, generale e non generale, nonché di procedere all'assunzione di personale non dirigenziale, nei limiti delle dotazioni organiche previste dai regolamenti vigenti, tenendo conto delle riduzioni da effettuare ai sensi della normativa vigente, comunque nel rispetto della normativa in materia di assunzioni.
La norma si applica, in ogni caso, solo nelle more dell'attuazione dei disposti dell'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008 e dell'articolo 1, commi 404 e seguenti, della legge finanziaria per il 2007, la legge n. 296 del 2006, i quali sono intervenuti in materia di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, stabilendo precisi vincoli di spesa e imponendo ridimensionamenti di organico.
Sempre ai fini indicati dal comma 8 in esame, si stabilisce che le assunzioni previste per il 2008, in base all'articolo 1, comma 527, della legge n. 296 del 2006, possano essere effettuate entro il 31 dicembre 2009.
Per l'attuazione delle suddette misure, entro due mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in discussione, i Ministeri coinvolti devono provvedere alla propria riorganizzazione.
Il comma 9 dispone che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali promuova con gli enti previdenziali e assistenziali pubblici vigilati l'integrazione logistica e funzionale delle sedi territoriali.
Il comma 10 reca la clausola di copertura finanziaria del provvedimento e il comma 11 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio. Pag. 34
Per quanto riguarda l'esame in sede referente, va segnalato che il testo trasmesso dal Senato non è stato oggetto di modifiche nelle Commissioni e gli emendamenti presentati dai gruppi sono stati ritirati su invito del relatore ai fini dell'eventuale ripresentazione all'Assemblea.
Quanto ai pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva, le Commissioni lavoro e affari sociali hanno espresso parere favorevole e la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha espresso parere favorevole con un'osservazione intesa a precisare, all'articolo 1, comma 2, che la programmazione tecnico-sanitaria di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze non deve incidere sulla potestà legislativa delle regioni in materia di tutela della salute.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, rinunzio a parlare e mi riservo di intervenire successivamente.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Viceministro Fazio, mi scuserete se inizio il mio intervento facendo riferimento a due eventi che prescindono dalla trattazione dell'argomento in esame, almeno apparentemente. Uno riguarda la scelta, che il mio partito ha fatto, di avere come presidente la donna che in questo momento presiede questa Assemblea.
Il riferimento del presidente Bruno all'articolo 51 della Costituzione e l'emozione che dobbiamo non solo sentire, ma rivendicare come donne di sentirci, al di là delle parti, orgogliose del fatto che una donna così autorevole presieda l'Assemblea parlamentare - sia pure con il ruolo di Vicepresidente, ma in questo momento la presiede lei - e sia anche presidente di un gruppo politico così importante come il Partito Democratico, mi induce a sottolineare questo elemento di orgoglio, che deve accomunare tutte le donne, al di là di qualsiasi appartenenza politica, e che deve incidere anche sul percorso delle donne nel nostro Paese.
Del resto, e vado all'altro evento che volevo richiamare, un'altra donna, Nancy Pelosi, presiedeva l'Aula della Camera dei rappresentanti sabato notte, quando in America veniva approvata in prima battuta da quella Assemblea la riforma voluta da Barack Obama che riguarda proprio la materia che oggi stiamo trattando, la sanità.
È una riforma rivoluzionaria perché introduce dei principi che per noi sono a volte troppo scontati. Si tratta, cioè, del principio che l'assistenza sanitaria debba essere estesa a tutti i cittadini, a prescindere dal censo e da qualsiasi altra caratteristica (razza, sesso o quant'altro).
In Italia, guardando ai fenomeni che avvengono fuori del nostro territorio dobbiamo cominciare a considerare preziosi i principi costituzionali in materia e ad osservare, per esempio, come in questa materia possiamo essere un riferimento. Infatti, a prescindere da ogni limite che può essere trovato e sottolineato nel sistema sanitario italiano, non vi è dubbio che il nostro sia un sistema sanitario di straordinaria rilevanza e importanza, uno dei migliori fra quelli diffusi nei Paesi occidentali, e uno dei principi che lo contraddistingue e lo rende così importante è il principio universalistico e solidaristico, che va difeso e mantenuto.
Vengo al merito di questo problema, perché le riflessioni che porterò avanti come rappresentante del gruppo del Partito Democratico riguardano questo principio e la verifica che dovremo portare avanti tutti insieme - spero proprio di poter dire tutti insieme, se possibile fino all'ultimo momento - è di capire se questo disegno di legge rispetti e potenzi tale principio o se, invece, vada in tutt'altra direzione e rischi non di comprometterlo - non sono così tragica - ma di metterlo, in qualche modo, a rischio.
Innanzitutto, dobbiamo lavorare tutti con lealtà. E con lealtà voglio dire che Pag. 35sono tra quanti (e nel gruppo del Partito Democratico sono assai numerosi) sin dall'inizio vedevano come un elemento molto positivo il fatto che vi fosse un Ministero della salute.
Per la verità, per quanto riguarda la nostra storia politica, anche negli anni più recenti (e Rosy Bindi anche in questo è un autorevole rappresentante del partito, poiché nello stesso tempo è stata Ministro della sanità, quindi rappresenta anche un pezzo della storia delle riforme della sanità pubblica nel nostro Paese), noi abbiamo in effetti visto sempre di buon grado la possibilità che vi fosse un Ministero della salute. Non eravamo certo noi a dover correggere il progetto che il Governo ha portato avanti all'inizio. Eppure, al Senato c'è stato chi ha proposto anche, con un emendamento, l'istituzione di questo Ministero ed alcuni nostri rappresentanti si sono limitati a presentare un ordine del giorno. Quindi, non è su tale questione che ci possiamo dividere, e non è la nascita del Ministero della salute che possiamo ostacolare.
Semmai - lo ripeto - per quella che è la nostra storia, per quello che è il nostro percorso di cultura politica, avremmo visto bene un Ministero più legato anche al sociale, un Ministero che si occupasse delle politiche socio-sanitarie, mentre oggi persino l'intitolazione del Ministero, la stessa denominazione «Ministero della salute» sembra discostarsi dal percorso che per la verità nel nostro Paese è piuttosto avviato. Ma non si tratta di un fatto nominalistico, è un problema di sostanza quello di cui andremo a discutere.
Tuttavia, il vero punto su cui non ci sentiamo di essere d'accordo è il merito del provvedimento: vi sono alcuni aspetti di esso che destano allarme. Ne abbiamo già discusso in Commissione: non dirò nulla di particolarmente nuovo, cercherò di entrare nel problema senza esprimermi nel dettaglio sul piano tecnico, ma precisando dal punto di vista politico qual è il problema che ci divide.
Intanto nel nuovo provvedimento, come il nostro relatore ha affermato con assoluta trasparenza, si interviene sia sulle competenze del Ministero dell'economia e delle finanze che sulle competenze dell'istituendo Ministero della salute. E quindi nasce una prima novità: il Ministero dell'economia e delle finanze - e questa è una novità in assoluto - non ha più un ruolo di concerto; il ruolo di concerto del Ministero dell'economia c'è sempre stato e c'era anche per quanto riguarda il provvedimento più importante che in materia di sanità rimaneva nelle competenze dello Stato, ossia la definizione dei livelli essenziali di assistenza. Qui si assiste, invece, ad un capovolgimento di tale sistema, perché vi sono delle funzioni in campo sanitario, con riferimento essenzialmente alla spesa sanitaria, che vengono attribuite direttamente al Ministero dell'economia e delle finanze.
Dove, però, il problema sembra assumere maggiori dimensioni e diventa ancora meno accettabile, è quando si parla delle funzioni del Ministero della salute. Qui mi sembra di poter cogliere una grave contraddizione, che vorrei riprendere anche con la certezza che non soltanto i colleghi parlamentari, ma anche il Viceministro possa ascoltarmi, per riflettere insieme su questo argomento.
La contraddizione è nell'articolato che parla delle funzioni del Ministero, dove si introduce la parola magica «tecnico»: la programmazione sanitaria diventa programmazione tecnico-sanitaria; e ciò mi induce a sottolineare la negatività dell'aspetto, che si vuole introdurre.
Per anni la politica ha rivendicato la propria competenza e la propria responsabilità in materia di programmazione sanitaria: anche quando nelle regioni le cose sono andate male si è continuato a dire che la gestione era una cosa, la programmazione sanitaria un'altra; e a sottolineare che la programmazione sanitaria era un diritto ed un dovere irrinunciabile della politica, la quale politica (si dice, e lo ribadisco in Aula) deve liberarsi dalla tentazione di mettere le mani sulla sanità dal punto di vista gestionale, ma deve assumersi la piena responsabilità quando si parla di programmazione sanitaria. Pag. 36
Introdurre qui il concetto di «tecnico», trasformare la programmazione sanitaria in una programmazione tecnico-sanitaria non so cosa voglia dire, se non affidare ai tecnici e non alla politica la responsabilità della programmazione. Immagino un Ministero della salute in cui il ruolo del Ministro passi in secondo piano rispetto a quello dei vari tavoli, del «tavolo massicci», di altri comitati tecnici o di altri direttori generali, che possano, forti della loro competenza tecnica, dire la propria in maniera definitiva dal punto di vista della programmazione.
Il problema diventa ancora più evidente laddove nello stesso articolato si aggiunge - lo diceva sempre il relatore, il presidente Bruno - all'articolo 47-ter, comma 1, la lettera b-bis), che affida al Ministero della salute anche il monitoraggio della qualità delle attività sanitarie regionali. C'è una piena contraddizione, ai miei occhi, in questo disegno di legge, per cui da una parte c'è la programmazione sanitaria che diventa un fatto tecnico e, dall'altra, c'è un compito di monitoraggio non degli aspetti di spesa, ma della qualità, che rimane in capo al Ministero della salute.
Mentre poco fa mi preparavo a discutere in Aula di questo argomento, mi è venuta voglia di effettuare una ricerca sugli atti ufficiali del Ministero (basta del resto visitare i siti Internet, oramai non c'è più nulla di inaccessibile) e voglio leggere al Viceministro Fazio un punto che si trova in un documento che compare proprio sul sito del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. L'argomento è quello del sistema sanitario nazionale italiano e, nello specifico, la revisione dei livelli di assistenza. Lo scritto in oggetto - che ovviamente non leggo perché non è attinente direttamente all'argomento qui in discussione - si conclude nel modo seguente: «un sistema sanitario più razionale, che limiti gli sprechi e valorizzi le eccellenze, è sicuramente auspicabile, fermo restando che non è la logica dei tagli che deve guidare il sistema sanitario di un Paese, ma la volontà di garantire cure per tutti, come sancito dalla Costituzione all'articolo 32». Questa è la conclusione di un lungo argomentare che fa il Ministero della salute per quanto riguarda i livelli essenziali di assistenza.
Tuttavia, guardando in avanti, se dovesse essere approvato, nei termini in cui ci viene prospettato, questo disegno di legge, avremo un Ministero della salute che è forte delle sue competenze e ha un suo potere di proposta riguardo ai livelli essenziali di assistenza (di concerto, come previsto da sempre, con il Ministero dell'economia e sentita la Conferenza Stato-regioni), oppure avremo un Ministero dell'economia che dirà quanto si può spendere in materia di sanità e sulla base di quel quantum bisognerà rivedere i livelli essenziali di assistenza e uniformarsi?
Penso che, da questo punto di vista, il primo ad essere consapevole della differenza tra le due prospettive è proprio il Ministro della salute in pectore o comunque chi della salute si sta occupando in questo momento. Dobbiamo difendere la sanità anche dalla logica dei tagli perché la salute - ed è anche questo uno dei motivi per cui in realtà difendiamo e apprezziamo il fatto che si voglia istituire un Ministero della salute - è un diritto importantissimo e fondamentale. Lo hanno capito più tardi gli altri popoli, noi lo abbiamo capito prima e la nostra Costituzione all'articolo 32 lo dice in maniera così chiara da sembrare addirittura elementare, lo dice con le parole del cittadino, in una maniera chiara per tutti: una salute che arriva a tutti, che è garantita anche agli indigenti e che non conosce distinzioni. Ciò significa che il Ministro della salute deve avere l'autorevolezza e la competenza di rilevare i bisogni e di rappresentarli, anche quando si confronta in sede di Consiglio dei Ministri con gli altri Ministri e, in particolare, con il Ministro dell'economia.
Qual è il punto della discussione? Troppe regioni probabilmente hanno mostrato incapacità - per ragioni storiche che non è il caso di indagare in questa sede - rispetto alla tenuta dei conti. Si tratta di un problema che è stato trascurato troppo a lungo, che è reale e con il Pag. 37quale occorre fare i conti, soprattutto in un momento in cui si parla di federalismo fiscale, che si deve attuare. Va bene uno Stato che dica chiaro e tondo alle regioni che i soldi non hanno un carattere indefinito, che sono quelli e che con quelli bisogna lavorare, non si deve però tradire lo spirito essenziale: non dobbiamo cioè parlare prima di soldi e poi di sanità, bensì dobbiamo parlare prima di sanità e poi fare i conti con le esigenza e le ristrettezze economiche che abbiamo davanti.

PRESIDENTE. Onorevole Lo Moro, la invito a concludere.

DORIS LO MORO. Del resto - e concludo - è quello che è successo molto recentemente. Potremmo dire al Viceministro che ha agito bene per l'accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato-regioni per i prossimi anni per ciò che riguarda il fabbisogno sanitario e i fondi messi a disposizione delle regioni, ma evidentemente a tale accordo si è pervenuti grazie ad un confronto a volte anche aspro con le regioni, partendo dai bisogni delle regioni e dei cittadini da loro rappresentati.
Questo è il procedimento corretto e su questa strada bisogna proseguire, e quindi intendo esprimere con tanta chiarezza questa insoddisfazione rispetto al provvedimento in esame, perché ritengo che fino all'ultimo si potrà discutere in quest'Aula per giungere ad un tentativo (che in maniera concreta potrà anche essere abbastanza semplice da portare avanti) che difenda i principi fondamentali del Servizio sanitario nazionale e che, nello stesso tempo, al fine di garantirli e non già di metterli in discussione, possa istituire il nuovo Ministero della salute (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Farina Coscioni. Ne ha facoltà, per quindici minuti.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, colleghi, Viceministro Fazio, innanzitutto voglio ricordare - perché almeno ne resti traccia e memoria negli atti parlamentari - che da venerdì 6 novembre tre malati di sclerosi laterale amiotrofica, Salvatore Usala, Giorgio Pinna e Mauro Serra, hanno intrapreso uno sciopero della fame e potete tutti immaginare, nelle loro condizioni, quanto la cosa sia gravosa.
Mi sono recata ieri a Cagliari a casa di Salvatore Usala per assicurare il mio impegno di militante radicale, di dirigente dell'associazione Luca Coscioni, di parlamentare e di cittadina, e dalla mezzanotte di sabato mi sono unita al loro sciopero della fame.
In queste ore - lo voglio sottolineare anche qui ed esprimere loro gratitudine e ringraziarli per quello che hanno deciso di fare e fanno - 251 cittadini spontaneamente hanno comunicato la loro adesione a questa iniziativa non violenta ghandiana, anche con uno sciopero della fame, e tra loro vi sono diversi malati che hanno deciso l'autoriduzione dei farmaci: è un risultato straordinario che coinvolge i malati e le famiglie, persone che vivono sulla loro pelle la malattia o la vedono vivere a parenti e ad amici. Dico loro grazie perché questo loro sostegno è importante, come è importante che tanti altri ci raggiungano e si uniscano a questa nostra lotta (e credo possa aiutare anche lei, signor Viceministro della salute).
«Viviamo senza alcuna assistenza», le hanno scritto Usala, Pinna e Serra in una lettera aperta indirizzata a lei, signor Viceministro della salute. Usala, Pinna e Serra sono la punta di un iceberg. Stiamo parlando di pazienti e di famiglie in situazioni spesso disperate, senza aiuti economici adeguati o assistenza (pochi minuti al giorno, quando va bene): essi hanno diritto ad una vita dignitosa ed è nostro dovere assicurargliela.
Ho già presentato diverse interrogazioni al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali nelle quali denuncio la situazione avvilente in cui Usala, Pinna, Serra e tanti malati di SLA si vengono a trovare e che patiscono. Credo sia sconcertante che ancora non sia stata effettuata Pag. 38una mappatura della distribuzione geografica di questa patologia (un'istanza che avevo già sollevato due anni fa e che è rimasta lettera morta), ed è sconcertante che non si sappia con certezza come vengono utilizzati i fondi che già il precedente Governo aveva stanziato a favore dei malati di SLA e delle loro famiglie. È sconcertante quanto scrive Usala al Viceministro Fazio: quest'anno sono morti tanti malati per abbandono e soprattutto perché, non avendo assistenza, non hanno fatto la tracheotomia.
È sconcertante che uno strumento legislativo - i LEA (i livelli essenziali di assistenza, il nomenclatore degli ausili e delle protesi, che non è aggiornato dal 1999) - giace da un anno e mezzo in Conferenza Stato-regioni e che ancora non vi sia traccia di un accordo; è sconcertante infine, e costituisce motivo di vergogna, che nella sesta potenza mondiale vi siano trattamenti da terzo mondo per i malati di SLA.
Usala, Pinna e Serra, le centinaia di cittadini che in queste ore stanno facendo lo sciopero della fame e anch'io che vi sto parlando sollecitiamo e chiediamo al Governo di non trincerarsi, di non nascondersi dietro risposte formali e burocratiche, indice di sostanziale indifferenza verso un problema che riguarda centinaia di persone sofferenti e le loro famiglie.
Per quanto riguarda la questione circa l'opportunità o meno di istituire un Ministero e un Ministro della salute vi sono buone ragioni per essere favorevoli e altrettante ragioni per essere contrari. Comincio dalle buone ragioni. Nella grande maggioranza dei Paesi industrializzati vi sono un Ministro e un Ministero autonomi. In alcuni, però, è stato adottato l'accorpamento con il Ministero del lavoro e degli affari sociali, prevedendo all'interno di questo un dipartimento di salute con un responsabile senza rango di Ministro. La salute è certo uno dei maggiori obiettivi di ogni Paese e la sanità è uno dei settori più importanti. Da noi vale il 9 per cento del PIL. Tenendo conto dell'indotto, gli occupati superano 1,5 milioni. Presenta strutture su tutto il territorio nazionale. Interessa la totalità dei cittadini.
Ora illustrerò le ragioni per non istituire un autonomo Ministero della salute. L'evoluzione del modello di organizzazione sanitaria in Italia negli ultimi trent'anni vede una tendenza al decentramento e al federalismo sanitario, che ha come naturale conseguenza il declassamento del Ministero della salute a dipartimento. Pur avendo cambiato nome, il Ministero della salute continua ad essere concepito da tutti, politici, istituzioni, sindacati, interessi industriali e farmaceutici, come Ministero della sanità. Per tutti questi interessi è meglio avere un interlocutore unico ed infatti non può e non deve sfuggire che tutti costoro sono favorevolissimi al Ministero autonomo. Unici interlocutori assenti sembrano essere i cittadini, che dispongono di pochissimi strumenti per tutelare i loro diritti e con una pressoché inesistente informazione indipendente ed accessibile. In altre parole, il Ministero è quello che ci vuole per la sanità e per tutti i suoi attori, ma sono i cittadini e la tutela della loro salute che dovrebbero esserne soprattutto interessati. Credo dunque si possa dire che entrambe le posizioni hanno elementi di ragionevolezza.
I deputati radicali potrebbero essere favorevoli all'istituzione del Ministero se fosse previsto esplicitamente il compito di organizzare la valutazione indipendente di tutti i servizi e le strutture del sistema sanitario e l'organizzazione dell'informazione sui risultati delle valutazioni in modo facilmente accessibile per i cittadini. Il Ministero, cioè, dovrebbe fare una cosa che ora non fa pressoché nessuno: fornire strumenti di valutazione e conoscenza ai cittadini, garantendo, oltre al coordinamento e al controllo, che possano scegliere consapevolmente le strutture di cura e i percorsi terapeutici, conoscendone la reale efficacia in luogo delle dichiarazioni autoreferenziali che il sistema sanitario tradizionalmente ha sempre fornito.
Dunque, se proprio si vuole, chiediamo che il Ministero della salute sia rafforzato Pag. 39prevedendo esplicitamente poteri, anzi doveri, in materia di tutela dei diritti dei cittadini e della loro salute. È ad esempio essenziale istituzionalizzare il percorso valutazione, informazione e scelta consapevole dei cittadini. Discutiamo allora di quali poteri e di quali competenze, Viceministro Fazio, del grado di autonomia e di forza dei quali si dota il nuovo Ministero della salute. Sarà più chiaro se davvero è così necessario ed opportuno istituirlo. Questo sin da ora vi posso dire e assicurare: io, come componente della Commissione affari sociali, che più direttamente avrà a che fa con il futuro Ministero, e tutti noi compagne e compagni radicali saremo sempre presenti, vi solleciteremo e, mi si passi il termine, vi braccheremo con la nostra funzione ispettiva e di controllo. Non posso - e me ne dolgo, perché davvero avrei voluto dire il contrario - dare una valutazione positiva dell'operato del Ministro, che sinora ha ricoperto anche le funzioni e le responsabilità per quanto riguarda la salute.
Discutibili, spesso inaccettabili le iniziative che sono state prese e le decisioni adottate, per non parlare delle dichiarazioni di intenti, delle prese di posizione: un fare e un non dire che è stellarmente lontano dal mio sentire, da quello che ritengo sia giusto e necessario. Penso all'atteggiamento assunto sul caso di Eluana Englaro, ma anche alla posizione sul testamento biologico, sulla pillola RU486, più in generale su quei temi che oggi si usa chiamare «eticamente sensibili».
Penso anche, non da ultimo, a ciò che accade in questi giorni per quel che riguarda la pandemia influenzale: un profluvio di tante dichiarazioni, spesso tra loro contraddittorie, tante parole e pochi fatti. Credo occorra fare ben altro che uno spot televisivo con Topo Gigio o conferenze stampa a ripetizione. La vaccinazione delle fasce di popolazione considerate a rischio, per le sue modalità, è perlomeno discutibile. Del resto non vi è giornale che non ne dia conto.
Sottolineo solo che a suo tempo, con un'interrogazione cui non è stata data risposta, avevo segnalato come luoghi di concentrazione e diffusione del virus le carceri, luogo per definizione di promiscuità. Non è prevista la vaccinazione né per i detenuti, né per gli agenti di custodia e gli altri operatori che non siano personale sanitario. Giusto l'altro giorno ho appreso che un detenuto è stato trasferito da Regina Coeli e ricoverato in ospedale per una sospetta influenza. Voglio sperare che non sia l'inizio di una situazione incontrollabile in un'istituzione, il carcere, di per sé fonte e luogo di innumerevoli tensioni e problemi. Voglio credere e sperare che si mostrino un'attenzione e una sensibilità maggiori verso le centinaia di malati e le loro famiglie, costrette a vivere in situazioni difficili e dolorose.
Un primo banco di prova è senz'altro costituito dalla questione sollevata da Usala, Pinna e Serra con il nostro digiuno e da quanti, come noi, dentro e fuori il Parlamento, vorranno sostenere questo digiuno di dialogo. Un malato di SLA costa mediamente 1.700 euro al giorno in terapia intensiva, 360 in una RSA, 240 in casa. Quello che chiediamo e quello per cui lottiamo è che sia data la possibilità al malato di poter stare vicino ai suoi familiari.
È la stessa lotta che condusse Luca Coscioni e che fecero poi Piergiorgio Welby, Giovanni Nugoli e oggi tanti altri con e come loro (Alessandro Frezzato, Sabrina Di Giulio, Rosma Scuteri, Severino Mingroni, Gustavo Fraticelli) che con il loro corpo - il corpo del malato - tentano di raggiungere il vostro cuore, il nostro cuore, il cuore della politica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pedoto. Ne ha facoltà, per quindici minuti.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, condivido l'istituzione del Ministero della salute per due ragioni: in primis perché la separazione del Ministero della salute dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sicuramente allevierà il grosso carico che il Ministero del lavoro e delle politiche Pag. 40sociali aveva. Poi vi è un secondo motivo, che ho sentito ripetere in quest'Aula, nelle Commissioni e nel dibattito che vi è stato al Senato: mi riferisco al motivo di ricostituire finalmente un ente che si occupasse di politica sanitaria, quindi per riattribuire la specificità e l'autorevolezza che il Ministero della sanità deve avere. Quindi siamo d'accordo per la reistituzione del Ministero della sanità, ma ribadendone l'autonomia e la specificità di una scelta che deve essere compiuta con coraggio e fino in fondo.
Ho letto con piacere, a suo tempo, quella lettura socialmente evoluta di una salute intesa non solo come assenza di malattie e come cura delle malattie, ma di una salute intesa in modo comprensivo della tutela della persona, della sua vita e anche del suo lavoro.
Tuttavia, mi sembra che le ragioni che portarono all'istituzione di un unico Ministero - il Ministero del welfare, e quindi della salute, del lavoro e delle politiche sociali - non siano andate più avanti rispetto ad un auspicio e ad una promozione, in senso generale, di quella «vita buona» cara ad Aristotele, a Sant'Agostino e al Ministro Sacconi.
Pertanto, diciamo «sì» alla reistituzione del Ministero della salute e diciamo «no» al ruolo attribuito nel provvedimento in discussione al Ministero dell'economia. Infatti, il Ministero dell'economia entra pesantemente nelle materie di competenza regionale, andando in contraddizione con i principi del federalismo fiscale.
Leggendo il provvedimento - lo ha ben spiegato la collega Lo Moro, che è intervenuta prima di me - vi sono due termini che appaiono sconcertanti, specialmente se letti insieme: sono i termini «tecnico» e «di concerto». Quando in una legge troviamo scritto «tecnico», abbiamo a che fare con il «come si fa qualcosa». Nel provvedimento in discussione troviamo scritto «programmazione tecnico-sanitaria», ma anche «attività tecniche sanitarie regionali». Questo significa che il Ministero dell'economia interviene nella programmazione sanitaria, interviene nelle attività tecnico-sanitarie, interviene nella definizione dei livelli minimi di assistenza e interviene nei piani di rientro. Questo significa che il Ministero dell'economia decide come si fa la programmazione sanitaria, decide come si compra un materiale per fare una TAC e decide come si attuano i livelli essenziali di assistenza.
La seconda espressione è «di concerto». Tutti sappiamo che «di concerto» significa che il Ministro della salute non potrà prendere alcuna decisione senza il Ministro dell'economia. Questo significa che senza il benestare del Ministro dell'economia, non potrà neanche riunirsi un tavolo di programmazione. Questo significa che con il provvedimento in oggetto iniziamo a strutturare un Ministero in modo subalterno. Mi viene in mente che, forse, stiamo istituendo un Ministro o un Ministero già commissariato.
Capisco che tutto questo accade per una logica di contenimento della spesa. Tutti riteniamo, oramai, che i vincoli di bilancio siano necessari in tutti i campi, anche nel campo della sanità. Tutti riteniamo necessarie la ricerca e la correzione di tutti i fenomeni che producono, e che hanno prodotto in passato, cattiva spesa. Penso - stasera presiede la seduta - al cosiddetto patto per la salute del Ministro Bindi, penso ai piani di rientro concordati con le regioni, penso ai commissariamenti. Tuttavia, nel rapporto tra il Ministero della salute e il Ministero dell'economia, una cosa è il ruolo di un fratello maggiore, un'altra è il ruolo di un tutore che limita l'azione del Ministero della salute, che dovrebbe essere finalizzata sempre alla tutela della salute dei cittadini.
In questa logica di controllo della spesa, stiamo perdendo di vista il fatto che siamo un Paese in cui aumentano le esigenze, dove cresce la popolazione anziana, dove aumentano i poveri, dove aumenta il divario tra i ricchi e i poveri, dove sono diversi i livelli di assistenza tra nord e sud del Paese.
Signor Presidente, ho letto e riletto questo provvedimento più volte e ho capito che probabilmente non potremo cambiare nulla del suo contenuto. Pertanto, ho pensato di cambiarne il titolo. Il titolo potrebbe Pag. 41essere questo: istituzione del Ministero della veterinaria pubblica - perché mi sembra sia l'unica competenza che gli rimane - e prelatura del Ministero dell'economia e delle finanze per la sanità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi aspettavo che oggi fosse presente in Aula il Ministro Sacconi, per due motivi. Rispetto in pieno la persona del Viceministro Fazio ma, francamente, trovo che sia poco elegante che egli sia oggi in quest'Aula. Signor Viceministro, la relazione tecnica che accompagna questo provvedimento è fatta indicando e enucleando i costi di questo Ministero e dicendo che in parte non vengono usati, perché le persone in parte sono le stesse, evidentemente riferendosi al Viceministro. A me sembra che siamo in un pieno conflitto di interessi. Questo è un Ministero ad personam, e chi siede in Aula a rappresentare il Governo? L'interessato! Scusatemi, ma dove siamo finiti? C'è un po' di rispetto per il Parlamento e per la gente? Venga il Ministro Sacconi a spiegarci perché enuclea questi costi, e non l'interessato alla poltrona di Ministro della salute. Trovo che questo sia abbastanza grave e che costituisca il simbolo e il segno di un modo con cui si affrontano e si vivono le cose oggi da parte di questo Governo, dove il conflitto di interesse è imperante. È chiaro che se il conflitto di interesse nasce dalla testa poi è ammesso in tutti i modi.
Non siamo d'accordo sul metodo e francamente riteniamo che per istituire un Ministero non sia necessaria una mera funzione di coordinamento di materia che a norma della Costituzione è affidata, invece, all'esclusiva competenza delle regioni. In questo caso era necessario un coordinamento? Vi era già un dipartimento che svolgeva un ruolo di coordinamento. Ma che bisogno c'era, se non quello di creare qualche poltrona in più?
Poiché l'obiezione è facile, la anticipo io stesso. Guardate Prodi, si potrebbe dire. Certo, ma siamo tra i primi a dire che quella è stata una vicenda inimmaginabile e inaccettabile e, dunque, l'abbiamo contrastata dal nostro interno. Lo abbiamo già detto. Pertanto, non fate questa obiezione, che non c'entra assolutamente niente. In questo caso, si riprende un po' per volta a riaumentare il numero delle poltrone senza che ve ne sia reale bisogno, perché - lo ribadisco - non vi è nulla in più delle funzioni tecniche che sono attribuite ad un dipartimento già esistente. Infatti, quando si redige la relazione tecnica sui costi per l'istituzione del Ministero di fatto si afferma che cambia poco, perché in larga parte si tratta di costi già esistenti.
Il mio intervento sarà brevissimo, perché non ha una funzione di tipo tecnico ma intende solo sollevare questo punto, che ritengo rappresenti un problema serio e che andrebbe trattato in modo serio, ossia il problema del conflitto di interesse. Andiamo a guardare come viene finanziata la riorganizzazione della rete periferica delle amministrazioni pubbliche: in sostanza, cambiando l'autorizzazione di spesa, cioè vengono sottratti dei quattrini al Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie con analisi e gestioni dei rischi e relative risorse, di cui al capitolo 4393 del Ministero del lavoro; le risorse iscritte nel capitolo 3300 del Ministero del lavoro per la fondazione dell'Istituto nazionale di genetica molecolare; le risorse del capitolo 4393 dello stato di previsione del Ministero del lavoro.
Si tratta in sostanza di una serie di costi che vengono tolti ad una spesa. Un altro capitolo coinvolto (3460) riguarda un fondo per la realizzazione di una campagna per il monitoraggio delle condizioni sanitarie dei cittadini italiani impegnati nell'area Bosnia-Erzegovina e Kosovo, che a qualcuno non dice nulla, ma forse la questione dell'uranio impoverito a qualcuno viene in mente.
Allora, con un gioco delle carte, come fa sempre questo Governo, per finanziare questi interventi si portano via risorse a Pag. 42spese che realmente servono e sono necessarie per tutelare la salute della nostra popolazione. Ho ultimato qui il mio intervento, signor Presidente, perché era solo questo che volevo far notare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor Viceministro, colleghi, noi siamo fondamentalmente contrari all'istituzione del nuovo Ministero della salute per i motivi che dirò, ma ci riserviamo una decisione definitiva come gruppo - pur avendo votato contro al Senato - all'esito dell'accoglimento o meno dei numerosi emendamenti, non solo soppressivi, ma anche tecnici, che abbiamo presentato per l'esame in Assemblea.
Credo che questa normativa sia inutile, in primo luogo perché da tempo le competenze in materia di salute sono affidate in larghissima parte alle regioni, quindi le competenze statali sono competenze di controllo, competenze sul farmaco, competenze sostanzialmente residuali. Tali competenze potrebbero ben essere svolte, come lo sono attualmente, all'interno del Ministero del welfare attraverso la figura di un Viceministro, peraltro stimabile come il rappresentante del Governo presente in Aula, che lodevolmente avrebbe potuto essere affiancato dal suo Ministro, senza nulla togliere alle sue competenze e alla sua preparazione.
Portare, inoltre, a tredici i Ministri e aumentare di fatto fino a sessantaquattro i sottosegretari - perché in fin dei conti il sottosegretario cosiddetto irripetibile ai problemi dello smaltimento dei rifiuti è un sottosegretario a tutti gli effetti, e quindi erroneamente il numero dei rappresentanti del Governo viene indicato in sessantatré, ma in realtà sono sessantaquattro - riteniamo sia francamente una spesa superflua, così come riteniamo superflua la spesa che di fatto viene effettuata per aumentare o comunque per non utilizzare altrimenti quei danari nell'ambito delle piante organiche.
Da ultimo - questo è soltanto il sommario di ciò che poi andrò ad esplicitare meglio - non possiamo non considerare il commissariamento di fatto del nuovo Ministero della salute da parte del Ministero dell'economia. Allora, molto più ragionevolmente, si sarebbe potuto spostare il Viceministro per la salute al Ministero dell'economia, perché questo nuovo costituendo Ministero diventa una dépendance non molto libera del Ministero dell'economia.
Quindi, non volendo prestar mente ai pettegolezzi della stampa che parlano di una costituzione del Ministero della salute unicamente finalizzata a risolvere un problema politico rappresentato dalla «liberazione» di una regione, crediamo che sia invece un'operazione fatta dal punto di vista istituzionale. Non resta, pertanto, che ritenere abbastanza paradossali e confliggenti le norme che da una parte istituiscono un Ministero inutile e dall'altra lo privano completamente dei propri poteri finanziari.
Quindi, possiamo già parlare dell'aberrazione di un insieme di norme che creano un Ministero svuotato di quelle competenze e funzioni che ne motivano l'istituzione. Di fatto, come dicevo, c'è proprio un commissariamento del nuovo Dicastero da parte del Ministero dell'economia. Abbiamo poi un problema economico non indifferente, perché non inganni la copertura del provvedimento. Quelle cifre che a prima vista sembrerebbero contenute riguardano soltanto le questioni logistiche, ma in altri articoli ci sono decine di milioni di euro da spendere in nuove piante organiche, nuove assunzioni per i due Dicasteri coinvolti (lavoro e salute). Non si tratta di spese aggiuntive, è vero, ma quelle risorse potrebbero benissimo essere risparmiate o destinate senz'altro ad un utilizzo migliore.
L'8 maggio, quando in Consiglio dei ministri il Presidente ha annunciato questo disegno di legge, si è detto che era previsto, tra i due sottosegretari, uno per il turismo; ci si dice che ne sia previsto un altro per i rapporti con il Parlamento e che ci sia un Viceministro alla salute. Viceministro Fazio, le auguro di non rimanere tale, proprio per quella motivazione Pag. 43pettegola che i giornali da diverse settimane stanno riportando, perché sarebbe ben grave piegare le istituzioni alle necessità di sistemazione interna di posti e poltrone da parte dei partiti politici.
Detto di questa non condivisibile operazione di aumento (non credo che i nostri concittadini gradiranno che in un momento di crisi come questo il Governo venga portato, da sessanta, non a sessantatré, come viene detto dalla legge, ma a sessantaquattro posti, con conseguente aumento di costi), andiamo a vedere lo svuotamento delle competenze di questo Ministero, che praticamente nasce morto, perché, oltre ad avere pochissime competenze, dal momento che, come dicevamo prima, le maggiori e più importanti sono attribuite alle regioni, non è nemmeno padrone del proprio portafoglio.
È attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze, in materia di coordinamento della spesa pubblica e verifica dei suoi andamenti, il settore della spesa sanitaria. Questo lo dice il comma 2, lettera b), laddove si legge che il coordinamento della spesa e del suo andamento nel settore della spesa sanitaria è attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze. Torna il ragionamento che facevo prima: poteva tranquillamente trasferirsi il Viceministro per la salute al Ministero dell'economia, che diventa di fatto il padrone della cassa.
Si stabilisce, inoltre, alla lettera c) del comma 2, che sono attribuiti al Ministero dell'economia e delle finanze in materia di monitoraggio della spesa pubblica tutti i profili attinenti al concorso dello Stato al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, anche quanto ai piani di rientro regionale. Si tratta di un'altra enorme spoliazione di competenze per il Ministro della salute. È previsto, inoltre, che la funzione di coordinamento del sistema sanitario nazionale, che è proprio il core business del Ministero, avvenga - qui c'è stata un po' di vergogna da parte dell'organo proponente - di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze per tutti i profili di carattere finanziario. Il concerto è sostanzialmente vincolante, quindi anche la funzione principale del Ministero della salute di fatto viene sottoposta al chiavistello del Ministero dell'economia.
È specificato inoltre che tra le funzioni attribuite al Ministero della salute la programmazione sanitaria di rilievo nazionale e quella relativa all'indirizzo, al coordinamento e al monitoraggio delle attività regionali abbia anche un profilo di natura tecnica; in particolare per ciò che riguarda il concorso dello Stato al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, anche per i piani di rientro regionale, è previsto il concerto ancora una volta del Ministero dell'economia e delle finanze (lettera e) del comma 2). Allo stesso modo è previsto che le funzioni relative all'organizzazione dei servizi sanitari, alle professioni sanitarie, ai concorsi e allo stato giuridico del personale del Servizio sanitario nazionale siano svolte di concerto ancora una volta - indovinate un po' - con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Questo secondo comma dell'articolo unico costituente questa legge ci fa chiedere qual è il senso della costituzione del Ministero della salute quando tutte le funzioni in pratica sono svolte dal Ministero dell'economia, direttamente o, al massimo, di concerto con il Ministro della salute. Ci viene davvero da pensare che queste malevole cose dette sulla stampa possano avere un fondo di verità.
Nel comma 8 si prevede che l'ulteriore assunzione di personale a tempo indeterminato prevista per il 2008, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità e nel limite di un contingente complessivo di costo di 75 milioni di euro a regime, possa essere svolta fino al 31 dicembre del 2009. Qui entriamo in quell'altra fase di cui ho parlato quando ho fatto l'indice di quello che sarebbe stato il mio intervento: entriamo in quei criteri di spesa che, pur non incrementando di molto la spesa attuale nell'ambito del Ministero del welfare, avrebbero ben potuto essere razionalizzati, o risparmiati o spesi meglio. Infatti, il comma 9 dispone che, ai fini della riduzione delle spese indicate dal decreto-legge n. 112 del 2008, Pag. 44il Ministero del lavoro provvede al riordino delle sedi degli enti previdenziali ed assistenziali pubblici vigilati; i risparmi conseguenti e aggiuntivi rispetto a quelli già considerati ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica saranno attribuiti alla rideterminazione degli incrementi delle aliquote contributive previsti a decorrere dall'anno 2011.
A parte che non sappiamo come avverrà questo riordino e se vi sarà un danno per i servizi, e, quindi, per i cittadini, a causa di un decremento dei servizi di questi enti previdenziali e assistenziali pubblici vigilati, diciamo che la finanziaria per il 2008 aveva già previsto tutto quanto indicato da questo comma e che, riguardo alle aliquote contributive citate, si tratta di una parte della contribuzione a carico dei dipendenti delle gestioni pensionistiche degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori diretti, oltre alla gestione separata, per i quali era previsto un incremento dello 0,09 per cento, ma i decreti attuativi ancora non sono stati adottati. Quindi, non vorremmo che nel fare questa legge si vada a causare un danno alle categorie, già indebolite dalla crisi, degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori diretti.
Inoltre, come accennava bene prima il collega Borghesi, voglio ribadirlo anch'io ed alzare un grido d'allarme, se allarme c'è: gli oneri derivanti dall'aumento del numero dei Ministri e dei componenti del Governo sono quantificati in 460 mila euro per il 2009 e in 920 mila euro annui a decorrere dal 2010. La copertura di questa spesa soltanto per una minima parte, e di questo ne siamo lieti, va a carico della riduzione di spesa relativa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ma per circa 306 mila euro per il 2009 va a carico della riduzione dell'autorizzazione di spesa per il contrasto all'emergenza di salute pubblica legate prevalentemente alle malattie infettive e diffusive ed al bioterrorismo.
Su questo vorremmo una risposta ed una rassicurazione da parte del Viceministro presente in Aula perché, in tempi di grande allarme sociale per le malattie infettive ed anche per il bioterrorismo, considerato che il Ministro Maroni ha alzato l'allarme sulla possibilità che vi siano cellule terroristiche in attività in Italia che potrebbero anche agire con strumenti di bioterrorismo, noi andiamo a ridurre gli stanziamenti in materia. Pertanto, vorremmo sapere se rimane qualche risorsa e se questi piani, questi progetti vanno avanti. Quello che un po' ci scandalizza, e su questo vorremmo risposte chiare e precise, è che circa 613 mila euro dal 2010 verranno tratti dalla riduzione dell'autorizzazione di spesa per il monitoraggio sulle condizioni sanitarie del personale che presta o ha prestato servizio nei territori della Bosnia Erzegovina e del Kosovo. Si tratta del monitoraggio di quei militari che stanno subendo, hanno subito o potrebbero subire conseguenze legate all'uso di uranio impoverito e sappiamo che già di morti a causa di questo contagio e di malati ce ne sono tantissimi; non vorremmo che per costruire qualche poltrona in più andassimo a togliere denaro a chi ne ha veramente bisogno.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DAVID FAVIA. Ho terminato il tempo, Presidente?

PRESIDENTE. Ha un minuto.

DAVID FAVIA. Concludo in un minuto, Presidente. Quindi, come dicevo all'inizio del mio intervento, noi siamo sostanzialmente contrari all'istituzione del Ministero della salute perché, essendo quasi tutte le competenze ormai in capo alle regioni, non se ne vede il bisogno. Non si vede il bisogno di spendere soldi pubblici in più, non si vede il bisogno di aumentare le piante organiche, non si vede il bisogno di aumentare i Ministri ed i sottosegretari, vieppiù se questo serve alla politica partitica e non agli interessi della Nazione. Sembra che anche al centrodestra, che ha proposto questo disegno di legge, non interessi più di tanto questo Ministero della salute perché, di fatto, lo spoglia di ogni competenza economica, dandolo completamente in mano, quasi non si Pag. 45fidasse del futuro Ministro, del futuro Viceministro, in tutela, in commissariamento al Ministero dell'economia, tanto che, ribadisco la proposta che avevamo fatto prima, tanto varrebbe spostare il Viceministro da un Ministero all'altro. Comunque, ci riserviamo di esprimere il voto all'esito della considerazione che verrà fatta dei nostri emendamenti (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stracquadanio. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, mi unisco anch'io alle congratulazioni che le ha rivolto l'onorevole Lo Moro per l'importante incarico di partito a cui ella, Presidente, è stata nominata. Credo che si tratti di un riconoscimento di una storia politica e di una tempra di combattente che io, essendo quasi sempre in dissenso con lei, le riconosco con molto piacere e con senso della lealtà e della lotta politica. Penso che le fosse dovuto da parte mia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Italia dei Valori).

DAVID FAVIA. Ci aggiungiamo anche noi, Presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Stracquadanio. Non ho ringraziato prima l'onorevole Lo Moro, ma ringrazio ora lei così colgo l'occasione per ringraziare anche l'altra collega.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Ho utilizzato volentieri il mio tempo per questo inizio di intervento.
Detto questo, signora Presidente, veniamo al tema oggi in discussione. Noi con questo provvedimento interveniamo su una decisione che venne presa nella scorsa legislatura dal Governo allora in carica; si decise, in sede di legge finanziaria, di introdurre una norma che limitasse il numero dei membri del Governo a sessanta e riducesse il numero dei Ministeri a dodici. Una decisione che veniva adottata non per il Governo che in quel momento era in carica, ma per il Governo che sarebbe succeduto. Si disse all'epoca che, come dire, si invocava la virtù non per sé, ma per i propri successori e che questo fosse una contraddizione.
Credo che, in realtà, dietro quella decisione ve ne fosse un'altra più importante e cogente. Di fronte ad una maggioranza particolarmente caotica e rissosa, si diceva: state attenti che, se fate cadere questo Governo, composto da oltre 100 membri e che dà un posto a tutte le componenti che lo sostengono per un voto di maggioranza al Senato, il prossimo non avrà posto per tutti. Da questo punto di vista, ciò rappresentava un ottimo strumento di deterrenza politica rispetto alla tenuta del Governo.
Il Governo poi cadde per motivi diversi che non voglio ricordare perché richiamerebbe tutta una serie di problemi nei rapporti tra le istituzioni dello Stato. Si andò alle elezioni e toccò a questa maggioranza mettere in atto la disposizione contenuta in quella legge finanziaria. Lo ricordo perché io ebbi l'occasione e l'onore di essere il relatore alla Camera della legge che dava attuazione a quella disposizione. Ricordo perfettamente che, in sede di discussione e di replica, specificai come ci trovassimo di fronte ad un provvedimento dal carattere strettamente sperimentale. Dovevamo, infatti, valutare se, nell'ambito dell'assetto parlamentare della nostra Repubblica, avere un Governo con un numero così ristretto potesse garantire in modo efficiente il rapporto tra il potere legislativo (con il suo potere di indirizzo e di controllo) e il potere esecutivo, a fronte della necessità che l'Esecutivo rispondesse tempestivamente e puntualmente alle indicazioni, alle richieste e alle sollecitazioni che arrivavano dal potere legislativo.
Questo è un caso in cui il nostro atteggiamento sperimentale dimostra che vi era un problema, il quale si pone e si è posto molte volte nel corso delle ultime legislature con un paradosso, onorevole Lo Moro, assolutamente straordinario. Mi riferisco al fatto che, da parte della sinistra italiana, si sottolinea ogni volta l'importanza Pag. 46del carattere fondante (al punto da rientrare tra i diritti essenziali riconosciuti dalla Carta costituzionale) della salute e, quindi, dell'impegno dello Stato perché sia garantito il massimo di universalità e di gratuità del sistema. Al tempo stesso, quella parte politica è quella che, ogni volta che ha occasione, chiude il Ministero medesimo; mentre quelli che pregiudizialmente sarebbero in qualche misura accusati di voler favorire i privati, di non avere rispetto del carattere universale e quant'altro (ovvero il centrodestra), stabilmente ricostituiscono il Ministero. Ciò è accaduto nella legislatura 2001-2006 e sta accadendo in questa. Si tratta di una contraddizione che si dovrebbe sciogliere se il termine di confronto fosse quello dell'universalismo del Sistema sanitario nazionale, ma evidentemente il termine di confronto, per quello che ci riguarda, non è questo.
L'aspetto su cui dovremmo concentrare la nostra attenzione è, innanzitutto, se è necessario (io e altri colleghi riteniamo che lo sia), per garantire quell'equilibrio costituzionale che il Titolo V ha introdotto - per cui tutta l'organizzazione dei servizi è affidata alle regioni ma i livelli essenziali di assistenza e lo stato giuridico di chi opera sono affidati allo Stato -, che esista un Ministero a ciò dedicato. Su questo aspetto penso che abbiamo trovato finalmente un punto di convergenza e spero di non essere smentito da un prossimo riaccorpamento che verrà fatto non dalla nostra maggioranza, ma da una eventuale maggioranza a guida dei partiti attualmente di opposizione.
La contestazione fatta oggi dall'opposizione su come si forma questo provvedimento e su quello che prevede non è tanto sulla necessità del nuovo Ministero, ma sul suo stretto rapporto con il Ministero dell'economia. A questo proposito, si sono dette cose contraddittorie non dai colleghi del PD, ma in particolare dai colleghi dell'Italia dei Valori, i quali dicono che il Ministero è posto sotto tutela del Ministero dell'economia perché non abbia possibilità di spendere, ma al tempo stesso sostengono che sarebbe una fonte di sprechi e di risorse. Colleghi Favia e Borghesi, bisogna che vi mettiate d'accordo tra il vostro pensiero laterale destro e quello laterale sinistro. Se è una fonte di sprechi, il Ministero dell'economia ne soccombe in questa visione da voi espressa; ma se è sotto tutela del Ministero dell'economia, così come avete detto, non è vero che rappresenta una fonte di sprechi.
Le due cose non possono affermarsi contemporaneamente, e almeno riservatele alle manifestazioni pubbliche, dicendo talvolta una, talvolta l'altra in funzione del gradimento del pubblico cui andate incontro, perché la demagogia ha questo difetto, quello di incorrere spesso in contraddizioni non risolvibili.
Quanto invece alle osservazioni evidenziate dai colleghi del Partito Democratico in relazione anche, lo diceva la collega Pedoto, alle contraddizioni con il federalismo fiscale, perdonatemi colleghi, ma se c'è qualcosa che è in contraddizione con il federalismo fiscale è l'attuale situazione dei costi della sanità nelle diverse regioni italiane. Non è possibile e non è ragionevole che la stessa identica prestazione possa avere un costo in un luogo e costare il doppio in un altro luogo, non importa quanto sia vicino o quanto sia distante quel luogo o quanto sia orientato ad un polo dei punti cardinali o all'altro. Perché in base al principio del federalismo fiscale bisognerebbe orientarci verso dei costi standard e che fosse possibile determinare tali costi. E la stretta relazione tra l'istituendo Ministero della salute e il Ministero dell'economia è proprio per accompagnare anche nella pratica questo traguardo della definizione dei costi standard che il federalismo fiscale vuole.
Se ci attenessimo strettamente ad una concezione del federalismo fiscale per la quale ciascuno provvede in qualche misura sulla base delle proprie risorse, allora ci troveremmo nella contraddizione per la quale, dato che la fonte di finanziamento principale della sanità pubblica è l'imposta regionale sulle attività produttive, laddove le attività produttive sono più ricche e il territorio è più ricco, la sanità può godere Pag. 47di migliori livelli di assistenza, mentre ciò non accadrebbe laddove questo non si registrasse.
Invece in ordine alla disciplina dei costi standard ed a quanto viene previsto in termini di fondi perequativi a livello delle norme del federalismo fiscale che devono trovare attuazione (e la troveranno nel 2012 e non prima, perché il periodo di messa a punto dei decreti delegati, di approvazione e di andata a regime è quello), si pone un problema: che cosa facciamo intanto per garantire i livelli essenziali di assistenza, per garantire che il bilancio dello Stato non sia «sfondato» regolarmente e che non vi sia una certa irresponsabilità delle regioni o di alcune di esse (non importa chi le guidi e dove si trovino) che porti poi a dover rinegoziare ogni volta, a livello di Conferenza Stato-Regioni, ripianamenti del deficit che non sono altro che l'assunzione secondo la quale i cittadini hanno diritto alle stesse prestazioni ma le pagano in misura differente e chi ha in qualche misura pagato il giusto non deve pagare anche per chi non ha pagato a sufficienza o per chi ha sprecato.
Questo coordinamento sulla spesa ha la necessità di porre un freno, un limite non all'erogazione delle prestazioni ma al fatto che i loro costi si dilatino senza alcun controllo perché, evidentemente, il controllo non c'è. È per questo motivo che io credo che, da questo punto di vista, il provvedimento sia molto bene equilibrato e che vadano mantenuti i rapporti, il concerto tra l'istituendo Ministero ed il Ministero dell'economia su determinate materie - e concerto non vuol dire sottomissione, ma vuol dire che bisogna andare d'accordo - affinché si possa procedere verso l'obiettivo del federalismo fiscale.
Detto questo, voglio in conclusione svolgere alcune osservazioni. Non era questa l'occasione per discutere della qualità del nostro Servizio sanitario nazionale, ma è stata detta una cosa sulla vaccinazione dell'influenza di tipo A e sul virus H1N1: se il Governo ha ecceduto in qualcosa ciò è stato in termini di prudenza e di dimensione della copertura della vaccinazione.
Infatti, come ci dicono tutti i più autorevoli scienziati, non ultimo ieri il presidente della società di pediatria italiana, siamo di fronte ad un virus la cui letalità è dieci volte inferiore a quella dei normali virus influenzali stagionali cui andiamo incontro, rispetto ai quali non abbiamo un allarme di vaccinazione di questa portata. Stiamo assistendo a casi di letalità contenuti, che colpiscono soggetti che sono già particolarmente defedati per malattie in corso e pregresse di varia natura e molto gravi.
Quindi, se c'è qualcosa che possiamo rimproverare al Ministro Sacconi e al Viceministro Fazio è di avere ecceduto nella prudenza e semmai di non aver trascurato l'allarme. Siccome si può dire che di fronte alla salute la prudenza non è mai troppa, anche questo eccesso è in qualche misura commendevole e meritevole del nostro plauso.
Concludo, signora Presidente, dicendo che, per quanto mi riguarda - ma queste sono mie considerazioni - non credo che dovrebbe essere la legge a fissare il numero dei membri del Governo. Credo che questo dovrebbe essere affidato alla responsabilità del Governo e che sia un banco di prova su cui un Governo si misura.
Forse avremmo bisogno, invece, di meglio delimitare incompatibilità tra ruoli di Ministro e di sottosegretario e ruoli parlamentari, assicurando però le stesse guarentigie e le stesse opportunità sia ai Ministri e ai sottosegretari che ai parlamentari. In altri termini, dovremmo rivedere, ma questo è un fatto che ha a che fare con un tema di riforme istituzionali, tutto quello che riguarda il rapporto tra l'Esecutivo, il legislativo e il giudiziario, ma ciò esula da questa nostra discussione.
Pertanto, per quanto ci riguarda, il nostro parere è che questo provvedimento si approvi più in fretta possibile, per rendere il Governo pienamente operativo quanto prima (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Pag. 48

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2766)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Bruno.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
Dando la parola al rappresentante del Governo, approfitto per sottolineare che, in relazione all'intervento dell'onorevole Borghesi, il Viceministro Fazio in questo momento ha la delega per le questioni che riguardano il settore sanitario e, come tale, non può essere definito in conflitto di interessi se partecipa, come rappresentante del Governo, alla discussione sulle linee generali ed all'esame di un provvedimento in relazione alla materia della quale ha la delega.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,50).

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, proprio nel giorno in cui ci sono i primi indagati per l'omicidio di Stefano Cucchi, che - lo voglio ricordare - è morto nel reparto detenuti dell'ospedale Pertini di Roma, il sottosegretario Giovanardi attribuisce questa morte ad anoressia, tossicodipendenza, sieropositività, epilessia e quant'altro.
Le parole del sottosegretario Giovanardi possono essere considerate sotto diversi punti di vista: uno può essere quello di un tentativo di depistaggio, viste le prime risultanze della magistratura, che hanno portato a degli indagati per omicidio.
Sotto altro profilo, come ha ricordato il collega Roberto Giachetti, le parole del sottosegretario Giovanardi stanno a significare una violazione della dignità e del rispetto per le istituzioni, rispetto che sinora, diversamente dal sottosegretario Giovanardi, la famiglia ha dimostrato.
Le parole del sottosegretario Giovanardi evidenziano una disarmante leggerezza, un'inquietante superficialità ed una vergognosa rozzezza di giudizio.
Crediamo, signora Presidente, che, così come il Ministro Alfano si è impegnato ad assicurare la massima rapidità delle indagini, di cui oggi raccogliamo i primi frutti, nello stesso modo il Governo debba in qualche modo censurare le parole del sottosegretario Giovanardi, che non sono state delle semplici opinioni.
Sono state delle accuse ben precise riferite ad uno stato di salute di Stefano Cucchi che nulla hanno a che vedere con la sua morte, visto che parliamo di lesioni fisiche gravissime, ad oggi anche sancite da questi primi indagati per omicidio, per quanto preterintenzionale.
Come non siamo stati zitti sull'evidenza delle violenze perpetrate anche nei confronti di Stefano Cucchi e dei tanti che muoiono nelle carceri del nostro Paese, spesso con modalità di cui non si sa nulla, crediamo che, così come si sta cercando di far luce, e crediamo si debba continuare a far luce, sulla morte di Stefano Cucchi, sia necessario far luce anche sulle ragioni per le quali il sottosegretario Giovanardi parla in questo modo.
Vorrei chiudere con quella che potrebbe apparire solo una battuta: il sottosegretario Giovanardi ha invitato tutti i parlamentari ad effettuare il test antidroga sulla base della motivazione «faccio il legislatore, devo essere una persona equilibrata». Pag. 49
Credo che, di fronte alle parole del sottosegretario Giovanardi, anche un test antidroga negativo non sia garanzia dell'equilibrio di una persona (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Maurizio Turco, la Presidenza si farà carico di inoltrare le sue osservazioni.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (2836-A) (ore 17,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2836-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che le Commissioni II (Giustizia) e III (Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
La relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Mariarosaria Rossi, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARIAROSARIA ROSSI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, quale relatrice per la Commissione giustizia mi soffermerò sulle disposizioni volte a dare attuazione alla Convenzione. Si tratta, in particolare, degli articoli 3, 4, 5, 6 e 7 del disegno di legge, che contengono norme sanzionatorie di natura penale ed amministrativa.
L'articolo 3 modifica gli articoli 544-bis e 544-ter del codice penale, che furono introdotti dalla legge 20 luglio 2004, n. 189, dopo un lungo e approfondito esame in Commissione giustizia.
Il comma 1 è diretto a modificare il delitto di uccisione di animali, articolo 544-bis, punito con la reclusione da 3 a 18 mesi, attraverso l'eliminazione del requisito della crudeltà nell'uccisione.
In questo caso non viene fatta alcuna distinzione tra gli animali. Il testo vigente della legge prevede che il reato sussista in due casi: quando l'uccisione è fatta per crudeltà o quando avvenga senza necessità.
Al fine di evitare applicazioni riduttive della normativa che potrebbero portare a limitare l'applicazione della stessa ai soli casi in cui l'uccisione sia fatta per crudeltà, come spesso avviene concretamente, è opportuno prevedere che per la sussistenza del reato sia sufficiente che l'uccisione sia fatta senza necessità. L'articolo 3 elimina il requisito della crudeltà anche per la fattispecie del delitto di maltrattamento di animali, articolo 544-ter, che è integralmente riscritto nel comma 2.
In particolare, rispetto alla formulazione attuale, il disegno di legge elimina il requisito della crudeltà nella condotta, aumenta la pena, prevedendo la reclusione da 3 a 15 mesi o la multa da 3 mila a 18 mila euro in luogo dell'attuale reclusione da tre mesi ad un anno o multa da 3 mila a 15 mila euro nel comma 1, e prevede il delitto di maltrattamento anche quando l'animale è sottoposto ad interventi destinati a modificarne l'aspetto (ad esempio alla coda, alle orecchie, alle unghie o ai denti) o ad incidere sulle corde vocali.
Si specifica che il maltrattamento non sussiste quando l'intervento chirurgico non terapeutico è eseguito da un medico veterinario per impedire la riproduzione dell'animale, per ragioni di medicina veterinaria ovvero nell'interesse del medesimo. Pag. 50
Per quanto attiene all'eliminazione del requisito della crudeltà, vale quanto detto per l'uccisione di animali.
Un punto sul quale si è concentrato l'esame presso le Commissioni riunite è stato quello dell'introduzione, nella fattispecie del delitto di maltrattamenti, della specificazione, attraverso un apposito comma, secondo cui costituisce un'ipotesi di maltrattamento il taglio o l'amputazione della coda o delle orecchie, la recisione delle corde vocali, l'asportazione delle unghie o dei denti, ovvero altri interventi chirurgici destinati a modificarne l'aspetto o finalizzati a scopi non terapeutici.
Rispetto al testo originario del Governo si è ampliata tale precisazione, in quanto non viene più riferita ai soli animali da compagnia ma a tutti gli animali.
Rispetto a quanto previsto dalla Convenzione viene fatto un passo in avanti, non sembrando ragionevole prevedere che certe condotte costituiscano maltrattamenti solo in base alla qualifica dell'animale che ne è vittima.
Altra modifica apportata al testo del Governo si riferisce ai casi in cui non può essere punito l'intervento non terapeutico. Secondo il testo del Governo, ciò può avvenire solo ove l'intervento sia finalizzato ad impedire la riproduzione dell'animale, riprendendo in parte quanto previsto dall'articolo 10, comma 2, lettera a), della Convenzione.
Secondo la Commissione, il Governo non aveva considerato che tale lettera contiene anche altre due eccezioni, che consentirebbero di effettuare interventi chirurgici non terapeutici senza che il fatto possa costituire reato: si tratta dei casi in cui gli interventi non terapeutici siano posti in essere per ragioni di medicina veterinaria, ovvero nell'interesse dell'animale stesso.
Le Commissioni hanno introdotto anche questi due casi.
Tuttavia, su tale punto, è opportuno osservare che la disposizione, così come è formulata, potrebbe ledere il principio costituzionale di determinatezza, secondo cui la fattispecie penale deve avere un contenuto certo e determinato. Nel caso in esame, tale determinatezza potrebbe sembrar venir meno, in quanto l'alveo della fattispecie incriminatrice viene fatto dipendere direttamente da una valutazione discrezionale del veterinario in merito all'interesse dell'animale.
In sostanza, si potrebbe verificare che un intervento chirurgico non terapeutico in un caso sia considerato lecito, in un altro illecito.
L'articolo 4 prevede una nuova fattispecie penale: il traffico illecito di animali da compagnia. Si punisce con la reclusione da tre mesi ad un anno e con la multa da tremila a quindicimila euro chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, reiteratamente o tramite attività organizzate, introduce in Italia animali da compagnia privi di certificazione sanitaria e di sistemi di identificazione individuale, ovvero una volta introdotti nel territorio nazionale li trasporta, li cede o li riceve.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIAROSARIA ROSSI, Relatore per la II Commissione. La pena è aumentata se gli animali hanno un'età inferiore a 12 settimane, a differenza del testo della Convenzione e del disegno di legge originario che sono più restrittivi, fissando l'età ad otto settimane; o provengono da zone sottoposte a misure restrittive di polizia veterinaria. Come si è detto, per la definizione di animale da compagnia, la disposizione richiama l'allegato I, parte A, del regolamento comunitario n. 998 del 2003, che elenca i cani e i gatti.
In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, il disegno di legge prevede la confisca dell'animale, che sarà affidato alle associazioni o ad enti già individuati dalla legge del 2004, nonché la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali, se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività, e, in caso di recidiva, l'interdizione nell'esercizio delle attività medesime.
Gli articoli da 5 a 7 prevedono illeciti amministrativi, individuano le relative sanzioni Pag. 51e definiscono il procedimento di applicazione delle stesse.
In particolare, l'articolo 5 punisce l'introduzione illecita di animali da compagnia ove non integri un traffico illecito e la condotta non sia reiterata né svolta con attività organizzata, prevedendo l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie diverse a seconda che l'animale introdotto sia privo di sistemi di identificazione individuale (comma 1), che sia stata violata la legislazione vigente, salva la possibile regolarizzazione (comma 2). È punito anche chiunque trasporti, ceda o riceva animali introdotti illegalmente (comma 3).
Si prevede un'aggravante per ogni animale introdotto trasportato di età inferiore a dodici settimane, anziché di otto, o proveniente da zone sottoposte a misure restrittive (comma 4). L'articolo 6 prevede sanzioni amministrative accessorie a carico del trasportatore o del titolare di un'azienda commerciale che commetta più violazioni delle disposizioni dell'articolo 5, al fine di aumentare l'efficacia deterrente della sanzione.
L'articolo 7 delinea il procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative richiamando la disciplina generale contenuta nella legge n. 689 del 1981 e individuando quale autorità competente all'irrogazione delle sanzioni il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e le regioni e le province autonome per gli aspetti di propria competenza. L'articolo 7 dispone, altresì, che ogni due anni l'entità delle sanzioni amministrative pecuniarie sia aggiornata in base agli indici ISTAT.
Infine, l'articolo 8 ha per oggetto l'entrata in vigore della legge che è successiva a quella della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

PRESIDENTE. Il relatore per la Commissione affari esteri, onorevole Antonione, ha facoltà di svolgere la relazione.

ROBERTO ANTONIONE, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, signor Viceministro, colleghi, la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia è stata firmata a Strasburgo ventidue anni fa, il 13 novembre 1987 e sottoscritta in quella data dall'Italia. Se, dunque, non si può fare a meno di rilevare il lungo lasso di tempo intercorso tra la firma della Convenzione e l'avvio dell'iter di ratifica, occorre anche osservare che la legislazione italiana, attraverso la legge del 14 agosto 1991, n. 281, le normative regionali di recepimento della stessa legge e l'accordo del febbraio 2003 tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome, ha dato attuazione alla maggior parte dei principi enunciati dalla Convenzione che, non di meno, è un importante strumento giuridico internazionale di contrasto al traffico internazionale di animali da compagnia.
La Convenzione si compone di un Preambolo e di 23 articoli; fra questi assumono un particolare rilievo le disposizioni di cui all'articolo 2, in base alle quali ciascuna delle parti si impegna a provvedere all'attuazione delle disposizioni della Convenzione in esame, con riferimento tanto agli animali da compagnia tenuti in alloggi domestici, in allevamenti e custodie o in rifugi quanto, se del caso, agli animali randagi.
È d'altronde previsto che ciascuna delle parti possa adottare normative più rigorose di quelle dettate dalla Convenzione ovvero prevederne l'applicazione a ulteriori categorie di animali.
Infine, viene salvaguardata la portata giuridica nei confronti della Convenzione in esame di tutti gli altri strumenti per la protezione degli animali e delle specie selvatiche.
Parimenti importanti appaiono le norme di cui agli articoli 3 e 4 che fissano i principi fondamentali per il benessere degli animali e per il loro mantenimento. È previsto che nessuno dovrà causare inutilmente sofferenze e angoscia ad un animale da compagnia né tanto meno dar luogo al suo abbandono.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 18.05)

ROBERTO ANTONIONE, Relatore per la III Commissione. Inoltre, la responsabilità della salute e del benessere dell'animale è in capo al suo proprietario o comunque a chi abbia accettato di occuparsene. Ciò non di meno, se l'animale si riveli incapace di adattarsi alla cattività, esso non dovrà essere tenuto come animale da compagnia.
Gli articoli da 5 a 7 riguardano la riproduzione, i limiti di età per l'acquisto di un animale da compagnia, le attività addestrative, mentre l'articolo 8 riguarda la detenzione di animali da compagnia ai fini di commercio, allevamento, custodia a scopo di lucro, nonché i rifugi per scopi non commerciali. È dunque stabilito che chi eserciti le attività di cui al presente articolo, come chi intende intraprenderne una, sia tenuto a dichiararlo all'autorità competente indicando in special modo, oltre alle specie animali oggetto dell'attività, le persone responsabili e le relative nozioni settoriali e, inoltre, i locali e le attrezzature da utilizzare.
È fatto divieto di utilizzare gli animali da compagnia nel campo della pubblicità, dello spettacolo, delle esposizioni o delle competizioni, qualora in tali attività ne vengano messi a rischio la salute e il benessere ovvero le condizioni minime di corretto mantenimento (articolo 9).
Gli articoli 10 e 11 concernono gli interventi chirurgici e l'uccisione degli animali da compagnia. Per quanto riguarda il primo aspetto sono vietati gli interventi destinati a modificare il mero aspetto di un animale da compagnia senza risvolti curativi. Si elencano, in particolare, il taglio della coda, delle orecchie, la recisione delle corde vocali, l'asportazione di unghie e denti. L'unica eccezioni ai divieti di cui in precedenza saranno gli interventi volti a impedire la riproduzione degli animali o quelli che il veterinario giudicherà necessari per ragioni di medicina veterinaria o nell'interesse di un determinato animale. L'uccisione di un animale da compagnia potrà essere praticata solo da un veterinario o da una persona competente, ad eccezione dei casi di urgenza nei quali si debba porre fine alle sofferenze di un animale.
Gli articoli 12 e 13 riguardano le misure rivolte agli animali randagi, nei confronti dei quali sarà possibile adottare le misure necessarie a ridurne il numero qualora esso rappresenti un problema (tuttavia tali misure non dovranno causare all'animale se non il livello minimo di sofferenza, tanto rispetto alla cattura quanto in ordine al mantenimento o alla soppressione del medesimo).
L'articolo 14 impegna le Parti allo sviluppo di programmi di informazione e di istruzione per diffondere nei confronti dei soggetti interessati, individuali e collettivi, le disposizioni e i principi della Convenzione in oggetto; in particolare, si dovrà richiamare l'attenzione a scoraggiare l'utilizzazione degli animali da compagnia come mero premio od omaggio, come anche il loro acquisto superficiale o lo sviamento di animali selvatici al rango di animali da compagnia.
Gli articoli 15 e 16 concernono rispettivamente le consultazioni multilaterali tra le Parti della Convenzione e le procedure di emendamento della medesima.
Infine gli articoli da 17 a 23 sono dedicati alle consuete clausole finali della Convenzione, la quale è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa, il cui Segretario generale ne è altresì il depositario.
Nell'auspicare una rapida quanto doverosa approvazione del provvedimento, ricordo infine che nella XIII e nella XIV legislatura sono stati presentati progetti di legge d'iniziativa parlamentare di contenuto analogo a quello del provvedimento al nostro esame.
Il disegno di legge di ratifica, come ha detto bene la mia collega, si compone di otto articoli: i primi due recano le consuete disposizioni riguardanti l'autorizzazione alla ratifica (articolo 1) e l'ordine di esecuzione (articolo 2), mentre gli altri sei introducono una serie di norme, che sono Pag. 53state per l'appunto illustrate, di adeguamento del nostro ordinamento interno.
Signor Presidente, egregi colleghi, questo provvedimento si inscrive tra quelli che misurano il grado di civiltà di una società: il ruolo che gli animali da compagnia hanno acquisito nel tempo è via via crescente e tutti sappiamo quanto sia importante per molti la possibilità di avere un animale da compagnia, spesso anche a fini terapeutici.

PRESIDENTE. Onorevole Antonione, deve concludere.

ROBERTO ANTONIONE, Relatore per la III Commissione. Concludo subito, signor Presidente. Per alcuni addirittura la parola «animale» risulta in qualche modo offensiva; d'altra parte, rileviamo anche alcuni aspetti molto preoccupanti che producono sconcerto e sofferenza: sono quei fenomeni deprecabili che sempre più spesso ci vengono rappresentati con l'abbandono degli animali nei luoghi più bizzarri ed anche pericolosi.
Ovviamente questo provvedimento non darà risposte adeguate a tutte queste problematiche, ma certamente potrà costituire una traccia importante ed utile affinché anche il nostro Paese si adegui ad una civiltà migliore in termini di rapporto che dobbiamo avere con i nostri amici (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, rinunzio ad intervenire.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, ripartendo dall'intervento del relatore, il collega Antonione, mi verrebbe da dire che allora il grado di civiltà del nostro Paese è abbastanza modesto, se ci sono voluti ventidue anni per ratificare una Convenzione come questa al nostro esame.
Non sottolineerò molti aspetti ma solo alcuni, come quello appena citato che dimostra che vi è stata una colpa di tutti i Governi che si sono succeduti in questi ventidue anni (non è quindi certo un problema di colore politico, anche se, come vedremo, vi è all'ordine del giorno anche un altro provvedimento abbastanza risalente nel tempo).
Come è chiaro, si va a colmare un vuoto normativo - chiedo di poter poi allegare il testo scritto del mio intervento - e indubbiamente si registrano interventi il cui contenuto è di particolare rilevanza (come all'articolo 3, che reprime pericolose consuetudini che possono mettere a repentaglio la vita e le condizioni fisiche di cani, come il taglio della coda o delle orecchie per motivi estetici o, addirittura, la recisione delle corde vocali o l'asportazione delle unghie, ma non voglio proseguire in questo capitolo degli orrori).
Sono orrori che in passato purtroppo sono stati rilevati più volte, come il traffico di cuccioli, in particolare, dai Paesi dell'est, con la loro successiva immissione nei circuiti commerciali italiani con nuovi vaccini, nuove date di nascita, nuovo chip: una naturalizzazione fatta da organizzazioni criminali. Mi pare che la previsione del reato di traffico illecito necessariamente colpisca questi fatti incresciosi e a volte terribili, soprattutto con riguardo al maltrattamento che costituisce un fatto altrettanto grave, costantemente portato alla nostra attenzione per episodi di cronaca che ci vengono spesso riproposti soprattutto nei periodi estivi. Durante l'estate infatti è perpetrato un altrettanto grave comportamento questa volta non certo da parte delle organizzazioni cosiddette criminali, ma purtroppo di persone che vedono gli animali come soggetti da compagnia solo quando fa comodo a loro e, quando non servono, magari quando vanno in vacanza, li abbandonano sulle strade.
Per tutti questi motivi, il mio gruppo voterà assolutamente a favore del provvedimento in esame, che peraltro ritengo vada incontro anche alle soddisfazioni da parte delle associazioni che si occupano Pag. 54degli animali e del loro benessere in Italia. Ci auguriamo quindi che finalmente si proceda in maniera celere alla ratifica di questa Convenzione.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le ampie e dettagliate relazioni dei relatori mi consentono di essere molto breve anche perché l'intervento del collega Borghesi e gli interventi che mi seguiranno e che dimostreranno più competenza del mio, arricchiranno il dibattito e lo definiranno per gli aspetti più importanti. A me interessa semplicemente rimarcare tra gli otto articoli di cui è composto il provvedimento, in particolare gli articoli 2, 3 e 4 che sono quelli per noi più importanti e sui quali si è concentrata l'attività in Commissione da parte dei miei colleghi. È stato accolto anche un emendamento della collega Ferranti, che quindi ci consentirà di esprimere un giudizio positivo sul provvedimento.
In particolare l'articolo 2 prevede che ciascuna delle parti si impegna a provvedere all'attuazione delle disposizioni della Convenzione in esame con riferimento tanto agli animali da compagnia tenuti in alloggi domestici, in allevamenti e per la custodia a fini commerciali o in rifugi quanto, se del caso, agli animali randagi. È d'altronde previsto che ciascuna delle parti possa adottare normative più rigorose di quelle dettate dalla Convenzione. Questo è un punto importante perché riteniamo che comunque anche all'interno della nostra legislazione si possa fare qualcosa in più per la tutela degli animali.
Inoltre gli articoli 3 e 4 sono altrettanto importanti perché fissano i principi fondamentali per il benessere degli animali e per il loro mantenimento. È previsto che nessuno dovrà causare inutilmente sofferenze o angosce ad un animale da compagnia, né tanto meno dare luogo al suo abbandono. Tali argomenti dovrebbero essere scontati e invece sono quanto mai attuali nel nostro Paese e - ripeto - mi auguro che questo provvedimento possa aiutare anche a sviluppare un maggiore senso civico rispetto a tali questioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.

GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge, oggi in discussione, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo nel 1987, rappresenta da oltre vent'anni un atto dovuto al Consiglio d'Europa.
Con questo disegno di legge finalmente, anche se in estremo ritardo, il nostro Paese compie un ulteriore passo in avanti nel cammino di civiltà che la storia ci impone. La sensibilità raggiunta nell'attuale contesto sociale e nei confronti del mondo animale fa di questo testo normativo una nuova conquista da parte dell'Italia nel campo della tutela giuridica degli animali.
Se si è arrivati a tale traguardo lo dobbiamo ad una straordinaria sinergia di Governo, alla compattezza e all'unione di intenti che ha contraddistinto il lavoro di chi ha fortemente voluto l'introduzione delle norme che ci accingiamo a votare. Ringrazio dunque in modo particolare il Ministro Franco Frattini e il sottosegretario Francesca Martini, che hanno mostrato grande attenzione nei confronti di tematiche che troppo a lungo sono state ignorate dal legislatore, per noncuranza o in nome di cause più importanti, senza considerare che il rispetto nei confronti di tutti gli esseri viventi, soprattutto di quelli più deboli, umani o animali che siano, contraddistingue i Paesi più evoluti.
In sostanza il disegno di legge presentato dal Governo, oltre a ratificare e dare Pag. 55esecuzione ad una Convenzione ormai in parte superata e migliorata dalla normativa nazionale esistente, introduce nella legislazione italiana alcune importanti novità. In particolare, l'articolo 3 del testo modifica l'articolo 544-bis del codice penale, che punisce il delitto di uccisione di animali con la reclusione da 3 a 18 mesi, con l'eliminazione del requisito della crudeltà nell'uccisione. Con la nuova norma, quindi, chiunque sarà punito quando, senza necessità, provocherà la morte di un animale.
Inoltre, il delitto di maltrattamento di animale di cui all'articolo 544-ter del codice penale è stato completamente riscritto: rispetto alla formulazione attuale il disegno di legge elimina il requisito della crudeltà nella condotta (anche in questo caso, per essere puniti sarà sufficiente l'assenza di necessità), aumenta la pena prevista per chi maltratta un animale, prevedendo la reclusione da 3 a 15 mesi o una multa da 3.000 a 18.000 euro e prevede le medesime sanzioni penali per chiunque sottopone un animale al taglio o all'amputazione della coda o delle orecchie, alla recisione delle corde vocali, all'asportazione delle unghie o dei denti, ovvero ad altri interventi chirurgici destinati a modificarne l'aspetto o finalizzati a scopi non terapeutici, considerando tali condotte particolari forme di maltrattamento.
Il testo originario del disegno di legge escludeva poi la punibilità qualora l'intervento chirurgico fosse stato eseguito da un medico veterinario per scopi terapeutici o per impedire la riproduzione dell'animale stesso. In Commissione giustizia, tuttavia, sono state apportate modifiche a mio parere discutibili al testo, che adesso stabilisce che le pene non si applicheranno quando l'intervento chirurgico non terapeutico sarà eseguito da un medico veterinario per impedire la riproduzione dell'animale per ragioni di medicina veterinaria oppure nell'interesse dell'animale. Tale modifica, a mio parere, ha stravolto l'impianto originario del testo, snaturandone lo spirito. Inserire la locuzione «intervento chirurgico non terapeutico» potrebbe generare dubbi interpretativi sulla concreta applicazione dell'eccezione, essendo difficile individuare l'ampiezza di tale categoria di interventi. Il nuovo testo, quindi, potrebbe presentare profili di contrasto con i principi di tassatività e determinatezza che regolano la materia penale.
I veterinari del Ministero della salute presenti al tavolo di lavoro che ha elaborato il disegno di legge hanno segnalato tale incongruenza, evidenziando l'impossibilità di individuare esempi concreti di interventi chirurgici non terapeutici, giustificati da ragioni di medicina veterinaria. Per tali ragioni si era previsto che l'esclusione della punibilità operasse solo nei casi in cui l'intervento fosse stato eseguito per scopi terapeutici o per impedire la riproduzione dell'animale, proprio per limitare la discrezionalità del singolo veterinario e rendere maggiormente oggettivo l'ambito di applicazione della norma.
Le ipotesi di esclusione della punibilità, insomma, dovrebbero essere ancorate a presupposti oggettivi e facilmente verificabili a posteriori e non a locuzioni eccessivamente generiche. Per questo ho presentato, insieme ad altri colleghi, un emendamento volto a ripristinare il testo originario così com'è stato licenziato dal Consiglio dei Ministri e auspico che possa naturalmente essere accolto.
L'articolo 4 introduce in Italia una nuova fattispecie penale: il traffico illecito di animali da compagnia. In sintesi la disposizione sanziona con la reclusione da tre mesi ad un anno e con una multa da 3.000 a 15.000 euro chiunque, tramite attività organizzate, introduce nel territorio nazionale animali da compagnia privi di sistemi di identificazione individuale, delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale.
La pena è aumentata se gli animali hanno meno di tre mesi. Inizialmente il testo fissava un'età di sole otto settimane, ma grazie ad un emendamento da me presentato in Commissione giustizia siamo riusciti ad innalzare questa età a dodici settimane, tre mesi appunto. Il disegno di Pag. 56legge in questione si pone quindi l'obiettivo di reprimere il triste fenomeno del traffico illecito di cuccioli, un traffico che nasconde un giro di affari da 300 milioni di euro l'anno, gestito da vere e proprie organizzazioni criminali, alle quali è possibile contestare, oltre al reato di maltrattamento di animali, i reati di falsificazione di documentazione, frode in commercio, truffa, esercizio abusivo della professione di medico veterinario.
Ogni anno, centinaia di migliaia di cuccioli di cane e di gatto, che provengono principalmente da Paesi dell'est Europa, vengono introdotti nel nostro Paese illegalmente. Giungono in Italia dopo viaggi lunghi ed estenuanti, durante i quali gli animali sono stipati nei bagagliai di furgoni o di TIR. Le loro condizioni di viaggio sono disumane e il rischio di morte è molto elevato, basti pensare che uno su tre non arriverà mai vivo a destinazione.
La maggior parte dei cuccioli viaggia in piena clandestinità senza documentazione di viaggio. I cuccioli clandestini sono acquistati dall'importatore a prezzi irrisori e, poi, venduti in Italia, una volta falsificata la documentazione che trasforma la loro origine da est europea a italiana, a prezzi fino a venti volte superiori a quelli originari.
Ritengo, inoltre, importante ribadire alcuni principi fondamentali della Convenzione europea che il disegno di legge in oggetto si approssima a ratificare. In particolare, vorrei sottolineare che l'articolo 3 del testo vieta l'abbandono di un animale da compagnia, e che l'articolo 6 fissa un limite d'età per l'acquisizione di un animale da compagnia, stabilendo - non molti lo sanno - che nessun animale dovrebbe essere venduto a minori di sedici anni in mancanza di un esplicito consenso dei genitori o di chi ne eserciti la potestà parentale.
La Convenzione vieta, inoltre, ogni forma di addestramento dannoso per la salute e il benessere dell'animale, soprattutto se lo si costringe a prestazioni superiori alle sue capacità naturali. L'articolo 9 del testo stabilisce che gli animali da compagnia non possono essere impiegati in pubblicità, spettacoli, esposizioni o competizioni, qualora in tale attività ne vengano messi a rischio la salute e il benessere. Per questo, ritengo sia di fondamentale importanza che i controlli sanitari e le ispezioni delle forze dell'ordine siano frequenti ed accurati, soprattutto nei circhi, nelle mostre e nelle esposizioni itineranti.
La Convenzione, inoltre, impegna le parti contraenti ad avviare programmi di informazione ed educazione per promuovere tra le organizzazioni e gli individui interessati al mantenimento, all'allevamento, al commercio o alla semplice custodia di animali da compagnia, la conoscenza dei principi in essa contenuti. In particolare, si dovrà scoraggiare il dono di animali da compagnia come premio, ricompensa od omaggio, oltre che l'acquisto irresponsabile, che porta ad un aumento degli animali abbandonati.
In virtù di questo articolo, confido, quindi, che in seguito alla ratifica della Convenzione in oggetto, si possa anche dare attuazione all'articolo 5 della legge n. 189 del 2004, che prevede l'integrazione nei programmi didattici delle scuole di attività formative che possano educare i più piccoli al rispetto degli animali.
Infine, certa che quest'Assemblea saprà esprimere un voto unanime che superi le divisioni politiche, pur presenti, concludo esprimendo grande soddisfazione per questo disegno di legge e per il prezioso lavoro del Governo che ne ha permesso la sua stesura (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2836-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 57

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica (ore 18,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 2720, 2723, 2851 e 2852.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Discussione del disegno di legge: S. 1574 - Adesione della Repubblica italiana al Protocollo di modifica della Convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità in materia di crediti marittimi, adottato a Londra il 2 maggio 1996, nonché delega al Governo per la sua attuazione (Approvato dal Senato) (A.C. 2720).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Adesione della Repubblica italiana al Protocollo di modifica della Convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità in materia di crediti marittimi, adottato a Londra il 2 maggio 1996, nonché delega al Governo per la sua attuazione.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2720)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che le Commissioni II (Giustizia) e III (Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la Commissione giustizia, onorevole Scelli, ha facoltà di svolgere la relazione.
Ricordo ad entrambi i relatori che, purtroppo, il tempo da dividere in due sarà di cinque minuti e che, pertanto, vi sarà una piccola tolleranza da parte della Presidenza. Prego, onorevole Scelli.

MAURIZIO SCELLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, il disegno di legge è volto all'adesione della Repubblica italiana al Protocollo di modifica della Convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità in materia di crediti marittimi, adottato a Londra il 2 maggio 1996.
Per dare seguito a tale adesione, si delega il Governo ad introdurre norme di attuazione nell'ambito della disciplina delle procedure concorsuali vigenti nell'ordinamento italiano che, quindi, andranno a sostituire la disciplina vigente dettata dal codice della navigazione che appare, indubbiamente, obsoleta.
Il Protocollo del 1996 incrementa significativamente le compensazioni da corrispondere in caso di incidente ed introduce una procedura di accettazione tacita per l'aggiornamento degli importi di tali compensazioni. Per quanto attiene all'attuazione del Protocollo, l'articolo 3 contiene una delega al Governo per l'attuazione della Convenzione, ovvero per l'individuazione delle regole volte a disciplinare il procedimento di limitazione della responsabilità che, come per la costituzione e la ripartizione del Fondo di limitazione, l'articolo 14 della Convenzione rimette alle legislazione degli Stati contraenti. I decreti legislativi dovranno essere emanati entro sei mesi dal Governo, previa proposta dei Ministri della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro degli affari esteri.
L'articolo 3 specifica, quindi, l'oggetto della delega e individua i principi e i criteri direttivi della nuova disciplina che andrà a modificare l'articolo 275 del codice della navigazione. L'attuale articolo 275 del codice della navigazione prevede una specifica limitazione del debito dell'armatore, eccetto i casi di dolo e colpa grave, per le obbligazioni contratte in occasione e per i bisogni di un viaggio e per le obbligazioni sorte da fatti o atti compiuti durante lo stesso viaggio. In tali ipotesi, l'armatore può limitare il debito complessivo ad una somma pari al valore della nave e all'ammontare del nolo e di ogni altro provento del viaggio. Sulla Pag. 58somma alla quale è limitato il debito dell'armatore concorrono i creditori soggetti alla limitazione, secondo l'ordine delle rispettive cause di prelazione e ad esclusione di ogni altro creditore. Le norme relative alla disciplina della procedura di limitazione davanti al tribunale competente (ricorso, sentenza di apertura della limitazione, effetti del procedimento sui debiti pecuniari, improcedibilità di atti esecutivi in corso, opposizione dei creditori) sono dettati dagli articoli 621 e seguenti del codice della navigazione.
Tra i principi di delega si segnalano, in particolare, conformemente con la possibilità prevista dalla Convenzione, la priorità dei crediti per danni causati alle opere portuali, ai bacini e alle vie navigabili, senza pregiudizio per il diritto di credito relativo a morte o lesioni personali; l'obbligo di costituzione preliminare del Fondo di limitazione (non obbligatorio in base alla Convenzione); la previsione di applicazione della nuova disciplina sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi ove tale limitazione venga invocata davanti ad un giudice italiano; infine, la previsione di specifiche norme procedurali volte a disciplinare la procedura di limitazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Pianetta ha facoltà di svolgere la relazione, in sostituzione del relatore per la III Commissione.

ENRICO PIANETTA, Relatore f.f. per la III Commissione. Signor Presidente, la Convenzione sulla limitazione della responsabilità in materia di crediti marittimi, che è stata conclusa a Londra il 19 novembre 1976 ed è entrata in vigore nel 1986, consente ai proprietari delle navi e agli addetti al recupero di limitare la loro responsabilità in caso di rivendicazioni relative ad incidenti che abbiano causato danni personali (morte o lesioni) o che abbiano danneggiato cose.
La Convenzione sostituiva un precedente Accordo fatto a Bruxelles nel 1968, rispetto al quale innalzava notevolmente le limitazioni di responsabilità per i crediti marittimi, in alcuni casi fino al 250 per cento e al 300 per cento. L'ammontare dei limiti di responsabilità è espresso in termini di unità di conto, ognuna delle quali equivale a diritti speciali di prelievo, cioè l'unità valutaria utilizzata dal Fondo monetario internazionale.
Voglio soltanto, a questo proposito, ricordare, signor Presidente, che la Convenzione non è mai stata firmata dall'Italia che, tuttavia, ha ritenuto di aderire al Protocollo del 1996. L'articolo 9 del Protocollo, infatti, consente anche agli Stati che non sono parte della Convenzione di aderire al Protocollo, con l'effetto di rimanere vincolati alla Convenzione anche nelle parti non modificate dal Protocollo nei confronti degli Stati parte del Protocollo.
Signor Presidente, in relazione all'intervento quanto mai esaustivo del collega Scelli sull'argomento e per quanto riguarda il dettaglio del provvedimento e dell'articolato, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo. Viceministro? Prego, faccia con comodo!

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Non commento, signor Presidente.

PRESIDENTE. Non commenti, ma abbia anche la cortesia di non commentare con i colleghi.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, come ricordava il collega Pianetta, la Convenzione non era mai stata firmata dall'Italia e ciò era avvenuto in virtù del fatto che contemplava limiti ancora molto bassi di responsabilità per proprietari e armatori delle navi, tant'è che invece poi Pag. 59il Protocollo del 1996, che incrementa significativamente le compensazioni da corrispondere in caso di incidente ed introduce una procedura di accettazione tacita per l'aggiornamento degli importi delle compensazioni, è stato oggetto di adesione da parte del nostro Paese. Fondamentalmente siamo perciò d'accordo, proprio perché ci sono significativi aumenti di limiti che prima, a nostro giudizio, erano troppo bassi e permettevano di limitare la responsabilità degli armatori.
L'altro aspetto interessante è che l'articolo 3 del provvedimento conferisce la delega al Governo per l'adozione di decreti legislativi utili ad attuare questa Convenzione. Per la verità, si poteva anche pensare di inserire all'interno del provvedimento le necessarie modifiche legislative. In ogni caso, noi siamo favorevoli al provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, anche in tal caso intervengo rapidamente. Anche noi abbiamo un approccio favorevole a questa ratifica. È stato già ricordato che si tratta di una vicenda che parte dal 1976. Nel 1986 è entrata in vigore la Convenzione, alla quale l'Italia - come è stato ricordato - non ha mai aderito, ma ha aderito poi al Protocollo firmato nel 1996, che incrementa significativamente le compensazioni da corrispondere in caso di incidente ed introduce una procedura di accettazione tacita per l'aggiornamento degli importi di queste compensazioni.
È utile ricordare che questo Protocollo, al quale, pur non avendo aderito alla Convenzione, l'Italia, come è stato ricordato dai relatori, ha aderito, è entrato in vigore nel 2004 ed attualmente ne fanno parte 35 Stati che corrispondono al 40,52 per cento del tonnellaggio mondiale. Le novità che, a nostro avviso, sono più rilevanti e significative sono per l'appunto quelle costituite dall'aumento delle compensazioni da corrispondere in caso di incidente e dall'introduzione di questa procedura di accettazione tacita per l'aggiornamento degli importi. Anche in Commissione abbiamo espresso un giudizio favorevole rispetto a questo provvedimento, che confermo qui in Aula.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C.2720 )

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegni di legge: S. 1672 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri da un lato, e la Confederazione svizzera, dall'altro, per lottare contro la frode ed ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari, con atto finale, processo verbale e dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 26 ottobre 2004 (Approvato dal Senato) (2723) (ore 18,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri da un lato, e la Confederazione svizzera, dall'altro, per lottare contro la frode ed ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari, con atto finale, processo verbale e dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 26 ottobre 2004.

(Discussione sulle linee generali - A.C.2723 )

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Pag. 60
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Pianetta, ha facoltà di svolgere la relazione.

ENRICO PIANETTA, Relatore. Signor Presidente, l'Accordo in esame si inserisce, rafforzandolo, nel quadro delle precedenti intese tra le due parti nel settore dell'assistenza giudiziaria in materia penale, dell'assistenza amministrativa e della cooperazione più in generale. Rientra nella tipologia dei cosiddetti accordi misti, cioè conclusi congiuntamente dalla Comunità europea e dagli Stati membri, nei quali sono poi sottoposti a procedura di ratifica nei settori con competenze concorrenti.
Allo stato, perché l'Accordo possa entrare in vigore, mancano ancora le ratifiche di Grecia, Irlanda, Paesi Bassi e Italia, mentre la Svizzera ha fatto pervenire la propria notifica il 23 ottobre 2008. In base all'articolo 44, paragrafo 3, in attesa della ratifica di tutti gli Stati membri, l'Accordo può essere applicato in via provvisoria tra gli Stati che, attraverso una dichiarazione, decidono di vincolarsi reciprocamente ad esso.
Poiché tale dichiarazione è stata apposta sia dalla Svizzera che dalle Comunità europee, così come da alcuni Stati membri (Polonia, Svezia, Romania, Bulgaria, Francia, Germania, Finlandia e Regno Unito), l'Accordo si applica fra di loro a partire dall'8 aprile 2009.
L'Accordo è stato concluso nell'ambito di un'unica tornata negoziale che nel 2004 ha portato alla firma di nove accordi tra la Svizzera e l'Unione europea, diretti a consolidare la cooperazione tra le due parti non solo in settori economici, ma anche in campi quali la sicurezza, l'asilo, l'ambiente e la cultura. Tra tali accordi si ricordano, tra gli altri, quello di associazione all'acquis di Schengen e gli accordi per la partecipazione della Svizzera al cosiddetto, sistema di Dublino, che attualmente è inteso a determinare a quale Stato membro competa l'esame di una richiesta di asilo presentata da un cittadino di Paese terzo sul territorio di uno degli Stati membri dell'Unione, nonché della Norvegia e dell'Islanda.
Per quanto riguarda il disegno di legge in esame, si compone di tre articoli: i primi due contengono le consuete clausole di autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione svizzera, dall'altro, per lottare contro la frode e ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari con atto finale, processo verbale e dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 26 ottobre 2004; l'articolo 3 stabilisce l'entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Voglio soltanto sottolineare che dall'analisi tecnico-normativa emerge l'importanza per l'Italia della clausola dell'Accordo secondo la quale restano ferme le disposizioni applicabili all'assistenza giudiziaria in materia penale e gli obblighi più estesi nel settore dell'assistenza amministrativa, così come le disposizioni più vantaggiose di accordi già esistenti, in quanto tale materia è già oggetto di numerosi accordi bilaterali tra l'Italia e la Confederazione elvetica. Inoltre, sempre nell'analisi tecnico-normativa, si afferma che non solo non sono presenti profili di incompatibilità con norme comunitarie o dell'ordinamento internazionale, ma che all'opposto l'Accordo rafforza ed integra gli strumenti già in vigore nelle materie da esso contemplate.
Il testo della relazione si sofferma sull'articolato, che è molto minuzioso e definisce il complesso del provvedimento. Chiedo pertanto che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, rinunzio ad intervenire.

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, in questo caso non posso esimermi dallo svolgere un ragionamento leggermente più complesso, che prende lo spunto da questa ratifica. Per la verità, ha già comunque un significato il fatto che, in tempi in cui la lotta all'evasione fiscale dovrebbe essere nelle priorità di qualunque Governo, noi impieghiamo cinque anni per ratificare questo Accordo che, tra l'altro, come è scritto in modo ben chiaro, non riguarda le imposte dirette.
Quindi, stiamo parlando di violazioni in materia doganale, fiscalità indiretta, corruzione, riciclaggio di denaro, ove il reato sia punito con la pena di più di sei anni. Il ragionamento, tuttavia, si estende da tale considerazione al fatto che ho la sensazione che in realtà questo Governo che, come ho già più volte avuto modo di dire, ha approvato provvedimenti che di fatto sono di beneficio e aiuto agli evasori fiscali, non abbia nessuna intenzione di affrontare questo tema con Paesi come la Svizzera, che notoriamente sono tra quelli che accolgono il frutto dell'evasione.
Questo, al di là delle affermazioni mediatiche del Ministro Tremonti che dichiara quotidianamente che tra un po' manderà i carri armati contro la Svizzera, ma negli atti concreti non ha fatto nulla per contrastare questo fenomeno. Spiego il perché: quando il G20 a Londra dichiarò che iniziava la fase della lotta contro i paradisi fiscali molti Paesi, quelli notoriamente implicati in queste vicende di aiuto all'evasione e alla corruzione attraverso il falso in bilancio, chiesero di cambiare lista; infatti si trovavano nella lista nera e chiesero di passare nella lista grigia, perché capivano che se realmente la comunità internazionale incominciava ad attaccare le loro azioni si sarebbero trovati in una serie di problemi.
Voglio ricordare che la lista grigia dell'OCSE è una lista di transito verso la lista bianca che si ottiene dopo aver realizzato almeno dodici accordi bilaterali contro l'evasione fiscale con altrettanti Paesi dell'area OCSE (con quelli, ovviamente, che sono tra i Paesi «normali»). Ebbene all'inizio di questa vicenda in questa lista c'erano svariati Paesi (ad esempio Liechtenstein, Austria, Svizzera, Monaco). L'OCSE pubblica dei report su quello che avviene nei Paesi compresi nella lista. Il report del 4 aprile fa vedere che la Svizzera non aveva alcun accordo di collaborazione per la lotta all'evasione fiscale. Un secondo report dell'11 settembre fa vedere che la Svizzera è arrivata a sette accordi e l'ultimo report del 6 novembre non mostra più la Svizzera nella lista grigia, essendo passata nella lista bianca perché ha raggiunto dodici accordi. Con chi li ha fatti? Con gli Stati Uniti, con la Francia, con la Gran Bretagna, con la Germania e, guarda caso, con l'Italia non lo ha fatto.
Sapete che effetto avrà questo fatto? Che i parolai, quelli che continuamente e mediaticamente dicono che ce l'hanno con la Svizzera, e via dicendo, ebbene, fanno lo scudo fiscale, il che già di per sé è un regalo grande come una casa, ma in realtà neanche dopo si vuole continuare la lotta contro l'evasione fiscale, tant'è che l'Italia è uno dei Paesi che in questi sette mesi non ha realizzato praticamente nessun accordo con i Paesi che stavano nella lista grigia. Ciò significa che, essendo questi Paesi autonomamente passati nella lista bianca, non potranno più avere da parte di un Paese come il nostro le restrizioni che prima si potevano applicare nella lotta contro l'evasione fiscale e che oggi non si potranno applicare, mettendo questi Paesi nelle condizioni, non essendoci un accordo bilaterale, di potersi rifiutare di rispondere quando gli vengano chieste notizie utili per il contrasto all'evasione fiscale.
Il Governo - chiedo scusa, ma francamente mi riesce difficile immaginare che il Viceministro Fazio, che autorevolmente rappresenta il Governo, si occupi anche di questioni come queste (tutto può succedere!), ma non mi rivolgo a lui, mi rivolgo al Governo in quanto entità astratta - quando mostra tanto entusiasmo per la firma di questo Accordo, farebbe meglio ad occuparsi degli accordi che realmente servono per contrastare l'evasione fiscale.

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, anch'io prenderò qualche minuto in più in questa occasione, parto dalle considerazioni finali fatte dal collega Borghesi, perché non c'è dubbio che questo provvedimento, sul quale ovviamente non potrà che esserci il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico, si inquadra però in un contesto assai problematico, così come è stato ampiamente rilevato, devo dire anche in parte dal collega Zacchera in Commissione. In una situazione che dovrebbe prevedere una collaborazione fra Stati si vede invece una grande tensione in particolare fra l'Italia e la Svizzera, anche a causa di dichiarazioni; ha ragione il collega Borghesi a dire che quando si urla probabilmente lo si fa per far vedere che si fa di più, ma in realtà si fa assai poco.
Magari però urlando, insultando, fra virgolette, istituzionalmente altri Stati, si incorre anche in situazioni problematiche dal punto di vista diplomatico, se è vero, come è vero, che, a causa della ripetuta volontà da parte dell'Italia, in particolare del Ministro Tremonti, di continuare a classificare sostanzialmente la Svizzera, nonostante i passaggi che sono stati ricordati, tra cui la sua fuoriuscita dalla zona grigia (non certo per merito di accordi bilaterali con l'Italia, ma con altri Paesi) come uno dei paradisi fiscali principali e del collegamento con il tema, con le argomentazioni, sulle quali è inutile che ci addentriamo adesso perché ne abbiamo parlato a sufficienza, che sono state alla base della motivazione dello scudo fiscale (apro una piccola parentesi: con delle procedure che sono anomale e che assolutamente non si riscontrano in alcun Paese europeo, ossia facilitazioni davvero particolari agli evasori italiani), il conflitto istituzionale ha addirittura portato il nostro ambasciatore a Berna ad essere convocato dallo Stato elvetico per significare l'irritazione in ragione di considerazioni che sono state svolte sul ruolo della Svizzera. Quindi, non c'è dubbio che ci troviamo in una situazione un po' schizoide, un po' paradossale, nella quale, lo ripeto, come giustamente ricordava anche il collega Borghesi, si urla, si alzano i toni probabilmente per mascherare meglio quanto poco si fa.
Voglio rimarcare anche la posizione del collega Narducci che è vicepresidente della Commissione affari esteri della Camera e che, però, è anche un parlamentare residente in Svizzera, il quale, intervenendo in Commissione, ha dichiarato chiaramente la sua contrarietà al segreto bancario, ricordando però che la magistratura italiana ha quasi sempre ottenuto le informazioni richieste dalla Svizzera, e ha sottolineato l'importanza di questo Accordo che abbiamo all'ordine del giorno ai fini della tassazione dei capitali all'origine pur rimanendo la possibilità di comportamenti elusivi. Sempre per ricordare le parole del collega Narducci, probabilmente non è il caso in questo momento di alzare la tensione con la Svizzera, giudicando invece opportuno contrastare il fenomeno dell'evasione senza danneggiare - è utile ricordarlo, perché anche questa è una realtà che si colloca dentro una vicenda così complessa - i 40 mila lavoratori frontalieri italiani. È utile altresì ricordare - con questo concludo il mio intervento signor Presidente - anche la numerosa comunità italiana residente in Svizzera e che qui in Svizzera è ormai pienamente conforme agli standard dell'OCSE.
Quindi, in una situazione complessa, con un provvedimento che sicuramente, come tutte le ratifiche che stiamo affrontando, ci vede con un certo ritardo all'opera, ci troviamo anche in una posizione nella quale, probabilmente, una maggiore attenzione nei confronti dei rapporti con gli altri Stati dal punto di vista diplomatico comporterebbe una maggiore decisione sotto il profilo pratico, e anche istituzionale, magari dedicando un po' meno tempo a provvedimenti come quello sullo scudo fiscale, e mettendo invece in atto una maggiore politica di recupero e di iniziativa per evitare che si produca l'evasione fiscale.

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PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2723)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Pianetta.

ENRICO PIANETTA, Relatore. Signor Presidente, svolgo una brevissima replica in relazione agli interventi che sono stati svolti poc'anzi dai colleghi. Voglio soltanto ricordare che questo provvedimento di cooperazione tra la Comunità europea e la Svizzera contro la frode e le attività illecite, che appunto ledono gli interessi finanziari, è datato 26 ottobre 2004. Il fatto che in questo momento noi portiamo alla ratifica questo Accordo mi pare sia un segnale molto importante e molto costruttivo da parte del Governo nel voler affrontare con molta organicità, ma anche con molta fermezza, tutti gli elementi collegati alle attività illecite. Quindi, non credo vi sia un atteggiamento, come dire, di accettazione o comunque di benevolenza o come qualcosa che è stato adombrato dagli interventi che abbiamo ascoltato poc'anzi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ENRICO PIANETTA, Relatore. Concludo, signor Presidente. Credo che indubbiamente dobbiamo collaborare e sviluppare tutti gli ottimi rapporti con la Confederazione elvetica, ma ritengo proprio che questo provvedimento possa contribuire a fare in modo che queste attività illecite possano essere colpite ancora con maggiore forza.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1769 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo marittimo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica araba d'Egitto, fatto a Roma il 3 dicembre 2008 (Approvato dal Senato) (A.C. 2851) (ore 18,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo marittimo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica araba d'Egitto, fatto a Roma il 3 dicembre 2008.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2851)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
L'onorevole Renato Farina, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore.

RENATO FARINA, Relatore f.f.. Signor Presidente, mi limiterò a svolgere brevi considerazioni, consegnando, se lei mi autorizza, il testo alla Presidenza. Questo Accordo esprime lo spirito che ha contrassegnato l'avvio nel luglio 2008 dell'iniziativa dell'Unione per il Mediterraneo. A tale proposito, la Camera dei deputati e l'Assemblea del popolo egiziano hanno firmato un Protocollo di cooperazione nel 1999 a Roma che ha previsto la costituzione di un gruppo di collaborazione parlamentare composto da membri di entrambe le Camere. Il disegno di legge si ricollega ad una serie di intese già stipulate dall'Italia in materia di navigazione commerciale ed è preordinato a garantire la piena applicabilità di altre iniziative di cooperazione in corso con la controparte Pag. 64egiziana, quale il progetto delle autostrade del mare che costituiscono un servizio di trasporto marittimo alternativo alla viabilità ordinaria su strada tra gli Stati europei che si affacciano sul mare Mediterraneo.
Due sono le ragioni di grande attualità di questo Accordo. Da una parte, i due Paesi si impegnano ad attuare, per quanto possibile, i principali strumenti internazionali in materia di sicurezza delle navi, nonché di protezione dell'ambiente marittimo e delle condizioni dei marittimi. Questo si riferisce, con ogni evidenza, ad evitare che il mar Mediterraneo diventi la tomba velenosa di navi che trasportano rifiuti tossici di ogni genere. Il secondo punto politicamente assai rilevante è che i due Paesi si riservano di poter negare l'ingresso nei rispettivi territori ad ogni persona ritenuta indesiderabile e, comunque, si impegnano a cooperare ampiamente nella prevenzione e nella repressione del contrabbando di migranti via mare. Questo è il significato profondo dell'Accordo volto a evitare che proliferi la tratta dei nuovi schiavi. È ovvio che tutto questo rimanda alla sensibilità della politica perché tragga da questi Accordi una chiarezza di visione su questi temi così delicati e importanti per il nostro Paese.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Renato Farina, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento e preannunzio che il mio gruppo voterà a favore del provvedimento.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, anche io intervengo molto rapidamente sia per annunciare che anche il gruppo del Partito Democratico è favorevole a questo provvedimento, sia per sottolineare le questioni così come sono state poste dal relatore.
In particolare, credo sia utile ricordare e anche dare atto al relatore della III Commissione, che oggi non è qui in aula, al collega Malgieri, che, ovviamente, pur nella consapevolezza che stiamo trattando una questione non direttamente oggetto del provvedimento, però ha rivolto al rappresentante del Governo un appello affinché l'Italia si faccia parte attiva presso gli interlocutori della sponda sud per affrontare e risolvere il disastro ambientale prodottosi nel bacino del Mediterraneo alla luce della scoperta di fosse inquinanti in cui negli anni sarebbero stati versati rifiuti altamente tossici e radioattivi. Sono considerazioni che si riferiscono ad una tematica che credo sta a cuore a tutti, e noi riteniamo utile appunto affrontare e rapidamente concludere questo provvedimento, quello relativo al Mediterraneo, che ovviamente non solo è un punto di attenzione ma anche di riferimento per le politiche, presumo del Governo, ma anche per quanto riguarda l'opposizione.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2851)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Farina.

RENATO FARINA, Relatore f.f. Signor Presidente rinunzio alla replica.

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PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1770 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica argentina del 9 dicembre 1987, fatto a Roma il 31 marzo 2003 (Approvato dal Senato) (A.C. 2852) (ore 19).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica argentina del 9 dicembre 1987, fatto a Roma il 31 marzo 2003.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2852)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Renato Farina, ha facoltà di svolgere la relazione.

RENATO FARINA, Relatore. Signor Presidente, il protocollo in esame è teso a risolvere, attraverso un addendum alla convenzione di estradizione italo-argentina del 1987, una serie di problemi sorti in relazione all'esecuzione di alcune sentenze contumaciali. La questione si è posta perché l'ordinamento argentino, al pari di altri ordinamenti di derivazione ispanica, ignora sostanzialmente l'istituto del giudizio in assenza, cioè la dichiarazione di contumacia (la rebeldia) determina la sospensione del processo dopo la fase istruttoria.
Vorrei esaminare l'articolato di legge e spiegarne le ragioni di urgenza e l'importanza politica, consegnando, se lei mi autorizza, il testo.
Succede che molti dei boss, parlo da parte italiana, della mafia, della camorra e della 'ndrangheta, conoscendo questa differenza di giurisdizione, ne approfittano per concedersi in Argentina la latitanza, sapendo che lì i processi in contumacia svolti in Italia non sono validi. Naturalmente tutto questo consentirà di impedire questa impunità, nel contempo garantendo però che siano espletate da parte delle autorità e in ogni modo i mezzi per comunicare la convocazione del processo e il giusto dibattimento.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Farina, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento, con la precisazione che questo addendum è particolarmente rilevante per rendere efficace la convenzione sull'estradizione e quindi vede il favore del nostro gruppo.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, l'unica considerazione che lascio Pag. 66agli atti dell'Assemblea e del Governo riguarda la copertura, nel senso che l'unico aspetto che non ci convince è questo, cioè l'articolo 3 per gli oneri derivanti dall'applicazione dell'accordo autorizza la spesa di 4.470 euro annui a decorrere dal 2009. La copertura di questi oneri è reperita a valere sullo stanziamento a favore dell'articolo 3, comma 1, della legge 4 giugno 1997, n. 170, che riguarda la ratifica e l'esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e dalla desertificazione. Probabilmente per una causa importante come questa, se si fosse trovata una copertura che non fosse stata quella, per l'appunto, della lotta contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità sarebbe stato utile perché sappiamo bene che il problema della desertificazione e della siccità non è risolto e il contributo dell'Italia, insieme a quello degli altri Stati, è un contributo importante e che magari se si fosse trovata un'altra copertura sarebbe stato meglio.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2852)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentate de Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare (A.C. 2260-A) e delle abbinate proposte di legge: Cosenza ed altri; d'iniziativa dei senatori: Scarpa, Bonazza, Buora ed altri (A.C. 2646-2743) (ore 19,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Cosenza ed altri; d'iniziativa dei senatori: Scarpa Bonazza Buora ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2260-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Beccalossi, ha facoltà di svolgere la relazione.

VIVIANA BECCALOSSI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, il testo che la XIII Commissione agricoltura sottopone all'approvazione dell'Assemblea è finalizzato a prevedere alcune importanti misure per il rilancio della competitività del settore agroalimentare, intervenendo in favore di un settore cruciale per il Paese, ma particolarmente colpito dalla crisi economica e dalle calamità naturali che si sono verificate nel corso degli ultimi anni. Per quanto riguarda l'istruttoria legislativa svolta dalla Commissione, ricordo inizialmente che la XIII Commissione ha avviato l'esame del disegno di legge A.C. 2260, recante disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare, nella seduta del 20 maggio scorso, cui sono state successivamente abbinate la proposta di legge A.C. 2743, approvata dal Senato, recante disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, e la proposta di legge Cosenza A.C. 2646, recante disposizioni concernenti l'etichettatura dei Pag. 67prodotti agroalimentari e delega al Governo per l'introduzione di agevolazioni fiscali per la tutela e la promozione del consumo dei prodotti agroalimentari nazionali tipici.
Nella seduta del 13 ottobre 2009, la Commissione ha quindi deliberato, dopo lo svolgimento della discussione di carattere generale, di adottare questo testo base per il seguito dell'esame del disegno di legge n. 2260 del Governo. Nel corso dell'istruttoria legislativa, sono state svolte alcune audizioni che hanno consentito di acquisire le valutazioni degli organismi operanti nel settore, quali l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, per la parte riguardante la produzione di biometano, di biogas e di energia elettrica da biomasse, al fine di innalzare il reddito dell'impresa agricola, l'ISMEA e l'ICE, con particolare riferimento alle problematiche legate all'etichettatura dei prodotti e alla loro distribuzione sul mercato, tenendo anche conto dell'esperienza da esse maturata, sia a livello nazionale che internazionale, e dei dati sulla commercializzazione dei prodotti. Al contempo, sono state svolte l'audizione informale del Gestore dei servizi elettrici Spa, al fine di acquisire elementi conoscitivi in merito alla concreta possibilità di attivare, da parte degli operatori agricoli, utili sinergie produttive con riferimento al settore della produzione di materie prime bioenergetiche, nonché le audizione informali sulle questioni riguardanti il settore agricolo e agroalimentare delle organizzazioni cooperative agricole, Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare, e Unci-Ascat, nonché dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura, CIA e Copagri, Federalimentare, AOP-Gruppo mediterraneo.
Per quanto riguarda, in particolare, l'articolo 6 del testo, che recepisce in gran parte il contenuto della proposta di legge A.C. 2743, approvata all'unanimità dal Senato, recante disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, ricordo che il Presidente della Camera ha trasmesso alla XIII Commissione alcune comunicazioni del Ministro per i rapporti con il Parlamento, relative alla procedura europea di informazione sulle regole tecniche di cui alla direttiva 98/34/CE e alla legge n. 317 del 1986. In particolare, sono stati trasmessi i pareri circostanziati di alcuni Stati membri e della Commissione europea. Il Governo ha, inoltre, precisato, con ulteriore comunicazione e nel corso della seduta della XIII Commissione, che il termine di differimento della messa in vigore del provvedimento in esame, ai sensi della citata direttiva 98/34/CE e della predetta legge n. 317 del 1986 è stato fissato per il 17 maggio 2010.
Le disposizioni contenute nell'articolo in esame toccano, infatti, un tema sul quale a livello della normativa comunitaria si confrontano due esigenze potenzialmente contrastanti: la prima, nuova, che attiene all'informazione e alla tutela dei consumatori; la seconda, invece, trova fondamento diretto nell'istanza di libertà degli scambi commerciali posta a fondamento dell'intero processo di formazione dell'Unione europea e della quale è espressione principale l'articolo 28 del Trattato, che vieta fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione e le misure di effetto equivalente.
I più recenti orientamenti che stanno maturando in ambito comunitario potrebbero, tuttavia, determinare uno spostamento del punto di equilibrio nel senso di una maggiore tutela dell'informazione per i consumatori.
Particolarmente significativo in questo senso è l'orientamento espresso il 10 marzo 2009 dal Parlamento europeo, che, nell'ambito della discussione sul Libro verde della Commissione sulla qualità dei prodotti, ha approvato una risoluzione ove si auspica, al punto 14 del dispositivo, l'introduzione dell'indicazione obbligatoria del luogo di produzione delle materie prime attraverso un'apposita etichetta che soddisfi l'esigenza dei consumatori di ricevere maggiori informazioni sull'origine del prodotto che acquistano.
Questo sistema dovrebbe inoltre essere esteso ai prodotti alimentari trasformati per quanto riguarda i principali ingredienti e il luogo in cui è avvenuta l'ultima Pag. 68trasformazione. La questione è trattata anche nella proposta di regolamento COM(2008)40 sulla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori, recentemente presentata dalla Commissione europea.
La Commissione ha quindi proceduto all'esame degli emendamenti presentati con un confronto ampio ed articolato, che ha consentito di giungere alla definizione di un testo sicuramente migliorativo grazie al contributo di tutti i gruppi parlamentari, che hanno presentato utili e costruttive proposte emendative. In tal senso, mi sento di ringraziare i componenti tutti, a partire dai rappresentanti dei banchi dell'opposizione.
Sono state, infatti, accolte importanti modifiche ed integrazioni al testo con riferimento soprattutto agli articoli 1, 2, 6 e 7.
Per quanto riguarda il contenuto del provvedimento, come risultante dalle modifiche approvate dalla XIII Commissione nel corso dell'esame in sede referente, preciso quanto segue.
L'articolo 1 estende all'intero territorio nazionale le disposizioni che promuovono la stipula di contratti di filiera e di distretto contenute nell'articolo 66 della legge n. 289 del 2002, la cui operatività è attualmente limitata alle sole aree sottoutilizzate. La norma si ricollega alla nuova disciplina dei finanziamenti utilizzabili per i contratti di filiera e di distretto e, riformulato l'articolo 66, comma 1, della legge n. 289 del 2002, elimina la limitazione dell'ambito di applicazione di tale norma alle aree sottoutilizzate.
Con l'articolo 1-bis, introdotto sempre nel corso dell'esame in Commissione, viene modificato il valore minimo dell'imponibile catastale dei terreni da mille lire a 50 euro; ciò consente ai coltivatori diretti di esercitare il diritto di prelazione o di accedere al credito agevolato in base alla legge n. 590 del 1965.
L'articolo 2 reca disposizioni per il rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta.
In primo luogo, si modifica l'articolo 6 della legge n. 138 del 1974, che prevede le sanzioni relative alla violazione delle norme che limitano l'utilizzo di latte in polvere, raddoppiando tali sanzioni qualora la violazione riguardi prodotti DOP, IGP o riconosciuti come specialità tradizionali garantite (si veda il comma 1).
Il comma 1-bis, introdotto sempre nel corso dell'esame in Commissione, detta misure in ordine all'indicazione DOP nell'etichettatura delle miscele di formaggi, specificando che, sempre al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e di evitare di indurli in errore, è vietata nell'etichettatura delle miscele di formaggi l'indicazione di formaggi DOP, fatta salva l'indicazione tra gli ingredienti della percentuale dei formaggi DOP utilizzati, a condizione che sia riportata con i medesimi caratteri, dimensioni e colori delle altre indicazioni.
Si prevede inoltre l'istituzione di un sistema di produzione integrata dei prodotti agroalimentari finalizzato a garantire una qualità superiore del prodotto finale, contraddistinto da un basso uso di sostanze chimiche controllato da organismi terzi accreditati ed identificato con uno specifico logo, al quale i produttori potranno aderire su base volontaria.
Per la concreta operatività del sistema, dal quale non potranno derivare nuovi oneri per il bilancio statale, dovranno essere adottati provvedimenti ministeriali.
L'articolo 2-bis, introdotto sempre nel corso dell'esame in Commissione, stanzia la somma di 122 milioni di euro per l'anno 2010 per la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale, incentivi assicurativi (comma 2), che potranno essere utilizzati anche per coprire i fabbisogni degli anni precedenti a quello stanziamento. Si tratta di una disposizione di particolare rilievo per la Commissione, che ha unanimemente lavorato per individuare forme di finanziamento per tale Fondo di rilievo cruciale per il settore, soprattutto in questa fase economica.
L'articolo 2-ter prevede l'istituzione di un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese agroalimentari, con una dotazione Pag. 69iniziale di 8 milioni di euro per il 2010, finalizzato alla concessione a tali imprese di prestiti e mutui a tasso agevolato. Un decreto ministeriale provvederà quindi ad individuare i requisiti e le modalità di accesso a tale Fondo.
L'articolo 3 è stato soppresso in quanto conteneva norme già presenti nella legge n. 99 del 2009.
Per quanto riguarda l'articolo 3-bis, esso rimanda ad un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, da emanare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, che consenta agli operatori di garantire la tracciabilità dell'intera filiera agro-energetica e dei prodotti impiegati di provenienza agricola, zootecnica e forestale.
Secondo quanto previsto dall'articolo 3-ter, l'applicazione della tariffa fissa onnicomprensiva, prevista dalla legge finanziaria 2008 all'articolo 2, comma 145, per un periodo di 15 anni per gli impianti di potenza nominale media annua non superiore ad 1 megawatt, viene estesa anche agli impianti di biogas realizzati dalle aziende agricole limitatamente al periodo incentivato residuo.
L'articolo 4, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, interviene in materia di attività selvicolturali. A tal fine si provvede ad aggiornare la legislazione vigente in materia tramite una serie di modifiche che interessano i seguenti punti: la definizione regionale di bosco, l'inventario-monitoraggio delle risorse forestali, la definizione del quadro entro il quale le regioni provvedono ad una redazione dei propri strumenti di pianificazione forestale, l'estensione del divieto di trasformazione del bosco salvo diversa statuizione regionale, la previsione dell'adozione di norme regionali volte al recupero dei boschi degradati o dai quali possa derivare un pericolo, la definizione delle modalità per l'adozione dei criteri delle buone pratiche di gestione forestale, la previsione di un'incentivazione regionale delle attività selvicolturali che si ispirerà ad una gestione forestale sostenibile, le norme relative alla Commissione tecnico-consultiva per l'attività forestale prevista da numerosi provvedimenti ma tuttora in attesa di essere costituita e alla cui composizione si dovrà provvedere entro sei mesi.
La Commissione diviene organo consultivo per l'iscrizione dei doni forestali nel registro nazionale dei materiali di base, che avverrà secondo modalità stabilite entro un anno con decreto ministeriale del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Infine, è prevista la costituzione di un tavolo di concertazione sulla ricerca in ambito forestale, che consenta di porre in connessione l'attività degli istituti di ricerca con le linee politiche nazionali e quelle regionali.
L'articolo 4-bis esenta dalle tariffe previste per i controlli sanitari su mangimi e alimenti i soggetti rientranti nella definizione di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile.
Sulla base dell'articolo 5, come modificato in sede di esame di Commissione, oltre ad AGEA, come è attualmente disposto, anche Agecontrol potrà avvalersi dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi per svolgere i controlli di propria competenza; inoltre, ad entrambe le Agenzie sarà consentito di utilizzare il personale ministeriale del dicastero agricolo.
L'articolo 5-bis detta disposizioni volte alla salvaguardia delle produzioni italiane di qualità. In particolare, si prevede che l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari possa svolgere la propria attività di analisi su richiesta sia della pubblica amministrazione che di enti pubblici e privati.
Sono poi modificati, traducendoli in euro e rivalutandoli, gli importi delle sanzioni amministrative per le violazioni delle norme che disciplinano l'attività sementiera, innovando l'ipotesi di grave infrazione o recidiva.
Le sanzioni per le violazioni in tema di fabbricazione degli oli vegetali commestibili diversi dall'olio d'oliva, rese ormai obsolete, sono abrogate e sostituite da un articolo aggiuntivo. Pag. 70
Sono, infine, riviste le sanzioni poste a tutela delle caratteristiche degli olii d'oliva e delle loro denominazioni, nonché per il divieto della esterificazione degli olii.
L'articolo 6, nella nuova formulazione approvata nel corso dell'esame in sede di Commissione, di contenuto in gran parte analogo a quello approvato dal Senato, stabilisce l'obbligo per i prodotti alimentari posti in commercio di riportare nell'etichetta anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza, al fine di assicurare una completa informazione ai consumatori.
Per quanto riguarda le modalità di individuazione del luogo di origine o provenienza, la norma distingue tra prodotti alimentari non trasformati, per i quali l'indicazione riguarda il Paese di origine ed eventualmente la zona di produzione e prodotti alimentari trasformati, per i quali l'indicazione può concernere alternativamente il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata.
La definizione delle modalità dei suddetti obblighi è demandata a decreti del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e al Ministro dello sviluppo economico d'intesa con la Conferenza unificata, tenuto conto delle valutazioni delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative della filiera.
Con i medesimi decreti sono individuate le filiere agroalimentari e i prodotti soggetti all'obbligo di indicazione, nonché il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata.
Il controllo sull'applicazione delle disposizioni descritte è attribuito alle regioni, salve le competenze del Ministero.
Il comma 6 modifica le norme di attuazione del codice di procedura penale, inserendo nella composizione delle sezioni di polizia giudiziaria anche il Corpo forestale dello Stato. Ciò al fine di rafforzare la prevenzione e repressione degli illeciti in materia agroalimentare e la contraffazione dei prodotti protetti. Il Corpo entra nella composizione delle medesime sezioni anche nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.
Il comma 8 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 1600 a 9500 euro, nonché la confisca dei prodotti stessi per la violazione delle disposizioni sulle indicazioni obbligatorie di cui ai precedenti commi.
Il comma 9 abroga l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 157 del 2004, che ha introdotto disposizioni rimaste peraltro inattuate aventi finalità analoghe a quelle della norma in esame.
Il comma 10 regola, infine, l'efficacia delle norme contenute nell'articolo 6, nonché le disposizioni transitorie riguardanti prodotti etichettati anteriormente.
L'articolo 7, sostituendo gli articoli 22 e 23 della legge n. 281 del 1963, riformula le sanzioni in materia di produzione e commercio dei mangimi, trasformando tutti i reati in illeciti amministrativi e contestualmente riducendo l'entità della somma che dovrà essere pagata a titolo di sanzione. Le violazioni originariamente previste come reato dalla legge n. 281 del 1963 sono state depenalizzate in un primo tempo con il decreto legislativo n. 507 del 1999. Successivamente, però, il decreto-legge n. 1 del 2001, emanato per fronteggiare l'emergenza derivante dalla BSE, ovvero l'encefalopatia spongiforme bovina, ha nuovamente qualificato come reati alcune delle fattispecie già depenalizzate.
L'articolo 7-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede di Commissione, per agevolare la vendita diretta dei prodotti agricoli derivanti da filiera corta, consente ai comuni di riservare ad essa almeno il 20 per cento delle aree di posteggio dei mercati.
L'articolo 7-ter, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, proroga di ulteriori due mesi l'applicazione delle più favorevoli agevolazioni contributive nei territori montani particolarmente svantaggiati e nelle zone agricole svantaggiate.

PRESIDENTE. Onorevole Beccalossi, deve concludere.

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VIVIANA BECCALOSSI, Relatore. Ricordo, infine, il parere delle Commissioni in sede consultiva. Sul testo del disegno di legge, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione agricoltura, sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni III, V e XII e i pareri favorevoli, con osservazioni, delle Commissioni I, VIII, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali; le Commissioni II, V e IX hanno espresso un parere favorevole con condizioni, mentre la VI Commissione ha espresso parere favorevole con condizioni e una osservazione.
Tendo a precisare che la Commissione ha invece ritenuto opportuno svolgere ulteriori riflessioni ed approfondimenti sulle altre condizioni contenute nel parere della Commissione bilancio relativamente alla copertura del Fondo di solidarietà, che è una materia che riteniamo assolutamente fondamentale rispetto ad un provvedimento sicuramente importante per il mondo agricolo.
Con questo auspicio, mi auguro che il provvedimento in discussione possa essere approvato a grande maggioranza da quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, Ministro, colleghi, il tema che questo provvedimento, recante disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agro-alimentare, prende in esame è molto importante per l'agricoltura italiana. Occorre considerare che, di fronte ad un mercato fortemente instabile ed anche molto concorrenziale come quello di oggi, gli agricoltori rivestono un ruolo molto importante, quello di offrire sostegno all'economia italiana, però il Governo non riconosce pienamente questo ruolo all'agricoltura.
Il settore agricolo nel nostro Paese ha assunto quindi un aspetto altamente competitivo ma, allo stesso tempo, esso è sottoposto alla pressione dei costi di produzione ed alla concorrenza degli apparati forti di una solida organizzazione e di una struttura imprenditoriale molto attiva. Ciò accade peraltro in un momento in cui si registrano cambiamenti straordinari ed appaiono evidenti la liberalizzazione dei mercati e la moltiplicazione delle occasioni di accesso ai consumi stessi.
Intorno a questo settore ruota un insieme di funzioni: infatti alla caratteristica prettamente produttiva si sono affiancate altre funzioni nel settore agricolo, come quelle del valore sociale, territoriale, ambientale.
Signor Ministro, il provvedimento al nostro esame, tanto atteso dalle imprese agricole, è stato emanato dal Governo con l'intento di favorire l'integrazione di filiera del sistema agricolo ed agro-alimentare, rafforzare i distretti agro-alimentari nonché la competitività del settore agro-alimentare.
Secondo questo provvedimento gli interventi dovranno contrastare le frodi nel settore agro-alimentare, migliorare la funzionalità delle società controllate, tendere ad un impiego efficace delle risorse destinate.
Esso prevede una maggiore tutela della competitività dei prodotti a denominazione protetta, incentivi alla produzione di energia da biomasse e una nuova disciplina delle etichettature dei prodotti.
Bisogna dire però che questo provvedimento viene discusso in un momento in cui gli imprenditori agricoli hanno forti difficoltà a mantenere redditi convenienti (e questo aspetto, Ministro, bisogna sottolinearlo). Con l'articolo 1 del disegno di legge si intende sostenere l'integrazione di filiera del sistema agricolo ed agro-alimentare ed il rafforzamento proprio dei distretti agro-alimentari. Pag. 72
Questo articolo propone di eliminare il vincolo presente nella legge n. 289 del 2002, che inquadra l'ambito di operatività dei contratti di filiera e di distretto alle sole aree sottoutilizzate.
Con la riformulazione è previsto che per il finanziamento dei contratti di filiera vengano utilizzate le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate - i famosi fondi FAS - e le risorse del fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti e ricerca che è stato istituito presso la Cassa depositi e prestiti. Quindi si estendono i benefici anche alle aree settentrionali per ampliare i soggetti destinatari di questo strumento: nulla quaestio. Vogliamo tuttavia ricordare che le risorse per il finanziamento dei contratti di filiera prodotti dai FAS, circa 350-400 milioni di euro, sino al 2013, sono già stati destinati dal Governo ad altri usi. Quante volte in Aula abbiamo sentito dire che la copertura relativa ad altri provvedimenti era garantita dai fondi FAS: molte volte, forse anche troppe volte. Ora, o questo fondo - scusate il gioco di parole - è un pozzo senza fondo, cosa molto improbabile, o il Ministro Tremonti deve provvedere a reintegrarlo se veramente si vogliono favorire sia l'integrazione di filiera del sistema agroalimentare sia il rafforzamento dei distretti agroalimentari. Ciò anche perché chi vuole veramente raggiungere un obiettivo deve trovare la strada e a questo punto la strada deve assolutamente essere trovata dal Governo.
Il gruppo del l'Italia dei Valori ha presentato diversi emendamenti, altri sono stati sottoscritti. Ad esempio abbiamo sottoscritto un emendamento dell'onorevole Cuomo che intende favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo delle imprese agricole giovanili nel settore agroalimentare. L'emendamento prevede anche che vengano destinate al settore ittico le risorse del fondo previsto dalla legge n. 296 del 2006.
Noi pensiamo che sia importante avvicinare i giovani al mondo della pesca e alle diverse opportunità che essa offre, anche se è risaputo che questo mondo è fortemente in difficoltà. Come è altrettanto fondamentale dare ai giovani l'opportunità di avvicinarsi a questo settore, motivati anche dal desiderio di una cooperazione internazionale. Ma anche per questa proposta mancano i fondi.
Abbiamo presentato emendamenti che tutelino il cittadino consumatore che rivolge oggi una forte attenzione sia alle tematiche della sicurezza alimentare, sia ai valori etici che possono essere associati al consumo dei prodotti: l'ambiente, il benessere animale, il contesto territoriale. Per questo abbiamo chiesto che nella preparazione dei prodotti agroalimentari nazionali garantiti da marchi di qualità venga proibito l'impiego di materie prime agricole, di mangimi animali e di additivi contenenti organismi geneticamente modificati, anche perché non è detto che tutto quello che non faccia male faccia poi automaticamente bene. Per tale motivo abbiamo presentato questo emendamento.
Siamo convinti che bisogna salvaguardare gli interessi dei produttori e anche quindi del consumatore. Sempre per questa ragione abbiamo proposto che venga istituito il logo nazionale per le produzioni biologiche, riservato ai prodotti biologici per i quali tutte le fasi del processo di produzione sono interamente realizzati sul territorio nazionale. Ciò perché la produzione biologica a nostro parere è molto legata al concetto di qualità, che deve essere intesa come qualcosa che giovi alla salute dei cittadini, ma anche alla protezione e conservazione dell'ambiente.
Un altro problema che affligge il settore è quello della meccanizzazione, che sta attraversando una fase molto difficile a causa della crisi economica, che ha ridotto la capacità di investimento degli agricoltori. È evidente che gli sforzi degli imprenditori agricoli debbano essere comunque sostenuti da politiche pubbliche volte al potenziamento delle realtà produttive e anche all'innovazione.
Non si può dimenticare che il settore della meccanizzazione si adopera per migliorare sì l'efficienza delle macchine, ma soprattutto la sicurezza sul lavoro e la sicurezza degli agricoltori. Quindi, è evidente quanto sia importante il settore Pag. 73della meccanizzazione nell'intera filiera agricola, agroindustriale ed agroenergetica, proprio per la forte propensione all'innovazione che esiste nel mondo agricolo di oggi. Ma anche qui la copertura finanziaria non c'è e quindi le speranze terminano: neanche un euro per rinnovare il parco macchine delle imprese agricole.
Eppure, quella che dovrebbe essere un'azione adeguata di Governo, che preveda investimenti nel settore agricolo, è necessaria proprio per accrescere la competitività di sistema e quindi aprire spazi anche all'internazionalizzazione dei mercati e far diventare le nostre imprese maggiormente competitive.
Arriviamo alla condizione indispensabile, che è il fondo di solidarietà nazionale: sì, proprio il ripristino del fondo di solidarietà nazionale. Questo è un appello lanciato oltretutto dalle associazioni, ma anche da tutti i parlamentari in Commissione. Vi sono stati segnali positivi del Governo, però su questo argomento questi segnali sono rimasti soltanto tali: di concreto non vi è stato nulla. Devo dire che in Commissione agricoltura si è avvertito un forte imbarazzo ogniqualvolta le associazioni hanno sottolineato l'importanza del fondo di solidarietà nazionale. Signor Ministro, avremmo tutti voluto nascondere la testa sotto la sabbia, perché sono 18 mesi che sentiamo sempre e ad alta voce la richiesta del mondo agricolo. Lei sa che il fondo di solidarietà è uno strumento utile proprio alla copertura dei rischi per le imprese.
Voglio anche ricordare la grave situazione dei consorzi di difesa, che sono in attesa dei contributi preventivati e si sono esposti anche con le banche: qualora queste risorse non fossero erogate, i consorzi di difesa avrebbero forti difficoltà a pagare i premi alle compagnie assicurative, proprio per la campagna in corso. Quindi, il rafforzamento della competitività agroalimentare e della specificità del settore agricolo ed alimentare italiano passa anche per il fondo di solidarietà nazionale. Siamo sicuri che i 122 milioni di euro, reperiti non si sa ancora dove, sono pochi ed appena sufficienti per un respiro, ma neanche tanto profondo.
Altro capitolo molto importante è quello delle agroenergie. Anche qui è fondamentale, a nostro avviso, riconoscere gli incentivi previsti alle imprese agricole e forestali, soprattutto a quelle che in forma singola o associata producono biometano e realizzano e gestiscono anche impianti di riscaldamento o teleriscaldamento alimentati a biomasse di origine agricola. Proprio per promuovere la produzione di energia elettrica da biomassa agricola abbiamo proposto che agli imprenditori agricoli e forestali che attuano investimenti in questa direzione venga attribuito un contributo nella forma di un credito di imposta nel limite di 65 milioni di euro. L'agricoltura è uno dei settori che sta contribuendo moltissimo allo sviluppo della produzione di energie rinnovabili attraverso le biomasse ed il biogas. Certamente le agroenergie sono un'opportunità grande per l'agricoltura e per l'ambiente, ma devono però essere utilizzate in maniera appropriata. La coperta però è troppo corta: non si sa dove prenderemo queste risorse, magari arriveranno a discapito del settore delle agroenergie.
Poi vi è il tema dell'etichettatura dei prodotti: riteniamo che sia un tema di fondamentale importanza, perché l'obiettivo è quello - come ho detto prima - di tutelare sia i produttori sia i consumatori.
È importante anche fornire una corretta informazione sulle caratteristiche del prodotto per non ingannare il consumatore e valutare anche il giusto rapporto tra la qualità del prodotto e il prezzo di vendita.
Proprio perché si tratta della tutela dei consumatori e degli agricoltori onesti, abbiamo chiesto un inasprimento delle pene previste dal Governo: niente frodi e niente truffe, dunque, ma soprattutto una maggiore trasparenza. Quindi, il principio fondamentale rimane la necessità di informare e di tutelare i consumatori: un'etichettatura adeguata, che indichi la natura precisa e le caratteristiche del prodotto, è Pag. 74il mezzo migliore per consentire ai consumatori di fare una scelta opportuna e giusta.
Diversi sono stati gli emendamenti presentati dal gruppo dell'Italia dei Valori all'articolo 7 del provvedimento in esame: per destinare 10 milioni di euro a favore del Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica e di qualità, anche per promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità ed ecocompatibile; per chiedere che il credito di imposta, pari al 50 per cento del totale delle spese sostenute ai fini dell'ottenimento delle certificazioni per il controllo della qualità concesso alle imprese agricole, venga previsto anche per gli anni 2010 e 2011.
Inoltre, per promuovere l'internazionalizzazione delle imprese agroalimentari, la legge finanziaria per il 2007 aveva introdotto dei benefici fiscali per gli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati all'estero. Abbiamo chiesto l'estensione dei benefici fiscali per questi investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati all'estero nei limiti della somma di 40 milioni di euro anche per gli anni 2010 e 2011.
Uno dei pochi emendamenti dell'Italia dei Valori accolti in Commissione è quello relativo alla concessione da parte dei comuni del 20 per cento del totale delle aree destinate al dettaglio nei mercati pubblici agli agricoltori che, comunque, ne facessero richiesta per la vendita dei loro prodotti. A nostro avviso, la filiera costi è proprio l'ideale per stabilire un rapporto stretto fra chi produce e chi consuma.
Inoltre, abbiamo richiesto il ripristino del Fondo per le crisi di mercato - istituito sempre dalla legge finanziaria per il 2007 - creato per favorire la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole colpite da gravi crisi di mercato e per limitare le conseguenze economiche e sociali proprio nei settori e nelle aree geografiche colpite. La ricostituzione di tale Fondo potrebbe essere di forte aiuto alle imprese agricole in difficoltà.
Abbiamo chiesto, altresì, la stabilizzazione degli sgravi contributivi a favore di quelle zone agricole in difficoltà o presso i centri montani. Nello specifico, per i territori montani particolarmente svantaggiati si dovrebbe provvedere alla riduzione del 75 per cento dei contributi che sono a carico del datore di lavoro.
Per quanto riguarda, invece, le zone agricole svantaggiate appartenenti all'Obiettivo convergenza - istituito nel regolamento della Comunità europea insieme agli altri due Obiettivi (competitività regionale ed occupazione e cooperazione territoriale), che corrispondono ai vecchi Obiettivi 1, 2 e 3 - abbiamo chiesto che siano sottoposte ad una riduzione contributiva pari al 68 per cento. Questo proprio perché l'Obiettivo convergenza - che si avvicina al vecchio Obiettivo 1 - prevede di accelerare la convergenza degli Stati membri in ritardo di sviluppo per migliorare le loro condizioni di crescita.
Le regioni interessate al citato Obiettivo sono la Campania, la Puglia, la Calabria, la Sicilia e la Basilicata, ma solo a titolo transitorio. Con l'emendamento che abbiamo proposto, abbiamo chiesto di far rientrare nell'Obiettivo convergenza anche i territori di Abruzzo, Molise e Basilicata.
Il nostro gruppo ha cercato di collaborare e di essere propositivo presentando gli emendamenti che ho descritto, rivolti a risolvere quelle che sono le problematiche di fondo del settore agricolo. Ma sono stati pochi gli emendamenti accolti, a fronte di tanti respinti e la motivazione è sempre la stessa: mancanza di copertura. Si tratta di una risposta scontata e a volte - mi creda, Ministro - anche piuttosto monotona. Sembra che l'agricoltura debba governarsi da sola e che sia stata dimenticata dal Governo, che non prevede nessun intervento serio a favore di questo settore dell'economia italiana. Il settore agricolo viene, purtroppo, considerato un settore marginale dell'economia e lo si evince proprio dal fatto che nessun provvedimento, approvato in Aula, gli abbia rivolto un'attenzione particolare. Solo promesse e forse si è realizzato il contrario di quello che realmente gli agricoltori chiedevano. Avete cercato una certa sintonia fra questo disegno di legge e quello approvato al Senato, relativo alla etichettatura dei prodotti. Pag. 75L'etichettatura è sicuramente utile e le norme avranno conseguenze benefiche, ma senza risorse adeguate, che permettano interventi strutturali e che innovino profondamente le aziende di questo settore, i risultati saranno limitati.
Lei, Ministro, dovrebbe essere il primo a capire quanto sia importante l'agricoltura per il territorio italiano. Lei ha dichiarato attenzione e impegno per la crisi dell'agricoltura. Ci aspettiamo sia l'attenzione sia l'impegno da parte sua, anche perché sono in difficoltà tutte le aree produttive, nessuna esclusa. Si passa dalla zootecnia da latte e da carne, alla cerealicoltura, alla vitivinicoltura, all'ortofrutta e alle produzioni che sono più importanti per questo settore dell'agricoltura italiana. Certamente, l'etichettatura è senza dubbio importante per concretizzare un rapporto ancora più trasparente con il consumatore. Tuttavia, non si può credere che questo sia un provvedimento che possa porre un forte rimedio a una crisi così avanzata, perché l'agricoltura necessita di interventi immediati, diretti e concreti, supportati da una vera e seria politica economica.
Mi accingo a terminare l'intervento, signor Ministro, dicendole questo: gli agricoltori, in genere, vogliono un buon tempo e un buon seme per ottenere un buon raccolto. Tuttavia aggiungerei, con i tempi che corrono, che vogliono anche un buon Governo che gli dia una mano, Ministro Zaia. Sta a lei dare una mano all'agricoltura e ci auguriamo che lo faccia presto perché, a nostro avviso, siamo in piena emergenza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fiorio. Ne ha facoltà.

MASSIMO FIORIO. Signor Presidente, signor Ministro, sul finire dello scorso anno questa Camera approvò un provvedimento dal titolo molto simile a quello in discussione in Aula a partire da oggi. Quel provvedimento era volto al rilancio del settore alimentare. Era un provvedimento che, al di là dell'enfasi del titolo, in realtà si occupava di affrontare alcune situazioni che la legge finanziaria dello scorso anno aveva lasciato e che non potevano rimanere come erano. È inutile dire che era figlia dei tagli del decreto-legge n. 112 del 2008. Infatti, quella finanziaria aveva falcidiato, attraverso la logica dei tagli lineari, il settore dell'agricoltura come mai era avvenuto in questo Paese. Quel provvedimento correttivo recuperava qualche risorsa per fornire una copertura parziale almeno a due questioni fondamentali, fortemente sentite dall'intero settore: il Fondo di solidarietà e le agevolazioni contributive per le zone svantaggiate.
Da allora abbiamo trascorso, almeno per quanto riguarda la Commissione agricoltura, tanta parte del nostro tempo a discutere di quelle due questioni. Mi chiedo e chiedo al Governo quando cominceremo a trattare le aziende agricole come qualsiasi altra impresa economica che necessita delle condizioni per programmare la propria prospettiva, perché le agevolazioni per le imprese nelle zone svantaggiate sono - alla faccia di qualsiasi progettualità - state prorogate di tre mesi in tre mesi e per quanto riguarda il Fondo di solidarietà, oltre quelle risposte parziali, non siamo andati al di là di qualche promessa del Ministro e perfino dal Presidente Berlusconi, che più di una volta ha garantito in prima persona.
Mi sono andato a prendere alcune dichiarazioni e le cito: «mi sono impegnato a chiudere la partita del fondo di solidarietà nazionale, strategica per il settore e fondamentale per un maggiore equilibrio sociale», ha sostenuto il Ministro il 18 maggio per la festa della popolazione trevigiana. «Del resto sono in buona compagnia, pochi giorni fa - prosegue Zaia - il Presidente Berlusconi ha garantito che il Governo avrebbe fatto tutto il possibile per risolvere una partita tutt'altro che chiusa».
Infatti, il 30 aprile il Premier alla convention della Coldiretti dichiarava: «il Governo sarà sempre dalla parte degli agricoltori, perché ne apprezza il sacrificio, anche con eventuali provvedimenti legislativi che si rendano necessari. In Pag. 76particolare, il Governo - ha detto il Premier - si impegna a sostenere il fondo di solidarietà, perché è giusto che l'Italia non sia da meno rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea». Queste sono le parole del Ministro e del Premier.
Perché ho ripreso questo percorso? Se fossi indulgente direi che nulla è cambiato, ma in realtà rischia di essere peggio, questa volta. Infatti, il dispositivo che ci accingiamo a discutere in quest'Aula presenta soluzioni di copertura, per quelle questioni, parziali e incerte e recupera risorse solo da poste di bilancio impegnate internamente al comparto agricolo.
Il provvedimento in esame ha visto la confluenza della proposta di legge n. 2743 sull'etichettatura dei prodotti alimentari, approvata dal Senato all'unanimità, nel più ampio disegno di legge n. 2260 per il rafforzamento della competitività. Noi riteniamo che l'inserimento del tema e delle questioni dell'etichettatura dei prodotti agroalimentari in un'ampia strategia del rilancio del settore agricolo abbia un senso nel quadro di innovazione e modernizzazione che sono necessarie, tuttavia la sintesi che è emersa in questo provvedimento appare per molti versi contraddittoria.
Siamo tutti quanti consapevoli che il tema dell'alimentazione e della produzione alimentare è stato uno di quelli che maggiormente hanno subito trasformazioni rilevanti nella globalizzazione e che il rapporto tra produttore e consumatore è sottoposto a dinamiche tali che l'interpretazione che nella globalizzazione il mondo si è fatto più piccolo è ingenua, insufficiente e fuorviante, perché ora le articolazioni tra produzione e consumo sono assolutamente più complesse.
Da questo punto di vista, il mondo si è fatto più grande di possibilità, ma anche di rischi e di insidie. Il fatto che i nostri mercati siano più aperti - e questa possibilità è un dato acquisito a cui solo la retorica leghista cerca di opporsi - è evidentemente un arricchimento di proposte e di opportunità di consumo, tuttavia può rappresentare una minaccia per molte produzioni nazionali che rischiano di non reggere il confronto con quelle straniere a minore costo e, dal punto di vista del consumatore, la sicurezza di sapere ciò che mangia può essere seriamente compromessa.
In questo senso, il patrimonio di produzione agricola italiano è assolutamente tra i più esposti a questi rischi. È inutile dire quanto lavoro da parte delle istituzioni e dei consorzi di produttori in questi decenni sia stato condotto affinché i nostri prodotti fossero protetti, controllati e promossi. Lo sviluppo che in Italia hanno avuto le denominazioni DOP e IGP sono il frutto di un impegno per consentire a molte eccellenze di poter trovare uno sbocco di mercato adeguato.
Qualità: lo abbiamo capito e lo hanno capito bene le aziende italiane. Lo strumento dell'etichettatura, inserita in una strategia più ampia di intervento che metta al centro la qualità, è sicuramente una carta vincente del comparto agroalimentare. Da questo punto di vista, mi sembra che il Governo non abbia le idee chiare, perché di fronte alla proposta avanzata al Senato il Partito Democratico non si è sottratto ad un giudizio non negativo, ma nel tragitto dal Senato alla Camera nell'accorpamento dei disegni di legge, si è deciso non solo di ampliare il fronte delle questioni, ma di modificarne anche gli aspetti di merito relativi a quella norma.
Questa modifica appare da subito una deminutio: non possiamo non denunciare il fatto che appare che, rispetto alle strategie da intraprendere, questo provvedimento in qualche modo balbetti. Nel testo in esame l'introduzione di disposizioni circa la «smarchiatura» del prodotto non sono in contraddizione almeno con gli intendimenti generali così evocati in questo provvedimento?
Ci si è resi conto che questo meccanismo non fa altro che generare confusione tra consumatori e possibilità di truffa per chi intende approfittarsene? Il rischio serio è di svalutare il ruolo dei consorzi di tutela e di far apparire agli occhi dei consumatori il mercato come una sorta di ruota della fortuna in cui può anche accadere di acquistare prodotti di qualità Pag. 77a prezzi contenuti e che, quindi, affidarsi ai consigliati strumenti che garantiscono la qualità vale fino ad un certo punto.
Altro elemento peggiorativo è la discrezionalità che di fatto viene introdotta nell'individuazione delle filiere sottoposte ai meccanismi di etichettatura. Francamente ci aspettavamo più fermezza e decisione nel dire dove si interviene. Il rischio, lo sapete benissimo, è che questo provvedimento resti lettera morta, che non vengano individuate adeguatamente quelle filiere, che passi l'idea che lobby più forti siano in grado di intervenire in questi processi.
Dobbiamo purtroppo dire che quel percorso di condivisione del provvedimento presentato in Senato, che aveva già sollevato perplessità nella prosecuzione che ha avuto in questa nuova formulazione normativa e nell'annacquamento che ha subìto, è fortemente compromesso. Tuttavia, c'è un dato di fondo: qualsiasi politica che faccia della qualità un punto di forza per il comparto non può, da una parte, definire strumenti di rintracciabilità e di sicurezza dei prodotti e, dall'altra, penalizzare le produzioni stesse di quei prodotti.
Per quanto riguarda nuovamente la questione delle agevolazioni contributive per le zone svantaggiate, il Governo sa benissimo che in tanti di quei territori svantaggiati e forse molto spesso proprio e maggiormente in quelli si producono qualità ed eccellenza che vanno tutelate, salvaguardate e promosse. Sotto questo aspetto il Governo è sordo e non trova soluzioni per quelle aziende che, alla faccia delle dichiarazioni del Presidente Berlusconi, che apprezza chi fa dei sacrifici, sono collocate in territori dove non si può praticare l'agricoltura intensiva, ma dove qualità dei prodotti significa anche presidio del territorio e, purtroppo, in questi mesi abbiamo imparato quanto sia importante tale presidio.
Il problema di fondo è che oramai siamo veramente consapevoli - e lo siamo sempre di più - che nel Paese non sono emerse né una visione di prospettiva, né misure contingenti che abbiano fatto percepire al settore agricolo la vicinanza della politica e di chi governa.

PRESIDENTE. Onorevole Fiorio, dovrebbe concludere.

MASSIMO FIORIO. Prova ne è che in tutti i provvedimenti assunti in materia di crisi il termine agricoltura non è stato menzionato. È evidente che il settore viene considerato come un comparto economico marginale e di risulta, nonostante gli ammirevoli sforzi del signor Ministro di raccontare e rappresentare con attenzione, e che manca coerenza sul settore. Nello spazio tra il dichiarato e il realizzato si trovano tutte quelle carenze che non consentono di affrontare i nodi seri della crisi che il settore sta attraversando.
Se non sosterremo processi di innovazione aziendale di settore, continueremo a patire solo la negatività di un mercato che a prescindere dai desideri di ognuno di noi è comunque globale e che continuiamo a non essere in grado di utilizzare in tutte le opportunità che può offrire anche alle nostre produzioni. Se pensiamo che i nostri prodotti siano effettivamente in grado di giocare la carta della qualità, l'indicazione di origine non può che essere uno strumento per la conferma nei mercati di nicchia. Deve essere considerato come uno dei passi in avanti da intraprendere per sostenere in una logica di allargamento della domanda l'espansione nel mondo della produzione italiana. Però credo che ci sia un problema più generale, che ritengo debba essere sottoposto all'attenzione del Parlamento: dopo un anno e mezzo di promesse non mantenute l'autorevolezza del Ministro stesso, al di là delle indubbie doti di comunicatore che riconosciamo, nei confronti della sua maggioranza, del Ministro dell'economia e del Presidente del Consiglio non è assolutamente tale da garantire quelle politiche di sostegno ad un settore che non può più aspettare.
Siamo andati avanti a chiacchiere, mentre in altri Paesi le scelte sono state compiute. Si guardi in Francia, dove il Pag. 78Governo rivendica l'importanza dell'agricoltura per il Paese e decide di finanziarne lo sviluppo con oltre un miliardo e mezzo di euro, dopo averne già stanziati nei mesi scorsi 300 milioni con un primo provvedimento anticrisi.
Durante l'approvazione di quella legge salva-evasori dello scudo fiscale siamo intervenuti ampiamente, proponendo che si dedichi parte delle risorse recuperate anche al settore dell'agricoltura. In questo provvedimento è a quelle risorse che facciamo riferimento e proponiamo di attingere per rispondere alle esigenze avanzate in quest'anno e mezzo di chiacchiere. Chiediamo davvero che il Governo dia un segnale di discontinuità e risponda a ciò che il comparto intero chiede, altrimenti il Ministro prenda atto che con la comunicazione non si governa un settore dell'economia.
Non ci sottrarremo, come non abbiamo mai fatto, ad un confronto serio e di merito. Lo sanno i colleghi della Commissione agricoltura.
Abbiamo presentato emendamenti a questo provvedimento che guardano alla gravità della situazione. È bene che la maggioranza capisca che questa è un'occasione per parlare con gli agricoltori, per dire ai giovani imprenditori di non perdere le speranze per il proprio futuro, che poniamo in essere strumenti per rifinanziare le imprese che investono e per trovare incentivi al rinnovo delle macchine agricole. Su questo fronte ci confronteremo senza posizioni ideologiche precostituite (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ruvolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, vorrei ringraziare il Ministro per la sua presenza, perché è cosa rara vedere i Ministri in sede di discussione sulle linee generali, per ascoltare e soprattutto per avere la possibilità di un confronto diretto rispetto all'argomento che trattiamo. Vorrei anche cogliere l'occasione per ringraziare il relatore, la collega Beccalossi, che è stata molto puntuale nell'argomentare, anche con parole intellettualmente oneste nei confronti dell'opposizione.
Fatta questa premessa, vorrei affrontare alcune questioni di fondo. In primo luogo, questo testo in esame è un testo che il Ministro aveva presentato al Consiglio dei ministri nel mese di dicembre 2008. Dopo vari mesi, esattamente nel mese di marzo 2009, è stato depositato presso la Commissione agricoltura della Camera. Mentre si stava procedendo all'esame del testo è arrivato uno stop incomprensibile, perché tutti avevamo riposto molta attenzione e molta fiducia in questo provvedimento, che peraltro, voglio ricordarlo ancora una volta, è un disegno di legge di iniziativa governativa. Questo perché nel frattempo al Senato era stato incardinato un provvedimento sull'etichettatura: di fatto c'è stato un momento conflittuale tra i due rami del Parlamento (ovviamente, senza una regia da parte del Governo).
Poi, come bene ha sottolineato il relatore, si è dovuta fare una miscela tra il disegno di legge di iniziativa governativa e il provvedimento sull'etichettatura approvato all'unanimità da parte del Senato. In quell'occasione, lo abbiamo detto tante volte, durante la discussione in Commissione agricoltura, c'era anche un momento di confusione. Poi è stato fatto un lavoro certosino dal presidente della Commissione con il relatore, ma devo dire anche, con molta onestà, ancora una volta con l'opposizione, che ha voluto fortemente che questo provvedimento varcasse l'aula della Commissione.
Entro nel merito del testo in esame. Signor Ministro, per quanto attiene ai contratti di filiera, noi abbiamo detto che siamo disponibilissimi, siamo concordi con quanto previsto nel provvedimento, cioè di spalmare su tutto il territorio nazionale quello che era riservato alle aree cosiddette sottoutilizzate. Ma ci siamo chiesti, non adesso ma durante l'esame nella Commissione, quali erano le risorse finanziarie per far sì che questi contratti di filiera trovassero piena applicazione. Non ne abbiamo traccia, abbiamo solo la certezza che i fondi relativamente alle aree sottoutilizzate Pag. 79per questo provvedimento sono stati dirottati verso altre iniziative. Vorremmo capire dalla sua viva voce sui contratti di filiera qual è la risorsa finanziaria disponibile.
Se c'è una risorsa finanziaria disponibile siamo pronti a dare una mano, vogliamo collaborare, vogliamo concordare con il Governo e con la maggioranza questo articolo.
Relativamente ad altre questioni di fondo, sulle bioenergie in Commissione agricoltura abbiamo svolto un lavoro che ritengo importante; rispetto al testo originario in cui è stato soppresso l'articolo 3 c'è ancora molto da costruire, ma su questo argomento diamo la nostra piena disponibilità. Andiamo alle note dolenti, signor Ministro, perché nel Paese c'è una questione aperta e lei ne è perfettamente a conoscenza. So che prossimamente, proprio lunedì prossimo, il 16 novembre (se non mi hanno informato male), lei incontrerà i cosiddetti comitati spontanei che stanno mettendo veramente a rischio la pubblica incolumità, e lo dico assumendomi tutta la responsabilità delle parole che sto per pronunciare. Perché si sono formati i comitati spontanei? Perché gli agricoltori non possono più vivere, perché non ce la fanno più, perché non sono più in condizione di avere reddito dall'impresa agricola, dall'azienda agricola. Ecco perché scoppiano, proprio come fuocherelli, e mi auguro che tutto venga frenato con la responsabilità, soprattutto dal Governo nazionale, anche di concerto e in collaborazione con i governi regionali, perché altrimenti, se non c'è una risposta concreta, e questa è l'occasione per darla, il problema non si risolve. Noi siamo consapevoli, pur nelle difficoltà, signor Ministro, che ci sono ancora gli spazi per poter dare risposte al mondo dell'agricoltura.
Riguardo al Fondo di solidarietà, siamo tutti stanchi di ripetere le stesse considerazioni, primo fra tutti lei, signor Ministro, e poi noi che l'abbiamo incalzata su questo tema. Abbiamo sempre apprezzato la sua disponibilità a trovare un punto di incontro, ma onestamente, fino adesso, non ci siamo riusciti. Nonostante ciò che è stato fatto in Commissione agricoltura con il lavoro svolto in sinergia dalla Commissione stessa, oggi ci troviamo con un Fondo che non rappresenta neanche un quarto del fabbisogno, perché tra il 2008 e il 2010 il fabbisogno necessario complessivamente ammonta a 550 milioni di euro, contro i 122 che avete previsto nell'articolo 2-bis, che è stato approvato dalla Commissione, ma noi non condividiamo questo importo, anche perché le relative coperture hanno dei vulnus terribili e mi auguro che anche questa somma non sia vanificata di qua a domani mattina.
Quindi, sul Fondo di solidarietà ci vuole un'impennata forte. Peraltro, lo ricordava il relatore, abbiamo audito organizzazioni professionali, organizzazioni di categoria e le cooperative, e il primo punto che ci hanno posto all'ordine del giorno è il Fondo di solidarietà per le calamità naturali.
Signor Ministro, anch'ella è stata informata di ciò che è avvenuto in alcune parti del Paese, a cominciare dalla mia Sicilia dove ci sono state alluvioni e grandinate, e per il fatto che gli agricoltori non hanno potuto stipulare una polizza di assicurazione con i benefici di legge, non hanno oggi la possibilità di essere risarciti. Signor Ministro, questa è la pura, sacrosanta verità. Saranno opinioni diverse, la mia dalla sua, però oggi un fatto è certo: gli agricoltori, le imprese agricole danneggiate non avranno sicuramente la certezza di essere risarciti da alcuno, e quando viene applicato il famoso decreto legislativo n. 102 del 2004 almeno devono decorrere dieci anni, e questo è il tempo reale tra il momento in cui si è verificato il danno e l'eventuale risarcimento questi dati sono in suo possesso, Ministro, per cui è inutile che io mi soffermi ancora.
Per quanto riguarda le aree svantaggiate e montane, vi sono gli oneri previdenziali. Comprendo lo sforzo ancora una volta compiuto dal relatore e da tutta la Commissione, tuttavia, signor Ministro, stiamo parlando di tamponare per due mesi (gennaio e febbraio) e dopo si vedrà. Ritengo che l'agricoltura italiana non abbia Pag. 80più bisogno di provvedimenti tampone, ma di una strategia e di un largo respiro e questi provvedimenti di cui sto parlando, lei lo sa meglio di me signor Ministro, sono già norme vigenti in questo Paese. Occorre solo trovare le risorse perché queste norme sono del 2002-2003, quindi cosa stiamo chiedendo di straordinario se non di dare una risposta concreta a queste esigenze?
Il fondo rotativo per il sostegno alle imprese agroalimentari è di 8 milioni di euro che potrà essere alimentato: cosa può alimentare? Delle somme veramente molto modeste. Non serve questo fondo, ma serviva un fondo molto più cospicuo. In linea di principio, siamo d'accordo sul fondo rotativo per sostenere le imprese agroalimentari, ma è la copertura che è davvero simbolica. È come dire: riconosciamo che c'è questa esigenza, però abbiamo solo pochi soldi. Ma è sempre l'agricoltura che deve pagare questi prezzi? È sempre il mondo dell'agricoltura che deve soffrire più degli altri? Io conosco le sue capacità, signor Ministro, e glielo dico con grande affettuosità: mi creda, faccia fare uno sforzo a chi ha la borsa in mano, perché l'agricoltura ha bisogno che qualcuno apra finalmente la borsa per capire cosa c'è nel fondo. Chiediamo questo e abbiamo molta stima e fiducia nel suo lavoro, ma faccia valere le ragioni di un mondo che sta soffrendo, che è in fibrillazione e che sta scioperando. Non a caso ci sono delle manifestazioni annunciate a cominciare da domani, quando inizierà il percorso del disegno di legge finanziaria in aula al Senato. Perché c'è questa grande difficoltà? Perché i nostri agricoltori non possono più vendere a prezzi remunerativi? Lancio un argomento che abbiamo ribadito e ribadiamo ancora una volta in questa sede, ovvero il rapporto tra la produzione (gli agricoltori) e la grande distribuzione, ovvero il consumatore finale. Questa è la domanda che si pone tutto il mondo dell'agricoltura (ma anche i consumatori): è mai possibile che diminuisca il potere di vendita da parte dell'agricoltore che prima vendeva, ad esempio, le arance a 0,20 centesimi e oggi a 0,15, mentre il consumatore paga 2 euro o 2,50? Sono domande che ci poniamo tutti e vogliamo trovare tutti assieme la risposta. È possibile non lasciare qualcosa in più al produttore per sopravvivere e qualcosa di meno lungo questa lunga filiera? Noi l'abbiamo ribadito, abbiamo presentato emendamenti su questo tema e vogliamo raccordarci molto di più con la maggioranza e con il Governo, signor Ministro, perché vogliamo le risposte e non vogliamo solo annunci. Dove sono andati a finire - questa è una domanda su cui ho presentato anche un'interrogazione - gli 800 milioni di euro scippati all'agricoltura per altre finalità nobilissime? Ma perché è sempre l'agricoltura a pagare? Ma perché è sempre l'agricoltura che deve fare un passo indietro? Dove sono questi 800 milioni di euro? Lo chiediamo con forza, soprattutto nel bene e nell'interesse del mondo dell'agricoltura.
Signor Ministro, in ordine all'etichettatura dico una parola molto franca, franchissima. Noi abbiamo condiviso il testo del Senato, ma non condividiamo la parte emendata.
Il testo del Senato aveva una priorità assoluta: salvaguardare il mondo della produzione agricola. Quello che è stato emendato è qualcosa che vuole dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte, ma ciò non può esistere perché se il prodotto è italiano dobbiamo rilanciare il made in Italy che tutti vogliamo (tutti andiamo in giro a dire che abbiamo questo grande valore, ma è un valore che ancora oggi non sappiamo utilizzare).
Quando si parla di pasta italiana o di olio italiano si deve sapere esattamente da dove viene prodotto e il consumatore finale dovrà sapere da dove arriva quel prodotto e quali passaggi ha fatto. Il made in Italy non può essere il frumento dell'India che poi viene spacciato per prodotto italiano e l'olio algerino non può essere spacciato e incartato come olio italiano, su questo faremo le barricate, è questo che vogliamo, non vogliamo altro, e lo diciamo anche con enfasi perché c'è un mondo che aspetta anche queste risposte. E di questo parliamo ed ecco perché Pag. 81sull'etichettatura condividiamo il testo originario del Senato, mentre non condividiamo quello che è stato emendato. Però sono convinto che con la saggezza da lei sempre dimostrata, signor Ministro, la mia non è piaggeria e chi mi conosce sa come sono fatto, certamente lei avrà modo di far rivedere questi emendamenti che hanno modificato questo testo.
Signor ministro, io la faccio veramente breve stasera, ma vorrei ancora aggiungere qualcosa che sia di sprone, da porre ancora alla sua attenzione. Signor ministro, questo è il testo del Dpef del 2010, che lei ha presentato sei mesi fa; guarda caso, tutte le cose che ho testè detto e gli argomenti che ho sollecitato sono tutti dentro questo documento, che recita esattamente questo: rafforzamento delle strutture nazionali dedicate alla tutela della produzione del territorio e la difesa del made in Italy.
Sotto il profilo degli interventi risultano assolutamente indispensabili al predetto disegno, lo dice lei non lo dico io, i seguenti interventi: fondo di solidarietà nazionale, con almeno 250 milioni di euro per coprire il 2008 e parzialmente lo scoperto del 2009; stabilizzazione delle agevolazioni previdenziali che cessano il 31 dicembre 2009 per due terzi del territorio nazionale; stabilizzazione dell'agevolazione sull'accisa del gasolio impiegato per coltivazioni sotto serra (i florovivaisti sono in stato di agitazione e lo sa meglio di me); ripristino degli stanziamenti per il Piano irriguo nazionale (ho presentato alcuni emendamenti in tale direzione, purtroppo mi è stato detto che non c'è la possibilità di ripristinare quello che nel 2009 è stato tolto al Piano irriguo nazionale).
Ecco, questi sono gli argomenti che lei ha trattato e che io ho ribadito, quindi siamo in perfetta sinergia: il fatto è che io li chiedo e lei ancora non li attua. Vediamo se possiamo trovare un punto di incontro e non vorrei trovarmi ancora una volta in certe situazioni, peraltro le mie antiche radici contadine possono farmi leggere questa lettera di un allevatore, molto caro a lei signor ministro, inviata al primo quotidiano di questo Paese, che così conclude: «ma perché come raccontano dalle mie parti il contadino è quel bamba che dice sempre che l'anno prossimo andrà meglio? Speriamo». lo spero anch'io (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cosenza. Ne ha facoltà.

GIULIA COSENZA. Signor Presidente, vorrei anzitutto sottolineare il lavoro svolto dal Ministro qui presente per il settore agroalimentare per la tutela dei prodotti italiani.
Il disegno di legge del Governo al nostro esame, che mi sembra si integri bene con il decreto-legge n. 4 del 2009, da noi convertito in legge la scorsa primavera, che invece trattava il tema delle quote latte e degli sgravi contributivi, riconosce che la tutela e la competitività del settore agroalimentare hanno un valore cruciale per l'intera economia italiana.
Per il nostro Paese, soprattutto in alcune aree, si pensi al Mezzogiorno e alla pianura padana, il settore primario ha una forte incidenza nella produzione del PIL, il che significa anche che l'agricoltura italiana ha un ruolo molto importante nel nostro Paese proprio al livello del sostegno all'occupazione. Ma negli ultimi tempi anche il settore primario, come ben sappiamo, ha inevitabilmente risentito delle conseguenze della crisi economica globale, il che ha colpito profondamente il sud d'Italia, che nell'ultimo anno nel suo complesso ha perduto ulteriore competitività, arrivando ad incidere sul totale dell'export italiano per appena l'11 per cento. Per questo, come è emerso anche dalle audizioni svolte dalla Commissione agricoltura sulle proposte di legge in esame, soprattutto a partire dal Mezzogiorno, ritengo necessario reagire ad una situazione di forte sofferenza per l'intero comparto, che si sostanzia in un calo complessivo delle vendite e che ha molte cause, tra cui voglio evidenziare innanzitutto due che ben conosciamo, perché la dimensione mediamente piccola delle aziende agricole le Pag. 82rende poco competitive. Questo è un problema dell'azienda italiana. Allo stesso tempo, vi sono i problemi della distribuzione, dove gli operatori segnalano la presenza di situazioni di monopolio di fatto. Inoltre, uno dei rischi maggiori per l'agricoltura italiana, caratterizzata da una grande tradizione e da una qualità intrinseca, con pochi pari nel resto del mondo, è costituito dalla contraffazione dei suoi prodotti, che avviene attraverso la fase di indicazione di origine geografica italiana per prodotti in realtà composti da ingredienti coltivati all'estero. In effetti, è importante sottolineare come la contraffazione non vada a colpire solo i settori del tessile, del calzaturiero, dei cosmetici o dei giocattoli, ma sappiamo bene che il settore agroalimentare è tra i più colpiti. Il fenomeno dell'agropirateria ogni anno, secondo l'ISTAT, costa all'agricoltura italiana perdite per circa 2,8 miliardi di euro, mentre genera un giro di affari di 52,6 miliardi di euro, praticamente poco meno della metà del fatturato dell'alimentare italiano. Pertanto, è importante una difesa, che non significa soltanto la tutela di un intero patrimonio culturale, ma anche dell'immagine stessa dell'Italia e della salute dei consumatori, e soprattutto la valorizzazione di un settore economico che ha un fatturato al consumo di 8,9 miliardi di euro.
È chiaro come sia necessario anzitutto agire sull'obbligo di fornire in etichetta indicazioni vere e chiare ai consumatori, così che essi sappiano veramente da dove viene un prodotto agroalimentare e qual è stato l'iter, sia nelle varie fasi di lavorazione che nei vari spostamenti geografici che lo hanno condotto fino al negozio o al supermercato in cui è posto in vendita.
Nessuno è contrario per principio al fatto che in Italia si vendano prodotti agroalimentari provenienti dall'estero oppure che siano stati oggetto nella loro vita prima di essere messi in vendita di fasi di lavorazione all'estero. È però scorretto che tali prodotti vengano presentati come al 100 per cento italiani e che soprattutto sia di fatto tolto il diritto ai consumatori di sapere esattamente quale prodotto acquistano.
Proprio il tema dell'etichettatura ha un ruolo centrale nel più ampio disegno di legge del Governo sulla competitività del settore agroalimentare ed è anche l'oggetto della proposta di legge approvata in prima lettura al Senato. Proprio questo tema è al centro anche della proposta di legge A.C. 2646 da me presentata e poi sottoscritta da altri trentacinque colleghi, che è abbinata alle prime due. Ad oggi, sia la normativa europea sia quella italiana dettano per alcune categorie di prodotti agroalimentari alcune regole proprio sulla trasparenza e la piena informazione in etichetta, proprio per combattere l'agropirateria e le truffe a danno dei consumatori.
Si tratta, tuttavia, di una legislazione piuttosto frammentaria. Pensiamo al fatto che per il pollame e per le uova, cioè due tipi di prodotti tra i più consumati in Italia, vige solo un sistema facoltativo di etichettatura, invece sull'olio di oliva di qualità c'è un livello di tutela fortissimo, grazie al giustamente celebrato regolamento dell'Unione europea n. 182 del 2009, che è un modello cui ispirarsi per l'intero settore agroalimentare e che nello specifico ha rappresentato un grande successo per questo Governo, che in sede comunitaria si è fortemente battuto per la sua approvazione. Ma anche nel campo della commercializzazione della carne bovina o del pesce, ad esempio, vi sono obblighi molto stringenti. Per questo, è necessario un intervento normativo che indichi una regolamentazione chiara e univoca e quindi non trasgredibile.
Il disegno di legge del Governo e il testo del Senato concordano nell'individuare il seguente sistema di etichettatura: indicazione di origine dell'ingrediente prevalente e, in caso di prodotto trasformato, indicazione dell'ultima fase di trasformazione sostanziale.
Tale impostazione di fondo è quella giusta. Naturalmente, secondo alcuni, si sarebbe potuti andare perfino più in là, prevedendo le indicazioni di origine di Pag. 83tutti gli ingredienti e, in caso di prodotto trasformato, l'indicazione di tutte le fasi di trasformazione.
Tuttavia, è importante in questa fase, dopo molti anni di dibattiti a tal proposito, mai sfociati in risultati concreti, che ora finalmente si affermi il principio della tutela delle produzioni agroalimentari italiane attraverso un'etichettatura più chiara, completa e trasparente. È importante che il consumatore sia nelle condizioni di avere più informazioni possibili sui prodotti agroalimentari e si riesca ad affermare più fortemente l'autentico prodotto italiano sui mercati internazionali.
Detto dell'etichettatura, vorrei sottolineare anche altri aspetti contenuti nel disegno di legge del Governo, che arriva in Aula con varie modifiche della Commissione agricoltura. Penso, ad esempio, all'articolo 1, che è volto a ridurre al minimo nelle produzioni agricole l'uso di sostanze chimiche e di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione.
A tale proposito, vorrei richiamare l'attenzione sul tema specifico e settoriale del ricorso crescente da parte di alcune aziende agricole alla cosiddetta concimazione carbonica, utilizzata in serra per velocizzare in modo artificiale la crescita di frutta e ortaggi, come sull'articolo 2-ter, che, nell'istituire un apposito fondo rotativo per il sostegno alle imprese agroalimentari con una dotazione iniziale di 8 milioni di euro, dimostra che il Governo sta facendo un grosso sforzo in una situazione in cui è molto difficile trovare le coperture, che, infatti, ha portato ad escludere dal provvedimento in esame altre misure, soprattutto finalizzate all'incentivazione fiscale utile alla tutela del settore agroalimentare.
Anche in merito all'articolo 5-bis trovo importante che vi sia stato l'inasprimento delle sanzioni amministrative per chi commette irregolarità nella produzione e nel commercio di sementi e di olio. Infine, evidenzio anche gli articoli riguardanti l'ulteriore proroga del termine degli sgravi contributivi nel settore agricolo e la rintracciabilità della mozzarella di bufala campana DOP.
Mi avvio a concludere: sottolineate le notevoli positività del disegno di legge del Governo al nostro esame, vorrei anche cogliere questa occasione per evidenziare alcuni altri aspetti, sui quali, a mio parere, sarebbe opportuno continuare a lavorare in maniera più approfondita.
Mi riferisco al tema della valorizzazione commerciale di quelle categorie di prodotti agroalimentari che vengono definiti tipici. Essi vengono spesso e giustamente esaltati da programmi televisivi e da pubblicazioni del settore enogastronomico, ma poi, di fatto, al di fuori dei singoli eventi che li esaltano, come fiere e sagre, non trovano un adeguato spazio lì dove avviene la grande distribuzione al pubblico di alimenti, ovvero negozi, supermercati e mense.
In questi luoghi si assiste, infatti, a una sempre più accentuata omologazione a proposito delle marche e dei prodotti presenti. A mio parere, un possibile modo per intervenire potrebbe essere quello di concedere degli incentivi sotto forma di credito di imposta a supermercati e mense affinché possano dare un adeguato spazio espositivo promozionale ai prodotti provenienti dalle aziende agricole e dai rispettivi territori, il cui prezzo maggiore rispetto ai prodotti industriali è oggi un obiettivo ostacolo alla loro diffusione.
Tuttavia, il mio auspicio è che vi possano essere presto le condizioni, anzitutto sul piano del bilancio dello Stato, per rendere effettive forme di incentivazione, pur limitate sul piano temporale ed economico, che sostengano proprio l'economia locale che contribuisce a formare il made in Italy e che ci rende noti nel mondo.
Soprattutto dobbiamo evitare che venga depotenziata la forza e il potere del marchio del made in Italy dalla globalizzazione e dagli interessi di Paesi concorrenti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trappolino. Ne ha facoltà.

CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Signor Presidente, signor Ministro - grazie per la presenza - abbiamo accompagnato Pag. 84l'iter di questo provvedimento con attenzione come gruppo del Partito Democratico, senza atteggiamenti pregiudiziali. Gli interventi che mi hanno preceduto, soprattutto del collega Fiorio, sono la dimostrazione che il nostro lavoro è stato caratterizzato dalla volontà di migliorare l'efficacia del provvedimento stesso. Siamo, infatti, consapevoli delle aspettative importanti che il mondo dell'agricoltura ripone in questo provvedimento.
Abbiamo quindi esercitato una funzione positiva, e ringrazio la relatrice, onorevole Beccalossi, per averlo ricordato, perché siamo molto preoccupati per il Paese, per le condizioni in cui versa il Paese.
Se guardiamo all'attuale situazione mettendoci dalla parte dell'agricoltura, con gli occhi di chi la crisi la sta vivendo con i piedi ben piantati per terra, verrebbe da dire, con gli occhi di chi non ha il sole in tasca da vendere bensì il raccolto di una seminatura, allora non possiamo non essere preoccupati.
Come dicevo, anche al Senato avevamo accompagnato il provvedimento in esame, che allora era un disegno di legge che introduceva soltanto norme in materia di etichettatura, con un filo di speranza, ritenendo quelle misure, seppur parziali, un'occasione per mandare un messaggio di fiducia e di stimolo al mondo agricolo, per fare della qualità alimentare la regola della distinzione e dell'affidabilità da offrire costantemente al consumatore.
Tuttavia, oggi ci troviamo di fronte ad un provvedimento, che si intitola «Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare», che pretende di contenere tutto e che, se la Commissione bilancio confermerà i pareri al testo che ha rilasciato in questi giorni, rischia di ridursi a mera dichiarazione di intenti, per di più affatto confusa.
Dobbiamo allora chiederci, Ministro, se esiste in Italia un qualche governo dell'agricoltura, se esiste in Italia un consapevole disegno strategico di questo settore; perlomeno, ci chiediamo se esiste un vago sentimento nazionale sui temi del mondo agricolo e rurale.
Infine, il comparto agricolo ha davvero i medesimi diritti di cittadinanza degli altri comparti produttivi?
Sono domande che misurano null'altro che un'assenza perniciosa; del resto, se le nostre pregresse esperienze determinano i nostri correnti giudizi, allora cosa mai il mondo agricolo potrà aspettarsi da chi è solito concepire il destino del suolo solo in vista di una sua necessaria destinazione urbanistica? E sto pensando al Presidente del Consiglio, che di trasformazioni urbanistiche ben se ne intende.
Dal punto di vista delle politiche agricole non possiamo certo attribuire al Premier particolari meriti: semplicemente gli riesce male fare il Presidente-agricoltore. Quando venne nella mia regione, l'Umbria, esaltò meravigliato la bellezza dei paesaggi; il Presidente dovrebbe però sapere che la bellezza dei nostri territori, e dei territori del nostro Paese, non nasce casualmente: nasce dal governo sapiente della natura e dall'intreccio virtuoso tra la terra coltivata e gli spazi incolti e selvaggi. Voglio dire che è anche attraverso il lavoro, il lavoro della terra e il lavoro nei campi, che il paesaggio diventa opera degna di valore.
Ecco, quindi, che l'agricoltura non è solo un pezzo del nostro sistema produttivo, ma l'attività che costruisce la qualità e i valori di una nazione.
È più di un anno che gli agricoltori e le loro organizzazioni segnalano l'urgenza di approntare strumenti adeguati alle difficoltà non congiunturali del momento.
Nei decreti-legge «anticrisi» approvati non vi era traccia di una misura - almeno una - a sostegno dell'agricoltura che fosse concreta.
In effetti, il problema di tale precaria attenzione nei riguardi dell'agricoltura va però ricondotto all'origine, cioè alla negazione dell'esistenza, nel nostro Paese, di una qualche crisi economica.
Mentre noi proseguiamo con la politica dei cieli azzurri, Sarkozy in Francia non tira fuori il sole dalla tasca e nomina le cose per quello che sono: afferma che la crisi che attraversa il settore agricolo francese non è affatto congiunturale ma strutturale Pag. 85e colpisce tutti i comparti dell'agricoltura; afferma, inoltre, che essa colpisce un settore strategico, che rappresenta un elemento assolutamente inaggirabile dell'identità nazionale. Quello che si avverte è la consapevolezza del ruolo nazionale dell'agricoltura, l'idea di un valore che non si riduce alla sola dimensione economica, e assieme la determinazione ad affrontare un passaggio del quale non si ignorano né le difficoltà né le complessità.
Si sente, in ogni caso, il peso dell'interesse nazionale, perché se si mettono un miliardo di prestiti bancari e 650 milioni di euro di sostegno eccezionale dello Stato sul piatto della crisi agricola, è segno che si sta facendo sul serio.
Dalle nostre parti il Governo si guarda bene dal proporre un plan massif, per dirlo alla francese, non tanto per l'aggettivo ma proprio per l'inevitabile impegno implicato nel sostantivo.
Guai a pensare misure organizzate! Si va avanti più o meno per trovate e, mentre Sarkozy appunto dice ai francesi che l'agricoltura va governata con nuove regole europee e mondiali, alle nostre latitudini si va a rimorchio, si incrociano le dita, si spera che passi la nottata e si procede a rilanci competitivi del settore agro-alimentare che, nella migliore delle ipotesi, sono esercizi nominali di buona volontà senza adeguate coperture finanziarie (stando almeno ai pareri della Commissione bilancio).
Il settore agro-alimentare rappresenta - lo abbiamo detto in più di un'occasione - un tessuto produttivo di oltre un milione di imprese, che costituiscono il 16 per cento del totale delle imprese italiane. Vi è un comparto agro-alimentare industriale con più di 70 mila imprese che vale complessivamente oltre 220 miliardi di euro; nel made in Italy è il secondo comparto, dopo il manifatturiero, in termini di contributo all'economia nazionale, con un'incidenza pari al 15 per cento del prodotto interno lordo.
Nondimeno, l'economia e le imprese agricole e agro-alimentari sono sottoposte, al pari di ciò che sta accadendo al sistema economico nazionale, in modo diretto e indiretto, alle gravissime conseguenze della crisi mondiale economico-finanziaria, i cui segnali sono ben manifesti.
Le imprese agricole, costrette sempre più spesso all'indebitamento, stanno incontrando difficoltà crescenti in termini occupazionali e di accesso al credito. Durante i numerosi cicli di audizioni che si sono svolte nelle Commissioni parlamentari, tutte le organizzazioni professionali, produttive e sindacali del settore hanno espresso un forte disagio che sta colpendo il comparto agro-alimentare.
Negli ultimi dieci anni, circa mezzo milione di aziende agricole operanti nelle zone di montagna e svantaggiate hanno serrato le porte; da qui a cinque anni rischiamo di far saltare per aria 250 mila nuove aziende agricole.
Nei primi nove mesi del 2009 i prezzi all'origine hanno trovato un loro drammatico precipizio: flettono in basso cereali (meno 39 per cento), frutta (meno 13,7 per cento), latte e derivati (meno 14,5 per cento), olio (meno 19 per cento), vino e ortaggi. E se mettiamo insieme questi dati con il costante aumento dei costi produttivi, gli oneri burocratici che pesano almeno cento giornate di lavoro all'anno, i redditi sempre più falcidiati così come accertato dall'ISMEA, il mancato finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali (stando appunto al parere della Commissione bilancio) e l'estrema incertezza sulle agevolazioni fiscali e previdenziali per le imprese operanti in territori disagiati e di montagna, allora otteniamo una miscela alla rovescia perfettamente adeguata a dissanguare il comparto agricolo nazionale.

PRESIDENTE. Onorevole Trappolino, la invito a concludere.

CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Ma da dove siamo partiti? Siamo partiti appunto dalla cosiddetta «manovra estiva» (quel decreto-legge n. 112 del 2008) e da quella legge finanziaria che avevano totalizzato complessivamente una riduzione di 682 milioni di euro a sostegno dell'agricoltura (pari a circa il 26 per cento Pag. 86delle risorse a disposizione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali).
E le manovre successive sono state nulla più che buone intenzioni. Oggi con questo disegno di legge tornate a parlare di rafforzamento della competitività del settore agro-alimentare, però non ci mettete alcuna risorsa vera. In particolare, gli agricoltori e le loro organizzazioni attendevano dal Governo un pronunciamento chiaro sui temi del rifinanziamento del Fondo di solidarietà e sulle agevolazioni fiscali e previdenziali per le zone svantaggiate.
Su questi temi invece solo parole, niente fatti: o meglio, i pareri della Commissione bilancio rappresentano l'unico fatto concreto, sono la dura lezione delle cose.
Così gran parte degli agricoltori italiani sono lasciati a naufragare nel tempestoso mare del rischio, e se poi guardiamo il settore dal fronte del credito la situazione non migliora, anzi il rapporto tra indebitamento bancario e produzione agricola era già prima di quest'anno pari a...

PRESIDENTE. Onorevole Trappolino, deve concludere.

CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Mi avvio alla conclusione. Con i nostri emendamenti, Ministro, abbiamo cercato di lavorare anche grazie ad una collaborazione proficua all'interno della Commissione agricoltura con il gruppo di maggioranza. Credo che se riuscissimo almeno a dare concretezza a quegli impegni che insieme in Commissione abbiamo assunto sulle emergenze più rilevanti non avremo certo dato all'agricoltura una prospettiva seria di futuro, ma almeno un piccolo segnale di attenzione: altrimenti, all'agricoltura non rimane che un naufragare a vista, per improvvisazioni successive la cui somma è una persistente, sconcertante assenza di futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zucchi. Ne ha facoltà.

ANGELO ZUCCHI. Signor Presidente, colleghi, oggi esaminiamo il disegno di legge n. 2260 che recita: Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare. Un titolo così ambizioso in un momento così delicato per l'agricoltura non può che indurre ad una riflessione generale partendo proprio dallo stato di salute del settore agroalimentare italiano.
In tale settore alle storiche carenze di natura strutturale si sono aggiunti nuovi gradi di sofferenza dovuti alla grave crisi che si sta ripercuotendo in modo molto preoccupante sull'intero settore. Lo sanno bene le organizzazioni agricole che proprio in queste settimane stanno mobilitandosi e manifestando nell'intento di far giungere la loro voce al Governo ma anche al Parlamento perché si faccia qualcosa dopo il tanto promesso e il poco realizzato.
Sappiamo che i consumi interni sono stagnanti. Sappiamo anche che l'export del made in Italy ha visto una contrazione a partire dal primo trimestre 2009. Sappiamo che il differenziale negativo tra i prezzi al consumo e i prezzi all'origine è ulteriormente aumentato e sappiamo anche che i costi di produzione sono fortemente cresciuti. Sappiamo, e lo abbiamo più volte denunciato e soprattutto lo sanno bene gli agricoltori, che i provvedimenti che il Governo ha assunto per affrontare la fragilità e la sofferenza dell'agricoltura sono francamente inesistenti. Non c'è provvedimento anticrisi assunto in questi mesi che volga lo sguardo a questo settore. Non sono stati assunti provvedimenti che in qualche modo intervenissero a sostegno di un pezzo importante della nostra economia; anzi, se fosse possibile, alla già grave difficoltà il Governo ci ha messo del suo riducendo e tagliando risorse sulle quali il settore faceva conto non tanto per un rilancio in un momento di crisi, ma per un normale e neanche tanto scandaloso desiderio di sopravvivenza.
Per citare alcuni stanziamenti che sono stati falcidiati dalla politica tremontiana, è il caso di ricordare il fondo di solidarietà per le polizze assicurative e le calamità Pag. 87naturali o ancora la stabilizzazione degli sgravi contributivi per le aree svantaggiate o montane o ancora la riduzione dell'accisa sul gasolio per la coltivazione in serra o, ancora, il taglio al fondo per l'internazionalizzazione delle imprese o, ancora, il taglio dei fondi per l'imprenditoria giovanile e potrei continuare. Soldi e risorse che servivano all'agricoltura per mantenere il proprio livello produttivo. Soldi e risorse necessarie per affrontare con meno senso di sconforto la crisi.
Del resto, la situazione è quella che è, e sta assumendo toni e caratteristiche di emergenza: basti guardare a cosa accade ai tanti settori dell'agroalimentare. Il settore lattiero-caseario sta vivendo momenti drammatici che riguardano il prezzo del latte che non copre il costo di produzione. Si dirà che questo è un problema comune a gran parte dei Paesi europei, ma certo che per l'Italia assume toni di particolare gravità.
Così pure è in stato di grande sofferenza il settore dei formaggi tra i quali anche i DOP che rappresentano un tratto distintivo per la produzione di qualità del nostro Paese. Lo dimostra il calo dei prezzi del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano. Nel settore vitivinicolo i prezzi dei vini da tavola calano anche del 20 per cento mentre i prezzi delle uve subiscono variazioni che arrivano a meno 50 per cento.
Nel settore ortofrutticolo i prezzi di alcuni prodotti calano del 20 per cento ed è fortemente in crisi il settore delle carni bovine: calo dei prezzi e aumento consistente dei costi di produzione. I cereali sono in caduta libera (da meno 28 a meno 36 per cento), una situazione che, come si vede, non può che allarmare.
È la ragione per cui in questo provvedimento, che ha l'ambizione di occuparsi del rafforzamento e della competitività nel settore agroalimentare, ci siamo preoccupati di inserire alcuni emendamenti che cercano, in primo luogo, di rimettere le risorse mancanti e, in secondo luogo, di aiutare il settore sul fronte in cui oggi è più esposto.
Siamo intervenuti per ridurre i costi di produzione, per facilitare l'accesso al credito, per sostenere i processi di internazionalizzazione delle imprese, per favorire i processi di aggregazione delle imprese e per consentire un credito di imposta per chi investe per il rinnovo dei macchinari agricoli. Insomma, abbiamo avanzato una serie di proposte tese a rafforzare davvero l'agroalimentare per incitare il Governo e il Parlamento ad uno sforzo straordinario e per dare risposte concrete alle aziende e all'agricoltura, per superare la parzialità che il disegno di legge n. 2260 nel complesso dimostra.
Tale parzialità, già molto evidente nella sua stesura originale, è diventata sconfortante dopo i tanti pareri negativi della Commissione bilancio, che ne hanno ridotto ulteriormente l'incisività. Ciò nonostante siamo intervenuti ed interverremo nuovamente nella discussione in Aula, perché la situazione necessita di un maggiore sforzo, perché sappiamo che la discussione che sta avvenendo al Senato sulla finanziaria non prevede niente di nuovo sul fronte agricolo. Bisogna dare un segnale anche a chi si sta predisponendo a distribuire quelle risorse che giungeranno dallo scudo fiscale e che non vorremmo trascurassero ancora in maniera evidente l'agricoltura e gli agricoltori.
Ci siamo approcciati al provvedimento in esame con questo spirito. Devo dire che nella stessa Commissione la volontà di interventi in maniera più estesa di quanto il disegno di legge facesse nella sua stesura originale si è espressa in modo evidente: basta vedere gli emendamenti della Commissione che hanno cercato di intervenire su alcuni dei principali temi che ho elencato, emendamenti che dimostrano la volontà di intervento, ma che contestualmente dimostrano l'impossibilità di farlo adeguatamente.
Del resto, nel disegno di legge in esame vi sono evidenti incongruenze e anche risposte inadeguate. Lo dico così, perché non saprei in che altro modo esprimermi.
Come definire l'articolo 1, che estende i contratti di filiera a tutto il territorio nazionale? È certo utile per rafforzare un Pag. 88sistema contrattuale e di relazioni che sappiamo essere in larga misura debole e che rappresenta uno dei punti di maggiore fragilità nella filiera agricola. Tuttavia, signor Presidente, se si scopre che i circa 400 milioni di euro per il finanziamento dei contratti di filiera fino al 2013, che provenivano dai fondi FAS, sono nel frattempo stati destinati altrove e sono finiti in un fondo la cui disponibilità sta nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, di che cosa stiamo parlando? Dell'applicazione di un principio? Di estendere progetti non più finanziabili a tutto il territorio nazionale? Del nulla che si estende su una superficie più grande? Difficile opporsi al principio, ma certo è pur anche necessario denunciare che nessun contratto di filiera potrà essere finanziato nei prossimi anni né nel trapanese, né nella new entry provincia di Milano, tanto per intenderci.
Ed ancora sul Fondo di solidarietà nazionale, che trova copertura prendendo le risorse dalla defiscalizzazione del bioetanolo e del biodiesel, che dire? Certo il fondo è una priorità anche per noi del Partito Democratico, che in più occasioni ne abbiamo richiesto il rifinanziamento, che riguarda più di 250.000 imprese agricole, ma finanziarlo (fra l'altro solo in parte, perché le risorse necessarie sarebbero molte di più) cancellando totalmente il settore del biodiesel in Italia è coerente con gli impegni che ci siamo assunti in ambito europeo? Ricordo, signor Presidente, che l'Italia si è impegnata a raggiungere il 5,75 per cento entro il 2010 di biocarburanti miscelati ai carburanti normali, e senza defiscalizzazione questo settore scompare e dovremo importare bioetanolo e biodiesel dall'estero.
Si dirà che la norma è transitoria, che il fondo si ripristinerà magari attingendo dallo scudo fiscale, ma intanto questa certezza non c'è, si azzera un intero settore produttivo, senza peraltro fornire una risposta esaustiva al fondo che si vuole finanziare (mancano 400 milioni, ne mettiamo 122 per chiudere il pregresso 2008 e parzialmente il 2009). Non ci opporremo a questo articolo, ma certo non possiamo dichiararci soddisfatti per come si è tentato di risolvere la questione. Era fra l'altro un preciso impegno del Ministro, ma anche del Presidente del Consiglio, preso a Roma, che di fronte a 15.000 mila agricoltori, disse: «Mi impegnerò personalmente». Registro che il problema non è risolto e che per risolverlo - solo parzialmente, tra l'altro - se ne è creato un altro.
O ancora del credito di imposta sul rinnovo delle macchine agricole: qui, signor Presidente, siamo di fronte ad un esempio di scuola sull'incomprensione. Ricordo che il decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009 prevede all'articolo 5 la detassazione degli utili reinvestiti in macchinari. Fra i beni che hanno diritto all'incentivo, se si guarda alla tabella ATECO a cui l'articolo fa riferimento, vi sono anche i macchinari per l'agricoltura.

PRESIDENTE. Onorevole Zucchi...

ANGELO ZUCCHI. Concludo, signor Presidente. Se ne deduce che l'intenzione del legislatore fosse quella di consentire l'accesso al provvedimento anche agli imprenditori agricoli. Peccato che l'applicazione dell'articolo 5 sia inutilizzabile in agricoltura, per come gli imprenditori agricoli sono tenuti a determinare i loro bilanci. Per questa ragione, per ottemperare alla volontà presunta del legislatore, abbiamo proposto un emendamento per istituire un credito di imposta, che può essere l'unico modo per arrivare a risolvere tale questione.
Signor Presidente, lei mi sollecita a concludere, lo faccio volentieri. Le preannuncio che chiederò di poter consegnare il testo del mio intervento, perché avevo molte cose da dire, soprattutto sull'etichettatura e non mancherò di farlo in Aula durante il seguito della discussione.
Voglio che il Ministro sappia che non abbiamo atteggiamenti né preconcetti né pregiudiziali su questo tema. Ci accingiamo a discutere in Aula, e in Aula speriamo di costruire la nostra opposizione in base al confronto che si svilupperà e alle risposte che verranno date agli Pag. 89emendamenti che abbiamo presentato e che ripresenteremo, a partire dall'esame del provvedimento in oggetto nei prossimi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Pertanto, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Zucchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la gravità della situazione economica in termini occupazionali e di reddito avrebbe richiesto da parte del Governo - lo sa bene il Ministro Zaia - un eccezionale sforzo per il rilancio della capacità produttiva del sistema attraverso l'adozione di misure anticicliche e l'aumento degli interventi in tutti i settori di attività economica, compresa l'agricoltura.
Di converso, soprattutto in relazione al complesso iter parlamentare delle disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare, l'attività del Governo ha prodotto una serie di norme che costituiscono un generico palliativo per gli agricoltori ed il sistema agroalimentare nazionale.
Nel testo originario del Governo erano, persino, assenti le misure essenziali, quali il Fondo di solidarietà e la proroga delle agevolazioni previdenziali per poter minimamente affrontare un qualsivoglia tema di interesse agricolo; altro che rafforzamento della competitività! Eppure, nel recente passato, il settore agricolo non era stato in alcun modo risparmiato dalle forti riduzioni di spesa operate dal Governo in carica, soprattutto in sede di legge finanziaria per il 2009, e dal taglio sistematico delle risorse destinate ai programmi per lo sviluppo e la sostenibilità dei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e dei mezzi tecnici di produzione.
Anche l'esame dell'odierno disegno di legge governativo ha mostrato pesanti limiti di fondo. Ormai è assodato: anche, e soprattutto, in materia di agricoltura, questo Governo si muove in maniera miope e in una direzione diametralmente opposta rispetto a quella necessaria per rimettere in moto l'economia.
L'azione del Governo avrebbe dovuto, con priorità, dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura e dotare di adeguate risorse finanziarie il Fondo di solidarietà; prorogare le agevolazioni in materia previdenziale per le aree svantaggiate del Paese, in scadenza oggi al 31 dicembre prossimo; facilitare l'accesso al credito, frenando i comportamenti al limite dell'usura praticati da moltissimi istituti bancari; assicurare l'incremento delle politiche e delle risorse a sostegno del ricambio generazionale, dell'imprenditoria giovanile, dell'internazionalizzazione, della concentrazione delle imprese e dell'offerta della produzione agricola. Sempre ai fini del rilancio produttivo del comparto, erano necessari interventi straordinari per consentire alle aziende agricole di operare in un contesto di crisi del settore.
Tutte queste misure, insieme ad altre, sono contenute nel pacchetto di emendamenti che il gruppo del Partito Democratico ha presentato in Commissione e ha riproposto, dopo la parziale indisponibilità della maggioranza, in Aula. Tuttavia, il Governo e la sua maggioranza appaiono distratti e, come le scimmiette, fanno finta di non vedere.
Altri Paesi, come la Francia, invece, hanno destinato circa 2 miliardi di euro per rilanciare il settore, investito, come altri, dalla gravissima crisi economica. Da questa parte delle Alpi, invece, si preferisce battere la strada delle parole altisonanti, degli impegni roboanti, ma di concreto non c'è nulla, nemmeno un euro. Poche idee, quindi, ed anche confuse e, soprattutto, nessuna risorsa. Questa è la sintesi efficace della linea del Governo verso il mondo dell'agricoltura.
Non siamo comunque sorpresi, ma non per questo meno indignati. Con questi presupposti, il disegno di legge in discussione non poteva che scontare l'assenza di Pag. 90un modello organico, coerente e di sistema intorno al tema fondamentale del rilancio della competitività dell'agroalimentare. Ciò per una serie di regioni: in primo luogo, sin dall'inizio, si è posta nei lavori della Commissione una rilevante questione di metodo in ordine all'esame del disegno di legge governativo. Con un escamotage terminologico, la maggioranza di Governo ha cercato di trasformare un provvedimento importante - quello che riguarda l'etichettatura dei prodotti agroalimentari, così come licenziato dal Senato - in una strategia di rafforzamento della competitività di tutto il settore.
Ma nel corso del dibattito il provvedimento non solo è stato svuotato di ogni copertura finanziaria, ma siamo arrivati addirittura al paradosso, per cui nel cosiddetto disegno di legge originariamente nato per l'etichettatura, che avrebbe dovuto valorizzare il made in Italy attraverso la tracciabilità (una vera e propria carta d'identità delle nostre produzioni), si prevede, invece, la smarchiatura dei prodotti. Infatti, è passato un emendamento che permette ai produttori dei consorzi di formaggi DOP di smarchiare le forme etichettate e di venderle sotto costo.
Siamo, quindi, in presenza di una misura incoerente rispetto alla finalità di valorizzare i prodotti italiani, una vera e propria eterogenesi dei fini. E questo avverrà anche, in un certo qual senso, per lo yogurt, se si dovesse approvare una norma proposta dalla maggioranza. Insomma, siamo alla legalizzazione del dumping a danno della qualità e dei cittadini, che non sapranno più che formaggio avranno sui maccheroni.
Inoltre, sempre con riguardo al metodo, occorre ricordare che uno spirito esterno ha aleggiato su tutti i lavori della Commissione. Si è trattato di una presenza ingombrante, quella del Ministro dell'economia e delle finanze che, di fatto, ha sterilizzato il dibattito e le attività parlamentari. L'assoluta insufficienza delle risorse a disposizione del mondo agricolo ha reso evidente, anche ai più ottimisti e ingenui tra di noi, che il Governo, in questo come in altri settori della vita pubblica-amministrativa, ha raschiato il fondo del barile. Questa maggioranza non è in grado di affrancarsi in alcun modo rispetto alla linea ragionieristica e tecnico-contabile imposta dal Ministro dell'economia e delle finanze. Ma in molti di noi - e ritengo opportuno manifestarlo - è sorto il dubbio che forse il Ministro Zaia e il Ministro Tremonti, particolarmente vicini su altri campi di battaglia (intendo politica), continuino a giocare al poliziotto buono e al poliziotto cattivo.
Signor Presidente, se il Parlamento non ha lavorato la scorsa settimana, il motivo non sta nel fatto che i parlamentari sono diventati dei fannulloni, ma perché questo Governo non mette a disposizione alcuna risorsa per finanziare le proposte di legge. Se quelli appena descritti sono stati i presupposti metodologici dell'odierno provvedimento in esame, risulta palese l'intrinseca debolezza che ne ha accompagnato l'iter parlamentare. Dal canto nostro, per superare la debolezza del testo originale avevamo presentato in Commissione un importante pacchetto di emendamenti contenenti, tra l'altro, il rifinanziamento del Fondo di solidarietà agricola, indispensabile per contrastare le numerose e gravi calamità che hanno interessato e continuano ad interessare moltissime aziende di tutta la penisola, la proroga delle agevolazioni previdenziali per le aree svantaggiate, l'agevolazione del credito per le aziende agricole, la rottamazione delle macchine agricole così come avviene, ad esempio, per tutte le autovetture in circolazione, comprese le grosse cilindrate. Alcune di queste misure erano previste e finanziate dal precedente Governo di centrosinistra.
Diamo atto alla maggioranza e, in particolare, all'onorevole Beccalossi, relatrice del provvedimento, ed al presidente Paolo Russo, che nel corso dell'esame parlamentare hanno espresso una disponibilità molto parziale, per la verità, soprattutto sul piano delle risorse messe a disposizione, della disponibilità ad accogliere alcune modifiche del testo avanzate dal nostro gruppo, anche se largamente insufficienti rispetto alle nostre richieste e, Pag. 91soprattutto, rispetto ai bisogni dell'agroalimentare nazionale e degli interessi degli imprenditori agricoli.
In concreto, i punti sui quali si è realizzata una convergenza con la maggioranza sono relativi alla destinazione dei 164 milioni di euro per l'anno 2010, al rifinanziamento del Fondo (come dicevamo) per una quota pari a 122 milioni di euro, all'istituzione di un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese agro-alimentari per la concessione di prestiti e mutui a tasso agevolato per una quota pari a 8 milioni di euro e alla proposta di sgravi contributivi per 34 milioni di euro e per soli due mesi. Un altro punto di intesa si è registrato sulla rottamazione delle macchine agricole anche se lo scoglio rimane la Commissione bilancio. Non mi soffermo sulla natura della copertura dei 164 milioni di euro, su cui qualche dubbio sorge, né sul fatto che non costituiscono nuove risorse, ma altri colleghi si soffermeranno sulle nostre perplessità.
Signor Presidente, questo provvedimento ci pare proprio figlio di nessuno. Il Ministro Zaia, nel passato molto presente e attento, è stato assente in Commissione e non ci ha concesso il privilegio di conoscere il suo pensiero. Lo farà oggi e mi dispiace che ciò avvenga in quest'Aula deserta. La stessa sorte è toccata al sottosegretario all'agricoltura. Il sottosegretario all'interno, il leghista Davico, che sostituiva gli assenti in Commissione, ha espresso in Commissione agricoltura il parere del Governo, che è positivo anche sulle suddette richieste del nostro gruppo.
Il sottosegretario all'economia, al contrario, ha espresso in Commissione bilancio parere contrario su tutti gli emendamenti votati in Commissione agricoltura che, comunque, ripresentiamo in Aula e di questo - lo ripeto - rendo atto alla relatrice Beccalossi che ringrazio.
Signor Presidente, anche per queste peripezie procedurali, ne siamo sicuri, quello attuale non è certo il provvedimento che rilancerà il sistema agroalimentare italiano. Lo spirito collaborativo si è in particolare concretizzato nell'approvazione della proposta della collega Cenni, che prevede la concessione di prestiti e mutui a tasso agevolato alle imprese agroalimentari anche se associate in cooperative, e della proposta del collega Mario Pepe sui crediti di imposta di cui possono beneficiare gli imprenditori per l'acquisto di macchinari agricoli.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Per il resto, come in precedenza ampiamente illustrato, è meglio stendere un velo pietoso con il quale, tra l'altro, intendete coprire le vostre responsabilità di maggioranza e di Governo in merito al canone ricognitorio ed ai contenziosi INPS, misura contenuta nel decreto-legge n. 171 del 2008, convertito in legge, nella stessa giornata nella quale è stato approvato dal Governo il cosiddetto mille proroghe.
A tutto questo aggiungiamo il fatto che il Governo continua a ragionare in un'ottica localistica senza riuscire ad immaginare interventi a favore di tutto il Paese. Per tutto questo, signor Presidente - e concludo -, incalzeremo il Governo e la sua maggioranza perché receda da un'impostazione obbiettivamente inadeguata, figlia - come è evidente - della logica mostrata dall'Esecutivo in tutti i settori produttivi che si può sintetizzare così: chi ce la fa va avanti, gli altri si arrangino. Ma gli altri sono migliaia di aziende e decine di migliaia di lavoratori che rischiano di finire sul lastrico, senza considerare che i prodotti per le nostre tavole dovremmo acquistarli all'estero, andando ad incidere negativamente sulla bilancia commerciale e quindi sulla già difficile congiuntura economica che stiamo vivendo.
Signor Presidente, Governo e maggioranza devono sapere che l'opposizione (e il PD in particolare) su questo provvedimento attende con fiducia lo sciogliersi delle riserve emerse, che abbiamo comunque registrato e sulle quali ci asteniamo, per il momento, dall'esprimere il nostro giudizio, in attesa della posizione che assumerà in quest'Aula il Ministro dell'economia a proposito delle coperture delle misure che riteniamo indispensabili per l'approvazione del provvedimento. Pag. 92
Il Partito Democratico non starà a guardare dentro e fuori dalle Aule parlamentari, ma si impegnerà a fondo per le imprese ed i lavoratori e con le imprese ed i lavoratori, perché il comparto venga effettivamente rilanciato per competere sul piano internazionale attraverso misure ordinarie e straordinarie in campo fiscale, contributivo e creditizio. Le auguro buon lavoro, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, volevo soltanto chiederle preventivamente anche per gli altri, siccome stiamo cercando di contenere gli interventi, se anche l'onorevole Oliverio, qualora lo ritenga, possa consegnare il suo intervento.

PRESIDENTE. Certamente, onorevole Giachetti.
È iscritto a parlare l'onorevole Brandolini. Ne ha facoltà.

SANDRO BRANDOLINI. Signor Presidente, signor Ministro dell'agricoltura, finalmente in Aula alla Camera arriva un provvedimento che riguarda la competitività del settore agroalimentare. Già i colleghi dicevano di molti decreti anti-crisi che hanno visto assente l'agricoltura, un comparto importante non solo per il fatto che senza l'agricoltura sarebbe impossibile sfamare i cittadini (non solo di questo Paese), ma perché il comparto agroalimentare, dopo quello meccanico, è il secondo comparto per importanza.
Il Paese si trova all'interno di una crisi più generale e vive momenti molto difficili. I dati di questi giorni non lasciano assolutamente tranquillo nessuno rispetto al fatto che la crisi sia superata, anzi molte associazioni e molte imprese dicono che il peggio purtroppo dovrebbe ancora arrivare.
Se esaminiamo l'agricoltura da un punto di vista dei consumi, vediamo che c'è stato un aumento dei consumi agroalimentari nei primi mesi dell'anno: lo 0,4 per cento.
In realtà, vediamo che c'è da un lato un aumento delle quantità prodotte, dall'altro un aumento dei prezzi finali che pagano i consumatori, ma c'è un crollo verticale dei prezzi che vengono pagati ai produttori della materia prima (gli agricoltori, i coltivatori). Tutti i settori, infatti, sono in crisi: dall'ortofrutta al latte, ai suini, ai cereali e, in quest'ultima fase, anche prodotti come quelli vitivinicoli (un'annata straordinaria dal punto di vista della raccolta si accompagna con una caduta eccezionale dei prezzi senza precedenti). Tutto questo ci fa dire che servono risorse aggiuntive e nuove per il comparto agricolo che, come gli altri settori, è stato oggetto di tagli consistenti con le manovre del 2008.
Voglio ricordare che il nostro settore tra la legge finanziaria e i collegati e poi provvedimenti successivi ha visto tagliati fra investimenti e spesa corrente oltre un miliardo di euro. Ebbene, oggi, di fronte ad un provvedimento che ha l'ambizione di rafforzare la competitività del settore agroalimentare, non c'è un becco di una lira in più. Si ricorre a risorse già esistenti, peraltro con un parere negativo della Commissione bilancio, in ogni caso utilizzando risorse già a disposizione del mondo agricolo.
Invece, noi abbiamo bisogno di intervenire, come abbiamo fatto con i nostri emendamenti, per sostenere, incentivare e valorizzare il settore agricolo, i produttori e i nostri prodotti sui mercati interni e internazionali. Servono risorse per sostenere i produttori agricoli prima di tutto, per rassicurarli del fatto che oltre ad una drammatica caduta del reddito (poiché i ricavi non coprono i costi di produzione) non si troveranno anche la beffa di vedersi aumentati i contributi previdenziali. Parlo delle zone svantaggiate, che rappresentano l'85 per cento delle giornate lavorate del nostro Paese. Parlo del Fondo di solidarietà che troverebbe - se ci sarà la conferma Pag. 93del Ministero dell'economia e delle finanze, visto il parere negativo della Commissione bilancio - solo una parziale risposta.
Signor Ministro, voglio riportare i suoi dati. Il Fondo di solidarietà ha bisogno ancora di 102 milioni per chiedere il 2008, ha bisogno di 250 milioni di euro per il 2009 e di 140 milioni di euro per il 2010: un totale di 492 milioni, senza i quali, per la parte riferita al 2010, non si possono neanche utilizzare gli 80 milioni di euro che vengono dal Fondo europeo previsto dall'articolo 68 del regolamento CE n. 73/2009. Ebbene: se riusciremo ad andare in porto, avremo 122 milioni di euro (se riusciremo, lo ripeto, visto il parere negativo).
Quindi, siamo di fronte ad una prima, parziale, insufficiente risposta, che potrebbe comunque essere un momento di respiro se poi vi sarà la certezza che subito dopo arriveranno le altre risorse, così come sugli sgravi contributivi non è sufficiente garantire gennaio e febbraio del 2010. Bisogna garantire almeno tutto l'anno, come abbiamo fatto per l'anno in corso, se vogliamo evitare anche in questo caso un aumento dei costi per quanto riguarda un settore strategico come quello agricolo.
Abbiamo poi bisogno di incentivare la concentrazione e l'internazionalizzazione degli investimenti del settore agroalimentare: non possiamo competere a livello internazionale se non metteremo in grado i produttori agricoli di rafforzare il proprio potere aggregandosi, concentrando l'offerta; essi non saranno in grado di cogliere le opportunità dei mercati internazionali se non si realizzeranno quegli investimenti necessari per rafforzare la competitività. Ebbene, di tutto questo nulla troviamo nel provvedimento.
Ma venendo all'aspetto che ha ricondotto il provvedimento originario presentato dal Ministro Zaia al disegno di legge approvato al Senato sull'etichettatura, questo provvedimento dell'etichettatura è stato colto positivamente da tutti i settori e da tutte le associazioni del mondo agricolo nella forma che era stata approvata al Senato. Noi avevamo votato a favore di quel provvedimento al Senato, e alla Camera abbiamo lavorato e ci siamo impegnati per migliorarlo, perché era un buon punto di partenza che andava completato, in quanto non si possono difendere le qualità delle nostre produzioni senza introdurre a fianco dell'etichettatura degli strumenti di controllo che poi assicurano che quel prodotto corrisponde effettivamente ad una zona di origine e ad una zona di produzione. Invece, alla Camera ci siamo visti praticamente svuotare quel provvedimento, anziché migliorarlo lo abbiamo visto peggiorare. È un provvedimento che non corrisponde più alle esigenze del mondo agricolo, probabilmente corrisponde alle esigenze di alcune lobby esterne al mondo agricolo che hanno avuto il sopravvento in questa fase e che hanno quindi annacquato un provvedimento indispensabile per tutelare e valorizzare le nostre produzioni.
Questo è l'insieme dei problemi che noi riproponiamo attraverso emendamenti nel dibattito in Aula; ci auguriamo che trovino quella attenzione che solo in parte hanno trovato nel dibattito in Commissione, certamente non per mancanza di volontà, ma in particolare per mancanza di risorse. L'agricoltura ha bisogno di essere sostenuta e il Governo deve smetterla di fare delle promesse alle convention delle associazioni agricole, il Governo deve finalmente trovare le risorse che sono necessarie oggi per alleviare le difficoltà del mondo agricolo a fronte della drastica caduta dei prezzi finali e quindi per mettere in moto un processo di rilancio di un settore strategico per il nostro Paese. Se il Governo farà questo troverà al suo fianco il nostro partito, il Partito Democratico, ma anche i tanti agricoltori che in questi giorni stanno manifestando nel Paese. Noi, insieme a loro, vogliamo portare avanti una battaglia che conduca veramente a dare le risposte di cui l'agricoltura e il Paese hanno bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nastri. Ne ha facoltà.

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GAETANO NASTRI. Signor Presidente, il provvedimento in esame, in un contesto generale economico e finanziario difficile nonostante vi siano dei segnali di ripresa, ribadisce la volontà del Governo e della maggioranza di proseguire una politica di rigenerazione e di sostegno dell'agricoltura, quale settore indispensabile per l'intera economia nazionale, attraverso una molteplicità di interventi importanti e significativi volti a restituire speranza per una celere ripresa ad uno dei più prestigiosi comparti del nostro Paese.
Troppo spesso quando si è discusso di iniziative volte a sostenere e rilanciare la competitività del settore agricolo, soprattutto per quanto riguarda l'agroalimentare, non sono seguite nel corso degli anni adeguate spinte propulsive in grado di accrescere i livelli di competitività del settore. Ne consegue che con le disposizioni previste dal presente disegno di legge, a cui si affiancano quelle già in vigore previste dal decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, in materia di rilancio e di competitività del settore agricolo, si completa un quadro normativo importante e consistente a supporto dell'importante filiera italiana. L'auspicio è quello di difendere gli operatori del settore e le imprese, per troppo tempo vessati da situazioni penalizzanti e sfavorevoli, spesso causate anche da calamità e da eventi climatici gravi ed immediati.
Va aggiunto, inoltre, che la profonda crisi che ha investito la finanza e l'economia mondiale a partire dalla seconda metà del 2008 e che ha determinato una recessione grave e preoccupante, ha inevitabilmente coinvolto anche l'agricoltura e il settore agroalimentare del nostro Paese. Conseguentemente, si sono connessi fattori e situazioni proprie del comparto agricolo di origine economica che hanno determinato difficoltà diffuse in molti settori strategici propri del comparto stesso.
Pertanto, le misure contenute all'interno del provvedimento in esame prevedono una serie di iniziative valide e consistenti volte al superamento dell'attuale fase emergenziale, che consentono di restituire competitività e sviluppo per l'intero settore che, occorre ricordarlo nuovamente, rappresenta la base imprescindibile del sistema agroindustriale del made in Italy, ovvero del secondo comparto del Paese, in un'ottica generale e prioritaria delle scelte politiche economiche del nostro Governo.
Nel corso dell'esame presso la Commissione agricoltura sono state introdotte numerose modifiche, nonché articoli aggiuntivi considerati anche i rilievi e le osservazioni provenienti dalla Commissione bilancio in merito ad alcune disposizioni che richiedevano adeguate coperture finanziarie.
Risulta conseguentemente apprezzabile l'impegno che il Governo Berlusconi sta compiendo a sostegno della filiera agricola nazionale in un quadro economico e finanziario che in Italia e in Europa, come detto, certamente non è favorevole, e che impone a Paesi come il nostro, con elevato debito pubblico, vincoli rigidi di bilancio, come richiesto dall'Unione europea, che non consentono ampi margini di manovra.
Analizzando sinteticamente le principali disposizioni contenute nel disegno di legge osserviamo come all'articolo 1 siano estese per tutto il territorio nazionale le norme che promuovono la stipula di contratti di filiera e di distretto contenute nell'articolo 66 della legge n. 289 del 2002, la cui operatività è attualmente limitata alla aree sottoutilizzate.
Con l'articolo 1-bis, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, viene modificato il valore minimo dell'imponibile catastale dei terreni - da mille lire a cinquanta euro - che consente ai coltivatori diretti di esercitare il diritto di prelazione o di accedere al credito agevolato in base alla legge n. 590 del 1965.
Nello specifico, l'articolo 2 tende a rafforzare la tutela e la competitività dei prodotti a denominazione protetta istituendo un Sistema di qualità nazionale di produzione integrata finalizzato con riferimento ai prodotti DOP (si veda poi il comma 1-bis) a garantire una qualità superiore del prodotto finale contraddistinto, quest'ultimo, da un basso uso di sostanze chimiche, garantito dal controllo Pag. 95di organismi terzi accreditati ed identificato con lo specifico logo al quale i produttori potranno aderire su base volontaria.
I successivi articoli 2-bis e 2-ter prevedono rispettivamente lo stanziamento di 122 milioni di euro per l'anno 2010 per la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale, nonché per gli incentivi assicurativi, e l'istituzione di un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese agroalimentari con la dotazione iniziale di 8 milioni di euro per l'anno 2010 finalizzato alla concessione a tali imprese di prestiti e mutui a tasso agevolato. Per quanto riguarda il Fondo di solidarietà è opportuno che ci sia un'ulteriore riflessione essendo fondamentale proprio per tutto il mondo agricolo.
Inoltre, in sede referente, attraverso la modifica sostanziale dell'articolo 4 si è compiuto un vero e proprio aggiornamento legislativo in materia di selvicoltura volto alla valorizzazione del nostro territorio nazionale. Tra le varie disposizioni ritengo opportuno citare il monitoraggio delle risorse forestali, oltre che boschifere, e la compiuta definizione di un quadro di riferimento entro il quale le regioni devono provvedere alla redazione dei propri strumenti di pianificazione forestale.
Non solo, con la modifica dell'articolo 5 è stato previsto che oltre all'AGEA anche l'Agecontrol potrà avvalersi dell'ispettorato centrale repressione frodi ed in questo senso l'articolo 5-bis è intervenuto a rafforzare la tutela del settore predisponendo una serie di disposizioni volta alla salvaguardia delle produzioni italiane di qualità.
Stessa situazione segue la nuova formulazione dell'articolo 6, che per di più prevede sanzioni pecuniarie che vanno dai 1.600 ai 9.500 euro, nonché la confisca dei prodotti stessi in caso di violazione delle disposizioni indicate nel medesimo articolo.
Per concludere, ricordo l'articolo 7 che nelle sue varie declinazioni riformula la sanzione in materia di produzione e commercio di prodotti agroalimentari prevista dai precedenti articoli 22 e 23 della legge n. 281 del 1963. Attraverso queste misure verrà agevolata la vendita diretta di prodotti agricoli da filiera corta, si istituiranno agevolazioni contributive nei territori montani e agricoli particolarmente svantaggiati e verranno stanziate somme al fine di realizzare un sistema di identificazione tramite apposito circuito elettronico integrato dal processo di produzione di filiera e dell'imballaggio del formaggio con denominazione di origine protetta.
In definitiva, la varietà delle tipologie di intervento discusse e approvate in Commissione agricoltura confermano la volontà del Governo di venire incontro alle urgenti richieste provenienti dal mondo agricolo. Mi sembra chiaro, dunque, che si tratti di un provvedimento che aggredisce alcuni problemi e fronteggia le esigenze del settore agroalimentare mediante una razionalizzazione puntuale delle risorse e grazie ad un programma come quello sinteticamente illustrato volto al rilancio e allo sviluppo dell'agricoltura italiana.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nola. Ne ha facoltà.

CARLO NOLA. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, a parlare in coda c'è il rischio concreto sempre di dire cose già dette. Per questo mi limiterò ad alcune brevi considerazioni, dando atto che tutte le considerazioni svolte sullo stato di crisi e di grave sofferenza del nostro mondo rurale, svolte oggi in quest'Aula, sono più che veritiere. Credo che la crisi e la sofferenza del nostro mondo agricolo sia stata analizzata in modo reale, concreto e sicuramente non esagerato. Così come credo che siano veritiere le lamentele sulla carenza di liquidità e di risorse da investire nel nostro sistema agricolo. Tuttavia, in maniera ingenerosa in alcuni interventi si è fatta passare questa carenza di risorse come un capriccio del Governo, così come sono stati fatti paragoni con interventi varati da Paesi vicini a noi. Sappiamo che nell'intervento su questa crisi il nostro Governo ha fatto cose che altri Paesi ben si sono sognati a sostegno dell'occupazione e delle imprese; anche se è giusto sottolineare che il sistema agricolo non è stato tra i più beneficiati da questi interventi. Pag. 96
Passando a note positive, credo che oggi noi abbiamo ricevuto da questo dibattito una risposta. È stato chiesto da molti, anche in maniera critica, cosa sia questo provvedimento: non è un disegno di legge del Governo o un disegno di legge uscito dal Senato. Direi che forse questa è una delle sue caratteristiche principali in quanto si tratta di un prodotto originale, partorito dalla nostra Commissione. Credo che questa sia forse la prima risposta a chi dice che questo Parlamento non è in grado di intervenire e di legiferare autonomamente.
Noi in XIII Commissione, con l'aiuto e il sostegno del Governo, abbiamo fatto un mix tra proposte già fatte e le nostre proposte. Abbiamo ottenuto quello che Agrisole della settimana scorsa definisce come, di fatto, una finanziaria ombra, una manovra agricola parallela. Siamo intervenuti sul tema agricolo, creando un provvedimento nuovo che recepisce alcune proposte del Governo, altre elaborate al Senato e altre proposte che provengono dalle categorie e dalle associazioni che abbiamo audito. Abbiamo fatto anche un'altra cosa. Non ci sono risorse nuove - certo questo è un cruccio - ma ci siamo assunti la responsabilità di indicare noi le risorse disponibili tra quelle del comparto agricolo. La XIII Commissione ha fatto una cosa molto bella e molto importante in questo anno e mezzo: ha stabilito delle priorità.
Stabilire priorità vuol dire stabilire che cosa è più importante e cosa meno in una scala di valori e vedere come allocare le risorse che si hanno a disposizione. In un certo senso la Commissione agricoltura dalla Camera ha dettato l'agenda sulle disponibilità delle spese in campo agricolo. Bisogna avere coraggio e assumersi le responsabilità perché, nel momento in cui si decide di allocare su una priorità quelle poche risorse che ci sono, bisogna sapere che altri non saranno contenti. Ma forse questo è il nostro ruolo: assumerci una responsabilità nelle priorità che abbiamo indicato, prima tra tutte quella condivisa unanimemente del rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale e del rifinanziamento dei contributi agevolati per il previdenziale e per le zone svantaggiate. Credo che siano atti di grande importanza.
Con il presidente Russo, la relatrice Beccalossi e con tutti i gruppi credo sia stato fatto un grande lavoro anche di sintesi e di cernita. Questo è sicuramente ciò che ci resta di amaro, ovvero di aver dovuto sacrificare tanti interventi validi per qualcosa sicuramente di più urgente. L'aver tagliato o accantonato alcuni interventi in vista di tempi migliori è stato sicuramente un grande atto di responsabilità.
L'auspicio di tutti i componenti della Commissione che mi sento di rappresentare è che nuove risorse vengano allocate per questo comparto e credo che da quest'Aula oggi sia venuto un forte atto di «prenotazione»: abbiamo il cartellino numero 1 quando si tratterà di distribuire le risorse aggiuntive che arrivano dallo scudo fiscale.
Svolgo due brevissime considerazioni di merito.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARLO NOLA. Concludo auspicando che il Ministro sappia che, nel momento in cui ne avrà la forza e la voglia, e interverrà nei confronti del Governo per sostenere le necessità e le rivendicazioni del mondo agricolo, lui avrà tutta la XIII Commissione al suo fianco. Mi prendo io il compito di dirlo, ma credo che non sarei smentito nel momento in cui il Ministro varasse e portasse avanti con tutti noi delle vere riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2260-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, onorevole Beccalossi, rinuncia alla replica. Pag. 97
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione gli interventi di tutti gli iscritti a parlare, di tutti gli onorevoli che questa sera sono voluti intervenire nella discussione generale di questo disegno di legge.
Prima di iniziare a dare risposte e ad esprimere alcune considerazioni, mi sento di ringraziare sicuramente chi ha lavorato - in questo caso anche più di me - in Commissione: mi riferisco, quindi, a tutti i commissari, a partire dal presidente Russo, e al relatore, onorevole Beccalossi. Ovviamente, voglio ricordare anche il sottosegretario Buonfiglio che ha partecipato ai lavori per questo disegno di legge e, non ultimo, il sottosegretario Davico che ci ha entrambi sostituiti a rappresentare il Governo in Commissione. Ringrazio anche il presidente Giorgetti, oltre al presidente Russo come ho detto, e ovviamente tutti gli uffici della Commissione e i miei uffici ministeriali per la preparazione di questo testo che, come diceva bene l'onorevole Nola, è stato definito da Agrisole una finanziaria ombra.
Se noi volessimo inquadrare il problema, e si evince un po' da tutti i vostri interventi, c'è da dire che ci troviamo in un momento di grossissima difficoltà dell'agricoltura. Dico spesso agli agricoltori che ormai le riunioni che si tengono settimanalmente a Bruxelles si fanno non tanto per programmare il futuro, per decidere nuove progettualità o per parlare del futuro della nuova PAC e di nuove forme di interpretazione di questa PAC, ma per parlare della crisi in agricoltura.
Innanzitutto, è bene chiarire che la crisi che sta vivendo l'agricoltura italiana è una crisi planetaria, una crisi che ci ha dato un calo dei consumi e che comunque, data questa contrazione dei consumi sul mercato, ovviamente ci ha portato dei prezzi che in molti casi sono di gran lunga al di sotto dei costi di produzione.
Varrebbe la pena di ricordare, anche perché resti a futura memoria, che in agricoltura a livello europeo e nazionale registriamo un crollo dei prezzi che è inspiegabile in questo momento. L'onorevole Ruvolo nel suo intervento riferiva delle difficoltà della sua regione, ma so anche che quel grano duro è passato da 500 euro alla tonnellata di un anno e mezzo fa a 160 euro. Penso alla grande produzione di latte della Lombardia e della pianura Padana che ci vede oggi a dover fare una contabilità a 28, 30 centesimi al litro con dei costi di produzione di 35, 40 centesimi.
Se andiamo a guardare il settore ortofrutticolo - ho ascoltato con attenzione l'intervento accorato e puntuale dell'onorevole Brandolini - tale comparto ci porta a dire che le nettarine dell'Emilia Romagna, della Sicilia e delle zone produttive nazionali passano da 45 centesimi al chilo a 15 centesimi in un anno; abbiamo avuto un crollo del 60 per cento del prezzo delle nettarine, del 33 per cento del prezzo delle pere, del 45 per cento del prezzo delle pesche e del 17 per cento del prezzo delle mele.
Vi dico questo perché comunque il Ministro e il Governo si trovano a operare in un contesto nel quale il mercato ci dice che c'è troppa offerta, c'è troppa produzione, per cui c'è una contrazione. Allora cosa si può fare? Si può mettere in piedi un disegno di legge definito anche finanziaria ombra come questo, come qualcuno lo ha giustamente definito, che parla chiaramente di disposizioni per il rafforzamento della competitività nel settore agroalimentare.
Ho ascoltato con attenzione la relazione dell'onorevole Beccalossi, che ha ricordato giustamente i passaggi che vengono toccati nei diversi articoli. Questo non è un provvedimento che si può liquidare dicendo che è stato un po' aggiustato e che si poteva fare di meglio, perché comunque non abbiamo parlato solo di fondo di solidarietà, e ben vengano le vostre rimostranze e le vostre puntualizzazioni da destra, sinistra, opposizione e maggioranza. Il Governo si è trovato a Pag. 98mettere mano ovviamente a disponibilità finanziarie, ha dovuto affrontare manovre importanti fin dal suo insediamento.
Ricordo, uno per tutti, il decreto-legge n. 112 del 2008, ma ricordo anche le difficoltà che abbiamo trovato. Noi usciamo dal terremoto dell'Abruzzo, che comunque ha pesato tanto sulle casse governative. Questo anche per dare una risposta all'onorevole Ruvolo, quando chiedeva dove fossero finiti i fondi FAS e come avremmo finanziato i contratti di filiera. Li finanziamo con i 300 milioni che saranno a disposizione nel momento in cui sarà approvato questo disegno di legge. Sono lì presso la Cassa depositi e prestiti. Gli 800 milioni che sono spariti sono esattamente il contributo dell'agricoltura italiana ai terremotati dell'Abruzzo e a tutte le calamità che abbiamo avuto. Allora, ben venga questo finanziamento.
Ringrazio l'opposizione per il lavoro puntuale che ha saputo svolgere fianco a fianco con il relatore e con la maggioranza. Noi dobbiamo riconoscere che comunque c'è stata la volontà di costruire un provvedimento insieme.
Ho apprezzato anche diversi passaggi: penso all'intervento dell'onorevole Oliverio, che ha criticato puntualmente alcuni aspetti del provvedimento, ma ha anche sottolineato delle novità. Ho apprezzato quella parte iniziale del suo intervento, nella quale dice che dobbiamo lamentarci, ma anche prendere atto che comunque qualcosa si sta muovendo. Mi permetto di riassumere così il suo intervento nella fase iniziale.
Allora, i 122 milioni del fondo di solidarietà sono anche la risposta che il Governo vuole dare in questo contesto, nel quale si dice che il Presidente del Consiglio e il Ministro manterranno la loro parola, ma la manterranno entrambi entro il 31 dicembre, perché comunque - l'ho detto anche in Commissione - nella partita dello scudo fiscale il fondo di solidarietà vedrà il suo finanziamento.
Certo è che ereditiamo una situazione che mancava di finanziamento anche per un esercizio che non competeva a questo Governo. Penso, ad esempio, a parte dell'esercizio 2008, che ovviamente noi abbiamo ereditato, in parte finanziato. Mancavano 90 milioni di euro all'appello per chiudere l'annualità 2008, in parte coperti con il decreto-legge n. 171 del 2008, con 66 milioni di euro, in parte ereditati. Dice bene l'onorevole Brandolini quando afferma che ci mancano ancora risorse per chiudere il 2008. Questo lo sapevamo, i conti li conosciamo bene, ma possiamo anche dire - mi ero segnato un dato - che comunque per il 2010 abbiamo già una disponibilità, nonostante tutti abbiano criticato le mie trattative per l'articolo 68, di 90 milioni di euro cash, da subito, che ci permetteranno di affrontare in maniera molto più agevole tutta la partita.
Ovviamente, questo è anche il provvedimento dei contratti di filiera. Inoltre, lo avete ricordato in più occasioni e lo ricordava anche l'onorevole Beccalossi all'inizio del suo intervento: con 8 milioni di euro, che comunque sono quelli che ereditiamo nel plafond, se non ricordo male, di 300 milioni circa, già dalla vecchia gestione del Ministro Alemanno, riusciamo a finanziare il fondo di rotazione.
Oltre ai contratti di filiera e al fondo di rotazione, vi è poi tutta una serie di dispositivi che evito anche di citare, perché sono molti. Lo ricordava prima l'onorevole Nastri rispetto alla modifica dei minimi catastali: passando dalle mille lire ai 50 euro, questo ci permette di fare un ragionamento sulla prelazione per gli imprenditori agricoli e il comparto forestale. Vi è poi tutta una serie di normative, sull'Agecontrol, sui controlli per l'ICQ e, quindi, sulla repressione delle frodi.
Diciamo che, se dovessimo riassumere nell'essenza la caratteristica di questo provvedimento, sostanzialmente dovremmo dire che ha un filone che si occupa veramente di finanziamento e di semplificazione, di cui si trova traccia nei diversi articoli. Dall'altro lato, si occupa della valorizzazione dell'identità e della qualità della nostra produzione.
Allora, parliamo proprio di questo articolo 6, che prevede l'etichettatura. Innanzitutto, ringrazio l'onorevole Oliverio, che l'ha citato, e anche l'onorevole Pag. 99Ruvolo: essi hanno affermato che questo provvedimento gira da un po' in Parlamento. Io l'ho presentato già a dicembre 2008, se non ricordo male. Ricordo anche che questo provvedimento, quello dell'etichettatura, questo articolo 6, prevedeva il doppio passaggio in Consiglio dei ministri e un negoziato comunitario. Questo è ciò che è previsto per questo tipo di provvedimenti. Parliamo di etichettatura, di una strategia che questo Governo ha sposato fino in fondo, che è quella di dare nome e cognome alle nostre produzioni, coscienti del fatto che il 72 per cento dei cittadini - ricordiamolo questo, perché in un momento di crisi questo è comunque un intervento forte - dichiara di essere disponibile a spendere di più per la spesa alimentare, se avesse la certezza dell'origine del prodotto.
Questo significa che, comunque, le nostre produzioni avranno più visibilità e più appeal sui mercati, e non a caso sempre questo Governo il 6 agosto di quest'anno e poi con una notifica in Europa il 25 di agosto sempre del 2009 presenta direttamente tramite il Ministro un decreto ministeriale che prevede l'obbligatorietà dell'etichettatura per il latte.
Produciamo 11 milioni e mezzo di tonnellate di latte in Italia, ne importiamo 8 milioni e, ancora oggi, l'Europa non ci lascia applicare l'etichettatura in modo da dare il massimo dell'informazione e della trasparenza al consumatore, il quale ha diritto, nel momento in cui consuma del latte a lunga conservazione, del latte microfiltrato, dei prodotti ottenuti dal cagliato, di avere certezza sull'origine.
Ovviamente, in tutto questo contesto, dobbiamo anche rilevare che il consumatore ci dà già dei grandi segnali: quest'anno cresce dell'8 per cento il tipico, cresce del 9,6 per cento il biologico, aumentano le vendite presso i distributori automatici del latte crudo. Il consumatore va, quindi, nella direzione dell'origine, si avvicina all'azienda agricola. Penso che questo provvedimento sarà veramente chiarificatore di questa filosofia, che, ripeto, il Governo ha sposato fino in fondo e che vuole portare a termine con l'approvazione di questo disegno di legge.
Questo disegno di legge e questo articolo 6 non rappresentano la mediazione con i grandi gruppi di potere. Qualcuno prima diceva che questa è una mediazione, che non è quello che abbiamo sostenuto al Senato. Posso garantire che, se questa fosse un'assemblea dei grandi gruppi di potere, ci direbbero che questa è una mediazione fatta con il mondo degli agricoltori, che stiamo dando loro delle risposte.
Noi diciamo, invece, con molta certezza, che per i prodotti non trasformati vogliamo il luogo di origine o di provenienza, per i prodotti trasformati vogliamo il luogo della trasformazione, quella prevalente, ma anche il luogo di origine della materia principale e prevalente al loro interno, però, diciamolo, con molta correttezza, con un decreto ministeriale, in accordo con il Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero delle politiche agricole e con l'intesa della Conferenza Stato-regioni, ovviamente sentite le associazioni di categoria, quelle associazioni - e ringrazio nuovamente la Commissione e il relatore - che il relatore e tutti i commissari hanno voluto sentire e che sono state utili per la costruzione di questo provvedimento.
Dico che, filiera per filiera, come abbiamo sempre detto fin dal primo giorno, verrà affrontato questo provvedimento; filiera per filiera, senza fare alcuna violenza, cercheremo di capire fino in fondo come applicare l'etichettatura. Basti pensare che abbiamo oggi un'etichettatura e una tracciabilità unica, che ci invidia tutto il mondo rispetto alla carne dei bovini.
Infatti, tutti noi consumatori, quando andiamo a comprare della carne rossa, quindi della carne di bovino, sappiamo chi è l'allevatore e qual è la storia dell'animale. Non capiamo per quale motivo, ancora oggi, non sia stata introdotta l'etichettatura e la tracciabilità per la carne di suino.
Vi do solo un dato: noi siamo produttori di 14 milioni di cosce di maiale, le quali danno vita ai nostri prosciutti DOP, Pag. 100prosciutti di Parma, San Daniele, berico-euganeo, tutti i nostri prosciutti a denominazione, e importiamo nello stesso tempo 54 milioni di cosce. Ne produciamo 14 e ne importiamo 54 milioni, che arrivano in Italia, diventano prosciutti nella totale legalità e i consumatori ancora oggi, magari, sono convinti di consumare produzioni e prosciutti italiani, quando invece non lo sono.
Anche qui, penso che questa sarà una delle prime filiere nella quale vorremo mettere i «puntini sulle i» per dare la totale tracciabilità al consumatore. Penso che queste siano delle azioni che comunque debbano essere approvate. Non ultima, occorre però ricordare anche la battaglia che stiamo facendo non solo sul fronte dei controlli con la stagione della tolleranza zero.
Leggo oggi di qualcuno che dice: si sono dimenticati dei grandi annunci, non si fanno più i controlli. I controlli si fanno: è che, poiché vi sono controlli e sequestri tutti i giorni, le notizie ormai magari vanno a finire nelle ultime pagine dei giornali. Quando avevamo iniziato con questa nuova azione di tolleranza zero, ovviamente ci davano più spazio. I controlli si fanno e ben volentieri sono a disposizione della Commissione o del Parlamento, se si volesse anche vedere in maniera puntuale quali sono i risultati.
Voglio, però, anche dire che la vera battaglia per la difesa della nostra agricoltura la dobbiamo portare anche all'interno del WTO, e quindi al tavolo di Ginevra. A Doha, nel Qatar, 153 Paesi, nel 2001, si sono dati convegno per stabilire le regole comuni di mercato, e quindi le regole del commercio internazionale da condividere insieme.
E noi, a quel tavolo, dobbiamo pretendere la difesa delle denominazioni, dobbiamo pretendere che ci venga chiarita tutta la partita dei vini, e quindi del loro registro, ma che ci venga anche data la possibilità dell'etichettatura.
Non aggiungo altro. Resto comunque a disposizione nel corso dei lavori, e nella discussione, ancora, se si dovesse tornare in Commissione; anzi vi sarà la riunione del Comitato dei nove, in base a quel che so, vi sarà la seduta della Commissione bilancio, ma anche durante la discussione degli emendamenti. Penso che quello in esame sicuramente non sia un provvedimento perfetto, i provvedimenti prefetti non esistono; però si tratta di un buon provvedimento, un provvedimento che dà risposte al mondo dell'agricoltura, dà risposte ad un milione e 700 mila partite IVA che sono lì fuori, che ci guardano con molta attenzione, è comunque una risposta che darà questo Parlamento. Spero che l'opposizione, magari apportati i dovuti aggiustamenti, faccia in modo che si possa ripetere la condivisione del provvedimento, come è avvenuto al Senato. Vi sono, penso, i margini per svolgere un ragionamento, e ringrazio i parlamentari per il loro lavoro.
Vorrei anche ricordare - e concludo, anche perché non lo si ricorda mai - che questo è un comparto che, oltre ad essere identitario, oltre a garantirci il turismo (perché comunque non è l'ultima ruota del carro, come si dice, a livello nazionale, ma ci garantisce paesaggio, turismo, promozione, enogastronomia), è un grande ambasciatore del made in Italy, quel made in Italy che però ancora oggi ci vede soccombere: noi esportiamo 24 miliardi di euro di agroalimentare nel mondo, pensate che solo negli Stati Uniti l'italian sounding rappresenta 50 miliardi di euro che noi perdiamo in quel mercato; a livello mondiale perdiamo 200 miliardi di euro di prodotto made in Italy falso che occupa spazi che dovremmo occupare noi.
Tale contesto, penso che questa sia la risposta più ragionevole che il Parlamento e il Governo possano dare ai nostri agricoltori (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge (ore 21,36).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di Pag. 101domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione permanente, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che propongo alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla XI Commissione (Lavoro):
S. 1075. - Senatori Sciascia ed altri: «Disposizioni concernenti l'assegno sostitutivo dell'accompagnatore militare per il 2009» (Approvata dalla 6a Commissione permanente del Senato) (2788).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 21,37).

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 7 novembre 2009, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla I Commissione (Affari costituzionali):
S. 1784 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» (2897) - Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XI, XII, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifiche nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 5 novembre 2009, il deputato Massimo Calearo Ciman, già iscritto al gruppo parlamentare Partito Democratico, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.
Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Pino Pisicchio, già iscritto al gruppo parlamentare Italia dei Valori, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.
Comunico, infine, che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Aurelio Salvatore Misiti, già iscritto al gruppo parlamentare Italia dei Valori, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 10 novembre 2009, alle 11:

1. - Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(ore 15)

2. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 2788.

Pag. 102

3. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 1397 - d'iniziativa dei senatori: AZZOLLINI ed altri: Legge di contabilità e finanza pubblica (Approvata dal Senato) (2555-A).
e dell'abbinata proposta di legge: D'ANTONA ed altri (659).
- Relatore: Leone.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Realacci, Granata, Misiti ed altri n. 1-00252 e Ghiglia, Belcastro ed altri n. 1-00258 concernenti iniziative relative alla presenza di navi con carichi di rifiuti tossici affondate in prossimità delle coste italiane.

5. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1691 - Istituzione del Ministero della salute e incremento del numero complessivo dei Sottosegretari di Stato (Approvato dal Senato) (2766).
- Relatore: Bruno.

6. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (2836-A).
- Relatori: Rossi Mariarosaria, per la II Commissione; Antonione, per la III Commissione.

7. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
S. 1574 - Adesione della Repubblica italiana al Protocollo di modifica della Convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità in materia di crediti marittimi, adottato a Londra il 2 maggio 1996, nonché delega al Governo per la sua attuazione (Approvato dal Senato) (2720).
- Relatori: Scelli, per la II Commissione; Fedi, per la III Commissione.
S. 1672 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri da un lato, e la Confederazione svizzera, dall'altro, per lottare contro la frode ed ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari, con atto finale, processo verbale e dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 26 ottobre 2004 (Approvato dal Senato) (2723).
- Relatore: Pianetta.
S. 1769 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo marittimo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica Araba d'Egitto, fatto a Roma il 3 dicembre 2008 (Approvato dal Senato) (2851).
- Relatore: Malgieri.
S. 1770 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica argentina del 9 dicembre 1987, fatto a Roma il 31 marzo 2003 (Approvato dal Senato) (2852).
- Relatore: Farina Renato.

8. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare (2260-A).
- e delle abbinate proposte di legge: COSENZA ed altri; D'iniziativa dei senatori: SCARPA BONAZZA BUORA ed altri (Approvata dal Senato) (2646-2743).
- Relatore: Beccalossi.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla XI Commissione (Lavoro):
S. 1075. - Senatori SCIASCIA ed altri: «Disposizioni concernenti l'assegno Pag. 103sostitutivo dell'accompagnatore militare per il 2009» (Approvata dalla 6a Commissione permanente del Senato) (2788).

La seduta termina alle 21,40.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARCO CAUSI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2555-A

MARCO CAUSI. Signor Presidente, riformare il processo di decisione della finanza pubblica italiana e i suoi strumenti, a partire dalla struttura del bilancio dello Stato e dai contenuti dei documenti e delle leggi che annualmente ne definiscono la traiettoria, è obiettivo sacrosanto. È un pezzo di riforma normativa che, affiancandosi alla legge n. 42 sulla finanza decentrata, cosiddetto federalismo fiscale, può dimostrare che esiste ancora spazio, pur in una fase politica confusa e turbolenta, per lavorare all'innovazione del sistema Italia, per risolvere problemi aperti da tempo e per dare spazio a spinte di modernizzazione delle nostre istituzioni, nei loro comportamenti di fatto e non solo negli assetti fondamentali di tipo costituzionale.
E quanto sia necessario questo lavoro lo dimostra uno studio della Commissione europea di due anni fa, dove sono stati messi a confronto i sistemi di bilancio pubblico di diciotto paesi dell'Unione calcolando un indice per sette dimensioni del processo di bilancio: trasparenza, orizzonte pluriennale, centralizzazione delle decisioni, centralizzazione dell'esecuzione, metodi top-down, prudenza previsiva, misurazione dei risultati delle politiche. L'indice sintetico di qualità delle procedure di bilancio calcolato a partire dalla valutazione singolare di questi sette elementi colloca l'Italia appena al terzultimo posto in Europa.
La crisi del processo di bilancio è manifesta da molti anni. La legge su cui oggi interveniamo è datata 1978 ed è stata più volte riformata, alla fine degli anni Ottanta e ancora negli anni Novanta. Le riforme hanno consentito l'ancoraggio della sessione parlamentare a predefiniti obiettivi finanziari, e ciò ha contribuito alla tenuta dei conti pubblici, un fatto che non era scontato prima del 1988. E tuttavia si sono mano a mano incancreniti tanti altri aspetti, primo fra tutti quello relativo al circuito Governo-Parlamento in materia di decisioni finanziarie.
Per cinque leggi finanziarie di seguito, da quella del dicembre 2003 a quella del dicembre 2007, l'approvazione è avvenuta ricorrendo al voto di fiducia con maxi-emendamento. Un segnale, certamente, legato anche a dati politici, alle difficoltà insite nella conduzione di maggioranze di coalizione. Ma un segnale, al tempo stesso, di scarsa qualità, prima, del processo di redazione del bilancio da parte dei Governi e, poi, del processo relazionale fra gli stessi Governi e le loro maggioranze parlamentari.
La crisi assume una forma diversa a partire dal 2008, quando la manovra finanziaria 2009-2011 fu anticipata con provvedimenti varati dal Governo nel mese di giugno e approvati dal Parlamento all'inizio di agosto, con uno scarsissimo tempo destinato alla riflessione e alla discussione, e comunque ricorrendo ancora al voto di fiducia. Si è aperta da allora la strada di un ricorso reiterato alla decretazione d'urgenza in materia economica e finanziaria, fino al paradosso dell'estate 2009, quando il Parlamento approvava all'inizio di agosto un decreto «triennale» che il Governo modificava fin da subito con un nuovo decreto portato in Parlamento nel mese di settembre su una materia fondamentale come quella del cosiddetto «scudo fiscale».
Insomma, è chiaro che il circuito Governo-Parlamento in materia di decisioni finanziarie non funziona ed è chiaro che la prassi inaugurata nel 2008 non costituisce una risposta soddisfacente.
Occorre trovare un nuovo equilibrio tra esigenze del Governo e del Parlamento. Con le leggi esistenti, e con i regolamenti parlamentari vigenti, il Governo non è affatto sicuro di poter vedere approvate in Pag. 104tempo misure per le quali la tempestività è cruciale. Dall'altro lato, se si svuotano le leggi con il ricorso anomalo alla decretazione d'urgenza, si rischia di alterare profondamente l'equilibrio dei poteri: le assemblee legislative delle moderne democrazie nascono con il ruolo primario di decidere e controllare come vengono spesi dal Governo i soldi dei cittadini, e nella situazione italiana questo equilibrio è compromesso ormai da almeno sette anni.
La crisi è aperta anche su altri fronti. Il primo, e più importante, è il coordinamento fra decisioni di finanza pubblica centrali e locali, alla luce della crescente importanza degli enti decentrati, responsabili di un terzo della spesa pubblica. Il secondo è la concentrazione parossistica della discussione pubblica e dello scontro politico sulle previsioni legislative relative al bilancio e sulle manovre correttive, mentre poco si sa e poco si discute delle effettive realizzazioni, anche perché la reportistica esistente non consente con facilità di raccordare leggi di spesa, missioni e programmi del bilancio e valutazione dei risultati conseguiti su obiettivi misurabili. Il terzo è legato alla certezza delle poste finanziarie in gioco e dei loro effettivi andamenti, i quali sono stati negli ultimi anni più volte corretti in corso di esercizio, o a esercizio concluso, non solo per l'inevitabile effetto del ciclo economico e per l'impatto delle nuove regole europee, ma anche per la scarsa omogeneità dei criteri contabili all'interno del perimetro delle amministrazioni pubbliche e per la scarsa tempestività nelle operazioni di acquisizione e di consolidamento dei dati.
La riflessione sulla riforma, avviata da tempo fra gli addetti ai lavori e nella letteratura scientifica, ha ampie componenti e convergenze comuni a tutti gli schieramenti politici. Di ciò sono testimonianza l'origine parlamentare, e non governativa, del progetto che stiamo esaminando, l'ampio consenso che il testo ha raccolto in Senato, il proficuo lavoro di ulteriore miglioramento che è stato condotto in Commissione bilancio della Camera, di cui diamo atto al Relatore e al Presidente della V Commissione.
Il consenso coinvolge, in particolare, cinque obiettivi. Primo, superare una formulazione eccessivamente eterogenea ed estensiva della legge finanziaria, da una lato riportando maggiore centralità al bilancio (preventivo e consuntivo) articolato in missioni e programmi, dall'altro lato restituendo a sedi legislative proprie tanti contenuti di legge che, nel corso degli anni, trovavano espressione solo approfittando del veicolo della legge finanziaria. In sostanza, riportando lo spirito della legge finanziaria a quello del 1978, e cioè di manovra correttiva del tendenziale a legislazione vigente. Secondo, spostare l'attenzione politica, e la stessa attività di indirizzo e di controllo del Parlamento, sui programmi del bilancio e sulle azioni pubbliche da cui sono composti, a loro volta derivanti da insiemi di norme di legge, migliorando la qualità della reportistica di monitoraggio e di valutazione e assegnando un ruolo più rilevante all'analisi del Rendiconto (dello Stato, così come delle altre pubbliche amministrazioni).
Terzo, ritrovare nei provvedimenti collegati la collocazione delle altre misure legislative prioritarie: poiché attraverso questi provvedimenti il Governo ha la possibilità di attuare il suo programma, sarà necessario a nostro avviso affinare la descrizione che il testo attuale fa di tali veicoli, già migliorata in Commissione con l'accoglimento di un emendamento del Partito Democratico riformulato, mentre sarà poi ineludibile una più generale riflessione politica sulle procedure del cammino parlamentare di tali collegati.
Quarto, armonizzare i bilanci delle pubbliche amministrazioni e superare le reiterate difficoltà di acquisizione dei dati e di loro aggregazione. Quinto, rendere più trasparenti e leggibili tutte le procedure con cui i bilanci vengono costruiti e modificati, e in particolare quelle per la definizione dei tendenziali e delle coperture, e superare l'asimmetria informativa che in questo campo il Parlamento subisce da parte del Governo, anche attraverso il rafforzamento di tecnostrutture indipendenti dal Governo stesso. Pag. 105
Signor Presidente, è convinzione del Partito Democratico che il testo che oggi comincia il suo cammino in aula possa permettere di raggiungere in modo soddisfacente questi obiettivi. E nondimeno, riteniamo che sia ancora perfettibile. Procederò nell'analisi distinguendo tre grandi temi: i contenuti del bilancio, il processo di bilancio, le attività di monitoraggio, controllo e valutazione.
In materia di contenuti del bilancio, il testo contiene alcuni punti di equilibrio innovativi sul rapporto Governo-Parlamento, ottenuti su impulso dell'iniziativa del Partito Democratico e delle opposizioni: la legge finanziaria, che d'ora in poi si chiamerà «legge di stabilità» sarà «light», ma non anoressica, poiché potrà essere corredata da disegni di legge collegati che intervengano su materie ordinamentali, strutturali e di sviluppo; verrà completata, con delega, la riforma della struttura del bilancio avviata nella precedente legislatura. Il bilancio verrà riorganizzato per missioni, programmi, azioni. All'interno delle azioni verranno raggruppate le leggi esistenti, e l'occasione sarà eccellente per valutare la necessità di un loro mantenimento o modificazione. La nuova struttura del bilancio verrà sottoposta al parere delle Commissioni parlamentari di merito. Se le due Commissioni di merito di Camera e Senato esprimeranno un parere uniforme, esso diventerà vincolante per il Governo; nello stato di previsione del bilancio verranno indicate in apposite schede allegate le spese rimodulabili di ciascun programma, su cui il Parlamento potrà esercitare un'attività emendativa; il nuovo bilancio sarà più trasparente e più ricco di informazioni sia per le tabelle di spesa delle leggi sia per quanto riguarda i grandi fondi governativi (aggiornamento semestrale della situazione relativa a Fondo interventi strutturali di politica economica, Fondo strategico per l'economia reale, Fondo per l'occupazione, Fondo infrastrutture strategiche, Fondo aree sottoutilizzate).
Restano a nostro avviso due aree di possibile miglioramento, e su ciascuna porteremo all'attenzione dell'aula appropriate proposte emendative.
La prima concerne l'individuazione di poste da garantire in bilancio per il finanziamento nel corso dell'anno di progetti di legge di iniziativa parlamentare. Può trattarsi di cifre piccole o grandi a piacere, ma è il principio quello che conta. Si tratta del motivo con cui è stata giustificata - ancora ieri sera nell'intervento del Presidente Fini ad uno dei programmi televisivi più seguiti - un'iniziativa politica niente affatto banale, come la chiusura dei lavori dell'aula di Montecitorio lungo la prima settimana di novembre. Al di là delle trattative tutte interne alla maggioranza e al suo Governo, che potrebbero portare a destinare qualche risorsa marginale a tali iniziative nell'attuale sessione di bilancio, se la Presidenza della Camera e la maggioranza vorranno fornire una risposta strutturale al problema da loro stessi sollevato, potranno utilizzare un emendamento del Partito Democratico, o proporci un'eventuale riformulazione.
La seconda riguarda la clausola di salvaguardia per la copertura finanziaria. Il Governo insiste nel volere automatismi che potrebbero (ad avviso non solo nostro, ma di tutte le istituzioni e gli esperti auditi in Commissione) incidere sull'esigibilità di diritti soggettivi: in questo caso, proporremo in aula un emendamento di compromesso rispetto a quelli esaminati in Commissione (in sostanza, l'automatismo è solo temporaneo, e di fronte a sforamenti è comunque necessario che il Ministro dell'economia adotti provvedimenti di copertura).
In materia di processo di bilancio il Governo ha ritenuto indispensabile «contrarre» i tempi della sessione nella seconda metà dell'anno, posticipando così il Documento programmatico da giugno a settembre e la presentazione della legge di stabilità da settembre a ottobre. La motivazione addotta riguarda l'affidabilità dei dati su cui costruire la manovra, che migliora solo durante il mese di luglio in seguito all'afflusso dei dati sull'autotassazione. Pag. 106In tutta sincerità, noi continuiamo ad avere qualche riserva in proposito, e potremmo polemicamente argomentarla ricordando al Governo che negli ultimi due anni le manovre triennali fatte per decreto sono arrivate in Parlamento prima della fine del mese di giugno e sono state dallo stesso approvate con procedure da decretazione d'urgenza all'inizio del mese di agosto. Se la motivazione che il Governo indica è valida, ne segue allora che le due manovre fatte con il decreto n. 112 nel 2008 e con il decreto n. 78 nel 2009 sono state fatte al buio, senza disporre di dati sufficienti e con ciò quindi il Governo darebbe ragione alle critiche che più volte l'opposizione ha avanzato sull'efficacia anti-crisi di tali manovre.
In ogni caso, lasciando da parte le questioni relative all'attuale congiuntura di politica economica, la Commissione bilancio della Camera ha lavorato in due rilevanti direzioni, che forse rendono meno importante il problema delle date, al confronto con il testo del Senato.
In primo luogo, è stata accettata una riformulazione di un emendamento del Partito Democratico ed è stata introdotta un'importante novità: se nel corso del primo semestre dell'anno il Governo ritenga necessaria una manovra correttiva, dovrà preliminarmente presentare una Nota di aggiornamento ai quadri previsivi a medio termine per dimostrare la necessità dell'intervento e assumere gli indirizzi del Parlamento. Si tratta di una esplicita regolazione all'uso della decretazione d'urgenza in materia economica e finanziaria. Non, si badi bene, di una limitazione, ma appunto di una trasparente regolazione. È stata accettata anche l'idea di coinvolgere il Parlamento sull'aggiornamento del Programma di stabilità.
In secondo luogo, si è introdotto un processo di coordinamento della finanza pubblica centrale con quelle locali, anche tenendo conto di quanto stabilito, non più di qualche mese fa, con il varo della legge n. 42. Si tratta di un passo avanti al confronto con il testo del Senato, che la relazione introduttiva dell'onorevole Leone spiega bene e su cui non mi soffermo a lungo. In buona sostanza, il Governo nazionale e quelli di Regioni ed enti locali dovranno per tempo, quando questa legge sarà approvata, avviare la concertazione sul patto di convergenza, affinché lo schema di questo sia pronto entro il 15 luglio, momento in cui il Governo avvierà una seconda fase di concertazione sul patto di stabilità, da concludere entro il 10 settembre. I contenuti dei due patti saranno introdotti nella Decisione di finanza pubblica e daranno luogo ad appositi provvedimenti, se necessari, sotto forma di norme della legge di stabilità (per ciò che concerne il patto di stabilità) o di suoi collegati (per ciò che concerne il patto di convergenza).
Su due questioni, però, richiamiamo l'attenzione dell'aula, e soprattutto dei settori più attenti ai problemi del governo locale e territoriale. Primo, nella legge n. 42 era stata prevista l'intesa in materia di patto di stabilità, e l'eventuale motivazione al Parlamento della mancata intesa. Nel testo della legge di contabilità pubblica si fa un passo indietro, non prevedendo l'intesa. Secondo, la decisione sulla manovra relativa alle autonomie dovrebbe a nostro parere essere anticipata rispetto alla decisione sul resto della manovra, in modo da consentire a Regioni ed enti locali di chiudere i loro bilanci entro la fine dell'anno. Basterebbe in tal senso introdurre esplicitamente la previsione di uno o più collegati relativi alla sola manovra di finanza locale. Sarà poi il Parlamento, nella sua autonomia, a valutare come trattare questi collegati nell'ambito dei suoi regolamenti.
Un altro aspetto rilevante della riforma è il rafforzamento di tutti i processi che concorrono al miglioramento del monitoraggio, del controllo e della valutazione dei conti pubblici. Una migliore conoscenza e trasparenza è, d'altra parte, il contraltare necessario per assicurare al Parlamento, a fronte della maggiore flessibilità gestionale del Governo, un esercizio più efficace dei poteri di indirizzo e di controllo. Non mi dilungo, se non per ricordare che stiamo a questo punto attivando tre processi di valutazione: quello dei risultati della spesa Pag. 107pubblica (in base alla legge di contabilità), quello degli obiettivi di servizio (in base alla legge n. 42) e quello dei risultati delle amministrazioni (in base alla legge n. 15). Sarà importante garantirsi affinché questi processi parlino fra di loro e crescano in modo integrato, anche dal punto di vista delle metodologie impiegate. A questo fine abbiamo previsto in Commissione apposite norme che prevedono il raccordo fra le amministrazioni responsabili delle varie procedure e un preciso indirizzo per una reportistica congiunta in sede di Rapporto sullo stato di attuazione della presente legge di riforma.
Per quanto riguarda la banca dati delle pubbliche amministrazioni, essa non è più, come nel testo Senato, affidata alla Ragioneria Generale, ma verrà organizzata con successivo decreto del Ministro dell'economia. Voglio ricordare che lo spirito del Titolo V e le previsioni della legge n. 42 non sarebbero compatibili con un accentramento della banca dati presso una tecnostruttura statale: occorre trovare forme di condivisione, ad esempio attraverso un'apposita agenzia federale, ovvero assegnando un ruolo ad entità più indipendenti dal Governo, come ad esempio l'Istat, per il quale non a caso nel presente testo viene prevista una nuova procedura di nomina del Presidente.
Infine, in tema di controllo parlamentare, in Commissione non sono stati accolti i nostri subemendamenti, che ripresenteremo in aula, volti a trasformare la Commissione bicamerale prevista dal testo Senato in un comitato paritetico delle due Commissioni bilancio e a dare l'indirizzo per un rafforzamento e una graduale possibile unificazione dei servizi tecnici dei due rami del Parlamento.
Signor Presidente, è chiaro che per innovare una materia così complessa non è sufficiente una legge. Il bilancio è il cuore pulsante del funzionamento di un sistema democratico, l'oggetto attraverso cui viene filtrato il patto sociale di cittadinanza, il processo che consente alla collettività di riconoscersi come tale, e non solo come somma di individui, e perciò stesso di decidere su quali azioni e interventi impegnare la forza delle istituzioni pubbliche. Per innovare davvero in questo campo non basterà una legge, saranno necessari comportamenti coerenti e di respiro lungo da parte del sistema politico, e comportamenti altrettanto coerenti e di accettazione di nuove responsabilità da parte di tutte le amministrazioni, centrali e locali, e dei loro gruppi dirigenti tecnici, e non solo politici. Con questa consapevolezza, la Camera ha oggi la possibilità di attivare una riforma importante, di impatto profondo sul funzionamento della macchina pubblica. E di attivarla su una base che, già soddisfacente, potremo migliorare ancora con il lavoro delle prossime ore.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ANTONIO BORGHESI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2836-A

ANTONIO BORGHESI. Presidente, colleghi, contrariamente a quanto accaduto per la ratifica dell'accordo marittimo con l'Egitto stipulato nel 2008 e dopo un anno già alla nostra attenzione per l'approvazione finale proprio questa settimana - ne parlerò tra poco -, il provvedimento al nostro esame, riguardante la ratifica della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, è stato sottoscritto nientemeno che 22 anni fa e attende ancora di essere definitivamente approvato. Vero è che nel frattempo tanto la legislazione nazionale (legge n. 281 del 1991 - Tutela degli animali di affezione e per la prevenzione del randagismo) quanto le varie norme regionali di recepimento, hanno per la gran parte già attuato le disposizioni contenute nel testo della Convenzione, tuttavia rimane il fatto che un atto dovuto e fortemente atteso è alla nostra attenzione solo oggi, nel 2009.
Il disegno di legge del Governo interviene a colmare i vuoti normativi delle norme sanitarie e introduce specifiche sanzioni amministrative in capo a tutti i Pag. 108soggetti coinvolti nella filiera della illegalità. Sono sanzionati in via amministrativa, con importi che possono arrivare fino a 1.000 euro per ogni animale, coloro che effettuano i trasporti o che cedono a titolo oneroso animali introdotti illecitamente nel nostro Paese.
Tale normativa consente dunque al nostro Paese, cruciale luogo di scambio di questi traffici, di adeguare la propria normativa e mette a disposizione delle autorità sanitarie e di controllo strumenti adeguati al fenomeno e capaci di ristabilire una regolare condizione di mercato per gli animali.
Sono due i punti di particolare e positivo interesse che si possono cogliere nell'articolato del disegno di legge in esame: l'articolo 3, in particolar modo, interviene a reprimere pericolose consuetudini che possono mettere a repentaglio la vita e la fisiologia dei cani, ovvero il taglio di code e orecchie per cosiddetti motivi estetici (degli umani, va da sé) o di presunti standard di razza.
L'amputazione della coda o delle orecchie, la recisione delle corde vocali, l'asportazione delle unghie o dei denti per gli animali da compagnia come cani e gatti è una barbarie che già si sarebbe dovuta fermare oltre venti anni fa con la tempestiva ratifica di questa Convenzione.
Particolarmente stringente, sempre all'interno dell'articolo 3, è la equiparazione di queste condotte a quelle di maltrattamento «comune» individuate dall'articolo 544-ter del codice penale, inserito da questo Parlamento nel 2004 a stragrande maggioranza.
Un altro punto è quello che afferisce al traffico dei cuccioli, un problema non solo di carattere etico ma anche sanitario e addirittura fiscale.
Ogni giorno migliaia di cuccioli di cane e gatto vengono importati nel nostro Paese illegalmente. La loro provenienza? Perlopiù dai Paesi dell'Est Europa. La maggior parte dei cuccioli è trasportata in piena clandestinità, senza documentazione di viaggio. Per quelli «regolari», l'irregolarità si concretizza all'arrivo, quando la documentazione del Paese di origine viene strappata e sostituita con una nuova documentazione: nuovi vaccini, nuova data di nascita, nuovo chip. Gli animali vengono in tal modo naturalizzati italiani. Tutto questo è reso possibile dal «lavoro» di vere e proprie organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dei cuccioli.
Il disegno di Legge del Governo introduce in tal senso uno specifico reato di «traffico illecito» di animali da compagnia, per reprimere un fenomeno ormai non arginabile con le sole normative di carattere sanitario e finalizzato alla repressione di organizzazioni criminali a tutela del mercato e degli animali.
Il traffico dei cuccioli nasconde un vero e proprio business da 300 milioni di euro all'anno, associato alla vendita degli animali. Questi, infatti, sono importati per il valore economico che acquisiscono nel momento in cui «diventano» italiani.
I cuccioli clandestini sono acquistati dall'importatore a prezzi irrisori (circa 60 euro) e poi venduti in Italia a prezzi fino a 20 volte superiori, una volta «trasformata» la loro origine da est europea a italiana.
I rischi sanitari conseguenti derivano dal fatto che i cuccioli presentano una pluralità di patologie: si va dal cimurro alla rabbia alla parvovirosi (conosciuta anche come gastroenterite trasmissibile) fino a diversi tipi di parassitosi, rogna, epatite infettiva canina (malattie in aumento anche in nuove forme, proprio a causa di queste attività) o altra malattia. Queste patologie costituiscono un rischio sanitario anche per gli esseri umani.
Per tutti questi motivi il gruppo di Italia dei Valori esprime dunque il proprio parere favorevole su un testo che, da quanto si apprende da notizie stampa e web, convince e soddisfa anche le associazioni che si occupano degli animali e del loro benessere in Italia e nello stesso tempo auspica che si proceda in maniera celere alla ratifica di questa Convenzione.

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TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ENRICO PIANETTA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2720

ENRICO PIANETTA, Relatore f.f. per la III Commissione. La Convenzione sulla limitazione della responsabilità in materia di crediti marittimi, conclusa a Londra il 19 novembre 1976 ed entrata in vigore nel 1986, consente ai proprietari delle navi ed agli addetti al recupero di limitare la loro responsabilità in caso di rivendicazioni relative ad incidenti che abbiano causato danni personali, morte o lesioni, o che abbiano danneggiato cose.
La Convenzione sostituiva un precedente accordo, fatto a Bruxelles nel 1968, rispetto al quale innalzava notevolmente le limitazioni di responsabilità per i crediti marittimi, in alcuni casi fino al 250-300 per cento.
L'ammontare dei limiti di responsabilità è espresso in termini di unità di conto, ognuna delle quali equivale ad un DSP, ovvero «diritti speciali di prelievo», l'unità valutaria utilizzata dal Fondo monetario internazionale.
La Convenzione non è mai stata firmata dall'Italia che, tuttavia, ha ritenuto di aderire al Protocollo del 1996. L'articolo 9 del Protocollo consente infatti anche agli Stati che non sono parte della Convenzione di aderire al Protocollo, con l'effetto di rimanere vincolati alla Convenzione, anche nelle parti non modificate dal Protocollo, nei confronti dei soli Stati Parte del Protocollo.
La mancata adesione dell'Italia alla Convenzione del 1976 è motivata dal fatto che essa contempla limiti ancora molto bassi di responsabilità per i proprietari e gli armatori delle navi: il Protocollo del 1996 - e sta qui la ratio dell'adesione del nostro Paese - incrementa significativamente le compensazioni da corrispondere in caso di incidente ed introduce una procedura di accettazione tacita per l'aggiornamento degli importi di tali compensazioni. Il Protocollo, adottato a Londra il 2 maggio 1996, è entrato in vigore il 13 maggio 2004 e ad esso aderiscono attualmente 35 Stati, che corrispondono al 40,5 per cento del tonnellaggio mondiale.
Particolare rilievo assume l'articolo 2 della Convenzione che elenca i crediti esclusi dalla limitazione di responsabilità. La nuova formulazione amplia la portata della norma previgente che escludeva dall'applicazione della Convenzione i crediti relativi alle operazioni di salvataggio o ai contributi per avaria comune - stabilendo che rimangono esclusi dalla limitazione i crediti per il soccorso, compresi i crediti in vista di ottenere una compensazione in base all'articolo 14 della Convenzione sul Salvataggio del 1989.
L'articolo 3 riguarda i limiti generali e, sostituendo il paragrafo 1 dell'articolo 6 della Convenzione, stabilisce che i limiti di responsabilità per la perdita della vita o per lesioni, se derivanti da navi non superiori alle 2000 tonnellate, è di 2 milioni di Unità di conto. Per navi di tonnellaggio superiore è previsto un aumento anche dei limiti di responsabilità, fino a prevedere, per ciascuna tonnellata eccedente le 70.000, 400 Unità di conto oltre ai 2 milioni di base. È tuttavia consentita agli Stati Parte, ai sensi dell'articolo 6, una diversa regolazione del limite di responsabilità per i crediti per morte o per lesioni personali, purché tale limite sia più favorevole ai percettori del risarcimento.
Inoltre, l'articolo 3 stabilisce che i limiti di responsabilità per rivendicazioni relative a danneggiamenti di proprietà causati da navi non eccedenti le duemila tonnellate è di un milione di unità di credito. Analogamente, sono previsti aumenti dei limiti con l'aumento del tonnellaggio delle navi.
L'articolo 4 sostituisce il primo paragrafo dell'articolo 7 della Convenzione, in materia di limite per i crediti dei passeggeri.
La nuova formulazione è tesa ad elevare da 46.666 a 175.000 Unità di conto (moltiplicato per il numero di passeggeri che la nave è autorizzata a trasportare) il limite della responsabilità del proprietario della nave per i crediti derivanti da un Pag. 110singolo evento e relativi alla morte o a lesioni personali arrecate ai passeggeri della nave.
Il disegno di legge in esame - approvato dall'altro ramo del Parlamento il 23 settembre scorso - si compone di 4 articoli, dei quali il primo e il secondo contengono, rispettivamente, le clausole sull'autorizzazione all'adesione al Protocollo di modifica della Convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità in materia di crediti marittimi, e l'ordine di esecuzione.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ENRICO PIANETTA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2723

ENRICO PIANETTA, Relatore. L'Accordo si compone di 48 articoli (suddivisi in quattro Titoli), un atto finale, un processo verbale che fornisce la definizione dei termini utilizzati nel testo dell'Accordo, e due dichiarazioni. Nel Titolo I (articoli da 1 a 6) sono innanzitutto stabiliti l'oggetto dell'accordo - l'ampliamento della assistenza amministrativa e giudiziaria in materia penale fra i due sottoscrittori - e il campo di applicazione. Quest'ultimo, dettagliato nell'articolo 2, prevede tutte le attività - dalla prevenzione alla repressione - riguardanti gli scambi commerciali in violazione della legislazione doganale e agricola della fiscalità indiretta (IVA e accise), nonché i reati legati alla percezione di fondi provenienti da sovvenzioni o rimborsi della pubblica amministrazione. Particolare rilievo assume la cooperazione per il contrasto al riciclaggio. Il reato di riciclaggio è considerato dall'accordo se l'attività alla sua origine è grave al punto di prevedere sanzioni di una certa importanza (pena privativa della libertà o misure di limitazione della stessa superiori a 6 mesi). Al proposito, una Dichiarazione comune allegata all'Accordo specifica che la cooperazione in materia di riciclaggio comprende tra i reati cosiddetti «preliminari» quelli di frode fiscale o di contrabbando professionale secondo quanto stabilito dalla normativa elvetica.
Il Titolo II (articoli da 7 a 24) riguarda la cooperazione amministrativa: in particolare, all'articolo 8, le parti contraenti si impegnano ad assicurare, attraverso le autorità amministrative competenti, una assistenza reciproca per combattere i reati oggetto dell'Accordo, innanzitutto attraverso la prevenzione. Forme particolari di cooperazione sono contemplate negli articoli da 21 a 23 e, in particolare, le operazioni congiunte transfrontaliere nelle situazioni particolarmente rischiose a livello tributario. Le autorità di più parti contraenti, inoltre, possono istituire squadre investigative speciali comuni per le indagini che comportano la mobilitazione di mezzi ingenti. Infine, sempre nell'ambito della assistenza amministrativa, è previsto il distacco di funzionari di collegamento presso i servizi competenti di un'altra parte contraente. Il Titolo III (articoli da 25 a 38) riguarda l'assistenza giudiziaria. Come chiarito dall'articolo 25, l'Accordo intende completare e rendere più agevole l'applicazione della Convenzione europea di assistenza giuridica in materia penale del 20 aprile 1959, e la Convenzione europea sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato dell'8 novembre 1990. Anche in questo caso restano impregiudicate le disposizioni più favorevoli degli accordi in materia in vigore tra le parti.
Desidero sottolineare la portata dell'articolo 31, il cui paragrafo 1 riproduce l'articolo 51 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, limitando i casi nei quali è possibile concedere la rogatoria finalizzata all'esecuzione di perquisizioni e sequestri, stabilendo le condizioni alle quali è soggetta la ricevibilità della stessa. In base alle disposizioni in esso contenute, la richiesta di rogatoria è ricevibile solo in casi gravi e se l'esecuzione della rogatoria è compatibile con la legislazione della parte richiesta. Il paragrafo 2 dell'articolo 31, inoltre, stabilisce che le rogatorie ai fini all'esecuzione di perquisizioni e sequestri per il reato di Pag. 111riciclaggio sono accettate se il fatto per il quale vengono richieste è punibile dalla legislazione delle due parti con una pena o con una misura restrittiva della libertà superiore, nel suo massimo, a 6 mesi.
L'articolo 32 contiene le disposizioni applicabili al fine di ottenere le informazioni bancarie e finanziarie (identificazione dei titolari di conti bancari, di transazioni e operazioni bancarie, informazioni su conti) in esecuzione di domande che soddisfino i requisiti dell'articolo precedente.
Il Titolo IV reca le disposizioni finali. È istituito un comitato misto incaricato della corretta applicazione dell'accordo e responsabile della composizione delle eventuali controversie relative all'interpretazione o all'applicazione dell'Accordo medesimo. Il comitato misto ha inoltre il compito di esaminare le proposte di revisione dell'Accordo e di formulare raccomandazioni nel merito

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO RENATO FARINA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2851

RENATO FARINA, Relatore f.f.. Il provvedimento in esame esprime lo spirito che ha contrassegnato l'avvio nel luglio del 2008 dell'iniziativa dell'Unione per il Mediterraneo, promossa dalla Presidenza francese e seguita con attenzione da questa Commissione.
A tal proposito la Camera dei deputati e l'Assemblea del Popolo egiziano hanno firmato un Protocollo di cooperazione nel 1999 a Roma che ha previsto la costituzione di un Gruppo di collaborazione parlamentare, composto da membri di entrambe le Camere, che per la parte italiana è da lui stesso presieduto.
Inoltre, il disegno di legge si ricollega ad una serie di intese, già stipulate dall'Italia, in materia di navigazione commerciale ed è altresì preordinato a garantire la piena applicabilità di altre iniziative di cooperazione in corso con la controparte egiziana, quali il progetto delle «Autostrade del mare» che costituiscono un servizio di trasporto marittimo alternativo alla viabilità ordinaria su strada tra gli Stati europei che si affacciano sul Mar Mediterraneo ed il progetto «Corridoio verde», che rappresenta una via preferenziale per i flussi di esportazioni ortofrutticole egiziane - non concorrenziali o fuori stagione - verso il mercato italiano o attraverso l'Italia verso i mercati europei; nonché dei flussi dei prodotti agricoli, parimenti non concorrenziali, dall'Italia verso l'Egitto.
La struttura dell'Accordo, che consta di quindici articoli, è modulata sullo schema base dei patti internazionali vigenti in materia, già ampiamente sperimentato dall'Italia nella conclusione di altri accordi di navigazione con Stati terzi. Venendo ad un sintetico esame dell'articolato, in particolare, le disposizioni introdotte dall'articolo 3 impegnano ognuna delle Parti a garantire un trattamento non discriminatorio nei confronti delle navi battenti bandiera dell'altra Parte o operate da cittadini di quest'ultima, assicurando altresì un accesso al traffico marittimo internazionale ispirato dal principio di libertà della navigazione e dell'eliminazione degli ostacoli allo sviluppo dei traffici marittimi.
Inoltre entrambe le Parti si impegnano ad attuare per quanto possibile i principali strumenti internazionali in materia di sicurezza delle navi, nonché di protezione dell'ambiente marino e delle condizioni dei marittimi.
L'impegno reciproco si estende alla collaborazione per applicare al meglio le norme vigenti in materia di soccorso in mare e di soppressione degli atti illeciti contro la navigazione marittima. Significativamente però l'Italia si riserva il rispetto integrale del regolamento comunitario n. 725 del 2004, inerente alla sicurezza marittima.
Proseguendo nell'esame del disegno di legge, l'articolo 4 stabilisce che ciascuna delle Parti, su base reciproca, riserverà alle navi dell'altra Parte contraente che facciano scalo nei propri porti il medesimo trattamento riservato alle proprie navi, Pag. 112incluso il pagamento di tasse, tariffe e diritti riferiti a servizi portuali. Ciononostante, l'Accordo in esame non pregiudica i diritti delle autorità locali per quanto concerne le materie doganali, della sanità pubblica, della sicurezza delle navi e dei porti, della salvaguardia ambientale del mare come anche della vita umana, nonché in relazione alla presenza di merci pericolose o di sostanze tossiche e all'ammissione degli stranieri. Con ciò il provvedimento mostra di tenere nella giusta considerazione una pluralità di questioni assai sensibili, che, seppur non strettamente attinenti agli scambi marittimi, non possono essere eluse in un approccio serio alla cooperazione tra i due Paesi.
Gli articoli 5 e 6 riguardano il riconoscimento che ciascuna delle Parti, sulla scorta dei documenti di bordo e dei documenti d'identità dei marittimi, opererà sia per quanto concerne la nazionalità e la stazzatura delle navi, che per quanto riguarda l'identità dei marittimi impiegati su navi dell'altra Parte contraente: in particolare è previsto che i marittimi italiani siano in possesso del Libretto di navigazione e quelli egiziani del Passaporto dei marittimi. Gli articoli 7, 8 e 9 concernono rispettivamente i diritti e gli obblighi dei marittimi iscritti nella lista dei membri di equipaggio della nave quando si trovino in un porto di scalo dell'altra Parte contraente, i diritti di transito e di soggiorno degli operatori di bordo non iscritti nella lista dei membri d'equipaggio, e i procedimenti giudiziari contro un membro dell'equipaggio.
Segnalando un aspetto piuttosto importante, si ricorda che in entrambi i casi l'Italia fa salva la necessità di uniformarsi al rispetto del regolamento comunitario n. 415 del 2003 in materia di rilascio di visti alla frontiera.
Inoltre, entrambe le Parti si riservano di poter negare l'ingresso nei rispettivi territori ad ogni persona ritenuta indesiderabile e comunque si impegnano a cooperare ampiamente della prevenzione e repressione del contrabbando di migranti via mare. La norma testé considerata assume rilievo centrale nell'economia del disegno di legge in quanto affronta il tema della tratta dei «nuovi schiavi», destinati a restare senza identità e cittadinanza, che si affidano ai trafficanti.
Nella consapevolezza circa l'inemendabilità del testo dell'Accordo, è da auspicare che il Governo in sede di attuazione applichi le norme in modo da offrire un'interpretazione inequivoca della nozione di «contrabbando di migranti».
Infine, si segnala che, qualora un membro dell'equipaggio commetta sulla propria nave un reato durante l'attraversamento delle acque territoriali dell'altra Parte contraente, si applicheranno le disposizioni dell'articolo 27 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, che riguarda segnatamente la giurisdizione penale a bordo di una nave straniera e prevede di norma il non esercizio della giurisdizione penale da parte dello Stato costiero a bordo di una nave straniera in transito nel mare territoriale.
Al riguardo, sarebbe auspicabile operare un'armonizzazione tra i due sistemi per garantire la conformità agli standard minimi previsti dal diritto internazionale.
Passando ad esaminare l'articolo 10, esso tratta l'eventualità di incidenti e fissa la cornice normativa delle attività di soccorso in tali casi, prevedendo che tanto l'operazione di salvataggio quanto quelle di lotta all'inquinamento marino eventualmente derivato dal sinistro avverranno in base alle leggi dello Stato di pertinenza. L'articolo 12 concede alle società di navigazione dell'altra Parte contraente il diritto al libero trasferimento nel proprio territorio di redditi e profitti realizzati nel territorio dell'altra Parte contraente, nel rispetto di obblighi fiscali e procedure ivi vigenti. Si stabilisce tuttavia la prevalenza delle disposizioni inerenti dettate dalla Convenzione italo-egiziana del 1979 per evitare le doppie imposizioni sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali.
Il disegno di legge di ratifica, approvato dal Senato il 21 ottobre scorso, si compone di tre articoli che recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo marittimo tra Italia ed Egitto del 3 dicembre 2008, il relativo ordine di esecuzione Pag. 113e la consueta previsione dell'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La ratifica dell'Accordo, in base alla relazione che accompagna il disegno di legge presentato al Senato, non comporta oneri aggiuntivi, poiché per la partecipazione alle riunioni della Commissione marittima mista di cui all'articolo 13 dell'Accordo si provvederà facendo ricorso agli stanziamenti a legislazione vigente iscritti nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ANTONIO BORGHESI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2851

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame che ratifica l'Accordo in materia di navigazione e trasporto marittimo mercantile tra il nostro Paese e l'Egitto si ricollega come è noto a tutta una serie di intese già stipulate dall'Italia in materia di navigazione commerciale e incontra certamente il favore del gruppo di Italia dei Valori.
È da rilevare positivamente il fatto che tale Accordo sia stato sottoscritto circa un anno fa, ossia il 3 dicembre 2008, in occasione della visita dei rappresentanti del Governo egiziano a Roma, e si sta avviando a una veloce conclusione della procedura che permetterà l'entrata in vigore di un importante trattato internazionale, mostrando in questo modo che, quando c'è la volontà politica, i tempi biblici che notoriamente incontra questo tipo di atto internazionale prima di entrare in vigore possono essere agevolmente superati.
Va dunque positivamente sottolineato questo merito come pure, però, stavolta in negativo, va sottolineato che altri trattati importantissimi (penso ad esempio a quello presentato a prima firma dal collega del gruppo di Italia dei Valori del Senato, Li Gotti, riguardante la Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999) attendono invece anni prima di poter entrare in vigore. Spero che ciò, da parte del Governo, non voglia significare che la corruzione non sia un fenomeno degno di essere combattuto anche con strumenti multilaterali.
Ma veniamo al merito del provvedimento: questo si inquadra nell'ambito della rete di accordi concernenti la navigazione marittima commerciale stipulati dall'Italia con i Paesi terzi e mira a incentivare le relazioni con l'Egitto, soprattutto in considerazione del progetto di costruire le Autostrade del mare e il Corridoio verde.
L'Accordo giustamente si basa sul principio di reciprocità nella disciplina degli equipaggi e delle attività marittime, soprattutto per ciò che concerne eventuali sinistri o redditi prodotti.
Come accaduto con altri accordi di questo genere, benché vi siano due autorità di applicazione dell'Accordo (per l'Italia è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), e comunque anche per favorire il dialogo fra i Paesi contraenti, viene istituita una Commissione marittima mista. L'Accordo non è particolarmente invasivo né sul nostro ordinamento, né sul nostro bilancio pubblico in quanto non comporta oneri aggiuntivi, e favorisce con la sua entrata in vigore la certezza del diritto internazionale, che è una base imprescindibile per il pacifico e fruttuoso svilupparsi di relazioni politiche ed economiche.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO RENATO FARINA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2852

RENATO FARINA, Relatore. Il Protocollo in esame è inteso a risolvere, attraverso un addendum alla Convenzione di estradizione italo-argentina del 1987 una serie di problemi sorti in relazione all'esecuzione di alcune sentenze contumaciali. Pag. 114
La questione si è posta poiché l'ordinamento argentino, al pari di altri ordinamenti di derivazione ispanica, ignora sostanzialmente l'istituto del giudizio in assenza: la dichiarazione di contumacia (rebeldia) determina infatti la sospensione del processo dopo la fase istruttoria.
La diversità d'inquadramento di questa problematica ha quindi prodotto l'esito negativo per una serie di domande di estradizioni riguardanti anche, come si legge nella relazione illustrativa al disegno di legge originario i responsabili di gravi reati.
Il Protocollo, pertanto, così come già sperimentato nei rapporti tra Italia e Spagna, mira a contemperare questa diversità d'inquadramento che connota i sistemi giuridici dei due Paesi, risolvendosi in una presa d'atto, da parte argentina, della piena conformità della disciplina italiana del procedimento contumaciale alle garanzie del giusto processo ed ai parametri internazionali in tema di diritti umani.
L'articolo 1 prevede che la Parte richiesta di estradizione potrà rifiutarla solo se ritiene che non sono stati garantiti i requisiti minimi di difesa che spettano ad ogni persona che viene processata (comma 1).
L'estradizione deve essere concessa quando, in base all'ordinamento giuridico della Parte richiedente, la persona condannata può chiedere di essere sottoposta ad un nuovo processo (comma 2).
Il comma 3 prevede obblighi a carico della sola Parte italiana. Essa dovrà garantire che l'imputato sia stato informato dell'udienza in tempo utile e sia stato altresì informato del fatto che, in sua assenza, sarà condannato in contumacia; la Parte italiana dovrà inoltre garantire che il giudice si sia assicurato - attraverso appositi controlli - che l'imputato abbia effettivamente ricevuto la regolare notifica della citazione secondo le norme dell'ordinamento italiano; infine, la Parte italiana dovrà garantire che il giudice abbia effettuato controlli volti ad accertare che - nei casi in cui la presenza dell'imputato fosse stata considerata necessaria - lo svolgimento del processo sia stato posticipato ove vi fossero stati motivi per ritenere che l'assenza dell'imputato risalisse a cause indipendenti dalla sua volontà.
È previsto che la Parte richiedente fornisca tutte le informazioni circa lo stato dei processi, sul regime e sulla portata dei ricorsi, nonché sulle possibili impugnazioni.
L'articolo 2, contenente le formule di rito relative alla entrata in vigore e alla durata del Protocollo, stabilisce anche che esso si applicherà anche alle richieste di estradizione pendenti.
Il disegno di legge in esame, già approvato dal Senato il 21 ottobre scorso, si compone di quattro articoli. I primi due recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione di estradizione italo-argentina del 1987.
Ricordo che un analogo disegno di legge di ratifica n. 3165 era stato presentato alla Camera nel corso della precedente legislatura, ma il suo iter di approvazione non si è concluso a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.
L'articolo 3, riguardante gli oneri derivanti dall'applicazione dell'Accordo, autorizza la spesa di 4.470 euro annui a decorrere dal 2009; la copertura di tali oneri è reperita a valere sullo stanziamento a favore dell'articolo 3, comma 1, della legge 4 giugno 1997, n. 170, riguardante la ratifica e l'esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione.
L'articolo 4 dispone, infine, l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ANTONIO BORGHESI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2852

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Italia Pag. 115dei Valori guarda con favore l'approvazione di questo provvedimento e rimarca la necessità che questo addendum protocollare alla Convenzione di estradizione di Roma, sottoscritta tra Italia ed Argentina nel 1987, sia ratificato al più presto.
Come sappiamo, i rapporti tra Italia e Argentina relativi alle domande di estradizione per l'esecuzione delle sentenze contumaciali risultano a dir poco problematici in virtù del fatto che l'ordinamento penale argentino, come accade per altri ordinamenti di origine ispanica, ignora l'istituto del giudizio in assenza e che la dichiarazione di contumacia conseguente determina automaticamente la sospensione del processo una volta completata la fase istruttoria.
Come già accaduto con un precedente Protocollo stipulato in precedenza con la Spagna, questo inconveniente verrebbe appunto risolto tramite l'addendum in questione con il quale l'autorità argentina prende atto della situazione venutasi a creare, con la precisazione che la disciplina del giudizio contumaciale è - con riferimento a quanto avviene nel nostro Paese - conforme alle garanzie del giusto processo e a tutti i parametri internazionali in materia di diritti umani, garanzia che si sostanzia nel fatto che al condannato in contumacia, di cui si chiede l'estradizione, si potrebbe celebrare nuovamente il processo secondo la disciplina degli istituti processuali della riammissione in termini e della revisione processuale.
Voglio infine sottolineare solo che ci trova concordi l'osservazione del sottosegretario Scotti, in sede di replica al Senato, dove la ratifica di questo Protocollo è stata già approvata, sul fatto che questo strumento normativo bene si inserisce nel solco delle iniziative legislative che attualmente contraddistinguono la cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale proprio perché improntate a una più efficace azione di contrasto alla criminalità transnazionale, senza venir meno al rispetto del diritto di difesa.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ANGELO ZUCCHI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2260-A

ANGELO ZUCCHI. Presidente, colleghi, oggi esaminiamo il disegno di legge n. 2260 che recita: «Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare».
Un titolo così ambizioso, in un momento così delicato per l'agricoltura, non può che indurre ad una riflessione generale partendo proprio dallo stato di salute del settore agroalimentare Italiano.
Un settore al quale oltre le storiche carenze di natura strutturale si sono aggiunti nuovi gradi di sofferenza dovuti alla grave crisi che si sta ripercuotendo in modo molto preoccupante sull'intero settore.
Lo sanno bene le organizzazioni agricole che proprio in queste settimane stanno mobilitandosi e manifestando nell'intento di far giungere la loro voce a Governo e Parlamento perché si faccia qualcosa, si faccia qualcosa dopo il tanto promesso e il poco realizzato.
Sappiamo che i consumi interni sono stagnanti, parallelamente l'export del made in Italy ha visto una contrazione a partire dal primo trimestre 2009.
Sappiamo che il differenziale negativo fra i prezzi al consumo e i prezzi all'origine è ulteriormente aumentato, sappiamo anche che i costi di produzione sono fortemente cresciuti.
Sappiamo anche, e lo abbiamo più volte denunciato e soprattutto lo sanno bene gli agricoltori, che i provvedimenti che il Governo ha assunto per affrontare la fragilità e la sofferenza dell'agricoltura sono praticamente inesistenti.
Non c'è provvedimento anticrisi assunto in questi mesi che volga lo sguardo a questo settore, non sono stati assunti provvedimenti che in un qualche modo intervenissero a sostegno di un pezzo importante della nostra economia, anzi se Pag. 116fosse possibile alla già grave difficoltà, il Governo ci ha messo del suo, riducendo e tagliando risorse sulle quali il settore faceva conto non tanto per un rilancio in un momento di crisi, ma per un normale e neanche tanto scandaloso desiderio di sopravvivenza.
È il caso per citare alcuni stanziamenti che sono stati falcidiati dalla politica tremontiana ricordare il Fondo di solidarietà per le polizze assicurative e le calamità naturali, o ancora la stabilizzazione degli sgravi contributivi per le aree svantaggiate e montane, o ancora la riduzione dell'accisa sul gasolio per le coltivazioni in serra, o ancora il taglio al fondo per l'internazionalizzazione delle imprese, o ancora il taglio dei fondi per l'imprenditoria giovanile, e potrei continuare.
Soldi e risorse che servivano all'agricoltura per mantenere il proprio livello produttivo, soldi e risorse necessarie per affrontare con meno senso di sconforto la crisi.
Del resto la situazione è quella che è, e sta assumendo toni e caratteristiche di emergenza, basti guardare a cosa accade a tanti settori dell'agroalimentare.
Il settore lattiero-caseario sta vivendo momenti drammatici che riguardano il prezzo del latte che non copre il costo di produzione, si dirà che questo è un problema comune a gran parte dei paesi europei, ma certo che per l'Italia rappresenta toni di particolare gravità.
Così pure è in stato di grande sofferenza il settore dei formaggi fra i quali anche i DOP, che rappresentano un tratto distintivo per la produzione di qualità del nostro paese, lo dimostra il calo dei prezzi per il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano.
Nel settore vitivinicolo, i prezzi dei vini da tavola calano anche del 20 per cento mentre i prezzi delle uve subiscono variazioni che arrivano fino al 50 per cento.
Nel settore ortofrutticolo i prezzi di alcuni prodotti calano del 20 per cento.
È fortemente in crisi il settore delle carni bovine, calo dei prezzi e aumento consistente dei costi di produzione.
I cereali sono in caduta libera dal meno 36 per cento a meno 28 per cento.
Una situazione che come si vede non può che allarmare.
Ed è la ragione per cui in questo provvedimento che ha l'ambizione di occuparsi del rafforzamento della competitività del nostro agroalimentare, ci siamo preoccupati di inserire alcuni emendamenti che cercano in primo luogo di rimettere le risorse mancanti, e in secondo luogo di aiutare il settore sul fronte in cui oggi e più esposto.
Siamo intervenuti per ridurre i costi di produzione (agevolazioni contributive per aree svantaggiate e montane, riduzione dell'accisa sul gasolio), siamo intervenuti per facilitare l'accesso al credito, siamo intervenuti per sostenere i processi di internazionalizzazione delle imprese, per favorire i processi di aggregazione delle imprese, per consentire un credito d'imposta per chi investe per il rinnovo dei macchinari agricoli.
Insomma abbiamo avanzato una serie di proposte tese a rafforzare davvero l'agroalimentare per incitare il Governo e il Parlamento ad uno sforzo straordinario per dare risposte concrete alle aziende e all'agricoltura.
Per superare la parzialità che il disegno di legge n. 2260 nel suo complesso dimostra.
Parzialità già molto evidente nella sua stesura originale, diventata sconfortante dopo i tanti pareri negativi della Commissione Bilancio che ne hanno ridotto ulteriormente l'incisività.
Ciononostante siamo intervenuti e interverremo nuovamente nella discussione in aula, perché la situazione necessita di un maggiore sforzo, perché sappiamo che la discussione che sta avvenendo al Senato sulla finanziaria non prevede niente di nuovo sul fronte agricolo e perché no, perché bisogna dare un segnale anche a chi sta predisponendosi a distribuire quelle risorse che giungeranno dallo scudo fiscale e che non vorremmo trascurassero ancora in maniera evidente l'agricoltura e gli agricoltori. Pag. 117
Ci siamo approcciati a questo provvedimento con questo spirito.
Devo dire che nella stessa Commissione la volontà di intervenire in maniera più estesa di quanto il disegno di legge facesse nella sua stesura originale si è espressa in modo evidente, basta vedere gli emendamenti a firma della Commissione che hanno cercato di intervenire su alcuni dei principali temi che ho elencato.
Emendamenti che dimostrano la volontà di intervento ma che contestualmente dimostrano l'impossibilità di farlo adeguatamente.
Del resto nel disegno di legge in esame ci sono evidenti incongruenze ed anche risposte inadeguate, lo dico così perché non saprei in che altro modo esprimermi.
Come definire l'articolo 1 che estende i contratti di filiera a tutto il territorio nazionale?
È certo utile per rafforzare un sistema contrattuale e di relazioni che sappiamo essere in larga misura debole, e che rappresenta uno dei punti di maggior fragilità nella filiera agricola, tuttavia, Presidente, se si scopre che i circa 400 milioni di Euro per il finanziamento dei contratti di filiera fino al 2013, che provenivano dai fondi FAS, sono nel frattempo stati destinati altrove e sono finiti in un fondo la cui disponibilità sta nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, di cosa stiamo parlando?
Dell'applicazione di un principio?
Di estendere progetti non più finanziabili a tutto il territorio nazionale?
Del nulla che si estende su una superficie più grande?
Difficile opporsi al principio, ma certo è pur anche necessario denunciare che nessun contratto di filiera potrà essere finanziato nei prossimi anni né nel trapanese né nella new entry della provincia di Milano, per intenderci.
Ed ancora sul Fondo di solidarietà nazionale (articolo 2-bis) che trova copertura prendendo le risorse dalla defiscalizzazione del bioetanolo e dal biodiesel, che dire?
Certo il Fondo di solidarietà nazionale è una priorità anche per noi del Partito Democratico che in più occasioni ne abbiamo richiesto il rifinanziamento, che riguarda più di 250.000 imprese agricole ma finanziandolo (fra l'altro solo in parte perché le risorse necessarie sarebbero molto di più) cancellando totalmente il settore del biodiesel in Italia è coerente con gli impegni che ci siamo assunti in ambito europeo?
Ricordo, Presidente, che l'Italia si è impegnata a raggiungere il 5,75 per cento entro il 2010 di biocarburanti miscelati ai carburanti normali, e senza defiscalizzazione questo settore scompare, e dovremo importare bioetanolo e biodiesel dall'estero.
Si dirà che la norma è transitoria, che il fondo si ripristinerà magari attingendo dallo scudo fiscale ma intanto questa certezza non c'è, si azzera un intero settore produttivo, senza peraltro fornire una risposta esaustiva al fondo che si vuole finanziare (mancano 400 milioni, ne mettiamo 122, per chiudere il pregresso 2008 e parzialmente il 2009).
Non ci opporremo a questo articolo, ma certo non possiamo dichiararci soddisfatti per come si è tentato di risolvere la questione.
Era fra l'altro un preciso impegno del Ministro ma anche del Presidente del Consiglio preso a Roma di fronte a 15.000 agricoltori; disse: «mi impegnerò personalmente».
Registro che il problema non è risolto e che per risolverlo solo parzialmente, se ne è creato un altro. O ancora, del credito d'imposta sul rinnovo delle macchine agricole.
Qui, Presidente, siamo di fronte ad un esempio di scuola sull'incomprensione.
Ricordo che il decreto anticrisi n. 78 prevede all'articolo 5 la detassazione degli utili reinvestiti in macchinari; fra i beni che hanno diritto all'incentivo, se si guarda la tabella ATECO a cui l'articolo fa riferimento, vi sono anche i macchinari per l'agricoltura.
Se ne deduce che l'intenzione del legislatore (intenzione fra l'altro espressa anche in qualche autorevole dichiarazione Pag. 118di Ministri) fosse quella di consentire l'accesso al provvedimento anche degli imprenditori agricoli.
Peccato che l'applicazione dell'articolo 5 sia inutilizzabile in agricoltura, per come gli imprenditori agricoli sono tenuti a determinare i loro bilanci.
Per questa ragione per ottemperare alla volontà del legislatore abbiamo proposto un emendamento che istituisca un credito d'imposta che agisce sugli investimenti effettuati; la Commissione bilancio lo ha cassato naturalmente, lo riproporremo in aula e all'atteggiamento dell'aula ci rifaremo per una nostra valutazione.
Sull'articolo 6 (Etichettature), dirò che è certamente un provvedimento molto atteso che il mondo agricolo nella sua quasi totalità apprezza.
Naturalmente non ci sfugge e non deve sfuggire a nessuno che questa norma deve avvenire nel totale rispetto delle direttive comunitarie.
In altre occasioni il nostro paese ha aperto un vero e proprio conflitto in ambito europeo, nel tentativo di aprire una breccia su questi temi che non sempre trovano in Europa ascolto attento.
È il caso recente dell'olio d'oliva, ma anche della precedente legge del 2004 che disciplinava l'etichettatura dei prodotti ma che di fatto non è mai entrata in vigore per evitare una netta contrapposizione in Europa e l'apertura di procedimenti di infrazioni nei confronti dell'Italia.
Oggi in ambito europeo la sensibilità sul tema dell'etichettatura sembra essersi modificata, Il libro verde sulla qualità e successivamente la comunicazione Europea sulla «Politica di Qualità» dei prodotti agricoli, aprono una nuova fase, forse più favorevole il cui esito non può dirsi scontato e nella quale dovremo molto lavorare per favorire una maggior attenzione ed anche una minor resistenza a questi terni.
Proprio per questo la fase applicativa di questo articolo, mi riferisco in particolare alla fase dei decreti attuativi, dovrà essere molto attenta a ricercare una complessiva adesione in ambito europeo, anche attraverso una fase di costruzione di un largo consenso, per evitare di vanificare l'applicazione del provvedimento.
I pareri già pervenuti a seguito della direttiva CEE, direttiva che ci impone di informare i paesi membri sulla legge in discussione, ci dimostrano quale sia il clima e quali siano gli interessi configgenti dei quali faremmo bene a tenere conto se vogliamo che il provvedimento abbia gambe su cui camminare.
Nel merito ovviamente salutiamo con favore quanto previsto dall'articolo 6.
Salutiamo con favore questa aggiunta di informazione sul luogo di origine del prodotto non trasformato ed anche sui luoghi di trasformazione per il prodotto trasformato, perché costituiscono un indubbio elemento di trasparenza nei confronti dei consumatori e di garanzia nei confronti dei nostri produttori.
Sappiamo quanto il made in Italy sia parte importante del settore agroalimentare, e quanto la sua difesa sia importante per la sua salvaguardia e la salvaguardia della qualità, la cui fama è estesa in tutto il mondo.
Più sapremo fornire ai consumatori informazioni chiare e trasparenti è più avremo dato elementi per compiere scelte consapevoli.
Sappiamo quanto le nostre produzioni siano universalmente riconosciute per la qualità che esprimono, e quanto i nostri prodotti siano vittime di contraffazione e imitazione.
Sappiamo anche che i consumatori italiani sono particolarmente attenti alla qualità del cibo che finisce sulle loro tavole, e che senza ombra di dubbio preferiscono le nostre produzioni riconoscendo loro elementi di garanzia e di qualità che non riscontrano in prodotti di altra provenienza.
Naturalmente per compiere scelte consapevoli e informate hanno bisogno di sapere e noi vogliamo metterli in condizioni di sapere.
Nel merito il testo che ci è giunto dal Senato, ha cercato anche con l'apporto costruttivo dei nostri colleghi (del Partito Democratico) di migliorare il testo iniziale Pag. 119a firma Scarpa Bonazza, cercando in primo luogo di costruire un provvedimento non esposto all'infrazione europea, in secondo luogo di rispondere alle esigenze dei consumatori certamente ma anche dei produttori e di tutta la filiera agroalimentare.
Si affida quindi al Ministro il compito di individuare quei prodotti all'interno delle diverse filiere la cui etichettatura risponda ai principi che l'Europa ha stabilito, e cioè che l'etichettatura e quindi l'indicazione d'origine del prodotto è consentita quando rappresenta un'informazione necessaria per la tutela del consumatore solamente quando la sua assenza possa indurlo in errore e danneggiarlo.
Nel merito noi abbiamo cercato di promuovere emendamenti che precisassero meglio questo concetto, convinti che un riferimento esplicito a questo principio potesse in un qualche modo favorire un approccio europeo più favorevole.
Devo dire che sorprende che ci sia stata da parte della maggioranza l'approvazione di un emendamento che modifica a nostro parere sostanzialmente i concetti della versione originale, quando si è stabilito con l'approvazione di quell'emendamento che le filiere dovranno essere definite all'interno dei decreti ministeriali.
Si lascia cioè una discrezionalità al Ministero per alcuni versi incomprensibile.
Il provvedimento in origine riguardava, come noi ritenevamo fosse giusto, tutte le filiere agroalimentari, e i successivi decreti attuativi definivano quali prodotti all'interno delle filiere dovevano essere etichettati.
Qui si fa un passo indietro, si lascia al ministero addirittura la scelta delle filiere.
Una scelta incomprensibile che di fatto snatura il provvedimento, lo rende discrezionale e rischia di non rispondere più alle esigenze dei consumatori e dei produttori, ma a esigenze diverse.
Noi ripresenteremo in aula la versione originale dell'articolo riguardante l'etichettatura, versione che aveva raccolto al Senato il voto unanime dell'assemblea.
In conclusione, Presidente, oggi siamo in presenza di un provvedimento annunciato come fondamentale per i destini dell'agricoltura.
Noi a quell'enfasi, a partire dalle dichiarazioni dei nostri colleghi del Senato ci eravamo sempre opposti.
Il provvedimento strada facendo ha prima lasciato intendere essere qualcosa di diverso (il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare), appunto, poi svuotato dai pareri della Commissione bilancio, è ritornato ad essere un provvedimento che va poco più in là della sola etichettatura.
Un provvedimento nel merito insufficiente.
Vedremo nel prosieguo della discussione e dall'atteggiamento che la maggioranza ed il Governo vorranno tenere sui nostri emendamenti, che posizione assumere.
Noi non abbiamo né preconcetti né pregiudizi e ci accingiamo a costruire la nostra posizione in base al confronto che si svilupperà in aula.