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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 221 di lunedì 28 settembre 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 14,10.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 21 settembre 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bergamini, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Bratti, Brunetta, Carfagna, Casero, Cavallaro, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Dozzo, Gianni Farina, Renato Farina, Fava, Fitto, Frattini Galati, Gelmini, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mecacci, Meloni, Menia, Miccichè, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vitali, Vito, Volontè e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 14,11).

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 25 settembre 2009, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla XI Commissione (Lavoro):
«Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, recante disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010» (2724) - Parere delle Commissioni I, V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Sull'ordine dei lavori (ore 14,12).

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, Crotone, dopo il tramonto Pag. 2della chimera industriale, vive una stagione particolarmente delicata ed è a gravissimo rischio ambientale.
La città è stretta da una morsa tossica: sulle colline adiacenti alla città sorgono le vecchie discariche abbandonate che si dovrebbero affiancare alle nuove discariche, contro le quali i cittadini protestano.
Nel mare prospiciente la città vi è il timore di reperire, così come svelato da un attendibile pentito, il relitto di una nave contenente prodotti tossici affondata dall'ecomafia.
Sulle rive del mare, a partire da nord fino ad invadere il cuore della città, si trovano i siti postindustriali della Pertusola e della Montecatini, che da tempo attendono di essere bonificati dalla stessa mano che li ha resi nocivi.
Di fronte all'attendismo del Governo e alle tantissime ed infruttuose Conferenze di servizi svoltesi al Ministero dell'ambiente, la procura della Repubblica di Crotone ha disposto il sequestro di 13 siti, sui quali sorgono scuole attualmente frequentate da scolari e studenti, ed ha promosso un'indagine inerente alla valutazione dell'impatto sub-chimico dell'inquinamento da metalli pesanti nei soggetti in accrescimento residenti nelle zone di Crotone a rischio ambientale.
L'indagine è stata condotta dal professor Sebastiano Andò, preside della facoltà di farmacia, e dal professor Gino Crisci dell'Università di Cosenza. Giovedì scorso, ed è questa l'urgenza, il procuratore della Repubblica, dottor Raffaele Mazzotta, al quale, signor Presidente, la prego di indirizzare la gratitudine di questa Camera dei deputati per la sua opera prestata al servizio della salute dei cittadini di Crotone, ha presentato la relazione finale della suddetta consulenza tecnica.
La relazione stabilisce che nei bambini - così afferma - «sottoposti ad accertamenti sono stati riscontrati contaminazioni da parte di materiali tecnico-nocivi, ricompresi nei cosiddetti cubilot, che sono particolarmente compromettenti per la salute delle persone coinvolte, ed in particolare sullo stato di salute dei loro organi».
Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, siamo di fronte ad una vera e propria emergenza che intacca la salute di moltissimi bambini e degli adulti che hanno frequentato le scuole costruite sui siti inquinati e realizzate con materiale di scarti industriali nocivi e che turba gli animi di tutti i crotonesi, che ora, con l'esito degli studi effettuati dall'Università di Cosenza, hanno la consapevolezza che i siti della bonifica sono veramente nocivi.
Signor Presidente, non c'è più tempo da perdere! È necessario soccorrere, fin da subito, la popolazione di Crotone, mettendo in campo le prime ed urgenti iniziative. Tra queste: estendere almeno ad una significativa campionatura della popolazione di Crotone gli accertamenti circa l'esistenza di eventuali contaminazioni da parte di materiali tossico-nocivi, ricompresi nei cosiddetti cubilot; monitorare con la massima diligenza i bambini che risultano essere contaminati dai metalli pesanti, quali lo zinco, il nichel, il cadmio, e che hanno dato riscontro - così ancora vi è scritto nella relazione - di «elevati livelli di arsenico sia nel siero che nei capelli, a conferma della pregressa esposizione a fonti contaminate contenenti tali metalli».
In particolare, è necessario valutare periodicamente nei soggetti esposti a fonte contaminante, la funzionalità degli organi e degli apparati.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, ci troviamo veramente di fronte ad un'emergenza, un'emergenza che bisogna affrontare anche con l'Istituto Superiore della Sanità e con il Ministero. È soltanto così che possiamo dare certezza a questa popolazione e possiamo dare tranquillità ai genitori, che da oggi in poi non mandano più i bambini a scuola.

PRESIDENTE. Onorevole Oliverio, dispone anche degli strumenti del sindacato ispettivo per poter proseguire in questa sua riflessione.

Pag. 3

Discussione del disegno di legge: S. 1749 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009 (Approvato dal Senato) (A.C. 2714) (ore 14,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2714)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni V (Bilancio) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la V Commissione, onorevole Moroni, ha facoltà di svolgere la relazione.

CHIARA MORONI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, il provvedimento, che è stato approvato dal Senato nella seduta del 23 settembre 2009, interviene su disposizioni normative approvate col decreto-legge anticrisi del 1o luglio 2009, convertito dalle Camere, per meglio specificare le disposizioni approvate con quel decreto-legge ed evitare dubbi di natura interpretativa.
La lettera a) dell'articolo 1 contiene tre modifiche all'articolo 4 del decreto-legge. Si interviene al comma 1 prevedendo che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia compreso nel concerto dei Ministri che sottopongono all'approvazione del Consiglio dei ministri le opere in materia di produzione, trasmissione e distribuzione dell'energia a carattere d'urgenza. Nel corso del dibattito sul decreto-legge n. 78 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva sollevato perplessità sull'esclusione del proprio dicastero da opere fortemente «impattanti» sul territorio. Con la modifica al comma 3, sempre relativo ad interventi urgenti in materia di produzione e distribuzione e trasmissione di energia, si prevede che ciascun commissario delegato si sostituisca nelle attività delle amministrazioni pubbliche occorrenti per l'autorizzazione e l'effettiva realizzazione degli interventi, solo se queste non abbiano rispettato i termini preventivamente stabiliti dalla legge o quelli più brevi eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario.
La modifica del comma 4-quater prevede che sia nominato un commissario delegato per l'avvio delle attività connesse alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, attività che il decreto-legge n. 78 finanzia con 1.300 milioni di euro da ripartire tramite CIPE in quote annuali. La precedente formulazione poteva ingenerare un equivoco interpretativo, secondo il quale le procedure potevano essere avviate solo con la nomina di commissario delegato dell'attuale amministratore delegato della società Stretto di Messina Spa.
La lettera b) dell'articolo 1 riformula le norme sullo scudo fiscale, che credo tratteggerà in maniera più dettagliata il collega Fugatti, relatore per la Commissione finanze.
La lettera c) dell'articolo 1 modifica invece in più punti l'articolo 17 del decreto-legge n. 78 in materia di controlli ed azione della Corte dei conti: sono queste le norme di più stretta competenza della V Commissione. In particolare, con la modifica del comma 30-ter, per prevenire interpretazioni equivoche della nuova normativa, si ribadisce che le procure della Corte dei conti possono iniziare l'attività istruttoria ai fini dell'esercizio dell'azione di danno erariale, a fronte di una specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le Pag. 4fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Inoltre, possono esercitare l'azione per il risarcimento del danno all'immagine nei soli casi e modi previsti dell'articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97.
Il termine di prescrizione viene sospeso fino alla conclusione del processo penale: si elimina pertanto la norma interpretativa che stabiliva cosa si intendesse per danno erariale. Con la modifica del comma 34 si ribadisce l'esclusione della colpa grave, quando il fatto dannoso tragga origine dall'emanazione di un atto di Stato registrato in sede di controllo preventivo di legittimità. L'esclusione riguarda solo profili all'atto già esaminati in sede di vizio di legittimità.
Queste sono le modifiche apportate al decreto-legge n. 78, e durante l'iter in Commissione non sono state apportate modifiche al decreto-legge di modifica stesso.

PRESIDENTE. Il relatore per la VI Commissione, onorevole Fugatti, ha facoltà di svolgere la relazione.

MAURIZIO FUGATTI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, le Commissioni riunite, bilancio e finanze, hanno esaminato congiuntamente in sede referente il disegno di legge n. 2714 approvato dal Senato recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 103 del 2009. Per quanto attiene agli ambiti di competenza specifici della Commissione finanze la lettera b) nel testo originario del decreto-legge integra il comma 3 dell'articolo 13-bis del decreto-legge n. 78, recante disposizioni per il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero (il cosiddetto «scudo fiscale»).
Nel dettaglio, il comma 3 del predetto articolo 13-bis stabilisce che il rimpatrio o la regolarizzazione di tali attività non può mai costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente, sia in sede amministrativa sia in sede giudiziaria. Nel corso dell'esame al Senato la predetta lettera b) è stata sostituita, a seguito dell'approvazione di un emendamento parlamentare, ed ora si articola in quattro numeri.
In particolare, il numero 1 della nuova lettera b) introduce due modifiche nel comma 3 dell'articolo 13-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 (il precedente decreto-legge anticrisi).
In primo luogo, con riferimento alla previsione in base alla quale il rimpatrio o la regolarizzazione delle somme non possono costituire elemento sfavorevole per il contribuente che li perfeziona, si specifica che ciò vale in sede civile, amministrativa o tributaria, ad esclusione dei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 78 (su questo aspetto la Commissione ha poi ulteriormente specificato).
In secondo luogo si prevede che il rimpatrio o la regolarizzazione non comporta gli obblighi di segnalazione di operazioni sospette ai fini di contrasto al riciclaggio previsti dall'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007, «relativamente ai rimpatri o alle regolarizzazioni per i quali si determinano gli effetti di cui al comma 4, secondo periodo».
Il richiamo al comma 4, secondo periodo, che è sostituito dal numero 2 della nuova lettera b), come sostituita appunto dal Senato, sembra indicare che l'obbligo di segnalazione di operazioni sospette non vale nel caso in cui l'operazione di rimpatrio comporti l'effetto di rendere non punibili i reati richiamati nello stesso secondo periodo del comma 4.
Il già richiamato numero 2 della lettera b) sostituisce il secondo periodo del comma 4 dell'articolo 13-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, il quale regola gli effetti derivanti dal pagamento dell'imposta straordinaria sulle attività rimpatriate o regolarizzate, prevedendo, mediante rinvio al «già vigente» articolo 8, comma 6, lettera c), della legge n. 289 del 2002 (che a sua volta regolava gli effetti derivanti dall'integrazione degli imponibili per gli anni pregressi), che il perfezionamento del predetto pagamento esclude, con riferimento alle attività rimpatriate o regolarizzate, la non punibilità per taluni reati, Pag. 5quali quelli di dichiarazione fraudolenta, occultamento o distruzione di documenti contabili.
In tale contesto la disposizione, in considerazione del fatto che il citato articolo 8, comma 6, lettera c), della legge n. 289 del 2002 richiama l'articolo 2623 del codice civile, recante la disciplina del falso in prospetto, il quale è stato successivamente abrogato dall'articolo 34 della legge n. 262 del 2005, chiarisce, a fini di coordinamento legislativo, che tale articolo resta comunque abrogato.
Al riguardo si segnala come potrebbe sussistere una contraddizione tra la lettera del nuovo comma 3 dell'articolo 13-bis, secondo la quale l'esclusione degli effetti sfavorevoli per il contribuente del rimpatrio o della regolarizzazione non si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione della legge di conversione del decreto-legge n. 78 (cioè al 5 agosto 2009) e la presa di posizione dell'Agenzia delle entrate (a questo proposito il Governo ha specificato presso le Commissioni che vale la data tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2009, che è il momento entro il quale si può presentare la dichiarazione riservata, e le Commissioni a quel punto hanno preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo).
Il numero 3 della nuova lettera b) modifica invece il comma 6 del predetto articolo 13-bis, riducendo al 15 dicembre 2009 il termine entro il quale può essere effettuata l'operazione di rimpatrio o regolarizzazione, che in precedenza si estendeva dal 15 settembre 2009 al 15 aprile 2010.
La finalità della norma sembra quella di ricondurre gli effetti finanziari della disciplina entro l'esercizio finanziario 2009, inducendo inoltre i potenziali interessati ad effettuare in tempi più rapidi l'operazione di rimpatrio.
Il numero 4 della lettera b) inserisce un nuovo comma 7-bis nel già citato articolo 13-bis, estendendo, al primo periodo, la possibilità di avvalersi del rimpatrio o della regolarizzazione delle attività finanziarie o patrimoniali anche alle imprese estere controllate, direttamente o indirettamente, da soggetti residenti in Italia, ai sensi dell'articolo 167 del Testo unico delle imposte sui redditi, nonché alle imprese estere nelle quali un soggetto residente in Italia detenga, direttamente o indirettamente, una partecipazione non inferiore al 20 per cento degli utili d'impresa, ai sensi dell'articolo 168 sempre del TUIR.

La norma è finalizzata ad estendere l'ambito di applicazione della disciplina in materia di rimpatrio.
Il secondo periodo del nuovo comma 7-bis specifica che gli effetti del rimpatrio e della regolarizzazione si esplicano, in tal caso, sui soggetti partecipanti alle predette imprese estere nei limiti degli importi rimpatriati o regolarizzati. Inoltre, ai sensi del terzo periodo del nuovo comma, il rimpatrio o la regolarizzazione comporta, sempre nei limiti di quanto effettivamente rimpatriato o regolarizzato, l'applicazione delle disposizioni di cui ai già citati articoli 167 e 168 del TUIR, ai sensi delle quali i redditi conseguiti dall'impresa estera sono imputati fiscalmente ai soggetti residenti in Italia in misura corrispondente alla quota di partecipazione.
Questi sono gli aspetti attinenti alla competenza della Commissione finanze che questo decreto-legge attua.
All'interno delle Commissiono bilancio e finanze non sono state apportate modifiche al testo proveniente dal Senato.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gentilissime colleghe, ho appena partecipato, presso la Sala della Regina della Camera, ad un'interessantissima iniziativa accettata e promossa dal Presidente della Camera, onorevole Gianfranco Fini, nella quale veniva presentato un libro dal titolo: Mafia Pulita. Per la verità, alla vigilia dell'esame di un provvedimento che riguarda una materia economica, lo scudo fiscale, sarebbe stato Pag. 6forse il caso che questa presentazione fosse avvenuta alla presenza di tutti i parlamentari, proprio perché ci si rendesse conto di che cosa è oggi la mafia. Questo libro scritto dal procuratore della Repubblica di Bari, dottor Antonio Laudati, ci ha spiegato tecnicamente cosa è oggi la mafia. La mafia del terzo millennio è una realtà ben diversa da quella che avevamo conosciuto nel secolo precedente, ovvero la mafia con la coppola e la lupara. Questo è il motivo di un titolo che apparirebbe, in prima lettura, come una contraddizione in termini: mafia pulita è una contraddizione, la mafia è qualcosa di criminale, di illegale, di sporco, non può essere pulita. Il titolo Mafia Pulita ci spiega, con fatti veri, come questa mafia è ormai presente nell'economia, anzi troppo spesso è diventata l'economia. Oggi la mafia, come dicevo, non è più quella della coppola e della lupara, è diventata un'impresa sporca, mimetizzata, dove il denaro sporco e mafioso, l'attività criminale, vengono, con grande professionalità, mimetizzati nella cosiddetta società civile in attività lecite, nei percorsi della vita quotidiana. Questa mafia mimetizzata che diventa pulita non ha neanche più una localizzazione nei suoi luoghi di origine. La mafia non sta più in Sicilia, la camorra non sta più in Campania, la 'ndrangheta non sta più in Calabria, la sacra corona unita non sta più in Puglia; pure loro hanno seguito il percorso della globalizzazione.
Allora oggi, per esempio, avviene che a Berlino si aprano negozi di abbigliamento ed è il clan dei casalesi alleato con gli scissionisti di Secondigliano ad individuare le persone cui affidarli. I clan tolgono i negozi dalle mani di alcune persone (lo ripeto: li estromettono) e inviano altre persone fisiche, pulite, che devono gestire e riciclare il denaro della mafia. Mi riferisco inoltre, per quanto riguarda la 'ndrangheta, a un imprenditore calabrese che gestiva un'azienda nel campo della lavorazione di marmi e che acquistava pregiatissimi marmi dal Brasile non per l'esportazione e la lavorazione degli stessi, ma perché all'interno del marmo era inserita la cocaina, la droga. Immaginate che solo per quella attività si creava un giro di 2 miliardi di euro.
Guardate, la mafia è ormai il business che rende di più, perché è anche più competitiva rispetto al mercato e alla concorrenza che le imprese si fanno. Infatti le imprese riescono ad avere margini del 10, 15, 20, 25, o (esagerando) del 30 per cento. Invece per quanto riguarda il semplice traffico della droga l'attività permette in una settimana la triplicazione degli utili. Cosa significa? Se una cosca mafiosa investe in una partita di droga mille euro, alla fine della vendita della partita di droga la cosca ne ha ricavati 3 mila; se reinveste quei 3 mila dopo una settimana ne ricava 9 mila; quei 9 mila dopo un'altra settimana diventano 27 mila. In sintesi in una settimana la mafia con il traffico di droga triplica i propri utili. Ecco perché diventa sempre più globalizzata: perché ha bisogno di investire, ed investe in Germania, in Grecia, in Australia, in Brasile e in generale nei Paesi sudamericani.
Il procuratore di Bari, Laudati, ci spiegava tecnicamente un altro aspetto. Fino a poco tempo fa il reato presupponeva una persona che lo commette ed un'altra che lo subisce; oggi invece ci troviamo di fronte a parti invertite: ecco perché la mafia riesce ad avere anche consenso sociale. Infatti oggi con i reati di mafia (per esempio la tratta delle persone, il favoreggiamento della prostituzione, il traffico di droga, di rifiuti) non si reca un danno direttamente ad una persona; la mafia addirittura fornisce servizi e beni alle persone. Per esempio, offre la possibilità a esseri umani che vengono da altri continenti di raggiungere il nostro Paese, oppure a donne che vogliono guadagnare di poter fare le prostitute, o a picciottelli che devono sbarcare il lunario di smerciare droga. Quindi fornisce mezzi, servizi, presta soldi.
Come diceva opportunamente il Presidente Fini stamattina, ecco perché ci sono addirittura «i cantori della mafia», persone che probabilmente cominciano a dire Pag. 7che la mafia diventa qualcosa di utile e di necessario specialmente in alcune parti del Paese.
Sempre stamattina il presidente di Confindustria si è detta molto piccata affermando - ed è vero - che l'unico soggetto che sta raccogliendo l'appello a contrastare le mafie è proprio la Confindustria, cominciando ad estromettere quegli imprenditori che subiscono il pizzo o che sono conniventi o che addirittura, quando mettono piede in un territorio, trattano con le mafie locali.
Ne è esempio il presidente della Confindustria siciliana, molto coraggioso. Inoltre, con la stessa presidente Marcegaglia siamo rimasti d'accordo di sviluppare soprattutto al sud e nel nostro Paese ciò di cui forse si ha più bisogno oggi: un vero cambio di marcia. Noi abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale; dobbiamo cominciare a suscitare tra la gente e a far percepire la necessità che abbiamo bisogno di legalità. Infatti, come diceva la Marcegaglia, specialmente al sud ci troviamo di fronte ad un cane che si morde la coda. Avanza sempre più l'illegalità e le imprese mafiose e sempre più arretrano e si ritirano le aziende sane; più si ritirano e più scappano via le aziende sane e più aumenta la disoccupazione. Quindi, si crea questo circuito vizioso che bisogna necessariamente spezzare: bisogna spezzare l'illegalità e l'attività mafiosa.
L'attività mafiosa è diventata l'industria più ricca d'Italia: viene stimato da indagini della DIA che vi sono 460 miliardi di euro che si muovono intorno alle attività mafiose e al lavoro nero. Se per un attimo steste ad ascoltare quanto vi sta predicando l'Italia dei Valori da tanto tempo, che la legalità è convenienza soprattutto per i cittadini, basterebbe mettere le mani su questi capitali, su questo danaro per risolvere i nostri problemi economico-finanziari, altrimenti dovrete mettere le mani nelle tasche dei cittadini e aumentare le tasse perché soldi non ce ne sono più.
Dunque, dice bene Di Pietro che non serve il 5 per cento che facciamo pagare per rimpatriare denari sporchi, ma dobbiamo andare a prenderci, come dice lui, quell'altro 95 per cento. Dobbiamo riportare qui questo denaro sporco, non solo perché dobbiamo portare capitali nell'ambito delle casse dello Stato, ma anche perché dobbiamo dare segnali precisi. Il segnale preciso deve essere quello di uno Stato e di un Governo che, com'è naturale, taglia le mani, dà lezioni, mette fuori gioco la criminalità e l'illegalità. Ecco quello che dobbiamo fare.
Per la verità amo chiamare le cose con il proprio nome. Parlando con il procuratore di Bari, si sente spesso in questi giorni parlare di escort e cose del genere. Si usano persino termini stranieri: il Presidente del Consiglio tratta le escort. Ma usiamo l'italiano: ho preso il vocabolario e ho cercato come si dice in italiano. Non esiste la parola «escort»: nel nostro vocabolario, in italiano, esiste «puttana». Pertanto noi abbiamo un Presidente del Consiglio non «escortiere» ma «puttaniere», giusto per essere precisi con l'italiano.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, non cominci a parlare con un linguaggio...

FRANCESCO BARBATO. Sto parlando da dieci minuti e ho mezz'ora.
Per la verità vorrei cominciare a dare il proprio nome, il vero nome, alle cose, il nome che hanno. Preferivo come esponente dell'Italia dei Valori anche vicende di questo tipo che ti fanno sorridere. È preferibile avere un Presidente del Consiglio «puttaniere», anziché avere un Presidente del Consiglio...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, se continua così... parli garbatamente italiano. Ritengo che non sia consono al ruolo che lei ha in quest'Aula.

FRANCESCO BARBATO. Tornando invece a noi, quale Parlamento della Repubblica italiana, volendo raccogliere quanto ho sentito un'ora fa parlando di Mafia pulita, dovremmo adottare leggi che vanno in tal senso e contrastino le mafie, l'illegalità, i circuiti di denaro sporco e non Pag. 8fare esattamente il contrario, cioè avallare le mafie, il lavoro di delinquenti, l'illegalità ed emettere leggi criminali.
Non dovete dire che noi dell'Italia dei Valori abbiamo solo la colpa di chiamare le cose con il loro nome vero, avendo cioè quella durezza che scavalca ogni forma di ipocrisia e cerca naturalmente soprattutto di correggere. Infatti, ora arriva in Aula questo famigerato scudo fiscale, che parte con il decreto-legge n. 78 e, addirittura prima di essere convertito, viene rettificato dal decreto-legge n. 103: forse solo con il Governo Berlusconi ci è capitato di vedere questa roba.
Ma l'aspetto più atroce è questo, signor Presidente: al comma 3 dell'articolo 13-bis viene persino derogata l'applicazione del decreto legislativo n. 231 del 2007, che aveva recepito una direttiva della Comunità europea utile per contrastare traffici di denaro che potessero servire per il terrorismo. Ebbene, con l'approvazione di una siffatta norma, cioè da oggi, gli intermediari finanziari e le banche non hanno più l'obbligo di segnalare all'autorità operazioni sospette di denaro sporco. Quindi, il denaro sporco che proviene da mafia o da traffici di armi o roba del genere non verrà più denunciato. Guardate che meccanismi si mettono in moto, meccanismi esattamente contrari a quelli che vengono predicati (cioè di lotta alla mafia, di contrasto alla criminalità e di lotta all'illegalità) e, in questo modo, si allargano le maglie del controllo e si smantella uno Stato di diritto e lo Stato della legalità.
Per non parlare poi del comma 4 sempre dell'articolo 13-bis, con il quale si avvia una vera sanatoria per i reati societari e contabili: in buona sostanza con il comma 4 si garantirà impunità a tutti coloro che hanno fatto false dichiarazioni dei redditi o hanno omesso di fare dichiarazioni dei redditi o hanno fatto dichiarazioni infedeli o hanno distrutto documenti contabili o hanno occultato documenti (tutti reati societari che sono propedeutici poi al falso in bilancio, perché si tratta di false comunicazioni sociali, falsità in scrittura privata, uso di atto falso per spostare appunto capitali all'estero). In altre parole, con questo comma si avvia una sorta di amnistia preventiva per tutti i «furbetti» e tutti gli evasori. Voi lo sapete benissimo che per procedere ad un'amnistia occorre il voto dei due terzi del Parlamento, inoltre con la doppia lettura, e non le procedure che stiamo adottando adesso. Pertanto vi è anche un evidente profilo di incostituzionalità nelle procedure che si stanno seguendo.
E per finire, ciliegina sulla torta, il comma 6, con il quale si allargano ancora di più le maglie di questo famigerato scudo fiscale, estendendolo addirittura anche alle società controllate e collegate estere. Ciò significa che, se con la Saudi Binladin Group oppure con la Al Barakaat (che era una finanziaria che fu scoperta dalla procura della Repubblica di Firenze e che in Italia trafficava negli anni 2002-2003 con denaro per finanziarie il terrorismo), Bin Laden apre un bel fondo qui in Italia, una società collegata con una società estera dove ha denaro, può tranquillamente far venire qui senza alcun controllo capitali e finanziare il terrorismo. Complimenti alla maggioranza del Popolo della Libertà e Lega Nord, che consentite a Bin Laden di compiere operazioni finanziarie qui in Italia.
Per questa ragione, e mi avvio velocemente alla conclusione, queste iniziative legislative e questi adempimenti sono ben altro che provvedimenti anticrisi. Essi fanno seguito ad un altro provvedimento che voi, maggioranza della Lega e del PdL, avete adottato non più tardi del luglio 2009 - non se ne è parlato a sufficienza - sempre relativo allo stesso filone. Si trattava del cosiddetto «pacchetto sicurezza» di cui alla legge 15 luglio 2009, n. 94, in seno alla quale avete infilato un'altra bella «porcata». Ho fatto uno studio su questa legge comparandola con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 che disciplina, tra l'altro, lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose. Ebbene, comparando i provvedimenti in questione, si vede come sia aumentata la soglia di gravità degli indizi di mafiosità per poter sciogliere un consiglio comunale e come si sono ridotti gli strumenti Pag. 9per controllare il medesimo indice di mafiosità nei consigli e nelle amministrazioni comunali. In buona sostanza, significa che da agosto in avanti, in Italia, nei territori del sud avvinghiati da camorra, 'ndrangheta e mafia, i consigli comunali non verranno più sciolti. Ecco perché il Ministro Maroni sta prendendo per i fondelli i cittadini del comune di Fondi dove noi, come Italia dei Valori, abbiamo manifestato nei giorni scorsi per riaffermare la legalità. Ma la Lega, che è il vestito della domenica del berlusconismo, quando bisogna coprire delle operazioni sporche come queste lancia provvedimenti del genere e, di fatto, il consiglio comunale di Fondi non si scioglierà più. Ci portano la mafia sotto casa. Questo è l'operato del Parlamento in questo momento, questo è il berlusconismo. Significa che - ve lo diciamo come Italia dei Valori con cognizione di causa, poi ve ne spiegheremo tecnicamente le ragioni - con la legge n. 94 del 2009 avete consentito e consentirete la presenza della mafia nelle amministrazioni comunali. Nei prossimi giorni ne parleremo più dettagliatamente. Voglio concludere ricordandovi che tutto questo significa una sola cosa: c'è una maggioranza, in questo Parlamento, che è mafiosa e criminogena.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato...

FRANCESCO BARBATO. Dico cose vere...

PRESIDENTE. No, lei non dice! Non deve andare fuori dal tema e non deve usare frasi sconvenienti nei confronti delle istituzioni...

FRANCESCO BARBATO. Ma che sconvenienti!

PRESIDENTE. ...ivi compreso lei, che fa parte di questo Parlamento.

FRANCESCO BARBATO. Infatti, non ho parlato del Parlamento, io ho parlato...

CARLA CASTELLANI. È la vostra realtà!

FRANCESCO BARBATO. Allora, sto parlando...

PRESIDENTE. Mafioso che cos'è?

FRANCESCO BARBATO. Io sto parlando di una maggioranza che poiché mette in moto questi...

FABIO EVANGELISTI. Ha parlato il Ministro Tremonti di Stato criminogeno!

PRESIDENTE. Onorevoli, vi prego.

CARLA CASTELLANI. «Valori immobiliari» chiamate il vostro partito!

FRANCESCO BARBATO. Voi, invece, con questa legge che approvate, siete parlamentari criminali e mafiosi!

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, se continua così dovrò toglierle la parola. Lei non può usare questi termini! Concluda o le toglierò la parola!

FRANCESCO BARBATO. Concludo ricordandovi una frase di Giovanni Falcone, quel Falcone che uccidete ogni giorno, che diceva che la mafia è un fattore umano e che come tutti gli eventi umani ha una nascita, un'origine, un corso ed una fine. Diceva Falcone, quindi, che anche la mafia avrà una fine. Invece, cari partiti di maggioranza, PdL e Lega, con il provvedimento relativo alla scudo fiscale voi state allungando il percorso e la vita della mafia. Noi dell'Italia dei Valori ne volevamo la fine ed è questa la ragione per la quale abbiamo presentato in sede di Commissione una serie di emendamenti in termini propositivi, soprattutto con una cultura di Governo e di alternativa di Governo.
Vi abbiamo detto che si doveva eliminare l'anonimato e che una parte di questi fondi, se proprio dobbiamo dare a questo disgraziato provvedimento una forma più europea, andavano utilizzati per il Fondo Pag. 10sociale che, da quando non è più in carica il Governo Prodi, è stato completamente cancellato dal Governo Berlusconi. Vi abbiamo chiesto di aumentare quel 5 per cento, perché in tutti i Paesi europei, occidentali, moderni e civili l'aliquota è molto più alta. Dalla Francia, dalla Germania fino agli States si parla del 20 o del 30 per cento e non di fare dei regali, come avete fatto, con il 5 per cento.
Vi abbiamo detto che non potevate procedere, come previsto nel comma 8 (se non ricordo male) per quanto riguarda la produzione di energia, con attività straordinarie del Governo perché in questo modo si cancella definitivamente l'autonomia degli enti locali, dei comuni e delle regioni. Ed allora, perché continuate a prendere per i fondelli? Abbiamo votato il provvedimento sul federalismo fiscale proprio perché esso aiuta e dà forza alle autonomie locali e ai comuni virtuosi mentre, invece, con questo provvedimento cancellate totalmente l'autonomia degli enti locali.
Concludo ricordandovi, appunto, ciò che diceva Falcone perché, in questo momento e con questi provvedimenti, state allungando il percorso della mafia. Ecco perché noi, come Italia dei Valori, ci contrapporremo in modo deciso, convinto e determinato, nel Parlamento e nelle piazze, dove diremo che cosa è questa maggioranza parlamentare, una maggioranza criminogena e mafiosa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È inutile che la riprenda, onorevole Barbato, visto che il suo intervento è terminato. Sa come la penso!
È iscritto a parlare l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame ha iniziato il suo iter parlamentare ponendosi l'obiettivo di introdurre correttivi al decreto-legge n. 78 del 2009, il cosiddetto decreto-legge anticrisi, approvato prima della pausa estiva.
Ma come ormai avviene quasi normalmente, i decreti-legge approvati dal Consiglio dei ministri vengono poi stravolti lungo l'iter parlamentare. Così è avvenuto anche questa volta, anche con questo provvedimento.
Nato per correggere alcune norme sull'energia, sulla Corte dei conti o per chiarire la portata, anche temporale, delle norme relative allo scudo fiscale, il Governo e la maggioranza hanno utilizzato questo veicolo per rendere ancora più appetibile il condono sui capitali esportati illegalmente all'estero. Un provvedimento, che poteva avere vita facile nelle Aule parlamentari, si trasforma in una ennesima occasione di scontro fra maggioranza e opposizione. Vedo già ciò che accadrà nelle prossime ore; domani il Governo porrà la questione di fiducia, motivandola con l'imminente scadenza del provvedimento e con l'elevato numero - a suo dire - di emendamenti presentati dall'opposizione. Ho perso ormai il conto dei voti di fiducia che quest'Aula ha già votato in poco più di un anno di legislatura. Si tratta di un numero certamente eccessivo - ne converrete con me - rispetto alla consistenza numerica di questa maggioranza.
Ma detto questo, vorrei invitare i colleghi a ragionare su questo fatto e a svolgere una riflessione su questo punto. Prima era in Aula il Ministro per i rapporti con il Parlamento, il Ministro Vito, e mi dispiace che sia uscito dall'Aula. Tuttavia, invito i colleghi a ragionare, prendendo spunto da queste considerazioni, prima che sul rapporto fra maggioranza e opposizione su quello fra Governo e Parlamento. Il Governo - ormai è una prassi - emana decreti-legge, li sottopone alla firma del Presidente della Repubblica e su iniziativa parlamentare - si fa per dire - il testo iniziale viene stravolto. Poi, si approva il nuovo testo con la posizione della questione di fiducia e lo si invia all'altra Camera per la ratifica. Questo metodo sta diventando ormai la prassi nelle Aule del Parlamento.
Signor Presidente, credo che non sia interesse di alcuno continuare così.
Mancano ancora quattro anni alla scadenza naturale della legislatura ed avremo Pag. 11la necessità di affrontare provvedimenti complessi, sia di natura economica che di natura ordinamentale. Credo che sia interesse di tutti (di maggioranza e di opposizione e sicuramente delle istituzioni) trovare il modo e le sedi per una riflessione sull'organizzazione dei lavori parlamentari, per un ragionamento prima ancora che sul rapporto tra maggioranza e opposizione - come dicevo prima - sul rapporto tra Governo e Parlamento.
In questo contesto, all'interno di questa cornice e con tutto il rispetto che porto per il sottosegretario, vorrei continuare a chiedere al Ministro dell'economia Giulio Tremonti quali sono le motivazioni che hanno spinto il Governo e la maggioranza ad allargare ulteriormente le maglie di un condono già largo sui capitali esportati illegalmente all'estero.
I colleghi ricorderanno che il primo emendamento presentato dai due relatori del provvedimento per introdurre il condono nel decreto-legge anticrisi conteneva già anche lo scudo sui reati societari. Le proteste che vi furono allora costrinsero i due relatori a modificare più volte il testo iniziale prima di arrivare alla disciplina introdotta con l'articolo 13-bis dell'ormai superato decreto-legge n. 78 del 2009.
Ho fatto riferimento agli emendamenti presentati dai relatori, ma è chiaro che dietro quelle firme c'era la mano del Ministro dell'economia e delle finanze ed al Senato ho la sensazione che sia successa la stessa cosa. Allora il Governo non può nascondersi e non può trincerarsi dietro il paravento dell'iniziativa parlamentare, ma deve assumersi le proprie responsabilità. Il Ministro dell'economia e delle finanze deve spiegare al Parlamento le ragioni che hanno portato a modificare la propria opinione in poche settimane.
Ci permettiamo di insistere in questa sede - nella sede della Camera dei deputati giovedì scorso nelle due Commissioni riunite V e VI abbiamo avanzato la medesima richiesta - nel richiedere la presenza del Ministro dell'economia o del Ministro della giustizia. Si badi bene che non abbiamo richiesto contemporaneamente il rinvio dell'esame del provvedimento o del dibattito, o un allungamento dei tempi per l'approvazione degli emendamenti o del mandato al relatore.
Abbiamo chiesto la presenza di Ministri per chiarezza e per trasparenza. Ci è stato risposto dai due presidenti delle Commissioni che il Ministro Tremonti era negli Stati Uniti per partecipare al vertice del G20 ed il Ministro Alfano era invece impossibilitato a venire in Parlamento a causa di un'agenda molto fitta. Non faccio considerazioni su queste motivazioni.
Mi sono limitato solo ad esporre i fatti; le dico però, signor Presidente, che come opposizione e come Partito Democratico ci siamo subito preoccupati di quale contributo il Ministro dell'economia potesse portare ad un vertice internazionale convocato per discutere di vigilanza, di regole e di trasparenza, un contributo - stante la realtà dei fatti - certamente originale e sicuramente molto distante da quegli annunci che lo stesso Ministro Tremonti aveva fatto al vertice de L'Aquila sulla necessità di nuovi standard legali internazionali.
Ma che fine hanno fatto gli impegni assunti dallo stesso Ministro in quest'Aula a chiudere la stagione dei condoni? Verrebbe quasi da dire che il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Pensavamo che ormai fosse alle nostre spalle la legislatura dal 2001 al 2006 quando avevate abusato dello strumento dei condoni.
Evidentemente ci si siamo sbagliati e non ci si venga a dire che tutto questo è la logica conseguenza delle decisioni assunte nei vertici internazionali e della necessità di intraprendere iniziative contro i paradisi fiscali. No, non è certamente consequenziale alle decisioni di stimolare il rimpatrio dei capitali l'assicurazione della protezione oltre che dai reati tributari anche da quelli societari, in particolare dal falso in bilancio o dalla distruzione dei documenti contabili. Così come non era necessario eliminare l'obbligo alle segnalazioni sull'antiriciclaggio o l'ammissione ai benefici della legge dei partecipanti a imprese estere, per non parlare poi del guazzabuglio tecnico sull'entrata in vigore della nuova normativa. Pag. 12
Ma siamo sicuri, infine, che una sanatoria di queste dimensioni, anche in materia di IVA, di imposta sul valore aggiunto, possa avere l'autorizzazione della Commissione europea, quando vi sono precedenti, comprese sentenze della Corte di giustizia, che guardano in direzione opposta? Credo che la lotta ai paradisi fiscali, insieme alla definizione di nuove regole sulla vigilanza e sulla trasparenza, sia certamente una delle misure in agenda per evitare il ripetersi di crack finanziari come quello a cui abbiamo assistito in questi mesi.
Il G20 di Londra dell'aprile scorso, così come la pubblicazione da parte dell'OCSE della black list dei paesi contrari agli standard internazionali sullo scambio di informazioni hanno segnato certamente un salto di qualità nella lotta ai paradisi fiscali. Lo stesso vertice di Pittsburgh di questi giorni, che ha permesso di gettare le basi per una strategia di riduzione degli squilibri mondiali, e la decisione dettata da parte della Commissione europea di un nuovo modello di vigilanza hanno allontanato il sospetto di un allentamento della tensione a livello internazionale mano a mano che ci si allontanava dall'epicentro della crisi finanziaria. Ma se un insegnamento possiamo trarre da questi mesi è che, a fronte di una finanza sempre più globalizzata, il livello della risposta non può che essere alla medesima altezza e mi sembra che la decisione di istituzionalizzare il G20 risponda a questa necessità.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il crack dei mercati finanziari è entrato in crisi, a mio avviso, un modello di sviluppo che immaginava di creare ricchezza attraverso la finanziarizzazione dell'economia, che immaginava di sostituirsi alle politiche di redistribuzione del reddito o all'intervento pubblico nei sistemi di protezione sociale. Non demonizzo certo la finanza, ma questa non può essere il fine, semmai è un mezzo per far crescere il lavoro e l'impresa manifatturiera.
I paradisi fiscali - questo è il punto a mio avviso - non sono estranei a tutto questo, non sono il frutto di un destino cinico e baro. Faccio una domanda prima di tutto a me stesso: ma la finanziarizzazione dell'economia, a cui abbiamo fatto più volte riferimento, sarebbe stata possibile senza la presenza dei paradisi fiscali? Questi sono stati non solo il luogo dove portare i soldi per pagare meno tasse, ma anche uno snodo essenziale per la finanziarizzazione dell'economia, perché lì la raccolta di capitali costava e costa ancora troppo poco. La globalizzazione dei mercati e l'abbattimento delle barriere hanno profondamente inciso sui sistemi economici dei singoli paesi, favorendo la proliferazione di regimi o territori che adottano politiche fiscale di vantaggio per attirare capitali illeciti.
Quindi, una politica coordinata tra i diversi paesi per fare rientrare i capitali dai centro off shore è essenziale per condurre una battaglia ai paradisi fiscali. Ma qui è il punto: non è in discussione il principio. Tremonti ha più volte detto, anche in quest'Aula, che l'Italia sta facendo quello che stanno facendo gli altri paesi. Niente di più falso: era falso all'inizio, era falso ieri ed è tanto più falso oggi con lo scudo anche sul falso in bilancio.
Tutti gli altri Paesi hanno adottato o stanno adottando una linea che si basa su due pilastri: il primo è quello della tracciabilità, le dichiarazioni di rimpatrio non sono anonime; il secondo riguarda le imposte: chi chiede di rimpatriare capitali esportati illegalmente all'estero paga prima di tutto le imposte evase, poi gli interessi ed infine le sanzioni. Da noi invece è un'altra cosa, si paga dall'1 al 5 per cento a seconda di quello che si dichiara, senza alcuna sanzione e si garantisce l'anonimato assoluto.
Altri colleghi si incaricheranno di illustrare come si stanno muovendo gli altri Paesi. Non solo, abbiamo proposto emendamenti, lo abbiamo fatto in Commissione e in Aula, per introdurre in Italia, al posto dello scudo fiscale che avete proposto voi, misure analoghe a quelle in vigore in Francia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Un set di proposte, un bouquet di proposte ha detto l'onorevole Causi in Commissione: scegliete voi quale più vi aggrada. Pag. 13Il tema delle imposte e delle sanzioni è un tema importante, negli altri Paesi - lo dicevo prima - per accedere alla regolarizzazione si pagano tutte le imposte, gli interessi e le sanzioni; da noi no. Si immagina, sentite, che i capitali esportati illegalmente all'estero abbiano avuto un rendimento pari al 2 per cento all'anno. Ora c'è anche da chiedersi perché una persona normale, con media intelligenza, abbia esportato soldi all'estero per avere un rendimento inferiore ai titoli di Stato, ma tant'è, è così, lascio a voi e a chi ci ascolta ogni considerazione in merito. Su questo rendimento si paga il 50 per cento, quindi l'1 per cento.
Signor Presidente, prima di concludere mi lasci fare un'ultima considerazione sul tema dell'anonimato. La Voluntary Disclosure of Offshore Accounts fa del disvelamento, della trasparenza, della tracciabilità l'elemento di fondo dell'intervento americano, di quanto sta avvenendo al di là dell'Atlantico. Sul sito Internet dell'IRS, l'Agenzia delle entrate degli Stati Uniti, si legge che attraverso questo processo di trasparenza (discloser) si intendono acquisire informazioni su chi esporta capitali all'estero, sulle dimensioni del fenomeno, sulla localizzazione dei capitali; tutti elementi utili all'Agenzia delle entrate per condurre le future politiche di accertamento anche in questo campo. Come dire con una battuta, per chiudere davvero la caverna di Ali Babà, signor Presidente, è bene a volte anche conoscere chi sono i quaranta ladroni.
Solo in Italia si agisce con il completo anonimato e sarebbe da chiedersi: ma come si fa a combattere il fenomeno se non conosciamo i canali? Come si fa a combattere il fenomeno dell'esportazione illegale dei capitali se non si conoscono i moderni spalloni? È appena il caso di ricordare che gli Stati Uniti hanno vinto recentemente una battaglia contro una grande banca, una primaria banca svizzera custode di capitali esportati illegalmente da contribuenti americani, attraverso questo metodo, attraverso la trasparenza e la tracciabilità.
In conclusione l'esigenza di raccogliere risorse non può giustificare la distorsione che si introduce nell'ordinamento con una sanatoria penale che alimenta sfiducia nella certezza e nella stabilità del diritto. L'estensione dello scudo ai reati penali e fiscali, come il falso in bilancio, può forse garantire entrate, può forse tutelare il gettito, ma rappresenta uno schiaffo all'equità fiscale.
Insinua, inoltre, il dubbio, che nell'ambito economico tutto sia possibile, tanto prima o poi una scorciatoia la si trova. Dimostra, in primo luogo, la debolezza dello Stato: ora io non so, signor Presidente, quanto entrerà nelle casse dello Stato con questo condono; il gettito potrà essere anche importante, potrà essere anche sostanzioso, ma sicuramente il sistema fiscale apparirà ancora più iniquo e distante dai cittadini corretti.
Il vistoso allentamento delle maglie del rigore finisce con il presentare il Governo, lo Stato nella condizione di dover racimolare gettito con estrema urgenza e questo, lasciatemelo dire, accade anche perché fino ad oggi non avete fatto quello che sarebbe stato necessario fare, cioè una manovra economica adeguata, composta da stimoli all'economia e da interventi sul lato della spesa pubblica, insieme ad una lotta serrata all'evasione fiscale.
Lo scudo, quindi, il condono come surroga ad un'insufficiente politica economica di questa maggioranza.
Per tali motivi il Partito Democratico non condivide questo provvedimento e si batterà fino in fondo, in quest'Aula e nel Paese, per modificarlo radicalmente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, siamo qui per cambiare e, almeno rispetto all'articolo 13-bis sicuramente in peggio, il decreto-legge n. 78 del 2009. Se lo scopo del decreto-legge n. 103 al nostro esame era quello di impedire che alcune norme contenute in quel precedente decreto Pag. 14anticrisi entrassero in vigore, come ha riconosciuto uno dei due relatori nell'altro ramo del Parlamento, devo dire che l'obiettivo è raggiunto, ossia cambiare, non consentire che tali norme entrino in vigore. Peccato, però, che per l'appunto su alcune questioni di secondaria importanza si siano corretti errori, mentre su altre, invece, si sia peggiorato il testo originario.
Prima le opposizioni nel mese di luglio, sia in Commissione sia poi in Aula, hanno evidenziato quali erano gli errori materiali, da una parte, nonché le scelte che andavano contro la Costituzione e, soprattutto, contro il buonsenso, dall'altra parte, tant'è che il Presidente della Repubblica ha fatto pervenire un messaggio molto forte al Consiglio dei ministri, al suo Presidente, alla maggioranza dicendo: guardate il testo così come esce dall'Aula del Parlamento non avrà il mio consenso, la mia firma; e addirittura ha preteso che in contemporanea venisse approvato un decreto-legge per l'appunto, tra virgolette, correttivo.
Questa è la prova provata, Presidente, che del ruolo delle opposizioni, ma mi verrebbe da dire dell'intero Parlamento, questo Governo non ne tiene assolutamente conto. Se qualche volta, anche solo una tantum, il Governo ascoltasse, si confrontasse con il Parlamento, probabilmente fatti come quelli avvenuti a fine luglio e ai primi di agosto non accadrebbero più, con figuracce a livello internazionale; infatti, il nostro Paese non fa una bella figura quando si viene a scoprire che si approva un provvedimento in Aula in via definitiva che, contemporaneamente, necessita di un provvedimento correttivo.
Vengo all'esame del provvedimento correttivo che, come ben si sa, prevede tre modifiche a tre articoli. La prima modifica riguarda l'articolo 4 e ciò è avvenuto a seguito non solo dello stimolo, che ho appena ricordato, da parte della Presidenza della Repubblica, ma anche, permettetemelo, del piagnisteo messo in atto dalla Ministra dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare la quale si è lamentata pubblicamente di essere stata totalmente estromessa da una competenza che era ovvio, scontato che dovesse coinvolgerla direttamente.
Ma come si fa ad immaginare in un decreto-legge destinato a essere convertito in legge che il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare sia totalmente escluso da una competenza relativa alla realizzazione di centrali nucleari (e non nucleari) e dalla realizzazione di infrastrutture per la trasmissione e per la distribuzione dell'energia elettrica?
Di conseguenza si è giunti al provvedimento correttivo. Noi in quel frangente, nel dibattito in Aula e ancora prima in Commissione, con l'emendamento 4.6 - lo ricordo affinché non si facciano affermazioni generiche - prevedevamo esattamente ciò che poi è stato evidenziato dal Presidente della Repubblica e richiesto dal Ministro competente. Ecco perché, come dicevo, è necessario che il Governo e la maggioranza considerino maggiormente ciò che avviene in Aula e in Commissione.
Quindi, mi riferisco alla previsione relativa al concerto del Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare sui provvedimenti e sulle decisioni del Consiglio dei Ministri in materia di interventi urgenti relativi all'energia. Con questa nuova correzione il commissario potrà intervenire solo in carenza del rispetto dei tempi previsti da parte degli amministratori interessati.
Tuttavia, il concerto con le regioni è previsto soltanto in merito alla realizzazione di impianti di produzione di energia, mentre ciò non è previsto relativamente alla realizzazione di impianti per la distribuzione e la trasmissione della medesima, e noi sappiamo quanto ciò possa impattare con il territorio regionale o su parti di esso.
Quindi, non essendo previsto in questo secondo caso il concerto delle regioni nella Conferenza Stato-regioni vi è il rischio che anche questo provvedimento al nostro esame sia esposto ad un contenzioso enorme tra Stato e regioni con il conseguente ricorso alla Corte costituzionale. In questo modo i tempi non sono accelerati, Pag. 15bensì rallentati e si raggiunge un risultato esattamente opposto a quello sperato.
Cosa dire della totale assenza del concerto e del coinvolgimento degli enti locali? Allora aveva ragione quel noto economista che qualche giorno fa su un quotidiano italiano si domandava come fosse possibile che un Governo contemporaneamente approvi una legge denominata federalismo fiscale e poi invece la applichi al contrario. La sorpresa non è presente solo in questo provvedimento ma l'abbiamo già vista in tante occasioni e questa, semmai, è l'ultima in ordine di tempo: si dice una cosa ma se ne fa una esattamente opposta.
Constatiamo anche in questo decreto-legge al nostro esame che manca del tutto una vera politica ambientale energetica in quanto c'è una totale disattenzione rispetto agli Accordi di Kyoto. Eppure noi sappiamo che altri Stati europei (e non solo) si interrogano come coniugare la tutela dell'ambiente, anche rispetto alla produzione di energia e soprattutto in concomitanza con la realizzazione di impianti di produzione di energia, rispetto agli Accordi Kyoto. Tutti lo fanno tranne l'Italia.
Vengo alla seconda correzione portata dal decreto-legge al nostro esame e rinvio quella più succulenta (ovvero quella relativa allo scudo fiscale) all'ultima parte del mio intervento. Faccio cenno brevemente alla correzione contenuta all'articolo 17 dove si modificano i commi 30-ter e 30-quater con i quali ribadite che l'esercizio dell'azione di danno erariale da parte delle procure della Corte dei conti è esercitabile soltanto a fronte - leggo testualmente - di specifica e concreta notizia di danno. Presidente, chiedo a lei, a quest'Aula e al rappresentante del Governo come si fa a sapere se vi è un danno se non si fanno le indagini e le verifiche.
In questo modo, con questo testo che stiamo per approvare, che voi state per approvate, si pregiudica l'attività istruttoria nella sua interezza, rimane danneggiata l'autonomia istruttoria dei pubblici ministeri e, soprattutto, viene cancellata l'autonomia complessiva della magistratura contabile, e questo in spregio alla Costituzione, alla nostra Carta costituzionale.
Vengo alla terza modifica, quella relativa all'articolo 13-bis. Non voglio usare lo stesso linguaggio del collega che mi ha preceduto, ma, francamente, la modifica apportata dal Senato al testo originario, che poteva essere anche, per certi versi, migliorativo, non è assolutamente accettata da parte dell'Italia dei Valori.
L'emendamento di «San Fleres» - sì, lo innalzo a santo degli evasori, degli esportatori di capitali all'estero - è una sanatoria tombale sui reati commessi dai colletti bianchi e, se mi permette, signor Presidente, anche dai colletti rossi, rossi di sangue, perché, se vi è una parte dell'intervento del mio collega di partito e di gruppo totalmente condivisibile, è quando faceva cenno alle questioni che riguardano le mafie e il terrorismo.
Ovviamente, se uno esporta capitali all'estero, non ha scritto sulla fronte se è un mafioso o un terrorista, perché vi sono modi e modi. Sappiamo bene come far circolare e ripulire il denaro all'estero, per farlo, poi, rientrare con questo condono tombale.
Ecco perché ci permettiamo di definire questo provvedimento come una sanatoria tombale sui reati commessi dai colletti bianchi, cioè da coloro che falsificano i bilanci, che modificano a piacimento, a vantaggio di alcuni azionisti e non dell'intero azionariato, i bilanci e le scritture contabili, ma anche sui reati commessi dai colletti rossi, rossi di sangue.
L'applicazione dell'articolo 8, comma 6, lettera c), della legge n. 289 del 2002, esclude la punibilità penale, confermando l'abrogazione dell'articolo 2623 del codice civile. Signor Presidente, stiamo parlando, tanto per capirci, del reato di falso in bilancio. Ma mi chiedo: perché avete l'esigenza di confermare l'abrogazione di una norma già abrogata con una legge del 2005, cioè la legge n. 262 del 28 dicembre 2005, che all'articolo 34 già provvedeva a fare questo?
Allora, perché abrogate una norma già abrogata? La risposta è una soltanto: perché l'operazione di quel provvedimento Pag. 16del 2002 non è ancora, a tutt'oggi, definitivamente conclusa. Ecco, quindi, la necessità di mettere una pezza; così introducete un ulteriore intervento nella sede penale, che certo non migliora la legge.
Come diversamente spiegare alcuni passaggi della circolare dell'Agenzia delle entrate resi pubblici nei giorni scorsi, circolare poi pubblicata per intero da Il Sole 24 Ore? Si nota che tutte le fattispecie enumerate all'interno di quella circolare non trovano riscontro alcuno nell'articolo 13-bis.
Non si spiega perché prevedete un'interessante applicazione della normativa sulle CFC, dimenticando che i Governi di centrodestra e di centrosinistra, sin dal 1996, avevano già adottato provvedimenti che permettevano ai nostri uffici finanziari di conoscere quanti e quali cittadini italiani operano in determinati Stati esteri.
Sto parlando delle white list, delle liste bianche: stranamente, il Governo non ne vuole sapere; eppure, ha la possibilità di farlo. Invece no, fate un provvedimento sullo scudo fiscale, ma non volete sapere cosa c'è nelle white list.
Cosa vuole dire questo? Che quei cittadini che sanno che voi potreste sapere, ma che avete scelto di non sapere, dovranno decidere se il provvedimento che stiamo adottando sia per loro conveniente o meno.
Ma siamo davvero alla follia pura: lasciare che i cittadini decidano se sia più giusto, a seconda delle convenienze, adottare un provvedimento o meno, e non invece scrivere una norma chiara! Non possiamo permetterci che siano ordini del giorno o interpretazioni dell'Agenzia delle entrate a dare lettura della norma: dev'essere una norma precisa.
Con le modifiche apportate al Senato al decreto-legge correttivo in esame, opera il Governo: sì, il Governo, perché il collega senatore Fleres, che sappiamo non ha manifestato, almeno sinora, una grande esperienza in campo finanziario e contabile, è diventato uno strumento nelle mani del moralizzatore fuori dai confini italiani. E sapete a chi mi riferisco quando parlo del moralizzatore fuori dai confini italiani: al Ministro o superministro dell'economia Giulio Tremonti, colui che quando esce dall'Italia fa le prediche, parlando di standard etici, ma quando torna in casa commette le maggiori nefandezze, e non da oggi, ma dal 2001, in un crescendo continuo.
A dirlo, che è stato il Governo ad usare il senatore Fleres, non è Renato Cambursano, ma il presidente del gruppo al Senato della Repubblica del PdL. Maurizio Gasparri, è scritto nel testo integrale del resoconto stenografico del Senato, afferma: «La modifica è stata concordata con il Governo». Quindi, collega Fluvi, non c'è il dubbio, c'è la certezza che ci sia lo zampino del Governo!
Ma allora, se così stanno le cose - e ahimè stanno così - la domanda che sorge immediatamente spontanea è la seguente: ma il Giulio Tremonti di cui stiamo parlando è il medesimo che il 13 marzo 2008, a conclusione della campagna elettorale, diceva: mai più condoni? In uno dei tanti confronti familiari a Porta a Porta diceva: no, non farò mai più condoni, non ci sono più i presupposti. Era la solita vana promessa elettorale, che sapeva già da allora che non avrebbe affatto mantenuto.
D'altronde, lo sappiamo tutti, il Ministro in questione è uno dei più grandi esperti di paradisi fiscali: e di lui, dei suoi consigli, ovviamente retribuiti profumatamente, si sono avvalsi i più grandi evasori italiani; è la storia di questi ultimi anni (e non soltanto la cronaca), purtroppo è già la storia che ci certifica questo.
Oltre all'immunità per l'evasione e per altri reati tributari, questa norma sarà estesa anche alle false comunicazioni sociali e al falso in bilancio. La domanda allora è: chi c'è dietro? Cui prodest, a chi giova il testo al nostro esame? I nomi non li sapremo mai, perché c'è l'anonimato, e quindi non lo verremo mai a sapere, ma è consentito anche in Aula immaginare chi ci sia dietro questa operazione.
Credo che tutti i colleghi, e non solo quelli presenti in Aula, abbiano letto recentemente i quotidiani dove si dava notizia di un certo evento: mi riferisco - e Pag. 17lo sa bene il Presidente - a quella società che si chiama Olympus Trading di Farouk Agrama, versus Mediaset, la quale pagava a un prezzo ben dieci volte superiore i programmi acquistati da Olympus Trading dalla Paramount; e il differenziale, tra quanto venivano pagati alla fonte da parte della Olympus Trading e dall'acquirente finale Mediaset, pari a nove volte tanto, veniva accantonato su conti in Svizzera, nei paradisi fiscali, che servivano ovviamente per le operazioni per le quali il nostro caro, amato (si fa per dire) Presidente del Consiglio è stato più volte indagato, anche condannato, salvo che per quei casi in cui attraverso le varie leggi ad personam, soprattutto attraverso l'inserimento di bastoni fra le ruote, si è riusciti ad arrivare alla prescrizione.
Credo quindi che, dietro questa iniziativa, vi sia davvero un'operazione che ha al centro l'interesse particolare di alcuni grossi operatori finanziari ed imprenditoriali di questo Paese. L'estensione della non punibilità significa sostanzialmente un condono generalizzato: è falso, ridicolo e mistificatore il tentativo di far passare lo scudo fiscale nell'ambito di quell'azione internazionale nei confronti dei paradisi fiscali, di cui spesso e volentieri il nostro super Ministro vuole far credere agli italiani! La realtà è ben diversa, molto diversa: gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna per sanare 100 euro di capitali evasi e detenuti all'estero ne fanno pagare 50; in Italia di euro ne bastano cinque, pardon ne basta uno, e ne spiego il perché!
È vero infatti che si parla di un rendimento teorico del 2 per cento annuo, ed aveva ragione il collega Fluvi quando poc'anzi si domandava chi fosse quel signore che rischierebbe di portare i capitali all'estero per farli rendere al 2 per cento: ma bisognerebbe dargli la patente di stupidità per arrivare a tanto, quando addirittura si può avere un rendimento ben superiore, lasciandoli in Italia, se sono capitali puliti! Se sono capitali «sporchi» bisogna invece «lavarli» ed ecco la necessità di portarli all'estero. Dicevo dunque del rendimento al 2 per cento per cinque anni: ma chi è quel signore che ha esportato i capitali all'estero e che va a dichiarare al proprio intermediario finanziario di averli portati quattro o cinque anni fa? No, tutti quanti diranno di averli portati l'altro giorno, uno o due mesi fa!
Peraltro sappiamo che questa cosa sta avvenendo a dismisura e che negli ultimi giorni e nell'estate a cavallo tra il mese di luglio e quello di agosto sono usciti fior di quantità di capitali verso l'estero (ovviamente erano capitali che non erano stati regolarmente assoggettati a tasse e imposte, per poi essere assoggettati a queste aliquote ridicole).
Il rendimento del 2 per cento per un anno e l'imposta pagata al 50 equivale ad un 1 per cento, mentre invece - e mi rivolgo ai cittadini, se per caso ve n'è qualcuno che ci ascolta - quanto pagate voi sugli interessi che maturate sui conti correnti postali o sui titoli di Stato che avete, se per caso ne avete ancora? Dal 27 al 12,5 per cento!
Coloro che invece hanno esportato clandestinamente il denaro «pulito» nell'accezione non tributaria e non fiscale del termine, ma in quella di non delinquenziale, e «sporco» perché invece frutto di operazioni malavitose (come quella del traffico internazionale di droga, di terrorismo e di traffico di esseri umani, cose queste che stanno avvenendo), possono tranquillamente farlo rientrare in Italia per farvelo rimanere qualche secondo, pagando l'1 per cento, per poi riportarlo all'estero «lavato» e «pulito».
Infatti, avete avuto anche la capacità - o l'intelligenza, si fa per dire - di non prevedere, come scriveva qualche giorno fa un noto economista internazionale, Fitoussi, la norma che obbligasse coloro che avessero approfittato di questa disposizione vergognosa a lasciare in Italia il capitale «lavato» e «pulito» almeno per tre o cinque anni per investirlo poi in Italia, facendo circolare il denaro e facendo crescere la ricchezza di questo Paese, visto che ne hanno approfittato per anni.
No, neanche questo! Queste risorse ritorneranno all'estero esattamente come è Pag. 18accaduto attraverso lo scudo fiscale con il primo e il secondo condono tombale. Il presidente dell'unione delle banche svizzere, qualche mese dopo i primi condoni e scudi fiscali, scriveva su un noto giornale economico internazionale che, oltre il 70 per cento del capitale rientrato in Italia, grazie a quello scudo fiscale, era ritornato nelle banche svizzere; succederà esattamente la stessa cosa. In America e in Inghilterra si paga il 50 per cento, da noi l'1 per cento. Ma allora, mi rivolgo ai cittadini che mi ascoltano: voi come lavoratori dipendenti, come lavoratori autonomi onesti (perché per fortuna ce ne sono tanti), come pensionati, siete obbligati a denunciare il vostro reddito; avete pagato il 43, il 40 o il 35 per cento sul reddito medesimo, invece, questi signori pagheranno l'1 per cento. In Francia si pagano le imposte evase a seconda dello scaglione del reddito; si pagano gli interessi; si pagano le sanzioni amministrative e l'insieme da versare può raggiungere addirittura il 70 o l'80 per cento. In Italia, l'1 per cento o al massimo il 5 per cento. Quindi, niente più falso in bilancio. Non vi è niente di più falso rispetto alle cose che dite. Dire che siamo in linea con gli altri Paesi, anzi che siamo più severi, come dice il Ministro dell'economia, è prendere in giro gli italiani e voi avete imparato molto bene ad usare i media per prendere in giro gli italiani. Questa è un'intollerabile amnistia.
Inoltre, in nessun Paese è consentito l'anonimato tombale. Dietro queste operazioni si possono nascondere le più grandi nefandezze e non se ne saprà mai nulla. Che dire poi del ritardo con il quale l'Italia provvede alla rinegoziazione degli accordi con i paradisi fiscali intenzionati ad uscire dalle liste nere, dalle black list dell'OCSE. Molti di questi Paesi stanno concludendo accordi con i Paesi dell'Unione europea per lo scambio di informazioni (che è la condizione posta per uscire dalla black list). L'Italia non si è ancora attivata e forse questo è proprio ciò che vuole il Governo, ovvero mantenere un rapporto diretto con questi Paesi per consentire che queste operazioni di espatrio di denaro sporco continuino, dopo averlo riciclato oggi con questo provvedimento. La domanda (oltre a chi serve, cui prodest?) è: perché fate questa operazione? La spiegazione è una soltanto: per fare cassa e per favorire gli evasori, come ho già affermato.
Vediamo se è vero che si poteva evitare di realizzare questo provvedimento. La cassa piange? Sì, piange. Allora, chiedo al Governo, e al Presidente della Camera, che il Governo venga in Aula a dirci dove sono finiti i 35 miliardi di euro definiti dal documento ufficiale del Ministero dell'economia e delle finanze come maggiori spese nell'anno corrente. Dove sono finiti questi 35 miliardi? 35 miliardi sono 70 mila miliardi di vecchie lire. Io mi ricordo che nel 1996 - il primo anno che sono stato eletto in Parlamento - la manovra finanziaria messa in campo dal Governo Prodi per arrivare in Europa era al di sotto di quella cifra. Si tratta di 70 mila miliardi spariti nel nulla, non si sa bene dove siano andati a finire. Delle due l'una: o avete le mani bucate verso amici e parenti politici, ovviamente tra virgolette, oppure il Ministro Tremonti sta accantonando in un fondo nero chiuso ermeticamente (nell'accezione non tecnica del termine) l'attuazione del federalismo fiscale, che, altrimenti, non riuscirebbe a far decollare se non vi fosse questa disponibilità finanziaria.
Lo stanno chiedendo a gran voce i Ministri Bossi e Calderoli, i quali fanno arrivare messaggi molto chiari del tipo: se il federalismo fiscale non avrà risorse finanziarie, fate attenzione voi del Popolo della Libertà, che noi riprenderemo in mano la secessione del Paese.
Allora, ecco che il bravo (bravo per loro) Tremonti ha pensato bene di accantonare risorse finanziarie. Il Paese deve sapere anche queste cose. Quindi, con questo «melmoso» scudo fiscale, che consentirà a mafiosi e terroristi di ripulire denaro sporco, intendete fare cassa, ma non per rilanciare gli investimenti o per ridurre il debito, ma semplicemente per occultare risorse per altri scopi. Questo, nel momento in cui il Paese sta segnando Pag. 19il passo in modo pesante, la disoccupazione sta crescendo a dismisura, soprattutto al Nord, cari amici della Lega, e con le pesantissime conseguenze sociali che ne deriveranno. Presto vedremo in piazza Montecitorio centinaia di migliaia di cittadini che hanno perso il lavoro con le forze dell'ordine che non le allontaneranno, ma si uniranno a loro, perché anche ad essi (agli operatori delle forze dell'ordine) sono stati tolti risorse e strumenti.

PRESIDENTE. Deve concludere.

RENATO CAMBURSANO. Quindi, i cittadini - concludo Presidente - e le forze dell'ordine verranno a manifestare pesantemente davanti al Parlamento e non basteranno le ronde, nere, azzurre o verdi. L'Italia è un Paese offshore (scriveva il vice procuratore generale della Repubblica di Milano). Una nazione che ha depenalizzato il falso in bilancio, che ha privatizzato il comparto dei reati societari e che ora vara lo scudo fiscale, non può chiedere in cambio agli evasori, se non questo riscontro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, vorrei prima di tutto partire dalla natura dell'atto che abbiamo di fronte. Ormai rischiamo di correre il rischio di assuefarci, nel senso che pensiamo che, poiché si sta procedendo regolarmente in questo modo, tutto ciò acquisti una sua giustificazione. Io non mi rassegno all'idea delle nude cifre che danno la sintesi di quello che è il tipo di attività legislativa di questa Camera (per il Senato valgono cifre molto simili). Noi abbiamo 104 leggi, di cui 38 ratifiche (sappiamo che tipo di coinvolgimento, modesto, implicano questi provvedimenti, visto che sono atti già determinati su scala internazionale), sei leggi di bilancio, 36 disegni di legge di conversione di decreti-legge, due leggi di approvazione di intese con confessioni religiose, 22 leggi ordinarie (il grosso di queste leggi è rappresentato da attività del Governo, e alcuni provvedimenti sono collegati alla finanziaria anche in modo molto rilevante). Non vi è una record di decreti-legge - come qualcuno a volte può pensare - poiché 47 decreti-legge approvati fino al 28 settembre 2009 non rappresentano di per sé un fatto preoccupante (non è preoccupante il numero dei decreti-legge). Abbiamo cominciato a spiegare anche all'esterno di questa Aula che ciò che è preoccupante, signor Presidente, è quanto si esprime con la seguente formuletta: i decreti-legge non vanno solo contati, ma vanno anche pesati.
Dunque, se pesiamo ai decreti-legge, ci rendiamo conto che, oltre l'80-l'85 per cento dell'attività normativa passa attraverso i decreti-legge e affermo questo perché tale circostanza snatura totalmente il ruolo e la funzione di questi atti d'urgenza, spostando totalmente la funzione normativa in capo al Governo. Il dato quantitativo è decisivo e noi assistiamo, attraverso questo tipo di produzione normativa, ad una certa situazione. Sto cercando di approfondire anche un altro fenomeno di produzione normativa del Governo, vale a dire le ordinanze di necessità. Vi assicuro che stiamo superando certi limiti: un tempo, l'ordinanza di necessità era emanata «una volta ogni morte di Papa», oggi le ordinanze di necessità addirittura surrogano l'atto normativo. Vi è stato il caso dell'Abruzzo - lo ricorderete - quando non si è accolto un emendamento che riguardava gli oneri fiscali dei cittadini dell'Abruzzo e si è risolto il problema con una successiva ordinanza di necessità. Comunque nella sequenza dei decreti-legge quello che impressiona è la frequenza delle correzioni. Anche oggi parliamo di un decreto correttivo che interviene su un altro principale. La correzione è diventata elemento sistematico. Mi sono fermato ad un certo punto della ricerca perché sul decreto-legge n. 112 del 2008 eravamo arrivati ad oltre trenta correzioni. Questo meccanismo di produzione normativa non solo sposta quest'ultima sul Governo ma sostanzialmente elude il meccanismo di controllo parlamentare. Pag. 20Naturalmente il meccanismo di controllo parlamentare è sommamente eluso di fronte alle questioni di fiducia ormai anche queste in un numero incredibile: ventiquattro questioni di fiducia di cui sedici alla Camera e otto al Senato. Mi pare che la prossima sarà la venticinquesima questione di fiducia. Il Governo Prodi ne aveva posto un numero inferiore (ventidue) in due anni di legislatura. Insisto, comunque: è la combinazione di decreti-legge, decreti-legge a contenuto eterogeneo, vastissimo e sostanzialmente collegati a questioni di fiducia. Si tratta di un meccanismo riguardo al quale naturalmente qualcuno potrebbe dire: «è così». Altro che corsia preferenziale per il Governo! Se il Governo avesse la sua corsia preferenziale, se ne assumerebbe la responsabilità. Emanerebbe provvedimenti di cui si assumerebbe la responsabilità di fronte al Paese, mentre in questo caso si tratta di un flusso continuo: un flusso in cui si prova a scrivere una norma e poi, se non va bene, si sa che sarà emanato un decreto-legge successivo che la potrà correggere. Se non la corregge il decreto-legge, la corregge la legge di conversione. Ma qualcuno rifletterà sul fatto che il principio tematico monografico nel fare le leggi risponde al principio della pubblicità? I cittadini devono sapere che si sta parlando di quella materia e devono poter dibattere nel Paese perché il principio monografico delle leggi e di pubblicità degli atti è fondamento della democrazia.
Veniamo ora a considerare il decreto-legge che abbiamo di fronte. Tutto quanto ho detto è la premessa che porta a una tale situazione. Per quanto riguarda il decreto-legge correttivo, dico con grande tranquillità: mi auguro che nessuno abbia la voglia di provare a domandare ad uno studente che si presenta all'esame di diritto costituzionale che cosa è un decreto correttivo. Infatti, quest'ultimo sbarrerebbe gli occhi di fronte al professore e direbbe: professore, ho letto molto bene le sentenze della Corte ma nella Costituzione i decreti-legge correttivi non esistono; ci sono i decreti legislativi correttivi che nella delega legislativa rappresentano una tipologia ormai corrente, ma i decreti-legge correttivi sono per davvero - vorrei che lo sapessimo - un istituto che non rientra nell'articolo 77 della Costituzione. Non ci sono precedenti significativi. Tutti citano il decreto-legge Fuda per quell'errore che era contenuto nella legge finanziaria di tre anni fa circa.
Vorrei consigliare di andare a leggere come era fatto il cosiddetto decreto Fuda, che era di tre righe e quindi era proprio una disposizione di per sé eccezionale, mentre chi volesse leggere il decreto correttivo in esame - a parte il fatto che nessuno lo capirebbe, perché è redatto con formule abbastanza incomprensibili - noterebbe che in un solo decreto-legge sono disciplinate tre materie diverse, dunque è altamente eterogeneo, e sostanzialmente è un atto che nella Costituzione sta estremamente stretto. Lo dico perché anche se si realizzano degli accordi istituzionali, la Corte costituzionale a questi accordi non guarda, quindi io mi preoccuperei per la certezza del diritto, perché noi stiamo creando norme che molto probabilmente verranno fatte saltare.
Il Comitato per la legislazione ha parlato di questo problema con voce un po' flebile - ma esso riunisce tutte le forze presenti in Parlamento, tutti i partiti - e raccomanda che «si abbia cura di adottare metodi di produzione legislativa che evitino la necessità del ricorso ad un decreto-legge che abbia come esclusiva finalità quella di correggere disposizioni approvate in sede di conversione». Potrei dire anche tante altre cose sugli aspetti tecnici e formali: quando entra in vigore il decreto-legge n. 103 sostanzialmente ancora non è pubblicata la legge di conversione di quello precedente, quindi dal punto di vista formale le norme non esistono, dunque si opera un'abrogazione di norme che non esistono. Vorrei invitare alla riflessione su questo aspetto.
Ma vi sono altre cose delle quali bisogna parlare, bisogna parlare dei contenuti. Ne hanno parlato i colleghi Fluvi, Cambursano ed altri che sono intervenuti e che lo hanno detto molto bene: cos'è questo scudo fiscale? Vi sono altri temi, ma su Pag. 21questo vorrei soffermarmi qualche minuto. Ho letto una intervista di Tito Boeri - che è un economista, e quindi non fa ragionamenti di ordine giuridico - in cui si afferma che per come è configurato lo scudo fiscale, questa forma di condono, anziché chiudere le vicende, anziché realizzare l'obiettivo che può essere tipico dei condoni di essere disposizioni eccezionali che in qualche modo intervengono per le ragioni che sono state ben illustrate, questo è un condono foriero di nuova evasione, è un condono foriero di nuovi condoni.
Il meccanismo che lega insieme «condono» causa di non punibilità di tutta una serie di reati, e anonimato, determina un meccanismo dirompente. Non si capisce la ragione politico-costituzionale, per usare un'espressione un po' nobile, che possa giustificare l'anonimato in questo testo.
Siccome si parla di reati, conviene provare a leggere l'articolo 27 della Costituzione, a norma del quale la responsabilità penale è personale. Certo, lo si dice in un determinato contesto, ma io mi domando se non possiamo leggerlo alla rovescia, cioè la responsabilità penale è personale, ma evidentemente è personale anche l'esenzione dalla responsabilità. In altre parole, se in un sistema ordinato, dove esiste un principio generale di fedeltà e di rispetto delle leggi, è prevista un'eccezione al rispetto della legge e in particolare alla persecuzione di un reato, ci si può anche domandare se quel tipo di responsabilità individuale non sia un vincolo. Più in generale mi pongo un dubbio. Non si può pensare che sia personale la responsabilità quando devi condannare mentre quando devi esentare qualcuno lo fai in blocco, cioè praticamente in maniera oscura.
Ma la cosa ancora più inquietante è il discorso collegato alle modalità di questo condono. Nel dibattito al Senato su questo punto colleghi che non sono impreparati su tale argomento, magistrati che si occupano di questi temi (ricordo D'Ambrosio, Casson e la stessa Finocchiaro), hanno ipotizzato che in questo tipo di tecnica di condono si configuri se non un'amnistia, un vero e proprio indulto.
Mi pare che di fronte ad una causa di non punibilità così generalizzata e così strutturata il dubbio si ponga. Lo dico perché il costituzionalista, in questa materia, ascolta gli altri. Ebbene, quando di fronte a reati così ampi ove categorie di persone altrettanto ampie vengono esentate dalla pena e con una norma di chiusura, un condono tombale così radicale, ho anch'io l'impressione che siamo di fronte ad una figura che assomiglia all'indulto. Si potrebbe dire, se fossimo in un Parlamento normale, che quella legge dovrebbe avere una maggioranza particolare. Ma qui ormai le leggi non si fanno più, si fanno i decreti o le leggi di conversione, ma si tratta di strumenti ancora più inidonei. Se lo strumento legge è inidoneo di fronte alla riserva particolare di cui all'articolo 79 della Costituzione, la conversione di un decreto-legge è certamente uno strumento del tutto inadeguato per una cosa del genere. Vorrei quindi, signor Presidente, sollevare anche in quest'Aula questo dubbio, perché la Presidenza possa valutare tali profili in quanto certamente, per le caratteristiche che assume questo condono, esso appare con la fisionomia dell'indulto, come ho accennato.
Vorrei soffermarmi ancora su una considerazione finale, su un aspetto che è abbastanza vistoso. Un economista, Fassina, ha detto che il condono tombale per chi ha trasferito i capitali all'estero definito all'infuori del Protocollo OCSE non è ancora divenuto legge, e già Mediolanum, banca di proprietà del Presidente del Consiglio, compra intere pagine di giornale per fare propaganda ai provvedimenti del Governo e per accaparrarsi una fetta degli ingenti introiti per i servizi predisposti per i grandi evasori. Io non sono in grado di sindacare - lo ha fatto Cambursano e lo faranno altri - quanto quel 5 per cento che pagano coloro che riportano i capitali ma che forse poi li riporteranno fuori sia esiguo rispetto agli altri Paesi. Mi dicono che i gestori del risparmio - Mediolanum tra questi, ma anche altre banche - potranno Pag. 22fare questa operazione, e molto probabilmente così sarà. Giorni fa ascoltavo una trasmissione radiofonica in cui parlavano dei titoli Mediolanum che sono schizzati in alto. I commentatori naturalmente facevano tutte le acrobazie per non dire esplicitamente che questo vantaggio economico era collegato al provvedimento in esame: dicevano che il titolo stava avvantaggiandosi «anche di provvedimenti legislativi», sembrava si parlasse di chissà che cosa. Ho provato a guardare l'andamento del titolo Mediolanum: nell'ultimo mese è salito considerevolmente, è una tappa pirenaica, con arrivo in salita! Negli ultimi tre mesi, da quando si è cominciato a parlare di ciò, il titolo è salito da 3,8 a 4,6, il che non è poca cosa per un titolo in una situazione di crisi in cui altri soggetti perdono in Borsa.
Dunque, poiché parliamo sempre di conflitto di interessi, mi domando: se questo fosse, ovvero se il provvedimento in esame determinasse un vantaggio certo? La pur flebile, quasi patetica, disposizione della legge Frattini prevede che sussiste una situazione di conflitto di interessi, ai sensi della medesima legge, quando il titolare di incarichi di Governo - si parla genericamente di titolare, non si sa chi possa essere - partecipa all'adozione di un atto, anche formulandone la proposta, o ometta un atto dovuto, quando l'atto o l'omissione abbia un'incidenza specifica e preferenziale o determini un vantaggio sul patrimonio del medesimo soggetto (articolo 3 della legge n. 215 del 2004). Ci troviamo in una situazione abbastanza vistosa di conflitto di interessi, perché l'emendamento è parlamentare ma il Governo vi ha posto la fiducia, e il Governo non è pertanto estraneo.
Come hanno detto i miei colleghi che sono intervenuti prima di me, il Governo è certamente l'ispiratore di questo emendamento e ne è il beneficiario. Mi domando se da tale emendamento scaturisca un vantaggio per alcune banche del Paese che gestiscono questo fenomeno. Alcune di queste banche sono collegate a uomini di Governo, forse al Presidente del Consiglio. Certo, in questo caso la legge Frattini serve a poco. Però, vorrei che almeno capissimo se siamo di fronte ad un caso di scuola. Se non si tratta di scuola sul decreto-legge correttivo (perché naturalmente è fuori di ogni scuola), almeno lo è sul conflitto di interessi e secondo questa accezione. Mi auguro che qualche autorità di controllo sollevi questo problema, in modo che il cittadino italiano possa dire che la legge è sì del tutto inadeguata ma, almeno, vi è un bollo e un controbollo su un'operazione discutibilissima nel mento che mi pare assolutamente palese sotto il profilo del conflitto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole D'Antona. Ne ha facoltà.

OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, il decreto-legge n. 103 del 2009, di cui stiamo parlando, ha avuto origine dalla necessità di chiarire la portata di alcune disposizioni del decreto-legge n. 78 del 2009, in particolare per quel che riguarda l'applicazione dello scudo fiscale varato a luglio. Infatti, il decreto-legge n. 103 del 2009, nella versione approvata dal Consiglio dei ministri, chiarisce che dall'ambito applicativo dello scudo fiscale rimangono esclusi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge n. 78 del 2009.
Il Governo ha parlato di interventi necessari e doverosi per evitare conseguenze negative derivanti dall'entrata in vigore di alcune norme previste dal decreto-legge di luglio. Tuttavia, non si capisce perché tali argomenti, ora oggetto di modifica e già segnalati e dibattuti a suo tempo, non siano stati affrontati nella sede appropriata, ossia la legge di conversione del decreto-legge 78 del 2009.
A voler essere buoni, si potrebbe attribuire il comportamento ad uno stato di confusione della maggioranza e del Governo che, invece di correggere e migliorare il decreto-legge anticrisi di luglio prima dell'approvazione finale, sceglie una soluzione confusa e farraginosa quale quella del decreto-legge correttivo. Il Parlamento è dunque costretto a trattare Pag. 23questioni risalenti ormai a mesi fa, mentre l'attenzione del Paese è concentrata sulla crisi (che è pesante), evidenziando una sfasatura tra i bisogni del Paese e gli indirizzi del Governo. Nel momento in cui stanno emergendo con chiarezza le gravi conseguenze occupazionali derivanti dalla crisi, il Governo non è in grado di presentare alcun progetto di politica economica di ampio respiro, limitando la propria azione ad una legge finanziaria debole, ad una manovra vuota, che registra un grave deterioramento dei conti pubblici, e al tentativo di fare cassa a tutti i costi con lo scudo fiscale.
Il Partito Democratico, pur confermando il giudizio complessivo nettamente contrario sullo scudo fiscale ha, comunque, partecipato con grande disponibilità al dibattito al Senato, ritenendo opportuna la scelta di circoscrivere l'ambito di applicazione dello scudo fiscale, escludendone i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2009, anche alla luce delle sollecitazioni avanzate dal Presidente della Repubblica nel luglio scorso.
La discussione è stata bruscamente interrotta dal comportamento del Governo che ha modificato le disposizioni sullo scudo fiscale, ampliando oggettivamente e soggettivamente la portata della misura e trasformandola, di fatto, in un'amnistia mascherata.
Così ha preso forma un nuovo strumento (esteso anche alle società partecipate o collegate all'estero) che introduce la non punibilità di una serie di reati societari, a cominciare dal falso in bilancio, ed elimina, per le condotte che portano al rimpatrio di capitali, l'obbligo di denuncia delle operazioni sospette in un momento particolarmente delicato di contrasto al terrorismo internazionale ed alla criminalità organizzata, quella che si occupa ed esercita le proprie attività prevalentemente attraverso le attività finanziarie illegali.
Già la presentazione di un decreto-legge correttivo di un precedente decreto-legge rappresenta e rappresentava una forzatura, ora addirittura l'inserimento in sede di conversione di una norma che stravolge la disciplina sullo scudo fiscale introduce una forma di amnistia mascherata. È davvero singolare che l'intera coalizione di Governo, che ha fatto della battaglia sulla sicurezza un vero e proprio tormentone elettorale, venga a proporre, e non certo per la prima volta, un vero e proprio provvedimento di clemenza penale.
Clemenza penale e tributaria generale ed indiscriminata, perché di questo si tratta, cari colleghi, di un'amnistia, altro che condono: è di più e peggio dei peggiori condoni. Si tratta di un'amnistia approvata, oltretutto, nel più completo disprezzo delle regole e procedure costituzionali che prevedono, come sappiamo, l'approvazione di una legge formale che abbia la maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo articolo e nella votazione finale, come recita l'articolo 79 della Costituzione, e non certo di un decreto-legge.
Dicevo che si tratta di amnistia perché si viene ad incidere pesantemente su un incredibile numero di ipotesi delittuose per le quali viene garantita l'assoluta impunità di gravi reati tributari e societari come la falsità materiale, la falsità ideologica in atto pubblico, la falsità nelle scritture private, la soppressione e l'occultamento di atti, fino alle false comunicazioni sociali ed al falso in bilancio. In tal modo saranno premiati quelli che hanno portato illegalmente il denaro all'estero sottraendo risorse al proprio Paese, quelli che hanno evaso il fisco a danno di altri cittadini, i riciclatori di denaro sporco, i trafficanti di droga, in poche parole i disonesti (la parola disonesti è un delicato eufemismo), proprio quelli e solo quelli.
Le date di inizio e di fine, poi, per accedere allo scudo fiscale suggeriscono (qualcuno dirà ai più maliziosi) il sospetto che sia fatto proprio apposta per includere alcuni ed escludere qualcun altro. Il Presidente del Consiglio ha dichiarato di fronte alle Nazioni Unite che «l'attività economica dovrà ispirarsi a principi di correttezza e di trasparenza». Ma quale correttezza e quale trasparenza, se il suo Pag. 24Governo è il primo a incoraggiare pratiche finanziarie truffaldine e contrarie ad ogni regola?
Era del resto già prevedibile dalle bozze che circolavano prima dell'estate che si stava realizzando un maxicondono per tutti coloro che hanno esportato capitali all'estero (evasori, bancarottieri e non solo). La realtà è stata peggiore di ogni immaginazione. Il clima in cui il decreto-legge è stato approvato al Senato non può certo definirsi sereno.
Al momento del voto il Partito Democratico per protesta ha abbandonato l'Aula. L'Unione di Centro e l'Italia dei Valori hanno votato contro, esponendo cartelli con la scritta «evasori e mafiosi ringraziano». Il Presidente della Repubblica segue con attenzione, ma con la sua consueta sobrietà ed equilibrio, e attende di esaminare il decreto-legge per poter valutare e decidere quale sarà la sua posizione. La voce dei magistrati si è già fatta sentire.
Cito ancora testualmente: «Siamo preoccupati. Il diritto penale richiede certezza ed effettività della pena, non può tollerare un così frequente ricorso ad amnistie o sanatorie, in particolare nel settore delicatissimo dei reati economici e fiscali. C'è il serio rischio di minare la fiducia di chi ha agito nel rispetto delle regole». Ha un bel dire il Ministro Alfano sull'autonomia del Parlamento che fa le leggi e sulla sovranità del Parlamento, quando ormai i parlamentari della maggioranza sono abituati a dosi massicce di voti di fiducia, necessari per dar far digerire tutto e il contrario di tutto. È vero, Ministro Alfano, il Parlamento fa le leggi: non occorre che ce lo insegni. Ma un Parlamento che si rispetti non dovrebbe approvare leggi di così grossolana incostituzionalità.
È evidente che questo provvedimento tutto italiano è in controtendenza rispetto a quello che sta avvenendo nella comunità internazionale. Anche la Svizzera comincia a collaborare nelle indagini contro gli evasori fiscali: con un accordo extragiudiziale raggiunto con il fisco americano la banca UBS ha concesso di rivelare i nomi di ben 4.450 clienti americani con conti in Svizzera. Intese sono state trovate anche con altri Paesi europei, vedi ad esempio la Finlandia, la Danimarca, la Spagna. Si stanno avviando intese anche con la Germania.
Peraltro, i governanti italiani nascondono la crisi, non vogliono vedere le difficoltà vere dei cittadini e poi per raggranellare qualche spicciolo mettono in atto misure che minano la moralità e la credibilità dell'intero Paese. Ma la domanda è: ne vale la pena? Non certo per il fisco, la tassa del 5 per cento è davvero ben poca cosa. A sentire le dichiarazioni del noto economista francese Fitoussi, riportate dai quotidiani di questi giorni, sembrerebbe proprio di no: «Un'amnistia così è politicamente scorretta in un momento in cui si dichiara guerra ai paradisi fiscali. In Francia c'è lo scudo, ma le tasse si pagano quasi tutte, altrimenti che convenienza c'è? (...) Tra i tanti emendamenti e postille non ce n'è una che dica che quei soldi debbono essere reinvestiti in Italia, che debbano restare in Italia per almeno un certo numero di anni. Questo scudo fiscale e valutario potrebbe rivelarsi un boomerang per l'Italia. Anche quando, nella disperata ricerca di capitali, si fa un condono occorre dare l'impressione certa e ineludibile che questo provvedimento sia assolutamente eccezionale e che mai e poi mai ne seguirà un altro». In Italia accade esattamente il contrario: il continuo susseguirsi di condoni incoraggia le operazioni illecite.
Ho prima ricordato come il centrodestra abbia fatto della legalità e della sicurezza il cuore della sua campagna elettorale e come ora, con l'obiettivo di far cassa, proponga e voti norme che pregiudicano fortemente la lotta alla criminalità organizzata, con un provvedimento di sostanziale amnistia. Si tratta di una amnistia mascherata, ma pur sempre di un'amnistia, che cancella i reati dei ricchi. È un altro di quei casi in cui quello che si promette in campagna elettorale poi quando si è al Governo non vale più. Per spiegarlo meglio, si fa il contrario di quello che si era promesso. In questo caso poi si minano Pag. 25i principi fondamentali della convivenza civile e della solidarietà nazionale. Si premiano i ricchi evasori, i riciclatori e i trafficanti, in beffa e a danno dei cittadini onesti che le tasse le hanno sempre pagate.
Il Ministro dell'economia e delle finanze, Tremonti aveva dichiarato il 15 luglio scorso a Il Sole 24 Ore: «Tutti i paesi prevedono meccanismi di rimpatrio. Nessuno però prevede effetti discriminanti fuori dal campo fiscale. Questo naturalmente è anche il nostro impegno». Abbiamo visto, Ministro Tremonti, come il Governo ha tenuto fede a questo impegno allargando lo scudo fiscale a innumerevoli fattispecie di reati. Complimenti, complimenti davvero!
Contemporaneamente il Governo ha approvato il disegno di legge finanziaria per il 2010: una legge finanziaria di soli tre articoli, diciamolo, una legge finanziaria finta. Dai dati resi noti, la perdita di posti di lavoro intanto in Italia è spaventosamente aumentata, sono stati persi altri 378 mila posti di lavoro e il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 7,4 per cento e continua ad aumentare.
Il confronto fra queste due notizie dice con chiarezza che il Governo, nella finanziaria 2010 non ha previsto nulla per affrontare l'emergenza occupazionale. I problemi non affrontati, come ad esempio il rinnovo dei contratti pubblici, che da solo vale il doppio delle spese previste dalla proposta di legge finanziaria, vengono rinviati al futuro, se ci saranno le risorse. Quindi, o i conti della finanziaria sono finti, oppure il Governo ha deciso di non procedere al rinnovo dei contratti pubblici. Parlare di finanziaria da 3 miliardi di euro significa parlare di una finanziaria inesistente, e ciò conferma che il Governo anticipa malvolentieri le sue misure e non solo all'opinione pubblica, ma anche ai parlamentari della sua stessa maggioranza.
Tremonti lega i nuovi interventi a sostegno della ripresa, come il rinnovo dei contratti pubblici, ai risultati che darà lo scudo fiscale, che in realtà è - vale ancora la pena di ripeterlo - un'amnistia per reati come il falso in bilancio ed altre operazioni illecite, come ad esempio avere emesso fatture false, aver stipulato contratti per transazioni inesistenti o aver distrutto documenti. Tremonti cerca in questo modo di far digerire all'opinione pubblica lo scudo fiscale, cioè il rientro dei capitali illegalmente esportati all'estero. È un tentativo di legittimare questo provvedimento attraverso l'uso delle risorse che ne deriverebbero, facendo leva sulle difficoltà che la crisi sta facendo pagare agli italiani, quelli meno fortunati, quelli che non hanno capitali da portare all'estero, quelli che fanno fatica a pagare le bollette ed i libri per mandare i figli a scuola. Per il nostro Paese questa è una vera vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, dato che immagino di non riuscire ad essere breve, le chiedo fin da adesso la possibilità eventualmente di consegnare la parte restante del mio intervento qualora non riuscissi a completarne la lettura.

PRESIDENTE. È autorizzato fin d'ora.

FABIO EVANGELISTI. Lo dico anche perché prima c'è stato un piccolo battibecco in Aula, che ovviamente non è mai riferito alla sua persona: voglio ricordare che questo non è il primo provvedimento di questo Governo, e temo che non sarà nemmeno l'ultimo, che ci fa gridare allo scandalo e che ci fa qualche volta alzare i toni.
Questo è un decreto-vergogna, l'ennesimo provvedimento-vergogna varato da questo Governo e da questa maggioranza. Tecnicamente si tratta di un decreto-legge che contiene disposizioni volte esclusivamente a sanare alcuni effetti normativi ed interpretativi del decreto-legge n. 78 del 2009 varato il primo luglio di quest'anno nel testo che è stato convertito al Senato poi un mese dopo. In particolare, ricordiamolo, il decreto-legge in oggetto è stato Pag. 26approvato dal Consiglio dei ministri esattamente un'ora dopo l'approvazione definitiva da parte del Senato della Repubblica della legge n. 102 del 2009 che non sarebbe mai entrata in vigore nella sua interezza perché modificata da altro provvedimento governativo.
Come tra l'altro già ampiamente rilevato dal nostro gruppo in sede di conversione del decreto-legge n. 78 del 2009, le più eclatanti correzioni di ordine costituzionale e normativo si sarebbero dovute e potute effettuare attraverso l'ordinario iter di conversione in legge del decreto-legge n. 78 del 2009, evitando così il sovrapporsi e il susseguirsi caotico di una decretazione d'urgenza che di fatto ha estromesso e continua ad estromettere il Parlamento, nonché la ragionevolezza, dal processo legislativo.
Al di là, dunque, delle stringenti motivazioni di carattere parzialmente risolutivo, da considerarsi comunque positive ed opportune e molte delle quali, peraltro, erano già state tempestivamente richieste dal nostro gruppo sotto forma di emendamenti, che però inspiegabilmente sono stati bocciati, perdura un sostanziale indebolimento della magistratura contabile tale da inficiare il profilo meritorio - lo dico tra virgolette - di questo decreto-legge nel suo complesso.
Con la vicenda del decreto-legge cosiddetto anticrisi n. 78 del 2009 si aggiungeva, dunque, un ulteriore tassello allo smantellamento dello Stato di diritto; l'obiettivo, ancora una volta, sono i poteri e le prerogative del Parlamento. Voglio ricordare che: «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere» - stabilisce l'articolo 70 della nostra Costituzione - «Ogni disegno di legge presentato ad una Camera è (...) esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale» secondo il dispositivo del successivo articolo 72. Si tratta però, nella pratica, nella realtà di articoli ormai svuotati da una prassi che vede il Governo agire utilizzando strumenti del tutto impropri, quali i decreti-legge omnibus, maxiemendamenti, ripetute posizioni della questione di fiducia.
Il decreto-legge cosiddetto anticrisi era soltanto l'ennesimo provvedimento che in nome di una supposta necessità ed urgenza assemblava misure disparate, spesso del tutto avulse dal titolo dell'atto e che il Governo in sede di conversione in legge ha modificato attraverso un maxiemendamento sul quale poi ha posto la questione di fiducia, impedendo l'esame articolo per articolo e la votazione degli emendamenti. È la stessa cosa che vi apprestate a fare domani, in quest'Aula, quando di nuovo porrete la questione di fiducia sul testo oggi in esame. È una prassi che i costituzionalisti - non i comunisti, i costituzionalisti - hanno più volte definito una frode alla Costituzione in quanto vanifica sia il principio costituzionale che prescrive l'approvazione delle leggi articolo per articolo, sia la potestà del Parlamento.
Questa volta, però, c'è di più. Il giorno stesso dell'approvazione al Senato della legge n. 102 del 2009 di conversione del decreto-legge n. 78 del 2009 con la posizione, insisto su questo, dell'ennesima questione di fiducia, il Governo ha adottato il decreto-legge oggi alla nostra attenzione che modifica quello precedente - badate bene - nel testo modificato dalla legge di conversione, ovvero è stato modificato un testo che non era vigente e che non è mai entrato in vigore. Non importa se questa tempistica sia stata in qualche modo dettata dalla moral suasion del Presidente della Repubblica, come è apparso dalle indiscrezioni della stampa, il quale avrebbe subordinato l'assenso alla promulgazione della legge di conversione alla contestuale correzione delle misure più abnormi, come le norme che riducono i poteri della Corte dei conti. Vedere un Governo che alle 13,20 del primo sabato di agosto adotta un decreto-legge, il n. 103 del 2009 appunto, per modificare un atto, la legge n. 102 del 2009, approvato poco prima, per l'esattezza alle 10,58, dalla sua debordante maggioranza parlamentare, è Pag. 27il sintomo eclatante di un'anomalia che rischia di trasformarsi, purtroppo, in normalità.
La rottura delle norme sul procedimento legislativo e sul rapporto tra Governo e Parlamento nell'adozione degli atti normativi è dunque avviata verso una spirale della quale si stenta a vedere la fine. Soltanto, quindi, un intervento netto dei poteri di garanzia, a partire dai Presidenti delle Assemblee parlamentari, potrebbe evitare che si consolidi l'ennesimo strappo alla legalità costituzionale. È anche per questo che non soltanto noi, ma non soltanto noi: migliaia di cittadini in queste ore stanno scrivendo al Presidente Giorgio Napolitano per dirgli di non firmare questa «legge-vergogna» che scaturirebbe dalla conversione in legge di questo decreto-legge. Si tratta, infatti, di un decreto-legge che, in seguito alle modifiche ed alle integrazioni apportate dal Senato lo scorso 23 settembre, dunque qualche giorno fa, ha poi introdotto alcune disposizioni che oltre ad aver stravolto la disciplina sullo Stato fiscale ha rappresentato la prova provata dalla volontà di questo Governo di affossare un principio fondamentale del cosiddetto nocciolo duro della nostra Carta costituzionale, ovvero quell'articolo 3 della Costituzione in forza del quale tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge.
Sono? Dovrebbero secondo voi perché ormai avete condizionato questo articolo: dopo il lodo Alfano, che è stato lo sfregio maggiore, eccoci di fronte al lodo Tremonti.
Questo provvedimento prevede - come dicevo - una norma correttiva alla disciplina del cosiddetto scudo fiscale, prevista dall'articolo 13 del «vecchio» decreto-legge n. 78 del 2009 che aveva introdotto lo scudo fiscale. Questo decreto-legge oggi, così come è stato modificato al Senato, introduce una vera e propria amnistia - come è già stato ricordato da chi mi ha preceduto - di una serie di reati tributari e societari. Tra questi, il cosiddetto falso in bilancio a favore di coloro che rimpatriano attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dal territorio dello Stato anche attraverso imprese estere controllate o collegate, escludendo di fatto e di diritto la punibilità penale. Ciò in violazione di un altro articolo della Costituzione, l'articolo 79, secondo cui l'amnistia è concessa con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo articolo e nella votazione finale, non certo attraverso l'utilizzo dello strumento della decretazione d'urgenza in sede di conversione in legge ordinaria.
In particolare, l'articolo 1, lettera b) di questo provvedimento oggi al nostro esame prevede espressamente che l'adesione allo scudo fiscale comporti effetti estintivi in relazione ad alcune fattispecie di reato di falsità in atti contemplati dal codice penale, nonché per i reati di dichiarazione fraudolenta, di occultazione o distruzione di documenti finalizzata all'evasione delle imposte sui redditi o dell'IVA. Infine, per i reati di false comunicazioni sociali - il cosiddetto falso in bilancio - disciplinati dagli articoli 2621 e 2622 del codice civile che, come è noto, consistono in una rappresentazione non veritiera e corretta dei fatti aziendali accaduti. Tali fatti dovrebbero essere espressi nel bilancio e nella nota integrativa allegata al bilancio dell'esercizio, i cui effetti penali prevedono l'arresto fino a sei anni.
Estendere, dunque, la copertura dello scudo fiscale a fattispecie gravi e penalmente rilevanti quali il falso in bilancio senza abrogare le norme che tali reati puniscono, significa raggiungere lo stesso risultato della concessione di un'amnistia facendo venire meno di fatto le condizioni di punibilità di reati profondamente offensivi nei confronti della comunità sociale. Significa, al contempo, equiparare chi ha commesso un atto illecito e chi, invece, si è sempre comportato nel rispetto delle leggi.
Ricordo che l'amnistia è la rinuncia dello Stato a punire i soggetti che hanno commesso un reato e la rilevanza di questo cedimento dell'autorità statale è stata da tempo avvertita, tanto che l'articolo 79 della Costituzione, che prima citavo, è stato modificato proprio nel senso Pag. 28di stabilire che l'amnistia venga concessa con legge deliberata con la maggioranza qualificata di entrambi i rami del Parlamento. Anche per quest'altro aspetto chiediamo a Giorgio Napolitano di non firmare questo provvedimento. Comunque, proprio per questi motivi abbiamo presentato anche una questione pregiudiziale di costituzionalità che domani discuteremo.
Appare, inoltre, rilevante considerare altre conseguenze che potrebbero derivare nei confronti del sistema fiscale nel suo complesso dall'introduzione di una norma come quella contenuta in questo decreto-legge, nella misura in cui dovesse essere percepita dai contribuenti come un segnale di indebolimento delle regole fiscali e di sostanziale vanificazione degli effetti di deterrenza delle misure antievasione. La disposizione di cui ho parlato costituisce, altresì, un'inaccettabile violazione dell'articolo 53 della Costituzione, in forza del quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Si tratta di un principio che non rappresenta solo un criterio di misurazione del prelievo di ricchezza, ma anche il presupposto di legittimità dell'imposizione tributaria che si collega, quindi, strettamente al principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, per dimostrare che le imposte devono essere corrisposte da tutti i cittadini in base alla loro capacità contributiva e nel rispetto della Costituzione. Per questo motivo non dovrebbero essere ammesse situazioni che prevedano, condonino o giustifichino ex lege il mancato pagamento di una prestazione tributaria se imposta e prevista per legge.
I soggetti beneficiati dalla norma sullo scudo fiscale, così come risultante dalle modifiche apportate dal Senato della Repubblica, non potranno essere perseguiti per i reati tributari e di falso in bilancio, il mezzo con cui sono stati prodotti i capitali che quindi lo Stato finisce per «leicizzare».
Detta norma deve considerarsi una vera e propria bandiera dell'illegalità, come ha scritto il magistrato Bruno Tinti, perché, ove non dovesse produrre concreti effetti sul piano penale, trasmetterà, comunque, all'Italia un messaggio di opportunismo: renderà evidente a tutti che adempiere ai propri obblighi tributari e a principi etici irrinunciabili nella gestione delle imprese è un'ingenuità, peggio, è antieconomico.
Per questo, signor Presidente, definiamo questa come una legge «criminogena», perché appunto favorisce il crimine e la futura evasione fiscale, convincendo tutti che pagare le tasse è cosa inutile, e, soprattutto, perché costituirà una vera e propria forma di favoreggiamento nei confronti delle forme più gravi di delinquenza organizzata.
Per questo Polizia, carabinieri, Guardia di finanza e magistratura non potranno nemmeno trovare le prove di questi reati, forse conosciute per altre vie, poiché il provento del reato sarà ormai sparito.
La norma in esame, infine, contiene anche una disposizione che deve ritenersi una vera e propria calamità, un pericolo che vogliamo segnalare: può finire per assicurare l'impunità ai trafficanti di droga, di armi, di esseri umani, di donne, ai sequestratori di persone. È una norma che viola due direttive comunitarie, segnatamente la 2005/60/CE, concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, nonché la direttiva 2006/70/CE, che ne reca misure di esecuzione, perché prevede che le operazioni di regolarizzazione e di rimpatrio dei fondi non comportino l'obbligo da parte degli intermediari e dei professionisti di inviare apposite segnalazioni all'unità di informazione finanziaria presso la Banca d'Italia quando esiste il sospetto che siano in corso operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. In buona sostanza, dunque, non vi sarà alcun tipo di segnalazione per coloro che rimpatriano capitali anche con il sospetto finanziamento del terrorismo o di riciclaggio di moneta derivante da attività criminali.
La discussione sui contenuti di questo del decreto-legge ci porterebbe molto lontano. Si tratta, in sostanza, di un unico Pag. 29articolo, che modifica soltanto alcune parti del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009, ovvero si ricostituiscono i poteri del Ministero dell'ambiente, su cui ha parlato ampiamente il collega Cambursano, e si interviene sull'articolo 13-bis relativo allo scudo fiscale e sull'articolo 17 per quanto concerne le norme relative alla Corte dei conti.
Salto per ovvietà e brevità ogni riferimento specifico e di merito e vengo ai punti che mi interessano di più, in particolare per quanto riguarda la questione dello scudo fiscale. Serve a poco pretendere a parole che il rientro dei capitali, nelle condizioni in cui avviene, non riguardi capitali illeciti, come se questi girassero per il modo con scritto in fronte «capitale di origine illegale».
Del resto, il Popolo della Libertà e la Lega hanno ben chiarito di che stoffa è il loro contrasto al riciclaggio dopo aver lasciato cadere il tentativo del precedente Governo Prodi, che con la commissione presieduta da Pier Luigi Vigna arrivò a un testo unico di legge antiriciclaggio, testo ripreso dai deputati del PdL e della Lega, i quali hanno suggerito, però, di trasformare in amministrative le sanzioni penali, con scarsa potenzialità offensiva - questo già ricorda qualcosa, tipo la depenalizzazione del falso in bilancio di qualche anno fa - e di correggere il testo del decreto anticrisi escludendo gli obblighi antiriciclaggio per i commercialisti.
Ma con l'emendamento Fleres approvato dal Senato la maggioranza ha allargato le maglie della norma che consente, dietro il pagamento di un'imposta, il rientro dei capitali illecitamente trattenuti all'estero: non ci sarà protezione per i reati penali, ma essa rimane per molte infrazioni societarie e tributarie, tra cui - lo ripeto e insisto - il falso in bilancio. Con la nuova versione dell'emendamento del senatore Fleres sullo scudo fiscale votato dalla maggioranza salta il salvacondotto per la sfera penale, ma lo scudo fiscale, ovvero la possibilità per coloro che hanno capitali illeciti all'estero di farli rientrare in Italia dietro versamento di un'imposta, offre protezione per una serie di reati, tra cui il falso in bilancio.
Rispetto al vecchio emendamento Fleres, sono esclusi dallo scudo - pare su pressioni del Quirinale - i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, cioè stiamo parlando del 5 agosto 2009; resta la modifica sui tempi, con la possibilità di chiedere il rientro dei capitali entro il 15 dicembre 2009: si tratta di una sanatoria tombale per i reati commessi dai colletti bianchi, ed anche i banchieri - quei banchieri cui a Cernobbio magari il Ministro Tremonti tributa parole di fuoco, ma poi, come si dice dalle nostre parti, come i ladri di Pisa, litigano di giorno e poi rubano insieme di notte - hanno di che brindare: è un'ennesima norma-vergogna, quindi, che costituisce uno schiaffo ai cittadini onesti e ai contribuenti che pagano regolarmente le tasse, gli operai, i pensionati, ma non soltanto loro ovviamente. I colpevoli di una serie di gravi reati fiscali saranno impuniti sotto il profilo penale e avranno liberamente, senza vergogna evaso le tasse: la certezza del diritto così diventa una chimera.
Nell'emendamento Fleres, riformulato e approvato, è confermato il non obbligo da parte degli intermediari di segnalare capitali sospetti. Infine, arriva la possibilità di effettuare il rimpatrio anche alle imprese estere controllate ovvero collegate in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazione. Il testo dell'emendamento, infatti, prevede che l'effettivo pagamento dell'imposta comporta, in materia di esclusione dalla punibilità penale limitatamente al rimpatrio e alla regolarizzazione di cui al presente articolo, l'applicazione della disposizione di cui alla legge n. 289 del 2002, e successive modificazioni. Fuori dai tecnicismi, in sostanza, si esclude la punibilità penale in caso di reati tributari, come la dichiarazione fraudolenta, l'infedele dichiarazione, l'omessa dichiarazione, l'occultamento e la distruzione di documenti contabili, quest'ultimo reato fortemente connesso con i reati societari. Ed ecco come si arriva al Pag. 30falso in bilancio: il salvacondotto vale anche per i reati societari, quando questi siano stati commessi per eseguire ed occultare reati tributari; tra questi, vi sono false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci e dei creditori, falsità materiali commesse da privati, falsità ideologica commessa da privati in atto pubblico, falsità in notificazioni e scrittura privata, uso di atto falso, soppressione, distruzione ed occultamento di atti veri; per tutti coloro che per spostare i capitali all'estero hanno commesso questi reati, la norma varata dalla maggioranza garantisce l'impunità.
Questa misura, senza andare troppo per il sottile, mira dunque solo a fare cassa: i principi di correttezza ed equità vengono evocati da questo Governo e dalla sua maggioranza ma non sono mai praticati; e ieri Silvio Berlusconi a Milano, alla festa del Popolo della Libertà, ha addirittura preteso di essere ispirato da principi etici nella sua azione di Governo.
Tra l'altro (e torno alla formulazione dell'emendamento) vi sono grandi dubbi interpretativi, da cui deriverà inevitabilmente un contenzioso, che farà sì discutere, ma nel contempo aprirà a tanti «furbetti» una scappatoia; piuttosto bizzarro tra l'altro è l'inciso del decreto-legge laddove si specifica che il provvedimento non deve riguardare procedimenti in corso, data la non retroattività della legge. Dunque, lo scudo non funzionerà per i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, conversione attesa entro questa settimana. Gli evasori che risulteranno nel mirino degli accertamenti tributari e contributivi nel giorno della conversione della legge in esame non potranno usare la copertura. Restano quindi - ditelo, avvisateli - pochi giorni per chiudere liti e contenziosi e sgombrare il campo dall'uso dello scudo.
Si aspetta dunque una circolare dell'Agenzia delle entrate, che arriverà e che dovrà chiarire non poche questioni: il significato della dizione «procedimento», la metodologia per il calcolo dell'aliquota, la copertura dello scudo su imposte dirette ed indirette evase, sulle donazioni e successioni, sul rimpatrio delle attività patrimoniali, sulle regolarizzazioni consentite all'interno dello spazio economico europeo con Paesi che garantiscano un effettivo scambio di informazioni fiscali.
Rimane poi il dubbio più importante: qual è l'interpretazione corretta della copertura dello scudo di cui al comma 3 dell'articolo 13-bis del decreto-legge n. 78, che recita «in ogni sede amministrativa o giudiziaria civile, amministrativa ovvero tributaria, in via autonoma o addizionale»? A quali reati - lo chiedo al rappresentante del Governo - si riferisce questo passaggio?
Nei giorni scorsi segnalavamo la natura di regalo assegnata allo scudo fiscale introdotto dal Governo grazie al costo irrisorio della sanatoria: 5 euro ogni 100 sanati, a fronte dei 40 o 50 previsti da provvedimenti analoghi adottati da altri Paesi, che trova un puntuale riscontro nelle stime dei centri di analisi.
L'ultimo studio di un centro di analisi è quello che proviene da Banca Generali, che ha presentato in un convegno recentissimo una tabella che dice come siano pienamente confermate le nostre cifre e le nostre stime: la sanatoria per ogni 100 euro regolarizzati costa 44 euro in Gran Bretagna e 49 euro negli Stati Uniti.
L'insistenza quindi del Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti nel sostenere che lo scudo italiano sia più oneroso di quello inglese e in linea con le decisioni assunte nelle sedi internazionali dai vari Paesi o è frutto di una sorprendente disinformazione, o è frutto di un non meno sorprendente tentativo di mistificare la realtà agli occhi dell'opinione pubblica.
Ma tutto questo rischia di diventare marginale rispetto alla profondità della ferita che quel provvedimento infligge al più elementare principio della legalità: il testo approvato al Senato - ma che vi apprestate a varare alla Camera senza alcuna modifica - estende la franchigia sui reati penali impliciti nell'esportazione illecita dei capitali ad una gamma di reati che va dal falso in bilancio alla falsa Pag. 31fatturazione, all'occultamento e alla distruzione di documenti contabili, alle false comunicazioni sociali, impedendo l'utilizzo degli elementi emersi anche nei procedimenti giudiziari che potranno essere avviati a carico dei beneficiari dello scudo.
Tutto ciò, insieme alla garanzia dell'anonimato che nessun altro Paese concede, permette di nascondere fondi neri e capitali di ogni provenienza. L'urgenza di fare cassa, testimoniata tra l'altro dalla decisione di anticipare la scadenza della sanatoria al 31 dicembre di quest'anno, proprio per poter contabilizzare tutte le entrate che ne deriveranno nel bilancio dell'anno in corso, non basta a giustificare un'operazione che si configura non solo ormai come un clamoroso regalo agli evasori, ma anche come un'amnistia nei confronti di chi si è reso colpevole di crimini odiosi che possono sconfinare agevolmente nell'ambito delle attività mafiose.
Per questo, signor Presidente, abbiamo usato il termine «pesanti», come ha fatto prima anche un mio collega quando ha parlato di attività mafiose e di attività criminogene.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti...

FABIO EVANGELISTI. Concludo, signor Presidente...

PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma lo ha usato anche lei praticamente.

FABIO EVANGELISTI. Ho citato e ho precisato...

PRESIDENTE. Ed ha giustificato...

FABIO EVANGELISTI. Ho interpretato, però ovviamente lei ha la possibilità di interpretare a sua volta.
Ovviamente molte altre sono le considerazioni che si potrebbero fare. Nella riunione - e mi avvio davvero alla conclusione - del gruppo dei Paesi facenti parte del G20 che si è svolta nell'aprile scorso a Londra, tra le intese raggiunte vi era stata proprio quella della lotta ai paradisi fiscali.
Per dare seguito a tale misura, l'OCSE ha predisposto tre liste di Paesi secondo il criterio dello scambio di informazioni previste per la lotta all'evasione fiscale: una lista bianca, che comprende i Paesi che hanno implementato accordi di scambio informativo; una lista grigia, con i Paesi che hanno deciso di farlo ma non hanno ancora implementato gli accordi; una lista nera dei Paesi che non intendono farlo.
Il passaggio dalla lista grigia alla lista bianca ha luogo con la sottoscrizione di almeno dodici accordi bilaterali per lo scambio di informazioni e la lotta all'evasione fiscale. La lista grigia alla data del 2 aprile 2009 elencava trentotto Paesi, tra i quali: Andorra, Lichtenstein, Principato di Monaco, San Marino, Austria, Belgio, Lussemburgo e Svizzera.
Numerosi Paesi, tra i quali i più attivi risultano essere Stati Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna, hanno comunicato durante l'estate di aver concluso accordi bilaterali con alcuni dei trentotto Paesi della lista grigia. In effetti, il rapporto OCSE dell'11 settembre 2009 evidenzia che, ad esempio, il Lussemburgo ne ha firmati quattro (di cui tre nel periodo), Monaco sei, San Marino due, l'Austria quattro, la Svizzera sette, Singapore sei.
L'eventuale raggiungimento di dodici accordi, da un lato, escluderà per l'Italia la possibilità di restrizione verso quei Paesi, ma dall'altro lato, non obbligherà tali Paesi a rispondere alle informazioni per la lotta all'evasione fiscale italiana. Dunque, diviene rilevante anche per il nostro Paese concludere accordi internazionali nel senso prospettato, in particolare verso i Paesi attraverso i quali si è tradizionalmente indirizzato il flusso di denaro dovuto all'evasione e al trasferimento illecito di capitali. Il Governo, quindi, deve adottare le opportune iniziative per impedire che il raggiungimento di dodici accordi internazionali, senza che fra di essi vi sia l'Italia, possa permettere a quei Paesi di passare nella lista bianca, senza obblighi di informazione nei nostri confronti.
In più occasioni, il direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, ha rilasciato interviste a mezzi di formazione, Pag. 32nelle quali ha tra l'altro dichiarato: abbiamo in questo momento 170 mila nominativi sotto indagine; e citando alcuni esempi: abbiamo una lista di circa 500 nominativi sequestrati ad un avvocato svizzero recentemente arrestato dalla procura di Milano; abbiamo una lista di conti presenti presso UBS-Italia che si presume abbiano un qualche riferimento con UBS-Svizzera; abbiamo, poi, la lista, già nota, di detentori di capitali nel Liechtenstein.
A proposito delle vicende giudiziarie che riguardano l'eredità dell'avvocato Agnelli e dell'eventuale costituzione all'estero da parte sua di rilevanti attività in possibile violazione delle norme fiscali, lo stesso Befera ha così risposto a chi gli chiedeva se fosse possibile che la stretta sui paradisi fiscali prevista nel decreto-legge del Governo potesse investire anche la contesa eredità di Gianni Agnelli: potrebbe rientrarci, non è escluso, ma è da vedere, al momento non vi è alcun procedimento in atto. Tirate voi, dunque, le conseguenze. Successivamente in un'intervista a Radio Uno lo stesso Befera ha dichiarato che la famiglia Agnelli non potrà far ricorso allo scudo fiscale italiano contro le eventuali pretese del fisco sui capitali in Svizzera, perché il procedimento è già aperto. Il Governo, quindi, deve prendere le opportune iniziative al fine di opporsi alla domanda di scudo fiscale da parte di 170 mila nominativi sotto indagine.
Concludo, con un riferimento alla vicenda della Corte dei conti. In merito all'attività delle procure della Corte dei conti, con il presente decreto-legge, sì è eliminato il pericoloso inciso con cui si abilitava l'azione del pubblico ministero soltanto qualora il danno stesso fosse stato cagionato per dolo o colpa grave. Ciò avrebbe effettivamente paralizzato di fatto l'opera inquirente della magistratura contabile. Permane tuttavia la locuzione: «specifica e concreta notizia di danno», che con la sua accezione generica potrebbe essere in grado di ingenerare profonde disparità interpretative sia nei pubblici ministeri contabili, sia nei collegi giudicanti, con conseguenti margini di incertezza sugli esiti dei processi incompatibili con i principi costituzionali di imparzialità, ragionevolezza e trasparenza.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FABIO EVANGELISTI. Avrei davvero finito, ma siccome lei è stato così cortese da concedermi la possibilità di consegnare la parte finale del mio intervento, lo farò senz'altro. Credo di aver sufficientemente illustrato le motivazioni per cui chiediamo, anche nella solennità di quest'Aula e di questa discussione, al Presidente Giorgio Napolitano di non firmare questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Come preannunciato, la Presidenza autorizza, sulla base dei criteri conseguentemente seguiti, la pubblicazione in calce al resoconto di considerazioni integrative del suo intervento.
È iscritto a parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi relatori, preliminarmente vorrei osservare come in questi giorni sia riemersa spesso la questione del rapporto delicato tra Governo e opposizione. Un detto popolare degli anni passati ricordava che spesso il popolo, in maniera molto sbrigativa, commentava gli eventi meteorologici, come la pioggia, con una responsabilità diretta del Governo: piove, Governo ladro. Era certamente troppo, ma l'idea di passare ad un rovesciamento delle posizioni, per cui «piove, opposizione ladra», va al di là di ogni capacità più teatrale.
È davvero pericoloso voler radicare il principio che la colpa è dell'opposizione, che non pensa al bene del Paese, che semina pessimismo. In realtà, se ne vuole dimostrare l'ininfluenza, e il continuo uso della decretazione d'urgenza, unitamente all'utilizzo dei voti di fiducia, tende a dimostrare che l'opposizione parlamentare è del tutto inutile, è ininfluente, e qualunque cosa dica non incide sulle decisioni che il Paese assumerà, oppure è inaffidabile. Pag. 33Si attribuiscono ad essa slogan contro i nostri soldati impegnati nelle missioni militari, e le spiegazioni successive sono apparse risibili (in realtà si voleva colpire l'opposizione parlamentare e non quella extraparlamentare, che se mai ha già avuto una sanzione dagli elettori). Oppure mi riferisco al fatto che l'opposizione farebbe un tifo in qualche modo pregiudiziale al perdurare della crisi economica.
Sono cose che ormai vengono fatte rimbalzare e affermate come se fossero verità, sulla base del principio commerciale che l'insistere su un argomento finisce per fare breccia: è il venditore che ripropone se stesso in tutta la sua capacità d'iniziativa. Il decreto-legge in esame modifica profondamente l'impostazione del decreto-legge n. 78 del 2009 e ne aggrava l'ispirazione. A proposito di questo, verrebbe da chiedersi se questo testo sia un testo apocrifo o un testo riconosciuto. Infatti, ricordo che, quando in quel periodo qualcuno sollevò il problema relativo alle reali intenzioni del Governo di estendere questo colpo di spugna ai reati societari (falso in bilancio, false comunicazioni sociali), Tremonti spiegò che erano parole in libertà, che non erano neppure iniziative parlamentari, e, se tali erano, venivano disconosciute perché quei testi erano considerati apocrifi. Ora le cose non stanno così, anzi su quell'emendamento dell'incauto senatore ci sono le impronte del Governo e segnatamente del Ministro dell'economia e delle finanze. Non ci sarebbe neanche bisogno di un'analisi ulteriore, è proprio firmato, è lui che ragiona così, e ha fatto una riflessione che più o meno può essere ripresa in questo modo: lo scudo - ter puntava a fare cassa, ed era già discutibile, anche se la lotta ai paradisi fiscali che veniva preannunciata nel G20 poteva giustificarne il ricorso. In altre parole, nei Paesi normali il preannunzio di questa battaglia nei confronti dei paradisi fiscali può giustificare l'utilizzo di una strumentazione giuridica eccezionale, ma noi non rientriamo dentro questa logica perché, in realtà, queste tecniche di condono da noi sono la regola. Ora però il Ministro Tremonti afferma una relazione diretta tra la dimensione dell'incasso e il condono del maggior numero di reati possibili, cioè si dice: per convincere effettivamente i capitali che hanno preso la via dell'estero a rientrare, noi dobbiamo operare in maniera tale da rendere questa operazione possibile, quindi condonando reati sempre più in profondità. Ovviamente non vale la promessa di combattere l'evasione e i paradisi fiscali, perché questa poi nelle intenzioni di Tremonti vale nei giorni in cui usa l'arma della filosofia (non è certo la sua pratica di Governo).
Ma quello che incide di più è la certezza di cancellare anche i reati più odiosi che in questi anni, con le false comunicazioni sociali o il falso in bilancio, hanno esteso tali fenomeni truffaldini in danno dei risparmiatori e della trasparenza del nostro sistema economico.
Circa un milione di risparmiatori italiani sono stati toccati in maniera diretta nel decennio passato da eventi di questa portata. Non stiamo parlando dunque di una dimensione modesta. Recentemente il Governo ha voluto dare il suo contributo con l'operazione Alitalia che, con molta serenità, può essere posta sullo stesso piano dell'operazione che ha portato agli illeciti del caso Cirio e del caso Parmalat. Infatti, così è: i risparmiatori azionisti e gli obbligazionisti si sono trovati nelle stesse condizioni con l'aggravante che chi aveva assunto tali impegni era lo Stato: ovviamente uno Stato nel quale i cittadini avevano voglia di credere ancora, non lo Stato che rappresentate voi e che ovviamente ha una dignità e una credibilità molto più modesta. Le minacce di Tremonti agli evasori più incalliti sono dunque risibili. Viceversa, la cancellazione di tali reati come falso in bilancio, falsa fatturazione, contratti per transazioni inesistenti, la distruzione di documenti contabili ha un'indubbia efficacia. Si tratta di un condono mascherato perché di fatto si ripescano le norme già utilizzate nel condono tombale varato nel 2002, ovvero, come qualche collega ha detto, di una vera e propria amnistia ma questo richiederebbe la ricerca di una maggioranza parlamentare adeguata per affrontare un Pag. 34tema di questa portata. Non è che ciò si può chiudere con un decreto-legge sul quale ponete la questione di fiducia. Poiché la dimensione dell'intervento assume quelle caratteristiche e quei connotati, adottate - e non è la prima volta - una procedura che è chiaramente incostituzionale. Era comunque un'operazione che affossa il senso residuale dello Stato. Questo mi sembra il punto sul quale conviene fissare una testimonianza che valga a futura memoria. I richiami di Tremonti all'etica e alle virtù civiche appaiono un esercizio moralistico senza moralità.
Quanto si otterrà? Se si dovesse incassare una somma tra i 4 e i 5 miliardi vuol dire che si sana un'evasione da 100 miliardi, quasi alla catalana. Tale constatazione, tuttavia, ha una sua efficacia soprattutto perché è stato detto che noi ci rifacciamo alle esperienze di altri Paesi. Alcuni colleghi hanno dimostrato che la dimensione è molto diversa. Inoltre, andrebbe aggiunto che ne beneficeranno anche gli intermediari che si adoperano per il rimpatrio, in particolare le banche, le società di intermediazione e quelle di gestione del risparmio. Qualcuno ha ricordato che vi è qualcuno in particolare che è in odore di conflitto di interessi ma questo sarebbe addirittura una cosa ovvia perché trovare dove non abbia qualche conflitto di interessi è una cosa molto complicata. Ovunque si muove, incrocia un conflitto di interessi. Peraltro, questi operatori finanziari con l'introito di commissioni molto remunerative, oltre alle somme recuperate, si troverebbero nella condizione di non aver neppure l'obbligo di segnalare le questioni in materia di riciclaggio. Sono stato a San Marino l'altro giorno per partecipare ad un dibattito (San Marino è la Svizzera dei poveri) sul problema dei paradisi fiscali e ovviamente loro erano un po' preoccupati per gli effetti. Ho detto che l'Italia - mi sembrava di parlare avendo su di me il peso di un Paese serio - non può tollerare che le sue pecche diventino il business di un Paese che peraltro sta dentro l'Italia. Ho detto loro: non potete vivere sul nero italiano, ma dovrete ragionare, cambiando profondamente la vostra struttura economica: dedicatevi alla manifattura, incentivate il turismo ma non potete pensare di giocare all'infinito sui guai del nostro Paese.
Ovviamente un uomo politico serio avrebbe avuto il dovere di parlare così. Un uomo di Governo italiano in questa fase storica ha invece degli esempi che sono esattamente contraddittori e che consentono anche a questi Paesi di continuare a sperare che tutto sommato, prima o poi, la cuccagna possa riprendere.
Si istituzionalizza l'economia sommersa e si giustifica la dimensione del lavoro nero e delle imprese irregolari; si afferma la linea della furbizia e si indicano come virtuosi i comportamenti dei cittadini meno onesti. Se questi comportamenti fossero limitati, si potrebbe tentare di farli rientrare anche con un certo rigore, come fanno negli Stati Uniti, in Francia o in Inghilterra (44 per cento è il costo dell'operazione per gli inglesi), ma poiché da noi sono così diffusi, la griglia è volutamente larga, costa poco (il 5 per cento) e garantisce una vasta impunità. È questa la motivazione: la motivazione è che si tratta di comportamenti pressoché abituali del sistema economico italiano e così si può aspirare a far rientrare qualcosa al fine di dare una copertura alle poste di bilancio, che tra l'altro sono sfuggite al vostro controllo e, quindi, se evitate di spiegarci che i conti sono in ordine, signor rappresentante del Governo, non ci fate incorrere nell'ilarità. Infatti, se il 5,5 del rapporto deficit-Pil è cosa di poco conto per chi solo pochi mesi fa aveva capito tutto, voi immaginate che la conseguenza è drammatica: se chi aveva capito tutto ci porta in una direzione di questa natura, immaginiamoci, se il sospetto che si sia sbagliato diventa realtà, che cosa può capitare (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico). In realtà, non solo non aveva capito nulla, ma ci ha pure scritto libri sopra, vendendo che aveva capito tutto.
Noi siamo esposti oggi, di fronte alla tensione sulla finanza pubblica, perché abbiamo dato delle coperture improprie. Pag. 35Quante volte abbiamo utilizzato lo schermo dei conti correnti dormienti per tentare di dare copertura, mentre non è arrivato un euro dai conti correnti dormienti! Quindi, tutte quelle coperture erano fasulle e vanno in aumento del deficit. Dunque non ci date garanzie esplicite.
Adesso sperate sul condono, su questa operazione, ma per fare ciò fate un'operazione con cui scassate quel poco di Stato che c'è. Allora, il messaggio che si dà è un messaggio devastante: conviene evadere e tanti italiani lo fanno. Mi riferisco al sommerso certificato dall'Istat negli ultimi due anni e, tra l'altro, voglio dire, essendomene occupato nel periodo in cui ero presidente della Commissione attività produttive, che avevo stimolato l'Istat a cominciare a ragionare su queste questioni, perché, fino a pochi anni fa, si negava che esistesse il sommerso o ve ne era una certificazione molto generica, che serviva a rettificare il cosiddetto prodotto interno lordo. Adesso da due anni sono arrivati a mettere giù dei numeri e l'Istat certifica che il sommerso ovvero l'economia irregolare è pari in Italia al 18 per cento del PIL, ma aggiunge che questo dato va integrato con altre due voci: in primis con la voce della cosiddetta economia informale, che è l'economia sommersa minuta, quella che dovrebbe esserci e sopravvivere in un Paese normale.
È chiaro che, quando mia nonna faceva la lavoratrice a domicilio e faceva le maglie per Carpi, dubito che facesse la fattura, ma quello era un nero nobile, integrava la gallina con l'orto, con un lavoro che le rendeva dignità e non la faceva stare senza far nulla (anche se le donne delle nostre campagne non stavano mai senza far nulla). Quella è una parte nobile, che andrebbe in qualche modo preservata e tutelata. Ma questa va aggiunta alla parte meno nobile che già vi è nella struttura economica italiana. Poi vi è un altro 5 per cento, che è il fatturato dell'economia malavitosa: il fatturato delle mafie è il 5 per cento del PIL; 18 più 5 più 5 fa 28: non vi è alcun Paese dell'area OCSE che ha abbia una dimensione di questo tipo. Ogni tre anni e mezzo un intero PIL finisce nell'area grigia della ricchezza anonima, esasperando ancor di più il divario tra i cittadini, l'ingiustizia fiscale, l'esaltazione dei vizi negatori del civismo e dell'interesse generale, questo è il punto. Infatti, se il 28 per cento è accertato, vuol dire che ogni tre anni e mezzo c'è un PIL intero che finisce sotto il tavolo.
C'è nelle tasche degli italiani, ma all'interno di un principio di ingiustizia profondo. Lo stesso discorso vale per il lavoro nero e l'inquietante approccio che questo Governo ha nei confronti della questione dell'immigrazione: tre milioni di lavoratori irregolari di cui tre quarti sono extracomunitari (si tratta di dati del Ministero del lavoro). E dovremmo e dobbiamo assistere alla retorica dei respingimenti? Panorama di questa settimana ha spiegato, infiltrando un giornalista, come va la vita dei nuovi schiavi, pagati 3-4 euro l'ora e che di notte dovrebbero scomparire perché danno fastidio. Quegli imprenditori - chiamiamoli così anche se bisognerebbe chiamarli in altro modo ovvero «sfruttatori» - che li sfruttano di giorno e fanno persino un richiamo a delle presunte radici cristiane, di notte vorrebbero che scomparissero perché dà fastidio la loro vista e non è bene che appaiano. Ma costoro fanno lavori che noi non facciamo più, che i nostri figli non fanno: lavorano nelle fonderie bresciane o bergamasche piuttosto che nei caseifici della zona del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano. Di cosa stiamo parlando? Dovremmo ricominciare a vergognarci un po' di questa idea che abbiamo di noi e del nostro Paese e di questo cumulo di menzogne che siamo abituati a raccontarci.
Intanto l'economia reale soffre. Un milione di domande di disoccupazione sono state liquidate dall'INPS tra l'agosto 2008 e il luglio 2009, con un incremento del 52 per cento rispetto al periodo precedente. Nello stesso periodo, i trattamenti di integrazione salariale sono aumentati del 220 per cento. La Cassa integrazione ordinaria è salita del 410 per cento e quella straordinaria dell'87 per cento. Ora c'è il Pag. 36rischio che la Cassa integrazione, esaurendosi, determini mobilità e licenziamenti. Non ci può dire il Ministro Tremonti che di risorse ce ne sono quante vogliamo: non siamo tranquilli che sia così. Anzi, ci sono notizie che riguardano in specie le regioni del nord, a cominciare dalla Lombardia, dove le coperture sulla Cassa integrazione sono preoccupanti. Quindi, le vostre parole non ci bastano (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico) perché ci avete abituato a non credervi, questo è il punto. Vorremmo credervi, ma siamo stati disabituati a farlo, perché voi fate dell'utilizzo delle false verità - non dico delle menzogne che forse sarebbe un termine più adatto - il meccanismo con il quale intrattenete un rapporto con la pubblica opinione. Gli elementi che ho citato, insieme ad un cattivo andamento della finanza pubblica, sul quale prima mi ero soffermato, sono stati accompagnati da commenti di questo tipo: «L'Italia va meglio degli altri», «siamo il Governo migliore che tutto il mondo ci invidia», «gli altri Governi copiano i nostri provvedimenti», «è necessario diffondere fiducia perché la crisi ha una profonda natura psicologica». Ma vi rendete conto? Queste cose le avete dette voi. Voi avete spiegato che Obama sta copiando i nostri provvedimenti, lo avete detto voi!
Un po' di prudenza politica e parlamentare sarebbe necessaria. Voi non avete questa prudenza, avete un'idea proprietaria di questo Paese ed è questo il punto sul quale cadrete perché sarete costretti ad alzare continuamente l'asticella ed un giorno il rischio grave è che quell'asticella vi cada in testa e farà pagare un prezzo salato agli italiani. Questo è il punto: è già accaduto nella storia del nostro Paese; di questo siamo molto preoccupati, altro che irridere l'opposizione. Le nostre voci possono anche essere flebili e ridotte a poco anche perché è circoscritta l'audience esterna, non solo per quanto riguarda il discorso di oggi ma in generale è così. Per esempio, il tema del canone televisivo, che viene riproposto strumentalmente dal direttore del maggiore giornale del Presidente, viene collegato alla fuoriuscita dal blocco di una struttura della pubblicità che è assolutamente strumentale. Vogliamo eliminare il canone televisivo? Bene, eliminiamo anche il vincolo all'affollamento pubblicitario della RAI e vediamo cosa succede.
Le tre reti Fininvest hanno il 59 per cento della torta pubblicitaria, con ascolti inferiori alle tre reti RAI, e questa ha il 29 per cento; il 12 per cento è diviso tra Sky e i privati. Togliamo il canone e facciamo felici gli italiani, che non vedono in questa programmazione un servizio pubblico. Quando c'era una sola emittente e quando mia mamma diceva che l'aveva detto la televisione, significava che vi era una credibilità. Ma adesso che servizio è? Togliamo il canone, ma eliminiamo anche l'indice di affollamento, di modo che sia possibile misurare il confronto sul terreno del valore della pubblicità. Allora vedrete che vi saranno degli sgonfiamenti, degli adattamenti e degli adeguamenti.
Vi sfidiamo veramente. Volete togliere il canone? Cosa pensate, che qualcuno corra in soccorso della RAI, che si preoccupi di questo fatto? È chiaro, però, che gli attuali scostamenti che vi sono tra gli andamenti pubblicitari della RAI e quelli della Fininvest devono essere tolti, anche quelli. In questo modo va bene, e poi vedremo come si potrà continuare ad impostare un duopolio che è solo nell'interesse delle aziende del Presidente del Consiglio. Questi sono concetti che faticano ad essere trasmessi perché vi è una sorta di muro, di cortina e di fumisteria. Brunetta ha spiegato che stiamo organizzando un colpo di Stato contro di voi. Ma vi rendete conto? Più che un discorso parlamentare non posso fare, collega Fugatti, non sono in grado di organizzare colpi di Stato! Ma voi avete spiegato che stiamo organizzando dei colpi di Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico)! In realtà, stiamo semplicemente rivendicando il diritto-dovere di dire le cose come sono. È un discorso di opposizione parlamentare in senso classico, niente di più e niente di meno. Con un solo avvertimento: guardate Pag. 37che non siete i padroni della storia, e la storia potrebbe anche ritorcersi contro di voi, che credete di esserne i padroni.
Tuttavia, mi spiace certamente per il mio Paese, perché si pagherà un prezzo, questo non avviene a costo zero. Un prezzo si pagherà, e vorrei che esso fosse il meno doloroso possibile, ma è certo che l'uscita da queste difficoltà non sarà indolore. Di questo non solo noi, ma tutti gli italiani devono esserne consapevoli (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio che non c'è, signor Presidente del Consiglio latitante quando vi sono provvedimenti che interessano la sua persona e che, dunque, non viene a spiegare ai cittadini italiani che quest'altro provvedimento viene da lui preso soprattutto perché interessa alle sue aziende e alla sua persona per la miriade di società off-shore e di capitali all'estero che nel corso degli anni ha portato, a cominciare da quel conto corrente All Iberian da cui tanti soldi sono partiti per pagare politici, faccendieri e testimoni falsi che servivano ai suoi processi.
Noi dell'Italia dei Valori denunciamo l'irrazionalità, l'incostituzionalità e l'immoralità di questo decreto-legge per il quale oggi voi, dopo l'ultima modifica, vi accingete a chiedere il voto di fiducia. Lo denunciamo in modo forte e chiaro in quest'Aula, affinché i cittadini possano saperlo. Lo so che da quest'Aula non uscirà una parola di ciò che mi accingo a dire, ma state pur certi che in questo momento attraverso lo streaming lo abbiamo messo in rete e ciò che affermo viene sentito da tutti quelli che ne hanno interesse.
Ebbene, denunciamo il metodo e il merito di questo provvedimento. Veniamo al metodo, innanzitutto. È la solita furbata. Ricordate quando qui è venuto Sua Santità Giovanni Paolo II a farci presente che nelle carceri si sta male e si scoppia di un numero enorme di persone che soffrono? Venne a chiederci di fare qualcosa per quelle povere persone che vivono in condizioni disumane nelle carceri. E tutti quanti a dire: ha ragione, provvediamo subito, Sua Santità. Quanta ipocrisia.
Nel provvedimento di indulto è stata inserita la norma furba in cui non si è dato atto solo di fare un provvedimento per venire incontro a chi stava in carcere in condizioni disperate, ma anche per non far andare in carcere chi meritava di stare in carcere, estendendo poi l'impunità e l'indulto a tutta una serie di reati che non c'entravano niente con la disperazione umana di alcune categorie sociali.
Così, con questo stesso tipo di furbizia, intervenite oggi. Siccome il Presidente della Repubblica, bontà sua, invece di fare quel che avrebbe fatto bene a fare, cioè rinviarvi indietro l'ultimo decreto-legge, l'ultimo provvedimento che non doveva firmare (che poteva non firmare), vi ha fatto un atto di gentilezza istituzionale, pensando di avere a che fare con dei gentiluomini, dicendo che per questa volta lo avrebbe firmato, ma che c'erano delle norme sbagliate.
Nelle stesse ore, contestualmente, avete fatto un decreto-legge correttivo al provvedimento su cui avevate posto la questione di fiducia. Eravate così convinti che andava bene che ci avete messo la fiducia sopra. Appena viene varato, fate un provvedimento correttivo in cui dite di aver sbagliato. Anzi, non dite di aver sbagliato, ma siete stati presi con le mani nel sacco e, in questa sorta di gentlemen agreement istituzionale in cui il Capo dello Stato vi ha voluto dare la possibilità di un atto di resipiscenza operosa, avete preso il dito del Capo dello Stato e gli avete «fregato» il braccio.
Questo avete fatto, perché avete preso questa nuova idea del decreto-legge correttivo - mi auguro che non si faccia più in questo modo e che d'ora in poi, ogni volta che c'è un provvedimento che non va firmato, non lo si firmi e non lo si promulghi -, avete preso il provvedimento Pag. 38e ci avete infilato dentro una norma all'ultimo momento, perché è chiaro che non vi siete neanche assunti il coraggio (voi del Governo e lei, signor Presidente del Consiglio latitante) di farlo come Governo. Lo avete fatto fare al solito parlamentare che deve assicurarsi la sua continuità e siete venuti qui a proporci ora la norma truffa inserita in un provvedimento che doveva essere un atto di riparazione per un precedente provvedimento sbagliato.
Certo che siamo d'accordo che ci doveva essere questo provvedimento, perché serviva per ridare un po' di spazio al Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare che era stato esautorato completamente dal decreto su cui avete dovuto fare la correzione, certo che siamo d'accordo sul fatto che siete dovuti intervenire per dare un certo ruolo alla Corte dei Conti, i cui controlli non volete vedere, ma poi dentro al provvedimento avete inserito quel che piace a voi.
Denunciamo questo metodo truffaldino, questo metodo criminale, perché questo è un metodo che ha tradito la fiducia del Presidente della Repubblica, e quando un Governo tradisce la fiducia del Presidente della Repubblica si pone una questione costituzionale e istituzionale grave come una casa. Contestiamo questo vostro comportamento, perché è un comportamento terroristico. Attraverso un veicolo necessario introducete una merce avariata, anzi, una bomba esplosiva. Utilizzate la Croce rossa per metterci le bombe esplosive, talebani nostrani. Avete ora inserito questa norma che non c'entra nulla con il decreto-legge correttivo ridicolizzando, peraltro, il Parlamento.
Mi appello ai cittadini italiani, affinché riflettano sul comportamento di taluni parlamentari che vengono qui un momento dopo il voto di fiducia su un provvedimento chiedendo un nuovo voto di fiducia che sconfessa il precedente provvedimento. Questo è il dato di fatto. Il provvedimento su cui interviene il decreto-legge correttivo è stato votato con il voto di fiducia. Domani ci sarà un altro voto di fiducia in cui si dice che dobbiamo correggere, perché quello era sbagliato. Si smentisce se stessi. Si è contenti di prendersi a schiaffi.
Questa è la dignità del Parlamento, che viene ridicolizzato, storpiato, violentato. E chi lo racconta agli italiani? Sì, forse ci penserà il prossimo Porta a porta. A reti unificate andate a raccontare la vostra verità, perché questo è il problema in Italia: un'informazione che deforma e che non può informare, perché, se ci prova, viene subito punita, messa all'angolo e bloccata.
Noi chiediamo, quindi, nel merito, che i cittadini italiani prendano atto che questa norma sullo scudo fiscale è una norma criminale, voluta per fare gli interessi di criminali. E non è un fatto politico e una dichiarazione politica, ma un fatto tecnico. Infatti, vorrei ricordare che fino ad ora i capitali che stavano e stanno all'estero - quelli regolari - possono rientrare tranquillamente in Italia. Nessuno gli dice male. Quelli che non possono rientrare sono quelli che non si possono dire da dove vengono, quelli che fino ad ora - ogni volta che venivano scoperti - venivano perseguiti a norma degli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale: riciclaggio di danaro sporco. Oggi il riciclaggio viene premiato. Qui dentro si fa riciclaggio di Stato! Questa è contraddizione o incoerenza? No, questo è dolo specifico di una categoria di persone che utilizza le istituzioni per farsi gli affari propri, aggravato dal fatto che c'è un'altra categoria di persone che, per salvaguardare il proprio posto, si presta a rinunciare alla propria dignità politica e umana.
Lei, signor Presidente del Consiglio che non c'è, ieri ha detto che c'è una questione morale e che loro rilanciano la dignità. Perché non viene qui a indicarci una per una tutte le società off shore che lei ha avuto da quando ha incominciato a fare il Presidente del Consiglio? Perché non viene a indicarci perché si è rivolto a tutti i paradisi fiscali fino ad oggi, quelli che oggi dice di voler contrastare e combattere, lei che ne ha a uso e consumo proprio? Pag. 39
Lei sa bene per quale motivo questa norma è criminale. Infatti, sa bene che quando si fa un'investigazione si scopre un euro che si trova all'estero e, quando si vanno a fare le indagini attraverso le rogatorie, chi ti risponde ti dice che quell'euro fa parte di un monte di un milione di euro. Fino ad oggi le indagini venivano fatte grazie ad un conto corrente o a un deposito scoperti all'estero e si cominciava a vedere a ritroso da dove venivano, chi gliel'aveva dato, da quale fonte di reato e da quale reato provenivano. Oggi approvate una norma in cui si dice: non si può indagare, una volta che quei soldi sono rientrati. Oggi come oggi, a lei sarebbe bastato far rientrare quel conto All Iberian e dire: ho pagato il 4 per cento di tangente allo Stato, per cui non c'è bisogno che tu indaghi su di me. Invece, da quel conto corrente abbiamo scoperto che lei ci ha pagato Mills, Craxi e compagnia bella.
Non lo si potrà più scoprire, perché lei sa bene che si parte dal conto corrente per risalire a ritroso su quali sono i reati che ci stanno dietro, ma, dal momento in cui lei blocca le indagini, ogni volta che qualcuno scopre un conto corrente, lei ha raggiunto un'impunità per tutte le vicende passate che ha commesso. Ho sbagliato: anche per le vicende future! Infatti, qualsiasi criminale oggi che ha un conto corrente all'estero fa il passaggio, lo fa rientrare e poi dopodomani lo rimanda ancora all'estero, perché la norma non dice che non devi rimandarlo all'estero il giorno dopo!
Fa il passaggio, e ogni volta che si scopre che ha fatto una rapina, uno spaccio di droga o un traffico d'armi o quant'altro dirà: ma no, questi sono soldi che avevo all'estero e ho fatto lo scudo! Ecco, lei ha creato un meccanismo infernale per i suoi interessi, un meccanismo infernale che coinvolge tutti i criminali, che d'ora in poi possono venire nel nostro Paese. Il nostro Paese è diventato il lavatoio mondiale della criminalità organizzata, per i reati commessi in passato e per quelli che saranno commessi in futuro. Lei lo sa bene, non lo raccontate ma lei lo sa bene, che il 648-bis lo ha distrutto e il 648-ter non è più reato d'ora in poi. Lei sta creando un salvacondotto per i reati passati e futuri, suoi e dei suoi amici se non correi.
E poi, mi lasci dire, che «c'azzecca» il falso in bilancio con lo scudo fiscale? Lo scudo fiscale dovrebbe venire incontro ai soldi che qualcuno ha all'estero, e nulla ha a che fare con il falso in bilancio. Ma lei lo sa che cos'è il falso in bilancio? Mi scusi, ho sbagliato, lei lo sa bene. Per chi non dovesse sapere che cos'è il falso in bilancio, il falso in bilancio sta a una miriade di altri reati (dall'appropriazione indebita alla corruzione e all'evasione fiscale), così come la pistola sta al rapinatore: è un reato-mezzo per un reato-fine. Non serve a niente, all'imprenditore o pseudo tale, falsificare le carte, di per sé dalla falsificazione delle carte non ci guadagna niente. Scrivere che due più due fa cinque quando si tratta di prendere, o scrivere che due più due fa tre quando si tratta di dare (perché questo in soldoni è il falso in bilancio) di per sé non gli procura niente. Perché è reato il falso in bilancio? Perché è un reato presupposto per nascondere profitti di altri reati o per rendere agevole la commissione di altri reati.
Allora, perché depenalizzate il falso in bilancio? Che senso ha depenalizzarlo? È un reato che non «c'azzecca» niente con l'avere o non avere del denaro. L'avere o non avere denaro non è legato direttamente al falso in bilancio in sé, che è un'operazione contabile, è una falsa comunicazione sociale; è legato ad un'appropriazione, ad una bancarotta, ad una spoliazione, ad una corruzione. Il falso in bilancio è legato a tutt'altro, e allora che ce l'avete inserito a fare? Perché vi serve questo scudo per realizzare quello che non siete riusciti a realizzare non avendo una maggioranza qualificata in questo Parlamento: è un'amnistia mascherata! Voi state violando la Costituzione, e per questa ragione noi abbiamo posto una questione pregiudiziale di costituzionalità che domani rilanceremo, e rilanceremo nel Paese. Pag. 40
Voi con questo inserimento del falso in bilancio dimostrate non l'errore, ma la malafede di questa operazione, ed è questa la ragione per cui noi ci appelliamo ancora una volta al Capo dello Stato. Lo supplichiamo, non lo minacciamo, lo supplichiamo: non firmi questo provvedimento perché è altamente incostituzionale, oltre che criminoso e criminale.
Non ci resta, quindi, che concludere riaffermando il nostro punto di vista: siamo di fronte ad un atto di riciclaggio in corso ad opera di rei, correi e favoreggiatori. È bene che lo sappiano tutti i parlamentari quando sono qui a schiacciare i pulsanti. Almeno questo Parlamento abbia la bontà di approvare un emendamento che abbiamo presentato: che almeno tutti i pubblici ufficiali, gli eletti e gli amministratori, direttamente o indirettamente non possano usufruire di questa norma sullo scudo fiscale, almeno loro. Altrimenti, sono davvero curioso di vedere quanti all'interno delle istituzioni faranno uso di questo scudo fiscale, magari anche all'interno di quest'Aula!
Ecco perché noi abbiamo parlato di norma criminale, ecco perché ci siamo appellati al Capo dello Stato, ecco perché noi insistiamo nel dire che c'è bisogno di uno scatto di dignità di questo Parlamento, se non vuole essere ricordato nella storia come un Parlamento dove ci sono stati dei comportamenti criminali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.

MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, il Presidente Truman, con una celebre espressione colorita, disse che in politica non è necessario urlare molto, ma che basta parlare sommessamente e agitare un nodoso bastone. Ora, poiché della cultura e della professione democratica del Presidente Truman nessuno di noi ha ragione di dubitare, non c'è dubbio che con questo aforisma il Presidente degli Stati Uniti volesse intendere che, al di là della foga e della forza con cui si argomentano le proprie ragioni, quello che conta è la durezza, la consistenza, la forza delle ragioni stesse che nella politica e nelle scelte che si fanno, o si dovrebbero fare, nell'interesse dei cittadini, noi dobbiamo esercitare.
Qui è forte la tentazione di contraddire quel celebre aforisma usando parole forti, intense, gravi. Infatti, signor Presidente, onorevoli colleghi, molti dei quali, essendo intervenuti brillantemente, ben conoscono la materia, ci troviamo di fronte ad una situazione sempre più pericolosa e preoccupante. Essa non è individuata dall'argomento specifico che siamo chiamati a trattare, che pure è delicato, è grave, è serio e probabilmente è intriso di violazioni costituzionali, perché ci troviamo di fronte ad una scansione di condotte, ad una reiterazione sistematica di condotte, che oramai desta un profondo allarme, non soltanto tra i banchi dell'opposizione, nella coscienza critica, come dire, minoritaria, che sarebbe propria di una parte riottosa e renitente del Paese, ma negli occhi degli osservatori più disincantati, più neutrali di tutti coloro ai quali questo soporifero e cloroformico modo di condurre il sistema informativo comincia a stare stretto.
Innanzitutto, un'osservazione di carattere generale, direi di metodo, che facciamo ogni volta e ogni volta ci sentiamo rispondere, o meglio, non ci sentiamo più neanche rispondere, ma ci sentiamo trattare con una sorta di sussiegoso distacco, di fastidioso e infastidito tratto di ossequio ad una sorta di formalità: noi saremmo qui a sbrigare la formalità oppositiva, saremmo qui a proporre questioni in qualche misura scarsamente vive e intense nella coscienza del Paese la quale, attraverso il richiamo ai sondaggi, darebbe altre risposte, e quindi dovremmo consumare rapidamente questa nostra funzione.
Qui intanto noi individuiamo una strappo forte alle regole costituzionali. Non è la prima volta, è ormai una reiterata serie di volte, che veniamo qui a correggere, a interpolare, a rimediare, in qualche misura a peggiorare, i contenuti di già pessimi decreti-legge che, a loro volta, pessimamente Pag. 41ritenendo di esercitare la funzione legislativa per conclamate, ma mai verificate, ragioni di necessità e di urgenza, arano campi disparati e diversi, interpolano norme, introducono elementi anche sostanziali, anche strutturali, di modifica di parti importanti dell'ordinamento giuridico senza che questo nulla abbia a che vedere con il titolo dichiarato del provvedimento legislativo.
Questa non è un'indignazione da leguleio, non è un'indignazione da amante della carta polverosa, della Carta costituzionale, ma è l'indignazione di chi, anche da operatore, anche da colui che è chiamato ad applicare le leggi, a spiegare le leggi ai cittadini, sa che con questo metodo di produzione normativa ci siamo progressivamente allontanati dal principio dell'astrattezza e della generalità della norma.
Noi continuiamo a produrre norme sempre più attagliate a casi specifici, magari sottostanti e non dichiarati. Spesso, comunque, attuiamo continue modifiche alle stesse normative, cercando in qualche modo non di raggiungere l'interesse generale, ma anzi di piegare la norma ad interessi particolari che via via individuiamo e che spesso sono così opachi e oscuri che non li possiamo neanche enunciare nelle Aule del Parlamento. Certamente, chi li propone non li enuncia, ma magari poi emergono trasversalmente dalla lettura delle fattispecie quotidiane che i giornali ci rassegnano.
È questo il primo punto fondamentale. È la terza o quarta volta che discutiamo di decreti-legge dichiarati decisivi per risolvere i problemi della crisi, per il sostegno alle famiglie e per lo sviluppo dell'economia. In questi provvedimenti abbiamo trovato indicazioni per favorire o accelerare la realizzazione di opere pubbliche, per tagliare le unghie alla Corte dei conti come accade in questo decreto-legge in parte corretto (ma soltanto in parte), o per introdurre un maxicondono di natura penale che somiglia troppo ad un'amnistia. Quest'ultimo, con il richiamo fatto più volte al falso in bilancio, chiaramente nulla ha in realtà a che vedere con la fattispecie concreta del reingresso dei capitali illecitamente costituiti all'estero.
Quindi, soprattutto su questo aspetto noi non possiamo che gridare con forza la nostra indignazione. Non è possibile e pensabile che attraverso un procedimento legislativo, che si è ormai deteriorato e che ha ormai prodotto una sorta di inammissibile e inaccettabile putrefazione delle norme, noi continuiamo a discutere quasi inascoltati, indicando quei mali e quelle necessità che poi necessariamente nel Paese si scontrano nella loro operatività pratica.
Il Ministro Maroni, quando minaccia i giudici di metterli sotto processo perché non applicherebbero le norme sui clandestini, dovrebbe forse da legislatore - oltre che da governante - porsi il problema che se il Parlamento continua a legiferare con norme assurde, incostituzionali, illogiche e illegittime nella loro essenza e nella loro naturale, è la società civile e il Paese - non la magistratura riottosa custode della legge - che respingono l'applicazione di queste norme. È la coscienza collettiva che, almeno per alcuni di noi, funge da strumento di ripugnanza di alcuni fenomeni di piegamento della norma giuridica. È di questo che qui oggi essenzialmente noi dobbiamo discutere. È di questo che il Governo dovrebbe rendere conto e ci dovrebbe spiegare perché, dopo tanti annunci, noi siamo qui a sminuzzare il terzo o il quarto decreto-legge correttivo di un decreto-legge a sua volta correttivo. Diciamo che abbiamo fatto di tutto e di più, ma nessun serio e grande provvedimento viene incontro ai due mali che stanno emergendo. Questi provvedimenti sono intitolati a combattere la crisi, ma dove si combatte la crisi? Dov'è il sostegno in questo provvedimento alle famiglie e ai disoccupati, quando stanno mancando tutte le forme di sostegno ordinario e straordinario che il nostro Stato deve apprestare in questo periodo? Dove sono le misure anticrisi nuove e diverse? Dov'è il sostegno alle piccole imprese? Dove sono le misure contro il sistema bancario di cui il Ministro Tremonti parla, ma solo nelle televisioni e nei giornali, non in Pag. 42quest'Aula del Parlamento? Non mi risulta, infatti, che ad oggi noi abbiamo approvato alcuna seria, efficace e soprattutto applicata misura di contenimento, da un lato, degli oneri finanziari delle banche e, dall'altro, del ritorno di questi finanziamenti e subspecie di investimenti e di credito per le piccole e piccolissime imprese. Dove sono le misure per il settore agricolo che, con i prezzi che stanno crollando, praticamente è ridotto sul lastrico? Dove sono le misure per tutti quei mondi economici e per quei distretti industriali che sono totalmente fermi? Sono fermi e ormai non riescono a invertire la rotta perché non hanno né la consistenza finanziaria, né la forza economica, né la struttura aziendale per rispondere alla crisi.
A questi noi rispondiamo per l'ennesima volta con un provvedimento di cui è oscura la platea soggettiva, incerto l'esito, oscura la finalità e, soprattutto, ha sempre una costante cifra: quella di fare un condono e una sanatoria tombale. È una parola che ormai è diventata tipica del nostro Paese perché con tombale si intende che apriamo le tombe e dentro vi tumuliamo ogni legalità e ogni legittimità.
In quelle tombe, trascurando ogni rispetto delle norme, chiediamo ai cittadini di chiudere gli occhi, di nascondere ogni legalità e di far sì che quella sia la tomba della nostra civiltà giuridica. Fra l'altro, facendo questo, facciamo anche uno scarso servizio all'interesse collettivo e comune.
In realtà, come già abbiamo sperimentato, stiamo qui per la seconda volta a parlare di rientro dei capitali dall'estero. Ne discutemmo nel 2001 e dicemmo «badate che questi capitali, che voi millantate essere enormi, ingenti, freschi e pronti a rientrare, non rientreranno o, se rientreranno, saranno ancora più opachi e non saranno usati per reinvestire, ma solo per riciclare denaro».
Nonostante questo avvertimento nel 2001, nonostante che i dati, pochi, scarsi e poco lusinghieri, dicano che avevamo ragione, si ripropone, per l'ennesima volta, l'unico vero strumento di politica finanziaria di questa legge finanziaria sciagurata, perché, tra l'altro, a quanto risulta, la copertura per alcune poste, anche di agevolazione sociale, è data esclusivamente dalla speranza che i capitali rientrino attraverso questo provvedimento. Non ci limitiamo neanche più, come sarebbe almeno opportuno, a finanziare poste futuribili e incerte, realizzazioni di opere non strettamente indispensabili, che, se poi arrivano questi soldi, potremo realizzare, altrimenti no. No, addirittura, oramai, costruiamo le ragioni per cui è indispensabile accedere ad uno strumento finanziario che sia in qualche misura, se non illegale, come non è, perché la legge copre ogni nequizia, certamente oscuro e opaco, come questo ritorno dei capitali.
Dicevo che su questo punto è già stato detto tutto, ma va detto, intanto, che il punto di principio di carattere generale è che queste misure, che sono comunque di carattere eccezionale e devono ottenere una fortissima motivazione, un ampio consenso sociale e politico, devono trovare nella collettività generale una loro riconoscibilità, devono avere, in qualche misura, un riconoscimento della loro meritevolezza, perché, magari, le norme sono state mal comprese e sono poco comprensibili o perché si è vissuti in una particolare temperie sociale ed economica.
Qui non vi è nulla di tutto questo, perché, fra l'altro, già il rientro dei capitali si pone in una condizione di controtendenza: laddove dovremmo chiedere la solidarietà di chi ha compiuto operazioni speculative, noi, invece, offriamo una regalia a chi ha fatto questo gesto, che era già di per sé illegittimo, perché violava, se non altre, almeno le norme sull'utilizzazione dei capitali all'estero.
Una volta fatto questo, seconda nefandezza, applichiamo una percentuale di sanzione che è praticamente irrisoria, che, secondo me, imporrà, consentirà, cercherà di fare in modo che molti investitori, che hanno in realtà investito in altri Paesi, finiranno per riportare i loro capitali, comunque ripulendoli, non all'estero, ma in Italia, perché, se quanto ci è stato detto è vero, e credo che non vi sia ragione di Pag. 43dubitarne, ci troveremo nella condizione di essere una sorta di offerta imbattibile sul mercato del rientro illegale dei capitali.
Terzo ed ultimo discorso: anche qui, spesso ci vogliamo paragonare, indipendentemente dal colore e dall'effigie del Presidente e della sua consorte, con un sistema che sarebbe il caso di smettere di evocare, anche pubblicamente, per una semplice questione di buon gusto. Spesso ci vogliamo confrontare con il sistema statunitense, ma il sistema statunitense ci dà, anche in questo caso e in questo campo, delle inenarrabili lezioni, perché all'emergenza di queste situazioni illegali consegue automaticamente una punizione, e una punizione seria e severa. Chi riesce ad ottenere di mantenere il proprio patrimonio, che per la cultura giuridica è certamente cosa di grande significato, tuttavia ha una serie di sanzioni gravi; nel nostro caso - teniamo anche a questo, almeno, in teoria, ci tenevamo - l'interdizione dai pubblici uffici, l'interdizione dalle attività commerciali, l'interdizione dall'essere amministratore di una società.
Invece noi facciamo l'esatto opposto: con un emendamento approvato al Senato, certamente non per distrazione, ma per volontà specifica, andiamo addirittura a «sanare» anche un reato che nulla ha a che vedere con tutto ciò, le false comunicazioni sociali, che è semmai un reato strumentale, un reato odioso, perché fra l'altro non è consumato direttamente e soltanto per esportare capitali (perché si possono esportare anche in una borsa, passando le montagne, oppure in una sacca da mare per nave), ma è commesso anche per rendere opache le operazioni che si effettuano, e perché quelle operazioni in partenza sono operazioni illegittime, indipendentemente dall'uso dei capitali che si fa all'estero; e perché fra l'altro sono fatte per imbrogliare ed ingannare i soci, perché un altro dei motivi per cui l'imprenditore le compie è imbrogliare il fisco, imbrogliare i soci e soprattutto trarre profitto da operazioni illegali. Noi incomprensibilmente, in sede di ulteriore apertura di questo spiraglio, a questo facciamo riferimento e a questo guardiamo.
Credo che sia veramente necessaria una resipiscenza. Penso che uno scatto, un sussulto di dignità del Parlamento nella sua interezza, del Governo nella sua interezza imponga di ripensare tali norme. Non sono affatto d'accordo con chi tira per la giacchetta il Capo dello Stato, fra l'altro confondendo equilibri dei poteri, responsabilità, diritti e doveri. Questo è un potere e un dovere del Parlamento: è il Parlamento che per primo deve svolgere una funzione di controllo e di garanzia della costituzionalità intrinseca, della eticità delle norme che approva. Ed è su questo che noi dobbiamo richiamare noi stessi, non il Presidente della Repubblica, che nella sua altissima funzione di garanzia può in momenti eccezionali, in situazioni del tutto particolari e del tutto contingenti svolgere questa funzione sussidiaria di supplenza ad un compito che è nostro, che è fondamentalmente quello di chi legifera, ovviamente. Ed è una responsabilità della maggioranza, che produce questo tipo di norme.
Ripeto, e mi avvio a concludere: norme che non sono solo questa; questa è certamente la più grave: lo è divenuta ancora di più, perché attraverso il distratto accordo fra maggioranza e Governo, se è possibile questo aspetto della norma è stato ulteriormente peggiorato. Ma segnalo, a riprova ulteriore della scarsa qualità della legislazione che andiamo producendo, che anche le norme sulla Corte dei conti, che anche le norme sulla società dello Stretto di Messina non solo sono il segno di un malessere e la prova che quegli errori, che noi già avevamo indicato nel primo decreto-legge, erano tutt'altro che un'intenzione faziosa dell'opposizione, bensì erano macigni sulla giuridicità di certe questioni: il solo pensare che si potesse nominare commissario, senza nessun altro passaggio, un amministratore delegato in una società di capitali lasciava intendere quanto approssimativa fosse la norma precedente; ma anche la norma in esame, che è meramente correttiva di Pag. 44forma, sottende una difficoltà politica ed istituzionale grave, perché è evidente che il problema della soluzione della società Stretto di Messina non è certo quello di allocare in un posto o in un altro, fra l'altro non a caso in un modo abbastanza improprio, le responsabilità del riavvio nel sistema dei commissari straordinari: è evidentemente lo specchio, il segno di un malessere politico, finanziario, economico ed istituzionale che non può essere risolto portando e riportando in Parlamento le stesse questioni, e correggendole e ricorreggendole come il sarto di Panama di Le Carrè, che doveva continuamente rifare lo stesso vestito perché in realtà faceva un altro mestiere.
In questo caso l'ultima considerazione vale anche per i poteri, i doveri, i diritti della Corte dei conti: vogliamo dirci quanto è importante questo organo, quanto è diventato serio il suo ruolo e la sua funzione nell'impalcatura dello Stato? Adesso che noi, seguendo le regole del federalismo, abbiamo, fra l'altro, abolito il sistema dei controlli preventivi di merito e di legittimità, per cui la Corte dei conti è il baluardo del controllo di legittimità complessiva, ed è il baluardo del controllo di legittimità contabile anche di merito: guai se noi continuassimo ad attentare al primato di autonomia della Corte dei conti su tale materia, guai se noi, invece che occuparcene in cauda venenum, in misure sussidiarie di un decreto-legge, non aprissimo un dibattito serio di carattere generale, istituzionale sui poteri, e anche sui limiti dei poteri della Corte dei conti! Perché è giusto che gli amministratori pubblici sappiano entro quali limiti possono e debbono esercitare la loro funzione, ma è altrettanto giusto, mancando oramai ogni sistema di controllo preventivo, che alla fine dell'attività della pubblica amministrazione vi sia un severo controllo di merito.
E quindi, anche sotto questo aspetto, le norme che ci vengono consegnate, che sono un aggiustamento dell'incauta «spennatura» che era stata fatta quasi di ogni potere della Corte dei conti, non sono adeguate, non sono sufficienti.
Soprattutto, esse non fanno capo ad un disegno chiaro nel quale dobbiamo semmai costruire il principio di una responsabilità contabile generale e consentire all'organo giudiziario, a ciò deputato dalla nostra Costituzione, un esercizio efficace. Che senso ha - all'ultimo momento, frettolosamente, doverosamente - abolire la nozione di danno erariale che pure, invece, dovrà essere oggetto di una riflessione? Che senso ha, in questo momento, non fornire le procure della Corte dei conti di un principio di carattere generale di indagabilità degli atti contabilmente oscuri?
Ritengo, quindi, che anche sotto questo profilo vi è l'ennesima prova che questo procedere a livello di legislazione per successivi strappi e sussulti, per adattamenti e per adeguamenti, finisce per ledere, comunque, indipendentemente persino dal merito delle singole questioni che siamo chiamati ad affrontare, la legalità repubblicana. Essa è una di quelle legalità che si consumano come l'entropia e che non sono più recuperabili, perché ogni volta che cala e si abbassa la soglia intrinseca della legalità e che il Parlamento perde di vista la sua alta e forte funzione di controllo di questo momento, la volta successiva è ancora peggiore, perché il precedente diventa utilizzabile ed ogni volta le questioni di cui ci siamo occupati vengono dimenticate ed anzi travolte da una sorta di nonchalance e di deja-vu per cui abbiamo già dato, abbiamo già fatto, abbiamo già visto e abbiamo già discusso.
Non voglio dire altro, ma basterebbe ricordare come in maniera approssimativa, anche questa volta emergenziale, abbiamo affrontato il grande tema della realizzazione delle reti, degli impianti di energia, degli impianti nucleari e di rigassificazione, cercando, tra l'altro in un momento in cui non vi è una questione solo politica, ma anche di alto rilievo istituzionale, di distruggere quel sistema di rapporti civili e paritari con le regioni che è un'altra delle basi dell'ordinamento che voi stessi - in particolare, una componente forte di questa maggioranza - volete insegnarci quasi tutti i giorni. Pag. 45
Come si può discutere di una materia così delicata come la localizzazione delle centrali e la costruzione dei rigassificatori senza parlare in maniera nitida e chiara di una necessaria intesa con i livelli di governo istituzionali locali, e massimamente con le regioni? Come si può non scrivere norme chiare, nitide e limpide? Come si può non inserire, tra le norme, non quella di costruire e creare continuamente nuovi organi commissariali con il potere di derogare a tutte le disposizioni, salvi i principi generali dell'ordinamento giuridico, bensì quella di prevedere la costruzione di un sistema snello, rapido e dignitoso di tutela dei diritti dei cittadini (che massimamente in questa materia vengono messi in compressione e che hanno bisogno di essere compressi solo quando vi è la speranza e la possibilità di ottenere un adeguato, paritario ascolto da parte di un soggetto giudiziario terzo rispetto allo Stato, agli enti o alle società esecutrici)? Questo è un altro dei principi fondamentali propri di un ordinamento liberale, moderno e democratico: riformare questo Paese significa anche riformare le condizioni burocratiche.
Le norme che state scrivendo sono bizantine, barocche, ottocentesche, legate - esse sì, mi meraviglia che non se ne sia accorto chi di questo parlava l'altro giorno in un'assemblea politica - ad una concezione statutaria, ingombrante, invasiva dello Stato, uno Stato che si fa tiranno perché in questo momento lo Stato siete voi. Ma lo Stato non siamo né voi né noi: lo Stato siamo tutti, lo Stato sono i cittadini ed è compito di quest'Aula stabilire quelle regole e quelle norme che saranno sempre utilizzate, chiunque impersoni in un certo momento lo Stato.
Ed è a questa fondamentale regola che tutte queste norme stanno arrecando lo strappo più grave: le norme di favore, il regalo amnistiale verso certe condotte penalmente rilevanti, la strizzata d'occhio a chi commette autentici reati, il senso di diffusa potenza, da una parte, e di impotenza del cittadino (chi è forte e potente può, vuole e deve realizzare grandi progetti) sono il contrario di uno Stato democratico e di una civiltà repubblicana, sono certamente il contrario di quella democrazia che è scritta nella nostra Costituzione non in maniera remota ed arcaica, ma perché l'equilibrio dei poteri, delle forze e dei sistemi istituzionali che essa delinea è tuttora, ahimè, stupendamente attuale.
A questo, quindi, mi richiamo nel chiedere che questo decreto-legge, non solo con il nostro voto, ma con una riflessione critica, non venga approvato dalla Camera dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Sull'ordine dei lavori (ore 17,55).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, due giorni fa, il 26 settembre, è scomparso a Reggio Emilia il professor Franco Boiardi, deputato della V legislatura nel gruppo del PSIUP. Boiardi è stato un politico per tanti aspetti inquieto, di un'inquietudine onesta e disinteressata, sarebbe più giusto definirlo uno spirito singolarmente libero, da tutto fuorché dalla propria coscienza, insomma uno di cui si può ben dire, con il filosofo, che: «ha cambiato spesso partito per non cambiare le proprie idee».
È stato all'inizio democratico cristiano e, per una manciata di voti e per un intervento esterno dell'onorevole Amintore Fanfani, non divenne delegato nazionale dei giovani DC al congresso di Trento nel 1954. Nel luglio del 1955, insieme a Giuseppe Chiarante e ad Umberto Zappulli venne sospeso dal partito per aver partecipato ad un convegno dei partigiani della pace. Nel 1956 aderì al PSI. Sin da subito vicino intellettualmente e politicamente ad Elio Basso, lo seguì nell'avventura del PSIUP, nelle cui fila divenne parlamentare 1968, subentrando ad Umberto Zurlini scomparso prematuramente. Pag. 46
Negli anni settanta, esaurita tale esperienza, aderì prima al Partito Comunista, poi alla Rete, poi si riavvicinò al PSI, e negli ultimi anni si dedicò soprattutto alla ricerca storica. Fu un amministratore locale coraggioso e innovativo. Guidò l'ospedale della sua città con rigore e fantasia, fondando un polo sanitario di eccellenza nazionale. Ma non fu mai, come si capisce da queste brevi note, un militante di partito in senso classico, essendo insofferente di discipline ed ideologie.
Della sua unica legislatura parlamentare lascia traccia per essersi applicato a tematiche difficili, come il dibattito sul Concordato e l'istituzione del divorzio ma, solo in apparenza sorprendentemente, considerata l'ecletticità della sua intelligenza politica, non di meno viene ricordato per diverse iniziative legislative che andavano dal nuovo ordinamento dei teatri lirici e dalla riforma del teatro drammatico, a modifiche dell'imposta di ricchezza mobile sui redditi da lavoro dipendente e imposta complementare sui redditi complessivi, alla modificazione delle indennità di rischio per i tecnici di radiologia medica, e alla limitazione dei detersivi sintetici non biodegradabili.
Ma Boiardi è stato soprattutto uno dei maggiori storici italiani della politica. Le sue opere più importanti sono state sicuramente le voluminose «Storia delle dottrine politiche» e «Storia del Parlamento italiano». Ma non vanno dimenticati gli studi su Giuseppe Dossetti, Meuccio Ruini, Camillo Prampolini, Gianlorenzo Basetti, e negli ultimi tempi, su Flaminio Piccoli e Giuseppe Medici.
Da anni collaborava con un centro studi legato alla case editrici EBE, per i cui tipi ha, tra gli altri titoli, pubblicato il «Centro cristiano democratico» e la voce «I Popolari» nella grande enciclopedia della politica. Insieme a lui c'era un gruppo di amici degli anni cinquanta, fra cui Baldassarre Armato, anche lui ex parlamentare, che se ne è andato solo pochi giorni prima di lui. Continueranno ancora a discutere fra di loro oggi in altra sede, anche se a noi mancheranno i loro insegnamenti e i loro scritti (Applausi).
PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, due giorni fa, il 26 settembre, è scomparso a Reggio Emilia il professor Franco Boiardi, deputato della V legislatura nel gruppo del PSIUP. Boiardi è stato un politico per tanti aspetti inquieto, di un'inquietudine onesta e disinteressata, sarebbe più giusto definirlo uno spirito singolarmente libero, da tutto fuorché dalla propria coscienza, insomma uno di cui si può ben dire, con il filosofo, che: «ha cambiato spesso partito per non cambiare le proprie idee».
È stato all'inizio democratico cristiano e, per una manciata di voti e per un intervento esterno dell'onorevole Amintore Fanfani, non divenne delegato nazionale dei giovani DC al congresso di Trento nel 1954. Nel luglio del 1955, insieme a Giuseppe Chiarante e ad Umberto Zappulli venne sospeso dal partito per aver partecipato ad un convegno dei partigiani della pace. Nel 1956 aderì al PSI. Sin da subito vicino intellettualmente e politicamente ad Lelio Basso, lo seguì nell'avventura del PSIUP, nelle cui fila divenne parlamentare 1968, subentrando ad Umberto Zurlini scomparso prematuramente. Pag. 46
Negli anni settanta, esaurita tale esperienza, aderì prima al Partito Comunista, poi alla Rete, poi si riavvicinò al PSI, e negli ultimi anni si dedicò soprattutto alla ricerca storica. Fu un amministratore locale coraggioso e innovativo. Guidò l'ospedale della sua città con rigore e fantasia, fondando un polo sanitario di eccellenza nazionale. Ma non fu mai, come si capisce da queste brevi note, un militante di partito in senso classico, essendo insofferente di discipline ed ideologie.
Della sua unica legislatura parlamentare lascia traccia per essersi applicato a tematiche difficili, come il dibattito sul Concordato e l'istituzione del divorzio ma, solo in apparenza sorprendentemente, considerata l'ecletticità della sua intelligenza politica, non di meno viene ricordato per diverse iniziative legislative che andavano dal nuovo ordinamento dei teatri lirici e dalla riforma del teatro drammatico, a modifiche dell'imposta di ricchezza mobile sui redditi da lavoro dipendente e imposta complementare sui redditi complessivi, alla modificazione delle indennità di rischio per i tecnici di radiologia medica, e alla limitazione dei detersivi sintetici non biodegradabili.
Ma Boiardi è stato soprattutto uno dei maggiori storici italiani della politica. Le sue opere più importanti sono state sicuramente le voluminose «Storia delle dottrine politiche» e «Storia del Parlamento italiano». Ma non vanno dimenticati gli studi su Giuseppe Dossetti, Meuccio Ruini, Camillo Prampolini, Gianlorenzo Basetti, e negli ultimi tempi, su Flaminio Piccoli e Giuseppe Medici.
Da anni collaborava con un centro studi legato alla case editrici EBE, per i cui tipi ha, tra gli altri titoli, pubblicato il «Centro cristiano democratico» e la voce «I Popolari» nella grande enciclopedia della politica. Insieme a lui c'era un gruppo di amici degli anni cinquanta, fra cui Baldassarre Armato, anche lui ex parlamentare, che se ne è andato solo pochi giorni prima di lui. Continueranno ancora a discutere fra di loro oggi in altra sede, anche se a noi mancheranno i loro insegnamenti e i loro scritti (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, presidente.

Si riprende la discussione (ore 18).

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 2714)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge che ci apprestiamo a convertire ha avuto la sua formale origine dalla necessità e dall'urgenza di chiarire la portata di alcune disposizioni del decreto-legge n. 78 e 2009, in relazione, in particolare, all'applicazione dello scudo fiscale varato a luglio. Infatti il decreto-legge n. 103 del 2009, nella versione approvata dal Consiglio dei ministri chiarisce che dall'ambito applicativo dello scudo fiscale rimangono esclusi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore nella legge di conversione del citato decreto-legge. Il Governo ha parlato, quindi, di interventi necessari e doverosi per evitare delle conseguenze negative che derivano dall'applicazione di alcune norme previste da quel decreto-legge discusso poco prima della pausa estiva.
In realtà, tanti di quegli argomenti che vediamo oggi qui riproposti erano già stati segnalati e dibattuti a suo tempo nelle Commissioni e in Aula, quando si parlò della conversione di quel decreto-legge. È stato già efficacemente detto che il Parlamento è quindi ormai costretto a trattare e a ritornare su questioni che erano già state decise, attraverso la forma del decreto-legge esaminato per la conversione che in pratica coglie l'occasione per introdurre disposizioni che erano state sostanzialmente già allontanate e su cui tutto il Parlamento si era già pronunciato.
Ricordo - lo ha già detto in apertura di discussione generale il collega Fluvi - come sostanzialmente in Commissione all'epoca in prima battuta furono già esaminate quelle cause di non punibilità che Pag. 47oggi in maniera surrettizia vengono reintrodotte. C'è da interrogarsi sul fatto che, nel momento in cui stanno emergendo le gravissime conseguenze della crisi occupazionale ed economica, il Governo non solo non è in grado di presentare alcun progetto di politica economica di ampio respiro, ma si concentra e disperde le proprie energie e risorse mettendo a punto, con lo strumento dello scudo fiscale e delle modifiche introdotte poi con l'emendamento al Senato del senatore Fleres, una disciplina che oggettivamente è la negazione della legalità, del rispetto dei principi fondamentali che regolano la materia tributaria, con conseguenti effetti negativi nel campo del diritto penale dell'economia.
Premiare chi non ha rispettato le regole per battere cassa e ottenere la copertura finanziaria per predisporre quella che è stata chiamata una finanziaria leggera, non solo significa dare un segnale molto forte e chiaro di favore a chi ha operato scorrettamente nel campo economico, ma significa soprattutto stabilire e confortare il principio che alla fine la fa franca chi è più furbo ed abile ad aggirare le norme che si ispirano al principio contributivo che sta alla base della nostra Carta costituzionale e che rappresenta uno dei principi cardine del nostro sistema democratico e della convivenza civile. In tal modo la logica che ne esce rafforzata è che i ricchi evasori, quelli che hanno sottratto capitali e risorse all'economia nazionale e allo sviluppo del Paese, ora non solo con il pagamento di un'esigua tassa (del 5 per cento) eviteranno le sanzioni relative alle violazioni tributarie, ma saranno esonerati dall'applicazione delle sanzioni penali in materia societaria.
Alla luce delle sollecitazioni avanzate dal Presidente della Repubblica nel luglio scorso, in realtà noi dell'opposizione (forse ci contraddistingue l'ingenuità e la fiducia e il senso delle istituzioni che ci fa andare avanti comunque) tutto pensavamo tranne di trovarci di fronte ad un decreto-legge che andasse a modificare in maniera peggiorativa quel provvedimento che era stato tanto discusso e aveva ricevuto critiche specifiche, tanto da dovere richiedere, contestualmente alla firma, anche un correttivo, un intervento che riportasse le regole (soprattutto con riferimento agli interventi che riguardavano la Corte dei conti).
Invece il Governo ha colto l'occasione per modificare le disposizioni sullo scudo fiscale, ampliando oggettivamente e soggettivamente la portata della misura e così trasformandola di fatto - è stato già detto, ma lo ripeto con convinzione - in un'amnistia mascherata. Così ha preso forma un nuovo strumento, esteso anche alle società partecipate e collegate all'estero, che introduce la non punibilità di una serie di reati societari (a cominciare dal falso in bilancio) ed elimina per le condotte che portano al rimpatrio di capitali l'obbligo della denuncie delle operazioni sospette, in un momento particolarmente delicato di contrasto al terrorismo internazionale e alla criminalità organizzata, quella che si occupa ed esercita la propria attività prevalentemente proprio attraverso le attività finanziarie illegali.
Le dinamiche parlamentari risultano compromesse. Ci troviamo qui a cercare di opporci e a far valere la nostra voce, a far capire a chi ci ascolta, soprattutto ai cittadini che ci ascoltano fuori, come questa norma incida in maniera grave sulle norme di contrasto al crimine organizzato, su quelle misure di cui spesso la maggioranza si riempie la bocca, attribuendo questo aspetto di legalità alla sua azione di Governo. Questa è la domanda: come si raccorda la norma introdotta, che esclude l'obbligo di denuncia di un'operazione sospetta, con gli obiettivi di legalità e sicurezza sbandierati dal Governo? Viene vanificata tutta la normativa sul contrasto ai patrimoni mafiosi, in particolare la disposizione che riguarda l'elusione dell'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007, concernente la segnalazione di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio e finanziamento del terrorismo. Inoltre, poiché tale decreto legislativo è volto a recepire due direttive comunitarie, sarà un'altra occasione che di fatto pone l'Italia fuori dall'Europa, in palese contrasto con Pag. 48la nuova etica finanziaria di cui il Governo si è fatto promotore a parole nel corso di questa crisi.
Di fatto uno strumento come lo scudo fiscale finisce per inibire le misure di allarme sul riciclaggio, ed è importante riuscire a farlo capire fuori (sono convinta che gli appartenenti alla maggioranza già lo sanno) perché i proventi di gravi delitti finiscono per mimetizzarsi nella massa dei soldi che rientrano.
Riesce poi difficile per l'intermediario o il consulente finanziario scriminare tra il riciclaggio che nasca da reati tributari o false comunicazioni sociali e il riciclaggio che abbia come propria fonte o proprio presupposto altri gravi reati, quali le estorsioni, il traffico di stupefacenti, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento della prostituzione, la corruzione. Infatti, in Commissione giustizia ci è stato detto che l'esonero dalla segnalazione riguarda soltanto i reati che vengono ad essere non punibili e, quindi, il reato di omessa dichiarazione o di dichiarazione infedele e il reato di falso in bilancio e quelli connessi, non i reati che stanno a monte del riciclaggio. Ma il denaro non ha una sottoscrizione, non è contraddistinto in determinate forme perché proviene dal riciclaggio o perché è soltanto frutto di un'evasione fiscale, ma si qualifica in relazione a certe modalità, per cui costituisce una scorta all'estero che deve rientrare.
Ciò che ci viene proposto e che ci viene chiesto di votare è stato definito un'amnistia, che coprirà non soltanto i reati tributari e l'azione contabile, ma anche i reati di riciclaggio e quindi anche le scorte che possono servire a finanziare illecitamente il terrorismo. È bene ricordare in quest'Aula che gli effetti del rimpatrio e della regolarizzazione dei capitali detenuti illecitamente all'estero sono stati profondamente modificati nel corso dell'esame al Senato. Inizialmente, infatti, l'operazione di emersione comportava effetti limitati, anche se gravi, e riferiti soltanto all'infedele ed omessa dichiarazione dei redditi disciplinata dal decreto legislativo n. 74 del 2000. Le modifiche apportate al Senato, dopo che è stato presentato in Consiglio dei Ministri il decreto-legge, hanno ampliato in maniera irragionevole e iniqua la rosa dei reati connessi per i quali è esclusa la punibilità. Non è soltanto per un amore illustrativo che ve li menzionerò, ma perché rimanga stigmatizzato quali sono i comportamenti che beneficeranno di questa impunità. Oltre alle fattispecie di reato di falsità in atti, che sono previste addirittura dal codice penale, vi sono inoltre dichiarazioni fraudolente ai fini dell'imposta dei redditi e dell'IVA mediante fatture e altri documenti per operazioni inesistenti, delitti per i quali è prevista la reclusione da un anno e mezzo a sei anni; dichiarazioni fraudolente mediante l'artifizio di artifici contabili, delitti per i quali è prevista la reclusione da un anno e mezzo a sei anni; occultazione e distruzione di documenti finalizzate all'evasione; false comunicazioni sociali, il cosiddetto falso in bilancio, disciplinato dal codice civile, ma per il quale è prevista una reclusione massima di sei anni in caso di gravi danni ai risparmiatori.
Dunque, da questa elencazione noi capiamo come vi siano gravi profili di irragionevolezza ed iniquità fiscale in questa disciplina, irragionevolezza ed iniquità fiscale che si traducono in una profonda iniquità sociale, che mina le basi della democrazia ed i principi di eguaglianza sostanziale e di legalità sanciti dalla nostra Carta costituzionale. Chi agisce, rispettando la legge difficilmente riesce a mantenere i propri livelli di produttività e le numerose e toccanti proteste dei lavoratori che si sono svolte in questi ultimi tempi dimostrano quanto sia alto il livello di tensione sociale di fronte ad un Governo che non ha un progetto economico di ampio respiro e soprattutto non tiene conto delle esigenze dei lavoratori a reddito fisso, delle piccole e medie imprese, di artigiani, di liberi professionisti onesti che rispettano le regole e vivono sulla propria pelle e quella dei loro familiari gli effetti negativi di questa crisi.
Di fronte a questo, la risposta del Governo con quell'emendamento approvato al Senato che oggi e in questi giorni Pag. 49si dovrà approvare in aula qui alla Camera è quella di premiare chi non rispetta le regole, chi ha evaso ai danni della collettività tutta e di non punire chi ha falsamente rappresentato, con artifizi contabili e manovre fraudolente, le situazioni economiche societarie. Tutto ciò vuol dire fare un danno alla società democratica tutta, significa abbassare il livello di legalità e di etica dell'economia con l'appoggio dello Stato.
Perché un imprenditore in difficoltà dovrebbe ostinarsi a pagare le tasse, a fare i bilanci veritieri e trasparenti, quando chi viola le regole viene addirittura premiato? Questo è il messaggio che vogliamo far passare ai cittadini, alle nuove generazioni, a chi si avvia al mondo dell'imprenditoria e del lavoro? Sappiamo tutti che non vi era bisogno di prevedere l'ampliamento delle aree di impunità penali per consentire il rientro di capitali all'estero, perché era stata già prevista un'imposta straordinaria di importo non pesante, quindi appetibile, ed era stato già previsto a luglio l'effetto estintivo degli illeciti penali che costituivano l'essenza di quella esportazione all'estero. Il volere a tutti i costi inserire anche questi reati come la frode fiscale perpetrata attraverso fatturazioni false per operazioni inesistenti o come quella di false comunicazioni sociali in danno di soci creditori o che abbiano comportato grave nocumento ai risparmiatori, vuol dire violare ogni canone di ragionevolezza e coerenza; vuol dire creare sacche di impunità del tutto arbitrarie rimesse a fattori occasionali, che cozzano contro il principio di legalità, con le regole e l'interesse pubblico alla trasparenza e alla correttezza del mercato; vuol dire autorizzare e legalizzare la cosiddetta costituzione di fondi neri, utilizzati notoriamente come provvista per la corruzione; vuol dire voler violare la convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali. I condoni fiscali non sono mai giusti e in virtù di questo c'è sempre una parte che subisce ed un'altra parte che approfitta della situazione; di regola, premiando chi ha evaso e mortificando chi ha rispettato la legge si incentivano i comportamenti fraudolenti. Ma i capitali esportati all'estero sono risorse sottratte alla comunità, a quella comunità che aspetta di vedersi ridurre le tasse e che le paga diligentemente ogni anno, ogni mese e che non beneficerà minimamente di tale condono. In più, questi condoni - e lo sappiamo tutti sulla nostra pelle - sono inefficaci, lo abbiamo sperimentato già: si tratta solo di risorse una tantum e la cui destinazione è ancora ignota e su questo punto addirittura il servizio bilancio della Camera ha chiesto spiegazioni relativamente alla sfasatura che esiste tra le previste entrate (dicembre 2009) e le intenzioni di spesa da effettuarsi nel 2010. Quindi, si chiedono addirittura delucidazioni, delucidazioni che non sono arrivate e che fanno ancora di più capire che la finalità, in realtà, è quella di fare dei regali e mi riferisco al provvedimento sulle intercettazioni o altre misure varate. Si tratta di regali nei confronti della criminalità più pericolosa, quella più organizzata, quella che utilizza strumenti artificiosi, quella che non si scopre con le indagini investigative alla vecchia maniera, a cui qualcuno vorrebbe tanto ritornare.
Quella che utilizza società, prestanomi, falsi in bilancio, intermediari e teste di legno e che quindi fa male a tutto il Paese. Lo scudo fiscale offre tutta una serie di garanzie a prezzi stracciati in materia di anonimato, di esiguo ammontare dell'imposta e di impunità per una serie di reati. Gli altri Paesi si sono ben guardati dall'adottare simili misure. Essi lo hanno fatto sempre salvaguardando la coerenza rispetto a quello che il Governo di ciascun Paese intende perseguire sotto il profilo della repressione dei reati e quindi anche della valorizzazione dell'etica fiscale.
Gli effetti che deriveranno dall'approvazione di questo provvedimento saranno nefasti per la lotta all'evasione fiscale, al riciclaggio e alla criminalità organizzata e non solo il Governo ma purtroppo lo Stato italiano tutto continuerà a perdere credibilità di fronte ai cittadini e all'Europa. Non venite poi a dirci che non lo abbiamo Pag. 50sostenuto, non venite poi a dire o a pensare, successivamente all'approvazione del provvedimento in esame, che c'è chi non applica le leggi, che i giudici non applicano le leggi o che addirittura si permettono di interpretarle. Sotto questo profilo sono state affermate delle cose gravissime da un Ministro di questa Repubblica, cose che gli studenti del primo anno di giurisprudenza imparano quando preparano il primo esame, quello di istituzioni di diritto privato o di diritto costituzionale. Il compito di un giurista è quello di interpretare la legge perché essa va applicata e ho sentito dire - voglio dirlo in quest'Aula - da un rappresentante della Lega, nel corso di una trasmissione radiofonica, che, in realtà, i giudici devono limitarsi ad applicare le leggi, mentre l'interpretazione spetta al Parlamento. Mi auguro che chi ha espresso queste parole (si trattava di una trasmissione in onda su RaiNews24) lo abbia fatto solo per ignoranza e non perché veramente pensa che esse possano rappresentare un indirizzo politico del suo partito e di questo Governo. Ciò vorrebbe dire far passare un messaggio diretto a tutti i cittadini, ai giovani e a tutti coloro che si avviano verso un'attività che, come quella della magistratura, dell'avvocatura o del notariato, ruota intorno all'interpretazione della legge. Vorrebbe dire insegnare qualcosa di sbagliato e ritengo che nessuna attività politica possa mai legittimare ad ingannare i cittadini. Deve esserci sempre un indirizzo diretto verso una finalità istituzionale. Sotto questo punto di vista, anche questo rappresenta un inganno verso i cittadini. È bene ripensarci. Voglio confidare che questo emendamento scompaia e che questo testo venga rivisto dalla maggioranza, che il Governo dia finalmente un segnale di coerenza e di rispetto dei principi fondamentali del nostro Stato. Vorrei che ciò non continuasse ad essere un'utopia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, un titolo da dare a questo provvedimento correttivo già votato al Senato potrebbe essere il seguente: «il correttivo dei furbi». Nell'intervento che svolgerò desidero segnalarvi un elemento ulteriore accanto al premio per i grandi furbi, con lo scandaloso condono per coloro che hanno nascosto i capitali all'estero anche falsificando i bilanci, temi sui quali hanno ben argomentato tutti i colleghi del Partito Democratico e l'onorevole Tabacci.
Accanto a questo, la maggioranza ha anche tenuto in vita un assurdo regalo della Lega Nord ad una parte di piccoli distributori elettrici del Settentrione, che sarà pagato da tutti in bolletta. Si tratta del cosiddetto emendamento presentato dall'onorevole Fugatti che introduce il regime di beneficio per una parte di imprese distributrici di energia elettrica con meno di cinquemila punti serviti, estendendo a queste imprese il trattamento previsto - del tutto eccezionale - solo per le imprese elettriche minori. Si sappia che in tutto il territorio nazionale sono solo 14 e spesso essenzialmente legate alle piccole isole non interconnesse con la terraferma. Onorevoli colleghi, vi sto parlando delle isole di Lipari, di Pantelleria e di altre ancora.
Tale regime, tale emendamento e tale norma, che la maggioranza ha ritenuto di mantenere in vita nel decreto-legge correttivo n. 103 del 2009, prevede un'integrazione della tariffa ricevuta dai cittadini se essa risulta insufficiente a coprire i costi. Ma per agevolare questa parte di aziende del Nord, le risorse verranno prelevate dalle bollette di tutti i cittadini italiani, dal Nord al Sud, dai piemontesi, dai lombardi, dai liguri, dai friulani e poi dall'Emilia Romagna fino a tutto il centro Italia e fino al sud Italia, come è ovvio.
Infatti, l'emendamento Fugatti - ed escludo che la stessa Lega Nord fosse e sia convinta di siffatta norma - prevede l'estensione di un sistema tariffario, nato per poche realtà particolari, a tutte le imprese distributrici con meno di 5 mila clienti. Questo diventa un puro e semplice Pag. 51regalo fatto a spese della collettività a circa, e non più, cento imprese distributrici di una piccola area del Nord. Va aggiunto che le direttive pongono in capo agli Stati membri - e, quindi, anche allo Stato italiano - l'obbligo di astenersi da qualsiasi discriminazione tra imprese elettriche riguardo ai loro diritti e obblighi in funzione della realizzazione di un mercato dell'energia elettrica concorrenziale. Con l'articolo 3, comma 4-quater, invece, estendendo alle sole società di distribuzione con meno di 5 mila clienti un regime tariffario oggi previsto tipicamente per le società che producono energia sulle piccole isole, si introduce un'ingiustificata discriminazione a vantaggio di questi piccoli esercenti poiché non sussiste alcuna oggettiva differenza rispetto ad altre società di distribuzione, se non il mero numero degli utenti serviti.
È noto ai colleghi e al Governo che alcune associazioni di consumatori hanno già presentato delle denunce alla Commissione europea e non mi stupirebbe - e non ci stupiremo - se ben presto la Commissione aprirà l'ennesima procedura di infrazione contro il nostro Paese.
Inoltre, la misura prevista dall'emendamento di cui parlavo riesce nel capolavoro di discriminare non solo tra distributori grandi e piccoli ma addirittura tra gli stessi distributori che forniscono meno di 5 mila utenti, prevedendo che le sole imprese di distribuzione gestite dagli enti locali, qualunque sia la fattispecie giuridica così individuata, possono beneficiare di criteri semplificati per la determinazione dei costi sostenuti. È del tutto evidente, infatti, che tale semplificazione rischierebbe di impedire lo svolgimento di efficaci procedure di verifica circa la reale sussistenza dei medesimi costi, con il rischio di favorire aziende inefficienti che si troverebbero a ricevere un ingiusto contributo in tariffa, finanziato con la bolletta di tutti i consumatori, senza che i costi dichiarati possano nemmeno essere realmente verificati.
Onorevoli colleghi del Popolo della Libertà e della Lega, è possibile che condividiate questa norma? C'era un correttivo in corso, per cui almeno questo poteva essere corretto ed invece così non è stato.
Nel biennio 2006-2007, nelle pubblicazioni dei colleghi del centrodestra, c'è stato un continuo riferimento a uno dei padri della rappresentanza della politica moderna, Edmund Burke, che sosteneva (così su tutte le riviste del centrodestra) che il Parlamento non è un congresso di ambasciatori di opposti e ostili interessi, interessi che ciascuno deve tutelare come agente o avvocato. Il Parlamento è l'Assemblea deliberante di una nazione con un solo interesse, quello dell'intero, dove non dovrebbero essere di guida interessi e pregiudizi locali, ma il bene generale.
Cito le vostre pubblicazioni che condivido. Ora, ad essere rappresentato in Parlamento non mi sembra che vi sia l'interesse generale del Paese, ma vi sono indubbiamente interessi sempre più particolaristici di alcune componenti politiche ristrette che si configurano come cerchi concentrici, chiusi, piccoli sottoinsiemi della società italiana. Se posso dirla così, a noi l'Italia del particulare di guicciardiana memoria non piace. Non piace neanche al Paese. Peccato, colleghi del centrodestra, che non ve ne stiate accorgendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, siamo davanti ad un provvedimento veramente difficile da commentare. Quello che più preoccupa e che più ci deve riguardare come politici è non solo la discussione in Aula, ma la comunicazione all'esterno.
Vorrei cominciare semplificando. Se stiamo alla lettura dei giornali e alle dichiarazioni molto spesso semplicistiche che leggiamo dei vari Ministri, che si rincorrono o, meglio, si rincorrevano, perché in questo momento sembra non interessino a nessuno, sulla questione dello scudo fiscale sembra di essere davanti ad un provvedimento, che la maggioranza vuole e l'opposizione non vuole, volto a trovare i soldi per affrontare la crisi. Pag. 52
Sembra strano che a non volere questo provvedimento sia proprio l'opposizione che accusa il Governo di non saper affrontare la crisi. Ebbene, forse abbiamo il compito di far conoscere meglio questo provvedimento e non è strano che l'opposizione sia presente in Aula - è questo il nostro ruolo, ma siamo in tanti e vogliamo parlare e discutere - e che non ci sia il Popolo della Libertà (tranne uno o due esponenti) e che addirittura non ci sia nessun deputato della Lega, probabilmente impegnata a discutere sul fronte (non parlo dei relatori, ma dei colleghi presenti) della cittadinanza, dell'immigrazione e quant'altro.
Guardiamo al merito del provvedimento in esame. Voglio essere molto concreta ed affrontare il cuore del problema, dicendo cos'è e cosa dice questo provvedimento. Mi soffermo, intanto, su un primo profilo. Qui ci stiamo giocando la credibilità dello Stato. Sono sembrate parole forti quelle che ci sono state qui questa mattina.
Sono state parole forti soprattutto quando è stato invocato il Presidente della Repubblica, Però, rispettare gli accordi tra vertici istituzionali è una cosa seria, così come è una cosa seria rispettare gli accordi e le leggi che riguardano ambiti e contesti sovranazionali come l'Europa. Ne hanno parlato gli altri colleghi: questo provvedimento nasce come un decreto correttivo e lo dice persino l'intestazione che si tratterebbe di una normativa correttiva.
Cosa doveva correggere? Doveva affrontare criticità che erano emerse nella discussione e che erano state rilevate, nella stessa maggioranza, da Ministri diversi dal Ministro Tremonti ed, in particolare, dal Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e doveva correggere anche criticità che erano state rilevate dal Quirinale e che erano state sottoposte al Governo prima ancora del voto finale.
Ebbene, il Governo sceglie di arrivare al voto finale e di interviene con un decreto-legge correttivo. Fino a qui, se fossimo davanti ad un Governo di uno Stato nel quale anche le intese fra le istituzioni fossero una cosa seria e nel quale ci fosse questa sacralità delle istituzioni, che dovremmo avvertire tutti, sarebbe una cosa che qualcuno potrebbe anche discutere (e qualcuno l'ha discussa), ma personalmente penso che potremmo sentirci tutti tranquilli.
Il problema comincia, invece, quando il Governo vara un decreto-legge correttivo contestualmente all'entrata in vigore del provvedimento che si vuole modificare. Ma non finisce qui. Infatti, il Governo e la sua maggioranza lavorano ad un altro testo. Allora, dobbiamo entrare nel merito di quest'altro testo e capire se l'intestazione del provvedimento continua ad essere adeguata, o se invece c'è una modifica sostanziale, per cui non si può parlare più di correzione. Non è un caso che si parli di scudo allargato, ma questo scudo fiscale è altra cosa anche da quello che abbiamo criticato e che non ci piaceva, ma che era passato dalla Camera e dal Senato.
Vorrei segnalare i punti più critici, che sono le modifiche apportate ai commi 3 e 4 dell'articolo 13-bis del decreto-legge n. 78 del 2009. Il comma 3 parte bene, perché esclude l'applicabilità dello scudo fiscale ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge. Non voglio fare l'ipercritica e dire che non si capisce bene di quale decreto si sta parlando, l'entrata in vigore è comunque il 5 agosto. Quindi, diciamo che il chiarimento c'è stato ed è sufficiente, quindi viene esclusa l'applicabilità ai procedimenti in corso. Si tratta di una cosa voluta dichiaratamente, perché fa parte dell'intesa e dell'accordo che con questo provvedimento si doveva rispettare. Quindi, questo ci deve star bene e ci sta bene.
Ma il provvedimento continua in maniera assolutamente anomala, perché vorrei capire, signori del Governo, se si trattava di correggere e risolvere le criticità che erano emerse, che cosa c'entra, che cosa «c'azzecca» (direbbe qualcuno che qualche volta mi piace e spesso, per la verità, non mi piace molto come parla, ma in questo caso questa interlocuzione sarebbe azzeccata) prevedere l'esclusione dei Pag. 53procedimenti in corso; poi si prevede: «né comporta l'obbligo di segnalazione di cui all'articolo 41 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231».
Cominciamo col dire che la norma appena citata, come ha detto prima la collega Ferranti, è un decreto legislativo emanato dal Governo italiano in attuazione di ben due direttive europee, la 2005/60/CE e la 2006/70/CE. Quindi, si tratta di un provvedimento in qualche modo necessitato, un decreto legislativo che nel contenuto si è adeguato alla normativa che non riguarda solo l'Italia, ma l'intera Unione europea. L'articolo 41, più volte invocato nel mio discorso, è intitolato: «Segnalazione di operazioni sospette» e introduce l'obbligo di segnalazione di operazione sospetta quando i soggetti incaricati di un certo iter sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.
Prima la collega Ferranti parlava dei soldi, e diceva che i soldi non sono riconoscibili da qualcosa, sono un bene fungibile. Per parlare dei soldi voglio utilizzare un'espressione che non è mia e che ha utilizzato questa mattina il Presidente Fini alla presentazione di un libro che si è tenuta alla Camera. Il Presidente ha detto che i voti, ma anche i soldi, non odorano (pecunia non olet). Quindi, qualunque sia la la provenienza, il denaro (riciclato o meno, di provenienza criminale o meno, lecita o meno) ha la stessa apparenza.
Ma io mi chiedo: a che proposito viene esclusa questa segnalazione? Se il riciclaggio e il terrorismo - lo hanno detto bene gli altri colleghi - se questi reati gravissimi sono esclusi da questo provvedimento (e ad oggi anche dopo l'allargamento a dismisura di questo scudo sono esclusi), perché rischiare di uscire dall'Europa, nel senso che non si rispetta una normativa introdotta in esecuzione di una direttiva europea? E lo si fa volutamente, perché diventa una necessità ineludibile, anche se invece la lotta al riciclaggio e al terrorismo continuano ad essere delle priorità per il Governo e per lo Stato italiano e non c'entrano niente con lo scudo allargato.
Io ho cercato di capire quale sia l'obiettivo di questa norma, ma non mi sembra di poterci riuscire se non pensando che l'obiettivo è quello di tranquillizzare alcune persone che sicuramente non sono i dipendenti pubblici, i cosiddetti fannulloni di cui parla Brunetta, perché quelli sono coloro che pagano le tasse e poi si sentono pure chiamare fannulloni. Saranno un'altra categoria di persone, nemmeno le piccole e medie imprese, perché non credo che abbiano questo potere di interloquire a questi livelli istituzionali. Chi lo vuole, a garanzia di chi si introduce una regola di questo genere? Le operazioni sospette vengono in via generale segnalate sulla base di una direttiva europea recepita con legge dello Stato, e invece in questo caso quando siamo nella fattispecie dello scudo fiscale inopinatamente non si avverte più questa necessità. Ma ci si rende conto dei rischi che corre lo Stato italiano, non la maggioranza né la minoranza, ma lo Stato italiano, che si trova davanti alla possibilità che rimpatrino dall'estero anche quei fondi che hanno origini discutibili? Possono esserci sospetti per fatti riconducibili a questo genere di reati, e non ci devono essere neanche le segnalazioni. Chi si sta difendendo? Io credo che questa sia la cosa più grave di questo decreto.
Ma non finisce qui. Il provvedimento è grave nella sostanza - perché è indifendibile nella sostanza - ma è grave anche nella forma, perché così come per l'intesa con il Presidente della Repubblica, anche qui non si seguono e non si rispettano normative che invece abbiamo l'obbligo di rispettare. Ma siamo abituati a tutto questo, abbiamo visto quello che è successo con le ronde, con le impronte digitali ai rom, abbiamo visto che il Governo italiano non ha remore a portare avanti iniziative che poi vengono immancabilmente bloccate a livello europeo.
Dove poi il disegno si disvela è al comma successivo: in cosa si corregge il decreto precedente? Il decreto precedente riguardava dichiaratamente alcuni reati, ovvero la dichiarazione infedele e l'omessa Pag. 54dichiarazione. Si tratta di reati che hanno una certa gravità dal punto di vista giudiziario ma anche dal punto di vista etico, qualcuno invocava l'articolo 53 della Costituzione. Noi siamo uno Stato in cui l'evasione fiscale è un reato, ma non è solo reato: è un reato ed anche, se vogliamo sottolinearlo, un fatto eticamente e moralmente riprovevole. Può sembrare un discorso ozioso, ma poi si leggono certe dichiarazioni da parte dei Ministri, come quella fatta ieri dal Ministro Brunetta, che testualmente ha detto: «lo scudo fiscale è un male, ma non solo italiano, che bisognava portare avanti». E poi ci avverte: «guardate, non sono tutti criminali quelli che riporteranno i capitali in Italia». La gran parte di quei soldi - dice testualmente - non sono frutto di criminalità, ma semplicemente della spinta a voler pagare di meno o per niente le tasse.
La collega Ferranti prima parlava di una lezione di diritto non proprio accettabile da parte di un Ministro, adesso ne abbiamo un'altra che aggiunge qualcosa di ancora più discutibile: per bocca di un Ministro scopriamo che all'italiano medio non piace pagare tasse e che, quindi, bisogna capire. Il Ministro, però, dimentica che rappresenta lo Stato italiano, che è uno Stato in cui ognuno deve contribuire secondo le proprie capacità e nel quale l'evasione fiscale è un reato, e che fa parte di un Governo che, a parole, di giorno, promette la lotta ai paradisi fiscali e all'evasione fiscale e, nello stesso tempo, allarga a dismisura lo scudo fiscale, per consentire poi a chi guadagna oltre misura e porta il denaro all'estero di riportarlo in Italia quasi gratis, pagando una percentuale così irrisoria da sembrare del tutto ridicola.
Il fatto che si paghi solo il 5 per cento va detto agli italiani, perché poi alla fine l'italiano medio ascolta il Presidente del Consiglio che ieri dalla festa del Popolo della Libertà ci fa sapere che l'opposizione vuole una polizia fiscale, mentre lui invece è buono e non vuole la polizia fiscale - non so bene cosa significhi per lui polizia fiscale, ma apprendiamo che noi vogliamo la polizia fiscale, forse semplicemente vogliamo che tutti paghino le tasse - e ci dice anche che non bisogna più preoccuparsi, perché occorre investire. Ebbene, qui delle due l'una, vorremmo capire in che situazione siamo, perché se siamo in una situazione così tranquilla allora non si capisce perché si introducono meccanismi di questo genere.
Signor Presidente, il 5 per cento che viene stabilito come limite massimo rende il tutto discutibile anche dal punto di vista del diritto. Altre nazioni, che spesso vengono invocate come termine di paragone, portano avanti procedure di questo genere, lo scudo fiscale non è una novità italiana, ma imponendo a chi riporta i capitali nella propria terra di pagare percentuali molto più elevate. Pagare il 5 o il 40 per cento non è indifferente, perché la ragionevolezza di una norma in termini anche economici fa parte ovviamente della liceità e della legittimità della norma stessa, nonché della sua coerenza con il sistema (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, concentrerò il mio intervento sulle modifiche che sono state apportate in materia di scudo fiscale. Le colleghe e i colleghi certamente ricorderanno che a luglio il Partito Democratico espresse un'opinione fortemente contraria al provvedimento del cosiddetto scudo fiscale, ma naturalmente oggi, dopo le modifiche apportate al Senato a questo decreto-legge, il nostro giudizio non può che essere ancora e più fortemente contrario.
Questo provvedimento, se vogliamo usare un linguaggio più colorito, è diventato oggi ancora più indigeribile di quanto non fosse a luglio. Infatti, le modifiche apportate permettono ai soggetti «scudati» di proteggersi non solo per illeciti di tipo amministrativo, civile e tributario, ma anche per alcuni illeciti che hanno rilevanza penale, come il falso in bilancio ed altri che altri colleghi prima di me hanno ricordato. Pag. 55
Siamo di fronte ad una clamorosa eterogenesi dei fini: questo decreto-legge correttivo, che arriva oggi in Aula e per il quale i termini di conversione si stanno rapidamente avvicinando, era stato redatto dal Governo su sollecitazione della Presidenza della Repubblica per apportare alcune modifiche correttive concordate con il Presidente della Repubblica al testo del decreto-legge di luglio. Però, con questo emendamento approvato al Senato in materia di scudo fiscale, che non faceva naturalmente parte di quell'accordo interistituzionale, si stravolge, di fatto, un accordo interistituzionale che il Governo aveva assunto con la Presidenza della Repubblica. È un fatto grave, inaudito.
Se andiamo nel merito, l'estensione agli illeciti di rilevanza penale delle norme relative allo scudo fiscale è, a mio modo di vedere, una naturale conseguenza del vero ampliamento introdotto, ovvero l'estensione dello scudo alle controllate e collegate estere di imprese italiane. Neppure nei precedenti scudi del 2001 e del 2002 era stata estesa così tanto la platea del regalo fiscale, la quale restava confinata, così come anche nel testo del decreto-legge di luglio, a persone fisiche, enti non commerciali e società semplici. Adesso, invece, con il decreto-legge, così come modificato dall'emendamento al Senato, potranno essere «scudate» anche le somme trasferite all'estero da società di persone e di capitali tramite scatole nei paradisi fiscali. Tuttavia, è chiaro naturalmente che quando queste somme dovessero emergere nei bilanci delle società controllanti in Italia, potrebbero scattare reati penali e da qui la nuova norma, per conseguenza logica, decide di lavare totalmente questi reati. Inoltre, a tutte queste somme non verrà applicata la normativa antiriciclaggio, il che apre la strada al rischio di potere impunemente lavare denari ricavati originariamente con attività illecite e criminali.
C'è il rischio molto grave che il nostro Paese contravvenga alle direttive europee in materia anticrimine, antiterrorismo e antiriciclaggio, con buona pace dei nuovi global legal standard di cui il nostro Ministro dell'economia e delle finanze si fa grande vanto. Ma anche nel migliore dei casi - quindi escludendo i casi di riciclaggio di denaro ottenuto dalle attività illecite criminali - ovvero quello in cui un'impresa italiana abbia costituito scatole estere per il solo obiettivo di pagare meno tasse, la norma prevista dalla maggioranza e dal Governo nella modifica apportata al Senato non impone neppure che l'emersione di queste somme e il loro ingresso all'interno dei bilanci delle società madri in Italia siano almeno soggetti ad un vincolo di patrimonializzazione della stessa impresa (ad esempio, obbligando le imprese ad utilizzare queste somme per l'aumento delle riserve non distribuibili per un certo numero di anni). Queste somme, quindi, potranno essere messe dentro i bilanci delle società di persone e di capitali, e diversamente da quello che ci dicono numerosi esponenti del Governo e della maggioranza non c'è nessuna garanzia che questo processo rafforzi la patrimonializzazione di queste imprese. Non c'è, infatti, nessun vincolo nella destinazione di queste somme, le quali, quindi, possono essere a quel punto prese e messe in tasca ai soci delle imprese per comprare case, yacht o qualsiasi altro bene di consumo.
I fatti parlano da soli, e così le norme di legge. Qualsiasi cittadino potrà capire, leggendo gli articoli del decreto-legge di luglio e di quello correttivo modificato al Senato, che siamo di fronte ad un vero e proprio fatto inaudito e scandaloso. Tuttavia, il Governo e la maggioranza continuano a riempire gli organi di informazione con una grande bugia: che questo scudo italiano sarebbe uguale a quello adottato in altri Paesi, come gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito. Nulla di più falso. Peraltro, già in questi due mesi molti studiosi hanno prodotto un'ingente letteratura comparata sugli scudi fiscali nei vari Paesi, ma qualche giorno fa un analogo documento è stato prodotto dagli uffici della Camera dei deputati. Quindi, un documento ufficiale della Camera dei deputati supporta quello che sto per dire: negli altri Paesi gli scudi non solo costano Pag. 56di più ai contribuenti e alle imprese poco oneste, ma soprattutto non sono coperti dall'anonimato.
Affrontiamo separatamente le due questioni e partiamo dal fatto che gli scudi costano di più. L'amministrazione fiscale, infatti, nell'acquisire dichiarazioni spontanee e nominative non si preclude la possibilità di eventuali accertamenti per verificare come quei capitali esportati fossero stati originariamente accumulati, se cioè sui redditi che originariamente avevano dato forma a quel capitale fossero state correttamente pagate le imposte.
Qui, in tutti i Paesi, se l'amministrazione fiscale accerta un'originaria evasione di imposta, si applicano tutte le imposte dovute e un incentivo, dato, in generale, da un abbattimento delle sanzioni. Una seconda questione è quella dell'anonimato: tale questione non è tanto rilevante ai fini del gettito fiscale da condono, quanto ai fini della lotta ai paradisi fiscali, e cioè l'amministrazione fiscale, tramite le dichiarazioni non anonime, acquisisce le informazioni sugli intermediari finanziari e sulle piazze finanziarie presso cui le somme sono state collocate negli anni dell'illecita esportazione.
È così che l'amministrazione fiscale e finanziaria acquisisce informazioni cruciali per la lotta ai paradisi fiscali; è così, ad esempio, che l'amministrazione fiscale statunitense ha acquisito le informazioni necessarie ad aprire specifici e, come sappiamo, durissimi contenziosi con alcune banche svizzere.
Queste informazioni, invece, non saranno mai disponibili all'amministrazione fiscale italiana: non solo quelle relative all'origine di questi redditi, e quindi ad eventuali comportamenti elusivi ed evasivi che hanno originato questi redditi, con ciò, tra l'altro, rendendo meno efficace la meritoria battaglia che quotidianamente l'amministrazione fiscale e la guardia di finanza svolgono nei confronti dei capitali illecitamente costituiti all'estero, ma, inoltre, l'amministrazione fiscale e finanziaria italiana non potrà avere le informazioni e la tracciabilità delle somme e dei denari esportati illegalmente al fine di riconoscere quali sono le piazze finanziarie e gli intermediari finanziari che le hanno utilizzate e movimentate in questi anni.
Insomma, con questa norma si strizza l'occhio alle imprese furbette, per far loro incamerare un po' di soldi detenuti all'estero in questi anni, ma si apre un pericolosissimo varco alle imprese illegali e criminali.
Leggo dal giornale di oggi: il procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, ha dichiarato che a colpire non è tanto che si tratti di un'amnistia mascherata, quanto il fatto che non si devono fare nemmeno le segnalazioni di operazioni sospette. Copriamo i reati compiuti per portare i soldi all'estero e diciamo agli intermediari di ignorare il profumo di mafia e di terrorismo di questi soldi. Spalanchiamo le porte a questi capitali, senza intervenire, allo stesso tempo, per mettere a punto davvero un sistema che impedisca di nasconderli all'estero in futuro e diventiamo così uno dei Paesi al mondo in cui è più facile farlo.
Comunque, il Governo e la maggioranza hanno ancora la possibilità di redimersi. Voglio lanciare un appello sereno a tutte le colleghe e i colleghi della maggioranza: riflettete su questo voto, riflettete fortemente su questo voto, perché rischiamo di mettere, come è stato detto, il nostro Paese in una condizione di Paese off shore dal punto di vista del rispetto di criteri minimi di legalità internazionale.
Avete, però, ancora la possibilità di redimervi e di uscire dalle ipocrisie di questi giorni. Il Partito Democratico, ma anche altri gruppi di opposizione, hanno predisposto alcuni emendamenti che è possibile approvare e, al tempo stesso, fare poi approvare anche in Senato, facendo una corsa contro il tempo - è possibile, siamo ancora in tempo - per modificare questo decreto-legge correttivo. Questi emendamenti vanno molto semplicemente nel senso di riportare all'interno della legge italiana esattamente le stesse modalità con cui lo strumento di incentivazione del rientro dei capitali illegalmente trasportati all'estero è stato adottato in altri Paesi europei. Pag. 57
Abbiamo predisposto diversi emendamenti, in modo tale che voi possiate scegliere dentro questo possibile paniere. Vi è un emendamento che riporterebbe questo decreto-legge alle norme degli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, vi ricordo, si pagano le imposte evase originariamente in misura ordinaria e vi è un abbattimento delle sanzioni ordinarie al 20 per cento delle imposte evase; naturalmente, la clausola di disvelamento volontario del contribuente non prevede l'anonimato.
Oppure, abbiamo anche predisposto un emendamento che modifica il decreto di luglio, e quindi ricorregge il decreto correttivo, facendo diventare la norma sullo scudo fiscale italiano uguale a quella francese. In Francia si pagano le imposte evase originariamente in misura ordinaria e vi è un abbattimento delle sanzioni per incentivare il rientro.
Le sanzioni possono oscillare fra il 10 e il 40 per cento delle imposte evase, con una gradualità che decide l'amministrazione finanziaria a seconda della gravità dell'omissione. Il procedimento di emersione assomiglia un po', nel procedimento francese, a quello che noi chiamiamo «regolarizzazione spontanea» o «ravvedimento operoso», e quindi si prevede una fase di trattativa fra contribuenti ed amministrazione fiscale; durante questa fase è garantito l'anonimato, ma alla fine essa si conclude con un verbale di accertamento dell'adesione, che naturalmente non è anonimo.
Infine, abbiamo predisposto anche un emendamento in cui il decreto-legge correttivo verrebbe modificato mettendo la legge italiana in linea con quelle inglese, dove, di nuovo, il contribuente che si autodichiara spontaneamente se non ha pagato regolarmente le imposte le paga in misura ordinaria, ma con un abbattimento di sanzione al 10 per cento, e la dichiarazione anche in questo caso non è anonima.
Insomma, invito pressantemente, nel concludere il mio intervento, le deputate e i deputati della maggioranza a ragionare su quello che stanno facendo. Credo che il provvedimento, con le modifiche apportate al Senato, vada contro tante cose che sono state dette, e a cui francamente anche noi dell'opposizione davamo appoggio: per esempio la battaglia, all'interno degli organismi internazionali, per portare nuove e più sane regole alla finanza e all'economia a livello mondiale. L'Italia, con un provvedimento di questo tipo, ripeto, certamente strizza l'occhio a tante società di persone e di capitali che potremmo definire soltanto «furbe», ma apre un pericolosissimo varco alle imprese che hanno invece costituito queste somme tramite attività illecite, illegali e criminali. Non facciamo questo sbaglio, non infliggiamo questo colpo al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, doveva, questo, essere il decreto-legge necessario a correggere e migliorare il decreto-legge cosiddetto anticrisi di luglio, per il quale il Presidente della Repubblica aveva espresso informalmente, ma correttamente dei rilievi di incostituzionalità. Il Governo e la sua maggioranza, invece di rimediare nel corso dell'esame parlamentare a fine luglio, decisero infatti di intervenire con un successivo decreto-legge correttivo, quello appunto che stiamo esaminando.
La situazione rappresentata in Aula diventa quindi paradossale: il Parlamento è costretto a trattare questioni risalenti a due mesi fa, mentre l'attenzione del Paese è concentrata sulla crisi economica, e mentre la crisi manifesta i suoi effetti con gravi conseguenze sulla produzione industriale e sul fronte occupazionale.
Il Governo non è in grado di presentare alcun progetto di politica economica: viene presentata una finanziaria light, anzi una non finanziaria, perché il Presidente del Consiglio e il Ministro Tremonti ci hanno spiegato che la crisi, che prima era solo psicologica, ormai è alle nostre spalle, stroncata da una decina di formidabili decreti-legge come questo; non c'è quindi bisogno di nessuna manovra economica, e Pag. 58non c'è bisogno di vere risorse da mettere in campo per contrastarla.
Ed in effetti, con tutti questi decreti-legge anticrisi, con coerenza non sono stati individuati finanziamenti per fronteggiare la congiuntura economica: mentre la Spagna ha stanziato il 4,5 per cento del proprio PIL, la Germania il 3,4 per cento, noi - lo dice il Fondo monetario internazionale - siamo fermi allo 0,3 per cento del nostro prodotto interno lordo.
Berlusconi e Tremonti ricordano un po' Petrolini: «Ma cos'è questa crisi»? E si comportano di conseguenza. Infatti per sostenere i salari, le pensioni, gli stipendi degli italiani non è stato fatto nulla: i disoccupati al primo trimestre 2009 sono 2 milioni, con un tasso di disoccupazione che ormai ha superato la soglia del 9 per cento; e se nessuna misura è stata prevista per contrastare la crisi, allo stesso modo non vi è stato nessun controllo per arginare la spesa pubblica, che ormai porta il debito pubblico verso quota 120 per cento in rapporto al prodotto interno lordo.
Che cos'è questa crisi e chi se ne importa degli oltre 2 milioni di lavoratori temporanei che nel corso di quest'anno hanno visto o vedranno giungere a termine il loro contratto, in un'Italia dove un lavoratore su otto è precario e dove il Governo Berlusconi ha bloccato con uno dei suoi primi provvedimenti la stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione, avviata dal precedente Governo Prodi?
È un Paese, il nostro, nel quale la metà dei dipendenti del settore privato non ha gli ammortizzatori sociali (ben 7 milioni e mezzo di lavoratori, a cui vanno aggiunti 3 milioni di persone che vivono con un contratto precario). La realtà dell'Italia resta quella descritta dall'ISTAT: 8 milioni di poveri nel 2008. Per questa Italia che giorno per giorno fatica a vivere il Governo Berlusconi ha ridotto i fondi per le politiche sociali (meno 660 milioni), ha tagliato le risorse per 18 miliardi di euro ad un Mezzogiorno dove nel 2008 122 mila persone sono emigrate al nord, ha tagliato la spesa per la sanità pubblica (meno 7 miliardi da qui al 2010). Ed oggi, di nuovo, stiamo esaminando un decreto-legge cosiddetto anticrisi che nulla ha a che fare con le sacrosante rivendicazioni delle categorie più esposte o con quelle del mondo del lavoro e dell'impresa.
Lo scopo principale di questo decreto-legge è quello di realizzare con lo scudo fiscale un'amnistia mascherata che introduce la non punibilità per una serie di reati commessi da chi ha esportato illegalmente capitali all'estero. Tutti costoro potranno far rientrare i capitali dall'estero pagando solo il 5 per cento, mentre avrebbero dovuto pagare - lasciando questi soldi in Italia, creando sviluppo, occupazione e ricchezza - almeno il 43 per cento.
Agli evasori il 5 per cento di tasse, a un dipendente pubblico qualsiasi, a un operaio metalmeccanico che va in pensione lo Stato trattiene invece il 27 per cento sulla liquidazione, ma sappiamo che per i signori del Governo e della maggioranza l'Italia non è un Paese uguale per tutti. Lo abbiamo visto subito: appena insediato, l'Esecutivo ha varato in tempo record, mortificando il Parlamento, il lodo Alfano, con un grave strappo al dettato costituzionale. È stata garantita l'immunità al Presidente del Consiglio: per il Governo vale il principio che vede alcuni cittadini di fronte alla legge più uguali di altri, e evidentemente al Governo stanno particolarmente a cuore gli evasori e gli esportatori all'estero di capitali che hanno sottratto e depredato ricchezza dal nostro Paese (mostrando disprezzo per i principi fondamentali della convivenza civile), più dei lavoratori precari e dei giovani che non vedono prospettive per il loro futuro, più dei tanti italiani che con fatica e sacrifici si impegnano per mandare avanti il Paese.
Come spiegare altrimenti tanta considerazione per i disonesti in un provvedimento anticrisi che avrebbe dovuto prendere in esame ben altre priorità? Pare proprio che l'impegno garantito in campagna elettorale volto a ridurre la pressione fiscale si dimostri efficace solo con chi ha esportato illegalmente all'estero i Pag. 59propri capitali, che con il 5 per cento di tassazione potranno essere rimpatriati.
Infatti, nel corso di quest'anno la pressione fiscale ha raggiunto il 43,4 per cento, cioè il livello più alto degli ultimi dieci anni (lo 0,6 per cento in più rispetto al Governo Prodi, dopo tante promesse elettorali); ma appunto, non è questo un Paese uguale per tutti.
Mentre si riducono le sanzioni per gli evasori in un'Italia dove solo il 19 per cento dei giovani è laureato, contro la media europea del 30 per cento, si tolgono infatti 2 miliardi nel 2009 per l'istruzione e l'università e questo decreto-legge cosiddetto anticrisi invece di affrontare i problemi reali del Paese diventa lo strumento utile a realizzare un'odiosa amnistia per tutti i reati che di solito stanno all'origine dell'esportazione dei capitali all'estero: l'evasione fiscale, il riciclaggio, la corruzione. Tutti questi comportamenti vengono sanati indiscriminatamente. Le entrate previste da questo provvedimento - pochi miliardi - non valgono lo scambio; sono di gran lunga maggiori i danni e le ingiustizie che vengono procurati ad un Paese che con queste leggi esce con un'immagine gravemente compromessa rispetto al rigore e all'etica.
Ciò che ci si propone di votare è un'amnistia che coprirà non solo i reati tributari e contabili, come il falso in bilancio, ma anche i reati di riciclaggio, e perfino di corruzione, perché se non si possono identificare i titolari dei capitali rientranti attraverso la garanzia dell'anonimato, qualsiasi indagine è vana. Non è la prima volta che il Governo Berlusconi impone lo scudo fiscale. Ricordiamo i precedenti del 2001 e del 2003, e l'esperienza ci dice che questi non sono mai provvedimenti giusti, perché in virtù di queste misure, vi è sempre una parte che subisce ed una che ne approfitta; si premia chi ha evaso, e si mortifica chi ha rispettato le leggi. Inoltre, questi condoni sono inefficaci perché si tratta di risorse una tantum che non portano alcun giovamento ai conti pubblici.
Vi è, inoltre, un altro aspetto che merita di essere sottolineato. Si tratta di un decreto-legge pensato per risolvere questioni legate alla legittimità costituzionale di un altro precedente decreto, che introduce a sua volta un'enorme questione di legittimità costituzionale. Con questa misura, con lo scudo fiscale, si realizza a favore degli evasori una vera e propria amnistia per reati come la frode fiscale o il falso in bilancio (che vengono cancellati attraverso una legge ordinaria approvata a maggioranza semplice), quando l'articolo 79 della Costituzione prevede per l'approvazione dell'amnistia una legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Comunque, che c'entra tutto ciò con un provvedimento anticrisi, quando non sappiamo ancora quali spese il Governo è intenzionato a finanziare attraverso questo scudo fiscale? In una situazione di crisi come questa, che messaggio diamo agli imprenditori a cui chiediamo di avere fiducia e di investire? Se gli va male, dal Governo alle banche, non vi è nessuno che li aiuterebbe, se gli va bene gli tocca pagare il 40 per cento di tasse, quando è evidente che conviene portare i soldi all'estero per farli rientrare praticamente esentasse. Senza contare che se vi è un condono, vi è sempre un aumento di tasse per chi le paga, rischiando con la propria attività. In un provvedimento anticrisi, ci saremmo aspettati subito delle detrazioni fiscali per le fasce più deboli, gli assegni ai disoccupati, dei contributi di solidarietà, per spingere i consumi. Ci saremmo aspettati l'allentamento del Patto di stabilità per i comuni, per rilanciare gli investimenti in opere pubbliche, degli interventi a favore della green economy per uscire dalla crisi e delineare un nuovo modello di sviluppo basato sul ricorso alla ricerca, all'innovazione, alle fonti rinnovabili, al risparmio energetico, alla mobilità sostenibile. Ci saremmo aspettati misure di sostegno a favore delle piccole e medie imprese, attraverso degli interventi idonei per favorire l'accesso al credito, e degli interventi a favore dei giovani e della loro formazione. Invece, ci presentate questo decreto-legge ingiusto e scandaloso. Si tratta di un provvedimento che misura plasticamente Pag. 60la distanza tra i bisogni dell'Italia e la politica del Governo, rispetto al quale manifesteremo, non solo in quest'Aula, la più ferma e decisa opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lulli. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, una decina di giorni, in prima pagina, il Corriere della Sera, con un titolo posto molto in evidenza, ha dato testimonianza del fatto che in questo Paese le dichiarazioni dei redditi vedono i lavoratori dipendenti pagare più tasse degli imprenditori e dei professionisti. Nell'articolo si dava conto del fatto che vi sono pochissimi redditi che superano i 100 mila euro annui. È la figura di un Paese povero. Il collega Rugghia, poco fa, ha ricordato, citando fonti della Ragioneria Generale dello Stato e il Documento di programmazione economico-finanziaria redatto dal Ministro Tremonti, come in questo periodo la pressione fiscale sia arrivata a livelli massimi: 43,4 per cento.
Sappiamo anche che vi sono centinaia di migliaia di famiglie che sono in difficoltà perché non arriva la cassa integrazione. Il Ministro Sacconi ci ha sempre detto che disponiamo di un sacco di soldi, ma ancora molte, molte centinaia di migliaia di lavoratori non riscuotono gli ammortizzatori sociali. Ci sono anche tanti artigiani che hanno difficoltà a mandare avanti la loro attività. Ora noi siamo in questa situazione, e vorrei che si rispondesse a una domanda: il livello di vita della buona parte delle italiane e degli italiani in questo anno è migliorato o peggiorato? Che cosa concretamente è stato fatto dal Governo per dare una risposta a questa situazione?
Ora ci troviamo di fronte a un ennesimo decreto correttivo. Tra parentesi, tanto per scaricare un po' la tensione, almeno su un punto del programma la maggioranza dovrebbe ammettere un fallimento totale e il relativo Ministro forse dovrebbe dimettersi, perché quanto a semplificazione legislativa credo che si sia imboccata una strada opposta. Quindi il Ministro Calderoli forse farebbe bene a meditare di rimettere la propria delega, visto il fallimento certificato in queste Aule parlamentari.
Ma il grave è che qui siamo in presenza di un provvedimento... vergognoso?

FEDERICO PALOMBA. Sì!

ANDREA LULLI. Io vorrei capire come si può pensare di forzare la Costituzione e come si può pensare di inserire in un provvedimento una norma sullo scudo fiscale come è stato fatto al Senato. Mi riferisco alla depenalizzazione, all'anonimato, ma questo è stato oggetto di tanti interventi, a cominciare da quello del collega Tabacci e anche in quello del collega Di Pietro, e non si potrà dire anche questa volta che è il solito Di Pietro e bisognerà che il Governo fornisca chiarimenti seri su quelle questioni e non di circostanza.
Io, però, vorrei affrontare un altro tema per ricollegarmi all'inizio del mio intervento. Come si può pensare in questo Paese di continuare a dare segnali di questo tipo, per cui si premia sempre chi è più furbo? Attenzione! Lo sottolineo: attenzione. Sempre su Il Corriere della sera si è dato conto di una notizia riguardo ad un imprenditore di Pordenone che si rifiuta di fare il sostituto d'imposta. Attenzione, perché, se si continua sulla strada di abbassare i livelli della legalità e di premiare sempre i più furbi, pensando che comunque c'è sempre una parte del Paese che, suo malgrado, è costretta a pagare le tasse perché gli vengono ritirate alla fonte e non vede transitare i soldi neppure da lontano, potrebbe montare in questo Paese una rivolta molto più seria! Noi stiamo scherzando con il fuoco. Non voglio neanche pensare a problemi di rapporto. Il collega Causi ha svolto un intervento splendido, testimoniando come lo scudo fiscale italiano sia tutt'altra cosa rispetto agli scudi fiscali che hanno adottato altri Paesi. Non voglio parlare della credibilità internazionale, voglio parlare Pag. 61della credibilità dello Stato nel nostro Paese.
E poi mi tocca sentire l'ineffabile Ministro Brunetta dire che è un male necessario.
A parte il cinismo con cui si sostiene sostanzialmente che si deve fare qualche sgravio e, quindi, se ne approfitta e si fa qualche regalo a chi ha fatto il furbo per vedere se si racimola qualche cosa per dare un po' di soldi, e che, senza voler usare parole troppo brutte, sicuramente sarebbe bene non sentire sulla bocca di un Ministro della Repubblica italiana, in questa affermazione è contenuta l'ammissione del fallimento del Governo, perché evidentemente la borsa è vuota, il piatto piange e allora si ricorre a tutto per racimolare qualcosa, persino alla depenalizzazione del reato di falso in bilancio, all'anonimato e anche a costo di dare spazio ad attività illecite. Mi fermo all'illecito per non usare altri aggettivi che altri parlamentari qui hanno usato, ma certamente viene il sospetto che magari qualcuno approfitta della situazione per risolversi qualche problema.
Credo, dunque, che su questo al Paese debba essere detta la verità. Sono meravigliato che la Confindustria e le associazioni imprenditoriali, che sanno bene che la competizione si fa sulla qualità, stiano zitte di fronte a questo scempio. Infatti, è chiaro che qui si danneggia l'impresa onesta, l'impresa che fa della qualità la sua missione e ad un certo punto si trova a subire una concorrenza sleale da chi invece, ha fatto il furbo, ha cercato di nascondere allo Stato italiano, alla collettività, gli introiti. Questo è molto grave perché si continua a dare una direzione di marcia che può portare questo Paese ad una disgregazione civile.
Il collega Tabacci ha detto che si offende ancora di più il senso residuale dello Stato. Secondo me, si va oltre: si rischia di distruggere la convivenza civile. Infatti il messaggio della furbizia, il messaggio dell'egoismo che sempre viene premiato alla lunga può portare a danni pesanti.
Conosco lo sforzo fatto dal Partito Democratico: il collega Causi è stato bravissimo nel descrivere i nostri emendamenti, che sono non soltanto di buon senso, ma hanno anche una costruzione importante, anche se purtroppo non serviranno a nulla, perché è chiaro che vi accingete a porre l'ennesima fiducia. Anche questo è grave. Vorrei capire come è possibile continuare a legiferare in questo modo. Vi è una forzatura evidente della Costituzione. Attenzione perché il danno potrebbe essere ancora maggiore: se si accerterà che questa è un'amnistia mascherata, non oso pensare che cosa potrà accadere successivamente, visto che vi accingete ad approvare questo provvedimento in un certo modo.
È qui che bisognerebbe riflettere ulteriormente: mortificare le istituzioni democratiche, mortificare e irridere all'opposizione, in una situazione di crisi economica e sociale come oggi la stiamo vivendo e soprattutto come la vivono le famiglie degli operatori, degli artigiani, di chi è in cerca di lavoro, è una cosa che grida vendetta, perché si impedisce a questo Parlamento di svolgere il ruolo che gli è naturale. Una crisi di questo tipo dovrebbe essere al centro di un'iniziativa, di un confronto vero, che ci consenta di uscirne insieme per dare un segnale di fiducia al Paese.
Invece, purtroppo ancora una volta si esce nel migliore dei casi con un premio ai furbi e, nel peggiore dei casi, con una norma scandalosa, vergognosa, che affossa ancora di più il nostro Paese. Noi ci opporremo in tutti i modi a questa vostra forzatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Germanà. Ne ha facoltà.

ANTONINO SALVATORE GERMANÀ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame è stato adottato per colmare alcune lacune del decreto-legge n. 78 del 2009, che non si è potuto approvare per tempo a causa della ristrettezza dei tempi di discussione. L'intento del Governo era quello di evitare che entrassero in vigore norme di dubbia interpretazione, comunque approvate nel testo Pag. 62del decreto-legge n. 78. Questo è il senso politico di una scelta che ha destato inutili polemiche estive e comiche accuse di attentato alla democrazia da parte dei detrattori del Governo.
Per quel che riguarda la modifica alle norme sul ponte sullo Stretto, e quindi sulla nomina di un commissario, colgo l'occasione per rilevare - e lo dico con orgoglio da messinese - che questo Governo ha definitivamente riavviato l'iter per la realizzazione del ponte, fermatosi durante il Governo di centrosinistra del 2006-2008. Oltre quindi al miliardo e 300 milioni di euro assegnati dal decreto n. 78, la nomina dell'attuale amministratore delegato della società dello Stretto di Messina a commissario straordinario è finalizzata a rimuovere gli ostacoli frapposti al riavvio delle attività.
Il nuovo commissario straordinario dovrà provvedere all'adeguamento dei contratti stipulati con il contraente generale e con la società affidataria dei servizi di controllo, nonché alla verifica della progettazione definitiva ed esecutiva e della realizzazione dell'opera, con la conseguente approvazione delle eventuali modifiche del piano economico e finanziario.
Non si tratta quindi di un colpo di mano, ma dell'applicazione dei cosiddetti commissari alle infrastrutture, come prevede l'articolo 20 del decreto legislativo n. 185 del 2008, relativo alle norme straordinarie per la velocizzazione delle procedure esecutive di progetti facenti parte del quadro strategico nazionale.
Negli ultimi giorni di luglio la centralità del ponte è stata riconfermata sia dai Ministri Tremonti e Matteoli, che hanno indicato nel 2016 la data di fine lavori, sia dal commissario straordinario. Il commissario ha indicato nel 2010 la data di inizio dei lavori e nel gennaio 2017 la data di entrata in esercizio, per un costo di circa 6,5 miliardi di euro. Con questo dovremmo riuscire a porre fine ad una vicenda iniziata con una legge nel lontano 1971.
Quanto alla questione dello scudo fiscale, è opportuno ribadire che il successo di una misura come questa dipende dalla sua appetibilità. Viviamo in un'economia dove i capitali si muovono velocemente e sono liberi di andare dove sono meglio remunerati e quindi meno tassati. Ecco perché una tassazione così bassa come quella proposta nel provvedimento in esame, ossia circa il 5 per cento, è dovuta a ragioni di concorrenza internazionale. Quindi, con una tassazione che poteva andare dal 20 al 30 per cento, probabilmente non sarebbe rientrato alcun capitale.
Dunque, prima di strapparsi le vesti sull'estensione dello scudo anche a coloro che si sono macchiati di violazioni della legge, occorre domandarsi qual è lo scopo di ciò che stiamo facendo e perché ci siamo ritrovati in questa condizione.
Lo scopo è semplice: riportare nel Paese risorse private da destinare possibilmente allo sviluppo economico ed aumentare le entrate da destinare alle spese per il sostegno dei redditi in questo particolare momento di crisi. Il precedente scudo fiscale fatto negli anni 2002-2003, che pur non aveva tutte le motivazioni di quello attuale, ha fatto scuola in tutto il mondo. Le misure relative al rientro di capitali porteranno notevoli benefici alle casse dello Stato e ricondurranno numerosi contribuenti nell'alveo della legalità. Si ristabilirà quindi un rapporto di fiducia con lo Stato, venuto meno a causa di una forte tassazione, a cui in particolare le imprese venivano sottoposte dai Governi di centrosinistra e che ha costituito la causa principale della fuga di capitali all'estero, una tassazione che - va ricordato - è salita in soltanto due anni di Governo di centrosinistra dal 41 al 43 per cento del reddito.
Approvando questa norma scomoda, ma necessaria, come ricordava il collega dell'opposizione, un male necessario, come ha detto nelle ore precedenti questo dibattito il Ministro Brunetta, senza ipocrisia politica, ma con lo sguardo alla realtà economica e ai conti pubblici, abbiamo tenuto ferma l'esclusione per i procedimenti in corso, ma abbiamo ritenuto opportuno consentire l'esclusione di una serie Pag. 63di fattispecie di illeciti fiscali penali e civili, ampliando anche alle figure societarie l'accesso al beneficio.
Quindi, nessun favore a chi ha procedimenti aperti con la giustizia. Questo Governo persegue solo gli interessi generali del Paese e non concede favori a nessuno, ma certamente c'è, da parte nostra, un'assunzione di responsabilità politica: è esattamente quello che un Paese democratico si aspetta dal Governo che ha eletto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, mi permetto di iniziare questo breve intervento con una considerazione generale sul modo di legiferare al quale ci ha abituato ormai questa maggioranza. Abbiamo più volte stigmatizzato questo procedere per continui decreti-legge, imposti a forza di fiducia, onnicomprensivi e disordinati nella loro articolazione interna e spesso seguiti, anche a causa della loro mediocre fattura, da correzioni e aggiustamenti precipitosamente contenuti in successivi provvedimenti tampone, approvati in tutta fretta. Si configura - mi pare - una modalità di legislazione inedita nella storia italiana, che non esiterei a definire concitata e insieme alluvionale, gravemente imperfetta dal punto di vista della stessa tecnica legislativa, e foriera, come già si vede nelle sue prime applicazioni in questo biennio 2008-2009, di frequenti problemi interpretativi, talvolta di ardua soluzione.
Nel caso di questo decreto-legge n. 103, tuttavia, siamo, a mio avviso, persino oltre questo ordine di difetti. Il provvedimento viene presentato - così si dice almeno - come fosse un intervento necessario e doveroso per evitare le conseguenze negative connesse all'entrata in vigore dell'imperfetto e lacunoso decreto-legge del luglio scorso. Di tali conseguenze - peraltro oggetto in parte dei rilievi dallo stesso Presidente della Repubblica - avevamo a suo tempo già avvertito il Governo e la maggioranza, restando, come nella prassi costante di questi due anni, puntualmente inascoltati.
Ebbene, errare è umano, cari colleghi della maggioranza, correggersi è lecito, anzi è doveroso. Accade, però, che voi giocate qui l'antico gioco delle tre carte, perché il provvedimento, presentato come un rimedio ad errori pregressi - e in effetti abbrevia come richiesto dal Quirinale il periodo di franchigia concesso agli evasori - improvvisamente, in virtù dell'arroganza del Governo, si trasforma, in sede di conversione e grazie al solito emendamento in corso d'opera, in qualcos'altro. Diventa, con netto aggravamento della precedente versione, una vera e propria amnistia mascherata. Prende forma infatti - e di questo stiamo discutendo - un nuovo strumento, esteso adesso anche alle società partecipate o collegate all'estero, che introduce la non punibilità di serie di reati societari, a cominciare dal falso in bilancio, e che elimina, per le condotte che portano al rimpatrio di capitali, l'obbligo della denuncia delle operazioni sospette, in un momento particolarmente delicato, peraltro, di contrasto al terrorismo internazionale e alla criminalità organizzata.
Ho partecipato alla discussione del decreto-legge in esame in Commissione giustizia, sottoscrivendo con i colleghi del Partito Democratico il parere contrario di minoranza. Il relatore, l'onorevole Contento, un collega del quale ammiro la competenza giuridica, ha svolto una relazione un po' imbarazzata (mi è sembrata) nei toni, nella quale - mi perdonerà l'onorevole Contento se semplifico per ragioni di stringatezza, ma il senso è stato questo - ha sostenuto che l'ampliamento del numero di reati penali esclusi dalla punibilità è quasi una conseguenza obbligatoria del decreto-legge di luglio giacché, una volta approvato a luglio lo scudo fiscale - e il Parlamento, purtroppo, lo ha approvato, sia pure a colpi di fiducia - è adesso giocoforza sanare anche quei reati che potrebbero essere stati commessi per celare il trasferimento illecito di capitali all'estero e quindi il falso in bilancio, commesso per mimetizzare il reato principale, Pag. 64o altri reati ugualmente classificabili come necessari al compimento del reato maggiore.
Una logica singolare, signor Presidente, e molto originale che chiamerei la logica dei reati corollario o dei reati a grappolo nei quali, come gli acini dell'uva, uno tira l'altro sino a lasciare sul piatto solo il raspo. Tale logica, se portata alle sue estreme conseguenze, introdurrebbe nell'ordinamento giuridico italiano un principio aberrante, che non ha eguali in nessun ordinamento di Paese civile, né in Europa né altrove, dall'incalcolabile portata distruttiva.
Inoltre, vi è una tecnica legislativa distorta e non compatibile con le finalità della decretazione d'urgenza, come abbiamo anche scritto nel parere contrario, tanto più che un'analoga esclusione di punibilità era stata già ampiamente dibattuta e superata in fase di discussione parlamentare del decreto-legge n. 78 del 1o luglio 2009 e aveva limitato gli effetti estintivi dell'emersione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero ai reati di infedele o omessa dichiarazione dei redditi.
Ecco dunque, signor Presidente, quello che accade. Lo scudo fiscale, già di per sé molto opinabile perché concepito nel provvedimento di luglio come un condono tombale a costo praticamente zero per gli evasori e che non trova eguali in nessun altro Paese europeo, si trasforma e diventa ora una coperta fiscale e non più uno scudo, una coltre fittissima, una corazza fiscale che nessuno - e soprattutto nessun giudice - potrà più penetrare. Diventa un'amnistia tombale su una serie impressionante di reati finanziari, con effetti di stravolgimento del diritto che sono facilmente intuibili a tutti e che i miei colleghi, in precedenza, hanno ampiamente trattato.
Che messaggio diamo al Paese con un simile provvedimento? Stiamo dicendo ai tanti che pagano puntualmente le tasse e che osservano scrupolosamente le leggi - e ve ne sono tanti, nonostante gli esempi che vengono, ahimè, dall'alto - che la legge in Italia non è uguale per tutti o che, come nel celebre aforisma di Flaiano, l'Italia è il Paese del diritto, sì, ma anche, sempre e puntualmente, la patria del rovescio. Diciamo - e cito ancora dal parere di minoranza della Commissione giustizia - che d'ora innanzi si possono impunemente sovvertire i principi che regolano la materia tributaria e il diritto penale dell'economia, che si può premiare non solo chi non ha rispettato le regole, omettendo di dichiarare patrimoni e attività finanziarie detenute all'estero, come sembrava fosse lo scopo iniziale dello scudo, ma anche chi è stato più furbo e ha fraudolentemente posto in essere attività di elusione del principio contributivo.
Gli effetti sono disastrosi (vorrei dirlo senza nessuna enfasi, perché non è necessario enfatizzare in quanto le norme che ci proponete parlano da sole). Viene così vanificata tutta la normativa sul contrasto ai patrimoni mafiosi e, in particolare, la disposizione che riguarda l'elusione dell'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007, concernente la segnalazione di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio e finanziamento del terrorismo. Vengono tradite in merito tutte le indicazioni tassative delle Autorità europee. Si introduce, per di più nella garanzia del completo anonimato degli evasori, un'amnistia che coprirà non solo i reati tributari e le violazioni contabili, come il falso in bilancio, ma anche i reati di riciclaggio e si estenderà perfino a quelli di corruzione. Vi è anche, come hanno detto molti altri colleghi, per primo l'onorevole Zaccaria questo pomeriggio, un profilo che attiene alla legittimità costituzionale del provvedimento, perché un'amnistia mascherata di queste proporzioni e indiscriminata, in base all'articolo 79 della Costituzione, può essere concessa solo con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Nel provvedimento in esame rischiamo, invece, di introdurla con un provvedimento minore presentato, con molto understatement, sotto le false vesti di un adeguamento quasi tecnico di norme già in vigore, di soppiatto e furtivamente.
Viene da chiedersi quale filosofia di fondo e quale linea programmatica ispirino Pag. 65il Governo e la maggioranza. Infatti, il Governo da una parte proclama ai quattro venti, in sede di G8, di volersi impegnare nella lotta ai paradisi fiscali e, dall'altra, mette in cantiere condoni tombali di queste proporzioni, offrendo all'evasione ponti d'oro e soprattutto discrezione assoluta. Questo è il punto. Al di là dell'opinabile scelta dello scudo soprattutto colpiscono, nel nostro caso, le condizioni di vantaggio particolari e speciali che vengono offerte in Italia a chi viola le leggi dello Stato. Colpisce, come dimostrano studi di questi giorni che hanno riportato i giornali, che a fronte di altri Paesi europei e degli Stati Uniti, che hanno adottato analoghe misure anticrisi, siamo gli unici che garantiscono ai loro destinatari questo anonimato assoluto a costi di rientro tanto irrisori.
Per sanare cento euro di capitali evasi e detenuti all'estero in Inghilterra o negli Stati Uniti si pagano 50 euro; da noi al massimo cinque, più probabilmente uno. Negli Stati Uniti la denuncia è volontaria e non garantisce immunità quando il reddito deriva da fonti o attività illecite. In nessun altro Paese è previsto l'anonimato.
Ovunque l'evasore deve comunicare i suoi dati, gli estremi dei suoi conti e le modalità impiegate per evadere. In Francia si pagano gli interessi, le imposte pregresse, le relative sanzioni amministrative fino all'80 per cento delle imposte evase in taluni casi e comunque, in genere, almeno il 15 per cento.
Nel Regno Unito è prevista addirittura la pubblicazione dei nomi degli evasori che hanno commesso gli illeciti più rilevanti. Immagino cosa direste, colleghi, se una simile misura fosse adottata in Italia, quali principi di garantismo liberale e quale enfasi sulla tutela della privacy scomodereste (a sproposito naturalmente) se facessimo anche noi in Italia come gli inglesi.
In Italia, purtroppo, all'evasione con questo provvedimento abbiamo costruito un'autostrada a quattro corsie, consentendo di non pagare alcun pedaggio. Lasciamo che rientrino tutti a fari spenti, per andare chissà dove, a fare chissà quali speculazioni, riciclando danaro proveniente da chissà quali origini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scarpetti. Ne ha facoltà.

LIDO SCARPETTI. Signor Presidente, per una casualità la norma di cui stiamo parlando è stata approvata al Senato nel giorno stesso del varo della legge finanziaria da parte del Consiglio dei Ministri. Una manovra vuota l'abbiamo definita, che registra, tra l'altro, il più grande peggioramento dei conti pubblici dal 1992 ad oggi.
Nemmeno gli impegni finanziari minimi risultano rispettati con il testo approvato dal Consiglio dei Ministri che è stato anticipato dalle dichiarazioni dello stesso Ministro Tremonti e del il Presidente del Consiglio. Occorrono proroghe di incentivi vari vigenti da anni o di quelli recentemente introdotti; ci vogliono risorse per i contratti del pubblico impiego; ci penseremo successivamente, magari con un decreto milleproroghe: questo ha dichiarato il Ministro dell'economia.
Degli ulteriori fondi promessi per il terremoto d'Abruzzo neanche un'ombra nel disegno di legge finanziaria e negli altri provvedimenti. La verità è chiara, come è stato ricordato prima: la politica economica e di bilancio del Governo, anche in virtù della crisi, sta comunque portando il bilancio pubblico ad un passo dalla bancarotta.
Non si spiega altrimenti l'utilizzo di 525 milioni di euro che i terremotati abruzzesi dovrebbero in larghissimo anticipo riversare nelle casse dello Stato per finanziare le misure anticrisi. È una vergogna senza precedenti, aggravata dal fatto che la promessa di modificare la norma è rimasta a tutt'oggi inattuata.
Le sole risorse disponibili saranno quindi quelle che i furbi - ne abbiamo parlato tutto il giorno - con un robusto premio metteranno, se ciò avverrà, a disposizione dello Stato. Ancora, sempre sulla situazione economica più generale, il Governo e la maggioranza continuano a dire che il peggio è passato e che la crisi è alle nostre spalle. Pag. 66
Appare anche paradossale parlare di legge finanziaria. Sembra che si affermi un paradosso e quasi un ossimoro: una legge finanziaria normale in una situazione straordinaria. Sembrerebbe cioè ammettersi che ci vogliono scelte straordinarie e importanti investimenti sul futuro del Paese e invece di fatto non c'è niente.
Tutto va bene, la crisi è alle nostre spalle ed anzi, mesi addietro, dicevamo che non c'era neanche e che comunque ne usciremo meglio e prima degli altri, però l'OCSE sostiene che in Italia la disoccupazione nel prossimo anno supererà abbondantemente il 10 per cento. Come veniva ricordato alla ripresa delle attività in questi giorni, molte aziende, soprattutto piccole e piccolissime aziende che magari non fanno grande notizia sui mezzi di informazione, non hanno riaperto i battenti.
In molte situazioni si sta esaurendo la cassa integrazione ordinaria: si continua a dire che non se ne vuole raddoppiare la durata, ma siamo ormai alle porte con i sassi. Dopo si passa alla straordinaria e alla mobilità che prelude, come è noto, alla cessazione delle attività.
Come ricordava prima Lulli, vi sarebbe bisogno di uno sforzo corale del Paese, certo senza coinvolgere i ruoli tra maggioranza ed opposizione, certo portando autonomamente il proprio contributo. Tuttavia, ci vorrebbe però, come fanno anche in altri paesi, uno sforzo unitario per cercare di uscire da una situazione di crisi. I fatti reali hanno la testa dura. Affinché ciò avvenga non basteranno la propaganda, né le bugie, né le false dichiarazioni come se tutto andasse bene del tipo: «siamo nella normalità, ci riprenderemo, siamo in ripresa».
Invece, è proprio strano. Noi assistiamo esattamente al contrario: senza che ve ne sia il bisogno, proprio ieri il Presidente del Consiglio ha insultato l'opposizione. Li ha definiti con un aggettivo e una categoria della politica, come se si fosse ancora a 15 anni fa, quando ha cominciato il suo itinerario politico. La cosa ancora più grave ed indegna per un Presidente del Consiglio è stata l'aver accusato (riferendosi a tutta l'opposizione, non solo, come poi pateticamente è stato precisato successivamente, a quella extraparlamentare) di aver avuto un atteggiamento quasi di compiacimento rispetto ai nostri militari caduti in Afghanistan.
Credo che queste cose siano gravi, che il Paese meriti altre soluzioni e prima o poi i fatti diranno che una fase si sta chiudendo e che, per fortuna del Paese, se ne può aprire un'altra. Per quanto riguarda nello specifico il ragionamento che qui è stato fatto sul provvedimento (in modo particolare sul punto più importante e sostanziale del provvedimento, che, come è stato detto, è il frutto di un emendamento di un senatore della maggioranza, ma in realtà è come se fosse controfirmato dal Governo), io non tornerò naturalmente su tutte le questioni che sono state dette molto bene sia dal punto di vista tecnico, che giuridico, che costituzionale.
Voglio soltanto evidenziare l'affidabilità di questo Governo, a partire dal fatto che, secondo tutti i proclami dei mesi scorsi del Ministro dell'economia e delle finanze in sede Ecofin, tutto sarebbe stato concordato (mi riferisco allo scudo fiscale) e non sarebbero state percorse vecchie strade sul rientro dei capitali. Tali dichiarazioni sono state platealmente contraddette.
Lo stesso Presidente del Consiglio dichiarò a Bruxelles il 20 marzo scorso, al termine del vertice dell'Unione europea, che l'Italia prenderà in considerazione l'ipotesi di ricorrere a un nuovo scudo fiscale, solo se la misura verrà messa in campo dall'Europa. E aggiungeva: la misura non dovrà essere una semplice riedizione dei vecchi scudi del 2001 e del 2002. Il 12 luglio scorso un'importante testata giornalistica italiana pubblicò un articolo sullo scudo fiscale, sostenendo che vi era un piano del Governo per varare uno scudo contenente il condono per il falso in bilancio. Il Ministro Tremonti il giorno stesso rispose testualmente: «l'articolo pubblicato da La Repubblica è totalmente falso». Penso che anche ragazzi di tre anni oggi capiscano chi diceva il falso e chi il vero, di fronte ad un atto rispetto al quale non ci si può semplicemente Pag. 67nascondere dietro il fatto che il provvedimento originario non conteneva l'emendamento di cui stiamo parlando e sul quale si concentra la nostra attenzione.
Prima di concludere vorrei riprendere rapidamente un'altra questione. Come veniva ricordato dagli interventi precedenti, oltre ai controversi aspetti costituzionali e alla vergogna sul piano del condono dei reati che stanno dietro all'esportazione dei capitali all'estero, questo è una provvedimento che rischia di minare seriamente la coesione sociale. Si tiene in poco conto questo fatto, ma vi sono due ingiustizie. In primo luogo, in questo Paese appare evidente come chi è furbo prima o poi ce la fa, perché, a forza di condoni, è chiaro ed evidente che l'etica pubblica di ogni cittadino non può non venire meno. Se oggi viene fatto un condono per questo, domani ne viene fatto un altro per una diversa irregolarità: in questo modo noi devastiamo l'etica pubblica e mettiamo a rischio la stessa tenuta e coesione sociale. Chi oggi si comporta onestamente dice: allora tanto vale essere furbi. Chi lo è stato ed è sanato evidentemente si predispone a rifarlo un'altra volta.
In secondo luogo, sarà demagogia, ma non credo, sarà populismo (a parte che questo Governo di centrodestra ci potrebbe insegnare come farlo), ma non è moralmente accettabile la disparità di trattamento economico così vistosa nei confronti di chi paga regolarmente le tasse, come le tante piccole imprese che lavorano non al nero ma regolarmente, lo diceva prima Andrea Lulli (sono imprese che rischiano e competono sul mercato e cercano di innovare e di produrre in qualità), come i lavoratori dipendenti che pagano le tasse. Al di là del fatto di punire o sanare tutta una serie di reati, come qui è stato ricordato, praticamente con il 5 per cento si legalizzano guadagni che, in circostanze regolari, avrebbero dovuto pagare intorno al 43 - 44 per cento di tributi allo Stato. Non credo neanche che sia demagogico evidenziare la differenza rispetto ad un operaio o a un lavoratore dipendente normale che hanno lavorato una vita e che, quando vanno in pensione, per il lavoro di una vita sulla propria liquidazione vedono applicata l'aliquota minima del 27 per cento. Come pensiamo di poterlo giustificare rispetto a questi dati di fatto?
In questi giorni vi sono state autorevoli prese di posizione da parte delle più alte cariche dello Stato e anche delle gerarchie ecclesiastiche sull'etica pubblica, sulla moralità della politica, sulla sobrietà nel far politica, sulla politica intesa come servizio, sulla politica intesa come strumento di tenuta e coesione sociale e nazionale. Come si può non vedere la distanza tra queste parole e un provvedimento di questo tipo e di questa natura?
Sono stati illustrati le posizioni e gli emendamenti del Partito Democratico, ma non mi pare che vi siano le condizioni per un supplemento di riflessione da parte del Governo, anzi si ventila la possibilità di apporre per l'ennesima volta la questione di fiducia. Tuttavia, in coscienza tutti dobbiamo essere consapevoli che oggi mettiamo un altro tassello che può determinare un ulteriore momento di sfiducia fra i cittadini e la politica, fra i cittadini e le istituzioni. Credo che di questo tutti quanti ce ne dovremmo in qualche modo fare carico, perché se si afferma la cultura in base alla quale chi è più furbo ce la fa, la cultura dell'individualismo, si rischia davvero di minare la tenuta del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, intanto le manifesto tutta la mia solidarietà e ammirazione per essere stato qui di filato per quasi sei ore, avviandosi alla settima, assieme al sottosegretario Giorgetti. Certo non deve essere particolarmente allettante seguire un dibattito con un'Aula praticamente vuota!
Ci troviamo in quest'Aula a votare, non dico a dibattere, ma a votare, il correttivo di un correttivo di un decreto-legge; ci troviamo, ancora una volta, a votare, non dico a dibattere, la conversione di un Pag. 68decreto sul quale non è escluso, ancora una volta, il voto di fiducia da parte del Governo. Un Parlamento completamente svuotato delle sue prerogative e funzioni, chiamato a ratificare quanto deciso dal Governo. Le cifre parlano chiaro e sono state più volte ricordate in quest'Aula dall'opposizione: il 90 per cento delle leggi approvate sono di iniziativa governativa, solo il 10 per cento di iniziativa parlamentare.
Persino la maggioranza di deputati e senatori è umiliata: alle Aule parlamentari sono consentiti solo piccolissimi interventi, magari possiamo definirli scorribande, in cui l'opposizione tenta di sfruttare divisioni, peraltro marginali, all'interno della maggioranza. Questa è la realtà, una realtà amara, se solo facciamo riferimento ai principi costituzionali sul ruolo del Parlamento. Ma veniamo all'umiliazione di oggi, cioè alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009.
Il primo tema che vorrei affrontare è quello dell'energia. Per quanto riguarda questo tema, come delegazione radicale all'interno del gruppo del Partito Democratico, voglio subito dire che non ci convince il sistema dei commissari e dei commissariamenti che volete introdurre, perché si tratta di una soluzione che si inserisce in una logica di emergenza, praticata certamente non solo da questo Governo, ma che non risolve i problemi sorti dalla riforma del Titolo V che ha fatto di questo settore una materia concorrente in base all'articolo 117 della Costituzione.
I commissari potranno forse servire a realizzare qualche opera - sappiamo che questa riforma nasce sostanzialmente in vista del nucleare - ma con scarse garanzie di governance democratica. Inoltre, nel contesto di uno Stato azionista dell'ENEL, è evidente che il Governo si trova in un endemico conflitto di interessi nel momento in cui deve decidere quali investimenti con capitali privati considerare commissariandi, per esempio i siti nucleari ENEL-EDF. Altro sarebbe se almeno ci fosse quel piano strategico nazionale per l'energia che avevate promesso, e che come radicali da sempre chiediamo, possiamo dire da decenni, ma di cui non si vede traccia, un piano che sia in qualche modo condiviso o almeno definito e motivato dal Governo. In assenza anche di questo piano, più volte annunciato insieme ad una fantomatica conferenza per l'energia, quello che proponente è un dirigismo del Governo nello scegliere gli investimenti ed è sicuramente poco trasparente e poco democratico.
Ma veniamo all'altra questione, quella dello scudo fiscale. Tanto per non smentirci, una delle correzioni è un emendamento che per pudore nei confronti del Presidente della Repubblica è stato presentato da un senatore che, in modo evidente, ha eseguito il mandato conferito dal Governo. Il ritocco riguarda lo scudo fiscale, il terzo: i precedenti sono del 2001 e del 2003, sempre fatti quando era in carica il Governo Berlusconi. Non lo si è chiamato condono perché la mente andrebbe subito ai condoni edilizi, peraltro fatti da tutti i Governi di qualsiasi colore. Si sceglie, invece, la via più facile, non volendo trovare le risorse che servono, soprattutto nell'attuale congiuntura, riducendo le spese correnti, improduttive e clientelari. A farne le spese, o meglio ad essere beffati, saranno come al solito i contribuenti onesti, quelli ad esempio che non hanno nemmeno la possibilità di evadere il fisco, perché alla fonte il datore di lavoro si sostituisce allo Stato nel ruolo di esattore.
Chissà se il Ministro Tremonti ricorda ancora quando difese il referendum radicale di fronte alla Consulta, referendum abrogativo del sostituto d'imposta. Il mio pensiero va in questo momento a quell'imprenditore di Pordenone, citato anche in quest'Aula oggi, che ha avuto il coraggio di dire che non se la sente più di svolgere questo ruolo e ha deciso di dare ai lavoratori suoi dipendenti, perché si rendano conto della pressione fiscale (altro che riduzione delle tasse), l'intero importo. Ciò affinché decidano loro, nel momento in cui devono pagare le tasse, ma soprattutto Pag. 69si rendano conto - questo era lo scopo anche del nostro referendum - di quanto sia pesante la pressione fiscale nel nostro Paese soprattutto nei confronti di coloro che non hanno possibilità di evasione.
Il ritocco che ci viene proposto - lo hanno già detto i miei colleghi in quest'Aula - è una vera e propria amnistia che assume dimensioni inquietanti, in quanto partendo dagli aspetti connessi con l'illegale esportazione e detenzione dei capitali e connesse evasioni fiscali, si espande a dismisura dando copertura ad un elenco di reati tributari, tra cui dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri artifici; infedele od omessa dichiarazione; occultamento e distruzione di documenti contabili. Inoltre, si dà copertura anche ad alcuni reati non tributari: falsità materiale commessa da privato; falsità ideologica; falsità in registri e in scrittura privata; uso di atto falso; soppressione di atti veri e quei reati previsti in materia di false comunicazioni sociali e false comunicazioni sociali in danno di società.
Viene poi ad eludersi la normativa prevista dall'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007 in merito alle segnalazioni di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio e finanziamento del terrorismo. Il fatto poi che venga garantito l'assoluto anonimato - è stato già detto - a differenza di quanto stabilito dai provvedimenti adottati negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia, completa il quadro inquietante di questa normativa italiana.
Dicevo che si tratta di un'amnistia, ma non certo di quella prevista dall'articolo 79 della Costituzione, l'unica amnistia che non volete fare, perché richiede un'assunzione di responsabilità di fronte all'opinione pubblica. È meglio parlare di scudi, dando l'impressione di qualcosa di protettivo. È meglio mascherare e usare parole rassicuranti e protettive, oppure affidarsi a quell'altra amnistia vergognosa che tutti tollerate (qui, purtroppo, dobbiamo dire che anche da parte dell'opposizione non sento levarsi tante voci): mi riferisco a quell'amnistia vergognosa e strisciante della prescrizione dei reati.
Sono stati un milione 800 mila i procedimenti penali prescritti negli ultimi dieci anni, a fronte di un arretrato - debito giudiziario dello Stato nei confronti della collettività, così lo chiama onestamente il Ministro della giustizia Angelino Alfano - di 5 milioni 200 mila processi penali pendenti, che, ripeto, ogni anno producono circa 200 mila amnistie per prescrizione. L'onorevole Di Pietro di questa amnistia schifosa non parla mai, questa proprio non la conosce, ma, in realtà, è il sintomo di una giustizia allo sfascio, per usare le parole di Pannella, se aggiungiamo i cinque milioni - sempre cinque milioni - di processi civili pendenti.
Certo, la criminalità organizzata non può che ringraziare per questa operazione di riciclaggio favorita dalla legge: abolizione dei reati più garanzia di anonimato è molto di più di un'amnistia, per la quale, peraltro, è prevista una maggioranza qualificata. Si giunge a patti con i criminali, mafiosi o terroristi, pur di rastrellare qualche miliardo di euro, ma in questo modo si distruggono i principi dello Stato di diritto e della democrazia. Perché mai un cittadino dovrebbe pagare le tasse, se, addirittura, chi accumula capitali frutto di traffico di droga o di estorsioni o di appalti tutt'altro che limpidi può tranquillamente esportarli, per poi farli rientrare immacolati nel nostro Paese, pagando solo il 5 per cento?
È a loro, ai criminali, che conviene in primo luogo lo scudo fiscale ritoccato dall'emendamento. Trovo perlomeno contraddittoria la politica del Governo nei confronti della criminalità organizzata: da una parte, si fa la faccia feroce, indurendo e procrastinando all'infinito, - qui devo dire, purtroppo, con il consenso dell'opposizione - quel vero e proprio strumento di tortura che è il 41-bis, e, dall'altra, si varano provvedimenti come quello che oggi è in votazione, e nulla si fa, nulla, contro il dilagare di mafia, camorra, e 'ndrangheta, che occupano le nostre città e corrompono la politica, possiamo dire Pag. 70dalle Alpi alle Piramidi, riciclando i proventi del malaffare in attività commerciali lecite, con i loro immensi proventi garantiti dal plusvalore proveniente da tutti i proibizionismi.
Questi poteri, possiamo così definirli, sono ormai in grado di occupare interi territori del nostro Paese. Non si ha nulla da dire per quanto avviene nel basso Lazio, per esempio a Fondi, o i leghisti si sono resi conto di quanto la palma sia arrivata al nord e di quanto i capitali provenienti da questa criminalità organizzata ormai abbiano occupato città come quella di Milano o altre città del nord?
Le organizzazioni della malavita organizzata e quelle connesse con il terrorismo internazionale non possono che ringraziare per questo scudo. Qui mi piace riportare un'affermazione, che trovo molto efficace, di un economista di area radicale che si chiama Piero Capone: questo scudo può essere definito benissimo come un esempio moderno di mercato delle indulgenze (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carella. Ne ha facoltà.

RENZO CARELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo discutendo delle disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009. Vi sono alcune norme che vengono modificate sul concerto del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e del Ministero per la semplificazione normativa per gli interventi di produzione e distribuzione di energia.
Come si poteva pensare di escludere il Ministro dell'ambiente da scelte così impattanti sul territorio? E come si può pensare di effettuare interventi così forti bypassando il volere dei comuni e delle regioni, pensando ad un commissariamento generalizzato? Poi c'è la nomina di un commissario alla società Stretto di Messina.
Quanto alle modifiche della disciplina sullo scudo fiscale, è stato detto, dopo ormai sette ore di dibattito, da molti colleghi: vi era stato un accordo rispetto alle modifiche sullo scudo fiscale assunto con il Capo dello Stato, il Governo si era impegnato su alcune modifiche. Ma lo stesso Governo è mandante di emendamenti, che fa presentare a senatori e deputati compiacenti, così ha l'alibi per dire che il provvedimento è stato cambiato dal Parlamento, che è sovrano, e quindi ha la scusa per disattendere gli impegni assunti.
Lo scudo fiscale è una vergogna, sono parole semplici ma efficaci, soprattutto nel confronti di chi paga regolarmente le tasse. I condoni non sono mai una buona cosa, soprattutto se accompagnati da un'amnistia. Una nazione che depenalizza il falso in bilancio e vara con lo scudo fiscale una sorta di amnistia totale, senza chiedere niente in cambio agli evasori, compie un atto gravissimo: non solo per il fatto che vi è in un'amnistia mascherata, quanto per il fatto che non si devono effettuare nemmeno le segnalazioni di operazioni sospette; copriamo, cioè, i reati compiuti per portare i soldi all'estero, e diciamo agli intermediari finanziari di soprassedere se hanno il sospetto che quei soldi abbiano il profumo di mafia o di terrorismo. Magari sono gli stessi intermediari che hanno portato i soldi all'estero, e le stesse banche contro le quali quotidianamente il Ministro dell'economia e delle finanze si scaglia, perché - l'ultima di questi giorni - taglieggiano i risparmiatori con commissioni mostruose. Questo afferma il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti. Anziché parlare, noi diciamo, agisca! Sono anni che fa il Ministro dell'economia e delle finanze: solo oggi si accorge di queste nefandezze? Intanto garantisce alle banche e ai mediatori, proprio con questo finanziamento, un'entrata pari a 10 miliardi di euro, qualora fossero 100 miliardi i capitali che rientrano, e lo Stato invece trarrebbe un gettito di soli 5 miliardi. Allora queste banche e banchieri, che lui critica, da questa manovra ottengono 10 miliardi di euro.
Noi ci aspettiamo qui in Parlamento con urgenza un provvedimento del Governo Pag. 71a difesa dei risparmiatori, Ministro Tremonti. Lei vuole continuare a fare la predica al mondo: non ne ha né le capacità né l'autorevolezza. Provi a fare il Ministro del Governo italiano, proponendo provvedimenti di legge che aiutino i redditi più bassi e sostengano le pensioni, aiutino veramente le piccole e medie imprese nell'accesso al credito.
La sua ossessione sui banchieri è più il frutto di complessi che lei ha verso chi dirige i più grandi istituti di credito italiani e la Banca d'Italia, che la volontà di regolamentare e rendere più trasparente il loro agire, a difesa delle imprese e dei risparmiatori.
Lei ha tutto il nostro appoggio se volesse agire veramente: anziché i condoni fiscali, ci porti all'esame di Commissioni e Parlamento norme di comportamento meno farraginose e astruse, che vengono regolarmente aggirate dalle banche, a difesa dei diritti di chi accede al credito e di chi consegna alle banche i propri risparmi; ci faccia conoscere i provvedimenti che lei ha assunto, dopo un'ispezione da lei magari provocata, nei confronti di un istituto di credito che ha vessato un'impresa con interessi esosi e che ha applicato commissioni fuori da ogni logica e ingiustificate nei confronti dei risparmiatori.
È stato già detto che, viste le agevolazioni e la depenalizzazione di reati gravi, questo condono dovrebbe almeno offrire al Paese e ai cittadini onesti la sensazione che vi è un interesse collettivo, un interesse generale che viene in qualche modo rappresentato. Se si tratta di un provvedimento che dovrebbe in qualche modo di combattere la crisi, esso - oltre al gettito, che è poca cosa - dovrebbe mettere a disposizione tali risorse per finanziare la ripresa.
Abbiamo presentato nelle Commissioni e riproposto in Aula alcuni emendamenti, ma ho paura che dopo questa discussione che dura da ore tali emendamenti non saranno sottoposti all'esame e al voto dell'Assemblea perché magari domani, intorno alle ore 15, il Governo - ancora una volta, per l'ennesima volta - porrà la questione di fiducia su questo provvedimento, impedendo ai parlamentari e al Parlamento di decidere su cose importanti e su singole proposte e non permettendo quindi ai parlamentari e ai gruppi di dare un contributo positivo anche rispetto ad un provvedimento che non condividono, per migliorarlo.
Diciamo, lo abbiamo detto ed è stato ripetuto da tanti colleghi, che almeno per tre o cinque anni i soldi che rientrano dovrebbero essere reinvestiti.

PRESIDENTE. Onorevole Carella, la invito a concludere.

RENZO CARELLA. Occorre introdurre regole davvero cogenti se vogliamo cogliere questa occasione per finanziare la ripresa, altrimenti è un provvedimento che premia i furbi e chi, violando le leggi, ha evaso non contribuendo al funzionamento dello Stato. In tema di condono l'Italia non gode di buona fama, sopratutto per l'azione dei Governi di centrodestra in tali materie; se poi si allarga a dismisura fino a farlo diventare una amnistia, viene uccisa la credibilità del Paese e dello Stato di fronte a milioni di cittadini e di contribuenti onesti.
In Francia ad esempio, come in altri Paesi, l'ultimo condono risale agli anni Ottanta. Vi è oggi una misura fiscale che somiglia allo scudo fiscale che stiamo discutendo, ma che è differente nella sostanza: in primo luogo, non vi è la garanzia dell'anonimato (non voglio ripetere le cose qui dette, ma permettiamo di «pulire» i soldi che sono stati accumulati illecitamente con reati e che ora vengono riportati in Italia con la garanzia dell'anonimato); in secondo luogo, le aliquote che in altri Paesi vengono pagate sono certamente maggiori rispetto alle nostre.
Partiamo da una posizione di debolezza, perché non abbiamo portato avanti insieme all'Europa una battaglia contro i paradisi fiscali, come sta facendo l'America, che si è fatta consegnare, dopo una forte azione, elenchi di migliaia di persone, e oggi è più forte nell'incentivare il rientro. Noi, invece, dobbiamo pietire il rientro, incassando una misura del 5 per cento, Pag. 72varando un'amnistia, non obbligando ad un investimento unitario di questi capitali, non perseguendo i detentori di capitali frutto di riciclaggio, corruzione, attività legate alla criminalità organizzata. Il cittadino onesto, esterrefatto, attonito, non riesce a vedere l'utilità pubblica di questa operazione, l'interesse collettivo che possa giustificare una atto così forte, eccezionale, e carico di elementi diseducativi. Voi giustificate tutto, riaffermando che servono i fondi per affrontare la crisi, per aiutare le categorie meno abbienti e le imprese, ma non dobbiamo scordarci che il gettito di questa operazione è pari alle risorse che avete buttato per fare un'operazione demagogica sbagliata, e ingiusta, come quelle di esentare dal pagamento dell'ICI sulla prima casa chi se lo poteva permettere ed era giusto che avesse continuato a pagare (non può avere lo stesso trattamento chi, parlando di Roma, abita a Corviale, o a Tor Bella Monaca, rispetto a chi ha un appartamento di lusso in via del Corso o ai Parioli). Non può avere la stessa esenzione chi ha un reddito di 15 mila euro l'anno e chi ha un reddito di 40, 50, 100 mila euro, o più, all'anno. Quella è stata una manovra ingiusta per la povera gente e di favore di chi è abbiente. Per recuperare quella mancata entrata, mettete in campo un provvedimento che devasta la credibilità dello Stato. A quando la riduzione fiscale per le famiglie con figli e per i redditi medio-bassi?
Questo condono crea disparità tra gli stessi evasori, soprattutto nei confronti di quelli che hanno evaso senza andare a Lugano, o alle Mauritius, e che sono stati perseguiti senza sconti. Quanti commercianti, quanti artigiani che non sono a arrivati alle isole Cayman hanno dovuto pagare e oggi si vedono trattare in maniera iniqua rispetto a chi, pagando il 5 per cento, mette una pietra tombale sui suoi comportamenti illeciti. Si tratta di contribuenti che hanno sottratto risorse alla collettività; non viene premiato l'atto, perseguito senza sconto. Vogliamo dire basta ad una politica che premia i furbi, assolve i criminali e sostiene i prepotenti. Vogliamo dei provvedimenti e delle politiche che difendano milioni di cittadini onesti, che lavorano e contribuiscono al buon funzionamento dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Madia. Ne ha facoltà.

MARIA ANNA MADIA. Signor Presidente, vorrei iniziare il mio intervento richiamando l'attenzione del Governo, e della Presidenza, rispetto ad un emendamento che ho presentato insieme ai colleghi Schirru, Gatti e Argentin, che la presidenza ha dichiarato inammissibile. Noi chiaramente ci atteniamo al giudizio della presidenza, però, vorrei in questa sede spiegare le motivazioni di questo emendamento che, peraltro, ha un contenuto simile ad uno approvato in un ordine del giorno al Senato pochi giorni fa, quando è stato approvato questo decreto correttivo. L'emendamento si riferisce a all'articolo 17, comma 7 del decreto-legge precedente, n. 78...

PRESIDENTE. Onorevole Madia, le chiedo scusa se la interrompo, ma si riferisce alla presidenza della Commissione, perché le ammissibilità non sono state ancora valutate da questa Presidenza.

ROBERTO GIACHETTI. Era un invito alla Presidenza.

MARIA ANNA MADIA. Sì signor Presidente, mi riferivo alla presidenza della Commissione.
In parte l'articolo 17 è stato modificato da questo decreto, ed è l'articolo che si riferisce al blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione. Qual è il problema? Il problema è che in particolare nel comma 7 si fa riferimento a delle non meglio definite disposizioni di carattere speciale. Dato che non vi è un riferimento più esplicito, non si capisce se in queste disposizioni di carattere speciale sono esclusi o meno i lavoratori portatori di disabilità, cioè quei lavoratori che dovrebbero essere assunti in base alla legge n. 68 del Pag. 731999. Questo sta già creando dei problemi in diverse amministrazioni, ad esempio al Ministro per i beni e le attività culturali risulterebbe che ben sedici giovani portatori di disabilità stanno avendo in questi giorni il blocco della loro assunzione. È inutile che vi dica quanta preoccupazione tutto questo sta suscitando tra le persone disabili, tra i loro familiari, e tra le diverse associazioni.
Allora, chiederei al Governo, che qui è presente con il sottosegretario, anziché far presentare a noi del Partito Democratico un ordine del giorno che poi con grande probabilità verrà accolto, una presa di posizione chiara anche perché il 2 e 3 ottobre si terrà la Conferenza nazionale sulla disabilità, e la presa di posizione chiara è semplicemente nel dire esplicitamente se nel comma 7 dell'articolo 17 del precedente decreto-legge siano escluse o meno le assunzioni in base alla legge n. 68 del 1999. Credo che questo sia un aspetto molto importante, anche perché se questa presa di posizione chiara non ci fosse da parte del Governo sarebbe l'ennesima prova - purtroppo - del modo in cui il Governo sta affrontando questa crisi. Ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento anticrisi, anzi questo è un decreto correttivo anticrisi che modifica un provvedimento anticrisi, e di fatto oggi, dopo mesi di provvedimenti anticrisi, il Ministro dell'economia e delle finanze, Tremonti, dice che bisogna fare in fretta, il che sembrerebbe quasi un po' paradossale. Ciò sembrerebbe però dare ragione a quella che è stata la critica dell'opposizione del Partito Democratico in questi mesi rispetto ai diversi provvedimenti anticrisi. In altre parole noi ci siamo trovati di fronte ad una narrazione della crisi da parte del Governo e della maggioranza molto particolare, strana, con aggettivazioni surreali - la crisi è psicologica - e quasi sembrava che far fronte alla crisi significasse non far nulla, non far nulla soprattutto nei confronti dei più deboli, quindi dei precari, delle donne e degli immigrati.
Questo si può vedere da vari aspetti dei diversi provvedimenti che sono stati sottoposti alla nostra attenzione in questi mesi e quindi mi auguro che invece di voler fare in fretta il Ministro Tremonti venga a ribaltare questa situazione, perché - vede - rispetto a queste categorie che non sono state sostenute la filosofia del Partito Democratico è una filosofia esattamente opposta. E non è soltanto per solidarietà che pure sarebbe un valore che basterebbe in sé, ma perché noi crediamo che, per quanto riguarda i lavoratori precari dove ci sono soprattutto giovani, giovani qualificati, giovani che hanno studiato, dove ci sono soprattutto donne (ormai tutti gli studi economici ci dicono che il nostro PIL potrebbe crescere soltanto con l'intervento del lavoro femminile, con la contribuzione del lavoro femminile, così come per gli immigrati), solo sostenendo oggi queste categorie è possibile dare un futuro al nostro Paese, è possibile far ripartire il PIL e lo sviluppo del nostro Paese. Invece, ancora in questo decreto anticrisi abbiamo trovato una disattenzione completa del Governo rispetto a determinate categorie di lavoratori. Non voglio parlare in astratto. In fondo noi in questo provvedimento abbiamo trovato incentivi alla autoimprenditorialità, per chi? Per chi aveva la cassa integrazione, ma per tutti coloro scoperti da qualunque tipo di cassa integrazione - che ahimè sono i più deboli - non è previsto nulla. Nel pensiero del Governo rispetto a questa crisi non vi è alcuna previsione di contrasto alla crisi per i precari.
Del resto questo è confermato dal Ministro Brunetta che in un articolo da lui firmato su Il Sole 24 Ore del 24 settembre scorso afferma che il mercato del lavoro italiano ha tenuto perché in larga misura la perdita di occupazione investe i lavoratori a termine e i collaboratori cioè i segmenti più deboli. Quindi è il Ministro Brunetta stesso che ammette che sono stati investiti i segmenti più deboli ma dice anche che ciò comporta perdite di benessere meno gravi, offrendo cioè la giustificazione che, dato che sono più deboli in partenza, non sostenerli in fondo procurerà una perdita di benessere meno grave a tutta la società. Pag. 74
Il tanto sbandierato bonus precari che il Presidente del Consiglio è andato a sbandierare anche in diverse trasmissioni televisive, vorrei ricordare che riguarda soltanto i precari e i lavoratori a progetto, quindi nulla è previsto per le finte partite IVA, per i collaboratori coordinati e continuativi. Vi sono studi che dimostrano che il Governo ha imposto criteri talmente restrittivi che qualora tutti i lavoratori a progetto perdessero il lavoro soltanto uno su otto avrebbe diritto a questo bonus, che consiste nel 20 per cento di quello che era il reddito percepito. Pertanto se un lavoratore percepiva 800 euro, per capirci avrà diritto a 160 euro al mese. Questo forse avviene perché il Ministro Sacconi ha detto che dei giovani non bisogna preoccuparsi. Anche qui ho la sua dichiarazione del 20 luglio scorso: «Bisogna uscire dalla pietosa retorica dei giovani». Eppure l'OCSE ci ricorda che in Italia sono proprio i giovani e in particolare i giovani precari l'anello debole che sta pagando più di tutti questa crisi. Vorrei chiedere al Ministro Tremonti che ha detto che ci sono risorse inimmaginabili per gli ammortizzatori sociali perché in questo decreto-legge correttivo non ha corretto anche questo aspetto che mi sembra un aspetto fortemente critico. Altro aspetto fortemente critico sempre rispetto a questo decreto-legge correttivo, è il fatto che nel decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78 il Ministro Brunetta ha fatto un'apertura al Partito Democratico posticipando i termini di stabilizzazione per i precari della pubblica amministrazione. È una battaglia che abbiamo portato avanti e il Ministro ha posticipato i termini di un anno e mezzo, andando oltre i termini che erano stati dati dal Ministro Damiano nel precedente Governo, salvo poi non cambiare la norma introdotta dal suo Governo del 10 per cento del blocco del turnover nelle pubbliche amministrazioni. Quindi, ci troviamo di fronte ancora una volta ad un Governo che fa una politica paradossale, schizofrenica per la quale fa una parziale marcia indietro ma poi non fa una marcia indietro necessaria per risolvere davvero il problema. Anche qui ci saremmo aspettati in un decreto correttivo che vi fosse la revoca di questo 10 per cento del turn over nella pubblica amministrazione.
Mi dilungo ancora per dimostrare che questo decreto-legge anticrisi e, in generale, la strategia anticrisi del Governo è una strategia che vuole penalizzare i più deboli, che ha voluto farlo, signor Presidente, anche nel modo in cui ha proposto l'aumento dell'età pensionabile delle donne. Nessuno di noi è contrario al fatto che le donne scelgano volontariamente di lavorare di più per percepire una pensione più alta. Credo che andiamo incontro a dei tempi nei quali questo sarà ancora più necessario. Qual è il problema? È stata la strumentalizzazione che ha fatto il Governo e soprattutto la strumentalizzazione che ne hanno fatto alcuni Ministri, in particolare il Ministro Tremonti e il Ministro Brunetta, che sono andati a dire all'esterno che i soldi risparmiati verranno restituiti alle donne. Nell'articolato leggo che i soldi verranno concentrati in un Fondo generale per l'economia reale. Anche qui dopo quelle interviste mi sarei aspettata che in questo decreto-legge correttivo vi fosse una correzione e che si dicesse chiaramente che quei soldi devono andare alle donne, che significa andare a proporre norme che per davvero consentano alle giovani donne italiane di avere i figli che desiderano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Oggi in Italia non nascono più bambini ma non perché le giovani donne hanno cambiato obiettivi e desideri ma perché soprattutto al sud le giovani donne non lavorano, perché quando lavorano hanno un lavoro precario, hanno un lavoro sottopagato e non ci sono gli asili nido e hanno il problema di avere una casa.
Quindi sui provvedimenti specifici il Governo aveva solo l'imbarazzo della scelta.
Anche sugli immigrati si utilizza una tecnica che ormai vediamo spesso dall'inizio di questa legislatura: il Governo porta avanti un provvedimento socialmente inaccettabile (penso alla legge sulla sicurezza) e poi fa una parziale marcia indietro; infatti, neanche qualche mese, ma qualche Pag. 75settimana dopo, ha proposto nel decreto-legge n. 78 la regolarizzazione per colf e badanti irregolari. Noi avevamo chiesto che tale regolarizzazione coprisse tutti i lavoratori irregolari che in questo momento lavorano in Italia (penso, ad esempio, ai lavoratori edili e ai metalmeccanici). Infatti, questo modo di differenziare e di dividere le persone in un momento di crisi, anziché di unirle, secondo noi è assolutamente sbagliato, a maggior ragione nel momento in cui oggi ci proponete un'altra sanatoria, lo scudo fiscale, che viene esteso: quindi una sanatoria minima per i deboli e massima per i forti.
Dunque, concludo proprio con lo scudo fiscale, che peraltro è l'elemento maggiormente critico nel decreto correttivo che oggi discutiamo: si prevede il rientro di capitali con la depenalizzazione dei reati ad essi connessi. È della scorsa settimana, mi pare, quella che penso sia una delle poche frasi del Presidente Berlusconi che mi ha reso orgogliosa come italiana: il Presidente ha detto che la lotta alla speculazione passa anche per l'abolizione dei paradisi fiscali. Allora, io davvero non capisco e come cittadina italiana chiedo spiegazioni al Governo sul senso di quell'affermazione, se poi si approvano leggi che sempre di più vogliono trasformare il luogo in cui siamo, il luogo in cui viviamo, il nostro Paese in un paradiso fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, il Governo ha presentato il provvedimento in esame come un semplice aggiustamento di natura tecnica del decreto-legge di luglio, in particolare per la parte relativa allo scudo fiscale. Già allora noi vi avevamo detto che, a fronte della grave crisi economica che il Paese stava vivendo, preferivate concentrarvi, piuttosto che sulle misure anticrisi, sull'ennesimo condono che premia chi evade, chi viola la legge e chi inganna i cittadini onesti che pagano le tasse e fanno il loro dovere.
Oggi quanto detto a luglio acquista ancora più valore: per ironia della sorte, voi avete approvato questa proposta di decreto correttivo in contemporanea con la legge finanziaria, una legge finanziaria vuota ed insulsa. Emerge quindi una distanza siderale tra i bisogni del Paese e gli indirizzi del Governo. Il Governo non è in grado di presentare alcun progetto di politica economica di ampio respiro, capace di invertire la situazione che conosciamo tutti. Questo è un Paese dove vi è il crollo del PIL, vi è l'aumento del debito pubblico, vi è l'aumento del deficit, vi è un avanzo primario costruito dal Governo Prodi e che torna con voi oggi ad essere disavanzo primario, vi è meno produzione industriale, vi è un aumento della disoccupazione, vi è un aumento della pressione fiscale, vi è il crollo delle entrate tributarie, vi è l'aumento dell'evasione fiscale, vi è la spesa della pubblica amministrazione fuori controllo. I numeri sono lì a dimostrarlo e dicono l'impietosa verità. Non citerò neanche un numero, ma dico solo una cosa: secondo le vostre previsioni, quelle che avete messo nel DPEF, noi torneremo a produrre la stessa ricchezza che producevamo nel 2007 - vi ricordate quando dicevate che il Governo Prodi affamava gli italiani? - solo nel 2013.
Allora, se questa è la situazione, noi ci saremmo aspettati una correzione, un decreto correttivo, magari, in una manovra inefficace ed inutile, posso dire anche con decreto correttivo, signor Presidente, così il Ministro Tremonti sarebbe rimasto fedele al suo vezzo accademico di poter dire al Paese che aveva fatto una finanziaria inutile, ma avremmo comunque discusso in una sede delle soluzioni da dare allo stato di crisi del Paese.
Invece niente: è la beffa, una presa per i fondelli. Eravamo prima con la collega Madia, abbiamo guardato le agenzie insieme, abbiamo visto sulla prima pagina di tutti i giornali italiani on line la dichiarazione del Ministro Tremonti che bisogna agire e che occorre farlo subito. Che cos'è, una presa in giro, una beffa? Questo è stato il mio giudizio e le assicuro che in sede privata anche il commento dell'onorevole Pag. 76Madia è stato ben più colorito dell'aggettivo «paradossale» che ha usato adesso. Ciò giustamente, perché stiamo discutendo di una finanziaria inutile, di un provvedimento che con la crisi del Paese non c'entra niente e il Ministro Tremonti dichiara oggi che occorre agire e che occorre farlo in fretta.
Come ha detto la collega Ferranti, sapevamo che alla fine sareste andati a parare sullo scudo fiscale e quindi ingenuamente ci aspettavamo che se foste intervenuti sullo scudo fiscale, avreste dovuto fugare - come ci avevate assicurato - da un punto di vista tecnico alcuni dubbi proprio relativi all'applicabilità dello scudo fiscale, magari prevedendone e chiarendone l'esclusione delle fonti provenienti dal riciclaggio e dalla corruzione. Già il decreto-legge di luglio presentava problemi di interpretazione su questo punto. È giusto, perché i soldi che stanno all'estero hanno avuto origine dall'evasione fiscale, dal riciclaggio e dalla corruzione. Conoscendovi, ci aspettavamo naturalmente che ci fosse l'evasione fiscale, ma pensavamo che con un decreto correttivo avreste escluso la corruzione o il riciclaggio dal provvedimento e che quindi non si sarebbe applicato lo scudo fiscale: i soldi provenienti da queste fonti non avrebbero potuto essere lavati. Invece no, avete superato voi stessi e le modifiche apportate nel corso dell'esame al Senato, che oggi stiamo discutendo alla Camera, hanno ampliato i reati penali esclusi proprio dalla punibilità. A luglio vi abbiamo detto: premiate chi non ha pagato le tasse, l'evasione e i furbi e aggirate il principio della contribuzione su cui si regge il nostro Paese. Ora vi diciamo che andate ben oltre: chiarite tecnicamente, come dite nella relazione introduttiva al provvedimento, che queste disposizioni si applicano proprio ai corruttori e a chi ricicla denaro sporco. Lo chiarite bene, avete fatto uno sforzo tecnico di livello, ne siamo convinti.
Siete dentro insomma a quel filone della storia d'Italia caratterizzato da un intreccio tragico tra capitale illecito, malaffare, mafia e poteri occulti. Infatti, a quali fattispecie permettete di usufruire della procedura di rimpatrio e di regolarizzazione? Dichiarazione fraudolenta ai fini dell'imposte sui redditi e dell'IVA, mediante l'utilizzo di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti (reclusione prevista da 1,5 a 6 anni); dichiarazione fraudolenta ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA mediante utilizzo di artifizi contabili (reclusione da 1,5 a 6 anni); occultazione e distruzione di documenti finalizzati all'evasione delle imposte (reclusione da sei mesi a 5 anni); false comunicazioni sociali (fattispecie che volgarmente viene definita «falso in bilancio» e che voi conoscete bene, essendovene già occupati nella scorsa legislatura).
Non si può dire che l'opposizione è strumentale, becera, sfascista. La legge è legge, la norma è norma, in claris non fit interpretatio: c'è poco da interpretare Questo avete scritto e con queste norme ci confrontiamo. Ha preso forma questo nuovo mostro di scudo fiscale, esteso anche alle società partecipate o collegate all'estero, che introduce la non punibilità di una serie di reati societari, che elimina, per le condotte che portano al rimpatrio di capitali, l'obbligo della denuncia delle operazioni sospette, che elimina le azioni di contrasto al crimine organizzato con particolare riferimento all'aggressione dei patrimoni mafiosi e al riciclaggio di denaro illecitamente prodotto dalle organizzazioni criminali e che vanifica tutta la normativa sul contrasto ai patrimoni mafiosi, in particolare - altri colleghi lo hanno detto - l'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007, peraltro introdotto in attuazione di misure internazionali contro il terrorismo e la criminalità organizzata, come ricordavano altri colleghi.
Cosa dire poi della questione principale, ossia di quella garanzia di anonimato accordata a chi aderisce allo scudo? Ricordava adesso la collega Madia di essersi sentita orgogliosa quando in televisione - da New York o da Pittsburgh, non ricordo dove fosse - il Presidente del Consiglio ha dichiarato che occorre condurre una lotta dura contro i paradisi fiscali. Pag. 77
Ma quale credibilità abbiamo, approvando queste norme? Che credibilità abbiamo quando dichiariamo guerra ai paradisi fiscali? Siamo noi gli amici dei paradisi fiscali, siamo noi che incentiviamo l'illegalità, siamo noi che diamo asilo politico o, meglio, asilo economico (perché l'asilo politico, lo sappiamo bene, viene negato ai profughi e ai rifugiati che ne hanno diritto) a chi viola le norme antiriciclaggio e le norme per un'economia mondiale sana e pulita.
In definitiva, ciò che ci si propone e ci si chiede di votare è un'amnistia, che coprirà non solo i reati tributari e le violazioni contabili, ma anche, appunto, i reati di riciclaggio e perfino di corruzione, perché è chiaro che se non si possono identificare i titolari di capitali in entrata, qualsiasi indagine è vana, qualsiasi fattispecie può essere condonata e qualsiasi criminale può accedere a questa misura di regolarizzazione.
Ma le cose potevano andare peggio, visto che nel testo originale del famigerato emendamento Fleres era addirittura previsto che tutti gli atti acquisiti in occasione della pratica per il rimpatrio di capitali erano assolutamente inutilizzabili in ogni procedimento, in qualunque stato e grado e per qualunque reato. Ma anche la disposizione, che inizialmente ci ha visto favorevoli, sulla non applicabilità dello scudo ai reati penali in corso, è rimessa in forse da interpretazioni non chiare, perché non si è capito bene, dalla norma che stiamo approvando, quando scatta l'esclusione.
Inoltre, voi consentite di far rientrare i capitali dall'estero pagando soltanto il 5 per cento anche qualora si venisse a scoprire che da questa operazione sono state violate norme molto gravi del nostro sistema. Avete trasformato, come hanno già detto altri colleghi, tutto ciò in un'amnistia mascherata, sollevando un problema di legittimità costituzionale; e poi, per giunta, questa «roba» qui che ci avete proposto e che ci apprestiamo ad approvare non è detto che sia efficace. Innanzitutto, non è detto quanto riuscirete a racimolare, né che sia efficace, perché non è vero né sicuro quello che il Governo e il Ministro Tremonti dicono, cioè che le risorse del condono andranno alle famiglie, perché quei soldi, in quanto anonimi, probabilmente non rimarranno in Italia, poiché se verranno impiegati in Italia saranno tassati al 43 per cento e, dunque, forse possono prendere altre vie e altre destinazioni.
Questo provvedimento, signor Presidente, come avrà capito dopo sette ore di dibattito, è un'offesa per questo Parlamento, per l'Italia e per quei cittadini che al momento in cui ricevono il trattamento di fine rapporto vengono tassati dal 27 al 33 per cento, o per quei cittadini che pagano le tasse con un'aliquota fiscale che non solo non avete diminuito, ma che avete persino aumentato. Insomma, fate rientrare e lavare i capitali al 5 per cento, ma all'operaio, al metalmeccanico e al lavoratore che va in pensione continuate a prendere il 27 per cento sulla liquidazione e addirittura, offese delle offese, chiedete ai terremotati dell'Abruzzo di pagare tutto e subito, in via anticipata anche rispetto a quanto sarebbe necessario, visto quello che è successo in Abruzzo, mentre permettete ai soliti noti, appunto, di lavare i loro capitali illeciti accumulati all'estero.
Spero, signor Presidente, che questo Parlamento abbia un sussulto di dignità e che non approvi questo provvedimento, anche a costo di negare la fiducia al Governo. Stiamo approvando le leggi razziali del diritto tributario e ogni parlamentare che voterà a favore dovrebbe vergognarsi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, stiamo vivendo con apprensione questa particolare fase della vita politica. Si moltiplicano gli episodi nei quali il merito dei problemi in discussione viene travolto dall'affermarsi di un confronto dialettico caratterizzato da eccessi concettuali e verbali. Da un lato, sembra crescere nella maggioranza di Governo una specie Pag. 78di ossessione per la critica e per il confronto e un basso tasso di tolleranza per una dialettica politica che pone sullo stesso piano di parità democratica la maggioranza e l'opposizione.
Una sorta di complesso da lesa maestà, che mal si addice all'ancora ampio consenso popolare che la sostiene e che rivela una preoccupazione sulla propria coesione ben superiore alle apparenze ed una incertezza sulle proprie buone ragioni e sul proprio operato.
La democrazia o è solida o è in pericolo. Se, come sostengono i massimi esponenti della maggioranza, essa non è in crisi, allora perché temere la critica, che della democrazia è una delle componenti, anche quando questa è dura, sferzante, addirittura strumentale e non obiettiva?
Il punto, a me sembra, è un altro: in più occasioni, per tutta l'estate e da ultimo nei discorsi tenuti da Ministri e politici ai convegni e alle feste del Popolo della Libertà (in particolare, a Cortina e a Milano) abbiamo sentito manifestare una vocazione che, più che maggioritaria, sembra essere esclusiva, totalizzante. Affermazioni del tipo: noi rappresentiamo tutto il Paese, noi siamo la sola cultura, la vera tradizione, noi rappresentiamo «la» identità nazionale, si sono ripetute in un crescendo di autoesaltazione individuale e collettiva. Attenzione, non si dice «noi garantiamo tutto ciò», ambizione legittima per chi vuole governare e pensa di godere di un consenso maggioritario, bensì «noi siamo». La differenza non è affatto sottile, ma clamorosa.
Come sappiamo, uno spostamento di un grado nella determinazione della rotta appare all'inizio del percorso poca cosa, ma alla lunga ci porta ben lontano ed altrove. Intere biblioteche sono a disposizione di tutti questi uomini politici e di cultura per rammentarci gli esiti di questo scambio di percezione, di questa deviazione dal percorso liberale. Nessuno sinceramente democratico può, per quanto consenso popolare accumuli, sostenere di essere da solo tutto il Paese, tutto lo Stato, tutta la nazione.
Dall'altro lato, sopravvivono in alcuni settori dell'opposizione - riconosciamolo - mentalità e modalità di esercitare le proprie prerogative che si allontanano dall'obiettivo fondamentale che è quello di contestare sì il Governo e le sue scelte, ma qualificandosi al tempo stesso come un'alternativa credibile proprio agli occhi della maggioranza, di quel popolo sovrano che decide le maggioranze politiche.
Se, come sostengono costoro, la democrazia è in pericolo, non è certo esasperandone i contorni che la si rafforza, anche perché l'esito potrebbe addirittura essere controproducente, nel senso che si dà spazio ad una contropropaganda che riduce gli spazi di confronto, anziché ampliarli.
Insomma, la maggioranza rinunci a perseguire un'idea totalizzante e parti delle opposizioni abbandonino ogni, anche involontaria, espressione eversiva. Non sto facendo, signor Presidente, una perorazione astratta, ingenua o inutilmente retorica, sto invece ponendo un problema politico poiché, signor Presidente e cari colleghi, anche in politica vale la regola che la maggioranza ha l'opposizione che si merita e viceversa.
Avverto (avvertiamo in molti, oltre gli schieramenti, le culture, le appartenenze e le formule politiche, e chissà che non scopriamo che si tratti di un'area ben più ampia di quanto appare) la necessità e l'urgenza di rompere questa spirale, anche perché l'esito di questo combinato disposto è che alla fine mette sempre in sintonia tra loro i falchi degli opposti estremismi, ed è quello di offuscare il merito e spostare la polemica politica dai contenuti alle formule, mentre - diciamolo senza ambiguità - è il merito delle scelte del Governo che ci appare sempre più sbagliato, inadeguato e negativo.
Ed è da questo merito sbagliato che emerge nell'azione di Governo, una mentalità ed una pratica ben diversa da quanto viene predicato nelle dichiarazioni. E l'offuscamento del merito è esattamente quanto sta rischiando di accadere anche in Pag. 79questa occasione. Stiamo discutendo di un provvedimento sbagliato, sia dal punto di vista procedurale, che nel contenuto.
Dal punto di vista procedurale perché abbiamo a che fare con un inedito: come sappiamo si tratta di un provvedimento correttivo di un decreto-legge. In una situazione di normalità istituzionale, e non di costante emergenza, quale invece teorizza e pratica il Governo con le sue decine di voti di fiducia e di decreti-legge, basterebbe questo aspetto della questione ad aprire un serio e rigoroso dibattito parlamentare.
La decisione di correggere il decreto-legge di fine estate è formalmente motivata dalla necessità di migliorarlo su alcuni aspetti non emersi e dunque non risolti nella prima stesura.
Non è così. Il dibattito sul decreto-legge originario è stato esplicito e le problematiche contenute in questo provvedimento correttivo erano state tutte ben presenti allora ed erano state oggetto di confronto e di scelte.
Le ragioni della nostra opposizione allo scudo-condono sono note. Le abbiamo illustrate diffusamente in occasione del provvedimento che lo ha introdotto, o meglio che lo ha reintrodotto. Infatti, come sappiamo, il Ministro Tremonti è un fertile produttore di condoni che non hanno mai dato i risultati promessi. Ciononostante insiste e che questo scudo fiscale sia un condono ormai è difficile negarlo.
Il decreto-legge correttivo, inoltre, non risolve alcuna delle obiezioni da noi formulate e, anzi, le aggrava. Il decreto-legge correttivo prevede che, sotto l'aspetto finanziario, il Governo ha stimato un'entrata di un euro. Sappiamo però che si spera di ottenere una cifra che si aggira tra i 3 e i 4 miliardi. È certamente una cifra importante, ma che non consentirà una svolta nel preoccupante deficit del bilancio pubblico. Certamente, viste le condizioni di finanza pubblica, niente è da sottovalutare e, tantomeno, da buttare. Però c'è da chiedersi se il gioco valga la candela. Se cioè la scelta di allentare le maglie del controllo fiscale, di consentire un'operazione che allenta il rigore etico, che favorisce coloro che hanno evaso, penalizzando di conseguenza gli onesti, sia compensata dalla prospettiva incerta di un'entrata light (per usare la definizione che il Governo stesso ha dato del proprio disegno di legge finanziaria per il 2010 e che ha la stessa consistenza finanziaria di quanto si spera si derivi dallo scudo). La nostra opinione è che questo scambio non sia accettabile sul piano del senso civico e che, anzi, si rivelerà dannoso. La cultura fiscale dei cittadini, infatti, ne esce depotenziata.
Il Governo italiano sta partecipando attivamente - non c'è alcuna ironia in questa affermazione - alla lotta promossa dalla Comunità europea ai paradisi fiscali. Nell'ultimo provvedimento economico pre-estivo, lo stesso che introduce lo scudo, è stato votato un provvedimento importante che abbiamo condiviso per mettere sotto controllo i flussi illegali di capitali. A maggior ragione c'è chiedersi, come è stato chiesto anche poco fa dai colleghi Calvisi e Madia, le ragioni di questo doppio comportamento del Governo: da un lato, un'adesione da ritenersi convinta alle direttive europee e, dall'altro, una concessione agli evasori.
Qualcuno può sostenere che non c'è contraddizione e che proprio la lotta ai paradisi fiscali necessita di un segnale equilibratore e distensivo verso quella parte dei mercati che guarda con timore alle manovre restrittive: uno scambio, insomma, ma si tratta di un argomento che non convince. I criteri con i quali i grandi evasori affrontano le loro scelte speculative non corrispondono a valutazioni di scambio. Forse, è proprio per questo che è sembrato non bastare il condono finanziario e che si è scelta la linea del condono penale. Ma così si peggiora la situazione e le ragioni degli evasori hanno il sopravvento sulle ragioni della legalità.
È difficile ascoltare per settimane lezioni di etica e di morale da parte di esponenti autorevoli del nostro Governo, assistere alla partecipazione ai convegni sulla dottrina sociale della Chiesa, sulle encicliche (soprattutto sull'ultima) da Pag. 80parte del nostro Ministro dell'economia, leggere contriti esami di coscienza sulla responsabilità del capitalismo, sulla necessità di darci nuove regole fondate sulla trasparenza e la legalità, sulla definizione delle quali peraltro proprio il nostro Paese, per merito del lavoro encomiabile del governatore Draghi, sta svolgendo un ruolo da protagonista e poi leggere nell'emendamento introdotto al Senato, con l'approvazione convinta del Governo, che il falso in bilancio è depotenziato e che le false dichiarazioni contabili sono prive di effetti giuridici.
Degli effetti penali dello scudo fiscale si era discusso nel mese di luglio, in occasione della stesura originaria. In quella sede, sia in Commissione sia in Assemblea e con dichiarazioni pubbliche rivolte al Paese e alle autorità internazionali il Governo escluse solennemente che lo scudo fiscale comprendesse qualsiasi condono fiscale. Che cosa è cambiato nel corso dell'estate per giustificare un voltafaccia così clamoroso?
Avevamo chiesto nella discussione in Commissione che il Ministro dell'economia e quello della giustizia venissero a rendere ragione di questa scelta. Le giustificazioni adottate non sono accettabili. Le motivazioni di merito, che il rappresentante del Governo, con molta serietà, presente in Commissione, ci ha fornito, hanno semmai aggravato il quadro. Infatti, non è stato invocato nessuno stato di necessità, ma è stato detto che, per il Governo, si tratta di una scelta convinta.
Se davvero gli impegni del Governo hanno impedito ai Ministri titolari di presentarsi in Commissione, vengano in quest'Aula nelle prossime ore. Non chiediamo uno slittamento del calendario; signor Presidente, ha ben diritto il Parlamento ad una discussione così rilevante o saremo semplicemente chiamati al voto di fiducia senza appello? Peraltro, per ironia della sorte, la stessa procedura della fiducia così utilizzata ed abusata ne esce depotenziata, visto che anche il decreto originale era stato approvato con il voto di fiducia e, proprio nel mentre la si votava, il Governo varava il nuovo decreto correttivo.
Ma non è soltanto la depenalizzazione dei reati fiscali gravi la novità di questa correzione. L'anonimato per chi usufruisce dello scudo è già di per sé una questione delicata, ma l'aggiunta dell'ultima ora, l'ampliamento cioè della discrezionalità dell'intermediario finanziario fino al punto di consentirgli di non dichiarare la provenienza sospetta dei capitali scudati o condonati, ha dell'incredibile. Abbiamo sollevato l'esplicita questione del riciclaggio e del terrorismo. Possiamo ammettere che chi sospetta questa illegale provenienza possa non denunciarla? Il senso è chiaro: una denuncia della provenienza sospetta può far scattare le indagini d'ufficio e la ricerca del colpevole, mettendo a rischio la garanzia dell'anonimato. Ma bisognerà ben distinguere, anche nell'ottica dei sostenitori dello scudo, tra la fuga dei capitali guadagnati legalmente in Italia e quelli accumulati da attività illecite! Nel primo caso si condona il reato di fuga di capitale, e ciò è già poco serio, ma nel secondo caso, che è quello previsto dalla legge che stiamo approvando, non solo si condona l'espatrio ma anche la loro illecita provenienza.
Qual è, cari colleghi della maggioranza - e tramite voi mi rivolgo a coloro che non sono presenti - che sostenete questo provvedimento, il limite (perché ci sarà un limite) che vi siete dati o che vi date? Esiste una regola alla quale rifarsi o non ci sono più regole? Se non appassionano le regole si affermi da parte dei supporter dello scudo almeno la convenienza per il Paese e per lo Stato. Riflettete, la tassa del 5 per cento è già bassa anche in riferimento a quanto adottato dagli altri Paesi europei, ma, di fronte al regalo della depenalizzazione dei reati fiscali (e l'elenco riportato oggi da una pagina intera del Il Sole 24 Ore è emblematico), potevate prestare un po' di attenzione agli interessi pubblici e non solo a quelli privati degli evasori. E non dico per un senso civico, ma almeno per un po' di cinismo amministrativo potevate almeno alzare la posta, potevate far sì che fosse prevista una qualche finalizzazione sociale, penso alla destinazione del ricavato Pag. 81ai terremotati dell'Abruzzo o, come richiesto da noi con un emendamento, alle vittime del disastro ferroviario di Viareggio.
Insomma, quello che stiamo votando è un condono a basso prezzo, anonimo, che non obbliga al rientro delle somme esportate, che giustifica il falso in bilancio, che consente di nascondere l'origine malavitosa del patrimonio evaso. Debbo dire che non trovo argomenti per accettarlo o mediazioni per condividerlo. Ma, in conclusione, signor Presidente e cari colleghi, poiché noi non ci limitiamo alla denuncia e non vogliamo lasciare nulla di intentato per correggere gli errori che fate, perché le conseguenze le pagano i cittadini e la democrazia, visto che ormai il danno istituzionale di un decreto correttivo di un decreto è già stato fatto, riutilizzate questa falla, riutilizzatela in queste ore per riparare almeno nel merito le più gravi decisioni contenute in questo provvedimento. Si accettino alcuni degli emendamenti rifiutati in Commissione o sia il Governo stesso a proporli e si tolgano da una legge comunque sbagliata quegli elementi perversi che la rendono non solo politicamente ma anche moralmente inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, ci siamo iscritti a parlare in molti noi dell'Italia dei valori, oltre che i valorosi colleghi del Partito Democratico, per esprimere ed interpretare lo sdegno degli italiani onesti che sono chiamati a valutare la portata di un decreto-legge che, eufemisticamente, viene chiamato decreto contenente misure anticrisi, ma che in realtà è un decreto profondamente produttivo di crisi: crisi economica, crisi morale e crisi sociale soprattutto.
Noi riteniamo che questo provvedimento sia un'ennesima truffa politica che viene perpetrata, o che si vuole perpetrare - speriamo che non vada a compimento, ma abbiamo qualche dubbio - in danno del Presidente della Repubblica, in danno del Parlamento e in danno degli italiani. È in danno del Presidente della Repubblica, perché il provvedimento in esame prosegue e conferma il vizietto di questo Governo di far firmare al Presidente della Repubblica decreti-legge in un testo striminzito, esiguo, tale che possa passare al vaglio del Presidente della Repubblica stesso per poi impinguarlo, stravolgerlo e farlo arrivare alla fine dell'esame, magari facendo presentare ipocritamente gli emendamenti ai parlamentari, con un testo profondamente diverso e comunque contenente norme profondamente lesive del dettato costituzionale.
Questo Governo è ricorso molte volte a tale giochetto, ce l'ha come vizio, quello di approvare e presentare decreti-legge, modificarli, stravolgendoli nel Parlamento e poi magari porre la questione di fiducia, come accadrà anche in questo caso. È una beffa. Credo che questa offesa alle prerogative del Capo dello Stato oramai debba cessare e confidiamo che il Capo dello Stato, finalmente e con determinazione, difenda la Costituzione.
È un'ennesima truffa in danno del Parlamento perché siamo chiamati soltanto a ratificare questi trucchi che vengono portati e siamo chiamati ad essere dei notai di decisioni che scavalcano le prerogative del Parlamento e dei parlamentari. Oramai sono tante le volte in cui avete inflitto questa offesa al Parlamento, che avete costretto a votare provvedimenti che hanno perso per strada i loro connotati, che ci vengono sottoposti per un'espressione di fiducia e qualche volta mettete la fiducia contro voi stessi perché non vi fidate dei voti della vostra stessa maggioranza. In ogni caso, è una truffa in danno del Parlamento.
È una truffa anche in danno degli italiani. Da tempo, noi dell'Italia dei Valori parliamo in Parlamento, ma non perché ci ascolti il Parlamento o il Governo soprattutto, ma perché ci ascoltino i cittadini italiani, magari quelli che adesso sono collegati a qualche radio, che seguono la diretta audio-video della seduta perché hanno ansia di capire cosa sta accadendo Pag. 82in quest'Aula o che magari stanno guidando la macchina o i TIR durante il loro lavoro notturno. Parliamo anche per il Presidente della Repubblica, che sappiamo essere attento osservatore di quello che qui accade e parliamo per la Corte costituzionale, che potrebbe essere chiamata a decidere e a valutare la costituzionalità dei provvedimenti. Lo diciamo con molta umiltà, offrendo elementi di valutazione.
Noi qui stiamo parlando di una cosa che gli italiani sanno, ma che è bene ripetere: con questo provvedimento si premia chi ha evaso le tasse, chi ha portato i capitali all'estero. Lo si premia per un pugno di euro, al 5 per cento, al tasso legale; lo si premia, gli si fanno riportare i capitali, ma non solo: si impedisce che si sappia, perché questa è una responsabilità solo degli intermediari, chi ha evaso le tasse, chi ha portato i capitali all'estero, chi li ha riportati in Italia. Perché è importante che non ci sia l'oblio, che non ci sia l'oscurità su chi si è comportato in questo modo?
È importante per una duplice ragione: perché è giusto che i cittadini sappiano chi ha violato le regole, chi ha evaso le tasse, chi ha portato i capitali all'estero. In questo modo con l'oscuramento sui fatti non si verifica la riprovazione sociale che in una situazione di controllo sociale ordinario è necessario che ci sia. Ma c'è una conseguenza ancora più negativa dell'oscuramento sui dati e sulle notizie, ovvero il fatto che l'autorità giudiziaria - o quella che procede - non può valutare se questi comportamenti sono o meno connessi con reati anche gravi, come quelli di terrorismo, di mafia e di corruzione.
Poco prima delle ferie estive noi abbiamo approvato un provvedimento, la Convenzione ONU sulla lotta alla corruzione in cui questi comportamenti erano sanzionati gravemente. Questo provvedimento va anche contro quello che lo stesso Parlamento ha approvato in ordine alla lotta alla corruzione, ovvero alla capacità di ampliamento delle possibilità di indagine da parte della polizia giudiziaria e nel senso del recupero a favore dello Stato delle somme frutto di reato.
Non solo non si ha il sequestro e la confisca delle somme che costituiscono oggetto e prodotto del reato, ma si ha addirittura l'impossibilità per l'autorità giudiziaria di indagare sulle ragioni di questi fatti. Di questo stiamo discutendo, ovvero di un provvedimento che vuole impedire che lo Stato abbia strumenti di indagine sui fatti delittuosi di questo genere sia nel modo che abbiamo detto, sia con la norma restrittiva del potere di indagine della Corte dei conti ai casi in cui vi sia soltanto una concreta notizia di danno per lo Stato.
Vedremo in un secondo momento sotto il profilo della incostituzionalità quale rilievo hanno questi punti. In questo momento ci interessa verificare che il provvedimento in esame si inserisce in una cultura, o meglio in una sottocultura del perdonismo e del condonismo che è propria e tipica di questa maggioranza di centrodestra. È una cultura del perdonismo e del condonismo che voi avete praticato continuamente e costantemente: condonismo fiscale, penale, urbanistico e in materia di rifiuti. In tutte le occasioni che vi capitano c'è sempre il provvedimento che mette una pietra sopra ai disastri che hanno combinato i manager e in tutti i modi cercate sempre di coprire e di sopire le porcherie fatte.
Voi motivate il provvedimento con la necessità di trovare i soldi, ma è di questi giorni la notizia che la Guardia di finanza ha fatto un'operazione importante di scoperta di capitali illecitamente costituiti all'estero. Sono indagini che hanno riguardato imprenditori, sportivi (automobilisti o ciclisti), categorie e persone nei confronti delle quali si è dimostrato - proprio mentre voi vorreste farci approvare una norma che cancella tutto - che se la Guardia di finanza svolge gli accertamenti, ha la possibilità di verificare queste violazioni con un vantaggio enorme per lo Stato. Voi sapete, infatti, che le somme prodotto del reato possono essere confiscate. Quelle accertate in questi giorni verranno confiscate e tutte le altre (di chi è stato più furbo) non solo non verranno confiscate, ma potranno essere riportate in Pag. 83Italia senza conseguenza alcuna. Questo è veramente un provvedimento che costituisce un'istigazione alla delinquenza perché delitto è l'evasione fiscale e la costituzione di capitali all'estero.
Un provvedimento che aumenti la cultura dell'irregolarità, dell'illegalità, della violazione delle regole, è un provvedimento oggettivamente istigativo a perpetrare e a continuare questo tipo di reati e a violare le regole. È un'istigazione all'immoralità perché si perdonano, anzi, viene quasi data una patente di irrilevanza o di non irregolarità a chi, invece, viola le regole.
È perdonabile non pagare le tasse: questo è il messaggio che state mandando con questo provvedimento, cioè l'idea che bisogna sempre trovare una giustificazione quando qualcuno viola le regole, in modo particolare nei confronti degli evasori. È un'istigazione all'immoralità, anche perché fate cadere il buio tombale sugli evasori.
È una legge profondamente incostituzionale. Basterà ricordare tre punti: il primo è che si viola clamorosamente la norma sui decreti-legge, perché si fa firmare al Capo dello Stato qualcosa che poi viene stravolto, al di là e al di fuori dell'esame sulla sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza.
Rappresenta un'amnistia surrettizia, in violazione della norma costituzionale che prevede che l'amnistia sia approvata con procedure particolari, che richiedono i due terzi dei componenti del Parlamento per essere approvata. È un'amnistia: come dire diversamente di un provvedimento che mette nel nulla, che estingue o impedisce la perseguibilità di comportamenti che costituiscono reato e i reati sono delitti punibili anche con pene molto gravi?
È incostituzionale perché incide negativamente sull'articolo 100 e sull'articolo 112 della Costituzione. L'articolo 100 prevede che la Corte dei conti esercita il controllo successivo su tutti gli atti della pubblica amministrazione o su tutti gli atti che comunque provocano un danno all'erario e, in questo modo, si limita fortemente la possibilità di indagine. Si viola anche l'articolo 112 della Costituzione, perché il buio tombale impedisce l'esercizio dell'azione penale.
Non voglio prendere più tempo di quello che hanno preso i nostri colleghi, perciò, signor Presidente, non mi dilungherò ancora, però una cosa la voglio dire: vi è una persona che si aggira in Italia, che occupa gli spazi delle televisioni e che pensa di avere il potere unico, il monopolio, di definire e dare epiteti alle persone. Uno di questi epiteti generosi è quello di «farabutti»: farabutti sarebbero coloro i quali fanno sapere le cose che non vanno e non quelli che, invece, fanno le cose che non vanno.
Non sono abituato a termini di questo genere e penso che sia un cattivo esempio utilizzarli in pubblico, soprattutto da parte di chi riveste funzioni pubbliche, ma sotto il profilo filosofico la penso esattamente nel modo opposto: penso che sia un farabutto chi fa le cose che non si devono fare, piuttosto che i giornalisti e i parlamentari, che svelano le cose sbagliate, di cui bisognerebbe vergognarsi.
Così è per la questione dell'anti-italianità, signor Presidente: vorrei sapere se è anti-italiano colui che dice che costituire capitali all'estero è sbagliato, oppure chi costituisce capitali all'estero, privando la collettività nazionale di rilevanti risorse. Credo che questo sia anti-italiano.
Signor Presidente, mi avvio a concludere. Provvedimenti come questi aggravano una situazione di disagio profondo che la nostra collettività sta vivendo. Man mano si sta diffondendo nella nostra società un'idea, un verbo, che si vuole far percepire come l'unico modello degno di essere apprezzato: la cultura della labilità della regola, per cui non è apprezzabile chi rispetta la regola, mentre è apprezzabile chi la viola, o per meglio dire chi magari se la può fare da solo. È la cultura per cui il prestigio, il potere comunque conseguito e l'apparenza sono gli unici valori da perseguire, è la cultura che dice che bisogna essere furbi e che pagare le tasse è da scemi. Si sta cioè inculcando, inoculando, oramai in maniera molto grave, un virus che è il virus dell'antisocialità, Pag. 84è il virus dell'individualismo, è il virus del fatto che le regole che sono fondamento del nostro patto sociale devono essere osservate dai poveracci, ma possono essere violate dai potenti.
Noi dell'Italia dei Valori siamo profondamente preoccupati di questa devastazione morale, di questa desertificazione etica che si sta consolidando, che si sta inserendo nel nostro tessuto sociale, che tende a disgregare le regole, ad opporsi ad un qualunque patto sociale, perché l'importante è conseguire il risultato piuttosto che osservare il patto sociale che ci siamo dati. Vorrei dire: non diamo, col provvedimento in esame, un ulteriore colpo negativo alla nostra collettività, non diciamo ancora una volta che è giusto premiare i disonesti e far passare da scemi le persone oneste. Noi dell'Italia dei Valori vorremmo dire al Governo: per favore fermatevi, non andate oltre. Il nostro tessuto sociale non può sopportare ulteriormente un peso e una lacerazione etica e morale così forte. Ve ne scongiuriamo (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

(Annunzio di questioni pregiudiziali - A.C. 2714)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali Di Pietro ed altri n. 1, Vietti ed altri n. 2 e Soro ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 2714), che saranno esaminate e poste in votazione nella seduta di domani, martedì 29 settembre 2009.
Sospendiamo a questo punto la discussione sulle linee generali del provvedimento in esame, che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 9.
Come da intese intercorse, al termine di tale discussione avrà quindi luogo la discussione sulle linee generali del disegno di legge recante l'istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.
Sempre nella seduta di domani, alle ore 14, e con votazioni a partire dalle ore 14,30, avrà luogo, previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate, il seguito dell'esame del decreto-legge recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 29 settembre 2009, alle 9:

1. - Discussione del disegno di legge (per il seguito della discussione sulle linee generali):
S. 1749 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009 (Approvato dal Senato) (2714).
- Relatori: Moroni, per la V Commissione; Fugatti, per la VI Commissione.

2. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza
(2008-A).

e delle abbinate proposte di legge: BOCCIARDO; DE POLI; PISICCHIO; PALOMBA; VELTRONI ed altri; IANNACCONE ed altri; COSENZA (127-349-858-1197-1591-1913-2199).
- Relatori: Calabria, per la I Commissione; Castellani, per la XII Commissione.

(ore 14, con votazioni a partire dalle ore 14,30)

3. - Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate):
S. 1749 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto Pag. 852009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009 (Approvato dal Senato) (2714).
- Relatori: Moroni, per la V Commissione; Fugatti, per la VI Commissione.

4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza (2008-A).

e delle abbinate proposte di legge: BOCCIARDO; DE POLI; PISICCHIO; PALOMBA; VELTRONI ed altri; IANNACCONE ed altri; COSENZA (127-349-858-1197-1591-1913-2199).
-Relatori: Calabria, per la I Commissione; Castellani, per la XII Commissione.

La seduta termina alle 21,20.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FABIO EVANGELISTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2714

FABIO EVANGELISTI. La formulazione lascia cioè indefiniti profili fondamentali del diritto processuale: le forme di impulso dell'azione rivendicante la nullità, l'eventuale contraddittorio con il pubblico ministero, la natura dei provvedimenti giudiziari, le eventuali preclusioni in relazione ad illeciti collegati a quelli colpiti da nullità. Inoltre sotto il profilo della funzionalità del processo contabile, la norma introduce un previo controllo del giudice sul pubblico ministero, con creazione di situazioni di incompatibilità per i giudici che si siano pronunciati sulla validità degli atti istruttori prima della decisione di merito: in relazione ai limitati organici delle sezioni regioni della Corte dei conti, questo potrebbe significare la paralisi di ogni procedimento. In definitiva, rimane danneggiata l'autonomia istruttoria dei pubblici ministeri e, con essa, l'autonomia complessiva della magistratura contabile.
In base alle disposizioni vigenti - comprese, quindi quelle contenute nel presente decreto - le procure della Corte dei conti possono iniziare l'attività istruttoria ai fini dell'esercizio dell'azione di danno erariale a fronte di «specifica e concreta notizia di danno», fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge.
Se dunque, nella versione «originale» l'assenza di una notizia idonea pregiudicava l'esercizio dell'azione, nella versione corretta dal presente decreto pregiudica l'attività istruttoria nella sua interezza. In sostanza, mentre prima sarebbe stata possibile l'attività istruttoria, ma non l'esercizio dell'azione, nella versione attuale non sarebbe neppure possibile l'attività istruttoria.
Infine, la modifica all'articolo 17, comma 30-quater, lettera a), del decreto-legge n. 78 del 2009, ribadisce il principio secondo il quale nel caso di sottoposizione di un atto al controllo preventivo di legittimità da parte della Corte dei conti resta esclusa ogni possibile valutazione della condotta che si è sostanziata nell'adozione del medesimo atto in termini di colpa grave. Tale esito, ovviamente, rileva solo quanto ai profili dell'atto già esaminati in sede di visto di legittimità.
È infine necessario segnalare una delle lacune del presente decreto-legge, il quale avrebbe dovuto contenere anche una correzione della norma del decreto-legge n.78 relativamente alla tassazione delle riserve auree della Banca d'Italia. Questa, infatti, avverrà solo se la stessa Banca d'Italia e la Banca centrale europea (BCE) daranno il loro benestare. La verità è che nel caso della tassazione delle riserve auree c'è stato un vero passo indietro (peraltro inserito nell'articolo 14 dello stesso decreto-legge n. 78 dopo l'approvazione di un emendamento dell'Italia dei Valori sul parere della BCE). Dato che la BCE ha già fatto sapere, con un primo parere del 14 luglio scorso relativo alla stesura originaria dell'articolo 14 del decreto-legge n. 78 e con un secondo parere del 24 luglio in merito alle modifiche apportate dal maxiemendamento Pag. 86che la norma pregiudica l'indipendenza finanziaria della Banca d'Italia, appare difficile proseguire nell'applicazione di questa disposizione.
Mancheranno dunque all'appello i 300 milioni di maggior gettito già attribuito all'anno 2009. La risposta è al comma 5 dello stesso articolo 14: si procederà alla riduzione di pari importo degli stanziamenti di cui alla Tabella C della finanziaria 2009, proporzionalmente alle disponibilità esistenti al 30 novembre 2009.
La Banca d'Italia, che, del resto, è proprietà delle principali banche italiane (il 30,3 per cento è di Banca Intesa San Paolo e il 22,1 per cento è di Unicredito Italiano) è un osso troppo duro anche per Berlusconi e Tremonti, che tanto d'accordo con Draghi non vanno, viste le critiche che quest'ultimo gli ha rivolto su come gestiscono il contrasto alla crisi.