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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 81 di venerdì 7 novembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 9,40.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Cicchitto, Ciocchetti, Cirielli, Cosentino, Cossiga, Cota, De Torre, Donadi, Gregorio Fontana, Frassinetti, Alberto Giorgetti, Giro, Goisis, Granata, Lo Monte, Nicolais, Picierno, Ravetto, Rivolta, Roccella, Romani, Vegas, Vito e Zazzera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) (A.C. 1713); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (A.C. 1714).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011.
Ricordo che nella seduta di ieri è iniziata la discussione congiunta sulle linee generali.

(Ripresa discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 1713 e A.C. 1714)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, limiterò il mio intervento solo ad alcuni punti della legge finanziaria per il 2009; altri colleghi del mio gruppo interverranno sulle questioni più generali.
È mia profonda convinzione che la crisi economica che stiamo vivendo richiederebbe politiche economiche di portata straordinaria sul medio e sul lungo periodo. Sappiamo bene che quanto sta avvenendo e quanto avverrà nei prossimi mesi non sarà privo di conseguenze sul bilancio dello Stato e sulle condizioni di vita delle persone e delle famiglie, in modo particolare di quelle meno abbienti o che vivono di solo lavoro. Ormai i rischi di una recessione non sono più un'ipotesi, ma stanno davanti a noi e all'insieme dei Paesi europei, che vedono le loro economie entrare in uno stato di sofferenza e con un'inflazione che si fa fatica a dominare e a controllare, soprattutto per quanto riguarda i prezzi dei generi di prima necessità.Pag. 2
Lo stesso Governo ha dovuto riconoscere questo stato di difficoltà, tanto da dover rivedere al ribasso le stime di crescita del prodotto interno lordo per quest'anno e per i successivi. A fronte di tutto ciò, la politica economica messa in campo dal Governo, dalla manovra d'estate fino alla legge finanziaria per il 2009, appare a noi inadeguata ed estremamente debole rispetto alle sfide che il Paese deve affrontare sul terreno della crescita, dell'innovazione, della competitività e del sostegno al reddito, alle famiglie e al lavoro. Sono state messe in campo politiche che non stimolano una reazione del Paese, delle persone e di tutti coloro che dovrebbero imprimere uno slancio: non è stata alimentata una crescita di fiducia, senza la quale non si contrastano le difficoltà presenti; anzi, le persone continuano a vivere in uno stato di incertezza e insicurezza rispetto al loro futuro. Ci si attendevano politiche redistributive a favore dei meno abbienti, anche per stimolare la domanda.
Mi chiedo: dove è finito Robin Hood? Forse era meglio, come avevo suggerito a suo tempo, affidarsi al brigante bergamasco Pacì Paciana piuttosto che a quello inglese, visto che quello inglese non sta producendo dei grandi effetti.
Oggi, sostenere i redditi da lavoro e quelli familiari significa non solo venire incontro alle reali esigenze delle persone, ma anche sostenere una domanda che è sempre più debole e pertanto generare uno stimolo per l'insieme delle attività economiche, con effetti benefici sulle persone, ma anche sulle entrate fiscali e sul bilancio dello Stato; soprattutto, servirebbe per contrastare la recessione, per alimentare un clima di fiducia essenziale per affrontare le difficoltà che abbiamo e che continueremo ad avere nei prossimi mesi.
Queste problematiche, le avevamo già sottolineate al momento dell'approvazione del decreto-legge n. 112 del 2008 con il quale si è voluto anticipare parte della manovra economica.
Il disegno di legge finanziaria che ci viene presentato è un documento eccessivamente debole che non affronta con il dovuto rigore le questioni da risolvere per contrastare la recessione e stimolare la crescita. Cercherò di motivare questo mio giudizio affrontando alcuni aspetti che ritengo essenziali; partirò dalla famiglia, e non lo faccio a caso, basandomi sulla considerazione che in Italia una famiglia su quattro - secondo quanto afferma l'ISTAT - è povera e una su dieci vive sotto la soglia di povertà. Questi dati trovano conferma anche nell'andamento del Fondo antiusura per le famiglie che una grande organizzazione di consumatori come Adiconsum ha messo in piedi; esso ci segnala che in questi anni le richieste di aiuto sono in aumento e che crescono le difficoltà di rientro sul versante dei prestiti. Il rischio è che nei prossimi mesi invernali possano aumentare le famiglie povere, sia per la crisi economica, sia - soprattutto - per la perdita di lavoro, la messa in cassa integrazione e il mancato aumento del reddito reale di pensioni e stipendi e sia, infine per i prezzi che continuano ad aumentare.
I Bollettini della Banca d'Italia ci informano anche che le famiglie italiane hanno già pagato con i loro risparmi la situazione finanziaria che si è venuta a creare ultimamente. In un anno, i titoli posseduti dalle famiglie italiane hanno perso consistenza per più di 305 miliardi di euro.
Come Unione di Centro riteniamo che le misure previste dal disegno di legge finanziaria a sostegno della famiglia siano insufficienti e ci sembrano dei palliativi. Sono misure placebo, quando ci sarebbe bisogno di medicine forti e di interventi audaci. Non si favorisce la crescita e non si favorisce la ripresa se non si investe sulla famiglia.
Proprio per questo avanziamo alcune proposte di intervento immediato in via transitoria da dicembre 2008 e per tutto il 2009 a sostegno del reddito familiare. Noi pensiamo che bisognerebbe corrispondere da subito almeno cento euro al mese (cioè 1.200 euro su base annua) per il primo figlio a carico e cinquanta euro al mese (600 euro annui) per i nuovi figli. La misura dovrebbe, a nostro parere, intervenirePag. 3su tutte le famiglie con figli da zero a diciotto anni con redditi lordi complessivi inferiori a cinquantamila euro annui. La misura dovrebbe essere valida anche per i nuclei monoparentali. Per la presenza di un figlio diversamente abile il contributo, a nostro parere, dovrebbe essere raddoppiato.
Inoltre, pensiamo che sia necessario (così come è stato promesso in campagna elettorale) che a partire dal 2009 si introduca il quoziente familiare e che si considerino gli interessi passivi sui mutui contratti per l'acquisto della prima casa come deducibili per l'intero ammontare della base imponibile. Su queste proposte abbiamo presentato degli emendamenti al disegno di legge finanziaria per il 2009 che speriamo vengano accolti.
La seconda questione che voglio affrontare (anche perché si intreccia con la prima) è quella del contrasto alla povertà. Anche su tale aspetto il disegno di legge finanziaria è estremamente carente. Da decenni, il fenomeno povertà è in stallo; povero è ancora oggi il tredici per cento della popolazione italiana, costretto a vivere con meno della metà del reddito medio italiano. Accanto a questi, vi sono i nuovi poveri, persone che si collocano al di sotto della soglia di povertà. Ricordo che nell'Europa dei quindici l'Italia presenta una delle percentuali più alte di popolazione a rischio di povertà. Noi siamo convinti che sia possibile offrire una risposta ai problemi della povertà senza aumentare la spesa complessiva della protezione sociale: basterebbe un riallocamento di una parte delle risorse oggi destinate a tale scopo.
La crisi economica nella quale siamo immersi esigerebbe veramente un piano di contrasto alla povertà capace di cogliere la multidimensionalità del fenomeno. Ma le questioni urgono e in attesa che il Libro verde (di cui non abbiamo ancora compreso come si finanzierà, visto che non se ne fa cenno in nessuno dei documenti di politica economica del Governo) predisposto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali trovi una sua concretizzazione complessiva riteniamo che sarebbe opportuno dare vita a un fondo per contrastare la povertà, evitare l'impoverimento e sostenere i redditi da lavoro, che sono al limite.
Colgo l'occasione, visto che sto parlando della povertà, per sottolineare che nel mondo per effetto della combinazione tra crisi finanziaria, riorganizzazione delle economie in crisi, crisi energetica e crisi alimentare stanno aumentando le persone che non riescono a sfamarsi.
Non possiamo restare indifferenti o fare finta che ciò non stia accadendo, né possiamo volgere lo sguardo dall'altra parte.
Per tali ragioni, considerato che il Ministro dell'economia e delle finanze ha più volte posto il problema dell'etica come problema importante, non ritengo etico che in questa fase l'Italia riduca il suo aiuto alla cooperazione internazionale.
L'etica è una cosa seria che va usata con attenzione, ed è proprio per questo che chiediamo il ripristino delle risorse per la cooperazione ed il rispetto degli impegni assunti (soprattutto per quanto riguarda gli Obiettivi del Millennio).

PRESIDENTE. Onorevole Pezzotta, la invito a concludere.

SAVINO PEZZOTTA. Inoltre, crediamo sia il tempo di intervenire decisamente nel settore manifatturiero, perché nelle zone più industrializzate del Paese la crisi sta già colpendo la piccola e la media industria con una forte perdita di posti di lavoro (ed anche a tale riguardo rileviamo una sorta di carenza, così come per quanto riguarda tutta una serie di interventi).

PRESIDENTE. Onorevole Pezzotta, deve concludere.

SAVINO PEZZOTTA. Ma in questo disegno di legge finanziaria sono previsti tagli alla scuola e una riduzione sul versante del sociale. Proprio per queste ragioni, abbiamo presentato alcuni emendamenti: riteniamo che non bisogna ricorrerePag. 4alla «fiducia», ma nel caso si andasse su questo terreno il nostro voto non potrebbe che essere contrario.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pezzotta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, molto rapidamente intendo esprimere alcuni spunti ed alcune riflessioni sul tema che siamo chiamati ad esaminare con questi provvedimenti, che è quello di vedere attraverso quali scelte sia possibile incidere ed intervenire per rilanciare la competitività e lo sviluppo economico del nostro Paese (ossia considerare, sostanzialmente, attraverso quali momenti e quali scelte sia possibile far fronte alla gravissima crisi che il Paese sta vivendo).
Già ieri sera il relatore di minoranza, l'onorevole Baretta, e l'onorevole Vannucci sono intervenuti ed hanno spiegato molto bene la posizione del Partito Democratico, devo però sottolineare ed aggiungere un dato che rappresenta, forse, il filo conduttore di questi primi mesi di Governo della nuova coalizione.
Il modo di muoversi del Governo è quasi interpretabile come se al primo punto programmatico vi fosse il raggiungimento dell'obiettivo dell'autoreferenzialità.
In questi mesi abbiamo visto o sentito interventi di Ministri, a prescindere poi dal modo in cui si muove il Presidente del Consiglio dei ministri (ne ha dato un chiaro esempio anche ieri in quel di Mosca); c'è una tendenza ad inseguire la volontà di apparire, di rilasciare dichiarazioni roboanti, quasi di fare a gara per dimostrare chi è più duro nei confronti di questa o quella parte della società (basta pensare all'atteggiamento del Ministro Brunetta, del Ministro Gelmini o dello stesso Ministro Maroni).
Invece, le difficoltà del Paese devono essere affrontate in un altro modo. Siamo in presenza non solo di una crisi economica e finanziaria, ma anche di una crisi di tipo istituzionale, se ieri, proprio in quest'Aula, perfino il Presidente della Camera ha espresso alcune considerazioni, che abbiamo condiviso, sul percorso della legge finanziaria e sulla deprecabilità di una eventuale scelta di chiedere il voto di fiducia.
Abbiamo visto, al di là del pasticcio Alitalia le cui conseguenze dovranno essere ancora valutate e misurate, ciò che è accaduto anche in seguito alla crisi dei mercati finanziari internazionali: mi riferisco, per alcuni aspetti, ad alcune scelte immediate del Governo (in particolare ai due decreti-legge che sono stati emanati nel corso del mese di ottobre sui quali peraltro conveniamo, pur sottolineando la necessità di forti integrazioni).
Non vi è un'iniziativa seria e concreta per rimettere in movimento la domanda interna e per far fronte a questa crisi che rischia di essere, nel nostro Paese, più drammatica che in altre realtà. Nel documento della legge finanziaria, tra l'altro, non viene indicato un miglioramento per quanto riguarda la pressione fiscale, anzi la pressione fiscale prevista per il 2009-2010 rimane invariata, circa al 43 per cento, per raggiungere, poi, anche nel 2011, una dimensione insopportabile per il Paese. Questa coalizione, a mio avviso, ha raccolto consensi immeritatamente, anche in virtù della promessa di abbassare le tasse. Non solo non si abbassano le tasse, ma non si sono utilizzati in maniera costruttiva e positiva le maggiori entrate che vi sono state. Il famoso «tesoretto» è stato dilapidato per consentire l'abbattimento dell'ICI sulla prima casa anche a quelle fasce di cittadini che hanno un reddito che consentirebbe di far fronte a quel tipo di imposta mettendo in difficoltà i comuni; lo si è dilapidato anche con la vicenda dell'Alitalia.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

IVANO STRIZZOLO. Sostanzialmente non vi è un intervento concreto che possaPag. 5lanciare immediatamente l'economia: si tratta infatti di intervenire con urgenza, non si può attendere. Il Ministro Tremonti, invece, vuole confermare quanto affermato a luglio durante la conversione del decreto-legge n. 112: la legge finanziaria sarà una cosa leggera, da adottare in nove minuti. In questo modo non si affrontano i problemi veri del Paese.

PRESIDENTE. Onorevole Strizzolo, deve concludere.

IVANO STRIZZOLO. Continueremo, quindi, a vivere in una condizione di incertezza, soprattutto, per i nostri giovani, per le future generazioni, per la scuola e l'università, al di là del «pannicello» caldo che pare sia stato partorito, ieri, dal Consiglio dei ministri con il provvedimento sull'università. Non vi è un'incidenza immediata del provvedimento, come sarebbe necessario, per affrontare una crisi drammatica, soprattutto, nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ginefra. Ne ha facoltà.

DARIO GINEFRA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il Ministro per i beni e le attività culturali, il senatore Sandro Bondi, nella presentazione delle linee programmatiche del suo Dicastero, presso la VII commissione della Camera dei deputati, aveva esordito dicendo: «ho accettato l'incarico di Ministro per i beni e le attività culturali con la ferma convinzione che il rilancio del nostro Paese debba passare per una nuova stagione della cultura italiana» ed aveva, poi, aggiunto: «(...) dobbiamo avere l'obiettivo di mantenere le risorse esistenti. Non chiederò un euro in più al Ministro Tremonti. Mi accontento che si mantengano le risorse attualmente destinate alla cultura». Lo stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali reca, per l'esercizio 2009, spese in conto competenza per 1.718 milioni di euro, di cui 1.377 per spese correnti e 331, circa, per spese in conto capitale. L'incidenza sul totale del bilancio dello Stato è pari e allo 0,3 per cento, a fronte dello 0,4 per cento del 2008. Rispetto alla legge di bilancio 2008, si registra, quindi, un decremento pari al 15,6 per cento, ovvero un importo pari a 318 milioni di euro. Con riguardo agli stanziamenti per il 2009, lo stato di previsione in esame sconta le riduzioni delle autorizzazioni di spesa operate con il decreto-legge n. 93 del 2008 e con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008.
Signor Presidente, come se non bastasse, anche in materia di spettacolo assistiamo al drastico taglio del Fondo unico per lo spettacolo, pari circa 200 milioni di euro. Sappiamo che questo comporterà la riduzione del contributo ad enti, istituzioni, associazioni, organismi e imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi, dello spettacolo viaggiante, e la limitazione della promozione e del sostegno di manifestazioni e di iniziative di carattere e di rilevanza nazionale, da svolgere in Italia o all'estero. Potremmo proseguire nell'elencazione dei tanti tagli apportati ad ogni singola voce della missione sulla quale intervengo, ma credo che i numeri già ricordati siano, di per sé, sufficienti a fare emergere l'incongruenza tra quanto promesso dal Ministro Bondi, e quanto stanziato effettivamente dalla legge finanziaria - da quest'anno definibile: legge Tremonti - in favore della cultura italiana.
Siamo quindi alla riedizione di quanto già praticato con le drammatiche scelte che hanno investito il mondo della scuola e della formazione. Basterebbe cogliere le preoccupanti riflessioni del professor Salvatore Settis per rendersi conto che dopo appena sei mesi di Governo della destra potremmo affermare che il «commissariamento Tremonti» anche del Ministero per i beni e le attività culturali rischia di trasformarsi in una sorta di liquidazione di uno dei settori caratterizzanti l'identità nazionale, nonché uno dei motori della nostra economia. Mi rivolgo al MinistroPag. 6Bondi: cosa ne è stato delle linee programmatiche del suo Ministero illustrate cinque mesi or sono alla Camera? Ho provato a cercare traccia delle stesse nella finanziaria in esame. Ho fatto davvero fatica a scorgere una sia pur minima impronta delle sue buone intenzioni. Questo disegno di legge a me appare la prosecuzione di un cinico disegno di polverizzazione del nostro Paese, della sua storia e della sua cultura. Un disegno di legge che qualche collega avrebbe persino tentato di peggiorare introducendo ipotesi di emendamento come nel caso del cosiddetto «archeo-condono».
Ho una sensazione, una brutta sensazione: ci avete tenuto per settimane intere a discutere di federalismo, ma nel frattempo colpivate a botta di decreti d'urgenza, con annessi voti di fiducia, la questione culturale, sociale ed economica del nostro Paese. Una sorta di secessione strisciante che si è consumata e che si consuma, giorno dopo giorno, con grande soddisfazione di una parte della vostra coalizione, quella più vicina al «Ministro unico», e nell'indifferenza di coloro i quali, fino a qualche mese fa, si fregiano di essere il baluardo del tricolore e della nostra Patria. Una secessione strisciante che si afferma attraverso la distruzione di quelli che sono i capisaldi dello Stato, a partire dall'identità culturale da molti dei vostri interpretata come vera e propria zavorra.
Con questa finanziaria e con i provvedimenti già adottati in estate avete colpito e continuate a colpire con la scure settori vitali per ogni Paese civile. È così che, in nome della razionalizzazione della spesa pubblica, demolite tutto ciò che ritenete ostacolo al vostro disegno.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DARIO GINEFRA. Trasformate in oneri insopportabili la cultura, la tutela del paesaggio, la scuola e l'università pubblica, il sistema delle autonomie locali, il welfare e la nostra ultramillenaria civiltà giuridica. Tutto ciò avviene mentre dall'altra parte del mondo in queste ore, signor Presidente, si afferma la vittoria non di un uomo politico ma di una politica diversa. Qualcuno tra i vostri colleghi della maggioranza ha in queste ore dichiarato di sostenere Barack Obama. Inviterei questi colleghi a rileggere con attenzione le politiche proposte dal neoinquilino della Casa Bianca. Vi accorgerete della profonda differenza di impostazione che vi è tra la vostra finanziaria e quella del senatore americano.

PRESIDENTE. Mi spiace doverla interrompere, ma il suo tempo è esaurito. Deve concludere.

DARIO GINEFRA. Faccio un'ultima considerazione, Presidente. Nel discorso di Chicago, Barack Obama ha sostenuto: Ricordiamoci che è stato un uomo originario di questo Stato a portare per primo lo stendardo del Partito Repubblicano alla Casa Bianca; un partito fondato sui valori dell'autostima, della libertà individuale e dell'unità nazionale; quei valori sono valori che tutti noi condividiamo. Mentre il Partito Democratico vince un'importante elezione stanotte noi lo facciamo con una dose di umiltà e di determinazione per sanare le divisioni che hanno ostacolato il nostro progresso. Come disse Lincoln, di fronte ad una nazione ben più lacerata della nostra, noi non siamo nemici ma amici e anche se le nostre passioni possono averci infiammato non devono rompersi i nostri legami di affetto.
Queste parole appaiono distanti anni luce dalla politica machista che state perpetuando sin dall'inizio della legislatura.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Ginefra, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, signori del Governo, questa estate avetePag. 7realizzato una riforma delle procedure di bilancio in modo da blindare i conti pubblici per il prossimo triennio, ma oggi questa scelta, dopo tutto quello che è successo nel mondo, appare come una scelta sbagliata nel metodo e nel merito. Nel metodo ci vuole una vera riforma di bilancio, e proprio in questi giorni cominciamo a discuterla in Senato all'interno del progetto di legge sul federalismo fiscale, dove andrà finalmente definito un coordinamento della finanza pubblica e quindi una vera riforma del bilancio. Ma soprattutto la vostra scelta, signori del Governo, è stata sbagliata nel merito, perché la crisi finanziaria ed economica mondiale ha cambiato totalmente lo scenario di riferimento.
Oggi l'emergenza è il potere d'acquisto delle famiglie, il sostegno ai consumi, anche la stessa riduzione dei tagli che sono stati apportati alla spesa pubblica e che hanno effetti negativi sul potere d'acquisto delle famiglie. Oggi l'emergenza è l'ampliamento degli ammortizzatori sociali per coprire dal rischio di disoccupazione tanti settori e tante categorie che nei prossimi mesi potranno cadere nella spirale della disoccupazione e della povertà. Oggi l'emergenza è la garanzia del credito per le piccole e medie imprese. Oggi l'emergenza è il rilancio delle politiche infrastrutturali. Quindi, a me sembra inevitabile che la manovra di luglio vada rivista. Questo si aspetta l'opinione pubblica, preoccupata per l'andamento dell'economia reale ma questo si aspettano gli stessi mercati che, come abbiamo visto anche oggi, ormai, sulle loro previsioni per il futuro, scontano molto di più le previsioni di crescita di altri parametri. Il taglio dei tassi di interesse della BCE non ha avuto effetti sulle Borse perché ormai è la previsione di crescita, ovvero l'aspettativa di recessione e di depressione, che deprime a sua volta tutti i parametri.
Pertanto, signori del Governo, ritengo che dovrete ammettere un errore di gestione congiunturale della politica economica. Ad esempio, che senso ha avuto abolire l'ICI per le famiglie più benestanti, ed anche, tramite le unità abitative assimilate, per le famiglie che hanno più di una casa di proprietà intestate a parenti? Che senso ha avuto compiere l'operazione Alitalia? Dunque, oggi è necessaria onestà verso il Paese e onestà verso il Parlamento. Tutto sommato commettere un errore congiunturale di politica economica, con tutto quello che è successo e sta succedendo nel mondo, può - tutto sommato - essere considerato nell'arco di una storia di medio termine un errore veniale.
Ma il problema è avere, oggi, l'onestà di riconoscerlo. Così come avete riconosciuto - ricordo qui le parole del Ministro Tremonti - di esservi sbagliati negli anni passati sul vostro euroscetticismo; avete riconosciuto che l'euro e l'Europa è per noi, oggi, in questa crisi un importante scenario di riferimento. Avere l'onestà intellettuale e politica verso il Paese e verso il Parlamento, significa oggi dire la verità. Se il problema è che l'Italia ha difficoltà a muoversi da sola in una manovra reflattiva che, come sapete, secondo il Partito Democratico dovrebbe valere circa mezzo punto di PIL, o se il problema è che l'Italia fa difficoltà a muoversi in ordine sparso rispetto agli altri Paesi europei perché ha un fardello di deficit e di debito pubblico molto rilevante, noi questo lo comprenderemo bene. Sappiamo però che godremo, come Paese e come sistema, dei benefici degli interventi degli altri Paesi (Germania, Francia, Inghilterra) e che, prima o poi, anche noi dovremo muoverci.
Ma allora se c'è questa ammissione di un errore congiunturale, se c'è questa nuova onestà di riconoscere la necessità di una nuova politica economica, lo si dica e si cominci tutti insieme, tutto il Paese, un'azione politica di ampio respiro per ottenere un miglior coordinamento delle politiche fiscali europee, per ottenere un quadro che permetta all'Italia di far rientrare mezzo punto di PIL di manovra anticongiunturale dentro un quadro condiviso a livello europeo, all'interno di una revisione degli obiettivi del Patto di stabilità e crescita da oggi al 2012. E si lancino pure, si lanci l'Italia tutta intera nella necessità di nuove politiche, di nuovi strumenti europei, da quelli collegati allaPag. 8Banca europea per gli investimenti a quelli collegati alla rete delle Cassa Depositi e Prestiti per gli investimenti infrastrutturali.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Causi.

MARCO CAUSI. Concludo, signor Presidente, ciò che non si può fare, signori del Governo, è far finta che il problema non esista. Questo atteggiamento non solo nuoce al Paese ma fa male anche alla stessa stabilità della coalizione governativa, come recenti segnali hanno dimostrato. Noi, naturalmente, come Partito Democratico faremo la nostra parte per far emergere queste contraddizioni e per affermare la necessità di una svolta di politica economica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che, qualora non riuscissero a concludere i loro interventi nei tempi loro assegnati e volessero consegnare il testo scritto, la Presidenza, ove richiesta, ne autorizza la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna.
Mi dispiace, ma è responsabilità del Presidente richiamare tutti ai tempi previsti.
È iscritta a parlare l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, nel poco tempo a mia disposizione motiverò le ragioni di un giudizio decisamente negativo sulla manovra finanziaria all'esame del Parlamento, in particolare sulle parti di competenza dell'VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici). È una finanziaria nella quale l'ambiente e le grandi problematiche legate ai cambiamenti climatici sono scomparsi: nessuna misura specifica, a cui si aggiunge un sensibile decremento dei fondi per l'ambiente. Lo stesso vale per infrastrutture e politiche sulla casa.
Questa finanziaria, così come la manovra di luglio, che ne ha anticipato i contenuti su questi temi - ma non solo su questi, ovviamente - è assolutamente inadeguata, non all'altezza dei problemi di cui il Paese soffre. Certo, è necessario il consolidamento dei conti pubblici - peraltro messi in sicurezza dal Governo Prodi, come il Ministro Tremonti ha dovuto riconoscere in sede europea - ma insieme occorrevano ed occorrono interventi per sostenere il potere d'acquisto delle famiglie e di sostegno alle imprese.
Dedicare risorse adeguate alle infrastrutture ed al sistema della mobilità sono condizioni fondamentali per sostenere il PIL e lo sviluppo competitivo. L'extragettito che nel 2009 dovesse emergere dalle casse del fisco non sarà utilizzato per ridurre le tasse dei contribuenti, come ha dichiarato il sottosegretario Vegas: alla faccia delle promesse elettorali! Ma il tempo è galantuomo: infatti, la contraddizione tra la politica degli annunci del Governo e quella delle cifre è ormai evidente. Siamo al dunque ed i numeri sono più forti delle parole. I numeri ci dicono una sola cosa: tagli in tutti i settori, anche quelli che potrebbero essere fondamentali per aiutare la ripresa economica, quale quello appunto delle infrastrutture.
Il Ministro Matteoli, in occasione della presentazione in Commissione VIII dell'allegato al DPEF, ha fatto lunghi elenchi di opere ed ha promesso molto: ha ipotizzato una forte partecipazione finanziaria di soggetti privati alla loro realizzazione. La realtà è che si sono ridotti gli investimenti: l'allegato al DPEF ha stimato in 124 miliardi di euro le risorse necessarie, nei prossimi cinque anni, per completare il piano delle opere programmate. Il Ministro Matteoli ha annunciato una dotazione di 14 miliardi di euro in tre anni, di cui 4,9 miliardi nel 2009. La verità dei numeri è un'altra, è questa: la finanziaria non contiene alcun finanziamento della cosiddetta «legge obiettivo» ed i 4,9 miliardi non vi sono. Non vi è traccia di alcuno stanziamento aggiuntivo per il fondo opere strategiche anzi, rispetto al 2008 vi è un taglio del 15,6 per cento e nessuna previsione per il 2010-2011. Cosa potranno mai investire i soggetti privati, ammesso che laPag. 9crisi economica lo consenta, senza la quantificazione precisa delle risorse pubbliche realmente disponibili?
Fondi ANAS, in base alla finanziaria per il 2008, poteva contare per il 2009 su 1.560 milioni: saranno 1.205. Ferrovie dello Stato: erano previsti 3.500 milioni, saranno 2.362 milioni. Sarebbe necessario un piano straordinario per il trasporto pubblico locale, perché le politiche per le infrastrutture vanno integrate con una più complessiva politica dei trasporti, ma anche per questo settore sono previste riduzioni: meno 250 milioni, che mettono in seria difficoltà le regioni. In realtà il Governo le scelte le fatte: ha deciso di dirottare le risorse disponibili, destinate alla realizzazione di opere viarie e ferroviarie nel Mezzogiorno, al trasporto pubblico locale ed alle autostrade del mare, alla copertura del decreto sull'ICI.
Governo e maggioranza ora dicono che non vi sono risorse, vi è la crisi, ma nella legge finanziaria per il 2008, quella del Governo Prodi, erano state previste risorse per 21 miliardi, con un incremento del 17 per cento rispetto al 2007. Allora l'attuale maggioranza attaccò: risorse non sufficienti. Ed ora che non vi sono neppure quelle risorse, cosa dice l'attuale maggioranza? Il Governo, in un gioco di rimando continuo, sostiene che le risorse arriveranno dai fondi FAS, non ancora definiti con certezza, e dalla BEI o da un fondo per le infrastrutture presso la Cassa depositi e prestiti: vedremo, è tutto molto indefinito. Il fondo nazionale per il sostegno dell'accesso alle abitazioni in locazione è ridotto di 43,8 milioni rispetto all'anno precedente. Il cosiddetto piano casa è riuscito a coalizzare tutte le regioni di destra e di sinistra contro il Governo: hanno presentato ricorsi in relazione alle modalità di attuazione del piano stesso.
Non va meglio certo per il settore ambiente: ci è sconosciuto il giudizio, da questo punto di vista, del Ministro Prestigiacomo. Occorreva fare di più sulle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione degli immobili ed è un errore grave aver azzerato le agevolazioni fiscali disposte dal precedente Governo a favore degli interventi per il risparmio e l'efficienza energetica degli edifici. Ma non è il solo decremento di fondi per l'ambiente, che passano da 1.832 milioni a 1.263 milioni, con il risultato dell'azzeramento delle politiche di risparmio energetico e di incentivazione e rafforzamento delle procedure delle energie rinnovabili.
Vorrei citare ancora alcuni dati, anche se capisco che le cifre sono sempre un po' aride. Conservazione dell'assetto idrogeologico: meno 242 milioni (meno del 50 per cento).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CARMEN MOTTA. Sto per concludere, signor Presidente. Prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento: meno 80 milioni; sviluppo sostenibile: meno 41 milioni; protezione civile: meno 431 milioni. Ho finito davvero.
I numeri della finanziaria per il 2009 sono questi. Nessuno degli emendamenti presentati dal gruppo del Partito Democratico della Commissione ambiente è stato accolto in Commissione bilancio. Proveremo a sottoporli alla valutazione dell'Aula, con spirito costruttivo e nell'interesse del Paese, affinché infrastrutture, ambiente e casa abbiano quelle risorse adeguate per affrontare i problemi non più rinviabili. Vediamo se nel confronto parlamentare, le nostre buone ragioni e proposte saranno valutate nel merito o se, invece, si continuerà a negare l'evidenza, che i numeri hanno messo sotto gli occhi di tutti. Vedremo se il Governo e la maggioranza sapranno rispondere non ad una parte politica, ma alle richieste che provengono dal Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, signor sottosegretario, sono in molti, in queste ore, a chiedersi perché il Governo abbia deciso di «blindare» la finanziaria e di evitare «l'assalto alla diligenza», come afferma il Presidente del Consiglio dei ministri.Pag. 10
Qualcuno sostiene che il Governo preferirebbe fare un colpo mediatico, attraverso un decreto-legge di fine anno per fare un regalo di Natale. Credo che sarebbe veramente grave svuotare ulteriormente la sessione di bilancio e il Parlamento in questo modo: lo ritengo insopportabile. Qualcun altro, più seriamente, sostiene che il Governo è preoccupato che, in una situazione in cui la liquidità si fa sempre più scarsa, il mercato stesso ci volti le spalle, volti le spalle al debito pubblico italiano (basta guardare l'andamento dei differenziali fra i nostri titoli di debito e quelli tedeschi). Se è così, allora, credo che sarebbe indispensabile che il Governo dicesse la verità al Paese e, soprattutto, al Parlamento, coinvolgendolo in questa preoccupazione e nelle azioni da predisporre conseguentemente. Invece, vedo che si continua a scegliere la strada di chiedere più sorrisi e vestiti sgargianti alle giornaliste dei telegiornali.
L'idea di anticipare la finanziaria a giugno, richiederebbe - e richiede - due attitudini molto forti che, purtroppo, non vedo nel Governo: una straordinaria capacità previsionale o, almeno, una grande flessibilità. In azione, non abbiamo visto né l'una né l'altra, soprattutto la prima. Basti pensare che gran parte della manovra economica si regge su un artificio, cioè su un forte differenziale fra l'inflazione programmata e quella reale. Il DPEF usa un deflatore del prodotto interno lordo, che è superiore di ben due punti all'inflazione programmata. Mi sembra chiaro che l'idea di fondo era di far pagare una parte significativa della manovra economica a chi è più legato al tasso di inflazione programmata, cioè ai dipendenti pubblici e ai pensionati. In particolare, ai dipendenti pubblici e credo che a questo servisse la campagna (a cui non aggiungo aggettivi) sui fannulloni e tutto il cancan mediatico che è stato fatto attorno ai dipendenti dello Stato.
Purtroppo, era difficile prevedere ciò a giugno, ma forse l'inflazione reale e quella programmata si avvicineranno paurosamente, o positivamente (dipende dai punti di vista) e occorrerà trovare un'altra soluzione. Verrà meno il beneficio di questo differenziale. Mi rivolgo a Tremonti: temo che Visco potrà gioire, o impallidire (deciderà lui), di fronte ad una pressione fiscale che, con ogni probabilità, supererà il 43 per cento, a meno che non si trovino e non si lascino sfoghi - che mi auguro non vengano lasciati oltremisura - ad una ripresa dell'elusione e dell'evasione fiscale.
Il fatto è, signor sottosegretario, che in quei nove minuti in cui avete approvato la manovra economica di giugno, vi siete giocati una parte significativa dei margini, che pure vi erano, per realizzare una politica anticiclica. E oggi, dovete «blindare» la manovra, non tanto per difendere questi margini, che vi siete mangiati, ma per nascondere gli errori che avete compiuto.
Vengo, da ultimo, signor Presidente, ad un punto di merito specifico che ci preoccupa particolarmente: nella manovra vi è, espressa con chiarezza, l'idea di scaricare sulla contribuzione pensionistica dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi una significativa quantità di spesa di natura assistenziale. Parliamo di oltre 4 miliardi e mezzo che si trasferiscono direttamente a carico del bilancio dell'INPS dal bilancio dello Stato, dai contributi della GIAS. Questa commistione ci preoccupa fortemente.
Quando il Governo Prodi, con due manovre, ha innalzato i contributi dei lavoratori autonomi e dei lavoratori dipendenti, lo ha fatto per portare in sicurezza ulteriore il nostro sistema previdenziale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIULIO SANTAGATA. Ho finito, signor Presidente. Non vorrei che mescolando e scaricando sul bilancio dell'INPS costi anomali, poi, fra qualche mese o fra qualche anno, ci ritrovassimo in quest'Aula a chiedere innalzamenti dell'età pensionistica o revisioni dei coefficienti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

Pag. 11

LINO DUILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri il relatore per la maggioranza sul disegno di legge finanziaria, nell'illustrare la manovra che stiamo esaminando, ha evocato la categoria della discontinuità rispetto al passato. Credo anch'io che siamo in una situazione che giustifica questo riferimento: siamo in piena discontinuità. Infatti, come è stato detto da un autorevole quotidiano economico del nostro Paese, la sessione di bilancio 2008 - lo dico senza enfasi retorica (chi mi conosce sa che non sono un radicale) - evoca un giudizio che definirei, con questo giornale, un «colpo di mano» rispetto alla situazione precedente. Siamo passati da una situazione in cui - come è stato detto, giustamente - avevamo una manovra finanziaria ipertrofica, con un processo emendativo ingovernabile e con uno spettacolo che in questi anni passati si è consumato additando al pubblico ludibrio la condizione in cui si trovava il Parlamento, ad una situazione esattamente opposta. Abbiamo sostanzialmente vissuto alcuni mesi all'insegna della decretazione, per cui con il decreto-legge n. 112 del 2008 si sono fatti dei tagli portentosi, giganteschi: più che potare, si è tagliato, si sono tagliate le foglie, i rami e, forse, si è rischiato e si rischia di avere tagliato anche gli alberi. Siamo in una situazione in cui, più che avere riformato la sessione di bilancio (cosa che evidentemente non si poteva fare in pochi giorni), si è espropriato il Parlamento e si è trasferita sic et simpliciter al Governo la gestione governativa dei conti pubblici, peraltro in una situazione internazionale di grave crisi che avrebbe richiesto ben altro esame e ben altro confronto in questa sede.
Credo, quindi, che sia giusto avere evocato il discorso della discontinuità, tuttavia non siamo certamente arrivati - come ha detto sempre il relatore - ad un esame accurato e puntuale della manovra finanziaria. Infatti, io vivo in Commissione bilancio da un po' di anni, ho seguito anche questa manovra finanziaria e non mi risulta che sia stato fatto un esame né accurato e né puntuale della finanziaria stessa. Abbiamo assistito ad un iter che ha portato, sostanzialmente, ad abdicare alla competenza della Commissione bilancio - non per colpa di nessuno, evidentemente - e a consegnare all'Aula il testo originario senza aver modificato una virgola, peraltro con il rischio di andare incontro alla posizione della questione di fiducia sul testo che è stato consegnato all'Aula: il che segnerebbe - per riprendere le parole di ieri del Presidente della Camera - una grave anomalia.
Anche io spero che ciò non accada e che, nei limiti del possibile, si riesca a svolgere un esame che non sarà accurato e puntuale, ma almeno, se così posso dire, «decente» di questo testo. Credo che ciò sia necessario, anche perché stiamo procedendo da alcuni mesi senza avere contezza di un quadro organico e delle linee programmatiche che, per i prossimi anni, ci facciano comprendere quali sono gli orientamenti che il Governo ha per affrontare una crisi che certamente non è addebitabile al Governo - parlo della crisi internazionale - ma che richiede, evidentemente, da parte nostra, in un confronto serrato ma sereno con l'opposizione, di individuare gli elementi che ci consentano di uscire da una situazione che tutti noi giudichiamo preoccupante.
In questa condizione, se posso evocare una metafora di manzoniana memoria - poiché provengo dalla Lombardia - in Commissione bilancio ci siamo trovati nella classica situazione dei polli di Renzo, possiamo dire così, tra maggioranza e opposizione e, se il sottosegretario non si offende (egli sa che riscuote la mia stima), dentro questa categoria dei polli di Renzo a testa in giù inserirei anche il sottosegretario, che definirei cappone più che pollo. Egli, infatti, ha espresso alcuni pareri su quei pochi emendamenti che avevamo cominciato ad esaminare ma il giorno dopo, se non erro, e chiedo conferma all'ottimo presidente della Commissione, addirittura si è dovuto «rimangiare» i pareri che aveva espresso il giorno prima, il che la dice lunga, evidentemente, in ordine all'autonomia e alla rappresentanza del Governo in seno alla Commissione. Egli sicuramente avrà ricevuto unaPag. 12qualche telefonata che lo ha indotto a modificare, diciamo così, i pareri espressi su quei pochi emendamenti che avevamo esaminato il giorno prima.
Affermo tutto ciò, evidentemente, in modo, spero simpatico, per stigmatizzare una condizione in cui ci troviamo un po' tutti, sia la maggioranza, sia l'opposizione, sia i rappresentanti del Governo, perché qui forse ci sono pochi uomini e pochi luoghi dove «vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare», come dice il Poeta, e perciò ci dovremmo tutti attrezzare per cambiare questa situazione, che sta diventando umiliante per il Parlamento. Credo che sia semplicemente inammissibile che in una situazione di questo tipo il Ministro dell'economia e delle finanze non abbia avvertito neanche il bisogno di venire in Commissione, come sempre è accaduto nelle sessioni di bilancio. Spero che egli venga almeno in Parlamento per offrirci, appunto, quelli che sono i suoi pensieri, che sono di natura filosofica ed economica, come risulta da qualche libro che va scrivendo da qualche anno, ma che vorremmo apprezzare un po' più concretamente in una declinazione che ci consenta di affrontare i problemi, urgenti e concreti, che il nostro Paese si trova dinanzi.
Poiché ho poco tempo non mi soffermo sul riferimento, fatto dallo stesso relatore per la maggioranza sulla finanziaria - che tuttavia mi limito a giudicare poco elegante - in ordine alla debolezza del precedente Ministro dell'economia e delle finanze, né aggiungo parole in ordine alla conclusione dell'intervento, in cui si dice che sarebbe merito di questa maggioranza la chiusura della procedura di infrazione a livello europeo. Definisco semplicemente disarmante questa affermazione per chi sa come si sono sviluppate le vicende.
Affermo solo, senza evocare meriti particolari, che ciò che è stato compiuto nei due anni precedenti ha permesso di riprendere un po' il controllo della finanza pubblica e di predisporre condizioni minimali su cui agganciarsi, evidentemente, per compiere tutto il resto. Che vi fosse ancora molto da fare per tutto il resto, che vi fosse ancora la maggior parte da fare, lo sapevamo anche noi e basta andare a leggere, a tale scopo, la relazione unificata che è stata presentata nel mese di marzo di quest'anno.
Pertanto, in conclusione, credo che in questo quadro e in questa situazione abbiamo bisogno di effettuare una ricognizione della situazione presente sia a livello interno sia a livello internazionale con un quadro, come spiegavo prima, organico e con delle guidelines (delle linee guida), come si dice, da offrire al Parlamento, per cercare di comprendere in che modo vogliamo procedere, oltre a tutto ciò che è stato stabilito nel decreto-legge che richiederà, evidentemente, qualche correzione, sul versante della politica delle spese, perché la riduzione della spesa, che rappresenta il grave problema del nostro Paese, non si può attuare con i proclami, né con le velleità general-generiche, che non distinguono all'interno di quello che è il pianeta della spesa pubblica. Infatti, sappiamo bene che vi sono delle situazioni in cui bisogna tagliare chirurgicamente ma in modo pesante e altre situazioni, le cosiddette buone pratiche, che forse vanno, invece, invocate per far sì che si affermi un processo di emulazione che conduca, appunto, a replicare quelle buone pratiche in ogni settore.
In questo quadro, però ci troviamo in una situazione - come tutti dicono - che vede il nostro Paese, come al solito, anticipare le conseguenze negative della crisi a livello internazionale. La nostra economia, per suoi problemi strutturali, è così: quando le cose vanno male altrove, ci adeguiamo molto velocemente, più velocemente di altri Paesi; quando, invece, le cose vanno bene altrove, reagiamo più lentamente. Pertanto, è previsto che l'anno prossimo si cada, sostanzialmente, in una situazione di recessione. Poiché, come sappiamo, che prevenire è meglio di curare, dobbiamo capire come vogliamo fronteggiare questa situazione, che si annuncia come recessiva nel nostro Paese.
Siccome è in vista la recessione nel nostro Paese, vorremmo che alcune cose si comincino a dire sin da oggi. Per esempio,Pag. 13vorremmo che gli ammortizzatori sociali vengano previsti, già in sessione di bilancio. Infatti, se ci saranno delle persone che perderanno il posto di lavoro, non possiamo assistere impotenti a questa situazione, perché questo rischia di innescare un meccanismo perverso. Infatti, il calo dei consumi, che già è in essere, rispetto ad un calo della domanda a livello internazionale, che già esiste, con la prospettiva di una recessione che fa perdere ulteriori posti di lavoro, quindi fa diminuire la capacità di acquisto dei cittadini italiani, rischia di determinare una condizione che poi non è più governabile.
Il Governo ha intenzione di intervenire per prevenire questa situazione? Che cosa vuole fare? Come vuole intervenire per quanto riguarda il discorso dei consumi delle famiglie italiane? Come vuole intervenire sul discorso della casa, sia per quanto riguarda il versante dei mutui che per quanto riguarda il discorso degli affitti?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LINO DUILIO. Vuole intervenire, in altre parole, con una politica della domanda? È ancora fermo a una politica dell'offerta? Quali sono queste linee? Non chiediamo tanto; chiediamo semplicemente che il Parlamento ridiventi il luogo della discussione pubblica principale, ridando dignità alla sessione di bilancio che, proprio perché spogliata di tutti quelli che sono i contenuti ipertrofici di cui abbiamo parlato nella legge finanziaria, ci consenta quanto meno di prefigurare il sentiero attraverso il quale il nostro Paese può uscire da questa situazione.

PRESIDENTE. Deve concludere.

LINO DUILIO. Quindi, nessun voto di fiducia io spero - concludo, signor Presidente - e rinnovo l'invito a che il Ministro dell'economia e delle finanze venga in Aula a spiegarci queste linee e ci consenta di confrontarci. Inoltre, confermo la personale disponibilità a una riforma della sessione di bilancio (anche del mio gruppo) affinché per gli anni prossimi non si proceda solo a colpi di decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fedi. Ne ha facoltà.

MARCO FEDI. Signor Presidente, sottosegretario, colleghi, la prima legge finanziaria del nuovo Governo Berlusconi arriva oggi al suo epilogo, un passaggio obbligato, si è detto, dopo il provvedimento di bilancio approvato prima dell'estate con il più breve passaggio in Consiglio dei Ministri che sia mai stato registrato. Non solo il più breve, ma anche decisamente il più brutto, ed anche il più drastico in termini di tagli.
L'azione di risanamento dei conti pubblici svolta dal Governo Prodi avrebbe consentito a questo Governo di anticipare gli effetti della crisi finanziaria internazionale sull'economia reale, prevedendo un intervento di riduzione delle tasse per i redditi da lavoro e da pensione, un intervento che noi riteniamo necessario per sostenere il potere d'acquisto di tante famiglie italiane.
Tremonti ha scelto diversamente; la finanziaria Berlusconi si traduce oggi in atti concreti: tagli e riduzioni alle opportunità di sviluppo del Paese. In Commissione affari esteri il gruppo del Partito Democratico ha espresso un giudizio negativo sulla manovra e ha votato contro questa legge finanziaria e contro le scelte del Governo, presentando un documento alternativo.
Le direzioni generali per gli italiani all'estero e per le politiche migratorie, per la promozione culturale e per la cooperazione allo sviluppo hanno subito riduzioni che su alcuni capitoli vanno oltre il 60 per cento; in alcuni casi si tratta dell'azzeramento delle dotazioni. La direzione generale degli italiani all'estero e le politiche migratorie è particolarmente colpita, con un taglio complessivo di 50 milioni di euro.
Per citare solo alcuni esempi, il capitolo 31.53 relativo ai contributi per gli entiPag. 14gestori dei corsi di lingua italiana nel mondo, passa da 34 milioni di euro a 14 milioni e 500 mila euro, cioè viene più che dimezzato. Il contributo per l'assistenza diretta ai connazionali indigenti (capitolo 31.21) particolarmente importante per gli italiani indigenti residenti in America latina, anche in assenza di altre forme di assistenza come l'assegno di solidarietà, sul quale avevamo lavorato nella scorsa legislatura, che passa da 28 milioni e 500 mila euro a 10 milioni e 777 mila euro, una sottrazione di risorse, quest'ultima, che non ha eguali e che causerà conseguenze drammatiche, e via dicendo per tanti altri capitoli, con la prospettiva di un 2010 e di un 2011 ancora più duri.
Analoghi drastici tagli vengono operati anche per quanto riguarda gli organismi di rappresentanza degli italiani all'estero Comitest e CGIE, ma la gravità dei tagli è tale che rischia di compromettere la politica estera italiana.
La direzione generale per la promozione e la cooperazione culturale è decurtata di 92 milioni di euro, mentre quella per la cooperazione e lo sviluppo subisce un taglio complessivo di 479 milioni di euro. Sui tagli abbiamo proposto una serie di emendamenti, che vanno oltre anche i tagli, proponendo investimenti in particolare verso i giovani, considerato che si celebrerà a dicembre la prima conferenza mondiale dei giovani e del museo delle migrazioni, particolarmente importante, momento di ricostruzione storica, ma anche di racconto del cammino comune con i migranti nel mondo.
Abbiamo presentato emendamenti che chiedono la modifica delle nuove norme restrittive sull'assegno sociale, che colpiscono gli immigrati e gli italiani all'estero. Crediamo che sia una norma ingiusta e continueremo a lavorare per modificarla. Sulle detrazioni per carichi di famiglia, abbiamo chiesto serietà. Gli ordini del giorno accolti dal Governo impegnano a trovare una soluzione definitiva per estenderle definitivamente.
Vi era una volta un mondo che non avremo più: la prima legge finanziaria del nuovo Governo Berlusconi cambierà per sempre il rapporto con gli italiani nel mondo. Per molti anni quel mondo era stato oggetto di attenzione bipartisan. Quel tipo di attenzione da parte dell'istituzione e della politica che aveva posto al centro dei rapporti con le comunità italiane nel mondo l'investimento strategico e la valorizzazione del patrimonio rappresentato da tanti connazionali all'estero: un pacchetto di riforme condivise da realizzare. Per molti anni questa dimensione ha funzionato. Abbiamo costruito ambiziosi livelli di rappresentanza, inclusa quella parlamentare, quando altri Paesi europei ed extraeuropei iniziano a pensare a modelli di rappresentanza territoriale (come i Comites) e internazionale (come il Consiglio generale degli italiani all'estero) e parlamentare.
Quando questi livelli di rappresentanza sono pronti ad uno straordinario passaggio qualitativo come la conferenza mondiale dei giovani pensata, voluta, costruita e finanziata nella trascorsa legislatura dal Governo Prodi e dal CGIE, qualcuno vorrebbe smantellarli senza riflettere sul futuro del rapporto con Italia fuori d'Italia.

PRESIDENTE. Onorevole Fedi, la prego di concludere.

MARCO FEDI. Concludo, signor Presidente, da oggi i fischi di Berna o le proteste di Rosario o Melbourne saranno un nuovo elemento nei rapporti con le comunità italiane nel mondo. Credo che sia doveroso per il Parlamento interrogarsi sul futuro di questo rapporto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zucchi. Ne ha facoltà. L'onorevole Zucchi è in Aula?

ANGELO ZUCCHI. Eccomi!

PRESIDENTE. L'Aula è così piena che non riuscivo a vederla!

ANGELO ZUCCHI. Signor Presidente, consideriamo questa manovra economica inadeguata, perché non affronta comePag. 15priorità - anzi direi non l'affronta proprio - il tema di come, di fronte ad una crisi dell'economia reale che colpisce tante famiglie, tanti pensionati, tanti lavoratori a reddito fisso, ma anche tante imprese medio-piccole non affronta il tema di come ci si debba occupare di loro. Non è, quindi, all'altezza dei problemi del Paese, non ne affronta le vere priorità, la crescita zero (anzi la recessione) e la perdita di potere d'acquisto dei redditi di lavoro e di pensione. Ci si dice che lo sforzo per rimettere in sesto i conti pubblici non consente per il momento altri interventi. Eppure, per chi come noi ha abbastanza memoria, risorse per un ulteriore taglio dell'ICI - dopo la già avvenuta riduzione della stessa per opera del precedente Governo - sono state trovate, così come sono state reperite o si reperiranno risorse per ripianare il debito Alitalia.
Certo è che in un momento in cui si debbono compiere scelte di priorità, dal momento che le risorse sono poche e vanno spese al meglio, il Governo decide di sostenere chi non ne ha impellente bisogno. Sostiene i ceti meno deboli della società e rinvia a data da destinarsi qualsiasi intervento per chi è davvero in difficoltà. Non solo, ma contemporaneamente attua una serie di tagli di spesa con un approccio meramente quantitativo, senza cioè un vero e proprio disegno di razionalizzazione e di eliminazione di sprechi, colpisce alla cieca senza preoccuparsi né di ridurre veramente gli sprechi, né di accompagnare questi tagli con progetti di vera riforma e razionalizzazione della spesa della quale il Paese pure avrebbe bisogno, producendo così l'effetto non già di migliorarne la qualità, non già di favorire risparmi virtuosi, bensì di mettere in crisi anche settori dove alcune spese non sono né sopprimibili tout court, né rinunciabili senza adeguati processi di cambiamento.
Vengo alle questioni dell'agricoltura, che mi riguardano più da vicino. Noi che ci occupiamo di queste tematiche - per la verità - stiamo cercando le sue tracce dall'approvazione dello scorso DPEF, quando del tema dell'agricoltura, della pesca e del settore agroalimentare non venivano preannunciati interventi, né tantomeno previsti stanziamenti.
Lo stesso avviene praticamente nel decreto-legge n. 112 del 2008, dove non sono state previste specifiche misure per il settore, anzi per la verità sono stati previsti ingenti tagli alle missioni di spesa del Ministero. I tagli hanno quindi guidato la filosofia ispiratrice delle politiche agroalimentari di questo Governo. Non è un caso che il Ministero delle politiche agricole ha visto ridotto i propri stanziamenti del 25 per cento. E anche se voglio riconoscere al Governo che l'articolo 2 di questo provvedimento contiene alcune misure sulle quali concordiamo, e che noi prima di altri abbiamo più volte sollecitato - mi riferisco alla stabilizzazione dell'IRAP agevolata e ad altre proroghe per agevolazioni fiscali -, tuttavia non posso non riscontrare come questi provvedimenti pure importanti siano insufficienti.
Il rafforzamento del sistema agroalimentare ha importanza strategica per lo sviluppo equilibrato di un Paese come l'Italia. Questo settore merita e ha bisogno di più, ma in questi mesi abbiamo dovuto purtroppo constatare l'assenza di una strategia politica sul settore agroalimentare e della pesca. Non abbiamo visto e non vediamo neanche oggi interventi per lo sviluppo del comparto, né per un suo reale sostegno.
I provvedimenti che mancano, e che sono stati richiamati all'unanimità dalla Commissione agricoltura, dimostrano che anche nelle forze di maggioranza c'è la consapevolezza dell'insufficienza delle politiche messe in campo. Mi riferisco in special modo al Fondo di solidarietà nazionale che non è stato rifinanziato, per cui mancano all'appello 220 milioni per finanziare questo Fondo necessario, anzi indispensabile per dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura e potenziare il ruolo delle polizze assicurative. Voglio ricordare che questa legge viene considerata una delle più avanzate in ambito europeo, aiuta ilPag. 16settore in un momento di particolare fragilità, considerando la sua esposizione ai mutamenti climatici.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELO ZUCCHI. Ancora consentitemi di chiedere quale sia la ragione per la quale, di fronte alle gravi situazioni prospettate per via dei cambiamenti climatici, invece di attrezzarsi ad una migliore e più efficiente gestione delle risorse idriche si tagliano le risorse destinate al piano irriguo oppure le risorse per sostenere il settore per le previdenze sociali per le zone agricole delle aree sottosviluppate. Insomma, non vediamo politiche strategiche in questo settore.
Ha ragione il Ministro, e concludo signor Presidente, lui si sta occupando dell'agricoltura come di un'attività di pronto soccorso, ed ha proprio ragione. Cerca di mettere un cerotto qua e là, ma è lontano da una diagnosi credibile ed è ancora più lontano da ogni ipotesi di cura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Zucchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, signor sottosegretario Vegas, stiamo esaminando i documenti di bilancio per il 2009 e l'angolatura dalla quale cerco di guardarli è quella sociale. Si tratta prevalentemente di numeri e di tabelle, ma non possiamo fingere che non esista un'intima relazione tra essi e la responsabilità etica della politica e delle istituzioni che impone di operare per il bene comune e per la crescita della giustizia sociale. Dietro i numeri c'è il Paese, una società in cui, come attestato recentemente dalla Caritas e dall'ISTAT, aumentano le distanze tra i primi e gli ultimi, crescono le fasce di povertà, si diffondono condizioni di vita che respingono i bisogni primari dell'essere umano e offendono a volte la sua dignità.
Dovremmo ricordare che il benessere e la civiltà di un Paese non si misurano dal reddito medio dei suoi cittadini, ma dal livello di qualità della vita che si riesce ad assicurare ai meno fortunati. Oggi l'Italia è un Paese dove vi sono oltre 15 milioni di persone povere, ad altissimo rischio di marginalità che vivono con 600 euro al mese, dove aumenta il divario tra le aree ricche del nord e quelle arretrate e depresse del sud, dove è quotidiano il fenomeno del turismo sanitario dal Mezzogiorno verso il centronord alla ricerca di migliori ospedali in cui essere operati o nei quali eseguire un esame di alta diagnostica.
Se il necessario senso di responsabilità ci impone di prendere atto di una situazione difficile che richiede una riduzione delle spese dello Stato, altrettanto senso di responsabilità ci dice che non possiamo far gravare sui ceti già di per sé più deboli gli effetti delle ristrettezze del bilancio statale e le negative contingenze finanziarie internazionali.
Entriamo nel merito di alcune delle scelte fatte dal Governo: sui capitoli della sanità la voce «tutela della salute» subisce una riduzione del 15 per cento, mentre le risorse che dovrebbero sostenere il futuro del nostro Paese, quelle relative alla ricerca e all'innovazione, vengono tagliate del 13 per cento.
È molto difficile arginare il fenomeno dei cervelli in fuga o alimentare l'alta ricerca biomedica e sui tessuti, che può salvare la vita di tante persone, quando le risorse da destinare alle attività di studio vengono falcidiate. È difficile non andare con il pensiero all'impegno del Governo Prodi, che, a dispetto della ristrettezza di bilancio, aveva stanziato fondi per la ricerca sanitaria, da destinare ai giovani talenti under quaranta e da assegnare secondo criteri di trasparenza riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale. IPag. 17tagli incidono anche sulla programmazione sanitaria dei livelli essenziali di assistenza e sui fondi destinati all'edilizia sanitaria.
Anche nel metodo c'è da preoccuparsi. Siamo l'unico Paese occidentale a non avere un Ministero della salute. Quando il Governo ha parlato di sanità, lo ha fatto tramite proclami che, nella migliore delle ipotesi, avrebbero richiesto una maggiore cautela. Mi riferisco, ad esempio, ai recenti annunci sulla privatizzazione della sanità in alcune regioni, con il rischio di aumentare il gap esistente tra le diverse realtà, piuttosto che arginarlo. Con fermezza e chiarezza, vogliamo dire al Governo che la salute è un bene non negoziabile.
Ben vengano le riforme per eliminare gli sprechi e aumentare gli standard delle cure, ma la sanità in Italia è un bene pubblico, universalistico e solidaristico, e per noi tale deve rimanere. Sulle questioni sociali, se è possibile, le nostre perplessità sono ancora maggiori. Le risorse del fondo per le politiche sociali sono tagliate del 17 per cento. Sono tagliati gli stanziamenti per le politiche di sostegno alla famiglia, sull'immigrazione e per le politiche antidroga. Con queste premesse, sarà arduo parlare di inclusione sociale, di integrazione tra i popoli o dei modi di affrontare il disagio giovanile. C'è - la cronaca lo evidenzia quasi quotidianamente - una situazione di forte emergenza educativa giovanile. Eppure si sono tagliati i fondi, oltre che alla scuola, anche allo sport - è solo un esempio - che resta uno dei pochi strumenti disponibili per costruire aggregazione giovanile e proporre progetti educativi.
Gli indicatori della crisi dell'impianto sociale nel nostro Paese sono molti e diffusi. Oggi chiede aiuto alle associazioni solidaristiche chi un anno fa riusciva a fare da solo, in particolare coppie con un lavoro, madri separate, anziani. Il problema per le famiglie non è arrivare alla quarta settimana, ma sopravvivere indenni alla terza. La precarietà giovanile rischia di diventare una condizione patologica.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. A dispetto degli aumenti dei costi dell'energia e della pasta, con l'ultimo DPEF si è pensato bene di fissare l'inflazione programmata alla metà rispetto a quella reale, fatto che in prospettiva produrrà ulteriori effetti negativi sul potere di acquisto dei cittadini. In questo scenario allarmante, il Governo taglia risorse e propone misure paternalistiche e di facciata. Siamo tra gli ultimi Paesi industrializzati a non avere un piano serio ed organico contro la povertà. (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Mosella, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Marco Carra. Ne ha facoltà.

MARCO CARRA. Signor Presidente, già il collega Zucchi ha esposto molto bene le devastazioni che il Governo sta producendo in materia di politiche agricole, attraverso questa finanziaria e non solo. È una finanziaria che giudico irresponsabile, molto lontana dalle esigenze reali del Paese, oggi ancor più di quando essa è stata concepita.
Resto convinto che la politica debba decidere se l'agricoltura debba avere a che fare con la crescita economica e lo sviluppo del Paese. Io credo di sì e credo che l'agricoltura debba essere cultura di impresa. Servono, pertanto, politiche pubbliche che accompagnino la fase produttiva agricola. In questo particolare momento di crisi, sarebbe stata utile una finanziaria diversa.
Come hanno già detto in molti, si fa finta di nulla per le famiglie, per il tema del sostegno ai salari e alle pensioni, per l'incremento dei fondi per gli ammortizzatori sociali, per le imprese, comprese evidentemente quelle agricole, per le infrastrutture. La finanziaria, viceversa, prevede tagli degli stanziamenti, se penso all'agricoltura, per 460 milioni di euro. Si passa da 1.800 milioni a 1.300, con unaPag. 18riduzione del 25 per cento, come già diceva l'onorevole Zucchi. L'agricoltura esce mortificata ed umiliata da questa manovra.
Certo, le agevolazioni fiscali sono contenute nella manovra e questo ci soddisfa, ma sparisce il Fondo di solidarietà nazionale, si taglia il Piano irriguo nazionale, si tagliano i fondi per l'imprenditoria giovanile e femminile, si tagliano i fondi per il miglioramento genetico e l'assistenza tecnica agli allevamenti, si taglia il Fondo per il sostegno del made in Italy, si tagliano i fondi per i contratti di filiera. Si tratta di una vera e propria - lo dicevo prima - devastazione!
Il riconoscimento che la finanziaria si abbatte davvero come una scure sull'agricoltura italiana lo ritroviamo nelle considerazioni espresse dalle diverse associazioni di categoria nelle tante audizioni che la Commissione ha svolto e nel fatto che gli emendamenti, puntualmente bocciati, ma che ci auguriamo siano approvati in sede di esame in Assemblea, sono stati presentati anche dai gruppi di maggioranza.
È il segno evidente che questa - ribadisco - devastazione è riconosciuta anche dalla maggioranza. Nei nostri emendamenti compare un'idea di politica agricola dentro la più ampia dimensione europea. Il Ministro sostiene di confrontarsi direttamente con gli imprenditori agricoli, recandosi nelle aziende e sporcandosi le scarpe. Credo che gli unici contenti in questa fase difficile per la nostra economia siano sicuramente i produttori e rivenditori di lucido per le scarpe; per il resto, mi pare che il Ministro, oltre che a mostrare i muscoli sul piano meramente verbale, abbia prodotto e stia producendo una politica del tutto inadeguata, anche su altre questioni che non attengono direttamente alla legge finanziaria.
Si pensi a come si sta affrontando l'annosa vicenda delle quote latte: si è partiti dai pronunciamenti di una sanatoria, salvo poi ritrovarsi una maggioranza che non condivide questa posizione e fare una drastica retromarcia.
Si pensi al fatto che questo Ministro non è stato ancora in grado di emanare i decreti attuativi relativi ai certificati verdi (sono numerosissime le imprese che stanno aspettando questo decreto). Si pensi a come si vuole affrontare una politica di contenimento dei prezzi; basti, da questo punto di vista, ricordare come il tema del costo del pane sia diventato di estrema urgenza ed attualità.
È un Ministro - me lo lasci dire, signor Presidente - che non sta favorendo in nulla e per nulla l'unità del mondo agricolo. Sono un parlamentare del Partito Democratico, un parlamentare mantovano, ben consapevole di quale ruolo l'agricoltura svolga non solo nel nostro Paese, ma in particolare nel nostro territorio.
Oggi consegniamo una pagina, salvo rettifiche nel corso dell'esame del provvedimento, che porta l'agricoltura italiana in un tunnel dal quale o nel quale non si vede la via d'uscita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, credo doveroso partire rapidamente da alcuni aspetti istituzionali. Ieri, intervenendo su una questione relativa al bilancio, a proposito dei decreti-legge che stiamo convertendo, dicevo che, con quello di ieri, eravamo arrivati a 16 e ne contavo altri 12 in lista di attesa, in via di conversione.
Devo subito rettificare quella cifra, perché il decreto sull'università ci porta a 13 decreti-legge da convertire; arriveremo, tra un mese o due mesi, a circa 29-30 decreti-legge. La cosa più significativa - qui è stata già detta, ma devo ripeterla - è che esaminiamo una finanziaria in cui, praticamente, «il filetto» è stato gestito in un altro momento della stagione, con il decreto-legge n. 112 del 2008.
Esso ha avuto, però, questa caratteristica: non solo ha introdotto la novità di anticipare la legge finanziaria, ma lo ha fatto con questo combinato disposto, che è una miscela esplosiva, come naturalmentePag. 19tutti gli addetti ai lavori conoscono bene: decreto-legge, maxiemendamento e fiducia.
Questo non si era mai visto; addirittura, le fiducie sono tre: una alla Camera, una al Senato e una di nuovo alla Camera.
Ciò ha fatto sì che si «blindasse» un provvedimento che poi ha condizionato tutti i passi successivi. Anche la polemica quindi che vi è stata ieri e che oggi è sui giornali, relativa al modo in cui approviamo la legge finanziaria in esame e che non intendo affatto sottovalutare, tocca una conseguenza più che la causa perché è evidente che tutte le deformazioni derivano dal modo in cui è stato approvato il provvedimento che ha determinato l'impostazione complessiva.
C'è un'altra novità del punto di vista istituzionale, signor Presidente, che desidero segnalare: in una serie di decreti-legge, che sono sempre più frequenti, il principio della riserva di legge che deriva dall'articolo 81 della Costituzione è sostanzialmente bypassato. Si contano ormai diversi provvedimenti legislativi di urgenza (decreto-legge n. 112, ordinamento giudiziario, scuola, emergenza economica) che attribuiscono con disinvoltura a decreti ministeriali, quindi atti amministrativi del Presidente del Consiglio e del Ministro dell'economia, il potere di modificare o spostare voci da un capitolo all'altro, da un fondo all'altro senza neanche un passaggio parlamentare, senza alcun termine. Questo è molto pericoloso: credo che nelle molteplici impugnazioni alla Corte costituzionale che sono state annunciate da parte delle regioni sul decreto-legge n. 112, vedremo certamente richiamato anche questo profilo: violazione della riserva di legge prevista dall'articolo 81 della Costituzione.
Dopo questa premessa doverosa vengo al merito della finanziaria. Nella nostra Commissione, la I Commissione, la maggioranza, dopo avere respinto emendamenti del Partito Democratico che chiedevano di dare più risorse alle forze di polizia, ha approvato un parere che molto chiaramente formulava l'auspicio di maggiori stanziamenti per i comuni in relazione all'abolizione dell'ICI e richiedeva l'aumento dei fondi da destinare ai corpi di polizia. È triste considerare che neppure questa timida richiesta della maggioranza ha avuto un qualche tipo di soddisfazione da parte del Governo. Devo dire che tutto questo è preoccupante, naturalmente, non soltanto nei rapporti maggioranza-opposizione, ma perfino nei rapporti tra il Governo e la sua maggioranza.
Ho provato però a vedere un po' più da vicino i dati. Voglio in primo luogo citare gli emendamenti di spesa con riferimento ad alcuni centri di responsabilità. Si tratta di cifre significative nel loro insieme. Prendendo in esame il Dipartimento per gli affari interni e territoriali (autonomie) risulta che nel 2006 a consuntivo erano stati investiti 17 miliardi, mentre nel preventivo 2009 sono previsti 16 miliardi 644 milioni: quindi una riduzione molto netta. La riduzione è ancora più netta se si confronta la voce relativa al Dipartimento della pubblica sicurezza, perché nel 2006 a consuntivo c'erano 8 miliardi e 300 milioni, nel 2007 8 miliardi e 100 milioni e nel 2009 solo 7 miliardi e 785 milioni.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO ZACCARIA. La cosa però più preoccupante è il fatto che confrontando il 2008 con il 2009 nell'ambito della sola missione «ordine pubblico e sicurezza» viene fuori una cifra quasi invariata di circa 10 miliardi, ma questa apparente uniformità è il risultato di una riduzione da un lato (meno 428 milioni «Servizi istituzionali») e di un aumento dall'altro (più 331 milioni voce «Ordine pubblico e sicurezza»). Il saldo complessivo è comunque di meno 100 milioni.

PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Questo veramente è un meccanismo che comunque lo si legga porta a una riduzione concreta.
Vorrei solo dire, per concludere, giacché lei mi ha invitato a farlo, che questo tipo di situazione consente correzioni attraversoPag. 20dei fondi previsti dal decreto- legge n. 112. Si tratta del Fondo per la tutela della sicurezza pubblica (missione 33) e del Fondo finalizzato alle assunzioni in deroga. Può darsi che attraverso questi fondi si possa intervenire a consuntivo. Però questi fondi non li gestisce il Parlamento, li gestisce il Ministro dell'economia e delle finanze. Penso che, naturalmente, Tremonti potrà dire: io in seguito, manovrando quei fondi, vi ridarò le risorse; però in questo modo il principio della riserva parlamentare viene calpestato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Il seguito della discussione congiunta è rinviato alla seduta di lunedì prossimo.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,05).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, prendo la parola al termine dei lavori perché vorrei chiederle di sollecitare il Governo a proposito di quanto sto per illustrare.
Nei mesi scorsi il Ministro Gelmini ha prodotto una riforma della scuola che ha suscitato nel Paese grandi proteste e grandi mobilitazioni ed è sicuramente una questione sulla quale si tornerà a discutere, soprattutto per gli effetti che ha prodotto nel Paese e che noi riteniamo negativi.
Abbiamo avuto notizia del fatto che nel corso del Consiglio dei ministri di ieri il ministro Gelmini ha prodotto un altro testo di riforma, quello che riguarda l'università.
Signor Presidente, alla luce di quanto è accaduto e alla luce anche di alcune considerazioni che abbiamo ascoltato in queste ore sono a chiederle che il Ministro Gelmini venga in Aula a riferirci se all'interno di questa riforma dell'università si sia ritenuto di inserire anche un corso di laurea per «coglioni». Come lei avrà avuto modo di ascoltare, il Presidente del Consiglio, che onora il nostro Paese all'estero, dopo avere rilasciato alcune affermazioni del cui valore si legge oggi su tutti i quotidiani, ha anche annunciato che coloro che si sono permessi in qualche modo di stigmatizzare la non opportunità di fare determinate valutazioni sono delle persone che potrebbero prendere la laurea del «coglione».

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, eviterei questo termine. Siamo in un aula del Parlamento.

ROBERTO GIACHETTI. Purtroppo lo devo dire, signor Presidente. L'onorevole Berlusconi è un mio collega e, se lui può usare il termine in un incontro ufficiale...

PRESIDENTE. Ha usato il termine «imbecilli», che come lei sa è pari a «imbelle».

ROBERTO GIACHETTI. Io prendo e ripeto le parole. Immagino che la censura che lei sta rivolgendo nei miei confronti sia un modo indiretto per stigmatizzare e censurare il Presidente del Consiglio che in questo modo apostrofa le persone che si permettono di contestarlo.
In conclusione, signor Presidente, vorrei aggiungere che visto l'andazzo con cui governa il Presidente del Consiglio (non ripeterò quale sia il corso di laurea, ma chiedo che il Governo venga a riferirci al riguardo, a rappresentarci, cioè, se il Ministro Gelmini intenda inserirlo nella riforma dell'università) la mia preoccupazione è che - un po' come è accaduto spesso in passato - il Presidente del Consiglio sollevi l'esigenza di inserire questo corso di laurea perché qualcuno gli ha già garantito che una laurea honoris causa sarebbe garantita anche a lui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 21

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 10 novembre 2008, alle 9,30:
1. - Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge (per la discussione sulle linee generali):
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) (1713).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (1714).
- Relatori: Giudice, sul disegno di legge 1713 e Moroni, sul disegno di legge 1714, per la maggioranza; Baretta, di minoranza.

2. - Discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00037, Bertolini ed altri n. 1-00052 ed Evangelisti ed altri n. 1-00058 sulle iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e di persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altre parti del mondo (per la discussione sulle linee generali).

(ore 16)

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (1714).
- Relatori: Moroni, per la maggioranza; Baretta, di minoranza.

4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) (1713).
- Relatori: Giudice, per la maggioranza; Baretta, di minoranza.

5. - Seguito della discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00037, Bertolini ed altri n. 1-00052 ed Evangelisti ed altri n. 1-00058 sulle iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e di persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altre parti del mondo.

6. - Discussione del disegno di legge:
S. 1038 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Approvato dal Senato) (1802).
- Relatori: Stefani, per la III Commissione e Cicu, per la IV Commissione.

7. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, recante misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali (1813-A).
- Relatore: Gibiino.

La seduta termina alle 11,10.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI SAVINO PEZZOTTA, DARIO GINEFRA, ANGELO ZUCCHI E DONATO RENATO MOSELLA IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 1713 E 1714.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, limiterò il mio intervento solo ad alcuni punti della legge finanziaria 2009, altri colleghi del mio gruppo interverranno sulle questioni più generali.
È mia profonda convinzione che la crisi economica che stiamo vivendo, richiederebbe politiche economiche di portataPag. 22straordinaria sul medio e lungo periodo. Sappiamo bene che quanto sta avvenendo e quanto avverrà nei prossimi mesi non sarà privo di conseguenze sul bilancio dello Stato e sulle condizioni di vita delle persone e delle famiglie, in particolare su quelle meno abbienti o che vivono solo di lavoro.
I rischi di recessione non sono più una ipotesi, ma stanno davanti a noi e all'insieme dei paesi europei che vedono le loro economie entrate in uno stato di sofferenza e con una inflazione che si fa fatica a domare e controllare soprattutto per quanto riguarda i prezzi di prima necessità.
Il Governo ha dovuto riconoscere questo stato di difficoltà, tanto da dover rivedere al ribasso le stime dì crescita del prodotto interno lordo per quest'anno e i successivi.
A fronte di tutto ciò, la politica economica messa in campo dal Governo, dalla manovra d'estate venendo alla Finanziaria 2009 ci appare inadeguata ed estremamente debole rispetto alle sfide che il Paese deve affrontare sul terreno della crescita, dell'innovazione, della competitività e del sostegno al reddito delle famiglie e di lavoro.
Sono state messe in campo politiche che non stimolano una reazione del Paese, delle persone e di tutti coloro che dovrebbero imprimere uno slancio e la crescita di fiducia, senza la quale non si contrastano le difficoltà presenti. Anzi le persone vivono in uno stato di incertezza e di insicurezza rispetto al loro futuro. Ci si attendevano politiche redistributive a favore dei meno abbienti anche per stimolare la domanda. Dove è finito Robin Hood? Forse era meglio, come avevo suggerito a suo tempo, affidarsi al brigante bergamasco «Paci Paciana» piuttosto che a quello inglese, che una redistribuzione della ricchezza la faceva davvero. La versione italiana dell'inglese sembra vada in direzione diversa.
Oggi sostenere i redditi da lavoro e quelli famigliari significa non solo venire incontro alle reali esigenze delle persone ma anche sostenere la domanda e pertanto generare uno stimolo per l'insieme delle attività economiche con effetti benefici sulle entrate fiscali e sul bilancio dello Stato. Ma, soprattutto, servirebbe per contrastare la recessione, alimentare quel clima di fiducia essenziale per affrontare le difficoltà che abbiamo e che avremo nei prossimi mesi. Queste problematiche le avevamo già sottolineate al momento della approvazione del decreto n. 112, con il quale si è voluto anticipare parte della manovra economica.
La legge finanziaria che ci viene presentata è un documento eccessivamente debole e che non affronta con il dovuto rigore i problemi di contrasto alla recessione e della crescita.
Cercherò dì motivare il mio giudizio affrontando alcuni aspetti che ritengo essenziali. E partirò dalla famiglia e non lo faccio a caso, ma partendo dal fatto che in Italia una famiglia su quattro è, secondo l'Istat, povera e una su dieci vive sotto la soglia di povertà. Questi dati trovano conferma anche dall'andamento del fondo antiusura per le famiglie di una grande organizzazione di consumatori come l'Adiconsum che ci segnala: in questi anni le richieste di aiuto sono in aumento e crescono le difficoltà di rientro sui prestiti. Il rischio è che nei prossimi mesi invernali possano aumentare le famiglie povere, sia per la crisi economica ma anche e soprattutto per la perdita del lavoro, la messa in Cassa integrazione e per il mancato aumento del reddito reale di pensioni e stipendi, sia per i prezzi che continuano a crescere. Le famiglie italiane, stando a quanto documentano i Bollettini della Banca d'Italia hanno già pagato con i loro risparmi la situazione finanziaria che si è venuta a creare: in un anno i titoli posseduti dalle famiglie italiane hanno perso consistenza per più di 305 miliardi di euro.
Come Unione di Centro riteniamo che le misure messe in finanziaria a sostegno delle famiglie siano insufficienti e ci sembrano dei palliativi. Misure placebo quando ci sarebbe stato bisogno di medicinePag. 23forti e di interventi audaci. Non si favorisce la crescita e la ripresa se non si investe sulla famiglia.
Proprio per questo avanziamo alcune proposte di intervento immediato, in via transitoria da dicembre 2008 e per tutto 2009, a tutto sostegno al reddito famigliare: corresponsione di 100 euro al mese (1200 su base annua) per il primo figlio a carico e 50 euro al mese (600 euro l'anno) per i nuovi figli; La misura dovrebbe intervenire su tutte le famiglie con figli dai zero ai diciotto anni, con redditi lordi complessivi inferiori ai 50.000 euro. La misura dovrebbe essere valida anche per i nuclei monoparentali. Per la presenza di un figlio diversamente abile il contributo andrebbe raddoppiato; introdurre, come è stato promesso in campagna elettorale, a partire dal 2009 il quoziente famigliare; considerare gli interessi passivi sui mutui contratti per l'acquisto della prima casa «deducibili» per l'intero ammontare della base imponibile.
Su queste proposte abbiamo presentato degli emendamenti alla Finanziaria 2009 che speriamo vengano accolti.
La seconda questione che voglio affrontare anche perché si intreccia con la prima è quella del contrasto alla povertà. Anche su questo la finanziaria è fortemente carente.
Da decenni il fenomeno «povertà» è in stallo: povero è ancora oggi il 13 per cento della popolazione italiana, costretto a sopravvivere con meno della metà del reddito medio. Accanto a questi ci sono i «nuovi poveri», persone che sono al di sotto della soglia di povertà . Ricordo che nell'Europa dei quindici, l'Italia presenta una delle percentuali più alte di popolazione a rischio di povertà.
Noi dell'Unione di Centro siamo convinti che sia possibile offrire una risposta ai problemi della povertà senza aumentare la spesa complessiva della protezione sociale, basterebbe un riallocamento di una parte delle risorse oggi destinate alla spesa sociale.
La crisi economica nella quale siamo immersi esigerebbe un piano di contrasto alla povertà, capace di cogliere la multidimensionalità del fenomeno. Ma le questioni urgono, ed in attesa che il «Libro Verde» - di cui non abbiamo ancora compreso come si finanzierà visto che non se ne fa cenno in nessuno dei documenti di politica economica che abbiamo e che stiamo discutendo -, predisposto dal Ministro delle politiche sociali, trovi una sua concretizzazione in una proposta complessiva, riteniamo opportuno che si dia vita ad un Fondo per contrastare la povertà, evitare l'impoverimento e per sostenere i redditi da lavoro che sono al limite.
E colgo l'occasione, visto che sto parlando della povertà, per sottolineare che nel mondo, per effetto della combinazione tra crisi finanziaria, riorganizzazione delle economie, crisi energetica e crisi alimentare, stanno aumentando le persone che non riescono a sfamarsi. Noi non possiamo restare indifferenti e fare finta che questo non stia accadendo. Non possiamo volgere lo sguardo dall'altra parte. Per queste ragioni e visto che il ministro dell'Economia ha più volte posto il problema dell'etica, ebbene io non ritengo etico che in questa fase l'Italia riduca il suo aiuto alla cooperazione internazionale. L'etica è una cosa seria che va usata con attenzione ed è proprio per questo che chiediamo il ripristino delle risorse per la cooperazione e il rispetto degli impegni assunti soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi del millennio. Combattere la fame è possibile e noi non possiamo sottrarci. Basterebbe valutare questi tagli per esprimere un giudizio negativo sul provvedimento che stiamo discutendo, se poi aggiungiamo l'assenza di misure positive in campo sanitario e sociale, i tagli al settore istruzione scuola, università e alle scuole non statali, sul sistema prescolare e sulle scuole dell'infanzia ed elementari parificate, il nostro giudizio critico e negativo non fa altro che essere confermato.
Per ultimo non in ordine di importanza, perché tutto si tiene, un qualche accenno alla situazione economica più generale. Gli indicatori economici ci stanno dicendo che la produzione industriale è in contrazione, come lo sono i consumi e gli investimenti. Se non siamoPag. 24in recessione siamo in una situazione che molto le somiglia. Molte aziende sono in difficoltà ed in particolare quelle medie e piccole, settori come il tessile e l'abbigliamento stanno soffrendo «pene dell'inferno», ma potremmo dire che l'insieme del settore manifatturiero è in tensione. L'occupazione sta avendo delle contrazioni. Parlo a ragion veduta avendo sotto gli occhi i problemi della mia provincia. Se a Bergamo si registrano delle grandi difficoltà, maggiori sono quelle del Mezzogiorno.
Ma anche su questo non vedo grandi proposte nella legge finanziaria 2009.
Noi crediamo che sarebbe opportuno un intervento deciso a sostegno delle imprese e del settore manifatturiero che tengano conto della particolarità della situazione attuale. Sono convinto che servano misure che rafforzino il ruolo dei confidi nell'ampliamento delle capacità di credito e garanzia; detassare gli utili investiti in azienda, introdurre il sistema di liquidazione dell'Iva secondo il principio di cassa. Ma credo (e penso alle piccole aziende) che sarebbe utile oltre che necessario prevedere l'estensione della Cassa integrazione guadagni alle aziende non coperte e attivare percorsi di riqualificazione e reimpiego di lavoratrici e lavoratori anziani che hanno perso il posto di lavoro. Inoltre pensiamo che sarebbe necessaria per le imprese del sud una fiscalità di vantaggio, anche attraverso la trasformazione dei finanziamenti a fondo perduto con il meccanismo del credito d'imposta.
Tante altre questioni potrei sollevare a dimostrazione della debolezza di questa finanziaria rispetto all'emergenza della situazione, ma abbiamo presentato emendamenti specifici che speriamo possano essere accolti, emendamenti che indicano anche la copertura.
Se malauguratamente, come si sussurra da più parti, si dovesse ancora una volta ricorrere al voto di fiducia non potremmo che esprimere un voto contrario.

DARIO GINEFRA. Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il Ministro per i Beni culturali, l'onorevole Sandro Bondi, nella presentazione delle linee programmatiche del suo dicastero presso la VII Commissione della Camera dei Deputati aveva esordito dicendo: «Ho accettato l'incarico di Ministro per i Beni Culturali con la ferma convinzione che il rilancio del nostro Paese debba passare per una nuova stagione della cultura italiana» ed aveva poi aggiunto: «dobbiamo avere l'obiettivo di mantenere le risorse esistenti. Non chiederò un euro in più al Ministro Tremonti. Mi accontenterò che si mantengano le risorse attualmente destinate alla cultura. Al tempo stesso, vorrei chiedere l'approvazione di misure di incentivi fiscali che garantiscano attraverso la partecipazione e il coinvolgimento di privati, i maggiori fondi possibili per la cultura».
Lo stato di previsione del Ministero per i Beni e le attività culturali reca, per l'esercizio 2009, spese in conto competenza per 1.718,6 milioni di euro, di cui 1.377,0 milioni per spese correnti (80,2 per cento) e 332,7 milioni per spese in conto capitale (19,3 per cento). L'incidenza sul totale del bilancio dello Stato è pari allo 0,3 per cento, a fronte dello 0,4 per cento del 2008. Rispetto alla legge di bilancio 2008 si registra un decremento di 318,8 milioni di euro (pari al 15,6 per cento). Con riguardo agli stanziamenti per il 2009 lo stato di previsione in esame sconta le riduzioni delle autorizzazioni di spesa operate con il decreto-legge n. 93 del 2008 (che ha comportato, fra gli altri, la soppressione della dotazione finanziaria del Fondo per il ripristino del paesaggio istituito dalla Legge Finanziaria 2008 pari a 15 milioni per ciascun anno degli anni del triennio 2008-2010 e finalizzata alla demolizione di immobili ed infrastrutture realizzati in aree paesaggistiche nel perimetro dei siti italiani Unesco), nonché quelle previste dall'articolo 60 del decreto-legge n. 112 del 2008 (la cosiddetta manovra 2009/2001), convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008. Occorre ricordare l'impegno che il Governo aveva assunto accogliendo l'ordine del giorno da noi presentato a margine dellaPag. 25discussione e dell'approvazione del decreto-legge n. 93 del 2008 e cioè adoperarsi per reperire le risorse necessarie per rifinanziare il Fondo per il ripristino del paesaggio.
È un paradosso che paesi meno dotati del nostro, dal punto di vista del Patrimonio culturale e paesaggistico, investano in questo settore più dell'Italia. Eppure come noto e come peraltro già ricordato in più di un'occasione dallo stesso Ministro Bondi, gli investimenti nella cultura generano benefici per vari settori della nostra economia, incrementano l'occupazione e il reddito di tante famiglie, migliorano il prestigio dell'Italia agli occhi del mondo.
Come se non bastasse anche in materia di spettacolo assistiamo ad un drastico taglio del FUS pari a circa 200 milioni di euro. Sappiamo che questo comporterà la riduzione del contributo ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, e la limitazione della promozione e del sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e di rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero. Anche in questo caso è stato disatteso l'impegno sollecitato dal Partito Democratico con un ordine del giorno che il Governo aveva fatto proprio in sede di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008 di mantenere invariata la dotazione del FUS rispetto alla finanziaria 2008.
Potremmo proseguire nella elencazione dei tanti tagli apportati ad ogni singola voce della missione in esame, ma credo che i numeri già ricordati siano di per sé sufficienti a far emergere l'incongruenza tra quanto promesso dal Ministro Bondi e quanto stanziato effettivamente dalla legge finanziaria, da quest'anno definibile come Legge Tremonti, in favore della Cultura italiana. Siamo quindi alla riedizione di quanto già praticato con le drammatiche scelte che hanno investito il mondo della scuola e della formazione. Basterebbe cogliere le preoccupate riflessioni del professore Salvatore Settis, presidente nazionale dei Beni culturali, per rendersi conto che dopo appena sei mesi di Governo della destra potremmo affermare che il commissariamento Tremonti anche del Ministero dei Beni Culturali rischia di trasformarsi in una sorta di liquidazione di uno dei settori caratterizzanti l'identità nazionale, nonché uno dei motori della nostra economia: l'industria turistica genera il 10,5 per cento del prodotto interno lordo e impiega 1'11,5 per cento della forza lavoro italiana. Tutto ciò lo si ha per le attrattive del nostro territorio, della nostra cultura e per il fascino di cui gode lo stile italiano nel mondo. Ministro Bondi cosa ne è stato delle sue linee programmatiche illustrate cinque mesi or sono alla Camera? Ho provato a cercare traccia delle stesse nella legge finanziaria in esame. Ho fatto davvero fatica a scorgere una sia pur minima impronta delle sue buone intenzioni.
Questo disegno di legge a me appare la prosecuzione di un cinico disegno di polverizzazione del nostro paese, della sua storia, della sua cultura. Un disegno di legge che qualche collega avrebbe persino tentato di peggiorare introducendo ipotesi di emendamento che come nel caso del cosiddetto «archeo-condono» non solo delegittimerebbero in modo irreparabile il ministero e i suoi funzionari, e dunque anche il ministro, ma offenderebbero la secolare storia della tutela in Italia e violerebbero la Costituzione.
Ho una sensazione, una brutta sensazione. Ci avete tenuto per settimane intere a discutere di federalismo, ma nel frattempo colpivate, a botte di decreti d'urgenza con annessi voti di fiducia, la coesione culturale, sociale ed economica del nostro Paese. Una sorta di secessione strisciante che si è consumata, che si consuma, giorno dopo giorno, con grande soddisfazione di una parte della vostra coalizione, quella più vicina al «ministro unico», e nell'indifferenza di coloro i quali sino a qualche mese fa si fregiavano di essere il baluardo del tricolore e della nostra Patria. Una secessione strisciante che si afferma attraverso la distruzione di quelli che sono i capisaldi dello Stato aPag. 26partire dall'identità culturale da molti dei vostri interpretata come vera e propria zavorra.
Con questa finanziaria e con i provvedimenti già adottati in estate avete colpito e continuate a colpire con la scure settori vitali per ogni paese civile. È così che in nome della razionalizzazione della spesa pubblica demolite tutto ciò che ritenete ostacolo al vostro disegno. Trasformate in oneri insopportabili la cultura, la tutela del paesaggio, la scuola e l'università pubblica, il sistema delle autonomie locali, il welfare, la nostra ultramillenaria civiltà giuridica.
Tutto ciò avviene mentre dall'altra parte del mondo, in queste ore, assistiamo a quella che definirei una vittoria della politica prima ancora che di un singolo uomo. La politica incarnata da un afroamericano di quarantasette anni, né giovane né abbronzato, Presidente Berlusconi, che ci auguriamo possa invertire non solo il corso della storia degli Stati Uniti d'America, ma anche quella dell'intero pianeta svegliando da un pericoloso letargo quella che con una espressione infelice definivamo sino a qualche tempo fa la culla della civiltà ovvero la nostra cara Europa.
Molti in queste ore si professano sostenitori di Obama. Tra questi anche tanti rappresentanti della destra. Inviterei questi colleghi a rileggere con attenzione le politiche proposte dal neo inquilino della Casa Bianca provando a confrontarle con le misure che ci propone il vostro Governo con la finanziaria 2008. Delle due l'una: o mentite sapendo di mentire o siete così accecati dalla vittoria del 14 aprile che non vi rendete fino in fondo conto dei provvedimenti che state sostenendo con una accondiscendenza disarmante che, talvolta, vi viene stimolata dalle famose circolari delle quali si è tanto discusso nelle scorse ore e anche in queste ore in Aula.
L'affermazione netta di Barack Obama alle elezioni presidenziali statunitensi si fonda su un progetto politico che investe sul futuro chiedendo agli statunitensi di cambiare, tutti insieme, senza differenza di etnia, senza classi differenziate per intenderci, ma nell'affermazione di un progetto di integrazione che trova la sua massima evidenza nella biografia del nuovo Presidente. Un progetto di società inclusiva che non dimentica i meno fortunati. Un forte investimento sulla formazione e sulla scolarizzazione del Paese, la rifondazione di un sistema sanitario nazionale, un nuovo welfare. Una politica economica davvero redistributiva che si preoccupa di abbassare la tassazione per le classi medio-basse sia per far fronte ai problemi di sopravvivenza di milioni di cittadini che per rilanciare i consumi, una delle poche ricette per far fronte alla grande crisi economica e finanziaria che appare come la più spietata dopo quella del 1929. È l'idea di un popolo che fugge da otto anni di politiche ispirate ad un modello di società chiusa. Un popolo che sceglie di uscire dall'isolamento, dall'arroccamento, per far fronte ai problemi legati allo sviluppo disomogeneo del Paese. Dalla paura alla speranza si è più volte detto.
Proprio così! Uscire dalla gabbia di una società ripiegata su se stessa e sui suoi tanti egoismi. Il passaggio ad un modello economico attento e rispettoso dell'ambiente che propone un programma di sviluppo sostenibile ed un massiccio investimento sulle energie alternative e riconvertibili. Il rilancio di una politica estera multipolare in luogo della pura e semplice politica militare rivelatasi peraltro inefficace a risolvere sia il problema della crisi medio-orientale che quello del terrorismo internazionale. Fiducia nel futuro, speranza, in luogo dalla paura. Nel suo ultimo discorso a Chicago Obama ha detto: «In questo paese, nasciamo e moriamo come una nazione, un popolo. Non cediamo alla tentazione di ricadere nella faziosità, nella chiusura mentale e nell'immaturità che ha avvelenato la nostra politica così a lungo. Ricordiamoci che è stato un uomo originario di questo Stato a portare per primo lo stendardo del Partito Repubblicano alla Casa Bianca, un partito fondato sui valori dell'autostima, della libertà individuale e dell'unità nazionale.Pag. 27
Quei valori sono valori che tutti noi condividiamo. E mentre il Partito Democratico vince un'importante elezione stanotte, noi lo facciamo con una dose di umiltà e determinazione per sanare le divisioni che hanno ostacolato il nostro progresso.
Come disse Lincoln di fronte ad una nazione ben più lacerata della nostra, »noi non siamo nemici ma amici. Anche se le nostre passioni possono averci infiammato, non devono rompersi i nostri legami di affetto«. Queste parole appaiono anni luce distanti dalla politica machista che state perpetuando sin dall'inizio della legislatura e che temo, nonostante le apprezzate parole del Presidente Fini nella seduta di ieri, ci porterà anche in questa occasione al voto di fiducia.

ANGELO ZUCCHI. Presidente, colleghi, questa finanziaria, che ha visto di fatto l'avvio con l'anticipazione del decreto n. 112 di luglio, contiene una manovra economica che noi consideriamo inadeguata per la grave situazione economica che il paese deve affrontare.
Inadeguata perché non affronta come priorità anzi direi non affronta proprio, il tema di come di fronte ad una crisi dell'economia reale che colpisce tante famiglie, tanti pensionati, tanti lavoratori a reddito fisso ma anche tante imprese medio piccole, non affronta il tema di come ci si debba occupare di loro.
Non è quindi all'altezza dei problemi del Paese, non ne affronta le vere priorità, la crescita zero - anzi la recessione - e la perdita di potere d'acquisto dei redditi di lavoro e pensione. Ci si dice che lo sforzo per rimettere in sesto i conti pubblici, non consente per il momento altri interventi, eppure per chi come noi ha abbastanza memoria, risorse per un ulteriore taglio dell'ICI dopo la già avvenuta riduzione della stessa per opera del precedente governo, sono state trovate, e risorse per ripianare il debito Alitalia, anch'esse sono state trovate, o si troveranno.
Certo è che in un momento in cui si devono compiere scelte di priorità, perché le risorse sono poche e vanno spese al meglio, il Governo decide di sostenere chi non ne ha impellente bisogno, sostiene i ceti meno deboli della società e rinvia a data da destinarsi qualsiasi intervento per chi è davvero in difficoltà.
Non solo ma contemporaneamente attua una serie di tagli di spesa con un approccio meramente quantitativo, senza cioè un vero e proprio disegno di razionalizzazione e di eliminazione di sprechi, colpisce alla cieca senza preoccuparsi né di ridurre veramente gli sprechi, né di accompagnare questi tagli con progetti di vera riforma e razionalizzazione della spesa della quale il paese pur avrebbe bisogno.
Producendo così l'effetto non già di migliorarne la qualità, non già di favorire risparmi virtuosi, ma bensì di mettere in crisi anche settori dove alcune spese non sono né sopprimibili tout court né rinunciabili senza adeguati processi di cambiamento.
È il caso, e vengo alle questioni che mi riguardano più da vicino, dell'agricoltura.
Noi che ci occupiamo di agricoltura per la verità stiamo cercando le sue tracce dall'approvazione dello scorso DPEF, quando del tema dell'agricoltura, della pesca e del settore agroalimentare non venivano preannunciati interventi né tanto meno previsti stanziamenti.
Stessa sorte praticamente nel decreto n. 112, dove non sono state previste specifiche misure per il settore anzi per la verità sono stati previsti ingenti tagli alle missioni di spesa del ministero.
I tagli hanno quindi guidato la filosofia ispiratrice delle politiche agroalimentari di questo Governo.
Non è un caso che il Ministero delle politiche agricole ha visto ridotti i propri stanziamenti del 25 per cento.
E anche se voglio riconoscere al Governo, perché me lo impone la mia onestà intellettuale, che l'articolo 2 di questo provvedimento contiene alcune misure sulle quali concordiamo e che noi prima di altri abbiamo più volte sollecitato, mi riferisco alla stabilizzazione dell'IRAP agevolata all'1,9 per cento, alla proroga di alcune agevolazioni fiscali per la proprietàPag. 28contadina o ancora all'agevolazione sulle accise per il gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, tuttavia non posso non riscontrare come questi provvedimenti, pur importanti, siano insufficienti.
Il rafforzamento del sistema agroalimentare ha importanza strategica per lo sviluppo equilibrato di un paese come l'Italia.
Questo settore ha infatti confermato negli ultimi anni il ruolo propulsivo per lo sviluppo socio-economico del Paese e dei territori rurali.
Questo settore merita ed ha bisogno di più.
Ma in questi mesi abbiamo purtroppo dovuto constatare l'assenza di una strategia politica sul settore agroalimentare e della pesca.
Non abbiamo visto e non vediamo neanche oggi interventi per lo sviluppo del comparto né per il suo reale sostegno.
I provvedimenti che mancano, e che sono stati richiesti all'unanimità dalla Commissione agricoltura, dimostrano che c'è anche nelle forze di maggioranza la consapevolezza dell'insufficienza delle politiche messe in campo.
Mi riferisco in special modo al fondo di solidarietà nazionale che non è stato più rifinanziato.
Mancano all'appello circa duecentoventi milioni di euro per finanziare questo fondo, necessario anzi indispensabile per dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura e potenziare il ruolo delle polizze assicurative.
Voglio ricordare che questa legge, che non viene più rifinanziata, viene considerata una delle più avanzate in ambito europeo, aiuta il settore in un momento di particolare fragilità esposto com'è esposto ai mutamenti climatici.
Ed ancora consentitemi di chiedere quale sia la ragione per la quale di fronte alle gravi situazioni prospettate per via dei mutamenti climatici, invece di attrezzarsi ad una migliore e più efficiente gestione delle risorse idriche, si tagliano le risorse destinate al piano irriguo del 20 per cento.
Abbiamo bisogno di un vero piano di invasi, di investire in infrastrutture e invece si va ed è il caso di dirlo controcorrente e si tagliano gli investimenti.
O ancora per un settore che deve essere sostenuto soprattutto in questo periodo di crisi dell'economia reale che avanza inesorabile, voi proponete di tagliare o meglio di non prorogare le agevolazioni contributive per il settore agricolo nelle aree sottoutilizzate.
Rischiano questi di esser colpi mortali per tutto il settore.
Per queste ragioni siamo fortemente contrari al provvedimento che ci proponete. Perché non vediamo nessun disegno di prospettiva, nessuna politica di vero sostegno per superare la criticità attuale.
Vediamo solo piccoli interventi, rincorsa continua ai tanti problemi che si aprono, per dirla con il Ministro dell'agricoltura, una attività di pronto soccorso.
Ecco, appunto, di pronto soccorso, che mette cerotti qua e là, ma che è lontano da una diagnosi credibile ed è ancora più lontano da una ipotesi di cura.
Lasciatemelo dire, eravamo abituati a ben altro, a ben altre misure. Ad un disegno prospettico che individuava strategie, priorità, misure di intervento. Qui siamo ai tagli e con buona pace del nostro Ministro a nient'altro.

DONATO RENATO MOSELLA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, esaminiamo oggi i documenti di bilancio per il 2009, l'angolatura dalla quale li abbiamo esaminati è quella sociale. Si tratta prevalentemente di numeri e tabelle, ma non possiamo fingere che non esista un'intima relazione tra essi e la responsabilità etica della politica e delle istituzioni, che impone di operare per il bene comune e per la crescita della giustizia sociale.
Dietro i numeri c'è il Paese, c'è una società in cui - come attestato da Caritas e ISTAT - aumentano le distanze tra i «primi« e gli «ultimi», crescono le fasce di povertà, si diffondono condizioni di vita che respingono i bisogni primari dell'essere umano e offendono la sua dignità.Pag. 29
Dovremmo ricordare che il benessere e la civiltà di un Paese non si misurano dal reddito medio dei suoi cittadini, ma dal livello di qualità della vita che si riesce ad assicurare ai meno fortunati.
Oggi l'Italia è un Paese dove vi sono oltre 15 milioni di persone povere, ad altissimo rischio di marginalità, che vivono con 600 euro al mese. Dove aumenta il divario tra le aree ricche del Nord e quelle arretrate e depresse del Sud. Dove è quotidiano il fenomeno del «turismo sanitario» dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord alla ricerca del miglior ospedale in cui essere operato o nel quale eseguire un esame di alta diagnostica.
Se il necessario senso di responsabilità ci impone di prendere atto di una situazione difficile, che richiede una riduzione delle spese dello Stato, altrettanto senso di responsabilità ci dice che non possiamo far gravare sui ceti già di per sé più deboli gli effetti delle ristrettezze del bilancio statale e le negative contingenze finanziarie internazionali.
Entriamo nel merito di alcune delle scelte fatte dal Governo.
Sui capitoli della sanità la voce «tutela della salute» subisce una riduzione del 15 per cento.
Mentre le risorse che dovrebbero sostenere il futuro del nostro Paese, quelle relative alla «ricerca e innovazione», vengono tagliate del 13 per cento.
È difficile arginare il fenomeno dei «cervelli in fuga» o alimentare l'alta ricerca biomedica e sui tessuti - che può salvare la vita di tante persone - quando le risorse da destinare alle attività di studio vengono falcidiate.
Difficile non andare con il pensiero all'impegno del Governo Prodi che, a dispetto delle ristrettezze di bilancio, aveva stanziato fondi per la ricerca sanitaria da destinare ai giovani talenti under 40 e da assegnare secondo i criteri di trasparenza riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale.
I tagli incidono anche sulla programmazione sanitaria dei livelli essenziali di assistenza e sui fondi destinati all'edilizia sanitaria.
Anche nel metodo c'è da preoccuparsi. Siamo l'unico paese occidentale a non avere un Ministero della Salute e quando il Governo ha parlato dì sanità lo ha fatto tramite proclami che, nella migliore delle ipotesi, avrebbero richiesto una maggiore cautela.
Mi riferisco, per esempio, ai recenti annunci sulla privatizzazione della sanità in alcune regioni, con il rischio di aumentare il gap esistente tra le diverse realtà, piuttosto che arginarlo.
Con fermezza e chiarezza vogliamo dire al Governo che la salute è un bene non negoziabile. Ben vengano le riforme per eliminare gli sprechi e aumentare gli standard delle cure. Ma attenzione: la sanità in Italia è un bene pubblico, universalistico e solidaristico, e tale deve rimanere.
Sulle questioni sociali, se possibile, le nostre perplessità sono ancora maggiori.
Le risorse del Fondo per le politiche sociali sono tagliate del 17 per cento; e sono tagliati gli stanziamenti per le politiche di sostegno alla famiglia, sulla immigrazione e per le politiche antidroga. Con queste premesse sarà arduo parlare di inclusione sociale, di integrazione tra i popoli o di modi per affrontare il disagio giovanile!
C'è, e la cronaca lo evidenzia quasi quotidianamente, una situazione di forte emergenza educativa giovanile, eppure si sono tagliati fondi, oltre che alla scuola, anche allo sport, che resta uno dei pochi strumenti disponibili per costruire aggregazione giovanile e proporre educazione.
Gli indicatori della crisi dell'impianto sociale nel nostro Paese sono molti e diffusi: oggi chiede aiuto alle associazioni solidaristiche chi un anno fa riusciva a fare da solo, in particolare coppie con un lavoro, madri separate, anziani. Il problema per le famiglie non è arrivare alla quarta settimana, ma sopravvivere indenni alla terza: La precarietà giovanile rischia di diventare patologica.
A dispetto degli aumenti dei costi dell'energia e della pasta, l'ultimo DPEF ha pensato bene di fissare l'inflazione programmata alla metà rispetto a quellaPag. 30reale, fatto che in prospettiva produrrà ulteriori effetti negativi sul potere di acquisto dei cittadini.
In questo scenario allarmante il Governo taglia risorse e propone misure paternalistiche e di facciata. Siamo tra gli ultimi paesi industrializzati a non avere un piano serio ed organico contro le povertà.
Il pensiero corre alla social card in favore delle persone meno abbienti. Per una nazione che voglia dirsi evoluta, tanto più che siede al tavolo del «G8», ragionare di correttivi in termini di una «carta dei poveri» non è varare una politica sociale ma semplicemente concedere un'elemosina.
È qualcosa di umiliante: non tanto per chi, spinto dal bisogno, l'elemosina è costretto ad accettarla, quanto per chi, in questo modo, ritiene di mettersi a posto la coscienza.
È umiliante per l'immagine dell'Italia, che con questa misura proclama che la sua bussola è tarata sull'egoismo sociale piuttosto che sul senso di solidarietà, cosa che la allontana dall'essere un paese moderno.
Tra l'altro, ancora non sappiamo bene quali soldi il Governo trasferirà al Fondo che dovrebbe alimentare la carta. Per di più il Consiglio di Stato - è notizia recente - ha bocciato il regolamento sui «conti dormienti» che dovevano contribuire ad alimentare il Fondo. Ed anche i Comuni, che delle condizioni di marginalità sono i diretti testimoni, si rammaricano per la mancanza di un raccordo in merito all'attuazione della misura che pure li riguarda.
Mi chiedo che fine abbia fatto l'impegno assunto lo scorso luglio dal Governo (ordine del giorno Mosella e altri, accolto in Aula il 23 luglio 2007) di adoperarsi per elaborare politiche organiche ed integrate di sostegno per i giovani e le famiglie, tanto italiane quanto migranti.
L'indagine conoscitiva sulla famiglia, varata la scorsa legislatura dalla Commissione affari sociali della Camera, segnalava l'esigenza di «evitare interventi sporadici» e di procedere «a politiche integrate e coordinate, capaci di modificare la condizione e la sostenibilità della famiglia». Questa dovrebbe essere la cifra dell'impegno del Governo e del Parlamento nel corrispondere alle esigenze e alle aspettative della gente comune.
L'impianto delle tutele sociali nel nostro Paese, anche sotto la pressione della crisi economica, è ad un passo dal crollo.
Chiediamo al Governo di promuovere e di convocare gli stati generali sulle questioni sociali: è necessario riunire intorno ad un tavolo Esecutivo, forze sindacali e sociali ed associazioni di volontariato per individuare le priorità da affrontare e per tracciare un programma strutturato di interventi di welfare nel nostro Paese.