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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 111 di giovedì 8 gennaio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,35.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 dicembre 2008.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Conte, Cota, Crimi, Crosetto, De Biasi, Donadi, Fitto, Gregorio Fontana, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Lucà, Lupi, Lusetti, Maroni, Micciché, Migliavacca, Mura, Osvaldo Napoli, Roccella, Romani, Rotondi, Scajola, Stefani, Stucchi, Urso, Vietti, Vitali e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1197 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca (Approvato dal Senato) (A.C. 1966) (ore 9,43).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca.
Ricordo che nella seduta di ieri è stata votata la questione di fiducia posta dal Governo sull'approvazione dell'articolo unico del disegno di legge di conversione nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1966)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1966).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89 del Regolamento, i seguenti ordini del giorno relativi ad argomenti del tutto estranei rispetto al contenuto del provvedimento: Caparini n. 9/1966/10, concernente iniziative a tutela dei diritti degli insegnanti che prestano servizio in classi di montagna; Oliverio n. 9/1966/66, in materia di salvaguardiaPag. 2dell'autonomia dell'Istituto comprensivo statale di Caraffa di Catanzaro.
L'onorevole Sarubbi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/14.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, nell'iniziare l'illustrazione del mio ordine del giorno, ho l'obbligo di rimarcare il disappunto mio, ma anche quello di tutto il Partito Democratico e di tutta l'opposizione, in merito al fatto che, purtroppo, siamo qui a discutere soltanto gli ordini del giorno e non gli emendamenti, come sarebbe stato opportuno. Io stesso, partecipando ad una seduta abbastanza vivace della Commissione cultura, ho visto quanto l'esigenza di emendamenti fosse sentita anche all'interno della maggioranza. Tuttavia, per la solita ragione di Stato, purtroppo, non si è potuto poi procedere a migliorare un decreto-legge che era migliorabile sotto vari aspetti.
Detto ciò, mi riallaccio alla dichiarazione di voto svolta ieri sera dall'onorevole Paola Goisis, in occasione del voto di fiducia. A nome della Lega Nord, l'onorevole Paola Goisis citava il «baronismo» come uno dei mali dell'università italiana. Il «baronismo» è stato definito - cito un titolo riportato, qualche tempo fa, da un'autorevole rivista - come una nuova mafia, la «mafia dei baroni». Solo a Palermo, cento famiglie si spartiscono i corsi di insegnamento all'università, per un totale di 230 fra ordinari, associati e ricercatori.
In un'inchiesta pubblicata ad ottobre, la Repubblica parlava di concorsi vinti per diritto ereditario. Tuttavia, non si tratta soltanto di un problema di Palermo, né è soltanto la Repubblica a denunciarlo. Infatti, in un'altra inchiesta, avviata nel 2007 da il Giornale, si mostrava, a più riprese, come l'albero genealogico in Italia sia un criterio di selezione piuttosto diffuso. Questo avviene in numerosi atenei. Si tratta, dunque, de la Repubblica e de il Giornale, due quotidiani spesso lontani nell'interpretazione dei fatti, ma che, tuttavia, sono uniti in questa battaglia, perché contra factum non valet argumentum.
Quindi, di fronte a certi fatti c'è poco da interpretare, tanto è vero che la lotta alla «parentopoli» (come è stata definita) questa volta è stata condivisa, nei mesi scorsi, da studenti di vari orientamenti politici (di destra e di sinistra) e mi auguro che lo stesso possa accadere per questo ordine del giorno e che esso possa essere condiviso anche dal centrodestra.
Il dispositivo del presente ordine del giorno è piuttosto semplice: esso, in sostanza, impegna il Governo ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere alcuni limiti per l'assunzione dei vincitori di concorsi. Per quanto riguarda le facoltà, non si potrà assumere chi ha parenti o affini in linea ascendente fino al quarto grado nei ruoli di professore di prima e seconda fascia; per quanto riguarda gli atenei nel loro complesso, non si potrà assumere chi ha parenti o affini in linea ascendente fino al quarto grado del rettore in carica.
So già che esiste un modo per mettere a tacere queste nostre obiezioni: il modo migliore è quello di accusarci di populismo e di demagogia, affinché poi tutto rimanga come prima. Proprio ieri sera nel suo intervento l'onorevole Paola Frassinetti, che vedo qui in Aula, ci accusava di fare un uso demagogico dell'idea di meritocrazia. Vorrei assicurarle che non è così e per questo motivo ci tengo a spiegare che non siamo pregiudizialmente contrari - ci mancherebbe! - alla possibilità per il figlio di un accademico di seguire la carriera di suo padre: è naturale, ha respirato quell'aria dentro casa ed è giusto che tenti quella strada. Chiediamo però di mettere un «paletto». Il promettente nipote faccia pure i suoi concorsi per la cattedra, ma in un'università diversa da quella in cui suo zio è rettore: ce ne sono tante di università in Italia, mica esiste solo quella!
Mettiamoci nei panni di tutti quei giovani che si stanno spaccando la schiena sui libri, dei giovani che hanno tutte le qualità intellettuali per diventare docenti universitari, ma purtroppo per loro non hanno le qualità principali: un papà professore e un cognome importante. Quando tra poco voteremo questo ordine del giorno pensiamo al loro futuro, che poi è il futuro delle nostre università, della nostraPag. 3cultura e del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Bachelet ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/62.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, l'ordine del giorno n. 9/1966/62 coglie l'occasione del presente decreto-legge e del rinnovo delle regole concorsuali (ma anche della nuova situazione finanziaria di minor finanziamento che - nonostante il decreto - rimane per le università, specialmente a partire dal 2010) e afferma quanto segue: poiché per effetto di una proposta emendativa approvata dal Senato al comma 5 dell'articolo 1 del decreto-legge che stiamo esaminando sono stati sottratti al nuovo regime concorsuale i ricercatori assunti con contratto triennale rinnovabile per una durata complessiva massima di sei anni (quelli che erano stati previsti dall'articolo 1, comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, cioè i ricercatori universitari con contratto a tempo indeterminato) accade che, come prevedeva quella legge del Ministro Moratti, la loro assunzione rimane disciplinata da ciascuna università con regolamenti propri. L'articolo 1, comma 14, della citata legge imponeva soltanto di assicurare la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti, non ponendo pertanto alcun vincolo meritocratico.
Se mettiamo insieme questo tipo di posizioni e il quadro finanziario (che già non era roseo e che dal 2010 in poi potrebbe diventare drammatico a causa del cumulo dei tagli al Fondo di finanziamento ordinario previsti prima dal decreto sull'ICI del 27 maggio 2008, n. 93, e poi dal decreto finanziario triennale, la legge 6 agosto 2008, n. 133) potrebbe accadere che molti atenei facciano largo uso dei contratti a tempo determinato per i ricercatori universitari e che questa nuova categoria di docenti, più densa di prima, venga ad essere selezionata con un criterio del tutto arbitrario e che cambia da università ad università senza alcun paletto.
Ora, invece, le linee guida per l'università presentate dal Ministro Gelmini lo scorso novembre prevedono di dare priorità ad un meccanismo di reclutamento dei giovani ricercatori ispirato ai principi della Carta europea dei ricercatori ed affermano anche che questo meccanismo deve essere basato sulla valutazione del merito.
Questo documento del Ministro non fa distinzione tra ricercatori universitari a tempo indeterminato e ricercatori con contratto a tempo determinato; allora si potrebbe cogliere questo spunto sapendo che le università straniere, nella loro grande maggioranza (in Italia lo ha sperimentato l'Istituto nazionale di fisica della materia) ricorrono a modalità di assunzione che consistono in contratti a tempo determinato (denominati tenure track) che hanno durata massima del tutto simile a quelli previsti dall'articolo 1, comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230. Tuttavia, per i contratti tenure track, sulla base di una rigorosa e selettiva valutazione dell'attività svolta dal ricercatore, viene prevista la possibilità, con un esito non scontato, che i contratti stessi possano essere convertiti, limitatamente ad una quota definita di personale, da contratti a tempo determinato a contratti a tempo indeterminato.
Ciò che propone questo ordine del giorno è di impegnare il Governo a studiare ed individuare, anche sulla base della esperienza estera, interventi legislativi atti a introdurre nel sistema universitario italiano la posizione di ricercatore con contratto tenure track. Ciò, dal momento che siamo forse alla vigilia della presentazione di una legge più organica di riforma dell'università, può essere un impegno che il Governo potrebbe condividere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,55).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorronoPag. 4da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame ordini del giorno - A.C. 1966)

PRESIDENTE. L'onorevole Benamati ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/20.

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, tutti ricordiamo come nel Consiglio europeo straordinario di Lisbona del 2000 fu varato un pacchetto di riforme economiche che avevano l'ambizioso obiettivo di far divenire quella europea l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica a livello mondiale entro il 2010.
Una delle misure principali per raggiungere questo scopo era quella di destinare una quota pari al 3 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione agli investimenti in ricerca e sviluppo entro, appunto, l'anno 2010, creando contemporaneamente uno spazio europeo comune della ricerca.
Ad oggi l'obiettivo del 3 per cento di spesa sul PIL europeo appare ambizioso: la spesa media nel 2006 dell'Unione a 27 non supera, secondo i dati Eurostat più recenti, il 2 per cento, attestandosi all'1,84 per cento con alcune previsioni cautelative di crescita sino al 2,5 nel 2010.
Si tratta, quindi, di un dato che non è eclatante e che riflette però, onorevoli colleghi, una situazione molto eterogenea nei diversi Paesi. Ci sono Stati che non investono in ricerca neppure l'1 per cento del loro PIL, in special modo quelli di recente adesione all'Unione, laddove vi sono realtà, come la Svezia e la Finlandia, che hanno raggiunto la soglia del 3 per cento già nel 2006.
Per quanto riguarda l'Italia, l'ISTAT ha calcolato una spesa, nel 2006, pari a circa l'1,14 per cento del nostro prodotto interno lordo, con un risultato per noi non particolarmente brillante.
Diversamente da quanto facciamo, infatti, i Paesi con cui più direttamente ci confrontiamo, quali la Germania e la Francia, avevano, già nel 2006, livelli di spesa molto elevati, investendo rispettivamente il 2,51 e il 2,12 per cento del PIL.
Notiamo inoltre che Francia e Germania, insieme al Regno Unito, costituiscono da soli poco meno dei due terzi della spesa europea per la ricerca.
La nostra situazione non è brillante, nemmeno se paragonata a quella della Spagna, che ha sì un'incidenza in termini di spesa paragonabile alla nostra, ma che ha avuto nel periodo 2001-2006 crescite medie annue di poco inferiori al 14 per cento, contro il nostro 3,5 per cento. Da qui si deduce che la nostra spesa per la ricerca non è solo bassa, ma cresce anche lentamente.
Queste sono le ragioni di fondo di questo ordine del giorno, che è attuale in una situazione economica che lo rende, se possibile, ancora più urgente. Oggi, infatti, siamo immersi in una crisi mondiale che non è più solo finanziaria ma è anche industriale e i tempi di evoluzione di questa crisi e i suoi esiti non sono né scontati né prevedibili.
È evidente che l'export manifatturiero italiano è stato il vero motore della nostra economia. Anche nel 2008, nonostante la crisi, il settore delle esportazioni è cresciuto del 4,3 per cento nei primi dieci mesi dell'anno, con un contributo non solo dei settori di qualità per noi tradizionali, come il tessile o l'abbigliamento, ma anche dei settori ad alta tecnologia, come la meccanica di precisione e le macchine per l'industria. Proprio per questo, per sostenere il futuro del Paese e per fronteggiare la crescente competitività globale, oggi più di ieri, è necessario uno sforzo verso una politica economica di sviluppo basata sulla ricerca e sull'innovazione, che sappia aumentare e valorizzare la nostra presenzaPag. 5nei settori ad alta tecnologia e rafforzare la nostra competitività in quelli tradizionali.
Ciò che si chiede in questo ordine del giorno è di rinnovare l'impegno a muoversi nella direzione indicata dal Trattato di Lisbona. Proprio in questa sede, nel momento in cui stiamo convertendo un decreto-legge che non ci soddisfa appieno e alla vigilia di un'importante dibattito su un decreto-legge contenente misure per ridisegnare, in funzione anticrisi, il quadro strategico nazionale, sentiamo l'esigenza di riaffermare, con chiarezza, che nel nostro Paese la ricerca, sia pubblica sia privata, così come la formazione e il sapere, pur nelle presenti difficoltà, rimangono cruciali per lo sviluppo economico e sono priorità di investimento per il futuro.

PRESIDENTE. L'onorevole De Pasquale ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/28.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, questo mondo è come una rete. Ciascun filo è collegato con l'altro per cui per poter esistere abbiamo bisogno degli altri fili. Nell'era globale ci ricordiamo di vivere solamente quando dobbiamo contare gli ingentissimi danni prodotti dai super-manager strapagati e che hanno studiato nelle migliori università di scienze economiche. Si tratta, sicuramente, di gente capace e meritevole, secondo i canoni di un liberismo eticamente inconcludente, ma che di fatto hanno avuto la notevole capacità e il demerito di utilizzare per fini solamente utilitaristici le ingentissime disponibilità di crescita globale che sono passate nelle loro saccenti mani, aumentando di contenuti il mondo del «mio contro il tuo». Pertanto, nell'era globale - come dicevo - la fragilità e la vulnerabilità, appunto, diventano condizioni universali dell'uomo che abbisognano di risposte anch'esse globali.
Universitas studiorum: l'università si chiama così perché si è sempre pensato che le diverse discipline tendessero all'ideale di una superiore verità, all'educazione complessiva dello studente, che si configuri come un percorso di vita, di studio e di ricerca che permetta di acquisire e costantemente approfondire una cultura capace di illuminare e innervare le molteplici dimensioni dell'uomo, oltre che le diverse discipline stesse e attraverso questo riuscire a dare risposte coerenti alle problematiche complesse in aumento su questo nostro pianeta Terra. L'università si propone, perciò, come una comunità di formazione, di studio e di ricerca cui concorrono, nell'esercizio delle rispettive competenze e responsabilità, i docenti, gli studenti e tutto il personale.
L'obiettivo giusto di una giusta riforma doveva essere il ritorno al senso dell'università come comunità tra studenti e studiosi, in vista di una superiore verità.
Infatti, se si appanna la luce della verità, si rischia di perdere l'idea su cui è basata l'istituzione della libertà stessa, così dice Michael Novak.
Questo sarebbe dovuto essere il filo conduttore di una vera riforma che avesse davvero a cuore il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca, obbiettivo e titolo del decreto-legge n. 180 del 2008 che stiamo per convertire in legge con l'ennesima fiducia posta dal Governo Berlusconi che, nonostante i numeri che possiede ampiamente, ha scelto di esautorare sistematicamente il Parlamento ed, in particolare, lo ha fatto sempre nel campo dell'istruzione.
Ma, purtroppo, riforma questo decreto-legge non è, perché tanto è generica nei contenuti, tanto è assolutamente precisa nei risultati, numericamente e ragionieristicamente richiesti, espressi da una parola che da sola riesce, come per incanto, ad unificare ogni contenuto dell'università non degli studi, ma dei tagli.
Infatti, l'intrinseca debolezza di questo decreto-legge è essenzialmente quella di essere, ancora una volta, la giustificazione dei tagli che sono stati compiuti e, di conseguenza, non riuscire ad avere quell'autonomia che era stata dichiarata (purtroppo sempre parole vuote in dichiarazioni spot) nelle linee guida.Pag. 6
Probabilmente, se al Parlamento fosse stato consentito di compiere il lavoro che la Costituzione prevede e che consiste nella capacità di comprendere quali sono le motivazioni dell'altro e nel cercare di produrre una legge che sia il più possibile una legge che unisce e non che divide, in una vera e condivisa ricerca del bene comune, questo decreto-legge n. 180 del 2008 sarebbe potuto diventare una vera opportunità di migliorare il diritto allo studio e alla valorizzazione del merito del sistema universitario e della ricerca e non, come ha già detto pochi giorni fa l'onorevole De Biasi in quest'aula, un'ennesima occasione perduta per dimostrare al nostro Paese e al mondo universitario, a quella generosità enorme di uomini e di donne che lavorano indefessamente (docenti e non), che si può cambiare in modo positivo, condividendo non soltanto i valori, ma anche le scelte concrete.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA DE PASQUALE. Pertanto, chiedo al signor sottosegretario l'onestà intellettuale, almeno in quest'ultima residuale fase, di voler prendere in considerazione l'ordine del giorno da me presentato e di impegnare concretamente il Governo nel chiarimento di quanto emerge dal combinato disposto del comma 1 e del comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 180 del 2008 e di costituire un tavolo di dialogo e costruttivo confronto con chi nell'università lavora, al fine di trovare davvero utili parametri che individuino le eventuali università meno virtuose, al fine di sostenerle per condurre anch'esse all'eccellenza, colpendo chi davvero è responsabile di tagli, carenze formative ed organizzative senza penalizzare chi deve solo subire le conseguenze di scelte non avvedute.

PRESIDENTE. L'onorevole Strizzolo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/58.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Ho presentato l'ordine del giorno n. 9/1966/58 che sostanzialmente riprende il contenuto di analogo ordine del giorno che era già stato accolto nel mese di luglio come raccomandazione dal Governo. Insisto affinché questo ordine del giorno sia accolto nuovamente con favore da parte del Governo perché punta a dare un indirizzo per fare in modo che, nel riparto dei fondi aggiuntivi che sono stati collocati con questo provvedimento nel bilancio dell'università e del sistema universitario italiano, vi sia la possibilità almeno in parte di ristorare gli atenei sottofinanziati.
Credo che questa sia una necessità, perché alcuni di essi sono atenei che hanno ottenuto in questi anni, nonostante la carenza di finanziamenti, risultati importanti - mi riferisco in particolare all'ateneo che conosco meglio, quello della città di Udine - ed è per questo che ritengo importante che, attraverso questo indirizzo dell'Aula al Governo, sia possibile rimediare ad un sottofinanziamento che ha penalizzato alcune università del nostro Paese.
Tali università, invece, hanno dovuto tentare di fare i miracoli con le poche risorse per mantenere standard elevati nell'erogazione della formazione, della ricerca e, soprattutto, nello stimolo per incentivare nuovi filoni di ricerca e un nuovo rapporto che consenta ad alcuni territori di utilizzare la presenza di sedi universitarie per crescere non solo dal punto di vista culturale e formativo, ma anche dal punto di vista sociale.
Quindi, chiedo al Governo di prestare la massima attenzione a questo ordine del giorno che - lo ripeto - riprende sostanzialmente un impegno già assunto in quest'aula nel mese di luglio.

PRESIDENTE. L'onorevole Goisis ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/55.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, questo ordine del giorno darebbe la possibilità alle università di reperire quei finanziamenti della cui mancanza tanto soffrono le università, reperendoli dall'IRAP.Pag. 7Si tratta di un'imposta sulle attività produttive che grava sulle università in ragione dell'8,50 per cento, rispetto invece all'aliquota ordinaria del 4,25 per cento, alla quale sono assoggettati altri enti pubblici che, oltre a svolgere attività istituzionali, svolgono anche attività commerciale.
Il decreto-legge fiscale collegato alla legge finanziaria per il 2006 aveva esonerato le imprese produttive dal pagamento dell'IRAP, finalizzandone i risparmi alla capacità di innovazione e sviluppo tecnologico. L'applicazione di un trattamento privatistico dell'IRAP consentirebbe a molti atenei di conseguire un elevato risparmio. Basti pensare che il solo ateneo statale di Milano, che ha registrato per l'anno 2008 un esborso di 18 milioni di euro, conseguirebbe un risparmio di 9 milioni di euro.
Le università e gli enti di ricerca garantiscono lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica, rivestendo un ruolo strategico per il Paese pari a quello esercitato dalle imprese produttive. L'abbassamento, quindi, dell'aliquota dall'8,50 per cento al 4,25 per cento creerebbe una fonte di risparmio non indifferente, tenuto conto dell'incidenza che l'attuale base imponibile ha sul costo medio stipendiale del personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo. Pertanto, con questo ordine del giorno si impegna il Governo a valutare l'opportunità di determinare l'aliquota IRAP applicabile alle università in ragione del 4,25 per cento, onde sopperire alle gravi carenze strutturali che da troppo tempo affliggono questo settore di vitale importanza per il progresso e la competitività internazionale del Paese, in primo luogo l'estrema precarietà del personale docente e ricercatore (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Melis ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/29.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare si potrebbe forse intitolare così: «Come si può uscire dalla crisi, puntando sull'innovazione e sulla ricerca». Come sistema Paese abbiamo alle spalle una politica della ricerca che non esiterei a definire miope, che negli ultimi anni - forse dovrei dire negli ultimi decenni - ha creduto di poter ridurre al minimo o tenere al minimo la quota del PIL dedicata all'innovazione e alla formazione delle nuove élites della ricerca. Abbiamo prima sacrificato la ricerca pura, quella che costituisce il grande retroterra di ogni futuro avanzamento culturale e tecnologico. Poi abbiamo aggredito anche la quota di risorse dedicate alla ricerca applicata, esasperando una tendenza a comprare conoscenza applicata all'estero, piuttosto che a produrla in proprio. In realtà, questa è purtroppo una tendenza storica del nostro sistema delle imprese, sin dalla prima rivoluzione industriale e che costituisce una delle ragioni storiche della sua debolezza strutturale nel corso del Novecento.
Fanno parte di questa politica miope il sacrificio sistematico del ricambio, l'emarginazione delle nuove generazioni di ricercatori, la drammatica fuga di ventenni e trentenni migliori all'estero alla quale stiamo assistendo, la drastica riduzione dei brevetti, l'invecchiamento precoce delle carriere universitarie (abbiamo i professori universitari più anziani di Europa), la crisi del CNR e degli altri grandi centri di ricerca che un tempo costituivano vanto e primato del nostro Paese in Europa e nel mondo.
Siamo di fronte ad una grande emergenza nazionale. Vi è un'intera generazione di giovani che a quarant'anni, dopo averne trascorsi venti come precari nei laboratori di ricerca italiani ed esteri, nelle cliniche, nelle biblioteche, negli archivi e nel retroterra delle cattedre universitarie (spesso accollandosi i compiti di grande significato e di grande rilevanza per l'andamento dell'intero sistema) non ha ancora una collocazione definitiva. Diceva un grande economista che ho avuto la fortuna di conoscere, Giorgio Fuà, che i ragazzi saltano da una borsa all'altra come TarzanPag. 8nella giungla faceva con le liane. Era una maniera spiritosa di indicare una situazione purtroppo per niente spiritosa, anzi tragica e drammatica.
Abbiamo creato (e sembra che non ne capiamo gli enormi costi sociali) una generazione di sbandati e di senza futuro. Stiamo costringendo, infatti, i nostri figli alla fuga all'estero come accadeva ai contadini e ai braccianti meridionali senza terra ai tempi delle grandi migrazioni nelle Americhe agli inizi del Novecento. Signor sottosegretario, non si può fare a meno dei giovani ricercatori, soprattutto non si può farlo in un frangente così decisivo come quello che stiamo affrontando. Infatti, dalla crisi economica che stiamo vivendo si può venir fuori in due modi: o sconfitti definitivamente e tagliati fuori dal gruppo di testa dei Paesi industriali, o vincitori, avendo rinnovato profondamente il proprio impianto imprenditoriale, investito nelle nuove risorse e soprattutto messo a valore le energie culturali nel campo dell'innovazione.
L'ordine del giorno ha solo questo significato, ovvero vuole semplicemente attirare l'attenzione del Governo e della Camera su questo specifico punto. Se si vuole davvero uscire dalla crisi, restando nel gruppo di testa dei Paesi industriali d'Europa, allora dobbiamo puntare decisamente sul potenziamento della grande riserva di intelligenze rappresentata dai giovani ricercatori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Zazzera ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/67.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, quella di oggi è un'occasione perduta. Discutiamo, infatti, di un provvedimento su una materia importante e delicata come afferma il titolo stesso del decreto-legge n. 180: disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca. Si tratta di un titolo che ha dentro di sé l'idea della necessità di una riforma del sistema universitario.
Tuttavia, queste buone intenzioni sono mortificate dal metodo (ancora una volta autoritario) di questo Governo di chiudere alla possibilità di un dibattito aperto nel Paese sul sistema universitario, ancora una volta procedendo attraverso la decretazione d'urgenza e, ancora una volta, apponendo la fiducia pur considerando che i tempi per la conversione in legge sono limitati. Ancora una volta si fa propaganda mediatica e si prende solo una parte di un provvedimento che intende, afferma il Governo, impedire alle lobby baronali universitarie di dettare legge. La necessità di bloccare davvero le lobby baronali universitarie è ormai rilevata da tutti, ad esempio dalle cronache giudiziarie quotidiane sull'università, ed è evidente che si parla ormai, non solo in politica, ma anche nell'università, di una questione morale (parentopoli ed esamopoli).
La domanda è se questo Governo ha avuto il coraggio fino in fondo di trasformare questo provvedimento in una vera riforma del sistema universitario.
Nel mio ordine del giorno n. 9/1966/67, che ho rivolto al Governo, invitandolo ad accettarlo, si chiede di trasformare un percorso (che pure è stato iniziato da parte di questo Governo e che apprezziamo), cercando di limitare l'azione dei baronati universitari ed incidendo sui commi 4 e 5 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, nei quali si interviene sulla disciplina transitoria volta alla individuazione dei criteri per la composizione delle commissioni giudicatrici per quanto riguarda le procedure di valutazione per i posti di docente universitario e per quelli di ricercatore. Si tratta di un provvedimento che ancora una volta, però, è di tipo transitorio e interviene sull'urgenza, ma che poi lascia al domani la possibilità di apportare modifiche permanenti.
È opportuno, quindi, che l'università italiana prenda coscienza che esiste un problema di questione morale e che è necessario intervenire per riportare credibilità, non solo in Italia, ma anche a livello internazionale, riportando trasparenza sia nei meccanismi di nomina di chi giudica,Pag. 9sia nella qualità dei docenti universitari che rappresentano la nostra università.
Il decreto-legge in esame, quindi, introduce una disciplina transitoria, limitata, per il reclutamento di docenti universitari di prima e seconda fascia, alle procedure di valutazione comparativa della prima e seconda sessione del 2008, mentre, per i ricercatori universitari, è limitata fino al 31 dicembre 2009.
Con l'ordine del giorno n. 9/1966/67, pertanto, chiediamo al Governo di avere più coraggio e, nel procedere alla costituzione delle commissioni esaminatrici dei concorsi, di prendere in considerazione il sorteggio puro dei commissari all'interno di una lista di professori ordinari iscritti. L'obiettivo, in questo caso, è di rafforzare l'impegno del Governo e di spingere perché vi sia maggiore coraggio sulla strada della trasparenza nella selezione del personale delle università. Tutti, infatti, abbiamo un obiettivo comune: ridare forza, credibilità e qualità alla nostra università, che ne possano costituire anche il marchio di esportazione all'estero (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/68.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, la questione dei concorsi universitari è posta da anni all'attenzione dell'opinione pubblica dai mezzi di informazione, per le inchieste della magistratura e per scandali svariati, ma rappresenta, di fatto, un cancro da estirpare, perché potrebbe estendersi a tutto il sistema: bisogna anche avere, però, l'equilibrio di intervenire per risolvere il problema.
A me pare che il decreto-legge in esame non risolva minimamente il tema del quale stiamo parlando. Quando si interviene, come avviene oggi, in un gioco già aperto, per modificare le regole di quel gioco, tutti si aspettano che ciò avvenga per modificare radicalmente la situazione e per risolvere effettivamente il problema. Questo Governo, quindi, considerato che i concorsi si svolgono in sede locale e che vi è un membro interno nominato dalla sede locale, per la nomina degli altri quattro componenti ha pensato di fare un «giochetto» di questo tipo, facendo eleggere dagli stessi docenti dodici di loro e poi estraendone a sorte quattro. C'è qualcuno che davvero pensa che un meccanismo di questo tipo possa modificare i gruppi di potere accademico? È mai possibile che qualcuno pensi che, introducendo un provvedimento simile (persino peggiore di quello esistente vent'anni fa e che non ha dato alcun risultato), si modifichi realmente lo stato della situazione e l'influenza di gruppi accademici? Penso veramente che mai come in questo caso si possa dire: facciamo finta che le cose cambino perché non cambi nulla; è ben diverso, infatti, il modo con cui si deve intervenire, se si vuole che il merito sia sempre l'elemento di riferimento nelle valutazioni comparative. Vi era la possibilità di farlo: noi abbiamo proposto alcuni suggerimenti.
Abbiamo proposto di riportare le valutazioni comparative a livello nazionale, come accadeva una volta, il che certamente permetterebbe molto meglio e assai più delle valutazioni in sede decentrata di avere un quadro globale nazionale dei candidati. Se intendiamo fare un sorteggio che realmente possa sparigliare il campo delle lobby accademiche, facciamone uno puro e semplice, sic et simpliciter. Questo certamente potrebbe modificare le situazioni che si possono predeterminare. Introduciamo la presenza nelle nostre commissioni di docenti internazionali di chiara fama e introduciamo, soprattutto, i prerequisiti per la candidabilità ad essere professore universitario, che si possono rintracciare nei ranking internazionali, nei criteri internazionali di valutazione delle attività di ricerca.
Questo significa avere effettivamente strumenti che permettano di far sì che chi merita sia poi prescelto dalle commissioni, ma tornare indietro a ciò che si faceva venti anni fa, e in peggio, non risolverà un bel nulla. Vorrei ricordare che allora si eleggeva il quadruplo del numero dei commissari, non il triplo come adesso, quindiPag. 10in realtà si riusciva quasi meglio di adesso, per motivi puramente statistici, ad avere qualche effetto. Eppure, quell'effetto non c'è stato vent'anni fa e qualcuno cerca di immaginare che possa esservi oggi.
Dunque, con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di ripensarci. Abbiamo detto secondo quali criteri potrebbe informare una reale modifica dei sistemi di reclutamento, e ci auguriamo che ci sia l'accoglimento di questo ordine del giorno da parte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Binetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/77.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, vorrei illustrare il mio ordine del giorno perché chiede al Ministro di guardare con particolare attenzione anche a quei cosiddetti atenei non virtuosi. In molte università, gli atenei risultano non virtuosi anche per un motivo molto concreto: le facoltà di medicina costituiscono una fonte di assorbimento di risorse, anche se accanto alle risorse che assorbono offrono un servizio attraverso tutta l'organizzazione della partecipazione al Sistema sanitario nazionale, fortemente qualificato e qualificante, cui tutti attingiamo quando c'è bisogno. Questo rende le facoltà di medicina particolarmente onerose e i bilanci particolarmente pesanti da gestire.
Si escludono i ricercatori da questa scelta, in fondo coraggiosa, che mi sembra che in ogni caso il decreto-legge abbia voluto adottare rispetto agli atenei virtuosi. Si escludono gli atenei non virtuosi, che - insisto - rappresentano persone che svolgono un ruolo molto concreto e particolare, volto all'assistenza dei pazienti, ma anche alla formazione delle nuove generazioni di medici. Infatti, la vera formazione degli studenti di medicina è sostanzialmente a carico della fascia dei medici giovani, che dedicano a questo compito molto più di quanto sarebbe strettamente dovuto per il tipo di contratto che hanno.
Dunque, la richiesta e il desiderio è che si guardi con attenzione a questi problemi, che non si assuma solo il parametro economico per distinguere tra virtuoso e non virtuoso. La virtù di un ateneo non sta soltanto tra le pieghe del suo bilancio, ma anche negli obiettivi concreti di cui si fa carico e nella qualità concreta con cui risponde con i servizi alle attese generali dell'opinione pubblica. Guardare in questo modo agli atenei cosiddetti non virtuosi, sottolineando quanto c'è di virtuoso in ognuno di loro, può servire a operare quella trasformazione interna che non li marginalizzi, tenendo conto che, se per caso li marginalizzassimo, la ricaduta negativa sarebbe ampia, pesante e, sotto molti aspetti, a carico di tutta la vita non solo accademica, ma anche - insisto - sanitaria del Paese.
Da questo punto di vista, forse, si può fare un «piano inclinato», che nell'emendamento che era stato proposto e nell'ordine del giorno a mia firma colloca in una fascia del 20 per cento la possibilità di aprire ai ricercatori. Però non si può pensare di escludere totalmente in queste università i giovani che presentano i migliori talenti e la maggiore dedizione al ruolo perché esiste un parametro che strutturalmente non permette loro di accedere a quello che, comunque, nel sistema accademico viene considerato un premio, il sistema premiante del riconoscimento accademico delle competenze impegnate.
Peraltro, escluderli in questo senso significherebbe escludere le stesse università dalla possibilità di partecipare a molti bandi di concorso per progetti di ricerca, progetti internazionali, scambi internazionali. Per cui, alla fin fine, sarebbe doppiamente penalizzante: penalizzante per i giovani che si dedicano a questo, per gli studenti universitari che in questa relazione attraggono forza e respiro e per la qualità della ricerca, ma penalizzante anche sotto il profilo economico per la qualità e la quantità di fondi che potrebbero essere recepiti da un impegno anche legittimato all'esterno attraverso un riconoscimento esplicito del loro ruolo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. L'onorevole Miglioli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/63.

IVANO MIGLIOLI. Signor Ministro, onorevoli colleghi, il mio ordine del giorno n. 9/1966/63 affronta il tema degli enti di ricerca, del loro funzionamento e della possibilità per migliaia di ricercatori precari di poter continuare il loro lavoro.
Su questa materia abbiamo, come Partito Democratico, rilievi e critiche al provvedimento che stiamo esaminando, così come, Ministro Gelmini, abbiamo proposte e suggerimenti, che avevamo tradotto in emendamenti al provvedimento stesso. Ma, ancora una volta, rispetto al dibattito e al confronto il Governo, avendo posto la questione di fiducia, ha scelto la via della chiusura: invece di confrontarsi, di ascoltare, di far valere i propri argomenti e le proprie ragioni, si decide di umiliare quest'Aula. In questo scorcio di legislatura tale scelta è stata operata troppe volte: era già successo lo stesso, signor Ministro, per il decreto sulla scuola, così come per troppe volte si è ricorso all'uso dei decreti (se non sbaglio, 24 in pochi mesi di attività del Governo).
Si pone non solo un problema assai rilevante che riguarda la funzione di vigilanza e di controllo che compete all'opposizione, ma si pone per tutto il Parlamento una questione che attiene ormai al funzionamento stesso di questa Camera. Siamo tutti di fronte ad una domanda: se si continua a legiferare per decreti e con i voti di fiducia, dove si esercita la funzione del parlamentare? Dove, come si interviene sull'iter legislativo? Ormai tutto questo si riduce per l'opposizione, ma anche per il parlamentare di maggioranza, all'unica possibilità di presentare qualche ordine del giorno: francamente assai poco, rispetto al ruolo che siamo chiamati a svolgere in quest'Aula.
Ma tornando al mio ordine del giorno, nei giorni scorsi l'ennesimo istituto, la CGIA di Mestre, ha pubblicato nuovi dati sui lavoratori a tempo determinato, a progetto, insomma i lavoratori precari. Si tratta di un esercito di ormai quattro milioni di persone e, nell'anno che abbiamo alle nostre spalle, un'assunzione su due, dunque il 50 per cento dei nuovi contratti di lavoro, è un contratto a tempo determinato. Questi lavoratori sono i più esposti alla crisi, perché sanno che, alla scadenza, il loro contratto difficilmente sarà rinnovato e sanno di non avere né sussidi di disoccupazione né cassa integrazione. Insomma, per molti di loro vi è un futuro assai incerto. Lo abbiamo detto più volte: è necessario un sistema di ammortizzatori sociali anche per questi lavoratori, così come abbiamo denunciato più volte, in Commissione lavoro e in Aula, che è stato sbagliato annullare, di fatto, le norme previste dal Governo Prodi che prevedevano la stabilizzazione dei lavoratori precari.
Queste valutazioni valgono anche per gli enti di ricerca. Parliamo di enti di grande rilevanza per il Paese: il CNR, l'Istituto superiore di sanità, l'Istituto nazionale di vulcanologia, solo per citarne alcuni. La ricerca italiana si regge su questi enti e sui lavoratori che vi operano, che rappresentano una risorsa fondamentale per il nostro Paese.
Il comma 9 dell'articolo 1 del decreto in esame, che esclude gli enti di ricerca dal taglio delle piante organiche previsto dalla legge n. 133 del 2008, migliora, anche se solo di poco, la situazione (di poco, perché molti enti di ricerca si trovano ormai al completamento della pianta organica). Inoltre, la limitazione di spesa per i contratti a tempo determinato consentirà a ben pochi dei ricercatori precari di essere stabilizzati, così come gran parte degli assegni di ricerca e dei contratti a tempo determinato non potrà essere rinnovata.
Secondo i dati dell'OCSE siamo agli ultimi posti negli investimenti nella ricerca, ma nonostante questo i ricercatori italiani sanno farsi valere, sia nelle produzioni scientifiche, sia nell'accesso ai finanziamenti europei. Alcuni di loro hanno scritto nei giorni scorsi una letterina a Babbo Natale e alla Befana nella quale affermano: il regalo più grande che chiediamo è la possibilità di continuare a fare ricerca.Pag. 12
Per questo, l'ordine del giorno a mia firma chiede di impegnare il Governo ad individuare interventi legislativi affinché la parte migliore dei giovani impegnata nei progetti di ricerca non vada perduta: faremmo un regalo non solo ai ricercatori ma al Paese, che ha bisogno per il suo futuro del loro lavoro prezioso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (PdL) ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/69.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, signor sottosegretario, il Parlamento nel corso della XIV legislatura aveva approvato una riforma organica del sistema universitario, la cosiddetta legge Moratti, una riforma che venne salutata dalla stampa internazionale come la migliore riforma di quel Governo, perché sprovincializzava le nostre università (non dimentichiamo, nei concorsi locali, il cosiddetto famigerato membro interno, attraverso cui si era reclutata una classe di docenti universitari scadente). Quella era dunque una riforma che sprovincializzava le nostre università, che le collegava con le università internazionali e con il mondo delle attività produttive ma che, soprattutto, sottraeva al potere dei baroni il controllo dei concorsi.
Quella riforma costò tanto lavoro, perché impegnò il Parlamento per quasi tutta la legislatura (furono svolte centinaia e centinaia di ore di audizioni). Io intrapresi un «pellegrinaggio laico» nelle università italiane per capire i motivi del male oscuro che turbava la vita interiore dei nostri atenei, per comprendere perché le nostre università stessero scivolando verso gli ultimi posti, e mi resi conto che l'università andava riformata perché aveva perso la sua vocazione, quella di creare ricerca: nelle università italiane non si crea più conoscenza attraverso la ricerca.
Ma il Ministro Mussi, il successore della Moratti, si guardò bene dall'esercitare la delega perché allora andava di moda una specie di dannazione della memoria ed era una riforma del Governo Berlusconi. Ora vorrei invitare il Governo a non disperdere quel lavoro e a riprendere in mano quella riforma perché, a mio giudizio, lì troveremo la soluzione a molti dei problemi che riguardano il reclutamento dei nostri docenti.
Qualche giorno fa mi trovavo a casa costretto dall'influenza ed ho ascoltato l'intervento dell'onorevole Binetti. Ma l'onorevole Binetti parla di un'università che non c'è più, parla di maestri che vivono in simbiosi con gli allievi: ma lei lo sa, onorevole Binetti, quante ore di lezione fanno in un anno i professori ordinari? Fanno nove ore di lezione in un anno! Nelle università italiane non ci sono più i grandi maestri ma ci sono i capi, quelli che cercano solo seguaci!
In conclusione, chiedo dunque di impegnare il Governo ad adottare in tempi rapidi le opportune iniziative normative volte al ripristino del contenuto integrale di quella legge: solo così potremo riprendere quel cammino, visto che il Governo Prodi ha tenuto per due anni l'università nella palude dell'immobilismo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Farina Coscioni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/75.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signora Presidente, la situazione dell'università italiana, così come è, è complessivamente indifendibile, dal punto di vista sia finanziario che funzionale. I suoi stretti legami con meccanismi corporativi e di autoreferenzialità ne fanno un sistema che tutela i propri interessi interni contro quelli della formazione e della ricerca, lontano da quell'indice più significativo che ormai tutti riconoscono: la qualità del sistema universitario per misurare le potenzialità di sviluppo economico e civile di un Paese. La proliferazione di atenei sul territorio nazionale - troppi in assoluto -, la frammentazione in ogni angolo del Paese, impresentabili università nate sotto la spinta del potente di turno, che doveva avere il suo ateneo nella sua città, atenei nati,Pag. 13insomma, troppo spesso sulla base di spinte localistiche e fortemente indebitati, che spendono la maggior parte delle loro risorse per gli stipendi del personale, sottraggono risorse proprio alla ricerca e alla conoscenza, e a rimetterci sono gli studenti.
La cosa più importante da fare immediatamente è distribuire il Fondo nazionale solo in base ai risultati, tramite indicatori quantitativi chiari e trasparenti: laureati effettivi, laureati che trovano lavoro entro un determinato lasso di tempo, il rapporto studenti in corso-fuori corso, le produzioni scientifiche su riviste internazionali, adottando, quindi, gli indicatori già noti, ed usati, nei principali Paesi industrializzati. Quindi, quei 500 milioni di euro previsti nel decreto-legge vengano davvero distribuiti solo in base alla valutazione dei risultati.
Un altro aspetto importante e grave riguarda i meccanismi di reclutamento, i concorsi per i ricercatori e i professori, la distribuzione delle risorse tra le università, e all'interno delle università, la scelta di percorsi didattici: tutto, insomma, si muove in funzione del mantenimento degli assetti e della massimizzazione di strategie interne di determinate corporazioni e baronie.
Una delle cause della patologica proliferazione di sedi è il valore legale del titolo di studio. L'uguale valore della laurea è, di fatto, un incentivo a frequentare sedi e corsi di studi dequalificati, il cui vero obiettivo non è la qualità della formazione, ma il conseguimento del titolo di studio con il minimo sforzo. Rimane, quindi, come premessa ad una riorganizzazione del sistema fondata sulla concorrenza e sul merito l'abolizione del valore legale della laurea. Solo così facendo lo studente sceglie l'università per la qualità della formazione che offre e non per il certificato pubblico, noto a tutti come «pezzo di carta» (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Bratti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/60.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio ordine del giorno riguarda le misure per la qualità del sistema universitario. In modo particolare si richiede di riconsiderare fra i criteri di efficacia e di efficienza delle sedi didattiche anche il tema del risparmio energetico e dell'uso delle fonti rinnovabili come, appunto, criterio da tenere presente nella distribuzione dei fondi sia ordinari, del 7 per cento, sia straordinari. È noto, infatti, che circa il 40 per cento del consumo energetico avviene nelle strutture edilizie e in gran parte nelle strutture pubbliche, e tra queste la parte del leone la fanno proprio i grandi plessi universitari e quelli sanitari.
Il nostro Governo ha recentemente siglato a Bruxelles un accordo europeo (il famoso «pacchetto 20-20-20») con il quale il nostro Paese si obbliga a raggiungere determinati obiettivi, in maniera particolare cercando di migliorare le politiche di efficientemento energetico e di incrementare lo sviluppo delle energie rinnovabili. Si tratta di una questione che diventa ancora più importante alla luce dei recenti fatti che hanno dimostrato come la dipendenza energetica da un'unica fonte, quella fossile e, in maniera particolare, il gas naturale, possa originare dei problemi per il nostro Paese. Quindi, credo che da ora in poi in ogni provvedimento che verrà preso, che riguardi direttamente o indirettamente l'utilizzo energetico, si dovrà considerare questo impegno importante che abbiamo assunto a livello europeo. L'università, così come gli altri enti di ricerca pubblici, dovrà dare quindi l'esempio sia nell'applicare nuove tecnologie sia nell'attuare rigorose politiche di risparmio, sia negli investimenti edilizi, sia nella conduzione ordinaria dei plessi che ospitano le attività didattiche e di ricerca. Quindi, molto brevemente, in questo ordine del giorno si chiede di considerare tra questi criteri di efficientamento e di efficienza le politiche di risparmio energetico e - ripeto - di sviluppo di energia rinnovabile come elemento di grande precarietà.

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PRESIDENTE. L'onorevole Ginefra ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/35.

DARIO GINEFRA. Signor Presidente, l'ordine del giorno n. 9/1966/35, condiviso con la collega De Pasquale, affronta il delicato tema del proliferare delle università telematiche nel nostro Paese. Nella precedente legislatura, il Governo Prodi, sia pur negli ultimi atti del suo mandato, aveva predisposto un «pacchetto serietà» che tra l'altro prevedeva un decreto per la ridefinizione dei requisiti minimi idonei per ottenere questo status. Ricordo che nel nostro Paese le università telematiche sono già undici, tante, tante, tante di più rispetto alla media europea, e che la gran parte di esse sono state riconosciute al termine del Governo Berlusconi della XIV legislatura, dal Ministro Moratti, quando si era già avviata la fase dello scioglimento delle Camere. Quindi, siamo in presenza di un provvedimento che chiaramente necessita di quella attenzione e di quell'approfondimento che avrebbe potuto tener conto di una serie di fattori che, credo, vadano analizzati all'interno di questa discussione. L'ordine del giorno che noi proponiamo, infatti, chiede al Governo di continuare la politica avviata dal Governo Prodi e di disciplinare una materia che rischia di determinare una concorrenza sleale tra gli atenei nella formazione di qualità.
Sottosegretario Pizza, mi rivolgo a lei perché lei ha utilizzato particolari parole nella replica alla discussione generale e ha definito questo provvedimento come un primo provvedimento importante del settore per rilanciare il sistema qualitativo dell'università italiana. Le chiedo se è ammissibile che esista un sistema di concorrenza nella formazione che punta non già alla qualità ma alla quantità, secondo quegli spot che noi ritroviamo in tutte le nostre città e che vanno incontro al motto «paghi due e prendi tre». Mi rivolgo al suo Governo e cerco di capire se l'intenzione del Governo Berlusconi, del suo Ministro Gelmini, e le sue stesse intenzioni siano quelle di tener conto di una macchina che evidentemente non premia la qualità e la formazione, ma va incontro a delle esigenze che assomigliano sempre di più a quelle di esamifici, molto spesso non conformi neanche ai parametri di legge. È per questo che a metà di ottobre dello scorso anno ho rivolto all'Esecutivo un'interrogazione, alla quale mi auguro che presto il Governo vorrà dare una risposta, che tenga conto anche di alcune depravazioni di sistema che sono al vaglio di altra istituzione, soprattutto nel mio territorio, la regione Puglia.
Da ultimo, una considerazione che richiama un ordine del giorno presentato dal collega Zaccaria per quanto riguarda il sistema di concorrenza nella selezione del personale docente.
Dalla rendicontazione di tanta stampa nazionale apprendiamo che è sempre più costante - meglio, sempre più frequente - l'uso di concorsi banditi da queste università telematiche che definiscono graduatorie di docenti idonei i quali poi non vengono reclutati dalle medesime e che evidentemente divengono un'alterazione del sistema del reclutamento che, come mi sembra di aver colto dalle vostre dichiarazioni, è uno dei punti centrali dell'iniziativa di questo Governo. Vi chiedo e mi auguro che la risposta possa venire con un parere favorevole a questi due ordini del giorno, il Zaccaria n. 9/1966/34 e il n. 9/1966/35, da me presentato, se questo Governo vuole davvero dare un segnale al Paese e all'università italiana che punti evidentemente ai profili di qualità e non a quelli propriamente e squisitamente quantitativi.
Se così sarà, ritengo che sarà più facile avviare, sui provvedimenti che il Governo successivamente ha dichiarato di voler presentare all'attenzione delle Camere in materia di politica universitaria, il confronto da noi tanto auspicato e, purtroppo, non sempre riscontrato nelle sedi competenti, soprattutto nelle Commissioni che durante questi mesi hanno risentito della decretazione d'urgenza, di cui si è già parlato tanto e sulla quale evidentemente non vale più la pena soffermarsi perché abbiamo appreso che sarà ormai la linea guidaPag. 15del modo di operare di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Russo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/37.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, l'ordine del giorno che illustrerò intende porre in evidenza alcune incongruenze, una certa confusione e anche una certa approssimazione che si evidenziano in materia di istruzione universitaria nella maggioranza e nel Governo. All'articolo 3, commi 1 e 2, in più occasioni in particolar modo, in Commissione cultura, scienza e istruzione avevamo chiesto con forza che si reintegrassero risorse per quanto attiene agli alloggi e alle residenze universitarie e per quanto attiene alle borse di studio.
In Commissione furono bocciati, in maniera per noi del tutto spiegabile, gli emendamenti che avevamo preparato e successivamente il Governo ha rivisto la sua posizione e ha inserito nel decreto-legge questi due commi, disponendo un intervento integrativo di 65 milioni di euro per gli alloggi e le residenze universitarie e di 135 milioni di euro per le borse di studio. È chiaro che tali interventi ci fanno piacere, in quanto erano quelli che chiedevamo. Tuttavia, sarebbe stato probabilmente più utile discuterne in Commissione perché avremmo evitato il terzo comma, che rende indigeribile per noi il provvedimento, ossia la copertura finanziaria. Ci chiediamo perché si continui ad attingere al FAS, ossia al Fondo per le aree sottoutilizzate, per coprire tutti gli interventi che il Governo intende fare. Il FAS per l'85 per cento è destinato alle aree del Mezzogiorno: come è possibile continuare a prelevare da esso, come fosse un bancomat, risorse destinate al riequilibrio territoriale, a tentare di colmare il divario o quanto meno a ridurlo? Non si capisce perché il Governo prosegua in questa direzione nel silenzio degli esponenti meridionali e, in particolar modo, del centrodestra.
Noi abbiamo contato quante sono le risorse che impropriamente sono state sottratte con «scorrerie corsare», come ama definirle l'onorevole Burtone: sono 14 miliardi e 397 milioni di euro, circa 30 mila miliardi delle vecchie lire, dall'inizio di questa legislatura e dall'inizio del mandato di questo Governo.
Ci chiediamo quante altre umiliazioni questa fetta di territorio deve subire con interventi di questa natura e ci chiediamo se non sia anche venuto il momento di un sussulto di orgoglio da parte dei parlamentari del centrodestra, soprattutto del Mezzogiorno che fino ad ora non hanno neanche timidamente opposto resistenza a queste scelte. Dunque, il nostro ordine del giorno va proprio in questa direzione: chiedere al Governo di impegnarsi a ripristinare, a reintegrare il FAS delle risorse impropriamente sottratte, a partire dai 200 milioni di euro che sono previsti per le residenze universitarie e per le borse di studio, che sono doverose, ma non è per niente doveroso che debbano essere finanziate con le risorse del Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1966/59.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, è noto che il nostro gruppo ha espresso in varie occasioni, anche in sede di discussione generale, osservazioni critiche sui limiti del provvedimento in esame. Per quanto mi riguarda, ad esempio, sono piuttosto dubbioso: credo che non sia stato del tutto saggio che il Governo abbia deciso di entrare sulla materia concorsuale in tempi così affrettati e su procedimenti concorsuali in corso di svolgimento, soprattutto perché ciò rischia di generare un infinito contenzioso presso la magistratura amministrativa, come temo si verificherà da qui a breve.
Allo stesso modo, abbiamo espresso riserve circa l'idea che si possa fare una seria ed incisiva riforma del sistema universitario a risorse drasticamente calanti. Nel provvedimento in esame vi sono però aspetti che giudichiamo positivamente ePag. 16l'ordine del giorno che qui illustro ha l'obiettivo di incoraggiare il Governo ad andare nella direzione che, anche se timidamente - come dirò - è stata intrapresa. È ad esempio positivo che si preveda che una prima parte - sperando che questo sia l'inizio di un percorso - del Fondo di finanziamento ordinario venga allocata tra gli atenei e le strutture di ricerca, in base alla valutazione dei risultati dell'attività scientifica e dell'attività didattica. Certo, anche su questo aspetto dovremo poi verificare se, alla prova dei fatti, le promesse contenute nel provvedimento che stiamo per votare verranno mantenute, perché si tratterà di capire quali sono gli indicatori che il Governo proporrà di utilizzare e se gli strumenti sono adatti, cioè se l'agenzia verrà effettivamente messa nelle condizioni di svolgere il suo ruolo.
Però vi è un aspetto su cui il provvedimento in esame è troppo timido: esso riguarda la valutazione dell'attività dei singoli ricercatori e docenti. A questo riguardo, si utilizza uno strumento piuttosto rudimentale, cioè il provvedimento in esame prevede che, al momento dell'attribuzione degli scatti biennali, vi sia una valutazione dell'attività scientifica prodotta da ciascun ricercatore o docente e lo scatto biennale viene riconosciuto per intero soltanto a quei ricercatori o docenti che abbiano prodotto almeno una pubblicazione scientifica nell'arco dei due anni precedenti. È evidente che questo meccanismo è fin troppo semplificato, si presta ad aggiramenti e rischia di mantenere sostanzialmente inalterata l'attuale situazione, che è essenzialmente questa ed è uno dei fattori di inefficienza del sistema universitario: oggi, nella carriera universitaria, si entra a tutti livelli (come ricercatore, professore associato o professore ordinario), comparativamente rispetto anche ad altri Paesi, con compensi relativamente bassi; poi, il nostro sistema prevede una progressione abbastanza sensibile nel corso del tempo e sostanzialmente indifferenziata, cosicché un ricercatore di grandissimo valore, alla fine della sua carriera, ha una remunerazione che è sostanzialmente identica a quella di un ricercatore della medesima età, ma con un grado di produttività magari decisamente inferiore.
Con l'ordine del giorno in esame invitiamo il Governo ad approfondire questo argomento e a consentire che le singole università e le singole strutture possano fare - perché è solo a quel livello che ciò è possibile - una valutazione più accurata della qualità e dell'impatto della produzione scientifica dei singoli docenti e ricercatori, anche considerando la qualità della loro prestazione didattica e magari anche l'impegno che hanno dovuto rivolgere ad attività di carattere gestionale e amministrativo, con responsabilità di governo degli organi dell'ateneo, in modo che questa valutazione sia più puntuale e possibilmente il riconoscimento possa essere modulato e non sia così semplificato e rigido come proposto in questa prima innovazione introdotta dal provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Non vi sono altre richieste di intervento. Invito pertanto il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Angela Napoli n. 9/1966/1, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel seguente modo «impegna il Governo ad interpretare il suddetto articolo 3-quinquies, nel senso di prevedere che i decreti ministeriali relativi agli ordinamenti didattici, nell'individuare i settori artistici quali raggruppamenti di discipline omogenee, assicurino la piena autonomia delle istituzioni per l'individuazione degli insegnamenti da attivare».
Il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Palumbo n. 9/1966/2 e Gibiino n. 9/1966/3.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Garagnani n. 9/1966/4, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: impegna il Governo a valutare l'opportunità di un graduale superamento del valore legale del titolo di studio (...)».

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PRESIDENTE. Sottosegretario Pizza, si provvederà in seguito ad interpellare il presentatore in merito all'accettazione della riformulazione. Esprima pure tutti i pareri su tutti gli ordini del giorno presentati, prego.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Il Governo accetta l'ordine del giorno Aprea n. 9/1966/5, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo ad interpretare il suddetto articolo 3-quinquies nel senso di prevedere che i decreti ministeriali relativi agli ordinamenti didattici, nell'individuare i settori artistici quali raggruppamenti di discipline omogenee, assicurino la piena autonomia delle istituzioni per l'individuazione degli insegnamenti da attivare».
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Ceccuzzi n. 9/1966/6.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Centemero n. 9/1966/7, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel senso di sopprimere l'ultimo capoverso, dalle parole «in particolare a prevedere», fino alle parole «presso l'ateneo telematico».
Il Governo accetta l'ordine del giorno D'Ippolito Vitale n. 9/1966/8, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a non disperdere tali esperienze professionali, individuando gli adeguati strumenti al fine di non escludere i soggetti di cui in premessa dalla possibilità di utilizzo a fini didattici e di ricerca, previa valutazione dei titoli e dei curricula scientifici e didattici posseduti nell'ambito delle risorse finanziarie previste dal comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame e nel rispetto delle autonomie dei singoli atenei» (Commenti).

PRESIDENTE. Colleghi, scusate, le riformulazioni che il sottosegretario propone sono abbastanza consistenti e pertanto richiedono un po' di attenzione, non solo da parte dei presentatori, ma anche da parte di tutta l'Assemblea. Quindi, inviterei ad un maggiore silenzio e ad una maggiore attenzione (Applausi). Prego, signor sottosegretario.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Toccafondi n. 9/1966/9.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Fedi n. 9/1966/11 e accoglie purché riformulato l'ordine del giorno a prima firma Vignali...

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, la invito a ricordare sia il numero dell'ordine del giorno, sia il presentatore.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. L'ordine del giorno è Vignali n. 9/1966/12: esso viene accolto dal Governo come raccomandazione a condizione che sia riformulato aggiungendo un'unica parola nel dispositivo. In particolare, nel secondo capoverso del dispositivo, dopo le parole: «da parte del fruitore studente», inserire la seguente: «anche».
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Ghizzoni n. 9/1966/13, Sarubbi n. 9/1966/14 e Mazzarella n. 9/1966/15 e accetta gli ordini del giorno Picierno n. 9/1966/16, Ciriello n. 9/1966/17, Coscia n. 9/1966/18 e Mosca n. 9/1966/19.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Benamati n. 9/1966/20, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a raggiungere nei tempi più brevi possibili il livello nazionale di spesa del 3 per cento sul PIL a favore della ricerca e dell'alta formazione, così come previsto dal protocollo di Lisbona».
Il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Nicolais n. 9/1966/21 e De Biasi n. 9/1966/22, non accetta l'ordine del giorno D'Antoni n. 9/1966/23, mentre accetta gli ordini del giorno Gozi n. 9/1966/24 e Madia n. 9/1966/25.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Pes n. 9/1966/26, Bellanova n. 9/1966/27 e De Pasquale n. 9/1966/28, accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Melis n. 9/1966/29 e invita al ritiro dell'ordine del giorno Vico n. 9/1966/30, altrimenti non lo accetta.Pag. 18
Il Governo accetta gli ordini del giorno Siragusa n. 9/1966/31, Federico Testa n. 9/1966/32 e Lolli n. 9/1966/33.
Il Governo invita al ritiro dell'ordine del giorno Zaccaria n. 9/1966/34 e accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Ginefra n. 9/1966/35, purché il dispositivo sia così riformulato: «impegna il Governo a continuare la politica già avviata dal precedente Governo e a prevedere la diminuzione delle università telematiche».
Il Governo invita al ritiro...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, un po' di silenzio.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Il Governo invita al ritiro degli ordini del giorno Luongo n. 9/1966/36, Antonino Russo n. 9/1966/37, Schirru n. 9/1966/38, Mastromauro n. 9/1966/39, Graziano n. 9/1966/40, Laratta n. 9/1966/41 e Vernetti n. 9/1966/42.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Bossa n. 9/1966/43, a condizione che ne venga riformulato il dispositivo come segue: «impegna il Governo ad adottare ulteriori iniziative normative volte a sostenere i giovani di talento finalizzando tali risorse prevalentemente alla ricerca di base».
Il Governo accoglie altresì come raccomandazione gli ordini del giorno Gatti n. 9/1966/44, Motta n. 9/1966/45 e Narducci n. 9/1966/46, accetta gli ordini del giorno Frassinetti n. 9/1966/47 e Barani n. 9/1966/48, mentre accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno De Nichilo Rizzoli n. 9/1966/49, Berruti n. 9/1966/50 e Girlanda n. 9/1966/51.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Lo Presti n. 9/1966/52, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Trappolino n. 9/1966/53, a condizione che il secondo capoverso del dispositivo venga riformulato sopprimendo le parole: «quali quelli presenti in Umbria».
Il Governo accoglie l'ordine del giorno Rivolta n. 9/1966/54, a condizione cioè che sia soppresso l'ultimo capoverso delle premesse.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Goisis n. 9/1966/55, a condizione che il dispositivo venga riformulato sopprimendo le parole: «in ragione del 4,25 per cento» ed inserendo dopo la parola: «IRAP» le seguenti: «più bassa».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Grimoldi n. 9/1966/56, se il dispositivo è riformulato sostituendo le parole: « abolire il requisito» con le seguenti: «un graduale superamento».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Polledri n. 9/1966/57 ed accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Strizzolo n. 9/1966/58, accetta l'ordine del giorno Vassallo n. 9/1966/59, mentre non accetta gli ordini del giorno Bratti n. 9/1966/60 e Causi n. 9/1966/61.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Bachelet n. 9/1966/62, accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Miglioli n. 9/1966/63 ed accetta altresì gli ordini del giorno Froner n. 9/1966/64 e Fiorio n. 9/1966/65, mentre non accetta gli ordini del giorno Zazzera n. 9/1966/67 e Borghesi n. 9/1966/68.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Mario Pepe (PdL) n. 9/1966/69, a condizione che il dispositivo sia così riformulato: «ad adottare, in tempi rapidi, le opportune iniziative normative volte a recuperare i principi generali della già citata legge Moratti».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Murgia n. 9/1966/70, a condizione che sia soppresso l'ultimo capoverso del dispositivo, cioè dalle parole: «a riconoscere» sino alle seguenti: «a svolgere la propria professione».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Giammanco n. 9/1966/72 e Castellani n. 9/1966/73 e non accetta l'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1966/74.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Farina Coscioni n. 9/1966/75, a condizione che nel dispositivo sia sostituita la parola: «abolizione» con le seguenti: «il graduale superamento».
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Bernardini n. 9/1966/76, accogliePag. 19come raccomandazione l'ordine del giorno Binetti n. 9/1966/77 e accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Drago n. 9/1966/78, a condizione che vengano soppresse, nel dispositivo, le parole: «e comunque entro il mese di febbraio».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Nunzio Francesco Testa n. 9/1966/79, purché siano soppresse, nel dispositivo, le parole: «nel caso in cui la norma sia applicata per l'anno 2008».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Ciccanti n. 9/1966/80, a condizione che nel dispositivo, dopo le parole: «la qualità dell'offerta formativa che tengano conto» siano aggiunte le seguenti: «tra l'altro».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Compagnon n. 9/1966/81 e Capitanio Santolini n. 9/1966/82, non accetta l'ordine del giorno Ruvolo n. 9/1966/83, accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Brugger n. 9/1966/84 e accetta l'ordine del giorno Baldelli n. 9/1966/85.
Il Governo invita l'onorevole Catanoso a ritirare il suo ordine del giorno n. 9/1966/86 e infine accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Rosato n. 9/1966/87.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di procedere alla votazione degli ordini del giorno chiedo un attimo di attenzione.
Come già precisato ieri dal Presidente, ricordo che nei nuovi terminali di voto, installati in quasi tutti i banchi e riconoscibili dalla copertura scura posta sul lato sinistro, la tessera di voto deve essere inserita con la fotografia rivolta verso la Presidenza, anziché verso il deputato che vota.
Come è ben noto, i nuovi terminali sono funzionali alla prossima adozione del nuovo sistema di votazione che rafforza la garanzia della personalità del voto. In ogni caso, il monitor del terminale segnalerà gli eventuali inserimenti errati della tessera.

REMIGIO CERONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

REMIGIO CERONI. Signor Presidente, volevo far presente che qui le tessere funzionano solo se rivolte con la foto verso l'interno.

PRESIDENTE. Onorevole, chi ha ancora il terminale vecchio e non vede nessuna modifica continua a votare come in precedenza, quindi con la foto rivolta verso il deputato, chi invece ha già l'installazione del nuovo sistema - si vede da una copertura nera - inserisce la tessera con la foto rivolta verso la Presidenza.
Onorevole Angela Napoli, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1966/1, accettato dal Governo purché riformulato?

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, chiedo di conoscere la riformulazione proposta perché, trattandosi del primo ordine del giorno, mi è sfuggita.

PRESIDENTE. Sottosegretario Pizza, l'onorevole Angela Napoli chiede se cortesemente può rileggere la proposta di riformulazione dell'ordine del giorno n. 9/1966/1.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Angela Napoli n. 9/1966/1 con la seguente riformulazione del dispositivo: «ad interpretare il suddetto articolo 3-quinquies nel senso di prevedere che i decreti ministeriali relativi agli ordinamenti didattici, nell'individuare i settori artistici quali raggruppamenti di discipline omogenee, assicurino la piena autonomia delle istituzioni per l'individuazione degli insegnamenti da attivare».
Vorrei precisare che, pur condividendo la motivazione sottostante, intesa a valorizzare l'autonomia delle istituzioni nell'individuazione degli insegnamenti da attivare, occorre chiarire che la predetta autonomia può essere esercitata solo con riferimento agli insegnamenti ricompresi nel settore artistico-disciplinare, al fine di assicurare il pieno rispetto del regolamento governativo sull'autonomia didattica (decreto del Presidente della RepubblicaPag. 20n. 212 del 2005) che impone l'obbligo per il Ministro di individuare il 60 per cento dei crediti formativi per ciascun corso proprio con riferimento ai settori e alle tipologie delle attività didattiche distinte in: di base, caratterizzanti e affini. I settori artistici sono costituiti da insegnamenti raggruppati per omogeneità disciplinare.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario le chiedo scusa, ma lei ha scritto un ordine del giorno sostanzialmente, lo ha proprio riscritto.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, stavo motivando la riformulazione.

PRESIDENTE. Onorevole Angela Napoli, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1966/1?

ANGELA NAPOLI. Si, signor Presidente, accetto la proposta di riformulazione e non insisto per la votazione. Colgo l'occasione per invitare il Ministro, che cortesemente è qui presente, a prestare attenzione al mondo dell'alta formazione e dare esecuzione, finalmente, a tutti i regolamenti che sono previsti dalla relativa legge.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che ci siano elementi di innovazione di cui o si prende atto, oppure ci si attiene alla prassi di questo Parlamento.
Il Governo è sollecitato da ordini del giorno che sono uno strumento di intervento che è proprio, come facoltà, dei singoli parlamentari, i quali sollecitano il Governo a intervenire in un determinato modo a livello legislativo o a livello di gestione dal punto di vista dell'intervento nella pubblica amministrazione per quanto di competenza del Governo.
È evidente che, quando il Governo, anziché riformularlo, riscrive un testo compie un atto che sostituisce la funzione del parlamentare. Quindi, a me pare che, in questo caso, almeno per la parte relativa all'impegno, si configuri una riscrittura dell'ordine del giorno Angela Napoli n. 9/1966/1 e non tanto una riformulazione. Riformulare significa cambiare alcune parti, mentre in questo caso è completamente riscritto l'ordine del giorno. Mi pare che, da questo punto di vista, occorre avere chiarezza, in modo tale che sappiamo che se da ora in avanti il Governo procede in questo modo interviene su una prerogativa che è propriamente del Parlamento (Commenti del deputato Cristaldi).

PRESIDENTE. Onorevole Cristaldi, le chiedo scusa, non si preoccupi per favore. Se vuole, chieda la parola, ma intanto - se lei permette - interloquisco con l'onorevole Quartiani.
Onorevole Quartiani, come avrà potuto notare, anche io mi sono chiesta se il sottosegretario avesse riscritto l'ordine del giorno. In realtà, alla breve riformulazione, il sottosegretario Pizza ha fatto seguire una lunga spiegazione. Detto questo, vale ovviamente la sua osservazione, nel caso in cui il Governo si dovesse sostituire al Parlamento nella formulazione degli ordini del giorno.
Prendo dunque atto che l'onorevole Angela Napoli accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/1, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Palumbo n. 9/1966/2 e Gibiino n. 9/1966/3 non insistono per la votazione dei loro ordini del giorno, accolti dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione rispettivamente degli ordini del giorno Garagnani n. 9/1966/4 e Aprea n. 9/1966/5, accettati dal Governo, purché riformulati.

Pag. 21

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Ceccuzzi n. 9/1966/6, non accettato dal Governo.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, insisto per la votazione di questo ordine del giorno, perché sappiamo molto bene il valore assolutamente politico di questi atti, che ha scarsa cogenza sui comportamenti di qualunque Governo. Tuttavia, mi preme sottolineare che si tratta di una formulazione che richiede una valutazione da parte del Governo rispetto a provvedimenti che non avrebbero alcun impatto sulla finanza pubblica. Infatti, si tratterebbe di adottare provvedimenti che possono consentire alle università in una comprovata situazione di indebitamento di poter contrarre mutui in deroga, al limite del 15 per cento, anche di qualche punto decimale, nonché di spalmare tale indebitamento su un arco temporale molto lungo (quarant'anni). Tali mutui verrebbero contratti con la cassa depositi e prestiti, che - in tal senso - potrebbe fornire dei tassi agevolati. Siccome il Governo (attraverso i sottosegretari Gianni Letta e Pizza, nonché attraverso autorevoli esponenti della maggioranza, che vanno in pellegrinaggio in questi luoghi sfortunati dove ci sono questi università indebitate) è molto prodigo di promesse, questo atto politico evidentemente dimostra largamente e in maniera inequivocabile che, a fronte di queste promesse, non vi sono disponibilità.
Del resto, anche il padrone del Governo, il Ministro Tremonti, non avrebbe alcuna difficoltà a concedere tali indebitamenti, perché non avrebbero alcun impatto né sulla finanza pubblica, né sul tasso di indebitamento. Pertanto, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ceccuzzi n. 9/1966/6, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 486
Votanti 442
Astenuti 44
Maggioranza 222
Hanno votato
177
Hanno votato
no 265).

Prendo atto che i deputati Poli, Ruggeri, Favia e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi e che il deputato Vico ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Chiedo all'onorevole Centemero se accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1966/7.

ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal Governo e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Centemero accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/7, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo all'onorevole D'Ippolito Vitale se accetti la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1966/8.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal Governo, che coglie lo spirito sostanziale dell'ordine del giorno. Infatti, sia pure in una formulazione più ampia e generica, sostanzialmente si riconosce la possibilità di non escludere dalle attività didattiche e di ricerca una platea di soggetti qualificati, come risulta appunto nella premessa dell'ordine del giorno al nostro esame.

Pag. 22

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/8 accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Toccafondi n. 9/1966/9, accolto dal Governo come raccomandazione.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Fedi n. 9/1966/11, non accettato dal Governo.

MARCO FEDI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO FEDI. Signor Presidente, il mancato accoglimento del mio ordine del giorno da parte del Governo è davvero incomprensibile, soprattutto dopo che sul provvedimento, giunto all'esame di quest'Aula, è stata posta la questione di fiducia e, quindi, con una chiusura ed una mancanza di coraggio da parte del Governo e della maggioranza ad un confronto aperto sui contenuti di questo provvedimento che non condividiamo. Ora la stessa chiusura si manifesta sugli ordini del giorno presentati, in particolare su un ordine del giorno, rispetto al quale peraltro, nel dispositivo, noi abbiamo utilizzato la formulazione: «a valutare la possibilità di (...)» (quindi con un'ulteriore atteggiamento da parte dell'opposizione di apertura in un atto di indirizzo nei confronti del Governo), che è volto a dare davvero un corso decisamente nuovo al tema della competitività del nostro sistema formativo e della ricerca in Italia. Ciò affinché davvero vi sia la possibilità di attrarre in Italia cervelli dal mondo, e quindi di essere un Paese competitivo che fa vera ricerca, anche coinvolgendo il sistema universitario.
Pertanto, rispetto a questa chiusura del Governo non posso che insistere per la votazione del mio ordine del giorno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fedi n. 9/1966/11, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 489
Astenuti 2
Maggioranza 245
Hanno votato
226
Hanno votato
no 263).

Prendo atto che l'onorevole Vignali accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/12, accolto dal Governo come raccomandazione, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Ghizzoni n. 9/1966/13, non accettato dal Governo.

MANUELA GHIZZONI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, desidero sollecitare il Governo a rivedere il proprio parere perché il nostro ordine del giorno muove dalla considerazione (a suo tempo condivisa anche dal Ministro) che il sistema nazionale universitario sia sottofinanziato. Successivamente il Ministro ha cambiato opinione, sposando già nell'estate la tesi suffragata peraltro da un dibattito pubblico spesso superficiale e basato su dati parziali e non approfonditi su cui mi sono già soffermata in sede di discussione sulle linee generali, ovvero che il sistema universitario sia sprecone, inefficiente e fallimentare.

Pag. 23

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,30)

MANUELA GHIZZONI. Rispetto a questa diagnosi che contestiamo con forza, la cura da cavallo proposta dal Governo è di ridurre drasticamente sia i finanziamenti statali, sia il personale e sollecitare le università all'autoprivatizzazione. Questa insensata strategia è stata messa in atto già con i primi provvedimenti del Governo Berlusconi che ricordo velocissimamente: il decreto-legge n. 93, noto come «taglia ICI» che decurta, a partire dal 2010, il Fondo di finanziamento ordinario di ben 474 milioni di euro; il decreto-legge n. 112 (la cosiddetta manovra d'estate), che ha previsto la trasformazione delle università in fondazioni di diritto privato.

ANTONINO LO PRESTI. Basta! Basta!

GIUSEPPE CONSOLO. Tempo!

PRESIDENTE. Le ricordo che alle ore 12 sono previste le dichiarazioni di voto finale con diretta televisiva.

MANUELA GHIZZONI. Io ho a disposizione cinque minuti e a questo provvedimento abbiamo dedicato troppo poco tempo, quindi non intendo rinunciare alla dichiarazione di voto sul mio ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prego onorevole.

MANUELA GHIZZONI. Il decreto-legge n. 112 ha previsto la trasformazione delle università in fondazioni di diritto privato, dimenticando la sottoscrizione italiana di impegni europei che definiscono la formazione e la ricerca come beni pubblici e la trasmissione del sapere come funzione pubblica. Il decreto-legge n. 112, inoltre, ha contemplato anche il sostanziale blocco del turnover del personale universitario.
In quell'occasione il Governo su questo tema ha valutato risparmi per ben un miliardo e 600 milioni di euro per il quinquennio 2009-2013. Noi preferiamo parlare non di risparmi, ma di un evidente e progressivo disimpegno dello Stato dalla funzione di sostenere e garantire un sistema pubblico di istruzione superiore.
Il decreto-legge n. 180 rispetto a questo tema compie un passo indietro, probabilmente sollecitato anche dalla mobilitazione del mondo universitario. Si tratta di un ripensamento parziale che comunque valutiamo positivamente, perché il turnover dal 20 per cento è passato al 50 per cento delle cessazioni di personale dall'anno precedente.
Una cosa, però, è certa a tutti: non vi è dubbio che il 50 per cento sia meglio del 20 per cento, ma nessuno può convincere noi - e tantomeno i giovani che attendono di entrare nel mondo accademico per dedicarsi alla didattica e all'università - che il 50 per cento sia meglio del 100 per cento. Con questo ripensamento, il Fondo di finanziamento è reintegrato di soli 354 milioni di euro: poca cosa rispetto al macigno dei tagli già apportati.
Sotto il profilo delle risorse statali destinate al sistema universitario, quindi, il decreto-legge n. 180 del 2008 resta, purtroppo, perfettamente aderente alla politica della manovra estiva che lo ispira.
Come ho avuto modo già di illustrare in quest'Aula, in questo scenario di sottofinanziamento perde valore anche la ripartizione del 7 per cento del Fondo di finanziamento ordinario, secondo criteri che premiano la qualità della ricerca e della didattica. Noi condividiamo il principio che ispira la norma, che però è destinata ad una desolante inefficacia, per il fatto che non vengono utilizzate risorse aggiuntive, ma quelle già presenti in bilancio. Del resto - lo ha ricordato anche il relatore Caldoro nella sua relazione - anche adesso il Fondo di finanziamento ordinario dovrebbe essere ripartito secondo il modello CNVSU, che prevede i risultati della ricerca e dei processi formativi e ne tiene conto. TuttaviaPag. 24- cito la relazione dell'onorevole Caldoro -, «(...) a causa della situazione di crescente squilibrio finanziario delle università, negli ultimi anni il FFO è stato allocato quasi esclusivamente sulla base delle quote storiche di spesa (...)».
Concludo, signor Presidente: in queste condizioni nessuna premialità finanziaria sarà efficace se non aggiungendo risorse: lo chiediamo con il mio ordine del giorno n. 9/1966/13. Qualsiasi politica di rilancio e razionalizzazione del sistema non può che assumere questo impegno, poiché - per concludere con la metafora con la quale ho iniziato - un cavallo affamato e privatizzato non può ricominciare a galoppare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, poiché durante l'intervento dell'onorevole Ghizzoni ho udito alcuni colleghi della maggioranza sollecitare il rispetto del tempo e poiché anche lei è intervenuto nei confronti dell'onorevole Ghizzoni, vorrei ricordare che ci troviamo ad affrontare un decreto-legge che poteva essere affrontato prima delle vacanze natalizie e con il tempo debito e che ciò avrebbe potuto consentire a questo Parlamento di discutere nel merito (ciò, però, non è avvenuto perché è stata posta un'indebita questione di fiducia).
L'unica possibilità che rimane a questo Parlamento e a ciascun deputato - e che dovrebbe interessare anche ai deputati della maggioranza - è quella di esprimersi per qualche minuto sugli ordini del giorno. Nessun accordo intervenuto in quest'Aula tra gruppi parlamentari può impedire ad alcun deputato di esprimere le proprie idee nei tempi consentiti dal Regolamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La pregherei, quindi, di non intervenire nei confronti dei deputati che, come è loro diritto, intervengono per cinque minuti per dichiarazione di voto sugli ordini del giorno e di garantire che i colleghi (dopo una buona vacanza, anche lunga) abbiano la pazienza di consentire di parlare a chi vuole farlo. Se ciò farà ritardare di qualche minuto o di qualche ora la votazione, non è grave per nessuno, ma è utile per la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, ribadisco semplicemente che non intendevo riprendere la collega: sapevo benissimo che aveva a disposizione il tempo per parlare. Sono intervenuto semplicemente per ricordare che, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, si era raggiunto l'accordo secondo cui, alle 12, vi sarebbe stata la trasmissione televisiva diretta delle dichiarazioni di voto. Il mio richiamo era diretto solo a tal fine: se non riusciamo a procedere per quell'ora, la colpa non sarà né mia né vostra, avendo ogni deputato, come lei ha affermato, diritto di intervenire.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, in coerenza con quanto lei ha appena sottolineato all'Assemblea (ossia il diritto di ciascuno di parlare), rivolgo un appello ad una maggiore sintesi e celerità da parte dei colleghi del mio gruppo e da parte del Governo nelle risposte: evidentemente questo può essere uno dei modi per aiutare l'Assemblea a rispettare l'orario che abbiamo individuato per la diretta televisiva.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ghizzoni n. 9/1966/13, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 25

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia - Applausi del deputato Stracquadanio).

(Presenti 491
Votanti 461
Astenuti 30
Maggioranza 231
Hanno votato
197
Hanno votato
no 264).

Prendo atto che il deputato Cesare Marini ha segnalato di avere espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione del suo ordine del giorno Sarubbi n. 9/1966/14, non accettato dal Governo.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, vorrei riassumere brevemente il senso del mio ordine del giorno n. 9/1966/14, perché alle 9,30 sono stato il primo ad illustrarlo e in Aula erano presenti pochissime persone.
La questione è piuttosto semplice. Si parla di «parentopoli» universitaria, di mafia dei baroni e così via. Naturalmente, non vogliamo che il figlio di un professore o di un rettore non possa fare il professore universitario, ma chiediamo soltanto un minimo paletto, ossia che chi è parente o affine entro il quarto grado (quindi è un paletto anche abbastanza ampio) non possa vincere il concorso nella stessa università in cui suo zio è rettore o professore.
L'onorevole Paola Goisis, ieri sera, denunciava questo stesso problema, quindi mi appello alla sua coerenza, al suo senso politico e a quello dei colleghi della Lega, e sottopongo quest'ordine del giorno al voto dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzarella. Ne ha facoltà.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, vorrei apporre la mia firma a quest'ordine del giorno, che spero non sia bocciato, anche se prevedo che lo sarà, perché è un privilegio poterlo sottoscrivere.
Dopo tanto parlare di «concorsopoli», una norma del genere, se fosse stata inserita nel decreto-legge, avrebbe scombinato molti più accordi e previsioni sotterranei nei segmenti di «concorsopoli» esistenti. Quindi, invito la maggioranza ad essere coerente con il senso del decreto-legge, su cui è stata chiesta la fiducia, ed a votare secondo coscienza, perché questa norma sostanzialmente riprende la normativa cui (sono un professore universitario) sono tenuto in qualità di commissario, per poter far parte di una commissione. È un minimo paletto di moralizzazione antifamilistica negli atenei italiani, se davvero si intende fare qualcosa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, effettivamente sappiamo tutti che il problema esiste. L'abbiamo denunciato in vario modo: è stato sottolineato dal Ministro, dal sottosegretario, da noi della maggioranza ed io stessa, ieri sera, l'ho evidenziato, ma è chiaro che non può essere risolto con un ordine del giorno.
È un problema molto complesso, che richiede soluzioni importanti, anche perché accettare soltanto quest'ordine del giorno significherebbe nasconderci dietro un dito. Sappiamo, infatti, cosa accade: si può anche vincere il concorso in una università ed essere poi facilmente trasferiti dal parente, il padre o lo zio nella sua università.
Quindi, l'argomento richiede soluzioni molto più approfondite e ragionate, che risolvano veramente il problema, diano finalmente una risposta e portino davvero l'università italiana, centro di ricerca e di studi anche eccellenti, a quei livelli etici che essa, come ho ricordato anche ieri, richiede. Quindi, mi appello - sono sicura che questo appello verrà accolto - al Governo, in particolare al Ministro, affinchéPag. 26a breve si riprenda questo argomento e si trovino veramente soluzioni valide.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo per chiedere di sottoscrivere quest'ordine del giorno, idealmente - credo - anche a nome di larga parte del mio gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palagiano. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, chiedo anch'io, a titolo personale, di sottoscrivere l'ordine del giorno del collega Sarubbi. Ministro Gelmini, lei che intende intercettare il merito, nell'università italiana - la prego di credermi - vi sono situazioni davvero paradossali: si può vincere il concorso di ricercatore durante la scuola di specializzazione. Abbiamo un caso tutto italiano in cui vi sono docenti discenti, contemporaneamente sono specializzandi e ricercatori: apprendono e insegnano nello stesso tempo.
Tutto ciò accade sempre nelle università in cui c'è la baronia. Se davvero intendete intercettare il merito, accogliete quest'ordine del giorno, perché fareste una bella figura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Pepe (PdL). Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, vorrei ricordare ai colleghi e al Ministro che nel diritto borbonico vi era una norma che dava facoltà al re di nominare professore universitario il nascituro. Ora, questa norma del diritto borbonico di fatto vige nelle nostre università.
Si possono costruire composizioni di intere famiglie guardando l'elenco dei professori ordinari. Per cui, se vogliamo dare veramente un segnale contro questo familismo universitario, è bene dare un parere favorevole su questo ordine del giorno (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo non ha accettato questo ordine del giorno non perché non ne condividesse lo spirito, che è assolutamente condivisibile, anche alla luce di alcune vicende recenti, ma per seri dubbi di costituzionalità. Comunque, il Governo non ha nessuna difficoltà, ferma restando questa mia precisazione circa i dubbi di costituzionalità, ad accoglierlo come raccomandazione.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere questo ordine del giorno, accolto come raccomandazione dal Governo.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Sarubbi n. 9/1966/14, accolto come raccomandazione dal Governo.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, avrei preferito che il sottosegretario Pizza esprimesse parere contrario, perché sarebbe stato più dignitoso. A mio parere certe cose o si accolgono o non si accolgono. L'onorevole Goisis mi dice che ci vuole ben altro. Conosciamo la dottrina del «benaltrismo», però, al momento, abbiamo un ordine del giorno: votiamolo. Quindi, insisto per la votazione del mio ordine del giorno, ringrazio per le manifestazioniPag. 27di solidarietà che mi sono giunte da parte della maggioranza e mi rimetto all'Aula.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno Sarubbi n. 9/1966/14, non accettato dal Governo (Commenti di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico). Onorevoli colleghi, se il Governo accoglie l'ordine del giorno come raccomandazione e il presentatore insiste per la votazione, il parere si intende contrario. Il Governo vuole specificarlo?

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo mantiene il parere contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Sarubbi n. 9/1966/14, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 485
Votanti 440
Astenuti 45
Maggioranza 221
Hanno votato
191
Hanno votato
no 249).

Prendo atto che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato di essersi erroneamente astenuta, mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Chiedo all'onorevole Mazzarella se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/15, non accettato dal Governo.

EUGENIO MAZZARELLA. Sì, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, il rifiuto dell'accoglimento di questo ordine del giorno dimostra, ancora una volta, anche con la logica con cui il Governo ha accolto e respinto gli ordini del giorno, l'intenzione di un disimpegno veloce dal sostegno all'università pubblica in Italia.
La ratio del mio ordine del giorno era semplicemente, visto che chiaramente il passaggio alle fondazioni universitarie rappresenta un cambio di sistema nell'ordinamento, nella costituzione fattuale di come potrà vivere domani l'università, di richiedere la salvaguardia di tutti i soggetti impegnati in un ateneo nel decidere il destino di quell'ateneo, nel senso che si delinea la possibilità che un consiglio di amministrazione o un senato, magari a maggioranza semplice, possa decidere del destino sul territorio di un ateneo e del destino di migliaia di soggetti, docenti e non docenti.
Per usare un lessico caro al Governo, nel caso di un'importante ristrutturazione aziendale - perché questo sarebbe - nulla vieterebbe di sentire i diretti interessati, intanto per corresponsabilizzarli e in modo da evitare, poi, il ricorso allo Stato centrale, quando si sarà realizzata tutta una serie di «situazioni Alitalia», cioè situazioni preagoniche degli atenei avviati a reggersi come fondazioni in un territorio che, evidentemente, non è in grado di sostenerli sul piano socioeconomico.
Peraltro, è anche un modo di responsabilizzare quegli atenei che volessero intraprendere questa strada. D'altro canto, sulle fondazioni universitarie ci siamo già espressi con delle notevoli perplessità.
In un intervento di Perotti sull'università italiana (che il Governo so aver letto con molta attenzione), quanto al capitolo delle fondazioni universitarie, pur importando non pochi elementi di modelli anglosassoni in Italia, in realtà egli fa un paragone che trovo calzante, per cui da noi andrebbe a finire come per le fondazioni bancarie, ossia con qualche altroPag. 28carrozzone clientelare su cui magari sistemare qualche vecchio barone tra i 70 e i 75 anni (peraltro avete accolto un ordine del giorno che ne prevede l'elettorato passivo, tanto per ringiovanire il sistema!). Ho la sensazione che in realtà accogliere l'ordine del giorno in esame rappresenterebbe un gesto di saggezza e di responsabilità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mazzarella n. 9/1966/15, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 487
Votanti 482
Astenuti 5
Maggioranza 242
Hanno votato
196
Hanno votato
no 286).

Prendo atto che la deputata Mattesini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e che la deputata Lorenzin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Picierno n. 9/1966/16, Ciriello n. 9/1966/17, Coscia n. 9/1966/18 e Mosca n. 9/1966/19, accettati dal Governo.
Prendo altresì atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Benamati n. 9/1966/20, accettato dal Governo se riformulato.
Prendo inoltre atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Nicolais n. 9/1966/21 e De Biasi n. 9/1966/22, accolti come raccomandazione dal Governo, e che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno D'Antoni n. 9/1966/23, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno D'Antoni n. 9/1966/23, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 492
Votanti 489
Astenuti 3
Maggioranza 245
Hanno votato
228
Hanno votato
no 261).

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Gozi n. 9/1966/24 e Madia n. 9/1966/25, accettati dal Governo, e che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Pes n. 9/1966/26, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pes n. 9/1966/26, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 483
Votanti 482
Astenuti 1
Maggioranza 242
Hanno votato
224
Hanno votato
no 258).

Prendo atto che il deputato Di Caterina ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.Pag. 29
Chiedo all'onorevole Bellanova se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/27, non accettato dal Governo.

TERESA BELLANOVA. Sì, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, intervengo brevemente per richiamare l'attenzione del Governo e dei colleghi. Nel provvedimento al nostro esame non si fa alcun riferimento alle assunzioni del personale tecnico-amministrativo. Vorrei ricordare a tutti noi che quest'Aula ha approvato nei mesi precedenti, con il voto della maggioranza, il blocco della stabilizzazione dei precari di tutta la pubblica amministrazione, comprese le università.
Nel frattempo gli atenei hanno provveduto ad interrompere i contratti di collaborazione coordinata e continuativa che andavano avanti magari da sette, otto o dieci anni. Questi lavoratori svolgevano servizi essenziali come l'apertura delle biblioteche, la segreteria studenti e l'assistenza ai diversamente abili. Molti atenei, come hanno dichiarato i rettori nell'inaugurazione dell'anno accademico, non sono in condizioni, con il personale attuale, di garantire questi servizi.
Il mio invito al Governo è quindi nel senso di rivedere il parere espresso e di impegnarsi nei futuri provvedimenti ad estendere la deroga per l'assunzione del personale tecnico-amministrativo. L'alternativa a tale impegno non è negare l'assunzione di persone, che pure hanno maturato i diritti, bensì negare il diritto degli studenti ad avere i servizi essenziali, ed è per questo che, mantenendo il Governo il suo parere contrario, chiedo che l'Aula si esprima.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bellanova n. 9/1966/27, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 485
Votanti 484
Astenuti 1
Maggioranza 243
Hanno votato
225
Hanno votato
no 259).

Chiedo all'onorevole De Pasquale se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/28, non accettato dal Governo.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, vorrei chiedere un ripensamento da parte del Governo, perché, come ho detto quando ho presentato quest'ordine del giorno, chiedo veramente al Governo, che pure è ricorso alla fiducia (ed è già stato detto tanto, in questa sede, sulla questione di fiducia), un atto di onestà intellettuale.
In questo ordine del giorno noi diamo una mano al Governo, chiedendo di spiegare il combinato disposto del comma 1 e del comma 3 dell'articolo 1 del provvedimento. Chiediamo di conoscere, attraverso una circolare governativa, se i ricercatori che già risultano vincitori di un concorso nelle cosiddette università non virtuose, ovvero quelle che hanno già sforato il 90 per cento di spesa per il personale, sono soggetti al blocco del turnover del 50 per cento previsto dal comma 3, oppure no. Se il Governo non ci spiega questo con una circolare - noi chiediamo solo una circolare - metterà queste università in grossissime difficoltà. Le università non sapranno che cosa fare, se assumere fino al 50 per cento o assumere tutto il personale già vincitore di concorso. Non mi sembra che stiamo chiedendo un qualcosa di particolarmente difficile, anzi stiamo cercando veramente di realizzare quel bene comune che in quest'Aula dovrebbe essere perseguito, altrimenti che cosa ci stiamo a fare qui come rappresentanti dei cittadini sovrani? Chiedo, allora, veramente un ripensamento da parte del Governo.Pag. 30
La seconda richiesta presente nell'ordine del giorno è quella di mettere tutte le componenti dell'università attorno ad un tavolo per discutere su quali sono i parametri che identificano un'eventuale università virtuosa o meno, perché il parametro del 90 per cento, onorevoli colleghi, nel giro di pochi mesi sarà raggiunto da tutte le università. Con la riduzione dell'FFO, che è stata effettuata attraverso la legge n. 133 del 2008, tra poco le università spenderanno le loro disponibilità economiche solamente per le spese fisse del personale assunto, attraverso anche gli aumenti contrattuali obbligatori del personale. Se, quindi, non andiamo a pensare un tavolo dove tutte le varie componenti dell'università possono esprimere le loro idee in merito a queste eventuali virtuosità o non virtuosità, troveremo le nostre università completamente legate, nell'impossibilità di continuare la loro vita scientifica.
Allora, eventualmente, offro una possibilità di riformulazione al Governo, prevedendo (Una voce dai banchi del gruppo Lega Nord Padania: Basta!)... ma basta perché? Noi siamo qui per questo, basta che cosa? Basta alla possibilità di esprimersi in modo democratico per noi rappresentanti dei cittadini sovrani (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)?
Offro al Governo, al Ministro e al sottosegretario, la possibilità di una riformulazione che preveda di sostituire nel primo capoverso della parte dispositiva le parole: «a chiarire, in apposita circolare» con le seguenti: «a valutare l'opportunità di chiarire, in apposita circolare», e nel secondo capoverso le parole:«ad attivare, in tempi brevi, un tavolo» con le seguenti: «a valutare l'opportunità di attivare, in tempi brevi, un tavolo». Chiedo al signor sottosegretario, e al signor Ministro, se sono disponibili ad accettare questo ordine del giorno con questa riformulazione.

PRESIDENTE. Onorevole De Pasquale, solo una precisazione: qualunque sia la decisione del Governo, le riformulazioni vengono proposte dal Governo e non possono provenire dai presentatori. Il suo è un suggerimento, sul quale, comunque, penso che il Governo intenda intervenire.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Il Governo è disponibile ad accogliere l'ordine del giorno De Pasquale n. 9/1966/28 con la riformulazione letta dall'onorevole De Pasquale.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo propone tale riformulazione, facendo proprio, evidentemente, il suggerimento della collega De Pasquale.
Onorevole De Pasquale, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/28, come riformulato?

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, accetto la riformulazione, ringraziando il Governo, e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Melis n. 9/1966/29, accolto dal Governo come raccomandazione.
Chiedo all'onorevole Vico se acceda all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/1966/30, formulato dal Governo.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, sottosegretario Pizza, è stato appena accolto...

PRESIDENTE. Signor sottosegretario... Prego, onorevole Vico.

LUDOVICO VICO. Sottosegretario Pizza, l'ordine del giorno precedente è stato appena accolto come raccomandazione. Mi permetto di fare osservare al sottosegretario che il dispositivo dell'ordine del giorno a mia prima firma nella sostanza riproponePag. 31lo stesso contenuto dell'ordine del giorno precedente. Mi piacerebbe comprendere le ragioni della differenziazione.

PRESIDENTE. Il Governo non intende intervenire, non posso costringerlo, onorevole Vico: ad impossibilia nemo tenetur.
Prendo atto che l'onorevole Vico non accede all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/1966/30.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Vico n. 9/1966/30, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 492
Maggioranza 247
Hanno votato
228
Hanno votato
no 264).

Chiedo all'onorevole Siragusa se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/31, accettato dal Governo.

ALESSANDRA SIRAGUSA. Signor Presidente, prendo atto con soddisfazione del parere favorevole espresso dal Governo e ribadisco l'importanza e l'urgenza dei decreti che consentono all'alta formazione artistica e musicale di poter operare al meglio. Si tratta di una vicenda che si sta svolgendo già da troppo tempo, e quindi crediamo che il Governo con urgenza debba approvare questi decreti e prevedere nei decreti stessi che vengano determinati, oltre agli obiettivi formativi per ciascun corso, anche i settori artistico-disciplinari.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Siragusa non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/31, accettato dal Governo.

PIERFELICE ZAZZERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere di poter apporre la mia firma all'ordine del giorno Siragusa n. 9/1966/31.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Federico Testa n. 9/1966/32 e Lolli n. 9/1966/33, accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Zaccaria n. 9/1966/34, formulato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zaccaria n. 9/1966/34, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 485
Astenuti 3
Maggioranza 243
Hanno votato
202
Hanno votato
no 283).

Prendo atto che i deputati Concia e Monai hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Chiedo all'onorevole Ginefra se accetti la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1966/35, accolto come raccomandazione dal Governo purché riformulato.

DARIO GINEFRA. Signor Presidente, gentile sottosegretario, Ministro Gelmini, èPag. 32chiaro che la disponibilità ad accogliere come raccomandazione questo ordine del giorno è vista positivamente, anche perché è implicita nella formulazione dell'ordine del giorno (e quindi nella decisione del Governo di assumerlo, sia pur come raccomandazione) l'ammissione di una sorta di pentimento operoso rispetto al lavoro del Ministro Moratti, che all'epoca fu protagonista di questa proliferazione di riconoscimenti degli atenei telematici in numero così spropositato.
È chiaro che la previsione finale, quella che viene proposta ed è cassata dal Governo (cioè la limitazione a non più di quattro atenei), era diretta a mantenere gli standard numerici europei, quindi serve ad evitare che quella limitazione - qualora il Governo deciderà poi di dare seguito a questo impegno - possa poi essere ulteriormente annacquata.
Sottosegretario Pizza, capisce bene il senso delle mie parole: non vorrei che gli ordini del giorno, che già costituiscono un impegno molto, molto blando per quello che abbiano potuto riscontrare sino ad ora, in questa sedicesima legislatura venissero in seguito ulteriormente vanificati. La invito, quindi, a valutare l'opportunità di considerare il testo nella sua formulazione integrale, preannunciandole che in ogni caso è apprezzabile lo sforzo che ella ha compiuto nel considerare sino in fondo lo spirito con cui l'ordine del giorno in oggetto è stato sottoposto all'Aula da parte mia e dell'onorevole De Pasquale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzarella. Ne ha facoltà.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, inviterei il Governo ad accettare e a mantenere nella sua formulazione l'ordine del giorno proposto dal collega Ginefra, anche alla luce del rigetto dell'ordine del giorno Zaccaria n. 9/1966/34 e, invece, dell'accoglimento di un ordine del giorno che prevede per le università telematiche di ricorrere, per l'assolvimento dei requisiti minimi didattici, a personale strutturato presso altri atenei. Si individua da tutta la logica dell'accoglimento su questo argomento, una linea di favore per le università telematiche che è un vero buco nero ormai condiviso in tutta la pubblicistica riguardante la qualità del sistema formativo superiore in Italia. Sono sedi spesso virtuali che in base alla normativa possono permettersi di stabilire tasse in alcuni casi dieci volte superiori a quelle delle università statali sul territorio. Ed è veramente una modalità con cui si disegna un percorso per il futuro delle università italiane che ne abbatterà il tasso di qualità. Spesso e volentieri non siamo nemmeno all'altezza di un'istituzione importante e famosa che a suo tempo, negli anni Cinquanta e Sessanta, ha lavorato in Italia, Radio Elettra Torino. Ma il Governo si rende conto di cosa fa?

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire. Dunque riepilogando, onorevole Ginefra, il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/1966/35 da lei presentato, purché sia riformulato.
Onorevole Ginefra, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1966/35?

DARIO GINEFRA. Sì, signor Presidente accetto tale riformulazione e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo al presentatore dell'ordine del giorno Luongo n. 9/1966/36 se acceda all'invito al ritiro formulato dal rappresentante del Governo.

ANTONIO LUONGO. Si, signor Presidente, accedo all'invito al ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo al presentatore dell'ordine del giorno Antonino Russo n. 9/1966/37 se acceda all'invito al ritiro formulato dal rappresentante del Governo.

Pag. 33

ANTONINO RUSSO. No, signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro perché non credo che ad una proposta di buon senso si possa rispondere con l'invito al ritiro dell'ordine del giorno. Il mio ordine del giorno n. 9/1966/37, come i successivi tre o quattro, chiede sostanzialmente di ripristinare le risorse impropriamente sottratte al FAS. Ad oggi, 14 miliardi e 397 milioni di euro sono sottratti alle aree sottoutilizzate del centro-sud e del centro-nord. Non capiamo quale sia la logica, visto che quelle risorse dovrebbero servire a tentare di riequilibrare o, quanto meno, ridurre il divario esistente tra queste regioni e le regioni più sviluppate. Ma sembra una linea costante del Governo che per qualsiasi provvedimento di spesa si ricorra al FAS. Dunque, ritengo che non urti la suscettibilità di alcuno pretendere di votare un ordine del giorno che chiede al Governo di impegnarsi quantomeno per provare a ripristinare questi soldi che, si diceva tempo fa, sono stati momentaneamente sottratti. Pretendiamo che ci sia un impegno da parte del Governo: non ci pare lesivo di niente. Non capiamo perché addirittura sia stato espresso un invito al ritiro. Si può essere d'accordo o si può essere contrari: il Governo ha una posizione e spero che ai parlamentari del centrodestra soprattutto provenienti da queste aree svantaggiate - ripeto - del centro-nord e del centro-sud sia lasciata la libertà di coscienza, piuttosto che essere obbligati a seguire gli ordini di scuderia in un provvedimento di questo tipo. Quindi, ripeto che non accedo all'invito al ritiro e insisto per la votazione dell'ordine del giorno n. 9/1966/37 da me presentato.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Antonino Russo n. 9/1966/37, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 493
Votanti 486
Astenuti 7
Maggioranza 244
Hanno votato
225
Hanno votato
no 261).

Prendo atto che il deputato Renato Farina ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che la deputata Giammanco ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto che l'onorevole Schirru non accede all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/1966/38, formulato dal rappresentante del Governo. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Schirru n. 9/1966/38, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 481
Astenuti 7
Maggioranza 241
Hanno votato
222
Hanno votato
no 259).

Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Mastromauro n. 9/1966/39 non accede all'invito al ritiro formulato dal rappresentante del Governo ed insiste per la votazione.
Passsiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mastromauro n. 9/1966/39, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 34

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 481
Astenuti 7
Maggioranza 241
Hanno votato
223
Hanno votato
no 258).

Prendo atto che il deputato Messina ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Graziano n. 9/1966/40 non accede all'invito al ritiro formulato dal rappresentante del Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Graziano n. 9/1966/40, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 484
Astenuti 7
Maggioranza 243
Hanno votato
223
Hanno votato
no 261).

Prendo atto che il deputato Messina ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che la deputata De Giorolamo ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto astenersi.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Laratta n. 9/1966/41 non accede all'invito al ritiro formulato dal rappresentante del Governo ed insiste per la votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor vicepresidente, intervengo solo per fare due osservazioni. La prima è la seguente: dal punto di vista procedurale sarebbe bene che si pensasse, in via di riforma del Regolamento, alla possibilità di accorpare ordini del giorno che hanno contenuto identico, anche se riferiti ad aree territoriali diverse, perché è evidente che se lo spirito dell'ordine del giorno è giusto vale per tutto il territorio nazionale o comunque per tutto il territorio coperto, in questo caso, dal FAS, e non può valere soltanto per una regione.
Per quanto riguarda invece il contenuto di questi ordini del giorno, signor Presidente, questi fondi hanno una finalità, che è quella di colmare i divari che hanno luogo a livello regionale, hanno la finalità di assicurare coesione territoriale. Già da tempo vi è una pessima abitudine, che è stata quella di coprire con questi fondi spese che non sono aggiuntive, per colmare un divario di sviluppo fra regioni, ma che sono ordinarie e che andrebbero coperte con i fondi ordinari assegnati dallo Stato. Qui siamo andati oltre il limite del plausibile, perché non esiste neanche la foglia di fico del fatto che sono spese svolte in quelle aree territoriali, anche se avrebbero dovuto essere coperte dal bilancio generale dello Stato: sono spese che riguardano tutte le aree territoriali, in modo indiscriminato. Siamo in evidente violazione della normativa comunitaria e delle intenzioni che presiedono a questa normativa.
Se le condizioni fossero normali, direi che una scelta del genere non è plausibile, perché in evidente contrasto con la normativa comunitaria. Purtroppo, circola voce che il nostro Governo abbia trattato in sede europea una tolleranza su queste cose, in cambio della rinuncia a chiedere con forza quello che invece andrebbe chiesto: una politica comune europea di affronto delle difficoltà dell'economia europea, coperta da iniziative comuni europei. Nell'assenza di ciò, sembra che - si dice - si sia arrivati alla decisione di permettere che questi fondi vengano usati in modo arbitrario. Non so quanto unaPag. 35decisione così possa tenere eventualmente davanti alla Corte di giustizia, ma devo denunciare che qui stiamo sottraendo fondi destinati a coprire ritardi di sviluppo, per utilizzarli in modo assolutamente non congruo con la previsione e la ragione per la quale essi vengono dati.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 12,10).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Laratta n. 9/1966/41, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 490
Votanti 479
Astenuti 11
Maggioranza 240
Hanno votato
226
Hanno votato
no 253).

Prendo atto che il deputato Messina ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Constato l'assenza dell'onorevole Vernetti: s'intende che abbia rinunziato al suo ordine del giorno n. 9/1966/42.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal rappresentante del Governo e non insistono per la votazione, dell'ordine del giorno Bossa n. 9/1966/43, accolto dal Governo come raccomandazione purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Gatti n. 9/1966/44, accolto come raccomandazione dal Governo.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, vorrei solo sottolineare una cosa: nell'ordine del giorno in esame si chiede l'applicazione di una direttiva e di rendere piene realmente operative norme di un decreto legislativo già varato e già vigente.
Mi chiedo come sia possibile accogliere solo come raccomandazione un ordine del giorno che chiede di dare piena attuazione ad una direttiva europea e di rendere pienamente operative le procedure per l'ammissione dei ricercatori dei Paesi terzi negli Stati membri, ai fini della ricerca scientifica, prevista in un provvedimento vigente in questo Paese. Penso che dare attuazione alle direttive europee sulla ricerca ed entrare pienamente nel settimo progetto quadro europeo per la ricerca sia uno degli elementi essenziali per uscire dalla crisi. Chiedo al Governo se sia possibile modificare questo parere in un accoglimento pieno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gatti n. 9/1966/44, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 479
Maggioranza 240
Hanno votato
226
Hanno votato
no 253).

Prendo atto che i deputati Messina e Mattesini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Bergamini, Vella, Pelino e Giacomoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei successivi ordini del giorno Motta n. 9/1966/45 e Narducci n. 9/1966/46, accolti come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei successiviPag. 36ordini del giorno Frassinetti n. 9/1966/47 e Barani n. 9/1966/48, accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei successivi ordini del giorno De Nichilo Rizzoli n. 9/1966/49, Berruti n. 9/1966/50 e Girlanda n. 9/1966/51, accolti come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Lo Presti non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/52, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Trappolino se accetti la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/53, accolto come raccomandazione dal Governo, purché riformulato.

CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Signor Presidente, non chiedo di votare il mio ordine del giorno. L'accoglimento come raccomandazione ci sembra un po' sospetto, visto che l'ordine del giorno a mia prima firma è sottoscritto anche dai membri della maggioranza e visto che è il risultato del lavoro svolto sul nostro territorio (quello della regione Umbria), attraverso l'incontro con le università. L'ordine del giorno in oggetto non chiede nuove risorse, ma di assicurare la continuità nell'erogazione delle risorse per le borse di studio e per la garanzia del finanziamento di progetti di alloggi e residenze per gli studenti. Quindi, seguiremo con attenzione la raccomandazione e chiediamo al Governo di impegnarsi seriamente su questo versante.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Trappolino accetta la riformulazione proposta dal rappresentante del Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/53, accolto come raccomandazione dal Governo purché riformulato, l'ordine del giorno Rivolta n. 9/1966/54 è stato accolto come raccomandazione purché riformulato. È così sottosegretario Pizza?

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal rappresentante del Governo e non insistono per la votazione dei successivi ordini del giorno Rivolta n. 9/1966/54 e Goisis n. 9/1966/55, accolti come raccomandazione dal Governo, purché riformulati.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal rappresentante del Governo e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Grimoldi n. 9/1966/56, accettato dal Governo purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Polledri n. 9/1966/57, accettato dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Strizzolo non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/58, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Vassallo non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/59, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Bratti se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/60, non accettato dal Governo.

ALESSANDRO BRATTI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, ho già illustrato il mio ordine del giorno e, quindi, non mi soffermerò più di tanto. Mi sembra un atto di grande coerenza da parte del Governo, in qualche modo, anche attraverso una riformulazione, accettare il significato politico dell'ordine del giorno in oggetto. Infatti, prima delle feste natalizie, a livello internazionale, abbiamo siglato un importantissimo accordo sulla protezione del clima, il famoso «pacchetto 20-20-20», in cui uno dei mezzi per raggiungere quegli obiettivi è dato dall'efficienza e dal risparmio energetico.Pag. 37
In uno dei primi provvedimenti ci sembrava un ottimo segnale considerare questo criterio di ripartizione dei fondi per l'edilizia universitaria come uno dei criteri importanti. D'altronde, purtroppo, è una prassi consolidata il fatto che si siglino degli accordi internazionali e che poi nelle leggi ordinarie non si tenga assolutamente in considerazione ciò che si è siglato, lamentandosi dopo alcuni anni di non essere riusciti a raggiungere gli obiettivi prefissati. Sarebbe stata accettata anche una riformulazione: credo che sia un'occasione mancata, almeno da un punto di vista politico, quindi chiedo che questo ordine del giorno venga posto in votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bratti n. 9/1966/60, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 479
Astenuti 10
Maggioranza 240
Hanno votato
216
Hanno votato
no 263).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che i deputati Favia, De Poli e Naro hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Causi n. 9/1966/61, non accettato dal Governo.

MARCO CAUSI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, mi stupisce questo parere contrario. Qui parliamo di un numero - tra l'altro, abbastanza limitato - di idonei - quindi, vincitori d'idoneità - ai ruoli di professore associato e professore ordinario i quali, nel corso dei prossimi anni, rischieranno di veder decadere tale idoneità per il semplice motivo che l'assorbimento per i prossimi anni in queste qualifiche verrà ridotto. Agire come fece in passato il Ministro Moratti attraverso una sua legge del novembre del 2005, e quindi ipotizzare di allungare la scadenza dell'idoneità, sarebbe un fatto positivo sotto tutti i punti di vista che, tra l'altro, ridurrebbe anche i costi di ulteriori future procedure concorsuali.
Invito, pertanto, il Governo a rivedere il proprio parere e in caso contrario chiedo che il mio ordine del giorno n. 9/1966/61 venga posto in votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Causi n. 9/1966/61, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 487
Astenuti 4
Maggioranza 244
Hanno votato
204
Hanno votato
no 283).

Prendo atto che il deputato Sanga ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che i deputati De Poli e Naro hanno segnalato di non essere riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Bachelet n. 9/1966/62, accettato dal Governo.Pag. 38
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Miglioli n. 9/1966/63, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Froner n. 9/1966/64 e Fiorio n. 9/1966/65, accettati dal Governo.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Zazzera n. 9/1966/67, non accettato dal Governo.

PIERFELICE ZAZZERA. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, vorrei invitare il sottosegretario e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca a cogliere l'occasione di questo ordine del giorno, poiché esso è assolutamente coerente con l'intenzione del decreto-legge e del Governo, ovvero quella di fermare il baronato universitario e di dare più trasparenza e legalità all'università.
Con il presente ordine del giorno chiediamo che nella formazione delle commissioni esaminatrici si ricorra al sorteggio puro e ciò è assolutamente in linea con lo spirito delle dichiarazioni del senatore Quagliariello. Invitiamo il Governo ad accoglierlo quanto meno come raccomandazione, affinché in futuro questa possa essere considerata una strada possibile verso una università più trasparente; in caso contrario, chiediamo che venga posto ai voti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zazzera n. 9/1966/67, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 492
Votanti 487
Astenuti 5
Maggioranza 244
Hanno votato
202
Hanno votato
no 285).

Prendo atto che i deputati De Poli e Naro hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi e che la deputata Giammanco ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Borghesi n. 9/1966/68, non accettato dal Governo.

ANTONIO BORGHESI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, non riesco francamente a capire il comportamento del Governo. Dicendo «no» a questo ordine del giorno diciamo «no» alla valutazione di riportare il giudizio comparativo in sede nazionale anziché in sede decentrata, come mi pare prevedesse la cosiddetta legge Moratti. È stato espresso un parere favorevole all'ordine del giorno del collega che chiedeva questo tipo di intervento: noi chiediamo che si valuti la possibilità che nelle commissioni siano presenti anche docenti internazionali e chiediamo che si valuti la possibilità di introdurre parametri internazionali di valutazione della ricerca e il Governo dice di no. Chiedo che si voti e se la maggioranza voterà contro, mi domando come farà poi il Governo a riportare in sede nazionale i concorsi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Borghesi n. 9/1966/68, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 39

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 486
Astenuti 3
Maggioranza 244
Hanno votato
223
Hanno votato
no 263).

Prendo atto che i deputati De Poli e Naro hanno segnalato di non essere riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi.
Prendo altresì atto che il deputato Vannucci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Chiedo all'onorevole Mario Pepe se accetti la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/69, accettato dal Governo purché riformulato.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione. Invito il Ministro ad avvalersi dei principi generali di quella legge che impegnò il Parlamento per tutta la XIV legislatura e che fu salutata con favore dalla stampa internazionale.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Murgia accetta la riformulazione e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/70, accettato dal Governo purché riformulato.
Ricordo che l'ordine del giorno Maccanti n. 9/1966/71 è stato ritirato.
Prendo atto che gli onorevoli Giammanco e Castellani non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno n. 9/1966/72 e n. 9/1966/73, accettati dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Maurizio Turco insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/74, non accettato dal Governo.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1966/74, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 302
Astenuti 189
Maggioranza 152
Hanno votato
11
Hanno votato
no 291).

Prendo atto che il deputato Vannucci ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Prendo atto che l'onorevole Farina Coscioni accetta la riformulazione e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/75, accolto dal Governo come raccomandazione purché riformulato.
Prendo atto che l'onorevole Bernardini insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/76, non accettato dal Governo.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bernardini n. 9/1966/76, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 391
Astenuti 97
Maggioranza 196
Hanno votato
36
Hanno votato
no 355).

Prendo atto che il deputato Vannucci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che l'onorevole Binetti non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/77, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che gli onorevoli Drago, Nunzio Francesco Testa e Ciccanti accettanoPag. 40la riformulazione e non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno n. 9/1966/78, n. 9/1966/79 e n. 9/1966/80, accolti dal Governo come raccomandazione purché riformulati.
Prendo atto che gli onorevoli Compagnon e Capitanio Santolini non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno n. 9/1966/81 e n. 9/1966/82, accettati dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Ruvolo insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/83, non accettato dal Governo.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ruvolo n. 9/1966/83, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 450
Astenuti 39
Maggioranza 226
Hanno votato
105
Hanno votato
no 345).

Prendo atto che i deputati Vannucci e Barani hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che l'onorevole Brugger non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/84, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che l'onorevole Baldelli non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/85, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Catanoso se acceda all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/1966/86.

BASILIO CATANOSO. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro certo che il Governo vorrà occuparsi della materia e affrontarla per risolverla con criteri di trasparenza e meritocrazia.

PRESIDENTE. Sta bene.
Chiedo all'onorevole Rosato se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/87, accolto dal Governo come raccomandazione.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, vorrei chiedere al signor sottosegretario di rivedere il suo parere. Si tratta però di un ordine del giorno sottoscritto da tutti i gruppi parlamentari che impegna ad attuare una legge dello Stato per un'istituzione di grandissimo prestigio internazionale. Ho constatato che in più occasioni il rappresentante del Governo ha modificato il suo parere e quindi la pregherei di farlo anche in questo caso accettando l'ordine del giorno a mia firma.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo può accogliere questo ordine del giorno solo come raccomandazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Rosato non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1966/87, accolto dal Governo come raccomandazione.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
In ragione di quanto concordato dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, sospendo la seduta, che riprenderà alle 12,45 con lo svolgimento delle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
La sospensione risponde alla necessità di consentire alla RAI il collegamento televisivo diretto.

La seduta, sospesa alle 12,25, è ripresa alle 12,45.

Pag. 41

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1966)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà per tre minuti.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, signor Ministro, vi sono indirizzi di riforma in questo provvedimento che nel merito possono essere apprezzati, giacché sembrano prefigurare un'università con più rigorosi criteri amministrativi di gestione, con indirizzi formativi che abbiano riscontro nell'attività di ricerca dei docenti chiamati a maggiori responsabilità e la possibilità di richiamare chi abbia svolto attività di ricerca e di insegnamento all'estero.
La riforma - sostiene il Governo - è per un'università di qualità, ma i tagli intervenuti con la legge n. 133 del 2008 sono reali e profondi, riducono le opportunità di investimento nel sapere e paradossalmente esaltano, semmai, la vecchia università che si vorrebbe riformare.
Noi, come membri del gruppo Misto-Minoranze linguistiche, abbiamo presentato un ordine del giorno accolto dal Governo come raccomandazione su un punto che appare fondamentale per le minoranze linguistiche. Infatti, è importante estendere alle università di Bolzano, di Trento e della Valle d'Aosta le facilitazioni previste per le altre università in ordine alla chiamata diretta dei professori e dei ricercatori di chiara fama, fatta salva la disciplina speciale già esistente per le nostre università in ordine alle dotazioni organiche.
Allo stesso modo avevamo posto con un emendamento - poi chiaramente venuto meno per via della questione di fiducia - la necessità di escludere le università di Bolzano e della Valle d'Aosta dall'applicazione della disciplina del patto di stabilità posta dallo Stato in modo indistinto per gli enti da esso finanziati, giacché tali università sono finanziate, quasi integralmente, dalla provincia autonoma di Bolzano e dalla regione Valle d'Aosta con i propri bilanci, già sottoposti, a loro volta, al patto di stabilità. Non è pensabile che i costi siano pagati due volte.
Il Governo chiede il consenso sul provvedimento e lo chiede, ancora una volta, imponendo all'Assemblea di pronunciarsi esclusivamente sulla questione di fiducia, senza che vi sia stata conseguentemente la possibilità di compiere scelte di merito e che sia stata corretta la scelta di ridurre i fondi.
Per tali ragioni, i deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche esprimeranno un voto di astensione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà per tre minuti.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, il Partito Repubblicano ha votato la fiducia e voterà a favore della conversione in legge del decreto-legge in esame. Lo farà per ragioni di carattere generale. Infatti, in un momento in cui la crisi finanziaria è così acuta il Governo destina nuove risorse alle università.
Ricordo che solo alcuni giorni fa abbiamo potuto chiudere il 2008 con un fabbisogno di cassa in linea con le previsioni effettuate dal precedente Governo, prima dello scoppio della crisi. Questo è stato possibile solo grazie ad un grande rigore finanziario, di cui va dato atto al Ministro dell'economia e delle finanze.
Il provvedimento in esame lancia segnali importanti che troveranno il loro successivo svolgimento nel documento sulle linee guida, già preannunciato dal Ministro Gelmini. Si tratta del primo passo che dovrebbe portare, nel tempo, al superamento dell'attuale stato di dissesto dell'università italiana e su questo confido nei repubblicani, più che sul decreto-legge in esame, dove si intravedono alcune lacune.Pag. 42
La salvezza del Paese sta nel suo patrimonio tecnico e scientifico. Abbiamo, quindi, bisogno di un'università diversa, capace di stimolare le intelligenze del Paese e di mettersi al servizio della nazione. Finora ciò non è stato possibile. Dobbiamo, quindi, voltare pagina e proporre un modello diverso dal passato. Riteniamo che esso debba fondarsi sul merito e sulla responsabilizzazione di tutti coloro che partecipano alla vita di quelle importanti istituzioni (docenti, studenti, ricercatori e personale amministrativo) e che per tutti debba valere il vincolo di bilancio come disciplina che spinge a misurarsi, giorno dopo giorno, con il problema della scarsità delle risorse e della fatica che comporta l'esercizio del loro continuo reperimento.
Tuttavia, non vorremmo affidarci alla ruota della fortuna per quanto riguarda i concorsi a cattedra: la scienza mal si concilia con i sorteggi.
Consideriamo la spesa per l'istruzione e l'alta formazione come un investimento, e proprio per questo, quella spesa deve essere presidiata. È necessario garantirsi che essa dia luogo a ritorni produttivi.
Il decreto-legge, seppure con i limiti di questo strumento legislativo, si muove complessivamente nella direzione giusta, al di là del metodo adottato.
Avremmo preferito, inoltre, che l'articolo 3 del decreto-legge fosse finanziato diversamente e non a carico del FAS. Quelle risorse servono al Mezzogiorno, a quella parte del Paese che rischia di pagare i prezzi più alti dell'attuale crisi finanziaria.
Mi auguro, quindi, che quando il CIPE sarà riunito, provvederà a reintegrare le somme tolte e a nulla vale dire che l'85 per cento di questo Fondo va alle aree svantaggiate del Paese, perché bisogna ricordare che l'85 per cento di zero fa zero. I repubblicani faranno tutto il possibile affinché questo impegno possa trovare adeguato riscontro nelle successive decisioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà, per sei minuti.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, un Paese deve investire sul futuro ed è per questo che in Italia è necessaria una riforma profonda dell'università che la renda più adeguata ai tempi e in grado di corrispondere alle esigenze di formazione, cultura e conoscenza delle nuove generazioni.
Purtroppo, su un terreno così delicato ed importante come la scuola e l'università, hanno prevalso logiche di schieramento che hanno portato l'opposizione ad esaltare lo scontro anziché il confronto sul merito dei provvedimenti.
Il decreto-legge n. 180 del 2008 contiene le prime importanti modifiche per il sistema universitario italiano. Abbiamo apprezzato in modo particolare le nuove norme per il reclutamento dei docenti, il previsto incremento delle assunzioni di ricercatori, i finanziamenti per le borse di studio e per le residenze universitarie. Per queste ragioni, il Movimento per l'Autonomia voterà a favore del provvedimento.
Condividiamo l'introduzione di una maggiore trasparenza nei concorsi per docente e ricercatore. Troppo spesso in passato abbiamo assistito a concorsi dall'esito predeterminato che hanno scoraggiato i potenziali candidati a partecipare; bene ha fatto il Governo a prevedere che la valutazione dei candidati avvenga secondo parametri riconosciuti anche in ambito internazionale. Il Movimento per l'Autonomia dice «basta» ai privilegi nelle università e a carriere per nulla fondate sull'attività di studio e di ricerca.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, in seguito all'approvazione della riforma in esame in Italia tutti gli aventi diritto avranno la borsa di studio. Per la prima volta si garantisce il diritto allo studio attraverso un incremento di 135 milioni di euro che sarà destinato ai ragazzi capaci e meritevoli privi di mezzi economici e questa è una misura che serve soprattutto a dare risposte concrete al Mezzogiorno d'Italia.
Ministro Gelmini, i dati recentemente diffusi dal Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca dimostrano inPag. 43modo inequivocabile l'aumento del divario tra il livello qualitativo delle università del nord e gli atenei del sud. Le università del nord superano, e di molto, quelle del sud; gli atenei del Meridione sono troppo spesso in fondo alle graduatorie, una realtà con la quale occorre fare i conti e che dipende da molteplici fattori.
Senz'altro l'alta qualità si raggiunge con il tempo e molte delle università del sud hanno una data di nascita relativamente recente, ma occorre anche considerare che al nord molti atenei hanno maggiori dotazioni di ricerca. Pur apprezzando il provvedimento, riteniamo tuttavia che l'Esecutivo si debba impegnare di più per garantire alle università meridionali le condizioni necessarie per potersi migliorare e per poter competere con quelle settentrionali ed europee.
Il sud nel suo complesso paga decenni di mortificanti politiche centraliste che hanno penalizzato la sua economia impedendo l'adeguato un sviluppo infrastrutturale, una più capillare industrializzazione e la valorizzazione delle risorse locali.
Ciò si è ripercosso in misura notevole sullo sviluppo delle università. Occorre recuperare, anche per quanto riguarda il mondo dell'università e della ricerca, criteri efficaci di superamento del divario tra le aree più forti e quelle più deboli del Paese. Sono necessari più fondi per gli atenei, prevedendo un forte incremento dei centri ricerca, per evitare che la fuga dei cervelli continui a penalizzare il sud. Senza l'apporto dell'università e della ricerca e senza un ruolo del sud più dinamico e senza cospicui investimenti in università, ricerca e innovazione, vi sarebbe il declino del Paese intero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio (che non c'è, che ieri ci ha onorato di una breve visita, ma che non è mai intervenuto in quest'Aula dopo il suo insediamento, dimostrando la sua poca o nulla considerazione delle nostre istituzioni democratiche), rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, il gruppo dell'Italia dei Valori voterà contro questo provvedimento sull'università, poiché l'unico aspetto positivo che esso contiene (una molto parziale redistribuzione di risorse a favore delle università virtuose) è troppo poco rispetto ai problemi che lascia largamente irrisolti e che potevano, invece, essere affrontati anche con i nostri suggerimenti.
C'è qualcuno che pensa davvero che il nuovo metodo del sorteggio impedisca ai gruppi di potere accademico di concordare prima i dodici colleghi da eleggere in modo che poi non faccia differenza chiunque tra essi sia sorteggiato? Si tratta dello stesso sistema che già esisteva una ventina di anni fa e che fu poi abbandonato proprio perché non dava alcuna garanzia. Mi viene facile richiamare qui ciò che Tommasi di Lampedusa nel Gattopardo mette in bocca a Tancredi: «Se vogliamo che tutto rimanga com'è, occorre che tutto cambi». Ma così non cambierà proprio nulla e tutto continuerà come prima. Dunque, in determinati casi, furbi e raccomandati continueranno ad averla vinta al di là del merito.
La verità è, signor Presidente, che questo Governo e questa maggioranza hanno sin qui governato il Paese - come dimostrerò nel prosieguo - in ossequio a due principi generali: togliere ai poveri e dare ai ricchi e fare favori ai forti accanendosi contro i deboli, come dimostra il grave arretramento della classe media italiana per reddito, che ci porta a livello dei Paesi meno civili e democratici.
La maggior parte dei provvedimenti che il Parlamento ha dovuto subire rispondono sempre a queste regole, anche se si è cercato di accreditare l'idea di un Ministro Tremonti Robin Hood, mentre in realtà si è dimostrato un vero e proprio sceriffo di Nottingham. Avete messo le mani nelle tasche degli italiani. Vi erano solo pochi spiccioli, eppure non avete esitato a togliere anche quelli. Qualche esempio: l'abolizione dell'ICI sulla prima casa. L'estensione a tutti del giusto intervento del Governo Prodi limitato alle classi piùPag. 44deboli ha permesso a chi abita a Roma in piazza di Spagna o in piazza Navona o a Milano in via della Spiga o in via Montenapoleone di non pagare l'ICI, costringendo poi i comuni, che hanno avuto rimborsi solo parziali, a far pagare di più i servizi ai cittadini comuni o persino a sopprimerli.
Inoltre, con la vicenda Alitalia avete impedito che venisse ceduta ad Air France e dieci mesi dopo gliela rimettete in mano a condizioni talmente meno onerose che i contribuenti pagheranno un conto di circa 4 miliardi di euro, a vantaggio di una ventina di imprenditori speculatori alcuni dei quali con gravi condanne penali per corruzione e che mai avevano gestito linee aeree nella loro vita.
Avete tolto ai poveri e dato ai ricchi anche quando avete dichiarato che avreste colpito banche, petrolieri e assicuratori e quelle tasse alla fine graveranno proprio sulle tasche della gente comune. Il Ministro Tremonti ha parlato di 4 miliardi che saranno sottratti ai cittadini (almeno ai non evasori) e ai quali tornerà soltanto il 10 per cento sotto forma di quella carta di povertà che marchia in modo indelebile la povertà, togliendo ai poveri perfino la dignità di esserlo.
Quando poi le banche vanno in crisi, il Governo è pronto a foraggiarle senza contropartite. Anche qui, avete tolto ai poveri per dare ai ricchi e per fare un favore ai forti, senza alcun tentativo di utilizzare la situazione per moralizzare un settore dove dirigenti e consiglieri di amministrazione (taluni dei quali come il presidente di Mediobanca Geronzi, privi di requisiti di onorabilità per essere stati condannati per reati finanziari) hanno senza ritegno incassato bonus di milioni - dico milioni - di euro a testa e non accettano, neppure ora, limitazioni di fronte al disastro di cui sono in qualche modo corresponsabili.
Non c'è traccia di sostegno per i piccoli investitori che in taluni casi le banche hanno consapevolmente raggirato. Anzi, il Governo, forte con i deboli e debole con i forti, ha rinviato l'applicazione della class action. Lo scandaloso rinvio della class action risulta ancora più grave alla luce della condanna a dieci anni di Tanzi e di una altra ventina di persone che pone un primo punto fermo su un furto da 14 miliardi di euro a danno di 40 mila piccoli risparmiatori che hanno perso tutto. I truffatori ora sono chiamati a pagare il loro conto con la giustizia, ma non quello con i risparmiatori truffati.
Di fronte ad una vicenda così grave, la maggioranza che governa il nostro Paese risponde con il rinvio della class action (unica speranza per i risparmiatori) e vi aggiunge il tentativo mai sopito di salvare Tanzi così come i boiardi delle aziende pubbliche (Alitalia e Cirio in testa) anche se per il momento il tentativo non è andato del tutto in porto.
Al Governo che continua a sostenere di voler fare in modo che le banche intervengano a favore di piccole e medie imprese rispondiamo che sarebbe sufficiente che venissero accolti gli emendamenti dell'Italia dei Valori. Ma anche qui siete forti con i deboli e deboli con i forti. Che Berlusconi incontri a cena i re del lusso è del tutto legittimo, se solo facesse altrettanto con i piccoli e medi imprenditori e con gli artigiani, ovvero con quella fetta che rappresenta l'80 per cento della nostra struttura industriale e che non può permettersi di socializzare le perdite e tenere privatizzati i profitti. I questo momento di grave crisi, quando sarebbe indispensabile pensare alle piccole e medie imprese, Berlusconi pensa invece di dare una mano alla FIAT.
Anche con il decreto-legge «anticrisi» date ben poco ai poveri e fate molti favori ai ricchi. Siete forti con i deboli e deboli con i forti. Con la crisi in atto sarebbe necessario creare una robusta rete di protezione per le fasce deboli, ricorrendo a veri ammortizzatori sociali anche per quei precari (si dice trecentomila) che dall'inizio dell'anno hanno perso definitivamente il loro lavoro dopo anni di proroghe.
Noi chiediamo al Governo che vengano messi a disposizione 20 miliardi di euro e vi diciamo anche dove prenderli. Con questi 20 miliardi di euro si potrebbe aumentare di 1.000 euro il reddito dei lavoratori e dei pensionati con meno di 15Pag. 45mila euro all'anno. Questo Governo, invece, continua ad essere debole con i forti e forte con i deboli. Dopo avere introdotto norme di responsabilità dei dirigenti pubblici le ha cassate, annullando ogni indennizzo previsto a vantaggio dei cittadini penalizzati dal malfunzionamento dei servizi pubblici.
Che Paese può essere quello in cui i dipendenti pubblici vengono massacrati se non fanno bene il loro lavoro, mentre i dirigenti continuano indisturbati a sbagliare senza che nessuno possa chiedere loro conto? Decisamente un Paese che a noi dell'Italia dei Valori non piace, ovvero il Paese dei due pesi e delle due misure che va a genio al Governo, ben distante dalla logica della correttezza che contraddistingue il nostro modo di fare politica.
È scandaloso che il Governo si metta a fare cassa, portando via i soldi ai portatori di handicap; eppure, è ciò che ha fatto il Ministro Brunetta, definendo in quest'Aula famigerata la legge n. 104 del 1992. Ancora una volta si ha un Governo che spara nel mucchio, ma sempre contro i deboli: togliete ai poveri e date ai ricchi. Siete forti con i deboli e deboli con i forti.
Nel decreto-legge «anticrisi» ledete la tutela del risparmiatori per favorire i fondi di investimento speculativi con una norma con effetto retroattivo che rende non più obbligatori i rimborsi da parte delle società dei fondi di investimento agli investitori. Nel decreto-legge «anticrisi» prevedete un condono che di fatto va ad incentivare l'evasione fiscale: l'evasore, in sostanza, se soltanto aderirà agli accertamenti richiesti potrà usufruire del dimezzamento delle sanzioni applicabili. Come se questo non bastasse, prevedete anche un pagamento rateale (non vi è bastato già quello del 2003) che probabilmente produrrà le medesime conseguenze, per le quali vi sono cinque miliardi di euro dovuti da contribuenti evasori e ancora non pagati.
Noi continueremo a combattere contro una politica che sta dalla parte dei furbetti e continua a mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Anche nella legge finanziaria è falso che non si potesse toccare nulla. L'Italia dei Valori ha presentato più di una proposta emendativa finalizzata alla riduzione dei costi della politica: da quella sull'abolizione della cosiddetta «legge mancia», a quella sulla riduzione dei rimborsi elettorali ai partiti, il cui raddoppio per i prossimi tre anni grida vendetta al cielo.
Sarebbero state tagliate spese per 400 milioni di euro all'anno. A tutte queste proposte la maggioranza ha detto «no».
Anche in altro modo avete tolto ai poveri per dare ai ricchi: la sottrazione al mercato dei servizi pubblici locali, che permetterà persino la sopravvivenza delle vecchie aziende municipalizzate, creerà gravi danni ai cittadini, che continueranno a pagare i servizi oltre il necessario. Avete detto «no», sinora, alle proposte che miravano a vincolare, a favore delle banche, la disponibilità da parte di esse ad un incremento di credito per le piccole e medie imprese.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO BORGHESI. Concludo, signor Presidente. Avete detto «no» ad una serie di interventi che noi riteniamo che vadano nel senso di togliere ai poveri per dare ai ricchi e di farsi forti con i deboli e deboli con i forti. Per questo motivo, preannunzio il nostro voto contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Drago. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DRAGO. Signor Presidente, signor Ministro, il voto di astensione del gruppo UdC sul provvedimento in esame vuole rappresentare un'apertura di credito nei suoi confronti, nonostante il decreto-legge in esame rappresenti, per noi, un'occasione politica mancata e perduta per il Governo e per lei, signor Ministro. Si poteva iniziare un dialogo, un confronto tra maggioranza e opposizione, pur auspicato da tutti, che avrebbe potuto trovare convergenze più ampie all'interno delPag. 46provvedimento che stiamo votando e che certamente avrebbe potuto migliorarlo.
Nel merito, si tratta di un'occasione perduta, perché non ha consentito di affrontare per nulla le questioni legate ad una riforma organica complessiva, necessaria ed improrogabile dell'università italiana, che pure lei, signor Ministro, ha ritenuto di dovere affrontare a livello di mero indirizzo, nelle linee guida approvate contestualmente al decreto-legge.
Si tratta di un'occasione mancata per le modalità con le quali si sono affrontati problemi complessi, partendo da una visione puramente contabile (il contenimento della spesa), in assenza di una visione generale dei problemi. Certamente capiamo il perché: il decreto-legge in esame rappresenta, infatti, più un tentativo di rispondere all'imponente e giusta protesta sociale che si è sollevata rispetto ai tagli di milioni di euro al sistema universitario (che il Governo ha operato alcuni mesi fa), dei quali, parzialmente, si recuperano più di 300 milioni (fatto certamente positivo e che motiva la nostra astensione sul provvedimento). Parliamo, però, sempre di tagli ad un sistema che, da qualunque angolo lo guardiamo, rimane comunque un sistema sottofinanziato.
Va bene che occorra eliminare gli sprechi (ci mancherebbe!) e che occorra razionalizzare la spesa, ma si può riformare un sistema - tra l'altro ritenuto da tutti strategico - partendo dai tagli finanziari allo stesso sistema? Tra l'altro, anche lo sbandierato 7 per cento di premialità agli atenei virtuosi è un mero specchietto per le allodole.
Infatti, il consolidato squilibrio finanziario delle università vanifica di fatto ogni intervento premiale, in ragione del peso inerziale della struttura della cosiddetta spesa storica: le spese per il personale, più le spese cogenti. La verità è che (lo sappiamo tutti, anche lei, signor Ministro, e il Governo) nel 2010, così come hanno affermato tutti i rettori italiani, le università virtuose e non saranno al collasso finanziario, perché è il modello di finanziamento dell'università che non regge più e deve essere rivisto.
Occorre immaginare degli standard nuovi, delle quantità definite di finanziamento, da misurare rispetto al numero degli studenti, alla dimensione e all'organico dell'ateneo, alle funzioni esercitate, ossia un patrimonio di risorse che venga comunque garantito alle università. Nel contempo, può esservi una quota premiale che dovrà essere considerata a parte, possibilmente per un periodo triennale ed a seguito di una valutazione complessiva del sistema.
Dunque, il tema della valutazione diventa centrale, ma il Governo con questo decreto-legge proroga ancora i vecchi comitati di valutazione e non decide sulla nuova agenzia di valutazione, la cui attivazione dipende soltanto da una circolare del Ministro.
L'università ha due doveri verso il Paese: la formazione dei nuovi gruppi dirigenti e la ricerca per rendere più competitivo il sistema Paese. La formazione deve essere di qualità, ma anche utile a garantire al laureato l'ingresso nel mercato del lavoro. Allora, anziché denunciare - lo abbiamo fatto tutti in questi anni - soltanto la proliferazione dei corsi universitari o quella degli insegnamenti, perché non iniziare subito - per questo è un'occasione sprecata - la riprogrammazione delle attività formative.
Quindi, occorre probabilmente un numero minore di corsi di laurea ed occorre altresì riprogrammarli, mettendo al centro dell'esigenza programmatoria le esigenze degli studenti e del territorio, non quelle dei singoli professori. Occorre, quindi, qualche corso di laurea in meno ed una politica universitaria più comprensibile.
Perché non affrontare subito quella scelta, per alcuni versi, a nostro avviso, sbagliata di un decennio fa, che inserì il «tre più due» per tutti i corsi di laurea, che può andare bene certamente per quelle professioni per le quali è forte la componente del saper fare (è così in tutta Europa), ma non va assolutamente bene laddove, invece, è prevalente la componente del sapere su quella del saper fare (penso al mondo umanistico)?Pag. 47
Non è detto che il «tre più due» sia sempre la ricetta più giusta, ma tutto, nonostante da tutti denunciato, deve rimanere così, perché, anziché tagliare i fondi, non si mette mano ad una riforma reale, che serve al mondo universitario e ai nostri giovani.
Così come analogo discorso vale per lo spot sul diritto allo studio. Condividiamo la norma che integra le risorse, dando la possibilità ai giovani di poter usufruire di risorse finanziarie per il sostegno al diritto allo studio, ma tutti sappiamo che i corsi universitari durano tre o cinque anni e le risorse che sono state previste potranno garantire questa misura soltanto per un anno.
Così come sul reclutamento e sulla selezione del personale si vorrebbe far credere che tutti i problemi di reclutamento si debbano associare al fenomeno di «concorsopoli» o baronato o «parentopoli», come lo vogliamo chiamare. Tutta la problematica sarebbe sbaragliata con l'introduzione del sorteggio dei componenti delle commissioni dei concorsi. Bene, noi ci rifiutiamo di crederlo!
Crediamo, invece, anche qui, che occorrano scelte coerenti ed organiche. Noi, come UdC, crediamo che si debba arrivare al reclutamento dei professori e dei docenti universitari tramite un'idoneità nazionale che consenta di iscriversi ad un albo nazionale, dal quale, poi, il livello locale, autonomamente, ma con responsabilità, possa attingere la professionalità di cui ha bisogno.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIUSEPPE DRAGO. Concludo, signor Presidente. Onorevole Ministro, siete partiti con un grande annuncio sulla riforma della scuola e dell'università. Sulla riforma della scuola elementare, tanto contestata, avete fatto mezza marcia indietro; su quella della scuola superiore, l'avete annunciata e l'avete subito ritirata.
Sull'università, i nove minuti impiegati per approvare in Consiglio dei ministri questo provvedimento certo non bastano a risolvere il problema. La nostra astensione vuole essere un segnale di disponibilità, ma cercate di guadagnarvela con meno annunci e più cose serie (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il decreto di oggi viene approvato con la fiducia, che è stata votata ieri, perché esiste un'esigenza, che è quella di rispettare una tempistica ben precisa. Il provvedimento, infatti, scadrebbe domani; quindi, era necessario convertirlo, dando ai lavori di quest'Aula dei tempi certi. Questo volevo dirlo in apertura.
Il tema della riforma dell'istruzione e dell'università è molto delicato, perché riguarda la formazione dei giovani, quindi il nostro futuro, e coinvolge moltissime famiglie.
Possiamo dire che questo è un argomento che entra direttamente nelle case ed interessa tutte le famiglie. Ci chiediamo: come funziona oggi l'università? Diciamo che, per usare un eufemismo, vi sono tante cose da rivedere. I soldi, che non sono molti, sono spesi male; certamente, fino ad oggi, sono stati spesi male.
Si dice che la spesa per studente sia tra le più basse del mondo, ma poi si vede che a questo risultato corrisponde un calcolo che viene fatto, facendo riferimento al numero di studenti iscritti. Si scopre che il 50 per cento degli studenti è fuori corso ed il 20 per cento non dà esami. Se, allora, si fa riferimento a studenti effettivamente frequentanti, la spesa si assesta su livelli decisamente diversi, soltanto dopo Stati Uniti, Svizzera e Svezia.
Eppure, gli studenti, giustamente, si lamentano. Vi sono situazioni insostenibili: 37 corsi con un solo studente; 5.500 corsi di laurea, il doppio di Francia e Germania; università che assumono 24 giardinieri; un corso di berbero a Napoli con uno studente; sedi universitarie a Narni o a Barcellona Pozzo di Gotto (guarda caso!); meno laureati del Cile; un nepotismo chePag. 48la fa da padrone, tanto che si parla di università dei baroni.
E ancora: giovani laureati che vanno all'estero per poter fare i ricercatori e ricercatori che se non trovano il carro giusto restano lì tutta la vita da precari; studenti messi all'ultimo posto, perché non si misura mai l'efficienza del servizio; una ripartizione dei fondi non fatta in base a meriti scientifici e a progetti di sviluppo, ma alle solite logiche, con le università del nord che sono sistematicamente penalizzate. È così, non lo dico per fare strumentalizzazioni, ma è così (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Questo decreto-legge, signor Ministro, va nella direzione giusta, perché fa alcune cose: sblocca l'assunzione di nuovi ricercatori, introducendo nuovi e più approfonditi criteri di valutazione dei titoli; facilita il rientro degli studiosi impiegati all'estero; ed ancora, introduce il meccanismo del sorteggio per le commissioni esaminatrici di ordinari e di associati: oggi nelle università spesso si spartiscono i posti di professore ordinario e associato a tavolino, e questo strumento serve proprio per evitare che in futuro si continui a fare così (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il provvedimento al nostro esame viene inoltre a destinare 65 milioni di euro agli alloggi per studenti, settore particolarmente carente, assegna i fondi alle università in base a nuovi criteri basati sulla qualità dell'insegnamento e della ricerca, ed introduce anche una meritocrazia nell'avanzamento di carriera, basato sulla produzione scientifica e non su altro.
Certo i problemi non sono tutti risolti e vi sono tante altre cose da fare, ma questo è un passo importante fatto rapidamente. A nostro avviso vanno fatte anche altre cose: per esempio, ci si domanda se sia giusto attribuire lo stesso valore a titoli di studio quando vi sono percorsi formativi molto diversi, posto che le università, anche in base ai dati che abbiamo fornito, non sono tutte uguali. Dunque, l'abolizione del valore legale del titolo di studio è una proposta moderna che noi avanziamo e che va nella direzione di premiare chi effettivamente lo merita.
In più, bisogna fare in modo che le università non siano corpi estranei ma realtà che operano sul territorio e per il territorio, legate al suo sistema produttivo, in un contesto in cui il percorso formativo parta dall'inizio, proiettato verso gli sbocchi occupazionali e con le radici ben piantate nelle proprie comunità. Se si parla di rilancio dobbiamo cominciare da qui, e siamo convinti che su questi argomenti i giovani la pensano come noi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sereni. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, le deputate e i deputati del Partito Democratico impegnati nella Commissione cultura, scienza e istruzione hanno esposto con competenza e ricchezza di argomenti le ragioni per le quali il PD voterà contro questo provvedimento.
Dovendo qui sintetizzare in pochi minuti il nostro giudizio, ritengo si debba parlare di un'occasione mancata, un'occasione mancata prima di tutto per l'università e il diritto allo studio. Come Partito Democratico siamo più che convinti della necessità di una riforma del sistema universitario: l'università italiana va cambiata, vanno ripensati i meccanismi della governance, razionalizzati e selezionati i corsi di laurea e le facoltà, utilizzati in modo virtuoso i fondi disponibili, introdotti strumenti di valutazione dei risultati molto rigorosi, che consentano di premiare il merito e la qualità.
Per affermare queste necessità non c'era e non c'è nessun bisogno di una campagna denigratoria sulle università italiane. Non è questa la sede per portare dati ed elementi che gli organismi internazionali ci consegnano e che ci dicono che la spesa universitaria italiana non è niente affatto esorbitante, anzi è semmaiPag. 49sottodimensionata per un Paese sviluppato come il nostro.
In queste settimane, invece, per contrastare una pacifica e razionale protesta di studenti e docenti contro un taglio insostenibile delle risorse da destinare alle università, si è alimentata una vera e propria campagna contro gli atenei del nostro Paese, facendo di tutta l'erba un fascio, dipingendo tutta l'università italiana come sprecona, corrotta ed incapace di formare e fare ricerca. L'università italiana, cari colleghi, non è questo. Essa è in molte situazioni il luogo in cui si raccolgono le risorse migliori, culturali e scientifiche, del nostro Paese. In molte situazioni è il luogo in cui si fa buona ricerca, seppure in condizioni di precarietà delle risorse e degli strumenti.
Soltanto partendo da questa consapevolezza si possono mettere in campo azioni efficaci per combattere fenomeni di malgoverno intollerabili, meccanismi di selezione e di carriera inadeguati ed inaccettabili, resistenze all'innovazione e poca attenzione al merito. Se, invece, per ragioni tutte politiche e di propaganda, si parte da un'immagine viziata dell'università, non si va lontano e ad una diagnosi sbagliata corrisponde una medicina sbagliata. Davvero pensiamo di aver risolto il grande problema delle modalità di reclutamento introducendo una forma di semisorteggio nelle commissioni? Davvero non ci vengono altre idee per selezionare il merito e la qualità - oltre quella di ritornare al sorteggio - guardando alle esperienze più avanzate in Europa?
In realtà, l'università italiana è da tempo alle prese con una duplice sfida: quella di un aumento enorme di giovani che accedono, per fortuna, agli studi universitari e che si laureano, e quella della globalizzazione, che fa delle risorse umane, della formazione e della conoscenza, della ricerca scientifica, fattori essenziali nella competizione economica e nella crescita. Noi vogliamo un sistema universitario fondamentalmente pubblico, aperto a tutti i capaci e meritevoli, in grado di riconoscere e premiare le eccellenze e di reggere questa sfida.
Questo provvedimento, però, che pure indica obiettivi condivisibili, non si avvicina neppure al cuore del problema. La strada del decreto d'urgenza è, per sua natura, impropria per affrontare con serietà il tema di un ripensamento complessivo del sistema universitario. È importante che la mobilitazione del mondo universitario ed accademico, che l'opposizione che si è manifestata in Parlamento e nel Paese nei confronti della vostra politica sulla scuola e sull'università abbiano avuto un peso e abbiano consigliato una correzione di rotta che, tra l'altro, ha portato a questo decreto-legge. Tuttavia, è indispensabile distinguere gli annunci, gli spot, dalla realtà. E la realtà è che se non si rimuove il macigno del taglio di un miliardo e mezzo di euro ai fondi per il funzionamento dell'università, apportato con le legge n. 133 del 2008, il prossimo anno anche gli atenei virtuosi non saranno in grado di funzionare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La realtà è che il parziale recupero di fondi per il diritto allo studio non ha alcuna proiezione triennale e non consente alcuna certezza della programmazione. La realtà è che senza le risorse essenziali, anziché premiare la qualità e il merito, si finisce per appiattire verso il basso le università migliori. Ecco perché parliamo di occasione mancata.
Se il Governo avesse davvero voluto mettere mano ad una vera riforma del sistema, avrebbe dovuto scegliere la strada di un disegno di legge e avrebbe trovato il Partito Democratico pronto e disponibile. Oggi vi diciamo che, se dopo questa falsa partenza l'intenzione del Governo è di aprire un confronto serio in questa direzione, non faremo mancare il nostro contributo di proposte.
Signor Presidente, colleghi, due ultime considerazioni. La prima riguarda la grave crisi economica e sociale in corso e la nostra discussione di oggi. Noi crediamo che una delle strade da percorrere per affrontare la crisi mondiale, per uscirne con un sistema produttivo più forte e con meno diseguaglianza sociale, sia quella di un investimento pubblico, forte e straordinarioPag. 50sull'alta formazione, sulla ricerca scientifica e l'innovazione tecnologica. In Francia, Sarkozy stanzia più di dieci miliardi di euro per creare una competizione tra le università sui migliori progetti di ricerca.
In Italia si tagliano i fondi ordinari per le università e con il decreto-legge anticrisi si riduce drasticamente una misura che aveva funzionato, come quella del credito di imposta per le imprese che investono in ricerca e innovazione. Ma dove vogliamo andare? Dove lo vogliamo portare questo Paese? Davvero pensiamo che l'Italia possa superare i suoi ritardi e diventare un Paese più dinamico e moderno senza una scelta pubblica inequivocabile a favore della ricerca e dell'università?
Infine, sul lavoro parlamentare e sul confronto tra maggioranza e opposizione: il Consiglio dei ministri ha, fino ad oggi, licenziato venticinque decreti-legge, e in questo ramo del Parlamento abbiamo avuto ben otto voti di fiducia in questi primi mesi di legislatura. Non ci si dica che vi è un problema di tempo delle decisioni. Il Governo sta abusando della decretazione d'urgenza e sta producendo un ingorgo insostenibile nei lavori parlamentari. Non ci si venga a ridire della necessità di riformare i Regolamenti parlamentari. Ribadiamo che siamo disponibili ad una riforma che dia certezza dei tempi al Governo e che rafforzi e qualifichi, al tempo stesso, il lavoro e le prerogative del Parlamento.
Non si può un giorno apprezzare la sollecitazione del Presidente della Repubblica per un clima di confronto tra gli schieramenti che metta al centro l'interesse generale del Paese, e il giorno dopo rifiutare questo confronto utilizzando il voto di fiducia. Ognuno, Governo e Parlamento, maggioranza e opposizione, si assuma limpidamente le sue responsabilità, e se davvero si vuole raccogliere l'alto richiamo del Capo dello Stato, ognuno ne tragga coerentemente le conseguenze. L'occasione mancata di oggi può essere l'ultimo passaggio di una prima fase della legislatura in cui alla litania sul dialogo non è seguita da parte del Governo alcuna reale disponibilità al confronto, oppure può essere il segnale che tutto proseguirà come prima, che nonostante i numeri, questa maggioranza non è in grado di sviluppare un confronto sul merito dei problemi del Paese, utilizzando la sede naturale che è il Parlamento. Peccato, perché davvero il futuro dell'università e della ricerca sarebbe stato un terreno strategico ideale sul quale misurare le proposte di tutti e dimostrare che la campagna elettorale è finita e che ci si sta occupando, finalmente, dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caldoro. Ne ha facoltà.

STEFANO CALDORO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il gruppo del Popolo della Libertà condivide le scelte sull'università operate dal Governo, dal Ministro Gelmini, nel decreto legge in esame. È necessario, però, fare un passo indietro, una premessa utile anche in riferimento al dibattito che vi è stato ieri per la fiducia e agli ultimi interventi per dichiarazioni di voto. Noi respingiamo il tentativo portato con critiche che riteniamo strumentali, e non veritiere, di rappresentare la maggioranza e il Governo come ostili al mondo universitario (non si sa per quali ragioni, se politiche o ideologiche). Non è così, questa non è la verità. D'altra parte - lo ricordo all'onorevole Sereni, che pure ha dato una disponibilità, che noi confermiamo, al confronto e al dialogo con tutto il Parlamento - noi, attualmente, non abbiamo che visto, e in parte letto, condividendoli, dei bei decaloghi presentati e - devo dire - frettolosamente rimessi nel cassetto. Non si sono, in poche parole, mai viste insieme tante disponibilità, da un lato, e tante indisponibilità, dall'altro. Invece, noi vogliamo dirlo con chiarezza: la maggioranza e il Governo ritengono strategico l'investimento sul capitale umano.
Siamo convinti del valore dell'alta formazione nel nostro Paese, dell'eccellenzaPag. 51scientifica e didattica presente nel sistema, e ne è la prova la posizione dei nostri ricercatori, sempre primi nelle classifiche OCSE. Ed è proprio per questo, per dare maggiore forza ed opportunità alla parte migliore del mondo universitario, che il Governo ha avviato, con questo provvedimento e con la contestuale presentazione delle linee guida in Commissione, un percorso di riforma, per fare, per cambiare, per modernizzare, e per modificare quello che non va.
Non è un giudizio solo delle forze politiche o del Parlamento, ma è un giudizio condiviso anche da chi vive il mondo dell'università. Non si può rimanere fermi o inerti nella difesa dell'esistente. Cambiare e migliorare: ce lo chiede la maggioranza dei cittadini, e noi siamo convinti che ce lo chieda anche la maggioranza degli studenti, dei docenti e dei ricercatori universitari.
L'obiettivo è garantire qualità, trasparenza, competitività, responsabilità e meritocrazia, che erano alla base della riforma sull'autonomia universitaria voluta dal Ministro Ruberti, anche in coerenza con i principi del lavoro svolto dal precedente Governo Berlusconi e dal Ministro Moratti. Si inizia a farlo con questo decreto-legge. Si continuerà a farlo con l'approvazione delle linee guida, che dovranno affrontare in maniera organica i temi della governance, della valutazione e del reclutamento a regime.
Ma non possiamo nasconderci i mali dell'università, gli aspetti negativi, la proliferazione dei corsi, l'eccesso di regole, la troppa burocrazia, la scarsa trasparenza e gli alti tassi di abbandono. Voglio qui solo ricordare alcuni dati dell'attuale sistema. La riforma degli ordinamenti didattici, quella che più comunemente viene ricordata come il «tre più due», ha prodotto circa 6 mila corsi di laurea, il doppio della media europea. La proliferazione delle sedi ha determinato la nascita di oltre 350 strutture didattiche decentrate. Questo incide sui costi, ma sopratutto sulla produttività e la qualità dell'offerta formativa. Nel prossimo anno vi saranno più di 4 mila idonei non vincitori di concorso in attesa di progressione di carriera, quindi è utile e necessario intervenire.
Veniamo ora, in sintesi, al merito del provvedimento. La prima questione riguarda la trasparenza nei concorsi. Sono state corrette le procedure con meccanismi di maggiore trasparenza, è stato previsto un sistema misto tra elezione e sorteggio, in più la valutazione dei candidati avverrà secondo parametri riconosciuti anche in ambito internazionale. Le assunzioni: solo le università in regola con i bilanci potranno effettuarne di nuove. Si aumenta il turnover, viene elevato dal 20 al 50 per cento, e in aggiunta vi sarà la deroga totale per i posti di ricercatore e vi sarà - la cosa più importante - un obbligo ad assumere in ruolo (è la prima volta che ciò viene previsto in una norma) destinando almeno il 60 per cento dei posti ai ricercatori. Quindi, si tutelano i giovani. Si corregge una distorsione ed un'anomalia tutta italiana, costituita dal più alto numero dei docenti in ruolo (oltre 65 mila) e dalla più bassa percentuale di giovani nell'ambito universitario. Si tratta di una situazione che graficamente rappresentiamo come un cilindro con una base stretta, mentre la necessità avvertita con l'intervento del Ministro Gelmini e del Governo è quella di ampliare la piramide, quindi di ristabilire quella media che ha un riflesso utile e necessario anche in confronto alle medie europee.
In termini di risorse economiche (anche qui sono stati richiamati spesso i tagli e le riduzioni della spesa) il parametro della spesa non sarà più visto per teste ma per unità cessate, il che significa che vi sarà un recupero di risorse che sarà nell'ordine - è bene ricordarlo e fare delle cifre - di 25 milioni di euro nel 2009, 70 nel 2010, 118 nel 2011 e 140 nel 2012. Questo concerne solo la parte del reclutamento, poi vi sono tutte le risorse in più per le borse di studio. Quindi, si tratta di più finanziamenti, ma limitati alle università migliori.
Una quota di circa il 10 per cento del fondo (del 7 per cento per la prima parte, e poi sarà incrementato, così come èPag. 52previsto nel decreto e negli impegni del Governo, fino al 30 per cento) sarà distribuita agli atenei con una migliore offerta formativa e con una migliore qualità della ricerca. Si tratta di una premialità alle università virtuose, e di incrementi, per la prima volta stipendiali, legati al merito dei docenti.
La norma più nota è quella sul rientro dei cervelli. Riguardo a tale profilo sono previste iniziative, norme specifiche, risorse per favorire la chiamata diretta di ricercatori di valore che lavorano all'estero. Insieme a quest'ultima, con l'anagrafe nazionale dei professori e dei ricercatori potremmo avere un albo complessivo delle pubblicazioni scientifiche di tutti i ricercatori e di tutti i docenti italiani.
Infine, tratto dell'intervento più significativo, il diritto allo studio, che troppo spesso è stato dimenticato nella discussione di questo provvedimento. Voglio precisarlo in maniera chiara, e che sia esteso non solo in questo Parlamento ma anche fuori, cosa che non è stata fatta con la necessaria incisività. Per la prima volta in Italia tutti gli aventi diritto, 200 mila studenti, avranno le borse di studio (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Il raddoppio dei fondi è destinato ai giovani capaci e meritevoli ma privi di mezzi economici.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, tutto questo dimostra l'impegno del Governo e della maggioranza sull'università e sul capitale umano: non mancherà a breve. Raccogliamo l'appello al confronto necessario dalle più alte cariche dello Stato, ma anche la disponibilità che oggi è venuta in quest'Aula su una riforma più ampia e organica dell'alta formazione che dovrà vedere il concorso di tutti non solo in questo Parlamento ma soprattutto fuori dal Parlamento. Per tali ragioni - preciso, buone ragioni di metodo e di merito - il gruppo del Popolo della Libertà voterà a favore del provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1966)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1966, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1197 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca» (Approvato dal Senato) (1966):

Presenti 505
Votanti 477
Astenuti 28
Maggioranza 239
Hanno votato 281
Hanno votato no 196
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Rampelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento,Pag. 53i deputati Angelino Alfano, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Cicchitto, Cirielli, Cota, Crosetto, De Biasi, Donadi, Gregorio Fontana, Gelmini, Miccichè, Roccella, Stucchi, Urso e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,01).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi e dati relativi all'utilizzo della cassa integrazione - n. 2-00246)

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00246, concernente elementi e dati relativi all'utilizzo della cassa integrazione (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, gli ultimi dati forniti dall'INPS sull'aumento dell'utilizzo della cassa integrazione fotografano in maniera impietosa l'entità della crisi occupazionale che sta attraversando il nostro Paese. A settembre 2008 quella ordinaria è cresciuta, in un anno, di oltre il 68 per cento, sfiorando il picco dell'80 per cento per gli operai. In un solo mese, tra agosto e settembre 2008, la cassa integrazione ordinaria è aumentata in media del 53 per cento, con un'impennata per gli impiegati del 113 per cento. Già i dati del primo trimestre 2008, con una crescita del 5,74 per cento dell'utilizzo della cassa integrazione, testimoniavano di una crisi economica sempre più radicale e profonda.
I settori più interessati dalla crescita, nella somma tra cassa integrazione ordinaria e straordinaria, sono il commercio, il settore del legno, l'estrazione dei minerali, il settore delle pelli e del cuoio, il settore dei trasporti e delle comunicazioni. Non a caso il Governo ha deciso di raddoppiare, nel disegno di legge finanziaria per il 2009, il fondo per la cassa integrazione e lo stesso Ministro Tremonti ha avuto modo di dichiarare che, a causa delle dimensioni della crisi, è fondamentale l'utilizzo dei fondi di coesione europei.
A queste cifre, che si fanno giorno per giorno più preoccupanti, si debbono aggiungere le stime che riguardano i cosiddetti «invisibili»: i precari che non compaiono nelle statistiche emanate dall'INPS, ma che sono i primi ad essere colpiti e che, nelle cronache locali, compaiono come lavoratori ai quali non vengono rinnovati i contratti.
Secondo l'economista Pietro Garibaldi dell'università di Torino, in Italia vi sarebbero quattro milioni di lavoratori senza tutela e totalmente in balia degli andamenti del mercato. Il peggioramento della crisi finanziaria mondiale ed il perdurare delle difficoltà economiche rischiano di rendere ancora più drammatici i dati relativi all'occupazione, in particolare nel Mezzogiorno, il cui sistema produttivo si basa soprattutto sulle piccole e medie imprese che, per prime, vengono colpite dall'andamento negativo dell'economia.
Sull'entità di questa crisi economisti ed esperti di settore ci rimandano a numeri da brividi, ipotizzando per centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici lo spettro della cassa integrazione e della disoccupazione. Al di là delle ipotesi numeriche, rimane la forte preoccupazione su un andamento della crisi su cui, spesso, mancano anche fonti di informazioni certe sulle quali calibrare iniziative e proposte.
Pertanto le chiediamo, signor sottosegretario, di sapere quali siano i dati relativi all'utilizzo della cassa integrazione, sia ordinaria sia straordinaria, possibilmente divisi per regione, alla data odierna. Pur essendo giusto garantire la copertura degli ammortizzatori sociali, specie ora che il Paese attraversa un momento di particolare crisi economica, sarebbe inaccettabile se il Governo non solo reperissePag. 54le risorse prelevandole dai fondi per le aree svantaggiate, come paventato, ma non si adoperasse a sostegno dei tanti giovani del Mezzogiorno, che hanno perso il lavoro senza alcuna possibilità di usufruire di ammortizzatori sociali. I fondi destinati alla cassa integrazione saranno spesi prevalentemente al nord, dove risiedono le grandi industrie, e andranno a sostegno di chi ha già un'occupazione.
Nulla in contrario, ma in che modo l'Esecutivo intende sostenere i giovani precari meridionali che alle dipendenze delle piccole e medie aziende hanno perso l'occupazione e i giovani disoccupati e inoccupati che un lavoro non l'hanno mai avuto? Quali provvedimenti, signor sottosegretario, il Governo intende assicurare ed assumere per creare le condizioni di un rilancio delle piccole e medie aziende che operano al sud e per creare nuove opportunità di lavoro per i giovani?
Le chiediamo, inoltre, di sapere se vi siano informazioni aggiornate sul numero dei lavoratori precari, divisi per regione, che nel corso degli ultimi sei mesi hanno perso il posto di lavoro e se siano stati compiuti studi di settore atti a delineare il numero di lavoratori dipendenti e precari che potrebbero perdere il posto di lavoro o entrare in cassa integrazione nel 2009.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, l'interpellanza merita una risposta articolata e documentata, pertanto depositerò alla Presidenza una serie di atti che forniscano i dati richiesti dall'onorevole Iannaccone, quale primo firmatario dell'interpellanza in questione. Per questo motivo, farò rinvio ad una serie di allegati alla risposta scritta, per tentare di rispondere ai tre quesiti che l'interpellante ha posto, a partire da quello relativo ai dati della CIGO.
È proprio di ieri l'analisi dell'INPS che contiene una serie di elementi e di elaborati che sono molto utili ad inquadrare correttamente la questione della criticità che stiamo attraversando, ma che sono utili anche per le comparazioni compiute dall'INPS nel tentativo di inquadrare e di rapportare tale criticità alle altre fasi che il nostro Paese ha attraversato. Come i grafici dimostrano, sia in relazione al ricorso alla cassa integrazione ordinaria, sia in relazione alla cassa integrazione straordinaria, sia in relazione all'utilizzo della cassa straordinaria in deroga, vi è un tendenziale fortemente critico, ma se esso viene rapportato ad altre fasi e ad altri periodi della nostra storia ci viene dimostrato che non stiamo attraversando una crisi peggiore (almeno rispetto a questo rilievo, che pure registra impennate significative) rispetto agli ultimi trent'anni. Relativamente agli anni che vanno dal 1980 al 2008 vi è un grafico dell'INPS, che lascio agli atti, che fornisce un'indicazione estremamente significativa da questo punto di vista.
Nel contenuto della risposta all'interpellanza c'era un rilievo (e non poteva che essere così) rispetto al novembre 2008 che è già superato dal dato ultimo esplicitato dall'INPS, il quale parla di un tendenziale molto forte e significativo rispetto all'utilizzo della cassa integrazione ordinaria, mentre indica come sia diverso l'andamento della cassa straordinaria e della cassa in deroga, che sono altra questione rispetto a quelle evidenziate.
Depositerò sempre alla Presidenza, perché rimangano agli atti questi riferimenti, e quindi l'interpellante - ma non solo - abbia la possibilità di disporne. Credo che essi rispondano alle esigenze di chiarezza in merito ai numeri ufficiali che correttamente l'onorevole Iannaccone ha evidenziato con la sua interpellanza. Questo mi consente di ritenere sufficiente la risposta rispetto al primo quesito, quello relativo ai numeri sulla CIGO e sulla CIGS.
Per il resto, l'onorevole interpellante mi consentirà di fare riferimento ai provvedimenti in essere e noti, a partire dal decreto-legge cosiddetto «anticrisi» (in particolare gli articoli 18 e 19 che delineano l'intervento del Governo anche sulPag. 55terreno dell'ampliamento delle tutele in relazione alla base di riferimento) e anche a quanto già approvato dal Parlamento in sede di discussione della manovra finanziaria. Mi riferisco in particolare alla dimensione delle risorse notevolmente ampliate nell'ambito del fondo dell'occupazione e destinate a rappresentare una parte importante delle risorse finanziarie volte a supportare le casse integrazione straordinarie in deroga, uno strumento che da qualche anno, in assenza di una riforma organica degli ammortizzatori sociali, ha comunque consentito di dare quelle risposte, a cui l'onorevole Iannaccone faceva riferimento a proposito, in particolare, dei lavoratori delle piccole aziende.
Infatti, come è noto, attraverso lo strumento in deroga, anche i lavoratori delle piccole aziende possono utilizzare uno strumento di protezione sociale che va oltre quelli previsti in termini di dimensioni aziendali e settoriali previsti dalla legge n. 223 del 1991. Ciò ha consentito, nel corso di questi anni, di allargare la platea dei beneficiari di questi strumenti e di determinare quelle condizioni di provvista finanziaria da individuare anno per anno per supportare le casse integrazione straordinarie in deroga che sono oggetto della questione che dovremmo, in particolare, affrontare nel corso del 2009.
Per quanto riguarda, inoltre, la terza richiesta, quella relativa alla platea dei precari, anche in questo caso il riferimento è alle ultime tabelle dell'ISTAT che delineano le mutazioni sociali in atto tra il secondo ed il terzo trimestre del 2008. Esse non rappresentano ancora la fotografia chiara, nitida, puntuale e precisa del fenomeno, ma danno un'indicazione sufficientemente chiara a delineare tendenze e quindi a dimensionare il fenomeno.
Inoltre, in relazione a studi di settore svolti sulle questioni oggetto dell'atto parlamentare, lascio agli atti una nota di elaborazione dei dati dell'OCSE sulla previsione dei disoccupati in Italia nel periodo 2009-2010 predisposta da Italia Lavoro che, come è noto, è un'agenzia strumentale del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Concludo, signor Presidente, con una considerazione che attiene all'ultima parte della riflessione dell'onorevole Iannaccone, quella in particolare riferita al Mezzogiorno e ai giovani meridionali.
L'attenzione del Governo è volta a determinare le condizioni per affrontare, da una parte, le criticità aziendali e quindi, in particolare, a rafforzare gli strumenti ordinari, siano essi CIGO o CIGS che, al di là delle loro impennate, hanno risorse finanziarie adeguate.
Occorre rafforzare in termini di dotazione finanziaria le casse integrazione straordinarie in deroga e gli strumenti di sostegno al reddito e per farlo il Governo aprirà un confronto stringente a partire dal sistema istituzionale con le regioni e le parti sociali. Ciò per cercare di determinare una convergenza forte, una sinergia di responsabilità sul terreno istituzionale e sociale e di costruire quella strumentazione che, prima ancora che di carattere normativo, si fondi sulla prassi e sulla finalizzazione delle risorse già esistenti, volte a determinare le condizioni per preservare il capitale umano e per utilizzare la leva della formazione. Il tutto per cercare di costruire, per quanto possibile, un mix di formazione e di sostegno al reddito, insomma per attivare strumenti di protezione sociale non disgiunti da politiche attive del lavoro e da elementi di responsabilizzazione.
Ciò riguarderà non soltanto quei settori che naturalmente, per maggior tasso di sviluppo, hanno una più forte esigenza di risorse finalizzate alle crisi produttive, ma anche e soprattutto quelle aree in cui l'investimento di capitale umano è determinante e fondamentale per costruire una prospettiva di positivo inserimento in condizioni di crescita nell'ambito del mondo del lavoro.

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di replicare.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario ViespoliPag. 56per la risposta. Mi ritengo soddisfatto per quanto il sottosegretario ha riferito in Aula in relazione alle decisioni assunte dal Governo, che puntano a garantire il reddito a chi corre il rischio di perdere il posto di lavoro a causa della crisi. Pertanto, da questo punto di vista ritengo che il Governo ha bene operato nell'ambito della sua attività, in modo particolare il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Conoscendo la sensibilità del sottosegretario lo invito a rafforzare ulteriormente e a potenziare le iniziative del Governo, in modo particolare del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, a favore di misure che possano sostenere l'occupazione nel Mezzogiorno, al di là degli strumenti (degli ammortizzatori sociali e degli strumenti di protezione sociale) che in questo momento sono rivolti soprattutto a sostenere chi è occupato e, a causa della crisi, corre il rischio di perdere il proprio posto di lavoro.
Vi è un dato da prendere in considerazione in una situazione di crisi economica che riguarda, chiaramente, non solo il nostro Paese. Anzi si deve precisare che in Italia, a seguito delle decisioni di questo Governo, la crisi appare avere effetti - e mi auguro che sia veramente così - meno negativi rispetto ad altri Paesi europei. Tuttavia, è evidente che in questo contesto il Mezzogiorno non riceve, in aggiunta a quelle che sono le iniziative ordinarie, misure volte a creare opportunità di lavoro per i giovani, dal momento che - il sottosegretario questo lo sa bene - in una condizione di crisi si realizzano anche meno opportunità di lavoro. Quanto al confronto con le regioni e con le parti sociali (quella che lei ha definito una sinergia di responsabilità), si tratta di definire strumenti che possono attivare un circuito virtuoso per l'economia meridionale, preservare il capitale umano (come lei lo ha definito), utilizzare in maniera efficace le leve della formazione, prevedendo un sostegno al reddito (come pure lei ha sottolineato), e, quindi, se tutte queste misure, insieme ad un'analisi dettagliata, così come lei ha sviluppato, dovessero essere messe in campo, ritengo che le sollecitazioni che il Movimento per l'Autonomia ha rivolto al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e all'intero Governo potranno, in virtù delle iniziative che lei ha anticipato, produrre effetti positivi.
Pertanto, signor Presidente, mi ritengo soddisfatto della risposta che il sottosegretario ha fornito e al tempo stesso manifesto la mia attenzione per le iniziative che il Governo assumerà in futuro, soprattutto a sostegno dell'occupazione dei giovani meridionali.

(Intendimenti del Governo in materia di sicurezza sul lavoro - n. 2-00247)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00247, concernente intendimenti del Governo in materia di sicurezza sul lavoro (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

TERESIO DELFINO. Signora Presidente, sono assolutamente convinto che il tema che abbiamo posto con questa interpellanza urgente sia attuale, investa un fenomeno di una gravità assoluta e tocchi una questione sulla quale il Governo, anche in questi primi mesi di attività, ha assunto iniziative sia sul piano delle indicazioni programmatiche, come già citato nel testo dell'interpellanza, sia per quanto riguarda le linee guida del libro verde - che fornisce sul tema alcune pregevoli e da noi condivise indicazioni - ma anche e soprattutto sul piano delle normative che il Governo ha assunto nel tentativo di semplificare e sburocratizzare alcuni adempimenti a carico delle imprese.
Abbiamo fatto rilevare ciò più volte al sottosegretario che è qui presente, senatore Viespoli, perché noi riteniamo che la semplificazione necessaria non possa mai far venir meno il livello di guardia e di attenzione che su queste questioni riteniamo ci debba essere e debba crescere.
Infatti, torno a dire che il fenomeno delle cosiddette morti bianche e degliPag. 57incidenti, mortali e non, sul lavoro è centrale. Il nostro Paese vanta, se le notizie e i dati che abbiamo sono veritieri - ben lieto di essere smentito da parte del sottosegretario e del Governo - il primato delle vittime sul lavoro a livello europeo, anche se constatiamo con soddisfazione che, comunque, vi è una tendenza lievemente calante.
Tuttavia, i dati del 2007 - li voglio ricordare anche se già sono citati perché abbiamo un bollettino giornaliero drammatico - dividendo le vittime sul lavoro per il numero di giorni ci informano che vi sono stati 3 morti per incidenti sul lavoro al giorno e circa 27 invalidi al giorno (che poi vanno a gravare ovviamente sulla collettività) che testimoniano quanto sia alto il prezzo che il lavoro paga per lo sviluppo del Paese.
Quindi occorre, a nostro giudizio, affrontare la questione con modalità più incisive. Bisogna certamente, signor sottosegretario, e mi auguro che lei possa dire qualcosa al riguardo, contrastare l'illegalità. Infatti, oltre ai dati ufficiali leggiamo stime molto preoccupanti sugli incidenti nell'ambito del lavoro nero.
Si tratterebbe anche qui di capire quanti sono gli incidenti che avvengono, se queste stime - che parlano di cifre di oltre 200 mila - hanno qualche riscontro nella realtà o invece sono fantasiose, ma soprattutto vorrei ribadire che il Governo aveva preannunciato iniziative per quanto riguarda una maggiore informazione, una funzione formativa e poi una funzione repressiva per avere un quadro completo dell'iniziativa del Governo non solo sotto il profilo dei provvedimenti legislativi, ma di tutti i rapporti con le forze sociali, imprenditoriali (quindi datoriali) e con il mondo rappresentativo delle forze del lavoro e sindacali.
Infatti, certamente condividiamo molte delle indicazioni che il Governo a più riprese con il Ministro Sacconi, ma non solo, aveva dato circa un sostegno nella funzione informativa e formativa all'impresa (soprattutto alle piccole e medie imprese) per aumentare una capacità di prevenzione e, quindi, dando anche un rapporto quasi di sostegno e di assistenza più incisiva alle imprese in modo che vengano assunti tutti i provvedimenti necessari perché questa autentica tragedia, che annualmente si ripete, possa essere ridotta, così come facciamo da anni in un altro campo, che è quello degli incidenti stradali e dei morti sulle strade. Credo che siano due tragedie diverse, ma che hanno in comune un'elevata necessità di contenuto culturale. Infatti, il tema per essere debellato prima deve crescere culturalmente nei mondi interessati - in questo caso nel mondo dell'impresa, così come nel mondo del lavoro - perché la prevenzione diventi un dato costitutivo sia del lavoratore che dell'imprenditore.
Quindi, concludo richiamando le domande che abbiamo voluto qui fare, perché non ci interessa nelle prossime iniziative che andremo ad assumere - anche come forza politica e gruppo parlamentare - creare allarmismi. Quindi, chiediamo al Governo quali siano già stati i provvedimenti assunti e quali iniziative urgenti intenda promuovere, alla luce di quelle - richiamate nell'interpellanza, ma anche nel mio intervento odierno - linee guida, vuoi del libro verde, vuoi delle dichiarazioni programmatiche fatte dal Ministro. Credo che sia un approccio che ci consente di avere alcuni elementi conoscitivi per poi sviluppare insieme una azione ancora più forte per garantire formazione, informazione e prevenzione per far sì che, diffondendo questa cultura, gli incidenti sui luoghi di lavoro possano effettivamente diminuire.
A margine di questa interpellanza, ritengo anche che un altro tema che dovremo poi affrontare sicuramente - lo voglio qui dire - è quello della rivalutazione delle rendite INAIL per gli infortuni sul lavoro. Infatti, in questo tema di perdita complessiva di potere d'acquisto e di difficoltà del mondo del lavoro, certamente non possiamo lasciare in secondo piano coloro che sul proprio corpo hanno patito una menomazione nella loro attività di lavoro.
Signor sottosegretario, la ringrazio per la sua risposta.

Pag. 58

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, cercherò di concentrare la risposta per evidenziare come il Governo si sia mosso rispetto innanzitutto all'attuazione del testo unico sulla sicurezza. Tratteggiare questi elementi credo sia utile per rispondere alla giusta sollecitazione che l'onorevole Delfino ha inteso porre, in particolare sui temi della formazione e della prevenzione finalizzata alla diffusione della cultura della sicurezza. Il Governo si è mosso attivandosi nella consapevolezza dell'iter del testo unico e del confronto che c'è stato tra le parti sociali e delle questioni che non sempre sono riuscite a trovare una sintesi fortemente condivisa all'interno delle norme del testo unico.
Il Governo ha aperto e si è mosso solo come facilitatore del dialogo tra le parti sociali con l'auspicio che le parti stesse addivenissero ad una sorta di avviso comune da recepire per le eventuali modifiche da apportare al decreto legislativo n. 81 del 2008 e alle norme sul tema della sicurezza. Questo tavolo si è aperto e questo luogo di confronto è stato attivato. La prima riunione con l'assistenza tecnica del Ministero si è tenuta il 7 ottobre scorso ed è stata seguita nei mesi di ottobre, novembre e dicembre da altri incontri nel corso dei quali si è concordato di cercare un'intesa sulla semplificazione degli adempimenti in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. Relativamente a questa parte è stata predisposta una sorta di avviso comune relativo alle sole semplificazioni che verranno integralmente trasposte nelle disposizioni integrative e correttive.
Vi è stato un confronto (anche di composizioni diversificate tra le stesse parti sociali) che ha individuato alcuni punti di convergenza che, seppure in mancanza - finora - di un accordo complessivo, è giusto non disperdere, ma è giusto assumere e finalizzare.
Il Governo si è mosso, altresì, per dare immediata concretizzazione ad alcuni punti del testo unico a partire dall'attuazione dell'articolo 52 del testo unico stesso. Si tratta di un articolo fondamentale all'interno del provvedimento, perché è finalizzato a predisporre un Fondo da utilizzare in particolare sul terreno della formazione nei confronti della piccola impresa. L'articolo 52, inoltre, è finalizzato al sostegno dei rappresentanti dei lavoratori territoriali e, quindi, a determinare quelle forme di presenza e di rappresentanza laddove ciò non vi sia all'interno delle imprese per la loro dimensione (quindi recuperarlo nella dimensione del territorio).
Questo confronto (in particolare sull'articolo 52) non ha ancora chiuso la fase della definizione, perché al di là delle posizioni delle parti sociali, ci sono oggettivamente alcune questioni di ordine tecnico-procedurale per l'attivazione del fondo che l'INAIL, che sta dando un contributo importante - anche perché è il soggetto presso il quale si dovrà costituire il Fondo e che quindi maggiormente avverte l'esigenza di definire procedure chiare - ha già approntato una proposta che è stata un'utile base di discussione, ma che deve essere ulteriormente approfondita al fine di addivenire ad un'intesa su un punto, ad avviso del Governo, strategico del testo unico.
Rispetto al testo unico credo sia opportuno evidenziare che siamo nella fase di chiusura dell'iter che ha già comportato l'emissione del decreto ministeriale del 3 dicembre del 2008, pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali n. 12 del 23 dicembre 2008, relativo all'istituzione e quindi alla designazione dei componenti della commissione consultiva per la salute e la sicurezza sul lavoro, alla quale come è noto sono riservate importanti competenze in materia. Si pensi alla predisposizione delle procedure semplificate per la valutazione dei rischi nelle piccole e medie imprese e all'individuazione dei criteri per la qualificazione delle imprese come elementi sufficienti a sottolinearePag. 59la rilevanza e l'importanza del ruolo che la commissione è chiamata a svolgere.
Aggiungo, altresì, un dato che credo sia significativo, ovvero la predisposizione del decreto relativo all'utilizzo delle somme del Fondo speciale infortuni per 5 milioni di euro. Il 70 per cento del Fondo verrà utilizzato per le attività di comunicazione e di informazione, mentre il 30 per cento per finanziamenti di progetti specifici in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.
Questi ultimi dati si riferiscono, in particolare, ad un altro provvedimento importante, che ha concluso finalmente il suo iter procedurale, con i diversi passaggi nella Conferenza unificata Stato, regioni e autonomie locali e nella Conferenza Stato-regioni, ed è già stato registrato presso la Corte dei conti.
Mi riferisco al provvedimento relativo all'utilizzo di 50 milioni di euro, ripartiti tra regioni e Governo nazionale, che rappresentano un investimento significativo, di grande importanza e rilievo, anche dal punto di vista della dimensione, proprio sul terreno esclusivamente della comunicazione e dell'informazione. In tal senso, aggiungo che è stato già stipulato tra le regioni ed il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un protocollo di intesa, in attesa di ratifica da parte della Conferenza Stato-regioni, per l'attivazione di progetti sperimentali in tema di salute e sicurezza sul lavoro nelle scuole, finanziati a carico del PON del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Segnalo, inoltre, che insieme all'INAIL, alle regioni, all'ISPESL e all'Ipsema, il Ministero è impegnato nella costruzione del sistema nazionale informativo integrato, al fine di condividere metodi di acquisizione e sistematizzazione delle informazioni e delle relazioni tra operatori, INAIL, regioni e servizi di prevenzione delle ASL, per orientare azioni ed interventi per la prevenzione sul lavoro. Aggiungo, altresì, che, per favorire l'efficienza dell'attività dei rispettivi uffici in materia di contrasto al fenomeno infortunistico, d'intesa con le regioni, è stato promosso un protocollo in materia di vigilanza e, con una direttiva del 23 settembre scorso, sono state fornite specifiche indicazioni agli organi periferici del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, affinché operino in stretto e costante collegamento con le ASL, dando priorità alle verifiche sugli appalti illeciti.
Nel mese di novembre, inoltre, è partita la seconda edizione del progetto europeo «Alleggerisci il carico», la campagna di comunicazione e di ispezione sulla movimentazione manuale dei carichi, promossa dal Comitato degli alti responsabili dell'ispettorato del lavoro (CARIL).
L'iniziativa ha riguardato il settore delle costruzioni, dove la percentuale di operazioni di movimentazione manuale dei carichi è molto alta e, quindi, è molto elevato il rischio di patologie muscolo-scheletriche, e ha avuto diffusione sul sito del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e sulla rete radiofonica della RAI.
Iniziative proporzionali in materia di sicurezza, infine, sono state effettuate dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, che, in qualità di focal point italiano nel network informativo dell'Agenzia europea per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, gestisce il sito web e organizza e coordina il network nazionale di tutte le sorgenti informative, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. L'INAIL, per quanto di competenza, ha reso noto, inoltre, di aver adottato un piano di settore per contrastare il fenomeno infortunistico.
Tali linee di intervento evidenziano uno sforzo di cooperazione interistituzionale, che è una scelta importante per massimizzare l'efficacia e la dimensione degli interventi. Credo di aver tratteggiato alcune risposte, nella consapevolezza che, su questi temi, il lavoro che si determina non basta mai. Tuttavia, in risposta all'interpellanza, credo di poter concludere che, proprio sul terreno dell'informazione e della formazione per la diffusione della cultura della sicurezza, sono stati compiuti, nel corso di questi mesi, considerevoli passi avanti.

Pag. 60

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, ho seguito con molta attenzione l'intervento del sottosegretario e, naturalmente, leggerò con ancora maggiore attenzione la sua risposta, per ricavare da essa gli elementi conoscitivi sullo stato dell'arte delle relazioni del Governo con i mondi dell'impresa e del lavoro.
Devo dire che, mentre mi dichiaro soddisfatto per quanto attiene alla sua puntuale elencazione degli elementi di confronto, sia per quanto riguarda le modifiche al testo unico sia per quanto riguarda l'attivazione della commissione consultiva sui temi della sicurezza sul lavoro, ho qualche elemento di rammarico in ordine all'esigenza, che avevamo comunque puntualizzato, di valutare attentamente il processo che voi come Governo, ma noi come Parlamento, abbiamo discusso in questi mesi. Infatti, le semplificazioni, certamente motivate dall'esigenza di togliere lacci e lacciuoli, non dovrebbero mai scontare una difficoltà o un peso per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro.
Da una parte, quindi, riconosco che vi è stata sicuramente un'azione di coinvolgimento per la ricerca, come lei ha testé detto, di un comune avviso sia sulle modifiche del testo sulla sicurezza sia, soprattutto, sulle azioni (come lo stanziamento specifico di 50 milioni per l'informazione, la formazione e così via) che vanno nella direzione di creare strumenti più incisivi per la garanzia della sicurezza e anche, mi auguro, per una battaglia più severa sul lavoro nero.
Credo, però, che su questi temi dobbiamo operare alla luce delle esperienze e, ahimè, dei dati che continuano ad essere drammatici, perché come lei sa, signor sottosegretario, già nel 2009 abbiamo dieci vittime sul lavoro e ci sarà certamente qualcosa di imponderabile che sfugge anche alla migliore azione di prevenzione, di assistenza e di formazione.
Concludo questa breve riflessione dicendo che, su questo tema, dobbiamo essere più incisivi. Riteniamo che il tavolo che è stato istituito e che ha operato da ottobre ad oggi debba coniugare effettivamente in termini assolutamente efficaci sia la tutela del lavoro sia le esigenze di flessibilità e di agibilità delle nostre imprese.
Abbiamo la sensazione che lo sviluppo delle iniziative che dobbiamo intraprendere per quanto riguarda, invece, l'informazione e la formazione, sia ancora un percorso che mi auguro, torno a dire, con le risorse messe a disposizione, possa fare quel salto di qualità che renda effettivamente possibile la percezione del tema della sicurezza non come una questione di parte, ma come una questione che attiene ad uno dei patrimoni, forse il patrimonio più importante che abbiamo nel nostro Paese, ossia la capacità di lavoro dei nostri concittadini.
Per questo, ringrazio per l'attenzione e l'impegno che il Governo ha dimostrato finora, ma auspichiamo - e adotteremo anche delle iniziative in merito - che questo lavoro diventi ancora più incisivo, affinché il nostro Paese possa effettivamente trovare una risposta, anche qui, armonica con l'Europa ed avere un tasso di incidentalità almeno nella media europea.

(Elementi in merito all'esistenza di un archivio contenente dati sensibili predisposto da Gioacchino Genchi, consulente tecnico dell'ex pubblico ministero di Catanzaro Luigi De Magistris - n. 2-00251)

PRESIDENTE. L'onorevole Ferranti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Tenaglia n. 2-00251, concernente elementi in merito all'esistenza di un archivio contenente dati sensibili predisposto da Gioacchino Genchi, consulente tecnico dell'ex pubblico ministero di Catanzaro Luigi De Magistris (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmataria.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, illustrerò la nostra interpellanza con poche parole, perché la stessa, in maniera sintetica ma incisiva, è riportata per iscritto.Pag. 61
Questa interpellanza ha origine da notizie riportate da diversi organi di informazione, emerse anche all'esito di alcune audizioni del Consiglio superiore della magistratura che sono sempre state ugualmente riportate dagli organi di stampa, che hanno riferito addirittura dell'esistenza di un archivio elaborato da Gioacchino Genchi, consulente tecnico del magistrato Luigi De Magistris all'epoca in cui svolgeva le funzioni di pubblico ministero a Catanzaro.
Anche se è noto come lo sviluppo di tabulati possa essere oggetto di consulenza tecnica da parte del pubblico ministero, i numeri e gli elementi forniti dagli organi di informazione sono sicuramente qualcosa di abnorme, perché si parla di 578 mila «anagrafici», cioè utenze telefoniche e indirizzi, tra cui quelli di parlamentari, capi dei servizi segreti, delle Forze armate ed altri personaggi; ma, a parte la qualifica delle persone che sono state individuate, è importante l'insieme dei legami e il numero delle persone controllate (pari a circa 392 mila) e dei tabulati acquisiti (1.436). Si parla di un vero e proprio archivio, in cui sarebbero stati schedati dati sensibili di migliaia di cittadini italiani, e tale notizia ha destato allarme e preoccupazione.
Sia pure nella consapevolezza (se tutto ciò risponde a verità) che si tratta di dati che attengono ad indagini e quindi verisimilmente coperti dal segreto investigativo, abbiamo comunque ritenuto opportuno rappresentare questo fatto al Ministro poiché lo stesso ha i poteri che gli competono, come organo primo titolare dell'azione disciplinare e di ispezione presso gli uffici giudiziari. Ciò al fine di valutare ed accertare se è vero che esiste un archivio di tale portata (senza entrare nel merito dei contenuti), il cosiddetto archivio Genchi, e se tale archivio si sia formato nell'ambito di uno o più procedimenti penali.
Chiediamo, inoltre, di sapere se tale archivio venga custodito dal Genchi, oppure se invece faccia parte di un allegato a un procedimento penale e, in caso affermativo, a quale procedimento si riferisce (non ci interessano ovviamente gli indagati, ma solo se è qualcosa che è annesso a tale procedimento).
Vorremmo, inoltre, sapere nell'ambito di quali indagini e per il perseguimento di quali reati tale archivio è stato creato, e soprattutto se sia stata rispettata la normativa che riguarda tutti gli archivi, soprattutto le banche dati concernenti i dati personali e riservati tenuti da un privato.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo ha facoltà di rispondere.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti riferiscono di avere appreso dagli organi di informazione dell'esistenza di un archivio nel quale sarebbero stati schedati i dati sensibili di migliaia di cittadini italiani. Tale archivio, sempre secondo quanto segnalato, sarebbe riconducibile all'operato del dottor Gioacchino Genchi, nominato dall'ex procuratore di Catanzaro, dottor De Magistris, come consulente tecnico in alcune sue indagini.
Dagli elementi informativi acquisiti tramite le competenti articolazioni ministeriali è emerso che il procuratore generale della Repubblica di Catanzaro ha più volte segnalato, con note indirizzate a vari uffici, i presunti abusi asseritamente commessi dal dottor Genchi nell'espletamento dell'incarico di consulente, e consistenti nell'indebita acquisizione di dati relativi al traffico telefonico di numerose persone non indagate in alcun procedimento penale.
Secondo quanto comunicato dal procuratore generale di Catanzaro, tale banca dati consisterebbe in 578 mila record anagrafici processati ed in 1.402 tabulati correlati ai cosiddetti processi Why Not e Poseidone (delle cui indagini era titolare il pubblico ministero De Magistris, prima dell'avocazione da parte della procura generale di Catanzaro), per prevedibilmente ben oltre un milione di contatti telefonici, riguardanti parlamentari, ministri, magistrati, istituzioni, persino servizi segreti.Pag. 62
Limitatamente alla posizione del consulente Genchi, ed alla attività da lui svolta su incarico del pubblico ministero dottor De Magistris, si comunica che la procura generale della Cassazione ha esercitato tre azioni disciplinari nei confronti del predetto magistrato, contestando a quest'ultimo, in data 6 dicembre 2007, in data 21 aprile 2008 ed in data 7 settembre 2008, gli illeciti disciplinari di cui agli articoli 1 e 2, comma 1, lettere g) e ff) del decreto legislativo n. 109 del 2006.
Al suddetto magistrato, che all'epoca dei fatti esercitava le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro, è stato contestato di avere emesso in data 20 aprile 2007 - in violazione di legge e con grave ed inescusabile negligenza - un decreto di acquisizione dei dati di traffico relativi ad un'utenza intestata alla Camera dei deputati ed in uso ad un parlamentare, senza avere preventivamente richiesto l'autorizzazione alla Camera di appartenenza, prevista dall'articolo 4 della legge 20 giugno 2003, n. 140, per l'adozione di decreti di acquisizione dei tabulati di comunicazione.
Al predetto sostituto procuratore è stato contestato, inoltre, di avere conferito al consulente tecnico Genchi un incarico che implicava accertamenti e valutazioni (quali raccolta di dati, gestione dei dati stessi, loro lettura processuale) del tutto estranei ai compiti istituzionali dell'ausiliario, fissati dall'articolo 359 del codice di procedura penale e dai principi generali del sistema processuale, nonché di avere illegittimamente acquisito ed utilizzato - nell'ambito dei procedimenti penali nn. 1330/04, 1217/05, 2057/06 e nel procedimento contro ignoti n. 5104/07 - i tabulati delle conversazioni telefoniche di alcuni parlamentari ed i tabulati contenenti i dati del traffico telefonico dell'utenza in uso all'onorevole Giancarlo Piattelli, che erano stati tutti messi a sua disposizione dal consulente tecnico Gioacchino Genchi.
Subito dopo l'avocazione del procedimento cosiddetto «Why not», i carabinieri dei ROS, su disposizione dell'avvocato generale facente funzioni presso la corte di appello di Catanzaro, hanno provveduto a ritirare a Palermo la banca dati in questione dall'archivio del consulente tecnico Genchi.
Allo stato, si rappresenta che la procura generale di Catanzaro ha riferito di essere tuttora intenta a valutare le finalità e le ipotesi di reato alle quali si collegano i provvedimenti di autorizzazione all'acquisizione dei predetti dati.
Per quanto riguarda, poi, la disciplina dettata per l'eventuale costituzione di banche dati, occorre fare riferimento all'articolo 23 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (il cosiddetto codice della privacy), nel quale è previsto che «il trattamento dei dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell'interessato».
Tra i dati personali richiamati dalla norma in questione rientrano anche i dati relativi al traffico telefonico, essendo i predetti dati personali definiti dall'articolo 4 del codice come «qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale».
A tale proposito, appare opportuno evidenziare che la tenuta di banche dati in violazione delle norme previste dal codice della privacy, ivi compresa la necessità di richiedere il consenso degli interessati, è punita, ai sensi dell'articolo 167 dello stesso codice, con la reclusione da sei a diciotto mesi, ove il fatto sia commesso «al fine di trarre per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno».
Ne consegue che l'utilizzazione di dati acquisiti nel corso di una consulenza tecnica, al di fuori del procedimento nel cui ambito quella consulenza è stata espletata, è legittimo soltanto in virtù di provvedimenti dell'autorità giudiziaria e nel rispetto delle regole dettate in materia dal codice di rito.
Il consulente Genchi non può, quindi, disporre liberamente dell'archivio dati inPag. 63suo possesso, ed è tenuto al segreto di ufficio al pari di qualsiasi altro tecnico.
A solo titolo di completezza, si fa presente, inoltre, che gli accertamenti preliminari, di recente delegati dal Guardasigilli all'ispettorato generale per accertare i contrasti insorti tra la procura di Salerno e la procura di Catanzaro, non riguardano nello specifico la questione dei dati telefonici acquisiti dal dottor Genchi nell'espletamento dell'incarico di consulenza per la procura di Catanzaro.
Al momento, tali fatti risultano essere parte di un'indagine in corso e sono coperti, pertanto, dal segreto investigativo.

PRESIDENTE. L'onorevole Ferranti ha facoltà di replicare.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la completezza delle informazioni che ha ritenuto di poter fornire. Da ciò che emerge, è comunque preoccupante il dato del numero di utenze che sono state elaborate. Da quello che mi è parso di capire, ma leggerò meglio la risposta scritta del sottosegretario, mi sembra di comprendere che ancora non si sia accertata la finalità della ricostruzione di circa un milione di utenze appartenenti a personaggi vari non indagati, sulla quale sarebbe stata richiesta una consulenza nell'ambito di un procedimento penale ancora coperto da segreto istruttorio.
L'altro aspetto che mi sembra ancora non sufficientemente sviluppato - può darsi che la lettura mi consentirà di capire meglio le espressioni utilizzate dal sottosegretario - concerne l'esito dei procedimenti disciplinari riguardanti il magistrato De Magistris. Mi sembra di aver capito che, da una parte, vi è stata la contestazione di incolpazioni disciplinari riguardanti l'illecita utilizzazione di utenze e di dati relativi ad utenze di parlamentari, dall'altra, non mi sembra però che nulla sia stato contestato - se ho ben capito - per lo sviluppo di un tal numero di utenze e, quindi, per la costituzione di un archivio di tal fatta.
Invito il sottosegretario a indicare agli organi competenti del Ministero la valutazione complessiva, anche all'esito di quelle indagini di investigazione, per capire l'esito di quei tre provvedimenti disciplinari di cui mi pare uno solamente sia giunto a conclusione, mentre gli altri sono ancora pendenti.
Fermo restando che il dottor Genchi è tenuto al segreto e non può utilizzare i dati che sono stati ritirati, sicuramente in copia, dal ROS di Palermo, è preoccupante che tutti questi dati, comunque acquisiti, risultino in possesso di un privato. Francamente non conoscendosi, allo stato, la genesi della formazione di questa banca dati, tutto ciò ci spaventa.

(Iniziative per la riapertura e la messa in sicurezza della strada statale 272 in prossimità del comune di San Marco in Lamis (Foggia), in relazione a recenti eventi calamitosi - n. 2-00257)

PRESIDENTE. L'onorevole Cera ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00257, concernente iniziative per la riapertura e la messa in sicurezza della strada statale 272 in prossimità del comune di San Marco in Lamis (Foggia), in relazione a recenti eventi calamitosi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANGELO CERA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, le forti piogge dell'inizio del mese di dicembre hanno causato in Puglia, ed in particolare sul Gargano, straripamenti di fiumi, frane e smottamenti che hanno creato non poche difficoltà. Fra queste, credo che la prima e la più importante sia quella che si è verificata all'ingresso di San Marco in Lamis (cittadina di 16 mila anime) sulla statale 272, al chilometro 21,900, che ha visto smottare e scivolare un costone della stessa strada all'interno del torrente Iana. Questo torrente, che diventa pericolosissimo al verificarsi di piogge alluvionali, è stato, a sua volta, aiutato nel suo pericoloso percorso da innumerevoli fiumiciattoli scolmatori che scendono dalla montagna.Pag. 64
San Marco in Lamis tra l'altro si trova in una vallata. Lo Jana ha portato quindi via una parte di questo costone e rende irraggiungibile San Marco in Lamis soprattutto ai pullman, agli autocarri e, in genere, a mezzi di grossa portata per i quali è quindi precluso l'ingresso nel paese. La strada è importantissima. Si tratta della via Sacra Longobardorum che porta i pellegrini provenienti dal nord a San Giovanni Rotondo, la cosiddetta «Strada dei conventi», con la quale arrivano ogni anno a San Giovanni Rotondo centinaia di migliaia, se non di milioni, di pellegrini.
Oggi, a seguito di questa frana, San Giovanni Rotondo è raggiungibile solo percorrendo strade alternative, che causano un allungamento di circa 40-50 chilometri seguendo un percorso tortuoso e anche pericoloso. Inoltre, a parte la presenza del santo con le stimmate, San Giovanni Rotondo ospita uno dei più grandi ospedali d'Italia, con millecinquecento posti letto, e si tratta di uno dei fiori all'occhiello della sanità italiana. Tale sede dunque diventa irraggiungibile se il malato deve arrivare da San Severo o dall'Adriatica.
La strada statale n. 272, è una delle più frequentate della nostra regione Puglia. Volevo dire al signor rappresentante del Governo che l'ANAS se ne è sempre, per così dire, «strapicciata» di questa strada pur in presenza di migliaia di veicoli che giornalmente la percorrono. Il tratto stradale che è scivolato a valle, quello franato, è stato qualche tempo fa consegnato dall'ANAS al comune di San Marco in Lamis. È un tratto che serve solo i cittadini di San Marco in Lamis, come fatto terminale, ma non riguarda la parte nevralgica della cittadina; a tutti gli effetti, questa strada serve solo ed essenzialmente utenti dell'ANAS. Per cui è l'ANAS, indipendentemente dal fatto che la strada è stata consegnata al comune, che ha l'obbligo morale di intervenire su tale arteria stradale per rimettere in moto un meccanismo virtuoso, in modo tale da ripristinare quelle occasioni di sviluppo legate al turismo religioso, all'ospedale di San Giovanni Rotondo, al Parco nazionale del Gargano, alla via sacra dei conventi e a Monte Sant'Angelo. L'ANAS - lo ripeto - ha il dovere morale di ripristinare questa strada in relazione alla quale espleta il massimo del servizio.
Noi chiediamo l'intervento del Governo e, in modo particolare, quello dell'ANAS, considerato inoltre che il comune di San Marco in Lamis è fortemente indebitato. Qualche giorno fa il consiglio comunale ha chiesto alla Cassa depositi e prestiti un mutuo per pagare i debiti, per cui non ha soldi per intervenire. L'arteria deve essere immediatamente rimessa in funzione per ripristinare il traffico veicolare di autobus verso San Giovanni Rotondo e verso l'ospedale. Conseguentemente, chiediamo al Governo che sia l'ANAS ad intervenire sul tratto stradale franato. Lo chiediamo perché - insisto - è l'ANAS il gestore principale di questa tratto di strada che, pur passando da San Marco in Lamis, contestualmente serve pochissimo tale paese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in merito a quanto richiesto riguardo al dissesto idrogeologico riverificatosi nel Comune di San Marco in Lamis che ha interessato un tratto della strada statale n. 272, classificato come traversa interna al comune, pur premettendo che qualsiasi tipo di intervento inerente i tratti stradali così qualificati ricade nelle competenze dell'amministrazione comunale, si rappresenta quanto segue.
Il territorio dell'abitato di San Marco in Lamis entra nei territori di competenza dell'Autorità di bacino interregionale della Puglia, che ha approvato il Piano stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI). Su detto territorio l'autorità di bacino ha perimetrato un'estesa zona classificata a pericolosità geomorfologica «moderata e bassa» e ha classificato l'asse viario a rischio medio-basso. In particolare, ai sensi delle norme tecniche di attuazione del PAI,Pag. 65l'area non risulta sottoposta a regimi di tutela elevati.
Il dissesto verificatosi in occasione degli eventi meteorici nel mese di dicembre 2008, che ha provocato un parziale cedimento di un tratto di 20-30 metri della strada a mezza costa che collega San Severo a San Marco in Lamis, è stato causato dal cedimento di un muro a secco per il sostegno del rilevato stradale in quel punto. Pertanto, il dissesto stradale, che ha interessato solo la fascia esterna della carreggiata, sembra non sia stato causato da un fenomeno franoso o di erosione al piede del versante.
Intanto, il comune ha provveduto ai primi interventi di segnaletica e di riduzione della carreggiata, con scorrimento a senso alterno, e ha predisposto un progetto di intervento per il sostegno del rilevato stradale, interessando anche la Regione. Sul territorio del comune, in passato, sono stati realizzati alcuni interventi di protezione spondale e di sostegno dei versanti lungo il torrente Jana, finanziati con fondi comunitari, che non hanno riguardato, però, il tratto in questione, posto in prossimità dell'abitato.
Per l'annualità 2008 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha già programmato e attivato interventi urgenti per la prevenzione del dissesto idrogeologico, selezionati da numerose richieste di interventi pervenute anche dagli enti locali. Nello stesso anno, però, dal comune di San Marco in Lamis non sono pervenute richieste di interventi per la prevenzione di fenomeni franosi riguardanti il tratto stradale in questione.
Si rammenta, inoltre, che nel 2006, con decreto ministeriale del 3 novembre 2006, il Ministero ha finanziato un intervento di manutenzione del canale tombato, che rappresenta l'impluvio del torrente Jana, in corrispondenza dell'abitato, e le eventuali economie che si realizzeranno da detto intervento potrebbero essere utilizzate, previa autorizzazione del Ministero dell'Ambiente, per gli interventi di protezione dall'erosione spondale delle opere di sostegno del rilevato stradale che andranno a realizzarsi.

PRESIDENTE. L'onorevole Cera ha facoltà di replicare.

ANGELO CERA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per avermi dato una risposta che però non ritengo assolutamente esaustiva. Intanto non si possono aspettare tempi lunghi: la n. 272 è una strada importantissima per il traffico automobilistico e soprattutto per la percorrenza verso San Giovanni Rotondo, Monte Sant'Angelo e Manfredonia. È quasi la strada più percorsa della Puglia; escludendo le superstrade, la strada che porta a San Giovanni Rotondo è la più importante.
Non possiamo prevedere tempi lunghi in quanto non è possibile spostare tutta la popolazione di autobus che arrivano su San Giovanni Rotondo su percorsi alternativi che allungherebbero di gran lunga il tragitto per San Giovanni Rotondo e per l'ospedale. Non si può allungare la strada, per chi arriva dal nord, di 40 chilometri all'andata e 40 chilometri al ritorno. In un momento in cui San Giovanni Rotondo sta attraversando un periodo di crisi economica non di poco conto con alberghi che hanno difficoltà di sopravvivenza e soprattutto perché la strada statale n. 272, lo ripeto, è una delle più importanti per l'economia turistica dell'intero Gargano che porta a Vieste, alla Foresta Umbra, al Parco nazionale del Gargano.
L'ANAS - insisto - è stata sempre inadempiente; è stata latitante nei confronti della statale 272; nei confronti di questa strada è stata quasi eversiva in quanto moltissimi incidenti che sono avvenuti su questa strada possono essere tranquillamente riferibili alle irresponsabilità dell'ANAS che sul tratto San Marco in Lamis-San Giovanni Rotondo-San Severo non è mai intervenuta attraverso alcun tipo di intervento.
Pertanto, chiediamo al Governo di ripristinare la strada, per far sì che le zone del Gargano siano servite in tempo utile. Stiamo parlando dell'ospedale civile di San Giovanni Rotondo: un malato che arriva aPag. 66San Giovanni Rotondo da Termoli, dal Molise, non può percorrere 40 o 50 chilometri in più per una via alternativa.
Tutto è collegato a questi aspetti, che riteniamo fondamentali, anche perché l'intervento - visto e considerato che il sottosegretario parla di 30 metri di muro a secco ceduto - per lo Stato può non costituire nulla, ma per un comune dissestato, come è quello di San Marco in Lamis, ciò può costituire un lunghissimo tempo, nel quale noi verremmo cancellati come zona interessata da ogni tipo di passaggio (si può passare solo con una piccola macchinina, non più con pullman o autoambulanze). Pertanto, percorsi alternativi portano a perdite di tempo, malati che muoiono in autoambulanza.
Dunque, va operato un intervento urgente, trattandosi tra l'altro, così come detto dal sottosegretario, di interventi che costano poco. Tuttavia, è un intervento che il comune di San Marco, comune dissestato, non può effettuare in questo momento. Pertanto, chiedete all'ANAS, perché è l'ANAS che ne usufruisce: se fossi il sindaco di San Marco in Lamis farei un'ordinanza e non farei più passare l'ANAS!

(Orientamenti del Governo in materia di class action - n. 2-00254)

PRESIDENTE. L'onorevole Monai ha facoltà di illustrare l'interpellanza Di Pietro n. 2-00254, concernente orientamenti del Governo in materia di class action (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

CARLO MONAI. Signor Presidente, cari colleghi, membri del Governo, intervengo perché con il primo firmatario della interpellanza in questione, l'onorevole presidente Di Pietro, abbiamo sollecitato una riflessione in merito a quell'azione collettiva risarcitoria di cui da anni si parla in queste aule e non solo e che, per l'ennesima volta, il Governo ha ritenuto di procrastinare con il «decreto milleproroghe» adottato lo scorso 19 dicembre.
Per la verità, l'entrata in vigore di questo istituto della class action, che introduceva l'articolo 141-bis nel codice del consumo, secondo un modello ben noto e collaudato nelle pratiche anglosassoni, era stata già, con un primo provvedimento (il decreto-legge n. 112 del 2008), differita di sei mesi (originariamente era prevista dalla legge finanziaria per il 2008 allo scadere del sesto mese, il 30 giugno). Adesso vi è questo ulteriore differimento, che se vogliamo può anche essere accettabile, a fronte della considerazione che presso la Commissione giustizia della Camera si sta approfondendo l'esame di ben tre proposte di legge, una di queste a firma dell'onorevole Di Pietro, che hanno il pregio di dare maggiore sistematicità e maggior dettaglio alla configurazione di questo istituto che, essendo un istituto di common law, presenta difficoltà operative per essere calato sic et simpliciter nell'ordinamento italiano, che non ha le stesse modalità di esplicazione giudiziaria e di diritto sostanziale.
Chiediamo se questo fosse l'intendimento del Governo, cioè quello di rispettare il lavoro del Parlamento e la dialettica che in quest'Aula si sta consolidando su questo importante provvedimento, che ricordo è in linea con una serie di interventi europei già dal 1998 (ricordo la direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo, ma anche la decisione del Consiglio del 19 maggio 1998, che appunto esprimevano un auspicio ed un impegno verso gli Stati membri ad autorizzare l'azione in giudizio per conto di un gruppo di persone danneggiate dalla condotta di imprese o di autorità pubbliche, nell'erogazione di servizi o nella cessione di beni al consumo).
In particolare, questa normativa fa riferimento a tutta quella platea, molto diffusa, di interessi collettivi che oggi sono molte volte esposti a situazioni di danno e di pregiudizio per le quali è opportuno adottare un sistema di tutela generale, affidata magari alle associazioni dei consumatori e degli utenti, affinché il singolo consumatore o il singolo utente non siano abbandonati a se stessi e non vedano pregiudicati i propri diritti e interessiPag. 67rispetto a una rete di relazioni molto più strutturata che porta alle multinazionali e a società ed imprese di difficile aggressione nel momento in cui la patologia dei rapporti contrattuali innesca delle situazioni di danno diffuso.
Vorremmo capire quale finalità abbia il provvedimento di proroga da questo punto di vista. Siamo molto preoccupati per ciò che abbiamo letto in un'ANSA del 19 dicembre scorso; essa faceva riferimento alla dichiarazione del Presidente del Consiglio Berlusconi rilasciata all'indomani della decisione del Consiglio dei ministri di prorogare ulteriormente l'entrata in vigore di tale normativa. Il Presidente del Consiglio avrebbe dichiarato che in Italia giammai entrerà in vigore una class action, né ora né mai. Vorremmo, quindi, capire se queste proroghe altro non sono che il tentativo di svuotare di contenuti o di portare alle calende greche l'introduzione di questo istituto o se (come auspichiamo) esse sono legate al rispetto istituzionale che va dato al lavoro della Camera che, come ricordavo, ha al suo esame l'approvazione di un disegno di legge più articolato e dettagliato su questa materia.
Penso che in questi termini una risposta del Governo sia necessaria e mi auguro che tale risposta sia chiara, soprattutto in merito ad alcuni dei punti che la nostra interpellanza urgente vuole sottoporre all'esame del Governo; in particolare, ad esempio, se non si ritenga opportuno che la platea dei soggetti a cui si riconosce la potestà dell'iniziativa di una class action possa essere ampliata: pensiamo, ad esempio, ai comitati o alle situazioni di crack finanziari quali quelli quelle di Parmalat o di Cirio che hanno creato fortissime sperequazioni nell'ambito del risparmio che (lo ricordo) è un istituto tutelato anche dalla Costituzione repubblicana. Tale dato dovrebbe essere superabile se non fosse prevista l'irretroattività della normativa che prevede la decorrenza dal luglio 2008 delle possibili azioni di risarcimento del danno.
Allo stesso modo, è auspicabile una diversa regolamentazione degli effetti interruttivi delle prescrizioni. Attualmente la norma quale è concepita e alla cui entrata in vigore non abbiamo ancora assistito prevede che l'effetto interruttivo della prescrizione operi esclusivamente nei confronti dei ricorrenti o di coloro che nell'ambito del giudizio, anche in grado di appello, decidono di aderire alla class action, all'azione collettiva risarcitoria. Ebbene, è forse opportuno che questo effetto interruttivo della prescrizione giovi a tutti i consumatori e utenti che si trovino nella stessa situazione. Ricordo che vige una norma del codice civile che a proposito delle obbligazioni solidali sancisce il vantaggio dell'effetto interruttivo della prescrizione anche nei confronti del creditore solidale. Non ritengo pertanto che sarebbe una forzatura quella di riportare un parallelismo tra questa norma e quella relativa alla class action.
Ancora, è forse necessaria una maggiore pregnanza dell'istituto dell'ammissibilità dell'azione che è già demandato al tribunale del luogo dove risiede l'impresa convenuta; esso potrebbe essere maggiormente articolato e differenziato in modo tale che sulle small claims, le piccole azioni aventi contenuti economici molto modesti che riguardano una platea di consumatori, ci possa essere una effettiva rispondenza tra costi e benefici, ed evitare, viceversa, che su queste possibili armi di difesa del consumo si innestino strumentalizzazioni a tutto danno del sistema economico nel suo complesso.
Quindi vorremmo che fossero chiariti questi aspetti e ci riserviamo di intervenire in sede di replica alle risposte che il rappresentante del Governo vorrà darci.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Ugo Martinat, ha facoltà di rispondere.

UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con la legge 6 agosto 2008, n. 133, all'articolo 36 ha prorogato al lo gennaio 2009 l'entrata in vigore della disciplina che introduce, nell'ordinamento giuridico italiano, l'azione collettiva risarcitoriaPag. 68di cui all'articolo 140-bis del codice di consumo.
Il Governo, tuttavia, ritenendo di dover consentire alle parti interessate e, in particolare, alle associazioni di rappresentanza dei consumatori un più ampio confronto, anche al fine di accogliere talune istanze già avanzate in passato dalle medesime, con il decreto-legge di proroga dei termini 30 dicembre 2008, n. 207, all'articolo 19 ha stabilito la proroga dell'entrata in vigore della citata norma al 1o luglio 2009.
Il differimento dell'entrata in vigore della norma di cui all'articolo 36 della legge sopra citata, oltre che per i motivi già evidenziati, si è resa essenziale per assicurare agli uffici giudiziari una migliore organizzazione della gestione del futuro contenzioso e per un migliore andamento dell'amministrazione della giustizia, allo scopo di evitare distorsioni applicative che potrebbero essere pregiudizievoli sia per gli utenti e consumatori che per le imprese.
Tale proroga, si è resa necessaria anche per poter procedere a una migliore individuazione e coordinamento di specifici strumenti di tutela risarcitoria collettiva e individuare, inoltre, disposizioni processuali ispirate alla concentrazione delle controversie in alcuni tribunali, alla semplificazione e all'accelerazione del rito, oltre che per una celere liquidazione degli eventuali importi risarcitori.
Il Governo su iniziativa di questo Dicastero, in data 23 dicembre 2008 ha, quindi, presentato uno specifico emendamento al disegno di legge per lo sviluppo economico attualmente in discussione al Senato (A.S. 1195). Tale emendamento riprende i punti sopra evidenziati ed introduce una disciplina che estende retroattivamente l'applicazione della nuova normativa agli illeciti compiuti successivamente al 30 giugno 2008 tenendo, quindi, conto del termine originariamente previsto, per l'entrata in vigore dell'azione collettiva prevista dall'articolo 140 bis del codice di consumo.
Ciò precisato, si segnala che con il disegno di legge recante delega al Governo per l'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico (A.S. 847), in corso di approvazione presso il Senato della Repubblica, il Governo ha voluto introdurre specifiche disposizioni per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori nei confronti della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi.
Tali disposizioni normative sono state oggetto, in sede di esame in Commissione affari costituzionali del Senato, di un dialogo costruttivo con l'opposizione che ha portato a condividere la scelta di introdurre, nell'ambito del predetto disegno di legge, e segnatamente all'articolo 3, una norma specifica in materia di class action.
Il citato articolo 3, approvato il 17 dicembre dal Senato con il voto favorevole dell'opposizione, prevede mezzi di tutela giurisdizionale attivabili nel caso in cui le amministrazioni ed i concessionari di servizi pubblici, si discostino dagli standard qualitativi ed economici fissati o violino le norme preposte al loro operato.
In tal caso la richiamata norma stabilisce che, nell'esercizio della delega, il Governo introduca disposizioni nel rispetto di alcuni criteri generali tra i quali il riconoscimento del diritto ad intraprendere l'azione collettiva anche ad associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati.
Per quanto attiene ai tempi previsti per l'operatività di tale strumento di tutela, si precisa che i decreti legislativi di attuazione del citato disegno di legge saranno sottoposti all'esame ed all'approvazione del Consiglio dei ministri entro nove mesi dall'entrata in vigore della legge delega e che gli eventuali decreti correttivi potranno essere emanati entro i successivi ventiquattro mesi.

PRESIDENTE. L'onorevole Monai, ha facoltà di replicare.

CARLO MONAI. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Martinat per questa risposta che in parte sgombra, almeno alle apparenze, le perplessità che si erano addensate su questo intervento e su questo istituto, come ricordavo, dalle dichiarazioniPag. 69del Premier Berlusconi del 19 dicembre 2008. Evidentemente, melius re perpensa il Governo si sta orientando a non eludere quelle direttive comunitarie cui ho accennato, proprio perché vi è un'esigenza molto diffusa e radicata all'interno della nostra società complessa a che questi diritti e questi interessi diffusi non vengano abbandonati all'iniziativa del singolo, ma la loro tutela venga garantita con lo strumento, appunto, dell'azione collettiva.
Vedo anche favorevolmente l'introduzione, nell'ambito della pubblica amministrazione, di analoghe forme di tutela e ricordo che la stessa proposta dell'onorevole Di Pietro, in qualche modo, introduceva un elemento teso a garantire una maggiore efficienza nei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni verso il mondo dell'utenza e, da questo punto di vista, non posso che compiacermi del fatto che al Senato questo tipo di intervento abbia trovato una condivisione, anche da parte delle opposizioni.
Viceversa, mi sento di auspicare un ripensamento da parte del Governo anche in ordine a quella retroattività che è stata citata al 30 giugno del 2008 ma il cui termine iniziale, in realtà, ben potrebbe essere spostato, se è vero come è vero che ci sono sul tappeto delle situazioni conclamate di danno ai consumatori, agli utenti e ai risparmiatori, in particolare per quei crac così cospicui e terribili che hanno messo in ginocchio l'economia domestica di tanti piccoli investitori.
Da questo punto di vista ricordo che il Siti, il sindacato italiano per la tutela dell'investimento e del risparmio, si è fatto, sin dal luglio del 2006, promotore di un coordinamento tra le associazioni esponenziali di tutela di interessi collettivi specifici esclusi dal cosiddetto disegno di legge Bersani (in tale occasione questo provvedimento del Governo Prodi era ancora all'esame della Camera) il cui contenuto, peraltro, è stato recepito nella legge finanziaria del 2008 tramite emendamenti. Resta il fatto che, se è vero che l'auspicio è quello di una maggiore adeguatezza della norma alle esigenze delle associazioni dei consumatori, così come è stato evocato e giustificato, tuttavia ci aspettiamo che questo provvedimento di differimento dell'entrata in vigore abbia come sua stanza di discussione e di compensazione - relativa a tali dinamiche e interessi - non le «segrete stanze» del Governo ma le Commissioni competenti del Parlamento, davanti alle quali, come ricordo, questi provvedimenti si stanno articolando in un approfondimento molto proficuo e utile per il Paese.

(Interventi per prevenire possibili rischi dovuti a fenomeni di piena, con particolare riferimento al fiume Po - n. 2-00259)

PRESIDENTE. L'onorevole Bellotti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00259, concernente interventi per prevenire possibili rischi dovuti a fenomeni di piena, con particolare riferimento al fiume Po (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, parliamo della sicurezza del fiume Po, il fiume più importante d'Italia e tra i più importanti d'Europa. L'interpellanza urgente è stata sottoscritta da colleghi del nord Italia, provenienti da regioni attraversate da questo fiume, ma anche da numerosi altri colleghi, proprio per sottolineare che la questione dei caratteri principali della messa in sicurezza dei fiumi riguarda tutti. Questa interpellanza urgente assume una valenza di natura preventiva, di richiamo, di invito al Governo di pensare a cosa fare di meglio e di più rispetto a questo grande fiume che riguarda una della parti più importanti del nostro paese.
Esso riguarda un terzo della nostra popolazione, il 30 per cento degli insediamenti produttivi, un bacino idrogeologico composto da ventiquattro province, da 3200 comuni e con una estensione arginale superiore ai 3500 chilometri. Dopo le recenti esondazioni, lo straripamento dell'Aniene e i problemi che siPag. 70sono verificati anche a Roma si impongono alcune riflessioni di carattere assolutamente urgente. Siamo un Paese nell'emergenza: negli ultimi cinquant'anni abbiamo dovuto affrontare serie emergenze nel settore delle alluvioni. Si ricordino l'alluvione dell'Arno nel 1976, quella nel 1985 nella Val di Fiemme, nel 1987 quella dell'Adda, nel 1999 quella drammatica del fiume Tanaro in Piemonte per arrivare allo smottamento del Sarno e alle inondazioni del 2000 del Po.
Ciò denota una fragilità ambientale del nostro Paese molto forte, tra l'altro anche sancita per certi aspetti e certificata dal Ministero dell'ambiente che ha indicato aree a rischio nel 2,6 per cento del totale della superficie del nostro Paese. Quindi i punti critici sono tanti e tento di darne un'elencazione in maniera molto descrittiva e veloce: le zone golenali, i bacini di contenimento, il problema della messa in sicurezza degli argini (vi sono argini con bracci abbandonati usati spesso come terreni agricoli, ma in molti casi anche come immondezzai a cielo aperto).
Vi è anche una sorta di cultura, che in questi ultimi anni ha preso il sopravvento, che non è solo il rispetto dell'ambiente; in molti occasioni il vincolo paesaggistico non può sopravanzare l'effettiva sicurezza di questi bacini e territori. Vi sono punti del Po dove si può scavare, per la pulizia, ed altre, magari alla sponda opposta, dove le escavazioni sono per certi aspetti bloccate.
Pertanto, anche in questa occasione credo che il Governo abbia la necessità di fare il punto della situazione su problemi che riguardano la sicurezza di tutti. Provengo dal Polesine, che nel 1951 è stato reduce da un'alluvione pesantissima con centinaia di vittime, nonché una devastazione del territorio notevole.
Oggi fortunatamente questi aspetti sembrano superati, però è bastato un problema, anche recentemente (la questione del cuneo salino, quindi del mare che rientra dentro il fiume), per determinare ripercussioni pesantissime per l'agricoltura, non solo nell'immediatezza, ma anche nel futuro proprio per la contaminazione che il sale porta ai terreni.
Mi sono trovato in una riunione dove gli organi convocati per tentare di dare una risposta erano molteplici e alla presenza di una settantina di persone delegate. La presenza di settanta persone sicuramente denota che vi è partecipazione, ma altrettanto sicuramente sono poche le decisioni che possono essere prese sovrane.
Riferisco anche un altro fatto di cui sono stato protagonista nel 2000: di fronte ad una piena del Po di carattere molto preoccupante, che all'epoca è stata rilevata come addirittura superiore a quella della 1951, a Pontelagoscuro a Ferrara. Abbiamo atteso l'arrivo di un delegato dell'allora protezione civile che aveva la delega del Governo, nell'eventualità, anche di poter far brillare il ponte ferroviario sul Po per cercare di ridurre al minimo quelli che potevano essere gli effetti devastanti di un'alluvione in quel preciso momento.
La mia sensibilità, ma credo anche di coloro che sono stati con me coprotagonisti di tutto quel processo, mi ha portato a comprendere che, purtroppo, vi sono troppi organi che intervengono sulle questioni della sicurezza.
Oggi vigono leggi e normative, però non possiamo non constatare, ad esempio, un dualismo assolutamente forte tra l'Autorità di bacino e, in molti casi, l'AIPO. Quindi, chi decide e come vengono prese le decisioni, e con quale tempestività? Credo che le cronache odierne abbiano posto un accento assolutamente serio sulle questioni e credo che sia il caso che il Governo su questo si attivi per porre rimedio laddove, eventualmente, sussistano incertezze nelle procedure e dare una linea precisa di intervento su quello che credo sia il fiume più importante del nostro Paese. Inoltre, la messa in sicurezza del Po è assolutamente vitale per tutto l'intero comparto produttivo, nonché per una parte assolutamente importante della nostra Italia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.

Pag. 71

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in merito a quanto indicato e riguardante i lavori per la messa in sicurezza del fiume Po e, in particolare, segnalante la necessità di attivarsi con somma urgenza per effettuare lavori di escavazione dell'alveo del fiume Po al fine di impedire il verificarsi di possibili situazioni di rischio, si rappresenta quanto segue.
Negli anni, attraverso una serie di atti specifici, l'Autorità di bacino del fiume Po ha affrontato il problema in numerose occasioni e, dagli studi condotti, sono desumibili le seguenti considerazioni. La maggior parte del reticolo idrografico del bacino del fiume Po è costituita da corsi d'acqua alluvionali a fondo mobile ed alveo solo parzialmente vincolato, che scorrono sui propri sedimenti realizzando adattamenti morfologici in termini di dimensioni, forme, tracciato, pendenza al variare delle condizioni di regime liquido e solido e dei condizionamenti antropici presenti.
Il modellamento di tale alveo alluvionale avviene attraverso i fenomeni naturali di erosione del letto e delle sponde e di trasporto e deposizione di sedimenti. Spesso, tali fenomeni di modellamento, con particolare riguardo alla formazione e traslazione delle forme di fondo (sabbioni, ghiaioni), sono interpretati come fonte di potenziale pericolo per il territorio circostante la regione fluviale e oggetto, a volte erroneamente, specialmente in seguito agli eventi di piena, di consistenti interventi di ricalibratura delle sezioni trasversali nella maggior parte dei casi effettuati in via d'urgenza e senza una precisa e specifica conoscenza delle dinamiche fluviali in atto.
Il reticolo idrografico del bacino del Po, esaminato in base alla scala temporale del XX secolo, ha subito notevoli trasformazioni (variazioni altimetriche delle quote di fondo, variazioni di larghezza delle sezioni trasversali, variazioni morfologiche) in conseguenza principalmente alla forte pressione antropica manifestatasi a partire dagli anni Cinquanta ed identificabile in particolare con l'estrazione di inerti dagli alvei, la costruzione di sbarramenti fluviali (tipo dighe) e di opere di canalizzazione, l'urbanizzazione di molte aree di pertinenza fluviale.
I processi verificatisi con maggior frequenza lungo gran parte del reticolo idrografico, a partire dalla metà del secolo scorso, consistono in un generalizzato approfondimento delle quote di fondo medio degli alvei, con associati fenomeni di restringimento dell'alveo e di trasformazione in forme planimetriche monocursali più semplificate con disattivazione, per le portate minori, di numerosi rami laterali.
In seguito a tali modificazioni, molti corsi d'acqua presentano a tutt'oggi un forte carattere di instabilità morfologica con una tendenza evolutiva non sempre di facile individuazione e, comunque, tesa alla ricerca di una configurazione di maggior equilibrio dinamico. A riscontro di tale fenomeno di incisione si evidenziano i fenomeni di instabilità delle fondazioni dei ponti e delle opere di difesa idraulica, l'impossibilità di derivare da parte di numerose prese irrigue in seguito all'abbassamento dei livelli idrici di magra (a parità di portata) e la necessità di rifacimento di numerose conche di navigazione sul fiume Po.
Da quanto riportato, sia pure sinteticamente, si può concludere che effettuare escavazioni secondo il criterio della somma urgenza determina il rischio di realizzare interventi che, indipendentemente da ogni considerazione di carattere ambientale, provocherebbero inconvenienti maggiori dei benefici che si vorrebbero ottenere.
In realtà, l'escavazione dagli alvei e, più in generale, la gestione dei sedimenti fluviali, deve avvenire nell'ambito di una programmazione estesa a tratti significativi delle aste fluviali, in cui siano approfonditi adeguatamente gli elementi morfologici e la reale entità dei fenomeni che, come detto, spesso presentano non già le caratteristiche dell'accumulo anomalo dei sedimenti stessi, ma, al contrario, le caratteristiche dell'erosione e dell'incisione dell'alveo.
Da questo punto di vista, è opportuno citare la più recente direttiva in materia di gestione dei sedimenti del 5 aprile 2006Pag. 72con cui l'autorità di bacino ha fissato i principi generali e le regole che devono sovraintendere ad una corretta gestione dei sedimenti negli alvei fluviali.
In particolare, la direttiva, oltre a specificare secondo un criterio morfologico, idraulico ed ambientale il significato del termine «buone condizioni di officiosità dell'alveo» in stretto rapporto con l'assetto del corso d'acqua definito dalle fasce fluviali, individua la necessità di predisporre, per stralci funzionali di parti significative di bacino idrografico, il programma generale di gestione dei sedimenti, individuato quale strumento conoscitivo, gestionale e di programmazione degli interventi mediante il quale disciplinare le attività di manutenzione e sistemazione degli alvei comportanti movimentazione ed eventualmente asportazione di materiale litoide, nonché le attività di monitoraggio morfologico e del trasporto solido degli alvei.
In attuazione della nuova direttiva per la gestione dei sedimenti, approvata nell'aprile 2006, è stato redatto e approvato dal comitato istituzionale il programma generale di gestione dei sedimenti per l'intera asta fluviale del Po, nei seguenti tre stralci: stralcio «intermedio», da confluenza Tanaro a confluenza Arda all'incile del Po di Goro, adottato nella seduta di comitato istituzionale del 5 aprile 2006; stralcio «di valle», da confluenza Arda all'incile del Po di Goro, adottato nella seduta di comitato istituzionale del 24 gennaio 2008; stralcio «di monte» da confluenza Stura di Lanzo a confluenza Tanaro, adottato nella seduta di comitato istituzionale del 18 marzo 2008.
Tale programma, adottato sull'intera asta principale del fiume Po, nei tre stralci sopra specificati, rappresenta il primo momento attuativo della direttiva sedimenti e si focalizza sui seguenti obiettivi: preservare i processi naturali laddove essi sono ancora presenti ed attivi; ridurre gli effetti ed i condizionamenti al sistema naturale generati dalle opere in alveo per riavviare il fiume a forme meno vincolate e di maggior equilibrio dinamico e valore ecologico; migliorare le condizioni di sicurezza idraulica diminuendo il più possibile le sollecitazioni idrodinamiche in corrispondenza delle arginature e garantire gli usi in atto (prese di derivazione, porti, attracchi, navigazione). Il programma, inoltre, individua le seguenti linee di azione strategica: salvaguardia di tutte le forme e processi fluviali e monitoraggio di sorveglianza ed operativo; ripristino dei processi di erosione, trasporto solido e deposizione dei sedimenti attraverso la dismissione o l'adeguamento delle opere in alveo non più efficaci; ripristino delle forme attraverso la riapertura e la rifunzionalizzazione di rami laterali.
Il programma classifica gli interventi in due distinte categorie denominandole straordinarie ed ordinarie. Le opere straordinarie, che sono di natura strutturale, devono essere considerate lo start-up del programma; infatti, servono a rimuovere le cause esterne più condizionanti e a mettere il fiume in condizione di avviare più rapidamente un processo di recupero, che evolverà, poi, naturalmente senza ulteriore assistenza di interventi, se non di tipo correttivo. Le opere ordinarie, invece, sono sostanzialmente interventi attivi di natura gestionale, volti a porre rimedio ad una situazione completamente compromessa a seguito degli interventi strutturali.
L'attuazione del programma generale di gestione dei sedimenti è in capo alle regioni rivierasche a cui il comitato istituzionale ha dato mandato di predisporre programmi operati di intervento sulla base di progetti preliminari, coerentemente con quanto disposto dall'articolo 13 delle norme di attuazione del PAI.
Da ultimo, si sottolinea che nell'ambito del progetto speciale strategico «Valle del Fiume Po», di cui alla delibera CIPE del 2 aprile 2008, sarà possibile finanziare i primi interventi derivanti dal citato programma di gestione.

PRESIDENTE. L'onorevole Bellotti ha facoltà di replicare.

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, ovviamente il mio giudizio nei confronti della risposta del sottosegretario non può che essere positivo, ma vorrei approfittarePag. 73della sua presenza per cercare di far capire meglio lo spirito con il quale ho presentato questa interpellanza.
I fiumi sono vivi, sono come arterie. La civiltà moderna, non potendosi permettere di spostarne il percorso, ha cercato di imbrigliarli all'interno di argini in quanto le alluvioni creerebbero, nelle nostre realtà, catastrofi ambientali di tutti i generi diversamente dal passato, quando venivano accettate quali situazioni comunque naturali nel rapporto tra uomo e ambiente.
Oggi, l'innalzamento degli argini sta comportando notevoli problemi. Vi sono tecnici che hanno una visione a volte anche opposta dello stesso fenomeno. Io, che sono uomo del Po, nel senso che sono nato lì e l'ho visto in tutti i mesi dell'anno, da quando sono al mondo, riferisco che vi sono situazioni in cui i tecnici affermano delle cose, mentre gli abitanti, che vivono da generazioni e si tramandano le esperienze, dicono esattamente l'opposto. Ci sono situazioni in cui veramente diviene necessario pulire il fondo per cercare di ripristinare una sorta di percorso del fiume, che altrimenti si sposta in altri ambiti. Quindi, questa è una questione sulla quale occorre svolgere una riflessione tecnica importante.
Altro aspetto che cercavo di mettere in evidenza, che è stato colto solo in maniera marginale, riguarda il processo delle decisioni, che è fondamentale, specie quando occorra dare risposte immediate sulle questioni che riguardano la sicurezza.
Il problema delle piene dovrà essere affrontato nell'immediata primavera prossima, perché le nevicate e le precipitazioni sono state notevoli. Probabilmente, i fenomeni, che ci auguriamo si risolvano nel migliore dei modi, saranno importanti, quindi, anche la risposta deve essere importante ed i tempi che abbiamo davanti devono far riflettere il Governo sulla necessità di mettere insieme i vari soggetti e definire un piano strategico che abbia un capo e una coda. Infatti, signor sottosegretario, aver delegato le regioni molto spesso fa sì che le regioni attraversate dallo stesso fiume si pongano in maniera diametralmente opposta dinanzi allo stesso problema a seconda che il loro territorio si estenda sulla riva destra o su quella sinistra, e questo rappresenta un problema.
Per quanto riguarda le questioni relative all'Autorità di bacino - glielo dicevo prima, in fase di illustrazione; se vuole, poi le spiegherò nel dettaglio -, si fanno gli stessi studi e a volte si assumono anche decisioni opposte. Quindi, vi è la necessità, così come fanno in altri Paesi, in Francia e in Spagna, di fronte ai fiumi, di avere un unico interlocutore, che sia sovrano sulle decisioni. La sovranità diventa l'elemento necessario per assicurare la sicurezza del nostro più grande e straordinario fiume italiano.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 12 gennaio 2009, alle 15:

Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale (1972).

La seduta termina alle 16,50.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1966 - odg 9/1966/6 486 442 44 222 177 265 56 Resp.
2 Nom. odg 9/1966/11 491 489 2 245 226 263 56 Resp.
3 Nom. odg 9/1966/13 491 461 30 231 197 264 56 Resp.
4 Nom. odg 9/1966/14 485 440 45 221 191 249 56 Resp.
5 Nom. odg 9/1966/15 487 482 5 242 196 286 56 Resp.
6 Nom. odg 9/1966/23 492 489 3 245 228 261 56 Resp.
7 Nom. odg 9/1966/26 483 482 1 242 224 258 56 Resp.
8 Nom. odg 9/1966/27 485 484 1 243 225 259 55 Resp.
9 Nom. odg 9/1966/30 492 492 247 228 264 54 Resp.
10 Nom. odg 9/1966/34 488 485 3 243 202 283 54 Resp.
11 Nom. odg 9/1966/37 493 486 7 244 225 261 51 Resp.
12 Nom. odg 9/1966/38 488 481 7 241 222 259 51 Resp.
13 Nom. odg 9/1966/39 488 481 7 241 223 258 51 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 24)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. odg 9/1966/40 491 484 7 243 223 261 51 Resp.
15 Nom. odg 9/1966/41 490 479 11 240 226 253 52 Resp.
16 Nom. odg 9/1966/44 479 479 240 226 253 51 Resp.
17 Nom. odg 9/1966/60 489 479 10 240 216 263 51 Resp.
18 Nom. odg 9/1966/61 491 487 4 244 204 283 51 Resp.
19 Nom. odg 9/1966/67 492 487 5 244 202 285 51 Resp.
20 Nom. odg 9/1966/68 489 486 3 244 223 263 51 Resp.
21 Nom. odg 9/1966/74 491 302 189 152 11 291 51 Resp.
22 Nom. odg 9/1966/76 488 391 97 196 36 355 51 Resp.
23 Nom. odg 9/1966/83 489 450 39 226 105 345 51 Resp.
24 Nom. ddl 1966 - voto finale 505 477 28 239 281 196 44 Appr.