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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 170 di lunedì 4 maggio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 15,05.

GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 27 aprile 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Di Biagio, Donadi, Fitto, Gregorio Fontana, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Leoluca Orlando, Paglia, Pedoto, Pes, Prestigiacomo, Repetti, Roccella, Romani, Ronchi, Rosato, Rotondi, Soro, Stefani, Tempestini, Tremonti, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,07).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, è notizia di queste ore - i giornali ne parlano - di un tragico avvenimento accaduto in Afghanistan. Si tratta di uno di quegli avvenimenti che vengono spesso rubricati o derubricati come effetti collaterali: una bambina di 13 anni è morta sotto il fuoco cosiddetto amico. Questa volta, però, a premere il grilletto non sono stati gli amici americani, ma dei soldati italiani. Per questo credo sia doveroso che il Governo venga urgentemente a riferire alla Camera, o al Senato, su quanto accaduto.
Posso bene immaginare che saranno in corso delle indagini, che saranno necessari degli approfondimenti, e che sarà necessario mettere in campo ogni azione tesa a trovare qualche elemento di verità. Tuttavia, non posso non cogliere un senso di sgomento leggendo le ricostruzioni fornite dalla stampa, e avendo letto le interviste del comandante Bertolini che parlano di una Toyota Corolla bianca che si dirige verso un convoglio militare italiano a forte velocità; che il convoglio italiano con il lampeggiante, e con dei colpi in aria sparati dai soldati italiani, segnala alla Toyota di rallentare, mentre questa, invece, segue la sua corsa in apparenza contro il convoglio militare. Secondo questa versione, i soldati italiani, quindi, temendo un attacco kamikaze, avrebbero aperto il fuoco contro questa vettura crivellandola di colpi, ma le immagini mandate dal telegiornale fanno vedere un auto che non è crivellata nella parte anteriore, ma in quella posteriore. Può darsi che siano stati dei colpi di rimbalzo, può darsi che vi siano dinamiche balistiche a me sconosciute, però di fronte alla tragicità di questi fatti - lo ripeto: la morte di una Pag. 2bambina di soli 13 anni che si recava ad un matrimonio - come minimo il Governo avrebbe dovuto sentire immediatamente la necessità di riferire in Aula.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti sono sicuro di esprimere i sentimenti dell'Assemblea, e di tutte le forze politiche, dicendo che siamo vicini al terribile dolore della famiglia della bambina colpita e che chiediamo al Governo che siano fatti tutti gli accertamenti necessari. Siamo al tempo stesso consapevoli del duro e difficile compito davanti al quale si trovano i nostri soldati impegnati in Afghanistan. La sua domanda volta affinché il Governo venga a riferire, verrà ovviamente trasmessa al Ministro della difesa.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, anch'io intervengo per chiedere che il Governo venga a riferire, ma su un altro argomento. In questi giorni di festa, i mezzi di informazione hanno riportato delle dichiarazioni, alcune delle quali hanno dei risvolti politici che non possono non interessare quest'Assemblea.
Mi riferisco in particolare ad una dichiarazione rilasciata ai mezzi di informazione dalla signora Veronica Lario, la quale in un'intervista non smentita ha dichiarato che il proprio marito - che, come è noto, è il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi - avrebbe intrattenuto rapporti, una relazione, con una minorenne solo da pochi giorni diventata maggiorenne. Ora la signorina in questione non solo non ha smentito il fatto, ma con una dovizia anche di particolari lascia intendere che si possa retrocedere questo rapporto ad anni addietro, e che vi siano rapporti altamente confidenziali con il Presidente del Consiglio con il quale si sarebbe intrattenuta in più occasioni e in luoghi diversi. Ora questo non può essere limitato ad un rapporto di natura privata tra il Presidente del Consiglio e sua moglie poiché voglio ricordare che l'articolo 609 del Codice penale configura una serie di reati relativi a rapporti tra persone adulte e minorenni, e in particolar modo nel caso in cui queste ultime avessero meno di sedici o di quattordici anni, e che si tratta di reati che turbano fortemente i cittadini. Allora io credo che, benché il Presidente del Consiglio sia riparato e protetto dall'ignobile - a mio giudizio - lodo Alfano, i cittadini italiani abbiano diritto di conoscere in merito questa vicenda, e per questo credo che il Governo debba venire a riferire, meglio se lo dovesse fare il Presidente del Consiglio stesso in modo che venga a trovarsi nella possibilità di poter escludere di aver commesso alcuno dei reati di cui all'articolo 609 del Codice penale.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, il Governo verrà informato della sua richiesta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Pizzolante; Pini: Distacco dei comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione (63-177-A) (ore 15,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge: Pizzolante; Pini: Distacco dei comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione. Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea.

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(Discussione sulle linee generali - A.C. 63-177-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Dal Lago, ha facoltà di svolgere la relazione.

MANUELA DAL LAGO, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento che la I Commissione (Affari costituzionali) porta oggi all'attenzione dell'Assemblea dispone il distacco di sette comuni dalla regione Marche e la loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini. I comuni in questione sono quelli che compongono la comunità montana dell'Alta Valmarecchia, vale a dire Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello. Il distacco avviene ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, che - come è noto - prevede che si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della provincia o delle province interessate e del comune o dei comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i consigli regionali, consentire che province e comuni - che ne facciano richiesta - siano staccati da una regione ed aggregati ad un'altra. Nel caso di specie la richiesta di referendum è stata avanzata dai sette comuni con distinte delibere adottate tra il marzo e l'aprile del 2006, ed è stata dichiarata legittima dall'Ufficio centrale per il referendum con l'ordinanza del 27 giugno 2006. Il referendum è stato indetto con decreto del Presidente della Repubblica il 25 settembre 2006 e si è svolto tra il 17 e il 18 dicembre dello stesso anno. Vi ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto ed il risultato è stato a larga maggioranza favorevole al distacco dei sette comuni dalla regione Marche e alla loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna. Quanto ai pareri delle due regioni interessate il consiglio regionale delle Marche ha reso il proprio parere in senso contrario al distacco con la deliberazione n. 84 del 17 marzo 2008, mentre la regione Emilia-Romagna si è espressa in senso favorevole alla aggregazione con la determinazione dell'assemblea legislativa del 14 novembre 2007.
Dopo la proclamazione dei risultati del referendum il Governo Prodi allora in carica ha presentato alla Camera del deputati un disegno di legge (il n. 2527) per dare attuazione al distacco dei comuni, il quale era stato assegnato alla I Commissione che non ne ha però iniziato l'esame a causa della fine anticipata della legislatura.
Per inciso, ricordo che analoghi referendum si sono svolti con esito positivo il 24 e il 25 giugno 2008 anche in due comuni contigui ai sette anzidetti. Si tratta dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio.
Quanto alle ragioni del distacco, signor Presidente, va ricordato che la Valmarecchia è storicamente un'unica terra, ancorché oggi divisa amministrativamente tra un'alta Valmarecchia, facente parte delle Marche, e una bassa Valmarecchia, facente parte dell'Emilia-Romagna. La riunificazione delle due parti della valle rappresenta, quindi, un ritorno alle origini oltre che il riconoscimento di un sentimento di appartenenza identitaria assai vivo nelle popolazioni interessate, le quali si considerano un'unica comunità e si ritengono tutte romagnole e riminesi.
Venendo al dettaglio della proposta di legge in discussione, questa risulta dall'elaborazione in sede referente delle proposte di legge n. 63 dell'onorevole Pizzolante e n. 177 dell'onorevole Pini. Le due proposte sono state all'origine di un testo unificato adottato come testo base e successivamente modificato nella fase emendativa alla luce dei pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva, in particolare di quello della Commissione bilancio. L'altro parere, infatti, era semplicemente e completamente favorevole. Pag. 4
Il provvedimento consta di tre articoli. L'articolo 1 dispone il distacco dei sette comuni dalle Marche e la loro aggregazione all'Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini.
L'articolo 2 è stato concepito al fine di consentire la concreta attuazione del distacco-aggregazione in tempi ragionevoli. Si prevede, in particolare, che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministero dell'interno nomini un commissario con il compito di promuovere gli adempimenti necessari all'attuazione del distacco o aggregazione.
Recependo una condizione posta dalla Commissione bilancio è stato precisato che il commissario viene nominato d'intesa con la provincia di Rimini, anche al fine di individuare l'amministrazione che, nell'ambito dei propri stanziamenti di bilancio, dovrà sostenere gli oneri derivanti dall'attività dello stesso commissario. È inoltre previsto che le regioni Marche ed Emilia-Romagna e le province di Pesaro, Urbino e Rimini provvedano autonomamente agli adempimenti di rispettiva competenza e che, ove tali adempimenti richiedano il concorso di più di un ente, questi provvedano d'intesa tra loro con il commissario nominato dal Ministero dell'interno.
Si prevede, inoltre, che l'assemblea dei sindaci dei sette comuni, ove costituita, designi un coordinatore che partecipi con funzioni consultive alle attività amministrative di attuazione del distacco-aggregazione.
Quanto al termine entro il quale devono essere espletati gli adempimenti amministrativi necessari è previsto quello di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Se uno o più adempimenti non saranno stati espletati entro il termine in questione, il commissario nominato dal Ministro dell'interno fisserà agli enti interessati un ulteriore congruo termine e provvederà infine egli stesso agli adempimenti che risultassero non ancora espletati allo scadere di tale ulteriore termine. In ogni caso tutti gli adempimenti necessari dovranno essere posti in essere entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge dovranno altresì essere rideterminate le tabelle delle circoscrizioni dei collegi elettorali delle province di Pesaro, Urbino e Rimini.
Gli atti e gli affari amministrativi pendenti, alla data di entrata in vigore della legge, presso organi dello Stato costituiti nell'ambito della provincia di Pesaro e Urbino o della regione Marche e relativi a cittadini ed enti compresi nel territorio dei comuni in questione sono attribuiti alla competenza dei rispettivi organi ed uffici costituiti nell'ambito della provincia di Rimini o della regione Emilia-Romagna.
È precisato, come richiesto dalla Commissione bilancio, che dall'attuazione della presente legge non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica né deroghe ai vincoli stabiliti dal Patto di stabilità interno.
L'articolo 3, infine, signor Presidente, prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Ciò in considerazione dell'urgenza, che sussisteva al momento in cui è stato definito il testo base, di consentire l'entrata in vigore del provvedimento in tempo utile per le prossime elezioni amministrative, che comunque sarà tempo utile per le prossime elezioni regionali del 2010 (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, il mio compito è facilitato, poiché la relatrice ha presentato un quadro molto completo del contesto costituzionale e normativo all'interno del quale si inserisce il Pag. 5provvedimento al nostro esame. Mi pare, comunque, opportuno ricordare che questa è la prima attuazione dell'articolo 132 della Costituzione e ciò spiega non dico le titubanze, ma il fatto che questo provvedimento attraversi due legislature - naturalmente anche a causa della conclusione anticipata della precedente - e, addirittura, che esso abbia sostenuto una sorta di provino in occasione dell'esame di un altro provvedimento che riguardava un altro comune, il comune di Lamon. In I Commissione avevamo molto attentamente esaminato quella problematica, che era, al tempo stesso, analoga e diversa: era analoga, poiché, anche in quel caso, si trattava del passaggio di un comune da una regione ad un'altra, ma era anche diversa, poiché riguardava il passaggio da una regione a statuto ordinario a una regione a statuto speciale, circostanza che comportava oneri procedimentali superiori. È forse anche questa la ragione per cui quel provvedimento, che pure era partito tempestivamente, poi non ha potuto concludere il proprio iter che si era concretizzato in una proposta di legge costituzionale.
Siamo ora chiamati a esaminare la vicenda, descritta nella relazione, del passaggio di alcuni comuni dalla regione Marche alla regione Emilia-Romagna, più esattamente dalla provincia di Pesaro alla provincia di Rimini. Le uniche considerazioni che vorrei svolgere - che potrebbero costituire anche un interessante elemento di notizia - riguardano il fatto che la procedura relativa all'attuazione dell'articolo 132 della Costituzione è piuttosto complessa. Si tratta, infatti, di un procedimento che conosce diverse fasi e la fase finale, quella che si sta svolgendo ora in Aula qui alla Camera e che poi proseguirà in Senato, condurrà all'emanazione di una particolare legge del Parlamento, poiché le leggi previste da quelle norme costituzionali sono leggi «di approvazione», nel senso che concludono un procedimento e che in ciò hanno una signoria piena; infatti, nonostante tutte le fasi precedenti, il Parlamento può esprimersi a favore o può esprimersi contro.
Nell'esprimerci favorevolmente - ritengo che si possa dare questo suggerimento, alla luce delle corrette considerazioni illustrate dalla relatrice (i referendum che si sono svolti e i pareri che sono stati espressi) - dobbiamo però specificarne le ragioni. So bene che le leggi non hanno una motivazione, poiché esse affermano delle cose e basta; però so altrettanto bene che esiste un dibattito in dottrina circa il fatto che la motivazione della legge - che è data non soltanto dai lavori preparatori - potrebbe aiutare a capire perché in taluni casi ci si possa esprimere a favore e in altri, al contrario, ci si possa esprimere contro. Con questo intendo sostenere che dobbiamo tener conto delle ragioni geografiche e territoriali, delle ragioni storiche, delle ragioni culturali e anche delle ragioni economiche - date le caratteristiche di quei territori, si potrebbe parlare di ragioni turistiche, che rientrano comunque tra le ragioni economiche.
Non mi soffermerò su questo: penso che lo faranno i miei colleghi, in seguito. Voglio tuttavia preannunciare un emendamento che ho presentato all'articolo 1 e che tende, sia pure in maniera sintetica, a dar conto di queste ragioni affinché il legislatore, che gode della posizione di sovranità e potrebbe quindi praticamente limitarsi a dire semplicemente «sì» o «no» - quello che noi auspichiamo è un «sì», in considerazione di queste ragioni - spieghi anche le ragioni per cui adotta un certo tipo di decisione, perché ciò può essere rispettoso sia delle popolazioni che accolgono questi nuovi comuni sia di quelle che li lasciano e affinché ci sia un chiarimento dell'indirizzo politico parlamentare.
Concludo il mio intervento dicendo che, naturalmente, siamo ben consapevoli del fatto che ci sono circa trenta procedimenti in corso, che hanno caratteristiche che possono assimilarli a quelli in esame (essi sono riportati molto bene e molto chiaramente nelle schede del Servizio Studi di questa Camera). Ritengo, quindi, che dobbiamo avere consapevolezza anche del fatto - come ho detto, questo va ricordato - che è in corso un procedimento di revisione Pag. 6costituzionale dell'articolo 132 che tiene conto delle complesse realtà che vengono fotografate da queste plurime domande di passaggio da una regione all'altra. Quindi il voto favorevole che auspico potremmo esprimere alla fine dell'esame del provvedimento, in considerazione anche dell'atteggiamento tenuto con riferimento ad alcuni degli emendamenti, deve riferirsi, come è ovvio, a quanto la legge prevede in questo tipo di casi (si parla infatti di più comuni). Con riferimento ai casi successivi ci saranno autonome e possibilmente differenziate valutazioni. Naturalmente giudicheremo alla luce di ogni caso che ci verrà proposto e anche del processo di revisione costituzionale che parallelamente sta andando avanti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, cercherò di rubare pochissimo tempo, anche se la presente discussione generale riguarda un passaggio storico per noi romagnoli, appartenenti al territorio interessato a riavere finalmente, dopo duecento anni di distacco, inconcepibile sotto un profilo storico e culturale, questi sette comuni. Tuttavia alcune considerazioni, vista la giornata storica per noi, vanno fatte. Parto subito dicendo che ho apprezzato, in Aula, adesso, come ho apprezzato durante il dibattito in sede di Commissione, prima, le parole del collega Zaccaria, perché finalmente dal Partito Democratico arriva un segnale non ideologico verso questo distacco, un segnale di cambiamento rispetto alle posizioni che si erano evidenziate durante la fase della raccolta delle firme e della propaganda per il «sì» al referendum. Evidentemente, la forza democratica del voto di questo 84 per cento che, nel dicembre del 2006, ha sancito finalmente, lo ripeto, un passaggio storico non solo per i nostri territori romagnoli ma anche per il sano principio di autodeterminazione che, finalmente, trova compimento anche in questo Paese. Si tratta di un principio che, bisogna riconoscerlo, è stato garantito da quella modifica al Titolo V della Costituzione realizzata nel 2001 e in particolare da un emendamento presentato all'epoca da alcuni colleghi che tuttora siedono in Parlamento, in particolare dell'onorevole Luciano Dussin.
È scontato il ringraziamento al presidente della I Commissione, onorevole Bruno, e alla collega amica e relatrice Manuela Dal Lago per il lavoro ottimo e puntuale svolto all'interno della Commissione stessa affinché un atto di giustizia fosse compiuto, perché di questo si tratta, nei confronti di una popolazione che per duecento anni è rimasta distaccata dal proprio territorio di appartenenza, cioè la Romagna, o le Romagne come dir si voglia.
I ringraziamenti vanno a loro e vanno anche, in particolare, al mio capogruppo, onorevole Roberto Cota perché è stato uno dei più forti sostenitori dell'inserimento in calendario in Aula di questa legge. Potevamo tranquillamente aspettare una calendarizzazione più lontana, viste anche le emergenze che ci sono in questo Paese, ma penso si sia trattato di un segnale di attenzione della Lega Nord verso il territorio, unico e coerente con quelle che sono le nostre idee. La Lega, lo ripeto, è fondata su un principio sacrosanto che è quello di difesa del principio di autodeterminazione dei popoli e per la prima volta, in maniera assolutamente democratica e con una forza così dirompente, l'84 per cento della popolazione che ha votato ha detto di voler tornare a quella che considerano la loro madre patria, cioè la Romagna. È logico che si tratta di un primo passaggio come per la prima volta si è data effettivamente attuazione all'articolo 132 della Costituzione.
Vorrei muovere un unico appunto, se mi è permesso, al ragionamento fatto dal collega Zaccaria: è vero che in I Commissione esiste una proposta di modifica già calendarizzata dell'articolo 132, ossia dell'articolo che regola il distacco non solo dei comuni, ma anche delle province, ma è altrettanto vero che questo referendum si è svolto ormai due anni e mezzo fa, ha Pag. 7passato già due legislature, e non ha nulla a che vedere, onorevole Zaccaria, con Lamon. Si tratta, infatti, di una situazione totalmente diversa e penso che la specificità di questo caso, ossia del passaggio di sette comuni da una regione a statuto ordinario ad un'altra egualmente a statuto ordinario, e non speciale quindi senza andare a cercare dei benefici economici, la dica lunga su quella che è la valenza, culturale storica e identitaria di questo meccanismo messo in moto dalla gente, dalla popolazione, non dai partiti politici.
Rimando le considerazioni tecniche che sicuramente verranno fuori durante la fase di relativa alla discussione sulle linee generali ed all'esame degli articoli e degli emendamenti e so già che, grazie anche al lavoro puntuale svolto tanto dal collega e presidente onorevole Caparini che ha espresso un parere in maniera rapidissima perché non poteva essere altrimenti), ma anche a quello puntuale svolto dal presidente Giorgetti in Commissione bilancio qualche modifica dovrà essere fatta. In questo senso già il gruppo Partito Democratico aveva presentato alcuni emendamenti in Commissione che a questo punto ritengo che la relatrice, in qualche modo, non so se direttamente o riformulati, vorrà accettare. Essi infatti riguardano le questioni delicate del passaggio dello stato patrimoniale, di ciò che è di competenza al momento della provincia di Pesaro e Urbino e invece diventerà di competenza della provincia di Rimini.
Mi sembra che il clima sia ottimo e sereno per poter dare, torno a ripetere, un segnale chiarissimo da quest'Aula, segnale volto a restituire dignità e giustizia all'aspettativa di una popolazione che dura ormai da duecento anni.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Marchioni. Ne ha facoltà.

ELISA MARCHIONI. Signor Presidente, anch'io cercherò di portare via poco tempo e trovo anch'io che quello che stiamo vivendo sia un buon momento per dare una dimostrazione di buona politica, una politica che ascolta i cittadini. Di questi il 67 per cento degli aventi diritto che hanno partecipato al voto hanno dato l'84 per cento delle preferenze, chiedendo di potersi spostare dalla provincia di Pesaro nella regione Marche alla provincia di Rimini nella regione Emilia Romagna.
Si tratta di una richiesta motivata da secoli di storia e da una realtà territoriale che è quella di un bacino unico, quello dell'Alta Valmarecchia - che, come la parola stessa suggerisce, è la stessa cosa, è il proseguimento della Valmarecchia - ma anche da una realtà che non è solo storica e culturale anche se questa ovviamente è una realtà identitaria: si parla lo stesso dialetto.
È una realtà che insiste sulle stesse motivazioni storiche che ci hanno portato, appunto, attraverso i secoli. Ma la realtà odierna è fatta anche di servizi in comune, di infrastrutture e di collaborazione che, di giorno in giorno, ha fatto crescere una vera comunità che chiede, adesso, di veder riconosciuta un'identità territoriale anche dal punto di vista formale.
Questo è un risultato che chiediamo - lo chiediamo insieme - venga ascoltato in Parlamento e che, nel tempo, ha visto una collaborazione ampia. Se il comitato giustamente si è mosso al di là delle coloriture politiche e partitiche invece le amministrazioni che hanno sostenuto il referendum sono - 6 su 7 - amministrazioni di centrosinistra. Inoltre, ricordo che la prima proposta di legge venne presentata dagli onorevoli Chicchi e Vichi, che erano parlamentari del centrosinistra della nostra zona e del nostro collegio riminese e, quindi, ciò che portiamo ora all'esame dell'Assemblea è un percorso ampiamente condiviso, e non solo territoriale. Mi sento di dire che sono contenta che questo percorso approdi all'esame dell'Assemblea non solo perché sono emiliano-romagnola e della zona di Rimini, ma anche perché la singolarità di ciò che portiamo avanti, il riconoscimento della particolarità di questa situazione ci consente davvero di affermare che questa fattispecie non può costituire un precedente tale da farci temere che vi sia un'imitazione, in senso negativo, di quanto i cittadini chiedono. Pag. 8Questa proposta non è stata presentata, ad esempio, per ottenere vantaggi da un punto di vista fiscale. Come diceva già il collega Pini, non vi è alcun vantaggio fiscale passando da una regione a statuto ordinario ad un'altra regione a statuto ordinario. Non è una scelta che presenta vantaggi in alcun modo se non alcuni oggettivi, appunto, nell'uso delle infrastrutture, nell'ottimizzazione dei servizi e nel mettere in rete una serie di servizi che sono di questo genere. Pertanto, non si tratta di una scelta che in alcun modo comporta un vantaggio egoistico per le popolazioni che la chiedono, ma è veramente una scelta che completa un percorso identitario che le popolazioni chiedono per sé e per il riconoscimento della loro autonomia.
Dunque, in questo senso credo che vi sia esattamente un percorso di ritorno a casa che, in qualche modo, il Parlamento è chiamato, nella propria responsabilità, a riconoscere sapendo, appunto, che non è un percorso che nega ad altri comuni ciò che questa volta riconosciamo, invece, come lecito per i 7 comuni che abbiamo di fronte. Insomma, non si tratta di un percorso che ci porti poi a dover utilizzare un metro e una considerazione diversi per altre situazioni. L'altro elemento che, infatti, dimostra ciò che sto affermando è il parere positivo della regione e della provincia che accoglieranno i 7 comuni. È l'unico caso in cui, a fronte di una richiesta dei comuni di passaggio da una regione ad un'altra, vi è un parere positivo da parte della provincia e della regione che devono accoglierli, proprio perché si riconosce questo senso profondo di identità che non lede, in alcun modo, anche coloro che dovranno ridefinire le proprie politiche territoriali per accogliere i sette comuni. Davanti a tale situazione credo non vi sia, da parte nostra, alcun dubbio, ma una valutazione positiva di questa richiesta, che restituisce alle popolazioni, nella loro autonomia di valutazione, la possibilità di scegliere la propria realtà e la collocazione che sentono più propria, anche in base alla geografia, alla storia e a tutto il percorso, anche di collaborazione, che li ha portati fino a qui e che li ha fatti essere un'unica realtà con quella riminese.
Questo ha portato anche ad alcune tensioni e ad alcune fatiche. Capisco che poiché per la prima volta un percorso di questo tipo approda in Parlamento si richieda, da parte di tutti, un supplemento di responsabilità nella scelta che operiamo. Tuttavia, sono davvero convinta che questa sia una scelta giusta che andiamo ad operare anche grazie al cambiamento del Titolo V della Costituzione e con l'articolo 132 che consente, appunto, questo passaggio. In sostanza, il Parlamento si assume la responsabilità di riconoscere la correttezza del percorso che si è svolto interamente all'interno del dettato costituzionale, grazie ad una modifica introdotta da un Governo di centrosinistra - il II Governo Amato, nel 2001 - di cui oggi abbiamo un primo completamento interamente eseguito - lo ripeto - nel solco del dettato costituzionale.
Credo che questo sia un riconoscimento che, invece di costituire un precedente che ci induca timore, ci aiuti a cogliere proprio come sia giusto ed importante che le leggi generino frutti, come in questo caso, utili alle popolazioni che si vedono riconosciute l'importante diritto di poter scegliere da sé (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pizzolante. Ne ha facoltà.

SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, il referendum tenutosi nel mese di gennaio 2007 ha registrato un'ampia partecipazione al voto (più del 70 per cento degli elettori aventi diritto si sono recati al voto e fra questi l'84 per cento ha votato «sì»; ciò significa che non soltanto la maggioranza dei votanti si è espressa a favore del distacco, ma anche la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto.
Sono dati che raccontano il sentimento diffuso e radicato dei cittadini del Montefeltro, un sentimento e un senso di appartenenza alla Romagna che viene da lontano, dettati da ragioni geografiche, Pag. 9storico-culturali e socio-economiche fortissime. I sette comuni sono naturalmente collocati nella valle del Montefeltro e rappresentano la continuità della Valmarecchia, il bacino idrografico del fiume Marecchia che attraversa per intero la provincia di Rimini sino a sfociare nel mare Adriatico.
Quello dei sette comuni è un territorio che oggi rappresenta un prolungamento innaturale della regione Marche che si incunea nella regione Emilia-Romagna, creando così una serie di problemi logistici e amministrativi che hanno ostacolato nel tempo lo sviluppo organico naturale dell'intera vallata della Valmarecchia. Solo per fare un esempio, cittadini dell'alta Valmarecchia, per recarsi nel comune capoluogo della provincia (Pesaro), devono attraversare tutta la provincia di Rimini.
Ci sono poi ragioni storiche e culturali: chiunque chieda a un cittadino dei sette comuni cosa sente di essere, la risposta sarà sempre «romagnolo». Anche per questo la cadenza linguistica è inequivocabilmente romagnola. È riminese e romagnola la storia di questo territorio. Ci sono in tal senso testimonianze chiarissime. Emilio Rossetti, Augusto Campana e Lucio Gambi lo sancirono formalmente nell'enciclopedia italiana edita dalla Treccani.
Carlo Farini, governatore dell'Emilia e membro della Giovine Italia, testimoniò con forza la volontà delle comunità locali di tornare in Romagna. Ci furono poi pronunciamenti formali dei consigli comunali dal 1924 sino a quelli del 2006. A sostegno di questa tesi ci sono poi i castelli malatestiani e del Montefeltro che raccontano secoli di storia comune dell'intera vallata e dell'intera comunità.
È quindi un problema identitario e politico: non si può negare ad un popolo la propria identità, né il diritto di uscire da un isolamento geografico, logistico e amministrativo che frena la possibilità di crescita e di uno sviluppo armonico dell'intera comunità.
Non ci sono altre ragioni e finalità: non ci sono ragioni, come è stato detto, di convenienza economica e fiscale; non ci sono opportunismi politici; non ci vuole essere alcun giudizio politico - di buona o di cattiva amministrazione - verso le regioni Marche ed Emilia Romagna e verso le province di Rimini e di Pesaro, amministrate, tra l'altro, da forze politiche dello stesso colore politico.
Questo provvedimento ha, è vero, una valenza politica, ma anche un valore politico più alto, al quale tutti dovremmo essere sensibili. Con questo disegno di legge siamo in presenza - come ha detto il professor Frosini nell'audizione in Commissione - di un'attuazione costituzionale, di una legge, cioè, che attua l'articolo 132 della Costituzione ed applica il principio di autodeterminazione, ossia il fatto che i popoli possono autodeterminare le scelte che competono al loro territorio.
Occorre naturalmente fare salva l'autonomia e la sovranità del Parlamento, che deve farsi garante e tutore degli interessi unitari e del principio di unitarietà del Paese. Si tratta di un principio che questa legge non mette in alcuna discussione, come hanno sostenuto tutti i costituzionalisti che hanno parlato in Commissione.
C'è poi un'altra ragione politica di grande importanza: si dà attuazione ad una volontà democratica espressa dai cittadini in maniera chiarissima, attraverso un percorso istituzionale e costituzionale ineccepibile. Ci sono stati il pronunciamento dei consigli comunali, il consenso plebiscitario dei cittadini attraverso il referendum, i pareri unanimi della regione Emilia Romagna e della provincia di Rimini, favorevoli ad accogliere questa comunità facendosi carico di tutte le conseguenti problematiche amministrative e politiche.
Adesso ci deve essere il pronunciamento positivo del Parlamento e sono contento di quanto ho ascoltato sin qui in quest'aula e della disponibilità del Partito Democratico, che ci permette di fare un percorso unitario. Adesso ci deve essere quindi il pronunciamento positivo del Parlamento, dopo il voto favorevole e il grande lavoro che ha svolto la Commissione affari costituzionali. Ringrazio per questo il presidente Donato Bruno, la Pag. 10relatrice e tutti i colleghi. Rivolgo, quindi, un appello a tutti per portare a termine questo percorso in maniera positiva.
Il distacco - su questo direi che il collega Zaccaria dovrebbe stare tranquillo - non costituisce un precedente generico e generale, perché è il Parlamento che decide su questo caso e sulle ragioni che lo sostengono e sarà il Parlamento a decidere su altri casi diversi da questi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, intervengo brevemente per esprimere soddisfazione e per complimentarmi con tutta la Commissione, dal presidente Bruno alla relatrice Dal Lago a tutti i componenti della Commissione stessa, e naturalmente anche con il Governo per questo traguardo che si sta raggiungendo.
Circa un anno fa partecipai ad un interessante incontro pubblico che aveva ad oggetto la questione dei comuni della Valmarecchia che volevano spostare la loro collocazione amministrativa da una provincia a un'altra e da una regione ad un'altra, perché questo avrebbe reso giustizia storica alla loro identità e al loro territorio; in quell'occasione naturalmente ci fu un'espressione favorevole alle loro richieste di intervento parlamentare per predisporre documenti normativi come quelli che stiamo analizzando oggi.
Quindi, credo che si tratti di un passo importante, di un'attuazione costituzionale. Ci sono altre realtà che attendono che venga posto rimedio a degli errori storici. Non bisogna mai aver paura di riconoscere degli errori, quando si ha la possibilità di intervenire per sistemare e quindi rendere giustizia a comunità che chiedono solo di vedere rispettata la loro storia, la loro cultura, le loro tradizioni e anche la loro identità. Mi fa piacere che ciò avvenga con l'unanimità dei consensi e credo che questo caso possa essere significativo e importante anche per gli altri che probabilmente la Commissione sarà chiamata ad esaminare nel prosieguo di questa legislatura. Quindi, con profonda soddisfazione auspico che questo provvedimento nei prossimi giorni trovi l'approvazione della Camera dei deputati, ma anche in tempi brevi quella definitiva del Senato della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, oggi siamo chiamati finalmente a discutere delle proposte di legge sul passaggio di sette comuni dell'alta Valmarecchia dalla provincia di Pesaro a quella di Rimini. Finalmente, perché il referendum è stato indetto il 25 settembre 2006, si è svolto il 17 e il 18 dicembre 2006 ed ha ottenuto - come è stato ricordato più volte - una maggioranza larghissima (84 per cento) a favore del passaggio dei comuni all'Emilia Romagna. Si tratta di un grande esempio di democrazia locale.
Si è registrata una maggioranza che spiega come la questione della Valmarecchia sia molto particolare.
Esprime esigenze tanto specifiche ai comuni interessati quanto largamente condivise dalla maggior parte delle forze politiche. Quindi sono d'accordo con il collega Pini sul fatto che in un clima sereno stiamo valutando - spero favorevolmente - il passaggio di questi comuni alla regione Emilia Romagna. Per le stesse ragioni, mi hanno lasciato perplesso alcuni tentativi locali di strumentalizzazione politica di questa vicenda.
Già nella passata legislatura, infatti, noi stessi ci eravamo impegnati ad avviare il necessario iter legislativo e in questa legislatura sosteniamo con convinzione una decisione favorevole al passaggio, proprio in considerazione di quelle specificità che fanno in modo che tale passaggio non costituisca in alcun modo un precedente per altri diversi casi in altre regioni italiane.
Vorrei soffermarmi proprio su questa specificità. Si tratta di una specificità costituzionale, Pag. 11storica e territoriale: costituzionale poiché si tratta di un passaggio da una regione a statuto ordinario ad un'altra a statuto ordinario. Dobbiamo infatti approvare una semplice riorganizzazione amministrativa tra due regioni a statuto ordinario per fare coincidere i livelli di governo con la vasta rete di rapporti già esistenti in campo economico, culturale, sociale e dei servizi. Non ci sono convenienze fiscali, come spesso avviene (non sempre, ma spesso) quando si invoca il passaggio da regioni a statuto ordinario a quelle a statuto speciale. La popolazione di questi comuni intrattiene da molto tempo le sue relazioni sotto ogni aspetto con la provincia di Rimini. Per quale ragione il livello istituzionale non dovrebbe coincidere con l'ambito di queste relazioni?
Queste sono le ragioni per cui sono personalmente molto soddisfatto che la Camera si pronunci su questa proposta ed auspico ovviamente che si pronunci in modo favorevole. Ho seguito infatti molto da vicino in questi anni, nella passata e nella presente legislatura, il lavoro fatto dai sindaci dei sette comuni, battendomi in prima linea per avvalorare la loro richiesta, che ha ottenuto - va ricordato - il parere favorevole della regione Emilia- Romagna e dell'ANCI.
Ma c'è anche una specificità storica: il territorio di Montefeltro apparteneva da sempre alla Romagna come appendice del territorio riminese. È nel 1816 che fu deciso il distacco di questi territori dalla Romagna per unirli all'allora legazione di Urbino e da allora si sono ripetute le richieste di far parte della Romagna, a cominciare da lontano 1861. Dal 1946 in poi ogni richiesta avanzata da Rimini per diventare provincia comprendeva anche questi sette comuni.
Quali altri presupposti occorrono allora per disegnare un confine che dopo tutto è un confine amministrativo? Questi comuni chiedono semplicemente di far parte, anche dal punto di vista istituzionale, della loro comunità naturale: la Valmarecchia.
Vi è infine una specificità territoriale. Basta guardare una qualsiasi carta geografica per notare come sia innaturale il prolungamento in questa valle nella regione Marche che sembra quasi incunearsi tra la Toscana e l'Emilia-Romagna. La Valmarecchia è un'entità territoriale unica e inscindibile, oggi tagliata a metà trasversalmente tra due regioni e due province. Questo crea un grande problema di governo dell'area, irrazionalità e spreco di risorse pubbliche nella gestione dei servizi. Basti pensare che oggi le infrastrutture legate ai servizi si sono sviluppate secondo la morfologia dei luoghi: la rete del gas è collegata a Rimini, la rete elettrica è collegata all'Enel di Rimini e Bologna e via dicendo. Gli esempi sono tantissimi.
La regione Emilia-Romagna, come ricordato, ha dato parere favorevole ed è stata anche l'unica regione cosiddetta ricevente che a livello nazionale abbia dato un parere favorevole, a dimostrazione della specificità del caso in esame. La regione Marche ha espresso il proprio parere di competenza, mettendo così in condizione l'attuale Parlamento di decidere, e pure esprimendo un parere non favorevole la stessa regione Marche ha dato atto della particolarissima situazione territoriale dell'alta Valmarecchia. Questo caso è unico a livello nazionale.
Il referendum che è stato indetto è stato sostenuto da una larghissima maggioranza e non è stato un atto politico contro nessuno, certamente non contro la regione Marche o la provincia di Pesaro, che non vengono in alcun modo danneggiate. È stata una semplice richiesta di affermazione della democrazia locale e di razionalizzazione amministrativa che permette anche alla regione Marche e alla provincia di Pesaro un significativo risparmio di costi.
Con questo testo unificato abbiamo oggi la possibilità di restituire omogeneità amministrativa ad un territorio con forti legami economici e culturali con la regione a cui i comuni interessati chiedono di accedere.
Si tratta di un passaggio che permette di diminuire i costi amministrativi e di aumentare l'efficienza dei servizi territoriali, un passaggio che riveste tutti i caratteri della specificità istituzionale e che, Pag. 12come tale, deve essere valutato da questo Parlamento nella piena consapevolezza che, proprio per questa specificità, non stiamo determinando alcun precedente e che tutti i casi di distacco andranno sempre liberamente valutati caso per caso da questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi sembra che non vi siano particolari problemi nel varo di questa proposta di legge, però, mi sia consentito di dire che eviterei, come ha fatto apprezzabilmente la collega relatrice, toni un po' troppo enfatici: insomma, non siamo nel 1176, a Legnano, nella battaglia dei comuni contro Federico Barbarossa. Non v'è dubbio: siamo in presenza di retaggi medievali, di suddivisioni territoriali legate o meno a quelli che erano i feudi, i marchesati o i vescovadi, ma non scomodiamo questioni linguistiche o tecniche o sociali, come ho sentito fare in quest'Aula.
Ogni realtà di confine presenta caratteristiche analoghe in tema di lingue, di dialetti, di usi, di costumi, di cucina; il Paese è ricco di queste realtà: francamente a Capalbio faccio fatica a capire se sono in Toscana o nel Lazio; quando vedo la centrale a Montalto di Castro faccio fatica a immaginare che sia nel Lazio anziché in Toscana; se penso alla mia realtà di confine, nella mia città si parla un dialetto che non è né toscano né ligure, e nella vicina Carrara ormai siamo già, di fatto, in Liguria per quanto riguarda la lingua, però non scomoderei le grandi questioni. Infatti, se procediamo su questo terreno poi chi glielo va a dire ai valdostani e agli altoatesini che sono italiani e che fanno fatica (lo sentiamo anche in quest'Aula) ogni tanto a confrontarsi? Veramente anch'io spesso faccio fatica a parlare l'italiano, ma la questione così diventa difficile, serve sempre l'equilibrio, che ci ha portato anche, ad esempio, ad attribuire a regioni particolari come la Valle d'Aosta, il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna e la stessa Sicilia, particolari poteri e statuti speciali.
Allora, diciamo semplicemente la verità: nonostante lo sviluppo delle relazioni economiche, delle reti ferroviarie e di quelle stradali, certi confini amministrativi (ma si può fare riferimento anche ai tribunali e alle corti d'appello) determinatisi in seguito all'unità d'Italia, quando non vi erano strade, né ferrovie e i trasporti e le relazioni erano molto più difficili, possono aver creato oggi situazioni incongruenti e divisioni che non hanno un vero e proprio senso logico. Del resto, se penso alle ultime due guerre mondiali, è ciò che è accaduto in Medio Oriente o in Africa, dove qualcuno ha scritto sulla mappa, ha tracciato delle righe e ha detto: questi sono i confini della Libia, dell'Egitto, del Ciad, del Sudan, dell'Algeria e di tante altre realtà nel deserto.
Se andassimo avanti così, davvero ingigantiremmo la questione; allora, ritorniamo al caso italiano in esame che, per fortuna, al di là di qualche disputa campanilistica, non ha mai registrato particolari problemi. Diciamo che vi è stato un pronunciamento largo ed ampio dei cittadini dei comuni interessati che hanno manifestato una volontà; il Parlamento, con molta serietà e molta sensibilità, ne prende atto; ho sentito nell'intervento del collega Pini che addirittura è stata magnificata la riforma del Titolo V della Costituzione, quella tanto deprecata modifica della Costituzione varata da quel famigerato centrosinistra che però questa volta torna bene.
Siccome poi si polemizza con il collega Zaccaria (che non ha certo bisogno della mia difesa) sull'articolo 132 della Costituzione, andiamo brevemente a rileggerlo. Tale articolo stabilisce che: «si può con legge costituzionale (...)». Successivamente vi è scritto: «si può con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni (...)», e non «si deve». Quindi, con tutta onestà intellettuale e cognizione di causa, il collega Zaccaria ha ricordato come vi siano una previsione costituzionale e il consenso delle popolazioni interessate e oggi vi è Pag. 13l'autorevole espressione del Parlamento, o meglio di un ramo del Parlamento nazionale, che dà il via libera a questo provvedimento. Tenevo a precisarlo a nome del gruppo dell'Italia dei Valori.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Evangelisti. Senza entrare naturalmente nel dibattito devo, però, rendere una testimonianza. Ho notato che in quest'Aula tutti i parlamentari hanno uguale padronanza della lingua italiana, quelli altoatesini come quelli liguri o di altre regioni.
Constato l'assenza dell'onorevole Giovanelli, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 63-177-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione dei progetti di legge: S. 586-905-955-956-960 - d'iniziativa dei senatori: Li Gotti ed altri; d'iniziativa del Governo; d'iniziativa dei senatori: Compagna; Valditara; Rutelli e Zanda: Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d'Austria, relativo all'approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prüm). Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA. Delega al Governo per l'istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria. Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale (Approvati in un testo unificato dal Senato) (A.C. 2042); e dell'abbinata proposta di legge: Minniti e Amici (A.C. 2069) (ore 16,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei progetti di legge, già approvati in un testo unificato dal Senato, d'iniziativa dei senatori: Li Gotti ed altri; d'iniziativa del Governo; d'iniziativa dei senatori: Compagna; Valditara; Rutelli e Zanda: Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d'Austria, relativo all'approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prüm). Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA. Delega al Governo per l'istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria. Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Minniti e Amici.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2042)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che il Presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Pag. 14
Avverto, altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e III (Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la II Commissione, onorevole Contento, ha facoltà di svolgere la relazione.

MANLIO CONTENTO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, quale relatore per la Commissione giustizia mi soffermerò sulle disposizioni del progetto di legge volte a dare attuazione interna al Trattato che si intende ratificare. Già nella scorsa legislatura la Camera dei deputati approvò pressoché all'unanimità la proposta di legge n. 782, volta ad introdurre nel codice di procedura penale la disciplina per regolare gli accertamenti tecnici da compiere coattivamente, incidendo sulla libertà personale del soggetto sottopostovi. Non vi erano le norme sulla istituzione della banca dati sul DNA, in quanto si era allora in attesa di un disegno di legge del Governo, più volte preannunciato, che avrebbe disposto in tal senso.
La ragione per la quale nella scorsa legislatura si sentì l'esigenza di introdurre delle disposizioni procedurali dirette a disciplinare la materia dell'accertamento tecnico coattivo, volto ad accertare il DNA di soggetti coinvolti in procedimenti penali, è ancora sentita da tutti gli operatori della giustizia.
Si tratta tra l'altro di colmare una lacuna che nel nostro ordinamento si era venuta a creare con la sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 9 luglio 1996, che ebbe a dichiarare l'illegittimità dell'articolo 224, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui consentiva al giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, di disporre misure che incidevano sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste, nei casi e nei modi, dalla legge.
Nel 2005 il legislatore è parzialmente intervenuto su tale argomento, in occasione dell'introduzione di nuove norme di contrasto al terrorismo, prevedendo che il prelievo obbligatorio di saliva o capelli, anche in mancanza di consenso dell'interessato, sia possibile ma ai soli fini identificativi della persona nei cui confronti le indagini sono svolte e non già a fini probatori. Il progetto di legge in esame non si limita a colmare il vuoto normativo di cui si è detto, ma contiene anche la normativa sull'istituzione della banca dati sul DNA e sulla cooperazione internazionale relativa alle diverse banche dati istituite nei diversi Paesi aderenti al Trattato. La raccolta dei dati del DNA in una banca dati, secondo il Trattato, ha la finalità di permettere la comparazione dei profili del DNA di persone già implicate in procedimenti penali con i profili del DNA ottenuti dalle tracce biologiche rinvenute sulla scena di un reato per poter risalire all'autore dello stesso.
In realtà, nel nostro ordinamento l'istituzione della banca dati del DNA è resa necessaria non solo dalla volontà di aderire al Trattato di Prüm, ma anche dall'esigenza di regolamentare una realtà che, nei fatti, è già esistente. L'articolo 5 del progetto di legge, in attuazione dell'articolo 2 del Trattato di Prüm prevede, quindi, l'istituzione della banca dati nazionale del DNA, presso il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza, e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, presso il Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. La disposizione specifica che la finalità dell'istituzione della banca dati del DNA è quella «di facilitare l'identificazione degli autori dei delitti». Detta finalità è richiamata anche dal successivo articolo 12, comma 2, del progetto di legge, che precisa che «l'accesso ai dati contenuti nella banca dati nazionale del DNA è consentito alla polizia giudiziaria e all'autorità giudiziaria esclusivamente per fini di identificazione personale, nonché per le finalità di collaborazione internazionale di polizia».
Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge presentato al Senato si legge, in merito alla creazione della banca dati del DNA e del relativo laboratorio presso amministrazioni diverse - Interno e Giustizia - che la finalità è di mantenere elevato il livello delle garanzie, tenendo Pag. 15distinti il luogo di raccolta e confronto dei profili del DNA (banca dati nazionale del DNA) dal luogo di estrazione dei predetti profili e di conservazione dei relativi campioni biologici (laboratorio centrale presso l'Amministrazione penitenziaria), nonché dal luogo di estrazione dei profili provenienti da reperti (laboratori delle forze di polizia o altrimenti specializzati), evitando promiscuità che si potrebbero rivelare pregiudizievoli per la genuinità dei dati raccolti e analizzati.
L'articolo 6 fornisce le definizioni, ai fini del progetto di legge in esame, dei seguenti termini: DNA; profilo del DNA; campione biologico; reperto biologico; trattamento; accesso; dati identificativi; tipizzazione.
L'articolo 7 illustra le attività che è chiamata a svolgere la banca dati nazionale del DNA presso il Ministero dell'interno e ne chiarisce i margini di operatività. La banca dati provvede alla raccolta del profilo del DNA dei soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale nei casi previsti dall'articolo 9, di quelli relativi a reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali nelle ipotesi disciplinate dall'articolo 10 e di quelli di persone scomparse o loro consanguinei e di cadaveri e resti cadaverici non identificati. Inoltre, alla banca dati è assegnato il compito di raffronto del DNA a fini di identificazione.
L'articolo 8 illustra invece le finalità del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, istituito presso il Ministero della giustizia. Si tratta della tipizzazione del profilo del DNA dei soggetti di cui all'articolo 9 del progetto di legge e della conservazione dei relativi campioni biologici dai quali vengono tipizzati i profili del DNA. Ai sensi dell'articolo 6 sono campioni biologici le sostanze biologiche prelevate sulla persona sottoposta a tipizzazione del profilo del DNA. Alla luce di quanto disposto dagli articoli 7 e 8 le forze di polizia (Ministero dell'interno) dovranno custodire, per la successiva consultazione e gli immediati raffronti, solo i dati relativi ai profili del DNA, mentre al Ministero della giustizia viene riservata l'estrazione del profilo del DNA, che provvederà successivamente a trasmettere per via informatica alla banca dati.
Il laboratorio svolgerà le sue funzioni solo per quanto riguarda le sostanze biologiche prelevate dalle persone sottoposte a prelievo ai sensi dell'articolo 9. Per quanto concerne, invece, i reperti biologici acquisiti nel corso dei procedimenti penali, questi verranno tipizzati a cura dei laboratori delle forze di polizia o di altre istituzioni di elevata specializzazione e poi inviati direttamente alla banca dati del DNA, ai sensi del successivo articolo 10 del progetto di legge.
L'articolo 9 riguarda i prelievi di campioni biologici che dovranno concorrere ad alimentare la banca dati nazionale del DNA. Coloro che dovranno essere sottoposti a prelievo sono individuati dal comma 1 della disposizione in commento, in presenza dei presupposti di cui al successivo comma 2. In particolare, sono sottoposti a prelievo di campioni biologici: i soggetti ai quali si applica la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari; i soggetti arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo (dopo la convalida da parte dei giudice, ai sensi del comma 3); i soggetti detenuti o internati a seguito di sentenza irrevocabile per un delitto non colposo; i soggetti nei confronti dei quali sia applicata una misura alternativa alla detenzione a seguito di sentenza irrevocabile per un delitto non colposo; i soggetti ai quali sia applicata, in via provvisoria o definitiva, una misura di sicurezza detentiva per aver commesso un delitto punito nel massimo con almeno tre anni di reclusione. Il comma 2 circoscrive l'ambito di applicazione della disposizione precedente, affermando che i soggetti di cui al comma 1 possono essere sottoposti a prelievo esclusivamente qualora nei loro confronti si proceda per delitti non colposi per i quali è consentito l'arresto facoltativo in flagranza. Ai sensi del comma 3, in caso di arresto in flagranza di reato o di fermo di indiziato di delitto il prelievo è effettuato dopo la convalida da parte del giudice. Pag. 16
Quanto ai soggetti competenti a svolgere il prelievo, il comma 4 li individua nel personale specificamente addestrato delle forze di polizia o nel personale sanitario ausiliario di polizia giudiziaria. In ordine alle modalità, è disposto che l'accertamento consista nell'acquisizione di un campione di mucosa del cavo orale, da effettuarsi nel rispetto della dignità e della riservatezza di chi vi è sottoposto e redigendo un verbale. Il comma 6 prevede che il campione prelevato sia immediatamente inviato, a cura del personale procedente, al laboratorio centrale istituito presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, che procederà alla tipizzazione del profilo del DNA e alla trasmissione alla banca dati del DNA istituita presso il Ministero dell'interno.
L'articolo 10 del progetto di legge disciplina la raccolta dei profili del DNA relativi a reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali (sulla scena del delitto o comunque su cose pertinenti al reato).
L'articolo 11 stabilisce che l'analisi del campione e del reperto biologico ai fini della tipizzazione del profilo del DNA, per la successiva trasmissione alla banca dati nazionale, deve essere eseguita in laboratori certificati a norma ISO/IEC e sulla base di parametri riconosciuti a livello internazionale, in modo da assicurare l'uniformità dei dati acquisiti.
L'articolo 12 regola il trattamento dei dati, l'accesso e la tracciabilità dei campioni. In particolare, il comma 1 stabilisce che i profili ed i relativi campioni non contengono le informazioni che consentono la diretta identificazione del soggetto cui sono riferiti. Si tratta, quindi, di un accesso di secondo livello, sicché la polizia giudiziaria ovvero la stessa autorità giudiziaria dovranno prima richiedere di effettuare il confronto e, solo se esso è positivo, potranno essere autorizzati a conoscere il nominativo del soggetto cui appartiene il profilo. Peraltro, opportunamente si introduce la necessità di identificare sempre e comunque l'operatore che ha consultato la banca dati, nonché di registrare ogni attività concernente i profili e i campioni.
L'articolo 13 stabilisce la durata e i presupposti della conservazione dei dati. In primo luogo, la disposizione prevede la cancellazione del profilo del DNA e la distruzione del relativo campione biologico, quando le operazioni di prelievo sono state compiute in violazione delle modalità di cui all'articolo 9. Inoltre, la cancellazione dei profili del DNA e la distruzione dei relativi campioni biologici deve essere disposta, anche d'ufficio, a seguito di assoluzione con sentenza definitiva perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso. Su questo punto, risultano opportune delle riflessioni. Dall'esame nelle Commissioni è emersa più di una perplessità sulla formulazione della norma approvata dal Senato. In particolare, parrebbe opportuno non limitare i casi di cancellazione alle sole ipotesi di assoluzione con formula piena, ma estenderli anche ai casi in cui il fatto non costituisca reato o non sia previsto come tale dalla legge.

PRESIDENTE. Onorevole Contento, deve concludere.

MANLIO CONTENTO, Relatore per la II Commissione. Il tempo a mia disposizione è terminato?

PRESIDENTE. Onorevole Contento, ahimè, sì: ruit hora.

MANLIO CONTENTO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, chiedo dunque che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna di considerazioni integrative della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Contento, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Saluto gli studenti e gli insegnanti della scuola elementare Musti di Barletta, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune, con tanta cordialità, anche perché Pag. 17a Barletta ho passato i primi anni della mia infanzia e ho svolto la prima elementare (Applausi).
Il relatore per la Commissione affari esteri, onorevole Maran, facoltà di svolgere la relazione.

ALESSANDRO MARAN. Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, il Trattato in esame, firmato tra Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria il 27 maggio 2005 a Prüm, in Germania, è volto a rafforzare la cooperazione di polizia in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera ed all'immigrazione clandestina. Preliminarmente, rilevo che il Trattato è un trattato multilaterale di diritto internazionale, sottoscritto soltanto da alcuni degli Stati membri dell'Unione europea.
Per quanto concerne i suoi contenuti, in estrema sintesi, vi è da dire che il Trattato ha ad oggetto particolari tipi di informazioni (DNA, dati relativi alle impronte digitali e all'immatricolazione dei veicoli), in applicazione di quello che viene definito data field-by-data field approach (approccio per singoli campi di dati). Il Trattato si realizza per mezzo di una rete di punti di contatto nazionali che dovranno essere dichiarati al momento del deposito dell'atto di ratifica, approvazione o adesione (articolo 41). Ciò configura una soluzione intermedia tra quella degli ordinari canali diplomatici e il contatto diretto tra le singole autorità interessate e attua il principio in base al quale i dati e le informazioni contenuti nelle banche dati devono essere conservati in modo che siano accessibili on-line solo gli indici di consultazione ad essi relativi.
Più in dettaglio l'accordo si compone di un preambolo e di 52 articoli raggruppati in otto capitoli. Il capitolo 1 è formato dal solo articolo 1, che delinea le finalità del Trattato e i principi generali della cooperazione in esso disciplinata. L'articolo prevede, fra l'altro, che la cooperazione non interferisca con il diritto dell'Unione europea e che, anzi, a tre anni dall'entrata in vigore del Trattato, sarà presentata una valutazione sull'esperienza acquisita nell'applicazione di esso, ai fini della sua integrazione nell'acquis comunitario. Per la stessa ragione, l'articolo 1 prevede che il Trattato è aperto alla firma di tutti gli Stati membri dell'Unione.
Il capitolo 2, costituito dagli articoli dal 2 al 15, disciplina l'impegno fra le parti contraenti a creare schedari nazionali di analisi del DNA e a scambiare le informazioni contenute in tali schedari al fine di prevenire e perseguire i crimini legati al terrorismo, all'immigrazione clandestina e alle attività criminali transfrontaliere, venendo incontro ad un orientamento espresso dal Consiglio dell'Unione europea, con una risoluzione del 9 giugno 1997. Le parti si impegnano, inoltre, a scambiare le informazioni sui dati dattiloscopici (le impronte digitali) e consentono ai punti di contatto nazionale designati dai singoli Stati contraenti l'accesso ai dati inseriti negli archivi informatizzati dei registri di immatricolazione dei veicoli.
Più in dettaglio, gli articoli da 2 a 7 sono volti alla creazione di banche dati nazionali di analisi del DNA al fine di perseguire le violazioni penali e di garantire la disponibilità dei dati indicizzati (che, nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali, non devono consentire l'identificazione diretta della persona interessata) alle altre parti. L'accesso alle informazioni avviene attraverso la consultazione automatizzata dei database da parte dei punti di contatto nazionali designati da ciascuna parte contraente, competenti anche riguardo alla comparazione dei profili del DNA.
Gli articoli da 8 a 11 consentono analoghe forme di cooperazione e di scambio di informazioni circa il contenuto delle banche dati delle impronte digitali, sempre per il tramite dei punti di contatto nazionali.
L'articolo 12 consente, inoltre, la consultazione automatizzata dei dati contenuti nei registri di immatricolazione dei veicoli, al fine di prevenire e perseguire comportamenti penalmente punibili e per contribuire al mantenimento della sicurezza e dell'ordine pubblico. Pag. 18
L'articolo 13 consente la trasmissione di dati a carattere non personale utili a prevenire violazioni dell'ordine pubblico in caso di grandi manifestazioni a carattere transfrontaliero mentre, nello stesso caso, l'articolo 14 consente la trasmissione di dati personali in presenza di condanne definitive o di altri fatti che facciano temere reati da parte delle persone di cui vengono trasmessi i dati.
Il capitolo 3 (dall'articolo 16 al 19) contiene misure volte a prevenire i reati terroristici. In base all'articolo 16 le parti hanno la facoltà, anche se non richieste, di trasmettere dati personali quando ritengano che le persone interessate possano commettere reati quali quelli previsti agli articoli 1, 2 e 3 della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio dell'Unione europea, in data 13 giugno 2002, che - lo ricordo - elenca, agli articoli da 1 a 3, una lunga serie di reati terroristici, o riconducibili ad un'organizzazione terroristica o connessi ad attività terroristiche, chiedendo a ciascuno Stato membro di adottare le misure necessarie affinché siano considerati tali nei rispettivi ordinamenti nazionali. Gli articoli da 17 a 19 disciplinano la presenza di guardie armate a bordo di aeromobili (air marshals) con funzioni di prevenzione di atti terroristici e di mantenimento della sicurezza del volo.
Il capitolo 4 (comprende gli articoli dal 20 al 23) contiene misure relative alla lotta contro la migrazione illegale. Gli articoli 20 e 21 riguardano l'invio di consulenti sui documenti falsi nei Paesi di origine o di transito di migranti illegali. Tra i compiti dei consulenti, la formazione delle istituzioni del Paese ospite competenti per i controlli di polizia alle frontiere. Anche in questo caso le parti contraenti designano punti nazionali di contatto, responsabili della concertazione sull'invio dei consulenti sui documenti falsi (articolo 22). L'articolo 23 prevede il reciproco sostegno tra le parti nel corso dell'organizzazione di voli congiunti per l'allontanamento di migranti illegali.
Il capitolo 5 (dall'articolo 24 al 27) stabilisce ulteriori forme di cooperazione. In particolare, l'articolo 24 prevede forme di pattugliamento congiunto nell'ambito della cooperazione di polizia, che si sostanziano nella partecipazione di funzionari designati dalle singole parti contraenti ad interventi che si svolgano nel territorio di un'altra parte contraente. In base all'articolo 25, è previsto lo sconfinamento - senza preventiva autorizzazione - di funzionari di una parte sul territorio di una parte confinante, qualora vi sia l'urgenza di adottare misure provvisorie per scongiurare pericoli imminenti riguardanti la vita o l'integrità fisica di persone.
L'articolo 26 riguarda la reciproca assistenza durante manifestazioni di massa, grandi eventi e catastrofi, mentre l'articolo 27 prevede l'assistenza reciproca su richiesta in base all'articolo 39, paragrafo 1, I frase, della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen.
Il capitolo 6 (articoli dal 28 al 32) contiene le norme riguardanti la presenza di funzionari di una parte sul territorio di un'altra parte nell'ambito di un intervento comune.
Il capitolo 7 (dall'articolo 33 al 41) reca disposizioni generali relative alla protezione dei dati. L'articolo 33 contiene la definizione di alcuni termini utilizzati nel Trattato e il suo ambito di applicazione. Il livello di protezione dei dati (articolo 34) non può essere inferiore a quello che risulta dalla Convenzione europea del 1981 relativa alla protezione delle persone nei confronti del trattamento informatizzato dei dati.
L'articolo 35 definisce le finalità di utilizzo dei dati personali, specificando che questi sono trattabili dalla parte destinataria per i soli scopi esplicitati nel Trattato, salvo che non vi sia l'autorizzazione della parte che gestisce i dati ad effettuare un utilizzo diverso. Gli articoli 37 e 38 contengono norme circa l'esattezza e l'aggiornamento dei dati, nonché le misure per garantire la protezione dei dati. L'articolo 40 sancisce il diritto delle persone interessate ad essere informate dall'autorità competente sui dati trattati che le riguardano e sulle finalità del trattamento. Pag. 19
Il capitolo 8 (dall'articolo 42 all'articolo 52) contiene le disposizioni applicative e conclusive. L'articolo 42 stabilisce che al momento del deposito dello strumento di ratifica ogni parte consegni una dichiarazione che indica le autorità competenti per l'applicazione del Trattato (ossia, tra gli altri, i punti di contatto per l'analisi del DNA, per i dati dattiloscopici, per i dati del registro di immatricolazione dei veicoli, per lo scambio di informazioni durante i grandi eventi). Le autorità competenti potranno in seguito concludere accordi riguardanti l'attuazione del Trattato stesso (come è specificato nell'articolo 44). L'articolo 43 istituisce un Comitato dei ministri delle parti, coadiuvato da un gruppo di lavoro comune, che adotta le decisioni necessarie all'applicazione del Trattato. L'articolo 47 stabilisce la prevalenza del diritto dell'Unione europea sulle disposizioni del Trattato se, in futuro, dovessero rivelarsi incompatibili. Il Trattato entra in vigore, tra le parti che lo hanno ratificato, novanta giorni dopo il deposito del secondo strumento di ratifica, e, per le altre parti, novanta giorni dopo il deposito dello strumento di ratifica (articolo 4). Il depositario è il Governo della Repubblica federale di Germania (articolo 50). Il Trattato ha durata illimitata e può essere denunciato per via diplomatica (articolo 52).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ALESSANDRO MARAN, Relatore per la III Commissione. Concludo, signor Presidente. Per quanto attiene ai contenuti del progetto di legge di competenza della Commissione affari esteri, ricordo che, come di consueto, l'articolo 1 del progetto di legge autorizza il Presidente della Repubblica ad aderire al Trattato di Prüm, mentre l'articolo 2 reca l'ordine di esecuzione.
Ricordo, inoltre, che il 4 luglio 2006, a Berlino, l'allora Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha sottoscritto unitamente alle autorità tedesche una dichiarazione nella quale manifestava l'intenzione della Repubblica italiana di aderire al Trattato di Prüm previo espletamento delle necessarie procedure di adeguamento all'ordinamento interno. A tale dichiarazione è stata legata una lista di osservazioni italiane riguardanti punti specifici del Trattato.
Sottolineo, inoltre, che il 18 luglio 2007 il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione ha approvato all'unanimità il testo di una risoluzione che impegnava il Governo ad adottare le opportune iniziative volte a ratificare il trattato di Prüm entro il 30 settembre 2007 e ad intervenire sulla normativa nazionale in materia, in modo da consentire una rapida adesione dell'Italia al Trattato.
Alla luce di quanto sopra, il Governo Prodi, in data 13 novembre 2007, aveva presentato al Senato un disegno di legge, il cui iter di approvazione non è stato avviato per la fine anticipata della legislatura. Quindi, l'occasione viene nella legislatura in corso.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola primaria «Maestre Pie Filippini» di Sulmona, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Grazie per la vostra visita (Applausi).
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, intervengo brevemente, rifacendomi all'intervento dei relatori. Nel proporre l'adesione alla Convenzione di Prüm il Governo italiano risponde anche allo specifico invito che gli è stato rivolto dal Parlamento. Inoltre, l'Europa spinge nella direzione di un rafforzato coordinamento nella lotta al crimine organizzato tramite un sempre più approfondito scambio di informazioni tra gli Stati membri. Una prospettiva di cui la Convenzione di Prüm rappresenta uno strumento particolarmente avanzato ed è per questo che auspichiamo che Parlamento e Governo si muovano insieme su Pag. 20queste basi, a cominciare dall'approvazione del testo di legge in esame per consentire all'Italia di rispondere adeguatamente, insieme agli altri partner europei, alle crescenti sfide transnazionali del terrorismo, della criminalità organizzata e dell'immigrazione illegale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, l'allargamento e l'integrazione dello spazio comune europeo, oltre a rappresentare nuove opportunità di scambio e di cooperazione, pongono anche problemi che travalicano le vecchie frontiere dello Stato nazionale. Dunque, siamo di fronte a problemi comuni che necessitano di risposte concertate e applicate in un quadro di strettissima collaborazione.
Il Trattato in esame - è stato detto prima - è un trattato multilaterale di diritto internazionale sottoscritto il 27 maggio 2005 da sette Paesi che pone, tuttavia, problemi di adeguamento alle legislazioni nazionali soprattutto in materia di tutela e garanzia delle libertà individuali, di costituzione e gestione delle banche dati. Tre sono gli ambiti di applicazione, come è stato detto: terrorismo, criminalità transfrontaliera, migrazione illegale, temi che, come sappiamo e come vediamo, sono tutti divenuti trasversali a tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Quindi, materia sempre più all'attenzione di numerosi provvedimenti dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa stesso nel quadro di una sempre maggiore efficacia nel contrasto di attività illegali a carattere transnazionale. Infatti, nel febbraio 2007 i sette Paesi contraenti, più altri otto dell'Unione europea, tra cui l'Italia, hanno assunto l'iniziativa di rendere il Trattato applicabile all'Europa attraverso una decisione del Consiglio. Ciò conforta ancora di più: un trend di cooperazione che si aggiunge e perfeziona gli altri strumenti legislativi e operativi esistenti. Si tratta - li ricordo velocemente - di Europol, Eurojust e del sistema di informazione Schengen.
Una prima raccomandazione è la seguente: sarebbe auspicabile che l'approvazione di questo Trattato sia in sintonia con queste altre strutture in modo da evitare sovrapposizioni o addirittura conflitti di competenza.
Il Trattato mira a particolari tipi di informazione - DNA, dati relativi alle impronte digitali e alle immatricolazioni dei veicoli, in applicazione, come affermava poco fa il relatore Maran, di quello che viene definito data field by data field approach, ossia approccio per singoli campi di dati.
L'altro obiettivo - è stato ricordato - è la realizzazione di una rete di punti di contatto nazionali che dovranno essere dichiarati al momento del deposito dell'atto di ratifica, approvazione o adesione.
Ma la grande novità che dovrebbe attirare la nostra attenzione e anche le nostre scelte è l'impegno delle parti contraenti a realizzare schedari nazionali di analisi del DNA. Gli articoli dal 2 al 7 si riferiscono proprio alla creazione di banche dati, alla disponibilità dei dati indicizzati e all'accesso alle informazioni attraverso la consultazione automatizzata. Lo scambio delle informazioni contenute in tali schedari è volta alla prevenzione e alla repressione dei crimini legati ai tre ambiti, ossia il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e l'immigrazione clandestina.
Ci sono, quindi, alcuni problemi che sono stati posti dai critici del Trattato che meritano, da parte della nostra Assemblea e da parte del Governo, un'attenzione relativamente all'individuazione delle categorie delle persone assoggettabili a prelievo, ai lavoratori che possono eseguire la tipizzazione dei profili (solo quelli pubblici o anche quelli privati?), ai tempi e alle regole per la cancellazione dei dati e, soprattutto, alle sanzioni da applicare per ogni eventuale violazione. Sono punti che meritano attenzione, perché suscettibili di ricorso di attentato ai dati privati e alla tutela della persona.
L'approvazione del Trattato pone, inoltre, un problema di equilibrio tra la sicurezza e la tutela dei diritti fondamentali. Pag. 21È diventato un problema della nostra contemporaneità quello di definire il dosaggio tra la tutela dei diritti fondamentali e la doverosa sicurezza dei cittadini in seguito alla sentenza, ricordata dal relatore Contento, della Corte costituzionale n. 233 del 9 luglio 1996, che ha dichiarato illegittimo l'articolo 224, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui consentiva al giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, di disporre di misure che incidevano sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi al di fuori di quelli specificatamente previsti nei casi e nei modi della legge.
Concordo, quindi, con il relatore a proposito dell'esigenza di introdurre - cito - «disposizioni procedurali dirette a disciplinare la materia dell'accertamento tecnico coattivo volto ad accertare il DNA dei soggetti coinvolti». A questo punto, si potrebbe partire dalla proposta di legge A.C. 782-A (con relatore l'onorevole Palomba), approvata quasi all'unanimità dalla Camera dei deputati nella scorsa legislatura.
Infine, signor Presidente, l'immigrazione è trattata nel capitolo 4, contenente misure relative alla lotta contro la migrazione illegale, che riguarda l'invio di consulenti sui documenti falsi nei Paesi considerati come Paesi di origine o di transito per l'immigrazione illegale. Ma è l'articolo 23 del capitolo 4 che attira la mia attenzione. Esso prevede il reciproco sostegno tra le parti nel corso dell'organizzazione di voli congiunti per l'allontanamento di immigrati illegali. Siamo attenti che questo articolo non vada a confliggere con le convenzioni internazionali firmate dal nostro Paese e affermate in tutti gli altri ambiti europei che non autorizzano le deportazioni di massa.
È interessante la norma che prevede gli sconfinamenti senza preventiva autorizzazione, soprattutto in materia di soccorso. Per tutto questo, è auspicabile un'armonizzazione delle leggi sull'immigrazione che, come sappiamo, non sono omogeneizzate a livello europeo, e, soprattutto, un richiamo al rispetto delle convenzioni internazionali.
Avviandomi alla conclusione, si tratta di un Trattato importante per il contrasto dell'illegalità, una risposta europea a fenomeni europei e mondiali, ma con la scrupolosa attenzione al sistema di garanzie e di tutele che costituiscono l'ossatura identitaria della Costituzione e della costruzione europea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il trattato oggi alla nostra attenzione è adottato fuori dall'ambito dell'Unione europea ma, mi spiego, strettamente correlato ad essa dal punto di vista del contenuto, sebbene non trovi la sua base giuridica nell'ambito delle disposizioni sulla cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale, prevista al titolo VI del Trattato sull'Unione stessa, il cosiddetto terzo pilastro, a lei ben noto.
Nel febbraio 2007 i sette Paesi contraenti, più altri otto Stati dell'Unione europea, tra cui il nostro Paese, hanno assunto l'iniziativa di rendere il Trattato di Prüm applicabile all'Europa intera, attraverso una decisione del Consiglio europeo. L'iniziativa, però, ha sollevato numerosi dissensi in quanto la procedura adottata, ad avviso dei critici, violerebbe alcuni principi fondamentali del Trattato sull'Unione europea ovvero il terzo pilastro in materia di cooperazione rafforzata. In sintesi, ciò che veniva contestato era il fatto che, nonostante all'atto della sottoscrizione di questo trattato la Commissione europea stesse già preparando una proposta di decisione-quadro in materia, alcuni Stati membri avessero optato per un trattato multilaterale, per poi chiederne l'integrazione nella legislazione europea attraverso una decisione del Consiglio e ciò al fine, evidentemente, di evitare l'iter legislativo previsto dal terzo pilastro, che è appunto basato sul criterio dell'unanimità e, conseguentemente, privare altri Stati membri della possibilità di assumere posizioni divergenti sulla scelta delle regole da applicare. Pag. 22
A seguito di questa iniziativa, il Garante europeo per la protezione dei dati, nell'aprile 2007, ha emanato di sua iniziativa un parere in materia, in cui ha denunciato con toni piuttosto aspri tale situazione, sollevando persino rilievi in merito alla salvaguardia dei dati personali dei cittadini comunitari potenzialmente interessati alla normativa. In particolare, il Garante europeo ha osservato come all'origine dell'iniziativa dei quindici Stati membri non ci sia stata un'appropriata valutazione delle misure legislative già esistenti, lo ha già ricordato il collega Touadi (ovvero Europol, Eurojust e il sistema di informazione Schengen), al fine di accertarne eventuali carenze che giustificassero e rendessero necessaria la trasposizione, a livello comunitario, delle disposizioni contenute nel Trattato di Prüm, che è oggi alla nostra attenzione. Inoltre, non vi sarebbe stata una ponderata valutazione in merito alla necessità e proporzionalità dell'iniziativa normativa allo scopo prefissato ovvero la lotta contro il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale, soprattutto alla luce del fatto che tale convenzione è nata come laboratorio e che le sperimentazioni degli scambi non sono mai state messe in pratica su vasta scala: pare, infatti, che sia stato effettuato un unico scambio di dati tra la Germania e l'Austria.
Il Garante ha rilevato ancora come, nell'ambito del terzo pilastro, non sia stato ancora adottato un quadro giuridico armonizzato per la protezione dei dati personali e come tale lacuna si ripercuota inevitabilmente sulla tutela dei singoli cittadini, i quali potrebbero vedere i loro dati comunicati a Paesi che non garantiscono un livello di protezione adeguato, sempre ammesso che adeguata sia la tutela approntata nel Paese d'origine. Lo scopo principale di questo trattato ad ogni modo, consiste nell'intensificare la cooperazione tra le frontiere, il cosiddetto cross border, al fine di accentuare la lotta, lo ripeto, al terrorismo, al crimine internazionale e all'immigrazione illegale. Si tratta, dunque, di un'iniziativa messa in campo dagli Stati membri citati da me e dal relatore, ma aperta al recepimento da parte degli altri componenti dell'Unione europea.
La cooperazione che ne deriverà, che ne può derivare, in qualche misura va a rafforzare, sottolineare e valorizzare la possibilità di realizzare un maggiore e più efficace scambio di informazioni tra i Paesi che hanno aderito e che sottoscrivono questo Trattato, così come rende agevole ed utile l'accesso automatizzato ad alcuni schedari degli Stati nazionali aderenti. Ciò anche in un'ottica di consultazione, di informazione, di repressione, ma anche e soprattutto di prevenzione rispetto alle grandi questioni legate al terrorismo ed alla criminalità organizzata.
Il testo che oggi affrontiamo, tra l'altro estremamente complesso e che tratta temi davvero delicati e complicati da un punto di vista giuridico, è tuttavia il frutto di un intenso lavoro che è già stato svolto al Senato e nelle Commissioni interessate qui alla Camera e che ha consentito di poter addivenire all'accoglimento di parecchi emendamenti presentati dall'opposizione (ovviamente faccio particolare riferimento a quelli presentati dal gruppo dell'Italia dei Valori).
Ci apprestiamo, quindi, a votare un provvedimento di cui non sfugge l'importanza, anche se, lo ripeto, è estremamente complesso e tecnico. Esso va nella direzione giusta rispetto alle grandi questioni che noi tutti conosciamo nel contrasto alla criminalità organizzata e che sono purtroppo continuamente all'ordine del giorno nel dibattito politico, sia degli Stati nazionali che aderiscono a questo trattato sia anche degli altri, nel senso, appunto, della ricerca di una maggiore sicurezza e di una più alta azione di contrasto alla criminalità e al terrorismo.
Uno dei punti qualificanti di questo Trattato, se non il più qualificante, è senza dubbio l'istituzione della banca dati nazionale del DNA, delle impronte digitali e dell'immatricolazione dei veicoli e dello scambio di questi dati secondo tre diversi livelli di tutela in base, ovviamente, alla delicatezza del dato trattato che è oggetto di scambio. Pag. 23
Infatti, mentre l'articolo 2, paragrafo 1, stabilisce che gli Stati aderenti si impegnano a creare ed a gestire schedari nazionali di analisi DNA per indagini sui reati, in merito ai dati dattiloscopici l'articolo 8 prevede la comunicazione degli stessi a fini di prevenzione dei reati e relative indagini. L'articolo 12 autorizza lo scambio transfrontaliero dei dati relativi all'immatricolazione dei veicoli anche per la prevenzione e le indagini su illeciti non penali nonché al fine di mantenere l'ordine e la sicurezza pubblica.
I dati del DNA possono comunque essere scambiati solo per indagini giudiziarie penali e al solo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale. Sappiamo tutti che, ad esempio, per quanto riguarda il nostro Paese la nostra polizia scientifica, i RIS dei carabinieri sono considerati di livello eccellente e sono molto stimati dagli altri Paesi; tuttavia dobbiamo registrare che non sempre hanno tutti gli strumenti o i migliori strumenti di cui invece spesso altri Paesi dispongono.
La gran Bretagna, ad esempio, è stato il primo Paese europeo ad aver istituito la banca nazionale di dati del DNA e pare che ne possegga una che contiene oltre due milioni di profili ed è grazie a questa che pare che la percentuale dei reati attribuiti ad ignoti si sia considerevolmente abbassata.
È ovvio che la funzione delle banche dati è collegata alla quantità dei profili contenuti e quindi ci vorranno anni perché quella nazionale, la nostra, possa dare risultati; tuttavia, vi è anche da sperare che, riferendomi ad un episodio a cui la cronaca ci ha richiamati in questi giorni, non vi siano nuovi casi come quello di via Poma, di cui abbiamo letto in questi giorni e che è stato riaperto vent'anni dopo in virtù delle più innovative ricerche in materia di DNA.
Proprio per questo occorre concretizzare al più presto il percorso che in verità era già iniziato nel corso della precedente legislatura e fu portato avanti per alcuni mesi. Uno sforzo che si concretizzò nel disegno di legge S. 1877 del Governo Prodi, frutto anche del lavoro di un comitato che per mesi ha lavorato sul testo e che era composto da organismi di polizia scientifica dell'Arma dei carabinieri e della polizia.
Purtroppo la fine della legislatura non ha consentito la conclusione dell'iter, ma il testo in esame ne ricalca sostanzialmente le norme grazie, appunto come dicevo, al buon lavoro precedentemente elaborato.
Il giorno in cui i profili del DNA estratti da reperti rilevati sulla scena del crimine per delitti compiuti ad opera di ignoti potranno essere, anche a distanza di anni, posti a confronto con il profilo del DNA di un detenuto per un altro reato, si considererà di determinare il collegamento tra il reato rimasto opera di ignoti e la persona che viene arrestata per un altro reato. Da ciò deriva l'esigenza di dotare anche il nostro Paese di questo strumento di notevole importanza per la lotta e il contrasto al crimine, soprattutto quello organizzato.
Ovviamente, tutto ciò dovrà avvenire nel rispetto delle norme, estremamente rigide, che il Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita ha imposto, oltre che del rispetto delle norme sulla privacy. Trattandosi di profili tracciati, l'accesso al nominativo, riferibile a quel profilo estratto, avverrebbe in un secondo momento, quando vi potrà essere la sovrapponibilità dei risultati. Noi, come già accaduto con la ratifica di altri Trattati, arriviamo con qualche anno di ritardo a dotarci di uno strumento che ci possa porre a livello di altri Paesi europei. È chiaro che poi queste banche dati nazionali andranno inserite in un circuito di lettura che coinvolga gli altri Paesi che hanno aderito e sottoscritto il Trattato, in modo da consentire, anche nella lotta alla criminalità transfrontaliera, di disporre di uno strumento di aggressione e di contrasto particolarmente efficace.
Concludo, signor Presidente, affermando che da parte del gruppo dell'Italia dei Valori è stato presentato un emendamento che tende a sopprimere l'articolo 9, secondo comma, lettera g), dove si afferma Pag. 24che il prelievo non può essere effettuato se si procede per una serie di delitti. In particolare, vorremmo che venisse cassato il riferimento a quelli che sono i reati societari. Tuttavia, di questo punto ne riparleremo nel merito nei prossimi giorni, ma credo che non vi sia dubbio in ordine all'orientamento favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori alla ratifica di questo importante Trattato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.

PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, la normativa connessa all'adesione del nostro Paese al Trattato di Prüm è di grande importanza perché direttamente finalizzata all'approntamento di politiche sovranazionali di contrasto al terrorismo e al crimine organizzato, esigenza non revocabile in dubbio e sicuramente avvertita trasversalmente. Al tempo stesso, tuttavia, questa normativa presenta aspetti di particolare complessità e delicatezza, perché interamente giocata sulla ponderazione di due interessi primari ambedue costituzionalmente tutelati: quello, appunto, della sicurezza pubblica e quello della tutela della riservatezza personale, valori questi verso cui siamo tutti parimenti attenti e sensibili. La questione è che ritrovare in ordine ad ognuna delle disposizioni di cui qui ci occupiamo un corretto punto di equilibrio tra i due menzionati valori è tutt'altro che agevole. A riprova di quanto appena affermato vorrei ricordare che il Trattato, sottoscritto nel maggio del 2005 tra sette paesi (Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Olanda e Austria), e aperto alla firma di tutti gli altri Paesi dell'Unione europea, risulta, al momento, essere stato ratificato da soli due Paesi (Austria e Spagna), a dimostrazione che, ferma restando la condivisione dell'obiettivo, l'individuazione del percorso appare irta di ostacoli non trascurabili.
Si aggiunga che il 4 dicembre 2008, quindi in una data che ha sostanzialmente impedito al Senato di valutarne le ricadute, è intervenuta una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, resa nel caso S. and Marper versus the United Kingdom, che ha fissato alcuni principi, specie in materia di distruzione dei campioni biologici e del profilo del DNA, di cui non possiamo non tenere conto, a meno di non volere predisporre il nostro Paese ad una sicura soccombenza dinanzi alla Corte in caso di inevitabile ricorso, al pari di quanto già accaduto al Regno Unito.
Provo ad andare con ordine, soffermandomi sinteticamente solo su alcuni dei punti del provvedimento che mi appaiono di maggiore significato. Anzitutto, direi che non v'è dubbio sulla opportunità, se non sulla necessità, della istituzione di una banca dati del DNA, da un lato, perché una struttura analoga è già stata realizzata in un buon numero di Paesi aderenti all'Unione europea, dall'altro, perché come ebbe a dichiarare nella passata legislatura l'allora Ministro dell'interno Giuliano Amato: «Anche in Italia» - cito - «la banca c'è, ma si rischia di far finta di non vedere. Esiste ormai una banca dati del DNA, ma non la sua regolamentazione. L'assenza della regolamentazione non è assenza della banca, quindi auspichiamo la regolamentazione e l'utilizzazione di questi dati».
Su questo, dunque, nulla quaestio. I problemi, tuttavia, sorgono in ordine a taluni aspetti che concernono la disciplina e l'organizzazione di detta banca. Al riguardo viene innanzitutto in rilievo il profilo della individuazione della platea dei soggetti sottoponibili a prelievo coattivo - su cui non mi soffermo specificamente solo per evidenti ragioni di economia di tempo - che sostanzialmente è tale da abbracciare tutte le persone destinatarie di misura cautelare.
Tale misura, come spesso si verifica, può essere destinata a cadere di lì a pochi giorni, col doppio rischio (evidenziato anche in un documento dell'Unione delle camere penali), da una parte, dell'utilizzo ancor più spregiudicato di quello attuale delle misure privative della libertà personale al fine di ottenere le condizioni di diritto per eseguire i prelievi e, dall'altra, di schedature generali sovradimensionate Pag. 25e ingiustificate pur di fronte alla necessità di un'azione di prevenzione del crimine.
In secondo luogo, viene in evidenza la questione della disciplina dell'accesso ai dati, consentito alla polizia giudiziaria ed all'autorità giudiziaria senza che nulla sia viceversa precisato per gli avvocati difensori, con il rischio anche qui di produrre un grave vulnus al diritto di difesa.
In terzo luogo, va poi posto in evidenza il punto relativo alle modalità e ai tempi di conservazione dei dati personali. Qui torna in ballo la già ricordata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo la quale, ritenuto che la conservazione di campioni cellulari e di profili del DNA configuri già di per sé un'ingerenza nell'esercizio del diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1 della Convenzione, ha ribadito che il diritto interno dei singoli Paesi deve garantire una sufficiente protezione legale contro l'arbitrarietà, definendo con chiarezza la portata della discrezionalità riconosciuta alle autorità competenti e le modalità del suo esercizio.
Ne consegue che la previsione dell'articolo 13, che dispone la cancellazione dei dati e la distruzione dei campioni biologici in caso di assoluzione con sentenza definitiva con la formula «perché il fatto non sussiste» o «perché l'imputato non lo ha commesso», mentre in tutti gli altri casi il profilo del DNA è previsto che debba restare inserito nella banca dati per quarant'anni e la conservazione del campione biologico per 20 anni, appare decisamente singolare.
Ciò perché la discriminazione fra le diverse ipotesi di sentenze di assoluzione tali che tutte, ad esclusione di quelle citate, non conducano alla cancellazione dei dati, non si pone affatto in sintonia con il dispositivo della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Essa deve quindi essere corretta con opportune integrazioni.
Infine, qualche perplessità suscita anche l'affidamento a regolamenti di attuazione di aspetti importanti e sensibili della materia inerenti, ad esempio, alle modalità di accesso e di comunicazione, ai tempi di conservazione, alle modalità di cancellazione, ed altro. Il tutto inerisce ad una materia non solo particolarmente delicata, come ho cercato di sottolineare, ma anche formalmente coperta in larga parte da riserva assoluta di legge.
Per i punti di cui sopra, oltre che per alcuni altri di minor dettaglio, abbiamo presentato emendamenti che ci auguriamo possano trovare l'adesione anche della maggioranza per condurre agevolmente in porto una proposta alla quale, come ho evidenziato in apertura, siamo tutti in eguale misura interessati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Concia. Ne ha facoltà.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, il Trattato in esame oggi è stato firmato tra Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria il 27 maggio 2005 a Prüm, luogo da cui ha preso il nome. Impegna, tra l'altro, le parti contraenti a creare schedari nazionali di analisi del DNA e a scambiare le informazioni contenute in tali schedari, al fine di prevenire e perseguire i crimini legati al terrorismo, all'immigrazione clandestina e alle attività criminali transfrontaliere. Come segnalato nella relazione all'originario disegno di legge del Governo Prodi, l'istituzione della banca dati nazionale del DNA è diretta a consentire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al contenuto del trattato di Prüm, ponendo finalmente in linea l'Italia con altri Paesi europei (che già possiedono un'analoga banca dati), dopo una risoluzione del Consiglio d'Europa del 9 giugno 1997, nella quale si esortavano gli Stati membri a prevedere la costituzione di banche dati nazionali relativi al DNA. L'adesione al trattato di Prüm è un atto dovuto, come noi sappiamo, anche alla luce dei risultati ottenuti dagli altri Paesi europei, come per esempio quello che ha ottenuto il Regno Unito, dove la banca del DNA è operativa da anni e il numero di casi rimasti insoluti è diminuito - grazie a tale banca - dal 60 per cento al 6 per cento. Pag. 26
Già i lavori al Senato hanno evidenziato una insolita comunione di intenti tra maggioranza e opposizione, tanto che il testo che arriva oggi in quest'Aula è il frutto anche di numerosi emendamenti presentati prima dai senatori ed accolti anche dalla maggioranza al Senato. Le relazioni dei deputati Maran e Contento sono del tutto condivisibili, tanto per quanto riguarda le annotazioni favorevoli all'approvazione di questo progetto di legge, quanto per ciò che concerne l'invito incluso nella relazione di Maran con riferimento al comma 2 dell'articolo 12 a valutare l'opportunità di coordinamento con la legge 7 dicembre 2000 n. 397, recante disposizioni in materia di indagini difensive, con particolare riguardo ai difensori di parti interessate nell'ambito di investigazioni difensive.
Il testo che stiamo esaminando risponde alle sollecitazioni della Corte costituzionale in relazione ai rapporti tra accertamenti tecnici e tutela della libertà personali. Con la sentenza n. 238 del 1996, infatti, i giudici della Consulta avevano rilevato l'esigenza di tipicizzare con una legge dello Stato i casi e le modalità con le quali la libertà personale può essere legittimamente compressa, in considerazione del fatto che il prelievo di sangue coattivo comporta necessariamente una qualche restrizione della libertà personale. Anzi, diciamo di più, che travalica tale libertà, comportando, sia pure in misura minima, l'invasione della sfera corporale. Nella stessa sentenza, come rilevato dal Servizio Studi di questa Camera, la Corte costituzionale ha rivolto al legislatore l'invito a colmare il vuoto normativo in materia, affermando che, fino a quando il legislatore stesso non sarà intervenuto ad individuare i tipi di misure restrittive delle libertà personali che possono dal giudice essere disposte allo scopo di consentire l'espletamento della perizia ritenuta necessaria ai fini processuali nessun provvedimento di tal genere potrà essere disposto.
Questa è una disposizione importante, che ci segnala la rilevanza di questo provvedimento. Questo testo in esame, inoltre, recepisce la notazione del garante della privacy, affinché la disciplina delle banche dati del DNA a fini di giustizia sia maggiormente rispettosa della normativa nazionale sulla protezione dei dati personali. Restano, tuttavia, alcune delle questioni sollevate in Senato dai nostri colleghi e da noi in questa Camera, riportate in proposte emendative non accolte con riferimento, come dicevano anche i miei colleghi, all'articolo 12, per rafforzare ulteriormente le garanzie sul trattamento ed accesso ai dati.
Stesso discorso doveva essere fatto sugli articoli 13 e 16 in ordine alla cancellazione dei dati e alla distruzione dei campioni biologici.
Desta perplessità anche la formulazione dell'articolo 17, quello delle norme transitorie, in ordine alle convenzioni che, fino all'istituzione ed al funzionamento del laboratorio centrale per la banca dati del DNA, comunque entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria può stipulare con i laboratori esterni. Naturalmente, noi capiamo benissimo che tale possibilità può esporre a rischi elevati di violazione delle norme a garanzia della privacy.
Sappiamo benissimo che questo è un testo di grande importanza, frutto di una convergenza estremamente positiva. Il testo che stiamo valutando tra l'altro recepisce anche l'impostazione e le proposte che il Partito Democratico aveva incluso nelle sue iniziative legislative. Tuttavia, nei lavori delle Commissioni competenti di questa Camera il gruppo del Partito Democratico ha presentato emendamenti per accompagnare ulteriormente questo sforzo volto alla massima tutela delle garanzie personali e della riservatezza dei dati e delle notizie raccolte, anche e soprattutto in conformità alla recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 4 dicembre 2008.
In conclusione, noi chiediamo di considerare quegli emendamenti qui, in Aula per sostenere quella collaborazione tra maggioranza e opposizione che ha visto marciare quell'iter, perché noi come voi Pag. 27riteniamo di avere il dovere come legislatori di tutelare i cittadini italiani con il rispetto dei dati sensibili che li riguardano. Ci auguriamo di cuore che questa richiesta venga accolta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, dopo quattro anni dalla firma del Trattato di Prüm, tre anni dopo la manifestazione di volontà dell'allora Ministro Amato di aderirvi, oggi finalmente siamo giunti al voto dell'adesione dell'Italia a questo importante Trattato. Noi infatti concordiamo pienamente sulla necessità di aderire a Prüm; per questo un disegno di legge era stato presentato dal precedente Governo, anche sollecitato da una risoluzione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, che allora avevo l'onore di presiedere, adottata all'unanimità nel 2007. Siamo convinti infatti dell'importanza di Prüm sia per ragioni di politica europea che per ragioni di efficacia nella lotta all'immigrazione clandestina e alla criminalità transnazionale.
Innanzitutto il Trattato di Prüm rappresenta un indispensabile complemento degli Accordi di Schengen. A differenza di quanto affermato in questi giorni da vari esponenti della maggioranza, in particolare della Lega Nord, per rafforzare la sicurezza in Europa infatti non occorre tornare indietro, rinunciando a quel risultato storico che è la libera circolazione delle persone in Europa; tornare indietro non è giusto e non è utile, perché non sono certo le frontiere tradizionali a bloccare le attività criminali. Per combattere il crimine organizzato occorre andare verso un'altra nuova direzione: quella della tendenziale e progressiva libera circolazione dei giudici e dei poliziotti, assieme a quella dei cittadini; quella cioè della maggiore cooperazione tra forze di polizia attraverso operazioni congiunte e scambio di dati per prevenire e reprimere le attività criminali internazionali.
Il Trattato di Prüm apporta un valore aggiunto importantissimo quindi agli Accordi di Schengen, proprio perché rafforza questo tipo di cooperazione transfrontaliera tra le forze di polizia. Prüm inoltre dimostra che nell'Europa a ventisette Stati occorre dare la possibilità ai Paesi che vogliono approfondire la loro cooperazione di farlo senza poter essere bloccati dai veti o dalle reticenze di questo o quell'altro Paese. Solo permettendo ad avanguardie di Paesi di avanzare più rapidamente potremo rispondere a livello europeo all'esigenza dei nostri cittadini in materia di immigrazione e di sicurezza. Nato fuori dall'Unione europea, su iniziative di alcuni Paesi, Prüm è stato infatti progressivamente codificato nell'ordinamento giuridico comunitario e costituirà uno dei nuovi pilastri dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia che stiamo costruendo.
Probabilmente nulla di tutto questo sarebbe stato possibile se i promotori avessero dovuto previamente ottenere il consenso di tutti i ventisette Governi; è una lezione che dobbiamo tenere ben presente nell'imminenza delle elezioni europee e dell'apertura di una nuova legislatura europea.
Uno dei punti di forza del Trattato di Prüm consiste nello scambio di dati relativi a DNA e a impronte digitali, nonché di dati relativi agli autoveicoli e nell'utilizzo di agenti sui voli e pattugliamenti congiunti di frontiera; l'adesione del nostro Paese a Prüm comporta, quindi, anche la creazione di una banca dati nazionale del DNA. In Italia le statistiche dimostrano che più della metà dei delitti denunciati restano impuniti perché non vengono individuati gli autori; ad oggi, nel nostro Paese, disponiamo solamente dell'identificazione mediante impronta digitale e mancano una disciplina e un coordinamento adeguati tra le forze di polizia e i laboratori di analisi.
Tra i Paesi che invece dispongono già della banca dati del DNA, come la Gran Bretagna e la Germania, la percentuale di Pag. 28delinquenti identificati è notevolmente aumentata, come ricordato dalla collega Concia. Inoltre, l'identificazione attraverso collaborazioni interstatali si è moltiplicata fra i Paesi che hanno cominciato a scambiarsi i dati. È quindi evidente, sia per la lotta al crimine che per adempiere agli obblighi derivanti dal Trattato, l'esigenza di fornirci di una banca dati DNA e per questo siamo favorevoli alla sua istituzione. Vorrei, però, attirare l'attenzione del relatore e del Governo, su certe lacune del testo, in particolare - e questo mi preoccupa moltissimo - in tema di diritti fondamentali della persona. Sto parlando delle disposizioni relative al prelievo obbligatorio, delle condizioni di cancellazione dei dati e delle modalità di accesso agli stessi. Vorrei anch'io passare brevemente in rassegna ognuno di questi punti.
Per quanto riguarda il prelievo, la norma attribuisce un potere discrezionale (e che rischia, in alcune fattispecie, di essere lesivo per le persone) al giudice, il quale può, appunto discrezionalmente, disporre il prelievo con coercizione fisica senza il consenso non solo dell'imputato o dell'indagato, ma di qualunque persona egli ritenga opportuno. Questo non si verifica in nessun altro Paese europeo dove viene utilizzata la banca dati del DNA.
Negli altri Paesi è previsto un prelievo su base volontaria di persone coinvolte in reati, ma l'obbligo del prelievo è previsto solo per persone imputate o indagate. Se questa parte del provvedimento non venisse modificata, si lascerebbe un potere discrezionale eccessivo in mano ai giudici, una discrezionalità a mio parere incompatibile con l'articolo 13 della Costituzione e con l'articolo 8 della Carta europea dei diritti fondamentali.
Il problema collegato è quello relativo alla cancellazione dei dati: il provvedimento prevede che vengono cancellati d'ufficio in caso di assoluzione, dicitura assolutamente insufficiente perché tralascia casi quali il non luogo a procedere o il fatto non costituisce reato.
L'accesso ai dati è un altro aspetto importante: bisogna far sì che vi sia una tracciabilità dei soggetti autorizzati a consultare questi dati, che si individui chi e da quale postazione effettui le interrogazioni alla banca dati.
Abbiamo sollevato questi elementi nelle varie Commissioni competenti, ma mi risulta che la maggioranza abbia affermato che l'importante era approvare il provvedimento per procedere alla ratifica del Trattato e che si sarebbero potute modificare dopo queste parti. Ritengo molto pericoloso non solo per i diritti fondamentali, ma anche per la credibilità internazionale del nostro Paese, un simile atteggiamento; il relatore stesso riconosce che vi sono parti da modificare, ma il Governo sembra voler rimandare le modifiche ad altri testi successivi o ai regolamenti attuativi.
Per un'improvvisa fretta di ratificare un accordo internazionale, certamente importante (lo abbiamo già detto) la maggioranza vuole così procedere all'approvazione di un provvedimento che presenta gravi lacune da un punto di vista dei diritti fondamentali. Non capisco perché non si voglia migliorare oggi, votando le modifiche proposte, questo provvedimento; dopo tutto basterebbe votare quegli emendamenti, da noi già presentati, per ratificare il Trattato, che è assolutamente utile, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della tutela della privacy. Queste modifiche, infatti, non sono politiche o di parte, ma tengono presenti i nostri obblighi europei sia in sede di Unione europea che di Consiglio d'Europa e di Convenzione europea dei diritti fondamentali e accolgono le raccomandazioni dei Garanti della privacy italiano ed europei.
Cito, tra l'altro, la sentenza già ricordata della Corte europea dei diritti dell'uomo, Marper contro Regno Unito del 4 dicembre del 2008. In questa sentenza si afferma che la conservazione generalizzata e per tempi indefiniti di impronte digitali, campioni biologici e profili di DNA di persone sospettate di aver commesso reati (ma non condannate) viola l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che tutela, tra l'altro, il diritto al rispetto della vita privata. Pag. 29
È evidente che non si può applicare lo stesso trattamento a persone sospettate e a persone condannate. Non può essere conservato per lo stesso tempo e secondo le stesse modalità un campione di DNA di una vittima e quello dell'autore di un reato. Per una fretta improvvisa - parlo appositamente di fretta perché non vedo gli estremi dell'urgenza - non possiamo e non dobbiamo mettere i nostri concittadini in condizione di incertezza giuridica e di rischio di violazione della loro privacy e dei loro diritti fondamentali. Ci troviamo di fronte ad un margine a volte sottile, ma che non possiamo assolutamente confondere: quello tra sicurezza e privacy, tra sicurezza e diritti fondamentali. In questi anni in Europa e soprattutto negli Stati Uniti dell'amico Bush abbiamo già visto a quali pericolose conseguenze possa portare una politica che volutamente ignora i diritti fondamentali per imperativi assoluti di sicurezza.
Per noi, al contrario, la sicurezza dei diritti è il pilastro su cui costruire un'efficace politica di sicurezza delle persone (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, ogni innovazione in campo genetico sviluppata dal mondo scientifico reca con sé numerosi interrogativi, sia per gli aspetti più strettamente medici, sia per quelli inerenti le politiche sociali e sanitarie in connessione alle modalità di utilizzo dei test connessi e degli usi che ne conseguono. Ci si può interrogare se il soggetto sia libero di scegliere di sottoporsi al test oppure no, quale uso se ne possa fare se reso noto a terze parti, ad esempio nel mondo del lavoro. Viene spontaneo, dunque, chiedersi quali provvedimenti possano rassicurare i cittadini per evitare eventuali discriminazioni basate sul genotipo di ciascuno.
Certamente, tali interrogativi si ripropongono nel momento in cui ci troviamo ad approvare la ratifica di un Trattato internazionale che prevede la cooperazione nello scambio di informazioni contenenti dati genetici per la lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera e all'immigrazione clandestina. Parliamo del Trattato di Prüm, un'iniziativa di sette Stati comunitari siglata nel maggio 2005, che potrebbe essere ben inquadrata nell'ambito della cooperazione di polizia nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia dell'Unione europea, ma non si è scelto di porlo in essere nell'ambito dell'Istituto comunitario della cooperazione rafforzata conformemente alle procedure espresse nel Trattato di Nizza.
Del resto, però, l'iniziativa tedesca nella riunione del Consiglio europeo a Dresda del 15-16 gennaio 2007 di integrare il Trattato nel quadro giuridico comunitario ha riscosso un consenso ampio. Pertanto, auspichiamo che se ne proceda velocemente all'implementazione nell'intera Unione europea anche tramite l'assistenza della Commissione europea.
In fondo, si potrebbe dire che esso rappresenta una riproposizione del metodo Schengen e permette, come si afferma nel preambolo del Trattato stesso, di fare una sperimentazione tra un gruppo ristretto di Paesi, una sorta di avanguardia aperta all'adesione dei Paesi membri dell'Unione europea.
A fugare le perplessità legate agli interrogativi che ponevo in maniera generica all'inizio del mio intervento vi è la linea del Trattato, tesa al rispetto delle legislazioni nazionali, soprattutto in ordine ai diritti dell'uomo.
Non può sfuggire che otto articoli del Trattato siano dedicati alla protezione dei dati. In particolare si precisa che esso rispetta la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, oltre ai trattati e alle convenzioni internazionali sensibili alle tematiche in oggetto, come la Convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944 sull'aviazione civile internazionale e la Convenzione di Tokyo del 14 settembre 1963 relativa alle infrazioni sugli aeromobili. Pag. 30
Nello strumento di ratifica, inoltre, si prevede l'istituzione di una banca dati nazionale del DNA presso il Ministero dell'interno e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA presso il Ministero della giustizia, facendo ordine in materia e delineando anche l'accesso che sarà limitato alla polizia giudiziaria e all'autorità giudiziaria, per fini di identificazione personale di autori di atti delittuosi.
Nel frattempo, però, non essendo ancora pronte le strutture, è necessario che le forze di polizia possano operare, in piena efficacia ed efficienza, con le strutture che hanno a disposizione, garantendo il successivo trasferimento presso le strutture centrali dei microfilm del profilo genetico e del campione biologico, a conclusione della fase di transizione. La banca dati nazionale del DNA è soggetta al controllo del Garante per la protezione dei dati personali. Il Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita ha, invece, il controllo dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del laboratorio nazionale, anche se andrebbe chiarito meglio con quali strumenti. L'autorevolezza dell'organismo dovrebbe comunque contribuire a rasserenare gli animi di coloro che si pongono degli interrogativi circa il rispetto degli aspetti etici connessi ai dispositivi attuativi del Trattato di Prüm sul territorio nazionale.
Saranno inoltre celate eventuali patologie del soggetto il cui materiale genetico è stoccato dalla banca dati, per la cui cura saranno costituiti ruoli tecnici dedicati in seno al corpo di polizia penitenziaria. Ritengo sia importante fare una raccomandazione al fine di vietare studi di criminologia legati alla campionatura di DNA per aree geografiche, che potrebbero insinuare la tentazione di giustificare luoghi comuni lesivi della dignità di intere popolazioni. Per i dati raccolti in luoghi dove si sono svolti fatti criminosi, inoltre, deve essere rispettato il principio, affermato dalla Corte di Strasburgo, per cui tutte le informazioni detenute dalla pubblica autorità devono essere note al soggetto coinvolto, nel rispetto del suo diritto alla vita privata garantito dall'articolo 8 della CEDU.
Il Trattato di Prüm, nonostante all'articolo 48 affermi il primato del diritto comunitario sulle norme contenute nel Trattato stesso, purtroppo rappresenta un passo indietro rispetto al metodo comunitario, facendo prevalere il volere degli Stati e non avviando una riflessione sui contenuti del Trattato stesso, che avrebbe garantito un maggiore europeismo. Forse si sarebbe potuto fare lo sforzo di affrontare la complessità delle procedure comunitarie ed attivare una cooperazione rafforzata, piuttosto che propinare agli altri Paesi un testo non emendabile e che rischia di essere prigioniero del linguaggio giuridico di origine, dando luogo a difficoltà interpretative.
Mi piacerebbe che per la sua importanza nella lotta alla criminalità, alla mafia e al terrorismo, nel nostro Paese il Trattato diventasse oggetto di riflessione anche nella società civile. Pur nella sua genesi non esaltante, infatti, è un Trattato che, affrontando cinque grande campi di applicazione quali la banca dati del DNA, la prevenzione di atti criminosi nei grandi eventi, la lotta al terrorismo, la lotta all'immigrazione illegale e la cooperazione di polizia transfrontaliera, ci fornisce gli strumenti per aggredire meglio l'internazionalizzazione delle organizzazioni criminali. Non a caso l'EURISPES stima la 'ndrangheta come una struttura con un giro di affari di 44 milioni di euro.
Con la ratifica di questo Trattato e della sua implementazione, rafforziamo la cooperazione in campi molto sensibili, attuando il principio di fiducia reciproca, che fa appello al principio di leale collaborazione di cui all'articolo 10 del Trattato di Roma. L'applicazione di tale principio, centrale nella cooperazione giudiziaria come espressa nei processi di elaborazione della Costituzione per l'Europa, è uno degli aspetti positivi legati all'attuazione del Trattato di Prüm, oltre al fatto che mettiamo in pratica l'addestramento reciproco delle forze di polizia tra i Paesi membri e il principio di disponibilità svi Pag. 31luppato nell'Unione europea dopo gli attentati di Madrid del 2004. Dunque, ci sono le premesse affinché il Trattato possa funzionare in un quadro europeo che auspichiamo sia condiviso da tutti i Paesi dell'Unione europea. Ne guadagnerà la sicurezza di tutta la nostra comunità, poiché certe sfide ormai sono difficili, se occorre affrontarle da soli. Uniti nella lotta alla criminalità, sapremo dare un segnale di fiducia a tutti coloro che vivono la paura della criminalità ogni giorno. È nostro dovere dare quindi questa speranza. Lo è per il nostro Paese e per l'Europa che vogliamo continuare a costruire, ma abbiamo bisogno di condividere, anche in questa sede, le criticità espresse con emendamenti appropriati e arrivare ad un testo largamente condiviso.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la prego di concludere.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Con questo auspicio, esprimo l'orientamento positivo del gruppo del Partito Democratico circa l'approvazione di questo provvedimento di adesione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, intervenire per ultima mi ha dato l'opportunità di conoscere le posizioni dei vari gruppi parlamentari su questo provvedimento. Devo dire che sono particolarmente felice degli interventi che ho ascoltato da parte degli esponenti del gruppo al quale sono iscritta, come delegazione radicale, cioè il gruppo del Partito Democratico. Non so, però, se i rilievi avanzati in questa fase del dibattito portino poi il gruppo del Partito Democratico, come ho ascoltato nell'ultimo intervento, ad esprimere, un po' come è avvenuto al Senato, un voto favorevole, nonostante i rilievi critici che sicuramente vanno manifestati.
Devo dire che, intanto, un piccolo disagio lo manifesto per il titolo di questo provvedimento, perché - forse è un disagio solamente mio - vedere ancora una volta associata la parola «migrazione» con le parole «terrorismo» e «criminalità» a me personalmente crea un certo disagio.
Il nostro è uno degli ultimi Paesi europei ad istituire una banca nazionale del DNA e, stabilito che abbiamo scelto tutti in Europa di non inserire i dati biologici di tutti i cittadini in tale banca, dobbiamo necessariamente - sono questi i rilievi che sono stati avanzati - attuare un bilanciamento tra il diritto costituzionale alla riservatezza previsto dall'articolo 13 e le esigenze di sicurezza.
In questi ultimi mesi, ho ascoltato particolarmente la voce del professor Amedeo Santosuosso, che fa parte del centro interdipartimentale dell'università di Pavia, ed anche i rilievi avanzati dall'Unione delle camere penali. È chiaro che siamo tutti d'accordo sulla necessità di fare tesoro dei nuovi strumenti di indagine messi a disposizione dalla tecnica, che ci consentono più facilmente di identificare gli autori di determinati reati, però questi mezzi, a nostro avviso, devono essere utilizzati secondo le regole fondamentali di correttezza, funzionalità e rispetto dei diritti delle persone, così come tutti gli altri mezzi di indagine.
Ho ascoltato anche la relazione svolta in apertura della discussione, e devo dire che alcuni elementi di insicurezza rispetto a ciò che prevede questo disegno di legge sono stati manifestati anche in quella sede. Così come sono stati manifestati nei pareri della I e della XIV Commissione e dal Comitato per la legislazione, il quale rileva che il provvedimento adotta talune espressioni imprecise o generiche, che andrebbero, ove possibile, riformulate in termini più puntuali e corretti.
Viste tutte queste critiche, ritengo opportuno correggere in sede emendativa alcune di queste storture. Va ricordato che andiamo ad incidere sulle libertà fondamentali della persona e che tutto questo avviene nella totale disinformazione dell'opinione pubblica: in Italia si è aperto un dibattito su questo argomento? Ne discutiamo oggi, e probabilmente domani, in Pag. 32quest'Aula, dopodiché tutto sarà chiuso (e sarà molto difficile intervenire) senza che i cittadini siano stati posti a conoscenza di quello che potrà accadere.
Per esempio, è previsto che il laboratorio dove vengono svolte queste indagini si trovi presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. Ma presso il Ministero della giustizia non esiste una struttura tecnica di questo genere: il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria cura, appunto, gli affari penitenziari, non ha alcuna struttura che abiliti questo dipartimento a svolgere questo compito. In Italia, invece, abbiamo delle strutture assolutamente eccellenti, da questo punto di vista, nelle forze di polizia, che svolgono tali indagini all'interno dei singoli processi, e non si capisce perché non sia previsto un chiaro e immediato travaso di queste strutture tecniche, che hanno una tradizione e un'esperienza nel settore.
Ci si dice che nella fase di transizione potremmo avvalerci delle strutture private. Su tale previsione, tuttavia, emerge un forte dubbio, che è stato evidenziato dal professor Santosuosso, non solo per lo spreco di risorse pubbliche, ma anche per l'inopportunità di affidare a privati compiti così delicati, quando ci sono strutture pubbliche che sono in grado di svolgerli.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RITA BERNARDINI. Concludo, signor Presidente, con un cenno a due ulteriori questioni che riguardano la banca del DNA: le formule di assoluzione che non sono previste per uscire da questa banca (è molto facile entrarvi, ma molto difficile uscirne) e il prelievo coattivo, che credo presenti senz'altro dei profili di incostituzionalità. Mi auguro che con questo dibattito e con gli emendamenti che abbiamo presentato sia possibile riformulare alcune parti di questo disegno di legge molto importante (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2042)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione giustizia, onorevole Contento.

MANLIO CONTENTO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, tengo a sottolineare che, dal momento che vi è una condivisione così ampia, ritengo che il Governo possa approfittare di ciò per porre rimedio ad alcune norme che effettivamente lascerebbero sotto il profilo interpretativo alcuni dubbi e che sarebbe, quindi, opportuno correggere.
Un'ulteriore questione è quella relativa al prelievo coattivo del DNA in persone diverse dall'indagato o dall'imputato.
Vorrei semplicemente rendere noto alla Camera che esistono dei Paesi europei che hanno già introdotto questa previsione e che spesso il prelievo coattivo serve proprio per escludere alcuni elementi, ad esempio, da una scena di reato, e solo attraverso quell'esclusione del DNA si può meglio indirizzare l'attività di indagine che si sta compiendo.
Signor Presidente, concludo rivolgendomi al Governo, affinché queste parti possano essere oggetto di miglioramento e di correzione, e credo che vi sia la disponibilità di tutti i gruppi parlamentari in questa direzione.

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la Commissione affari esteri, onorevole Maran, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, prendo atto delle considerazioni svolte dai colleghi che sono intervenuti.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 33

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Giacomo Terranova, proclamato in data 29 aprile 2009, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Popolo della Libertà.

Annunzio della nomina di un sottosegretario di Stato.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 30 aprile 2009, la seguente lettera:

«Onorevole Presidente, informo la signoria vostra che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico l'onorevole Stefano Saglia. Cordialmente, firmato: Silvio Berlusconi».
Rivolgiamo i nostri auguri all'onorevole Saglia.

Annunzio di una delibera dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

PRESIDENTE. Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 30 aprile 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e dell'articolo 6, comma 9, della legge 20 luglio 2004, n. 215, la delibera del 31 luglio 2008, concernente le misure adottate a sostegno dei settori industriali in crisi recate dall'articolo 7, commi 3-quater e 3-sexies, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, con la quale: ha espresso alcune osservazioni in merito alle disposizioni in oggetto, ai sensi del citato articolo 21 della legge n. 287 del 1990; ha dichiarato che, con riferimento alle medesime disposizioni, non sussistono i presupposti per l'avvio di un procedimento istruttorio in relazione alla fattispecie di conflitto di interessi ai sensi dell'articolo 3 della citata legge n. 215 del 2004, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri.
La predetta delibera è trasmessa alla Commissione II (Giustizia) e alla Commissione VI (Finanze) ed è a disposizione degli onorevoli deputati presso gli uffici della Segreteria generale.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 5 maggio 2009, alle 11,30:

1. - Svolgimento di interrogazioni.

(ore 14)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate):
S. 733 - Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (2180-A).
- Relatori: Santelli, per la I Commissione; Sisto, per la II Commissione.

3. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
PIZZOLANTE; PINI: Distacco dei comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione (63-177-A).
- Relatore: Dal Lago.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00152, Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00154, Maurizio Turco ed altri n. 1-00156, Di Pag. 34Giuseppe ed altri n. 1-00159 e Soro ed altri n. 1-00160 concernenti iniziative in materia di parità scolastica.

5. - Seguito della discussione dei progetti di legge:
S. 586-905-955-956-960 - d'iniziativa dei senatori: LI GOTTI ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; d'iniziativa dei senatori: COMPAGNA; VALDITARA; RUTELLI e ZANDA: Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d'Austria, relativo all'approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prüm). Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA. Delega al Governo per l'istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria. Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale (Approvati in un testo unificato dal Senato) (2042).

e dell'abbinata proposta di legge: MINNITI e AMICI (2069).
- Relatori: Contento, per la II Commissione; Maran, per la III Commissione.

La seduta termina alle 17,35.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MANLIO CONTENTO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEI PROGETTI DI LEGGE N. 2042 ED ABBINATA.

MANLIO CONTENTO, Relatore per la II Commissione. Per quanto riguarda invece i profili di DNA di persone scomparse o loro consanguinei, di cadaveri o resti cadaverici non identificati, la disposizione (comma 2) prevede la cancellazione dei profili del DNA e la distruzione dei relativi campioni biologici, anche d'ufficio, a seguito di identificazione del cadavere o dei resti cadaverici, di ritrovamento della persona scomparsa. Al di fuori di queste ipotesi, il profilo del DNA resta inserito nella banca dati per i tempi stabiliti nel regolamento d'attuazione, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali, e comunque non oltre 40 anni dall'ultima circostanza che ne ha determinato l'inserimento.
Ai sensi dell'articolo 14, è punito il pubblico ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione della legge, o al di fuori dei fini previsti dalla stessa.
L'articolo 15 attribuisce al Garante per la protezione dei dati personali le funzioni di controllo sulla banca dati del DNA (comma 1). Per quanto concerne invece il laboratorio centrale, è il Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (CNBBSV).
L'articolo 16 del progetto in commento demanda a un regolamento di delegificazione la disciplina attuativa della legge. Potrebbe valutarsi l'opportunità di prevedere un passaggio parlamentare prima dell'adozione del regolamento attraverso l'espressione di un parere delle Commissioni parlamentari competenti.
L'articolo 17 reca disposizioni transitorie, finalizzate ad evitare di disperdere i profili di DNA acquisiti nel corso di procedimenti penali prima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame.
L'articolo 18 delega il Governo ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi per provvedere alla integrazione dell'ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria mediante l'istituzione di ruoli tecnici nei quali inquadrare il personale da impiegare nelle attività del laboratorio centrale.
Il Capo III è dedicato alla disciplina dello scambio di informazioni e delle altre forme di cooperazione tra gli Stati contraenti. Prima di passare alle disposizioni contenute in tale Capo è opportuno sof Pag. 35fermarsi sul Capo IV che ha per oggetto le modifiche al codice di rito sugli accertamenti tecnici volti ad identificare il DNA e che non era previsto nell'originario disegno di legge del Governo.
Come si è detto le differenze con il testo approvato dalla Camera nella scorsa legislatura sono minime. A parte le differenze sulla distruzione dei dati, dovuta alla circostanza che nella scorsa legislatura non si prevedeva una banca dati sul DNA, la maggiore differenziazione è data dalla scelta di non differenziare i casi di prelievo coattivo a seconda che si tratti o meno di persona indagata da quelli in cui la persona sia diversa. La mancata differenziazione si riduce comunque ad una mancata informazione di alcuni dati nell'ordinanza che dispone l'accertamento anche coattivo. In particolare, nella scorsa legislatura si prevedeva che nell'ordinanza dovesse essere inserito anche l'avviso alla persona interessata della facoltà di farsi accompagnare e assistere da un esperto o da persona di sua fiducia, dalla stessa indicati.
Per quanto attiene alle modifiche al codice di procedura, l'articolo 24 introduce nel codice di procedura penale l'articolo 224-bis, che disciplina la perizia che comporta l'esecuzione di atti idonei a incidere sulla libertà personale. I presupposti per poter procedere all'accertamento sono i seguenti: si procede per delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore, nel massimo, a 3 anni, ovvero per un delitto per il quale sia espressamente prevista dalla legge tale possibilità (in merito si veda quanto disposto dall'articolo 9 della proposta di legge); l'accertamento è assolutamente indispensabile per la prova dei fatti.
La disposizione descrive dunque i tipi di prelievo da effettuare ai fini della determinazione del profilo del DNA o dell'esecuzione di accertamenti medici, individuandoli nel prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale. Su questo punto sembrerebbe esservi uno scostamento da quanto il disegno di legge prevede all'articolo 9, comma 4, in relazione alla banca dati, ove le operazioni sembrerebbero limitarsi al prelievo di mucosa dal cavo orale. In tutti questi casi, il giudice, anche d'ufficio, può disporre con ordinanza motivata l'esecuzione della perizia, anche in via coattiva.
L'articolo 25 inserisce nel codice di rito l'articolo 359-bis, rubricato «Prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi». Si tratta dell'ipotesi in cui il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, intende procedere a un prelievo del tipo di quelli indicati all'articolo 224-bis, coattivamente, cioè senza il consenso dell'interessato. In primo luogo, la nuova disposizione fa salvo quanto già attualmente previsto dall'articolo 349, comma 2-bis, in ordine al prelievo coattivo di saliva o capelli ai soli fini identificativi della persona nei cui confronti le indagini sono svolte: in tal caso infatti procede la polizia giudiziaria previa autorizzazione, anche orale, del pubblico ministero. In secondo luogo, l'articolo 359-bis prevede, come regola generale, che il PM possa procedere solo previa autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, che disporrà con ordinanza (comma 1). In caso d'urgenza - ovvero quando vi sia fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave e irreparabile danno per le indagini - il PM potrà disporre l'accertamento con proprio decreto motivato (contenete tutti gli elementi che l'articolo 224-bis prescrive per l'ordinanza del giudice), eventualmente disponendo anche l'accompagnamento coattivo dell'indagato; entro le 48 ore successive il PM dovrà richiedere al GIP la convalida del decreto e dell'eventuale provvedimento di accompagnamento coattivo e quest'ultimo dovrà pronunciarsi al più presto e, comunque, entro le 48 ore successive, dandone immediatamente avviso al PM e al difensore (comma 2). In caso di mancata osservanza dei presupposti e dei tempi stabiliti dal codice di rito, tanto quanto all'accertamento (articolo 224-bis, commi 2, 4 e 5), tanto quanto all'accompagnamento coattivo (articolo 132, comma 2), il prelievo è inutilizzabile (comma 3) e ciò è rilevabile Pag. 36anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento (ex articolo 191, comma 2).
Gli articoli 26 e 27 novellano, con finalità di coordinamento, gli articoli 133 e 354 del codice di procedura penale.
L'articolo 28 modifica l'articolo 392, comma 2, del codice di rito, in tema di incidente probatorio così da consentire l'uso di tale strumento di anticipazione nella raccolta della prova anche per l'espletamento di una perizia ai sensi dell'articolo 224-bis codice procedura penale.
L'articolo 29 interviene invece sulle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, introducendovi tre nuovi articoli. In particolare, si prevede l'articolo 72-bis, sul prelievo di campioni biologici e accertamenti medici su minori e su persone incapaci o interdette; l'articolo 72-ter, sulla redazione del verbale delle operazioni e l'articolo 72-quater, sulla distruzione dei campioni biologici. Quest'ultima disposizione disciplina la sorte dei campioni biologici prelevati, prevedendo che in caso di archiviazione del procedimento, ovvero di sentenza di assoluzione divenuta irrevocabile, gli stessi debbano essere immediatamente distrutti, a meno che il giudice non ritenga la conservazione assolutamente indispensabile. Alla distruzione dovranno provvedere il consulente o il perito che hanno proceduto alle relative analisi, che dovranno altresì redigere un verbale da allegare agli atti (comma 1). La disposizione esclude comunque la distruzione del campione biologico che sia stato prelevato nel luogo del delitto per il quale si procede (comma 2). Anche in questo caso è opportuno fare delle riflessioni sulla correttezza della norma approvata dal Senato, la quale àncora la distruzione del campione biologico all'esito del giudizio. In realtà, la funzione del campione viene meno una volte esperite le analisi (salvo che il giudice non ne ravvisi l'esigenza della conservazione). Altra cosa è la conservazione dei profili nella banca dati del DNA.
Come già detto, il Capo III è dedicato alla disciplina dello scambio di informazioni e delle altre forme di cooperazione tra gli Stati contraenti. In particolare, l'articolo 20 specifica che le disposizioni di cui agli articoli da 2 a 7 del Trattato, concernenti lo scambio informativo dei profili del DNA, quelle concernenti lo scambio informativo dei dati dattiloscopici, lo scambio dei profili contenuti nei registri di immatricolazione dei veicoli, nonché di quelli relativi alle manifestazioni sportive - di cui agli articoli 8, 9, 12 e 15 del Trattato - devono essere applicate conformemente al cosiddetto Codice della privacy, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
L'articolo 21 riguarda le disposizioni del Trattato (articoli 17-19) che disciplinano l'impiego di guardie armate sui voli con funzione di prevenzione degli atti terroristici e, più in generale, di prevenzione di quelle condotte che possono mettere in pericolo la sicurezza del volo.
L'articolo 22 reca disposizioni finalizzate all'attuazione dell'articolo 24 del Trattato, il quale prevede che le Parti contraenti, al fine del mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica e per prevenire i reati, possano istituire pattuglie comuni o altre (non specificate) forme di intervento comuni, nell'ambito delle quali funzionari o altri agenti di autorità pubblica partecipano ad interventi sul territorio di un'altra parte.
L'articolo 23 dà attuazione dell'articolo 25 del Trattato, il quale stabilisce che in situazioni d'urgenza, i funzionari di una parte contraente possano attraversare, senza previa autorizzazione dell'altra parte contraente, la frontiera comune con lo scopo di adottare, in zona di confine sul territorio dell'altra Parte contraente e nel rispetto del diritto nazionale di questa, delle misure provvisorie necessarie ad allontanare ogni attuale pericolo per la vita e l'integrità fisica delle persone.
Il Capo V della proposta di legge reca disposizioni finali. L'articolo 30 pone a carico del Ministro dell'interno un obbligo di comunicazione annuale al Parlamento. Il Ministro dovrà, in particolare, informare il cosiddetto Comitato parlamentare Schengen (Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Pag. 37Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione) sullo stato di attuazione del Trattato di Prüm, con particolare riferimento agli accordi che possono essere conclusi tra le competenti autorità amministrative degli Stati ai sensi dell'articolo 44 del Trattato. Ai sensi dell'articolo 31, l'attuazione delle norme del provvedimento dovrà avvenire in conformità agli accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall'Italia.
L'articolo 32 reca la copertura finanziaria del provvedimento per quanto riguarda soprattutto i costi connessi all'istituzione e al funzionamento della banca dati nazionale per il DNA.
Infine, l'articolo 33 dispone che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.