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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 89 di mercoledì 19 novembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 10.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di lunedì 17 novembre 2008.

Sul processo verbale (ore 10,04).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, devo farle presente che, per quanto riguarda la parte conclusiva contenuta nel processo verbale, dopo che si è conclusa la discussione sul complesso degli emendamenti sul decreto-legge che riguarda la partecipazione italiana a missioni internazionali, si è verificata nuovamente una condizione che, dal punto di vista regolamentare...

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, scusi se la interrompo, ma sta sbagliando seduta: questo è il verbale relativo all'ultima seduta antimeridiana. L'errore è perfettamente comprensibile. Lo avevo commesso anch'io e mi ero rivolto per informazioni agli uffici.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Va bene, signor Presidente. Mi riservo di intervenire successivamente.

PRESIDENTE. Se non vi sono ulteriori osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).

Ricordo - prima di tutto a me stesso, che infatti ho chiesto precedentemente informazioni in materia - che, per prassi costante, la lettura del processo verbale di una seduta antimeridiana ha luogo all'inizio della successiva seduta antimeridiana. Analogamente la lettura del processo verbale della seduta pomeridiana ha luogo all'inizio della successiva seduta pomeridiana. Pertanto, il processo verbale che è stato letto è riferito alla seduta di lunedì e non a quella di martedì.
Sarebbe interessante approfondire le ragioni di questa procedura non perfettamente limpida, ma è una tradizione costante.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Boniver, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Corsini, Cota, Cuomo, De Camillis, Di Caterina, Donadi, Gregorio Fontana, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Lulli, Malgieri, Molgora, Negro, Pescante, Rainieri, Romani, Rotondi, Paolo Russo, Soro, Stefani, Tortoli e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 10,06).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenutePag. 2alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

SILVANA MURA, Segretario, legge:
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
la reintroduzione del voto di preferenza per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (495) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
che la città di Roma sia dichiarata capitale dell'Europa (496) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
il potenziamento dei controlli sulla provenienza dei prodotti alimentari, per la tutela dei prodotti italiani (497) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
l'istituzione nella scuola primaria di classi distinte per nazionalità degli alunni (498) - alla VII Commissione (Cultura);
che la carica di Presidente del Consiglio dei ministri sia sostituita da quella di Capo del Governo (499) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'istituzione di una Commissione bicamerale per le autorizzazioni a procedere nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri (500) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia);
BIAGIO BARBERIS, da San Felice a Cancello (Caserta), chiede:
che siano adottate riforme socio-economiche in materia di parità di trattamento dei lavoratori e tutela dalla disoccupazione, sul modello del sistema finlandese (501) - alla XI Commissione (Lavoro);
interventi per ridurre la durata dei processi civili (502) - alla II Commissione (Giustizia);
SERGIO COSCIA, da Torino, chiede che siano garantiti il «tempo pieno» nella scuola primaria e adeguate risorse economiche per l'istruzione (503) - alla VII Commissione (Cultura);
SERGIO CATALANO, da Pordenone, chiede l'abrogazione del decreto-legge n. 137 del 2008, convertito dalla legge n. 169 del 2008, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (504) - alla VII Commissione (Cultura);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
nuove disposizioni per contrastare la falsificazione delle banconote (505) - alla V Commissione (Bilancio);
maggiori controlli sul fenomeno delle contraffazioni del marchio made in Italy, in particolare nel settore alimentare (506) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
disposizioni in favore degli utenti in caso di scioperi nel settore del trasporto pubblico (507) - alla XI Commissione (Lavoro);
una regolamentazione delle interviste giornalistiche in luogo pubblico (508) - alla VII Commissione (Cultura);
LORENZO CIUFFREDA, da Foggia, e numerosi altri cittadini, chiedono l'equiparazione dei diplomi accademici di secondo livello conseguiti nei conservatori alle lauree specialistiche di secondo livello (509) - alla VII Commissione (Cultura);
ALESSANDRO ROCCHI, da Roma, chiede misure per il pieno sfruttamento delle potenzialità del settore erboristico (510) - alla XII Commissione (Affari sociali);
MAURIZIO FACINCANI e altri cittadini, da Povegliano Veneto (Verona) chiedono misure in favore del sistema scolastico e universitario (511) - alla VII Commissione (Cultura);
VINCENZO DE SIMONE e altri cittadini, da Gragnano (Napoli), chiedono la detassazione dei redditi delle pensioni medio-basse (512) - alla VI Commissione (Finanze);
ANTONIO ROSSI, da Avellino, chiede che siano introdotte forme di pubblicità dei procedimenti che si svolgono in camera di consiglio (513) - alla II Commissione (Giustizia);Pag. 3
CARMINE GONNELLA, da Londra, chiede che il diritto di voto degli italiani all'estero sia garantito tramite il voto per corrispondenza e l'abolizione della circoscrizione Estero (514) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
GABRIELLA CUCCHIARA, da Roma, chiede l'adozione di nuove norme in materia di tutela dei correntisti bancari (515) - alla VI Commissione (Finanze);
GIUSEPPE BATTIATO, da Augusta (Siracusa), chiede nuove norme in materia di assicurazione obbligatoria degli autoveicoli (516) - alla VI Commissione (Finanze);
AMERIGO RUGLIANO, da Roma, chiede interventi urgenti per lo smaltimento di rifiuti radioattivi cui è esposta la popolazione di Castelmauro, in provincia di Campobasso (517) - alla VIII Commissione (Ambiente);
GAETANO VICARI, da Enna, chiede nuove norme a tutela del lavoro casalingo (518) - alla XI Commissione (Lavoro).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1038 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Approvato dal Senato) (A.C. 1802) (ore 10,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.
Ricordo che nella seduta di ieri si sono svolti gli interventi sul complesso degli emendamenti ed il relatore ed il Governo hanno espresso il parere sull'unico emendamento ammissibile presentato.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1802), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1802).
Avverto che la proposta emendativa presentata è riferita agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1802).
Passiamo all'esame dell'emendamento Maran 2-bis.1, con riferimento al quale il relatore a nome delle Commissioni ed il rappresentante del Governo hanno formulato un invito al ritiro.
Chiedo, quindi, ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Maran 2-bis.1.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, l'unico emendamento tra i due presentati dichiarato ammissibile chiede di inserire dopo il comma 1 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, lo stanziamento di una somma di euro 300 mila aggiuntiva a quanto già previsto e conseguentemente di correggere all'articolo 3 l'ammontare definitivo dello stanziamento. Le ragioni di questo emendamento sono semplici, ci troviamo in uno scenario, quello del Libano...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Narducci, essendo lei già intervenuto sul complesso degli emendamenti, non può adesso svolgere un intervento sull'emendamento, ma deve semplicemente dire se l'emendamento viene ritirato o mantenuto. Posso darle qualche secondo per spiegarne le ragioni, ma non può svolgere un intero intervento.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, non accediamo all'invito al ritiro dell'emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene.

Pag. 4

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,15).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,40.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, l'emendamento Maran 2-bis.1 chiede di poter mettere a disposizione ulteriori fondi per formare la popolazione libanese in relazione al pericolo che è rappresentato dal munizionamento inesploso derivante essenzialmente dalle cluster bomb.
L'Italia, per quanto riguarda le mine antipersona e, conseguentemente, anche le cluster bomb, è stata sempre particolarmente sensibile e ha dato prova di grande attenzione, anche perché queste mine antipersone sono estremamente odiose e subdole poiché colpiscono in modo particolare i più inermi, cioè i bambini. L'Italia è sempre stata particolarmente attenta, anzi, addirittura è stata protagonista nel sottoscrivere la Convenzione di Ottawa. Non solo: il nostro Paese, proprio in ragione del fatto che queste munizioni sono odiose e subdole, non produce più tali ordigni i quali, tra l'altro, sono immaginati e progettati anche in forme accattivanti che attirano l'attenzione dei bambini e, conseguentemente, producono effetti disastrosi soprattutto sugli altri. Ciò vale anche per le cluster bomb, soprattutto nei Paesi dove il teatro della guerra è dominante (penso all'Afghanistan, al Libano e ad alcune zone in Africa).
Da questo punto di vista, voglio sottolineare l'importanza del ruolo dell'Italia e l'attenzione che la stessa pone a tale problema anche attraverso i propri operatori volontari, che si prodigano mettendo in atto una serie di attività, quanto mai meritorie, per fare in modo che l'effetto disastroso sulle giovani vite possa in qualche modo essere alleviato, al fine di consentire ai bambini di ritornare a vivere in condizioni normali nell'ambito della propria società.
Detto questo, voglio ribadire ancora una volta che si tratta di ordigni orrendi, disumani e subdoli che ripugnano alla coscienza di tutti noi.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 10,45)

ENRICO PIANETTA. Quindi, in base alle considerazioni che ho voluto succintamente esprimere, in via di principio nessuno di noi è contrario alle azioni, cui l'emendamento si riferisce, di contrasto a questi mezzi orrendi e subdoli. Tuttavia, credo che in generale, non abbia senso, in questo particolare momento, inserire nel provvedimento in esame questo emendamento.
Lo ha già detto bene il Governo e credo che sia giusto evitare di inserire in questo frangente l'emendamento in esame per alcuni motivi. Innanzitutto questo è un provvedimento che ci accingiamo ad approvare - come ha già fatto l'altro ramo del Parlamento - mi auguro all'unanimità, per dare un grande senso, un grande significato e un grande segnale a tutti i nostri contingenti che operano negli scenari internazionali e nei teatri più difficiliPag. 5e un rapido consenso del Parlamento potrà offrire grande forza e un grande convincimento a tutti i nostri operatori militari e civili, uomini e donne, che lavorano ed operano proficuamente nei teatri più difficili del nostro mondo. Quindi, questo deve essere un segnale forte e chiaro che ci accingiamo a dare in modo preciso ed univoco.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ENRICO PIANETTA. Inoltre vi è un altro aspetto, signor Presidente, ovvero l'esistenza di fondi derivati da un precedente provvedimento che possono ancora essere utilizzati per realizzare queste iniziative. Concludo invitando i presentatori a proporre eventualmente, come del resto ha già sottolineato il Governo, un ordine del giorno per fare in modo che...

PRESIDENTE. Deve concludere.

ENRICO PIANETTA. ...questo principio, così importante e così attento, possa essere valutato in un prossimo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'emendamento in esame che prevede uno stanziamento di 300 mila euro in più di quello previsto globalmente in ordine allo sminamento e alla sensibilizzazione soprattutto sulle mine a grappolo.
Siamo d'accordo con una misura che tenda a ridurre gli effetti di questi ordigni. Infatti, gli ordigni inesplosi costituiscono un pericolo per la popolazione civile, in quanto colpiscono e sfigurano soprattutto i bambini. La forma e il colore delle submunizioni contenute nelle bombe a grappolo rappresentano un motivo di attrazione per loro, tanto che il 98 per cento delle persone rimaste uccise, o ferite, o mutilate a causa delle bombe a grappolo è rappresentato da civili e un quarto di questi è costituito da bambini.
Inoltre, è anche notizia di oggi, i militari impegnati nella bonifica in Libano sono i militari italiani che devono bonificare circa un milione e mezzo di ordigni inesplosi. Questi numeri sono già sufficienti per renderci conto che ogni possibile sforzo è necessario per dare veramente una risposta concreta ad un problema gravissimo che, come ho detto prima, va a mutilare soprattutto tutti quei civili che non c'entrano assolutamente niente con la situazione di crisi e di guerra.
Mi rendo conto, ne abbiamo parlato ieri, delle difficoltà di tipo economico nel reperire i fondi, ma svolgo il ragionamento fatto più volte anche in ordine ad altri settori. Ci sono situazioni tali per cui lo sforzo va veramente fatto. Torniamo a parlare di priorità e di necessità pur consapevoli delle difficoltà in generale.
Quindi, aggiungendo la mia firma all'emendamento Maran 2-bis.1 spero che il Parlamento si renda conto della necessità di fare uno sforzo, anche se inizialmente - e mi rivolgo soprattutto alla maggioranza - si pensava di non accettarlo. Credo che ciò rappresenti veramente una buona causa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, vorrei ricordare, perché mi sembra importante in questa sede, quanto è avvenuto nel corso della sessione autunnale dell'OSCE, che si è svolta a Toronto a settembre. In quell'occasione, la delegazione italiana sul dibattito sulla Georgia ha tenuto una posizione condivisa: ha, infatti, letto in assemblea un documento approvato sia dalla maggioranza che dall'opposizione. Quell'occasione fu probabilmente il primo momento dopo la guerra, nel quale sedevano in una stessa assemblea parlamentari sia georgiani che russi.
Ricordo che il dibattito fu molto acceso. Intervenne anche il ministro degliPag. 6esteri della Georgia e l'ambasciatore della Russia presso l'ONU. Al termine del dibattito, ogni delegazione presente in ambito di assemblea parlamentare dell'OSCE prese la parola. Per la nostra delegazione, delegammo a prendere la parola, dopo un dibattito tra di noi, addirittura un deputato dell'opposizione, per portare avanti una linea condivisa.
In quell'occasione - non leggo tutto il discorso che venne svolto - la posizione fu univoca. Essa univa sia maggioranza che opposizione nel ricordare che è importante non creare nuovi muri di Berlino, non tornare a situazioni di guerra fredda e che la Russia, essendo un nostro vicino e per buona parte in Europa, rimanga vicina all'Unione europea.
Pertanto, quella dichiarazione toccò questo aspetto come primo punto fondamentale. Ovviamente, si entrò anche nel merito di quella guerra e venne sottolineato che l'uso della forza da parte della Russia fu sproporzionato rispetto all'offesa compiuta dalla Georgia.
In quel caso, chiedemmo anche che la missione, che stiamo per finanziare, potesse accedere a tutti i territori. Quindi, la nostra richiesta fu forte nella direzione di attribuire un mandato ampio agli uomini che si recheranno in Georgia.
Dunque, occorre non limitare la missione al territorio georgiano, ma anche estenderla al territorio dell'Ossezia del sud ed eventualmente dell'Abkhazia. Questo documento ha avuto un'importanza molto forte, anche perché, quando maggioranza ed opposizione trovano una linea comune, ritengo che sia un momento importante, che sta a significare che, su certi temi, forse è meglio evitare le sterili polemiche e andare avanti, e che questo Paese in politica estera è forte e va in una direzione univoca.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianni Farina. Ne ha facoltà.

GIANNI FARINA. Signor Presidente, il problema è drammatico e l'emendamento sacrosanto. Chiedo di aggiungere la mia firma all'emendamento Maran 2-bis.1.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maran 2-bis.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 475
Votanti 474
Astenuti 1
Maggioranza 238
Hanno votato
222
Hanno votato
no 252).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Toccafondi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i deputati Vassallo, Lo Moro e De Pasquale hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente al voto finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1802).
L'onorevole Zacchera ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/1.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, dato il clima, sarò breve. Onorevoli colleghi, mi auguro che il Governo accetti quest'ordine del giorno, che ripropone una questione importante. Credo che le nostre Forze armate vadano all'estero per portare la libertà in tutti i sensi. Questa presenzaPag. 7deve essere sempre impostata ad un criterio di rispetto per le tradizioni locali, quali esse siano.
Nel concetto di libertà, secondo me, si inserisce anche la questione religiosa. Ognuno deve essere libero, secondo la nostra Costituzione, di professare la religione che crede e portare la libertà tra i popoli non significa, se siamo in nazioni musulmane, portare la pubblicità del cristianesimo, ma pretendere dalle autorità locali il rispetto per tutte le religioni, e quindi anche del cristianesimo.
Poiché nel decreto-legge che stiamo convertendo non si parla solo della Georgia, ma anche degli altri Paesi, sottolineo che in Afghanistan, dove stiamo offrendo un contributo importante alla presenza delle forze alleate, questa libertà di religione è molto precaria.
Sottolineo due esempi: si è dovuto far evacuare in Italia, in modo fortunoso, il cittadino afghano che si era liberamente convertito al cristianesimo e che era stato condannato a morte, perché, altrimenti, sarebbe stato oggetto, addirittura, di condanna a morte; inoltre, a Herat, nella nostra base, è stata impedita la costruzione di una piccola cappella dedicata alla Madonna, che all'interno della base gli alpini avevano costruito con l'aiuto di realtà locali.
Questi sono esempi che ci impongono di prendere in considerazione la necessità di tutelare il rispetto religioso di tutti. Nel mio ordine del giorno, quindi, chiedo sostanzialmente tre cose: innanzitutto, pressioni politiche sul Governo afghano.
Il Governo afghano, se ritiene di aver bisogno, come ha bisogno, della presenza di forze straniere per aiutarlo a mantenere l'ordine e liberare il Paese, deve impegnarsi a mantenere all'interno del proprio Paese un minimo di libertà religiosa, con il massimo rispetto per la religione tradizionale e per le realtà locali, assolutamente.
Non può, però, far finta di niente, quando avvengono fatti che sono assolutamente drammatici (pensate a quella cooperante inglese che il mese scorso è stata uccisa a Kabul soltanto perché cristiana) e davanti alle pressioni in Afghanistan che vanno crescendo in questo senso.
Ovviamente, non dobbiamo perdere i contatti con nessuno, ma non dobbiamo pensare di andare in Afghanistan solo per fare la guerra o mantenere la pace e non anche per esportare la libertà e il pluralismo, anche la libertà religiosa.
Infine, credo che dobbiamo chiedere al Governo afghano di essere molto attento verso tutti gli atti di intolleranza che si possono verificare in futuro nei confronti di non musulmani, ribadisco e ripeto, nel massimo rispetto per la religione musulmana, che è larghissimamente presente e ovviamente di maggioranza in questo Paese.
Chiedo che venga concesso quanto detto e, infine, che venga concessa ai nostri soldati, se lo richiedono, un'adeguata assistenza religiosa, perché si è posto il problema di come assistere religiosamente i nostri connazionali che sono in Afghanistan da parte di cappellani militari, che, ovviamente, sono visti con estrema difficoltà da parte delle autorità politiche locali. Mi auguro che il Governo voglia accettare questo mio ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/12.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, il regime libico, che in quarant'anni di potere assoluto ha perseguitato ogni forma di dissenso politico, è divenuto, per volontà dell'attuale Governo, il 30 agosto 2008, parte del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione, che prevede, all'articolo 2, il diritto di ciascun Paese di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, sociale, economico e culturale.
Questa disposizione apre un problema politico enorme, perché si tratta di comprendere che l'Italia si è impegnata a rispettare l'esercizio del diritto di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico di un Paese totalitario e illiberale,Pag. 8che viola sistematicamente i diritti umani, come la Libia.
Ci accingiamo ad approvare il rifinanziamento delle missioni internazionali, in un provvedimento che prevede la continuazione della collaborazione della guardia di finanzia con le autorità di Tripoli nel monitoraggio e controllo dell'immigrazione proveniente dalla Libia; e dico che nel votare tale provvedimento dobbiamo anche essere consapevoli che, con l'accordo di cui parlavo prima, ci siamo impegnati a stanziare 5 miliardi di dollari, a costruire strade, ponti, a concedere borse di studio, a costruire 200 case, a fornire cooperazione in campo scientifico, agrario, nel campo della pesca e in campo militare ad un regime, ripeto, illiberale, chiedendo in cambio al colonnello Gheddafi di rispettare gli accordi in materia di immigrazione che abbiamo stipulato nel dicembre del 2000 e nel dicembre del 2007. In altre parole, li stiamo pagando profumatamente per fare quello che avrebbero già dovuto fare a suo tempo. Un domani, quando avremo costruito loro i ponti, le strade, che garanzie abbiamo che il ricatto non continui? Perché è facile prevedere che l'uso cinico e destabilizzante per il nostro Paese del dramma dei clandestini che partono dalle coste libiche continuerà come in passato, come pure continuerà la solita prassi del creare emergenze per poi chiedere i soldi per risolverle.
La Libia ha già ottenuto negli anni scorsi, grazie alla legge del 2004, aiuti per realizzare almeno tre centri di detenzione per migranti, e i risultati di questo aiuto si sono visti sulle coste italiane. Il problema è che l'Italia non ha condizionato gli aiuti al rispetto dei diritti umani fondamentali e delle regole minime internazionali per la detenzione nelle strutture di trattenimento, dove le violazioni dei diritti umani sono sistematiche, come i fatti recentemente accaduti nella città di Kufra hanno dimostrato. Nell'approvare quindi il provvedimento in esame, credo che il minimo che il Governo possa fare è impegnarsi a subordinare, come chiediamo con l'ordine del giorno presentato dalla delegazione radicale, la continuazione della collaborazione in materia di immigrazione con le autorità libiche quanto meno all'instaurazione di un monitoraggio indipendente da parte delle Nazioni Unite e di organizzazioni non governative internazionali sul rispetto dei diritti umani fondamentali dei migranti, per ottenere la possibilità di riconoscere a questi da parte del Governo libico lo status di rifugiato politico. Davvero mi auguro che il Governo accolga il nostro ordine del giorno (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Porfidia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/16.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, con l'ordine del giorno in esame vogliamo cercare di sensibilizzare il Governo ad un nuovo modo di portare avanti le missioni internazionali all'estero che noi riteniamo (e lo ribadiamo sempre in tutte le sedi, così come abbiamo fatto già in vari interventi in Commissione e in Aula) uno strumento necessario per la nostra Nazione, per supportare quei popoli e quelle nazioni dove ancora la democrazia non è presente.
Riteniamo però che, nell'ambito del processo di globalizzazione, che negli ultimi anni sta portando a profondi mutamenti (l'ultimo in ordine di tempo è quello che si è registrato negli Stati Uniti, con il cambiamento della Presidenza), sia necessario che l'Europa assuma un ruolo fondamentale, e che all'interno dell'Europa ogni nazione assuma comportamenti di grande responsabilità, e tra esse chiaramente anche l'Italia.
Da anni si sta discutendo, anche in questo consesso, dell'importanza di portare all'esterno, nel modo più forte possibile, il modello europeo di democrazia. Riteniamo che questo modello debba essere portato in modo forte in quei Paesi in cui vi è tale necessità, e che esso non deve essere inteso né come un modello unico, né come un vero e proprio nuovo neocolonialismo. Riteniamo che esista il doverePag. 9di una grande responsabilità da parte dell'Europa, e di ogni nazione quindi, per far sì che il modello della democrazia occidentale venga esportato sempre di più. Riteniamo che all'interno di questo modello uno strumento necessario sia quello del dialogo: il dialogo è l'elemento nuovo che deve essere portato in questi Paesi.
Riteniamo che la sola presenza militare non sia più necessaria e sufficiente; la presenza militare viene anzi percepita da quei popoli, a nostro avviso, come una forza ostile e estranea.
È quindi necessario che questo dialogo produca, anche tramite i nostri rappresentanti in quelle sedi, un'azione maggiore anche attraverso la stessa società civile per fornire un contributo in altre forme, realizzando, come sostenevo pure nel mio precedente intervento, infrastrutture e strade, perché in questo modo si può combattere ancora di più il terrorismo.
L'impegno che chiediamo al Governo è di adottare quelle iniziative per aumentare l'impegno del nostro Paese per lo sviluppo dei programmi di cooperazione internazionale, nonché per assistere con un maggiore impegno economico quelle organizzazioni non governative che si occupano di progetti internazionali.
In tal senso, vorremmo ad esempio che si sostenessero economicamente ed in maniera adeguata quelle organizzazioni che si occupano di fornire supporto a quei coltivatori che in Afghanistan sono dediti alla coltivazione degli oppiacei per far sì che dette coltivazioni vengano sostituite con prodotti alimentari. Questo è l'intervento ed il sostegno che, con questo ordine del giorno, richiediamo al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Mecacci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/15.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno la delegazione radicale del gruppo del Partito Democratico cerca di aprire una riflessione ed un confronto su un tema che è oggetto di questo decreto-legge e che riguarda in particolare la situazione in Afghanistan, ma di cui, purtroppo, poco si discute in questo Parlamento, quello cioè degli effetti che sono derivati dall'intervento militare delle forze NATO (in particolare, poi, dall'operazione Enduring Freedom) nel sud del Paese.
In particolare si tratta del tema delle vittime civili di questo conflitto. Questa operazione nasce nel 2001 come un'operazione militare che ha avuto l'obiettivo, su mandato del Consiglio di sicurezza, di deporre il regime dei talebani e di cercare di instaurare un regime democratico fondato sul rispetto di alcuni valori fondamentali e in cui, soprattutto, la sicurezza delle persone e dei cittadini afgani sia garantita.
Da allora, come sappiamo, sicuramente molte cose buone sono accadute in quel Paese, ma continuano ad esserci gravi problemi.
La situazione militare sta peggiorando: il 2008 è l'anno in cui sono stati registrati i maggiori attacchi da parte delle forze che si oppongono al Governo Karzai contro l'esercito afgano e le forze multinazionali e, corrispondentemente, si è registrato un aumento esponenziale delle vittime civili.
Queste ultime sono in maggioranza il risultato, purtroppo, di attacchi contro il Governo Karzai, le istituzioni di quel Paese, gli operatori umanitari e tutti coloro che cercano di far progredire l'Afghanistan verso un futuro migliore; ma le vittime civili sono aumentate in una percentuale grandissima anche per effetto delle operazioni militari del nostro Paese e delle forze NATO alle quali esse sono associate.
Questa evoluzione è stata denunciata anche da alcuni esponenti politici, in particolare ricordo il Ministro della difesa Parisi nella scorsa legislatura, perché non è accettabile considerare come un semplice danno collaterale il fatto che dalle operazioni militari delle nostre Forze armate conseguano, ormai purtroppo in modo molto frequente, decine e decine di vittime civili.Pag. 10
Secondo la stima dell'Alto Commissario ONU, dai primi mesi del 2008 fino ad oggi già si registrano 1.445 vittime civili, gran parte delle quali purtroppo è l'effetto degli attacchi aerei che le forze della coalizione sono state costrette a mettere in campo per cercare di sconfiggere la guerriglia e gli attacchi organizzati dai talebani, dai signori della guerra e dai trafficanti di oppio di quel Paese; ma ciò non è più tollerabile, ed in particolare non è più tollerabile che i responsabili militari di questa operazione (sia della NATO, sia di Enduring Freedom) cerchino di nascondere la testa sotto la sabbia.
Vi sono state ormai numerose occasioni in cui il Governo democraticamente eletto, guidato dal Presidente Karzai, ha chiesto conto alla NATO delle vittime civili, ha cercato di aprire delle inchieste, ha rimosso - per quanto era di sua competenza - anche i responsabili dell'esercito afghano che sono stati sospettati e poi trovati responsabili di queste uccisioni per negligenza e per non aver attentamente valutato le operazioni che si sono svolte. Purtroppo, finora la risposta della NATO è stata quella di negare (in molti casi) l'evidenza e di far finta che tali vittime civili non esistessero; è solo dopo le indagini svolte dalle organizzazioni non governative come Human Rights Watch e dalle Nazioni Unite che si sono ammesse le responsabilità.
In questo Parlamento ci apprestiamo ora ad approvare - probabilmente all'unanimità - un provvedimento che sostiene le nostre Forze armate. Il sostegno al lavoro delle Forze armate, però, non è un assegno in bianco che si firma a dei militari e a dei generali impegnati in un teatro di guerra: ci sono delle regole da rispettare. Nel nostro Paese se dei militari o degli esponenti delle forze dell'ordine si trovano, nel corso di un conflitto o di una sparatoria, a produrre delle vittime civili si aprono immediatamente delle inchieste, si sospendono i responsabili di queste operazioni e si procede a un'indagine che deve essere approfondita.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Mecacci.

MATTEO MECACCI. Mi avvio alla conclusione, Signor Presidente. Se vogliamo conquistare la fiducia della popolazione afghana occorre trasmettere il segnale che ci si assume la responsabilità degli errori che si compiono, si sospendono i responsabili di tali operazioni e si avviano delle indagini indipendenti, perché questa è l'unica chance perché il Governo Karzai...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mecacci. L'onorevole Cirielli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/8.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e signor sottosegretario, intervengo per richiedere fortemente il sostegno del Governo al presente ordine del giorno. Tutte le stime tecniche, così come anche il Ministro presso la Commissione difesa, hanno sottolineato come le dotazioni del Fondo per le missioni internazionali già previste non siano attualmente sufficienti, anche alla luce del fatto che, per effetto dei provvedimenti di contenimento della spesa pubblica emanati dal Governo, non si potrà più attingere al Fondo ordinario del Ministero della difesa. Ovviamente, l'efficienza e, soprattutto, la cornice di sicurezza per i nostri militari impiegati in queste missioni passa anche per una adeguata spesa pubblica.
Il solo fatto che volevo ulteriormente sottolineare all'onorevole sottosegretario e all'Assemblea tutta è che in Afghanistan la situazione si stia deteriorando: bene fa il Governo a inviare ulteriori mezzi come i quattro Tornado, ma è necessario monitorare tutti gli aumenti di impegno, quantitativo e qualitativo, non soltanto dello strumento militare, ma anche civile per la ricostruzione dell'Afghanistan, soprattutto nel 2009 che si prevede un anno importante per la riscossa politico-militare dell'azione dell'alleanza. Credo che le spese vadano effettuate senza riserve e, soprattutto, il Governo deve impegnarsi su questePag. 11missioni per garantire la massima sicurezza per i nostri militari che vi sono impegnati.

PRESIDENTE. L'onorevole Porta ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9, di cui è cofirmatario.

FABIO PORTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella seduta di ieri in quest'Aula si è svolto un lungo dibattito sulla politica internazionale del nostro Paese, non soltanto sulla partecipazione italiana alla missione dell'Unione europea in Georgia.
Il presente ordine del giorno, il cui primo firmatario è l'onorevole Fassino e che riguarda la costruzione della democrazia in Afghanistan, si inserisce in questa discussione di carattere generale relativa alla nostra presenza nel mondo, in particolare in alcune aree di crisi. Noi sosteniamo la necessità di una forte iniziativa italiana di democratic institutional building; una iniziativa in grado di favorire la ricostruzione economica, la cooperazione allo sviluppo e l'azione politica, tutti elementi volti a liberare il popolo afgano dal regime integralista dei talebani, considerando che nei primi mesi di quest'anno vi è stata, purtroppo, una fortissima recrudescenza degli attacchi talebani rivolti non soltanto contro i militari, ma anche contro i civili, un aumento di oltre il quaranta per cento.
Per tutte queste ragioni, il nostro ordine del giorno impegna il Governo, in primo luogo, ad attivarsi in tutte le sedi internazionali per un maggiore ruolo delle Nazioni Unite, attraverso azioni di cooperazione, di ricostruzione e di riconciliazione nazionale. Si tratta di azioni che si devono, poi, tradurre in specifici programmi ed interventi mirati. Ne individuiamo alcuni: il settore della giustizia, con il rafforzamento, attraverso specifici interventi, dell'amministrazione della giustizia, che come potete ben comprendere, è un settore nevralgico per la ricostruzione del processo democratico; programmi a favore delle donne, che sostengano con azioni concrete i diritti delle donne in quell'area; e, in particolare, considerando che il prossimo anno si terranno le elezioni, progetti specifici che possano garantire dei meccanismi di trasparenza piena al processo elettorale.
Rispetto a questi problemi e con questo tipo di approccio, crediamo che sia possibile e necessario intervenire, alla luce di un nuovo concetto di sicurezza umana che tenga presente, in particolare, le ragioni dei civili che, in tutta questa vicenda, rappresentano l'anello più debole del conflitto. Tutto ciò attraverso un approccio regionale, che comprenda e coinvolga gli altri Paesi dell'Asia meridionale; un approccio in grado, soprattutto, di riportare l'Italia all'interno di un'azione coordinata con gli altri Paesi dell'Unione europea e che abbia nelle Nazioni Unite, ed anche nella NATO, un attore determinante. Un'azione politica che riporti il nostro Paese a testa alta nello scenario politico internazionale e non soltanto sulle pagine dei giornali per le gaffe del nostro Primo Ministro.

PRESIDENTE. L'onorevole Vernetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/10.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, il senso del mio ordine giorno è di richiamare il Parlamento, anzi, di sottolineare ed enfatizzare positivamente, la nostra opinione su una missione importante, forse la più importante, che ci vede impegnati in un teatro di crisi internazionale: la missione in Afghanistan.
Come abbiamo già avuto modo ieri di ricordare e come già ha già ricordato chi ha illustrato provvedimento in esame, accanto ad un incremento dell'impegno militare, accanto alla necessità di mettere i nostri soldati nelle condizioni di essere in piena sicurezza (e, quindi, anche di irrobustire il dispositivo di sicurezza), accanto alle nuove dotazioni militari, come i Tornado, che, giustamente, potranno svolgere un'importante funzione di intelligence, di controllo e di perlustrazione del territorio, crediamo che vi debba essere una grande ripresa di iniziativa politica. Se osserviamo,Pag. 12infatti, quanto è accaduto in Pakistan in quest'ultimo anno, durante questa lunga ed interminabile transizione, vediamo come ampie porzioni di quel territorio siano totalmente fuori controllo e come, purtroppo, alcune province del sud dell'Afghanistan siano ancora pericolosamente in mano all'insorgenza talebana. Siamo assolutamente consapevoli che la nuova amministrazione americana farà dell'Afghanistan una propria priorità e che offrirà a noi europei più cooperazione strategica, ma anche un'assunzione di maggiore responsabilità comune.
Per questo motivo, il senso dell'ordine del giorno a mia firma è quello di accompagnare tutto ciò e l'Italia può avere un ruolo importantissimo. Cari colleghi, l'Italia si è conquistata grande stima in Afghanistan per il lavoro svolto dai nostri soldati e per il lavoro svolto nella ricostruzione della giustizia e per affermare lo Stato di diritto (la Conferenza di Roma dello scorso anno è stato un avvenimento importante), ma, accanto a ciò, dobbiamo nuovamente intensificare l'azione politica.
La proposta è, quindi, di un coinvolgimento dell'intera regione, perché non potremo combattere il narcotraffico senza coinvolgere i Paesi dell'Asia centrale, non potremo combattere il terrorismo senza un nuovo patto politico con il Pakistan e sappiamo quanto l'Italia, per i suoi ventennali rapporti d'amicizia con quel Paese, possa svolgere un ruolo positivo. Pertanto, vi è un grande impegno della NATO, la nostra alleanza politico-militare che in Afghanistan ha di fronte a sé la sfida più dura e più difficile. Sappiamo quanto i caduti siano aumentati negli ultimi mesi e sappiamo anche che si deve fare in ogni modo per ridurre le vittime civili, le quali rischiano, ogni volta che vengono coinvolte nel conflitto, di ridurre il consenso politico di cui questa missione militare ha un enorme bisogno.
In conclusione, con riferimento alle risorse: se pensiamo alla quantità di risorse investite dalla comunità nazionale in Bosnia o in Kosovo, e le confrontiamo con i chilometri quadrati del territorio e con la quantità di popolazione, vediamo che esse sono poche. Serve oggi una grande nuova Conferenza internazionale di donatori, che permetta a nuove risorse di affluire per affermare la democrazia, la ricostruzione e lo sviluppo della Afghanistan. Questo è un altro terreno sul quale vorremmo vedere maggiormente impegnato il nostro Paese.
Il voto del Partito Democratico su questo ordine del giorno ovviamente sarà favorevole, così come lo sarà su tutto il provvedimento. Crediamo che serva un Paese unito e che su queste missioni le nostre Forze armate, i nostri soldati debbano avere la tranquillità e la sicurezza di avere un intero Paese che li sostiene con un progetto politico di ampio respiro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/1802/17.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, abbiamo presentato un ordine del giorno sulla situazione della Georgia in quanto, come ci appare chiaro da quello che abbiamo seguito in questi mesi, non vi è solo un problema umanitario (del quale parlerò in conclusione), ma vi è anche un problema vero politico.
Siamo convinti della necessità di intervenire con questa missione, la quale rientra in un quadro serio di politica estera e di sicurezza comune. Prendiamo atto che l'Europa, dopo un avvio un po' lento, specialmente nella fase preventiva della situazione, è intervenuta con coesione e con determinazione e, aggiungiamo anche, con equilibrio. Siamo convinti - il nostro Paese ha già fatto qualche passo in questo campo - della necessità assoluta di dare un contributo fattivo per evitare la situazione drammatica nella quale vivono le popolazioni di quel Paese. Non so se qualcuno di voi ha visto i documentari e le testimonianze dei giornalisti italiani che sono andati in Georgia e in Ossezia: costoro hanno visto la situazione vera in cui vivono e versano quelle popolazioni.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha fornito versioni - permettetemi laPag. 13valutazione personale - a mio avviso molto di parte su questa vicenda, forse anche al di fuori delle regole diplomatiche, assumendo una posizione ferma e chiara sulle pagine dei giornali, con dichiarazioni anche rese in viva voce, a difesa del Presidente Putin, come se quest'ultimo fosse un Presidente di uno Stato democratico che rispetta non solo formalmente, ma anche realmente le regole; quelle regole di un grande Paese che ha necessità e bisogno di entrare nelle regole dei giochi democratici mondiali. Nella sostanza, queste regole non sono rispettate e lo dimostra questo fatto. Ebbene, il nostro Presidente del Consiglio dei ministri ha assunto delle posizioni molto di parte, totalmente e acriticamente, a favore del Presidente Putin, dimenticando tutto quello che è successo nei mesi e negli anni passati (questa, infatti, è una vicenda che dura ormai da quasi due decenni). Come dicevo, in tutto questo, non vorrei che la politica italiana fosse un poco molto piegata alle questioni energetiche.
Non è un caso se parlo anche di questioni energetiche, perché l'energia libera, disponibile, è un fatto di democrazia. Sappiamo benissimo - lo verifichiamo giorno per giorno e lo abbiamo verificato anche sulla nostra pelle due anni fa - che la Russia usa questo sistema energetico per tirare la coperta dalla sua parte. Non apro il capitolo relativo alla situazione italiana in questo campo ma riteniamo che debba essere messa mano seriamente al tema relativo alla democrazia in un Paese che chiede e vuole democrazia. Non sto parlando della Russia, parlo della Georgia, dove i governanti e il popolo, più volte, hanno ripetuto di sentirsi pienamente europei e hanno chiesto di partecipare al tavolo della NATO. Con questo ordine del giorno - che lo ammetto, è un po' provocatorio -, ma è la risposta necessaria e conseguente alle dichiarazioni di cui dicevo prima, chiediamo al Governo di impegnarsi per aiutare la Georgia in un percorso non solo umanitario, sul quale dobbiamo fare di più, ma anche politico, che porti la Georgia ad essere valutata anche per le sue richieste di adesione alla UE e per le sue importanti richieste di adesione alla NATO.

PRESIDENTE. L'onorevole Rugghia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/18.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, nella discussione che si è svolta sugli emendamenti al provvedimento in esame, abbiamo affermato la necessità e l'esigenza che il Parlamento e in particolare la Camera dei deputati affrontino una discussione complessiva sulle missioni internazionali.
Sappiamo che si tratta di un provvedimento parziale che riguarda il finanziamento della missione in Georgia ed il rifinanziamento di alcune missioni internazionali fino al 31 dicembre. Ci auguriamo che si possa sviluppare una discussione complessiva del Parlamento sullo stato del nostro impegno nei diversi Paesi in cui l'Italia sta svolgendo missioni internazionali prima del mese di gennaio, quando ci sarà bisogno di rifinanziare le missioni.
Abbiamo bisogno di avere una relazione sul raggiungimento degli obiettivi prefissati con le missioni internazionali, abbiamo bisogno di elementi conoscitivi che ci consentano di comprendere le dotazioni, le attività ed i mezzi che mettiamo in campo con l'attività svolta dai nostri militari e abbiamo anche bisogno di una relazione che ci spieghi quali sono le condizioni di impiego del personale militare impegnato nelle missioni che il nostro Paese sta svolgendo in diverse parti del mondo.
In particolare, con questo ordine del giorno, poniamo la questione relativa alla missione in Libano che è, per noi, particolarmente importante. Ricordiamo intanto che è stata assunta su iniziativa della Comunità europea e che questa iniziativa è stata attivata da un impegno del nostro Paese, già nel luglio del 2006. Sia l'iniziativa italiana sia l'impegno attraverso la missione UNIFIL soprattutto dei Paesi della Comunità europea hanno permessoPag. 14di far cessare un conflitto che minacciava di allargarsi a macchia d'olio in un'area del mondo, quella dello scacchiere mediorientale, che è particolarmente esposta e che rappresenta un pericolo per il processo di pace su scala mondiale.
Il fatto che il ruolo dell'Italia in Libano sia particolarmente importante e significativo è dimostrato anche dal fatto che al nostro Paese è stato assegnato il comando della missione e che questo comando viene esercitato con grande autorevolezza e prestigio unanimemente riconosciuti al nostro Paese da tutte le nazioni coinvolte nella missione UNIFIL.
Con questo ordine del giorno vogliamo esprimere le preoccupazioni relative a questa missione e complessivamente alle missioni che vedono impegnato il nostro Paese ed i nostri militari, conseguenti ai tagli che sono stati operati con la recente manovra finanziaria; tagli che avranno naturalmente delle incidenze negative sull'operatività delle azioni che si svolgono attraverso le missioni internazionali.
Intanto, questi tagli avranno una conseguenza immediata: costringere a prolungare il periodo di permanenza in teatro, senza sostituzione, dei nostri militari per rispettare gli obiettivi prefissati e costringere altresì i nostri militari a svolgere, con maggiore frequenza e impegno, compiti che determineranno uno stress psicologico ancora maggiore, stress tipico delle situazioni di peace keeping.
Vorrei soltanto rappresentare la mia esperienza in quest'Aula: come membri della Commissione difesa abbiamo avuto la possibilità di fare visita ai nostri militari impegnati in Libano e abbiamo potuto verificare in quali campi si svolga la nostra iniziativa e il nostro sostegno. Ce n'è una importante: in questa sede, anche prima del mio intervento, si è parlato delle cluster bomb: i nostri militari sono impegnati anche in una delicata opera di sminamento delle cluster bomb disseminate in prossimità di villaggi e nei fondi agricoli produttivi e lo stanno facendo naturalmente per garantire la sicurezza delle persone e per impedire che queste cluster bomb possano esplodere nelle mani dei bambini oppure possano impedire la produzione agricola necessaria per la ripresa economica del Paese (parliamo naturalmente dell'intervento che si sta svolgendo in maniera specifica in Libano).
I turni a cui sono assoggettati - non può essere altrimenti - sono turni che non possono superare i quaranta minuti di attività perché devono indossare una tuta pesante.

PRESIDENTE. Concluda onorevole.

ANTONIO RUGGHIA. Concludo, signor Presidente.
È chiaro che con questi tagli avremo meno uomini da impegnare nelle missioni internazionali, con maggiori rischi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Bernardini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/11.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, questo ordine del giorno riguarda il Libano e sappiamo tutti che quello in Libano è il più grande contingente italiano impegnato nelle missioni all'estero.
Sappiamo anche che, dopo l'accordo sottoscritto a Doha, capitale del Qatar, la situazione non ha visto cessare le ostilità armate in quella regione soprattutto nella parte nord del Paese. Abbiamo visto come la fazione parlamentare degli Hezbollah abbia un potere di veto anche nei confronti del Parlamento in vista delle prossime elezioni politiche.
Ciò che chiediamo con questo ordine del giorno, quello che chiede la delegazione radicale all'interno del gruppo Partito Democratico, è che si rafforzi il tribunale speciale istituito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 1757 affinché assicuri alla giustizia i responsabili dell'omicidio dell'ex premier libanese Rafik Hariri.
Chiediamo un impegno del Governo per sostenere anche politicamente questo tribunale, chiediamo al Governo italiano anche che la nostra presenza in Libano,Pag. 15che è una presenza fondamentale, anche di comando, evolva da una presenza di tipo militare tutt'al più impegnata anche nella ricostruzione delle infrastrutture ad un'esplicita attività (anche del nostro Governo) di sostegno alle riforme democratiche necessarie per rendere finalmente il Libano una democrazia costituzionale basata sul diritto di cittadinanza e non sulla appartenenza etnica o religiosa.
Credo che anche il Governo italiano - ed è questo l'impegno dei radicali - debba impegnarsi laddove è possibile e debba orientarsi laddove è possibile per promuovere democrazia e libertà. Questo è fondamentale per evitare guerre e stragi di vite umane (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Fava ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/7.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, il nostro gruppo ha scelto di ritirare gli ordini del giorno Gidoni n. 9/1802/5 e Chiappori n. 9/1802/6 che trattavano e affrontavano, in modo specifico, la tematica che, in modo più generico, viene affrontata nell'ordine del giorno in esame e che attiene al costo complessivo delle missioni internazionali e al fatto che, con troppa facilità in questo Parlamento, si abbia la tendenza a voler sistematicamente incrementare i fondi a favore delle missioni internazionali a prescindere dall'effettivo livello di utilità che tali missioni hanno ancora residualmente a livello internazionale.
Come ricordava l'onorevole Rugghia poco fa, abbiamo avuto modo di far visita a diverse missioni con la Commissione difesa nell'ambito delle quali ci siamo resi conto di quale sia il reale stato di avanzamento delle missioni stesse e di quanto si renda urgente e necessario un ripensamento generale in questo senso e un eventuale ridimensionamento di alcune di queste.
Vi sono situazioni come quella in Kosovo in modo particolare - ma per certi versi anche quella libanese - nell'ambito delle quali la nostra presenza è, allo stato attuale, assolutamente sproporzionata rispetto alle esigenze effettive. In Kosovo stiamo svolgendo attività di polizia militare e siamo una sorta di vigili urbani perché, di fatto, non svolgiamo attività vere e proprie di peacekeeping in quanto la fase conflittuale è terminata. Tuttavia, occorre escludere il doveroso e necessario mantenimento dei presidi a tutela di quelle che sono rimaste le enclave serbe e in particolare quelle serbo-ortodosse e greco-ortodosse nell'ambito delle quali vi è un timore effettivo che possano esistere e sussistere ancora rischi di rappresaglie.
Quindi, invitiamo il Governo a valutare l'entità del costo a carico del nostro Stato delle missioni internazionali (che hanno abbondantemente superato il tetto del miliardo di euro) e nell'ambito delle risorse che debbono essere necessariamente mantenute nel bilancio si provi ad ipotizzare un ripensamento e una riallocazione più funzionale e aggiornata in base alle necessità attuali delle missioni stesse.
Crediamo che sia importante - lo abbiamo sostenuto - l'impegno in Georgia, ma non solo. Con una serie di iniziative abbiamo sollecitato l'attenzione anche nei confronti di altri conflitti attualmente in essere. Non dimentichiamoci la situazione pesante del Congo. È un campo di battaglia nell'ambito del quale, con ogni probabilità, presto saremo chiamati a dare una nostra eventuale disponibilità, in termini di risposte e di uomini e, di conseguenza, di risorse. Per questo motivo continuiamo a pensare che alcune missioni che si sono di fatto esaurite o che sono considerate minori debbano essere definitivamente accantonate. Vi sono una serie di sprechi e crediamo che, pur mantenendo inalterata l'entità della disponibilità nel bilancio dello Stato in questo senso, questi sprechi debbano essere, in un certo qual modo, ridimensionati a favore di altre attività. Pertanto, non vogliamo stornare fondi dalla Difesa né tanto meno sottrarli alle missioni internazionali. Sosteniamo, invece, che sia necessario spenderePag. 16meglio e soprattutto prevedere il necessario reperimento, prossimamente, di ulteriori risorse per nuove missioni.
Per tale motivo mi auguro che il Governo voglia accettare l'ordine del giorno in esame prendendo, peraltro, in considerazione la nostra dichiarazione e la nostra dimostrazione di buona volontà con il ritiro degli ordini del giorno Gidoni n. 9/1802/5 e Chiappori n. 9/1802/6 che, per certi versi, hanno un po' suscitato alcune reazioni che non abbiamo ben compreso. Restano, comunque, intatte le premesse che in quegli ordini del giorno erano contenute e cerchiamo di fare in modo che almeno l'ordine del giorno in esame venga accettato, perché credo che esso rappresenti un segnale di razionalizzazione della spesa che, anche all'esterno, darebbe un senso più istituzionale all'attività che stiamo svolgendo. Istituzionale, intendo dire, e non corporativo.

PRESIDENTE. L'onorevole Beltrandi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/13.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame si occupa del conflitto tra Georgia e Russia.
Occorre subito dire che nelle premesse si fa un chiaro riferimento alle responsabilità russe in questa vicenda, sia per quanto riguarda l'intervento militare, sia per quanto riguarda il riconoscimento unilaterale dell'indipendenza dell'Ossezia e dell'Abkhazia da parte della Russia, sia anche per quanto riguarda i limiti della missione di monitoraggio dell'Unione europea, che non consente agli osservatori di recarsi, per esempio, nelle due province dell'Ossezia e dell'Abkhazia per verificare che i russi abbiano effettivamente rispettato gli accordi internazionali (sembra, infatti, che non l'abbiano fatto).
Ebbene, a questa missione partecipano anche gli italiani, con uno sforzo considerevole, ed è necessario che questa missione di monitoraggio, affinché abbia una qualche utilità, si possa svolgere anche in Ossezia e in Abkhazia.
Nella parte dispositiva, questo ordine del giorno si limita a chiedere che il Governo italiano chieda alla Federazione russa che il monitoraggio si possa svolgere nelle due province e che si nomini una Commissione internazionale per stabilire le cause del conflitto della scorsa estate su cui sappiamo esistono visioni e versioni piuttosto differenti e contrastanti.
Concludo dicendo che per il Governo, qualora venisse accettato l'ordine del giorno, si tratterebbe di correggere una linea che è sembrata a tratti filorussa e che soprattutto avrebbe come conseguenza quella di chiudere ancora una volta gli occhi sul rispetto dei diritti umani e sulla sicurezza in regioni che sono confinanti con l'Europa.
Dico: «ancora una volta», perché è già successo con riferimento alla Cecenia e l'Occidente e l'Europa (Italia compresa), anzi gli europei, come i cittadini di tutto il resto del mondo, stanno ancora pagando i costi dell'aver chiuso gli occhi sulla Cecenia. Quindi, mi auguro che il Governo voglia cogliere questa occasione per ristabilire l'importanza del rispetto dei diritti umani anche in queste aree che sono molto spesso dimenticate (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Maurizio Turco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/14.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, l'ordine del giorno n. 9/1802/14 ha a che fare con le condizioni di stabilizzazione dell'Afghanistan per il raggiungimento di adeguati livelli di sicurezza per la popolazione attraverso il controllo del territorio e un livello di sufficiente sviluppo economico e di promozione sociale.
Sappiamo che per ottenere questi risultati, come peraltro è previsto nelle risoluzioni delle Nazioni Unite in materia, è importante la definizione di un'efficace strategia di riconversione delle coltivazioni illegali di oppio. Il ruolo del nostro Paese può essere importante; infatti, non per grandi meriti, ma solo perché siamo i più importanti contribuenti, abbiamo diritto ad occupare il posto di direttore dell'agenzia dell'ONU contro il crimine e la droga.Pag. 17
Purtroppo, nel passato, direttore è stato l'ex senatore Giuseppe Arlacchi, colui che era convinto che in dieci anni era possibile cancellare le coltivazioni illegali di droga dal pianeta, arrivò al punto di finanziare i talebani per un progetto di questo tipo, finanziò anche gli iraniani, ma né in Iran, né in Afghanistan e in nessuna parte del mondo, una qualsiasi strategia di eradicazione o di riconversione delle coltivazioni illegali di oppio ha avuto fortuna.
Ce lo ricorda peraltro l'attuale direttore dell'Agenzia dell'ONU contro il crimine e la droga, il dottor Antonio Costa, il quale ha sostenuto che l'eradicazione è stata inefficiente in termini di risultati, ma molto costosa in termini di vite umane. Vi è un conflitto all'interno del conflitto afgano che è relativo alla lotta alla droga.
Qui non si propone la legalizzazione del mercato illegale della droga, il cui monopolio è attualmente nelle mani della criminalità. Chiediamo al Governo di impegnarsi a sostenere nelle sedi internazionali competenti ogni iniziativa volta ad individuare un'efficace strategia di contrasto alla coltivazione e al commercio illegali di oppio. Questo sarebbe possibile, così come lo è stato in passato, per esempio, in Turchia, dove esistono vaste estensioni di coltivazioni legali di oppio destinate per esempio alla terapia contro il dolore.
Il Governo italiano, anche attraverso il dottor Antonio Costa, attuale direttore dell'Agenzia dell'ONU contro il crimine e la droga, avrebbe la forza di sostenere questa iniziativa per introdurre all'interno del conflitto afgano un momento in cui, attraverso questi programmi, si possa togliere almeno la forza economica che deriva dal controllo del territorio a coloro che dalla coltivazione illegale dell'oppio ricavano potere e ricchezza.
Mi auguro che il Governo possa sostenere e sostenga questo nostro ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Rosato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/19.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, con questo ordine del giorno cerchiamo di portare all'attenzione dell'Assemblea un tema particolarmente sensibile che ci sta a cuore e che sono convinto stia a cuore anche a tanti altri colleghi di maggioranza e opposizione. Si tratta della questione del Congo. Tra le missioni cui partecipano le nostre Forze armate, questo è un ambito sul quale non interveniamo, ma è un tema all'attenzione di questo Paese e dell'opinione pubblica per la drammatica situazione che si è venuta a creare. Le stime dei profughi sono altissime, le ultime notizie che arrivano anche da Amnesty International parlano di una catastrofe che coinvolge un milione di persone, ci sono migliaia e migliaia di bambini che ormai sono senza alcuna difesa. Le missioni internazionali attivate dalle Nazioni unite sono quasi impotenti di fronte all'immane tragedia che si sta consumando in quel Paese.
Rispetto a tutto ciò, con il nostro ordine del giorno, intendiamo impegnare il Governo in maniera molto più efficace di quanto è stato fatto fino adesso. Capisco la preoccupazione e la perplessità che il Ministro Frattini ha espresso giudicando assolutamente prematura l'ipotesi che i 27 Paesi dell'Unione europea attivino una missione per rafforzare quella dell'ONU, ma credo che in una situazione di carattere umanitario così grave non si possa restare indifferenti.
In questo senso, c'è bisogno di risorse economiche e quelle fino ad ora stanziate dal Governo italiano sono assolutamente insufficienti, così come c'è bisogno anche di una politica e di un'attenzione internazionale assolutamente diversa su questo punto. Il Congo è un Paese senza petrolio in cui le materie prime non fanno ancora gola ai Paesi industrializzati, ma questo non toglie nulla alla drammaticità di quella situazione umana che si sta vivendo in quella parte dimenticata dell'Africa.
C'è bisogno che i nostri Paesi facciano uno sforzo comune e, se l'Unione europea e il nostro Paese vogliono avere un ruolo internazionale forte, lo devono esercitare anche quando iniziative così drammatiche avvengono in scenari a noi più lontani.Pag. 18
In questo senso noi chiediamo un impegno forte al Governo, un impegno che ha un senso molto politico, con la «p» maiuscola, che significa avere la capacità di rilanciare iniziative diplomatiche coinvolgendo anche tutti gli attori regionali. Rammento, lo dico senza volontà di parte, il grande sforzo che è stato fatto dal Governo Prodi per ricostruire un rapporto forte con quel continente. Credo che quella strada debba essere ripresa, cercando di consolidare partnership e un ruolo in un'area così abbandonata.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,50)

ETTORE ROSATO. Credo che dobbiamo dare una risposta anche a quelle immagini televisive che ogni tanto passano sui nostri telegiornali che impressionano i nostri concittadini e che interrogano anche le coscienze di tutti noi, rappresentando un'azione diplomatica e una volontà del Governo di agire.
Chiudo ricordando come, se è pur vero che i militari italiani sono impegnati in molti scenari all'estero, una valutazione in sede europea vada fatta. Oggi il Segretario generale della Nazioni Unite ha chiesto al Consiglio di sicurezza di inviare altri tremila soldati nell'est del Congo. Credo che all'Assemblea delle Nazioni Unite che si terrà il 26 novembre il Governo italiano debba andare con una disponibilità a coinvolgere l'Unione europea in maniera più forte su questo scenario e con la consapevolezza che le situazioni di crisi che insorgono in quel continente, se non vengono regolate e se non trovano una composizione in quell'area, porteranno a delle ripercussioni negative anche nel nostro Paese, oltre a essere un dato che dal punto di vista umanitario non è più sostenibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Villecco Calipari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/20.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno abbiamo posto l'attenzione, e chiediamo l'attenzione del rappresentante del Governo, sulla copertura finanziaria delle missioni internazionali. In effetti si è dimostrato, proprio con un incremento di 90 milioni di euro per quanto riguarda il decreto-legge, che il Fondo previsto per le missioni internazionali di un miliardo non è più sufficiente a coprire le esigenze relative al nostro intervento in aree di conflitto.
Per quanto attiene a quella che noi riteniamo essere una esigenza imprescindibile, non possiamo quindi non sottolineare che la rilevanza della copertura finanziaria sta nel fatto che gli stanziamenti vadano a pesare sul bilancio della difesa. Senza ombra di polemica, perché le nostre battaglie politiche in quest'Aula le abbiamo già fatte durante la discussione sulla manovra economica triennale e sulla finanziaria la scorsa settimana, non possiamo sottacere i tagli che lo stesso Ministro La Russa, pur avendoli negati in sede di manovra triennale, ha poi dovuto riconoscere.
In effetti i tagli fatti alla difesa sono stati già operati - c'è una storicità nel comparto - negli anni 2005-2006; sono stati poi fronteggiati con un'attenta opera di gestione e anche con l'assunzione del risk management privilegiando solo la prima linea, ovvero i reparti impegnati fuori area; ciò è avvenuto però a detrimento del livello addestrativo complessivo, della formazione del personale e soprattutto delle scorte e delle manutenzioni obbligatorie che, come tutti capiscono, incidono poi sull'operatività e l'efficacia delle nostre Forze armate.
Tale situazione, in effetti, non era sostenibile, tanto che in qualche modo, proprio durante il Governo Prodi, si è cercato di attenuarla, con riferimento agli anni 2007-2008, con un'inversione degli stanziamenti a bilancio. Ciò ha consentito, quindi, alle Forze armate di onorare gli impegni assunti in campo internazionale, di cui oggi discutiamo, che fanno il grandePag. 19prestigio internazionale del nostro Paese che poi viene ascoltato nelle sedi e negli organismi internazionali.
Pur avendo avuto un recupero minimale negli anni 2007-2008, rimane effettivamente un gap notevole che occorre colmare. Come dicevo prima, la manovra finanziaria e la manovra economica triennale di luglio, complessivamente, hanno determinato un decremento che non è di scarso rilievo perché va ad incidere proprio sul nostro strumento militare e, soprattutto, sulla nostra capacità di agire nei teatri esteri. È un decremento che ha comportato un taglio da circa 20,3 miliardi di euro per il 2009 a 18,9 miliardi di euro per il 2011. Si tratta di una differenza tra input finanziario e output richiesto all'apparato militare che rischia irrimediabilmente di compromettere le capacità produttive dell'organizzazione (è il cosiddetto rischio di insolvenza organizzativa).

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Pertanto, questa è la motivazione per cui l'ordine del giorno a mia prima firma intende sottolineare la necessità di una copertura e, quindi, dell'adozione da parte del Governo di provvedimenti necessari affinché il Fondo per le missioni sia dotato di risorse sufficienti, perché non si concretizzi il rischio di compromettere l'operatività delle nostre Forze armate.
Ieri ho letto una dichiarazione del Ministro La Russa, fatta a margine dell'audizione in Commissione difesa qui alla Camera, nella quale il Ministro ha affermato: «Questi sono tempi di vacche magre; tuttavia, logiche di spesa non incideranno su protezioni militari».

PRESIDENTE. Deve concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Il vero problema per cui è stato presentato questo ordine del giorno, che mi auguro venga accettato dal Governo, è quello di tutelare la sicurezza dei nostri soldati e, soprattutto, la loro efficacia operativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole La Forgia ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Recchia n. 9/1802/21, di cui è cofirmatario.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, illustro rapidamente l'ordine del giorno Recchia n. 9/1802/21 di cui non sono il primo firmatario, ma che pure ho sottoscritto, per informare l'Assemblea del fatto che con esso ci proponiamo di attirare l'attenzione sulla missione in Kosovo.
Siamo stati spinti a presentare questo ordine del giorno anche in relazione alla contestuale presentazione di un altro ordine del giorno, sottoscritto dai colleghi della Lega, nel quale si chiede di ridurre l'impegno del contingente italiano in quel Paese. Noi riteniamo eccessivamente ottimistica la valutazione lì espressa sulla situazione dell'area e non crediamo che sia possibile procedere ad una smobilitazione del contingente, che i colleghi della Lega ritengono superiore alle effettive necessità, perché, al contrario, lo riteniamo assolutamente indispensabile. A nostro avviso la situazione del Paese non si è stabilizzata; il processo di avanzamento, che pure si è registrato, è ancora fragile e si è mantenuto in condizioni, diciamo accettabili, proprio grazie alla presenza militare della NATO.
Il Kosovo rappresenta un'area cruciale insieme ai Balcani, di importanza strategica per l'Europa, quindi richiede il massimo della nostra attenzione.
Le condizioni di una stabilizzazione definitiva non consentono di abbassare la guardia e, in particolare, va sottolineato che nell'ambito della comunità internazionale noi siamo tra i più interessati alla stabilizzazione dell'area per l'evidente ragione della straordinaria prossimità al nostro territorio. Una riduzione dei soldati del contingente italiano sarebbe possibile unicamente qualora si decidesse in sede NATO una diminuzione complessiva dell'impegno in Kosovo, coinvolgendo tutti i Paesi partecipanti alla missione.
Tuttavia, proprio in relazione a ciò siamo convinti che non sia possibile abbassare la guardia anche in relazione aiPag. 20recenti episodi terroristici, quali l'esplosione della settimana scorsa presso la sede dell'International civilian office di Pristina, e all'impossibilità di far partire la missione approvata dall'Unione europea (denominata Eulex) a causa del permanere di disaccordi tra le parti coinvolte.
La presenza militare italiana all'estero, come abbiamo più volte detto, corrisponde alla nostra volontà di partecipare all'azione di sostegno alla pace e alla stabilità mondiale, concentrando le risorse più importanti nelle aree di crisi che possono influire direttamente sulla nostra sicurezza e continuando, contemporaneamente, a destinare significative risorse alla stabilizzazione di contesti che, apparentemente remoti, sono a noi legati dall'interdipendenza globale dei fenomeni di crisi.
Per questo motivo chiediamo al Governo di impegnarsi a mantenere inalterato il contributo italiano alla missione Kfor, mettendo inoltre in campo ogni iniziativa utile finalizzata alla costruzione di una convivenza possibile tra la parte serba e quella kosovara nel segno del rispetto reciproco della pace.

PRESIDENTE. L'onorevole Tempestini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/22.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, il mio ordine del giorno è centrato sulla questione dei diritti umani nei territori del Caucaso e, più in generale, nei territori dell'ex impero sovietico. Con questo ordine del giorno vogliamo dare un contributo ad una rimeditazione e ad una riflessione sul tema che è molto delicato e molto importante.
Abbiamo alle spalle un decennio, quello che ha visto la Presidenza americana di Bush e la corrente di pensiero dei neocon, dettare le regole del gioco anche in questo campo e che ha segnato di sé una stagione della politica per i diritti umani che oggi dobbiamo avere il coraggio di riconoscere come una stagione ricca più di ombre che di luci. Naturalmente, una politica dei diritti umani che si basi sulla forza e che in qualche modo si fondi sull'idea unilaterale, legata a quella di una superpotenza priva di vincoli, è un'idea dei diritti umani che, come la storia di questi anni ci insegna, si è scontrata con le dure repliche della storia stessa.
Per qualche verso l'approccio neocon è stato anche caratteristico del modo con il quale gli Stati Uniti hanno affrontato i problemi derivanti dalla crisi e poi dalla riorganizzazione dei Paesi usciti dal cono d'ombra dell'Unione sovietica, fino alle più recenti questioni relative al cosiddetto scudo satellitare antiterrorismo e alla questione (che ha qualche implicazione con l'idea dell'ampliamento della democrazia e la difesa dei diritti umani) del modo con il quale si debba procedere all'allargamento della NATO.
Insomma, si tratta di una serie di questioni dalle quali ricaviamo l'opinione, che mi pare sia suffragata ormai dai fatti, che occorra cambiare pagina. Naturalmente ci auguriamo - alcuni segnali vanno in questa direzione - che il primo a voler cambiare pagina sia il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, i cui primi segnali vanno appunto nella direzione di affrontare in termini multilaterali e, comunque, con maggiore attenzione verso gli interlocutori le questioni sul tappeto nell'area dell'ex Unione sovietica, che possiamo definire, per intenderci, area di vicinato tra Russia ed Europa.
Il mio ordine del giorno segnala questi aspetti e pone la questione che, per rafforzare la politica dei diritti umani, di cui l'Europa può e deve farsi paladina ed artefice, occorre inserirla in una politica di più ampio respiro, che deve vedere una stabilizzazione dei rapporti con Mosca (una stabilizzazione ed un miglioramento dei rapporti commerciali ed economici con la Russia), ma che deve saper accompagnare questo con una sua capacità di essere momento attivo di una politica che costruisce momenti di confronto e di dialogo.
Guardiamo tutti a Ginevra con grande attenzione, come ad un'occasione per far fare un passo avanti al rapporto tra i Paesi europei e la Russia per quanto riguarda laPag. 21Georgia e le sue minoranze, che hanno deciso una sorta di autoproclamazione della propria sovranità, che per l'Europa è inaccettabile.

PRESIDENTE. Onorevole Tempestini, deve concludere.

FRANCESCO TEMPESTINI. Sotto altro profilo, dobbiamo saper accompagnare ciò con una forte iniziativa ed una fermezza vera sulla questione dei diritti umani, a cominciare da quanto accade nella Russia di Medvedev e Putin (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Gozi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/24.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, l'ordine del giorno che mi accingo a illustrare riguarda lo sviluppo della politica europea di sicurezza e di difesa. Già l'Italia, in ambito europeo, è impegnata in settori importanti, di crisi. Pensiamo alla Bosnia, all'Afghanistan e alla Georgia. Stiamo registrando progressivamente dei passi in avanti, ad esempio, in materia di interoperatività dei reparti. Si stanno affinando anche le culture militari dei diversi Stati membri, ma certamente molto resta ancora da fare, come è emerso chiaramente nel caso del Caucaso, una storia positiva, ma eccezionalmente positiva. Infatti, il coordinamento europeo in materia di difesa non è sufficiente. Bisogna certamente rafforzare le azioni di coordinamento e di cooperazione tra Paesi membri nell'ambito della cosiddetta Pesd.
Ciò si può fare guardando agli altri grandi risultati dell'integrazione europea (pensiamo all'euro, a Schengen) attraverso maggiore flessibilità, favorendo - l'Italia, a nostro parere, deve essere in prima linea - le azioni di gruppi di Paesi, introducendo più flessibilità anche in materia di sicurezza e di difesa ed è urgente più flessibilità in materia economica, come tutti sappiamo, intorno all'eurogruppo.
È sempre più necessaria la flessibilità anche nel settore della difesa e della sicurezza, un settore in cui, tra l'altro, non basta la volontà politica di essere nel gruppo di avanguardia, ma occorrono anche le capacità militari. Quindi, occorre avere un chiaro programma di integrazione europea dal punto di vista delle capacità militari, dell'interoperatività e anche della formazione delle unità militari.
Per questo riteniamo che il Governo - senza attendere il Trattato di Lisbona, perché è già possibile adesso, all'interno dei Trattati o a margine di essi - debba adoperarsi per promuovere nelle sedi comunitarie il rafforzamento delle missioni internazionali nell'ambito della Pesd, una maggiore rotazione in termini di uomini e di mezzi e, soprattutto, cominciare a ricostituire le cooperazioni rafforzate.
Avevamo ravvisato l'inizio di tutto ciò, con molto speranza, nel vertice tra Francia e Regno Unito a Saint-Malo, ma quel percorso non ha avuto gli esiti che speravamo. Occorre riavviarlo oggi, anche alla luce della recente esperienza del Caucaso. Questo è il senso del nostro ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Narducci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/25.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, voglio ricordare che è anche merito del Parlamento italiano se si è giunti, il 3 dicembre 1997, alla firma della Convenzione di Ottawa per la messa al bando delle mine antipersona.
Nel frattempo, il cammino dei costruttori di pace ha portato alla distruzione di 42 milioni di mine antipersona, di cui oltre 7 milioni da parte italiana; di conseguenza, è stato dimezzato il numero delle vittime nell'ultimo quinquennio. Ma nel mondo ci sono ancora 160 milioni di ordigni di questo genere, detenuti da Paesi che non hanno aderito alla Convenzione di Ottawa.
Signor Presidente, nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, non possiamo esserePag. 22sordi agli appelli che ci spronano a fare di più per mettere fine a questo terribile dramma.
Vorrei ricordare l'appello del Segretario generale dell'ONU, Ban Ki-Moon, e di Papa Benedetto XVI per la messa al bando di queste armi di morte. Vorrei ricordare anche che il Parlamento italiano è stato il primo, approvando la risoluzione per lo sminamento del Kurdistan nel 1992, ad adottare uno strumento che ha costituito un modello per molti Paesi in Europa.
La nostra tradizionale solidarietà, però, è stata colpita dai provvedimenti contenuti nella manovra economica predisposta dal Governo, soprattutto per la drastica riduzione dello stanziamento destinato al Ministero degli affari esteri.
Non comprendiamo l'azzeramento delle risorse destinate allo sminamento degli strumenti di morte come le bombe a grappolo. Vi sono aree fortemente contaminate, come il Libano e l'Afghanistan, in cui si registra un elevato numero di vittime tra bambini, donne e popolazione civile.
Sono queste, signor Presidente, signor sottosegretario, le ragioni per cui chiediamo al Governo di accettare questo ordine del giorno, di adottare le iniziative più opportune per ripristinare gli stanziamenti occorrenti per rifinanziare la legge 7 marzo 2001, n. 58, relativa al Fondo per lo sminamento umanitario, e di promuovere iniziative di sensibilizzazione e formazione della popolazione afghana, in particolare dei bambini di quel martoriato Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/2.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per illustrare il mio ordine del giorno n. 9/1802/2. È un ordine del giorno che, come gruppo dell'Italia dei Valori, abbiamo presentato perché, dopo gli interventi che si sono susseguiti ieri, soprattutto con attenzione alla situazione determinatasi dopo la crisi fra la Russia e la Georgia, abbiamo voluto richiamare l'attenzione del Governo e chiedergli, soprattutto, di chiarire quell'elemento di ambiguità che traspare dall'ultimo rifinanziamento non delle missioni, ma in particolare della missione in Afghanistan.
Vogliamo che questa missione, al pari delle altre, possa continuare ad essere una missione di pace, di costruzione e di sostegno alla popolazione. Quello che ci ha preoccupato è l'introduzione, in questo decreto-legge di rifinanziamento, dell'autorizzazione all'impiego di quattro Tornado in Afghanistan come aerei da ricognizione; questo stride con la logica.
Non sono un esperto di tecniche militari, ma la ricognizione si fa con aerei senza pilota, non con i Tornado, che sono veri e propri strumenti da combattimento. Questo anche in considerazione del peggioramento della situazione di quel Paese; anche perché ricordiamo che, all'indomani dell'insediamento del Governo, il Ministro La Russa si dichiarò disponibile a rivedere le limitazioni dei caveat per l'impiego dei nostri militari, il che comporterebbe la necessità di rispondere ad eventuali richieste dell'ISAF in un tempo che scende, in questo modo, da 72 a 6 ore.
La situazione si presenta particolarmente delicata (abbiamo visto le recrudescenze degli ultimi tempi), anche in virtù dei propositi manifestati dal nuovo Presidente degli Stati Uniti; il Presidente eletto entrerà alla Casa Bianca il 20 gennaio e ha già affermato di concordare con Bush il ritiro dei contingenti militari americani in Iraq per concentrarli tutti in Afghanistan. In Afghanistan tra l'altro vi è la situazione, anche lì non ben chiarita, per cui, da una parte, esistono le azioni militari, vere e proprie azioni militari di guerra da parte degli americani con l'operazione Enduring Freedom, e, dall'altra, invece c'è il programma di peace-enforcing, di peacekeeping, che ricade sotto la responsabilità della NATO e con la presenza dell'ISAF.
Noi, con l'ordine del giorno in esame, impegniamo quindi il Governo ad attivarsi nelle sedi opportune affinché la missione in Afghanistan, nel pieno rispetto dell'articolo 11 della Costituzione, resti una missionePag. 23di pace, di costruzione, di sostegno alla popolazione, e la maggiore flessibilità dell'impiego del contingente italiano sia comunque inserita in un contesto limitato nello spazio e nel tempo. Ed infine, ad operare pertanto una seria riflessione sull'opportunità di rivedere i caveat, anche in linea con quanto emerso in sede di esame parlamentare del provvedimento in oggetto. Credo di poter già anticipare il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori sul provvedimento, però mi riservo di valutare il mio personale atteggiamento sulla base della risposta che il Governo vorrà dare all'ordine del giorno da me presentato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Barbi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/26.

MARIO BARBI. Signor Presidente, colleghi, l'ordine del giorno che illustro, come quello dell'onorevole Narducci che mi ha preceduto, riguarda l'impegno italiano, o forse dovrei dire il disimpegno italiano, per lo sminamento umanitario.
Tra pochi mesi, il 1 marzo 2009, ricorrerà il decimo anniversario dell'entrata in vigore del Trattato per la messa al bando delle mine antipersona. L'Italia celebrerà quell'anniversario con l'azzeramento delle risorse destinate ai fondi per lo sminamento umanitario, fondi che ammontavano a 2 milioni di euro nel 2008: una somma non enorme, ma importante. Nel 2009 non ci sarà un euro. La cifra di 2 milioni riveste un'importanza simbolica e un'importanza pratica.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 12,20)

MARIO BARBI. Secondo l'ultima relazione del Ministero degli esteri sull'attività svolta in questo ambito, riferita alla seconda metà del 2007, l'Italia, nel corso di quell'anno, aveva destinato allo sminamento 3 milioni di euro, di cui beneficiarono, tramite canali bilaterali o multilaterali, tra gli altri i seguenti Paesi: Libano, Bosnia, Angola, Mozambico, Sudan, Yemen e vari Paesi dell'America centrale e meridionale. Grazie al nostro contributo, in quei Paesi si sono potute bonificare aree minate lasciate in eredità da conflitti in corso o trascorsi, e che continuano a provocare vittime. Grazie a quel contributo, si sono salvate tante vite umane. Nel 2009, per quello che riguarda l'Italia, non sarà più così.
Non voglio polemizzare in questa sede sui tagli alle risorse dedicate alla nostra politica estera (il 20 per cento, complessivamente) e con il dimezzamento di quelle dedicate alla cooperazione; osservo, però, che una politica estera che rinuncia ad investire sulle iniziative umanitarie è una politica povera e miope che penalizza il nostro Paese, la sua immagine e la sua reputazione nel mondo. Rimediamo almeno in parte: ecco il senso di questo ordine del giorno che chiede al Governo di provvedere a rifinanziare intanto i Fondi per lo sminamento.
Credo che si tratti di un impegno che il nostro Paese deve confermare dal punto di vista morale e politico: è un impegno al quale il Governo non dovrebbe sottrarsi.
La decisione di mettere al bando le mine antipersona, lo ricordo, fu il risultato di una lunga campagna internazionale portata avanti da un'organizzazione dedicata a quello specifico scopo, e alla portavoce di quell'organizzazione venne conferito, nel 1997, il premio Nobel per la pace.
Il 1997 è l'anno in cui fu stipulata la Convenzione di Ottawa e il Trattato per la messa al bando delle mine antiuomo; quel Trattato, entrato in vigore, come ricordavo, due anni dopo, è stato firmato nel frattempo da 156 Paesi ed ha condotto a risultati importanti: 42 milioni le mine distrutte (7 milioni dall'Italia) e, inoltre, sono state ridotte della metà negli ultimi cinque anni le vittime di queste armi nascoste e micidiali.
Se questi sono risultati positivi, non voglio dimenticare che vi sono comunque una quarantina di Stati importanti che non hanno aderito al Trattato (tra questiPag. 24la Cina, l'India, la Russia, gli Stati Uniti, Israele, il Pakistan), e basta questo per capire che la campagna per rendere davvero universale il divieto delle mine antipersona è ancora lunga, mentre progredisce e va avanti la campagna internazionale per la messa al bando anche delle cluster bomb, le bombe a grappolo. Seppure il successo del Trattato di Ottawa abbia portato a ridurre l'uso delle mine, a metterle al bando e ad una sorta di divieto del commercio mondiale delle mine antiuomo, bisogna sapere che vi sono tuttora 160 milioni di mine in possesso di Paesi che non sono parte della Convenzione, che è ancora da completare la distruzione degli arsenali e che restano tante ed estese le aree contaminate da bonificare.
Tra di queste vi è la Bosnia-Erzegovina, su cui vorrei attirare una particolare attenzione: le vittime civili sono ancora molte e la contaminazione resta un ostacolo importante allo sviluppo di un Paese che fatica a raggiungere un equilibrio sociale e una stabilità politica (un Paese in cui sono insufficienti le attività di formazione e di sensibilizzazione della popolazione locale, e specialmente dei bambini, sul pericolo rappresentato dalle mine).
Ecco quindi, ripeto, il senso di questo ordine del giorno che mi auguro venga accolto, e che impegna il Governo ad adottare le iniziative utili a ripristinare il contributo italiano al Fondo per lo sminamento umanitario e a promuovere iniziative di sensibilizzazione e di formazione di tutte le popolazioni locali e programmi specifici destinati ai bambini sul pericolo rappresentato dalle mine e dalle bombe a grappolo inesplose.
Questi ordigni colpiscono principalmente i civili: la loro messa al bando, accompagnata dallo sminamento delle aree contaminate, è un contributo a limitare gli effetti dei conflitti armati sui civili ed è un contributo al progresso dell'umanità. L'Italia non diserti questa battaglia di civiltà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. L'onorevole Garofani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/27.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Signor Presidente, idealmente proseguo l'accorato, nobile e importante appello di molti colleghi, ultimo dei quali l'onorevole Barbi, su questo tema che ha già impegnato questa mattina l'Aula in sede di esame dell'emendamento.
Insistiamo non soltanto perché si tratta di sottolineare una parte nobile, umanitaria dell'impegno internazionale delle nostre Forze armate; in particolare, l'ordine del giorno a mia prima firma che mi accingo ad illustrare chiede di ripristinare il contributo italiano al Fondo per lo sminamento umanitario, promuovendo altre iniziative di sensibilizzazione e formazione, in particolare della popolazione libanese, e programmi specifici destinati ai bambini in relazione al pericolo rappresentato dal munizionamento inesploso, con particolare riferimento al sub-munizionamento antipersona disperso da bombe a grappolo.
Altri colleghi, da ultimo l'onorevole Barbi, hanno insistito nel sottolineare come su questo impegno, dal carattere bipartisan, si sono mobilitate le sensibilità di diversi schieramenti. Ciò è riconosciuto anche nelle relazioni che i Ministeri degli affari esteri, della difesa e dello sviluppo economico hanno messo a punto, proprio per sottolineare come la Convenzione di Ottawa, che è stata firmata da 156 Paesi, abbia dato un risultato importante e abbia consentito di disattivare quarantadue milioni di mine, di cui sette milioni da parte italiana.
Tuttavia, questo è un impegno che dobbiamo considerare anche dal punto di vista strategico, perché si tratta di un aspetto non secondario delle missioni internazionali delle nostre Forze armate. Non rileva soltanto l'aspetto umanitario (pur importante), ma anche quello strategico che contribuisce in maniera decisiva a rafforzare e a legittimare la presenzaPag. 25delle nostre Forze armate in teatri molto difficili quali i Balcani, l'Afghanistan e, in particolare, il Libano.
Del resto (forse ne abbiamo parlato poco, concentrandoci più sull'Afghanistan) in Libano lo scenario continua ad essere difficile. La risoluzione n. 1701, messa a punto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nell'agosto del 2006, ridefiniva i compiti di Unifil, prevedendo la costruzione di una fascia di sicurezza a sud del fiume Litani dove, lo ricordo, la presenza italiane è particolarmente importante (oltre 2.700 uomini). Quella missione, insieme all'esercito libanese, esercita un'azione cuscinetto per prevenire la ripresa delle ostilità. La risoluzione impegna il Governo libanese a sorvegliare i propri confini, in modo da impedire l'ingresso illegale in Libano di armamenti e materiali connessi e impegna, altresì, tutti gli Stati ad adoperarsi affinché armamenti, materiali bellici e assistenza tecnico-militare siano forniti solo su autorizzazione del Governo libanese o dell'Unifil.
Tra i nuovi compiti dell'Unifil, come definiti dalla risoluzione dell'agosto 2006, vi erano anche quelli di monitorare l'effettiva cessazione delle ostilità e di mettere in atto provvedimenti che impongano il disarmo di gruppi armati in Libano, nonché di prestare la propria assistenza per contribuire ad assicurare l'accesso umanitario alle popolazioni civili e il volontario e sicuro ritorno delle persone sfollate. Ricordo uno scenario drammatico: in quella guerra sono morte oltre 1.100 persone e oltre un milione sono state costrette a lasciare le loro case; sono stati danneggiati centocinquanta ponti e sessantamila abitazioni, di cui almeno quindicimila sono state rase completamente al suolo. In quello scenario, l'azione e l'intervento delle nostre Forze armate per operare sul terreno dello sminamento e per disinnescare questi ordigni - che colpiscono soprattutto la popolazione civile, in primo luogo i bambini che li considerano quasi dei giocattoli e spesso, inconsapevolmente, si avvicinano e ne rimangono vittime - è un impegno prezioso che contribuisce a rafforzare la credibilità e a legittimare ulteriormente un'azione importante, una presenza importante delle nostre forze militari sul territorio.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Garofani.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Concludo, signor Presidente. Per questi motivi, che non sono soltanto umanitari, ma strategici anche dal punto di vista politico della nostra presenza in questi teatri, io credo che un impegno esplicito del Governo, più volte sollecitato dal gruppo del Partito Democratico, sia dovuto e spero in un positivo accoglimento della nostra richiesta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Sarubbi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/1802/28.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, anch'io torno su questo tema, poiché è piuttosto importante. Anche il presente ordine del giorno, come i precedenti, affronta l'argomento delle mine antipersona, che non è tema di destra, né di sinistra: è piuttosto un tema caro alle persone di buona volontà che (ne sono sicuro) in quest'Aula non mancano.
Appena arrivato in Parlamento, insieme alla collega Isabella Bertolini del Popolo delle Libertà, ho presentato un progetto di legge per l'abolizione delle cluster bomb, le bombe a grappolo. La proposta è stata assegnata alla Commissione esteri e spero venga calendarizzata presto; essa ha comunque trovato molti firmatari sia nella maggioranza, sia nell'opposizione.
Il 3 dicembre, l'Italia firmerà ad Oslo la Convenzione che mette al bando queste munizioni cluster, armi indiscriminate che disseminano i territori colpiti di pericolosissimi ordigni inesplosi, ma innescati. Questa, in realtà, è una buona notizia, però da sola non basta. Non bisogna dimenticare, infatti, la sofferenza delle popolazioni già colpite da mine e da residuati bellici esplosivi, che vivono accantoPag. 26a territori contaminati e che, in molti casi, purtroppo, ne hanno già patito le conseguenze sulla propria pelle.
Un attimo fa ho fatto riferimento alla Convenzione di Oslo sulle cluster bombs. Vorrei ricordare che questa Convenzione è stata sostenuta da un ordine del giorno votato all'unanimità dal Senato il 28 maggio scorso. Per le mine antipersona esiste, invece, la Convenzione di Ottawa, che è stata firmata - lo abbiamo già ascoltato - da 156 Paesi, tra cui l'Italia. È vero che grazie a questa firma si è già provveduto alla distruzione di 42 milioni di mine, di cui oltre 7 milioni da parte italiana e che negli ultimi cinque anni sono state dimezzate le vittime causate delle mine antipersona. Tuttavia, è altrettanto vero che i 42 milioni di mine distrutti, che sembra una cifra impressionante, rappresentano soltanto un quinto di tutte le mine in circolazione: ne restano, infatti, ancora più di 160 milioni, tuttora in possesso di Paesi che non hanno firmato la Convenzione di Ottawa oppure di attori non statuali. Proprio il Ministero degli affari esteri, quello della difesa e quello dello sviluppo economico hanno messo in evidenza, nell'ultima relazione sull'attuazione della legge per la messa al bando delle mine antipersona, la necessità di distruggere gli arsenali esistenti e di sminare quanto prima le aree contaminate. Stiamo parlando di vite a rischio e di probabili emergenze umanitarie future che è possibile evitare.
Se siamo tutti d'accordo, allora, qual è il problema? Quello solito, purtroppo: la spesa. I tagli dell'ultima manovra economica hanno azzerato il Fondo per lo sminamento umanitario, creato nel 2001 con il sostegno di tutti gli schieramenti. A cosa serve questo Fondo? A campagne di educazione sulla presenza delle mine e sulla riduzione del rischio; al censimento, alla mappatura, alla demarcazione e alla bonifica di campi minati; all'assistenza alle vittime; alla ricostruzione e allo sviluppo delle comunità che convivono con la presenza di mine; al sostegno all'acquisizione e al trasferimento di tecnologie per lo sminamento e così via. Il Fondo per lo sminamento, come dicevo, è stato azzerato e questo è un disimpegno che stride con gli impegni internazionali. A Dublino, infatti, abbiamo firmato, insieme ad altri 100 Paesi, un accordo internazionale per la messa al bando delle mine antipersona. Quando il Papa, in un Angelus di maggio, lanciò un appello internazionale per bandire le armi più crudeli, tutti gli schieramenti politici si dissero d'accordo.
Ogni anno si registrano migliaia di nuove vittime di mine e ordigni inesplosi, l'85 per cento delle quali sono civili e il 20 per cento sono bambini. Il numero di vittime civili resta rilevante anche in luoghi dove la guerra è finita da tempo, come il Kosovo: l'esercito jugoslavo in Kosovo usò delle mine, l'UCK usò mine, la NATO lanciò bombe a grappolo, che oggi hanno lasciato sul territorio diverse migliaia di ordigni inesplosi (le stime vanno da 14 mila a 56 mila, ma è comunque un numero rilevante). Chiaramente, la presenza di mine costituisce un ostacolo serio allo sviluppo di un Paese ancora politicamente e socialmente instabile. Sono ancora insufficienti anche le iniziative di informazione e sensibilizzazione della popolazione locale, con particolare riferimento ai bambini che - attratti da quelle sub-munizioni deposte sul terreno, che sembrano giocattoli - sono tra i soggetti particolarmente esposti.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANDREA SARUBBI. Vorrei concludere ricordando l'impegno dell'ordine del giorno a mia prima firma, che è quello di adottare iniziative utili a ripristinare il Fondo per lo sminamento umanitario, promuovendo iniziative di sensibilizzazione e formazione della popolazione locale, tanto serba quanto kosovara, programmi di mine risk education destinati ai bambini.
A me sembra un segnale importante in vista della Conferenza di Oslo, perché l'Italia non può presentarsi ad Oslo a mani vuote: è una occasione, insomma, per dimostrare la nostra credibilità internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. È così esaurita la fase dell'illustrazione degli ordini del giorno.
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Zacchera n. 9/1802/1.
Sull'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1802/2, il Governo non può esprimere parere favorevole. Onorevole Evangelisti, il Governo non si può riconoscere nella visione che lei dà, in particolare nelle premesse.
La missione in Afghanistan è una missione di pace, lo è sempre stata; è proprio per perseguire questi obiettivi di pace, all'interno della complessa situazione afghana, che il Governo intende rafforzare il nostro ruolo, per quanto riguarda la costruzione del Paese, con l'invio di quaranta carabinieri in più per la formazione della polizia afghana. Il Governo ritiene, altresì, che sia strumentale al raggiungimento di questi obiettivi di pace, l'invio anche dei velivoli Tornado, in quanto, proprio per le loro caratteristiche, permetteranno una maggiore vigilanza del territorio, una riduzione del rischio di coinvolgimento dei civili e una maggiore sicurezza per quanto riguarda i nostri soldati. È per questa ragione che mandiamo i Tornado: sono i velivoli adatti a questo impiego.
Per la stessa ragione, la modifica dei caveat va vista come efficientamento dell'impiego del nostro contingente a tutela non solo dei nostri soldati, ma anche di quelli della coalizione. Non vi è alcun intento offensivo, non sta cambiando la natura della missione, ci riconosciamo negli obiettivi della missione, che sono quelli presi a livello NATO, non è cambiato nulla ed è per questa ragione che non mi sento di accogliere il suo ordine del giorno.
Il Governo, pertanto, invita al ritiro dell'ordine giorno Evangelisti n. 9/1802/2, a conferma che non è cambiato nulla e che la missione in Afghanistan è, ancora una volta, una missione di pace e per la pace, ancorché in un contesto complesso in cui, purtroppo, ancora oggi, non possiamo fare a meno di una presenza militare.
Il Governo, inoltre, non può accogliere l'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1802/3.

PRESIDENTE. Quindi, il parere è contrario.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Sì, signor Presidente, il parere è contrario sull'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1802/3. Il Governo esprime, invece, parere favorevole sull'ordine del giorno De Angelis n. 9/1802/4, mentre gli ordini del giorno Gidoni n. 9/1802/5 e Chiappori n. 9/1802/6 sono stati ritirati.
Il Governo accetta, altresì, l'ordine del giorno Fava n. 9/1802/7, a condizione che venga riformulato nel modo seguente: al secondo capoverso della premessa, il Governo non giudica «impraticabile» ma sicuramente «di difficile praticabilità» l'aumento delle dotazioni del Fondo. Per quanto riguarda il dispositivo, dopo le parole «a razionalizzare» andrebbero espunte le seguenti parole: «senza variazioni di spesa». Il Governo, infatti, si riserva di valutare quali effetti la razionalizzazione possa avere sulle spese. Pertanto, il parere del Governo sull'ordine del giorno Fava n. 9/1802/7 è favorevole a condizione che queste due piccole riformulazioni vengano accettate.
Il Governo accetta, quindi, l'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8. Per quanto riguarda l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9, il Governo esprime una particolare soddisfazione nell'apprezzare questo ordine del giorno, in relazione alle sue premesse, che sono fattuali, concrete e ben articolate, e in relazione anche al dispositivo, in quanto gli impegni proposti al Governo in effetti descrivono in maniera efficace le linee guida della politica di questo Governo, e non solo oggi, in particolare con riferimento alla missione in Afghanistan. Questo Governo e le forze che fanno parte della sua maggioranzaPag. 28oggi (ma anche nel passato: ricordiamo che la missione in Afghanistan è iniziata nel 2001 in un diverso contesto anche operativo e con una diversa articolazione di maggioranza) ritengono che questi siano punti che hanno sempre fatto da fondamento alla nostra azione politica. Fa particolarmente piacere, quindi, esprimere parere favorevole sull'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9, a testimonianza che dopo momenti difficili vissuti nella scorsa legislatura (difficili sia in relazione al peculiare rapporto tra il Governo di allora e la sua maggioranza, sia anche tra le forze dell'opposizione di allora e della maggioranza), esistono ancora margini per una posizione fortemente condivisa su tematiche centrali della politica estera del nostro Paese, a testimonianza della raggiunta maturità della nostra democrazia e del condiviso ruolo che il nostro Paese vuole giocare. Pertanto, ripeto, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Vernetti n. 9/1802/10, il Governo ha grande attenzione per questa tematica. Come lei ha espresso nel suo ordine del giorno, gli eventuali interventi potranno essere considerati a partire dal prossimo anno, pertanto il Governo accetta l'ordine del giorno Vernetti n. 9/1802/10, a condizione che il secondo capoverso del dispositivo venga riformulato nel modo seguente: «a valutare la possibilità di reperire le risorse necessarie per consentire l'invio da parte dell'Italia, a partire dal prossimo decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali che verrà presentato presumibilmente nel mese di gennaio, di alcuni mezzi dotati delle caratteristiche necessarie per la perlustrazione dell'area in conflitto, quale possibile contributo italiano alla missione UNAMID».
Infatti l'intervento potrà esplicitarsi solo nel corso del prossimo provvedimento. Il Governo ritiene opportuno concedersi maggiore elasticità nell'individuazione dei mezzi più adatti nonché operare una valutazione più complessa sulla possibilità di partecipazione a tale missione. Pertanto, esprime parere favorevole se le riformulazioni proposte sono accettate. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Bernardini n. 9/1802/11, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1802/12. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1802/13, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1802/14.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Mecacci n. 9/1802/15 a condizione che venga riformulato espungendo dal dispositivo le parole da: «e provvedano» fino alla fine del periodo. Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Libè n. 9/1802/17 a condizione che sia riformulato nel senso di espungere il primo e il secondo capoverso del dispositivo; dunque, l'ordine del giorno in esame è accettato limitatamente al terzo capoverso del dispositivo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Rugghia n. 9/1802/18 a condizione che il dispositivo sia riformulato come segue: «a riferire in Parlamento nell'ambito della relazione semestrale prevista dall'articolo 14 della legge 11 agosto 2003, n. 231, sull'andamento della missione UNIFIL in Libano, fornendo elementi conoscitivi sulle dotazioni, le attività, i mezzi impiegati e sulle condizioni di impiego del personale impegnato nella missione». Quindi il Governo intende impegnarsi a riferire in Parlamento, come è peraltro previsto in altro dispositivo, e non a presentare una relazione scritta.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Rosato n. 9/1802/19 a condizione che il dispositivo sia riformulato come segue: « a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a stanziare, quanto prima, risorse adeguate a fronteggiare la crisi umanitaria in atto nella regione e ad adottare ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi internazionali, atta a rilanciare un'iniziativa diplomatica che, coinvolgendo tutti gli attori regionali, possa portare quanto prima ad una soluzione politica dei conflitti in atto».Pag. 29
Il Governo accetta l'ordine del giorno Villecco Calipari n. 9/1802/20 purché il dispositivo sia riformulato nel senso di sostituire le parole: «i provvedimenti» con le seguenti: «le iniziative», in modo da ottenere una formulazione analoga a quella dell'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8, che è stato accettato dal Governo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Recchia n. 9/1802/21 a condizione che la prima parte del dispositivo sia riformulata come segue: «Impegna il Governo a mantenere inalterato il supporto e a valutare la possibilità di confermare l'attuale contributo italiano alla missione Kfor adottando ogni iniziativa», il resto rimane uguale. Quindi, si chiede una diversa articolazione della prima parte del dispositivo. Il Governo accetta l'ordine del giorno Tempestini n. 9/1802/22.
Il Governo accetta l'ordine del giorno La Forgia n. 9/1802/23, purché riformulato, analogamente all'ordine del giorno Recchia n. 9/1802/21, come segue: «Impegna il Governo a mantenere inalterato il supporto e a valutare l'opportunità di confermare il contributo italiano alla missione UNIFIL 2...».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Gozi n. 9/1802/24.
Con riferimento agli ordini del giorno Narducci n. 9/1802/25, Barbi n. 9/1802/26, Garofani n. 9/1802/27 e Sarubbi n. 9/1802/28, dal momento che la loro tematica è quella di iniziative in relazione al Fondo italiano per lo sminamento umanitario, il Governo lascia a verbale (ma non chiede una riformulazione) che esistono alcune differenze per le zone indicate che sono l'Afghanistan, il Libano, il Kossovo e anche la Bosnia Erzegovina su cui il tema è più attinente alle mine antiuomo tradizionali che a quelle a grappolo.
Pertanto si chiede ai proponenti di questi ordini del giorno se possano concordare di sostituire il dispositivo dei loro ordini del giorno con quello dell'ordine del giorno Sarubbi n. 9/1802/28. Do lettura del dispositivo: «ad adottare le iniziative utili a ripristinare il contributo italiano al fondo per lo sminamento umanitario, promuovendo altresì iniziative di sensibilizzazione e formazione di tutta la popolazione locale, nonché programmi di mine risk education destinati ai bambini, in relazione al pericolo rappresentato dal munizionamento inesploso, con particolare riferimento al sub-munizionamento antipersona disperso da bombe a grappolo». Se i presentatori riterranno possibile riformulare uniformando i dispositivi dei loro ordini del giorno nel modo indicato, il Governo li accetterà tutti.

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno.

ANDREA SARUBBI. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, non mi è chiaro il discorso del sottosegretario quando dice che gli ultimi quattro ordini del giorno...

PRESIDENTE. Ci arriveremo al momento del voto!

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente onestamente non ho capito qual è il parere del Governo sugli ultimi quattro ordini del giorno!

PRESIDENTE. Il Governo ha espresso parere favorevole a condizione che vengano riformulati.

ANDREA SARUBBI. Quindi, vuol dire che il parere sul mio ordine del giorno n. 9/1802/28 è favorevole?

PRESIDENTE. Sì, onorevole Sarubbi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, mi sembra che quando si parla del Darfur non si può dimenticare che lì è in atto un genocidio e per questo è necessario dedicare molta attenzione a questa tragediaPag. 30che, purtroppo, temo stia volgendo al termine. Sono convinta che ci troviamo di fronte ad un'epocale catastrofe umana: ciò che sta avvenendo nel Sudan e soprattutto nel Darfur è un genocidio vero e proprio, non esistono altri termini per definire ciò che sta subendo la popolazione civile da quasi cinque anni. I morti sono incalcolabili, le donne violentate, gli sfollati raggiungono ormai i quasi due milioni di persone, le loro terre sono state bombardate, devastate e persino bruciate, i raccolti distrutti e le abitazioni rase al suolo.
Si tratta di un genocidio davanti al quale l'ONU sembra deludere le aspettative di ogni uomo di buona volontà e più passa il tempo più sembra che l'ONU non sia in grado di difendere queste minoranze e le popolazioni restano inermi di fronte all'aggressione che li tocca, coinvolgendo anche le generazioni più giovani.
Le stime del conflitto variano a seconda delle fonti: si va dalle 50 mila vittime denunciate dall'Organizzazione mondiale della sanità fino alle 450 mila vittime denunciate da altre organizzazioni. Anche la comunicazione sul Darfur è difficile da ottenere con chiarezza e con concretezza e quindi è anche difficile mettere in luce i fabbisogni concreti sotto il profilo umanitario.
L'Italia è attualmente impegnata in Darfur con cinque ONG distribuite nel nord, nel sud ed a ovest, tutte quante impegnate in progetti di carattere sanitario ed etico. Nel Darfur ci sono le suore della carità, i padri comboniani, la Caritas; il Governo italiano è presente con la cooperazione italiana allo sviluppo.
A noi sembra che facilitare l'azione e l'intervento dell'ONU in maniera adeguata, anche attraverso un contributo specifico che possa venire dall'Italia, significa mettere uno stop a quella che possiamo considerare una guerra che da troppo tempo falcidia un Paese minandone anche le possibilità di ricostruzione e le possibilità di rilancio di una identità nazionale e di un'opportunità di benessere che coinvolga davvero. Ci sono malattie di cui si muore nel Darfur e di cui, invece, oggi si può essere ampiamente curati in altri Paesi.
Ci auguriamo davvero che lo Stato italiano, oltre a prendere in considerazione queste iniziative a carattere militare, possa affiancare ad esse anche il sostegno a tutte le iniziative di tipo umanitario.
Vorremmo veramente che non ci fosse questa tragedia, come quella dei bambini soldato in Darfur, per cui addirittura vengono avviati alla guerra bambini di undici, dodici o tredici anni semplicemente perché le generazioni precedenti sono scomparse.
Auspichiamo che si possa fare tutto il possibile per ricondurre e restituire questa regione, che peraltro è economicamente ricca, ricca di materie prime, di risorse energetiche e di petrolio, ad un benessere potenziale reale. Ciò contribuirà infatti a dare una dimensione di pace molto forte nella prospettiva non solo del continente africano ma anche di quella solidarietà internazionale di cui sentiamo tutti particolarmente bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, i pareri che il sottosegretario Cossiga, a nome del Governo, ha espresso sui vari ordini del giorno, come avrà potuto registrare lei, Signor Presidente, e come avranno potuto fare anche tutti i colleghi, sono largamente favorevoli e addirittura sono state avanzate molte proposte di riformulazione degli stessi. Ho contato pochi pareri contrari. In particolare, però, i pareri contrari si sono concentrati su due dei tre ordini del giorno proposti dal gruppo dell'Italia dei Valori e per uno, in particolare, di cui sono il primo firmatario - il n. 9/1802/2 - è stato formulato un invito al ritiro.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 12,50).

FABIO EVANGELISTI. Segnalo questo perché mi sembra di cogliere, anche daPag. 31questo tipo di discussione e di valutazione, una certa difficoltà, un certo imbarazzo e una certa ambiguità che permane soprattutto sui punti che mi ero permesso di evidenziare (in particolare sull'utilizzo dei quattro aerei Tornado in Afghanistan). Il sottosegretario mi ha risposto facendo riferimento ai quaranta carabinieri con compiti di organizzazione e formazione delle forze dell'ordine afgane.
In questo invito al ritiro colgo un certo imbarazzo. Personalmente ho anche provato a immaginare la possibilità di accogliere questo invito, ma francamente se lo accettassi non saprei, poi, come valutare non il complesso delle missioni, cui tutti siamo senz'altro favorevoli, ma la preoccupazione che ho manifestato in ordine all'Afghanistan.
Pertanto, a mia volta, mi permetto di chiedere al rappresentante del Governo se non possa, invece, il Governo stesso modificare il proprio parere, magari proponendo una riformulazione (possiamo discuterne) o accogliendolo come raccomandazione. Insomma, credo che abbiamo ancora qualche minuto per valutare meglio l'ordine del giorno n. 9/1802/2, di cui sono primo firmatario.
Per quanto riguarda, invece, il complesso degli ordini del giorno credo che davvero abbiamo evidenziato lo spirito bipartisan per il modo con cui abbiamo approcciato tale questione e per il senso di responsabilità con cui tutti noi sosteniamo lo sforzo e il ruolo dei nostri militari all'estero, senza distinzione alcuna. Sappiamo che alcuni sono impegnati in territori e in teatri particolarmente delicati mentre in altri luoghi, in realtà, per fortuna sono in via di superamento le contraddizioni che sono sorte in passato. Pertanto, mi piacerebbe davvero che anche questo nostro modesto contributo fosse accolto con spirito adeguato da parte del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Presidente, vorremmo votare! Gli ordini del giorno sono stati già illustrati!

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, le nostre Forze armate sono presenti, come tutti sappiamo bene, in molte parti del mondo per svolgere con coerenza e attenzione un servizio alla pace.
Va anche sottolineato che questa presenza si è sempre caratterizzata per una grande sensibilità umana, ma anche per il rispetto delle tradizioni culturali e religiose delle realtà in cui sono chiamate ad operare, una modalità di presenza che arricchisce e spiega il senso e il significato delle nostre missioni di pace e rafforza l'impegno a creare quelle condizioni favorevoli in tanti Paesi per il ripristino e il consolidamento della democrazia e delle libertà fondamentali.
Questo comportamento corrisponde al dettato costituzionale che obbliga tutti noi e il nostro Paese al rispetto del pluralismo e delle libertà, ma non si può parlare compiutamente di libertà se non si pone l'accento sulla libertà religiosa. Questo non è un dato consolidato in tutte le parti del mondo: ci sono paesi in cui le discriminazioni, e segnatamente in Afghanistan, e gli atti di violenza hanno colpito i non islamici e, in particolare, le persone di fede cristiana.
Credo che il Governo debba intervenire segnalando che in quel Paese le nostre Forze armate operano anche a sostegno del Governo legittimo e che, pertanto, in quel Paese vanno messe in atto tutte quelle iniziative per garantire la libertà religiosa, il diritto al culto, il diritto a professare ciò in cui si crede e, soprattutto, questo vale per coloro che non sono appartenenti alla religione maggioritaria dell'Afghanistan. Bisogna che il diritto di espressione della propria religione sia garantito anche nei confronti dei componenti delle nostre Forze armate con la dovuta assistenza.
Per quanto riguarda il Darfur credo che non possiamo (penso al Darfur perché fa parte della discussione di questa mattina, ma penso anche a quanto sta avvenendo in Congo e in molte parti dell'Africa)Pag. 32il nostro Paese non può stare solo a guardare.
C'è la necessità di mettere in campo un'azione più decisa, più incisiva e soprattutto nel Darfur per fare in modo che le risoluzioni delle Nazioni Unite siano applicate e che, pertanto, cessi questa guerra che sta mietendo molte vittime e che soprattutto pesa sulle donne, sui bambini e sulle popolazioni più inermi. È un problema che dobbiamo affrontare con grande attenzione, perché molte delle persone (e penso ai rifugiati) che stanno arrivando oggi sulle nostre coste, arrivano da quell'area perché sfuggono alla guerra e alla miseria.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SAVINO PEZZOTTA. Pertanto, credo che sia un dovere del nostro Paese intervenire in questa direzione.
Per quanto riguarda la Georgia mi limito ad affermare che credo che l'Italia debba fare ogni sforzo per garantire l'autonomia e l'indipendenza di quel Paese. Dobbiamo fare in modo che le pressioni e la voglia di egemonia della Russia siano fermate e che non si acceda alle risoluzioni e alle modalità con cui Putin vorrebbe stabilizzare quell'area.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vernetti. Ne ha facoltà.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, aggiungerò due parole sull'ordine del giorno sul Darfur che ritengo sia veramente, come altri colleghi hanno ricordato, la missione che non c'è. Nel caso del Darfur abbiamo un insieme, purtroppo, di tragiche ipocrisie. È stata approvata un'importante risoluzione all'unanimità nel Consiglio di sicurezza (la n. 1769 del 2007) con la quale si disponeva il dispiegamento di una forza di peacekeeping (Nazioni Unite e Unione africana) di 26 mila caschi blu.
Da allora, da quando è stata approvata questa importante risoluzione delle Nazioni Unite, alla quale l'Italia, come membro non permanente, ha dato un importantissimo contributo, sono continuati i massacri.
È continuato un gravissimo genocidio. Sappiamo quali siano le complicità del Governo di Khartoum, del regime sudanese nel genocidio e nei massacri. Sappiamo la ferocia delle milizie Janjaweed che seminano terrore e morte e che distruggono interi villaggi. Oggi si stima che le vittime civili del conflitto del Darfur siano tra le 300 e le 400 mila e i rifugiati siano oltre 2 milioni.
La risoluzione n. 1769 chiedeva agli Stati membri, accanto alla fornitura e al contributo di uomini, di 26 mila peacekeeper, anche la dotazione di alcuni sistemi militari, in particolare un contingente di diciotto elicotteri. Occorre tenere presente che il Darfur è una zona grandissima, si tratta di un territorio che è il triplo dell'Italia e per poter dispiegare questa forza di peacekeeping e di protezione dei villaggi e della popolazione civile sono necessari questi mezzi.
Ad oggi, nessun Paese della comunità internazionale ha ancora fornito diciotto elicotteri. Stiamo parlando di elicotteri per il trasporto truppe e di un piccolo contributo tecnico che però potrebbe salvare la vita a migliaia di donne, bambini e anziani di quella popolazione. Allora, chiediamo - accetterò, naturalmente, la riformulazione proposta dal Governo - che l'Italia faccia la sua parte. Si tratta di un grande contributo umanitario sotto forma di un incremento della dotazione tecnica del contingente di peacekeeper. Abbiamo tempo da qui a gennaio, lo potremo fare con il prossimo provvedimento, ma credo che forniremmo un grande contributo umanitario e politico per risolvere, porre fine, rallentare quello che oggi è un clamoroso genocidio in atto.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Buttiglione, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato...

MARIO TASSONE. Non è detto che vi abbia rinunziato!

Pag. 33

PRESIDENTE. Interpretiamo, al momento, la volontà dell'onorevole Presidente Buttiglione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, intervengo soltanto per invitare il Governo a rivedere il parere espresso su questo ordine del giorno con il quale non chiediamo nulla di strano e particolare. Ammettiamo che l'intervento militare è necessario, ma aggiungiamo che non è sufficiente e tra l'altro chiediamo soltanto al Governo di impegnarsi su un versante che non ha nulla di particolare, vale a dire aiutare quelle organizzazioni umanitarie che vogliono svolgere programmi di cooperazione internazionale e, quindi, dare ad esse maggiore sostegno da un punto di vista economico.
Riteniamo inoltre che da questo Parlamento debba arrivare un messaggio per una maggiore compenetrazione nel tessuto proprio della società civile di quei Paesi che dobbiamo aiutare. Chiediamo di non farlo soltanto attraverso l'impegno militare, ma anche - ritengo che da questo punto di vista possano essere tutti d'accordo - attraverso l'impegno umanitario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, intervengo brevemente solo per annunciare che, apprezzato l'accoglimento come raccomandazione dell'ordine del giorno, a mia prima firma, n. 9/1802/11, non insisterò per la votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mannino. Ne ha facoltà.

CALOGERO MANNINO. Signor Presidente, la valutazione che l'Unione di Centro compie del provvedimento in esame è positiva. L'Unione di Centro condivide la partecipazione degli osservatori italiani alla missione in Georgia, apprezza la missione europea di vigilanza, così come è stata istituita il 15 settembre e, con riferimento all'ordine del giorno presentato dai deputati del gruppo Italia dei Valori, potrei subito dire che l'Unione di Centro lo condividerebbe tutto se ne potesse condividere la parte finale relativa agli impegni.
Infatti, impegnare il Governo ad escludere che la Georgia possa entrare nella NATO rappresenta il punto di debolezza di questo ordine del giorno.
Credo che sia da tener presente il processo storico svoltosi dal momento della caduta del muro di Berlino che ha portato non pochi Paesi, nazioni e Stati della cortina ad integrarsi sempre di più in Europa. Si è venuta a creare una situazione potenzialmente di disagio tra la Russia e questi Paesi ex satelliti. Noi sappiamo dalla storia che tutte le volte che la Russia si è ritenuta isolata ai margini dall'Europa in altri scenari dell'Ottocento e del Novecento, la reazione della Russia stessa è stata di tipo nazionalistico. Però alla Russia è stata data un'opportunità, quella di integrarsi all'interno della NATO e di assumere quindi delle responsabilità da condividere con gli altri Paesi dell'Occidente; caduto il muro di Berlino, caduta la cortina di ferro non vi era più alcuna ragione perché il mondo fosse diviso in due, e sopratutto fosse divisa l'Europa: era infatti più ragionevole politicamente che si aprisse un cammino in comune.
Ciò non è avvenuto, tuttavia non bisogna perdere l'occasione per tenere sempre il colloquio, il dialogo e la collaborazione con la Russia su un piano di parità, ma non bisogna neppure ignorare che i Paesi affrancati dal condizionamento della cortina hanno la necessità di vedere garantita la loro dignità di Stati nazionali. È una scelta che ha fatto la Polonia, e anzi ne vediamo taluni atti a volte anche alquanto radicali. La posizione della Georgia non può essere diversa, perciò la sua integrazione all'interno della NATO deve essere un obiettivo agevolato dal Governo e dal Parlamento italiano. Si tratta di un'integrazione non antagonista e polemica con la Russia, ma un'integrazione che concorre a determinare un equilibrio in questaPag. 34fascia centrale dell'Europa sino a quando la Russia non troverà un modo per riaprire con la NATO un dialogo più proficuo che ci porti anche a superare la situazione di disagio.
Ritengo inoltre che sarebbe molto prudente che il Governo italiano si risparmiasse alcuni gesti che all'esterno potrebbero essere valutati in un modo molto critico. La solidarietà che si deve alla Georgia mi sembra una solidarietà irreversibile ed univoca.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, trovo davvero grave il mancato accoglimento dell'ordine giorno a mia prima firma da parte di un Governo che si dichiara impegnato nella politica di immigrazione, essendo questo ordine del giorno relativo alla collaborazione dell'Italia con la Libia proprio in materia di monitoraggio e controllo dei flussi migratori; in esso ci si richiama inoltre al rispetto dei diritti umani dei migranti per quanto riguarda la loro permanenza in Libia.
Segnalo che gli accordi senza condizioni che questo Governo ha assunto nei confronti di un regime come quello del colonnello Gheddafi che non rispetta al proprio interno le regole minime di diritto internazionale, e che quindi non può essere di minima garanzia al rispetto di accordi in sede bilaterale, sono davvero irresponsabili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
È irresponsabile dare denaro a chi (lo sappiamo benissimo perché i fatti lo hanno dimostrato) crea e usa le emergenze per poi battere cassa dicendo che vuole far fronte alle stesse emergenze. Chiedo pertanto al sottosegretario di rivedere il suo parere o perlomeno di rimettersi al voto dell'Aula.
Noi, componenti della delegazione radicale nel Partito Democratico, con questo ordine del giorno chiediamo di monitorare, attraverso le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative, quanto accade in territorio libico per quanto riguarda i rifugiati o coloro che richiedono lo status di rifugiato politico. Lo dico anche informando il Governo di una visita che ho effettuato con la mia collega Rita Bernardini in Calabria, sabato scorso, nei centri di accoglienza dei richiedenti asilo: se a gennaio gli ingressi, ad esempio nel centro di Crotone, erano 232, ad ottobre sono stati 846, con un'escalation iniziata da agosto, cioè da quando è stato siglato l'Accordo con la Libia (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico). Allora, mi chiedo se assicurare anche ai migranti che passano per la Libia i loro diritti umani in quel Paese, sarebbe un modo per arginare i flussi migratori nel nostro Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone (Commenti). Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Dopo la mia ci sono anche altre richieste di intervento. Vorrei dare il mio contributo, perciò in pochi minuti tenterò di esprimere una mia valutazione su questi ordini del giorno.
Signor Presidente, innanzitutto esprimo una valutazione di carattere generale che mi trovo a svolgere in ogni circostanza, e la reitero anche in questa occasione, sull'importanza e sul significato di questi atti di indirizzo parlamentare. È una materia che il Regolamento della Camera dovrebbe normare in termini più puntuali per dare senso e significato al lavoro che svolgiamo alla fine dell'esame dei provvedimenti, quando ci troviamo a valutare e, quindi, ad approvare o a respingere gli ordini del giorno.
Gli ordini del giorno presentati raccolgono un po' il senso del dibattito che abbiamo svolto ieri sulla missione in Georgia ma, soprattutto, recuperano l'esigenza di un confronto serio sulla politica internazionale che, come dicevamo noi anche intervenendo ieri sera, è mancato in questo Parlamento, ma che dovrebbe, invece, trovare maggiore cittadinanza, spazio ePag. 35confronto. Tant'è vero che gli ordini del giorno trattano dell'Afghanistan, di strategia, di equilibri mondiali, di rapporti tra est e ovest, della caduta del muro di Berlino.
In taluno di essi, che ho trovato interessante, si propone di creare una commissione di inchiesta a livello internazionale per capire quali siano le responsabilità. Da una certa parte politica ho sentito addebitare le responsabilità della situazione alla Federazione Russa, che sicuramente le ha e non può essere nascosto né ovattato, ma bisogna capire fino a che punto ci siano responsabilità soltanto da una parte, poiché quando si verificano queste situazioni di conflitto ci può essere anche, anzi, in questo caso c'è stata, qualche responsabilità dall'altra parte. Evitiamo di fare polemiche fini a se stesse, che non valgono, perché non avremmo così adempiuto al nostro diritto-dovere di avere il quadro chiaro sulla politica internazionale.
Concludendo, l'ultimo aspetti cui voglio riferirmi, signor Presidente, attiene al Fondo e allo status del militare, che è richiamato in qualche altro ordine del giorno: questa è una materia da definire in modo che non sia un fatto provvisorio, eventuale e precario, tra virgolette, quando ci troviamo a discutere di provvedimenti analoghi.
Credo che questa sia un'esigenza avvertita, che trasmetto per dare senso, significato e contenuto al nostro dibattito che mi auguro possa avere un seguito forte, non sia un caso isolato e non si chiuda semplicemente con questo disegno di legge di conversione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, come abbiamo già detto in molti interventi del mio gruppo, riteniamo che sia una partecipazione strategica, pur con le considerazioni di politica estera che riguardano il rapporto con la Russia e con gli altri Paesi che in qualche modo vivono un periodo di grande sofferenza nei rapporti e nel tentativo di dominare un'area geografica importante per la pace e per la stabilità dell'Europa e non solo.
Nell'esaminare gli ordini del giorno presentati in merito al disegno di legge di conversione del decreto-legge recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, riteniamo che sia giusto anche gettare uno sguardo, visto che gli ordini del giorno lo fanno, su altri aspetti. Tali aspetti riguardano complessivamente il tema delle missioni italiane all'estero e la presenza delle nostre Forze armate in molti luoghi strategici del mondo in una situazione di grande difficoltà, la quale può mettere a rischio l'obiettivo generale di portare la pace, lo sviluppo e il necessario lavoro per dare risposte alle popolazioni e l'esigenza di assicurare un ordinamento ed un'opportunità di sviluppo anche di parti geografiche del mondo che vivono in condizioni di grande difficoltà.
Riteniamo, inoltre, che mettere in dubbio - come fa ad esempio l'ordine del giorno Fava n. 9/1802/7 - la partecipazione italiana nel Kosovo e in Libano sia un errore. Già oggi anche i giornali parlano del lavoro importante che l'esercito italiano sta svolgendo e sta portando avanti in Libano, non soltanto per dare pace e serenità e per aiutare le popolazioni, ma anche per intervenire e svolgere attività di sminamento e attività che possono in qualche modo consentire gradualmente di portare la serenità di vita in quel territorio e in quella parte del mondo. Questi territori, infatti, hanno bisogno ancora di una presenza politicamente forte e significativa che sia in grado di offrire serenità e opportunità.
Quindi sull'ordine del giorno Fava n. 9/1802/7 esprimeremo un voto contrario, ritenendo che sia sbagliato, pur nell'ambito della necessità di rivedere la distribuzione dei contingenti italiani in tutte le missioni, ma senza toccare gli interventiPag. 36che l'Italia svolge in Kosovo e in Libano (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell'istituto comprensivo Dante Alighieri del comune di Marta in provincia di Viterbo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, credo che alcuni pareri espressi dal Governo sugli ordini del giorno presentati segnalino una certa ambiguità da parte di questo Esecutivo sulla politica estera che credo debba essere approfondita, anche in vista del rinnovo complessivo delle missioni che vi sarà nel prossimo gennaio. Da un lato, infatti, si assiste ad una proclamazione di fedeltà ad alcune alleanze storiche del nostro Paese, in particolare all'interno dell'Unione europea e con la NATO, ma poi, nei fatti, vi sono dei comportamenti che segnalano interessi ormai divergenti rispetto a quelli storici per il nostro Paese.
Credo se che su tale aspetto occorrerà un dibattito più approfondito. Non ritengo, infatti, che vi siano - come diceva il sottosegretario in precedenza - le condizioni per un impegno davvero bipartisan e significativo sulla politica estera di questo Parlamento.
In particolare, voglio riferirmi all'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1802/13 sulla Georgia, con il quale nel dispositivo chiedevamo due cose molto semplici che sono in linea con alcuni impegni che dovrebbero essere di tutta l'Unione europea e anche del nostro Governo. Questi impegni sono volti a far sì che ai monitors - ovvero le persone che stiamo inviando con questo decreto-legge che si occupa proprio dell'invio di una missione per monitorare quanto avvenuto in Georgia - che hanno il compito di monitorare, ovvero di verificare cosa accade in quel luogo, sia data la possibilità di avere accesso alle zone dove vi è stato il conflitto, in particolare nell'Ossezia del sud e in Abkhazia.
La Federazione russa ha deciso, per via unilaterale, di impedire l'accesso agli inviati dell'Unione europea, che hanno il compito di monitorare in Abkhazia e in Ossezia del sud.
Mi volete spiegare che tipo di monitoraggio è mai questo? Noi siamo presenti nel territorio della Repubblica georgiana (che l'Unione europea e il nostro Paese considerano ancora unita dal punto di vista territoriale, perché non sono state riconosciute, ma anzi condannate nettamente dal Consiglio europeo, le azioni unilaterali di riconoscimento da parte della Federazione russa dell'Abkhazia e dell'Ossezia del sud) e mandiamo a monitorare degli inviati che non possono entrare in quei luoghi.
Allora, accogliere quest'ordine del giorno come raccomandazione è, purtroppo, una presa in giro. È un impegno politico che il nostro Governo deve assumere rispetto a questa situazione. L'Aula su questo dovrà esprimersi con un voto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, sarò telegrafico. Ringrazio il Governo per aver accettato il mio ordine del giorno e, anche dopo aver ascoltato le precisazioni del Governo, desidero sottoscrivere l'ordine del giorno n. 9/1802/10 del collega Vernetti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, ci sono una serie di ordini del giorno, Cirielli n. 9/1802/8 e Villecco Calipari n. 9/1802/20, che tendono a rifinanziare le missioni all'estero, prendendo atto che le risorse stanziate oggi nel bilancio dello Stato sono insufficienti.
Faccio un breve riepilogo: la legge finanziaria per il 2007 ha finanziato laPag. 37partecipazione italiana alle missioni internazionali con un miliardo di euro, per ciascuno dei tre anni 2007, 2008 e 2009. Con il famigerato decreto-legge n. 112 del 2008, sono stati stanziati altri 90 milioni di euro per il 2008. Le spese effettive per la partecipazione italiana alle missioni internazionali aumenteranno complessivamente, per l'anno 2008, a circa 1 miliardo 165 milioni di euro. Pertanto, a tutt'oggi, le risorse stanziate nel bilancio non sono sufficienti a coprire le spese, considerando, fra l'altro, che, nella quantificazione di 1 miliardo 165 milioni di euro, sono comprese le spese di personale e di funzionamento, ma escluse quelle spese correlate alla maggiore usura dei mezzi e ai necessari interventi per il ripristino.
A seguito, poi, dei tagli lineari, apportati sempre dal decreto-legge n. 112 del 2008, sono stati ridotti, come sappiamo, gli stanziamenti del Ministero della difesa, facendo in modo che non sia più possibile attingere da questi per integrare il finanziamento delle missioni all'estero. Dalle schede tecniche ai vari atti che abbiamo approvato finora, emerge insomma che alla fine le risorse che mancano sono stimate oggi in circa 350 milioni di euro.
Noi siamo contenti che oggi il Governo abbia deciso di esprimere parere favorevole su quegli ordini del giorno che impegnano il Governo a ripristinare le risorse necessarie per le nostre missioni all'estero. Tuttavia, devo denunciare un fatto: trovo questa posizione un po' sclerotica. Infatti, non più tardi di una settimana fa, quando abbiamo affrontato la finanziaria per il 2009, sono stati respinti, da parte dello stesso Governo, tutti quegli emendamenti al bilancio che andavano nel senso di dare più fondi al Ministero della difesa per finanziare le missioni all'estero. Capisco che sia più facile cavarsela con un ordine del giorno, perché ha una forza molto limitata, però, signor Ministro, signor sottosegretario, noi staremo attenti e vigileremo affinché questi ordini del giorno trovino la necessaria corrispondenza nel bilancio dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sono rimasto davvero sorpreso dal parere contrario del Governo su un ordine del giorno che chiede di sostenere, nelle sedi internazionali, competenti iniziative volte ad individuare strategie efficaci di contrasto alla coltivazione e al commercio illegali di oppio.
Chi è che in Afghanistan si occupa della coltivazione e del commercio illegale di oppio? In Afghanistan si occupano della commercializzazione e della coltivazione dell'oppio i talebani.
Peraltro, il direttore dell'agenzia dell'ONU contro il crimine e la droga, nominato nel 2004 dal Governo Berlusconi, il dottor Antonio Costa, sostiene che l'eradicazione, l'unica politica alternativa alla coltivazione legale, è stata inefficiente in termini di risultati, ma molto costosa in termini di vite umane.
Parrebbe, anzi, è così, che il Governo voglia lasciare il monopolio della coltivazione, della commercializzazione e del traffico alla criminalità politica e comune, che in Afghanistan è rappresentata dai talebani, da coloro, cioè, che sparano su nostri soldati.
Trovo che ciò evidenzi una grande contraddizione, una miopia politica assoluta in termini di una proposta di buonsenso, in un campo come quello della politica estera e su un territorio come quello afghano, dove sappiamo benissimo, ma da decenni, non da adesso, che il problema dei problemi è la coltivazione e il commercio illegale di oppio, perché da quel territorio proviene il 90 per cento dell'eroina consumata nei Paesi occidentali.
È molto chiedere al Governo di impegnarsi a sostenere ogni iniziativa volta al contrasto della coltivazione e del commercio illegale di oppio? Noi crediamo di no!
Spero, signor sottosegretario, che lei riveda la posizione contraria che ha espresso (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, credo che il complesso degli ordini del giorno dia conto di un impegno largamente convergente del Parlamento sulle missioni italiane all'estero, sia in Afghanistan (ho visto che l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9 ha trovato, addirittura, l'encomio del Governo e mi pare un elemento di convergenza ragguardevole) sia sul ruolo dell'Europa in Georgia. È un fatto di grande rilievo, che riporta la politica estera nei suoi ambiti istituzionali perché dobbiamo renderci conto che non può bastare la simpatia personale del Premier né si può ridurre il nostro ruolo nel mondo ristretto degli interessi nazionali, che prescindono da una missione di pace e di sviluppo nel mondo.
A proposito della simpatia del Premier, penso che converrebbe riflettere sul fatto che Alcide De Gasperi, presentandosi alla Conferenza di pace di Parigi, non credo che brillasse per una particolare simpatia, eppure ebbe la forza e la schiena dritta per rappresentare gli interessi del nostro Paese, che era uscito sconfitto dalla guerra e che aveva problemi di recupero sia civile che sociale che morale.
Non è, quindi, un fatto di simpatia personale o di «pacche sulle spalle». Credo che la politica estera debba essere restituita a quell'esigenza di dignità, di dirittura, di rigore e di moralità che è fondamentale. Onorevoli colleghi, la crisi finanziaria e l'elemento di difficoltà della cosiddetta economia reale poggiano sui grandi squilibri mondiali che hanno caratterizzato le vicende di questi ultimi decenni. L'Occidente vive da tempo al di sopra delle sue possibilità e si indebita, mentre il mondo meno sviluppato cresce di più sia in termini di economia reale sia in termini di propensione al risparmio.
Diciamo che la finanza è impazzita proprio nel tentativo di cercare di mettere insieme l'Occidente, che non cresceva più, o gli Stati Uniti d'America, che pretendevano di crescere e di mantenere un certo ritmo di sviluppo drogato, con i Paesi emergenti, come la Cina e l'India, che, invece, dovevano lavorare in termini di economia reale, risparmiando anche per l'Occidente.
Questo richiede secondo me delle iniziative di politica internazionale molto adeguate, il rafforzamento del ruolo delle Nazioni Unite e l'esigenza in fondo di un Governo mondiale. Il fatto che il G20 abbia - ed ho finito - messo in soffitta proprio l'altro giorno il G8 dimostra che è scattata la legge del contrappasso dantesco per quelli che, criticando la globalizzazione, sono oggi costretti ad invocare una sorta di Governo mondiale per rispondere ai rischi e alle difficoltà della globalizzazione stessa; e c'è qualcuno, qualche ministro importante, che ha scritto anche dei libri su queste cose, raccordandosi alle tematiche che erano proprie della cosiddetta sinistra antagonista, che oggi deve invece riscoprire che solo un Governo mondiale, solo un G20 diversamente attrezzato può rispondere alle esigenze di fornire una risposta adeguata ad una crisi finanziaria che ha una portata gigantesca.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

BRUNO TABACCI. Questo vorrei dire, ossia che la politica estera - e ho davvero finito - va recuperata nel senso di capacità di lettura politica adeguata, con una stabilità di fondo che non può rappresentare che gli interessi mondiali nel loro complesso (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, noi abbiamo presentato un ordine del giorno sulla partecipazione italiana alla missione in Libano, e abbiamo cercato di spiegare i motivi per i quali per noi è importante mantenere questa presenza, nonché il livello di efficienza e di capacità operativa che il contingente italiano sta esprimendo nella regione. Abbiamo presentatoPag. 39tale ordine del giorno nel quadro dei riferimenti finanziari, delle disponibilità finanziarie che il Governo e il Parlamento, con la recente manovra, hanno assegnato al Ministero della difesa.
Cercavo di esprimere alcune perplessità (poi non ne ho avuto la possibilità, perché è finito il tempo a mia disposizione, di concludere il mio intervento) relativamente agli effetti che questi tagli avranno sull'operatività del nostro contingente. Facevo riferimento in Libano all'opera tra le più importanti che i nostri militari stanno svolgendo, che è quella dello sminamento dalle cluster bomb dei terreni che sono in prossimità dei villaggi e dei campi coltivati, che devono servire per la ripresa anche economica delle comunità del Paese; ciò rappresenta una condizione importante per ristabilire quel clima necessario a determinare l'autonomia del Libano, e il superamento delle condizioni che hanno imposto l'intervento internazionale attraverso la missione UNIFIL.
Credo che questi tagli comporteranno un maggiore stress per i nostri soldati; questi tagli obbligheranno i nostri soldati ad aumentare la loro attività, i loro ritmi di lavoro, e allo stesso tempo impediranno anche numericamente al contingente di avere il sostegno di un'adeguata rappresentanza.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO RUGGHIA. Ad esempio, per quello che riguarda le cluster bomb - e concludo - non possiamo pensare che i turni di 40 minuti, necessari agli operatori per operare in sicurezza con i mezzi di sicurezza, a 40 gradi all'ombra con tute pesantissime possano essere ampliati ulteriormente; quindi, se non rivediamo queste scelte in alcuni settori strategici fondamentali, fornendo garanzia e sicurezza alle popolazioni che è fondamentale, probabilmente non potremo avere la possibilità di svolgere al meglio la missione, per le funzioni che abbiamo specificato e che abbiamo assegnato ai nostri militari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nunzio Francesco Testa. Ne ha facoltà.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Signor Presidente, desidero accendere un po' i riflettori sulle risorse economiche e le missioni internazionali. Capisco bene che, considerate le condizioni economiche, si debba tentare di ridurre le spese sempre e su tutto.
Il tentativo tuttavia di farlo sulle missioni mi sembra improponibile, perché la riduzione delle stesse va necessariamente ad incidere sull'efficienza e sulla sicurezza.
Noi tutti sappiamo come sono composte le nostre Forze armate: esse sono composte da militari competenti e professionisti, ma anche da giovanissimi appena ventenni che assomigliano un po' ai nostri figli (anzi, sono come i nostri figli).
Abbiamo il dovere di stare vicino a loro e di non sottrarre quegli elementi di certezza, e quindi di massima sicurezza, di cui hanno bisogno. Faccio un esempio: volete che questi ragazzi non sappiano quanto un mezzo sia efficiente o meno, quanto siano sicure le loro misure di difesa nei confronti di eventuali attacchi?
Vengo al dunque: i fondi per il finanziamento delle missioni internazionali si aggirano intorno a 1 miliardo di euro per anno, ma in questa cifra non è prevista la quota relativa all'usura e al riammodernamento dei mezzi.
Le fonti di approvvigionamento di questa quota risiedono invece nel bilancio del Ministero della difesa, al quale è stata apportata una notevole riduzione.
L'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8 - mi riferisco soprattutto a questo, che so che è stato accettato dal Governo - esprime il dovere di ritrovare le risorse necessarie affinché per il 2009 sia coperta l'intera cifra (sia quella che riguarda le spese di gestione e di funzionamento, sia quella che riguarda invece la revisione e il riammodernamento dei mezzi), al fine di garantire che, in ogni momento, specie in quelli di emergenza (e sappiamo che l'emergenza in queste missioni è dietro l'angolo),Pag. 40siano assicurate la massima efficienza e la massima sicurezza. Signor Presidente, chiedo inoltre di poter apporre la mia firma all'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8 (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. La sua richiesta è accolta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, mi rivolgo al rappresentante del Governo innanzitutto per ringraziarlo della sensibilità dimostrata rispetto all'ordine del giorno Rugghia n. 9/1802/18 (e agli altri due dei due colleghi, che sono sostanzialmente simili); vorrei però sottolineare che si è chiesto di riformularne il dispositivo: io sono un ottimista e voglio interpretare il tutto non come una riserva mentale che procrastini sine die l'attuazione di ciò che il dispositivo afferma (e questo anche alla luce del fatto che, come il sottosegretario sa, pochi giorni fa nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria, è già stato ricordato, sono stati respinti degli emendamenti, in particolare quello da me cofirmato che chiedeva semplicemente un milione di euro per il Fondo previsto dalla legge n. 58).
In questo senso, accolgo la riformulazione e prego il sottosegretario di concretizzare questa sensibilità; per asseverare quella che è la comune sensibilità dell'Aula, chiedo quindi che l'ordine del giorno Rugghia n. 9/1802/18 venga posto in votazione nella riformulazione proposta dal sottosegretario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, mi soffermo sull'ordine del giorno n. 9/1802/13 dei colleghi Zamparutti, Mecacci, Bernardini ed altri sottoposto al voto di questa Assemblea, che chiama in causa due questioni a nostro giudizio importanti, in merito alle quali si è sviluppato un intenso dibattito fino a questi giorni: la questione dei diritti umani, da una parte, e la questione del rapporto tra Italia e Libia, dall'altra.
Il 30 agosto scorso il Presidente del Consiglio dichiarava solennemente e incontestabilmente, come è abituato a fare, che l'annoso contenzioso tra Libia e Italia con la firma dello storico - e, aggiungiamo noi, generoso - Trattato di amicizia e partenariato tra i due Paesi si concludeva.
Per l'Italia (per noi, per le casse italiane) il costo complessivo era valutato in circa 5 miliardi di euro. L'Unione di Centro, da sempre e non da oggi, ritiene che uno degli strumenti più utili ed efficaci per il contrasto dell'immigrazione clandestina sia quello degli accordi bilaterali con tutti i Paesi dai quali origina il fenomeno (basti citare gli accordi complessi ed articolati con la Tunisia e l'Albania, che hanno avuto una genesi circondata da maggiore scetticismo mediatico e da grande prudenza iniziale rispetto all'accordo tra Berlusconi e Gheddafi, ma che hanno sicuramente prodotto effetti concreti e positivi).
Oggi invece, nonostante il Ministro Maroni questa mattina esprima grande soddisfazione rispetto all'accordo con la Libia, dobbiamo denunciare che forse è presto, forse siamo ancora ai primi passi, ma che mai come in questi mesi si è registrato un forte esodo verso l'Italia proveniente dalle coste libiche.
Non lo diciamo solo noi dell'Unione di Centro, non lo affermano solo le opposizioni, ma è lo stesso ministro Maroni che il 15 ottobre scorso, nel corso dell'audizione al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, ha affermato che a Lampedusa nell'ultimo anno sono arrivati 22.454 mila clandestini con 325 sbarchi, di cui 306 proprio dalla Libia. Certo, il disegno di legge di ratifica è stato approvato oggi in Consiglio dei ministri, ma non mi sembra che negli ultimi mesi, cioè dopo la firma del Trattato tra Berlusconi e Gheddafi, il fenomeno abbia subito un rallentamento. Speriamo, quindi, che in questo caso il buongiorno non si veda dal mattino. NoiPag. 41riteniamo che il Ministro abbia perfettamente ragione circa la necessità di sicurezza, ma lo stesso Ministro Maroni recentemente ha espresso il commento che la Libia non deve occuparsi soltanto di Unicredit, ma deve anche rispettare gli accordi sugli immigrati.
Alcune delle clausole di questo accordo prevedono la costruzione di grandi infrastrutture, grandi autostrade e collaborazioni di tipo militare che hanno suscitato anche le ormai note polemiche sull'utilizzo delle basi militari italiane.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Rao.

ROBERTO RAO. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Il riconoscimento annunciato per gli esuli italiani cacciati dalla Libia dopo la rivoluzione del colonnello Gheddafi va anche bene, ma i diritti umani non possono essere dimenticati in un Paese che non solo confina via mare con l'Italia, ma che con il nostro Paese stringe accordi sempre più ampi di carattere economico, diplomatico e anche militare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, l'Unione di Centro, come ho già avuto modo di dichiarare nella seduta di ieri, è sicuramente favorevole all'impegno dell'Italia in Georgia insieme all'Unione europea. Discutendo di questi ordini del giorno, però, dobbiamo esporre numerose preoccupazioni che riguardano il nostro ruolo in Georgia: non le ripeterò, ma è importante che l'Italia sia fermamente dalla parte dell'Europa. Non possiamo giocare il ruolo del migliore amico di Putin, oggi come ieri del migliore amico di Bush o, magari, del migliore amico di Obama. Dobbiamo avere una politica saldamente ancorata all'Europa, dialogando da amici con gli Stati Uniti e con la Russia, ma mantenendo un forte radicamento europeo. È per questo che ogni iniziativa che faccia venir meno l'impressione di un'Europa compatta nel dare un altolà all'imperialismo russo è un'iniziativa che non è sicuramente condivisibile.
In questa sede, però, vorrei soffermarmi su altre questioni. La prima di esse riguarda l'equipaggiamento, l'addestramento e le condizioni di sicurezza dei nostri soldati impegnati all'estero. Abbiamo un nuovo modello militare che vede un grande impegno di risorse e di uomini nella tutela della libertà, della democrazia e della pace nelle parti più diverse del mondo. Non è il modello di un esercito di leva chiamato a difendere i sacri confini della Patria; è il modello di un esercito di professione animato da uno spirito cavalleresco e di impegno per la tutela dei diritti di uomini che non sono cittadini italiani. Quando noi, però, chiediamo a qualcuno di fare il mestiere del soldato in queste condizioni abbiamo - molto più che nel modello precedente - il dovere di garantirgli un addestramento, un equipaggiamento ed un sostegno logistico che gli consentano di svolgere il suo mestiere - che non è solo un mestiere, ma è anche una missione - con il minimo dei rischi. Io sono fortemente preoccupato all'idea che ai nostri soldati all'estero impegnati in missioni che sono di peacekeeping, ma anche di peace-enforcing (vale a dire che sono anche missioni nelle quali è in gioco la possibilità di scontri effettivi e di operazioni belliche) sia chiesto di operare in condizioni che rendono inevitabili perdite dolorose. Già in passato abbiamo avuto modo di verificare che alcuni dei caduti che abbiamo avuto potevano essere evitati se la dotazione di mezzi e di addestramento fosse stata migliore e più adeguata. Su questo credo che bisogna attirare l'attenzione del Governo ed è quanto si propongono alcuni di questi ordini del giorno.
Quando ebbi occasione di essere proposto come vicepresidente della Commissione europea, con la responsabilità, fra l'altro, per le questioni concernenti l'immigrazione, dissi che vi era bisogno di una grande conferenza mediterranea con il sostegno di tutti i Paesi rivieraschi, al fine di porre veramente termine al fenomenoPag. 42dei poveri disperati che attraversano il Mediterraneo, con un tasso di morti veramente inaccettabile per la nostra coscienza civile e cristiana. Vorrei invitare il Governo a riprendere quell'idea, perché solo l'accordo fra i Paesi rivieraschi può fornire gli strumenti adeguati, non l'uso delle cannoniere per affondare le barche dei disperati, che non riusciremo, comunque, mai a realizzare.
Queste sono alcune delle preoccupazioni che, nei limiti del tempo accordatomi, sono riuscito ad esprimere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, vorrei intervenire per cercare di interloquire con il Governo e per chiedere, signor sottosegretario, di prestare un momento di attenzione all'ordine del giorno a mia prima firma n. 9/1802/19. Si parla del Congo, una situazione che lei conosce, una situazione difficile su cui mi sembra che vi sia un impegno serio - o, meglio, un'attenzione seria - da parte del nostro Paese. Mi auguro che questo si possa tradurre in un impegno da parte del nostro Governo. In relazione al citato ordine del giorno, che già di per sé rappresenta un atto politico, il Governo si impegna a valutare l'opportunità di adottare iniziative per intervenire a proposito di questa situazione nelle sedi internazionali. Da parte del Governo mi attenderei che si impegnasse ad assumere iniziative e non che valutasse se adottarle. Altrimenti, si rischia di attribuire a questo ordine del giorno un valore minore rispetto a quello che avrebbe un normalissimo ordine del giorno, che già di per sé, come sappiamo per esperienza parlamentare, è un po' poco.
Pertanto, poiché ci secca mettere in votazione questioni di tale genere, chiedo al Governo di tornare alla normale dizione.

PRESIDENTE. Onorevole Rosato, quando arriveremo alla votazione dell'ordine del giorno a sua prima firma n. 9/1802/19, il Governo potrà dichiarare se accetta o meno la riformulazione da lei suggerita.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, prima di tutto, vorrei svolgere una considerazione generale, perché tra gli ordini del giorno in esame, ve ne sono tantissimi di buon senso, che se fossero ascoltati ed accolti dal Governo, servirebbero a costruire una politica internazionale del Paese forse ancora un po' più realistica.
Siamo intervenuti sulla questione della Georgia e su altre questioni. Vorrei ricordare un tema importante, perché in questa sede ogni tanto si ripete. Il Governo ha accolto, giustamente, una serie di ordini del giorno che vanno a favore di un riconoscimento vero dell'operato del nostro esercito, della nostra forza d'intervento, che serve per cercare di riportare la pace in Paesi martoriati dai conflitti. In questo provvedimento, come dicevo, il Governo ha espresso parere favorevole al rafforzamento dell'azione, dando un riconoscimento economico ai militari che operano in quelle situazioni e prendendo un impegno per rafforzare anche l'aspetto logistico e del supporto tecnico.
La domanda che mi sorge spontanea è la seguente: come mai ciò non è stato fatto anche quando abbiamo discusso sulla legge finanziaria e chiedevamo di non tagliare una serie di risorse, anzi, chiedevamo di rafforzarle? Siamo convinti che sulla politica estera un Paese non possa dividersi, anzi che debba essere unito, anche perché la nostra è sempre stata una politica estera importante. Il ruolo dell'Italia è stato sempre veramente importante, ma ad una condizione: che sia un ruolo equilibrato. Ultimamente, specialmente sulle questioni che riguardano il rapporto tra Russia e Georgia, questo equilibrio - permettetemi - è venuto un po' meno. Siamo convinti che si debba intervenire con decisione, ma il Governo, insieme al Parlamento, cerchi di ascoltare un po' di più e di lavorare insieme,Pag. 43affinché l'Italia faccia sempre una figura bella e importante - la figura che merita - nel contesto internazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, desidero intervenire sul complesso degli ordini del giorno dicendo che, come annunciato dal presidente del nostro gruppo, non è stato sicuramente inutile discutere, in questi due giorni, questo provvedimento. Da parte nostra sarebbe stato irresponsabile non approfondire quello che è uno dei punti più importanti della politica estera, ossia il nostro impegno nelle missioni internazionali. Dalla discussione avvenuta ieri, nella quale vi sono stati moltissimi interventi onestamente di grande spessore sul piano qualitativo e del contributo che tra l'altro hanno dato al Governo su questo tema, credo che oggi, ancora, si siano delineate alcune posizioni che a volte possono essere non condivise dalla maggioranza, ma che, comunque, hanno sottolineato e definito aspetti rilevanti.
Per quanto riguarda il nostro impegno maggiore nell'esprimere il nostro pensiero e la nostra linea in termini di politica estera e di impegno sul piano internazionale, sicuramente l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9 è stato quello che ha meglio espresso, in termini di articolazione della nostra posizione in merito alla situazione afghana, la nostra idea di quello che dev'essere un impegno multilaterale, di cooperazione e di ricostruzione, ossia un impegno che non preveda soltanto l'uso dello strumento militare come unica risoluzione nelle aree di conflitto.
Ci ha fatto piacere sentire il rappresentante del Governo dire che questa è sempre stata la politica, anche in anni precedenti. Onestamente, riteniamo che non sia stato sempre così: ricordiamo altri conflitti, altre scelte ed altre posizioni che hanno provocato anche situazioni di frattura all'interno della stessa Europa. Tuttavia, oggi, con riferimento al decreto-legge al nostro esame, accogliamo con piacere questa condivisione della nostra impostazione per quanto riguarda, in particolare, l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9 e la missione in Afghanistan.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo esaminando è certamente uno di quelli fondamentali, che confermano e connotano la tradizionale politica estera italiana. Su questo tema della presenza dell'Italia nelle missioni umanitarie e di pace, vi sono una crescita forte ed un impegno saldamente ancorato e coordinato con l'Unione europea, con la NATO e con l'ONU.
Negli ordini del giorno al nostro esame vengono sottolineate necessità specifiche di grande rilievo che «toccano» le modalità di ingaggio dei nostri militari, la garanzia delle risorse, il migliore utilizzo delle nostre Forze armate presenti nelle diverse missioni ed il sostegno alla qualificazione delle istituzioni dei Paesi interessati, nonché al loro sviluppo economico e sociale.
Proprio a questo riguardo, signor Presidente e signor rappresentante del Governo, vorrei brevemente dedicare una riflessione ad un ordine del giorno che mi ha colpito in particolare, ossia l'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1802/14, sul quale il Governo ha espresso parere contrario. Devo dire che sono abbastanza sorpreso, in quanto è riconosciuto da tutti che l'eradicazione e la battaglia alla radicazione della coltivazione dell'oppio è fallita - come dice il responsabile dell'ONU, l'italiano dottor Antonio Costa - ed è costata, oltre che risorse, anche molte vite umane. Pertanto, a mio parere, questo ordine del giorno tratta una materia complessa, in quanto trasformare coltivazioni di oppio...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, vorrei finire questo concetto. Come dicevo,Pag. 44trasformare coltivazioni di oppio da illegali in legali certamente è una questione delicata.
Invitiamo, pertanto, il Governo ad offrire almeno una speranza - mi riferisco ad un accoglimento come raccomandazione del medesimo ordine del giorno, sul quale ci asterremo - per testimoniare che quel tema esiste, è stato affrontato, come già ha detto il presentatore, in altri Stati asiatici e mediorientali. Auspichiamo, pertanto, un'attenzione in tale direzione e di questa attenzione ringraziamo il rappresentante del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Forgia. Ne ha facoltà.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, l'accuratezza, l'approfondimento analitico e la ricchezza delle argomentazioni con le quali l'onorevole Cossiga ha esaminato gli ordini del giorno prima di formulare il parere del Governo, sul piano della cortesia richiederebbe di accogliere le scelte che egli ha indicato silenziosamente. Purtroppo stiamo discutendo di una materia estremamente delicata che comporta per ciascuno di noi - credo dobbiamo esserne consapevoli - un massimo di responsabilità. Discutiamo, infatti, di cose in rapporto alle quali ogni decisione produce in qualche modo una conseguenza. Mi permetterei pertanto di insistere, accogliendo le riformulazioni che il Governo ha proposto in relazione ai due ordini del giorno, il mio n. 9/1802/23 e l'altro presentato di cui sono cofirmatario, comprensibilmente finalizzate ad allargare le maglie entro le quali il Governo può muoversi, nell'accettare un'intenzione che tali ordini del giorno esprimono. Intendo tuttavia ribadire e lasciare agli atti che la misura sulla quale stiamo convenendo - l'idea cioè di allargare il campo di intervento del finanziamento delle missioni, in modo da poter comprendere, all'interno del finanziamento delle missioni dilatato a tal fine, anche misure necessarie e indispensabili di predisposizione di strumenti e di ricondizionamento di strumenti, macchine, mezzi, apparati utilizzati nelle missioni - deve essere da noi, questa è la mia convenzione, considerata quale una misura temporanea di riduzione del danno, se così si può dire.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO LA FORGIA. Il fatto che in linea di massima continueremo ad argomentare questa tesi, è necessario alla luce delle connessioni inestricabili che il finanziamento delle missioni sia in qualche modo maneggiato globalmente, nell'ambito delle risorse disponibili per l'amministrazione della difesa, perché l'intero modello di difesa, opportunamente mantenuto ed implementato, può veramente garantire il massimo di efficacia e di sicurezza degli interventi all'estero.

PRESIDENTE. Informo l'Aula, visto che numerosi colleghi vengono a chiedere informazioni alla Presidenza, che la seduta antimeridiana si concluderà con la votazione degli ordini del giorno. L'Assemblea è convocata, come da programma, alle ore 15, per il question time.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.

DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, colgo l'occasione per portare all'attenzione dell'Aula una questione che avevamo già sollevato in fase di discussione del complesso degli emendamenti. Vogliamo cioè cogliere l'occasione per svolgere una riflessione sul rilevante impegno italiano nel mondo. L'Italia è attualmente presente all'estero con più di 8 mila militari e stanzia oltre un miliardo di euro per finanziare tali missioni, dislocate in venti Stati. Tuttavia, nel nostro ordinamento, non esiste un quadro normativo completo riguardante il trattamento economico e normativo del personale impegnato in missioni internazionali né sui molteplici e peculiari profili amministrativi e logistici che caratterizzano le missioni stesse. Si preferisce infatti disciplinare, di volta in volta, gli aspetti e le problematiche che emergono nell'ambito dei singoli provvedimentiPag. 45legislativi, con i quali si dispone periodicamente del finanziamento delle missioni internazionali.
Dobbiamo chiarirci su quale sia il futuro del nostro impegno militare fuori del territorio nazionale. Fino ad oggi circa il 30 per cento delle spese per le missioni internazionali è stato finanziato con il bilancio ordinario del Ministero della difesa, ora la situazione finanziaria ed i tagli che hanno interessato il bilancio del Ministero della difesa non consentono più di procedere in tale direzione per cui si dovrà decidere se ridimensionare la nostra presenza militare all'estero o se trovare il modo di finanziare ad hoc tutte le missioni senza attingere dalle ormai esauste casse del Ministero della difesa.
Infatti, mentre lo standard consigliato in sede NATO per il rapporto tra il bilancio del Ministero della difesa e prodotto interno lordo è, per il 2009, pari al 1,5 per cento, il nostro rapporto è invece pari allo 0,85 per cento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DOMENICO ZINZI. Una riduzione delle risorse finanziarie destinate allo strumento militare rischia di mettere a repentaglio la stessa sicurezza del personale impegnato nei teatri operativi, come peraltro la Commissione difesa ha avuto modo di rilevare in occasione dell'esame delle misure di contenimento della spesa recata dal decreto-legge n. 112 del 2008.
È necessario, quindi, assicurare il massimo dell'efficienza ai mezzi schierati nelle missioni internazionali e la massima sicurezza agli uomini impiegati perché, oltre al considerevole logorio dei mezzi e dei materiali, dobbiamo considerare soprattutto che il maggior logorio interessa il sistema più importante delle Forze armate...

PRESIDENTE. Deve concludere.

DOMENICO ZINZI. ...mi riferisco all'uomo, che costituisce la risorsa principale ed insostituibile.

PRESIDENTE. È da intendersi che, essendo in corso la seduta antimeridiana, che terminerà con votazioni, le Commissioni non possono riunirsi fino al termine della stessa seduta antimeridiana.
Constato l'assenza dell'onorevole Tempestini, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capitanio Santolini, che è qui e non in Commissione. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, era un chiarimento utile perché le voci si rincorrono.
A proposito di questo ordine del giorno, volevo porre l'accento sul fatto che in tutti gli ordini del giorno che tutti abbiamo attentamente letto c'è una visione diversa della nostra missione all'estero e del ruolo che il nostro Paese deve svolgere a livello internazionale. Se ne parla spesso in termini negativi, in termini molto critici e si chiede molto spesso di ridimensionare, in qualche modo, la presenza italiana all'estero perché prospetterebbe delle situazioni problematiche e comunque giudicate in maniera negativa.
Vorrei, invece, sottolineare gli aspetti anche positivi di queste missioni, soprattutto per quanto riguarda la nostra presenza all'estero come organizzazioni non governative, una presenza particolarmente delicata e importante, che va letta, invece, proprio con i toni positivi che merita e che in questi ordini del giorno non ho riscontrato.
L'unico che ne parla in termini positivi (e ritengo che questo approccio alle organizzazioni internazionali non governative sia corretto) è proprio l'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16. Mi stupisce che il Governo non l'abbia accettato, perché si parla della presenza, del dovere, della responsabilità e dell'impegno di questo Paese e dei Paesi occidentali ad esportare dei modelli di democrazia ed a sostenere lo sforzo della cooperazione internazionale. Non vorrei che questo Governo ne uscisse con l'impressione che di queste cose non ci si occupa e non ci se ne preoccupa.Pag. 46
Il sostegno alle organizzazioni non governative è stato oggetto di polemica anche in sede di finanziaria perché erano stati tagliati dei fondi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. È vero che sono stati tagliati dappertutto, però mi sembra che sia fondamentale investire nello sviluppo alla cooperazione. Proprio per i motivi indicati nell'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16 non capisco il parere contrario espresso dal Governo e mi auguro davvero che il sottosegretario possa rivedere il proprio parere perché sarebbe un segnale positivo verso tutte le organizzazioni no profit che operano a livello internazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.
Onorevole Gozi, forse non si aspettava di intervenire?

SANDRO GOZI. Signor Presidente, vista la rapidità di chi mi ha preceduto sarò anche io abbastanza rapido.

PRESIDENTE. Sono stati tutti molto sintetici. Anche lei certamente lo sarà.

SANDRO GOZI. Certamente, Presidente. Signor Presidente, non capisco perché si debba accogliere l'ordine del giorno n. 9/1802/24, di cui sono primo firmatario, solo come raccomandazione. Infatti, con l'ordine del giorno in esame si impegna il Governo a promuovere, nelle sedi comunitarie, il rafforzamento delle missioni internazionali, la loro maggiore dotazione in termini di uomini e di mezzi e, più in generale, ad esplorare la possibilità di costruire cooperazioni rafforzate in questo campo. Tale impegno corrisponde esattamente ad una delle priorità dell'Italia, confermate da questo Governo.
È evidente a tutti - il «no» irlandese lo conferma - che in certi settori (in particolare la difesa e la sicurezza) si può andare avanti solo per gruppi di Paesi, con più flessibilità e occorre creare delle avanguardie. In materia di difesa le avanguardie non si improvvisano perché vi sono dei problemi di interoperatività, di formazione delle truppe, di preparazione congiunta delle missioni e quindi è chiaro che se vogliamo procedere, come il Governo ha affermato di fare, a gruppi di Paesi, in materia di difesa e sicurezza, occorre già da oggi preparare il terreno.
Inoltre, vi è la necessità di intervenire ancora con più efficacia in alcune zone del mondo. Prendendo ad esempio le nuove crisi africane è evidente la necessità, per l'Unione europea, di dare ad un gruppo di Paesi questi compiti. Pertanto, mi chiedo perché accogliere l'ordine del giorno n. 9/1802/24, di cui sono primo firmatario, solo come raccomandazione e mi chiedo, altresì, perché il Governo, su questi fatti, che appaiono anche di ovvio buonsenso, non possa impegnarsi pienamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, lei ha detto che sono tutti sintetici ma aggiungo con il contributo dell'ottimo Presidente Lupi che, effettivamente, in questo si sta comportando molto bene...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Compagnon.

ANGELO COMPAGNON. ...non per i tempi previsti dal Regolamento.
Signor Presidente, comunque, mi chiedo (ma se lo chiedono anche gli altri colleghi) quanto possano impegnare o addirittura se possano impegnare gli ordini del giorno. Certamente essi impegnano meno degli emendamenti e dell'articolato.
Gli ordini del giorno in esame hanno tentato, in qualche modo, di contribuire a fare in modo che il decreto-legge n. 147 del 2008, che riguarda un rifinanziamento onnicomprensivo di varie missioni in tutto il mondo, possa essere effettivamente incisivo più da un punto di vista umanitario che militare. Mi riferisco anche al rammaricoPag. 47per il fatto che non sia stato approvato l'emendamento che riguardava le bombe a grappolo perché, come ricordavo stamattina in un mio intervento, effettivamente queste bombe provocano, per il 98 per cento (o meglio hanno provocato per il 98 per cento) morti, invalidi e mutilati civili e addirittura un terzo o un quarto di questi civili sono bambini.
È ovvio che in questa situazione pilotare gli stanziamenti presenti verso una prevenzione ancora più efficace è auspicabile da parte di tutti. Gli ordini del giorno, alcuni peraltro raggruppati in conclusione, sono andati proprio in questo senso, e in parte sono stati accettati, e in parte sono stati accolti come raccomandazione. Però, il secondo problema (quello, a mio avviso, di natura politica) è che a fronte di 8 mila militari italiani in tutto il mondo e di un miliardo di euro di finanziamenti vi è un impegno italiano, con militari, per interventi umanitari, prima di tutto. Ma si deve far presente che tali sforzi non sono più sostenibili a causa della difficile situazione economica che il nostro Paese sta attraversando.
Pertanto, si deve avere il coraggio di dire agli alleati, al mondo intero e all'ONU che questo nostro Paese o non è più in grado di sostenere questa presenza così importante e fondamentale nel mondo o avere il coraggio di ricercare, al nostro interno, fonti di finanziamento che siano al di fuori di quelle previste per la difesa, come capitolo di bilancio.
Signor Presidente, la esento dallo scampanellare per avvertirmi che il mio tempo è terminato, perché mi avvio a concludere. Voglio sottolineare l'impegno assoluto, richiamato anche da questi ordini del giorno, rispetto al problema della coltivazione dell'oppio dove sicuramente, fino ad ora e soprattutto in Afghanistan, l'Alleanza internazionale ha fallito.
Infatti, purtroppo l'utile delle coltivazioni continua ad essere impegnato non solo per la rovina dei giovani e di vite umane e, inoltre, quanto viene prodotto in termini di risorse continua ad essere impegnato per finanziare tutte quelle azioni contro la presenza dei militari internazionali.
Pertanto, mi auguro che alla fine questi ordini del giorno, come dicevo, impegnino veramente il Governo e siano finalizzati a tutelare l'interesse delle popolazioni a favore delle quali siamo impegnati con i nostri militari.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Narducci che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Si intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, all'Assemblea NATO di questi giorni abbiamo assistito a diversi paradossi: parte del Partito Democratico sedeva con la Lega sui banchi dei democratici liberali, parte del Partito Democratico sui quelli del Partito Socialista Europeo e l'UdC sui banchi del PPE (ma quest'ultima era l'unica coerenza).
Dopo che il quotidiano Izvestia ha salutato l'arrivo di Berlusconi al G20 dichiarando che, ancora una volta, è l'avvocato difensore della Russia e dopo l'elezione di Obama alla Presidenza degli Stati Uniti, fortemente sostenuta dall'onorevole Veltroni, c'è il rischio di un altro paradosso: un Popolo della Libertà filorusso e un Partito Democratico filoamericano. È un paradosso, ma non tanto. Frattini e La Russa hanno manifestato perplessità sul potenziamento del contingente italiano in Afghanistan, mentre il senatore Tonini del Partito Democratico ha addirittura paventato la possibilità di spostare truppe italiane dal Libano all'Afghanistan se necessario.
Sta di fatto che queste posizioni lasciano dubbi sul posizionamento dei due più grandi partiti e richiedono un dibattito parlamentare più approfondito. Non credo che la posizione dei Ministri La Russa e Frattini sia dettata dal taglio delle risorse decise con il decreto-legge n. 112 del 2008, la cosiddetta manovra estiva.Pag. 48
Qualche settimana fa, in sede di audizione presso la Commissione difesa del Senato, il Capo di Stato maggiore dell'esercito, generale di corpo d'armata Fabrizio Castagnetti, ha chiaramente detto che con le attuali risorse si potrà garantire per il 2009 il mantenimento delle missioni di pace in Libano, Kosovo e Afghanistan. Il Fondo per le missioni internazionali, previsto dal Ministero dell'economia e delle finanze, è di un miliardo.
Dal 2007 le autorizzazioni di spesa sono diventate annuali e quindi l'integrazione di spesa per le missioni di pace previste in questo disegno di legge dimostra l'insufficienza delle previsioni. Con l'attuale budget non solo salta la missione in Bosnia, ma salta anche l'impiego dei militari nelle operazioni «strade sicure», pattugliamento degli obiettivi sensibili e «strade pulite», riguardante l'emergenza dei rifiuti in Campania.
C'è il rischio che l'Italia non possa garantire le risorse necessarie per le missioni minori, compresa quella nel Darfur, dove partecipiamo in un contingente dell'Unione europea e dell'Unione Centroafricana. Non potremo però nemmeno finanziare la missione dell'Unione europea che si sta approntando per un intervento umanitario di pace nel Congo. L'Italia avrà la prossima Presidenza del G8, signor Presidente, e svolgerà un ruolo strategico fondamentale. L'Italia è anche membro provvisorio del Consiglio di sicurezza.
Come ho già sostenuto in fase di discussione sulle linee generali l'Italia dovrà essere portavoce di una posizione condivisa dell'Europa. Molti degli ordini del giorno hanno quindi una funzione di stimolo e di orientamento che l'Unione di Centro condivide. Se avessimo potuto discutere in un modo più articolato avremmo espresso anche una posizione politica più organica.
In questa occasione, non ci resta che esprimere, in via generale, l'auspicio che l'Italia orienti l'Europa su una posizione di equilibrio e di prudenza nei rapporti tra Stati Uniti e Russia. Lo scudo spaziale e l'allargamento della NATO sono un potenziamento difensivo e non devono rappresentare una minaccia per nessuno, a maggior ragione per la Russia, che aprirebbe una fase di riarmo pericolosa e inutile per queste e le generazioni che verranno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garofani. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Signor Presidente, possiamo dire che anche la discussione, in parte disorganica e in parte disarticolata, ma comunque costruttiva, avvenuta su questi ordini del giorno, rappresenta l'inizio di una discussione e di una riflessione più generale che proseguirà a gennaio quando, in maniera più organica, torneremo a fare il punto sull'insieme del nostro impegno internazionale.
Credo, tuttavia, che questa occasione di dibattito su alcuni aspetti importanti e significativi della nostra politica estera, segnalati in molti ordini del giorno (in particolare quelli relativi alla sicurezza delle nostre Forze armate negli scenari più difficili come quelli dell'Afghanistan o sul tema delle mine), incroci in qualche modo l'apertura di una fase nuova della politica internazionale. In questi giorni, in Aula, è stato ricordato in più interventi come in passato, discutendo di questi temi, ci siamo anche noi divisi in due schieramenti politici sugli elementi di continuità e discontinuità della politica estera, cercando di misurare questa continuità o discontinuità proprio sul terreno della nostra presenza militare nei diversi scenari; non voglio riprendere il dibattito articolato sull'Iraq che negli anni scorsi ci ha diviso.
Oggi, siamo sulla soglia di una nuova fase: la fine dell'unilateralismo di Bush, il ritorno a una politica multilaterale, a un Governo democratico della globalizzazione. Tuttavia, non possiamo dare per scontate le risposte che questa nuova fase della politica internazionale ci pone. Le domande sono complesse e diverse. La scelta della guerra preventiva, della dimensione unilaterale è tramontata; tuttavia questo non ci dà automaticamente certezze. La nuova leadership americanaPag. 49ha già illustrato le linee portanti del nuovo corso; credo che sarà proprio sulla politica estera e sulle relazioni internazionali che la Presidenza di Obama detterà le novità più significative.
Che cosa significherà concretamente, anche per noi, questo cambiamento, questo ritorno al multilateralismo? Quali saranno, nel concreto, gli strumenti per un Governo democratico della globalizzazione? È davvero così scontato che a una stagione segnata dall'egemonia politica di una sola potenza, quella degli Stati Uniti, seguirà automaticamente un ritorno alle sedi istituzionali sopranazionali? Infine, quali saranno le conseguenze, le ricadute, anche concrete, nei nostri sistemi Paese delle pesanti crisi economiche e finanziarie che stanno investendo i nostri mercati? Ritengo che queste siano domande importanti e che non siano scontate le risposte.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Se vogliamo definire insieme, in maniera puntuale e costruttiva, le linee portanti del nostro impegno di politica internazionale, non possiamo sfuggire a queste domande. Dobbiamo cambiare e invertire la rotta anche nelle scelte che riguardano il nostro modo di costruire la sicurezza e la difesa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, volevo svolgere alcune considerazioni sul complesso degli ordini del giorno, in particolare su quelli dell'ultima parte del fascicolo, che riguardano lo sminamento delle mine antiuomo.
Come lei ben sa, signor Presidente, la legge n. 374 del 1997, dando seguito alla Convenzione di Ottawa, dava riscontro al voler partecipare alle operazioni di sminamento delle mine antipersona. Ebbene, abbiamo ottenuto un risultato importante: 42 milioni di mine sono state distrutte e si sono avute negli ultimi cinque anni la metà delle vittime. Questo per noi, come sistema Paese, credo rappresenti un grande merito e un grande vanto: l'Italia è stato uno di quei Paesi che, per primo, ha partecipato a questo tipo di operazione.
Quindi dobbiamo un grande ringraziamento ai militari che hanno partecipato a queste nostre operazioni, e gli dobbiamo anche grande rispetto e stima. Nell'ultima manovra finanziaria però, ahinoi, sono stati previsti tagli indiscriminati per questo tipo di attività. Stiamo parlando di poco più di due miliardi di euro che non coprono nemmeno l'attività ordinaria svolta dal Ministero della Farnesina. Allora siamo tutti orgogliosi e bravi a dire nelle giornate importanti quale sia il grande lavoro che svolgono i nostri militari in missione di pace all'estero, salvo poi dimenticarcelo nel momento in cui dobbiamo prevedere i fondi perché queste missioni di pace continuino.
Abbiamo visto per altro - questo è il mio grande rammarico - un totale azzeramento delle risorse previste per i fondi per lo sminamento umanitario. Allora io vorrei capire tutto ciò, visto che cento Paesi a Dublino hanno firmato un accordo internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo. A tal proposito vorrei fare un esempio che non è lontano da noi. Pensiamo alla Bosnia Erzegovina e a quanti uomini, quante donne e quanti bambini abbiamo salvato. Soprattutto ai bambini voglio riferirmi. Vede Presidente, io sono particolarmente sensibile a questo tipo di considerazioni perché io vengo da una città che, non in queste guerre recenti, ma durante la seconda guerra mondiale è stata completamente distrutta e rasa al suolo (si tratta della città di Cassino). Ebbene, ancora oggi, a distanza di sessant'anni ogni tanto viene fuori una bomba inesplosa, e io conosco personalmente tanti uomini, che allora erano bambini e che hanno perso la vista, gli arti, l'uso delle gambe per aver giocato con questi giocattoli che in realtà erano bombe.
Probabilmente questa mia sensibilità mi porta a dire che questo è un errore madornale, non politico ma di coscienza, un errore nei confronti del quale noiPag. 50chiediamo assolutamente di rimediare. Noi chiediamo di rifinanziare la legge 7 marzo 2001, n. 58 che prevede il contributo italiano per il fondo per lo sminamento umanitario.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Poli, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Migliori. Ne ha facoltà.

RICCARDO MIGLIORI. Presidente, non funziona il microfono.

PRESIDENTE. Onorevole Migliori, ha addirittura due microfoni a disposizione. Non funzionano?

RICCARDO MIGLIORI. Presidente, è inutile avere due strumenti se poi non funzionano.

PRESIDENTE. L'abbiamo sempre pensato tutti, ne basta uno che funzioni.

RICCARDO MIGLIORI. Presidente è un sogno utopistico. Lei dà sempre lezioni sulla cultura cattolica del limite, ed io le accolgo volentieri perché la penso come lei.

PRESIDENTE. Grazie.

RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, vorrei svolgere brevissime riflessioni soprattutto in qualità di presidente della delegazione italiana all'Assemblea parlamentare dell'OSCE sulla base anche degli ordini del giorno che sono alla nostra attenzione, per sottolineare - come a me pare doveroso - come i rappresentanti di questa Assemblea abbiano dato un importante e significativo contributo alla Conferenza di Astana svoltasi nello scorso luglio, in previsione di quella che sarebbe stata poi la crisi caucasica e di come anche a livello parlamentare, non solo a livello intergovernativo, il nostro Parlamento abbia saputo privilegiare le ragioni della sinergia e dell'unità rispetto a questioni di natura squisitamente polemica che in modo abbastanza strumentale sono apparse anche nel nostro confronto di oggi e di ieri.
Vorrei a tal riguardo esprimere alcune considerazioni che a me pare non siano state appannaggio del nostro confronto. La prima è la seguente: oggi a Ginevra è in atto il tentativo di recupero della conferenza di pace sulla Georgia. Il mese scorso è fallita per responsabilità riguardanti la mancata presenza del Governo della sedicente Repubblica indipendente dell'Abknazia e dell'Ossezia del sud: spero che oggi vi siano tutte le premesse per poter avere il primo vero tavolo di confronto per una pace giusta in quel quadrante.
Al riguardo vorrei anche dire - mi sembra che anche questo elemento sia mancato nelle alluvionali riflessioni che sono state espresse in proposito - che la nostra missione, seppure quantitativamente limitata in Georgia, non solo rappresenta percentualmente e in termini assoluti la seconda partecipazione di un Paese cosiddetto donatore ma vorrei sottolineare un aspetto che anche il sottosegretario Cossiga conosce e che a me pare sia rimasto estraneo al nostro confronto: la rischiosità di quella missione. In questi giorni per l'ennesima volta vi sono stati tre scontri a fuoco lungo la frontiera, sono caduti tre militari georgiani e vi è una situazione non pacificata ma di continuo ed emergente peacekeeping in quell'area.
Sotto questo profilo, inoltre, vorrei sottolineare il fatto straordinario che si registra nella nostra Aula, a differenza di altri Parlamenti: un voto unitario sul provvedimento al nostro esame che rappresenta l'insieme delle missioni per la pace e, quindi, la quintessenza della politica estera e per la sicurezza del nostro Paese. Trovo originale, signor Presidente, che anche da parte di molti colleghi dell'opposizione, in larga misura protagonisti di un voto di convergenza siffatto, vi sia stata la banalizzazione dello stesso attraverso una polemica a me parsa volutamente pretestuosa, per individuare elementi di differenziazione all'interno della politica italianaPag. 51su un tale argomento, nel quale, invece, il voto concorde di quest'Assemblea dimostra un'unità di fondo.
Quindi, signor Presidente, vorrei sottolineare con forza, non come uomo di parte, che il provvedimento in esame, che racchiude l'insieme della politica estera e di difesa del Governo, è appannaggio, positivamente, dell'intera Assemblea e testimonia tale unità, facendo giustizia di ogni elemento polemico o strumentale che tiene d'occhio in modo molto ombelicale soprattutto gli elementi della politica interna.
Ritengo che, dopo questo voto, il nostro Paese, la nostra politica estera, la nostra politica di difesa siano molto più significativi e protagonisti nel mondo e ritengo che anche le nostre Forze armate, che con quasi diecimila uomini presidiano la pace in varie scacchiere del mondo, siano più consapevoli di avere alle spalle un Paese largamente unito (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno e ritengo in primo luogo di dover sottolineare come, in fase di espressione di parere, il sottosegretario Cossiga abbia avuto la facoltà di discernere e di entrare nel merito delle questioni poste dai singoli ordini del giorno.
In realtà il Governo, anche in questa fase, trattandosi peraltro di un provvedimento condiviso - non posso a tal proposito non ricordare che ieri, in apertura della discussione sul complesso degli emendamenti, proprio il capogruppo del Partito Democratico, l'onorevole Soro, ha esordito dicendo che il voto del suo gruppo sul provvedimento in esame sarebbe stato favorevole - ha avuto modo di dare attenzione, in particolare, ad alcuni ordini del giorno dell'opposizione. Sottolineerei, tra questi, l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9, sottoscritto anche dal vicepresidente del gruppo del Partito Democratico Sereni, e dai colleghi Maran, Villecco Calipari, Vernetti, La Forgia ed altri ancora.
Ritengo che su temi come questi, a differenza della scorsa legislatura, il Parlamento riesca ad avere una visione il più possibile comune, unitaria e per alcuni aspetti molto responsabile. In qualche modo si allontanano i tempi in cui, parlando di missioni internazionali, anche in quest'Aula ci si divideva tra interventisti e non, tra amici dei militari e non amici dei militari, tra coloro che sostenevano che le missioni di pace erano effettivamente tali e quelli che invece sostenevano che le missioni di pace erano in realtà missioni di guerra, tra coloro che si sdraiavano tra i banchi dell'opposizione o del Governo o del Comitato dei nove con la bandiera della pace e coloro che invece, di fronte a questi fatti, commentavano con disapprovazione il comportamento dei colleghi.
In questa fase ritengo che vi sia la concretizzazione di una sintonia nuova, diversa e di un atteggiamento responsabile da parte di un'opposizione che conosce benissimo l'origine, la natura e la necessità delle nostre missioni all'estero. È stata sottolineata da diversi colleghi l'importanza del lavoro dei nostri militari, quanto l'allineamento di queste missioni abbia rilievo, e l'importanza della nuova dotazione di Tornado per la missione in Afghanistan che è inserita nel decreto-legge in esame. Abbiamo motivo, a tal proposito, di ritenere che l'impegno di spesa, l'impegno e l'attenzione del Governo in ordine a queste missioni dimostri sia l'attenzione rivolta ad onorare i nostri impegni internazionali, sia l'attenzione verso i nostri militari che - ricordiamocelo sempre - spesso hanno avuto anche il coraggio e la sventura, in qualche modo, di donare la vita in queste missioni.
Abbiamo ricordato di recente, proprio in questo mese ed in quest'Aula, i caduti di Nassiriya. Crediamo che questo ricordo abbia unito l'intera Assemblea e l'intero Paese. Li abbiamo ricordati con grande commozione tutti quanti e ritengo che, anche in memoria di ciò, le nostre missioniPag. 52debbano continuare con il sostegno pieno ed unanime del Parlamento. Perciò, ritengo che il contributo che il Governo ha dato con i propri pareri sugli ordini del giorno contribuisca a rafforzare ancora di più il clima unitario di cui i nostri militari all'estero hanno bisogno e che il Parlamento, in questa occasione, saprà dare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Zacchera n. 9/1802/1, accettato dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Evangelisti non accede all'invito al ritiro e insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/2.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1802/2, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 472
Votanti 303
Astenuti 169
Maggioranza 152
Hanno votato
55
Hanno votato
no 248).

Prendo atto che i deputati Argentin, Antonino Russo, Barbato, Zinzi, Zazzera e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Vassallo ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1802/3, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 479
Votanti 477
Astenuti 2
Maggioranza 239
Hanno votato
204
Hanno votato
no 273).

Prendo atto che i deputati Argentin, Antonino Russo, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Vico ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che l'onorevole De Angelis non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/4, accettato dal Governo.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'ordine del giorno De Angelis n. 9/1802/4.

PRESIDENTE. Ricordo che gli ordini del giorno Gidoni n. 9/1802/5 e Chiappori n. 9/1802/6 sono stati ritirati.
Prendo atto che l'onorevole Fava accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/7, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Cirielli se insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/8, accettato dal Governo.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, data l'importanza del contenuto del mio ordine del giorno vorrei che si procedesse al voto.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.Pag. 53
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 481
Votanti 463
Astenuti 18
Maggioranza 232
Hanno votato
458
Hanno votato
no 5).

Prendo atto che i deputati Argentin, Antonino Russo, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che l'onorevole Fassino non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/9, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Vernetti se accoglie la riformulazione proposta dal Governo per il suo ordine del giorno n. 9/1802/10.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, accolgo la riformulazione proposta dal Governo, ma chiedo comunque di porre in votazione il mio ordine del giorno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Vernetti n. 9/1802/10, nel testo riformulato accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 485
Astenuti 6
Maggioranza 243
Hanno votato
467
Hanno votato
no 18).

Prendo atto che i deputati Argentin, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che l'onorevole Bernardini non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/11, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1802/12, non accettato dal Governo, insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1802/12, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 490
Votanti 483
Astenuti 7
Maggioranza 242
Hanno votato
214
Hanno votato
no 269).

Prendo atto che i deputati Argentin, Zinzi, Zazzera e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che l'onorevole Beltrandi insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/13, accolto dal Governo come raccomandazione.
Qual è il parere del Governo?

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, se il presentatore insiste per la votazione il Governo non accetta l'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1802/13.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1802/13, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 54

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 492
Votanti 458
Astenuti 34
Maggioranza 230
Hanno votato
203
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che i deputati Zinzi, Zazzera, Dima e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1082/14, non accettato dal Governo, insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1802/14, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 439
Astenuti 49
Maggioranza 220
Hanno votato
183
Hanno votato
no 256).

Prendo atto che i deputati Zinzi, Zazzera, Dima e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Mecacci n. 9/1802/15.

MATTEO MECACCI. No, signor Presidente, non accetto la riformulazione dal momento che il dispositivo chiede un intervento sui responsabili militari quando si verifichino delle vittime civili come accade nel nostro Paese e come deve accadere anche dove sono impegnate le nostre forze militari. Quindi, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mecacci n. 9/1802/15, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 493
Votanti 436
Astenuti 57
Maggioranza 219
Hanno votato
43
Hanno votato
no 393).

Prendo atto che i deputati Argentin, Dima, Zinzi e Zazzera hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16, non accettato dal Governo, insiste per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 483
Astenuti 5
Maggioranza 242
Hanno votato
221
Hanno votato
no 262).

Prendo atto che i deputati Argentin, Zinzi, Dima e Zazzera hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che l'onorevole Libè non accetta la riformulazione e insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/17.
Passiamo ai voti.Pag. 55
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Libè n. 9/1802/17, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 493
Votanti 489
Astenuti 4
Maggioranza 245
Hanno votato
232
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che i deputati De Poli, Naro, Argentin, Cesario, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che l'onorevole Rugghia accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/18, accettato dal Governo.
L'onorevole Rosato aveva suggerito una riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/19. Il Governo?

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, la riformulazione è la seguente: la parola «normative» si intende sostituita con «utili».

PRESIDENTE. Sta bene.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intendo aggiungere la mia firma a questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Rosato n. 9/1802/19, Villecco Calipari n. 9/1802/20 e Recchia n. 9/1802/21, accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Tempestini n. 9/1802/22, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno La Forgia n. 9/1802/23, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gozi n. 9/1802/24, che il Governo si era dichiarato disponibile ad accogliere come raccomandazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gozi n. 9/1802/24, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 490
Votanti 489
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato
229
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che i deputati De Poli, Naro, Argentin, Cesario, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che l'onorevole Narducci accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/25, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Barbi n. 9/1802/26.

MARIO BARBI. Signor Presidente, accetto la riformulazione ma chiedo che l'ordinePag. 56del giorno venga votato, per rafforzare l'impegno dell'Aula dato che riguarda lo sminamento umanitario.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Barbi n. 9/1802/26, sul testo riformulato accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 480
Votanti 476
Astenuti 4
Maggioranza 239
Hanno votato
454
Hanno votato
no 22).

Prendo atto che i deputati Evangelisti, Cirielli, De Poli, Nirenstein, Naro, Argentin, Cesario, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che i deputati Villecco Calipari, Tabacci e Cera hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Garofani n. 9/1802/27.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Signor Presidente, accetto la riformulazione ma chiedo anch'io il voto, come il collega Barbi, per rafforzare l'impegno unanime dell'Aula.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Garofani n. 9/1802/27, nel testo riformulato accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 495
Votanti 486
Astenuti 9
Maggioranza 244
Hanno votato
461
Hanno votato
no 25).

Prendo atto che i deputati De Poli, Naro, Argentin, Dima, Zinzi e Zazzera hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere il voto e che il deputato Cera ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Mazzuca ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Sarubbi n. 9/1802/28, accettato dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Sospendiamo a questo punto l'esame del provvedimento che riprenderà alle ore 16 con lo svolgimento delle dichiarazioni di voto e con il voto finale.

Sull'ordine dei lavori (ore 14,40).

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, sul sito www.repubblica.it poco fa è stata pubblicata la notizia che su Internet circolano prodotti musicali di un gruppo neonazista che si chiama «99 fosse» che ha prodotto un cd chiamato Zyclon B, il gas che usarono i nazisti nelle camere a gas dei campi di sterminio. In questi filmati che circolano su You Tube vengono prese in giro vicende che tutti noi conosciamo: c'è la riscrittura di una canzone famosa che si chiama «Laura non c'è» con «Anna non c'è» parlando di Anna Frank; c'è una canzone che si chiama «Nati sotto la stella di David» che rifà il verso alla canzone «Nati sotto il segno dei pesci» di Venditti e c'è una serie di terribili frasi, indicazioni, testi musicaliPag. 57che negano e mettono alla berlina la questione della Shoah e dello sterminio degli ebrei nel nostro Paese e in Europa. In più su Internet si sono diffusi sostenitori di questo gruppo musicale che fanno il tifo e ne diffondono i contenuti.
Io non ho risposte, ma mi chiedo se in un Paese civile, che conosce gli argomenti che questo gruppo neonazista irride, sia possibile che questa sporcizia e queste offese volgari, questo materiale fascista e nazista abbia libertà di circolare sulla rete Internet (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Signor Presidente, voglio solo esprimere il mio totale sostegno all'intervento precedente. Sono assolutamente d'accordo su ciò che è stato detto con riferimento a quanto sta accadendo e trovo che vi sia una grandissima superficialità nell'osservare questo fenomeno. Pertanto, per quel che posso fare, do il sostegno a questo intervento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

ISIDORO GOTTARDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Ricordo soltanto ai colleghi che hanno chiesto di intervenire, pur riconoscendo che l'argomento è importante (non so se devono intervenire su questo o su altro), che alle 15 è previsto lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata per le quali dobbiamo procedere con la diretta televisiva. Quindi, tenete conto dei tempi.

ISIDORO GOTTARDO. Signor Presidente, colleghi, intervengo solo per affermare, senza tentennamenti, che il Popolo della Libertà è assolutamente concorde nel condannare con fermezza questi atti e queste politiche che sono non solo superficiali, ma sconvolgenti.

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, intervengo telegraficamente per sostenere, naturalmente, le affermazioni svolte riguardo a questo episodio e per aggiungere che un intervento e una riflessione di carattere legislativo, prima ancora che governativo, si rendono assolutamente necessarie. Riguardo a un caso analogo, circa dieci anni fa, mi capitò da avvocato di presentare una denuncia alla magistratura che fu archiviata per assenza di elementi di rilevanza penale. Quindi, siamo sforniti di tutele nei confronti di episodi simili.
Credo che una riflessione non di tipo censorio, ma un intervento adeguato all'importanza e alla gravità del diffondersi di questi fenomeni sia proprio necessario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, non c'è dubbio che quello che ha sollevato oggi il collega Fiano sia un problema sul quale è giusto esprimere la nostra totale riprovazione, ma vorrei dire al collega Fiano che non valgono solo le notizie che compaiono sul sito www.repubblica.it. Io ricevo ogni giorno nella mia e-mail segnalazione di siti contro Israele, a favore del terrorismo contro Israele con una diffusione di odio antiebraico insostenibile e ogni giorno è un continuo incitamento all'odio che viene - ahimé - da forti settori della sinistra politica internazionale che sostengono il terrorismo internazionale e amici del terrorismo come i rappresentanti di Hamas.Pag. 58
Aggiungo, signor Presidente, che insieme al collega senatore Lucio Malan in passato ho presentato una denuncia per quello che l'UCOII (l'Unione delle comunità islamiche in Italia) - un'organizzazione a mio giudizio paraterrorista, di cui si consente ancora la sopravvivenza in Italia, in forme legali, quando andrebbe messa al bando - aveva pubblicato sui giornali nazionali: un appello contro gli ebrei e Israele nel quale si ripercorrevano in modo sistematico le criminalità naziste, le si consideravano fatti non avvenuti e si paragonava l'olocausto a ciò che lo Stato di Israele compie.
Signor Presidente, non si possono avere due pesi e due misure in tali questioni; se la sinistra, il PD, il collega Fiano, intendono mobilitarsi su questo, sono da ora al loro fianco, sempre, ma non mi accontento delle segnalazioni del sito di la Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mi hanno segnalato che vi sono ancora diversi interventi, chiedo a tutti di essere concisi, perché è giusto dare la parola a tutti.

GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori ma per sollevare un'altra questione.
Circa un mese fa ho scritto una lettera al Presidente della Camera Fini (che gentilmente mi aveva suggerito anche cosa fare) perché ho riscontrato le luci costantemente accese dal mattino fino alla sera non solo nell'Aula del Parlamento, ma anche in tanti luoghi dove non servono e, soprattutto, dove non c'è nessuno dal mattino alla sera.
Ad esempio, nelle Commissioni parlamentari della Camera dal mattino alla sera sono tenute le luci accese anche quando non vi è seduta. Oggi leggo sul giornale un intervento del Ministro Tremonti, il quale giustamente dice che, con la crisi, bisogna ridurre le spese per il 2009. Poiché dopo un mese non mi è stata data risposta dai questori, chiedo, dunque, al Parlamento di intervenire, in quanto anche questa mattina ho fatto un giro e ho visto migliaia di lampadine accese che non servono a niente.
Il costo dell'energia elettrica in Parlamento è di tre milioni e 400 mila euro e solo con un 30 per cento di riduzione si risparmierebbe un milione di euro. Non salviamo il Paese, ma sarebbe un segnale, considerato che diciamo ai cittadini di non tenere in stand-by la televisione, il videoregistratore e quant'altro, in quanto non bisogna consumare, perché l'energia costa. Questo è un esempio di come qui dentro sembra di essere su Marte. Dobbiamo capire che dobbiamo rappresentare un esempio per i cittadini: non bisogna dire loro una cosa e poi in questa sede farne un'altra.

PRESIDENTE. Ricordo di essere molto sintetici, poiché alle ore 15 è previsto lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor Presidente, intervengo solo per evidenziare che le agenzie di stampa segnalano un grave atto di intimidazione a carico dell'agenzia Adnkronos di Palermo.
Noi come MpA esprimiamo la solidarietà ai giornalisti e all'agenzia per il lavoro di corretta informazione che svolgono in una realtà difficile quale quella siciliana.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, intervengo brevemente ma doverosamente per associarmi allePag. 59preoccupazioni espresse dall'onorevole Fiano. Non ne farei una questione di libertà su Internet nel senso che Internet è di per sé un mezzo libero, ma ne farei una questione di contenuti. Propongo un piccolo suggerimento, poiché credo che la preoccupazione sia concreta e credo che la preoccupazione dell'onorevole Fiano sia sincera come la nostra. Stiamo attenti anche alle forme di pubblicità che involontariamente diamo a questi stupidi, perché di stupidi si tratta e non va mai data pubblicità a chi è stupido, per non ingenerare meccanismi di emulazione.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per associarmi alle espressioni del collega Fiano, ma anche per esprimere una preoccupazione. Quando sono poste in essere denunce di tal fatto, si può essere d'accordo o non d'accordo. Evitiamo le minimizzazioni, perché non siamo di fronte a degli stupidi, ma a dei criminali che sanno bene ciò che stanno facendo.
Inoltre, se mi è permesso, io non sono in grado di dare giudizi e consigli a nessuno, tanto meno in quest'Aula. Però sentire qui dentro dire che l'Ucoii è un'organizzazione para-terroristica quando l'Ucoii è una di quelle organizzazioni riconosciute dal Ministero dell'interno e che ha sottoscritto la Carta dei valori....

SOUAD SBAI. Ma vatti a leggere le cose! Ma dove vivi!

PRESIDENTE. Prego, prosegua onorevole, si rivolga pure alla Presidenza.

FABIO EVANGELISTI. Se le mie informazioni fossero inesatte sarò ben lieto di essere smentito dai colleghi che si sbracciano. Inviterei all'equilibrio e, comunque, non si può fare il pendant, in quanto vi è un gruppo di criminali neonazisti e volere a tutti i costi trovare o degli stupidi, o dei criminali filorossi o filocomunisti credo che non sia in questo modo che bisogna affrontare la questione, ma con la serietà, come il riferimento fatto dall'onorevole Fiano.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Non hai capito nulla! Sei un imbecille! Sei un imbecille!

FABIO EVANGELISTI. Presidente, si prenda nota dell'insulto dell'onorevole Stracquadanio!

PRESIDENTE. Per cortesia, non usi questi termini.

ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, mi sembra che proprio su questi temi bisognerebbe che quest'Aula fosse unita e non ne facesse l'occasione per l'ennesimo scontro fazioso. È stato indicato un episodio puntuale e preciso: l'apologia del nazionalsocialismo con tutto ciò che questo implica, compreso lo sterminio degli ebrei.
Ho apprezzato molto chi ha ricordato gli attacchi contro la comunità ebraica, però non dimentichiamo che i nazionalsocialisti che fanno propaganda in quel modo, la fanno anche per lo sterminio degli ebrei.
È ovvio che dobbiamo condannare chi è a favore dello sterminio degli ebrei o anche dei cristiani, e anche degli uomini che non fossero né ebrei né cristiani. Non dividiamoci, siamo uniti e teniamo presente un fatto: la questione è che Internet non può essere uno spazio al di fuori della legge. In nome della libertà della rete, alcuni ritengono di avere la libertà di delinquere su Internet. Fra poco, in quest'Aula discuteremo - mi auguro - un provvedimento sulla pedofilia, che pone esattamente il medesimo problema. Vi èPag. 60una questione su cui tutti dobbiamo essere uniti: la necessità di fare in modo che la legge valga anche su Internet.

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, vorrei rispondere all'onorevole Evangelisti. Quale Ministero ha riconosciuto l'Ucoii?

PRESIDENTE. Onorevole Sbai, non è un dialogo. Si rivolga alla Presidenza.

SOUAD SBAI. Io facevo parte della consulta islamica, di cui faceva parte anche l'Ucoii. Vorrei ricordare al collega che l'Ucoii non ha firmato la carta dei valori, che non è altro che una sintesi della Costituzione italiana. L'Ucoii è riconosciuta da parecchi Paesi, non solo europei, ma anche arabi, come un'organizzazione di estremisti e anche filo terroristi. Basta leggere anche il giornale di oggi.

PRESIDENTE. Ricordo anche all'onorevole Stracquadanio di moderare il linguaggio e di non usare quei termini in Aula. Conosco la sua correttezza, onorevole...

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, anche fuori dall'Aula.

PRESIDENTE. La Presidenza è in Aula. Fuori dall'Aula ne risponde a qualcun altro.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi il senatore Sergio Zavoli, in sostituzione del senatore Nicola Latorre, dimissionario.
La seduta è sospesa. Riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 14,55, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il Ministro dell'interno.

(Tempi di erogazione dei finanziamenti di competenza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali a favore degli enti di formazione professionale - n. 3-00235)

PRESIDENTE. L'onorevole Vietti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00235, concernente i tempi di erogazione dei finanziamenti di competenza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali a favore degli enti di formazione professionale (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, come si può leggere nella nostra interrogazione, gli enti di formazione professionale hanno il timore, che purtroppo ci pare più che fondato, che a partire dal 2009 i percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale possano essere ridotti o addirittura sospesi, anche nelle regioni dove sono attivi e sono diventati sistema, se non saranno adottati i provvedimenti di finanziamento.Pag. 61
Il suo Ministero deve ancora erogare 400 milioni di euro, 200 per il 2007 e 200 per il 2008 (così ci risulta, ma speriamo che lei ci possa smentire). Queste somme dovranno essere portate all'approvazione del Consiglio dei ministri, perché non c'è l'intesa con le regioni. Nella finanziaria per il 2009 non c'è nulla: non i 200 milioni di euro che dovrebbero far capo al suo Ministero, non i 13 milioni di euro con cui il suo Ministero dovrebbe finanziare la legge per gli enti di formazione professionale.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, dico subito all'onorevole Vietti che il Consiglio dei ministri, proprio oggi, ha approvato il decreto che stabilisce i criteri di riparto delle risorse per il 2007 e per il 2008, che sono finalizzate alla prosecuzione dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale. In questo modo, è stato superato lo stallo che si era creato per la mancata intesa in sede di Conferenza unificata.
Le risorse, quindi, saranno immediatamente trasferite alle regioni secondo i criteri che sono indicati nell'atto oggi approvato. Ricordo che, nel corso di questi anni, i criteri sono stati via via modificati, tenendo conto in misura crescente soprattutto del numero dei ragazzi in formazione professionale e non più soltanto, quindi, in base ai cosiddetti dispersi. Avevamo predisposto, in ogni caso, lo schema di decreto già nel mese di luglio e lo avevamo portato immediatamente alla Conferenza unificata il 18 settembre; si era verificato questo contrasto, come ho detto, oggi risolto.
Per quanto riguarda, infine, l'ulteriore richiesta circa gli stanziamenti per l'anno 2009, che devono essere previsti in finanziaria, vorrei chiarire che non è necessario uno specifico appostamento annuale, in quanto, a regime, valgono le disposizioni della legge n. 144 del 1999, e quindi le risorse per il 2009 ci sono e saranno pari a 289 milioni 109 mila 570 euro.

PRESIDENTE. L'onorevole Vietti ha facoltà di replicare.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro di queste rassicurazioni. Potrei dire che la nostra interrogazione ha avuto un effetto quasi miracolistico, perché la coincidenza è talmente fortunata che ci porterebbe a dire che c'è quasi un rapporto causale tra la nostra sollecitazione e il provvedimento odierno; certamente ce ne rallegriamo. Prendo atto che il Ministro stesso ha parlato di uno stallo che si era verificato e che è stato superato e, soprattutto, prendo atto con soddisfazione anche delle rassicurazioni per l'anno 2009.
È evidente che la formazione professionale è una grande risorsa nel nostro Paese. Trasversalmente, i Governi che si sono succeduti hanno via via affermato e ribadito che l'obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale.
Questo è importante, perché dà continuità ad una sperimentazione che, iniziata nel 2003 con poco più di 25 mila studenti, oggi supera ampiamente i 110 mila studenti, e se i finanziamenti fossero più adeguati questo numero probabilmente sarebbe anche superiore. Questa formazione sancisce un principio, che è quello che si può assolvere all'obbligo dell'istruzione previsto dall'articolo 34 della nostra Costituzione non solo nel sistema scolastico tradizionale, ma anche in quello formativo; e poi la formazione professionale nell'attuale disciplina si colloca al termine della scuola media, cioè alla conclusione di un ciclo in cui si evita la prassi di riservare alla formazione professionale solo i giovani che ripiegano dopo un fallimento scolastico.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, credo di avere cinque minuti, e di non averli impiegati tutti.

Pag. 62

PRESIDENTE. Ahimé, ne ha solo due. Dura lex sed lex.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Mi spiace che lei sia stato così attento! Concludo semplicemente dicendo che, come il Ministro sa, e credo convenga, grazie a questi percorsi anche i giovani delle classi spesso più disagiate, e oggi anche gli immigrati, possono trovare una collocazione che evita la dispersione scolastica. Quindi, è bene se il Governo si fa carico responsabilmente di sostenere e di finanziare la formazione professionale.

(Misure per sostenere - in caso di licenziamento o mancato rinnovo dei contratti - il reddito dei cosiddetti lavoratori atipici e favorirne i percorsi di reinserimento occupazionale - n. 3-00236)

PRESIDENTE. L'onorevole Miglioli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Damiano ed altri n. 3-00236, concernente misure per sostenere - in caso di licenziamento o mancato rinnovo dei contratti - il reddito dei cosiddetti lavoratori atipici e favorirne i percorsi di reinserimento occupazionale (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

IVANO MIGLIOLI. Signor Presidente, signor Ministro, gli ultimi dati dell'INPS ci dicono di un aumento, rispetto allo scorso anno, anche fino all'80 per cento del ricorso alla cassa integrazione guadagni. È la pesante conseguenza della crisi sull'economia reale, sulla vita di tante famiglie, sulle condizioni di migliaia e migliaia di lavoratori. Ma ai dati dell'INPS non risultano, sono invisibili, i lavoratori e le lavoratrici con contratto a progetto, gli interinali, gi atipici: insomma, quei 4 milioni di lavoratori e lavoratrici precari che sono privi di qualsiasi forma di tutela e quindi sono i primi ad essere espulsi dal processo produttivo, senza possibilità di ricorso ad ammortizzatori sociali.
Lei sa, signor Ministro, che la legge di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 ha previsto una delega al Governo, volta a conseguire la graduale armonizzazione dei trattamenti di disoccupazione e di sostegno al reddito, senza distinzione di appartenenza settoriale, di dimensione di impresa, di tipologia di contratto di lavoro. La delega scade il 31 dicembre, e a tutt'oggi non è stata esercitata. Si chiede quindi quali misure urgenti si intendano intraprendere per contrastare gli effetti della crisi, a partire dalle tutele per i lavoratori precari.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Come l'interrogante sa, il Governo ha ipotizzato già dal momento del suo insediamento la possibilità di una grande crisi dei mercati finanziari, che avrebbe avuto inevitabilmente riflessi sulle economie reali, con la conseguenza della possibilità di un incremento del numero dei disoccupati. Sulla base di queste preoccupazioni abbiamo anticipato la manovra economica, e ora vogliamo integrarla con alcune misure, che saranno adottate dal prossimo Consiglio dei ministri di mercoledì della prossima settimana, dedicate prioritariamente alla protezione del reddito dei molti che probabilmente potrebbero perdere il lavoro. Ciò sulla base comunque dei criteri ai quali si informa il nostro ordinamento, e quindi si deve comunque trattare di persone che per fruire di forme di sostegno al reddito devono avere precedentemente lavorato. Coloro che non hanno mai lavorato, gli inoccupati, devono essere invece sostenuti piuttosto con robusti servizi che li accompagnino al primo impiego.
Noi quindi incrementeremo le risorse per i cosiddetti ammortizzatori sociali in deroga (le indennità di mobilità in deroga, la cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga): in deroga perché saranno concessi, questi ammortizzatori, anche a soggetti che altrimenti non ne avrebbero diritto.Pag. 63
Chiederemo peraltro alle parti sociali, attraverso gli organismi bilaterali, di concorrere al sostegno dei redditi dei lavoratori colpiti dalla disoccupazione quanto più possibile, soprattutto negli ambiti della microimpresa e del lavoro interinale, ove già questi organismi bilaterali sono presenti. Aggiungeremo ancora risorse, oltre a quelle già allocate da un recente emendamento che il Governo aveva già predisposto. Chiederemo inoltre alle regioni che ciascuna delle persone che riceverà una forma di integrazione al reddito possa disporre contemporaneamente non solo del servizio di accompagnamento, che operatori pubblici e operatori privati devono loro erogare per favorire l'incontro con una domanda di lavoro, ma soprattutto che a tutte queste persone sia garantita anche un'opportunità formativa. È necessario che nel momento in cui interrompono l'attività lavorativa abbiano la possibilità di aggiornare le proprie conoscenze e competenze.
Infine, per quanto riguarda la delega mi spiace ricordarle che, purtroppo, si tratta di una bella delega con buone intenzioni, ma senza un euro: di una delega di questo tipo, onestamente, non sappiamo troppo che fare. Verificheremo la possibilità di qualche aggiustamento normativo, ma sostanzialmente abbiamo bisogno ora di interventi immediati ed efficaci che producano non chiacchiere, ma soldi nelle mani di coloro che perdono il posto di lavoro.

PRESIDENTE. L'onorevole Bellanova, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, sono assolutamente insoddisfatta della risposta del Ministro del lavoro, perché sappiamo - lo denunciamo da mesi - che vi sono centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici in cassa integrazione, che la crisi internazionale sta determinando ulteriori licenziamenti nelle piccole imprese e nelle imprese artigiane e che i primi ad essere espulsi dal lavoro sono i lavoratori atipici e i precari. A ciò si aggiunge la scelta del Governo di licenziare 60 mila precari nella pubblica amministrazione ed oltre 130 mila nella scuola, tutti soggetti senza strumenti di protezione sociale.
A questa crisi il Governo risponde detassando gli straordinari; leggiamo dalla stampa che ora si vuole ampliare tale misura anche ai lavoratori della pubblica amministrazione: come dire, date qualche euro in più ai padri e togliete il futuro ai figli, a quei figli che non hanno nessuno strumento di protezione sociale.
Onorevole Ministro, potevate esercitare la delega del Governo Prodi: c'erano 700 milioni di euro stanziati dal Governo, dovevate esercitare la delega entro il 31 dicembre 2008 ma avete chiesto un'altra deroga. Impegnatevi davvero con uno strumento riformatore: riformate gli ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori e per tutte le tipologie di impresa, perché gli ammortizzatori sociali servono a prescindere dalla qualifica che si ha, dalla dimensione di impresa, dalla tipologia contrattuale.

PRESIDENTE. Onorevole Bellanova, deve concludere.

TERESA BELLANOVA. I lavoratori quando perdono il lavoro, che lavorino alla FIAT, all'Alitalia, nell'impresa artigiana o in quella filiera che sta delocalizzando le produzioni all'estero, hanno bisogno di avere uno strumento di sostegno al reddito e di poderose politiche pubbliche per il reinserimento nel mondo del lavoro.
Questo, purtroppo, non è nella risposta che lei mi ha dato, ed è la ragione per la quale denuncio la mia totale insoddisfazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Orientamenti del Governo in merito ad iniziative in materia di diritti civili, con particolare riferimento al testamento biologico - n. 3-00237)

PRESIDENTE. L'onorevole Mura ha facoltà di illustrare la sua interrogazionePag. 64n. 3-00237, concernente orientamenti del Governo in merito ad iniziative in materia di diritti civili, con particolare riferimento al testamento biologico (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

SILVANA MURA. Signor Ministro, la drammatica vicenda della povera Eluana Englaro ha portato all'attenzione dell'opinione pubblica il grave problema dell'assenza di una legge sul testamento biologico.
A causa di questo vuoto la famiglia Englaro ha dovuto intraprendere un lungo percorso giudiziario per veder riconosciuta la volontà della figlia di non voler sopravvivere nello stato vegetativo in cui si trova da ben diciassette anni, una battaglia che si è finalmente conclusa con la sentenza della Cassazione.
Il tema del testamento biologico e le forti polemiche che questa materia continua a sollevare è solo uno degli aspetti che dimostrano come il nostro Paese sia clamorosamente privo di leggi adeguate in grado di tutelare i diritti civili. Manca, infatti, una norma che riconosca i diritti alle coppie di fatto, e la legge che regola la procreazione assistita è assolutamente inadeguata.
Con la presente interrogazione si chiede, dunque, di sapere quali sono gli impegni, anche legislativi, che questo Governo intende assumersi per regolamentare in particolare il testamento biologico e, più in generale, le questioni relative al riconoscimento dei diritti civili (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, l'interrogazione dell'onorevole Mura solleva problemi estremamente delicati. La tematica del consenso ai trattamenti sanitari, in particolare nelle situazioni di fine vita, investe valori di rango etico, prima ancora che costituzionale: il rispetto della vita, il rispetto della dignità umana, la solidarietà nei confronti della famiglia del soggetto in stato di grave malattia. Si tratta di questioni fondamentali in tutti gli ordinamenti giuridici, ma che hanno assunto una particolare rilevanza nel nostro Paese a seguito del caso di Eluana Englaro. La recente sentenza della Corte di cassazione ha, infatti, sancito (in assenza di una specifica disciplina legislativa) che possa essere accolta l'istanza diretta a ottenere l'interruzione dell'idratazione e dell'alimentazione assistita.
Il Governo ritiene che la questione non sia in alcun modo così risolta e che sia, quindi, necessario che il Parlamento approvi una legge specifica sulla materia. Auspichiamo, pertanto, che tale legge definisca una soluzione equilibrata, in cui la tutela del principio di libera determinazione e il divieto di accanimento terapeutico non determinino alcuna lesione del valore della tutela della vita umana.
In questa prospettiva, quindi, il Governo si augura che si possa giungere in tempi rapidi ad un'attenta disciplina della dichiarazione di fine vita, in grado di coniugare i diversi valori in gioco, come testimoniato, d'altra parte, anche dal documento del Comitato nazionale per la bioetica del 18 dicembre 2003 che è stato approvato all'unanimità.
Sulla necessità di una sollecita definizione del quadro legislativo in materia si è del resto manifestato un ampio consenso in Parlamento. Al riguardo, ricordo solo che il 1o agosto 2008 il Senato ha approvato a larga maggioranza una parte di un ordine del giorno presentato dalla senatrice Finocchiaro e che il 1o ottobre è già iniziato presso la 12a Commissione (Igiene e sanità) del Senato l'esame delle proposte di legge relative proprio alle dichiarazioni di fine vita, mentre quelle relative alle cure palliative, evidentemente connesse, sono all'attenzione della Camera.
In conclusione, il tema delle dichiarazioni di fine vita pone, evidentemente, questioni di coscienza di carattere più ampio rispetto agli orientamenti politici. È pertanto necessario che si sviluppi in Parlamento un confronto non condizionatoPag. 65dall'appartenenza ai rispettivi schieramenti. L'Esecutivo, per parte sua, assicura alle Camere la massima attenzione e la propria completa disponibilità affinché si raggiungano soluzioni tempestive, idonee e condivise (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Mura ha facoltà di replicare, per due minuti.

SILVANA MURA. Signor Ministro, mi dichiaro insoddisfatta della risposta del Governo, una risposta che - a dire il vero - mi aspettavo, perché l'orientamento di questo Governo è molto chiaro in materia di temi etici e di diritti civili.
In Italia abbiamo una legge sulla procreazione assistita restrittiva e scientificamente arretrata, che costringe le coppie (peraltro solo quelle che possono permetterselo) ad andare all'estero per avere quel figlio che le leggi italiane non consentono loro di concepire. Non vi è, invece, alcuna legge che riconosca i diritti di chi decide di formare un'unione familiare senza ricorrere al matrimonio, come pure manca da troppo tempo una legge che regoli il tema del testamento biologico.
La vicenda di Eluana ha riportato in primo piano la questione dei temi etici, una questione che, purtroppo, continua ad essere affrontata in maniera ideologica anche dal Governo, che in questa materia si mostra molto distante non solo dai canoni della democrazia liberale, ma anche da un'elementare visione laica che deve essere propria di uno Stato.
Due giorni fa il Ministero della salute ha presentato un glossario sullo stato vegetativo e sullo stato di minima coscienza, un documento ufficiale che afferma in maniera netta la contrapposizione tra la politica e la scienza, perché prelude ad una chiusura netta nei confronti di qualsiasi forma di testamento biologico.
La questione fondamentale che si pone, e alla quale si deve dare una risposta al più presto, non è eutanasia «sì» o eutanasia «no» (come anche il Governo sembra voler far credere), ma è completamente diversa. Essa consiste nel fatto se vada riconosciuto il diritto di una persona di far valere la propria volontà, ovviamente a condizione che questa sia stata espressa in maniera chiara ed inconfutabile con l'affermazione di non voler continuare a vivere in stato vegetativo. Si deve stabilire se il diritto che viene riconosciuto ad una persona cosciente di rifiutare le cure mediche o l'alimentazione scompaia quando la stessa sia in stato di incoscienza. Noi riteniamo che la volontà dell'individuo, pur con le opportune garanzie, debba prevalere su tutto il resto, perché questa è la visione laica che deve essere propria di uno Stato moderno e questo è uno dei principi fondamentali della democrazia liberale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

(Iniziative per l'assunzione dei rimanenti idonei del concorso per esami a 443 posti di ufficiale giudiziario C1 bandito nel 2002 - n. 3-00238)

PRESIDENTE. L'onorevole Belcastro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00238, concernente iniziative per l'assunzione dei rimanenti idonei del concorso per esami a 443 posti di ufficiale giudiziario C1 bandito nel 2002 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, nel novembre 2002 è stato bandito un concorso distrettuale per 443 posti di ufficiale giudiziario. Nel settembre 2003 sono state espletate le due prove scritte, tra febbraio e giugno 2004 si sono ultimate le prove orali. Sono risultati 443 vincitori e circa 750 idonei. A copertura delle zone e dei posti carenti, questa graduatoria è stata fatta slittare quasi per intero. Esiste un residuo di circa 95 idonei, che è in attesa di essere assunto a copertura di quelle zone carenti, che principalmente riguardano il sud, la Calabria e la Sicilia.
Pertanto, chiedo al Ministro di avere la tranquillità che questa graduatoria saràPag. 66fatta slittare in tempi brevissimi, a copertura proprio di posti in organico che non possono rimanere scoperti, perché, proprio in quelle zone, è assolutamente necessario dare una giustizia tempestiva e senza carenze.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, in risposta all'onorevole interrogante si rammenta che lo scorso 28 ottobre, in occasione della risposta ad un question time in Commissione, il Ministero della giustizia ha avuto modo di chiarire di aver assunto nel tempo tutti i vincitori dei concorsi distrettuali per complessivi 443 posti di ufficiale giudiziario C1 e la gran parte dei soggetti inseriti nelle graduatorie generali di merito dei predetti concorsi. Le assunzioni effettuate negli ultimi due anni hanno riguardato la figura professionale di cancelliere, poiché per la copertura delle relative vacanze vi erano maggiori esigenze di servizio. Posso, poi, precisare, a conferma di quanto affermato dall'onorevole Belcastro che, alla data odierna, i candidati risultati idonei non ancora assunti sono pari a 96 unità e che le procedure di assunzione dovranno essere espletate entro il 31 dicembre 2008, poiché a tale data cesseranno di avere efficacia le graduatorie sopra indicate.
Come è noto, le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato sono subordinate all'autorizzazione del Consiglio dei ministri. Tale autorizzazione avviene nei limiti delle risorse disponibili dettate dalla legge finanziaria e compatibilmente alla vigente disciplina riguardante la riduzione delle piante organiche e la limitazione del turnover. Si segnala, comunque, che il Ministero della giustizia ha inoltrato agli organi dei Dicasteri competenti (Dipartimento della funzione pubblica e Dipartimento dell'economia e finanze) la richiesta di autorizzazione ad assumere anche le predette 96 unità utilmente collocate nelle graduatorie dei concorsi a 443 posti in precedenza indicati. Tale richiesta sarà evidentemente valutata insieme a quelle provenienti dalle altre amministrazioni centrali, al fine della predisposizione della delibera del Consiglio dei ministri per l'autorizzazione delle assunzioni relative all'anno 2008 che, come dicevo in precedenza, dovrà essere necessariamente adottata entro la fine dell'anno.

PRESIDENTE. L'onorevole Belcastro ha facoltà di replicare, per due minuti.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, ritengo di potermi dichiarare soddisfatto dalla risposta del Ministro.
Ci tengo particolarmente a sottolineare che questi adempimenti, che dovrebbero portare alle assunzioni in tempi rapidi, meritano particolare attenzione da parte dell'intero Governo, se è vero come è vero che la Calabria, la Sicilia e le zone del sud in generale stanno vivendo un momento di particolare acredine della malavita organizzata. Occorre, dunque, assistere i nostri magistrati nel modo migliore possibile. Non possono verificarsi défaillance proprio a causa della mancanza di personale. Proprio nell'ambito delle restrizioni nelle quali ci troviamo, anche per motivi economici, ritengo che davvero non si possa risparmiare su quanto assolutamente necessario per abbattere, principalmente nel settore penale, quelle esigenze di vivibilità in quei territori che necessitano di una macchina efficiente. Pertanto, mi dichiaro soddisfatto e resto in attesa dei risultati perché è assolutamente importante che entro la fine dell'anno questi professionisti in attesa vengano utilizzati.

(Iniziative del Governo per limitare o sospendere l'arrivo in Italia di nuovi lavoratori stranieri, in considerazione dell'impossibilità di assorbire nuova manodopera per effetto della crisi economica in atto - n. 3-00239)

PRESIDENTE. L'onorevole Pastore ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00239, concernente iniziative del GovernoPag. 67per limitare o sospendere l'arrivo in Italia di nuovi lavoratori stranieri, in considerazione dell'impossibilità di assorbire nuova manodopera per effetto della crisi economica in atto, (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata) di cui è cofirmataria.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, signor Ministro, si apprende che, tra pochi giorni, verrà adottato il decreto flussi per il 2008: esso prevederà 170 mila ingressi, con alcune importanti novità. Innanzitutto, una quota consistente dovrebbe essere riservata alle cosiddette badanti e si dovrebbero utilizzare le domande già presentate in occasione del decreto flussi per il 2007. Inoltre, verrebbe introdotto un criterio più stringente per le domande presentate dai datori di lavoro stranieri. Data la situazione di crisi economica, la Lega Nord ha avanzato la proposta di una moratoria di due anni sul flusso di ingresso degli extracomunitari, proprio in considerazione della necessità di salvaguardare i lavoratori italiani e gli stessi lavoratori stranieri. Si tratta di una moratoria, del resto, assimilabile a quella già adottata, dall'Unione europea nel 2004. Anche dal mondo del lavoro e del sindacato si sono levate voci a favore di tale moratoria, ad esempio ricordo la richiesta del segretario generale della CGIL di Treviso volta a bloccare i flussi di ingresso dei lavoratori stranieri. Si chiede quindi al signor Ministro quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di limitare o sospendere l'arrivo in Italia di nuovi lavoratori stranieri, in considerazione dell'impossibilità di assorbimento di nuova manodopera per effetto della crisi economica in atto.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Le preoccupazioni sollevate nell'interrogazione sono tutte condivisibili. La situazione economica non brillante - per usare un eufemismo - che coinvolge l'Italia e tutti i Paesi del mondo, richiede una valutazione attenta anche delle politiche legate al mondo dell'immigrazione. Se fino a pochi mesi fa si poteva pensare di procedere, come si è fatto negli anni passati, all'emanazione di decreti flussi per l'ingresso di nuovi cittadini extracomunitari con regolare contratto di lavoro, la situazione attuale richiede un ripensamento e una maggiore attenzione nella valutazione.
Come ha detto l'interrogante, lo stesso sindacato si interroga sull'opportunità di far entrare nuovi lavoratori. Ritengo che tale ripensamento sia utile e che sia necessario sviluppare politiche per il reimpiego di chi dovesse perdere il posto di lavoro, soprattutto i cittadini extracomunitari. La moratoria di cui si è parlato non è una novità. Condivido l'iniziativa presentata al Senato, assunta nel 2004 in occasione dell'allargamento dell'Unione europea a dieci nuovi Paesi. È stata la stessa Commissione europea a consentire agli Stati membri di farlo, ma anche il patto europeo sull'immigrazione e sui diritti di asilo, recentemente approvato in sede europea, adottato nello scorso mese di ottobre, indirizza i Paesi europei verso una regolamentazione dell'immigrazione, basata sui bisogni e sulle capacità di accoglienza di ogni Stato membro.
Questo documento mi pare particolarmente importante e significativo e sarà il Senato a valutare se approvare questa moratoria. In ogni caso, penso che sia utile farlo e si può fare anche in assenza di una legge e l'impegno del Ministro dell'interno è questo. Certo, se il Senato lo approverà per il 2009 ovviamente il Governo dovrà recepire un vincolo legale oltre che politico.
Il cosiddetto decreto flussi del 2008 non è in contraddizione con questa moratoria perché, come l'interrogante ha segnalato, si tratta di domande presentate nel corso del 2007, non si tratta di nuovi ingressi, ma di emersione di un lavoro presente in modo irregolare limitatamente al lavoro domestico ed alla assistenza alle persone. I 170 mila nuovi permessi di soggiorno riguarderanno queste tipologie di lavoratoriPag. 68e, per una parte più limitata, quelle quote che sono comprese negli accordi bilaterali con alcuni Stati.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Si tratta di accordi che vanno mantenuti perché servono anche per il reingresso di cittadini che vengono espulsi dall'Italia.

PRESIDENTE. L'onorevole Pastore ha facoltà di replicare.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, signor Ministro mi dichiaro soddisfatta della sua risposta. Come anche lei ha evidenziato, la situazione economica pone in grande difficoltà, non solo le famiglie, ma anche le piccole e medie imprese ed anche le grandi imprese. Il Governo spesso deve intervenire in aiuto di situazioni che sono dovute a questo stato di crisi. In questo quadro si inseriscono appunto gli immigrati già regolarmente presenti in Italia. Secondo un'indagine pubblicata oggi da un quotidiano, gli immigrati regolari costituiscono il 6 per cento della popolazione e in questa fase di crisi economica sono anch'essi soggetti colpiti da licenziamenti e cassa integrazione.
Come lei evidenziava, mi sembra giusto intervenire in favore di chi già risiede regolarmente nel nostro Paese, di chi fa parte e si è integrato nel nostro tessuto sociale e di chi soprattutto, osserva le nostre leggi ed i nostri usi.
Vorrei anche sottolineare come la Lega Nord Padania ha sempre cercato di aiutare gli immigrati a casa loro, proponendo iniziative volte ad attuare progetti di solidarietà proprio nei luoghi in cui gli immigrati cittadini hanno svolto la loro crescita.
Invito il signor Ministro a continuare a usare il buonsenso, il senso di responsabilità, la fermezza e la coerenza che ha contraddistinto il suo operato in questi mesi e ad operare sempre in sintonia con quanto stanno chiedendo i cittadini italiani. Grazie ancora e buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Iniziative per garantire la sicurezza dei cittadini e la legalità con riferimento alle azioni delittuose e alle intimidazioni della criminalità organizzata - n. 3-00240)

PRESIDENTE. L'onorevole La Loggia ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cicchitto n. 3-00240, concernente iniziative per garantire la sicurezza dei cittadini e la legalità con riferimento alle azioni delittuose e alle intimidazioni della criminalità organizzata (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, signor Ministro, è vero: si sono riscontrati moltissimi successi nella lotta alla mafia ed alle altre forme di criminalità organizzata, con moltissimi arresti di latitanti realmente molto pericolosi, anche al vertice della cupola mafiosa, e si sono anche avuti enormi successi sul piano investigativo, con il sequestro di un enorme quantità di beni e patrimoni appartenenti alla mafia. È vero, ma continuano ancora, purtroppo gravissime attività illecite della mafia e delle altre forme di criminalità organizzata e intimidazioni veramente molto gravi e intollerabili, come l'ultima che si è avuta nei giorni scorsi contro l'imprenditore siciliano Giuseppe Catanzaro, vicepresidente di Confindustria Sicilia e presidente della Confindustria della provincia di Agrigento.
La domanda è doverosa da parte nostra: quali altre iniziative sta ponendo in essere il Governo...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ENRICO LA LOGGIA. ...per dare il colpo finale alla mafia, il colpo decisivo?

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha facoltà di rispondere.

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ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, abbiamo espresso subito a Giuseppe Catanzaro la solidarietà e abbiamo preso tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza sua e di tutti gli imprenditori che combattono, in prima fila, contro la criminalità organizzata. Posso dire che il livello di attenzione del Governo nei confronti delle organizzazioni criminali organizzate è altissimo e lo dimostra il fatto che sin da principio, dal suo primo atto, l'azione governativa si è concentrata sul potenziamento del contrasto alla mafia. Le organizzazioni criminose devono essere contrastate sia sul fronte della loro organizzazione e struttura sia sul terreno dei loro patrimoni. In questo senso e in questa direzione abbiamo migliorato la normativa con i provvedimenti adottati dal Governo e approvati dal Parlamento già nel mese di luglio e con ulteriori provvedimenti, che sono in corso di discussione al Senato.
Nel decreto-legge n. 92 del 2008, recante misure urgenti in materia di pubblica sicurezza - il cosiddetto pacchetto sicurezza - sono state previste misure più incisive per l'aggressione dei patrimoni illeciti. Per esempio, è stato consentito di avviare indagini patrimoniali per l'applicazione delle misure di prevenzione e soprattutto di proporre la confisca dei beni sequestrati anche nei casi in cui non venga giustificata la legittima provenienza di essi. La legge approvata prevede la possibilità di richiedere e applicare, anche disgiuntamente, le misure di prevenzione personali e patrimoniali, cosa che finora non era possibile. Si tratta della proposta elaborata dal giudice Falcone tanti anni fa e che questo Governo ha inserito nel nostro ordinamento giuridico.
Le disposizioni sono ulteriormente rafforzate dal disegno di legge, all'esame del Senato, attraverso una più puntuale e più efficace disciplina dei casi e delle modalità di sequestro dei beni, di confisca e, soprattutto, di riutilizzo. Confiscare un bene non è sufficiente, se lo si lascia inutilizzato per decenni senza poterlo adoperare. Noi prevediamo una procedura più efficace e più rapida per arrivare fino in fondo. Pertanto, si procederà a sequestro, confisca e, infine, riutilizzo dei beni.
Come lei ha affermato, onorevole La Loggia, i successi intervenuti in questi mesi sono notevoli. Cito solo alcuni dati che saranno illustrati ampiamente domani, in una conferenza stampa che svolgeremo al Viminale, proprio per sottolineare l'importanza delle azioni svolte in questi mesi. Dal maggio di quest'anno ad oggi, da quando il Governo è in carica, sono stati sequestrati beni per circa tre miliardi di euro alla mafia, lo ripeto tre miliardi di euro. Sono state portate a termine 49 operazioni di polizia, arrestati 73 pericolosi latitanti, di cui 14 appartenenti alla mafia, 18 alla 'ndrangheta, 36 alla camorra e cinque alla criminalità pugliese.
Si tratta di azioni importanti che certo non esauriscono l'azione contro la criminalità organizzata. L'attenzione deve essere sempre tenuta molto alta, ma credo che ciò che la polizia, la magistratura e le forze dell'ordine hanno fatto in questi mesi non abbia paragone, nei precedenti mesi e nei precedenti periodi, per efficacia e per iniziativa contro la criminalità organizzata (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole La Loggia ha facoltà di replicare.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, signor Ministro, le notizie che lei ci ha dato (che peraltro sono già note, ma speriamo nelle altre che ci potrà fornire domani, nella conferenza stampa che ha annunciato) sono sicuramente confortanti. Ma permetta che le dica, con tutta franchezza, da parlamentare siciliano e del sud: non se ne può veramente più! Non è possibile che tanti e tanti milioni di cittadini meridionali - e siciliani in particolare - debbano sopportare il doppio danno: quello della presenza della mafia e quello della diffidenza di tanti a venire ad investire sul nostro territorio, proprio a causa della presenza mafiosa. Questo è realmente insopportabile.Pag. 70
Oggi la mafia ancora rappresenta forse l'azienda (se così vogliamo chiamarla) che produce e fattura di più nel nostro Paese. Ciò è realmente insopportabile per quei milioni e milioni di cittadini onesti che cercano di riscattarsi definitivamente da questa realtà cruenta e che mina così alla radice la legalità e la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato.
Pertanto, voglio invitarla veramente, non solo a titolo personale, ma a nome del gruppo del Popolo della Libertà, a fare ancora di più e a intensificare gli sforzi per fare in modo che si possa innescare definitivamente quel circuito virtuoso che va verso la tutela della legalità e che faccia in qualche modo affermare, ancora in maniera più diffusa, la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni.
Così, e solo così, potremo definitivamente parlare della mafia come di un fenomeno del passato. Beato veramente quel giorno in cui potremo fare la ricostruzione storica di un fenomeno che non appartiene più a questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16.

La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 16,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Cicchitto, Cirielli, Cossiga, Donadi, Gregorio Fontana, Lombardo, Lo Monte, Soro, Urso e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1802.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge di conversione n. 1802.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo dibattito parlamentare, particolarmente lungo per il filibustering dell'opposizione - che ci ha impegnato due giorni su un provvedimento particolarmente importante e che tra l'altro si concluderà, secondo le posizioni anticipate dai gruppi, con un voto favorevole di tutto il Parlamento, maggioranza e opposizione -, ci ha consentito una riflessione importante sulle questioni di politica estera e non solo su quelle legate alla presenza dei nostri militari all'estero, impegnati - lo voglio ricordare e sottolineare - in missioni di pace.
Questo dibattito ci ha consentito di sviluppare una riflessione importante: abbiamo tutti potuto sottolineare come la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda non hanno affatto determinato una situazione normale e senza conflitti sullo scenario internazionale. Nel libro «Il ritorno della storia e la fine dei sogni», scritto da Robert Kagan, editorialista del Washington Post, la nostra epoca viene definita come l'epoca delle divergenze: è con questa realtà che ci dobbiamo misurare.
Un grande Paese e un popolo che abbiano il senso della storia devono fare la loro parte a favore della pace. Le nostrePag. 71missioni internazionali sono fondamentali per salvaguardare la pace e tutelare le popolazioni civili dovunque vi siano conflitti. È in questo contesto che, rispetto anche agli schemi tradizionali, il nostro Paese deve sviluppare una incisiva politica estera che, da un lato, si spenda a favore della pace e, dall'altro lato, consenta anche al nostro sistema economico di crescere.
Ho sentito accusare questo Governo di voler mettere in discussione le tradizionali alleanze per alcune valutazioni che sono state fatte, in modo particolare, sul conflitto georgiano e sul dispiegamento dello scudo spaziale.
Ritengo che l'Italia, pur non mettendo in discussione il suo collocamento, la sua posizione e le sue alleanze internazionali, e ribadendo l'assoluta fedeltà all'alleanza con gli Stati Uniti e con gli altri Paesi occidentali, debba saper giocare sullo scenario internazionale un ruolo nuovo, positivo e incisivo per poter essere interlocutore credibile e affidabile per tutte le parti che in questo momento sono attive sullo scenario internazionale. Ritenere che si possa affrontare un interlocutore avendo posizioni pregiudiziali o precostituite evidentemente indebolisce la posizione del nostro Paese.
Allora, anche le critiche che sono state rivolte al Presidente del Consiglio, l'onorevole Berlusconi, le classifico come espressione di quell'antiberlusconismo strisciante che c'è nel nostro Paese, che non si alimenta solo delle urla delle piazze, che non si alimenta solo degli insulti che vengono rivolti a questa maggioranza e a questo Presidente del Consiglio nelle trasmissioni televisive o nelle interviste ai giornali, che non si alimenta solo delle critiche molto spesso superficiali o al di sopra delle righe rivolte in quest'Aula e in altri livelli istituzionali, ma anche delle critiche pregiudiziali che non affrontano il merito.
Signor Presidente, concludo il mio intervento preannunciando il voto favorevole da parte del Movimento per l'Autonomia sul decreto che finanzia la missione italiana in Georgia, una missione necessaria se si tiene conto di ciò che sta accadendo, anche in questi giorni, in quello scenario. È fondamentale la nostra presenza per allentare la tensione che in quel territorio esiste fra la Georgia e la Russia e a tal proposito sottolineo un aspetto. Quando si parla di missioni italiane all'estero e di missioni internazionali, abbiamo un solo dovere in questo Parlamento: alzarci in piedi, mettere la mano sul cuore e ringraziare i nostri militari, uomini e donne, che compiono il loro alto dovere in situazioni molto difficili, e pregare il Signore perché li possa restituire sani e salvi ai loro affetti e alle loro famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è utile ricordare che questo decreto nasce dalla confluenza avvenuta al Senato di altri due decreti, dei quali uno ha come oggetto la partecipazione italiana alle missioni internazionali, l'altro la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.
Tengo a ribadire che noi dell'Italia dei Valori riteniamo che queste missioni devono essere sempre più supportate dal nostro Paese, perché ne hanno bisogno soprattutto quei Paesi che, a differenza dell'Italia, non hanno ancora raggiunto la democrazia e, quindi, vi è pericolo per la libertà e la sicurezza. Abbiamo il dovere - lo ribadiamo a chiare lettere - di intervenire allorché ci accorgiamo che questa libertà e questa democrazia sono in pericolo.
Tuttavia, abbiamo l'esigenza di fare qualche riflessione, perché ci siamo resi conto, attraverso questo decreto, che ci ha fornito l'occasione per aprire una discussione nell'Aula parlamentare, che qualcosa invece sta cambiando per quanto riguarda la strategia nei confronti delle missioni internazionali da parte di questo Governo.
Lo abbiamo più volte ribadito e lo abbiamo più volte chiesto anche nellePag. 72Commissioni attraverso le interrogazioni e gli ordini del giorno da noi presentati: tuttavia, non abbiamo avuto risposte. Abbiamo chiesto la ragione dell'invio dei Tornado come mezzi che il Governo vuol fare passare per mezzi di perlustrazione in quei territori, quando invece il Governo italiano è dotato di mezzi che hanno prettamente questo compito. Quindi, significa che qualcosa sta cambiando.
Perché prevedere un aumento degli uomini, che vengono inviati soprattutto in Afghanistan? Sta cambiando qualcosa nella politica estera? Riteniamo che, forse, si trattasse di un impegno assunto in precedenza, quando ancora negli Stati Uniti era in carica il Governo Bush. Ma dobbiamo prendere atto che qualcosa è cambiato anche da questo punto di vista: Obama, non appena è stato eletto, ha ribadito che vuole continuare la politica estera e che è d'accordo con le missioni internazionali, ma certamente non è d'accordo sul modo in cui il Governo Bush le ha condotte sino ad ora. Anzi, se dovessimo verificare se fino ad ora le operazioni indotte a tutto il mondo da parte degli Stati Uniti hanno portato la libertà e la democrazia in quelle zone, dovremmo constatare, invece, che questi due valori sono ancora lontani da venire. Dunque, vuol dire che c'è qualcosa che non va, che qualcosa deve essere cambiato.
Riteniamo che gli ultimi eventi che stanno accadendo nel mondo, a partire dagli Stati Uniti, ma anche in tutti questi Paesi che si trovano in situazioni di sofferenza, hanno bisogno di una diversa strategia che sia indirizzata verso una maggiore presenza dell'Europa, all'interno della quale ogni Paese e prima di tutto l'Italia deve assumersi le proprie responsabilità.
Riteniamo che debba essere esportato il modello dell'Europa, che non deve essere inteso come modello di neocolonialismo e non deve essere ritenuto nemmeno il modello unico - anzi su di esso è necessario discutere -, ma deve essere certamente il modello che deve iniziare a portare la democrazia occidentale in questi Paesi che ne hanno bisogno. In che modo? Riteniamo che si debba attribuire maggiore importanza al dialogo, che deve divenire anche diplomazia, e il Governo ha il dovere di far interessare i nostri rappresentanti in quei territori, facendo avvertire ancora di più la nostra presenza alle popolazioni civili.
Ormai, soltanto la presenza militare non basta più, anzi dobbiamo prendere atto che spesso dalle popolazioni che ne hanno bisogno viene intesa come una forza ostile, come una forza estranea se non viene accompagnata dal dialogo e dalla diplomazia, che deve esercitarsi sul territorio, anche fornendo loro i servizi di cui necessitano e che non sono presenti in quelle zone come da noi. Questo, a nostro avviso, è il modo migliore per poter combattere il terrorismo.
Arriviamo ad un'altra necessaria riflessione riguardante le risorse con le quali vengono finanziate le missioni: è un dato su cui dobbiamo riflettere, perché non è possibile che vengano finanziate con fondi che questo Governo o il precedente aveva stanziato per altre finalità e che aveva fatto credere ai cittadini che dovessero servire per una serie di interventi pubblici, quali ridurre la pressione fiscale, salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie, l'abolizione dell'ICI (che adesso sta mettendo in gravi difficoltà i comuni) e la detassazione degli straordinari, per non parlare dei numerosi tagli che stiamo imponendo ai vari Ministeri: al Ministero dell'istruzione, università e ricerca, al Ministero dei beni e attività culturali e a Ministeri importanti come quello del lavoro, salute e politiche sociali e della giustizia.
Pertanto, non è possibile che, attraverso delle promesse, facciamo entrare i soldi nelle tasche dei cittadini dalla porta e, poi, li facciamo uscire dalla finestra. Non ci trovate d'accordo su questa politica, soprattutto quando, attraverso questa politica, volete cambiare una strategia di cui non avete discusso e sulla quale non avete aperto il dialogo in Parlamento prima di adottarla: mi riferisco alla strategiaPag. 73della forza e della maggiore pressione militare che volete portare in quelle zone.
Per tale motivo, nel ribadire che c'è necessità di un dialogo, di un confronto per quanto riguarda la strategia delle missioni internazionali e, in generale, la strategia di politica estera, annunciamo il voto favorevole alla conversione del decreto-legge in esame.
Tuttavia, lo facciamo solo per salvaguardare la pace in quei Paesi che veramente ne hanno bisogno, solo per mantenere gli impegni assunti a livello internazionale. Non condividiamo assolutamente la linea politica che state seguendo, soprattutto riferita anche alla sicurezza dei nostri militari: ricordiamoci che li stiamo mandando allo sbaraglio, anche attraverso una riduzione dei fondi che stiamo dando alle Forze armate. Teniamo presente che fra due anni il 40 per cento dei fondi delle Forze armate sarà ridotto, pertanto non ci sentiamo di appoggiare questa politica.
Quindi, pur nell'annunciare un voto favorevole sul provvedimento in esame, non ci troviamo d'accordo su questa politica; lo facciamo solo per mantenere la pace nel mondo e per mantenere gli impegni che abbiamo assunto a livello internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Urbino (dove tanti anni fa ho iniziato la mia carriera accademica, come professore incaricato e poi come professore associato), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Inoltre, saluto gli studenti della scuola media Galileo Ferraris di Falconara, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Adornato. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, come lei sa, il nostro gruppo voterà a favore del decreto-legge in esame, perché esso rappresenta una conferma della tradizionale politica di alleanze e di peacekeeping del nostro Paese.
Eppure, proprio sulla politica di alleanze più in generale, in questi giorni abbiamo posto e poniamo oggi, con questa dichiarazione di voto finale, alcuni interrogativi al Governo e a questa Assemblea. Vogliamo porre una questione che riteniamo di delicata rilevanza nazionale ed internazionale: ci domandiamo e chiediamo al Governo e a quest'Aula se, camuffato dietro un amabilissimo fuoco pirotecnico di battute, di pacche sulle spalle e di giochi al cucù, non sia in atto un mutamento sostanziale della nostra storica politica di alleanza nei confronti degli Stati Uniti, in favore di una liaison ancora poco chiara con lo zar del Cremlino Vladimir Putin. È per questo che vogliamo rivolgere una richiesta formale alla sua Presidenza, che è quella di prevedere un dibattito in Aula sulla politica estera del nostro Paese, alla presenza del Presidente del Consiglio.
Del resto, in questi giorni si è sentito che quest'Aula vuole parlare di politica estera ed ha un interesse ed un desiderio di capire quale sia la vera sostanza delle nostre relazioni con il resto del mondo. Nel porre tale questione ci riferiamo ovviamente alle due recenti dichiarazioni del Premier: la prima, quella in cui denunciava come provocatoria l'idea dello scudo spaziale americano nei confronti di Mosca e la seconda, nella quale a mo' di smentita diceva che gli americani hanno il diritto di difendersi.
Non vogliamo partecipare al gioco delle smentite e delle contro-smentite, quindi per onestà e lealtà prendiamo per buone entrambe le dichiarazioni, perché entrambe sono uscite dalla bocca del nostro Premier. A parte l'ovvia constatazione che in politica estera non si può giocare con le parole, le prendiamo in esame entrambe, perché riteniamo la prima sbagliata ed assai grave e la seconda quantomeno superficiale ed inesatta.
Esaminiamo la prima: sono noti da tempo i rapporti tra Putin e Berlusconi e nulla quaestio su ciò; ma la domanda è: tali rapporti possono creare silenzi edPag. 74ambiguità del nostro Paese sugli strappi all'ordine internazionale ed ai diritti umani, che vengono ancora perpetrati da Mosca (questo è il punto rilevante: non se Berlusconi sia amico o meno di Putin)? A noi sembra di sì e l'ambiguità più grossa l'abbiamo vista nel momento del conflitto in Georgia, quando il Governo italiano ha assunto una posizione poco chiara: non si capisce se fosse dalla parte della Georgia o dalla parte di Mosca. Con la dichiarazione che attribuiva agli Stati Uniti una provocazione verso Mosca siamo andati oltre, siamo andati ad uno schieramento aperto con Mosca: quella di Berlusconi sembrava più una dichiarazione di un leader di un Paese satellite di Mosca, piuttosto che quella del Berlusconi che aveva parlato con una standing ovation al Congresso americano, una specie di dichiarazione di sovranità limitata.
In effetti, perlomeno sul gas, la politica del Governo rischia la sovranità limitata nei confronti di Mosca e non vogliamo e non vorremmo credere che questo sia il vero motivo delle posizioni politiche assunte dall'onorevole Berlusconi.
Ci ha sorpreso anche la tempistica del suo intervento. L'amico George era ancora alla Casa Bianca e già otteneva dal suo caro amico Silvio il benservito.
Vorremmo porre questa domanda al Presidente del Consiglio: «Ma lei era amico di Bush o degli Stati Uniti?». Noi eravamo e siamo amici di Bush, come oggi siamo amici di Barack Obama al quale vogliamo inviare la solidarietà per l'ennesimo, incredibile e delirante attacco di Al Qaeda contro la sua Presidenza e gli Stati Uniti d'America (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e del deputato Stracquadanio). Infatti, noi siamo amici degli Stati Uniti, non di questo o quell'altro Presidente.
Vi è anche un errore di analisi. Signor Presidente del Consiglio - glielo riferisca lei, onorevole Scotti - il rischio di una nuova guerra fredda non viene dagli Stati Uniti. Proprio l'incontro di Pratica di Mare per cui Berlusconi ha tanto lavorato ha offerto a Mosca un'altra via, un altro orizzonte storico, quello della partnership con l'Occidente. Ma Putin ha rifiutato questa strada ed è inutile richiamare oggi a favore di Putin l'incontro di Pratica di Mare. Putin ha rifiutato perché non sta lavorando ad una partnership con l'Occidente, ma a ricostruire le condizioni di un nuovo piccolo grande impero russo. Questo è il vero rischio di una nuova guerra fredda, questo è un vero rischio di destabilizzazione della pace.
Signori del Governo, per questo motivo una cosa è lavorare per riavvicinare NATO e Russia, Unione europea e Russia, Stati Uniti e Russia. Questo è giusto e non avrete mai un dissenso da noi dell'Unione di Centro intorno a questa politica. Un'altra cosa è ritenere che il rischio di una nuova guerra fredda arrivi da Washington. Questo significa cambiare la valutazione sullo stato del mondo e, dunque, anche la nostra storica politica di alleanze.
Ma veniamo anche alla seconda dichiarazione che voleva essere una smentita: «Sono stato frainteso, certamente gli Stati Uniti hanno il diritto di difendersi». In questo caso, siamo di fronte ad un errore di natura analitica, tecnica e, quindi, anche di strategia politica: lo scudo spaziale proposto dagli Stati Uniti non serve a difendere soltanto loro. A parte il fatto che dalla Seconda guerra mondiale in poi - l'ha detto Berlusconi a New York e a Washington - la difesa degli Stati Uniti ha coinciso per grandissima parte con la difesa dell'Europa e con la nostra difesa (per due volte nel Novecento sono intervenuti per difenderci).
Tuttavia, lo scudo spaziale - un Presidente del Consiglio dovrebbe saperlo - serve per difendersi dalla minaccia di missili lanciati da Stati canaglia, come li chiamano gli americani, soprattutto Iran, Siria e Corea del Nord, anche perché Teheran ha recentemente testato un nuovo missile balistico in grado di raggiungere Israele e il sud dell'Europa.
Quindi, lo scudo spaziale è strategico non solo per la difesa degli Stati Uniti, ma per la difesa della libertà del mondo. Del resto, gli Stati Uniti hanno proposto a Mosca una collaborazione per la realizzazione dello scudo. Al vertice G8, nel giugnoPag. 752007, hanno proposto a Mosca l'installazione di missili nella stazione radar di Gabala, in Azerbaigian. A questo Mosca dice di no.
Ora abbiamo visto che Medvedev ha aperto uno spiraglio di opportunità presso Obama e questa è una cosa molto importante. Speriamo che la giornata di domani - che sarà importante per Mosca, per Putin come per Medvedev - confermi questa finestra di opportunità. Ma si può ignorare tutto ciò? Si può dire che lo scudo spaziale serva a difendere solo gli Stati Uniti? È evidente che, per quanto concerne anche la seconda dichiarazione, quella che doveva essere una smentita, in realtà, come si dice, ha fatto peggio la riparazione del buco che prima si era prodotto.
Si tratta di una questione assai delicata, signor Presidente. Il ruolo dell'Italia non può che essere quello di lavorare perché non nasca un nuovo impero russo, piccolo o grande che sia, e lavorare perché la violazione dei diritti umani o dell'ordine internazionale possa esigere una risposta anche dell'Unione europea, non solo degli Stati Uniti.
Mi permetta, signor Presidente, di dire ciò proprio nei giorni in cui si apre a Mosca il processo per l'assassinio di Anna Politkovskaja (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro), avvenimento che questo Parlamento naturalmente non può dimenticare e soprattutto non lo può fare mentre si parla di Russia, di libertà e di Occidente. Un nuovo piccolo grande impero russo, con la minaccia rivolta all'Ucraina, con l'intervento operato in Georgia: è questa la minaccia di un possibile ritorno alla guerra fredda!
Ecco perché non si può non stare nell'idea di mediare, di riavvicinare. Non abbiano interesse ad isolare Mosca e sappiamo che nella storia quando Mosca si è sentita isolata ha sempre risposto in malo modo. Non dobbiamo e non possiamo isolare Mosca, ma per ottenere questo dobbiamo avere una stella polare chiara, la rotta dritta e non deviare da questa rotta: l'obiettivo di Putin è creare un nuovo impero e il nostro obiettivo è che non ci sia più un impero che possa minacciare l'Unione europea e tutta la libertà, compresi gli Stati Uniti.
Quindi la stella polare della nostra alleanza con Washington è quella che deve guidare la politica del Governo.
Signor Presidente, noi non siamo più sicuri che questa stella polare sia la stessa del nostro Governo; questa è la stella polare che, da De Gasperi ad oggi, ha permesso l'europeismo e l'atlantismo italiano come due facce della stessa medaglia; ha permesso che questo fosse un grande Paese. Noi non vogliamo correre il rischio che le pacche sulle spalle, le battute, le amicizie personali possano far deviare l'Italia da questa sua grande rotta storica (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Camera dei deputati, dopo due giorni di anomala discussione, è finalmente chiamata ad esprimersi sulla definitiva conversione in legge del decreto-legge che ha autorizzato la via dell'intervento militare di monitoraggio in Georgia, in cui sono successivamente confluite anche le disposizioni del decreto-legge che ha prorogato, sino alla fine dell'anno in corso, una serie di missioni che erano in scadenza alla fine del settembre scorso.
Per quanto concerne la partecipazione italiana alla missione EUMM promossa dall'Unione europea in Georgia per verificare il rispetto degli accordi sul ripiegamento delle truppe russe, occorre ribadire come la Lega Nord abbia già espresso il suo favore, sia in Consiglio dei ministri che al Senato. Confermiamo oggi questo orientamento sia perché la EUMM Georgia è espressione di una volontà dell'Europa di prendere nelle proprie mani il suo destino, sia perché si configura come un'operazione assolutamente imparziale. Siamo lieti, inoltre, dei progressi che si stannoPag. 76registrando sul piano dell'attuazione del ritiro delle forze inviate dal Cremlino.
Approfittiamo, altresì, della circostanza per respingere una volta di più alcune letture tendenziose che sono state fatte dell'impegno diplomatico italiano in occasione della recente crisi caucasica. Come è stato precisato dal Ministro degli affari esteri Frattini in tutte le sue più recenti dichiarazioni a questo riguardo, non esiste infatti alcuna deriva della politica italiana in senso filo-russo, non almeno una linea politica che si differenzi sostanzialmente da quella perseguita negli ultimi dieci anni da tutti i Governi della Repubblica italiana, di qualsiasi colore essi fossero.
In Georgia siamo andati con l'idea di tutelare le vittime civili di tutte le parti e di garantire l'equilibrio della missione di monitoraggio europeo, senza in alcun modo dar segno di voler pregiudicare né gli interessi di Tbilisi né quelli degli abitanti dell'Abkhazia o dell'Ossezia del sud, ma nell'intento puro e semplice di contribuire, per quanto possibile, a stabilizzare il Caucaso che è un'area di rilevanza strategica, non fosse altro che per i gasdotti e gli oleodotti che vi transitano.
La Lega oggi esprime il proprio favore anche in merito alla proroga degli interventi in scadenza, soprattutto per non pregiudicare la posizione dei nostri militari esposti nei vari teatri di operazione; si riserva, tuttavia, il diritto di proporre alla Camera alcuni spunti di riflessione.
In primo luogo, non siamo più certi che l'impegno militare in Libano meriti l'entità di risorse che gli sono state assegnate, oltre duemila uomini, e per più di un motivo: non solo perché, sin dagli inizi, la Lega ha ritenuto debole il mandato attribuito alla UNIFIL2, di fatto impotente a disarmare gli hezbollah, ma anche per il fatto che dall'estate del 2006 si sono prodotte in Libano delle trasformazioni politiche che hanno ulteriormente sminuito il ruolo dei caschi blu.
Alcuni mesi or sono il Libano è sprofondato in una crisi che è stata risolta solo riconoscendo agli hezbollah una forte compagine ministeriale nel nuovo Governo centrale di Beirut e con la rinuncia delle autorità nazionali libanesi a disarmare il Partito di Dio. In queste condizioni è nostra convinzione che abbia perso slancio l'idea di smilitarizzare le fazioni libanesi e realizzare finalmente in capo all'esercito nazionale quel monopolio legale della forza armata senza il quale non c'è alcun Stato degno di questo nome. E dunque, rimaniamo pure a sud del fiume Litani con i nostri soldati, ma senza farci illusioni e soprattutto evitando di disperdere nel Libano meridionale energie ormai francamente eccessive in rapporto agli scopi perseguibili e dichiarati della missione.
Siamo piuttosto scettici anche in merito alla dimensione degli interventi in atto nei Balcani. Non dobbiamo più difendere il Kosovo da una improbabile riconquista serba, ma solo proteggere alcune enclavi dove i serbi-kosovari vivono in precarie condizioni di sicurezza, anche a causa del precoce riconoscimento internazionale dell'indipendenza di Pristina: un compito per il quale potrebbe esser sufficiente un minor numero di militari.
Quanto alla missione Althea in Bosnia-Erzegovina, è la stessa Unione europea che si accinge a chiudere questa esperienza, rimanendo il Paese ormai ragionevolmente stabile.
Lamentiamo, inoltre, l'eccessiva frammentazione della presenza militare italiana all'estero: abbiamo troppi piccoli drappelli di uomini in una grande moltitudine di teatri, presenze simboliche che costano e non assicurano alcun concreto ritorno politico.
Chiediamo, allora, al Governo un riesame delle missioni in atto e già in fase conclusiva che permetta il recupero di risorse a favore di quelle nuove missioni che già si prospettano all'orizzonte.
Appoggiamo, invece, con grande convinzione la prosecuzione della missione della guardia di finanza in Libia, che anzi vorremmo che fosse più solida e incisiva, in quanto è volta al contrasto dei flussi migratori illegali e, quindi, è rispondente ad un obiettivo che consideriamo un nostro importante interesse.Pag. 77
Sosteniamo anche con forza la decisione, contenuta nel provvedimento, di rafforzare le misure di protezione del nostro contingente in Afghanistan, anche per coerenza rispetto a quanto abbiamo sostenuto durante i trascorsi sette anni, quando la Lega è sempre stata in prima fila nel chiedere di adottare tutte le misure che potessero migliorare le capacità dei nostri soldati di difendere se stessi in quell'ambiente così ostile.
Alcune nostre scelte sono state ricompensate. Da tempo, ad esempio, sono sul terreno i Lince, ossia i veicoli protetti ai quali devono certamente la vita molti nostri soldati che sono usciti da vari agguati soltanto con lievi ferite, grazie all'imponente protezione di cui dispongono quei mezzi, che oggi sono migliorabili, ad esempio adottando torrette telecomandate azionabili dall'interno che certamente sono costose; ma si può parlare di solo puro costo di fronte alla vita dei nostri soldati che con grande abnegazione e capacità operano nei vari teatri di operazione?
Approfittiamo di questa circostanza per ricordare a chi accusa la politica italiana di essere eccessivamente filorussa - i famosi filoamericani dell'undicesima ora - che si tratta di una scelta che permette all'Italia di dimostrare, ancora una volta, con i fatti, la propria solidarietà con gli alleati della NATO e con gli Stati Uniti. Dal nostro lato, quello del sistema politico e con il Governo, ci sono coloro che hanno ridotto i cosiddetti caveat, esattamente così come richiedevano l'Alleanza atlantica e Washington; dall'altro lato, sui banchi dell'opposizione, si trovano, invece, coloro che decisero di abbandonare gli Stati Uniti ritirandosi precipitosamente dall'Iraq nel 2006, continuando a criticare le decisioni dell'amministrazione, anche se siamo convinti che sia stato perfettamente inutile farlo.
A proposito di Iraq e di coerenza, c'è un fatto che vorremmo portare oggi alla vostra attenzione. La scheda illustrativa legata all'atto Senato n. 1061, che recava il provvedimento di conversione del decreto-legge poi confluito in quello sulla Georgia, ha rivelato un fatto di cui in passato non è stata data davvero grande pubblicità. Per proteggere l'unità civile di sostegno alla ricostruzione inviata nei dintorni di Nassiriya, e lì rimasta anche dopo il rimpatrio della missione Antica Babilonia, il precedente Governo Prodi stipulò un contratto con una società di sicurezza privata. Ebbene sì, signor Presidente, nel ritirare i nostri militari il Presidente Prodi, il Ministro Parisi, la maggioranza, decisero di rivolgersi proprio ai bistrattati mercenari delle società private di sicurezza, guardandosi bene, ovviamente, dal farlo sapere. Noi riteniamo che sia giusto il momento di squarciare questo velo di ipocrisia.
Naturalmente, nel votare a favore dell'atto Camera n. 1802, non possiamo non esprimere l'auspicio che le recenti aperture negoziali per giungere a una soluzione politica soddisfacente del conflitto afghano, di cui molto si è detto nel mese scorso, trovino conferma nei mesi che verranno e sfocino, infine, in una pace giusta e durevole. Sembra che a ciò si sia personalmente impegnato anche il Monarca saudita partecipando alla prima tornata di colloqui svoltisi a La Mecca.
Tuttavia, sia chiaro che, per quanto ci riguarda, nessuna pace in Afghanistan può essere giusta e durevole - dunque una buona pace - se per raggiungerla verranno fatte concessioni al terrorismo internazionale e ai suoi fiancheggiatori. Grazie ai sacrifici dei nostri ragazzi e dei soldati forniti dei Paesi alleati, oggi 5 milioni di bambini e bambine afghani vanno a scuola e accedono finalmente all'istruzione; diverse donne siedono nel Parlamento di Kabul e finalmente c'è un barlume di speranza. Non vogliamo che questa luce si spenga permettendo che tornino al potere gli sgherri che vietarono gli aquiloni, chiusero i cinema e distrussero i monumenti di Bamiyan soltanto perché ci fa comodo portare presto a casa i nostri soldati. Speriamo - siamo anzi certi di questo - che tale sia anche la linea del Governo che sosteniamo.
Non dovremmo comunque mai dimenticare come all'avvio del negoziato in Arabia Saudita abbiano dato un contributoPag. 78decisivo anche le truppe occidentali, dimostrando con i loro sacrifici e la loro determinazione - e concludo - anche ai leader dell'insurrezione neotalebana, l'impossibilità di prevalere nella prova di forza che hanno ingaggiato con l'intero mondo libero.
Se un'ultima critica può essere sollevata è a proposito delle coperture che si sono escogitate, e già al Senato si è sollevato il problema. È ovvio che va compiuta una scelta: se l'Italia e la sua diplomazia ritengono indispensabile la nostra presenza su più teatri di operazione, questa andrà supportata con le necessarie risorse economiche e, quindi, cogliamo l'occasione per chiedere stanziamenti adeguati a permettere la prosecuzione di questi interventi, perché li giudichiamo necessari e indispensabili alla nostra sicurezza. Concludo preannunciando il voto favorevole della Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, come già annunciato dal presidente Soro all'inizio dell'esame degli emendamenti a questo provvedimento, degli emendamenti il gruppo del PD voterà a favore della conversione del decreto-legge relativo alla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia. Il provvedimento contiene anche il rifinanziamento per il periodo compreso dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 di altre missioni militari, tra le quali le più importanti quelle che si svolgono in Libano, in Bosnia-Erzegovina ed in Afghanistan.
La periodicità con cui siamo chiamati a discutere degli impegni militari all'estero dovrebbe aiutarci a storicizzare questa discussione, mentre ogni volta si corre il rischio di esaminare le varie situazioni che i decreti di rifinanziamento ci ripropongono come segmenti separati di quello che invece è un unico percorso, attraverso il quale, ormai da oltre un decennio, si sostanzia la nostra politica estera.
Poiché la politica internazionale di un Paese non può non essere un momento anche di condivisione, visto che è in gioco il prestigio e il ruolo dell'Italia sulla scena globale, abbiamo voluto che il provvedimento in esame non fosse licenziato velocemente dalla Camera, bensì vi fosse la possibilità di svolgere una discussione ampia e approfondita, evidenziando, come abbiamo fatto, alcuni punti critici. Tra di essi voglio ricordare la necessità di incrementare la dotazione del fondo per le missioni internazionali e quella di finanziare le attività di sminamento e di promuovere iniziative di sensibilizzazione e di formazione delle popolazioni civili e, specificatamente, programmi destinati ai bambini, in relazione al pericolo rappresentato dal munizionamento inesploso.
Inoltre, va sottolineata l'esigenza di un rafforzamento di una politica comune di difesa. È proprio la crisi georgiana che ha reso evidente, con le posizioni assunte dalla diplomazia internazionale, come sia sempre più necessaria per l'Europa una politica comune per la sicurezza e come essa dipenda dallo sviluppo di una politica estera europea, che non può limitarsi ad essere il minimo comune denominatore della diplomazia delle capitali.
Paradossalmente, in un contesto di crisi di governance internazionale l'Unione europea, con tutte le debolezze e le difficoltà di azione che i commentatori politici le attribuiscono, si è dimostrata l'unico soggetto internazionale in grado di esercitare una mediazione che ha consentito di fermare l'escalation di atti militari che stavano trasformando il contenzioso georgiano in una grave crisi internazionale dagli esiti imprevedibili.
Già nel luglio 2006 nel corso della crisi israelo-libanese si era verificato qualcosa di simile. In quell'occasione, infatti, grazie alla tempestività ed all'efficacia dell'azione del Governo italiano, che non era neppure investito del ruolo della Presidenza di turno dell'Unione, assistemmo all'evolversi di un'incisiva diplomazia che consentì la cessazione di un cruento conflitto che appariva in grado di allargarsi in maniera catastrofica.Pag. 79
La missione UNIFIL rappresenta un contributo significativo al raffreddamento di quel conflitto ed un successo della nostra diplomazia in un'area geografica di diretto interesse dell'Italia. Mi permetto di aggiungere che la missione in Libano ha in sé tutte le caratteristiche di un intervento di peacekeeping, senza sbavature: si svolge sotto l'egida delle Nazione Unite, è accettato da tutte le parti in causa, concorre significativamente alla ricostruzione del Paese e unisce alla presenza militare il sostegno dell'iniziativa politica.
Ritornando alla missione in Georgia, ricordiamo che l'Italia contribuisce con una missione PESD di vigilanza e con 40 esperti, 36 militari e 4 civili dei 200 osservatori.
Ma ora quest'azione pacificatrice, per poter avere successo, deve sviluppare una forte iniziativa politico-diplomatica. Ed è quello che espressamente chiediamo al Governo, a partire dalla Conferenza internazionale dei donatori, che deve favorire, come ha sostenuto il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Hammarberg, il diritto al ritorno dei rifugiati. È evidente che, oltre agli aiuti umanitari, le diplomazie dovranno adoperarsi - nel caso dell'Europa, anche grazie al contributo del rappresentante speciale dell'Unione europea per il Caucaso meridionale - a trovare soluzioni per promuovere il dialogo tra tutte le parti interessate e per cercare di ripristinare un certo grado di fiducia reciproca.
È fondamentale a questo fine la capacità di muoversi con prudenza ed equilibrio, riuscendo ad essere interlocutori credibili anche nella ricerca delle responsabilità su chi e su cosa ha aperto la crisi georgiana, evitando atteggiamenti sbilanciati, che mettano in seria difficoltà il contributo che dobbiamo dare nella stessa missione PESD.
Per quanto riguarda la missione in Afghanistan, il minimo che possiamo dire è che si tratta di una missione molto complicata. La duplice presenza in Afghanistan della missione Enduring freedom e della missione ISAF ha messo in evidenza aspetti contraddittori e creato non poche situazioni di notevole difficoltà. Il modo migliore di rispondere a richieste di un maggiore impegno mi sembra sia quello di ricordare come al momento l'Italia sia il Paese europeo che fornisce il maggior numero di uomini alle missioni militari multinazionali nel loro complesso. Posso anche essere d'accordo sull'ipotesi che in Afghanistan siano necessari più soldati, come evidenziato dal relatore, onorevole Cicu, ma penso anche che di più l'Italia non possa fare. La nostra diplomazia dovrebbe impegnarsi in Europa, perché questa divenga la posizione di tutta l'Unione europea. La strategia politica, diplomatica e di ricostruzione è stata finora troppo debole e su questo aspetto si dovrebbe concentrare molto di più l'attenzione della comunità internazionale.
Altri elementi di discussione, presenti anche in sede NATO, riguardano il tipo di strategia da adottare. Enduring freedom combatte contro la guerriglia talebana nel sud-est del Paese, ai confini con il Pakistan, e nelle ultime settimane anche all'interno del territorio pakistano, con non poche complicazioni diplomatiche. Se tale impegno deve essere considerato prevalente su quello di ISAF, che invece ha compiti di ricostruzione e stabilizzazione, si allontaneranno le possibilità di una stabilizzazione del Paese.
Il confronto sulle strategie è arrivato qualche volta anche a sottovalutare l'impegno dei nostri soldati, come se costituisse un impegno minore. Quanto invece tale impegno sia difficile, delicato, rischioso e utile, in una strategia di pacificazione, ce lo ricordano purtroppo gli stessi agguati terroristici, che colpiscono i nostri soldati proprio per spezzare il rapporto positivo che cercano di costruire, invece, con le popolazioni. L'impegno dei nostri soldati è di tutto rispetto e assolutamente coerente con le deliberazioni del Parlamento e con quanto concordato nelle sedi multinazionali.
Il cambio di strategia che ci sentiamo impegnati a sostenere non riguarda, quindi, il problema se restare in Afghanistan, ma come restarci. Riteniamo sia necessaria un'azione politica condivisa daPag. 80tutti i partner internazionali, a cominciare dagli Stati Uniti, al fine di assicurare un cambiamento omogeneo e coerente delle modalità con cui le truppe internazionali devono operare nel corso delle azioni militari e nel rapporto con la popolazione, così da ottenere una percezione più positiva da parte degli afghani, assicurando contestualmente il controllo del territorio e la sicurezza della popolazione civile, coinvolgendo progressivamente in tali compiti, con sempre maggiore responsabilità, gli stessi afghani.
Il bilancio dell'ultimo periodo non può essere sottaciuto e non è positivo. Le perdite NATO nel 2007 sono state pari a 232 caduti e sono le più alte dall'inizio del coinvolgimento dell'Alleanza nel Paese. Il numero dei caduti del 2008 potrebbe essere addirittura superiore a quello del 2007. Il 14 ottobre Kai Eide, rappresentante speciale dell'ONU in Afghanistan, nel corso di un'audizione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha confermato la gravità della situazione, sottolineando come negli ultimi mesi del 2008, rispetto allo stesso periodo del 2007, gli scontri armati e gli attentati sono aumentati del 40 per cento.
Ci sono, quindi, vittime in aumento tra le forze della coalizione e tra la stessa popolazione afghana. Le forze della coalizione hanno intensificatole azioni militari nel sud-ovest del Paese. Si tratta di attacchi condotti principalmente da Enduring freedom, che hanno però richiesto maggiore sforzo logistico e di supporto anche da parte di ISAF. Ecco perché la NATO, e soprattutto il Pentagono, hanno chiesto con insistenza nei mesi passati un maggior coinvolgimento degli alleati tedeschi, francesi, spagnoli e italiani e il superamento dei caveat stabiliti dai Governi nazionali.
Per quanto riguarda l'Italia, come sappiamo tutti, i caveat sono stati rivisti e parte del nostro contingente è rischierato a sud-ovest. Con l'attuale decreto è stata rafforzata la componente aerea dell'ISAF mediante lo schieramento di quattro Tornado, con il relativo supporto logistico e di personale, motivati dal Governo con la necessità di assicurare al contingente italiano un maggior livello di sicurezza, precisando che saranno esclusivamente impiegati in compiti di ricognizione e di intelligence.
Dall'insieme dei fatti che ho appena ricordato appare un quadro sempre più preoccupante. È evidente che è necessario porre il sud del Paese sotto un più stringente controllo militare e che questa strategia comporta prezzi in termini di vite umane sempre più alti, sia tra i militari della coalizione sia tra la popolazione civile.
Questa strategia, ammesso che riesca ad aumentare il controllo sul territorio, distrugge il consenso tra la popolazione e paradossalmente aumenta l'influenza degli insurgens. Il fatto nuovo - vorrei riportare una frase del comandante britannico Mark Carleton-Smith del 5 ottobre sul Sunday Times - è che questa non è una guerra che si può vincere solo con l'uso della forza militare.
Sullo sfondo, ci sono le prossime elezioni presidenziali, che, in un Paese diviso da un conflitto interno che divide anche e soprattutto l'etnia pashtun, potrebbero avere esiti non prevedibili.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Concludo, signor Presidente. Se c'è una parola che più di ogni altra può aiutare a capire la situazione in Afghanistan, è «frammentazione». Si tratta di un Paese diviso tra nord e sud, tra città e paesi, tra etnie e tribù, e queste divisioni attraversano sia i credi religiosi che le frontiere.
In questa situazione, il Paese si prepara ad affrontare una prova decisiva. È un passaggio cruciale, al quale la comunità internazionale deve prestare la massima attenzione coinvolgendo anche, come osservatori regionali, i Paesi dell'area. È a questo che invitiamo il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

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ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la partecipazione italiana alle missioni internazionali con personale militare e civile contribuisce a ridurre tensioni e conflitti, e quindi a ripristinare o sviluppare condizioni di pace e sviluppo dei popoli; un'azione strategica e meritoria, quindi. Per questo, il ringraziamento va a tutto il nostro personale, uomini e donne, militari e civili, che, con impegno e professionalità, svolgono la partecipazione del nostro Paese. Ci viene riconosciuta umanità e capacità di comprensione con la popolazione civile. Chiunque di noi abbia potuto partecipare a missioni parlamentari nelle aree in cui sono operativi i nostri contingenti ha potuto constatare e apprezzare questo riconoscimento.
Il voto favorevole del Popolo della Libertà e l'auspicato voto unanime di questo ramo del Parlamento, come è già avvenuto al Senato, può dare e certamente darà tanta forza ai nostri contingenti per continuare a svolgere con impegno e responsabilità un'attività così importante e impegnativa in tutti i teatri, anche i più critici, dello scenario internazionale.
Anche in Georgia, la presenza di 36 militari e quattro civili nell'ambito della missione di vigilanza dell'Unione europea fa seguito ad un'intelligente e tempestiva azione politica svolta dal Governo italiano e dal Ministro Frattini, quando la crisi era veramente difficile e c'erano momenti di tensione e di pericolo per la stabilità internazionale. La missione, che consiste nella vigilanza civile sulle azioni delle parti per la verifica del rispetto degli accordi raggiunti in tema di integrità territoriale e per il ritiro delle truppe, è finalizzata al raggiungimento di una soluzione politica duratura e solida per la Georgia, in armonia con i principi stabiliti dalle Nazioni Unite e dall'OCSE.
Questa nostra presenza, dicevo, è un fatto importante e fa seguito ad un'azione del Governo italiano tempestiva e intelligente, improntata ad equilibrio e lungimiranza fin dai primi momenti. Il Governo italiano ha sostenuto la linea di coesione dell'Unione europea per il conseguimento di una soluzione diplomatica, che si è concretizzata successivamente con l'accordo dei sei punti e che ha posto le basi per la cessazione delle ostilità e il ritiro delle truppe russe.
L'Italia ha particolarmente evidenziato ed interpretato, anche in ambito europeo, la necessità di mantenere aperti i canali diplomatici con la Russia e di non adottare misure sanzionatorie in sede europea: tutto ciò ha permesso di non arrivare alle estreme conseguenze e non esacerbare i rapporti, in una situazione indubbiamente molto delicata e pericolosa.
Questo comportamento non ha impedito all'Italia, anche in seno all'Unione europea, di condannare il riconoscimento da parte russa dell'indipendenza dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia lo scorso 26 agosto, come pure di ribadire il principio del pieno rispetto dell'integrità territoriale della Georgia durante il Consiglio europeo straordinario dello scorso settembre. Del resto, il Ministro degli esteri Frattini ha più volte ribadito i punti cardine della politica italiana - anche in relazione alla situazione russo-georgiana - caratterizzata dalla fermezza nel sancire il rispetto delle regole del diritto internazionale nell'affrontare le dispute territoriali ed economiche, pur mantenendo un'apertura al dialogo con tutte le parti e, quindi, con il rifiuto di aprioristiche chiusure.
Durante il dibattito si è parlato molto di politica estera, e ci sono stati interventi in cui si è espressa o si è lasciata intendere l'esistenza di ambiguità, ad esempio anche sull'atlantismo. Credo - e non voglio fare polemica - che chi fa queste affermazioni forse è rimasto alla realtà ambigua del precedente Governo, un Governo costantemente attraversato dall'ambiguità. Questo nostro Governo, invece, ha una chiara scelta di atlantismo, con la capacità di dire come la pensa circa l'installazione di scudi, per non innescare tensioni. Filoatlantici, ma non in antitesi con l'Europa e senza vanificare lo storico anelito europeista, quello vero, fecondo e non burocratico. Quindi, una politica estera molto realistica e lungimirante, in perfetta assonanzaPag. 82occidentale e con gli alleati, a cominciare dagli Stati Uniti d'America, e in ambito europeo.
Ma ritornando alla situazione georgiana, un ulteriore momento atto al ristabilimento di una situazione normale sarà costituito dall'organizzazione della Conferenza internazionale di Roma, con il fine di contribuire ad individuare solide soluzioni politiche nell'area caucasica, che è stata negli ultimi tempi scenario di tensioni etniche e territoriali. È un'azione, quella del Governo italiano in ambito europeo, ampia e composita, per non lasciare che i rapporti con la Federazione russa si allentino e, addirittura, si divarichino fino alla contrapposizione. Questo, non solo per motivi di opportunità, ma direi soprattutto per motivi politici, negli scenari più delicati, siano essi i Balcani, ma pure il Medio Oriente ed anche lo scenario afghano. Il Governo italiano si è ispirato, anche in questa occasione, allo spirito e agli obiettivi di Pratica di Mare, che fu una grande e significativa azione immaginata e realizzata dal Governo Berlusconi che non deve essere vanificata e dispersa, ma anzi rafforzata, al fine di evitare che i contrasti nell'area non riesplodano in forme di conflitto ideologico, pericoloso per la cooperazione nel continente e nel mondo.
Ho citato il teatro afghano, certamente il più problematico e nel quale il nostro impegno, col provvedimento in esame, vede l'ulteriore presenza di 40 carabinieri con funzioni di addestramento. Le parole e il confermato e possibilmente incrementato impegno espresso dal Presidente eletto degli Stati Uniti d'America attestano la gravità della situazione afghana e la precarietà e la pericolosità di tutta l'area. Si tratta di situazione precaria, come ci ha ampiamente illustrato l'ambasciatore Sequi, che ha rappresentato con impegno e competenza l'Italia a Kabul e che abbiamo sentito in Commissione affari esteri la scorsa settimana nella sua nuova qualità di rappresentante dell'Unione europea in Afghanistan. È necessario instaurare un dialogo con gli insorti, ponendo però come limite ai negoziati la Costituzione: chi è disponibile al processo di stabilizzazione dovrà rispettare le leggi, e peraltro è necessario negoziare con gli insorti, o almeno con una parte di essi, da una posizione di forza.
È il metodo diplomatico dell'inclusione cui si devono aggiungere più aiuti, perché la stabilizzazione si consegue - diceva - con la testa, con il cuore, ma anche con lo stomaco. Questi aiuti non si sono realizzati in modo sufficiente e, nonostante i progressi (ricordo i 6 milioni di bambini in più nelle scuole, il miglioramento della sanità), vi è stata la sensazione di un'attenzione non sufficiente. Le grandi speranze successive all'elezione del Parlamento afghano di quattro anni fa si sono affievolite e l'azione degli insorgenti ha avuto la possibilità di espandersi.
In questo scenario, si deve prendere in considerazione tutta la realtà di quella regione, ed in particolare l'instabilità pakistana: un insuccesso dell'azione internazionale per portare l'Afghanistan verso condizioni di stabilità e sviluppo determinerebbe un'area di profonda perturbazione internazionale, nonché un colpo mortale per l'Alleanza atlantica. L'impegno della comunità internazionale forse è stato insufficiente, dicevo, se comparato, come qualcuno ha sottolineato, ad interventi effettuati in altri Paesi. Occorre quindi affrontare povertà e disoccupazione diffuse, fornire servizi sanitari e scolastici, ricostruire le infrastrutture, rimediare alla carenza di cibo e di acqua potabile, combattere la corruzione, organizzare una forza di polizia competente e legittima che dia sicurezza e protezione alla popolazione, investire in programmi sociali a lungo termine.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la invito a concludere.

ENRICO PIANETTA. Alla luce di tutto questo, anche per impedire che gli afghani si sentano nuovamente abbandonati dalla comunità internazionale come avvenne successivamente all'invasione sovietica - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente -, la comunità internazionale devePag. 83impostare quindi rinnovati impegni logistici, operativi, umanitari.
Penso anche alla coltivazione dell'oppio che, oltre ad essere un flagello dei giovani, anche dei nostri giovani, è strumento di finanziamento per l'azione degli insorgenti (e la produzione dell'oppio è aumentata). Ma non si può pensare ad una possibilità di successo se non c'è la collaborazione della Russia, ed anche per questo è meritoria la nostra posizione. L'impegno economico più consistente di questo provvedimento riguarda il Libano: la missione UNIFIL è stata ed è un intervento che ha salvaguardato la sicurezza dello Stato di Israele, ma non ha impedito e non poteva impedire, per le modalità operative, il ripristino delle potenzialità offensive degli hezbollah.
Credo che la comunità internazionale dovrà valutare - e termino - questa situazione: dobbiamo salvaguardare la nostra credibilità ed affidabilità internazionale, onorare gli impegni e contribuire a valutare tutte le opportunità per meglio conseguire gli obiettivi definiti nella risoluzione delle Nazioni Unite. Credo che sia saggio - e concludo - affrontare questo tema per rendere ancora più credibile ed efficace il nostro impegno internazionale, un impegno in missioni internazionali, il nostro, che non ci può vedere ovunque.
Penso, e qualcuno lo ha evidenziato, alle tragedie dei genocidi in Darfur e in Congo: il Governo valuterà queste situazioni, ma laddove i nostri contingenti operano essi danno un segno tangibile di capacità ed efficienza dell'Italia, e il voto positivo del Parlamento darà indubbiamente ancora più forza a queste nostre missioni. Il ringraziamento è dunque a tutti i nostri contingenti che lavorano all'estero (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, poiché nel dibattito l'onorevole Adornato ha già espresso con un ragionamento compiuto e molto serio le ragioni del nostro voto favorevole, vorrei rivolgermi ai colleghi capigruppo e al Presidente di turno, a lei onorevole Buttiglione, pregando che ella possa riferire questa mia richiesta al Presidente della Camera.
A parte che mi sembra un pochino inconsueto, onorevoli colleghi, che in presenza di un dibattito così significativo sulla politica estera in questo momento vi sia al banco del Governo un rappresentante di un altro Ministero e non ci sia nessun rappresentante del Ministero degli affari esteri (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori), il che significa già di per sé il grado di attenzione che c'è verso il Parlamento e verso questo dibattito, vorrei esprimere molto rapidamente per rispetto vostro, colleghi, la nostra preoccupazione in ordine ad affermazioni reiterate sul tema della politica estera.
Tutti noi siamo convinti dell'indispensabile rapporto che il nostro Paese deve avere con la Russia, ma tutti noi - spero, credo, almeno noi dell'Unione di Centro - come ha affermato Adornato, rifiutiamo e respingiamo al mittente l'idea di una equidistanza italiana fra gli Stati Uniti d'America e la Russia.
Vi è stato un conflitto georgiano: non voglio essere il difensore d'ufficio del Governo georgiano, che probabilmente avrà responsabilità, ma ritengo sproporzionata la reazione di una grande potenza come la Russia e ritengo che lo spirito con cui l'Unione europea manda una missione in Georgia non si concili con le affermazioni che il Presidente del Consiglio ha fatto in Russia in ordine...

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Tempo!

PIER FERDINANDO CASINI. Il tempo, scusate, ce l'ho, per cui se mi richiamate al tempo continuerò oltre misura.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, stiamo discutendo un decreto-legge: a termine di Regolamento il presidente Casini ha diritto a dieci minuti di tempo.

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PIER FERDINANDO CASINI. Ma io non voglio prendere tempo perché ho rispetto per i colleghi; tra l'altro, c'è l'intesa di procedere al voto su questo decreto-legge e non sono solito non rispettare i patti che anche con il collega Soro e con altri abbiamo assunto. Desidero soltanto terminare il mio ragionamento e dire che noi non possiamo accettare una equidistanza tra la Russia e gli Stati Uniti; non possiamo accettare il giudizio che in ordine alla spropositata reazione russa c'è stato sul conflitto georgiano e riteniamo che la Russia abbia responsabilità enormi nell'aver svilito l'iniziativa e lo spirito di Pratica di Mare. Temiamo - e lo dico con chiarezza - una dittatura energetica russa; temiamo questo evento nella politica internazionale e riteniamo di avere assunto grandi impegni di generosità verso la Russia. Vorrei ricordare a tutti che anche per una ragion di Stato nessuno ha parlato più di tanto di quello che è accaduto in Cecenia (Applausi di deputati del Partito Democratico); vorrei ricordare che nessuno di noi ha parlato più di tanto della metodologia con cui si sono svolte le elezioni in Russia; nessuno di noi parla più di tanto delle interferenze russe verso l'Ucraina e verso quelli che sono gli avvenimenti interni dell'Ucraina (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).
Allora, amici e colleghi, se così stanno le cose riteniamo doveroso che la Presidenza della Camera esprima al Governo una necessità che avvertiamo come impellente: che il Presidente del Consiglio, rispettando il Parlamento come noi rispettiamo il Governo del nostro Paese e il Presidente del Consiglio, venga in questa sede prima di Natale per tenere un dibattito che precisi i contorni della politica estera del nostro Paese.
Votare le missioni di pace per noi rappresenta un impegno verso i nostri militari che sono impegnati a difesa della pace e contro il terrorismo, però voglio dire con chiarezza che la politica estera è una cosa troppo seria per essere sminuita in battute che possono andare bene in sedi diverse da quelli che sono i consessi internazionali. Noi vogliamo capire, signor Presidente Buttiglione, qual è la politica estera del nostro Paese e vogliamo capire, soprattutto in presenza di una amministrazione americana, che parte abbiamo, se confermiamo i pilastri della nostra politica estera del dopoguerra o se è avvenuto un mutamento - forse surrettizio, ma che diventa sostanziale - sulle grandi scelte della politica atlantica ed europea nel rapporto con la Russia.
Mi dispiace se ho toccato un argomento scottante, verso cui vedo che esiste grande disinteresse anche da parte dei mass media, ma io credo che la sede del Parlamento per un dibattito di politica estera sia una sede che si impone per la nostra dignità nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della facoltà di giurisprudenza dell'università di Bologna che sono in visita al Parlamento, Alma mater bononiensis, la più antica università del mondo: grazie della vostra visita.
Naturalmente mi farò parte diligente per richiedere al Presidente della Camera di intervenire sul Governo affinché venga a riferire sulla politica estera. Mi pare di ricordare che ieri io stesso ho rivolto un'analoga richiesta dai medesimi banchi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, in dissenso dal gruppo del Partito Democratico e dalla quasi totalità del Parlamento (come posso immaginare), annuncio il mio voto di astensione che è la media, nel mio caso, tra un voto favorevole ed un voto contrario.
Il mio voto favorevole, da europeista convinto quale sono, sarebbe sulla natura della missione in sé, nonostante sia stato un obiettore di coscienza ai tempi in cui si pagava la scelta non militare con mesi in più di servizio. Comunque non posso che guardare con speranza ad una missione dell'Unione europea, che è una scelta finalmente condivisa e che forse, dopoPag. 85l'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca sarà la prima di tante altre.
Il mio voto contrario, che bilancia quello favorevole, riguarda la copertura finanziaria della missione che va a prendere un milione e seicentomila euro dalle poche briciole rimaste alla cooperazione internazionale.
Pensiamo a come è variegata la presenza dell'Italia all'estero: militari, intelligence, cooperanti, istituti di cultura, insegnanti di lingua negli istituti Dante Alighieri. Possibile che per finanziare queste presenze così diverse si attinga sempre dallo stesso salvadanaio, ossia quello dei Fondi per la cooperazione previsti dalla legge n. 49 del 1987?
Riprendo dunque l'appello lanciato dal senatore Roberto Di Giovan Paolo nell'altro ramo del Parlamento affinché in futuro ci si ponga il problema (pubblicamente condiviso anche dal sottosegretario agli esteri, Enzo Scotti, che era qui poco fa ed ora è andato via) di distinguere bene i due capitoli di spesa nel bilancio dello Stato: uno per le numerose missioni italiane all'estero e un altro capitolo specifico da preservare per la cooperazione allo sviluppo, settore in cui si sono registrati, quest'anno, tagli del 56 per cento e non certo per colpa del centrosinistra.
Per questi motivi, signor Presidente, ribadisco il mio voto di astensione (Applausi del deputato Realacci).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, ho avuto il piacere e anche l'onore di intervenire nella sessione OSCE, tenutasi a Toronto poche settimane fa e dedicata al conflitto russo-georgiano, a nome dell'intera delegazione italiana che ha voluto esprimersi senza distinzioni con una sola posizione, anche sulla base degli incontri avuti in quei giorni, sia con le delegazioni della Federazione russa sia con quelle della Georgia.
È stata una scelta responsabile, con cui abbiamo voluto sottolineare la serietà e la gravità di quel conflitto e l'utilità di una posizione comune e di una maggiore coesione e continuità nella politica estera del nostro Paese. In quell'occasione abbiamo riaffermato i capisaldi del nostro impegno atlantico, del nostro impegno nella NATO e nel contempo, tenuto conto della necessità di proseguire lungo il disegno di integrazione europea promosso già da Adenauer, De Gasperi e Monnet, di farlo riprendendo il tema della necessità di una più forte cooperazione anche tra Unione europea e Federazione russa che tanto tempo fa vide, con la Comunità del carbone e dell'acciaio, il motore dell'integrazione europea e che oggi potrebbe vedere una nuova forma di cooperazione tra Unione europea e Federazione russa in materia di energia, tecnologia, capitali e cultura di impresa.
L'Europa allargata deve sviluppare in modo positivo e cooperativo il rapporto con la Federazione russa e le proprie politiche di vicinato, con un'area che ormai è assai estesa e va ben oltre il Caucaso.
Ma in quella sede abbiamo anche ribadito, con fermezza, la necessità di rispettare il diritto internazionale, le scelte autonome e le alleanze da parte dei Governi e, naturalmente, di rispettare i Governi democraticamente eletti e, invece, oggetto di aggressione da parte della Federazione russa. Per questo, nel momento in cui il Presidente Sarkozy rilancia l'importanza della sede OSCE per far riprendere il negoziato e i buoni rapporti di vicinato tra Federazione russa e NATO, devo constatare una certa delusione, perché vi è stato un emendamento presentato in sede di Commissioni riunite, in particolare quello a firma del collega Mecacci, che non è stato tenuto in considerazione.
Con tale proposta emendativa si chiedeva di far sì che gli osservatori italiani della missione che ci apprestiamo a mettere ai voti e che rappresenta esattamente il cuore del provvedimento che stiamo esaminando, potessero avere libero accesso in Ossezia del sud e in Abkhazia, circostanza che è attualmente negata. Abbiamo ottenuto questa posizione, comePag. 86delegazione italiana, all'unanimità in sede OSCE; invece, non siamo riusciti ad ottenere dal Governo e dalla maggioranza un assenso sul nucleo della missione - per l'esattezza - che ci apprestiamo a votare per i nostri osservatori.
Certamente, abbiamo bisogno di una politica condivisa e l'appello del presidente Casini è proprio da condividere. Avremo bisogno di un dibattito più ampio, più serio e più impegnativo anche per il Governo su molti punti, soprattutto dopo il voto presso l'ONU in ordine all'indipendenza del Kosovo, che ha visto la nostra astensione. La politica internazionale ed estera deve rimanere una politica coesa. Tuttavia, ciò va fatto con chiarezza e questo è l'impegno che portiamo nell'OSCE e che pretendiamo anche dai nostri Parlamenti (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, intervengo per preannunziare il voto favorevole da parte dei deputati della delegazione radicale al provvedimento in esame. Si tratta di un voto favorevole con la convinzione che molte della missioni militari, nelle quali il nostro Paese è impegnato, abbiano necessità di essere rafforzate, non tanto e non solo dal punto di vista economico e militare, ma anche da quello politico. Si tratta di missioni che, ormai, a livello internazionale rientrano in una convenzione, che è quella del principio e della responsabilità di proteggere popolazioni vittime dei regimi dittatoriali e di crisi umanitarie. Pertanto, questo tipo di missioni rientrano nel mandato della nostra Costituzione e meritano di essere sostenute.
Ciò che va cambiato, credo, soprattutto nella politica estera di questo Paese e di questo Governo, è - in ultimo - l'atteggiamento che si è tenuto rispetto al conflitto russo-georgiano. Si è trattato di un conflitto con cui il nostro Presidente del Consiglio ormai nasconde, dietro lo spauracchio del ritorno della guerra fredda, in realtà, una pericolosa operazione di legittimazione democratica di un autocrate quale Vladimir Putin, che è in corso da molti anni e che, però, sta raggiungendo dei livelli mai visti prima.
In particolare, il Presidente del Consiglio ci propone, come alternativa alla guerra fredda, il ritorno allo spirito di Monaco, all'appeasement, all'accondiscendenza rispetto ai dittatori che credo questa Assemblea non debba accettare per quello che è la storia federalista europea ed atlantica del nostro Paese ed anche perché questo tipo di politica, sia nei confronti di Putin, sia di Gheddafi, rischia di mettere a grave danno gli interessi del nostro Paese, in particolare nel settore energetico e in altri settori.
Per concludere, credo che la richiesta e l'appello rivolto dal presidente Casini di avere finalmente, dopo otto mesi dalla nomina di questo Governo, un dibattito di politica estera con la presenza del Presidente del Consiglio in Assemblea sia doveroso. A tale appello ci associamo ma ricordiamo che di Cecenia e di diritti umani qualcuno in quest'Aula - e anche fuori di essa - parla e continua a parlare da molto tempo e questo è il Partito radicale non violento, di cui sono membri anche molti parlamentari iscritti a tutti i gruppi politici (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per prima cosa devo dire che intervengo in dissenso dal mio gruppo, anzi mi pare di capire di essere l'unica persona in Aula a pensarla in maniera diversa. Per cui, con rispetto per tutta la maggioranza e per i colleghi appartenenti al mio gruppo, mi sento in dovere di dire delle cose molto semplici ed elementari, che però la mia coscienza mi detta, perché non posso far svolgere questa votazione senza prima aver espresso un concetto.Pag. 87
Voglio premettere che stiamo parlando di una missione all'estero e non della politica estera, quindi, di due discorsi completamente differenti e ci tengo a sottolinearlo. Devo, innanzitutto, ringraziare l'onorevole Rosato, che ha espresso delle considerazioni che mi trovano in piena sintonia, tanto che ho chiesto e ottenuto di poter firmare il suo ordine del giorno.
Credo di essere il rappresentante di coloro che mi hanno votato e sono sicuro che una parte degli elettori la pensi come me: in sostanza, i nostri soldati in armi, in una situazione di belligeranza, non devono andare in missione in nazioni straniere. Ritengo che vi siano degli organismi internazionali deputati a fare ciò, così come esiste una logica di civiltà che impone sistemi diversi da quelli della violenza.
Per questi motivi, signor Presidente, onorevoli colleghi, devo seguire la mia coscienza e voterò «no»; chiedo scusa a tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nirenstein. Ne ha facoltà.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi associo alle considerazioni generali svolte dall'onorevole Pianetta e non ritorno, quindi, sulla questione. Però, è per me un obbligo morale svolgere due osservazioni generali e una specifica.
Prima di tutto, ritengo sia giusto che le nostre missioni siano tali in quanto rivolte alla ricerca della pace e della stabilità mondiale. Tuttavia, voglio riaffermare qui che è anche in corso, in parecchi dei teatri di guerra in cui ci troviamo ad agire, un'autentica guerra contro la Jihad islamica. Si tratta di un fatto che non dobbiamo dimenticare, perché altrimenti, se le nostre intenzioni non vedono chiaro, al di là di questa volontà complessiva - che approvo - dell'intera comunità europea, rischiamo di non avere chiaro l'obiettivo delle nostre missioni.
In secondo luogo, sempre come considerazione di carattere generale, è molto importante per tutti noi evitare il sacrificio dei civili; anche questo è un compito morale di prima grandezza. Bisogna, però, ricordare che il sacrificio dei civili deriva, per la gran parte, dal fatto che ci troviamo in teatri in cui la guerra simmetrica è di uso generale. Da parte di elementi della guerriglia e del terrorismo, l'uso dei civili come scudo umano (che è un crimine di guerra di prima grandezza, attribuito, secondo le Convenzioni di Ginevra, unicamente chi lo pratica) è la pratica comune. Dobbiamo studiare questo argomento anche a partire da questa considerazione, altrimenti non possiamo venirne a capo.
Vengo ora alla considerazione di carattere specifico. Se il nostro scopo è quello di portare la pace e di far progredire la democrazia laddove ci troviamo ad operare, mi infastidisce particolarmente, a livello teorico e strategico, il fatto che, ogni volta che si parla della nostra passata missione in Iraq, la si debba coprire di contumelie, salvo poi rimpiangere la perdita dei nostri soldati. Non è giusto in quanto anche in Iraq - e chiunque si occupi di politica estera lo sa - la democrazia è oggi in una fase in cui tutti gli osservatori internazionali, a qualsiasi parte politica appartengano, notano notevolissimi progressi e una notevole crescita di accordo tra le diverse parti etniche, politiche e religiose (ad esempio, tra sciiti e sunniti).
Vengo ad un altro punto specifico, in cui in mi è compagno anche il Presidente dell'ONU Ban Ki-moon. Vi sono tutte queste missioni che agiscono, per quanto possono, in situazioni di grandi difficoltà, compiendo sostanzialmente dei progressi. Ce n'è una soltanto che, nonostante la grande bravura dei nostri soldati e del generale Graziano, non può procedere, non per colpa sua, ma a causa delle regole che sono state assegnate quando è stata reistituita nel 2006, dopo una serie di anni anche quelli non di grandi successi, se era vero che gli hezbollah erano già riusciti ad armarsi completamente di missili Kassam e a lunga gittata, che potevano arrivare fino a Tel Aviv (ora pare, stando allePag. 88affermazioni del capo degli hezbollah, che possano arrivare fino a Dimona, dove c'è il reattore nucleare israeliano).
Ebbene, la missione UNIFIL si trova in una palude da cui non può trarsi da sola, perché le regole sono determinate dall'ONU, quindi se insistiamo a mantenere questa grossa missione, che ci costa assai di più di tutte quante le altre missioni messe insieme, dobbiamo studiare una strategia diplomatica e politica che la accompagni e che deve avere un carattere molto vasto. Perché vasto? Lo ha detto anche Shimon Peres ieri: finché ci sono gli iraniani sul nostro confine a nord, nessuno si sognerà mai di firmare trattati di pace né con la Siria né con il Libano; non sarà possibile, in quanto questa presenza iraniana sui confini di Israele lo impedirà.
Perché parlo di presenza iraniana? Perché nel corso di questi anni, dal 2006 ad oggi, è arrivata una grande quantità di missili (ora quantificati intorno ai quarantamila) agli hezbollah e questo riarmarsi è stato accompagnato da una continua serie di rivendicazioni e di accuse nei confronti di Israele, che violano ogni accordo internazionale. Per esempio, sappiamo benissimo che nel 2000, quando Israele si ritirò dal Libano, i confini vennero segnati dall'ONU, che disse che Israele non aveva più nulla a dare al Libano. Oggi, di nuovo, torniamo a parlare delle fattorie di Sheba, della cittadina di Tchuba e di un'altra piccola città, sempre nelle vicinanze, perché serve a legittimare il teorema della resistenza, così viene chiamato con parola usurpata da parte degli hezbollah, i quali rivendicano la possibilità di agire in base a questo loro diritto di resistenza, aprendo un altro teatro di guerra.
Tutto questo è terribilmente pericoloso, perché, al contrario di quello che amiamo seguitare a ripeterci, l'accordo di Doha del maggio scorso ha dato agli hezbollah sia il diritto di veto sia la possibilità di non essere disarmati. Il loro stesso esercito, che li dovrebbe controllare, di fatto non fa altro che avallare questa presenza di un grosso quantitativo di armi e la loro possibilità di agire liberamente sul territorio libanese.
Quindi, se il nostro contingente deve restare, dobbiamo pensare di accompagnare questa presenza con un'azione politica che intimi alla Siria di non continuare a passare le armi agli hezbollah e che si prenda cura di questa intenzione iraniana, eccessiva, di presenza su questo territorio. È necessario da parte nostra eventualmente pensare (considerato che sembra vi sia bisogno in Afghanistan di ulteriori truppe, e su questo mi pare vi sia un accordo abbastanza largo, ma non abbiamo i fondi per poter praticare questa strada) alla necessità di una redistribuzione e di un ripensamento. Mi pare che questo sia un pensiero utile sul quale dobbiamo concentrarci (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasbarra. Ne ha facoltà.

ENRICO GASBARRA. Signor Presidente, parlo in dissenso dal mio gruppo non già per un distinguo politico, anzi mi riconosco a pieno con la dichiarazione di voto svolta dall'onorevole Calipari. Annuncio il mio voto di astensione sulla conversione del decreto-legge richiamandomi all'intervento dell'onorevole Sarubbi: in questo decreto-legge, infatti, vengono sottratti fondi alla cooperazione per sostenere le missioni e il tema è un po' questo. Mi auguro che, a gennaio, questa Assemblea possa svolgere con completezza un dibattito su una nuova «missione delle missioni»: le missioni e i nostri contingenti, a cui rivolgo il mio ringraziamento più sincero e il riconoscimento più profondo, svolgono un'operazione meravigliosa in scenari complessi, portando sostegno, pace e lavorando per davvero a favore delle cause umanitarie.
Senza un rafforzamento profondo del sistema della cooperazione che, invece, nel quadro dell'azione del Governo subisce ogni giorno sempre più tagli, le missioni rischiano di essere un'azione che - per carità, nelle speranze e nel sostegno ai nostri militari - trova tuttavia costantemente un rafforzamento di un'operazionePag. 89sempre più robusta e sempre più necessariamente forte.
In questo quadro - richiamo anche l'intervento dell'onorevole Brigandì - la mia coscienza non mi consente di poter esprimere un voto favorevole. Ripeto: non per un distinguo politico né per una contrarietà alle missioni. Non mi definisco infatti pacifista - sarebbe troppo complesso determinare i termini di questa definizione - sono semplicemente contro le armi. Le missioni, in particolare quella afghana, definita giustamente dall'onorevole Calipari una missione complicata, al fine di lavorare in quello scenario drammatico, che ha visto in sette anni migliaia e migliaia di vittime, più di diecimila tra la popolazione civile, necessitano anche di un rafforzamento militare del nostro contingente. Agli elicotteri Mangusta e agli aerei «preda con spia», da lunedì si aggiungeranno anche altri quattro Tornado. Ritengo che in questo decreto-legge, così ricco di buone disposizioni, siano compresi anche questi aspetti che la mia coscienza non mi consente di votare (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guzzanti. Ne ha facoltà.

PAOLO GUZZANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è la prima volta da quando sono stato eletto alla Camera che prendo la parola e oggi lo faccio in occasione di questo dibattito che non è tale, perché stiamo discutendo dell'approvazione delle missioni all'estero, ma è un simulacro di un dibattito sulla politica estera.
Vorrei dire subito che sono pienamente d'accordo con quanto ha detto poco fa il Presidente Casini, molto opportunamente seguito da altri interventi, circa il fatto che questo Parlamento finora non ha potuto dibattere la politica estera. Ventiquattro ore fa, come oggi, sedevo in un'altra aula, a Valencia, dove si svolgeva la seduta annuale delle delegazioni parlamentari presso la Nato. Ventiquattr'ore fa, più o meno a quest'ora, il Presidente Saakashvili ha parlato per circa un'ora e ha raccontato per filo e per segno una storia che noi non conosciamo, che non è sui nostri giornali, se non a «spizzichi e bocconi», e che tuttavia è già contenuta in moltissimi libri tutti rigorosamente in lingua inglese e francese di cui neanche uno è diffuso in Italia.
La prima cosa che viene da lamentare qui da noi è la mancanza assoluta di informazione riguardo a quanto accade all'estero sia sul servizio pubblico televisivo sia, purtroppo, anche su gran parte della stampa nazionale (Applausi di deputati del gruppo Unione di Centro).
La politica estera che sta perseguendo il nostro Governo è apparsa ieri nel corso di questa discussione alla Nato e devo dire che abbiamo assistito ad un conflitto tra due linee molto chiare, che ora vorrei spiegare: infatti la questione riguardante la Georgia implica quella delle missioni all'estero ma è l'argomento centrale.
Dico per inciso che sottoscrivo parola per parola tutto quanto ha detto la collega Fiamma Nirenstein a proposito della missione UNIFIL: queste sono cose di cui già parlammo nella scorsa legislatura. Ma adesso voglio affrontare il tema della politica estera italiana con la Russia, perché mai come ieri, in questa grande assemblea, sono apparse chiare le due linee filosofiche di tendenza; una è quella di dire: «Va bene, la Russia avrà fatto certo qualcosa di non esattamente corretto, vi è stato un eccessivo uso della forza», come se invece vi fosse la possibilità di un ragionevole uso della forza.
L'ho già detto in Commissione affari esteri: questo veramente mi ricorda quanto succedeva nel 1939, quando si discuteva seriamente della provocazione polacca conto le truppe hitleriane; vi furono anche un paio di morti fra i soldati di frontiera tedeschi e, pertanto, si trovava del tutto ragionevole che Hitler attaccasse la Polonia: vi fu una parte dell'opinione pubblica che era favorevole (tra l'altro era un'opinione pubblica anche molto di sinistra, perché i comunisti a quell'epoca, seguendo le direttive staliniane, che eranoPag. 90a favore dell'invasione polacca, da ovest e da est, sostenevano che non bisognasse appoggiare i guerrafondai, cioè le democrazie parlamentari).
Devo dire che ieri la linea italiana è stata di totale sostegno all'aggressione russa in Georgia: infatti, è stata un'aggressione di un Paese europeo ad un altro Paese europeo, come non la si vedeva dal 1939. Lasciamo da parte la parentesi sovietica, l'Ungheria del 1956 e la Cecoslovacchia del 1968, che sono stati eventi dell'orto interno dell'Unione sovietica, gravissimi, ma appartenenti ad una logica e ad un mondo che è scomparso. Ma da quando abbiamo un'Europa ed un mondo in cui quella entità - cioè l'impero sovietico - non esiste più, è la prima volta che, in Europa, uno Stato europeo invade una nazione europea.
Parlo di invasione perché è inutile stare a baloccarsi su chi ha cominciato prima, sulle colpe di Saakashirli e se i georgiani hanno o meno, anche loro, le loro colpe: basta prendere una carta geografica ed è molto semplice rendersi conto che tutto quanto è avvenuto di sanguinoso, di massacrante e di militare è avvenuto non un millimetro al di fuori, ma tutto all'interno dei confini della Georgia; tale Paese è stato aggredito militarmente ed è tuttora, nel suo territorio nazionale, occupato da truppe che, illegalmente e contro tutti gli accordi, compresi i sei punti di Sarkozy, sono lì con posti di blocco ed occupano questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di centro e di deputati del Partito Democratico). Tra l'altro, hanno provocato una pulizia etnica (quando si dice pulizia etnica non vuol dire necessariamente ammazzare coloro che vengono buttati fuori): ci sono stati circa 500.000 georgiani, nel complesso, che sono stati cacciati sia dalla Abkhazia che dall'Ossezia del Nord.
Ieri, come vi dicevo - e poi concludo, perché non voglio sottrarre troppo tempo, anche se è importante che si sappia - vi erano due linee di tendenza: la prima, quella dei Paesi forti, che vogliono dire alla Russia: «Basta, abbiamo capito questo messaggio e adesso te ne inviamo un altro di ritorno grave, non bellicoso, nulla di terribile, nel senso che nessuno vuole una nuova guerra fredda, ma siete voi che avete portato una nuova guerra fredda e dovete sapere che ciò che avete fatto comporta delle conseguenze». Poi vi è una linea, che è quella del Governo italiano, del Governo spagnolo e del Governo greco, cioè di quella parte del sud dell'Europa che non brilla particolarmente per il senso dei valori, che è tutta per dire: «Ma sì, in fondo l'importante è mantenere aperto il dialogo».
Il dialogo va mantenuto aperto, certamente questo è molto importante, ma sapete a quale dialogo ho assistito ieri? Ieri mattina, prima che parlasse Saakashirli, nella sessione mattutina, avevo nel banco dietro di me la delegazione russa. I russi sono intervenuti ed ha parlato una signora di cui non conosco il nome (era una signora giovane, bionda, piuttosto in carne e florida), la quale ha svolto un intervento da anni Cinquanta, affermando che gli americani se ne devono andare dall'area che era sovietica, che gli americani sono colpevoli di invasione e vogliono esportare la democrazia perfino nei loro confini (intendendo così i confini della ex Unione sovietica) e che loro, i russi, sono tornati e non permetteranno né all'Europa occidentale e all'Unione europea né alla NATO di importare i loro valori in territori ex sovietici.
L'invasione georgiana è, tra l'altro, avvenuta in seguito ad un equivoco. Infatti, fu detto che si consentiva alla Georgia e all'Ucraina la MAP, ovvero la Membership Action Plan, che non vuol dire null'altro che: «Bene, siete ammessi, la vostra domanda sarà esaminata e un giorno farete anche parte della NATO» (anche se non vi è nulla di automatico). Questo è stato l'elemento che ha spinto la Russia di Putin ad organizzare nel mese di luglio delle enormi esercitazioni navali, marittime ed aeree che ad agosto sono diventate invasione dopo una serie di provocazioni. Si può anche dire che Saakashvili poteva non cascare con tutte le scarpe in una trappola che gli era stata tesa, ma questa può essere una considerazione tecnica, non morale.Pag. 91
Ieri, in questa Assemblea ha vinto l'altra linea, non quella del Governo italiano, ed ha vinto con una spaccatura in molte delegazioni tra cui anche quella italiana, dal momento che non me la sono sentita di votare sempre, riguardo a tutti gli emendamenti, a favore di una posizione che sostanzialmente dà mano libera alla Russia di fare quel che vuole, con l'intesa che, purché resti aperto il dialogo, può prendersi il diritto di minacciare un attacco nucleare alla Polonia.
A proposito, ho finalmente capito la storia dello scudo spaziale e della grande provocazione che rappresenta, dal momento che uno dei temi è che, così facendo, si altererebbe l'equilibrio strategico (se vengono installati dei missili in Polonia, sia pure a titolo difensivo, con una testata qui e una là, se poi scoppia una guerra, loro si sentono offesi).
Presso la Commissione tecnologica (tra l'altro, sono stato eletto vicepresidente della sottocommissione, insomma sono entrato nel meccanismo) è stato spiegato definitivamente che questi missili sono dieci (uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci e stop!). Sono missili ad impatto diretto che non portano cioè testate di sorta, non ci sono testate multiple, non ci sono armi nucleari, non vi sono neanche bombe. Si tratta di un pezzo di ferro, il quale viene spedito da un computer a incontrare l'eventuale missile che per le sue caratteristiche non può che essere un missile proveniente dall'Iran e dall'area mediorientale.

PRESIDENTE. Onorevole Guzzanti, la prego di concludere.

PAOLO GUZZANTI. Impattando e andandogli addosso, lo fracassa, lo rompe in pezzi e lo distrugge. Non esiste una questione di testate multiple, è falso e ciò è scritto sui documenti che qui non appaiono.
Concludo questo intervento, signor Presidente, ringraziando lei e tutti voi per avermi concesso un tempo extra in questa discussione per ricordare ancora una volta - l'ho già detto, ma lo voglio ripetere - quello che disse Churchill dopo Monaco. Quando il mondo tirava un sospiro di sollievo perché avevano evitato la guerra con la Germania concedendo tutto ciò che la Germania voleva, Churchill disse: «Hanno sacrificato l'onore per la pace ed avranno tutte e due le cose: il disonore e la guerra».

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Guzzanti...

PAOLO GUZZANTI. Signor Presidente, mi conceda solo un secondo per concludere. Oggi prospettive di guerra non ce ne sono, ma le prospettive che abbiamo di fronte sono quelle di un Paese che si considera impunito e autorizzato a fare quel che vuole perché una comunità internazionale - specialmente europea - glielo permette (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Dinnanzi al suo ringraziamento, debbo precisare che le ho regalato un solo minuto, perché a termini di Regolamento, non esiste il limite di un minuto per le dichiarazioni di voto finale. Come avrete notato non ho limitato i tempi neanche degli altri colleghi intervenuti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo solo per trenta secondi: come già ha dichiarato il nostro capogruppo in Commissione difesa, l'onorevole Porfidia, il gruppo dell'Italia dei Valori voterà convintamente a favore della conversione in legge del decreto-legge sulle missioni internazionali. Tale voto convinto è espressione della volontà unanime, ed anche la mia personale opinione, di sostenere missioni legittimamente deliberate dai competenti organismi internazionali. Tale voto favorevole è, inoltre, espressione della volontà di concorrere al ristabilimento della pace e al sostegno ai nostriPag. 92militari impegnati nei vari teatri, con grande dedizione e al prezzo, troppo spesso, della vita.
Come evidenziato dal dibattito, residuano però non poche preoccupazioni, soprattutto sul mutamento de facto della specifica missione in Afghanistan per cui l'utilizzo di quattro Tornado, quattro cacciabombardieri per la ricognizione aerea, non ci convince. Il tutto è aggravato dai tagli alla cooperazione allo sviluppo decretato la scorsa settimana in finanziaria.
Annuncio per questo il mio personale voto di astensione sul provvedimento in esame affinché tali preoccupazioni (che sono condivise dall'intero partito e che il gruppo dell'Italia dei Valori mi ha chiesto di rappresentare) restino agli atti della Camera. E ciò dopo l'immotivata bocciatura dell'ordine del giorno firmato dai deputati del gruppo dell'Italia dei Valori che proprio tali preoccupazioni ha voluto evidenziare in forma compiuta e dialettica (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, a titolo personale vorrei precisare la mia posizione su questo provvedimento: mi astengo e lo faccio semplicemente e consapevolmente per obiezione di coscienza.
Si sconfiggono le guerre, io credo, preparando la pace, e la pace si prepara aumentando le spese per la cooperazione e diminuendo quelle per gli armamenti. La cooperazione è un modo giusto per affrontare gli squilibri mondiali e per aiutare i Paesi poveri ad uscire dalle loro prigioni che sono molte e costruite e mantenute in vita dai Paesi ricchi.
Non c'è profitto che tenga di fronte ai milioni di bambini che muoiono di fame anche e soprattutto grazie ai nostri modelli di vita, anche grazie ad uno sviluppo distorto che nessuno ha voglia di raddrizzare (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1802, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(S. 1038 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia) (Approvato dal Senato) (1802):


Presenti 510
Votanti 495
Astenuti 15
Maggioranza 248
Hanno votato
494
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che i deputati Rondini, De Poli e Duilio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,50).

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, ci sono due problemi che vorrei sottoporre all'attenzione sua e dell'Aula. Nell'agenda di questa settimana avevamo iscritti all'ordine del giorno quattro decreti-legge. Dall'inizio della legislatura il Consiglio dei Ministri ne ha approvati circa trenta fino ad oggi, ma se ne annunciano molti e,Pag. 93anche nel corso della prossima settimana, sostanzialmente l'agenda parlamentare sarà interamente dedicata all'esame di decreti-legge.
Si pone un problema complesso, credo, di modificazione sostanziale dell'equilibrio fra le istituzioni, fra il Parlamento e il Governo, con riferimento al processo legislativo.
È un problema complesso, politico, ma non solo politico, di cui vorrei che l'intera Assemblea si facesse carico, considerato che dall'inizio di questa legislatura, tranne in un solo caso, nessun provvedimento di iniziativa parlamentare è stato approvato.
Tuttavia, c'è un secondo problema che diventa a questo punto urgente: il problema del rapporto fra le Commissioni e l'Aula parlamentare. Anche oggi, perché accade tutti i giorni, le riunioni delle Commissioni si sono sovrapposte alle attività dell'Assemblea: questo pomeriggio diverse Commissioni si sono riunite nell'ora dedicata alle interrogazioni a risposta immediata; in Commissione lavoro si sono votati i pareri sulle nomine degli organi degli enti previdenziali in assenza dei parlamentari che erano interessati al dibattito in Aula relativo al question time.
Ciò, di per sé, sarebbe un fatto non gravissimo, se non fosse che progressivamente e inesorabilmente si sta cancellando la funzione delle Commissioni nel procedimento legislativo. Le Commissioni si riuniscono nei ritagli di tempo, in modo frammentario, approssimativo, sostanzialmente inefficiente rispetto alle proposte che giungono all'esame dell'Aula. I commissari, cioè i parlamentari, si sentono in qualche modo occasionalmente impegnati nel procedimento legislativo, per poi arrivare in Assemblea dove, sostanzialmente, 630 deputati, partecipano ad un esercizio che non è quello dell'esperienza parlamentare; votano, ma non sanno cosa votano, perché il procedimento legislativo viene interamente definito da pochissimi, prevalentemente dal Governo. La questione è seria, è politica, ma è anche di organizzazione parlamentare.
Nel mese di luglio il Presidente Fini ha proposto alla Conferenza dei presidenti di gruppo una nuova organizzazione dei lavori parlamentari; tuttavia, di essa non abbiamo traccia, non si è ancora attivato il nuovo sistema di organizzazione parlamentare. Noi più volte abbiamo dato la disponibilità ad esaminare in sede redigente provvedimenti di legge tali da consentirci, anche sugli aspetti di complessità tecnica, un confronto reale nel quale i deputati possano partecipare per intero al procedimento legislativo, ma non c'è stato mai richiesto, pur trattandosi di uno strumento che tendenzialmente, in passato, le maggioranze richiedevano e le opposizioni negavano.
Chiediamo a lei, signor Presidente di turno - ma lo chiediamo al Presidente Fini - di aprire un confronto vero per sapere se è possibile dare il via all'esperimento di una diversa organizzazione dei lavori parlamentari, ma per intanto chiediamo che nessuna riunione delle Commissioni si svolga nelle ore in cui è prevista l'attività dell'Assemblea e che questa si possa riunire nella seduta antimeridiana o in quella pomeridiana e nell'altra si possa lavorare in Commissione. Ne va della dignità non solo dei singoli parlamentari - che pure per noi non è cosa indifferente - ma del complesso di questo Parlamento che produce leggi di cui non è responsabile.
Questo è un problema che dovrebbe preoccupare tutti, non credo che sia una preoccupazione dell'opposizione, bensì una preoccupazione che trovo condivisa tutte le volte che ne parlo con i colleghi, anche della maggioranza. Ebbene, credo che spetti a noi cambiare registro, non possiamo continuare in questo modo.
La prego, Presidente Buttiglione, di farsi carico di riferire al Presidente Fini e di promuovere questa iniziativa, perché avremo difficoltà a partecipare ai lavori delle Commissioni se non ci sarà un momento di chiarezza sull'organizzazione dei lavori del Parlamento, che vogliamo più efficiente, non meno efficiente, più partecipato, non meno partecipato, più consapevole e più capace di decidere, ma di farlo nella consapevolezza dei suoi membriPag. 94(Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Soro, farò presente quanto lei ha appena detto al Presidente Fini, alla ricerca di una giusta soluzione del problema da lei sollevato. Ricordo a lei e agli altri presidenti di gruppo che la prossima settimana, nella prossima Conferenza dei presidenti di gruppo, avrete l'occasione di illustrare questa situazione di difficoltà e di sofferenza dell'Aula parlamentare in modo da cercare insieme una soluzione.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, le questioni ora sollevate dal presidente Soro sono estremamente serie e debbono essere affrontate con serenità anche nelle sedi adatte.
Noi condividiamo la preoccupazione espressa e condividiamo che sia stata l'Aula ad avviare questo tipo di riflessione. È un tema che ci portiamo dietro da anni, nonostante vi sia stata una serie di adeguamenti, aggiornamenti e cambiamenti dei nostri Regolamenti, da ultimo ricordo quelli ai tempi del Presidente Violante che furono realizzati in un confronto tra maggioranza e opposizione.
Credo che noi dovremmo riportare, quindi, nella Conferenza dei presidenti di gruppo il confronto, come ricordava lei stesso, signor Presidente. Forse, è il caso che al confronto e al dibattito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo possano magari partecipare i presidenti delle Commissioni stesse, i quali dovrebbero concorrere alla definizione del calendario.
Trattandosi di calendario e di organizzazione dei nostri lavori, non so se è proprio il tema dei Regolamenti ciò che noi dobbiamo mettere in causa, ma forse il tema è la ricerca di una migliore organizzazione dei nostri lavori.
Da questo punto di vista, voglio ricordare che, da ultimo, il Presidente Fini, all'inizio della legislatura, ha cercato di immaginare e ipotizzare un calendario più consono all'attività del Parlamento e più impegnato a definire i tempi in linea con le esigenze. Già il Presidente Bertinotti e il Presidente Casini si erano cimentati in una diversa organizzazione dei lavori.
All'inizio di questa legislatura si era pensato di poter utilizzare il martedì mattina e il giovedì mattina proprio per le attività delle Commissioni. Il tema, però, non è solo l'attività delle Commissioni e qui ricado nella logica regolamentare. Bisogna che, insieme a un calendario che possa prevedere sedute e mezze giornate specifiche dedicate all'attività istruttoria delle Commissioni, ci possa essere un'implementazione di questa attività anche con sedute in sede legislativa.
Tuttavia, il vero aspetto che mi sembra si debba sottolineare è che si è modificato di fatto - e concludo il mio intervento - il modo di essere e di vivere la seduta parlamentare. Troppo spesso, infatti, si ricorda che si ricorre all'Aula per ratificare provvedimenti e decisioni assunte a livello governativo. Per carità, tutto logico e tutto legittimo, però vi è la sensazione che si possa trasformare quest'Aula soltanto in un votificio.
Vi è già l'impegno (e lo verifichiamo) ogni giorno delle opposizioni per concorrere a mantenere il numero legale e per garantire il corretto svolgimento dei lavori durante la seduta. Tuttavia, a ciò deve corrispondere, da parte della maggioranza e del Governo, un diverso atteggiamento nei confronti del Parlamento. Meno decreti-legge, più disegni di legge e una valorizzazione del ruolo del Parlamento che passa anche attraverso una presenza del Governo in quest'Aula a cominciare dal Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 95

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, mi associo alle considerazioni dei colleghi Soro ed Evangelisti. All'inizio dell'estate e alla ripresa dei lavori parlamentari abbiamo assistito ad una serie di annunci che riguardavano le modalità dei lavori dei parlamentari, giocati molto sull'obiettivo che si doveva lavorare di più, anche con una certa concessione a una qualche ondata demagogica che alimentava la tesi che la casta non lavora.
Noi, come gli altri colleghi dell'opposizione, abbiamo prontamente dato adesione alla proposta di ristrutturare i lavori parlamentari, non tanto e non solo perché si dovesse lavorare di più (quasi ammettendo che si lavora poco o che non si lavora, ammissione che non mi sentirei francamente di fare, almeno per quanto riguarda la gran parte dei colleghi), ma perché si doveva lavorare meglio. Ed eravamo tutti d'accordo che per lavorare meglio si dovesse calibrare in modo diverso la programmazione dell'attività di Commissione rispetto a quella d'Aula. Infatti, è evidente che, se le Commissioni continuano a riunirsi soltanto negli interstizi delle attività dell'Aula, le Commissioni fanno un lavoro affrettato, sommario e pressoché inutile.
Il nostro Regolamento prevede che le Commissioni svolgano non solo attività referente e consultiva, ma anche legislativa, alla quale non si ricorre più. Comunque, l'attività referente e consultiva, nella sua accezione originaria e corretta, è quella secondo cui le Commissioni devono istruire i provvedimenti, in modo che questi vengano in Aula con un'adeguata preparazione e conoscenza, per far sì che anche il lavoro d'Aula sia più sbrigativo e sollecito, ma soprattutto più puntuale, perché più informato. Ebbene, nonostante gli annunci e le interviste, siamo alla fine dell'anno e, se è possibile, l'organizzazione dei lavori è anche peggiorata. Le Commissioni continuano a riunirsi soltanto negli intervalli, svolgono un'attività sempre più affannosa e non sono di nessuna utilità per la preparazione dei provvedimenti in Aula.
Oltre all'esempio riportato dal collega Soro, aggiungo che oggi un'importante audizione del Ministro della giustizia è, a sua volta, avvenuta mentre era in corso il question time. Chi era impegnato nel question time, come il sottoscritto, e avrebbe voluto partecipare all'audizione del Ministro, non ha potuto farlo. Allora, credo sia necessario rimodulare questi lavori e prego anch'io, signor Presidente, che lei informi la Presidenza della Camera, perché si dedichi a questo tema una riunione specifica e, se possibile, concludente.
Capisco che la ragione dell'intasamento, delle sovrapposizioni e della farraginosità del nostro modo di lavorare è in gran parte addebitabile al Governo. Infatti, è il Governo che ricorre ai decreti-legge come unico strumento di legislazione, che presenta continui emendamenti in corso d'opera e che, poi, pone la questione di fiducia. Alla fine, tutto questo intasa i nostri lavori.
Tuttavia, signor Presidente, richiamerei la sua attenzione su questo, affinché lei riferisca al Presidente della Camera: in un corretto rapporto parlamentare, non è il Governo che detta i tempi e i modi in cui deve funzionare la Camera. I tempi e i modi in cui deve funzionare la Camera devono essere decisi dagli organismi della Camera, la Presidenza della Camera, l'Ufficio di Presidenza e la Conferenza dei presidenti di gruppo.
Quindi, dobbiamo impedire questa deriva, in cui, alla fine, questo Parlamento non solo è espropriato della facoltà di dire la sua nel merito delle leggi e dei provvedimenti normativi, ma non ha neanche più la possibilità di autoregolamentare i propri lavori (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

FABRIZIO CICCHITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, mi sarebbe facile rispondere all'onorevole Soro, che ha detto alcune cose condivisibili e altre non condivisibili, citandoPag. 96alla rovescia le discussioni che abbiamo svolto nella precedente legislatura. Aggiungo anche che mi sembra ovvio che se si dilatano i lavori d'Aula perché l'opposizione aggiunge, legittimamente, intervento ad intervento, ciò complica il lavoro delle Commissioni.
Voglio dire all'onorevole Vietti che non c'è nessuna intenzione del Governo di comprimere i lavori del Parlamento e credo che questo Parlamento sia e sia stato liberissimo, nel corso di questi mesi, di contestare il Governo. Qualche collega si è anche divertito ad insultare il Presidente del Consiglio, il Governo e così via, senza che questo sia stato ragione e motivo di scandalo per nessuno, neanche per chi è andato dal Presidente della Repubblica a sottolineare le inciviltà del dibattito.
Detto questo, mi voglio però far carico in positivo di problemi che attengono alla sovranità del singolo parlamentare, alla funzionalità dei lavori del Parlamento e anche alla nostra capacità di lavorare insieme, in un confronto positivo fra maggioranza e opposizione. Abbiamo di fronte due questioni: una è quella di una riflessione ulteriore sull'organizzazione dei nostri lavori, che, molto spesso, è farraginosa al di fuori delle vicende politiche, farraginosa di per sé.
L'altro aspetto più di fondo, però, è quello di non farci sopravanzare dal Senato, che, per iniziativa della maggioranza, ma anche dell'opposizione (se non ricordo male, del senatore Ceccanti), ha impostato un ragionamento che riguarda la riforma del Regolamento. Il Senato ha incardinato, credo, alla Commissione affari costituzionali la riflessione su una riforma del Regolamento.
Evitando il palleggiamento che ci facciamo di legislatura in legislatura sulla base dell'alternanza di maggioranze che, di volta in volta, si determinano, a proposito della forzatura per quello che riguarda i decreti-legge, la fiducia, i super-decreti e così via, se riuscissimo, invece, a definire nuovi regolamenti, che, per un verso, diano una corsia privilegiata al Governo sui punti qualificanti sui quali il Governo vuole puntare, e che, per altro verso, diano però all'opposizione, al governo ombra dell'opposizione e al suo leader il massimo di possibilità di presentarsi e di confrontarsi in Parlamento, questa, a nostro avviso, al di fuori di battute propagandistiche o polemiche, potrebbe essere la via maestra per affrontare questo problema (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Vi prendiamo, quindi, in parola. Abbiamo presentato una proposta di modifica del Regolamento; vi sfidiamo a confrontarvi su di essa. Occorre lavorare insieme, anche nelle riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo, con la Presidenza della Camera, per rendere più razionale il lavoro del Parlamento. Non sfuggiamo, quindi, ai problemi che avete posto nella parte costruttiva degli interventi; respingiamo e restituiamo al mittente la parte polemica, perché guardiamo all'indietro e vediamo cosa è avvenuto in altre legislature, quando voi eravate maggioranza e noi eravamo opposizione.
Per quello che ci riguarda, i nostri appuntamenti sono due: uno è un positivo confronto con gli uffici, con la Presidenza della Camera, nelle riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo, per razionalizzare il nostro lavoro, ma, dall'altro lato, vi sfidiamo ad un confronto che riguarda i regolamenti parlamentari e la loro riforma (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch'io vorrei cogliere gli aspetti positivi dell'intervento dell'onorevole Soro e non vorrei neanche banalizzarlo in un botta e risposta, come spesso succede nelle aule di questa Camera quando si deve discutere sull'ordine dei lavori. Vorrei, quindi, fare alcune brevi riflessioni.
In primo luogo, c'è bisogno evidentemente di intervenire sui regolamenti parlamentari: facciamolo. Facciamolo in manieraPag. 97costruttiva, facciamolo anche perché questa è una delle tipiche attività del Parlamento: dei regolamenti parlamentari e del funzionamento del Parlamento discute il Parlamento; infatti, è attraverso i regolamenti parlamentari ed è attraverso un'efficace azione che il Parlamento fa, che si riconquista o si conquista o si conferma un ruolo centrale di questa Assemblea, anche nell'interlocuzione con il Governo. Evidentemente, se si fanno tanti decreti-legge, forse qualcuno in più, è anche perché il Parlamento non riesce a dare delle risposte in tempi certi, non riesce ad arrivare in tempo rispetto alle esigenze dei cittadini e del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
In secondo luogo, occorre ragionare sull'organizzazione dei lavori. Anche questo è un tema serio, ci sono delle cose che potrebbero e dovrebbero essere migliorate. Anche in tal caso facciamolo, ma ritengo che la sede opportuna sia la Conferenza dei presidenti di gruppo, visto che questo è proprio l'organismo deputato ad organizzare i lavori, sia per quanto riguarda la programmazione sia per quanto riguarda l'organizzazione settimanale.
Ciò dipende anche dalle scelte politiche e dall'organizzazione interna ai gruppi, ma qui perdiamo tanto tempo su questioni che francamente potrebbero essere risolte in poco tempo (perché magari c'è convergenza), e lo facciamo in base a delle esigenze esterne, non ad esigenze legate all'attività del Parlamento, diciamocelo davanti a tutti; e invece, non lo impieghiamo quando si tratta di discutere dei provvedimenti che richiederebbero un maggiore approfondimento. Penso per esempio al Trattato di Lisbona: una cosa importante come il Trattato di Lisbona è stata liquidata in pochissimo tempo, con una discussione anche molto superficiale. Di questo sono responsabili i gruppi, ma anche questo è un tema che va posto quando si tratta di snellire e di rendere più efficace ed efficiente l'attività di quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. La prego di essere breve, perché ha già parlato un deputato del suo gruppo.

PIER FERDINANDO CASINI. Sarò brevissimo. Vorrei rivolgermi soprattutto all'onorevole Cicchitto: francamente, onorevole Cicchitto e caro amico, non riesco a capire, davanti ad interventi dei presidenti di gruppo dell'opposizione che hanno chiesto rispetto del Regolamento che c'è, e non di quello che verrà, come si fa a rispondere ad argomenti veri evocando la riforma dei regolamenti parlamentari, che è un'altra questione. Debbo dire, da ex-Presidente della Camera, che non vedo affatto l'esigenza di una riforma dei regolamenti, a meno che non si voglia collegare - lo dico con sincerità - una riforma dei regolamenti ad un bipartitismo che non c'è e che si può realizzare con una riforma della Costituzione, non dei regolamenti parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).
Con molto rispetto, credo che la maggioranza giochi bene, giochi anche, con le parole di Cicchitto, con abilità, ma non si può confondere la contabilità delle mele con quella delle pere. Qui stiamo parlando del rispetto del Regolamento: ad esempio, sono saltate le sedute dedicate alle interrogazioni da due mesi, ed è una questione; poi il problema dei regolamenti parlamentari è un altro tavolo, ma se non facciamo funzionare i regolamenti che ci sono, come mai potremo pensare di essere credibili nel far funzionare quelli che ancora non ci sono?
Credo che dobbiamo attenerci a quello che c'è, e che il Parlamento vada fatto funzionare, con la riforma encomiabile dei regolamenti, che nessuno ha mai sentito il bisogno di cambiare se non in questa legislatura. Ricordo, poiché non ero in maggioranza ma ero in opposizione anche allora, che nessuno pensava di cambiare nella scorsa legislatura iPag. 98regolamenti parlamentari, nei termini in cui le evenienze politiche portano oggi a voler cambiare i regolamenti parlamentari. Non è un reato, lo capisco, le convenienze fanno parte del gioco della politica: rispetto le scelte degli amici del PdL, ma sono le scelte degli amici del PdL, non le esigenze delle istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Vorrei dire sommariamente ciò che intendo fare, avendo appreso qualcosa da questa importante discussione. Leggo dal Regolamento della Camera dei deputati, all'articolo 23, comma 3: «Il Presidente della Camera convoca la Conferenza dei presidenti di Gruppo dopo aver preso gli opportuni contatti con il Presidente del Senato e con il Governo, che interviene alla riunione con un proprio rappresentante. Il Presidente della Camera può convocare preliminarmente la Conferenza dei presidenti delle Commissioni permanenti». Intendo proporre al Presidente della Camera, che ovviamente deciderà nella sua assoluta autonomia, la convocazione di una Conferenza dei presidenti delle Commissioni congiunta con la Conferenza dei presidenti di gruppo, in modo da avere in quella sede la possibilità di affrontare, in modo adeguato e ascoltando tutte le voci, il problema, che mi pare effettivamente sussistente, che in questa occasione è stato sollevato.

GIUSEPPE CALDERISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, sarò brevissimo. Visto che in questo dibattito sono intervenuti due esponenti del gruppo dell'UdC, credo che forse sia consentito anche al maggior gruppo di poter parlare con due interventi.
Molto brevemente, ricordo all'onorevole Casini che il problema della riforma dei regolamenti in realtà non si pone da questa legislatura, ma forse dai tempi di Spadolini: si ricorda la corsia preferenziale per il Governo? È da allora che se ne discute, ma è da allora che non la si ha, mentre essa è lo strumento alternativo alla decretazione d'urgenza. Se vogliamo cambiare il rapporto tra Governo e Parlamento e risolvere finalmente il problema di evitare l'uso eccessivo della decretazione d'urgenza, bisogna fornire evidentemente strumenti alternativi al Governo per risolvere non tanto il problema che le norme entrino subito in vigore, quanto quello che vi sia certezza sui tempi della decisione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 18,20)

GIUSEPPE CALDERISI. E ciò va realizzato contestualmente ad un rafforzamento dei poteri di controllo del Parlamento e dell'opposizione (così hanno fatto al Senato i gruppi del PD, con una proposta che va in una stessa direzione).
Ma questo non c'entra nulla con il bipartitismo: se ne parla, ripeto, almeno dal 1982 in Parlamento, e il problema non è stato mai risolto. Oltre al tema della riforma dei regolamenti c'è quello di una migliore organizzazione dei lavori, finché non ci sarà la modifica, a Regolamento vigente: credo si debba procedere di pari passo nell'una e nell'altra direzione, perché i problemi che abbiamo di fronte sono strutturali e se non risolviamo strutturalmente questi problemi non ci sarà modo di cambiare la situazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, se non vi sono obiezioni, passiamo ora all'esame del punto n. 5 dell'ordine del giorno.

Seguito della discussione delle mozioni Veltroni e altri n. 1-00057, Stracquadanio ed altri n. 1-00062, Casini ed altri n. 1-00063 ed Evangelisti ed altri n. 1-00064 concernenti detrazioni fiscali per i redditi da lavoro dipendentePag. 99e da pensione e misure di finanza pubblica per la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e a favore delle persone che perdono il lavoro (ore 18,23).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Veltroni e altri n. 1-00057, Stracquadanio ed altri n. 1-00062, Casini ed altri n. 1-00063 ed Evangelisti ed altri n. 1-00064 concernenti detrazioni fiscali per i redditi da lavoro dipendente e da pensione e misure di finanza pubblica per la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e a favore delle persone che perdono il lavoro (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella seduta del 17 novembre 2008 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni presentate.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Luigi Casero, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, la necessità di esprimere un parere su mozioni così ampie e complesse non può farci prescindere però dalla definizione di un quadro sistematico più ampio e complessivo di politica economica, che ci permetta di individuare alcuni punti fermi su cui deve agire la nostra azione di politica economica.
Così hanno fatto le varie mozioni, che sono state ampiamente illustrate lunedì sera nel dibattito in quest'Aula, che, partendo da un'analisi di quello che è avvenuto nell'economia mondiale con l'esplosione della bolla finanziaria (si è passati dall'esplosione della bolla finanziaria alla crisi delle banche e dei mercati finanziari e al trasferimento di questa crisi, in un tempo velocissimo, all'economia reale), cercano - partendo proprio da quest'analisi - di individuare alcuni punti di intervento.
Ho detto che l'analisi è stata molto approfondita: tutte le mozioni parlano dell'esplosione della bolla finanziaria a livello globale e della crisi economica globale; possiamo partire da queste considerazioni per evidenziare i necessari punti di intervento.
Innanzitutto, se l'analisi rileva che la crisi economica è globale, è necessario che a questa crisi si diano delle risposte globali. Il Governo italiano in questo periodo ha cercato in tutte le sedi internazionali di trovare un'intesa con gli altri Governi per poter affrontare la crisi e mi sembra che sia stata presa una serie di soluzioni a livello mondiale ed europeo che - specialmente nella prima fase della crisi, per affrontare l'effetto panico che era esploso nel mondo finanziario - hanno trovato alcune soluzioni.
Ad una crisi così ampia si deve rispondere con una azione di politica economica concordata in sede europea; anche in questa fase il Governo italiano ha cercato di fare la sua parte, anzi ha chiesto all'Europa di poter svolgere un'azione non solo di politica monetaria (che l'Europa sta facendo da sempre e che in questi giorni ha dimostrato la propria carenza): un'azione di politica economica complessiva che si concretizzi solo in un'azione di politica economica monetaria e non in un intervento sull'economia reale si dimostra un'azione debole che non riesce ad ottenere dei risultati adeguati. Il Governo italiano è intervenuto in sede europea per cercare di far sì che l'Europa abbia una risposta complessiva e mi sembra che l'Europa su questa strada stia cercando di fare dei passi avanti.
I primi interventi hanno avuto proprio lo scopo di affrontare e sconfiggere quell'effetto panico che si era generato nel mondo e nel nostro Paese. Alla fine di settembre (il 29 e il 30 settembre) nel nostro Paese l'effetto panico rischiava di degenerare in una corsa al ritiro dei depositi; il Governo, attraverso gli interventi che hanno condotto alla emanazionePag. 100dei decreti-legge sulle banche che verranno discussi e votati in questa sede domani, ha cercato di affrontare e di sconfiggere questo effetto panico e, devo dire, è riuscito nel suo intento. Sicuramente siamo usciti dalla fase in cui i clienti delle banche erano molto preoccupati per la solidità delle banche stesse e per i soldi che lì avevano depositato; esisteva un effetto panico anche fra gli stessi banchieri, tanto è vero che il settore interbancario era completamente bloccato e non c'era più scambio di credito e debito fra le banche stesse. I decreti-legge che, come dicevo, verranno discussi e votati domani hanno trovato delle soluzioni su questa strada.
L'effetto panico è finito, ma è sfociato in una situazione negativa sull'economia reale. Si è passati dal panico alla paura e al pessimismo sul futuro. Nel mondo sono crollati i consumi: in questo mese vi è stato un pesante crollo dei consumi con pesanti ripercussioni sull'economia reale. In questa fase diventano necessari degli interventi. Cosa serve? Come dicevo, è necessario individuare dei punti di intervento che sono stati toccati dalle varie mozioni e che mi sembra giusto evidenziare in questa sede. Innanzitutto, bisogna tentare di affrontare la paura cercando di trovare soluzioni sistematiche che possano riportare un po' di ottimismo nel sistema economico e che possano, nello stesso tempo, portare alla soluzione di alcuni problemi che affliggono il nostro Paese da sempre e la cui soluzione porterebbe sicuramente una iniezione di fiducia. Nello stesso tempo, questa azione (oltre alla fiducia) deve portare benzina al sistema, è necessario cioè che porti risorse, sviluppo e la ripartenza del sistema stesso. Il Governo intende, quindi, agire su alcune debolezze tipiche di questo Paese.
Riteniamo che in questa fase una riduzione della pressione fiscale, che deve essere mirata alle fasce più deboli e più bisognose, riesca ad ottenere un duplice effetto: quello di ridare fiducia a queste persone e quindi fiducia al Paese sul fatto che si possa intervenire in questa fase e, nello stesso tempo, di portare risorse a queste categorie affinché possano far ripartire il ciclo dei consumi.
Una riduzione della pressione fiscale anche sulle imprese riuscirebbe a risolvere uno dei problemi e delle criticità del nostro Paese. Da sempre diciamo che nel nostro Paese si pagano troppe tasse e che queste spesso uccidono le imprese. Un inizio di soluzione anche in questo campo renderebbe le imprese più competitive in una fase difficile e nello stesso tempo darebbe loro maggior fiducia.
Un secondo filone di interventi deve riguardare il credito alle imprese: rischiamo di uscire da questa crisi della bolla finanziaria con le banche che hanno ridotto il credito alle imprese e quindi stanno le affamando da un punto di vista finanziario. Le banche stringono il fido per salvare i loro bilanci e le imprese rischiano di morire di asfissia.
Quindi in questa fase occorre anche predisporre (e verranno predisposti in questi giorni) degli interventi sul settore creditizio per rendere più forte il settore creditizio italiano ed allo stesso tempo far sì che il settore creditizio italiano possa dare più credito alle imprese.
C'è necessità anche di un intervento infrastrutturale: è soprattutto in un periodo di recessione che ci si rende conto di quanto sia possibile e utile un intervento infrastrutturale che permetterebbe di recuperare un gap infrastrutturale del nostro Paese e di ridare fiducia a chi decide di credere e investire in questo Paese ed allo stesso tempo permetterebbe di erogare molte risorse ad un sistema e sapete quanto le risorse investite in infrastrutture rientrino, in termini macroeconomici, direttamente nel sistema e possano portare sviluppo e crescita. Occorre, poi, un intervento in termini credibilità dello Stato, uno Stato più forte e più vicino ai cittadini e che, in questa fase, possa intervenire ad aiutare direttamente i cittadini che ne abbiano bisogno. Abbiamo già predisposto nella legge finanziaria, e lo predisporremo anche nei prossimi giorni, un potenziamento degli ammortizzatoriPag. 101sociali e dei soldi destinati a questi ultimi e ciò si propone come un intervento forte, di regolazione sui mercati finanziari.
Uno Stato deve essere più forte, dicevo, in sede nazionale, ma anche in sede internazionale e quindi deve essere un Paese che riesce ad ottenere, in sede europea, un ruolo più forte. In tal senso, ad esempio, la nostra proposta di far sì che l'Europa possa, con le emissioni di eurobond, far partire un piano infrastrutturale europeo con la funzione di affiancare i piani infrastrutturali dei singoli Paesi è una proposta che può favorire lo sviluppo.
Inoltre un ultimo punto: in questa fase bisogna cercare - e non è una battuta demagogica - di dare più soldi per le tasche dei cittadini, questi hanno bisogno di più soldi anche per sostenere la nuova partenza dei consumi. In questa fase il Governo si sta preparando per intervenire su una riduzione di tassazione sui lavoratori dipendenti, per intervenire di nuovo su un consolidamento della norma che favorisce la produttività e la detassazione degli straordinari e per intervenire a favore degli incapienti e dei meno abbienti.
Abbiamo proposto già nel provvedimento di luglio la social card e in questa fase essa diventerà attiva, un elemento forte per sostenere le classi più deboli. Allo stesso tempo si è parlato di un intervento per lasciare più forza e più soldi alle imprese anche nelle mozioni, con riferimento all'IVA di cassa, ad una tassazione più semplice, alla certezza del pagamento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Dando queste linee come possibili linee di intervento, esprimo il parere del Governo sulle varie mozioni presentate.
Con riferimento alla prima mozione, la mozione Veltroni n. 1-00057, il Governo esprime parere contrario sulla premessa (pur ammettendo che vi è tutta una serie di analisi anche positive e precise), mentre esprime parere favorevole sul primo capoverso del dispositivo, quello che inizia con le parole: «a sollecitare i partner», e parere contrario su tutti gli altri capoversi del dispositivo.
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Stracquadanio ed altri n. 1-00062.
Il Governo esprime parere contrario in ordine al primo capoverso del dispositivo della mozione Casini ed altri n. 1-00063. Il Governo esprime, altresì, parere favorevole su tutti gli altri capoversi del dispositivo, ad eccezione dell'ultimo, su cui esprime parere contrario. Inoltre, il Governo propone la riformulazione del quinto capoverso del dispositivo della mozione Casini ed altri n. 1-00063, chiedendo di sostituire le parole «per le imprese del Sud» con le seguenti: «a prevedere, fra le misure a sostegno per le imprese del Sud, una fiscalità di vantaggio» e a togliere la specificazione sui crediti di imposta.
Il Governo esprime parere contrario sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00064. Faccio presente che il parere è contrario su tutti i capoversi del dispositivo della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00064.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, può ripetere il parere espresso dal Governo sulle premesse della mozione Casini ed altri n. 1-00063?

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole, in linea di massima, sulle premesse della mozione Casini ed altri n. 1-00063 e - come ho già detto - parere contrario sul primo e sull'ultimo capoverso del dispositivo e con la riformulazione che ho appena indicato nel capoverso che inizia con le parole «per le imprese del Sud».

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che il Governo esprime parere favorevole sulle premesse della mozione Casini ed altri n. 1-00063.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare per un chiarimento.

Pag. 102

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, vorrei porre una domanda. Per quanto riguarda la mozione di cui sono primo firmatario, la n. 1-00064, il rappresentante del Governo ha espresso parere contrario su tutti i capoversi del dispositivo. Ciò vuol dire che il parere sulle premesse è favorevole?

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere contrario anche sulle premesse della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00064.

PRESIDENTE. Il parere contrario sulle premesse della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00064 era implicito per il sottosegretario Casero, ma non era tale per l'Assemblea. Ha fatto bene a chiedere tale precisazione, onorevole Evangelisti.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Veltroni. Ne ha facoltà.

WALTER VELTRONI. Signor Presidente, questa mattina il Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, parlando all'università Cattolica di Milano, ha usato delle espressioni che credo sia giusto riportare e che ci danno piena consapevolezza della drammaticità della situazione nella quale ci troviamo ad operare. Il Ministro Tremonti ha affermato: « È come vivere in un videogame che però puoi spegnere mentre per ora questo non è avvenuto. E come in un videogame tu batti i mostri ma quando ti riposi ne arrivano altri. Così sono arrivati i subprime, poi il crollo del mercato dei crediti e delle istituzioni finanziarie e quello delle borse. Fenomeni che sono stati, in qualche modo, gestiti, ma ora sono in agguato altri mostri: le carte di credito, le bancarotte societarie e poi il mostro dei mostri, i derivati».
Queste parole, che il Ministro dell'economia e delle finanze del nostro Paese ha usato, ci danno la misura della condizione, del tutto particolare, nella quale il nostro Paese, come gli altri Paesi occidentali e ormai non più solo i Paesi occidentali, si trova. Esso è dentro questa gigantesca crisi che, non per caso, è stata paragonata alla crisi che per ciascuno è conosciuta come un grande incubo, vale a dire la crisi del 1929.
Come tutti sappiamo la parola crisi, in un'altra cultura e in un'altra storia, viene rappresentata con un ideogramma che ha dentro di sé due significati: pericolo e opportunità. Per poter discernere l'uno dall'altro, però, bisogna guardarli con la razionale freddezza di chi sa di dover dire la verità nei momenti in cui la storia costringe a dire la verità, e questo è uno di quelli.
La portata della crisi è tale da riguardare non solo, come abbiamo visto, le istituzioni finanziarie, ma le famiglie, la vita degli italiani, quella dei lavoratori, dei pensionati, dei cittadini di questo nostro Paese e al tempo stesso la crisi riguarda l'economia reale, le piccole e medie imprese, gli imprenditori italiani, quelli che fanno tanta parte del PIL e della forza del nostro Paese, di quel sistema di piccole e medie imprese che in questa crisi, in assenza di interventi che siano a sostegno della loro capacità di competere, rischiano di essere tra le più vessate e colpite.
Pagano le libere professioni, in un processo di precipitazione della classi medie verso il basso della scala sociale, che è un fenomeno legato in tutte le società occidentali alla dimensione e all'ampiezza di questa crisi. Pagano - ci tengo a dirlo - quei milioni di ragazzi precari, di giovani precari italiani, che sono i primi che quando un'azienda deve ridurre forze e disponibilità di lavoro perdono persinoPag. 103quella precarietà alla quale hanno affidato le prospettive assolutamente incerte della loro stessa esistenza.
Dobbiamo dirci la verità: il Ministro Tremonti, che usato queste parole, che ha chiamato in causa le carte di credito - che credo parlino alla vita di miliardi di persone nel mondo - è lo stesso Ministro che ci ha proposto nel Documento di programmazione economico-finanziaria una valutazione sbagliata del ciclo. La crisi dei subprime certo è esplosa dopo questa estate, ma non era una crisi non annunciata, il Ministro Tremonti in tante conversazioni ne aveva, lucidamente, avuto contezza. Tuttavia il Documento di programmazione economico-finanziaria, e le manovre che da questo sono discese, facevano una previsione ciclica del tutto sbagliata, una previsione di crescita del prodotto interno lordo, e gli strumenti che ci si dava erano strumenti prociclici, non degli strumenti che potessero introdurre degli elementi di crescita urgenti e necessari, come quelli che la profondità della crisi richiedeva.
La situazione di oggi è quella che viene descritta, proprio questa mattina, sulle colonne dell'editoriale de Il Sole 24 Ore: aumentano e si diffondono i segni di difficoltà del sistema produttivo in tutto il Paese; l'impennata delle richieste di cassa integrazione; l'incremento della lista degli esuberi; l'accorciamento delle settimane lavorative con il recupero delle ferie non godute; l'allungamento delle prossime ferie natalizie; l'improvviso crollo degli ordinativi delle imprese. Ci si accorge da queste parole come appaia grottesca l'idea di fronteggiare questa condizione con un puro e mero intervento su quegli straordinari che in queste condizioni produttive non si fanno. Questo intervento, sul quale sono state poste delle risorse che rischiano di non essere spese, rischia di non affrontare la vera questione italiana. La vera questione, l'urgenza, l'emergenza di questo momento, è un intervento sui salari, sui redditi, sulle pensioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Italia dei Valori), a sostegno della domanda interna, dei consumi del nostro Paese che ancora oggi Confcommercio si è incaricata di dire che dureranno in negativo per tre anni. Si tratta di una crisi la cui dimensione non è paragonabile, nella nostra memoria, a nulla di simile. Lo dico molto semplicemente: certamente gli incentivi agli straordinari non funzionano per ciò che abbiamo detto, non ha funzionato l'intervento sulle banche (la famosa Robin tax con cui si sono tolti i soldi alle banche con la mano destra, mentre adesso bisogna ridarglieli con l'altra mano), non hanno funzionato nel passato i condoni, e ne abbiamo avuto contezza in questi giorni, non ha funzionato la vicenda Alitalia che, come sappiamo, costerà agli italiani molti miliardi di euro, e non ha funzionato neanche l'intervento sull'ICI. Tutte queste risorse potevano e devono essere messe in due direzioni. Ne ho citata una: il sostegno ai redditi, alle pensioni, il contrasto di quel fenomeno che è del tutto evidente che non può non esserci, ovvero la riduzione dell'occupazione e della quantità del lavoro disponibile nel nostro Paese e il sostegno che dobbiamo alle persone che a cinquanta anni rischiano di perdere il loro posto di lavoro.
Insieme a questo, l'altro grande cardine di intervento che deve essere compiuto è quello che riguarda il sistema delle piccole e medie imprese, alle quali bisogna dare sostegno e aiuto. Dopo tutti questi mesi di crisi non si è ancora neanche messo operativamente in campo il decreto-legge che riguarda le banche e ciò anche al di là delle enunciazioni di piani di 80 miliardi euro, la cui copertura vorrei vedere, perché vorrei capire dove si trovano 80 miliardi in una condizione economica di equilibrio molto delicata (a gennaio abbiamo un'emissione di titoli di Stato molto importante che dobbiamo fare in modo che il nostro Paese riesca a reggere in misura positiva).
Non possiamo fare annunci che contrastino rispetto all'esigenza di continuare, certamente, l'opera di riduzione del debito, anche se sono e rimango convinto - e rimaniamo convinti - del fatto che, come hanno fatto altri Paesi europei, sianoPag. 104possibili, per favorire l'altro indicatore fondamentale della crescita del prodotto interno lordo (i consumi e la produzione industriale), delle politiche che non necessariamente assumano il rigore totale del pareggio di bilancio, come hanno fatto peraltro altri Paesi europei nelle scadenze determinate.
Abbiamo bisogno di mettere l'accento sulla crescita. Abbiamo bisogno di mettere in campo forze ed energie a sostegno di queste due grandi realtà: i salari e le pensioni e al tempo stesso la piccola e media impresa.
Da questo punto di vista - è l'ultima osservazione che voglio fare - ritengo che proprio questa crisi chiami ciascuno di noi a cercare di parlare nei termini in cui credo tutti dovrebbero parlare in un momento così drammatico della vita, della nostra vita nazionale e della vita della nostra società, che è stato sottovalutato. Quando ho sentito dire ai massimi livelli che non vi sarebbe stata ricaduta della crisi finanziaria sull'economia reale, ho pensato a quanto possa far male l'uso della categoria della propaganda in momenti così drammatici come quelli nei quali noi ci troviamo a vivere.
Ora è il momento di un patto tra i produttori, è il momento in cui tutte le forze e le energie che producono e che fanno economia reale (perché di economia di carta stiamo soffocando) si devono trovare uniti in un patto di solidarietà con il Paese, dentro una strategia di sostegno alla crescita e allo sviluppo e di lotta contro il rischio di impoverimento che è citato esemplarmente dalle cifre dell'ISTAT e della Caritas: 7 milioni e mezzo di persone sono subito sopra o sotto la soglia di povertà.
Per questo - concludo - l'altra parte dell'ideogramma dice «opportunità». Deve esservi l'opportunità di affrontare questa crisi introducendo elementi di forte discontinuità, nel campo della formazione e della scuola e nel campo delle politiche ambientali, al tempo stesso, però, cercando di creare un clima politico e sociale più consapevole. La crisi durerà dei mesi e avrà il suo punto più alto per le sue conseguenze sociali nei primi mesi del prossimo anno. È bene che il nostro Paese non entri in questa crisi, nella quale peraltro già si trova, in un clima di conflittualità sociale e politica esasperato. Lo dico al di là di ogni considerazione polemica. In questo momento può tornare utile giocare e facilitare le divisioni tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni rappresentative, ma ciò può portare a logiche che inaspriscono il conflitto ed è ciò di cui non abbiamo bisogno.
Allora, di solito si concludono i discorsi con delle affermazioni che possano suscitare un applauso. Io mi permetto di concluderlo con una proposta, non solo una proposta di clima politico, di rispetto tra maggioranza e opposizione, che sia qualcosa che la crisi chiama ciascuno ad esercitare, ma una proposta molto semplice: si apra subito a palazzo Chigi un tavolo di confronto e un tavolo di gestione di questa crisi così drammatica; si chiamino tutte le forze sociali, non solo i sindacati e la Confindustria, ma i rappresentanti della piccola e media impresa e i rappresentanti di quella parte di Paese che produce, che fatica e che guarda con grande preoccupazione alla crisi del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, premesso che un clima più disteso e di collaborazione in un momento così importante - se poi si realizza e non si tratta solo di parole -, è certamente un fatto positivo e come tale va rimarcato, va detto che oggi siamo di fronte ad una crisi economico-finanziaria che si è abbattuta su tutto il mondo e anche su di noi, e quindi è giusto discutere su che cosa fare.
Tuttavia, l'errore che compie una certa politica è di ondeggiare, fare un giorno certe affermazioni e il giorno dopo altre, o ancora fare contemporaneamente due o più affermazioni, fornire due o più ricette,Pag. 105spesso incompatibili, i cui effetti si elidono a vicenda: quella che qualcuno ha identificato con la politica del «ma anche» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ritengo che senza una visione coerente non si possa andare da nessuna parte.
Dunque, si parla di crisi economico-finanziaria, che si è verificata perché all'economia reale si è sostituita l'economia virtuale. Negli Stati Uniti erano gli anni di Clinton. La globalizzazione senza regole o con poche regole e pochi controlli sembrava inarrestabile: debiti su debiti e il lavoro veniva visto come qualcosa di improduttivo.
Oggi chi cerca di guadagnare la scena non solo era silente ma inneggiava al nuovo corso, al progresso. Si parla di crisi industriale: ma chi ha sempre sostenuto che bisognava spalancare le porte ai cinesi e che i leghisti che volevano mettere paletti e difendere le nostre aziende erano retrogradi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Ancora: oggi c'è il rischio di disoccupazione, c'è disoccupazione. Voi dite che bisogna combattere il precariato: la vostra ricetta, però, è quella di spalancare le porte ai nuovi immigrati, smantellare la legge Bossi, farli entrare anche senza un lavoro. Pensate, evidentemente, che comunque troveranno un lavoro e non vi importa se non lo troveranno o andranno in giro a delinquere o lo troveranno in nero o faranno concorrenza spietata al ribasso dei salari nei confronti dei nostri giovani e degli immigrati già presenti sul nostro territorio.
Il Premier spagnolo Zapatero, di sinistra, ha bloccato i flussi, perché c'è l'esigenza di occupare gli spagnoli: non si tratta, colleghi, di suscitare le paure ma di tutelare le fasce più deboli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Confrontatevi con lui, così come confrontatevi su alcune affermazioni giuste di Obama, che voi prendete sempre come punto di riferimento perché vi fa comodo. Confrontatevi su alcune affermazioni giuste di Obama sulla riscrittura delle regole per fermare lo tsunami della globalizzazione. Prima di confrontarvi, sentite il territorio: la CGIL di Treviso ne sa di più della CGIL di Roma (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Così come, colleghi - mi rivolgo a tutti i colleghi -, cerchiamo di renderci conto che alla gente non interessa niente delle vicende legate alle cariche all'interno della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Va bene risolvere il problema, ma pensiamo a chi non arriva alla fine del mese e dedichiamo il tempo giusto a questi problemi e non ad altri.
Detto questo, è necessario inoltre dire che, quando il malato sta male e finché non esiste la cura vera, si cura con l'aspirina. La cura vera si chiama federalismo fiscale e su questo vorremmo un confronto e una collaborazione, un voto nell'interesse della gente, non per una questione di destra o di sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Sulle misure contingenti, va bene, discutiamone. Il Governo e la maggioranza si sono mossi subito: social card, ammortizzatori sociali, ma per tutti, non solo per alcuni. Facciamo un esempio: nel caso dell'Alitalia, tutti si occupano di loro, ma pochi si occupano dei lavoratori che gravitano attorno al sistema aeroportuale. Di quest'ultimi si è occupata la Lega, che li ha fatti inserire nella legge finanziaria tra i beneficiari degli ammortizzatori sociali.
Abbiamo sostenuto gli interventi per salvare famiglie e imprese dalla crisi delle banche.
Ancora chiediamo, molto concretamente per quanto riguarda il prossimo futuro e per quanto riguarda i provvedimenti che il Governo presenterà al Parlamento: la disciplina dell'IVA per cassa, che interessa molto alle nostre aziende, soprattutto alle piccole e alle medie aziende, che non ce la fanno più; sterilizzazione degli studi di settore, che non sono uno strumento di contrasto all'evasione fiscale, ma di imposizione fiscale, che è un'altra cosa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania); procedure che garantiscano tempi certi per il pagamento dei fornitori della pubblica amministrazione,Pag. 106che non ce la fanno più, perché è gente che lavora e non può aspettare in eterno di ricevere il pagamento del prezzo di un lavoro già fatto; deduzioni fiscali a favore delle famiglie con figli, misure che la Lega Nord, quando è stata al Governo in una delle precedenti legislature, ha attuato con il Ministro Maroni.
Ancora chiediamo: il piano casa, attraverso la presentazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal decreto-legge n. 112 delle 2008, convertito con legge n. 133 del 2008 (si tratta di provvedimenti approvati da questa maggioranza, anticipando la legge finanziaria con una manovra giusta); calmierizzazione delle tariffe elettriche e del gas. Sono interventi concreti che chiediamo al Governo e che abbiamo posto anche in evidenza nella mozione che abbiamo sottoscritto.
Per questi motivi, signori membri del Governo, signor Presidente, colleghi e anche onorevole Veltroni, che ha presentato la sua mozione e che ha svolto il suo intervento, penso che la Lega Nord, all'interno di questa maggioranza e all'interno di questo Governo, conosca la via giusta da seguire e posso dire che la percorrerà (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, con la mozione da noi presentata intendiamo chiedere al Governo cosa vuole fare per rilanciare l'economia reale, con particolare riferimento ai salari, alle famiglie, ai precari e ai disoccupati.
Non mi sono espresso bene forse, lo ripeto: cosa il Governo intende fare, non cosa il Governo intende dire. Infatti, fino ad oggi il Governo e coloro che fanno comunicazione istituzionale hanno comunicato sempre una cosa diversa da quello che stanno facendo.
Vi è una politica doppia da parte del Governo: si dice una cosa e se ne fa un'altra. Ne voglio elencare qualcuna, cominciando proprio da chi ha detto, poco fa, che questo Governo ha adottato una legge che riguarda il piano casa. La legge in questione - la collega Pollastrini mi è testimone - è la n. 9 dell'8 febbraio del 2007 ed era quella che ha fatto il Governo Prodi. Questa idea che si prendono le leggi che fanno gli altri, i soldi che ci mettono gli altri e poi si rifà la legge, si rifà il provvedimento e si dice che è proprio, è come il comportamento dello scolaro furbetto che copia il compito e dice che l'ha fatto lui.
Lo dico anche con riferimento a come è stato sviluppato il piano casa, perché è vero che avete fatto la legge voi, ma sapete per fare cosa? Per prendere i soldi che avevamo trovato e stanziato, in parte, per far pagare gli affitti a coloro che non potevano pagarli e, in parte, per andare incontro a coloro che volevano per la prima volta comprare la casa mediante mutui agevolati.
Con quegli stessi soldi, voi avete fatto un grande piano per fare metà voi e metà i soliti speculatori e costruttori, per costruire case e poi venderle sul mercato. Sono gli stessi speculatori e costruttori, molti dei quali li ritroviamo, guarda caso, proprio nella vicenda CAI; sono sempre quelli: tra un tribunale e l'altro, tra una condanna e l'altra, vengono qui a fare i patrioti italiani che salvano l'Italia.
Lo dico perché vi è un'enorme differenza, signor Presidente del Consiglio, che neanche oggi è presente, tra la politica del fare e la politica del dire.
Nei giorni scorsi avete fatto una conferenza stampa in cui avete detto che avete stipulato una convenzione con la Banca Centrale Europea per 16 miliardi di euro per investimenti. Andate a vedere sul sito Internet quell'accordo: non sono 16 miliardi di euro che vi ha dato la banca! È la banca che vi ha mandato una lettera in cui si diceva: se ci chiedete un mutuo di 16 miliardi e ci date le garanzie, ve lo diamo. Se andavate alla banca sotto casa, vi diceva la stessa cosa! Il problema è che dovete adottare un provvedimento per chiedere un mutuo, per ottenere i soldi e per metterli in bilancio, con tutto ciò chePag. 107ne consegue per quanto riguarda la tenuta del bilancio tra il dare e l'avere. Quindi, quella è semplicemente carta straccia, poco più o poco meno di una carta che si può usare in tutt'altra e per tutt'altra situazione.
Avete detto che avete deciso di portare al CIPE 15 miliardi di investimenti per le infrastrutture. Dov'è l'amico Bersani, con cui ho lavorato in questi anni sui temi dello sviluppo delle infrastrutture? Non voi perché non volete, ma quelli che vogliono sapere come stanno i fatti, andassero a vedere e troveranno che questi 15 miliardi che dite di investire per infrastrutture sono tutti - dico tutti! - provvedimenti del CIPE, già approvati in precedenti riunioni del CIPE stesso con precedenti soldi già stanziati! State prendendo vecchie delibere del CIPE e ne fate altre uguali: due volte la stessa cosa con gli stessi soldi. Con i soldi che ci abbiamo messo noi, ci fate una bella figura voi, ma sono sempre quelli i soldi! Anzi, è peggio, perché state togliendo soldi ad alcune infrastrutture per cui il progetto è già stato fatto, finanziato e messo all'opera.
Un esempio per tutti, lo dico agli amici della Lega Nord Padania: lo sapete o non lo sapete che le tangenziali di Como e Varese non sono più finanziate da questo Governo? Lo sapete o non lo sapete? Infatti, hanno dovuto fare l'autostrada che va da Roma al mare, quella che interessa a Matteoli, perché lui lì ha il collegio elettorale. Lo dico a voi, guardate bene cosa sta succedendo: stessi soldi, stesse infrastrutture già finanziate e all'opera, alcune delle quali vengono lasciate a metà per cominciarne altre che interessano a qualche elettorato di riferimento.
Questa è la grande attività che volete porre in essere? State attenti, perché le infrastrutture non hanno colore, non si può ricominciare sempre tutto da capo.
Avete detto che adesso fate un'operazione da 80 miliardi. Di che? Dove stanno? Con quali soldi? L'ha detto già prima il segretario del Partito Democratico Veltroni. Dove sono questi 80 miliardi? Ho l'impressione che fate il gioco delle tre carte: sono sempre gli stessi soldi, che girano da una mano e dall'altra, facendo credere il fumo invece che l'arrosto.
Lo dico perché tra la politica del dire e la politica del fare vi è un'enorme differenza e qui c'è l'imbroglio che ho già detto l'altro giorno e che ripeto ancora oggi. È frutto di un imbroglio ciò che sta avvenendo oggi, anche per quanto riguarda le scelte che avete fatto, perché avete tolto l'ICI e avete poi dovuto trovare i soldi togliendoli ai poveri per darli ai ricchi. Questa è la verità! La politica del Governo Berlusconi è ben chiara: si toglie a chi non ha, per dare chi ha. Questo è il dato di fatto di cui bisogna prendere atto.
Ed ancora: avete deciso di fare delle soluzioni che salvano coloro che hanno ridotto l'Italia in questo modo. Non ho fatto io la norma «salva manager» e, quando l'abbiamo scoperta, l'avete riproposta un'altra volta, nonostante che Tremonti abbia detto: o va via la «salva manager», o vado via io. Mi auguro che egli sia conseguente, perché l'hanno nuovamente inserita nella legge sulla bancarotta.
È stato detto che ci sarà una grande lotta all'evasione fiscale e quant'altro. Ma quando mai? Avete proposto proprio oggi la norma per cui fino a quattro anni per tutti i reati di falso in bilancio basta che uno va a tagliare un po' l'erba e addirittura estingue il reato! Basta farsi una tagliata d'erba sul giardino comunale e non si fa neanche più il processo! Ciò vale per tutti i reati di falso in bilancio, la bancarotta semplice, l'evasione fiscale e tutti quei reati in materia di tutela della salute dei lavoratori e di tutela del lavoro.
Insomma, fra la politica del dire e la politica del fare c'è la differenza come tra la notte e il giorno. Ecco perché vi chiediamo ancora una volta, ma che volete fare?

FABIO GARAGNANI. Mandarti a casa!

ANTONIO DI PIETRO. Voi potete per una volta illudere tutti quanti, più volte illudere qualcuno, ma non pensiate di farla franca con la politica delle chiacchiere,Pag. 108la politica delle falsità e delle truffe elettorali prima e politiche dopo (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), dovute tutte ad un'informazione pilotata; e, siccome avete paura di non riuscire a pilotarla abbastanza bene, avete voluto anche decidere chi deve governare (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...
Grazie Presidente Lupi, lei è bravissimo a far valere...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. Vada avanti, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Devo avere anche il tempo di andare avanti (Commenti di deputati del gruppo Lega Nord Padania). Lei riderà, amico mio, ma gli italiani stanno piangendo grazie alle vostre politiche!
Voglio fare due proposte concrete a questo Governo che fa finta di non vedere. È vero o non è vero che avete fatto un condono per cui bastava pagare una piccola tangente allo Stato e il condono veniva esteso (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)?

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Di Pietro. Non riesco a capire la reazione di alcuni colleghi. L'onorevole Di Pietro sta svolgendo il suo intervento, ha ancora un paio di minuti a disposizione, può finire tranquillamente l'intervento, poi gli altri colleghi potranno rispondere a ragion veduta. Prego, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. È vero o non è vero (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Vada avanti, prego.

ANTONIO DI PIETRO. D'altra parte, ci deve essere una ragione per cui all'Italia dei Valori non la possono vedere (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Il tempo passa, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Eh no, furbetto caro, amico mio! Lei non mi fa questo discorso del tempo che passa, mi fa parlare prima, chiaro?

GIANCARLO LEHNER. Come ti permetti?

PRESIDENTE. Ci mancherebbe altro, le ho detto che ha qualche minuto, però deve intervenire, non può aspettare. Prego.

ANTONIO DI PIETRO. E certo, se mi fate parlare, sì (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Gli rode!
È vero o non è vero (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)... È vero o non è vero che (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. No, non ci siamo capiti. Non siamo in un'altra parte, siamo in Parlamento e stiamo ascoltando con serietà ed attenzione gli interventi di tutti. Poi ho ribadito che ognuno avrà la possibilità a nome degli altri gruppi di rispondere o di intervenire. Prego, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. È vero o non è vero che (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...

FABIO EVANGELISTI. Presidente, sospenda la seduta! Il collega deve poter parlare!

ANTONIO BORGHESI. Interrompete la seduta!

PRESIDENTE. Prego, onorevole Di Pietro.

Pag. 109

ANTONIO DI PIETRO. Dicevo, è vero o non è vero che a fronte (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Non ci siamo capiti: se andiamo avanti così, ha ragione l'onorevole Evangelisti a chiedere di sospendere la seduta. Per cortesia (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Unione di Centro)!
Onorevole Di Pietro, vada avanti.

ANTONIO DI PIETRO. Nonostante che il condono null'altro era che una furbata a favore degli evasori fiscali che, pagando una piccola tangente allo Stato, non pagavano le tasse che dovevano pagare - rei confessi, perché nel momento in cui vanno a fare il condono fiscale dicono che non hanno pagato quello che devono pagare e, pagando una piccola percentuale, la fanno franca - come rivela anche Il Sole 24 Ore questa mattina, ci sono cinque miliardi di euro degli evasori fiscali che non vengono riscossi! Allora la domanda è: cosa vuole fare in concreto il Governo contro gli evasori fiscali per trovare i soldi e per venire incontro ai poveri cristi e a coloro che hanno bisogno? È di questo che stiamo parlando (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Questa è una richiesta concreta che facciamo allo Stato!
È vero o non è vero che ci sono tanti cittadini che non possono pagare il mutuo per la prima casa? La proposta che noi facciamo (Commenti di deputati del gruppo Lega Nord Padania)...
Ma può stare zitto un po' questo qui? Abbia pazienza Presidente, io non riesco a parlare in queste condizioni!

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, vada avanti.

ANTONIO DI PIETRO. Voglio anch'io un po' di giustizia in quest'Aula (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Prego, onorevole Di Pietro, la stiamo ascoltando.

ANTONIO DI PIETRO. Col cavolo che mi state ascoltando!

FABIO GARAGNANI. Siamo obbligati!

PRESIDENTE. Almeno questo non lo metta in dubbio! Il tempo passa, prego.

ANTONIO DI PIETRO. Quello che stavo dicendo è che tante persone hanno comprato la prima casa e non riescono a pagare il mutuo.
Quello che stiamo dicendo è che, se è vero che tante persone che hanno comprato la prima casa non possono pagare il mutuo, la nostra proposta è che un'agenzia della Cassa depositi e prestiti faccia da surroga a chi non può pagare, con un fondo apposito, affinché assuma il credito che la banca vanta verso queste persone e possa dare a queste persone una ridistribuzione del mutuo a tasso europeo quindi al 3 (e qualcosa) per cento, invece che al 5, al 6, al 12 per cento.
Facciamo in modo che i poveri cristi possano avere un aiuto dal sistema bancario, non i proprietari di banca! A me che il Governo, lo Stato italiano, compri le quote della banca per fare il favore al banchiere me ne può fregare di meno! A me interessa, come cittadino, che colui che non riesce a pagare il mutuo a fine mese, possa farlo grazie a un intervento dello Stato che faccia da surroga a chi non può pagarlo e, nello stesso tempo, attraverso la Cassa depositi e prestiti rinegozi il mutuo con la famiglia che non può sostenerlo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Sto facendo alcune proposte concrete, non come quello che è stato proposto finora con il federalismo fiscale, verso il quale non abbiamo alcuna riserva, salvo una: deve essere fatto con decreto legislativo, invece che con legge discussa in Parlamento. La delega in bianco a questo Governo per farsi il federalismo fiscale semplicemente con una legge delega, delegare a questo Governo di scegliere come e cosa fare non lo possiamoPag. 110consentire per il semplice fatto che poi favorisce a Catania l'amico suo, dall'altra parte l'altro amico suo, cioè sistema gli affari suoi e non quelli del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Di Pietro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stracquadanio. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, innanzitutto vorrei ringraziare il mio gruppo per avermi dato questa opportunità.
Prima di entrare nel merito delle questioni, vorrei svolgere un'annotazione di carattere politico che vorrei che in particolare il collega Veltroni ascoltasse. Noi siamo in una sede nella quale stiamo discutendo iniziative dell'opposizione in uno spazio che il nostro Regolamento riserva proprio alle iniziative della stessa. Lunedì abbiamo iniziato il dibattito su queste mozioni, sullo stimolo della mozione a prima firma dell'onorevole Veltroni, e mercoledì arriviamo alla conclusione con il voto. Credo che questa sia la prova migliore, collega Veltroni, che la democrazia parlamentare in Italia funziona e che sarebbe il caso che lei lo riconoscesse a questo Parlamento e al Paese, smettendo di parlare di regime, di rischi di democrazia autoritaria e di quant'altro in queste settimane lei ha detto, io credo sbagliando, facendosi trascinare in una deriva sbagliata dal collega che prima ci ha preceduto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Signor Presidente, entro subito nel merito delle questioni che sono state affrontate. Al collega che mi ha preceduto, all'ex Ministro delle infrastrutture, onorevole Di Pietro, dico solo che distrugge la sua credibilità ogni volta che prende la parola. Nei due anni in cui è stato Ministro per le infrastrutture l'onorevole Di Pietro ha compiuto solo una grande straordinaria opera: quella di smantellare il piano delle grandi opere mentre era in fase di realizzazione, bloccando tutto quello che si poteva bloccare per obbedire ai diktat della sua coalizione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - I deputati Porfidia, Barbato e Zazzera espongono cartelli recanti le scritte: «Dittatore di vigilanza» e «Berlusconi-Rai»)...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Stracquadanio. Colleghi, come sapete, non è possibile esporre cartelli in aula; invito, pertanto gli onorevoli Porfidia, Barbato e Zazzera a ritirarli (I commessi ottemperano all'invito del Presidente).
Prego, prosegua onorevole Stracquadanio.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Allora, quale credibilità può avere un'opposizione che un giorno sì e l'altro pure ci dice di voler avere toni riformisti, ma conferma il suo rapporto con l'onorevole Di Pietro?
Onorevole Veltroni, lei è a una svolta: se vuole essere credibile nelle sue proposte - io credo e spero che lei voglia diventare credibile - deve liberarsi della zavorra giustizialista, propagandista e che avvelena la democrazia, costituita dal gruppo dell'Italia dei Valori, e non aggiungo altro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

ANTONIO BORGHESI. Buffone!

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi!

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Vede, signor Presidente, si lamentavano, ma una volta che la critica si rivolge a loro innalzano cartelli e replicano nel modo in cui stanno replicando.
Ma non voglio far degradare questo importante momento di vita parlamentare in un comizio che serve a qualcuno. Credo che dobbiamo prendere molto sul serio questa occasione. È vero, onorevole Veltroni, la crisi è grave e seria, ma le ricordo, come ricordo a tutto il gruppo del Partito Democratico, che in campagna elettorale fu la nostra alleanza che disse ePag. 111scrisse responsabilmente nel programma che si andava incontro alla crisi e che non si potevano fare promesse che non fossero graduali e progressive, così come in ogni punto avevamo sottolineato.
Altri, invece, avevano scoperto la vocazione di mercato un po' tardivamente, dopo due anni nei quali si era sprecata l'opportunità della ripresa, perché metà del Governo si riuniva a palazzo Chigi e l'altra metà si riuniva a piazza San Giovanni, ed era in contraddizione solo su come smantellare quella riforma delle pensioni che rappresentava una svolta di politica strutturale nei conti dello Stato. Qualcuno, inoltre, dopo aver rotto quell'alleanza - e noi li abbiamo presi molto sul serio - ha percorso l'Italia in pullman promettendo improbabili felicità, mentre le nuvole della crisi si stavano addensando e noi lo avevamo previsto.
Ebbene oggi, onorevole Veltroni, è vero che noi siamo i primi ad essere consapevoli della gravità della crisi e siamo stati i primi a porre seriamente il tema di come fronteggiarla, facendo quello che voi (e lei in particolare) avete voluto contrastare nelle piazze rivendicando la più grande manifestazione della vostra storia.

ROLANDO NANNICINI. Chi è che governa? Quali proposte?

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Avete studiato l'economia di mercato a metà e, come apprendisti stregoni, ci proponete oggi impossibili riduzioni fiscali dopo avere contrastato il taglio della spesa pubblica.
Vi ricordo che in questi mesi (e lo ricordiamo nella nostra mozione) noi abbiamo operato la più grande ristrutturazione della spesa pubblica insieme al più grande pacchetto di riforme per la modernizzazione della pubblica amministrazione dello Stato in tutti i suoi comparti, a partire dalla scuola e dall'università, in un modo serio e rigoroso, rischiando l'impopolarità per non essere antipopolari.
Onorevole Veltroni, il 25 ottobre lei ha convocato la manifestazione contro questa politica e oggi ci viene a dire che occorrono riduzioni fiscali. Se avessimo seguito le sue indicazioni dovremmo oggi trovare i mezzi per far fronte ai rischi di bilancio, perché il bilancio dello Stato sarebbe stato fuori controllo e la tempesta finanziaria si sarebbe abbattuta sulle famiglie provocando una grave recessione.
Invece noi, oggi, grazie alla prudenza di questo Governo, siamo solo in una fase che l'Unione europea definisce di recessione tecnica, ovvero due trimestri a crescita zero, e non segniamo crescita negativa, nonostante tutti i venti di crisi che si addensano sull'Europa.
Ebbene, nella nostra mozione noi abbiamo indicato una panoplia di interventi su cui il Governo può basarsi e che il Governo probabilmente realizzerà.
Presidente, il tema della crescita che oggi l'onorevole Veltroni scopre, è il tema di questa maggioranza sin dal momento in cui il Presidente del Consiglio è venuto a chiedere la fiducia in quest'Aula e in quell'occasione ha teso una mano all'opposizione dicendo che potevamo concorrere insieme alla riforma di questo Paese e per il bene di questo Paese.
Nel momento in cui noi ci siamo messi al lavoro e abbiamo realizzato le prime cose serie, ovvero quella di venire incontro a chi soffriva per la crisi dei mutui, abbattendo la tassa sulla casa (che era la più feroce tassa sul risparmio e che gabbava i cittadini che si erano indebitati), voi ci avete detto che sbagliavamo.
Nel momento in cui abbiamo proposto la cedolare secca sugli straordinari, che voleva incentivare il lavoro, la produzione e la ripresa (e poiché realizza tali obiettivi noi la renderemo stabile), voi ci avete detto che avevamo sbagliato e lo avete ribadito in Aula. Nel momento in cui abbiamo affrontato la crisi dell'Alitalia con serietà e rigore - infatti, la stiamo tirando fuori dal disastro in cui anni di politica irresponsabile l'hanno portata - voi ci avete contrastato fino ad arrivare in piazza.
Nel momento in cui noi abbiamo organizzato la più grande iniziativa di ristrutturazione dello Stato, voi eravate contro di noi.Pag. 112
Allora, signor Presidente, noi non temiamo il confronto, apprezziamo tutte le aperture, riteniamo che le parti sociali siano le protagoniste di questo Paese e che la piccola e media impresa guardi a noi con fiducia perché sa che, quando i nostri oppositori vanno al Governo, li strangolano con sessantasette nuove e più gravi tasse.
Per questo, sanno che noi abbiamo una mano più solida nel governare le crisi, perché abbiamo il loro stesso punto di vista, quello per cui non c'è possibilità di redistribuire il reddito, se il reddito non si crea. L'iniziativa che proponiamo al Governo, che il Governo sembra già recepire, va in questa direzione: utilizzare tutti i fondi disponibili per fare infrastrutture (quelle che l'ex Ministro Di Pietro ha bloccato nei due anni del suo incarico di Governo), utilizzare tutti i fondi disponibili per dare leva alle imprese, proporre una detassazione degli utili reinvestiti e misure a favore di chi è più svantaggiato, come la social card. Si amplia adesso a 1,3 milioni di unità la platea di beneficiari della social card; si tratta di benefici che stanno arrivando nelle case dei pensionati e gli daranno quell'ossigeno che tutti abbiamo il dovere di dare loro.
Allora, onorevole Veltroni, vorrei crederle, ma faccio fatica a farlo, perché lei non ha ancora sciolto i nodi irrisolti: se vuole essere riformista o ama la piazza, se vuole stare col sindacato di Epifani che si mette in un angolo o apprezza quanto stanno facendo con fatica i leader sindacali di tutte le altre parti sociali.
Come nel 2002, con il patto per l'Italia, noi abbiamo fronteggiato la crisi che si stava aprendo nell'economia reale, anche oggi proponiamo un nuovo patto per l'Italia, fatto di riforme che vanno nella direzione del cambiamento.
Siamo pronti a raccogliere tutti gli aiuti che ci verranno offerti, anche dall'opposizione, ma questa deve essere chiara una volta per tutte (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa situazione di crisi viene pagata soprattutto dal sud del Paese, dove è concentrata la più elevata percentuale di poveri, il più alto tasso di disoccupazione, il reddito medio pro capite più basso e persiste una grave carenza infrastrutturale. In questo dibattito, non abbiamo ascoltato un'analisi che tenesse conto di questo grave divario presente all'interno del nostro Paese, che non trova riscontro nell'Aula parlamentare né nella riflessione dei partiti che fanno parte di questa istituzione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).
Nella nostra mozione, che abbiamo firmato insieme ai colleghi del Popolo della Libertà e della Lega Nord, abbiamo indicato l'esistenza di una questione meridionale, insieme alle altre questioni che compongono la situazione di difficoltà del nostro Paese, che deve essere affrontata.
Alla lettera d) delle premesse della nostra mozione Stracquadanio ed altri n. 1-00062, ad esempio, si sostiene che bisogna introdurre «meccanismi di fiscalità di vantaggio per favorire investimenti nelle aree meridionali».
Riteniamo che è solo attraverso investimenti in infrastrutture, in modo particolare nel Mezzogiorno, che si potrà sviluppare l'intero Paese. Una considerazione voglio riprendere dall'intervento testé svolto dal primo firmatario della nostra mozione: con il Governo Prodi, questo Paese ha conosciuto il blocco di tutti gli investimenti e di tutte le opere infrastrutturali. Il ponte sullo stretto di Messina era stato cancellato dalle priorità degli investimenti del nostro Paese. Noi ascoltiamo ancora una sorta di nostalgia che aleggia in questo Parlamento a favore di un Governo che, dopo soli due anni, è andato a casa e che ha subito una sconfitta inappellabile.
Lo schieramento che si contrapponeva al centrodestra non ha mai conosciuto unaPag. 113sconfitta così pesante come questa volta; né quando le elezioni le hanno perse i progressisti, né quando le ha perse Rutelli, candidato Premier del centrosinistra, il margine rispetto al centrodestra era stato così ampio. Certo, non tutte le responsabilità si possono attribuire al candidato Premier scelto dall'altro schieramento, ma ci sono state decisioni e scelte di Governo che hanno penalizzato il sud del Paese, che non hanno consentito lo sviluppo del nord e che hanno determinato un disagio in tutte le categorie.
Non dimentichiamo che il centrosinistra aveva perso il contatto con la vera realtà del Paese: i piccoli imprenditori, i liberi professionisti, il pubblico impiego, gli operai, i disoccupati, tutti hanno girato le spalle non solo al centrosinistra e al Partito Democratico, che aveva chiesto il voto utile, ma anche a coloro che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento, la cosiddetta sinistra radicale, che, evidentemente, negli anni del Governo Prodi non aveva saputo interpretare il disagio delle fasce sociali che erano il suo riferimento in termini di rappresentanza sociale.
Che ci sia questa nostalgia, che pesa come un macigno, cari colleghi, lo si evidenzia anche da l'Unità di questa mattina. C'è un certo Zorro, alias Marco Travaglio, Marco Travaglio, alias Zorro, che rispetto ad una vicenda, quella del voto del Parlamento europeo sull'utilizzo delle intercettazioni telefoniche in cui era coinvolto l'onorevole D'Alema, dice e scrive: «Tutti gli eurodeputati italiani presenti - PdL, Lega e sinistra "radicale" - han votato per salvare D'Alema (a parte Pannella, Cappato e Ferrari, più Casini astenuto). L'interessato si era scordato di dire ciò che aveva detto Prodi per le sue telefonate: «si indaghi pure, nessuna immunità, nulla da nascondere». Il solito sbadato».
Questo dimostra che c'è una nostalgia per un Governo che era diventato una sorta di incubo per l'Italia e che dopo solo due anni ha determinato la più grande e grave sconfitta della sinistra, della sinistra vecchia, della sinistra nuova, di un partito che non ha saputo interpretare il vero disagio degli italiani. Ora, rispetto ad una crisi così drammatica e così difficile, che paga soprattutto il Mezzogiorno, ci si viene a dire che ci sono ricette che questo Governo non ha messo in campo e che ci sono proposte che potrebbero andare incontro alle difficoltà in cui vivono gli italiani.
Questo Governo, con un primo provvedimento, quando ancora non si aveva il sentore e la percezione delle dimensioni della crisi, il famoso decreto-legge per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, aveva dato delle risposte: l'abolizione dell'ICI sulla prima casa, che, evidentemente, pesa sulla valutazione del centrosinistra e della sinistra.
Anche qui, infatti, abbiamo continuato a sentire critiche e contestazioni rispetto ad un provvedimento che noi del Movimento per l'Autonomia abbiamo criticato relativamente alla copertura finanziaria, perché riteniamo che i fondi FAS debbano essere utilizzati così come è previsto (l'85 per cento per le aree svantaggiate e il 15 per cento per il centro nord). Si tratta, però, di un provvedimento che abbiamo difeso, perché quella era, è e sarà una tassa iniqua; nessuna riforma, nemmeno il federalismo fiscale, nemmeno le riforme che dovranno essere approvate, potrà reintrodurla, perché la sua abolizione è una misura che è andata esattamente nella direzione di dare sollievo e respiro alle famiglie.
E poi ancora: la social card, una misura che va a favore delle famiglie più deboli.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ARTURO IANNACCONE. Concludo, signor Presidente. La nostra mozione deve diventare una guida per il Governo. Noi saremo attenti affinché l'azione di Governo si traduca in proposte che possano recepire quanto previsto dalla nostra mozione. Chiaramente teniamo conto di quanto espresso nel dibattito, e tutto sommato diamo anche un giudizio positivo per i punti di convergenza.

PRESIDENTE. Deve concludere.

Pag. 114

ARTURO IANNACCONE. È per questo che noi del Movimento per l'Autonomia voteremo a favore della nostra mozione e di quei punti delle altre mozioni che coincidono con la nostra proposta (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi tedierò molto, con questo mio intervento, descrivendovi la situazione economica mondiale e tutti gli effetti negativi che la bolla immobiliare statunitense ha innescato. Mi limiterò, prima di illustrare i contenuti della nostra mozione, a richiamare quegli elementi che evidenziano l'avanzare nel nostro Paese di una fase recessiva estremamente preoccupante.
Non voglio essere pessimista o diffondere timori: so bene come la fiducia sia uno degli elementi di base per consentire ad un sistema economico di reagire, ma non possiamo non dire la verità. Purtroppo, quando si ragiona delle questioni economiche si tende sempre a nascondere la verità e la realtà al Paese. Discutiamo di tante cose, mentre dovremmo discutere di quello che sta accadendo, perché la situazione è veramente pesante e grave.
Per dimostrare questo basterebbe mettere in fila alcuni elementi reali. Il prodotto interno lordo del nostro Paese è in progressiva e costante diminuzione: basta vedere i dati della Banca d'Italia, e poi i dati ISTAT, i dati di Confindustria e i dati stessi del movimento sindacale. L'ISTAT ci avverte continuamente che la nostra economia è in una fase di forte rallentamento, che è maggiore rispetto agli altri Paesi, alle altre economie nostre concorrenti. Il nostro settore manifatturiero, che rappresenta ancora un nucleo centrale del nostro sistema industriale, è in grande sofferenza, sia nelle aree forti che nelle aree deboli: basterebbe pensare a quanto sta succedendo nel settore tessile, nell'abbigliamento, nel meccanico, nel settore automobilistico, per avere la dimensione di quella che è la realtà che abbiamo di fronte e che tenderà sicuramente a peggiorare.
La cassa integrazione è in aumento, così la chiusura di piccole e medie imprese, con ricadute negative anche sui livelli occupazionali. Cresce e si stabilizza la povertà, e molte persone e molte famiglie rischiano l'impoverimento. Le famiglie si stanno indebitando per far fronte agli impegni o per rispondere a esigenze ineliminabili. Il Mezzogiorno è ancora una volta sottoposto a stress e rischia di pagare un prezzo estremamente alto. I consumi si stanno riducendo, compresi quelli di prima necessità.
E l'elenco potrebbe continuare, ma non voglio intristirvi con un catalogo che tutti conosciamo abbastanza bene. Eppure, di fronte a una situazione di questo genere, la legge finanziaria che è stata approvata il 13 novembre sembra ignorare i problemi e si attesta su uno schema che è quello della manovra di luglio, che procede a tagli lineari sulla scuola, sull'università, sui comuni, sulla sicurezza e non prevede alcun intervento decisivo per lo sviluppo, nulla sul sostegno reale al reddito delle famiglie e a favore delle imprese.
In attesa che si proceda a generare un nuovo sistema finanziario mondiale e che si metta in sicurezza il nostro sistema creditizio e finanziario, noi crediamo che occorra agire subito a sostegno dell'economia reale, cercando di salvaguardare quelli che sono i settori strategici più sensibili, anche nella pubblica amministrazione.
Penso alla scuola, all'università, alla ricerca e a tanti altri settori che rischiano, se non sostenuti, di mettere in crisi l'intero sistema e di determinare ripercussioni anche sullo stesso sistema produttivo.
Il nostro Paese ha bisogno che vengano messe in atto da subito misure efficaci che diano una spinta alla crescita e alla competitività. Per questo riteniamo che serva un grande piano di opere pubbliche, che continuiamo a vedere annunciato ma che vorremmo vedere nella sua declinazione pratica, per dotare il nostro Paese di unPag. 115moderno sistema infrastrutturale, utilizzando la leva della spesa pubblica per finanziare la ripresa. E questo riguarda tutto il Paese, riguarda il nord e il sud, è un qualcosa che unifica l'interesse dell'intera nazione.
Chiediamo che vengano adottate misure fiscali agevolative nei confronti della piccola e media impresa, che premino soprattutto il reinvestimento degli utili in ricerca, innovazione, sviluppo e occupazione: la piccola impresa, essendo il tessuto connettivo del nostro Paese, non può essere lasciata da sola.
Chiediamo provvedimenti che estendano la rete di protezione dei sussidi di disoccupazione, l'estensione della cassa integrazione ai settori che non l'hanno, ma soprattutto chiediamo che questo avvenga per i lavoratori precari e nello stesso tempo chiediamo, soprattutto per i lavoratori in età adulta, di attivare percorsi di riqualificazione e di reimpiego delle lavoratrici e dei lavoratori che stanno perdendo il posto di lavoro. Non chiediamo misure assistenzialistiche, ma misure promozionali che rimettano in campo le persone e non le abbandonino a se stesse o, per così dire, nel serbatoio della cassa integrazione.
Per le imprese del Mezzogiorno, che stanno conducendo anche una grande battaglia di resistenza nei confronti della criminalità organizzata, crediamo che si debba prevedere una fiscalità di vantaggio, anche attraverso la trasformazione dei finanziamenti a fondo perduto con il meccanismo del credito di imposta (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Crediamo che bisogna rafforzare il ruolo del Confidi ampliandone la capacità di credito e di garanzia, al fine di sostenere, anche in questo caso, la piccola e la media impresa, facilitandone l'accesso al credito. Abbiamo la sensazione che lo stesso sistema bancario stia restringendo il sostegno alle piccole imprese, che diventi sempre più faticoso ricorrere ai prestiti e ai crediti, e questo penalizza la nostra realtà produttiva e il nostro apparato produttivo. Anche su questo bisognerebbe intervenire, affinché le banche che vengono aiutate siano meno avare in questa fase nei confronti dei piccoli imprenditori, dell'artigianato e del commercio. Crediamo che vada introdotto, quale misura per assicurare maggiore liquidità alle aziende, il principio di cassa rispetto a quello di competenza, permettendo cioè alle imprese la possibilità di liquidare l'IVA all'erario solo dopo aver ricevuto il pagamento del corrispettivo.
Servono a nostro avviso, e in termini non più rinviabili, interventi tempestivi e concreti a favore delle famiglie italiane, soprattutto di quelle con figli: credo che questo sia un problema vero, sociale. Se vogliamo veramente redistribuire e sostenere la domanda, non possiamo non passare attraverso il sostegno alla famiglia. Dimenticare il nucleo familiare ed il suo ruolo sociale in questa fase è sbagliato, ed è sbagliato anche nei termini di favorire la ripresa. Favorire la famiglia significa favorire i consumi e la domanda e sostenere l'elemento produttivo, per cui le politiche verso la famiglia non sono politiche assistenziali, ma sono politiche di investimento che guardano al futuro e alle possibilità.
Pertanto, chiediamo di reintrodurre un sistema delle deduzioni fiscali in luogo dell'attuale sistema delle detrazioni, perché, a nostro avviso, serve un sistema fiscale più equo e a misura delle famiglie. Avremmo visto con grande attenzione l'introduzione del quoziente familiare, o perlomeno l'avvio dell'introduzione del quoziente familiare, con il quale questa maggioranza si è presentata in campagna elettorale. Non vediamo nulla, vediamo solo piccoli interventi un poco compassionevoli, che non aiuteranno di certo le famiglie ad affrontare la crisi in questo momento.
Ricordo che a latere degli accordi dei Paesi del G20 - che poi si sono dimenticati dei Paesi poveri, soprattutto degli impegni a debellare la miseria estrema - il nostro Governo si è dichiarato pronto a mettere sul tavolo degli italiani 80 miliardi di euro, una cifra che è pari al 5 per cento del prodotto interno lordo. Noi vorremmo veramente sapere qualcosa in più su questa proposta e vorremmo sapere se questiPag. 116sono soldi freschi, oppure detratti da altri interventi, perché detrarli dal FAS non è un'operazione corretta, significa ancora una volta penalizzare il Mezzogiorno, e ciò sarebbe un elemento sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). I soldi del Mezzogiorno vanno sicuramente spesi meglio e va monitorato il modo in cui sono stati spesi, ma detrarli e sottrarli è un atto estremamente sbagliato.
Grande è la curiosità, perché molto si è parlato di interventi sulle banche, sulle imprese e sulla famiglia, ma io credo che ora sia il tempo della concretezza. C'è un urgente bisogno di intervenire e di puntare con decisione sull'innovazione e sulle infrastrutture e ci aspettiamo che il Governo ci presenti in fretta la sua proposta e, soprattutto, attendiamo dal Ministro Tremonti (avendo egli evocato nel suo libro il termine della speranza) che sia coerente, perché non esiste una speranza se non è accompagnata da una decisione.
Non accogliamo la proposta di riformulazione avanzata dal Governo, perché essa va a toccare il punto della famiglia, che per noi è il più importante ed è ciò che qualifica la nostra mozione. Pertanto, chiedo che la mozione Casini ed altri n. 1-00063 sia posta in votazione nella formulazione originaria e annuncio, inoltre, che voteremo a favore anche della mozione Veltroni ed altri n. 1-00057, perché essa presenta una complementarietà con la nostra. Credo anch'io che in questa fase vada aperto un confronto nel Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà, per due minuti.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, anche noi della delegazione radicale nel gruppo del Partito Democratico pensiamo che di fronte all'emergenza e con una caduta della domanda aggregata, quindi con conseguenze negative sui consumi, una terapia urgente sia quella di allentare la pressione fiscale sui redditi medio-bassi, quelli con maggiore propensione ai consumi, e di cercare di sostenere il reddito dei cosiddetti incapienti, i più poveri del nostro Paese.
Quello che non ci convince - e lo diciamo con chiarezza - della mozione Veltroni ed altri n. 1-00057 è la parte sul reperimento delle risorse, laddove si propone di rimodulare il percorso di raggiungimento del pareggio di bilancio delle pubbliche amministrazioni. Cosa vuol dire questo? Vuol dire, in sostanza, che si posticipa il rientro del debito pubblico, che per noi radicali è sempre stata, storicamente, una priorità. Si chiama in causa l'Unione europea, ma noi non possiamo dimenticare che il nostro debito è al 104 per cento del PIL e non al 60 per cento, come in altri Paesi europei. E non è che non abbiamo un'altra strada e non proponiamo un'altra strada: per noi la strada maestra è quella della riduzione della spesa corrente, che potrebbe permetterci di affrontare la crisi riducendo gli sprechi e mantenendo gli impegni di risanamento del bilancio.
In Italia non si può fare quel che è possibile in altri Paesi europei di fronte ad un allentamento delle briglie europee: noi ci siamo già bruciati in deficit tutto quello che potevamo, e anche quello che non potevamo. Per questo motivo, responsabilmente ci asterremo dal voto su questa mozione e voteremo contro le altre.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Prima di passare al voto, credo opportuno, come Presidente, rivolgermi all'onorevole Di Pietro. Onorevole Di Pietro, prima ho ritenuto mio preciso dovere tutelare il suo diritto di intervenire. Nel contempo, l'ho sollecitata a proseguire nel suo intervento ricordandole lo scorrere del tempo a disposizione.
Ebbene, al di là della mia persona e di qualsiasi considerazione lei possa fare riguardo alla mia persona o rilievi riguardo al mio modo di agire, credo che io debba assolutamente richiamarla al fatto che non è possibile tollerare che lei si rivolga alla Presidenza della CameraPag. 117con queste parole: «e no furbetto caro, amico mio».
In questo momento, pertanto, la invito, sempre formalmente, ad utilizzare nei confronti della Presidenza della Camera un linguaggio più consono a quest'Aula, nell'interesse della maggioranza, dell'opposizione, ma, mi perdoni, anche nell'interesse suo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Lega Nord Padania, Unione di Centro e Misto-Movimento per l'Autonomia).

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, prendiamo atto del suo intervento, ma credo che questo richiamo sarebbe stato sicuramente più accettabile da parte nostra se l'intervento dell'onorevole Di Pietro, che è stato interrotto almeno dieci volte e svolto in condizioni tali da rendere non possibile, di fatto, articolare un ragionamento, fosse stato garantito; ciò è avvenuto a causa di un comportamento che questa maggioranza - ma che nella scorsa legislatura è stata opposizione - conosce perfettamente ed attua con sistematica pervicacia, impedendo, oggi a Di Pietro e, nella scorsa legislatura, al Presidente Prodi, di articolare in quest'Aula un ragionamento: è qualcosa di assolutamente intollerabile (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).
Mi scusi, signor Presidente, ma la stessa puntualità, la stessa precisione che lei oggi, in questo momento, puntualmente pretende dall'onorevole Di Pietro e da questo gruppo, mi dispiace ma non abbiamo avuto assolutamente la sensazione che lei si sia adoperato per garantirla anche all'onorevole Di Pietro, assicurandogli il diritto di condurre in modo decoroso il suo intervento, quello che è un suo diritto di parlamentare eletto in rappresentanza dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Credo di non aver altro da aggiungere: le mie parole sono chiare, ognuno tragga le sue considerazioni.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Avverto che non vi sono richieste di voto per parti separate della mozione Veltroni ed altri n. 1-00057. Dunque, chiedo al sottosegretario Casero, che aveva espresso parere favorevole sul primo capoverso del dispositivo e contrario sulla restante parte, se il parere del Governo sia da intendersi contrario sull'intera mozione.

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sì, signor Presidente il parere del Governo è contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Veltroni ed altri n. 1-00057, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 514
Votanti 508
Astenuti 6
Maggioranza 255
Hanno votato
241
Hanno votato
no 267).

Prendo atto che il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Stracquadanio ed altri n. 1-00062, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 118
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 510
Votanti 505
Astenuti 5
Maggioranza 253
Hanno votato
267
Hanno votato
no 238).

Prendo atto che il deputato Misiani ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione della mozione Casini ed altri n. 1-00063.
Avverto che non vi sono richieste di voto per parti separate della mozione. Avverto altresì che i presentatori della mozione non hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo. Chiedo, dunque, al rappresentante del Governo se, anche in questo caso, il parere sulla mozione nel suo complesso debba intendersi contrario.

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sì, signor Presidente, il parere del Governo è contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Casini ed altri n. 1-00063, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 514
Votanti 508
Astenuti 6
Maggioranza 255
Hanno votato
244
Hanno votato
no 264).

Prendo atto che i deputati Pollastrini, Concia, Mecacci, Farina Coscioni e Maurizio Turco hanno segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00064, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 514
Votanti 509
Astenuti 5
Maggioranza 255
Hanno votato
237
Hanno votato
no 272).

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, gli altri argomenti all'ordine del giorno sono rinviati ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 19,50).

MICHELE SCANDROGLIO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE SCANDROGLIO. Signor Presidente, mi spiace parlarne solo adesso, ma volevo esprimere tutta la mia solidarietà al Presidente di turno di questa Assemblea, che è stato trattato in maniera inappropriata. Credo che questa situazione si stia manifestando da troppo tempo e auspico che il Presidente non si limiti ad un semplice rimprovero, ma adisca a tutte le conseguenze che sono in questi casi previste dal Regolamento della Camera.

PRESIDENTE. Ricordo, comunque, visto che molti colleghi stanno uscendo dall'Aula, che domani la seduta inizierà alle ore 9,30.

Pag. 119

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, questa è una giornata nella quale abbiamo denunziato la riduzione dei fondi per la solidarietà nazionale e internazionale, in cui sono state denunziate le operazioni di taglio e di azzeramento dei fondi per la campagna antimine e nella quale, purtroppo, dobbiamo registrare una ferita per la più grande operazione di solidarietà compiuta dalle famiglie italiane nei confronti dei bambini di Chernobyl.
Sappiamo tutti cosa è accaduto molto tempo fa in quel Paese. Ebbene, da quell'evento disastroso è nata un'operazione di grande solidarietà. Migliaia di bambini, ogni anno, vengono in Italia per un soggiorno di risanamento, ospitati da famiglie italiane da giugno a settembre e per un periodo invernale, che spesso coincide con le vacanze di Natale.
Ebbene, con un orientamento che non è sinceramente spiegabile, il Ministro del welfare e per esso il Comitato nazionale minori stranieri, oggi, ha bocciato i progetti che riguardano i soggiorni per risanamento dei bambini che hanno già trascorso 90 giorni in Italia. Ora, il decreto del Presidente del Consiglio 9 dicembre 1999, n. 535, che costituisce la normativa che disciplina questi soggiorni, prevede che la durata del soggiorno dei minori possa essere estesa da 90 a 150 giorni, quando il progetto lo preveda.
Ebbene, con questo orientamento che mira a bloccare a 90 giorni i soggiorni, a Natale alcune migliaia di bambini che avevano già avviato rapporti con le famiglie italiane (perché sapete benissimo che questi rapporti con queste famiglie durano da parecchi anni), si vedono negata in queste ore la possibilità di raggiungere queste famiglie e quindi dovranno ritornare nei loro istituti, nei brefotrofi e negli orfanotrofi in Bielorussia. Questa decisione va immediatamente cambiata!
Signor Presidente, le chiedo di intervenire urgentemente con il Governo. Dico urgentemente perché siamo già al 19 novembre. I progetti vengono approvati in questi giorni; poi scatteranno le procedure per tutti i permessi che vanno chiesti e ovviamente anche per le autorizzazioni che devono arrivare dalla Bielorussia. Poi, naturalmente, vi sono le prenotazioni dei voli aerei e tutto ciò che ne consegue. Voglio sottolineare il fatto che questa grande operazione di solidarietà non è a carico dello Stato. Il Governo non spende un centesimo su questa operazione che è totalmente a carico delle famiglie, delle associazioni, dei comitati e di qualche ente locale che su questo versante hanno compiuto, in questi anni, una grande operazione che ha dato anche lustro, devo aggiungere, all'immagine del nostro Paese.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Sto per terminare, signor Presidente. È davvero singolare che oggi accada un fatto di questa natura. Voglio ricordare che l'unica volta che si è rischiato di non vedere i bambini in Italia a Natale è avvenuto per decisione di Lukasenko, ossia del Presidente della Bielorussia che per ritorsione, insomma, o quasi spaventato dai fatti che come ricorderete avevano interessato la piccola Maria, aveva deciso di porre fine a questi soggiorni. Ma poi, anche in quella circostanza, ha lasciato liberi i soggiorni ed è stata sventata questa sciagura.
Ora, invece, di fronte al rischio di non vedere migliaia di bambini venire in Italia, credo davvero che il Governo e il Ministro Sacconi debbano ripensarci e uniformarsi agli orientamenti che, in questi anni, ha seguito il comitato dei minori, consentendo che i soggiorni in Italia, per questi bambini, possano durare fino a 150 giorni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, non so se lei ha notato - ma io l'ho notato,Pag. 120lo possiamo provare, e per questo chiedo di domandare al Presidente della Camera di svolgere un'istruttoria sul punto - che quando abbiamo votato le mozioni vi sono stati alcuni risultati nei quali lo scarto è stato solo di sei o sette voti di differenza. Vi sono state diverse luci dalle postazioni di voto dei banchi di parlamentari della maggioranza che, pur non essendo questi ultimi presenti, risultavano accese. Questo vuol dire che è avvenuta un furbizia; vuol dire che chi fa l'arbitro deve farlo per meritare la stima e il rispetto; questo vuol dire chiedere ai parlamentari di non accusare alcuno di furbizia. Le chiedo, quindi, formalmente di riscontrare chi era presente e chi era assente. Ognuno ha la sua postazione; lei vedrà che ci sono più persone che hanno votato dei presenti, per cui malgrado alcune mozioni potevano essere approvate, sono state respinte. Questa è disistima, è furbizia e chi la commette e soprattutto chi l'avalla, e non la vede, è un furbo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, non intendevo certo intervenire per replicare all'ex Ministro Di Pietro, avrei dovuto svolgere il mio intervento per sollecitare due interrogazioni, ma l'intervento dell'onorevole Di Pietro mi impone, evidentemente, una replica a tutela della Presidenza, della gestione corretta di questa Aula e per stigmatizzare, ancora una volta, un atteggiamento di poca avvedutezza che tenta di accusare questa maggioranza...

ANTONIO DI PIETRO. Furba!

ANTONINO LO PRESTI. ...di comportamenti poco onorevoli e scarsamente conformi al decoro di questa Aula. Lei, onorevole Di Pietro, ogni qualvolta «toppa» miseramente nel comportamento suo e del suo gruppo, in quest'Aula, tenta di riversare su questa maggioranza accuse infondate e fuori luogo. Lei pensi, piuttosto, a far politica correttamente e non accusare ingiustamente, senza potere dimostrare con alcuna prova, questa maggioranza di comportamenti scorretti. È un tentativo, ancora una volta, di nascondere le sue personali inettitudini e inefficienze. Ricordi che lei è tra i più assenteisti di questo Parlamento e, quindi, non ha titolo per insegnare alcunché a questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Premesso tutto ciò, signor Presidente, mi permetto di intervenire per sollecitare la risposta a due interrogazioni che giacciono dal mese di giugno nei cassetti nei rispettivi Ministeri. Si tratta dell'interrogazione n. 3-00054, indirizzata al Presidente del Consiglio e al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, del 23 giugno, e dell'altra, la n. 4-00788, a risposta scritta, indirizzata al Ministro dell'interno, presentata il 24 luglio.

PRESIDENTE. Onorevole Lo Presti, sarà premura della Presidenza sollecitare la risposta alle sue sollecitazioni.

MANLIO CONTENTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, non riprenderò la strada già percorsa sulle questioni degli scontri, che sarebbe meglio fossero lasciati alle spalle. Mi limito, invece, a sottoporle una questione per quanto riguarda gli aspetti delle informazioni sulle attività dei parlamentari che - come lei sa - sono stati oggetto di interpretazioni su numerosi quotidiani. Credo, insieme anche ad altre colleghi, che le informazioni sulle attività dei voto dei deputati vadano integrate; ed è questa la ragione per la quale le sottopongo la questione.
Ad esempio, un dato rilevante è quello delle sedute che si sono tenute con votazioni alla Camera e, quindi, anche della partecipazione dei deputati a queste sedute.Pag. 121Una questione è avere il 100 per cento dei voti partecipando a tre sedute, altra questione è avere magari l'80 per cento, ma partecipando a decine e decine di sedute (credo che non vi sia bisogno di spendere molte parole su questo aspetto).
Ritengo anche che potrebbe essere ulteriormente inserita nella pagina informativa, consultabile giustamente da tutti i cittadini, pur in forma sintetica, la ragione dell'assenza. Non è sufficiente indicare, ad esempio, che il prospetto non tiene conto di questi aspetti (ad esempio, delle missioni o delle malattie). Ritengo che, come in altri casi (penso al Ministro «castigamatti» Brunetta), si possa indicare pur sinteticamente, con una sigla, quando il deputato non risulta presente ad una seduta, se era in missione o se era in malattia, senza ovviamente aggiungere null'altro per ovvie ragioni di tutela della riservatezza. Infatti, questo sistema darebbe anche ad alcuni giornalisti, che magari hanno avuto la possibilità di frequentare queste aule parlamentari, la facoltà di leggere molto meglio quel prospetto e di rendere quindi un servizio sotto il profilo del dovere e del diritto di informazione che sia coerente nei confronti dei cittadini, ma anche rispettoso fino in fondo dell'attività che svolgono i parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Contento, mi farò premura di riportare le sue osservazioni all'Ufficio di Presidenza che ha affrontato, già nella scorsa seduta, il tema della massima trasparenza delle informazioni che devono essere date, innanzitutto, ai cittadini e anche alla stampa. Le sue osservazioni sono puntuali e credo che anche i questori debbano essere coinvolti; quindi, le daremo una risposta.

MARCO CARRA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO CARRA. Signor Presidente, intervengo molto rapidamente per associarmi in tutto e per tutto alla denuncia riportata in quest'Aula pochi minuti fa dalla collega Miotto, per stigmatizzare la decisione assunta dal Ministro Sacconi, per chiederle di farsi carico di questo enorme problema e di informare il Governo di questa nostra denuncia per costruire - ci auguriamo - le condizioni per un rapidissimo cambiamento delle decisioni assunte in data odierna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ovviamente, anche su questo tema sarà premura della Presidenza della Camera informare il Governo.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, intervengo intanto per apprezzare il valore della decisione della Presidenza di rendere pubblico l'elenco dei deputati con le presenze e il numero dei voti. Credo che questo sia uno dei tanti interventi che consentono a questa Camera e a questa istituzione il massimo della trasparenza, che rende in maniera più esplicita e chiara la disponibilità a un rapporto molto meno mediato e più diretto con l'opinione pubblica e con i cittadini.
Detto questo, credo che sia importante rilevare alcune necessità che chiedo a lei, signor Presidente, di fare presente al Presidente della Camera e a tutto l'Ufficio di Presidenza.
È evidente che, intanto, sia necessario distinguere le presenze reali e i voti effettivamente dati dai deputati nel corso delle sedute dal numero di missioni alle quali i deputati hanno avuto accesso, perché, mancando questa distinzione chiara, esplicita e visibile nel modo di dare le informazioni, si crea una disparità per l'opposizione che non dispone - come si sa - di un numero elevato di missioni, di cui invece dispone la maggioranza per via della presenza di deputati della maggioranza nel Governo e in altre cariche diPag. 122carattere istituzionale (poiché le missioni - come si sa - vengono date e garantite dal ruolo istituzionale che ogni deputato ricopre).
In secondo luogo, sarebbe necessario far sapere che c'è anche un modo specifico di calcolare il numero legale, in base al quale è del tutto evidente che alla maggioranza interessa aumentare a dismisura il numero delle missioni perché così fa diminuire il numero legale di cui la maggioranza deve disporre per approvare i provvedimenti. Pertanto, vi è una specie di rincorsa da parte della maggioranza ad ottenere le missioni: quindi, in questo caso, intervengo anche per chiedere un maggiore controllo sulle missioni, perché non vorrei che molti deputati, per la responsabilità che ricoprono in Italia e all'estero, figurino in missione quando in realtà non sono in missione e non stanno ricoprendo alcun incarico di carattere istituzionale, ma stanno svolgendo altre attività di carattere politico che non hanno connessione diretta con l'attività parlamentare o con incarichi che il Parlamento ha assegnato loro.
Ritengo, signor Presidente, che tale questione sia assolutamente importante, perché consente ancor più all'opinione pubblica, in modo trasparente, di comprendere come talvolta ciò che appare all'esterno in maniera indistinta come un elemento di informazione, se non adeguatamente interpretato e corredato di altre informazioni di cui è necessario dare conto all'opinione pubblica e a chi la forma, evidentemente determina una distorsione dell'informazione, anche a livello locale, sino a provocare le condizioni che lo stesso onorevole Contento in precedenza ricordava.
Pertanto, vorrei che tutti siano trattati, per ciò che riguarda l'opinione pubblica e l'informazione esterna, nelle stesse condizioni in cui sono trattati i deputati che hanno maggiori responsabilità o maggiori incarichi in questo Parlamento, in modo tale che sia chiaro che una presenza al 95 per cento delle votazioni in aula non corrisponde esattamente a quella di un deputato che ha l'85 per cento di missioni e il 10 per cento di voti reali.
Ritengo che tale fatto debba essere assolutamente chiarito, indipendentemente dal fatto che un deputato sia giustificato o meno nella sua assenza per impedimenti di vario carattere o anche di tipo personale, di cui evidentemente anche per ragioni di riservatezza non si deve dare conto all'esterno.
Le missioni, invece, costituiscono una questione assai rilevante, perché si reca una distorsione nell'informazione e nella ricaduta sul piano locale della stessa riguardo all'attività dei parlamentari. La prego, signor Presidente, di far presente al Presidente della Camera l'osservazione che al momento le ho affidato.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, come lei sa, la Presidenza esercita un controllo rigorosissimo sulle missioni in base alle norme regolamentari, alle circolari del Presidente e alle delibere del Collegio dei questori. Rimangono in ogni caso le sue osservazioni e quelle dei colleghi che l'hanno preceduta. Ritengo che l'Ufficio di Presidenza - è qui presente anche l'onorevole Mura - debba sviluppare e tenere conto delle considerazioni presentate dai colleghi oggi in aula e, quindi, dovrà essere coinvolto, insieme al Collegio dei questori, per eventualmente assumere le correzioni opportune e garantire sempre la massima trasparenza, ma contemporaneamente - è giusto - deve essere anche assicurata la correttezza complessiva e la capacità di leggere nel loro insieme i dati che vengono forniti.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, avevo chiesto la parola per fatto personale, ma il dibattito che si è sviluppato mi impone di aggiungere una brevissima coda alle considerazioni dell'onorevole Contento e dell'onorevole Quartiani.Pag. 123
È sufficiente dare indicazioni all'ufficio stampa della Camera dei deputati perché, come è sempre stato fatto, venissero segnalate le assenze al voto e non le presenze sostenute in maniera surrettizia dalle missioni. Altrimenti, infatti, sì può osservare che il Ministro dell'interno, onorevole Maroni, sarebbe, in questo modo, presente al 99,49 per cento delle sedute: ciò fa offesa alla nostra intelligenza e - mi consenta - anche alla sua.
Il Ministro Brunetta, quello contro i fannulloni, dopo essere stato assente al Parlamento europeo, sarebbe invece presente qui in Aula per il 93,28 per cento dei voti. La realtà è che il Ministro Maroni è stato presente soltanto all'1,6 per cento delle votazioni ed il Ministro Brunetta è stato presente soltanto al 18 per cento delle votazioni. Questa è la realtà, che va semplicemente ripristinata, non con una decisione dell'Ufficio di Presidenza, non con una riforma del Regolamento della Camera, non con una riforma della Carta costituzionale, ma semplicemente con un'adeguata comunicazione da parte degli uffici preposti. Sono certo che lei, signor Presidente, se ne farà interprete e portavoce.
Torno alla questione personale: io, nella sua posizione, nella sua alta, autorevole e talvolta anche scomoda posizione, probabilmente avrei reagito come lei ha reagito poco fa, volendo evidenziare una sorta di scortesia - mi permetta di usare questa espressione - che le sarebbe stata usata. Una sola osservazione in proposito: sarebbe stato opportuno che lei questa osservazione l'avesse fatta dopo le votazioni sulle mozioni. Non era tenuto a farla in quel momento: o richiamava immediatamente il deputato Di Pietro o lo faceva al termine delle votazioni. Spero - e questo è un auspicio, non è un'osservazione - che lei voglia assumere lo stesso rigore nei confronti degli epiteti che quest'oggi mi sono stati rivolti. Lei li ha sentiti, ne è stato testimone ed ho apprezzato il modo con cui lei soavemente è intervenuto, però mi consenta: tra l'essere chiamati tre volte «imbecille» e una volta «furbetto caro» preferisco «furbetto caro». Se vogliamo fare cambio, sono disponibile (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Evangelisti, anche per la cortesia con cui ha posto le sue osservazioni. Lei sa - dico questo perché possa essere chiaro a tutti, perché non vi erano molti presenti - che a fronte delle dichiarazioni fatte da un collega nei suoi riguardi, che non possono essere accettate, il Presidente di turno - in quel caso era il sottoscritto - ha richiamato formalmente il deputato a non usare più quel linguaggio. Credo che sia dovere di tutti noi, onorevole Evangelisti, proprio tutelare non tanto la persona che in quel momento fa il Presidente, quanto la carica che noi rappresentiamo e vale per tutti.

FABIO EVANGELISTI. Anche per un deputato!

PRESIDENTE. Quindi, voglio dire che le sue considerazioni sono apprezzate (lo dico per non aprire un dibattito), che ognuno deve trarre le proprie considerazioni e credo che quello che noi tutti dobbiamo avere a cuore è il bene del luogo in cui ci troviamo, che è il Parlamento, la massima espressione della nostra democrazia.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, non sarei intervenuta dopo le sue conclusioni, ma la coda di considerazioni del collega Evangelisti mi ha consentito di apportare un'ultima e conclusiva riflessione alle tante che sono state fatte dai colleghi che mi hanno preceduto. Voglio dire che nella riconsiderazione della questione che è stata posta oggi alla Presidenza, forse opportunamente, bisognerà tener conto anche di questa considerazione: rilevante è certamente il numero di partecipazioni alle sedute. Infatti, voglio ricordare a me stessa e a chi mi ascoltaPag. 124che la mancata partecipazione alla singola votazione può rappresentare essa stessa il libero esercizio di una scelta che appartiene quindi a quella libertà del parlamentare che di per sé, quindi, non può essere stigmatizzata. Questa è la considerazione conclusiva, signor Presidente, non vado oltre. Quindi, tra le tante, consideriamo anche che la mancata partecipazione alla singola votazione rappresenta anche una libera scelta del parlamentare.

PRESIDENTE. Mi sembra che questo tema sia stato affrontato in maniera chiara ed è evidente a tutti, compreso al Presidente, che sia un argomento sul quale l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei questori dovranno tornare, per dare ulteriori indicazioni agli uffici che, ricordo, si sono comunque sempre mossi nella direzione delle indicazioni fornite dall'Ufficio di Presidenza e dal Collegio dei questori.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 20 novembre 2008, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155, recante misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali (1762-A).
- Relatore: Conte.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, recante misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali (1813-A).
- Relatore: Gibiino.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1072 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina (Approvato dal Senato) (1857).
- Relatori: Santelli, per la I Commissione e Scelli, per la II Commissione.

(al termine delle votazioni)

4. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20,15.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1802 - em. 2-bis.1 475 474 1 238 222 252 73 Resp.
2 Nom. odg 9/1802/2 472 303 169 152 55 248 73 Resp.
3 Nom. odg 9/1802/3 479 477 2 239 204 273 72 Resp.
4 Nom. odg 9/1802/8 481 463 18 232 458 5 73 Appr.
5 Nom. odg 9/1802/10 491 485 6 243 467 18 72 Appr.
6 Nom. odg 9/1802/12 490 483 7 242 214 269 72 Resp.
7 Nom. odg 9/1802/13 492 458 34 230 203 255 72 Resp.
8 Nom. odg 9/1802/14 488 439 49 220 183 256 72 Resp.
9 Nom. odg 9/1802/15 493 436 57 219 43 393 72 Resp.
10 Nom. odg 9/1802/16 488 483 5 242 221 262 72 Resp.
11 Nom. odg 9/1802/17 493 489 4 245 232 257 71 Resp.
12 Nom. odg 9/1802/24 490 489 1 245 229 260 71 Resp.
13 Nom. odg 9/1802/26 480 476 4 239 454 22 71 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 19)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. odg 9/1802/27 495 486 9 244 461 25 72 Appr.
15 Nom. Ddl 1802 - voto finale 510 495 15 248 494 1 72 Appr.
16 Nom. Moz. Veltroni e a. 1-57 514 508 6 255 241 267 68 Resp.
17 Nom. Moz. Stracquadanio e a. 1-62 510 505 5 253 267 238 68 Appr.
18 Nom. Moz. Casini e a. 1-63 514 508 6 255 244 264 68 Resp.
19 Nom. Moz. Evangelisti e a. 1-64 514 509 5 255 237 272 68 Resp.