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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 240 di mercoledì 28 ottobre 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 10,35.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brancher, Brugger, Cirielli, Cosentino, Cossiga, Craxi, Frassinetti, Gibelli, Lo Monte, Mazzocchi, Melchiorre, Messina, Molgora, Mura, Leoluca Orlando, Palumbo, Pescante, Rigoni, Soro, Stefani, Valducci, Vito e Zeller sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,39).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 11.

La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 11,05.

Sull'ordine dei lavori.

AMEDEO LABOCCETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMEDEO LABOCCETTA. Signor Presidente, oggi prendo la parola solo per ricordare brevemente una persona a me molto cara che, da ieri, non è più tra noi: Renato Profili, prefetto della città di Napoli, un grande uomo che ha servito lo Stato con dedizione e abnegazione, ricoprendo negli anni importanti incarichi presso le prefetture di Genova, Reggio Calabria e Palermo, per poi dirigere quella della sua città, Napoli.
Egli si è distinto anche nella lotta contro le mafie, ricoprendo l'incarico di commissario per le iniziative in favore delle vittime di reati di tipo mafioso; nel luglio 2008, il Ministro dei beni e delle attività culturali, Bondi, lo aveva nominato commissario per il rilancio e la bonifica degli scavi di Pompei, incarico che gli venne revocato senza alcuna particolare giustificazione (tale episodio provocò in lui una grande amarezza). Profili è stato un uomo di raffinata cultura, si è formato presso l'università di Napoli Federico II, ed ha iniziato la sua carriera nell'amministrazione del Ministero dell'Interno, nel 1968. Vomerese, ha amato profondamente Pag. 2la sua città, servendola con onestà e altissimo senso dello Stato, credendo fortemente nel valore delle istituzioni.
Signor Presidente, vorrei che quest'Assemblea, attraverso la Presidenza, facesse pervenire alla moglie Caterina e ai suoi tre figli il nostro profondo cordoglio e la nostra sentita vicinanza e, se Ella lo ritiene, osservasse anche un minuto di silenzio, se è possibile.

PRESIDENTE. La ringrazio, la sua richiesta sarà riferita alla Presidenza.

Seguito della discussione delle mozioni Soro ed altri n. 1-00256 e Borghesi ed altri n. 1-00259 concernenti iniziative per la verifica dei presupposti per l'impugnazione della legge approvata dalla regione Sardegna in materia di sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e interventi per lo sviluppo (ore 11,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Soro ed altri n. 1-00256 e Borghesi ed altri n. 1-00259 concernenti iniziative per la verifica dei presupposti per l'impugnazione della legge approvata dalla regione Sardegna in materia di sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e interventi per lo sviluppo (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella seduta di lunedì 26 ottobre 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, su indicazioni del Ministro Fitto (il quale, in questo momento, si trova in Consiglio dei Ministri) ed in qualità di unico rappresentante sardo di questo Governo, desidero premettere alcune considerazioni.
Il Governo rivendica che l'intesa del 1o aprile, stipulata tra lo Stato, le regioni e gli enti locali sul Piano casa, debba essere considerata sicuramente come una delle misure più efficaci realizzate per contrastare la crisi economica e favorire la ripresa dell'economia in una fase di difficile congiuntura. Essa rappresenta un nuovo modo di operare nel rapporto con il sistema delle autonomie e si caratterizza per il più assoluto rispetto delle competenze riconosciute ad ogni singolo ente territoriale, al fine di non limitare le funzioni costituzionalmente garantite, ma di stimolare attraverso l'elaborazione di criteri condivisi per la costruzione di un sistema normativo regionale che, nella sua autonomia, sappia essere espressione di un sistema unitario su tutto il territorio nazionale.
È noto che l'obiettivo dell'intesa con le regioni è stato quello di favorire il rilancio dell'economia, rispondendo ai bisogni abitativi delle famiglie anche attraverso la semplificazione delle procedure. Tale intesa, quindi, rappresenta il punto di partenza di un'azione condivisa tra lo Stato e le regioni, che, attraverso il coordinamento degli interventi, favorisca l'armonizzazione delle rispettive legislazioni.
A tutt'oggi, come è noto, le regioni che hanno già provveduto all'approvazione di specifiche leggi sono in totale quattordici, mentre sei hanno già approvato, in giunta, un disegno di legge che dovrà essere poi esaminato nei rispettivi consigli regionali. Tutte le leggi regionali ad oggi approvate sono state compiutamente esaminate dal Governo e, come è noto, in questo momento tre sono state impugnate.
Per quanto riguarda poi, in particolare, la regione Sardegna, come è noto, la legge è stata approvata dal consiglio regionale in data 16 ottobre ed attualmente non risulta ancora pubblicata sul Bollettino ufficiale della regione. È evidente - come conseguenza - che il Governo, solo quando tale atto formale sarà realizzato, provvederà, come è suo diritto e suo dovere, alla compiuta valutazione anche in relazione Pag. 3all'eventuale proposizione della questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
È, tuttavia, evidente che, poiché il Governo è chiamato ad esprimere un parere sull'insieme del quadro prospettato da entrambe le mozioni (quadro che non può essere condiviso dal Governo stesso anche per l'evidenza di alcune imprecisioni prospettate in tale quadro), il Governo esprime parere contrario su entrambe le mozioni Soro ed altri n. 1-00256 e Borghesi ed altri n. 1-00259.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, l'Italia dei Valori voterà a favore della propria mozione Borghesi ed altri 1-00259 e voterà a favore della mozione Soro ed altri 1-00256. Con queste due mozioni, intendiamo richiamare l'attenzione del Governo sia sulla legge specifica emanata dalla regione Sardegna, in corso di pubblicazione sul Bollettino ufficiale, sia, più in generale, sulla disciplina di attuazione del progetto del cosiddetto Piano casa che secondo noi non risponde ai criteri originariamente previsti, neppure a quelle esigenze di semplificazione delle procedure cui ha fatto cenno il sottosegretario Cossiga, per una ragione molto semplice: vi è stata un'inversione delle procedure previste. Infatti, all'intesa Stato-regioni avrebbe dovuto far seguito un decreto-legge e, successivamente, una legislazione delegata che fornisse un quadro generale degli interventi edificatori; ma tutto questo non è accaduto e le quattordici regioni non hanno legiferato all'interno di un quadro chiaro, preciso e condiviso, indicato dal Governo anche come una riforma economico-sociale attraverso la quale poter imporre anche alle regioni a statuto speciale delle direttive generali. Ciascuna regione, pertanto, si è regolata secondo i propri interessi, nel senso più ampio ed anche favorevole del termine.
Questi aspetti sono stati già posti in evidenza nell'illustrazione della nostra mozione che si è svolta nel corso di una precedente seduta; ma a noi preme rilevare in questa sede che, come al solito e come spesso accade in Italia, si è dato luogo all'implementazione di qualcosa, che non esisteva in termini generali, con una legiferazione alquanto «scarmigliata», nel senso che ciascuno ha potuto far riferimento ai principi che voleva al di fuori di un'effettiva semplificazione amministrativa, tanto che uno dei rilievi che vengono avanzati, per esempio, alla legge della regione Sardegna (sebbene non incida in questa sede) è che non solo le procedure non sono state semplificate, ma sono state rese eccezionalmente complicate.
Si può anche comprendere che vi siano esigenze di rilancio dell'economia e anche dell'edilizia, ma questo avviene all'interno di un quadro il quale prevede che l'80 per cento degli italiani sia già proprietario della propria casa (di cui una rilevante percentuale tuttora sfitta) e che esistono anche delle procedure di edificazione che hanno previsto l'abbattimento di abitazioni fatiscenti e il loro trasferimento volumetrico in altro luogo.
All'interno della cultura della legislazione in deroga - che è molto cara all'attuale Governo, nel quadro di una concezione perdonistica, condonistica e indultistica che lo ha caratterizzato per molto tempo - si colloca questa babele urbanistica ed edilizia che è stata realizzata dalle diverse regioni. Io mi voglio soffermare, in particolare, sulla legislazione della regione Sardegna che, all'interno di un quadro non omogeneo, presenta specificità allarmanti, più gravi rispetto a quelle riscontrabili in altre regioni, con la previsione di aumenti urbanistici ed edilizi dal 10 al 45 per cento, consentiti anche in aree sottoposte a regime di tutela integrale in base all'articolo 142 del codice Urbani (che, lo ricordiamo, è una legge di riforma economico-sociale, quindi non derogabile, neppure Pag. 4dalle regioni a statuto speciale) e anche in aree sottoposte a vincolo per l'assetto idrogeologico.
Si vuole continuare (anche in regione Sardegna, malgrado i danni che hanno causato le alluvioni che anche da noi hanno provocato morti e devastazioni in vari territori) a consentire deroghe anche a situazioni normative di tutela privilegiata. Questa legge prevede, infatti, la possibilità di realizzare interventi edilizi anche all'interno della fascia dei 300 metri dal mare, in chiarissima violazione della normativa prevista dal cosiddetto codice Urbani e anche in assenza di una previsione temporale che la possa contenere entro i limiti previsti dalla disciplina del Piano casa.
Questo provvedimento autorizza anche interventi di ampliamento degli immobili a finalità turistico-recettiva nella fascia costiera dei 300 metri della linea di battigia, anche attraverso il superamento degli indici massimi di edificabilità previsti dagli strumenti urbanistici vigenti.
Inoltre - e questo è un rilievo che aggiungiamo a quelli già contenuti nella mozione Soro ed altri n. 1-00256 - vi è la violazione della normativa comunitaria in materia e del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 con il quale l'Italia ha dato attuazione alle previsioni della direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e seminaturali, la fauna e la flora, creatrice della rete Natura 2000 (S.I.C. e Z.P.S.) per la salvaguardia delle aree e specie naturali identificative del territorio europeo. Ricordo che la Sardegna è inserita all'interno dell'elenco che comprende la regione biogeografica mediterranea.
Infine, vi è un'applicazione indiscriminata e spesso in regime di sola dichiarazione di inizio di attività (pertanto al di fuori di controlli preventivi da parte dell'amministrazione) del regime degli aumenti volumetrici e delle relative modifiche territoriali. Tutto ciò confligge fortemente anche con gli obblighi dello Stato derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, in quanto applicabili entro tutte le zone di protezione speciale (Z.P.S.) ed i siti di importanza comunitaria (S.I.C.), individuati ai sensi della già richiamata direttiva n. 92/43/CEE.
Ecco il perché della nostra mozione. Abbiamo voluto richiamare l'attenzione del Governo sulla necessità di una rigorosa attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, di modo che non si debordi dalla tutela del paesaggio previsto dalla nostra Costituzione e che, soprattutto, non si ponga l'Italia, attraverso il legiferare delle regioni (comprese quelle a statuto speciale), al di fuori dell'osservanza della normativa europea. Questi sono i motivi della nostra richiesta che è rivolta da una parte a verificare esplicitamente la rispondenza della legge regionale sarda ai criteri rigorosi previsti dall'articolo 9 della Costituzione e all'osservanza delle disposizioni di natura europea e, d'altra parte, anche e contestualmente, al richiamo della necessità che il Governo centrale governi questo processo di aumento della edificazione che, lo ripetiamo, non riguarda soltanto i poveracci o le persone normali, per i quali può essere una valvola di sfogo la possibilità di avere una stanza in più o risanare ambienti degradati o immobili fatiscenti o altro ancora, ma che consente ampie possibilità di aumento anche delle strutture ricettizie in una situazione assolutamente inaccettabile.
Pertanto, abbiamo rivolto al Governo l'invito a governare questo processo attraverso l'emanazione di normative quadro di carattere generale non consentendo, invece, che il procedimento sia inverso, vale a dire che si risalga dalla legislazione delle singole regioni per poi tentare di fare una sorta di patchwork o, comunque, di varare una legge quadro nazionale che recepisca tutte le legislazioni regionali, anche quelle che violano francamente le disposizioni di carattere costituzionale e quelle che derivano dagli obblighi assunti dall'Italia con la partecipazione all'Unione europea.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FEDERICO PALOMBA. Concludo, signor Presidente, dicendo che ci fa specie che il Governo non abbia accolto la mozione Pag. 5dell'Italia dei Valori. È una mozione che non vuole respingere tutto indiscriminatamente, ma soltanto che si resti, in questo sensibile tema, nell'ambito della legalità e cioè del rispetto della normativa che abbiamo e della normativa europea (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, prima di entrare nel merito del provvedimento vorrei partire da una considerazione che ritengo ovvia. Ho sentito parlare, durante la fase della discussione sulle linee generali, da parte di alcuni colleghi di catastrofi ambientali, di deturpamento e distruzione totale del territorio sardo a seguito dell'applicazione per l'appunto di questa legge regionale.
Mi permetto di dire che, se fosse realmente così, se realmente la visione ottica del legislatore fosse così miope, esso meriterebbe un'assunzione di responsabilità tale da rassegnare le dimissioni, ma così in realtà non è, né può essere. Credo che nessun politico o amministratore sardo possa avere a cuore la distruzione e la deturpazione di un patrimonio territoriale e ambientale di tale ricchezza e storia. Sarebbe effettivamente un vero e proprio suicidio politico.
Allora si deve fare un ragionamento diverso. Indubbiamente si possono esprimere perplessità e obiezioni di merito sul provvedimento o sull'utilità per il territorio e la collettività sarda di disposizioni di questo genere, ma non fare proclami come quelli rilevati in questi giorni sulla vicenda. Noi, con il senso di responsabilità che ci contraddistingue da sempre nella nostra azione politica, abbiamo votato e sostenuto questo provvedimento in sede regionale.
Infatti, dal nostro punto di vista, dopo un'attenta valutazione della materia, abbiamo ritenuto possa essere un atto in grado di dare rilancio al settore dell'edilizia e, in generale, dell'intera economia della Sardegna, una terra su cui grava da tempo una crisi generale del sistema, sia produttivo che occupazionale, ed oggi ancora più provata da questa grossa crisi economica che stiamo purtroppo attraversando e il tutto senza porre rischi al nostro prezioso patrimonio ambientale e paesaggistico.
È chiaro, però, che tutto debba essere fatto nel rispetto delle regole, sia a livello nazionale che comunitario, ma riteniamo che questo assetto venga rispettato e proprio per questo abbiamo dato il nostro contributo all'approvazione del piano. Ci siamo assunti la nostra responsabilità e se lo stesso venisse fatto anche dal Governo nazionale rispetto al tanto annunciato, ma ancora mai presentato, decreto di semplificazione normativa, per permettere la rapida attuazione di quanto stabilito dalle regioni con le loro leggi, il tutto probabilmente andrebbe meglio e velocizzerebbe il processo di sviluppo dei nostri territori.
Nel merito dell'iniziativa che ci viene sottoposta, riteniamo di non poterla accettare in quanto le contestazioni sulle eventuali violazioni costituzionali e comunitarie che il provvedimento della regione Sardegna presenterebbe riteniamo non sussistano. Molto probabilmente sulla questione vi è o è stata montata ad arte, per meri obiettivi politici, una grande confusione sulla quale è necessario fare un po' di chiarezza, soprattutto con i cittadini sardi che attendono un sostegno rispetto agli interventi edilizi in Sardegna.
I proponenti denunciano come le disposizioni adottate nella legge in questione, che chiedono di impugnare, attuino in sostanza la soppressione delle norme di salvaguardia del piano paesaggistico, oggetto dell'intesa con il Ministero dei beni culturali attestante la piena conformità del piano con la disciplina prevista dall'articolo 143 del codice Urbani.
Appare molto chiaro come ciò non sia possibile, in quanto l'intesa in questione è stata sottoscritta solo nel febbraio 2007, ossia in epoca successiva all'approvazione definitiva del piano paesaggistico regionale. Quindi, non si capisce come, con quale conformità o con quale tutela preventiva Pag. 6ciò sia avvenuto, perché il protocollo di intesa è stato stipulato solo successivamente al varo del piano paesaggistico regionale.
L'intesa non ha preceduto l'elaborazione del piano, come era nella logica, ma è successiva. Quindi, la ricostruzione che viene fatta non fa sussistere come presupposto alcun ragionamento giuridico-normativo e, nel merito dell'esame del contenuto del protocollo di intesa, non si rinviene quanto sostenuto dai proponenti delle mozioni riguardo all'attestazione del Ministero sulla piena conformità del piano paesaggistico alla disciplina dell'articolo 143 dello stesso «codice Urbani».
Appare, invece, evidente come l'attestazione costituisca ancora un obiettivo da conseguire. Da quanto ho detto, si rileva come debba essere categoricamente escluso che la legge approvata lo scorso 16 ottobre 2009 dal consiglio regionale della Sardegna abbia sostanzialmente attuato una soppressione delle norme di salvaguardia del piano paesaggistico, oggetto di una specifica intesa col Ministero per i beni culturali attestante la piena conformità del piano approvato con la disciplina di cui all'articolo 143 del «codice Urbani» precedentemente enunciato.
Per quanto concerne, invece, la questione posta, secondo la quale in Sardegna si darebbe vita ad un processo di cementificazione diffusa, laddove la legge regionale in particolare prevede aumenti volumetrici generalizzati fino al 40 per cento dei volumi esistenti, anche in aree sottoposte a vincolo, è necessario chiarire che la legge licenziata dal consiglio regionale prevede che i cosiddetti ampliamenti non si applichino in assoluto agli edifici collocati in aree dichiarate ai sensi del piano stralcio per l'assetto idrogeologico di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183.
L'articolo 5, comma 3, in materia di demolizione e successiva ricostruzione con premio volumetrico prevede, infatti, espressamente che, nel caso di immobili insistenti nella fascia dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori ed in aree di particolare valore paesaggistico o in prossimità di emergenze ambientali, architettoniche, archeologiche o storico-artistiche, al fine di conseguire la riqualificazione del contesto, è consentita, previa approvazione da parte del consiglio comunale e stipula di apposita convenzione, l'integrale demolizione degli stessi, non quindi la realizzazione del 40 per cento in più.
Signor Presidente, le mozioni di cui stiamo discutendo vorrebbero, di fatto, cassare una legge regionale della Sardegna che detta disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo. Noi voteremo contro queste mozioni perché non riteniamo che siano validi i presupposti che ne motivano l'impugnazione da parte del Governo.
Votiamo contro in coerenza e a supporto dell'azione politica del nostro partito regionale, che fa parte dell'attuale giunta, certi del valore e dell'importanza di un provvedimento che rilancia un settore quale quello edilizio importantissimo per la Sardegna, perché capace di trascinare altre iniziative di altri settori, come quello del turismo e dei trasporti. Rappresenta, quindi, una grande opportunità per la ripresa dell'economia sarda, dando in particolare nuovo ossigeno a quelle aziende edili che hanno perso in quest'ultimo periodo migliaia di posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, le mozioni in discussione oggi, sulle quali annuncio il voto favorevole della delegazione radicale del Partito Democratico, richiamano, a mio avviso opportunamente, l'attenzione del Parlamento su questioni di legittimità costituzionale di leggi regionali, a partire da quella della Sardegna, adottate in seguito all'intesa Stato-regioni della scorsa primavera sul cosiddetto piano casa. Lo strumento dell'intesa ha visto tuttavia lo Stato e, di conseguenza, il Parlamento abdicare ad Pag. 7una competenza che per Costituzione gli spetta, vale a dire l'individuazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio.
Io penso che in questo modo di procedere si sia contrapposta alla legittimità di una volontà realmente esistente, dimostrata dall'ampio consenso al piano casa nel sistema del governo locale e tra gli elettori e fondata oggi sull'emergenza economica, la legalità costituzionale. Voglio dire, usando un concetto a cui spesso ricorre Marco Pannella, che, se il nostro Paese versa nel grave dissesto idrogeologico le cui drammatiche conseguenze sono costantemente sotto i nostri occhi, è perché vi è stato e vi è un dissesto ideologico nel modo di governare.
Temo che tutta questa vicenda, infatti, possa rappresentare un esempio concreto di un mutamento in atto della forma di Governo nel senso della emarginazione del Parlamento a favore del sistema delle Conferenze. Questo produce una rilevante alterazione delle dinamiche democratiche stabilite dalla Costituzione. Di fronte alle numerose disomogeneità normative, frutto dell'adozione di leggi regionali in conseguenza all'intesa Stato-regioni della scorsa primavera (disomogeneità che non riguardano solo gli aspetti costituzionali), anche in vista dell'adozione del decreto-legge che, in virtù dell'intesa Stato-regioni, doveva essere già stato adottato, credo che il Parlamento debba riappropriarsi di un proprio ruolo, facendo sì che questo decreto-legge non sia, come è stato detto, solo di mera semplificazione e possa invece diventare uno strumento per introdurre una maggiore uniformità normativa, con la capacità di ascoltare quanto da più parti si sottolinea come una necessità altrettanto importante e non incompatibile con il rilancio dell'edilizia: il patrimonio edilizio italiano sia rinnovato, sia riqualificato e sia reso compatibile con il sistema ecologico, secondo un modello di uso parsimonioso delle risorse non rinnovabili, prima fra tutte quelle del suolo e del territorio.
In proposito annuncio che stiamo lavorando alla presentazione di una mozione su questi punti che possa arricchire il dibattito e cercare di ridare un ruolo al Parlamento nella materia relativa al governo del territorio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dal Lago. Ne ha facoltà.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Governo ha da sempre considerato prioritario il problema casa, sin dall'approvazione del pacchetto della manovra finanziaria per il 2009. Con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, è stato varato un apposito piano casa finalizzato a garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana.
Il cosiddetto piano straordinario per l'edilizia residenziale pubblica, pensato per ammodernare il patrimonio immobiliare pubblico e finalizzato a dare alloggio sociale alle famiglie disagiate, agli anziani e alle giovani coppie, è stato sostenuto economicamente grazie ad uno stanziamento per complessivi 350 milioni di euro varati dal CIPE nella riunione dell'8 maggio scorso. Successivamente il Governo ha predisposto il decreto-legge recante misure urgenti in materia di edilizia, urbanistica ed opere pubbliche che tuttavia non è stato messo in discussione nella riunione del Consiglio dei ministri indetta il 15 maggio al fine di rispettare l'impegno assunto dal Governo in Conferenza unificata per cercare un accordo su una materia ad alto tasso di decentramento.
Di conseguenza lo Stato, nel rinunciare ad un proprio intervento legislativo unilaterale, ha aperto la strada ad interventi legislativi regionali. Per coordinare tali iniziative regionali è stata adottata dalla Conferenza Stato-regioni ed enti locali un'apposita intesa datata 31 marzo 2009 che ha definito la cornice comune di obiettivi e criteri attuativi. Come sappiamo, onorevoli colleghi, le regioni si sono impegnate entro novanta giorni ad approvare proprie leggi per regolamentare Pag. 8interventi edilizi a carattere straordinario che, in particolare, dovranno garantire procedure di attuazione degli interventi semplificate e celeri in coerenza con i principi della legislazione urbanistica ed edilizia e della pianificazione comunale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,35)

MANUELA DAL LAGO. Molto ampi sono gli spazi di discrezionalità riconosciuti alle regioni nell'adozione di tali interventi legislativi; l'intesa del 31 marzo, infatti, si limita a stabilire che gli interventi edilizi non possono riferirsi ad edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta. Quanto al rispetto dei vincoli paesaggistici-ambientali l'intesa ha affidato espressamente alle regioni l'individuazione degli ambiti nei quali gli interventi edilizi straordinari sono esclusi o limitati, con particolare riferimento ai beni culturali o alle aree di pregio ambientale e paesaggistiche.
Nel piano casa emerge, secondo noi chiaramente, come siano le regioni le uniche protagoniste di questo percorso di modernizzazione: alle regioni, infatti, in virtù del loro legame privilegiato con il territorio, sono affidate la valutazione e la ponderazione dei criteri atti a consentire l'attuazione di questi interventi straordinari e ciò, a nostro avviso, rappresenta un esempio positivo e specifico di federalismo. Ovviamente, il riconoscimento della competenza delle regioni a disciplinare questi interventi non significa un'incondizionata accettazione da parte dello Stato delle soluzioni che dalle regioni verranno concretamente proposte. Rimane, infatti, prerogativa dello Stato impugnare dinanzi alla Corte costituzionale le leggi regionali che si ritengono viziate.
La legge regionale sarda, oggetto delle mozioni in esame, non sembra, secondo noi, presentare manifesti profili di illegittimità costituzionale. Con riferimento al problema sollevato nelle mozioni della presenza di aumenti volumetrici generalizzati, osserviamo che l'intesa del 31 marzo riconosce espressamente la possibilità per le regioni di adottare determinazioni regionali che possono promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica. Lo stesso rilievo vale anche, per quel che ci riguarda, per le censure relative alla violazione delle aree sottoposte a vincolo di tutela.
Per entrambi i profili le deroghe introdotte dalla regione non sono, a nostro avviso, da considerarsi lesive di norme di riforme economico-sociali dello Stato, come lamentato invece dai proponenti le mozioni. È noto, infatti, come il settore dell'urbanistica e dell'edilizia sia interessato dalla confluenza di numerosi titoli di competenza legislativa, alcuni di potestà concorrente (penso al governo del territorio) altri di potestà esclusiva statale (penso all'ordinamento penale e civile). In siffatti casi, quando non possa ravvisarsi la sicura prevalenza di un complesso normativo rispetto ad altri, che renda dominante la relativa competenza legislativa, la Corte costituzionale ha ritenuto necessario ricorrere al canone della leale collaborazione, che impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni a salvaguardia delle loro competenze. Proprio in questi termini si è operato nel caso in esame al fine di evitare una sovrapposizione anche di interventi legislativi che rischiavano di compromettere l'effettività degli interventi di modernizzazione prefigurati nel programma del Governo.
Alla luce di queste premesse, Presidente, riteniamo inammissibile ed istituzionalmente scorretta la richiesta di un intervento politico del Governo finalizzato a sanzionare l'esercizio di una competenza che, attraverso la procedura di leale collaborazione, lo Stato ha scelto di affidare alle regioni.
Sarà, secondo noi, eventualmente l'Avvocatura dello Stato, effettuate le opportune valutazioni tecniche, ad avviare, qualora lo ritenga opportuno e necessario, un contenzioso innanzi alla Corte costituzionale. Per questi motivi, signor Presidente, Pag. 9la Lega Nord voterà contro le mozioni proposte (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pes. Ne ha facoltà.

CATERINA PES. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con una sentenza recente, depositata il 10 settembre 2009, il Consiglio di Stato ha bocciato una lottizzazione a Cala Jiunco, lungo la costa di Villasimius in Sardegna, motivandola con il principio che le ragioni di tutela del paesaggio prevalgono sempre su quelle delle attività imprenditoriali e private, soprattutto quando sostenute da un piano paesaggistico regionale come quello approvato dalla regione sarda nel settembre del 2006. Questa sentenza è molto importante per una serie di conseguenze che essa stessa determina. Innanzitutto, la prima considerazione è che in Italia esiste la Costituzione e che questa è uguale per tutti; inoltre, che esiste l'articolo 9 della Costituzione, anche questo uguale per tutti, il quale stabilisce che il paesaggio è un bene supremo che la Repubblica tutela. In secondo luogo, che le ragioni del paesaggio e della sua difesa prevalgono su qualsiasi interesse di natura economica di sviluppo e, infine, che in Sardegna esiste un piano paesaggistico corretto sul piano tecnico, amministrativo e giuridico, pienamente giustificato - cito la sentenza - dall'esigenza di salvaguardare un paesaggio di incomparabile bellezza che ha già subito attentati a causa della propensione italica ad una edificazione indiscriminata.
Come detto in sede di discussione sulle linee generali il 16 ottobre 2009, la regione autonoma della Sardegna ha licenziato un disegno di legge denominato: Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo. È un provvedimento, quindi, che interviene sull'edificabilità dei nostri territori costieri, avanzando lo scopo di rilanciare l'economia dell'isola. A nostro parere, questo provvedimento viola le norme di salvaguardia (quelle costituzionali ed europee), cancella il caposaldo della tutela della fascia entro i 300 metri dal mare che da oltre un decennio è entrato nella cultura e nella pratica dei sardi e liberalizza tutte le lottizzazioni che, occupando parti intatte del nostro paesaggio, erano state bloccate.
Nel suo intervento in sede di discussione sulle linee generali, l'onorevole Cicu ha tentato di spostare su altri argomenti il grave tema sollevato dalla nostra mozione sulle condizioni di legittimità del provvedimento della regione sarda, avanzando a sua volta obiezioni sulla conformità del piano paesaggistico sardo e legittimando così la necessità di normare quanto ad oggi normato non è. Permetteteci di dire che non è così: intanto va ricordato che l'intesa siglata il 19 febbraio del 2007 tra il Ministero dei beni e delle attività culturali e la regione Sardegna recita espressamente, all'articolo 1, che il Ministero assevera la rispondenza del piano paesaggistico regionale ai contenuti e alle finalità del disegno legislativo n. 42 del 2004 - il cosiddetto codice Urbani - e successive modifiche ed integrazioni; inoltre, si impegna a cooperare con la regione Sardegna per forme coordinate e unificate di tutela e di valorizzazione del paesaggio. L'intesa fa seguito alla lunga e costante partecipazione degli organi ministeriali alla fase costitutiva del piano e, dunque, lo stesso Ministero ha partecipato attivamente alla sua redazione, così come previsto dal comma 1, dell'articolo 135 del codice.
Aggiungo, onorevole Cicu, che l'intesa con la Sardegna non poteva essere preliminare alla redazione del piano, dal momento che non esistevano più i PTP, in quanto annullati, e perché nel codice è fatto espresso riferimento alle intese esclusivamente per l'adeguamento dei piani esistenti.
Probabilmente, lei confonde la fase di redazione del piano paesaggistico regionale, disciplinata dal citato articolo 135, con quella dell'articolo 156, che invece assicura la verifica e l'adeguamento dei piani paesaggistici. Da quest'ultimo articolo, Pag. 10infatti, muove la nostra richiesta di illegittimità. La regione sarda, a nostro parere, viola il codice Urbani attraverso l'articolo 13 della legge regionale, in quanto vengono unilateralmente modificate le previsioni transitorie e la salvaguardia del PTR, senza attuare quanto previsto dall'articolo 156, ovvero senza avere stipulato preventivamente un'intesa con il Ministero. La regione sarda, in altre parole, viola le disposizioni, approvando una legge che prima dispone e solo dopo vorrebbe acquisire l'intesa con lo Stato, che detiene la competenza costituzionale di cui all'articolo 9 della Costituzione. In secondo luogo, per la legge dello Stato le previsioni dei piani paesaggistici sono prevalenti su qualunque disposizione difforme settoriale, in particolar modo allo scopo di prevenire un danno ambientale e paesaggistico irreversibile e gravi ripercussioni sociali ed economiche, in quanto in contrasto con il succitato articolo 9.
Veniamo ai contenuti: con un processo di depianificazione in deroga, che prevede un aumento delle volumetrie fino al 40 per cento, si dispone la soppressione delle norme di salvaguardia in tutto il territorio dell'isola. Le nuove direttive, anziché prevenire, tendono a consolidare i contesti urbanistici sottoposti a livello di rischio idrogeologico significativo. Tali vincoli, infatti, non prevedono - vorrei sottolinearlo - aree come Capoterra, Orosei, Villagrande Strisaili, dove negli ultimi anni si sono verificati eventi disastrosi, e ciò perché queste sono aree fuori dai parametri di elevato rischio. Questa norma, inoltre, prevedendo la possibilità di un ampliamento fino al 10 per cento delle case nella fascia dei trecento metri dal mare, è un attacco senza precedenti al patrimonio ambientale di una regione le cui meraviglie sono conosciute in tutto il mondo. Allora, ci vengono spontanee alcune domande: quali e quanti saranno i milioni di metri cubi che pioveranno sull'isola e sulle sue coste? Quanti di questi riguarderanno le prime case e quanti, invece, le seconde case e gli alberghi sul mare? Cancellando le norme di salvaguardia, d'ora in avanti, in Sardegna si potrà costruire come si vuole. Tra diciotto mesi poi, forse, ci sarà un altro piano paesaggistico regionale. In questo modo, si chiudono i recinti quando ormai i buoi sono scappati. Allora, non ci sarà più un pezzo di spiaggia o un pezzo di terreno vergine in Sardegna, perché sacrificato alla speculazione edilizia ed al cemento.
In Italia esiste un codice dei beni culturali e del paesaggio e in Sardegna esiste un piano paesaggistico, che a questo codice si ispira. In Sardegna, esiste ancora una legge, che neanche un referendum di poco più di un anno fa ha messo in discussione, e, finché non se ne farà un'altra, questa è la legge in vigore. Signor Presidente, questa è una legge manifesto, perché manifesto di una cultura politica che vuole liberalizzare tutto, violando regole collettive, perché questa legge fa cadere le regole e la Sardegna ne diventa il simbolo triste e la metafora. Ci è stato spiegato che con questa legge si risponde all'enorme carenza abitativa dell'isola. Tanto per dire: nel 2007 la regione autonoma della Sardegna ha stanziato 100 milioni di euro per la casa, contro i 200 milioni del Governo Berlusconi per l'intero territorio nazionale. Questa era ed è la nostra idea di sviluppo: la tutela dell'ambiente prima di tutto. Non il mattone, ma un ambiente e un paesaggio da lasciare in eredità ai nostri figli. La Sardegna e l'intero Paese non diventeranno certo più ricchi coprendoli di cemento.
Negli ultimi 20 anni in Italia si è costruito dieci volte di più di quanto si sia costruito in Germania e in Francia, e non per questo siamo diventati più ricchi. L'altro ieri ho citato lo scrittore inglese Lawrence; lo rifaccio. Egli scrisse: «La Sardegna è incantevole spazio intorno e distanza da viaggiare, nulla di finito, nulla di definitivo. È come la libertà stessa».
Ecco perché, in questo momento, per noi la Sardegna è il simbolo di tutto ciò che va tutelato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicu. Ne ha facoltà.

Pag. 11

SALVATORE CICU. Signor Presidente, nella fase della discussione sulle linee generali abbiamo già approfondito alcuni dei temi che sono stati riproposti dall'onorevole Pes, che appaiono catastrofici e che soprattutto denunciano e rappresentano una situazione inesistente; si indirizzano, cioè, verso quello che assolutamente non esiste in alcuna norma scritta in ordine al piano paesaggistico regionale attuale.
Innanzitutto, non vi è stato alcuno scardinamento di norme che realizzano la condizione di non avere la continuità e l'ottemperanza con il codice Urbani, ma pensavo che ci si potesse confrontare serenamente soprattutto sui motivi...

PRESIDENTE. Onorevole Cicu, le chiedo scusa. Colleghi, scusate, forse, se attorno all'onorevole Cicu, che sta svolgendo il suo intervento...colleghi, se intorno all'onorevole Cicu vi fosse meno confusione, e anche intorno al banco del Governo...onorevoli carissimi che state disturbando il Governo... prego, onorevole Cicu.

SALVATORE CICU. Grazie, signor Presidente. Dicevo che mi sembra di capire che le motivazioni che sono state rappresentate dall'onorevole Pes in qualche modo vadano oltre l'individuazione degli elementi che sono contenuti nella mozione e che giustamente il Governo, con estrema correttezza, ha in qualche modo raccolto come elementi di valutazione, senza alcuna pregiudiziale chiusura rispetto ad una valutazione e ad un impegno che rientra, peraltro, nella responsabilità del Governo. È chiaro, quindi, che, nel momento in cui vi sarà la pubblicazione del provvedimento, il Governo svolgerà il suo ruolo e il suo compito di approfondimento e di valutazione in ordine agli elementi di legittimità.
Ma, proprio con riferimento alla legittimità, voglio richiamare alcuni concetti che sono stati sostenuti ed espressi dall'onorevole Pes con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale che indicherebbe lo Stato come il riferimento che conserva il potere di vincolare la potestà primaria delle regioni a statuto speciale mediante leggi qualificabili come riforme economico-sociali e al fatto che, stante la vigenza del codice dei beni culturali e del paesaggio, non risulterebbero operanti in Sardegna altri indirizzi del legislatore statale che autorizzino disposizioni in deroga a quelle del predetto codice.
Questa contestazione appare priva di ogni e qualsiasi fondamento e pregio giuridico, perché deve essere ribadito in termini categorici che la legge regionale n. 4, approvata lo scorso 16 ottobre 2009 dal consiglio regionale della Sardegna, non deroga al codice Urbani, onorevole Pes, non invade la potestà legislativa primaria dello Stato in materia di tutela del paesaggio e non contrasta minimamente con le norme qualificabili come riforme economico-sociali. Ciò risulta anche dal fatto che dagli stessi proponenti non viene mossa alcuna contestazione specifica riguardo alle singole disposizioni di legge.
Nella sentenza richiamata la Corte costituzionale, nel valutare la legittimità della legge regionale n. 8 del 2004, che si sosteneva essere in contrasto con le previsioni costituzionali che attribuiscono allo Stato competenza primaria in materia di paesaggio, giunge a conclusioni esattamente opposte a quelle esposte dai proponenti la mozione: riconosce inequivocabilmente - e qui vi è un percorso secondo me pericoloso nelle rivendicazioni dei proponenti - che alla Sardegna spetta un'autonoma potestà legislativa in materia paesaggistica; stiamo quindi proprio andando verso una situazione che attribuirebbe dei compiti diversi e minori alla potestà legislativa specifica, autonoma della Sardegna. E infatti il giudice, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità proposta, sostiene che il decreto del Presidente della Repubblica del 22 maggio 1975, n. 480, nel Capo III, intitolato «Edilizia ed urbanistica», all'articolo 6 prevede che il trasferimento di funzioni dallo Stato alla regione riguarda non solo quelle urbanistiche, ma anche quelle relative ai beni culturali ed ambientali, e la redazione ed approvazione dei piani territoriali paesaggistici. Prosegue sostenendo peraltro Pag. 12che, in applicazione di quelle disposizioni, sarebbe stata approvata la legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, che contiene anche le norme riguardanti l'approvazione dei piani paesaggistici. È allora evidente che la regione Sardegna dispone, nell'esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale.
Credo che al di là di questi aspetti, che sono evidenti, vi sia stata però un'erronea valutazione, ed anche un'erronea rappresentazione, onorevole Pes, perché non si può dire che vi è la possibilità di depianificare costruendo entro i 300 metri dal mare. Onorevole Pes, l'articolo 5, comma 3, stabilisce esattamente il contrario: si prevede che si possano demolire tutte le opere che rientrano nei 300 metri dal mare, e che spostandole oltre i 300 metri possano essere ricostruite; vi è una maggiore tutela, una maggiore valorizzazione. Lo scenario da lei rappresentato è un film che noi non conosciamo e non vogliamo conoscere; forse qualcun altro, in questi ultimi anni, attribuendosi una piena potestà arbitraria, voleva destinare le nostre coste a qualche potentato italiano, e realizzare la condizione della cementificazione. Anche per questi motivi, noi chiediamo il rigetto delle mozioni (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, intervengo molto sinteticamente a titolo personale soltanto perché ritengo che molte delle questioni che sono state poste dalle due mozioni riguardano aspetti delicatissimi della tutela del patrimonio paesaggistico della nazione; nel caso specifico, parliamo di una regione ad autonomia speciale, la Sardegna, ma come tutti sappiamo l'articolo 9 della Costituzione prevede in maniera ferma che la tutela del paesaggio, la tutela del patrimonio ambientale e culturale sia una delega piena dello Stato. Anche nell'unica regione dove il dato della tutela, oltre a quello della valorizzazione che è competenza concorrente con le regioni, è legato alle potestà esclusive della regione, cioè nel caso specifico la Sicilia, che conosco molto bene, i piani paesaggistici regionali devono tener conto dell'entrata in vigore del codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, e quindi seguire una linea di coerenza rispetto a quella che è una grande infrastruttura immateriale dell'intera nazione, cioè il paesaggio.
Senza voler quindi scendere nei particolari localistici, qui non è in discussione un contrasto interpretativo tra la linea Soru e la linea del dopo Soru: è in discussione un tema centrale, quello che l'articolo 9 sancisce come patrimonio paesaggistico culturale della nazione. Credo quindi che qualsiasi intervento che deleghi alla regione questa tutela con una volontà forte di deregulation, è un intervento quanto meno discutibile anche sotto il profilo costituzionale. Per coerenza di schieramento non arriverò a votare a favore della mozione, ma certamente annuncio a titolo personale la mia astensione sulle mozioni in esame (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Avverto che a seguito della votazione della mozione Soro ed altri n. 1-00256 risulterà comunque assorbito o precluso il primo capoverso del dispositivo della mozione Borghesi ed altri n. 1-00259, che reca un impegno sostanzialmente identico a quello della mozione Soro ed altri n. 1-00256.
Passiamo dunque ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Pag. 13
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Soro ed altri n. 1-00256, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Rampi... onorevole Martella... onorevole Lo Presti... onorevole Pili... onorevole Giacomelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 500
Votanti 496
Astenuti 4
Maggioranza 249
Hanno votato
209
Hanno votato
no 287).

Prendo atto che i deputati Calvisi e Ferranti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Cosenza ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Borghesi ed altri n. 1-00259, per la parte non preclusa, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Della Vedova... onorevole Franzoso... onorevole Simeoni... onorevole Cosenza... onorevole Vella... onorevole Romano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 507
Votanti 503
Astenuti 4
Maggioranza 252
Hanno votato
212
Hanno votato
no 291).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1500 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati Arabi Uniti relativo alla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Dubai il 13 dicembre 2003 (Approvato dal Senato) (A.C. 2552-A) (ore 12,01).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati Arabi Uniti relativo alla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Dubai il 13 dicembre 2003.
Ricordo che nella seduta del 26 ottobre 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore ed il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli - A.C. 2552-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, nel testo della Commissione.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 2552-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Traversa... onorevole Girlanda... onorevole Fioroni... onorevole Scilipoti... onorevole Cesario... onorevole De Micheli... onorevole Paladini... onorevole Sposetti... onorevole Duilio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ). Pag. 14

(Presenti 502
Votanti 500
Astenuti 2
Maggioranza 251
Hanno votato
500).

Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 2552-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole D'Ippolito Vitale...... onorevole Oliverio... onorevole D'Incecco... onorevole De Micheli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 506
Votanti 504
Astenuti 2
Maggioranza 253
Hanno votato
504).

Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 2552-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Tommaso Foti... onorevole Dima... onorevole Vella... onorevole Pili.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 503
Votanti 501
Astenuti 2
Maggioranza 251
Hanno votato
501).

Prendo atto che il deputato Tocci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 2552-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Pili... onorevole Coscia... onorevole Trappolino... onorevole Paladini... onorevole De Micheli... onorevole Formisano.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 505
Votanti 503
Astenuti 2
Maggioranza 252
Hanno votato
503).

Prendo atto che il deputato Brigandì ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A - A.C. 2552-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, intervengono per informare l'Assemblea di un aspetto importante di questo Trattato che rappresenta a mio avviso, e non solo, un pericoloso precedente. Con questo Trattato, il nostro Paese rinuncia alla giurisdizione nei confronti del personale militare degli Emirati Arabi Uniti, secondo delle modalità che non hanno precedenti nell'ambito della nostra legislazione, se non quelli previsti nel Trattato istitutivo della NATO che, come sappiamo, è molto vincolante per il nostro Paese, e sul quale, in passato, vi è stato un dibattito politico sicuramente molto rilevante. Molti colleghi, Pag. 15sicuramente meglio di me, ricorderanno la vicenda del Cermis, la tragedia che accadde, purtroppo, nel Trentino alla fine degli anni novanta, e che portò all'uccisione di 20 persone sul nostro territorio. Su quella vicenda, negli Stati Uniti, si svolse un processo che portò all'assoluzione dei militari, con la rinuncia, appunto, della giurisdizione da parte del nostro Paese.
Se, in base alla Costituzione italiana, è concepibile prevedere nell'ambito di un'alleanza militare che è stata anche fondativa della nostra Repubblica (come quella della NATO) delle limitazioni particolari rispetto alla giurisdizione esercitata dalle nostre autorità, questo non deve diventare una norma. Non si comprende, infatti, perché nelle relazioni con un Paese come gli Emirati Arabi Uniti si prevedano dei privilegi che non sono previsti per tanti altri Paesi nell'ambito dei rapporti bilaterali e nella collaborazione in materia di difesa.
Di tutto ciò abbiamo discusso in Commissione e vi è stato un sostanziale riconoscimento da parte del Governo della particolarità e dell'eccezionalità di questo Accordo stipulato con gli Emirati Arabi Uniti, tanto che è stato presentato un ordine del giorno, che voteremo successivamente, che impegna il Governo a rinegoziare il Trattato con la autorità degli Emirati Arabi Uniti.
Però credo che l'Assemblea debba essere informata del fatto che quando si stipulano e si negoziano questi trattati internazionali ci deve essere poi un Parlamento attento a non stabilire dei precedenti che possano essere contestati anche dal punto di vista costituzionale ma soprattutto dal punto di vista politico. Mi riferisco al paragonare la presenza del nostro Paese all'interno dell'alleanza atlantica ai rapporti politici che si hanno con questi Paesi. Tali rapporti non possono essere estesi, automaticamente o nella distrazione generale, a Paesi che evidentemente dal punto di vista politico e strategico, e anche dal punto di vista della difesa, sono molto distanti da quelle che sono le priorità in questo settore da parte del nostro Paese.
Per queste ragioni, e sulla base anche del fatto che c'è un impegno del Governo a rinegoziare questo Trattato, se sarà accolto l'ordine del giorno presentato, la delegazione dei deputati radicali si asterrà nel voto finale (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 500
Votanti 496
Astenuti 4
Maggioranza 249
Hanno votato
496).

Prendo atto che i deputati D'Incecco e Oliverio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 2552-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 2552-A). Qual è il parere del Governo sull'ordine del giorno presentato?

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Malgieri n. 9/2552-A/1, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: nel dispositivo, dopo le parole «a porre in essere, una volta espletate le procedure di ratifica ed entrato in vigore il presente Pag. 16Accordo,» sostituire le parole «l'avvio di un'azione negoziale» con le parole «un'iniziativa tesa all'avvio di un negoziato». Ciò è in relazione al fatto che chiaramente dovrà essere verificata la volontà della controparte.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Malgieri n. 9/2552-A/1, accettato dal Governo, purché riformulato.

GENNARO MALGIERI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Malgieri n. 9/2552-A/1, accettato dal Governo, purché riformulato.
È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2552-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, avevo già preannunciato, durante la discussione sulle linee generali del provvedimento in esame nel pomeriggio di lunedì, l'orientamento favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori, per cui mi rimetto a quella dichiarazione confermando il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo per confermare la nostra indicazione favorevole all'Accordo con gli Emirati Arabi Uniti sulla cooperazione nel settore della difesa. Si tratta di un Accordo importante, implementato anche dall'ordine del giorno firmato da molti di noi presenti in Commissione. Mi sembra un passo avanti nella giusta direzione per stabilizzare e per accrescere i rapporti con questo importante Stato, anche in vista della nostra missione in Afghanistan.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati alla ratifica di un Accordo di collaborazione nel settore della difesa con un Paese sicuramente amico, ma con peculiarità che ci portano a toccare argomenti che vanno sicuramente al di là del Trattato stesso, ma che riteniamo sia importante sottolineare.
Il fatto che il gruppo della Lega Nord Padania sia favorevole a questo Accordo è eloquente dell'atteggiamento positivo che il nostro movimento politico ha nei confronti dei Paesi islamici; però è necessario, proprio in questa occasione, ricordare che negli ultimi mesi si sono sprecate le dichiarazioni relative al problema dell'immigrazione islamica nel nostro Paese. A questo proposito dobbiamo essere chiari. Le statistiche ufficiali dell'Unione europea, riprese nei mesi scorsi dai maggiori quotidiani, hanno confermato quello che la Lega Nord dice da tanti danni. I trend di crescita del numero di immigrati islamici in Europa sono in continuo aumento e questo porterà ad avere nel 2050 il 20 per cento della popolazione europea di fede musulmana.

In questa situazione vi sono due modi di agire: quello di accettare supinamente la situazione, facendo come lo struzzo che di fronte al pericolo nasconde la testa sotto terra fino ad esserne travolto, oppure non accettare questa situazione e mettere in atto politiche atte ad arginare questo tipo di immigrazione, in modo da non arrivare mai alla realizzazione di questa fosca previsione.
Ogni popolo ha il diritto di salvaguardare le proprie peculiarità. Non possiamo Pag. 17dimenticare che le radici dei popoli europei sono cristiane ed è quindi corretto cercare di salvaguardarle. Al contrario, le continue dichiarazioni a favore di un radicamento in Europa ed in particolare nel nostro Paese degli immigrati islamici sono un continuo segnale di richiamo per queste persone. Ipotizzare un percorso più facile per ottenere la cittadinanza, lo studio della religione islamica nelle scuole, un concordato tra Stato ed Islam sono tutti elementi che diventano strumenti di grande attrazione dell'immigrazione dai Paesi islamici ed anche per questo motivo non ci vedono assolutamente d'accordo. È un diritto dei Paesi islamici la salvaguardia della loro cultura ed in questo avranno sempre la nostra amicizia e collaborazione, che oggi si estrinseca anche con l'approvazione del provvedimento in esame, però è anche nostro diritto e per noi dovere preservare le nostre radici e la nostra identità.
Per concludere, signor Presidente, in relazione diretta al provvedimento in esame devo dire che sulle preoccupazioni dell'onorevole Mecacci non mi sento di poter convergere, in quanto all'articolo 7 dell'Accordo si dice testualmente che il personale del Paese inviante sarà soggetto alle leggi ed ai regolamenti vigenti nel Paese ospitante durante la permanenza sul suo territorio. Mi sembra che la lettera b) dell'articolo 7 chiarisca bene che il personale di quel Paese che sarà sul nostro territorio sarà soggetto alle nostre leggi. Dunque, non penso che vi siano problemi di quel tipo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.

PAOLO CORSINI. Signor Presidente, esprimo alcune brevissime considerazioni, che peraltro si ripromettono di sottolineare gli argomenti che sono stati esposti in modo convincente ed appropriato nell'ambito della discussione generale sul provvedimento in esame dal collega onorevole Mario Barbi. Ora noi stiamo trattando di un Accordo bilaterale con un Paese che è profondamente diverso dal nostro, collocato in un'area di grandissima importanza strategica, sia sotto il profilo delle risorse energetiche sia da un punto di vista più strettamente logistico (non dimentichiamo che si tratta di uno scalo importantissimo per le missioni di pace in Afghanistan). Peraltro gli Emirati, in particolare Abu Dhabi e Dubai, si stanno affermando come uno snodo di importanza fondamentale tra Europa ed Asia e come una piattaforma decisiva per il commercio e l'offerta di servizi nell'area del Golfo Persico, venendo ad occupare una posizione preminente nell'Asia meridionale nel suo complesso. Peraltro, va sottolineato come gli Emirati Arabi Uniti siano uno dei Paesi più influenti del mondo, in cui l'economia del petrolio e l'export petrolifero restano certamente centrali e costituiscono ed evidenziano un'importanza relativamente decrescente.
Infine va sottolineato come siamo in presenza di uno sforzo di differenziazione dell'economia molto accentuato, che vede la stipulazione di accordi per la costruzione di centrali ad uso civile e di alcuni progetti, come la costruzione di una città ecologica non lontana da Abu Dhabi city, una città che non dovrebbe produrre emissioni di carbonio e dovrebbe essere alimentata al 100 per cento da energie rinnovabili. Metto conto anche di sottolineare che il valore delle nostre esportazioni negli Emirati è stato nel 2008 di oltre 5,2 miliardi di euro, a fronte di un import di 455 milioni, quindi un attivo della bilancia commerciale di 4,7 miliardi di euro.
Infine, un'ultima considerazione per riprendere le osservazioni che credo opportunamente sono state esposte in quest'aula dal collega onorevole Mecacci: in realtà in Commissione si è sviluppata un'approfondita discussione sull'applicazione delle leggi del Paese di provenienza ai militari degli Emirati ospiti in missione in Italia. L'applicazione della legge degli Emirati nel caso di certi reati, ancorché limitatamente a reati commessi in violazione del codice militare, può prevedere la pena capitale. Pag. 18
Ebbene, la formulazione della disposizione che non si applica ai reati comuni per i quali vige la giurisdizione del Paese ospitante, sebbene non insolita nel caso di accordi di questo genere, avrebbe dovuto essere diversa e prevenire anche in linea di principio che si presentasse un'eventualità in contrasto con i nostri princìpi fondamentali.
Per cui, la nostra raccomandazione è volta a far sì che venga riconsiderata tale norma, in occasione della prima revisione dell'accordo. Inoltre, valutiamo positivamente il fatto che il Governo si sia dichiarato del tutto favorevole. Queste sono le ragioni per cui il Partito Democratico voterà a favore della ratifica oggi in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, intervengo solo per rispondere alle osservazioni del collega D'Amico della Lega, il quale ha letto una norma del trattato alla quale, però, lo stesso trattato - all'articolo 7, comma c) - prevede una deroga. Tale deroga, che riguarda gli atti compiuti dai militari degli Emirati Arabi Uniti sul nostro territorio nell'esercizio di funzioni relative alla loro attività militare (poiché riguarda l'attività che rientra nella disciplina militare di quel Paese e che, per gli Emirati Arabi Uniti, naturalmente, è molto più ampia di quella che riguarda il nostro Paese), può riguardare anche reati molto importanti. Il fatto che si conceda ad un Paese come gli Emirati Arabi Uniti questo tipo di esenzione - la quale, ripeto, nel nostro ordinamento è stata prevista solo dal Trattato istitutivo della NATO - rappresenta un qualcosa che deve formare oggetto di discussione; tra l'altro, il Governo si è reso disponibile per una rinegoziazione di questo strumento. Per questo motivo annunciamo il nostro voto di astensione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 2552-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2552-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 2552-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Di Virgilio... onorevole Nirenstein... onorevole Lo Monte. I colleghi hanno votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1500 - «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati Arabi Uniti relativo alla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Dubai il 13 dicembre 2003» (Approvato dal Senato) (2552-A):

Presenti 502
Votanti 488
Astenuti 14
Maggioranza 245
Hanno votato 488
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che le deputate Pes e Argentin hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.

Pag. 19

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1756 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Moldova sulla cooperazione nel campo della difesa, fatto a Roma il 6 dicembre 2006 (Approvato dal Senato) (A.C. 2765) (ore 12,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Moldova sulla cooperazione nel campo della difesa, fatto a Roma il 6 dicembre 2006.
Ricordo che nella seduta della 26 ottobre 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore ed il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli - A.C. 2765)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 2765) al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Foti... onorevole D'Ippolito Vitale... onorevole Leo... onorevole Cuomo... onorevole Mosca... onorevole Damiano... onorevole Mazzuca... l'onorevole Mazzuca ancora non sta votando... onorevole Fadda... onorevole Calderisi... l'onorevole Mosca ancora non vota...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 502
Votanti 501
Astenuti 1
Maggioranza 251
Hanno votato
501

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 2765), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Paolo Russo... onorevole Coscia... onorevole D'Ippolito Vitale... onorevole Cesa... onorevole Concia... onorevole De Micheli... onorevole Cesario...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 498
Votanti 497
Astenuti 1
Maggioranza 249
Hanno votato
497).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare e che la deputata Mattesini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 2765), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Di Virgilio... onorevole Sbai... onorevole Leo... onorevole Mereu... onorevole Bressa... Pag. 20onorevole Lo Monte... onorevole Cesario... onorevole Duilio... l' onorevole Bressa ancora non riesce a votare... adesso sì.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 501
Votanti 500
Astenuti 1
Maggioranza 251
Hanno votato
500).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare e che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 2765), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi, oggi proprio... onorevole Cesario... onorevole Cassinelli... onorevole Trappolino... onorevole Di Stanislao... onorevole Simeoni... onorevole Cuomo... Onorevole Damiano... onorevole Simeoni...i colleghi hanno votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 501
Votanti 500
Astenuti 1
Maggioranza 251
Hanno votato
500).

Prendo atto che i deputati Sisto, Pionati e Bachelet hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2765)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2765).
L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2765/2.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, approfitto dell'occasione anche per anticipare la dichiarazione di voto finale, che vedrà un voto favorevole da parte del gruppo dell'Italia dei Valori. Tuttavia, abbiamo presentato un ordine del giorno perché, rispetto all'attuazione di questo accordo fra l'Italia e la Repubblica di Moldova, c'è una preoccupazione. Con il nostro ordine del giorno chiediamo che si vigili sull'utilizzo dei materiali di armamento da parte della Moldova e si impedisca che tali materiali possano essere utilizzati nelle regione ribelle della Transnistria. Questo è il senso del nostro ordine del giorno, che auspico possa venire accettato dal Governo.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Mecacci n. 9/2765/1, purché venga riformulato sostituendo, nel secondo capoverso del dispositivo, la parola «rafforzare» con la parola «sostenere». Con tale riformulazione l'ordine del giorno è accettato, altrimenti sarebbe accolto come raccomandazione.
Il Governo accetta altresì l'ordine del giorno Evangelisti n. 9/2765/2, purché sia riformulato inserendo, sempre nel secondo capoverso del dispositivo, dopo le parole «materiali di armamento possano» le parole «illegittimamente transitare ed», anche nel senso descritto dai presentatori. Pag. 21Con tale riformulazione l'ordine del giorno è accettato, altrimenti sarebbe accolto come raccomandazione.

PRESIDENTE. Onorevole Mecacci, accetta la riformulazione?

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, accetto la riformulazione. Tuttavia, mi permetto solo di aggiungere a commento, visto che non ho illustrato l'ordine del giorno n. 9/2765/1 di cui sono primo firmatario, che questa regione, ai confini dell'Europa e che fa parte della Repubblica di Moldova, vale a dire la Transnistria, è una regione in cui l'influenza delle autorità russe è notevolissima e vi sono state, in passato ma anche recentemente, delle iniziative da parte delle autorità russe che hanno anche messo in discussione una situazione non certo molto stabile in quella regione che vede, appunto, la presenza di armamenti e di militari che risalgono ai tempi dell'Unione Sovietica.
Credo che un'iniziativa forte, da parte del nostro Governo, nei confronti delle autorità russe, visti anche i rapporti molto saldi che sembra avere il nostro Presidente del Consiglio con le autorità di quel Paese, sia necessaria per far sì che, appunto, questa regione d'Europa, che vive purtroppo ancora in una situazione di instabilità, di corruzione e di attività illegali molto diffuse, possa trovare una soluzione. Pertanto, accolgo la riformulazione e spero che il Governo possa su questo punto impegnarsi ancora più a fondo di quanto non abbia fatto fino ad oggi.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto, dunque, che l'onorevole Mecacci accetta la riformulazione e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2765/1, accettato dal Governo purché riformulato.
Prendo atto che l'onorevole Evangelisti accetta la riformulazione e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2765/2, accettato dal Governo purché riformulato.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2765)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Prendo atto che l'onorevole Evangelisti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazioni di voto, vi rinunzia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà (Commenti di deputati dei gruppo Popolo della Libertà).

LUCA VOLONTÈ. Non consegnerò il mio intervento. Sono le dodici e abbiamo cominciato due ore fa. Non mi sembra il caso!
Signor Presidente, vorrei ricordare alcuni tratti essenziali e, soprattutto, alcune osservazioni che ha svolto il relatore, l'onorevole Malgieri, in Commissione due settimane fa. Si tratta di un Accordo con la Repubblica di Moldova che interviene evidentemente, come quello precedente, sulla cooperazione militare. Tuttavia, il relatore Malgieri ha rilevato in Commissione, con intelligenza, le diverse forme di collaborazione che vi possono essere con quel Paese, che è importante anche sul piano strategico. Ricordo in questa occasione che nell'ultima assemblea plenaria del Consiglio d'Europa si è parlato della Moldova. Un componente della delegazione italiana, come è stato per la Bielorussia Rigoni, anche per la Moldova il collega Farina non solo è intervenuto per sottolineare l'interesse del nostro Paese a questo Accordo e a questo riconoscimento, anche sul tema dei diritti umani, ma anche per ricordare il tema oggetto di questi due ordini del giorno, cioè la situazione molto particolare della Transnistria. Dicendo e sottolineando ciò - come dicevo prima - con intelligenza la Commissione e il relatore Malgieri hanno ricordato la viva preoccupazione per la Transnistria ma anche l'interesse che il nostro Paese deve avere nel mettere al primo posto, negli accordi bilaterali, il tema del rispetto dei diritti umani inserendolo, appunto, all'interno di ogni accordo internazionale. Pag. 22
Mi sembra che siano aspetti importanti da sottolineare perché raccolgono un po' il dibattito che è stato svolto su questi temi in diverse occasioni nelle discussioni degli accordi internazionali. Ho voluto riprendere il tema in occasione del dibattito sull'Accordo con la Repubblica di Moldova perché mi sembrava di particolare interesse, considerato il protagonismo internazionale che hanno avuto anche i nostri colleghi su questo tema.
Mi permetta, visto anche l'arrivo del sottosegretario Craxi, di aprire una parentesi di un secondo. Penso che sia auspicabile, oltre all'approvazione di questo accordo, anche l'apertura di un dibattito, signor Presidente, considerata anche la non particolare intensità dei lavori dell'Assemblea di queste settimane, che possa interessare il nostro Parlamento e possa trovare il nostro Paese unito nelle sedi internazionali per riflettere sulle posizioni di incarichi di prestigio che si aprono dopo l'approvazione del Trattato di Lisbona. Mi auguro che vi possa essere anche una riflessione sulle candidature che vengono poste, di volta in volta, all'attenzione internazionale e che appaiono anche sui quotidiani europei. Auspico, pertanto, una riflessione su quale possa e debba essere il ruolo dell'intero Paese e dell'unità dell'intera politica italiana all'interno del futuro dell'Unione europea.
Penso che questo piccolo corollario che ho voluto aggiungere possa essere di particolare interesse per avere un Paese unito su queste scelte di politica europea che urgono nel consesso internazionale e che ci vedono, in questo momento, un po' divisi e, soprattutto, incapaci di introdurre una discussione unita ed efficace in difesa degli interessi del nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, oggi siamo riuniti per approvare e ratificare un accordo con la Repubblica di Moldova sulla cooperazione nel campo della difesa. Dobbiamo dire che poche settimane fa abbiamo approvato un altro accordo con la Repubblica di Moldova relativo al riconoscimento delle sentenze civili. Si tratta di due provvedimenti che sono arrivati a breve distanza l'uno dall'altro e che riteniamo importanti da approvare (anche nel caso dell'accordo sulla difesa oggi in esame) per determinati motivi che è giusto esprimere anche in relazione alla situazione politica della Repubblica di Moldova.
Infatti, la Repubblica di Moldova, a seguito delle ultime elezioni democratiche, si trova in una situazione particolare a livello politico, dopo anni e anni di Governo comunista prima con il regime dell'Unione sovietica e poi con un Governo comunista a regime democratico (in base a delle libere elezioni). Vi è stato un cambiamento: dopo l'ultima elezione di luglio vi è una nuova maggioranza che guida il Paese, per la prima volta senza il Partito Comunista, ma si trova in una situazione difficile perché il quorum per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica non viene raggiunto e quindi vi è una situazione di instabilità. Vi è stato anche un attentato nelle ultime settimane a un concerto e quindi la situazione è difficile.
Approvare nel giro di così poco tempo questi due accordi è un segnale, anche da parte nostra, di apertura verso un Paese che sta cercando di avvicinarsi agli standard di democratizzazione dell'Unione europea; approvare questo accordo ha quindi un rilevante significato politico, al di là della semplice materia trattata. Inoltre, bisogna dire che sotto l'aspetto della difesa la Repubblica di Moldova si trova, anche in questo caso, in una situazione particolare a causa della contesa regione della Transnistria, che fa parte del territorio della Repubblica di Moldova, ma di fatto è controllata da qualcun altro: è una situazione difficile e si spera che si risolva nel modo migliore senza conflitti.
Quello che poi vogliamo sottolineare è che la Moldova ha fatto una apertura anche nei nostri confronti e questo lo dobbiamo al vecchio Governo comunista (dobbiamo dirlo), ossia al Ministro Pirlog Pag. 23il quale, dopo una visita della nostra delegazione Osce nei mesi scorsi, ha proceduto all'arresto di un pericoloso criminale reo di aver ucciso il dottor Colturani a Milano alcuni anni fa.
Questo personaggio viaggiava libero per tutta Europa, si era rifugiato nel suo Paese natale, la Repubblica di Moldova, ed era libero. Il Ministro della giustizia (lo ripeto: un Ministro del Partito Comunista moldavo) ci assicurò che avrebbe provveduto a fare di tutto per assicurarlo alle patrie galere e questo fu fatto. Quello che chiedo in questa sede anche agli amici della Repubblica di Moldova è che adesso, con il cambio di Governo, non ci sia da rimpiangere il Governo precedente.
Infatti, ci giungono notizie non ancora allarmanti, ma che dicono che vengono continuamente richiesti chiarimenti alle nostre autorità di polizia per avere specifiche su quello che questo personaggio rubò durante il furto che culminò nell'omicidio del dottor Colturani, e queste continue richieste di chiarimenti sono, per alcuni di noi, un segnale d'allarme sulla volontà o meno di mantenere nelle patrie galere della Repubblica di Moldova quella persona.
Quindi, quello che vogliamo significare oggi è sicuramente un apprezzamento e un voto favorevole alla ratifica di questo accordo, ma rivolgiamo un invito sia al nostro Governo che al Governo della Repubblica di Moldova ad attivarsi in tutti i modi per far scontare la giusta pena ad un assassino (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.

PAOLO CORSINI. Signora Presidente, sempre sulla linea tracciata dall'intervento dell'onorevole Barbi nella discussione sulle linee generali, vorrei prendere le mosse da una iniziale sottolineatura e cioè il fatto che l'accordo con la Moldova presenta una sua specificità, come peraltro emerge dal richiamo del preambolo alla situazione assai delicata di quel paese e dalla evocazione, in qualche modo, della particolare responsabilità dell'intera Europa nei riguardi di un processo di stabilizzazione e di soluzione dei problemi del Paese in un quadro democratico e di consolidamento dello Stato di diritto. Non casualmente, infatti, si fa riferimento, oltre che alla Carta dell'ONU, ai cambiamenti storici intervenuti in Europa orientale dopo il 1989 e alla cornice di cooperazione e di sicurezza europea che va da Helsinki alla Carta di Parigi, ai Documenti di Vienna del 1994.
Si tratta di una cornice che si basa, tra l'altro, sulla integrità territoriale degli Stati parte del processo. Dunque, la prospettiva è rafforzare la sicurezza e la stabilità e, quindi, la pace nell'Europa. Peraltro, l'accordo che ci accingiamo ad approvare richiama la nostra attenzione su di un Paese che è collocato in un'area di frontiera e che faticosamente cerca un assetto stabile e un futuro sicuro da quel lontano agosto del 1991, allorché proclamò la propria indipendenza dall'ex Unione Sovietica.
Da allora, per alterne vicende politiche, la Moldova guarda all'Europa occidentale e all'Unione europea e nel corso di questi quasi vent'anni ha introdotto cambiamenti enormi nel proprio sistema istituzionale, economico e sociale, passando da un sistema autoritario di stampo socialista ad uno democratico, da un'economia stabilizzata ad un sistema di mercato. I cambiamenti, che peraltro non sono avvenuti senza scosse o senza contrasti, né la crescita economica, hanno potuto portare la Moldova al di sopra della linea più bassa della classifica del benessere e della ricchezza in Europa.
I rapporti con l'Unione europea nel quadro della politica di vicinato e la facilitazione dei visti hanno peraltro consentito un'emigrazione in gran parte legale di cittadini moldavi nell'Europa occidentale, anche in Italia, al punto tale che le rimesse degli emigranti costituiscono una delle principali voci del PIL moldovo, contribuendo nella misura del 38 per cento. Quindi, è comprensibile che ora, più che mai, la Moldavia guardi all'Unione Pag. 24europea e aspiri a far parte a pieno titolo dell'Unione. La Moldavia, infatti, considera il partenariato orientale inaugurato dall'Unione europea nei mesi scorsi e basato su accordi di associazione bilaterali e una cooperazione unilaterale sempre più stretta nei sei Paesi dell'ex Unione Sovietica come una tappa verso la piena adesione.
Forse l'aggancio all'Unione è fondamentale per un Paese scosso negli ultimi mesi e che ha vissuto una crisi interna molto forte e solo parzialmente risolta e che continua ad avere nel separatismo della Transnistria e nella difficile composizione del puzzle delle minoranze due sfide impervie, che non potranno essere composte in modo pacifico e democratico, se non con il sostegno e l'aiuto dell'intero sistema europeo. Lo sforzo di dar vita ad uno Stato di diritto funzionante con istituzioni democratiche e che tutela le minoranze ha prodotto comunque notevoli progressi: non da ultimo nella crisi della scorsa estate che ha visto la vittoria di misura di un'alleanza riformatrice indubbiamente filoeuropea, dopo una prima tornata elettorale contestata per le irregolarità e i brogli, che avevano favorito il Partito Comunista al Governo con la maggioranza assoluta da circa un decennio. Insomma, il quadro resta teso e l'attenzione e l'aiuto alla Moldova da parte dell'intera Europa quanto mai necessari.
L'Accordo che discutiamo oggi, che prevede tra i campi di cooperazione anche il rispetto dei trattati internazionali nella difesa, sicurezza e controllo degli armamenti, si muove nella giusta direzione. Siamo pertanto favorevoli alla ratifica dell'Accordo che oggi ci apprestiamo ad approvare, né peraltro potrebbe essere diversamente se si considera che l'Accordo è stato firmato nel dicembre del 2006, all'epoca del Governo Prodi, e che allora il Ministro della difesa era il qui presente Arturo Parisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2765)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 2765, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Berardi... onorevole Oliverio... onorevole Garavini...

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1756 - «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Moldova sulla cooperazione nel campo della difesa, fatto a Roma il 6 dicembre 2006» (Approvato dal Senato) (2765):

Presenti e votanti 499
Maggioranza 250
Hanno votato sì 499
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 12,45).

ERMETE REALACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, intervengo per porre due questioni pratiche che riguardano la vita del Parlamento, ma che credo siano di grande importanza. Credo che sia esperienza di molti colleghi aver verificato che gli accessi ad Internet e soprattutto a FacebookPag. 25sono molto peggiorati nell'ultimo periodo. Il servizio è lento e spesso è difficile accedervi. Giungono voci che non sono tranquillizzanti, cioè si parla di una restrizione delle potenzialità di accesso al servizio e addirittura di una soppressione della possibilità di accedere a Facebook. Quello che voglio dire, Presidente, è che Facebook per molti di noi è uno strumento di lavoro fondamentale per il rapporto con l'esterno e per la comunicazione di ciò che accade in Parlamento, quindi per noi spesso è più importante dello stesso accesso alla televisione e altrettanto importante dell'accesso alle agenzie. Pertanto invito a fornire rassicurazioni in materia perché credo che ne verrebbe meno un canale fondamentale di scambio tra il Parlamento e l'esterno.
La seconda questione (apparentemente piccola ma che, se il nostro Parlamento vuole essere anche di orientamento al Paese, è importante), riguarda il riscaldamento. Credo che anche in questo caso sia esperienza di molti colleghi (e non è un problema di adesso, è stato sollevato anche negli anni passati) che in quest'aula ma soprattutto a palazzo Marini ci sono dei riscaldamenti a temperatura altissima ed è impossibile abbassarli. Oltre ad essere una fonte enorme di spreco di energia, spesso ciò produce, quando fortunatamente il clima è mite, enormi disagi per chi lavora e soprattutto per i nostri collaboratori. Francamente, nel momento in cui come Paese dobbiamo partecipare in maniera attiva all'appuntamento ONU di Copenhagen, e quindi risparmiare energia, denaro e risorse dei cittadini, sarebbe opportuno avere per questa questione un'attenzione molto maggiore.

PRESIDENTE. Onorevole Realacci, farò presente al Collegio dei Questori le sue osservazioni.

LUCIA CODURELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, mi associo a quanto ha appena detto l'onorevole Realacci perché si tratta di un problema vero, dovremmo partire da noi, dalla Camera, per dare un esempio all'esterno, perché questo è un problema grosso in merito soprattutto ai consumi energetici.
Intervengo, signor Presidente, perché per la terza volta sono qui a sollecitare un'interrogazione a risposta scritta, da me presentata e sottoscritta anche da alcuni altri colleghi: si tratta dell'interrogazione n. 4/03224 presentata il 10 giugno scorso, quasi cinque mesi or sono, senza aver avuto ancora una risposta in merito. Le ricordo che ho sollecitato la risposta due volte e il Governo continua a non rispondere su un fatto grave, che ho denunciato, che riguarda la Ministra Brambilla, avvenuto in una manifestazione pubblica nel lecchese che risale al 5 giugno scorso.
Credo che questo caso del «saluto romano», sul quale ci sono tutti gli atti e che su YouTube è apparso molto chiaramente, come ho già avuto modo di dire e come dice la Suprema Corte, costituisce una manifestazione esteriore che rimanda per comune nozione storica all'ideologia fascista. Presidente, le ricordo, inoltre, che tale caso sta seguendo un suo percorso giudiziario, ma nel contempo, invece, il Governo non adempie ad un preciso dovere verso il Parlamento e verso le regole rispettose appunto di questa istituzione.
Pertanto, Presidente, passati cinque mesi, credo che sia un diritto ricevere una risposta ad un'interrogazione che riguarda soprattutto un Ministro della Repubblica che ha giurato sulla Costituzione che ha violato, secondo me, ma anche secondo un atto da parte della giustizia.

PRESIDENTE. Onorevole Codurelli, la Presidenza avrà cura di sollecitare il Governo perché risponda alla sua interrogazione.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione Pag. 26di questa Aula sul fatto che questa mattina i maggiori sindacati della Polizia di Stato, come il SIULP, il SAP, l'UGL e anche i sindacati del Corpo della polizia penitenziaria, del Corpo forestale dello Stato, del COCER della Guardia di finanza, dell'Aeronautica e della Marina militare stanno manifestando contro i tagli che in tre anni il Governo ha fatto all'intero comparto sicurezza: si tratta di tre miliardi di euro.
Abbiamo letto poco fa che il Ministro Maroni è contento per i 100 milioni di euro dati al comparto sicurezza. Continuiamo a dire che questo Governo continua a fare spot su questo comparto tagliando il reclutamento e le risorse. Chiediamo con forza che il Governo venga a riferire in Aula e a rispondere a quelle che sono le giuste richieste di un comparto che è stato abbandonato.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei richiamare la sua attenzione su una manifestazione che si svolgerà domani mattina, proprio davanti alla Camera, e a cui poi seguirà anche una conferenza stampa, di FareAmbiente, un'organizzazione che si interessa di ambiente con grande equilibrio, grande motivazione, e soprattutto con grande capacità di analizzare e portare avanti anche i progetti che riguardano il territorio.
Vorrei segnalare anche alla sua attenzione, e questo sarà oggetto di una interrogazione parlamentare che presenterò insieme al collega Zinzi, che nella manifestazione che si è tenuta ad Amantea il 24 ottobre sui problemi che riguardano quei territori, soprattutto con riferimento alle «navi dei veleni», come sono state comunemente chiamate, a questa associazione FareAmbiente e ai suoi esponenti è stato impedito da parte di alcuni gruppuscoli che si richiamano ai no global di rilasciare un'intervista alla RAI nello spazio della trasmissione Ambiente Italia. Al bravo giornalista Musumeci della RAI e al cameraman è stato impedito letteralmente di realizzare questa intervista.
Noi siamo impegnati da tanto tempo anche sui temi dell'ambiente, del territorio, contro ogni tipo di violenza: la violenza della natura, ma soprattutto la violenza dell'uomo.
Mi dispiace che in una manifestazione che doveva richiamare l'attenzione - come ha fatto, del resto, perché vi è stata una grande partecipazione di amministratori e di cittadini e per noi era presente anche l'onorevole Occhiuto - si sia verificato questo fatto increscioso che certamente crea sempre più un grande rammarico e una grande amarezza non soltanto per noi calabresi, ma anche per la gran parte del Paese.
C'è qualcuno che ancora strumentalizza anche i temi dell'ambiente per portare avanti disegni che certamente non vanno in direzione dell'equilibrio o dello sviluppo, ma che cercano di mettere in pericolo e in discussione i cardini su cui si deve reggere la convivenza civile.

FILIPPO ASCIERTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, intervengo dopo avere ascoltato la collega Villecco Calipari...

PRESIDENTE. Onorevole Ascierto, mi scusi. In questo momento la funzione nell'Aula non è di aprire un dibattito tra deputati. Non è questa la funzione. Lei ponga la sua questione sull'ordine dei lavori evitando il contraddittorio tra gli intervenuti perché questo è rinviato ad altri momenti, come lei ben conosce dal Regolamento.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, non si tratta di un contraddittorio. Intervengo solo per dire che mi associo alla richiesta della collega Calipari di rappresentare al Ministro dell'interno ciò che avviene nel comparto sicurezza e difesa. Voglio solo dire che non è una storia di Pag. 27oggi, ma che viene anche dal passato, quindi se la collega nella scorsa legislatura ha sonnecchiato, io non ho alcun tipo di problema. Anzi, è opportuno che il Ministro venga a dirci che dal 1o gennaio del prossimo anno ci saranno 676 milioni di euro che verranno dati alle forze dell'ordine e che provengono dai conti della criminalità organizzata: abbiamo tolto i soldi ai criminali e li daremo alle forze dell'ordine, ed è la prima volta che ciò accade nella storia. Il Ministro, quando verrà, ci potrà anche spiegare che abbiamo ereditato un buco enorme, ad esempio sulle infrastrutture, che dobbiamo ancora colmare e che i tagli, purtroppo, sono abbastanza uniformi non solo nel contesto della sicurezza ma in tutti i contesti, visto e considerato che ogni giorno ci sono centinaia e centinaia di persone che rimangono disoccupate. Inoltre, le giuste ragioni dei sindacati delle forze dell'ordine che rivendicano maggiore attenzione è una cosa che condividiamo...

PRESIDENTE. Onorevole Ascierto, lei sta dando la risposta che darebbe il Ministro interpellato. Vede che ho ragione quando dico che lei sta svolgendo un intervento approfittando di un momento non idoneo. Quindi, le tolgo la parola perché credo che ciò non sia corretto.
Sospendo, dunque, la seduta.

La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della giustizia ed il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Iniziative per la piena applicazione delle convenzioni internazionali stipulate dall'Italia, affinché i detenuti stranieri scontino integralmente la pena nei Paesi d'origine - n. 3-00732)

PRESIDENTE. L'onorevole Follegot ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00732, concernente iniziative per la piena applicazione delle convenzioni internazionali stipulate dall'Italia, affinché i detenuti stranieri scontino integralmente la pena nei Paesi d'origine (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

FULVIO FOLLEGOT. Signor Presidente, signor Ministro, il sovraffollamento delle carceri è un fenomeno ormai ricorrente. Solo tre anni fa, sotto il Governo Prodi, al fine di ridurre il numero dei detenuti, è stato approvato il provvedimento di indulto, con il contributo di tutti i gruppi parlamentari, con la sola esclusione del gruppo della Lega Nord. Oltre 20 mila detenuti sono stati rilasciati, ma, come previsto dalla Lega Nord, buona parte di questi hanno commesso di nuovo reati e hanno fatto rientro in carcere. I detenuti nelle carceri italiane sono ora circa 65 mila e si ripropone lo stesso identico problema di tre anni fa. Di questi, circa 24 mila sono di origine straniera. Per far fronte all'aumento del numero dei detenuti, è stato presentato il piano per la realizzazione di nuove carceri. Sono state, inoltre, stipulate convenzioni con Paesi esteri per far scontare la pena nei Paesi di origine.

PRESIDENTE. Onorevole Follegot, la prego di concludere.

FULVIO FOLLEGOT. Alla luce di quanto sopra, signor Ministro, le chiediamo quali iniziative intenda assumere per una concreta applicazione delle convenzioni stipulate dall'Italia, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine.

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PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevole Follegot, la ringrazio per il quesito posto. Prima di dire le iniziative che intendo assumere, riferirò quelle già assunte. Noi abbiamo portato la questione a livello europeo, anche nel corso dell'ultimo Consiglio GAI, e abbiamo fatto rilevare che in Italia esistono 24.084 detenuti stranieri, alla notte di ieri, e che 4.362 di questi sono cittadini comunitari. L'Europa non può chiudere gli occhi rispetto a questo e abbiamo chiesto tre cose: la prima è che si erga a garante dell'ottemperanza dei Trattati già esistenti tra gli Stati europei; la seconda è che stipuli i Trattati con i Paesi del nord dell'Africa e con i Paesi extracomunitari; la terza richiesta è che, anche in relazione alla difficoltà eventuale di procedere alla soluzione dei primi due aspetti, ci dia i soldi per costruire le nuove carceri nel nostro Paese. Questo è quello che abbiamo fatto, anche insieme al Ministro Maroni, recandoci a incontrare i colleghi rumeni, per quanto riguarda la questione dei rumeni alcuni mesi fa. Proprio in considerazione dell'elevato numero dei detenuti rumeni ed albanesi nelle strutture carcerarie italiane, è stato sottoscritto con la Repubblica di Romania un accordo bilaterale sul trasferimento delle persone condannate, alle quali sia stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine. Analogo accordo aggiuntivo è stato sottoscritto con la Repubblica d'Albania. A livello europeo, nell'ambito del Consiglio GAI del 27 novembre 2008, è stata approvata una decisione quadro relativa all'applicazione del principio del riconoscimento reciproco delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea. La legge comunitaria del 2008, la nostra legge comunitaria, all'articolo 52, contiene la delega al Governo che prevede l'attuazione della decisione quadro europea che consentirà di rendere certe e rapide le procedure per il trasferimento dei detenuti comunitari nell'ambito degli Stati membri. Il nuovo meccanismo di cooperazione prevede, tra l'altro, per la prima volta, termini certi per la decisione sul trasferimento. La decisione definitiva, infatti, deve essere adottata entro novanta giorni dal ricevimento della sentenza stessa e del certificato contenente le informazioni necessarie affinché si possa disporre il trasferimento del condannato per l'esecuzione della pena. Segnalo, infine, che è previsto l'obbligo per gli Stati membri di eseguire il trasferimento del detenuto entro trenta giorni dalla decisione definitiva. Con l'attuazione di questo importante strumento di cooperazione giudiziaria, il trasferimento dei detenuti tra Stati membri non sarà più discrezionale, ma obbligatorio, in coerenza con l'idea di fondo che il reinserimento sociale dei condannati possa essere favorito se l'esecuzione penale ha luogo nello Stato di cittadinanza o di residenza.
Tutto questo, onorevole collega, si inquadra nell'ambito di un ragionamento che il Governo sta portando avanti e di una decisione politica che prevede, da un lato, il piano delle carceri, e, per altro verso, il fatto di far scontare la pena nella loro patria ai detenuti stranieri che hanno già fatto sopportare due costi allo Stato italiano. Il primo costo è in termini di sicurezza. Il secondo costo è in termini economici. La celebrazione di un giusto processo, in una democrazia come quella italiana, ha un costo; che almeno il terzo costo, quello del vitto e dell'alloggio, lo pagasse il loro Paese di origine.

PRESIDENTE. L'onorevole Follegot ha facoltà di replicare.

FULVIO FOLLEGOT. La ringrazio signor Ministro per la risposta puntuale. Sotto il profilo sostanziale, peraltro, la Lega Nord ritiene che sia necessario attivarsi con più forza e determinazione, affinché i detenuti stranieri scontino integralmente la pena a casa loro. I dati da lei comunicati sono confortanti, ma non ci rassicurano. Non solo bisogna applicare Pag. 29concretamente le Convenzioni stipulate dall'Italia con vari Paesi esteri, ma si rende necessario fare ulteriori Accordi. Non è, infatti, accettabile che in alcuni istituti penitenziari, soprattutto del nord, la presenza dei detenuti stranieri oscilli tra il 60 e il 70 per cento della popolazione carceraria, né si può non ricordare che un detenuto costa 148 euro al giorno. È in quest'ottica che la Lega Nord ritiene assolutamente indispensabile dare un seguito alle Convenzioni, anche promuovendo l'applicazione del principio, di cui lei stesso ha parlato, del reciproco riconoscimento tra gli Stati dell'Unione europea delle sentenze penali che erogano pene detentive. I delinquenti stranieri, insomma, devono tornare a casa loro. Quello che non sarebbe accettabile, come soluzione al problema del sovraffollamento, è la modifica dell'articolo 385 del codice penale, per consentire ai condannati fino ad 1 anno di reclusione, di scontare la pena nella loro abitazione o in qualche altro luogo ameno. Ciò costituirebbe una scorciatoia pericolosa non percorribile, un nuovo indulto, seppur mascherato, dopo il fallimento di quello approvato nel 2006 a larga maggioranza (tranne il voto, in forma coesa, della Lega Nord). Abbiamo già potuto constatare che chi è uscito dal carcere con l'indulto ha elevate probabilità di rientrarvi dopo aver commesso delitti anche efferati. La certezza della pena è un principio importante, e la pena per essere tale deve essere certa e scontata per intero. La Lega Nord intende stare dalla parte di chi subisce il reato e non dalla parte di chi lo commette.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FULVIO FOLLEGOT. No, dunque, a nuovi indulti; sì alla realizzazione di nuove carceri; sì alla riforma della giustizia e del processo penale (circa metà dei detenuti è in attesa di giudizio o, comunque, ha una condanna non definitiva); sì, infine, a nuovi Accordi con Paesi stranieri per far scontare la pena nei Paesi di origine (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Orientamenti del Ministro della giustizia in merito alla riforma delle professioni - n. 3-00733)

PRESIDENTE. L'onorevole Mantini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00733, concernente orientamenti del Ministro della giustizia in merito alla riforma delle professioni (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

PIERLUIGI MANTINI. Signor Ministro, conosciamo il suo orientamento favorevole alla riforma dell'ordinamento forense, dell'avvocatura, sicuramente urgente e necessaria, ma, nel tempo, non abbiamo visto un analogo impegno del Governo sulla riforma generale delle professioni, che è invece una questione essenziale per la modernizzazione del Paese in considerazione del peso che, non solo il lavoro autonomo, ma i servizi professionali hanno nell'economia della conoscenza, nella società della conoscenza. Non abbiamo visto le misure, che più volte abbiamo sollecitato come gruppo dell'Unione di Centro, in favore delle professioni attraversate dalla crisi economica. Molte misure riconosciute per le piccole e medie imprese, come l'accesso ai confidi, al credito, agli sgravi fiscali e agli incentivi di vario tipo, andrebbero estesi anche alle professioni che sono in crisi e che stanno, peraltro, licenziando molti giovani.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevole Mantini, ringrazio anche lei per il quesito. Come ha avuto modo di ricordare nell'esposizione dell'interrogazione, la riforma delle professioni ormai da alcuni lustri fa parte della missione programmatica dei Governi che si sono succeduti. Si è verificato un fatto nuovo di recente, cioè l'intervento europeo che, fissando il principio della libertà di stabilimento (cioè il fatto che i professionisti possano agire e Pag. 30stabilirsi in un qualsiasi Stato membro), ha di fatto introdotto un obbligo degli Stati di regolare le professioni. Peraltro, la Corte di giustizia europea ha riconosciuto l'immediata precettività delle norme del Trattato che statuiscono il principio della libertà di stabilimento. Tutto ciò ci pone l'obbligo di dover procedere alla riforma delle professioni. Io da quando mi sono insediato - assieme al Governo intero - ho però abbandonato l'idea di una riforma «insalata mista», che tenesse dentro tutte le professioni, anche le più disparate tra di loro, e nell'ambito del Ministero che presiedo ho ritenuto opportuno puntare, in una prima fase, sulla riforma delle professioni del comparto giuridico-economico (mi riferisco specificamente alla avvocatura e mi riferisco altresì alla professione del notariato, nonché alla riforma di alcuni ambiti della professione di dottore commercialista e revisore contabile). Ho chiesto ai rappresentanti di queste categorie di portare dei progetti di riforma che non fossero corporativi e conservatori, e che fossero nella linea e nella direzione tracciata dall'Unione europea, e così si è proceduto. In questa prima fase abbiamo già portato a compimento in Commissione giustizia al Senato la riforma dell'avvocatura, che è proprio lì in dirittura d'arrivo ed il cui esame nell'Aula del Senato è stato calendarizzato per novembre. Ciò anche nella logica di una prospettiva di riforma del processo civile e penale in Italia, specificamente per quello penale che non può che prevedere una riforma dell'avvocatura come pilastro di quella parità fra accusa e difesa, che non può fare a meno di una avvocatura modernizzata e rinnovata dal punto di vista della sua competitività sui mercati europei.
Rimane però aperto - come lei ha giustamente osservato - il tema generale di ciò che residua da questo ambito. Mi riferisco a ciò che va oltre l'ambito delle professioni giuridiche-economiche. Allora le rispondo puntualmente, dicendole che cosa? Che è chiaro che noi intendiamo procedere anche in quella direzione, e per procedere in quella direzione noi stiamo adoperando una strategia differente, cioè non abbiamo portato un disegno di legge del Governo, non abbiamo sollecitato le altre professioni, ma stiamo seguendo puntualmente i lavori della Commissione attività produttive e delle altre Commissioni interessate - ad esempio la Commissione giustizia - al lavoro in questo ramo del Parlamento. Sappiamo che si stanno svolgendo delle audizioni. Ci riserviamo di regolare la nostra posizione anche in base allo svolgimento dell'attività parlamentare in materia di libere professioni. Crediamo che sia il percorso più coerente e pensiamo, insieme al Parlamento, di poter individuare il punto di equilibrio più efficace per rispettare la libertà del mercato, le indicazioni europee e la salvaguardia delle prestigiose professioni italiane.

PRESIDENTE. L'onorevole Mantini ha facoltà di replicare.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Ministro, la ringrazio e mi dichiaro parzialmente soddisfatto. Non ha risposto alle sollecitazione e alle domande poste sul tema delle misure anticrisi in favore delle professioni, che è un tema molto rilevante perché stiamo parlando di oltre quattro milioni di lavoratori della conoscenza tra le professioni ordinistiche e le nuove professioni che sono sorte nella nostra economia e nella nostra società, quindi di un soggetto sociale di grande rilievo anche per lo sviluppo del lavoro da parte dei giovani e per la competitività del Paese. Questi soggetti meritano attenzione. Nella legge finanziaria per il 2010 non c'è assolutamente nulla. Abbiamo fatto delle proposte molto costruttive attraverso emendamenti del gruppo Unione di Centro e mi auguro che l'esame dell'Aula sia in questo senso attento e benevolo, e che il Governo abbia una diversa considerazione. Tornando ai principi della riforma, diamo atto dell'attenzione che c'è nei confronti dell'avvocatura. Condividiamo quel percorso.
Naturalmente vogliamo principi fondamentali che siano comuni a tutte le professioni nel rispetto, come lei ha detto, del diritto europeo e della libertà di circolazione. Pag. 31Tali principi fondamentali potrebbero avere una larga condivisione: infatti abbiamo svolto ormai molte audizioni, abbiamo molte volte trattato la materia all'insegna della concorrenza sì, ma anche della concorrenza nella qualità, nella responsabilità, nella modernizzazione degli ordini professionali, nell'attenzione dovuta all'accesso dei giovani, sempre nel rispetto della qualità dei percorsi e dei tirocini, nella crescita delle società professionali che sono assolutamente necessarie anche ai fini competitivi senza socio terzo di puro capitale; insomma salvaguardando la tradizione migliore delle nostre professioni, ma promuovendo anche una modernizzazione e una competitività che da tempo il Paese attende.

(Iniziative di competenza del Ministro della giustizia in merito al decesso del giovane Stefano Cucchi, avvenuto presso il reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini di Roma - n. 3-00734)

PRESIDENTE. L'onorevole Giachetti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Soro ed altri n. 3-00734, concernente iniziative di competenza del Ministro della giustizia in merito al decesso del giovane Stefano Cucchi, avvenuto presso il reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini di Roma (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, signor Ministro, Stefano Cucchi era un ragazzo trentunenne, arrestato - pare - per modesto possesso di droga il 16 ottobre scorso. Al momento dell'arresto da parte dei carabinieri, secondo quanto riferito dai familiari stava bene, camminava sulle sue gambe e non aveva segni di alcun tipo sul viso. La mattina seguente, all'udienza per direttissima, il padre nota tumefazioni al volto e agli occhi. Non viene inviato agli arresti domiciliari e pure i fatti contestati non sono di particolare gravità. Dal carcere viene disposto il ricovero all'ospedale Pertini, pare per dolori alla schiena. Ai genitori non è consentito di vedere il figlio per una settimana. L'autorizzazione al colloquio giunge per il 23 ottobre, ma è troppo tardi perché Stefano Cucchi muore la notte tra il 22 e il 23 ottobre. I genitori rivedono il figlio per il riconoscimento all'obitorio e si trovano di fronte ad un viso devastato. Ai consulenti di parte è stata negata la possibilità di fare le fotografie di quel viso e anche di partecipare all'autopsia.
Le chiediamo semplicemente, signor Ministro, a prescindere da quanto stabilirà la magistratura, perché ai genitori è stato impedito di incontrare il figlio per lunghi sei giorni: c'era qualcosa da nascondere?
In secondo luogo, vorremmo sapere se esistono fotografie o comunque perché al perito di parte è stato impedito di prendere parte all'autopsia.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, rispondo dicendo che la morte di Stefano Cucchi, come tutte le morti avvenute in condizioni apparentemente non chiare, esige un approfondimento immediato, che ho già ha avviato per i poteri di mia competenza e, quindi, non in riferimento agli accertamenti che la magistratura ha già avviato per suo conto. Per quanto riguarda questi ultimi, comunico che la magistratura inquirente romana ha avviato le indagini e ha acquisito la documentazione medica del detenuto, conferendo un incarico ad un perito per l'esame autoptico al fine di appurare le cause ed i mezzi che hanno prodotto la morte.
Quanto invece ai dati riferiti dall'amministrazione penitenziaria, segnalo che Stefano Cucchi è stato tratto in arresto il 15 ottobre per rispondere del reato di produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti. Il 16 ottobre è stato condotto di fronte al tribunale di Roma per la convalida dell'arresto e quindi refertato dal medico dell'ambulatorio della città giudiziaria, il quale ha riscontrato «lesioni ecchimotiche in regione palpebrale inferiore Pag. 32bilateralmente» e ha avuto riferite dal Cucchi medesimo lesioni alla regione sacrale ed agli arti inferiori. Queste ultime non sono state verificate dal sanitario a causa del rifiuto di ispezione del detenuto. Preciso che si è trattato di un rifiuto espresso dal detenuto.
Condotto al carcere di «Regina Coeli» il Cucchi è stato regolarmente sottoposto alla visita medica di primo ingresso. Il referto redatto in istituto ha evidenziato la presenza di ecchimosi sacrale coccigea, tumefazione del volto bilaterale orbitaria, algia della deambulazione e arti inferiori. Il medico inoltre ha dato atto di quanto riferito dal detenuto: il detenuto medesimo ha detto di una caduta accidentale dalle scale necessitante, a parere dello stesso sanitario, di una visita ambulatoriale urgente presso un ospedale esterno, ove il Cucchi è stato accompagnato alle ore 19,50 dello stesso giorno.
Visitato presso l'ospedale esterno, ossia l'ospedale Fatebenefratelli, gli sono state riscontrate «la frattura corpo vertebrale L-3 dell'emisoma di sinistra e la frattura della vertebra coccigea». Sebbene invitato al ricovero, il Cucchi ha rifiutato l'ospedalizzazione ed è stato quindi dimesso contro il parere dei sanitari. Il giorno 17 il Cucchi è stato nuovamente visitato dal medico di «Regina Coeli» il quale, riscontrati quelli che il detenuto riferiva essere i postumi di una caduta accidentale verificatasi il giorno precedente, ha disposto ulteriori accertamenti da effettuarsi presso il Fatebenefratelli. Trasferito nella struttura ospedaliera, il Cucchi ha richiesto il ricovero per via del persistente dolore nella zona traumatizzata e per riferita anuria.
Alle ore 19 del medesimo giorno il Cucchi è stato ricoverato presso il reparto di medicina protetta dell'ospedale Sandro Pertini, dove è deceduto la mattina del 22 ottobre per «presunta morte naturale», come da certificazione medica rilasciata dal sanitario ospedaliero. Faccio presente che il 23 ottobre 2009, con un provvedimento della competente Direzione generale dell'amministrazione penitenziaria, è stata affidata al provveditore regionale per il Lazio un'indagine immediata volta ad appurare le cause, le circostanze e le modalità dell'accaduto. Concludo precisando che io personalmente seguirò con estrema attenzione tutti gli sviluppi della vicenda e che adotterò ogni iniziativa di mia competenza che possa risultare utile per fare luce sugli eventi.

PRESIDENTE. L'onorevole Bernardini, che ha testé sottoscritto l'interrogazione, ha facoltà di replicare.

RITA BERNARDINI. Signor Ministro, queste «cadute accidentali» le conosciamo bene: sono le cadute che confessano alcuni arrestati, sono le cadute che confessano alcuni che sono malmenati fino alla morte dentro le carceri, pestati, con gli occhi neri e che ad un certo punto dicono di essere caduti accidentalmente e di essersi procurati quegli ematomi. Ma qui parliamo anche di ossa spezzate, signor Ministro.
Lei ha avuto l'onestà intellettuale, all'inizio di questa legislatura, di spiegare a tutto il Parlamento - e lo ha fatto in audizioni ufficiali - che le carceri italiane sono illegali rispetto al dettato costituzionale e rispetto all'articolo 27 della Costituzione. Lei, dopo quelle dichiarazioni, deve aiutarci a fare chiarezza, perché le morti che avvengono nelle carceri sono morti oscure, sono morti non chiare e noi vogliamo che - glielo chiediamo ufficialmente come Partito Democratico e come delegazione che fa parte del gruppo del Partito Democratico, la delegazione radicale - sia svolta un'indagine conoscitiva sui decessi in carcere.
Credo che lei si sia reso conto, signor Ministro, che le carceri italiane stanno esplodendo. Se non vi fosse stato quell'indulto di cui tanto oggi si sparla, in questo momento nelle carceri italiane vi sarebbero più di 100.000 detenuti. Non so quale invenzione avrebbe dovuto fare il Governo di fronte a 100.000 detenuti, rispetto ai quali vi è stato un Parlamento responsabile, che invece si è assunto la responsabilità che doveva assumersi, cioè fare il provvedimento di indulto, che purtroppo non è stato accompagnato dall'amnistia. Pag. 33Quello che vogliamo dire - e concludo, signor Presidente e signor Ministro - è che bisogna avere la chiarezza di quello che abbiamo di fronte: è qualcosa di esplosivo e vi sono persone che muoiono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Efficacia del regime del carcere duro, previsto dall'articolo 41-bis dell'Ordinamento penitenziario, come modificato da recenti interventi legislativi, nel contrasto alla criminalità organizzata - n. 3-00735)

PRESIDENTE. L'onorevole Paniz ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00735 concernente efficacia del regime del carcere duro, previsto dall'articolo 41-bis dell'Ordinamento penitenziario, come modificato da recenti interventi legislativi, nel contrasto alla criminalità organizzata (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

MAURIZIO PANIZ. Signor Ministro, le è noto che la recente approvazione da parte delle Camere del disegno di legge del Governo recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica ha comportato anche un forte inasprimento del regime di carcere duro, previsto dall'articolo 41-bis dell'Ordinamento penitenziario. È noto anche che tale normativa è stata criticata da più parti, che hanno messo in dubbio perfino la legittimità costituzionale del provvedimento stesso. È vero che la Corte d'assise di Palermo ha respinto recentemente queste eccezioni di legittimità costituzionale e che, pertanto, la norma rimane in tutta la sua integrità nel nostro ordinamento. Va tenuto presente - e la prego quindi di darmi poi la sua valutazione di Ministro sull'efficacia della normativa - che si tratta di un intervento legislativo che ha forte presa nei confronti dei cittadini, che sono preoccupati dell'incedere di fenomeni mafiosi e di delinquenza particolarmente organizzata e, nel contempo, sono molto attenti alle iniziative del Governo e del Parlamento per cercare di frenare questo tipo di interventi.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli interroganti per la domanda. Il quesito posto riguarda le novità introdotte dalla legge n. 94 del 2009, che ha reso il carcere cosiddetto duro, carcere durissimo.
Si tratta di prescrizioni che si inseriscono in un percorso di continuità con la riforma varata dal Governo Berlusconi con la legge n. 279 del 2002, che aveva stabilizzato il carcere duro, e consentono di realizzare un regime carcerario che appare maggiormente adeguato alla necessità di impedire la comunicazione dei boss mafiosi in carcere e fuori dal carcere. Infatti, attraverso le modalità della comunicazione note, essi possono anche ordinare omicidi e commettere, o meglio, essere mandanti di crimini efferati.
L'istituto del carcere duro persegue e realizza, a nostro avviso, la supremazia dello Stato nei confronti delle logiche violente dei mafiosi e non tradisce, però, lo stile di proporzionalità e di adeguatezza della pena sancito dai costituenti. Mi riferisco all'esperienza giudiziaria di questi ultimi giorni ed alla positiva valutazione di costituzionalità delle norme espresse dall'autorità giudiziaria di Palermo nell'ordinanza con cui ha dichiarato manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità del nuovo regime di carcere duro, sollevato dalla difesa di un imputato nell'ambito di un delicato processo di mafia.
Ritengo che il tecnicismo ed il rigore giuridico della pronuncia dei giudici e della Corte di assise di Palermo possa confermare, più di ogni altro discorso, la correttezza costituzionale della scelta di rigore voluta con la riforma dell'articolo 41-bis e possa riportare all'interno della realtà giudiziaria l'impegno del Governo nella lotta alla mafia.
Aggiungo, inoltre, che è possibile garantire il diritto di difesa senza cedere di un millimetro rispetto alla necessità di Pag. 34debellare, anche all'interno del circuito carcerario, il potere mafioso. In questo contesto, lo strumento di cui all'articolo 41-bis, insieme al nuovo sistema delle misure di prevenzione anche patrimoniali, è parte essenziale della strategia complessiva di contrasto alla criminalità che questo Governo è deciso a realizzare e ha già realizzato dal punto di vista normativo.
I risultati si vedono, con quasi un miliardo di euro sequestrato e confiscato ai boss mafiosi, che giace ora, finalmente, nel Fondo unico giustizia (piuttosto che giacere inerte nei fondi delle banche o delle poste) e con oltre 4 miliardi di euro di beni immobili sequestrati. Le leggi hanno funzionato e i risultati si sono già visti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. L'onorevole Paniz ha facoltà di replicare.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio davvero per questa risposta molto chiara e molto esaustiva che, una volta per tutte, chiude la bocca a coloro che hanno pensato che il Governo o il Parlamento potessero essere collusi, in qualche modo, con mafia o con organizzazioni delinquenziali di questa portata. La sua risposta è precisa e, una volta di più, costituisce un elemento da valutare con estrema attenzione per quei cittadini che vogliono lo Stato nella legalità e la legalità nello Stato.
Noi tutti siamo consapevoli che lo sviluppo economico di qualsiasi territorio nella nostra nazione dipende da una serie di iniziative che, nel caso del Governo e del Parlamento, si chiamano provvedimenti. L'inasprimento dell'articolo 41-bis rappresenta un provvedimento estremamente concreto.
Signor Ministro, la ringrazio, in modo particolare, anche per l'atto di coraggio e di forza con il quale si è mosso in questa materia, soprattutto, consentendo a quei cittadini che amano uno Stato protetto ed attento, di essere sicuri che, in questo modo, si evitano penetrazioni e ramificazioni nel territorio di organizzazioni mafiose, che devono stare lontane soprattutto da alcune aree. Io parlo - se vogliamo in maniera egoistica - per il mio amato Veneto, per la terra del nordest, dove è necessario davvero stare attenti, affinché non penetrino tali infiltrazioni.
Signor Ministro, la ringrazio per aver dato ai cittadini, con la sua iniziativa, una risposta di sicurezza e di rispetto della legalità, che fa sentire lo Stato molto più vicino, molto più concreto e molto più attivo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative di competenza in merito ad un asserito comportamento antisindacale della società Ferrovie della Calabria srl nei confronti del sindacato Fast-FerroVie - n. 3-00736)

PRESIDENTE. L'onorevole Belcastro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00736, concernente iniziative di competenza in merito ad un asserito comportamento antisindacale della società Ferrovie della Calabria srl nei confronti del sindacato Fast-FerroVie (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, signor Ministro, le Ferrovie della Calabria srl gestiscono gran parte del trasporto pubblico locale nella regione Calabria.
All'interno della suddetta società a responsabilità limitata si è costituito il sindacato Fast-FerroVie, con una rappresentanza sindacale corposa, costituita da agenti con la qualifica di macchinisti e capitreno.
Con una serie di motivazioni, in atto oggetto di un ricorso giacente presso il tribunale di Catanzaro, le Ferrovie della Calabria srl non hanno inteso riconoscere la suddetta organizzazione sindacale e addirittura hanno negato l'accredito delle relative deleghe sottoscritte dai lavoratori.
Vorremmo sapere se oggi il Ministro abbia intenzione di intervenire concretamente per risolvere questo fatto increscioso, Pag. 35con riferimento alla rappresentanza di un sindacato che, devo dirlo, si sta spendendo molto bene sui nostri territori.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, in merito all'interrogazione posta dall'onorevole Belcastro, in ordine ai rapporti sindacali fra la società Ferrovie della Calabria srl e il sindacato Fast-FerroVie, si evidenzia innanzitutto che la società Ferrovie della Calabria srl interloquisce attualmente con nove sigle sindacali riconosciute e che, secondo i dati che sono stati forniti dalla stessa società ferroviaria, i dipendenti che hanno aderito alla predetta organizzazione sindacale risultano essere in numero molto limitato rispetto all'organico complessivo che è di circa mille unità.
Per di più, il sindacato Fast-FerroVie non è firmatario del contratto collettivo nazionale di lavoro autoferrotranvieri che è applicato al personale della società Ferrovie della Calabria srl, mentre è attualmente firmatario del contratto collettivo nazionale del lavoro ferrovieri.
Circa poi il rifiuto da lei ricordato da parte dell'azienda di operare la trattenuta dello stipendio dei suddetti dipendenti e di versarla in favore del sindacato Fast-FerroVie, tale comportamento è stato giudicato legittimo dal giudice del lavoro del tribunale di Catanzaro con sentenza del 4 novembre 2008. Avverso la suddetta decisione Fast-FerroVie ha ritenuto di proporre opposizione, allo stato pendente davanti al tribunale di Catanzaro.
È inoltre importante sottolineare che la richiamata sottoscrizione del protocollo d'intesa sul contratto della mobilità del 30 aprile 2009 non determina variazioni nelle organizzazioni sindacali riconosciute nel settore autoferrotranvieri e che tutto è rimesso all'ulteriore confronto per la verifica dell'attuazione di quanto previsto nello stesso protocollo d'intesa.
Per quanto attiene ai fatti lamentati da Fast-FerroVie, la Commissione di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, dopo aver aperto un procedimento per mancato rispetto dell'obbligo di esperimento delle procedure, ha ritenuto di archiviare il procedimento in questione con provvedimento del 24 novembre 2008.
Successivamente l'allora presidente pro tempore della società Ferrovie della Calabria srl, nell'incontro tenutosi con i rappresentanti di Fast-FerroVie, il 16 dicembre 2008, ha ribadito la disponibilità ad aprire un confronto con il sindacato in questione, sottolineando la necessità di porre fine alle questioni giudiziarie intentate dal sindacato.
Rispetto ai procedimenti contenziosi in corso è evidente, comunque, che il Governo non può interferire con un autonomo esercizio delle funzioni giurisdizionali e si rileva, infine, che la società Ferrovie della Calabria srl ha comunque manifestato la propria disponibilità a dialogare con il sindacato Fast-FerroVie anche in occasione dei prossimi accordi integrativi aziendali.

PRESIDENTE. L'onorevole Belcastro ha facoltà di replicare.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la sua risposta, ma ritengo che questo tipo di problematica vada ulteriormente approfondita. Prendiamo come un buon auspicio per il futuro la disponibilità da parte delle Ferrovie della Calabria srl, affinché cambino i rapporti con questo sindacato.
Poiché ho qualche minuto a disposizione, vorrei che il Ministro prestasse particolare attenzione alla politica di questa società, con riferimento all'adeguatezza del sistema di trasporti rispetto ai tempi che viviamo. Esistono dei tratti di ferrovia che credo non sarebbero stati idonei neanche al vecchio far west; pertanto, sarebbe auspicabile l'adeguamento di quei tratti alle esigenze dei tempi moderni, in modo tale che anche le ferrovie della Calabria siano inserite in un contesto che possa equipararsi alle ferrovie del nord Italia, con l'aiuto e con l'attenzione del Ministro e del Governo. Lo ripeto, esistono dei tratti Pag. 36che non fanno altro che danneggiare le nostre coste, perché attraversano territori a destinazione turistica che non possono svilupparsi solo perché c'è una ferrovia che passa tra il mare e la terra.
Pertanto, non sarebbe male affrontare con una maggiore attenzione e una migliore programmazione quelli che sono i trasporti in Calabria perché ritengo che vi sia bisogno davvero di equiparare i nostri territori a quelli più sviluppati del nord Italia.

(Criteri relativi alla localizzazione dei siti per la costruzione di impianti nucleari e per lo smaltimento delle scorie radioattive - n. 3-00737)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Giuseppe ha facoltà di illustrare l'interrogazione Di Pietro n. 3-00737, concernente criteri relativi alla localizzazione dei siti per la costruzione di impianti nucleari e per lo smaltimento delle scorie radioattive (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, la legge 23 luglio 2009, n. 99, prevede il ripristino dell'intera produzione di energia nucleare e delega solo il Governo a decidere i criteri per l'individuazione dei siti delle future centrali nucleari, d'intesa solo con la Conferenza unificata. Sebbene il Governo smentisca l'esistenza ad oggi di una mappa già definita dove ubicare gli impianti nucleari e di smaltimento delle scorie, si è diffusa la notizia di una lista stilata da incaricati del Governo che conterrebbe il nome di dieci siti ospitanti, vale a dire Monfalcone, Scanzano Jonico, Termoli, Palma, Oristano, Chioggia, Caorso, Trino Vercellese, Montalto di Castro e Termini Imerese.
Il gruppo dell'Italia dei Valori intende sapere se il Governo possa confermare o smentire questa notizia, visto che tra i criteri di esclusione ai fini dell'individuazione dei siti dovrebbero, peraltro, essere tenute in debita considerazione sia...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANITA DI GIUSEPPE. ... la vocazione turistica di una determinata area, sia l'eventuale presenza sullo stesso territorio di industrie o di impianti di produzione energetica.
Inoltre, vogliamo sapere attraverso quali procedure si prevede di coinvolgere, nella massima trasparenza, le popolazioni e gli enti locali interessati su un argomento così rilevante.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, ringrazio il gruppo dell'Italia dei Valori che consente al Governo di fornire alcuni chiarimenti, spero esaustivi, su una questione di grande interesse per l'opinione pubblica. L'interrogazione, infatti, riguarda i criteri di localizzazione dei siti ospitanti impianti nucleari e per lo stoccaggio delle scorie radioattive. A tal proposito, preciso che la delega contenuta all'articolo 25 della cosiddetta legge sviluppo, un importante provvedimento varato recentemente dal Parlamento, definisce principi e criteri direttivi per l'emanazione dei decreti che definiranno i dettagli relativi alle diverse fasi del programma nucleare del nostro Paese. Il Governo, pertanto, è delegato a definire i criteri per la localizzazione degli impianti e non già a stilare elenchi di alcun tipo. Questo credo che sia importante precisare rispetto alla prima richiesta dell'onorevole.
La specifica definizione di siti è competenza di una successiva attività, di tipo anche autorizzativo, che sarà sviluppata nel rigoroso rispetto delle modalità fissate dalla legge, previa verifica della strettissima rispondenza delle caratteristiche tecniche dello specifico progetto ai requisiti di sicurezza prefissati. La richiamata delega del Governo sarà esercitata, tra l'altro, attraverso la determinazione di elevati livelli di sicurezza dei siti, anche al fine di tutelare la salute della popolazione e l'ambiente. Pag. 37A tal proposito, si può assicurare che le decisioni in merito - e questo è il secondo aspetto del quesito posto - saranno assunte attraverso il previsto coinvolgimento e il necessario consenso anche dei soggetti interessati a livello territoriale. Il Governo, infatti, è consapevole che una mancata e larga condivisione delle scelte può comportare seri ostacoli al cammino del programma nucleare nazionale.
D'altro canto, i richiamati decreti legislativi dovranno essere adottati previa acquisizione non solo del parere delle competenti Commissioni parlamentari ma, come è stato ricordato, anche del parere della Conferenza unificata. Infatti, è la stessa «legge sviluppo» a stabilire espressamente che tale autorizzazione sia rilasciata su istanza del soggetto richiedente, previa intesa con la Conferenza unificata. La Conferenza unificata, è bene ricordarlo, rappresenta la sede istituzionale idonea per affrontare le problematiche territoriali specifiche. In essa infatti, come è ben noto agli onorevoli interroganti, trovano rappresentanza non solo le regioni ma anche le province e i comuni che saranno eventualmente ed evidentemente interessati dalle procedure autorizzatorie che ho richiamato dalla legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Ministro, mi meraviglio di lei! Anche lei ci si mette a dire bugie come il suo Presidente del Consiglio? L'articolo 25 prevede il semplice parere della Conferenza unificata, che dirà quel che gli pare e piace, ma il provvedimento non ha bisogno del parere obbligatorio e vincolante della Conferenza unificata. Quindi, di fatto il Governo deciderà da solo, tant'è vero che più della metà delle regioni hanno già fatto ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione (tanto per chiarire i fatti).
In secondo luogo, noi dell'Italia dei Valori denunciamo la scelta scellerata ed omicida di questo Governo di riprendere la costruzione delle centrali nucleari. Perché? È omicida in quanto attenta alla salute, attenta all'ambiente, attenta ai territori, ed è scellerata perché è costosa. Costa troppo e, per quando sarà fatta, le centrali di terza generazione saranno obsolete rispetto agli studi che stanno portando a quelle di quarta generazione. Inoltre, l'uranio è talmente ridotto a poca quantità che costerà sempre di più e quindi il costo sarà sempre maggiore. Inoltre, è contro la volontà popolare perché nel 1987 il popolo italiano ha detto che non vuole le centrali nucleari.
La nostra proposta è di utilizzare quelle risorse e quel tempo per sviluppare energie alternative e tra queste l'energia solare, l'energia eolica, le biomasse, la geotermica, insomma tutte quelle energie che possono fare meglio, a minor costo e a minor rischio salute. Ma questo comporterebbe meno guadagni per le solite lobby che questo Governo sta tutelando (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 16.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Borghesi, Brancher, Brugger, Cicchitto, Cirielli, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Frassinetti, Lo Monte, Migliavacca, Pescante, Soro e Urso sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta Pag. 38dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione di documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione (ore 16,02).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione di documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Ricordo che per l'esame di ciascun documento è assegnato un tempo di cinque minuti per gruppo (dieci minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato). A questo tempo si aggiungono cinque minuti per il relatore, cinque minuti per richiami al Regolamento e dieci minuti per interventi a titolo personale.

(Esame - Doc. IV-ter, n. 10-A)

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla discussione del seguente documento:
Relazione della Giunta per le autorizzazioni su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Patarino (Doc. IV-ter, n. 10-A).
La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Patarino nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Zinzi.

DOMENICO ZINZI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione pervenuta il 23 luglio 2009 dall'ufficio GIP del tribunale di Taranto, in relazione al procedimento penale n. 11664/04 e n. 3466/07 a carico del deputato Carmine Santo Patarino.
La vicenda si inserisce nel quadro di un prolungato contrasto in ambito locale fra il querelante, l'ex senatore Nicola Putignano, e il deputato e consigliere comunale di Castellaneta Carmine Santo Patarino.
Il Putignano, nel ruolo di presidente del CDA della società Nuova Concordia, era impegnato nella realizzazione di un ampio polo turistico nell'area di Castellaneta, lamentando però scarsa collaborazione o veri e propri tentativi dilatori e ostruzionistici rispetto all'opera da parte dell'amministrazione del comune o di suoi specifici rappresentanti, a partire dal Patarino.
In particolare, in una lettera del 10 febbraio 2004, indirizzata al sindaco e ai capigruppo consiliari di Forza Italia e Alleanza Nazionale, il Putignano si esprimeva in questi termini: «non vorremmo che tutto ciò fosse calcolo doloso, perché si teme che con il completamento dei programmi, in larga parte compresi nel noto contratto sottoscritto con il Governo italiano, si renderanno definitivi molti dei rapporti di lavoro al momento ancora precari e molti così potranno finalmente essere sottratti al ricatto del bisogno, annullando totalmente le ragioni della sopravvivenza politica di personaggi che impropriamente possono, nella attuale situazione, ancora occupare posti in sedi istituzionali per loro sovrastanti».
Nell'aprile 2004, il Patarino presentava denuncia-querela proprio in relazione a quest'ultimo passaggio, ritenendolo rivolto contro la sua persona in quanto unico componente dell'amministrazione comunale di Castellaneta ad appartenere a «un'istituzione sovrastante», ossia la Camera dei deputati.
Nella denuncia-querela Carmine Patarino faceva riferimento al fatto che «il contenuto della missiva di natura diffamatoria, calunniosa e con intimidazioni minacciose che, a parere del sottoscritto, vanno interpretate come un volere estorcere provvedimenti amministrativi in suo Pag. 39favore. Evidentemente, l'ex senatore Putignano, pretende di poter ottenere, con minacce, tutto quanto torna utile al gruppo da lui stesso rappresentato». E ancora: «l'ex senatore non gradisce che da parte di amministratori onesti e corretti vi sia rispetto per la legge e per la trasparenza amministrativa, non bene accetta da privati quale è il gruppo Nuova Concordia abituati da sempre a fare il buono e il cattivo tempo per i loro interessi aziendali».
A tali affermazioni ha fatto seguito una denuncia del Putignano nella quale, a sua volta, l'imprenditore si diceva offeso dei contenuti della querela di Carmine Patarino. Tale denuncia - la seconda in ordine di tempo e sottoscritta, si ripete, da Putignano - ha dato origine all'imputazione del procedimento penale n. 11664/04 per calunnia e diffamazione.
Questo procedimento quindi ha avuto un risvolto procedurale imprevisto. Dal medesimo fatto storico l'autorità giudiziaria ha ritenuto di far scaturire due diverse imputazioni penali, una per diffamazione, l'altra per calunnia. Avendo il difensore del Patarino poi eccepito nel giudizio l'insindacabilità per la sola accusa di diffamazione, il giudice ha già condannato il deputato a 16 mesi di reclusione per calunnia, mentre ha rimesso alla Camera - respingendo l'eccezione di insindacabilità - la decisione sul capo relativo alla diffamazione. Sicché, al momento, il procedimento pende in due tronconi, essendo sospeso quello di primo grado in attesa della deliberazione della Camera dei deputati ed essendo in corso invece quello d'appello sull'imputazione di calunnia.
La Giunta ha udito comunicazioni del Presidente Castagnetti nella seduta del 23 settembre 2009 e ha poi esaminato il caso nel merito nelle sedute del 14 e 21 ottobre 2009, ascoltando anche il deputato interessato, il quale si è avvalso altresì della facoltà di depositare una memoria che i componenti hanno potuto valutare. La riflessione del collegio si è sviluppata su due versanti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DOMENICO ZINZI, Relatore. Per un verso, è apparso inconsueto che - per un atto tutto sommato ordinario e prevedibile nei casi di acceso scontro politico e personale tra esponenti molto in vista di una comunità - sia potuta scaturire una pena così pesante per un titolo di reato francamente esagerato. In sede di relazione è stato infatti evidenziato che, ai fini della calunnia...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole relatore, i tempi valgono anche per lei, quindi la pregherei eventualmente di consegnare il testo.

DOMENICO ZINZI, Relatore. Ma io devo completare l'esposizione dei fatti.

PRESIDENTE. Certo, ma deve anche rispettare il tempo che non è definito da me ma dal Regolamento.

DOMENICO ZINZI, Relatore. Io credo che debba continuare, mi dica lei.

PRESIDENTE. No, lei non deve continuare, può al più chiedere di continuare. Chieda di consegnare il testo.

DOMENICO ZINZI, Relatore. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Zinzi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Votazione - Doc. IV-ter, n. 10-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-ter, n. 10-A concernono opinioni espresse dal deputato Patarino nell'esercizio Pag. 40delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Vi prego di prendere posto... onorevole D'Amico... onorevole Nicolais... onorevole Coscia... onorevole Sesa Amici... onorevole Misiani... onorevole Di Caterina... onorevole Nunzio Testa... c'è ancora qualche collega in ritardo... il Ministro Tremonti sta prendendo posto... onorevoli colleghi, vi prego di essere più solleciti... onorevole Strizzolo... ancora un minuto, dopodiché dichiaro chiusa la votazione... onorevole Cesaro... onorevole Antonione...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).
(Presenti 445
Votanti 438
Astenuti 7
Maggioranza 220
Hanno votato
425
Hanno votato
no 13).

Prendo atto che i deputati Vassallo, Tremonti, Tempestini, Pugliese, De Girolamo, Bellotti, Golfo, Portas, Traversa, D'Incecco, Rampelli e Distaso hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

(Esame - Doc. IV-ter, n. 11-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del seguente documento:
Relazione della Giunta per le autorizzazioni su una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità ai sensi dell'articolo 68 primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Gianantonio Arnoldi, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-ter n. 11-A).
La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da Gianantonio Arnoldi, deputato all'epoca dei fatti, nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Sisto.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore. Signor Presidente, il tema oggetto di valutazione della Giunta afferisce ad un procedimento penale pendente dinanzi al giudice di pace di Brescia a carico di Gianantonio Arnoldi, deputato nella XIV legislatura, in seguito alla querela proposta dal signor Massimo Luzzi. La contestazione nei confronti dell'Arnoldi afferiva alla pretesa minaccia di far trasferire questo agente di custodia dal carcere dove il deputato si era recato a far visita ad un detenuto a quello di Favignana, in Sicilia. La qualificazione giuridica del fatto è quella degli articoli 612, comma 1, e 61, nn. 9 e 10, del codice penale, e il fatto stesso sarebbe avvenuto il 30 aprile 2005 a Verziano, a Brescia, all'ingresso dello stabilimento carcerario.
Ecco cosa sarebbe accaduto. Il deputato Arnoldi si era recato in questo carcere di Verziano per visitare Erika De Nardo. Il vice sovrintendente Luzzi della Polizia penitenziaria gli avrebbe detto che non poteva avere accesso nello stabilimento in assenza di disposizioni del direttore del carcere. In virtù di questo divieto l'Arnoldi, a dire del denunciante, avrebbe manifestato il suo disappunto, con una divergenza di opinioni: da un lato, si dice che l'Arnoldi avrebbe rivolto queste espressioni minacciose al Luzzi, dall'altro, invece, e ciò è confermato dai dati dell'audizione del deputato, l'Arnoldi ha smentito questo addebito ed ha affermato di avere soltanto telefonato al sottosegretario dell'epoca Vitali e al direttore dell'amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra per formulare le proprie lamentele in ordine all'atteggiamento non consentito da parte del Luzzi. L'Arnoldi rinuncia alla visita e dopo un po' di tempo avrebbe appreso che il Luzzi lo aveva querelato a pochissimi giorni dalla decorrenza Pag. 41irreparabile del termine per poter proporre querela.
La Giunta ha esaminato il caso il 14 ottobre 2009, e mi riporto ovviamente alla relazione, e ha ritenuto che si potesse pervenire, sia pure a maggioranza, ad un giudizio di non sindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
In sintesi, Presidente, posto che nella relazione allegata è possibile prendere atto del dettaglio della motivazione, si può dire che comunque la reazione dell'Arnoldi è apparsa alla Giunta giustificata perché legata al suo mandato parlamentare in virtù del rispetto dei principi che la Corte costituzionale e la Corte di cassazione hanno più volte affermato, in particolare, per quanto concerne la Consulta, nelle sentenze n. 223 del 2005 e n. 13 del 2007.
Si è detto che la reazione di un deputato alla polizia che tentava di perquisire senza autorizzazione il suo domicilio è scriminata in virtù dell'articolo 4 del decreto luogotenenziale n. 288 del 1944. I principi affermati in questa sentenza del 9 marzo 2004 della VI sezione penale della Cassazione sono stati quelli che hanno condotto la Giunta ad assumere questa decisione. Non ultimo - concludo - è lo stesso trattamento che è stato riservato a favore della deputata Bellillo, protagonista di un episodio, a dire della Giunta, ma così è, e questo è stato il parere del relatore, assolutamente analogo.
Per questi motivi la Giunta propone all'Assemblea di deliberare nel senso che i fatti oggetto del procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, in particolare delle sue funzioni ispettive.

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori vogliamo, invece, che l'autorizzazione sia data da questo Parlamento e vogliamo che risulti agli atti per due ragioni presenti nella stessa relazione predisposta dalla Giunta per le autorizzazioni. Innanzitutto, nella relazione si dice che la presunta frase rivolta al sottufficiale dall'Arnoldi non sembra dotata di apprezzabile contenuto offensivo. Decidere se sia stata usata minaccia o meno nei confronti di una persona, dopo che è stata presentata una querela, è compito dell'autorità giudiziaria e non di questo Parlamento. Pensare che questo Parlamento si sostituisca all'autorità giudiziaria per decidere se una minaccia abbia contenuto penalmente offensivo o meno, significa trasformare questo Parlamento in un tribunale dei giudici e noi dell'Italia dei Valori siamo assolutamente contrari.
Così come siamo contrari a che nella relazione della Giunta si dica, da una parte, che nella querela si afferma che l'Arnoldi rivolse espressioni minacciose al Luzzi, che reclama giustizia, dall'altra, che nell'audizione l'ex deputato ha smentito con decisione di aver proferito le frasi attribuitegli. Allora la questione è se ha detto o meno le frasi attribuitegli e chi lo deve decidere. Oggi, non viene data giustizia a una persona che chiede di essere tutelata da chi lo offende, lo ingiuria e lo minaccia. Peraltro, lo stesso ex deputato, nel momento in cui afferma di non aver detto quelle frasi, ha il diritto di sentirsi tutelato dal tribunale e non da questo Parlamento attraverso una procedura formalmente di immunità, ma sostanzialmente di impunità.
Per questa ragione, proprio perché questo Parlamento sta travalicando le sue funzioni, noi dell'Italia dei Valori esprimeremo un voto a favore dell'autorizzazione a procedere, quindi contro il diniego della stessa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

Pag. 42

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, avrei bisogno di un chiarimento, perché l'onorevole che mi ha preceduto ha parlato di immunità e di autorizzazione a procedere. Vorrei sapere se stiamo parlando di questo o di una cosa diversa.

PRESIDENTE. Credo che tutti conoscano l'ordine del giorno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, l'onorevole Arnoldi in effetti non voleva esercitare la funzione prevista dall'ordinamento giudiziario, quella del libero accesso nelle carceri: lo avrebbe potuto fare e di fatto così è stato. Quello che gli è stato impedito era parlare con un singolo detenuto e questo non era neanche nelle opzioni parlamentari previste dall'ordinamento. Quindi, sembra che sia andato oltre le sue funzioni, i poteri e le prerogative che gli sono riconosciuti. Ecco perché anche noi esprimeremo un voto contrario.

(Votazione - Doc. IV-ter, n. 11-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-ter, n. 11-A concernono opinioni espresse da Gianantonio Arnoldi, deputato all'epoca dei fatti, nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cristaldi, Coscia, Cesario, Oliverio, Cesare Marini, Mannino...

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 553
Votanti 542
Astenuti 11
Maggioranza 272
Hanno votato
349
Hanno votato
no 193).

Prendo atto che il deputato Distaso ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

In ricordo dell'onorevole Giuliano Vassalli (ore 16,25).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea ed i membri del Governo) Onorevoli colleghi, vi prego di prestare un attimo di attenzione. Come è noto, mercoledì 21 ottobre, è deceduto, all'età di 94 anni, l'onorevole Giuliano Vassalli, già deputato, senatore, Ministro di grazia e giustizia e Presidente della Corte costituzionale.
Nato a Perugia nel 1915, avvocato e docente di diritto e procedura penale presso diverse università italiane, Giuliano Vassalli è stato un alto esponente della Resistenza, ha organizzato, tra l'altro, l'evasione di Sandro Pertini e di Giuseppe Saragat dal carcere di Regina Coeli ed è stato successivamente imprigionato dai nazisti e recluso nel 1944 nel carcere di via Tasso.
Ha iniziato la sua attività politica come consigliere comunale ed è stato capogruppo del Partito socialista italiano al comune di Roma dal 1962 al 1966. Membro di questa Camera dal 1968 al 1972, è stato presidente della Giunta per le autorizzazioni dal 1969 al 1972. Dal 1983 al 1987 è stato componente del Senato, ricoprendo dal 1986 la carica di presidente del gruppo del Partito socialista italiano.
È stato Ministro di grazia e giustizia nei Governi Goria e De Mita e nel sesto Governo Andreotti. Nominato giudice della Corte costituzionale dal Presidente della Repubblica nel 1991, ne è divenuto Presidente nel 1999. Pag. 43
Insigne giurista, autore di importanti pubblicazioni scientifiche, ha fatto parte delle commissioni istituite presso il Ministero di grazia e giustizia per la revisione dei codici penale e di procedura penale. Nella veste di Ministro di grazia e giustizia è stato altresì autore di una rilevante riforma del codice di procedura penale, entrato in vigore nel 1989.
Con la morte di Giuliano Vassalli scompare una figura di altissimo spessore culturale, morale e politico: un protagonista della storia della Repubblica che, con raro equilibrio e coerenza, ha saputo coniugare il costante impegno nella politica e nelle istituzioni con una vigorosa e feconda attività di studioso.
Ho già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea, invitandola ad un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio-Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).

Discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di deliberazione del senatore Matteoli (deputato all'epoca dei fatti) sulla riferibilità all'articolo 96 della Costituzione di fatti oggetto di un procedimento penale pendente presso il tribunale di Livorno (Doc. XVI, n. 1).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di deliberazione del senatore Matteoli (deputato all'epoca dei fatti) sulla riferibilità all'articolo 96 della Costituzione di fatti oggetto di un procedimento penale pendente presso il tribunale di Livorno.
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi per l'esame del documento è pubblicato in calce al resoconto della seduta del 22 ottobre 2009.
La Giunta, ritenuto il carattere ministeriale dei comportamenti ascritti al senatore Matteoli, deputato e Ministro dell'ambiente all'epoca dei fatti, propone all'Assemblea di deliberare che i medesimi comportamenti sono stati posti in essere per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, della legge costituzionale n. 1 del 1989, negandosi conseguentemente l'autorizzazione a procedere.
Avverto che, trattandosi di deliberazione attinente ad una autorizzazione a procedere ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione, la discussione e la votazione si svolgeranno secondo i principi di cui all'articolo 18-ter del Regolamento.
La votazione sulla proposta della Giunta avrà luogo, pertanto, a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, e per la sua approvazione sarà necessaria la maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea.

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, la questione che voglio porre riguarda la procedura e non il merito, ed è di assoluta delicatezza. Il Ministro Matteoli, in relazione al procedimento penale pendente nei suoi confronti, sostiene che il tribunale dei ministri di Firenze ha sostanzialmente aggirato la procedura garantita dal combinato disposto dell'articolo 96 della Costituzione e degli articoli 8 e 9 della legge costituzionale n. 1 del 1989. Egli chiede, pertanto, l'applicazione diretta da parte della Camera delle predette disposizioni, e ciò costituisce esattamente il quinto punto dell'ordine del giorno della seduta odierna.
Vorrei sottolineare che, dal punto di vista procedurale, quella che stiamo per affrontare è una questione gravissima, orribile dal punto di vista della forma e della procedura. Nella XV legislatura la Camera dei deputati aveva già affrontato un'analoga domanda del Ministro Matteoli ed aveva elevato un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale. La Corte costituzionale, con una propria sentenza, Pag. 44la n. 241 del 2009, aveva accolto in parte il ricorso della Camera, rilevando che non era stata inoltrata a quest'ultima la comunicazione del provvedimento di archiviazione, dovuta ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge costituzionale n. 1 del 1989. Leggo testualmente dalla sentenza della Corte: «Da tale omissione deriva la menomazione della sfera di competenza costituzionalmente garantita della Camera dei deputati, che, se del caso, potrebbe sollevare conflitto di attribuzione davanti a questa Corte, ritenendo che l'asserita indebita qualificazione come non ministeriale del reato contestato abbia precluso alla Camera competente la possibilità di fare valere la guarentigia di cui all'articolo 96 della Costituzione».
Con questa sentenza, la Corte indica la strada maestra che questa Camera deve seguire. Con la vostra proposta, il quinto punto all'ordine del giorno, si introduce una cosa totalmente diversa e contraria a qualsiasi principio costituzionale, cioè il principio che la Camera debba avere l'ultima parola sulla qualificazione del reato ministeriale. Ma non è così e non può essere così!
Il fulcro della riforma del 1989, la revisione dell'articolo 96 della Costituzione, consiste nel declino di un vero e proprio sistema di giustizia politica, mantenendo però al Parlamento una funzione di filtro rispetto all'esercizio dell'azione penale. È un filtro, però, che interviene dopo che l'autorità giudiziaria, il tribunale dei ministri, si è espresso sulla qualificazione del reato come ministeriale o meno. Il tribunale dei ministri è l'unico qualificato ad esprimere questo giudizio.
Questo dice la Costituzione, questo dice la legge costituzionale n. 1 del 1989, questo indica alla Camera la sentenza della Corte costituzionale n. 241 del 2009. È pertanto stravagante, formalmente orribile, che oggi la Camera decida di seguire una strada diversa da quella costituzionalmente corretta. È stravagante e politicamente e istituzionalmente pericoloso, perché crea un precedente che non si sa quali conseguenze possa produrre in futuro.
Un'ultima osservazione: il Ministro Matteoli oggi è senatore e dottrina concorde e costante sostiene che la determinazione della Camera competente debba essere compiuta con riguardo all'epoca del giudizio, cioè oggi, che egli è al Senato, e non al tempus commissi delicti, quando era deputato. Pertanto, se c'è una Camera che deve affrontare questo tema non è la Camera dei deputati, ma il Senato della Repubblica.
Ci troviamo di fronte, quindi, ad una duplice torsione della Costituzione: da una parte, voler sostituire la Camera al tribunale dei ministri per la qualificazione del reato, dall'altra, voler attribuire a questa Camera, e non al Senato, la competenza in materia, quand'anche, in astratto, come ho cercato di dimostrare, questa ipotesi non sussista e si dovesse affrontare il percorso che voi avete indicato. Prima di avventurarci in un campo così incredibilmente spericolato, pensiamoci bene, sospendiamo la decisione e restituiamo alla Giunta per le autorizzazioni l'incartamento, per decidere di fare quanto la Corte costituzionale ha indicato a questa Camera su sua stessa precisa ed esplicita richiesta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, come avete inteso, sono state sollevate dall'onorevole Bressa alcune questioni riferite sostanzialmente alle conclusioni della Giunta per le autorizzazioni e al relativo procedimento. Ciò, in particolare, con riferimento al fatto che alla Camera non spetti, ai sensi della legislazione costituzionale e ordinaria vigente, il potere di deliberare, in assenza, peraltro, di una specifica richiesta dell'autorità giudiziaria, su una questione quale quella che è oggetto della proposta della Giunta.
Inoltre, l'onorevole Bressa ha fatto particolare riferimento al fatto che la competenza in materia spetterebbe, in ogni caso, al Senato, ai sensi dell'articolo 1 della legge costituzionale n. 1 del 1989.
Al riguardo, desidero, innanzitutto, precisare che la Camera è chiamata a deliberare su una specifica proposta della Giunta che, dopo avere approfondito tutti Pag. 45i profili di competenza, ha approvato a maggioranza una relazione con la quale si propone all'Assemblea di deliberare, ritenuto il carattere ministeriale del comportamento ascritto al senatore Matteoli (deputato e Ministro dell'ambiente all'epoca dei fatti), che i medesimi sono stati posti in essere per il perseguimento di un preminente interesse pubblico, nell'esercizio della funzione di Governo, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, della legge costituzionale n. 1 del 1989, negandosi conseguentemente l'autorizzazione a procedere.
Sarà dunque l'Assemblea, discutendo e deliberando sulla proposta della Giunta, a pronunciarsi in via definitiva, nella sua sovranità, su tutti i profili evidenziati dall'onorevole Bressa.
Con riferimento alla questione relativa alla spettanza alla Camera del potere di pronunciarsi su questa materia, mi limito ad aggiungere, per completezza, che il Senato ha recentemente adottato una deliberazione nella stessa materia, che per oggetto, modalità di investiture e procedimento, presenta strettissime analogie con quella in esame (si confronti l'atto Senato Doc. XVI, n. 1, nonché la relativa discussione della seduta del 22 luglio 2009).
Inoltre, di tali questioni la Camera si è occupata anche nella scorsa legislatura, allorquando attraverso l'istruttoria e le deliberazioni dei propri organi interni competenti (Giunta per le autorizzazioni, Ufficio di Presidenza ed Assemblea) fu elevato un conflitto di attribuzione nei confronti dell'autorità giudiziaria in merito alla possibilità della Camera di pronunciarsi sulla ministerialità dei reati contestati e la Corte ha accolto parzialmente il ricorso. In particolare, circa la competenza, la Camera, dopo uno specifico approfondimento da parte della Giunta per le autorizzazioni, su richiesta dell'Ufficio di Presidenza, nell'elevare conflitto di attribuzione, sostenne il proprio interesse a ricorrere nell'irrilevanza del mutamento della Camera di appartenenza del Ministro Matteoli, dal momento che l'articolo 96 della Costituzione radica la competenza in capo all'organo che ne disponeva al momento dell'esercizio delle funzioni ministeriali da parte dell'imputato. La Corte costituzionale, nel decidere il conflitto, ha riconosciuto la legittimazione a ricorrere della Camera, sussistendo il suo interesse a proporre ricorso.
Ricordo, peraltro, che il comma 2 dell'articolo 18-ter del Regolamento prevede espressamente che la Giunta per le autorizzazioni possa rilevare eventuali questioni di incompetenza secondo i criteri stabiliti dall'articolo 5 della legge costituzionale n. 1 del 1989; ciò che la medesima, nel caso di specie, non ha ritenuto di fare. È evidente che una volta che l'organo competente abbia istruito la questione, formulando una proposta per l'Assemblea, spetta unicamente a quest'ultima ogni valutazione, in fatto e in diritto, compresa quella relativa alla spettanza del potere.
In ogni caso, l'onorevole Paniz, in occasione dello svolgimento della sua relazione, avrà sicuramente modo di fornire all'onorevole Bressa ulteriori elementi di valutazione al riguardo.

(Discussione - Doc. XVI, n. 1)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Paniz.

MAURIZIO PANIZ, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, toccherò subito il tema che l'onorevole Bressa ha introdotto in maniera per la verità inopinata, posto che su questo tema non c'è stata mai osservazione di sorta nel corso dei pur lunghi lavori che ha svolto la Giunta per le autorizzazioni.
Sorprende che sia stata sollevata questa questione da parte di chi quando era maggioranza (due anni fa e poco più), nel maggio del 2007, ha sollevato la questione di costituzionalità con riferimento proprio all'ipotesi che concerneva l'allora Ministro Matteoli. Sorprende che sia stata sollevata all'epoca senza che alcun rilievo venisse mosso in quel momento in ordine all'opportunità o inopportunità, alla legittimità o illegittimità dell'esame della questione. Pag. 46Ed è francamente fuori luogo che venga sollevata oggi quando coloro che a suo tempo ritennero opportuno sollevare la questione stessa sono passati da maggioranza ad opposizione in questo Parlamento.
La realtà è molto semplice. Una giurisprudenza assolutamente consolidata della Suprema Corte, della Corte costituzionale, ha affermato più volte che elemento decisivo è quello relativo al momento del fatto, e semmai al momento dell'avvio del procedimento penale.
Orbene, se consideriamo il momento del fatto, esso si svolge palesemente nell'anno 2003, quando il Ministro Matteoli era membro di questa Camera dei deputati. Se consideriamo il momento dell'avvio del procedimento penale egualmente siamo in una fase e in un momento nel quale il Ministro Matteoli era ancora membro di questa Camera.
Quindi, non c'è dubbio che il riferimento ai fatti e all'avvio del procedimento penale portano questa Camera ad avere la competenza assoluta ed esclusiva nel decidere la questione che oggi è posta ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione.
Ma vi sono almeno altri due elementi che confermano questa circostanza. L'onorevole Bressa si è ben guardato dal citare quella numerosa dottrina che si sarebbe espressa in senso diverso perché in realtà dottrina che si è espressa in senso diverso non ce n'è assolutamente, come invece - se andiamo a guardare la giurisprudenza - esistono almeno due sentenze della Corte costituzionale che hanno radicato in maniera precisa la competenza nell'ambito di quella parte del Parlamento della quale faceva parte la persona che è indagata.
Nel caso specifico il Ministro Matteoli - come ripeto - era membro di questa Camera quando i fatti si sono sviluppati. Cito le sentenze senza tema di smentita: sono la n. 252 del 1999 e la n. 154 del 2004. Ma se ciò non fosse sufficiente, vi è ancora tutta quella giurisprudenza che si è venuta elaborando a proposito dell'articolo 68 della Costituzione, sul quale noi ci siamo intrattenuti più volte. È una giurisprudenza assolutamente conforme, è una giurisprudenza che radica in questa Camera, e non nel Senato del quale fa parte oggi il ministro Matteoli, la competenza a decidere.
Vi è però - come dicevo - almeno un'altra considerazione da fare. La Corte costituzionale, nel momento in cui ha esaminato il ricorso che è stato proposto nel maggio 2007, con la sua sentenza ha implicitamente riconosciuto che a questa Camera spettasse la competenza ad esaminare la vicenda, tant'è vero che altrimenti avrebbe dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di interesse, perché questo è il sistema processuale che regge nel nostro Stato.
Dunque, l'osservazione preliminare che è stata prospettata mi pare assolutamente priva di significato giuridico.
Aggiungo, però, un ulteriore elemento di valutazione. Le sentenze - come è noto - bisogna leggerle tutte, non leggerne soltanto un piccolissimo pezzo, e se si legge la pagina dieci della sentenza della Corte costituzionale per effetto della quale siamo qui oggi (sentenza che ha dichiarato in maniera inequivoca che ben tre autorità giudiziarie del nostro Paese non hanno rispettato il dovere costituzionale di interessare questa Camera con riferimento alla vicenda del Ministro Matteoli), se si legge pertanto integralmente - lo ripeto - questa sentenza, si vede anche che la Corte costituzionale ha affermato in maniera esplicita che all'organo parlamentare (cioè a noi in questo momento) non può essere sottratta una propria autonoma valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale dei reati oggetto di indagine giudiziaria.
Dunque, non ci può essere discussione alcuna sul fatto che a questa Camera competa l'opportunità, leggasi la necessità, il diritto e nel contempo il dovere di decidere se siamo di fronte o meno ad un reato ministeriale e se siamo di fronte ad una situazione che consenta o non consenta, che legittimi o non legittimi l'autorizzazione a procedere. Pag. 47
Mi richiamo per il resto alla relazione che ho tempestivamente depositato e che è agli atti non senza sottolineare almeno due circostanze.
La prima è che la Corte Costituzionale ha dichiarato in maniera inequivoca che siamo di fronte ad un caso nel quale ben tre uffici giudiziari - procura, tribunale o tribunale dei Ministri - hanno omesso di rispettare l'articolo 96 della Costituzione che imponeva a questa Camera di decidere se dare o non dare l'autorizzazione a procedere nel caso specifico.
La seconda considerazione è che l'articolo 96 è assolutamente esplicito nel pretendere che questa Camera decida, ma è un articolo che non è stato invocato per primo dal Ministro Matteoli. È stato invocato da quel pubblico ministero che ha deciso di trasmettere gli atti al tribunale dei Ministri. Non si tratta, quindi, di una scelta capziosa e personale del Ministro Matteoli di invocare l'intervento dell'articolo 96 della Costituzione, ma si tratta di una scelta che l'autorità giudiziaria ha fatto, pur senza trarre le conseguenze che apparivano chiarissime della necessità di valutare, attraverso la concessione o la negazione dell'autorizzazione a procedere, se si trattava di un'ipotesi nella quale dar seguito all'iniziativa penale.
Dunque, siamo di fronte ad un caso nel quale la ministerialità del reato non è stata messa in discussione dalla stessa autorità giudiziaria e francamente che si possa discutere della ministerialità di un reato quando siamo di fronte ad un Ministro che interloquisce con un proprio prefetto sembra davvero fuori di ogni possibile oggetto di discussione.
Il caso specifico è assolutamente banale: il Ministro Matteoli, avendo appreso qui in Transatlantico, da qualche giornalista, che ci sarebbe stata un'iniziativa penale nei confronti del prefetto competente sull'Isola d'Elba dove erano in corso degli incendi, ha avuto modo di colloquiare con il prefetto stesso e si è limitato a chiedergli se davvero era oggetto di un procedimento penale.
In ciò l'originario sviluppo dell'azione penale ha ravvisato due reati: il reato di favoreggiamento e il reato di rivelazione di segreti d'ufficio. Il giudice susseguentemente ha ritenuto di archiviare il procedimento per quanto riguarda la rivelazione di segreti d'ufficio e di mantenerlo in essere per l'ipotesi del favoreggiamento, disattendendo così la richiesta di archiviazione del pubblico ministero.
Crede la Giunta e crede questo relatore che, di fronte a tre uffici giudiziari che hanno omesso di interessare la Camera, di fronte all'opportunità di dare o negare l'autorizzazione a procedere e di fronte ad un caso così elementare di ministerialità del reato determinato da una corretta valutazione dei fatti in esame, la conclusione alla quale la Giunta è pervenuta a maggioranza di dichiarare la ministerialità del reato e di negare l'autorizzazione a procedere si imponga.
Richiamo per il resto la relazione già depositata (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la relatrice di minoranza, onorevole Samperi, per cinque minuti.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, ha ragione l'onorevole Paniz quando afferma che l'attuale minoranza, maggioranza nella XV legislatura, ha difeso sino all'estremo le prerogative della Camera sollevando conflitto di competenza per quanto riguarda l'interpretazione dell'articolo 2 della legge n. 219 del 1989.
In base a tale interpretazione la Camera deve essere informata dal tribunale dei Ministri anche nel caso di archiviazione del procedimento e di trasmissione all'autorità giudiziaria, perché apra il procedimento anche quando il tribunale dei Ministri non ritenga la ministerialità del reato. Questo ha fatto nella XV legislatura la Giunta per le autorizzazioni.
La Corte costituzionale ha risposto dando ragione all'interpretazione della Giunta e sostenendo che il tribunale dei Ministri di Firenze ha omesso di trasmettere alla Camera la comunicazione. Questo afferma la sentenza n. 241 citata dall'onorevole Paniz. Pag. 48
Ma la sentenza dice anche un'altra cosa: afferma senza ombra di dubbio che la dichiarazione di ministerialità del reato spetta all'autorità giudiziaria ordinaria, spetta al tribunale dei Ministri. La Camera ha, però, una via per far valere le proprie prerogative ed è la via che noi ci saremmo augurati che la maggioranza avesse intrapreso: quella di sollevare conflitto di competenza davanti alla Corte costituzionale, ove avesse ritenuto che il giudizio del tribunale dei Ministri sulla ministerialità o non ministerialità del reato fosse da contestare.
La Camera avrebbe potuto benissimo contestare la decisione del tribunale dei Ministri, che ha ritenuto non ministeriali i fatti attribuiti all'onorevole Matteoli e avrebbe per questo potuto sollevare conflitto di attribuzione affinché la Corte costituzionale potesse decidere. Questo era un diritto della Camera, in questo modo la Camera avrebbe difeso le proprie prerogative, ma non attraverso questa procedura, che è assolutamente illegittima.
Infatti, contemporaneamente la Camera, su proposta della Giunta, sta facendo una doppia operazione, che non le è consentita né dall'articolo 96 della Costituzione né dalla legge costituzionale n. 1 del 1989: la doppia operazione consiste nel dichiarare ministeriale il reato - e questo la Camera non lo può fare, se non sollevando un conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale - negando un'autorizzazione a procedere che non le è stata chiesta da nessuno e che è prevista dall'articolo 96 solamente per i reati che siano ritenuti ministeriali.
Quindi, ecco perché l'onorevole Bressa ha invitato la Camera a ripensare al provvedimento in esame, perché è un provvedimento illegittimo, è un provvedimento che viola il dettato costituzionale.
Credo che in un momento di così grave crisi per il Paese, in cui il Parlamento farebbe bene ad occuparsi di problemi più seri, non possiamo stare qui a discutere del nulla, di un atto che sarà inesistente e che in ogni caso sarà impugnato davanti alla Corte costituzionale dal tribunale, che si vedrà leso nelle proprie prerogative.
Ecco perché invitavamo la Camera ad avere un ripensamento, a rimandare gli atti in Giunta per poter procedere correttamente, sollevando un conflitto di attribuzione...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza.. ..se avesse ritenuto che il giudizio di non ministerialità deciso dal tribunale dei Ministri di Firenze fosse un giudizio inesatto.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Palomba, al quale ricordo che ha cinque minuti di tempo.

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi le pubblicazioni in calce al resoconto della seduta odierna del testo della relazione di minoranza, che illustrerò brevissimamente.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, colleghi, la Giunta per le autorizzazioni sta proponendo alla Camera dei deputati di compiere un atto gravissimo di rottura della Costituzione, di lacerazione dei principi costituzionali e, soprattutto, dei principi che regolano i rapporti tra i poteri dello Stato.
Se la proposta verrà approvata - ma noi speriamo che non lo sia - la Camera si accingerebbe a compiere un atto gravissimo, un atto di scippo nei confronti dell'autorità giudiziaria, che è l'unico potere costituzionale deputato a decidere sulla qualificazione giuridica del reato, compresa la sua ministerialità o meno.
Solo l'autorità giudiziaria può stabilire se esista un nesso funzionale tra il reato commesso e la funzione di Ministro. È evidente, che in questo caso tale nesso non vi è. È evidente, che la Camera, la maggioranza Pag. 49ed il Governo stanno tentando di salvare un loro componente per sottrarlo al giudizio; si sta tentando di salvare una persona non nel processo, ma dal processo. La maggioranza sta sfruttando un'ennesima opportunità - d'altra parte, questo è un suo costume - per salvare dal processo un proprio componente.
Signor Presidente, se la Camera si arrogasse il potere di definire la natura giuridica del reato, e di definirlo come reato ministeriale, usurpando così le funzioni dell'autorità giudiziaria, essa davvero compierebbe un atto gravissimo di usurpazione della funzione di un altro potere dello Stato e di lacerazione della Costituzione.
Il relatore per la maggioranza, onorevole Paniz, ci ha invitato a leggere per intero le sentenze. Pertanto, a mia volta, intendo leggerle per intero, integrando quanto egli ha detto con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 241 del 2009. In essa si afferma che è interesse della Camera di appartenenza entrare nel merito della valutazione sulla ministerialità del reato, ma non si dice che la Camera può, essa stessa, appropriarsi e arrogarsi il potere di definire la ministerialità del reato, discutendo, quindi, immediatamente dell'autorizzazione a procedere, eventualmente negandola.
Infatti, la Corte costituzionale sostiene che è interesse della Camera di appartenenza entrare nel merito e valutare se si tratti di un reato ministeriale o meno. Ciò non al fine di autodefinire - assumendo di avere tale potere - il reato come ministeriale e negare l'autorizzazione a procedere, ma al fine di sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, assumendo di essere stata menomata per effetto della decisione giudiziaria.
Signor Presidente, stiamo celebrando una farsa. In questa sede, si sta decidendo un precedente gravissimo: che la Camera possa arrogarsi il potere di soverchiare gli altri poteri dello Stato. Come se la Camera un giorno decidesse autonomamente di approvare, di emanare o di definire un decreto-legge che non sia stato previamente emanato dal Capo dello Stato.
Signor Presidente, fermiamoci sull'orlo del baratro, fermiamoci sull'orlo dello strappo e della lacerazione costituzionale. Anche lei, signor Presidente, se ha la possibilità, eserciti tutti i suoi poteri per evitare che sia compiuto un obbrobrio in quest'Aula. Non vi è dubbio che la Corte costituzionale, adita dalla giurisdizione ordinaria in sede di conflitto di attribuzione, non potrebbe che dichiarare un'eventuale decisione di diniego dell'autorizzazione a procedere come assolutamente contraria ai principi della Costituzione.
Signor Presidente, potremmo evitare tutto ciò con una delibera che rimandi la questione alla Giunta per le autorizzazioni, nella quale si valuti di proporre alla Camera di sollevare la questione del conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale.
Signor Presidente, qualunque altra decisione sottoporrebbe questa Camera ad una gravissima contestazione da parte dei cittadini, che non vedrebbero più nella funzione legislativa una garanzia di equilibrio fra i poteri costituzionali.

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, intervengo soltanto per dire che il Governo non può comportarsi in questo modo e aprire diverse botteghe mentre i deputati parlano; è indecoroso per il Parlamento.

PRESIDENTE. Ha ragione. Prego gli onorevoli Ministri di non fare capannello con i colleghi.
È iscritto a parlare l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, vorrei innanzitutto entrare nel merito del problema. Di cosa stiamo parlando? Secondo l'accusa, stiamo parlando di un Ministro che prima avvisa al telefono, poi lo fa personalmente, il prefetto Gallitto di Livorno, informandolo di due fatti: di un procedimento penale nei suoi confronti e delle possibili intercettazioni Pag. 50telefoniche in corso nei suoi confronti. Questo può essere vero o non vero, ma si tratta dell'accusa che promuove la procura della Repubblica. Questa è l'accusa che promuove la procura della Repubblica e non spetta a noi decidere se il fatto è avvenuto o meno; anzi, lo stesso Ministro Matteoli ha detto che il fatto non è avvenuto. Si tratta, quindi, di una valutazione di merito, ovvero se vi sia stato un favoreggiamento personale o meno da parte di un funzionario dello Stato (Ministro, per giunta) nei confronti di un altro funzionario dello Stato (prefetto, per giunta). Questo è il fatto e se così è, che ci azzecca questo fatto con le due ragioni (Commenti). ..

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di non interrompere l'onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO.... previste dalla legge, le uniche due ragioni previste dalla legge per negare questa autorizzazione. Meglio ancora: quali sono le due ragioni per cui oggi dovremmo decidere che al Ministro debba essere concessa questa speciale immunità?
Dice la legge che le due ragioni per cui si può non procedere nei confronti di un Ministro in caso di reati ministeriali sono le seguenti: l'aver agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o l'aver perseguito un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo.
Questo è ciò che afferma la legge, queste sono le uniche due ragioni per cui questo Parlamento può dire che l'autorità giudiziaria ordinaria non deve procedere nei confronti del Ministro Matteoli, vale a dire perché il Parlamento rileva che, nel suo comportamento, così come egli lo ha precisato (perché deve precisarlo, questo comportamento, per dire che è costituzionalmente rilevante), si ravvisa o la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante, oppure un preminente interesse pubblico nell'esercizio delle funzioni di Governo. Sono queste le uniche due ragioni per cui possiamo permetterci di dire al Ministro che faremo in modo che l'autorità giudiziaria non proceda nei suoi confronti.
In questo caso, però, il Ministro dovrebbe dire quali sono le ragioni di tutela dell'interesse dello Stato o di preminente interesse pubblico che egli ha inteso portare avanti con il suo comportamento. Sapete cosa ha detto il Ministro Matteoli? Ha detto semplicemente che non è vero che ha fatto questa telefonata e non è vero che è andato a riferire questi fatti. Ma questo non è un interesse pubblico, questa è una difesa privata all'interno di un processo, questa è una difesa dell'interessato all'interno del processo! Egli, cioè, paradossalmente, non spiega le ragioni per cui oggi lo Stato e l'interesse pubblico debbano essere tutelati e pone a fondamento delle sue affermazioni soltanto la circostanza di non aver commesso il fatto. Ma a decidere se lo ha commesso o meno può essere soltanto l'autorità giudiziaria e non questo Parlamento, perché, altrimenti, ci troveremmo, ancora una volta, a dover trasferire a questo Parlamento le decisioni nel merito dei fatti penalmente rilevanti e non lasciarne la valutazione all'autorità giudiziaria.
Allora, la verità è una e una sola, signori del Parlamento, ed è che, ancora una volta, anche in questo caso, si bypassano le regole del gioco e, anzi, si utilizzano le regole del gioco in modo strumentale, illegale e illegittimo, per piegare la legge ad interessi personali. Dall'immunità si passa all'impunità, perché ci si vuole difendere dal processo e non nel processo; perché si vuole sfuggire al processo. Insomma, lasciatemelo dire, sarebbe davvero una beffa anche per voi del Governo e per voi della maggioranza, che tanto vi siete impegnati con il lodo Schifani e con il lodo Alfano; sarebbe una beffa del destino che ciò che non è riuscito al Presidente del Consiglio Berlusconi riesca al suo Ministro Matteoli, ossia assicurarsi l'impunità, quell'impunità, appunto, che deve essere riservata secondo voi soltanto ad alcune persone e che cercate di continuo. Pag. 51
Oggi siete qui tutti voi, signori del Governo, siete qui al gran completo. Ma per fare cosa? Non a parlarci dei problemi economici del Paese, non a parlarci delle persone che sono senza lavoro, non a parlarci di chi non arriva a fine mese, non a dirci cosa volete fare per risollevare le sorti del Paese. Siete tutti qui insieme e mai riusciamo a vedervi tutti insieme. Oggi siete qui perché dovete schiacciare il bottone, dovete salvare la poltrona ad uno di voi, ad un vostro sodale perché, grazie a Dio, vi assicurate un precedente per la prossima volta.
E siamo qui, alla Camera e non al Senato, perché, come ha detto il collega Paniz, l'interessato era prima deputato. E allora perché l'altra volta vi siete rivolti al Senato? Ancora una volta si dimostra che in questo Parlamento andiamo a sceglierci anche la Camera piuttosto che l'altra, un magistrato piuttosto che un altro, a seconda delle convenienze, a seconda degli interessi personali, a seconda degli interessi individuali, a seconda della maggioranza del momento. Questo significa ancora piegare anche questo Parlamento alle illegalità che, di volta in volta, stiamo portando avanti. Ormai, la verità è una e una sola: la legalità, in questo Parlamento, in questo Governo, non è più un valore assoluto, ma un valore relativo che dipende dalla maggioranza del momento; è una forma di autotutela massonica che tutti quanti portano avanti per difendere se stessi e per difendere i propri sodali (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Per questa ragione, signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori voteremo contro la decisione di concedere un'ennesima impunità, un'ennesima possibilità che la casta la faccia franca rispetto agli altri cittadini normali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi non è in discussione la stima per il Ministro Matteoli, che qui confermiamo. Ma dirò di più: la mia personale opinione è che i fatti ascritti all'attuale Ministro Matteoli siano scarsamente rilevanti sul piano penale. Ma non è questo il tema al nostro esame quanto, piuttosto, il delicato uso delle garanzie parlamentari che non sono, naturalmente, a tutela della casta ma del prestigio e delle funzioni delle istituzioni e dei suoi membri.
Come già emerso nella discussione, ci accingiamo a fare un atto che è privo di competenza perché non è attribuito alla Camera il giudizio sulla ministerialità dei reati. La cosa è talmente chiara che il collega Consolo, che è anche difensore del Ministro Matteoli, ha presentato una proposta di legge (la n. 891 del 2008) per dare esattamente alla Camera questo potere di valutazione della ministerialità che oggi non ha. Fu chiamato il «lodo Consolo». A prescindere dai nomignoli e dalle polemiche che non ci riguardano, è il segno più evidente del fatto che la Camera si sta arrogando un'attribuzione che non possiede.
Devo dire allo stimato collega Paniz che anche lui però deve leggere le sentenze della Corte costituzionale per intero. Infatti, si è fermato al primo rigo della frase e non ha continuato, leggendo che la Corte costituzionale, esattamente con la stessa sentenza n. 241 del 2009, afferma che non può essere negata o sottratta alla Camera la possibilità di sollevare (leggo testualmente) un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, assumendo di essere stata menomata per effetto della decisione giudiziaria.
Dunque, questo è il nostro potere: reagire ad una valutazione sbagliata con un conflitto di attribuzione e non arrogandoci una prerogativa che questa Camera non ha. Mi permetto un esempio, ossia il caso dell'onorevole Previti. Come taluni di voi ricorderanno, con la pronuncia n. 225 del 2001, la Corte costituzionale dichiarò che spettava certamente all'autorità giudiziaria valutare se l'impedimento opposto dall'onorevole Previti per la sua partecipazione alle udienze fosse legittimo o no. Pag. 52
Quando tale potere di valutazione però è stato esercitato, nel senso di considerare non legittimo l'impedimento dovuto per votazioni nell'Assemblea della Camera, la Corte costituzionale correttamente ha ritenuto che il tribunale di Milano abbia fatto un cattivo uso del potere che in astratto gli spetta e lo ha condannato, dando ragione alla Camera. C'è insomma la competenza come criterio di attribuzione del potere e c'è il cattivo esercizio del potere a cui ben si può reagire nei modi propri, cioè con il conflitto di attribuzione.
Credo che il rischio sia piuttosto chiaro, onorevoli colleghi: la Camera oggi rischia di disconoscere persino in astratto che il potere di qualificare il reato come ministeriale o «no» spetti alla magistratura e lo attribuisca a sé medesima, andando in contrasto proprio con la sentenza che ho appena menzionato (la n. 225 del 2001) e anche con la sentenza n. 241 del 2009, che ha ribadito la competenza del tribunale dei Ministri nella valutazione della ministerialità del reato, ma ha censurato l'omessa comunicazione di quella valutazione al Presidente della Camera.
Dunque, la procedura che oggi ci viene proposta risulta abnorme ed è inutile, giacché si negherà un'autorizzazione che nessuno ha richiesto e non produrrà alcun effetto giuridico. La Camera, se verrà approvata la proposta della Giunta, compierà un atto al di fuori delle sue attribuzioni, come se una Capitaneria di porto conferisse una laurea o come se un ramo del Parlamento dichiarasse uno stato di calamità naturale. Nei manuali universitari, come è noto, si chiama incompetenza assoluta.
Per questi motivi credo che stiamo impegnando la Camera in un lavoro faticoso, ma non proficuo e io non condivido la proposta del relatore di maggioranza, fermo restando che questi voti, come da consolidata prassi, comportano una valutazione responsabile senza vincoli di gruppo da parte dei singoli parlamentari.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Dichiarazioni di voto - Doc. XVI n. 1)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.

DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, il gruppo dell'UdC voterà contro l'autorizzazione a procedere.

PRESIDENTE. Mai intervento fu più sollecito.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, il problema che ci occupa è sicuramente nuovo e deve essere affrontato con un rigore scientifico credo importante.
Non mi addentrerò nei problemi specifici perché l'onorevole Paniz, grande giurista che mi ha preceduto e che parlerà dopo di me, saprà dare il taglio giusto per inquadrare le fattispecie giuridiche. Io voglio soltanto spiegare alcune cose che sono in parte giuridiche e in parte politiche.
Noi abbiamo un tribunale ordinario che ha l'onere di trasmettere la comunicazione alla Camera e non lo fa. Decide che trattasi di reato ministeriale, invia gli atti al tribunale dei ministri, il quale anch'egli ha l'obbligo di trasmettere alla Camera, ma non lo fa e ritorna indietro nello stesso modo. Quindi, credo che se i giudici avessero svolto il loro dovere (ovviamente il reato di omissione d'atti d'ufficio esiste solo per i politici, non per i magistrati, in quanto sono all'interno di un sistema di immunità reale), se il tribunale dei ministri avesse trasmesso la comunicazione, a quel punto si sarebbe potuto dichiarare l'autorizzazione o meno a procedere e il discorso si sarebbe chiuso lì.
Noi ci troviamo di fronte ad un vero e proprio escamotage giuridico per far sì che la Camera venga bypassata. Di questo non Pag. 53ne ha parlato nessuno, ma è un dato reale, intanto, in quanto i giudici non comunicano alla Camera l'esistenza di un procedimento ministeriale, la Camera secondo voi non può dichiarare la procedibilità e, quindi, evidentemente si tornerà a procedere contro il ministro. Di questa roba qui stiamo parlando.
È evidente che il legislatore ha fatto la norma pensando di avere a che fare con delle persone che, nel momento in cui decidono, lo fanno con indipendenza, cioè al di fuori di un ambito correntizio e di un interesse politico. È altrettanto evidente che siamo, invece, in un'ipotesi un po' diversa e, quindi, ci dobbiamo cominciare a guardare da un escamotage politico che evidentemente tende ad inficiare il potere della Camera.
Ho sentito parlare, per la verità anche da magistrati in questa Camera poco fa, di conflitto di attribuzioni e di conflitto di competenza. Guardate che non è la stessa cosa: un conflitto di competenza, cioè se è competente o meno una certa persona o autorità, va risolto dalla Corte di Cassazione; è solo il conflitto di attribuzione che va risolto dalla Corte costituzionale.
Quindi, nel momento in cui ci pronunciamo, lo facciamo semplicemente dichiarando che questa Camera non concede l'autorizzazione a procedere. Ciò significa - è importante, ma cercherò di essere sintetico - che occorre chiarire per quale ragione la definizione di reato ministeriale deve essere in capo alla magistratura. Abbiamo sentito dall'onorevole Palomba, che stimo, citare la sentenza della Corte costituzionale la quale afferma che non può, ma non dice nemmeno che non deve. È evidente che siamo di fronte ad un vuoto che non può che essere riempito da una Assemblea che ha il potere legittimato dalla democrazia diretta che prevede l'elezione di questa Assemblea, cioè l'esercizio di una sovranità in questa aula.
Si badi bene, tanto per avere eguali pesi ed eguali misure, che la giurisprudenza della Corte costituzionale, fino ad un certo punto, ha detto che definire un'attività di competenza del Parlamento, quindi del parlamentare, spettava alla Camera di appartenenza. Si badi bene che la Corte costituzionale decide, essa stessa, per l'insindacabilità dei suoi componenti. Quindi, non è una novità. Se qualcuno è in grado di fornirmi un motivo valido, vorrei capire per quale ragione quando la Corte costituzionale decide l'insindacabilità di se stessa decide bene, quando lo fa la Camera decide male, perché deve dare tutto in mano ai giudici.
Ancora, avrei piacere di confutare (non dico una volta per tutte, perché è un leitmotiv che abbiamo già sentito) il criterio che non bisogna difendersi dal processo ma nel processo: lo abbiamo sentito più volte. Se avessi un avvocato che mi dicesse di affrontare il processo penale come imputato senza eccezioni procedurali, difendendomi nel processo e non dal processo, ebbene io gli farei causa per inadempimento dei suoi doveri professionali, perché il principio è primum vivere, deinde philosophare.
In conclusione, credo che questa Camera abbia non solo il diritto ma anche il dovere di decidere anche su un membro del Governo per un motivo estremamente semplice: il popolo legittima questa Camera, e qui risiede la sovranità, il Governo è legittimato dal voto della Camera. Essendo legittimato dal voto dalla Camera, e quindi essendo la Camera superiore evidentemente a questa questione, non si potrà che dire che i membri del Governo sono sicuramente valutabili da questa Camera. Per questo motivo, noi voteremo in maniera favorevole a quanto proposto dal relatore Paniz (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intendo tornare sull'argomento per ricordare a me stesso e per lasciare agli atti (perché a questa maggioranza parlamentare non interessa) che la legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 (è ancora una legge dello Stato ed è una legge Pag. 54costituzionale), dice all'articolo 9, comma 3, che l'Assemblea si riunisce e può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l'autorizzazione a procedere ove reputi che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio delle funzioni di Governo.
Piaccia o non piaccia, noi dobbiamo sapere. Io per poter votare ho il diritto e anche il dovere di sapere qual è l'interesse dello Stato costituzionalmente rilevante per cui il Ministro Matteoli chiede alla Camera che non si inviino gli atti al tribunale. Lo deve dire lui, lo deve dire: la Camera non può votare senza sapere qual è l'interesse dello Stato. Credo che anche lei glielo dovrebbe chiedere, signor Presidente.
Se non è l'interesse dello Stato dovrebbe dirci qual è l'interesse pubblico nell'esercizio delle sue funzioni. Non può essere, come sta scritto nella relazione di maggioranza, il fatto che abbia telefonato al prefetto in relazione agli incendi nella zona, non è di questo che è accusato. Il capo di imputazione non si riferisce al fatto che ha telefonato al prefetto e gli ha detto: come vanno gli incendi o che facciamo con gli incendi all'Isola d'Elba; il motivo per cui è accusato, la cui verità poi dovrà valutare il tribunale, è molto semplice: lo avrebbe avvisato prima al telefono e poi di persona di un procedimento penale e di un'intercettazione telefonica a suo carico, cosa che non c'entra nulla con la telefonata in relazione agli incendi all'Isola d'Elba, anche se viene fatta nello stesso contesto di luogo e di tempo.
Noi abbiamo il dovere, oltre che il diritto, di chiedere quali sono le ragioni, perché se noi pieghiamo il nostro Parlamento semplicemente ad un voto per partito preso e non per una valutazione profonda di quello che la Costituzione - perché qui parliamo di una legge costituzionale - ci impone di fare, noi stiamo creando un precedente abnorme, enorme, pazzesco: la maggioranza parlamentare del momento può decidere se mandare sotto processo o meno un suo rappresentante ripristinando così l'articolo 68 della Costituzione anche se non c'è più, perché lo si sta ripristinando, poiché si decide non in quanto Ministro ma in quanto parlamentare, usando surrettiziamente la norma sul reato ministeriale.
Con il reato ministeriale, infatti, tutto questo non c'entra nulla, perché vorrei sapere cosa ha di ministeriale il fatto che un Ministro, pur se Ministro, avverta un altro di un'indagine che è in corso che lo riguarda. Se ciò fosse vero è un fatto di una gravità inaudita. Oppure, dovremmo sposare le tesi del Ministro Matteoli, perché Matteoli dice che non ha fatto questa telefonata, che non ha parlato di tutto questo, che non è andato lì, ma questa è una situazione che va risolta in via endoprocessuale. All'interno del processo occorre andare a considerare le prove a carico e le prove a discarico perché le dichiarazioni dell'indagato, per definizione, sono dichiarazioni spontanee che vengono rese, ma che devono essere valutate perché chi è sottoposto a processo può anche mentire, può anche stare in silenzio, può dire quel che gli pare, può dire la verità, ma è un processo che lo deve stabilire.
Questa abdicazione del Parlamento al proprio ruolo di difesa della Costituzione perché qui stiamo parlando di una norma costituzionale (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)... La cosa che più mi umilia in tutto questo, Presidente, è l'irrisione, il menefreghismo, la strafottenza dei colleghi che mi interrompono mentre parlo come se così risolvessero il problema (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Non è così che risolvete il problema, offendete questo Parlamento, offendete chi vi ha eletto, offendete chi vi ha dato la maggioranza, offendete chi vi ha mandato al Governo, perché al Governo gli italiani vi hanno mandato nell'interesse loro, non per farvi gli affari vostri (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

Pag. 55

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, ho già illustrato i motivi del nostro dissenso rispetto alla proposta di maggioranza della Giunta per le autorizzazioni. Vorrei soltanto ricordare sommessamente che, proprio perché tutti, maggioranza ed opposizione, teniamo a difendere le prerogative della Camera, ci troviamo qui a discutere sulla sentenza n. 214 che la Corte costituzionale ha emesso accogliendo in parte i motivi di censura che la Giunta, durante la scorsa legislatura, aveva sollevato.
La Corte, in questa sentenza n. 214, traccia la strada, traccia la via, e dice esattamente che il tribunale dei Ministri, proprio perché la Camera possa esercitare le proprie prerogative, deve dare comunicazione alla Camera. In che modo la Camera può esercitare le proprie prerogative? Non decidendo autonomamente sulla ministerialità del reato, perché con la riforma del 1987 con cui fu abrogata la legge sulla Commissione inquirente e fu riformato l'articolo 96 della Costituzione, sono i giudici ordinari a giudicare i Ministri per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni e a dichiarare la natura ministeriale o meno dei reati.
Quindi, questa doppia operazione che oggi l'Assemblea sta compiendo nel deliberare è un grande errore procedurale ed è un atto che non potrà condurre ad alcunché perché tamquam non esset poiché la Camera non può arrogarsi questo doppio potere che invece si sta arrogando: da una parte, giudicare la ministerialità di un reato, dall'altra, negare l'autorizzazione a procedere sul presupposto che quel reato sia ministeriale.
La Camera potrebbe negare l'autorizzazione a procedere, ma prima deve sollevare conflitto di poteri davanti alla Corte costituzionale: questa è la via maestra, questa è la via che noi vorremmo suggerire perché solo in questo modo si tutelano correttamente le prerogative della Camera, come sono disegnate nell'articolo 96 della Costituzione e nella legge costituzionale n. 1 del 1989.
Quindi, noi non stiamo affrontando nel merito il problema, c'è un fatto procedurale che è pregiudiziale rispetto al merito e vorremmo che su questo l'Assemblea continuasse a riflettere. Ecco i motivi per cui noi non siamo d'accordo e voteremo contro la proposta della Giunta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, colleghi, la mia non sarà una dichiarazione di voto ma un semplice chiarimento per evitare fraintendimenti. Noi riteniamo fondate le perplessità di ordine procedurale e di competenza su questa vicenda illustrate dall'onorevole Mantini. Tuttavia, nel merito riteniamo fondate le ragioni che portano a configurare come ministeriale l'addebito mosso al senatore Matteoli. Ritenendo di far prevalere le ragioni di merito rispetto a quelle procedurali, voteremo a favore della relazione di maggioranza della Giunta per le autorizzazioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, la posizione è già stata espressa dalla collega Samperi. Voglio solo che resti agli atti una precisazione perché il relatore, portando le sue motivazioni, ha citato anche due sentenze a prova di smentita. Bene, la smentita arriva adesso perché la sentenza n. 252 del 1999 riguarda l'articolo 68 della Costituzione, mentre la sentenza n. 154 del 2004 riguarda l'articolo 90, ovvero il Presidente della Repubblica. Quindi, sono due sentenze che con il caso in esame c'entrano come i cavoli a merenda (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 56

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi rendo conto che c'è una certa frenesia perché qualche collega può avere degli altri impegni, ma è solo mercoledì sera e la settimana ha anche altri giorni. Quindi, dovremmo renderci conto che questo dibattito merita tutto il tempo che gli stiamo attribuendo.
Il dibattito sulla proposta del relatore, onorevole Paniz, che ringrazio per la consueta chiarezza, ha già ampiamente dimostrato che la questione sottoposta al nostro esame trascende la vicenda giudiziaria in cui è coinvolto il senatore Matteoli ed è indiscutibilmente proiettata ad affermare un'interpretazione delle nostre prerogative nell'applicazione degli articoli 68 e 96 della Costituzione assolutamente innovativa e oggettivamente forzante e oltrepassante il contenuto degli articoli medesimi, oltre che delle leggi costituzionali che li applicano.
In questo senso, anche io penso che trattandosi di un atto che nasce e si pone intenzionalmente al di fuori del dettato legislativo, sia un atto nullo e, dunque, privo di efficacia giuridica. Con la decisione proposta si vorrebbe, infatti, denegare un'autorizzazione a procedere che, peraltro, nessuna autorità giudiziaria ci ha richiesto. Si vorrebbe affermare, inoltre, la ministerialità di un reato senza che alcuna legge e alcuna sentenza della Corte costituzionale ce ne attribuisca il potere e si trascura che, comunque, a tutto voler concedere, la Costituzione stabilisce che è la Camera alla quale appartiene il parlamentare a doversi pronunciare. Dunque, nella fattispecie, essendo Altero Matteoli oggi senatore, dovrebbe essere il Senato ad assumere un'eventuale deliberazione su questa materia.
Le sentenze che qui sono state evocate da lei, signor Presidente, e anche dal relatore - mi pare che l'onorevole Bressa abbia già precisato di quali sentenze si tratti - in ogni caso erano sentenze che da parte della Corte costituzionale non contestavano la legittimità della Camera dei deputati a elevare il conflitto di attribuzione a difesa di una propria deliberazione precedente. Tuttavia, ciò non comporta assolutamente la legittimazione di un incardinamento definitivo di questo caso nella Camera dei deputati posto che il senatore Matteoli oggi appartiene a un'altra Camera. A me pare che, stando così le cose, dobbiamo chiederci perché si vuole ugualmente procedere. Mi pongo questa domanda perché deve esserci una ragione ulteriore rispetto a ciò che è stato detto, perché non può sfuggire a nessuno dei colleghi la mancanza dei presupposti di legittimità a procedere in questo modo. Perché si insiste?
Per affermare il principio - io penso - chiaramente espresso nella relazione agli atti dell'onorevole Paniz, che pure in carenza di una richiesta dell'autorità giudiziaria competente, cito testualmente, la procedura autorizzatoria, anche se con esito di diniego dell'autorizzazione, possa essere autonomamente attivata a tutela delle prerogative parlamentari.
Si nega, con questo provvedimento quindi, l'autorizzazione, ma non si dice a chi la si nega perché non vi è chi l'abbia richiesta. Probabilmente si tratta di un messaggio rivolto, a questo punto preventivamente, ad ogni organo giurisdizionale, chiunque sia, ovunque si trovi, che intenda procedere nei confronti del senatore Matteoli.
Non voglio dire che si tratti di un atto oggettivamente intimidatorio, ma sicuramente un atto inibitorio dell'azione giurisdizionale. Un atto che va contro e oltre la legge per denunciare i limiti della legge. Non voglio neppure prendere in considerazione il sospetto - che pure è circolato in queste ore - secondo cui si vorrebbe in tal modo costituire una giurisprudenza dei precedenti, cui potersi riferire in futuro. Ma vorrei discutere la motivazione dell'oltrepassamento del testo della legge vigente.
Nel dibattito culturale del Paese qualche volta è stato sostenuto che è possibile andare oltre, oltrepassare la legge per indicare una via al legislatore. Ma è il Pag. 57dibattito culturale ed in ogni caso è un dibattito animato dai cittadini. Tuttavia, noi non siamo cittadini comuni, noi siamo appunto i legislatori. Se riteniamo che la legge non sia più adeguata ai tempi, anche la legge costituzionale, dobbiamo semplicemente riformarla, non disattenderla.
Da ultimo, signor Presidente, vorrei rispondere ad una questione che riterrei legittimo mi fosse posta da lei in particolare, da lei in primo luogo: perché, come presidente, avendo io questi convincimenti, non ho impedito questo voto della Giunta? Semplicemente perché non ne ho giustamente i poteri. Sono presidente di un organo collegiale che ha il diritto di esprimere la propria volontà, la volontà della propria maggioranza. Dovere del presidente - nella fattispecie il presidente è espressione della minoranza parlamentare e anche per questo presidente di garanzia - è quello di registrare, come ho fatto, la volontà della maggioranza e trasmetterla correttamente a lei, signor Presidente, per gli adempimenti che la legge riconosce in capo a lei come organo monocratico e per gli adempimenti che lei ritenesse di far assumere all'Assemblea.
Così mi sono comportato come era mio dovere fare. E sotto questo profilo sono lieto che questa occasione ci abbia consentito un confronto serio e vero.
Sarebbe grave che il voto dell'Assemblea di oggi risentisse o potesse risentire del clima di ostilità, di un certo clima di ostilità verso la magistratura che è emerso ancora ieri sera in una trasmissione televisiva, e che si trascinasse anche la gestione delle nostre prerogative, le prerogative che abbiamo a tutela della nostra funzione parlamentare (sinora giustamente questa gestione è stata sottratta alla logica degli schieramenti politici e delle lotte politiche), nel crogiolo di una polemica che, a mio avviso, non farebbe che penalizzare la funzione e il prestigio del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Grazie, presidente Castagnetti. Apprezzo la finezza del suo artificio dialettico, ma proprio perché apprezzo ancor di più la sua sensibilità istituzionale, non mi sarei mai permesso di porre la questione alla quale lei retoricamente ha fornito risposta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, ripeto ai colleghi quanto affermato ora dal presidente Castagnetti: questo è un atto che voterà la maggioranza, ma che impegna la responsabilità di tutta questa Camera. Quindi, credo che chiunque in questa Camera abbia a cuore le istituzioni debba prendere la parola anche se molto brevemente.
Ritengo che questo che stiamo per compiere, se lo compiremo, sarà certamente un atto radicalmente nullo - ripeto: radicalmente nullo - al di fuori di ogni previsione costituzionale.
Un inutile - vorrei ripeterlo - braccio di ferro con la magistratura, reso più grave dalla maggioranza assoluta che lo accompagna. Vi ricordo che la maggioranza assoluta con cui si vota questo atto è richiesta in pochissimi casi e, tra l'altro, per la modifica della Costituzione, quindi questo ci impegna ad una maggiore responsabilità.
Chiederei di fermarvi e di riflettere ancora, prima di compiere questo atto, che tutto sommato ha un'evidenza marginale, perché è certo che, fra qualche mese o fra non molto tempo, esso verrà dichiarato tale dalla Corte costituzionale, perché non è ammissibile dare un'autorizzazione di questo tipo in mancanza della richiesta. Quindi, ciò dovrebbe farvi capire che è un rischio. Il risultato finale dell'accertamento della Corte creerà nuovi conflitti istituzionali. Mettiamo in pericolo gli equilibri tra i supremi organi dello Stato, tra gli organi costituzionali, compiendo un atto che sappiamo a priori che sarà radicalmente nullo ed inutile.
Quindi, la mia richiesta sarebbe di soprassedere e di ritornare in Giunta e, comunque, di non procedere al voto. Se volete farlo, sapete quali sono le conseguenze (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

Pag. 58

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, è la prima volta che in questa Camera viene affrontato il tema dell'articolo 96 della Costituzione. C'è un unico precedente, quello del Senato, ed è in senso perfettamente conforme a ciò che stiamo facendo oggi.
È vero che ho citato due sentenze, una relativa all'articolo 68 ed una relativa all'articolo 90, perché nel nostro ordinamento è ammessa l'interpretazione sistematica, quando non ci sono precedenti che regolino la materia specifica. Dunque, quei due precedenti rappresentano il punto di riferimento più preciso in merito alla materia che stiamo esaminando.
La realtà è molto semplice: siamo di fronte a tre uffici giudiziari che per tre volte, in maniera pervicace, hanno omesso di rispettare la Costituzione. Lo hanno fatto evidentemente in maniera precisa e scientifica, perché è impensabile che quelle autorità giudiziarie non conoscessero l'esistenza di quell'articolo 96 che lo stesso pubblico ministero procedente aveva indicato come strada indispensabile nel caso in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Non lo dice Altero Matteoli, ma la Corte costituzionale, quella Corte costituzionale alla quale voi, quando eravate maggioranza, avete inteso fare riferimento, quella Corte costituzionale alla quale dite che noi dovremmo oggi rivolgerci, quando invece esiste la possibilità chiara per questa Camera di prendere una decisione.
Le regole sono chiare, non le abbiamo poste noi. La Costituzione non l'abbiamo scritta noi: è lì ed è precisa. È quella stessa Costituzione che dà le regole alle quali noi ci siamo uniformati qualche mese fa. Onorevole Di Pietro, se noi l'avessimo ascoltata qualche mese fa, avremmo mandato in carcere l'onorevole Margiotta, che non era membro del Popolo della Libertà o della Lega, di questa coalizione di Governo, ma era membro di questo Parlamento, e pochi giorni dopo la nostra decisione il tribunale del riesame ha annullato il provvedimento di quel giudice e ha dichiarato che egli aveva tutto il diritto di essere un uomo libero.
Noi non ci conformiamo alle regole solo quando è in discussione un nostro Ministro o un esponente della nostra forza di Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud). Le regole per noi sono le stesse anche quando alti esponenti dell'opposizione sono interessati alla loro valutazione. È così che abbiamo deciso di fronte al giudice dottoressa Forleo quando erano implicati l'onorevole Fassino o l'onorevole D'Alema. Questo è il dato di fatto sul quale noi ci siamo mossi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
L'articolo 68 e l'articolo 96 della Costituzione sono molto chiari. Di fronte a questi articoli, ci sono stati tre uffici giudiziari che pervicacemente hanno omesso di intervenire, che pervicacemente hanno omesso di trasmettere gli atti a questa Camera, che pervicacemente hanno omesso di chiederci se eravamo disponibili o meno a dare l'autorizzazione a procedere.
Non discutiamo sulla ministerialità del reato. Della ministerialità del reato ho già parlato prima: appare chiara, non tanto e non solo perché l'ha chiesta il Ministro Altiero Mattioli, ma soprattutto perché un pubblico ministero si è mosso in questa direzione. Quel pubblico ministero ha invocato infatti il reato ministeriale e ha chiesto che si procedesse ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione.
Il Parlamento va difeso nelle sue prerogative, con pieno rispetto e senza correre il rischio di entrare nell'antipolitica, ma va difeso. Noi, in questo momento, non stiamo difendendo la posizione del Ministro Matteoli, stiamo difendendo la posizione di un Ministro di questa Repubblica. Se è vero che abbiamo il dovere di rispettare la magistratura, è altrettanto vero che la magistratura deve rispettare il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Pag. 59Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud), deve rispettare le sue regole e le sue prerogative, che non sono poste a difesa di Tizio o di Caio, a difesa dell'esponente del PD o del PdL, della Lega o dell'Italia dei Valori: sono poste a difesa dei membri del Parlamento che hanno una funzione istituzionale, che deve essere mantenuta e garantita, perché è il segnale più forte che siamo l'espressione di una democrazia.
L'Italia si fonda su questi valori democratici, non si tratta, come ha detto lei, onorevole Di Pietro, poco fa, di un Parlamento che si piega ad interessi personali e nel quale la legalità non è più un valore assoluto. Proprio nel rispetto di questa legalità, vogliamo che i membri del Parlamento e i Ministri, quale sia la loro etichetta, il loro colore e la forza politica, siano rispettati (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud-Congratulazioni)!

(Votazione - Doc. XVI, n. 1)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che, trattandosi di deliberazione ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione, come previsto dall'articolo 18-ter, comma 7, del Regolamento, la proposta di diniego dell'autorizzazione si intenderà respinta qualora non consegua il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti dell'Assemblea.
Indico la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di deliberare che i comportamenti ascritti al senatore Matteoli, deputato e Ministro dell'ambiente all'epoca dei fatti, da ritenersi di carattere ministeriale, sono stati posti in essere per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, della legge costituzionale n. 1 del 1989, negandosi conseguentemente l'autorizzazione a procedere.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Bruno, onorevole Traversa, onorevole De Micheli, onorevole Catanoso, onorevole Formisano, Ministro Bossi.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 574
Maggioranza assoluta dei
componenti 316
Hanno votato 375
Hanno votato no 199.

(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud - Vedi votazionia ).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 29 ottobre 2009, alle 9,30:

Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 17,45.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO DOMENICO ZINZI SUL DOC. IV-TER, N. 10-A.

DOMENICO ZINZI, Relatore. Onorevoli colleghi, la Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione pervenuta il 23 luglio 2009 dall'ufficio Gip del tribunale di Taranto, in relazione al procedimento penale n. 11664/04 RGNR e n. 3466/07 R GIP a carico del deputato Carmine Santo Patarino.
La vicenda si inserisce nel quadro di un prolungato contrasto in ambito locale fra il querelante, l'ex senatore Nicola Putignano, e il deputato e consigliere comunale di Castellaneta (Taranto) Carmine Santo Patarino. Pag. 60
Il Putignano, nel ruolo di presidente del cda della società «Nuova Concordia», era impegnato nella realizzazione di un ampio polo turistico nell'area di Castellaneta, lamentando però scarsa collaborazione o veri e propri tentativi dilatori e ostruzionistici rispetto all'opera da parte dell'amministrazione del comune o di suoi specifici rappresentanti, a partire dal Patarino.
In particolare, in una lettera del 10 febbraio 2004, indirizzata al sindaco e ai capigruppo consiliari di Forza Italia e Alleanza Nazionale (quest'ultimo, per l'appunto, Carmine Santo Patarino), il Putignano si esprimeva in questi termini: «non vorremmo che tutto ciò fosse calcolo doloso, perché si teme che con il completamento dei programmi, in larga parte compresi nel noto contratto sottoscritto con il Governo italiano, si renderanno definitivi molti dei rapporti di lavoro al momento ancora precari e molti così potranno finalmente essere sottratti al ricatto del bisogno, annullando totalmente le ragioni della sopravvivenza politica di personaggi che impropriamente possono, nella attuale situazione, ancora occupare posti in sedi istituzionali per loro sovrastanti».
Nell'aprile 2004, il Patarino presentava denuncia-querela proprio in relazione a quest'ultimo passaggio, ritenendolo rivolto contro la sua persona in quanto unico componente dell'amministrazione comunale di Castellaneta ad appartenere a «un'istituzione sovrastante», ossia la Camera dei deputati.
Nella denuncia-querela Carmine Patarino faceva riferimento al fatto che «il contenuto della missiva (del Putignano era) di natura diffamatoria, calunniosa e con intimidazioni minacciose che, a parere del sottoscritto, vanno interpretate come un volere estorcere provvedimenti amministrativi in suo favore. Evidentemente, l'ex senatore Putignano, pretende di poter ottenere, con minacce, tutto quanto torna utile al Gruppo da lui stesso rappresentato». E ancora: «(l'ex senatore non gradisce) che da parte di amministratori onesti e corretti vi sia rispetto per la legge e per la trasparenza amministrativa, non bene accetta da privati quale è il Gruppo Nuova Concordia abituati da sempre a fare il buono e il cattivo tempo per i loro interessi aziendali». A tali affermazioni ha fatto seguito una denuncia del Putignano, nella quale, a sua volta, l'imprenditore si diceva offeso dei contenuti della querela di Carmine Patarino. Tale denuncia - la seconda in ordine di tempo e sottoscritta, si ripete, da Putignano - ha dato origine all'imputazione del procedimento penale n. 11664/04 RGNR per calunnia (in relazione alla pretesa falsa incolpazione per i reati di estorsione, minaccia e corruzione) e diffamazione.
Questo procedimento quindi ha avuto un risvolto procedurale imprevisto. Dal medesimo fatto storico l'autorità giudiziaria ha ritenuto di far scaturire due diverse imputazioni penali, una per diffamazione, l'altra per calunnia.
Avendo il difensore del Patarino poi eccepito nel giudizio l'insindacabilità per la sola accusa di diffamazione, il giudice ha già condannato il deputato a 16 mesi di reclusione per calunnia (tre anni di pena base ridotti per le attenuanti generiche e il rito abbreviato), mentre ha rimesso alla Camera - respingendo l'eccezione di insindacabilità - la decisione sul capo relativo alla diffamazione. Sicché, al momento, il procedimento pende in due tronconi, essendo sospeso quello di primo grado in attesa della deliberazione della Camera dei deputati ed essendo in corso invece quello d'appello sull'imputazione di calunnia.
La Giunta ha udito comunicazioni del presidente Castagnetti nella seduta del 23 settembre 2009 e ha poi esaminato il caso nel merito nelle sedute del 14 e 21 ottobre 2009, ascoltando anche il deputato interessato, il quale si è avvalso altresì della facoltà di depositare una memoria, che i componenti hanno potuto valutare (il resoconto delle predette sedute è, per migliore comprensione, allegato alla presente relazione). La riflessione del collegio si è sviluppata su due versanti.
Per un verso, è apparso inconsueto che - per un atto tutto sommato ordinario e prevedibile nei casi di acceso scontro politico Pag. 61e personale tra esponenti molto in vista di una comunità - sia potuta scaturire una pena così pesante per un titolo di reato francamente esagerato.
In sede di relazione è stato infatti evidenziato che - ai fini della calunnia (articolo 368 del codice penale) - i reati asseritamente attribuiti dal Patarino al Putignano tali effettivamente non erano. Il lessico della polemica politica non è infatti sempre sovrapponibile a quello tecnico-penale. Senza contare che il giudice è incorso in un chiaro errore di diritto quando - agli scopi della trasmissione degli atti alla Camera ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge n. 140 del 2003 - ha distinto le imputazioni penali anziché considerare il fatto unitario come una «opinione espressa» (come reca l'articolo 68, primo comma, della Costituzione).
Per l'altro verso, è emerso che l'ex senatore Putignano non è un quisque de populo, gratuitamente e proditoriamente svillaneggiato dal potente di turno. Da quel che risulta dai copiosi atti pervenuti alla Giunta (sia consentito per sintesi rinviare al Corriere del Mezzogiorno del 12 giugno 2004, pagina 8), egli è a capo di un affermato gruppo imprenditoriale che - con ingentissimi fondi comunitari - ha realizzato un cospicuo insediamento turistico-ricettivo, che moltissimi cittadini della zona di Castellaneta ritengono di negativo impatto territoriale e ambientale. Nicola Putignano è poi legato ad altri esponenti politici locali e nazionali e ha bene i mezzi per rintuzzare eventuali attacchi.
L'operazione urbanistica e commerciale promossa dal Putignano insiste, dunque, con straordinaria rilevanza sull'area nella quale Patarino è eletto e la Giunta ha trovato naturale che questi si pronunciasse in merito. Si può discutere se la denuncia penale sia stata lo strumento più efficace ma che essa sia direttamente collegata - non tanto per la sua forma (qui ha ragione il giudice di Taranto, che richiama puntualmente la sentenza della Corte costituzionale n. 286 del 2006) ma per la sostanza del suo contenuto - all'attività di Patarino come deputato del collegio nella legislatura 2001-2006 e poi come deputato della circoscrizione entro cui quel territorio è compreso è fuor di dubbio.
In definitiva, la grande maggioranza della Giunta ha ravvisato nella vicenda una reazione del Putignano per via giudiziaria spropositata e quasi intimidatoria nei confronti di chi - a torto o a ragione - si è erto a tutore istituzionale di coloro che temono per le loro attività e per la sostenibilità dello sviluppo della loro terra.
Per questi motivi la Giunta, con una sola astensione, propone all'Assemblea di deliberare nel senso che i fatti oggetto del procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, con conseguente comunicazione della deliberazione sia al giudice per l'udienza preliminare di Taranto sia al giudice innanzi al quale pende il giudizio d'appello per calunnia.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DI MINORANZA SUL DOC. XVI, N. 1

Onorevoli colleghi, l'onorevole Altero Matteoli ha rappresentato, all'inizio del mese di luglio 2009, che è pendente nei suoi confronti un procedimento penale per favoreggiamento personale. Tale accusa si basa su due pretese condotte del Ministro, il quale avrebbe informato il prefetto di Livorno Gallitto dello svolgimento a carico di questi di un'indagine penale per concorso in corruzione finalizzata a consentire edificazioni abusive nell'isola d'Elba. Più in particolare, il Ministro avrebbe messo in guardia, in una circostanza al telefono e in un'altra - secondo la ricostruzione dell'accusa - durante una visita del prefetto presso il suo privato domicilio, il Gallitto e gli altri indagati dall'usare il telefono, verosimilmente sottoposto a intercettazioni. Il Ministro Matteoli si è sempre dichiarato estraneo ai fatti, avendo precisato che l'unico contatto con il Gallitto lo ebbe in una conversazione telefonica dell'agosto 2003, durante la quale, a margine di una sua informativa concernente la grave situazione degli incendi boschivi sull'isola d'Elba, aveva chiesto al suo interlocutore se Pag. 62corrispondesse o meno a verità la notizia riferitagli in Transatlantico da alcuni giornalisti circa l'esistenza di un procedimento penale a suo carico.
Il pubblico ministero presso il tribunale di Firenze, ritenendo che l'ipotesi contestata al Ministro Matteoli rientrasse nella categoria prevista dall'articolo 96 della Costituzione, ha - ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge costituzionale n. 1 del 1989 - trasmesso gli atti al cosiddetto tribunale dei ministri di Firenze, costituito ai sensi dell'articolo 7 della medesima legge costituzionale.
Il tribunale dei ministri, con ordinanza depositata il 4 aprile 2005 ha ritenuto la propria incompetenza, poiché non ha considerato l'ipotesi contestata al Ministro Matteoli come un reato commesso nell'esercizio delle sue funzioni. Esso ha pertanto rimesso gli atti alla procura della Repubblica di Pisa, che ulteriormente li ha trasmessi a quella di Livorno.
Il Ministro Matteoli sostiene che, nel dichiararsi incompetente per un'ipotesi che invece sarebbe di reato ministeriale, il tribunale dei ministri ha sostanzialmente aggirato la procedura garantita dal combinato disposto dell'articolo 96 della Costituzione e degli articoli 8 e 9 della legge costituzionale n. 1 del 1989.
Egli quindi chiede l'applicazione diretta da parte della Camera delle predette disposizioni.
Nella XV legislatura, la Camera dei deputati aveva già affrontato un'analoga domanda del Ministro Matteoli e aveva elevato un conflitto d'attribuzione. Il conflitto però non era espressamente volto a contestare l'orientamento dell'autorità giudiziaria in ordine alla natura del reato, bensì a predisporre un giudizio entro il quale potesse sollevarsi una questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2 della legge n. 219 del 1989, laddove questo consente al tribunale dei ministri di dichiararsi incompetente per fatti ritenuti non ministeriali senza interloquire con il competente ramo del Parlamento. Con la sentenza n. 241 del 2009, la Corte costituzionale ha ritenuto che l'articolo 2, comma 1, della legge n. 219 del 1989 non si pone in contrasto con le norme di rango costituzionale che disciplinano la materia, in quanto si limita a prescrivere che, in caso di archiviazione per diversa qualificazione del reato, sia disposta «altresì» la trasmissione degli atti all'autorità giudiziaria competente, rimanendo fermo in ogni caso l'obbligo di cui al comma 4 dell'articolo 8 della legge costituzionale n. 1 del 1989, ovvero quello di darne comunicazione alla Camera competente. Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte ha ritenuto insussistenti i presupposti per sollevare davanti a se stessa questione di legittimità costituzionale della suddetta disposizione legislativa.
Ha invece accolto in parte il ricorso della Camera rilevando che non era stata inoltrata a quest'ultima la comunicazione del provvedimento di archiviazione, dovuta ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge costituzionale n. 1 del 1989. Occorre, per comprendere meglio la fattispecie, ricostruire brevemente il quadro normativo. Secondo l'articolo 96 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 1989, il presidente del Consiglio e i ministri, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, sono sottoposti, anche se cessati, alla giurisdizione ordinaria previa autorizzazione a procedere, concessa dalla Camera dei deputati, se deputati al momento del procedimento, o dal Senato della Repubblica negli altri casi, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.
L'articolo 6 della medesima legge costituzionale prevede che il pubblico ministero, assunta la notitia criminis, omessa ogni indagine, la trasmetta a un collegio appositamente costituito (detto, per l'appunto, tribunale dei ministri).
Il tribunale ha novanta giorni per svolgere indagini preliminari, procedere alla qualificazione giuridica del fatto di reato e chiedere l'autorizzazione a procedere contro il Ministro interessato o disporre l'archiviazione con decreto non impugnabile, dandone comunicazione al Presidente della Camera competente.
La Giunta per le autorizzazioni, investita dal Presidente, riferisce all'Assemblea, Pag. 63la quale deve riunirsi entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti. L'Assemblea - ai sensi dell'articolo 9, comma 3, della legge costituzionale citata - può negare l'autorizzazione a procedere soltanto con una votazione a maggioranza assoluta dei componenti e solo se ravvisa la sussistenza nella condotta dell'inquisito di una delle seguenti cause di giustificazione: a) l'aver agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante; b) l'aver perseguito un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo.
Se l'Assemblea approva una proposta di concessione dell'autorizzazione o non approva una proposta di diniego con la prescritta maggioranza, l'autorizzazione è concessa e gli atti vengono trasmessi al tribunale dei ministri.
Se l'Assemblea delibera di negare l'autorizzazione, ravvisando una delle due predette cause di giustificazione, tale giudizio è insindacabile. Tale insindacabilità - del tutto diversa, ovviamente, da quella di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione - vale per il tribunale dei ministri, ma non per la Corte costituzionale cui quello potrebbe rivolgersi elevando conflitto d'attribuzione, secondo la dottrina largamente prevalente.
In giurisprudenza si è posto il problema dell'approfondimento delle indagini preliminari che il tribunale dei ministri può svolgere. A tal riguardo, con la sentenza n. 403 del 1994, la Corte costituzionale ha stabilito che il tribunale dei ministri deve compiere tutti quegli atti indispensabili, secondo il suo giudizio, a consentire alla Camera competente di svolgere le proprie valutazioni in ordine all'eventuale sussistenza delle scriminanti illustrate.
La legge n. 219 del 1989 disciplina alcuni dettagli del procedimento già sul piano generale descritto e disciplinato dalla legge costituzionale n. 1 del 1989. In particolare, l'articolo 2 della legge n. 219 del 1989 stabilisce che il tribunale dei ministri deve disporre l'archiviazione se la notizia di reato è infondata ovvero se manca una condizione di procedibilità diversa dall'autorizzazione a procedere di cui all'articolo 96 della Costituzione, se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se l'indiziato non l'ha commesso ovvero se il fatto integra un reato diverso da quelli indicati nell'articolo 96 della Costituzione. In tale ultima ipotesi, il tribunale dei ministri dispone altresì la trasmissione degli atti all'autorità giudiziaria competente a conoscere del diverso reato. Si tratta in questo caso di un'archiviazione «anomala», in quanto non pone fine al procedimento ma sancisce l'incompetenza del tribunale dei ministri chiamato a decidere solo sui reati ministeriali.
Da quanto si è detto, emerge con chiarezza che la lettera del senatore Matteoli e la conseguente procedura parlamentare che su di essa la maggioranza presso la Giunta ha innestato sono prive di qualsiasi fondamento giuridico. Non vi è luogo per una pronuncia parlamentare sui reati ministeriali che non sia sollecitata dall'autorità giudiziaria procedente ai sensi degli articoli 96 della Costituzione e 8 e 9 della legge costituzionale n. 1 del 1989. Non esiste nel nostro ordinamento la possibilità di un'autonoma attivazione di un procedimento parlamentare volto a dichiarare la «ministerialità» di fatti e men che meno la loro riconduzione alle ipotesi scriminanti di cui all'articolo 9, comma 3, della legge costituzionale citata.
Non v'è passaggio della sentenza della Corte costituzionale n. 241 del 2009 che smentisca o modifichi questo assunto. Tale pronuncia ha comunque statuito con chiarezza che l'autorità giudiziaria di Firenze doveva dare comunicazione alla Camera ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge costituzionale n. 1 del 1989, voluta dal legislatore costituzionale per contemperare la garanzia della funzione di governo e l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
Questa è anche l'unica via per tutelare le prerogative del Parlamento, che deve poter liberamente e autonomamente apprezzare e valutare la natura ministeriale o meno del reato e sollevare solo eventualmente un conflitto di attribuzione avanti la Corte costituzionale, qualora non condivida l'assunto del tribunale sulla non ministerialità del reato. Pag. 64
La delibera che la maggioranza propone all'Assemblea è quindi giuridicamente inesistente perché in contrasto non solo con gli articoli 18-bis e 18-ter del Regolamento della Camera ma altresì con l'articolo 96 della Costituzione, con la legge costituzionale n. 1 del 1989 e con la legge ordinaria n. 219 del 1989.
La Corte costituzionale non ha annullato né il provvedimento del 31 marzo-4 aprile 2005 del tribunale dei ministri di Firenze, né l'ordinanza del 4 dicembre 2006 del tribunale di Livorno, individuando proprio nell'omissione della comunicazione la lesione delle prerogative del Parlamento, lesione che dev'essere sanata dall'autorità giudiziaria.
La proposta della maggioranza è di conseguenza un atto senza potere e costituisce certamente un errore istituzionale e politico: ma soprattutto - secondo il principio quod nullum est nullum producit effectum - è totalmente inefficace e inidonea a incidere sul procedimento penale in corso.
Si propone pertanto di respingere la proposta della Giunta.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Soro e a. 1-256 500 496 4 249 209 287 61 Resp.
2 Nom. Moz. Borghesi e a 1-259 507 503 4 252 212 291 60 Resp.
3 Nom. Ddl 2552-A - articolo 1 502 500 2 251 500 60 Appr.
4 Nom. articolo 2 506 504 2 253 504 60 Appr.
5 Nom. articolo 3 503 501 2 251 501 60 Appr.
6 Nom. articolo 4 505 503 2 252 503 60 Appr.
7 Nom. articolo 5 500 496 4 249 496 60 Appr.
8 Nom. Ddl 2552-A - voto finale 502 488 14 245 488 59 Appr.
9 Nom. Ddl 2765 - articolo 1 502 501 1 251 501 59 Appr.
10 Nom. articolo 2 498 497 1 249 497 59 Appr.
11 Nom. articolo 3 501 500 1 251 500 59 Appr.
12 Nom. articolo 4 501 500 1 251 500 59 Appr.
13 Nom. Ddl 2765 - voto finale 499 499 250 499 58 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 16)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. Doc. IV-ter, n. 10-A 445 438 7 220 425 13 35 Appr.
15 Nom. Doc. IV-ter, n. 11-A 553 542 11 272 349 193 24 Appr.
16 Segr Doc. XVI, n. 1 574 574 316 375 199 17 Appr.