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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 80 di giovedì 6 novembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 10,10.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bongiorno, Brancher, Brugger, Buttiglione, Cicchitto, Cosentino, Cossiga, Cota, Donadi, Gregorio Fontana, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Lucà, Melchiorre, Migliavacca, Mura, Romani, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Urso, Vegas e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,13).

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo per segnalare alla sua attenzione una questione che, a mio modo di vedere, è di straordinaria gravità. Ieri sera i lavori della Commissione bilancio hanno visto l'abbandono da parte dei parlamentari dell'opposizione per la sostanziale impossibilità di avere un confronto vero su quella che è universalmente considerata la legge più importante che il Parlamento è chiamato ad approvare: la legge finanziaria.
Ieri c'è stata un'atmosfera vagamente beckettiana, da teatro dell'assurdo, in Commissione bilancio: si è assistito ad un ritiro di tutti gli emendamenti, compresi quelli del relatore, si è arrivati al paradosso che l'unico emendamento del relatore che è stato messo in votazione è stato bocciato dalla maggioranza.
Ci troviamo di fronte ad una nuova dimensione materiale della Costituzione che questo Governo, passo dopo passo, sta realizzando. Si badi bene: sto parlando del Governo, non della maggioranza, perché qui abbiamo un protagonista assoluto in negativo che è il Governo, il quale si è incaricato di riscrivere la Sezione II del Titolo I della Parte seconda della Costituzione, relativa alla formazione delle leggi. Non è solo perché il Presidente Berlusconi, ormai, quando parla di attività legislativa, conosce un'unica parola: decretazione, decreto-legge, stralciando completamente tutte le altre ipotesi, soprattutto quelle costituzionalmente corrette, che la nostra Costituzione ha affidato al Parlamento; ma il problema vero è che con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, voi avete detto, a parole, di voler innovare il meccanismo delle decisioni sulla legge finanziaria in questo Paese evitando impicci, imbarazzi e garantendo maggiore efficacia alla manovra del Governo, ma avete costruito un mostro.Pag. 2
Che cosa sta a significare se su 82 articoli della legge finanziaria approvata per decreto-legge a luglio ben 31 sono stati impugnati dalle regioni? Sta a significare che avremo un contenzioso davanti alla Corte costituzionale infinito. Che senso ha voler fare tutto in nove minuti? Da questo punto di vista il Ministro dell'economia commissaria il Governo e la prova provata è l'imbarazzo del Ministro Gelmini, per citare uno solo tra i molti casi che potrebbero essere citati, che è stata costretta a inventarsi riforme per dare garanzia di copertura di quei tagli che il Ministro dell'economia aveva fatto. Ma davvero voi pensate che questa sia maggiore efficienza, maggiore capacità di Governo?
Siamo arrivati poi a svelare il maxi-imbroglio che si nasconde dietro il decreto-legge n. 112: già il DPEF approvato dopo tale provvedimento aveva perso qualsiasi significato ed è stato trasformato in una pantomima, ma vi pare una cosa sensata che tutti i decreti-legge che presentate quasi settimanalmente contengono norme di correzione del decreto-legge n. 112? La fretta che vi ha portato a fare quell'operazione blasfema dal punto di vista costituzionale si riproduce con i suoi effetti negativi nell'attività normativa, settimana dopo settimana. Almeno si trattasse di una legge finanziaria che dispiega effetti positivi per l'economia di questo Paese, per le famiglie, per il lavoro e per le imprese: no, nulla di tutto questo.
Da giugno ad oggi il mondo è cambiato - in questo caso il Presidente Obama non c'entra - perché c'è stata una crisi finanziaria di dimensioni mondiali, abbiamo assistito ad una recessione mondiale di dimensioni non prevedibili per la gravità con cui si sta manifestando.
Noi rispetto a tutto ciò siamo perfettamente fermi, e il Governo non fa altro che restare fermo sulle sue posizioni di giugno, ignorando completamente quale sia la realtà vera del Paese.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. Concludo, signor Presidente. Prova ne sia che il nostro emendamento, presentato in Commissione, in cui si prevede che tutti i saldi positivi possono essere messi a disposizione di redditi e pensioni, ha creato un forte imbarazzo al vostro interno. Si tratta dello stesso imbarazzo che vi è stato quando su sette votazioni quattro sono finite in pareggio.
Che cosa ci sapete dire e che cosa ci volete dire sulle questioni della scuola paritaria, degli ammortizzatori sociali e del patto di stabilità, che rappresentano all'interno della vostra maggioranza un imbarazzo politico evidente?

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. Ho concluso. Lei, Presidente, ha scritto qualche settimana fa una lettera molto interessante in cui spiegava che la modernità del nostro Paese si dispiega attraverso il continuum Governo-maggioranza e che la nuova funzione del Parlamento deve seguire questo tracciato. Ma dov'è la maggioranza? Qui non c'è nessun continuum, ma solo il Governo che ha commissariato sia la I Commissione, sia la maggioranza e che sta espropriando il Parlamento! Così non può andare e così non possiamo andare avanti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Unione di Centro).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, credo veramente che ciò cui abbiamo assistito in Commissione bilancio in questi due giorni rappresenti qualcosa di realmente deplorevole. Noi dell'IdV da tanto tempo diciamo che siamo di fronte ad una dittatura, più o meno dolce ma sicuramente strisciante, che sta spostandosi dal Governo all'interno di questo Parlamento, dove di fatto viene preclusa non solo la possibilità di intervenire, diPag. 3incidere, di suggerire e di fare proposte, ma perfino la possibilità di discutere delle proposte.
Credo che di fronte a quello che è avvenuto ieri - e mi rifaccio, Signor Presidente, al resoconto della Commissione - siamo arrivati al paradosso. Ieri sera il relatore, onorevole Giudice, ha depositato una nuova formulazione del suo emendamento 2.577, lo ha spiegato e nel momento stesso in cui spiegava la riformulazione lo ha ritirato!
Di fronte a una scelta così paradossale - qualcuno ha parlato di farsa e qualcuno ha evocato Scherzi a parte - credo che il Parlamento e la Commissione bilancio siano stati un luogo in cui si è consumata una situazione non dignitosa nei confronti tutti i membri di questo Parlamento e nei confronti anche di coloro che rappresentano la maggioranza, i quali sono stati impossibilitati essi stessi ad intervenire, e palesemente avevano bisogno di intervenire. Vi è stata, infatti, soltanto una richiesta di lasciare esattamente il provvedimento così come era, restando insensibili ai problemi di tanti italiani e di tante famiglie. L'ISTAT ci ha detto che sono 7 milioni e mezzo i poveri in Italia e 2 milioni e mezzo le famiglie al limite della povertà relativa, 30 mila famiglie in più rispetto ad un anno prima.
Di fronte a ciò in questo Parlamento e in Commissione non si è potuto neppure discutere della legge più importante, ovvero la legge finanziaria. Quando abbiamo presentato le nostre proposte, che non impegnavano neppure dei quattrini, ma semplicemente recavano degli indirizzi in prospettiva, neppure sono state considerate.
Ieri il Presidente di turno diceva che in quest'Aula sarebbe meglio non usare la parola indecenza.
Credo che, di fronte a quanto è avvenuto, la parola indecenza sia poco. Non vorrei che lunedì o la settimana prossima il Governo ponga la questione di fiducia: questo vorrebbe dire che in Commissione e in Aula non sarà stata discussa la principale legge, quella di indirizzo per tutto il 2009. Signor Presidente, ciò significherebbe che siamo di fronte ad un vero e proprio attentato alla nostra Costituzione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,22).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

GIAN LUCA GALLETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, intervengo sugli eventi di ieri sera in Commissione bilancio. Rimango davvero stupito come ormai questi episodi che denunciamo in Aula diventino sempre più rituali. Eppure, stiamo parlando di argomenti molto importanti, stiamo parlando, per intenderci, dell'equilibrio dei rapporti istituzionali. Vi ricordo che i poteri della Commissione bilancio sono contemplati e disciplinati dalla Costituzione della nostra Repubblica e che, in questo caso, la Commissione bilancio non è stata messa in grado di svolgere il proprio ruolo previsto dalla Costituzione stessa.
Vi racconto molto brevemente la storia. Questa legge finanziaria è stata formulata prima della crisi mondiale economica dei mercati finanziari: non può essere una legge finanziaria attuale e valida oggi. Eppure, in quest'Aula voteremo sullo stesso testo che è stato approvato all'inizio di settembre dal Consiglio dei ministri. La Commissione non è stata messa nelle condizioni di potere apportare una sola modifica. Vi sembra possibile che quel testo non abbia bisogno di alcune modifiche o che la Commissione bilancio non abbia lePag. 4competenze per potere apportare le giuste modifiche a quella legge? Io penso di no: ritengo che vi sia stata un'operazione scientifica, da parte del Governo e della maggioranza, per escludere l'opposizione da un dibattito serio su quella legge. Ripeto: questo è estremamente grave, perché riguarda i rapporti istituzionali fra Commissione e Aula, ma anche fra opposizione e Governo.
Signor Presidente, ritengo che sia necessario un intervento serio e profondo da parte sua. Le chiedo di far valutare ai suoi uffici quante volte, nella storia di questa Repubblica, è capitato che la legge finanziaria sia giunta in Assemblea nello stesso testo approvato dal Consiglio dei ministri. Io non ho una grande esperienza parlamentare, ma penso che non sia mai capitato, oppure che sia capitato molto di rado. Ripeto: non siamo stati messi nelle condizioni di poter discutere assolutamente nulla.
Anzi, signor Presidente, voglio denunciare un fatto che reputo grave. Usando una parola forte, l'opposizione è stata ricattata dal relatore in Commissione, quando si è detto che, se la Commissione non avesse modificato il testo, il Governo forse non avrebbe posto la questione di fiducia in Aula. Io non accetto questo modo di fare: la fiducia ha un altro valore, che non è quello di non far discutere la Commissione. Se è così, ditecelo e non convochiamo più le Commissioni: arriviamo direttamente in Aula, con l'impegno del Governo a tenere in Aula la discussione che, invece, dovrebbe svolgersi in Commissione.
Le chiedo, davvero, di non interpretare queste nostre denunce all'inizio della seduta di oggi come un semplice rituale: se così facesse, signor Presidente, quest'Aula non sarebbe più un Parlamento, ma sarebbe sempre più la caricatura di un Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, intervengo per preannunciare un ricorso alla Presidenza della Camera. Espongo i fatti: ieri, in Commissione bilancio, dopo un lungo dibattito, è stato posto in votazione l'emendamento Milo 2.513 (anzi, preciso: si sono svolte due votazioni, una per alzata di mano e una per appello nominale, perché durante il dibattito c'era un po' di confusione ed era anche difficile gestire la votazione). Ebbene, il risultato della votazione è stato di ventuno a favore e ventuno contro e l'emendamento è stato dichiarato respinto.
Nella stessa seduta di ieri, alle ore 21,50, il presidente della Commissione bilancio, Giancarlo Giorgetti, avverte che, anche ai fini della ripresentazione degli emendamenti in Assemblea, l'emendamento Milo 2.513, messo in votazione e respinto nella stessa seduta, deve in realtà ritenersi, ad una più attenta valutazione, inammissibile. Poi, spiega anche le ragioni. Credo che nella storia di questa assise non si sia mai registrata una situazione di questo genere. Riteniamo che il fatto sia estremamente grave.
Signor Presidente, ci appelliamo a lei, perché rivendichiamo il diritto di poter discutere e sottoporre quell'emendamento all'attenzione e alla valutazione dell'Assemblea. Non vorrei che dietro questo tecnicismo ci fosse un risvolto squisitamente politico. Quindi, oggi il Movimento per l'Autonomia, a firma ovviamente del presentatore, onorevole Milo, presenterà un ricorso urgente alla Presidenza della Camera (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ANGELO COMPAGNON. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, gli interventi che abbiamo ascoltatoPag. 5hanno dimostrato ed evidenziato la difficoltà di confrontarsi e di poter discutere sui testi che vengono proposti dal Governo. Il mio intervento va appunto in questo senso, per sottolineare il fatto che in quest'Aula, oltre alle interpellanze urgenti e al question time, non si riesce a discutere di argomenti contenuti in interpellanze e interrogazioni ordinarie. Pertanto, per affrontare alcuni problemi con il Governo, le interrogazioni vengono presentate in Commissione. Già la scorsa settimana, ho avuto modo di evidenziare come, pur conoscendo le difficoltà dell'Aula, non si riesca a discutere o ad avere risposta dal Governo nemmeno in Commissione. Oggi voglio ribadire che, a fronte di temi delicati come la sicurezza, i CPT o il costo della vita, nella fattispecie il costo alla pompa della benzina, che sono argomenti contenuti in interrogazioni che ho presentato in Commissione, non riusciamo in nessun modo ad avere una risposta dal Governo.
Allora, anche alla luce di quanto ho ascoltato qui oggi, che evidenzia, come dicevo prima, la difficoltà di questo Parlamento ad affrontare, con molta serenità ed equilibrio, questi argomenti, mi rivolgo a lei, signor Presidente, affinché faccia le dovute pressioni o i dovuti passi nei confronti del Governo, almeno perché mandi qualcuno nelle Commissioni, che, di fronte alle preoccupazioni che ogni parlamentare può avere sui singoli problemi, possa rispondere e permetterci, quanto meno, di essere a conoscenza di quale sia la posizione del Governo su determinati argomenti.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo per precisare e raccontare all'Assemblea i fatti, in relazione a ciò che è successo in Commissione bilancio. Credo di farlo con obiettività, imparzialità e terzietà. La Commissione bilancio, ieri sera, ha concluso l'esame in sede referente dei disegni di legge finanziaria e di bilancio e lo ho fatto esaminando e votando una parte degli emendamenti presentati dalla maggioranza e dall'opposizione. Non li ha esaminati tutti, e questa non è una novità. La novità, se vogliamo, che è stata in qualche modo richiamata e ribadita dai colleghi dell'opposizione, è che nessun emendamento sia stato approvato, cioè all'Assemblea arriva un testo del disegno di legge finanziaria esattamente identico a quello presentato dal Governo al Parlamento. Vorrei subito sottolineare un aspetto: non c'è stata limitazione nella discussione, perché abbiamo discusso e anche votato, tant'è vero che in alcuni casi si è registrata una situazione oggettivamente anomala.
In quattro occasioni, gli emendamenti della maggioranza o dell'opposizione hanno registrato un voto di parità, senza che i suddetti potessero essere alla fine considerati come approvati.
La novità vera, signor Presidente e onorevoli colleghi, è che la maggioranza non ha sopraffatto l'opposizione - e lo avrebbe potuto fare anche nella circostanza, non nuova, in cui l'opposizione abbandona i lavori della Commissione bilancio, cosa che si è verificata spesso negli anni precedenti - perché ha rinunciato a votare anche gli emendamenti presentati dal relatore.
Perché l'ha fatto, onorevoli colleghi e soprattutto colleghi dell'opposizione? Lo ha fatto con una consapevolezza, che vorrei sottolineare rispetto alla novità di questa sessione di bilancio. Lo voglio sottolineare al Parlamento, ma soprattutto al Governo: in questa occasione - il Governo ha proposto e il Parlamento ha deliberato - abbiamo deciso di sperimentare una nuova forma di esame dei documenti di bilancio e della legge finanziaria.
Abbiamo deciso che nella legge finanziaria non vi sono provvedimenti, diciamo così, non riconducibili in senso stretto alla dimensione dei saldi e agli effetti finanziari. Per questo motivo - lo sa bene il Presidente e vorrei rispondere in questo senso anche all'onorevole Commercio - abbiamo adottato rigorosissimi criteri diPag. 6ammissibilità degli emendamenti, tanto è vero che gli emendamenti presentati sono in numero notevolmente ridotto rispetto al passato.
In questo, credo che il Parlamento abbia assolutamente seguito un percorso lineare e serio nei rapporti con il Governo rispetto all'interpretazione che deve essere data alla nuova sessione di bilancio e finanziaria.
La Commissione bilancio, con questo approccio, ha cercato di esaminare i problemi posti dai colleghi con i loro emendamenti. In qualche caso si è fatto qualche passo in avanti, in qualche altro caso, per motivi di ordine tecnico e di valutazione - mi riferisco in particolare alla problematica del patto di stabilità degli enti locali - non c'erano gli elementi tecnici sufficienti per la rielaborazione degli effetti finanziari della norma proposta, che si intendeva in senso migliorativo, ma su cui poi, nell'ambito della discussione in Commissione, di fatto, si è capito che non poteva non essere così.
Alla fine, noi della maggioranza abbiamo convenuto, e io ho concordato con questa linea di pensiero, che la Commissione bilancio, piuttosto che fare un lavoro assolutamente parziale, che poteva essere malinteso come un lavoro completo ed esaustivo dei lavori sulla legge finanziaria, non approvasse alcun emendamento.
Con questa logica, con questo approccio di serietà da parte del Parlamento e della Commissione bilancio nei confronti del Governo, veniamo in Aula, signor Presidente. Questa serietà che abbiamo dimostrato, e non è facile dire di «no» su certe ammissibilità e su certe proposte emendative, che provengono anche dai colleghi della maggioranza (questo vorrei evidenziarlo ai colleghi dell'opposizione), questa serietà rispetto all'interpretazione di questa nuova sessione di bilancio, signor Presidente, la chiediamo anche al Governo.
Il Governo, dopo aver presentato una finanziaria asciutta e avere chiesto la valutazione rigorosa dell'ammissibilità degli emendamenti, non può a questo punto, a mio avviso, chiudere questa vicenda, semplicemente chiedendo il voto di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).
Non può farlo, soprattutto, inserendo nuovi argomenti, non valutati né presentati in Commissione bilancio. Per questo motivo, signor Presidente, ritengo che la Commissione bilancio abbia fatto il suo dovere e lo abbia fatto interpretando in modo corretto, serio e rigoroso la sperimentalità della nuova sessione di bilancio. Mi aspetto che lo faccia anche il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo per precisare e raccontare all'Assemblea i fatti, in relazione a ciò che è successo in Commissione bilancio. Credo di farlo con obiettività, imparzialità e terzietà. La Commissione bilancio, ieri sera, ha concluso l'esame in sede referente dei disegni di legge finanziaria e di bilancio e lo ho fatto esaminando e votando una parte degli emendamenti presentati dalla maggioranza e dall'opposizione. Non li ha esaminati tutti, e questa non è una novità. La novità, se vogliamo, che è stata in qualche modo richiamata e ribadita dai colleghi dell'opposizione, è che nessun emendamento sia stato approvato, cioè all'Assemblea arriva un testo del disegno di legge finanziaria esattamente identico a quello presentato dal Governo al Parlamento. Vorrei subito sottolineare un aspetto: non c'è stata limitazione nella discussione, perché abbiamo discusso e anche votato, tant'è vero che in alcuni casi si è registrata una situazione oggettivamente anomala.
In quattro occasioni, gli emendamenti della maggioranza o dell'opposizione hanno registrato un voto di parità, senza che i suddetti potessero essere alla fine considerati come approvati.
La novità vera, signor Presidente e onorevoli colleghi, è che la maggioranza non ha sopraffatto l'opposizione - e lo avrebbe potuto fare anche nella circostanza, non nuova, in cui l'opposizione abbandona i lavori della Commissione bilancio, cosa che si è verificata spesso negli anni precedenti - perché ha rinunciato a votare anche gli emendamenti presentati dal relatore.
Perché l'ha fatto, onorevoli colleghi e soprattutto colleghi dell'opposizione? Lo ha fatto con una consapevolezza, che vorrei sottolineare rispetto alla novità di questa sessione di bilancio. Lo voglio sottolineare al Parlamento, ma soprattutto al Governo: in questa occasione - il Governo ha proposto e il Parlamento ha deliberato - abbiamo deciso di sperimentare una nuova forma di esame dei documenti di bilancio e della legge finanziaria.
Abbiamo deciso che nella legge finanziaria non vi sono provvedimenti, diciamo così, non riconducibili in senso stretto alla dimensione dei saldi e agli effetti finanziari. Per questo motivo - lo sa bene il Presidente e vorrei rispondere in questo senso anche all'onorevole Commercio - abbiamo adottato rigorosissimi criteri diPag. 6ammissibilità degli emendamenti, tanto è vero che gli emendamenti presentati sono in numero notevolmente ridotto rispetto al passato.
In questo, credo che il Parlamento abbia assolutamente seguito un percorso lineare e serio nei rapporti con il Governo rispetto all'interpretazione che deve essere data alla nuova sessione di bilancio e finanziaria.
La Commissione bilancio, con questo approccio, ha cercato di esaminare i problemi posti dai colleghi con i loro emendamenti. In qualche caso si è fatto qualche passo in avanti, in qualche altro caso, per motivi di ordine tecnico e di valutazione - mi riferisco in particolare alla problematica del patto di stabilità degli enti locali - non c'erano gli elementi tecnici sufficienti per la rielaborazione degli effetti finanziari della norma proposta, che si intendeva in senso migliorativo, ma su cui poi, nell'ambito della discussione in Commissione, di fatto, si è capito che poteva non essere così.
Alla fine, noi della maggioranza abbiamo convenuto, e io ho concordato con questa linea di pensiero, che la Commissione bilancio, piuttosto che fare un lavoro assolutamente parziale, che poteva essere malinteso come un lavoro completo ed esaustivo dei lavori sulla legge finanziaria, non approvasse alcun emendamento.
Con questa logica, con questo approccio di serietà da parte del Parlamento e della Commissione bilancio nei confronti del Governo, veniamo in Aula, signor Presidente. Questa serietà che abbiamo dimostrato, e non è facile dire di «no» su certe ammissibilità e su certe proposte emendative, che provengono anche dai colleghi della maggioranza (questo vorrei evidenziarlo ai colleghi dell'opposizione), questa serietà rispetto all'interpretazione di questa nuova sessione di bilancio, signor Presidente, la chiediamo anche al Governo.
Il Governo, dopo aver presentato una finanziaria asciutta e avere chiesto la valutazione rigorosa dell'ammissibilità degli emendamenti, non può a questo punto, a mio avviso, chiudere questa vicenda, semplicemente chiedendo il voto di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).
Non può farlo, soprattutto, inserendo nuovi argomenti, non valutati né presentati in Commissione bilancio. Per questo motivo, signor Presidente, ritengo che la Commissione bilancio abbia fatto il suo dovere e lo abbia fatto interpretando in modo corretto, serio e rigoroso la sperimentalità della nuova sessione di bilancio. Mi aspetto che lo faccia anche il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, si dà il caso che il presidente Giorgetti abbia aperto un dibattito sul quale credo che sia legittimo...

PRESIDENTE. Certo, ma lei non è un deputato di primo pelo. Sa che, alla domanda, la risposta è sull'ordine dei lavori.

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Tabacci. Ne ha la facoltà.

BRUNO TABACCI. Siccome, signor Presidente, non mi piace l'idea di far perdere tempo a lei e all'Assemblea, è unicamente per...

PRESIDENTE. Non è perdita di tempo: è rispetto del nostro Regolamento, cui tante volte lei giustamente fa riferimento.

BRUNO TABACCI. È unicamente per constatare che il presidente Giorgetti ha utilizzato degli argomenti che potrei definire inadeguati, perché è chiaro il suo imbarazzo e quello della maggioranza di fronte alle procedure che sono state adottate in Commissione bilancio; e mi eraPag. 7capitato venerdì scorso, nel corso del dibattito in Commissione, di svolgere un lungo intervento, anticipando che le procedure adottate erano una forzatura. La Commissione bilancio appare in ostaggio del Governo. Non è la prima volta che capita in queste settimane, in questi mesi: già era capitato in occasione dell'anticipo della manovra di politica economica fatta nel corso dell'estate. Che la si spieghi come un avvenimento importante, come se si fosse delineata una nuova sessione di bilancio, appare una forzatura: dove è stato scritto, in base a quale legislazione siamo andati alla nuova sessione di bilancio? Si innova semplicemente perché il Governo ha deciso che è così! La maggioranza non è in condizione di esprimere alcunché, come ha dimostrato ieri sera l'ottimo relatore, che ha dovuto ritirare un emendamento sul quale vi poteva essere anche un'ampia convergenza: questi sono i fatti! Non credo che ci sia motivo per menare vanto.
Tra l'altro, vorrei ricordare che con quello che è avvenuto a livello internazionale, con la crisi finanziaria che c'è, un qualche correttivo rispetto a quei nove minuti e mezzo lo si doveva pure introdurre. Devo aggiungere che la manovra adottata quest'estate è praticamente saltata. Il signor Robin Hood aveva promesso che avrebbe fatto piangere i ricchi: ora ricapitalizzano le banche, che erano quelle che dovevano essere oggetto dell'azione di Robin Hood. I petrolieri se ne fanno un baffo, perché il petrolio è passato da 148 a 64 dollari al barile, e quindi tra un po' dovremo rifinanziare anche loro. Quelli che dovevano rinegoziare i mutui si sono messi nelle condizioni di non poter neanche dialogare con le banche: meno dell'1 per cento dei cittadini che erano interessati dai mutui hanno adottato la proposta formulata da Tremonti (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico)!
Questo Governo che cosa intende fare, dov'è? È in confusione totale, questa è la verità! Ha una maggioranza che sembra blindata, ma è blindata sul nulla, non è blindata su un'innovazione, sulla capacità di rispondere alla profondità della crisi; e non ha neanche la dimensione etica e morale per farlo. È inutile che si tenti, come ha fatto l'altro giorno il Ministro Tremonti all'assemblea dell'ABI, di riconoscere che il dato profondo della crisi mondiale è un dato etico: questo Governo non ha la dimensione etica per richiamare un problema di questa natura (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori)!

PIER PAOLO BARETTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, il presidente Giorgetti ha pochi minuti fa illustrato le ragioni che hanno portato la maggioranza a condurre la parte finale dei lavori della Commissione bilancio nei termini e nelle modalità che sono state illustrati. Come il presidente Giorgetti sa, noi non abbiamo condiviso questa conclusione e abbiamo lasciato, purtroppo per la verità, perché non è una prassi che ci piace, i lavori della Commissione bilancio, perché ci siamo trovati di fronte non tanto ad un problema di conduzione dei lavori della Commissione, ma quanto ad una posizione da «convitato di pietra» del Governo che ha impedito qualsiasi dialogo.
Ma non voglio rifare la storia: voglio porre in evidenza semplicemente due aspetti precisi. Anche noi siamo assolutamente contrari che vi sia il voto di fiducia: riteniamo che, proprio perché nella Commissione bilancio non abbiamo discusso, vi siano le condizioni per discutere in Aula. Anticipo che il numero complessivo degli emendamenti, fatta la scrematura dell'ammissibilità, è molto basso. La verità è che l'errore, il vizio originario sta nel decreto n. 112 del 2008 e tutto deriva da lì. Ma quello che voglio dire è che noi non siamo disponibili a scambiare il voto di fiducia con l'inemendabilità del testo originario: noi siamo pronti a discutere in Aula, e siamo interessati a discuterne per poterPag. 8modificare il testo con il quale il Governo si presenta, per le ragioni che sono state illustrate.
Mi auguro che quando arriveremo a quel momento, vi saranno le condizioni non solo per discutere ma per verificare la vera disponibilità del Governo, indipendentemente dal fatto che porrà o meno la questione di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

AMEDEO CICCANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa?

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, sull'ordine dei lavori per quanto riguarda la dichiarazione...

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, credo che questa questione sia stata già ampiamente dibattuta e per il suo gruppo hanno già preso la parola quattro colleghi. Quindi, se lei insiste ovviamente ha facoltà di parlare, ma la pregherei di...

MARIO TASSONE. Gli altri hanno parlato per sentito dire, lui è testimone oculare!

PRESIDENTE. Cosa c'è onorevole Tassone, o parla al microfono o non la sente nessuno.

AMEDEO CICCANTI. Stava sostenendo la sua tesi, signor Presidente.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Tassone. Prego, onorevole Ciccanti, mi rimetto al suo rispetto del buonsenso.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, lei sa che sono un collaboratore e quindi non farò perdere tempo, ma mi sembra opportuno, dopo l'apertura del dibattito sulle vicende della V Commissione e, in qualche modo, le conclusioni del presidente della V Commissione, che su quelle conclusioni si potesse trarre qualche valutazione da parte dei gruppi soprattutto, ovviamente, dell'opposizione (ma avrei avuto piacere che vi fosse stato anche qualche supporto alle dichiarazioni del presidente della Commissione da parte di capigruppo della maggioranza).
Ritengo che quanto è stato affermato dal collega Giancarlo Giorgetti è di grande importanza, perché va riconosciuto all'onorevole Giorgetti, come presidente della V Commissione, l'impegno rigoroso per quanto riguarda l'ammissibilità degli emendamenti e la sua conduzione in modo non partigiano, ma certamente vincolato alla tenuta del Governo, per quanto riguarda il rispetto dei saldi di finanza pubblica, e quindi al rifiuto di qualunque modifica del disegno di legge finanziaria.
Intendiamo in questa sede sottolineare l'importanza dell'intervento dell'onorevole Giorgetti per l'invito che egli ha rivolto al Governo di non porre la questione di fiducia.
Se riusciamo ad avere un confronto, almeno in Aula, sull'intero complesso degli emendamenti - soprattutto quelli del relatore, l'onorevole Giudice che è, in qualche parte, elemento di sintesi del dibattito che si è svolto nella V Commissione - ritengo, signor Presidente, anche con il suo contributo attivo, che avremmo raggiunto comunque un grande risultato per lenire in qualche modo il vulnus che si è creato nella dialettica tra Parlamento, Camera e Governo. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Ciccanti. Prego i colleghi di prestare un attimo di attenzione, perché ritengo doveroso che il Presidente della Camera svolga qualche considerazione su quanto è stato posto all'attenzione della Presidenza e dell'Aula dall'onorevole Bressa e, a seguire, da molti colleghi non solo dell'opposizione.
A prescindere ovviamente da qualsiasi valutazione di merito sulla legge finanziaria che è stata presentata dal Governo - perché è di tutta evidenza che non spetta al Presidente della Camera entrare nelPag. 9merito di quanto è scritto nella legge finanziaria -, a prescindere, quindi, da qualsiasi valutazione di merito, ritengo che quanto è accaduto - vale a dire, come è stato ricordato, che la Commissione bilancio abbia approvato senza alcun emendamento il testo che era stato presentato dal Governo - rappresenti un'anomalia rispetto alla prassi con cui la Camera dei deputati nel passato ha sempre esaminato la legge finanziaria che, come è a tutti noto, è certamente una legge di grande valore politico (a prescindere, ripeto, da qualsiasi osservazione di merito).
Si tratta di un'anomalia che, come i colleghi dell'opposizione del resto hanno messo in evidenza, non contrasta in alcun modo con i nostri Regolamenti né, men che meno, con il testo costituzionale, ma che pur tuttavia deve essere oggetto di valutazione, soprattutto perché - e ringrazio il presidente Giorgetti per averlo messo in evidenza con grande chiarezza -, qualora sul testo che è stato approvato dal Consiglio dei ministri e che la Commissione bilancio ha approvato senza alcun emendamento il Governo addivenisse alla decisione di porre la questione di fiducia (decisione, ovviamente, del tutto legittima), ci troveremmo pur tuttavia in presenza di una situazione che non soltanto sarebbe anomala ma che, a mio modo di vedere, sarebbe politicamente deprecabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania, di deputati del gruppo Popolo della Libertà e dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).
In qualche modo, si priverebbe il Parlamento - in questo caso, la Camera - del diritto-dovere di esaminare, del diritto-dovere di emendare e, ovviamente, del diritto-dovere di assumersi le proprie responsabilità attraverso il formarsi di maggioranze su questo o su quell'emendamento. Pertanto, mi auguro che il Governo tenga nel dovuto conto quanto è stato testé espresso, credo con sostanziale concordia, dalla Camera dei deputati.
Penso che, a questo punto, vi siano le condizioni per passare al seguito dell'ordine del giorno.

In morte dell'onorevole Francesco Principe (ore 10,50).

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Francesco Principe, già deputato nella III, IV, V, VI, VII e VIII legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

CESARE MARINI.Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CESARE MARINI. Signor Presidente, lei ha già annunciato all'Assemblea la scomparsa di Francesco Principe, deputato per più decenni, sottosegretario di Stato in diversi governi, sindaco di Rende per un trentennio, presidente della giunta regionale e, per ultimo, presidente del consiglio provinciale.
Principe rappresenta la tradizione riformista del socialismo calabrese insieme a Giacomo Mancini. Ha scritto la storia del riformismo che il Partito socialista ha espresso in Calabria e che ha consentito a questo partito di diventare la forza più alta tra quelle che hanno espresso le regioni italiane. La sua azione di riformista si è espressa soprattutto come amministratore e voglio ricordare all'Assemblea due momenti importanti della sua attività. In primo luogo, quando, giovane sindaco, si adoperò perché il feudo Giorgetti (una grossa proprietà fondiaria alle porte di Cosenza) fosse lottizzato e trasferito in proprietà ai mezzadri. Nacquero circa cento piccoli proprietari: fu un'azione di forte impatto sociale. In secondo luogo, la sua azione di sindaco. Egli fu un riformista, che disegnò la città del futuro e, così, alle porte di Cosenza nacque un esperimento riuscito di nuova città a dimensione di uomo: la città dove non vi sono problemi di parcheggi e dove esistono il verde attrezzato e i servizi. Essa rappresenta unPag. 10esempio unico nel Mezzogiorno d'Italia: anzi, in un panorama di sconquasso generale, rappresenta un esperimento di grande valore riformista.
Questo è stato Francesco Principe. Si può dire che è morto sul campo, perché a 91 anni svolgeva le funzioni di presidente del consiglio provinciale e, tuttora, nel momento di lasciare la vita terrena, era ancora presente: il giorno precedente, aveva diretto i lavori del consiglio provinciale con grande autorevolezza. Si può riassumere la sua vita in due frasi: è stato un politico che ha finalizzato la sua azione al miglioramento delle condizioni dell'uomo (soprattutto degli uomini più deboli) e, inoltre, ha vissuto la politica con passione. E questo insegnamento è stato importante per le generazioni che sono venute dopo di lui (Applausi).

SANTO DOMENICO VERSACE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANTO DOMENICO VERSACE. Signor Presidente, cari colleghi, volevo associarmi al tributo per la morte di Francesco Principe, che mi ricorda la mia unica attività politica, prima di tornarvi dopo quarant'anni, da socialista, negli anni Sessanta, insieme a Giacomo Mancini, a Minasi e a Cingari. Egli è stato veramente un riformista vero, una grande persona, un grande politico (Applausi).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi (A.C. 1707-A) (ore 10,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi.
Ricordo che nella seduta del 23 ottobre 2008 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed hanno avuto luogo le repliche del relatore e del Governo.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1707-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 1707-A).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 1707-A).
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 1707-A).
Con riferimento al testo del provvedimento in esame, osservo che talune modifiche introdotte dalla Commissione e, segnatamente, l'articolo 1-ter, recante disposizioni in materia di esercizio e raccolta a distanza dei giochi in Italia, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, presentano alcuni profili di dubbia ammissibilità rispetto al contenuto originario del decreto-legge, come è stato rilevato anche nel corso dell'esame in sede referente.
Prendo atto, tuttavia, secondo quanto è stato preannunciato, del parere favorevole che il Comitato dei nove ha espresso all'unanimità e del parere favorevole del Governo sull'emendamento Occhiuto 1-ter.5, soppressivo dell'articolo in questione: tenuto conto di ciò non vi sono ostacoli a che l'Assemblea proceda all'esame del testo.
Avverto che l'articolo aggiuntivo Vannucci 1-quater.05 è stato ritirato dal presentatore.
Avverto, altresì, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative non previamente presentate inPag. 11Commissione: Messina 1-bis.12 e Occhiuto 1-bis.13 e 1-bis.14, volte a destinare quote parte del Fondo previsto dall'articolo 1-bis a finalità diverse da quelle contemplate nel testo; Reguzzoni 1-quater.06, che consente al Commissario straordinario delegato per la realizzazione dell'Expo Milano 2015 l'istituzione di nuove lotterie al fine di reperire risorse aggiuntive.
Avverto, altresì, che la Commissione ha presentato alcune nuove proposte emendative, già trasmesse ai gruppi, che sono in distribuzione.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, mi permetto di chiederle cortesemente una riflessione sul giudizio di inammissibilità relativamente al mio articolo aggiuntivo 1-quater.06 concernente l'Expo, in quanto vorrei fornire un elemento aggiuntivo: non si tratta di una pensata nuova, ma è un adempimento che il Governo, a nome della Repubblica italiana, ha assunto in sede di presentazione della candidatura della città di Milano al Bureau internazionale delle esposizioni (BIE). Si tratta, quindi, di un impegno preciso del nostro Stato, che prevede proprio la realizzazione di giochi a premi, lotterie o quant'altro, che possono essere funzionali all'organizzazione di questo grande evento.
È chiaro che il Governo non ha assunto soltanto questo impegno, ne ha assunti molti, però siamo in ritardo su tanti impegni: per esempio, vi sono opere infrastrutturali che avrebbero dovuto già essere realizzate nel giugno del 2008 e non sono ancora state avviate. Pertanto, è chiaro che questo è un ulteriore ritardo che si aggiunge a tanti altri, tuttavia, per come conosco il Bureau internazionale delle esposizioni, risulta più inspiegabile di altri. Infatti, se è difficile far partire un'opera pubblica, in un anno e mezzo il Parlamento poteva trovare il tempo per adeguare la normativa vigente, che non consente oggi questo tipo di realizzazione.
Spiego anche perché questo articolo aggiuntivo è stato presentato in Aula: non era possibile presentarlo prima non essendovi il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sull'organizzazione e sulla struttura dell'Expo.
Mi sono permesso di intervenire, chiedendole di fare un'ulteriore riflessione, signor Presidente, sia perché confido nella sua saggezza, sia perché le stesse spiegazioni hanno portato il vicepresidente Lupi ad aggiungere la firma all'articolo aggiuntivo, ma anche a svolgere un lavoro importante di cui ringrazio l'onorevole Conte, presidente della Commissione, per cui abbiamo lavorato anche ad una riformulazione dell'articolo aggiuntivo stesso, che potrebbe consentire di ottenere un consenso unanime su questo punto.
Non voglio dire che è a rischio la candidatura di Milano per l'Expo 2015, perché questo non è (mi auguro, perlomeno, che non sia così). Certamente, si tratta di un ennesimo ritardo che non fa bene a Milano ma, dal momento che l'Expo è un'occasione per tutti, non fa bene a tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Reguzzoni, come lei sa, in base al nostro Regolamento, per le proposte emendative riferite ai decreti-legge non vale solo il criterio generale stabilito dall'articolo 86 del Regolamento, che anche lei richiamava, per il quale non possono essere presentate in Assemblea proposte emendative che non siano ricomprese nell'ambito degli argomenti già considerati nel testo o negli emendamenti presentati e giudicati ammissibili in Commissione. Si applica anche, in base al nostro Regolamento, quanto previsto dall'articolo 96-bis, comma 7, secondo il quale sono dichiarati inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto-legge.
La circolare del Presidente della Camera del 10 gennaio 1997 precisa inoltre che la materia deve essere valutata conPag. 12riferimento a singoli oggetti e alla specifica problematica affrontata dall'intervento normativo.
La proposta emendativa in questione, pur attenendo alla materia delle lotterie, prevede che i relativi proventi siano destinati ad una finalità (quella, che lei richiamava, delle risorse aggiuntive per l'Expo), che è estranea rispetto alla specifica problematica affrontata dal decreto. Alla luce di tali considerazioni, la Presidenza, prescindendo anche qui da ogni valutazione di merito, non può che confermare la valutazione di inammissibilità con riferimento alla proposta emendativa in questione.

ROBERTO ZACCARIA. Chiedo di parlare per un richiamo ad un Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, forse i colleghi non sanno - lei certamente sì - che quello che ci accingiamo a esaminare è il sedicesimo decreto-legge dall'inizio della legislatura e che ce ne sono altri dodici in corso di conversione. Tra un mese circa, avremo pertanto convertito ventotto decreti-legge. Non è discutibile tanto il numero dei decreti (più di quattro al mese, che comunque è un record rispetto all'esperienza precedente), bensì la quantità delle norme contenute negli stessi: se infatti mettiamo insieme il contenuto normativo dei decreti esaminati e i tre collegati alla finanziaria (1441-bis, 1441-ter e 1441-quater) che abbiamo esaminato, raggiungiamo il 95 per cento dell'attività normativa delle Camere. Stiamo pertanto procedendo a un esame di provvedimenti normativi a data certa. Dunque, ciò che con alcune riforme regolamentari proposte si vorrebbe realizzare, lo stiamo già facendo.
Il mio richiamo al Regolamento è dovuto al fatto che, nella prima pagina dello stampato n. 1707-A, si legge il parere del Comitato per la legislazione. Si tratta di un parere molto scarno, molto breve e di contenuto positivo. Raramente succede che lo sia, ma in questo caso si tratta di un parere positivo. Come mai? L'arcano è subito spiegato: il decreto-legge presentato alle Camere conteneva una disposizione di dieci righe di testo, mentre il testo all'esame dell'Assemblea è diventato di oltre 500 righe (per dare un'idea della quantità normativa).
Ritengo che il Presidente della Repubblica, dopo aver firmato un decreto di dieci righe, che il Parlamento ha trasformato in un testo di 500 righe - ho sentito ora un collega che voleva aggiungere altri contenuti - possa avere la sensazione che il Parlamento stravolga le sue prerogative. Non so se questo sia vero, certo è che non è possibile pubblicare un simile parere del Comitato per la legislazione che produce un falso affidamento nei colleghi. Leggendo quel parere a premessa del testo sembra che tutto vada bene. Invece non va bene, perché il parere è stato espresso sul testo iniziale di dieci righe, mentre sul testo di 500 righe il Comitato non ha avuto la possibilità di pronunciarsi.
Signor Presidente, stiamo nei fatti abusando sia dell'istituto della delega, sia di quello dei decreti-legge. Di fronte a problemi così grandi voglio fare una proposta concreta: consentiamo almeno che il Comitato per la legislazione, in presenza di «significative modifiche» ai testi iniziali dei decreti-legge, possa, su iniziativa sua - Presidente o del presidente della Commissione, o di concerto, essere chiamato ad una nuova valutazione. Se questo non accadesse, le chiederei la eliminazione del parere dal fascicolo, perché in questi casi rischia di apparire fuorviante.
La mia vera preoccupazione - e concludo - resta quella di cui parlavo prima: il 95 per cento della produzione normativa di questo Parlamento riguarda provvedimenti che sono decreti-legge o provvedimenti collegati alla finanziaria con vincolo di esame a data certa. L'iniziativa parlamentare non esiste più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

IGNAZIO MESSINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

Pag. 13

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, vorrei invitare a rivedere, così come ha fatto il collega del gruppo della Lega Nord Padania, la valutazione sull'inammissibilità...

PRESIDENTE. Onorevole Messina, la questione è già stata affrontata dalla Presidenza e non può essere sottoposta ad ulteriori valutazioni. Quindi, mi dispiace, ma non le darò la parola per tornare su una questione già posta dall'onorevole Reguzzoni, perché non potrei che confermare quanto testé detto al collega.
Onorevole Zaccaria, lei sa che il nostro Regolamento non prevede che vi sia, da parte del Comitato per la legislazione, un esame sul contenuto dei decreti-legge successivo al momento della loro presentazione. Condivido comunque le sue osservazioni sull'opportunità di modificare il nostro Regolamento onde consentire al Comitato per la legislazione di esprimere una valutazione non soltanto all'inizio dell'iter quanto soprattutto al termine del medesimo, ragione per la quale chiederò alla Giunta per il Regolamento di valutare la proposta che lei ha avanzato e che personalmente condivido.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Mancuso. Ne ha facoltà.

GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questo provvedimento, al comma 7 dell'articolo 1-bis, si prevede un intervento a favore del mondo dell'ippica. Stiamo parlando di un settore che conta 350 mila equini in Italia di cui 60 mila appartenenti a razze sportive (trottatori, purosangue inglese e cavalli da sella italiani), 2.850 allevamenti di soggetti da corsa (purosangue e trottatori), più di 16 mila tra stalloni, fattrici e puledri. Tutti questi dati provengono dall'ISTAT e sono relativi all'anno 2007.
Per quanto riguarda i montepremi, sono stati previsti 250 milioni di euro nel 2005 e nel 2006, 218 milioni nel 2007, 176 milioni nel 2008. Sono stati proposti 130 milioni di euro per il 2009 se verranno stralciati dal bilancio UNIRE i debiti inesigibili dalle agenzie ippiche, che ammontano a 220 milioni di euro per i minimi garantiti mai pagati dalle società (minimi garantiti stabiliti dall'accordo che regola la diffusione delle agenzie quando queste ultime sono passate alla Snai, ossia la Società nazionale delle agenzie ippiche) e 89 milioni per i canoni TV mai pagati dalle agenzie dal 2003 ad oggi.
Già dai tempi del Ministro De Castro era stata istituita una Commissione ministeriale per far chiarezza sui bilanci UNIRE. Al 31 dicembre 2005 il disavanzo ammontava già a 129 milioni di euro e non è stato fatto niente, né allora, né poi.
Il problema di fondo è che l'ippica si autofinanzia, cioè tutto quello che entra arriva dalle scommesse. Ogni euro scommesso viene così ripartito: 71,40 per cento ai giocatori e 28,60 per cento al prelievo di Stato. Questo prelievo viene, a sua volta, così ripartito: 12,2 per cento alle agenzie ippiche (che sono cronicamente morose), 4,50 per cento all'imposta unica statale e l'11,90 all'UNIRE. Quest'ultimo distribuisce, a sua volta, l'11,90 per cento per il 50,45 per cento alle corse, per il 24,42 per cento agli ippodromi e per il 25,13 per cento alle spese di gestione dell'UNIRE stessa.
A questo punto giova ricordare che questa sorta di Moloch dell'UNIRE è sempre stato gestito da tutti i Governi come un «poltronificio» dove collocare persone fedeli, ma rigorosamente senza alcuna competenza. Si tratta di una struttura elefantiaca dove lavorano 220 persone, che non si capisce bene che cosa facciano. A titolo di esempio, il Jockey Club irlandese utilizza soltanto nove persone per gestire un giro di corse assai maggiore di quello italiano.
Comunque, risulta evidente che solo il 5 per cento di tutto il giro delle scommesse, stimato in circa 1,2 milioni di euro al giorno, arriva al montepremi. Le scommesse ippiche hanno subito un forte calo da quando si può scommettere anche su altri sport che, peraltro, hanno un prelievo fiscale inferiore a quello delle corse ippiche. A peggiorare il quadro, l'UNIRE ha favorito la nascita di tanti piccoli ippodromi,Pag. 14con strutture scadenti, polverizzando lo scenario delle corse in tanti minuscoli eventi, disperdendo così, in modo folle, il montepremi esistente, in continua diminuzione verticale.
In Francia gli ippodromi sono pieni anche durante la settimana per riunioni di corse di routine, nonostante il numero dei cavalli in corsa sia decisamente superiore, 23.500 contro i 16.200 italiani. Si corrono 300 corse in meno al galoppo e quasi 5 mila in meno al trotto. A tutto ciò si deve aggiungere la preoccupazione dei medici veterinari (parlo di oltre mille professionisti impegnati a tempo pieno in questo settore). Si rischia veramente il tracollo di questo mondo, sia nel trotto, sia nel galoppo, e faccio presente che i veterinari rappresentano una parte importante, forse la principale, di tutto l'indotto che ruota intorno a questa industria.
Da ultimo, certo non per importanza, si deve considerare la sorte dei cavalli, che rappresentano un patrimonio genetico costruito nei decenni, che molti ci invidiano, di grande qualità, che viene svalutato completamente dal punto di vista economico. Questi animali bellissimi, questi atleti, rischiano maltrattamenti e perfino la morte per fame. Infatti, se l'80 per cento delle scuderie chiudesse, come paventato, non è chiaro quale fine possano fare. Per fortuna, non si potrebbero più macellare, perché l'anagrafe equina stabilisce dalla nascita il destino dei cavalli, ma rimane proprio questo il grande problema insoluto cui non si è mai pensato fine in fondo, poiché l'anagrafe equina è attiva solo da qualche anno.
Signor Presidente, in conclusione, sono lontani i tempi in cui il mondo dell'ippica rappresentava addirittura la decima azienda del Paese. Oggi abbiamo la responsabilità di contribuire, anche con una parte di questo provvedimento, a mantenere in vita un settore che rappresenta il pane quotidiano per circa 50 mila addetti e le relative famiglie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, nel parlare in quest'Aula dei giochi vorrei ricordare a tutti noi che uno dei grandi padri della nostra Repubblica si è occupato di questo argomento: penso a Luigi Einaudi. Egli, come tutti i grandi studiosi di scienza delle finanze della scuola italiana, era contrario alla gestione pubblica e statale dei giochi per un motivo di tipo etico. Poiché al montepremi dei giochi viene sottratta una quota che va all'erario, dal punto di vista strettamente tecnico-attuariale, cioè dal punto di vista matematico, i giochi gestiti dallo Stato sono giochi di tipo iniquo. Ciò significa che l'ammontare dei premi pagati da tutti i giocatori non torna integralmente a questi ultimi. Pertanto, la probabilità per il singolo giocatore di entrare in una scommessa equa è pari a zero.
Ma lo stesso Einaudi, insieme alla migliore tradizione giuridica, amministrativa e pubblicistica italiana, si rese conto per tempo che, nonostante questo problema, non poteva che essere lo Stato a organizzare in forma di monopolio i giochi.
Infatti, si tratta di un'attività che, comunque, la società autorganizza, e se lo Stato non entra in queste forme di autorganizzazione, possono crearsi rilevanti problemi di trasparenza, di criminalità e di iniquità; esattamente la stessa iniquità per i giocatori, ma non sarebbe gestita dallo Stato, bensì molto spesso da poteri criminali o comunque, anche se non criminali, da aziende private.
L'equilibrio, quindi, su cui sviluppare un argomento per il monopolio statale dei giochi - lo conosciamo, lo ripeto, da parte dei padri della Repubblica - si basa su due elementi: il primo è che, in parte, i proventi che l'erario ottiene da queste attività devono, a loro volta, essere destinati a cause meritevoli. Lo Stato, nell'organizzare il gioco, fa una cosa poco etica e recupera, dal punto di vista etico, utilizzando parte di questi soldi per cause meritevoli.
Voglio ricordare, ad esempio, che questo Parlamento nel 1997 (ormai da dieci anni) ha approvato un importante provvedimento che destina una quota dei fondiPag. 15erariali derivanti dal gioco del lotto, per esempio, ai beni culturali e, quindi, alle politiche di tutela e valorizzazione dei beni culturali. Altrettanto meritevoli sono le destinazioni legate, ad esempio, alle strutture sportive, all'attività sportiva, così come alle attività di tipo ippico, quando esse siano collegate a importanti ricadute anche dal punto di vista di una sana agricoltura e di una sana attività di allevamento.
Il secondo elemento di equilibrio non può che essere la trasparenza e la tutela del consumatore. Infatti, se lo Stato interviene in un'attività che sa essere iniqua, deve a quel punto essere in grado di tutelare totalmente il consumatore e, in questo caso, il consumatore-giocatore. Lo ha ricordato l'onorevole Conte nella sua relazione a questo provvedimento e concordo con lui; ma credo che egli concorderà con me sul fatto che con il decreto-legge in esame abbiamo, per l'ennesima volta, mancato un'occasione.
Infatti, questo decreto-legge è nato per un intervento urgente su una singola e specifica questione collegata alle concessioni per il Superenalotto; con emendamenti che in modo disordinato e confuso, sono arrivati via via in Commissione, il Governo ha cercato di trasformarlo in una sorta di occasione per un intervento complessivo di riordino di questo importante settore ai fini di una migliore tutela e trasparenza.
Nonostante il lavoro della Commissione, che reputo positivo, il modo di procedere (decreto-legge ed emendamenti) ci fa perdere l'occasione di dire che questo è un provvedimento tramite cui si fa una riforma complessiva. In ogni caso il lavoro di Commissione, per il quale ringrazio il presidente Conte e tutti i gruppi parlamentari, e anche il lavoro di queste ultime ore, ci permettono di giungere ad un punto di arrivo che, forse, ha qualche elemento di accettabilità, ma di cui dobbiamo pur riconoscere i limiti.
Non si può contrabbandare questo decreto-legge come una riforma complessiva. Tuttavia, in questo procedere a tentoni che il Governo impone al Parlamento con questo tipo di atti, alcuni passi giusti forse siamo nella direzione di farli, innanzitutto, per tutelare la nuova concessione assegnata con gara per il Superenalotto all'interno delle normative comunitarie e, in secondo luogo, per aprire e modernizzare l'intera rete fisica dell'esercizio dei giochi (sia sportivi, sia di diverso tipo).
Da questo punto di vista, per il Partito Democratico è cruciale, per il giudizio che esprimeremo complessivamente sul provvedimento, l'emendamento Marchignoli 1-bis.16. Infatti, nel momento in cui liberalizziamo e modernizziamo l'intera rete fisica delle scommesse e dei giochi dobbiamo anche (è ciò che chiede l'emendamento) introdurre un numero massimo di concessioni, in modo che le tremila concessioni che verranno date non possano andare, al di là di un certo limite, allo stesso soggetto. Questo emendamento, mentre si attuano liberalizzazione e trasparenza, impone una limitazione della possibile concentrazione delle concessioni a carico di singoli soggetti, anche per evitare che soggetti con forti liquidità e interessati a questo settore possano concentrare troppe concessioni.
Quindi, il Partito Democratico ritiene che, seppure in questo percorso a tentoni si sta arrivando ad un buon equilibrio, il giudizio su questo emendamento sarà cruciale per noi per valutare complessivamente il provvedimento.
In terzo luogo, riteniamo positivo quanto confermato dal Presidente Fini in ordine alla soppressione dell'articolo 1-ter. Riteniamo che la questione dei giochi on line vada affrontata esattamente per dare trasparenza e tutela a questo nuovo settore, ma non poteva essere affrontata in questo modo. Siamo disponibili, come Partito Democratico, in Commissione finanze a lavorare già da domani per un testo di legge che, sulla base di una approfondita conoscenza di questo nuovo settore, permetta a questo Parlamento di legiferare serenamente.
Infine, mi sembra (lo vedremo nella dinamica successiva) che anche l'articolo 1-quater, introdotto con una proposta emendativa del Governo, sia stato alla finePag. 16migliorato dalle ultime modifiche apportate in Commissione e dal Comitato dei nove.
Quindi, concludo manifestando, da un lato, la disponibilità del gruppo del Partito Democratico a continuare a lavorare su questo tema, ma al tempo stesso una perplessità per il modo con cui il meccanismo dei decreti-legge e dei successivi emendamenti impedisce anche in questa occasione al Parlamento di legiferare in modo sereno e onnicomprensivo su una materia che è certamente limitata, ma anche molto delicata ed importante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Graziano. Ne ha facoltà.

STEFANO GRAZIANO. Signor Presidente, su questo provvedimento ci sono due questioni sostanziali: la prima è di metodo e l'altra di merito. Vorrei iniziare dalla prima. Ancora una volta si usa un decreto-legge per procedere nei fatti ad una sostanziale riforma del sistema.
Vorrei dire, riprendendo le parole del collega Zaccaria, che il Comitato per la legislazione sul titolo e sul preambolo del decreto-legge sostanzialmente pone già un problema, nonostante approvi la relazione. Infatti, si afferma che il provvedimento reca un riferimento alla necessità di «assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi», che tuttavia non sono richiamati né esplicitati nella relazione illustrativa, né nell'articolato. Inoltre, si dice che non è corredato dalla relazione sull'analisi tecnico normativa, né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione.
Ritengo che, se su tali aspetti molto importanti si continua ad andare nella direzione di esaminare il provvedimento rispetto a questa condizione, allora ci sia un problema fondamentale. O non serve il Comitato per la legislazione rispetto a tali questioni oppure poi successivamente il Governo, ancora una volta fregandosene del sistema, in realtà utilizza nuovamente il decreto-legge e l'emendamento del Governo per continuare a fare praticamente una riforma sul sistema dei giochi.
Penso che sia estremamente necessario discutere della riforma, ma non penso che vi sia questa urgenza. Bisogna discuterne, capire bene quali sono le difficoltà e i problemi perché il sistema dei giochi crea un impatto sociale molto importante. Quindi, bisogna ragionare con calma.
Abbiamo dato la nostra disponibilità, ma ancora una volta - di fronte alla disponibilità - si risponde andando avanti in una direzione a mio avviso sbagliata.
Venendo al merito, anche nella disposizione del primo articolato, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, in realtà si chiede la proroga della gestione da parte della concessionaria fino al 1o luglio 2009. Tuttavia, vorrei ricordare a tutti che la gara è stata espletata e aggiudicata già il 30 marzo del 2008, cioè a oltre sei mesi da oggi.
Quindi, non si capisce la motivazione per cui dobbiamo ancora prevedere una proroga fino al 1o luglio 2009, visto che in realtà, rispetto a ciò, anche nella relazione illustrativa non ci sono condizioni reali per andare in quella direzione.
Inoltre, mi chiedo: perché considerare solo la data del 1o luglio e non (se dobbiamo arrivare a fare la proroga) il 30 dicembre o il 30 gennaio?
Perché arrivare ad oltre nove mesi rispetto a questa cosa?
Nel merito ancora, all'articolo 1-bis per seguire la sostanziale integrazione fra giochi su base ippica e sportiva l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato realizza una procedura selettiva, fino al 2016, per un esercizio teso alla raccolta di rete fisica per i giochi su base ippica da parte di tremila soggetti abilitati alla raccolta. In base a ciò realizza una base d'asta di 85 mila euro e poi su questa in realtà realizza uno sconto del 25 per cento per chi già ha la concessione. Ma attenzione, anche su questo vorrei che ci fosse un minimo di cognizione di ciò che andiamo ad approvare. Noi andiamo nella direzione esattamente inversa rispetto a quanto ci prescrive l'Unione europea in materia di concorrenza: noi prevediamoPag. 17per chi è già assegnatario di questa concessione uno sconto del 25 per cento. Io penso che sia una condizione non sostenibile dal punto di vista comunitario.
In più, lo voglio dire con molta chiarezza, lo ha già rilevato la Commissione bilancio: qual è il criterio con il quale conteggiamo il maggior gettito? Abbiamo già detto che l'1 per cento era dato all'UNIRE per la crisi del sistema e poi successivamente c'è stato un emendamento in questa direzione. Ebbene, se fosse ammissibile quello che ha detto l'onorevole Reguzzoni, perché non finanziare i settori più in crisi e in difficoltà, sui quali il Governo ha detto che avrebbe voluto insistere, cioè la sicurezza e la scuola? Questi sono temi delicati sui quali non si può immaginare di legiferare con un decreto-legge. Se non c'è un sistema rispetto al quale si immagina che bisogna conteggiare le maggiori entrate e il maggiore gettito e non c'è la risposta, allora come si fa ad utilizzare questo fondo?
Infine, sull'articolo 1-ter, a mio avviso, si tratta di una concessione ex lege senza espletamento di gara, ancora una volta. Attenzione, stiamo andando incontro sempre ad una questione di metodo e di merito che di fatto sballa completamente il sistema e che crea una condizione di difficoltà con riguardo agli aspetti comunitari. Infatti, la normativa comunitaria prevede chiaramente che ci debba essere una condizione di parità di trattamento rispetto alle gare e che ci sia un'equiparazione tra chi ha già la concessione e chi non ce l'ha. L'esercizio e la raccolta a distanza dei giochi numerici a totalizzazione nazionale, le lotterie ad estrazione istantanea e differita sono gestiti invece, fino alla data di scadenza delle concessioni, da soggetti titolari unici di concessione, nonché da ulteriori nuovi soggetti di cui al comma 3, ai quali i titolari unici di concessione abbiano dato la loro licenza.
Signor Presidente, penso che sia utile che il Governo ritiri la sua proposta emendativa e ritorni al testo iniziale o in subordine si discuta solo delle disposizioni dell'articolo 1-bis che riguardano l'ippica, perché il settore si trova oggettivamente in una condizione di crisi. Se così non sarà, io penso che, ancora una volta, si abusi del decreto-legge per realizzare una condizione totalmente sbagliata. Ancora una volta direi: il lupo perde il pelo ma non il vizio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti delle terze A e B della scuola «Don Bosco» di Pordenone, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cenni. Ne ha facoltà.

SUSANNA CENNI. Signor Presidente, il tema toccato dall'articolo 1 di questo provvedimento riguarda, come è stato rilevato anche da alcuni colleghi che mi hanno preceduto, una situazione di profonda crisi dell'ippica e dell'intera filiera ippica nel suo complesso.
Si tratta di una questione presente da mesi che non nasce oggi, e martedì scorso c'è stata una mobilitazione nazionale qui a Roma, anche davanti al Parlamento. Stiamo parlando di una crisi del settore e di una situazione di profonda crisi dell'UNIRE, ente pubblico non economico per l'incremento delle razze equine.
Come dicevo, è una crisi che non nasce oggi e che negli ultimi anni ha aggravato la sua situazione anche, ma non soltanto, per l'evidente forte calo dell'entità delle scommesse sui cavalli: nel 2001 c'è stato un dissesto di quasi 700 miliardi di vecchie lire, nel 2008 il disavanzo costante è di 60 milioni di euro. Tutto questo comporta una pesante, anzi pesantissima, ripercussione su tutta la filiera del cavallo; si parla di circa 50 mila persone a rischio occupazione che, secondo alcune stime provenienti dal settore, potrebbero diventare 200 mila (mi riferisco agli allevatori, agli ippodromi ma anche a tutta quella parte consistente di economia collegata a tale settore).
Credo che già questi pochi dati rendano evidente quanto il tema non sia affrontabile solo attraverso la lente delle scommesse e del gioco e voglio ribadire questa prima osservazione perché trovo che ilPag. 18nostro confronto, che si sta svolgendo solo attraverso questa chiave di lettura, sia assolutamente parziale.
La prima questione che intendo sottolineare verte proprio sulla singolarità di un dibattito parlamentare, che porterà ad assumere decisioni su questa materia, affrontato soltanto con una discussione in Commissione finanze che non ha investito per niente la Commissione competente, ossia la Commissione agricoltura.
In Commissione abbiamo audito la filiera ippica e l'UNIRE, ma ognuno di noi ha informazioni rispetto a quanto sta accadendo in giro per l'Italia e sulla ricaduta pesante di questa situazione sul primo anello della filiera, cioè sugli allevatori.
Se volessimo aprire sul serio questa discussione, dovremmo farlo a partire dal suo funzionamento complessivo con riferimento al quale mi permetto di esprimere grosse e profonde riserve sull'utile attualità della configurazione giuridica dell'UNIRE, che è un ente indebitato e a lungo commissariato, nonché sul ritorno effettivo delle risorse lungo tutta la filiera con la sufficiente trasparenza. Del resto, questa è la ragione dell'esistenza di tale ente: il ritorno delle risorse delle scommesse su tutta la filiera ippica. Lo dico perché credo che su questo tema sia necessario svolgere una riflessione profonda e assumere anche decisioni rilevanti sia in questa nostra sede sia per quanto riguarda le competenze del Governo.
Sullo sfondo di questa situazione ci sono gli allevatori, che con grande sforzo e fatica portano avanti la loro attività per migliorare la selezione e la qualità del cavallo da sella italiano, che rischiamo di ricordarci solo quando l'Italia vince qualche importante trofeo di carattere internazionale o le Olimpiadi.
Il Partito Democratico ha presentato una serie di emendamenti, tra cui uno che, nella fattispecie, interviene sulle risorse all'UNIRE - a tal proposito devo dire che risulta un po' originale la notizia che il nostro emendamento non verrà accolto, mentre ne verrà accolto uno esattamente corrispondente - e un ordine del giorno che ribadisce alcuni temi di fondo che riguardano questa problematica.
Noi prendiamo atto della grave situazione in cui versa il settore e, in primo luogo, con il nostro emendamento, riteniamo doveroso intervenire per risollevare la filiera e la sua economia; tuttavia, questo non può che essere un provvedimento tampone, perché - il secondo aspetto - siamo d'accordo con quanto il Ministro Zaia ha affermato pubblicamente a proposito della decisione di svolgere una due diligence approfondita sullo stato dell'UNIRE, che significa metterci le mani.
Il terzo punto, che però è il più importante, riguarda il fatto che queste risorse dovranno essere vincolate ad un piano di ristrutturazione serio di questo settore che ridia economicità al mondo dell'ippica, che sviluppi una logica di programmazione, che garantisca correttezza nell'applicazione delle regole e che stimoli l'istituzione del comparto verso l'efficienza, l'efficacia, l'innovazione, la qualità e la trasparenza.
Per garantire tutti questi requisiti occorre una guida forte e io ritengo che, per la situazione che sta vivendo, questa guida con difficoltà possa essere rappresentata dall'UNIRE. Faccio un esempio: come dicevo prima, abbiamo audito in Commissione i vari soggetti e abbiamo anche ascoltato l'intenzione che l'UNIRE stessa ha rispetto a questa situazione di crisi, compresi i tagli delle corse che sono in numero troppo elevato.
Tuttavia, se questo è vero, avrei una domanda da fare, e la faccio anche in quest'Aula. Se questa è la strada scelta, come mai si decide di tagliare più pesantemente sull'unica realtà italiana in cui le scommesse ippiche tengono? Mi riferisco, ad esempio, all'ippodromo di San Rossore, perché in quella realtà vi è il 19 per cento di tenuta della mole delle scommesse attorno alle gare contro una media nazionale del 6 per cento.
Non aggiungo di più e concludo su questo aspetto. La prima esigenza è la profonda revisione del sistema e dell'UNIRE, mentre la seconda è la grandePag. 19attenzione agli anelli più deboli e più determinanti della filiera. Voglio ricordare che anche nella proposta di legge finanziaria non vi sono risorse pubbliche destinate agli allevatori e alla loro attività di miglioramento genetico.
Cari colleghi, noi possiamo discutere delle slot machine, criticare la liberalizzazione ed imputare ad essa la responsabilità della crisi del settore, ma faremmo un enorme e grandissimo errore. Credo francamente, infatti, che non possa essere un problema del Parlamento italiano invitare gli italiani ad investire più risorse sulle scommesse.
Credo, invece, che attorno al cavallo vi sia un'economia ed è su tale aspetto che dobbiamo discutere. Tuttavia, devo anche dire che vi è una scarsa attitudine di questo Governo a parlare seriamente di riforme e con gli strumenti del confronto che sono dovuti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,30)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, il provvedimento in esame è molto delicato, come abbiamo potuto riscontrare dai vari interventi e anche dalla discussione generale. Quindi, intervenendo sul complesso degli emendamenti, voglio soltanto sottolineare alcune criticità del provvedimento.
Con l'articolo 1-bis l'Amministrazione dei monopoli promuoverà una gara selettiva aperta fino ad un massimo di 3 mila soggetti per rispettare la revoca disposta dalla Corte di giustizia europea in ordine alle 329 concessioni ippiche e, quindi, alla loro riassegnazione. La selezione sarà aperta ad operatori italiani e stranieri in possesso dei requisiti necessari di affidabilità e agli attuali concessionari per la raccolta di scommesse su base sportiva o ippica. Così, i 329 concessionari storici potrebbero riottenere le licenze arricchite dalle scommesse sportive che prima non avevano, ed i nuovi concessionari potrebbero acquistare agenzie già dotate di diritti di sport ed ippica. L'obiettivo dell'amministrazione è di rilanciare la raccolta delle scommesse sui cavalli utilizzando l'appeal delle puntate sportive. Come già detto, non convince lo sconto del 25 per cento concesso agli attuali concessionari.
Qualcosa in più si poteva fare per risollevare le sorti dell'ippica italiana, che da giorni è in stato di agitazione. La rete distributiva, già sovradimensionata con il decreto Bersani rispetto alle effettive richieste, rischia la saturazione anticipata. Vi è, inoltre, una disparità di trattamento rispetto a chi ha dovuto rispettare i vincoli delle distanze, che oggi sono aboliti, per l'apertura di nuovi punti vendita.
Con l'articolo 1-ter sarà consentito il gioco a distanza, oltre che agli operatori già titolari di concessione per l'esercizio e la raccolta di giochi pubblici (ad esclusione del Superenalotto e lotterie), a 200 nuovi soggetti. I requisiti richiesti sono, oltre al titolo abilitativo, un fatturato nell'ultimo biennio di 1,5 milioni di euro. I vecchi concessionari potranno acquistare la nuova licenza per il gioco a distanza con versamenti diversi, a seconda della concessione posseduta.
Non si tratta di una vera liberalizzazione, perché alcuni soggetti del mercato dei giochi conservano una posizione esclusiva (Sisal per il Superenalotto e Consorzio lotterie per le lotterie), mentre altri mettono i propri prodotti frutto di investimenti a disposizione di tutti. Conservare concessionari esclusivi non è la strada per liberalizzare e per tutelare la correttezza e il rispetto delle regole.
Tra le novità vi è anche l'obbligo per il giocatore di collegarsi al sito del proprio concessionario passando per un portale del monopolio. I concessionari saranno, quindi, presenti sul sito del monopolio e a quelli inadempienti sarà revocata la licenza.
Con l'articolo 1-quater si vuole dare seguito a quanto previsto dalla legge finanziaria per il 2006, introducendo, anche se in fase di sperimentazione, una nuovaPag. 20tipologia di giochi nel settore, le videolotterie. Si tratta di macchine ad alto rischio di dipendenza per i giocatori d'azzardo, che andrebbero a sostituire quelle esistenti, sicuramente meno aggressive e la cui pericolosità è stata già testata.
Occorre valutare bene l'impatto, la pericolosità sociale, l'opportunità strategica e la tipologia dei locali ove installare queste videolotterie, a meno che il Governo non pensi di trasformare ogni bar, ogni agenzia di scommesse, ogni ricevitoria e ogni sala bingo in un casinò. Semmai, sarebbe stato opportuno prevedere di limitarne la diffusione a luoghi espressamente deputati ad accogliere tali apparecchi.
Vi è da considerare, inoltre, che l'introduzione di queste nuove macchine avviene durante il processo di ricambio voluto dall'amministrazione finanziaria (ne sono state installate trecento in cento esercizi pubblici) dei congegni di prima generazione, che è giunto già al 20 per cento. Per effettuare questo ricambio le aziende produttrici del settore hanno dovuto sostenere ingenti investimenti, così come le aziende di gestione che le hanno acquistate.
Quello che preoccupa è che, innanzitutto, si vogliono sostituire apparecchi che ancora non sono stati installati. Secondo quanto riferito dagli addetti al settore, però, a seguito della presentazione di una proposta emendativa in Commissione, si è registrato un arresto del processo di ricambio in atto del parco macchine del gioco lecito, con il rischio che il mercato del gioco illecito potrebbe rialzare prepotentemente la testa.
Sarebbe opportuno, quindi, che il Governo riveda questa sua decisione, che non potrà che portare ad un blocco degli investimenti futuri (e ad una perdita di quelli già effettuati dalle aziende di produzione e da quelle di gestione), alla perdita di un gettito erariale (ed anche di posti di lavoro per quelle aziende che non potranno subito riconvertire le produzioni di macchine), oltre alla riemersione, come dicevo prima, del gioco illecito. Sarebbe stato sufficiente, a mio avviso, agire con atto di regolamentazione del monopolio, senza intervenire con una modifica legislativa, con una norma che risulta dannosa a tutti.
L'UdC, sul provvedimento in esame, ha presentato delle proposte emendative, alcune soppressive di articoli aggiuntivi inseriti nel decreto-legge del Governo (in quest'Aula, infatti, come sempre, non solo si procede tramite decreti-legge, ma in essi si inseriscono anche articoli aggiuntivi), mentre altre sono state dichiarate inammissibili. Ci dispiace molto di ciò, perché le proposte emendative erano tese ad approfondire realmente i veri problemi che in questo momento ha il nostro Paese e a venire incontro agli stessi (si proponeva, cioè, che una parte dei proventi derivanti dalle gare di assegnazione ai concessionari fosse stanziata per le forze dell'ordine, per la sicurezza o per il 5 o l'8 per mille). Secondo noi, poteva essere un segnale forte e serio nei confronti di quei tanti problemi che, quotidianamente, vediamo emergere prepotentemente nel nostro Paese.
Anche in merito al provvedimento in esame, come su altri, dopo aver ascoltato, questa mattina, anche le preoccupazioni di vari colleghi rispetto al metodo che è stato utilizzato ieri in Commissione, e che, probabilmente, verrà utilizzato anche la prossima settimana sulla legge finanziaria, vorrei capire se questo Governo vuole veramente affrontare i problemi del nostro Paese o se quelle rivolte alle parti più deboli e più in difficoltà del nostro Paese sono solo parole o slogan. Come sempre, anche su questo provvedimento abbiamo tentato di presentare alcune proposte migliorative.
Spero che per il futuro il percorso possa avere risultati diversi. Purtroppo, credo, anche dopo avere ascoltato questa mattina quanto detto dai vari colleghi, che ci rivedremo la prossima settimana - definendo la prossima settimana un'altra puntata di questo percorso - soltanto per capire se effettivamente l'opposizione, che, almeno per quanto ci riguarda, tende principalmente a portare un contributo costruttivo su questi provvedimenti, potrà avere un ascolto e un'attenzione migliori - ho già sottolineato l'impossibilità di averePag. 21risposte alle interrogazioni in Commissione - da parte di questo Governo e di questa maggioranza, che opera con decreti-legge, questioni di fiducia e quant'altro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nola. Ne ha facoltà.

CARLO NOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mia attenzione non era sicuramente stimolata più di tanto quando ho visto il titolo del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi. Però, la Commissione in sede referente e il Governo hanno fatto un importante lavoro, approfittando dell'occasione per rivedere e razionalizzare tutta una serie di norme relative ai giochi e alle scommesse.
Quindi, il decreto-legge è cambiato: in sede di conversione sono state introdotte nuove norme, nuove regolamentazioni. Come componente della Commissione agricoltura, sono stato positivamente coinvolto dall'introduzione di alcune norme che riguardano il settore dell'ippica. Dall'ippica partono le scommesse che hanno un'importanza storica, che vengono da lontano, e nasce il mondo delle scommesse e dei giochi, almeno nel nostro Paese. E come l'ippica ha favorito la nascita e lo sviluppo di questo tipo di manifestazioni, così essa ha tratto in passato, ma trae anche oggi, i sui proventi, la sua linfa vitale dalle scommesse. La XIII Commissione (Agricoltura) ha ascoltato in sede di audizione tutta la filiera dell'ippica, che è in forte stato di crisi e, soprattutto, di agitazione.
Proprio in questo periodo, in cui giunge a compimento il procedimento di conversione del decreto-legge in esame, il settore dell'ippica perdura in questo stato di agitazione, che sicuramente ci coinvolge ancora di più nell'approfondire il tema. Inoltre, abbiamo audito anche l'UNIRE, un ente, come frequentemente capita nella realtà nazionale, che è una caratteristica solo nostra. Questo ente molto spesso si è presentato più come un moloch, che assorbe risorse e non dà servizi. L'impressione che è emersa all'esterno molto spesso ha corrisposto alla realtà.
Quindi, ben vengano queste norme che permettono al settore dell'ippica di trarre nuove risorse per risolvere uno stato di crisi che è forte e strutturale. La necessità dell'intervento legislativo è corroborata dalla consapevolezza di tutto il settore, di tutta la filiera che è necessaria una forte ristrutturazione. È per questo che abbiamo il dovere di intervenire, perché senza questa consapevolezza del settore, senza studiare un piano industriale e di intervento, senza verificare perché in passato si è creata una situazione di sofferenza come quella attuale, senza queste premesse, sarebbe stato quasi scandaloso intervenire.
Ebbene, questo ripensamento da parte degli attori del mondo dell'ippica è in atto. È un ripensamento probabilmente anche molto crudo e molto doloroso, che prende atto che ad una situazione di contingenza sfavorevole, dovuta al calo delle scommesse e ai provvedimenti normativi precedenti, che hanno ridotto di molto il numero dei punti vendita e di giocata, si è reagito in maniera sbagliata, moltiplicando le corse, coprendo qualsiasi momento della fascia oraria giornaliera, moltiplicando il numero degli ippodromi (corsettine a qualsiasi ora, 80 ippodromi). Vi è la consapevolezza che questa è stata una linea sbagliata e che non è possibile mantenere in vita il settore dell'ippica intervenendo e mangiando le poche risorse rimaste dal montepremi. Peraltro, non si tratta del montepremi che va ai giocatori, ma di quello che viene ridistribuito nelle corse, a cascata dai proprietari dei cavalli ai gestori degli ippodromi, agli allevamenti, a tutto quell'indotto che, come è stato già ricordato, dà da vivere a oltre 50 mila famiglie.
Ecco perché tutto ciò è importante. Ho firmato alcuni emendamenti con numerosi colleghi, ma non voglio entrare nel merito degli stessi. Mi auguro che i problemi tecnici, che portano ad alcune difficoltàPag. 22nell'accoglimento di questi emendamenti, vengano risolti nel corso di queste ore.
Rivolgo una notazione di gentile polemica alla collega Cenni, che, a conclusione del suo intervento, si è rammaricata della scarsa propensione di questo Governo ad intervenire in maniera efficace e strutturale sulle riforme dei settori in crisi. Vorrei contraddirla, e la prima dimostrazione che la collega Cenni è in errore è data dal tipo di modalità di lavoro che in Commissione agricoltura, grazie al presidente Paolo Russo, stiamo conducendo. È un tipo di lavoro comune, che molto spesso ci ha trovato e spero ci troverà ancora uniti al momento di affrontare queste crisi. Credo che il settore dell'ippica sia uno di quei settori che può trarre grande giovamento da un lavoro comune e da una concordia che, sicuramente, si potrà trovare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Sull'ordine dei lavori (ore 11,45).

JOLE SANTELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, chiedo un attimo di attenzione all'Aula, perché oggi è con noi un bambino molto speciale, in tribuna: Antonino ha quattro anni ed è un bambino speciale, perché, giocando in una recita scolastica nel suo paese (facendo, quindi, quello che fanno tutti gli altri bambini), purtroppo è stato coinvolto in un agguato. Siamo molto contenti che oggi, finalmente, dopo cinque mesi, la sua odissea in ospedale sia finita: ritorna in Calabria sereno e tranquillo (Prolungati, generali applausi).
Oggi Antonino è stato ricevuto dal presidente della Commissione bicamerale per l'infanzia, ma credo che davanti a lui, oggi, tutti quanti dobbiamo fargli una promessa: cercheremo di fare tutto il possibile perché i bimbi come lui, in alcuni posti di questo Paese, anche nella mia Calabria, possano vivere con serenità come tutti gli altri. Credo che questo glielo dobbiamo (Generali applausi).

CESARE MARINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CESARE MARINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non ho difficoltà a dire che intervengo con commozione, per portare il saluto del gruppo che rappresento ad Antonino. Egli simboleggia il dramma di una regione, una regione che vive una vita difficile, perché continuamente pervasa da fatti e atteggiamenti contro la legalità e contro il genere umano.
Antonino è un ragazzo che aveva diritto ad andare a scuola, a crescere accanto ai suoi coetanei, ad avere una vita serena, come ce l'hanno, in generale, tutti i bambini; purtroppo, una regione violenta, nella quale lo Stato è assente e la legalità stenta ad affermarsi, gli ha reso gli anni che dovrebbero essere di felicità anni di dolore. Gli siamo vicini, ma lui rappresenta oggi un ammonimento rivolto a tutto il Paese, allo Stato e alla democrazia. Si tratta dell'ammonimento del suo diritto e del diritto di tanti altri bambini ad avere garantita una vita serena.
Antonino, ti ringrazio, perché oggi, con la tua presenza qui, chiedi al Parlamento che lo Stato si attrezzi e che sappia essere presente in una regione nella quale, per molti anni, il territorio è stato abbandonato alla delinquenza. Grazie, Antonino (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cesare Marini. La Presidenza si associa alle sue parole e alle parole dell'onorevole Santelli.
L'infanzia può essere negata, ma può essere anche un grande segno di vita e di certezza per il futuro. Oggi abbiamo avuto questo segno, con questa testimonianza.

Si riprende la discussione (ore 11,50).

(Ripresa esame articolo unico - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sardelli. Ne ha facoltà.

Pag. 23

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor Presidente, il caso del piccolo Antonino, oltre alle parole importanti e sentite di circostanza, ci dovrebbe richiamare ad una maggiore attenzione rispetto alla nostra funzione legislativa e di tutela dell'interesse generale.
Dietro il provvedimento in esame sui giochi sono evidenti interessi di decine di migliaia di cittadini che lavorano nel settore dell'ippica, ma vi sono anche gli interessi nascosti di milioni e milioni di cittadini che, quotidianamente, nelle sale gioco, nelle edicole, vanno a spendere il loro denaro, purtroppo molto spesso impoverendo le famiglie per una disinformazione assoluta da parte della pubblica amministrazione, dell'informazione, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato sulle poste che i cittadini mettono in gioco e su quanto recuperano dal gioco stesso. Vengono diffuse immagini come se andare a giocare d'azzardo, come di fatto si fa per alcuni giochi, sia una fortuna, una grande possibilità: in realtà è un'occasione di ulteriore impoverimento per molte famiglie di questo Paese.
A questi moralisti senza morale, che continuano ad opporsi ad una grande opportunità di sviluppo per il Mezzogiorno, qual è la creazione di case da gioco; a questi moralisti senza morale che discriminano i territori in nome di una mafiosità o diversità culturale, e che quindi impediscono al sud del Paese di avere, come nel centro Europa, 900 case da gioco (la casa da gioco è uno strumento per permettere una destagionalizzazione del turismo, e quindi la crescita di quella che è un'economia naturale del Mezzogiorno, ossia l'economia del turismo); a questi moralisti vorrei segnalare la moralità di questo Stato che finanzia per oltre 4-5 miliardi di euro il suo bilancio, ingannando molto spesso i cittadini con i giochi, che siano Superenalotto, che siano Gratta e Vinci, e promettendo vincite che non esistono, soprattutto non controllando il coinvolgimento di minorenni in questi giochi, e quindi favorendo di fatto un depauperamento economico e morale del Paese.
Andiamo nello specifico, cominciando a parlare del settore dell'ippica che è costituita da 70 mila addetti: non sono i 20 mila dell'Alitalia, che in gran parte saranno reintegrati, sono 70 mila persone che oggi non guadagnano, perché il settore è fermo da oltre un mese. È fermo perché questo Governo è insensibile, incapace di comprendere la realtà di questo mondo, che non ha solo valore economico ma anche valore ambientale e culturale. Vi sono oltre 100 mila ettari di terreno in Italia che sono dediti all'allevamento dei cavalli, e che quindi rappresentano un patrimonio ambientale e biologico che va conservato e verso il quale tutti mostrano una grande disattenzione. In primis, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, che ha rinviato al Ministro Tremonti la responsabilità di reperire le risorse. Ma l'ippica non ha bisogno di chiedere a mano tesa delle risorse: l'ippica le risorse le ha! Basterebbe ridurre il prelievo fiscale dal 4,5 per cento al 2, al 2,5, come avviene per gli altri giochi. L'ippica viene di fatto depauperata, impoverita perché il prelievo fiscale è il doppio rispetto a quello degli altri giochi: perché l'ippica, 70 mila addetti, non ha nessuna lobby, nessun potere forte che la difenda, questa è la vergogna!
L'ippica non solo non ha alcuna lobby che la difende, ma ha un peso, quello di una cattiva politica che ha creato un carrozzone vergognoso, l'UNIRE, che occupa oltre trecento addetti, sperpera la metà del patrimonio destinato direttamente ai giochi e centinaia di milioni di euro per mantenere sé stesso: questo è il regalo che la cattiva politica sta facendo a questo settore!
Io dico che non è necessario. Il Governo era orientato e gli amici della Lega hanno presentato e vorrebbero difendere un emendamento che stabilisce la percentuale dell'1 per cento di prelievo da destinare direttamente all'ippica come sostegno ed assistenza.
Possiamo sottoscrivere tale proposta emendativa, ma ne sottoscriviamo un'altra che il Governo dovrebbe presentare per eliminare questa assoluta ingiustizia ePag. 24questo affare lobbistico per cui sull'ippica si applica il doppio del prelievo fiscale rispetto agli altri giochi (l'ippica mantiene, ripeto, 70 mila famiglie, rispetto agli altri giochi che mantengono poche lobby molto forti ed organizzate).
La funzione di questo Parlamento, cui ci richiamiamo sempre, è quella di farsi interprete degli interessi collettivi, di difendere i 70 mila addetti dell'ippica e di tagliare le unghie e le mani alle lobby del gioco d'azzardo, che viene quotidianamente svolto in migliaia di edicole e sale giochi di questo Paese, con una maggiore attenzione ed un minor moralismo.
Concludo con una riflessione. In questa nostra vita politica quotidiana, in questo nostro Parlamento, c'è un grande assente che di fatto governa indirettamente il Parlamento, ne determina l'attività, ma non si raffronta e non comprende la complessità del dramma sociale che il Paese sta vivendo: il Ministro dell'economia e delle finanze! Lo prego, nell'interesse suo e della parte che rappresenta, di presenziare e di venire qui a confrontarsi!
Mi ricorda un personaggio drammatico: ne Il Castello di Kafka si parla del signor Klamm, di un agrimensore che viene chiamato in una città a fare il suo lavoro di agrimensore da parte di un'autorità lontana e inarrivabile. L'autorità è il potere nella sua forma più distorta e lontana dalla gente, ossia il signor Klamm.
L'agrimensore giunto in paese si agita, si muove, cerca un rapporto e la dimensione di sé, cerca di svolgere il suo lavoro, ma non ha contezza e non ha mai alcun rapporto con questa autorità.
Se tale separazione e tale discontinuità avvengono tra il Parlamento e chi governa il Paese, questo non è un buon segno, non è un segnale di crescita del Paese e non porterà bene a nessuno, neanche a chi questa discontinuità in queste settimane la sta alimentando e rischia di trovarsela contro nei prossimi mesi, quando il dramma sociale ricadrà pesantemente nelle strade e nel Paese. Coerentemente e concretamente sottoscriviamo gli emendamenti che stabiliscono la percentuale dell'1 per cento che va direttamente a sostegno del mondo ippico, ma invito la parte politica della maggioranza ad una maggiore attenzione e ad un maggior confronto, soprattutto nei confronti della gente comune, di quei 70 mila lavoratori dell'ippica che da questo Parlamento si attendono attenzione e risposte concrete (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia)!

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 12)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, interverrò sul complesso degli emendamenti e ovviamente mi auguro che queste nostre riflessioni aiutino il Governo a trovare e a dare un segnale forte ad un mondo che, troppe volte, a mio e a nostro avviso, è stato trascurato. Vorrei svolgere, signor Presidente, alcune considerazioni.
Si è parlato di ippica come di un mondo legato alla scommessa. Vorrei partire da un presupposto: l'ippica è uno sport e qualcuno troppo spesso se ne dimentica. L'ippica è quello sport... Signor Presidente, non riesco a parlare...

PRESIDENTE. Prego i colleghi di prestare un po' di attenzione. Prego, onorevole Formisano.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, vi è un brusio che fa paura. Come dicevo, l'ippica è quello sport che ha portato il nome del nostro Paese nel mondo. Poiché in questa sede spesso si parla di made in Italy e della necessità di portare il nostro Paese nel mondo, vorrei ricordare ai colleghi che l'ippica è quello sport (e non è quel mondo di scommesse) che ha portato il nome dell'Italia nel mondo, con degli esemplari che, ancora oggi, sono considerati campioni nella nomenclatura mondiale. Mi riferisco a Tornese, negli anni Sessanta (un cavallo che ha portato il trotto italiano nel mondo),Pag. 25recentemente a Varenne (altro cavallo del trotto, che ha portato l'Italia nel mondo) e a Ribot nel galoppo. Dunque, non si tratta soltanto di scommesse: questo è l'errore.
Ho ascoltato molti interventi dei miei colleghi, che hanno parlato di quanto significhino sia il mondo che lo sport dell'ippica in termini di occupazione. Vorrei evidenziare alcuni aspetti che, a mio avviso, non sono stati abbondantemente sottolineati. Si è parlato di un numero di circa sessantamila addetti legati direttamente al settore dell'ippica, ma questo è il numero degli addetti legati ad esso (mi riferisco a guidatori, artieri, stallieri e allenatori). Vi è un altro mondo, che non so quantificare e che credo nessuno sappia quantificare in termini di indotto, legato all'ippica: quello degli agricoltori, che producono esclusivamente per l'allevamento o per quei settori legati all'ippica. Vi è un mondo di antichi mestieri che, qualora l'ippica scomparisse, scomparirebbero insieme ad essa. Pensiamo al maniscalco: un antico mestiere che in Italia, oggi, è legato esclusivamente al settore dell'ippica. Pensiamo alle aziende che producono tutto il materiale che serve per le corse, dal sulky, alla sella e così via. Pensiamo al mondo dei produttori di un abbigliamento specifico. Pensiamo - perché qualcuno probabilmente se ne dimentica - al mondo della sanità legato al settore dell'ippica, a quello dei veterinari e delle facoltà di veterinaria, che sono legate all'ippica.
Vorrei evidenziare un altro aspetto, signor Presidente. Vi sono alcune zone del nostro Paese, in cui, se chiudessero alcuni ippodromi (non voglio nominarli, ma intelligenti pauca), vi sarebbero persone disponibili sul mercato, certamente non per svolgere attività sane e giuste. E mi fermo qui, perché le persone che lavorano in questo campo, non possono essere mandate l'indomani a fare gli insegnanti in una scuola. Sanno svolgere questo mestiere da anni e potrebbero fare soltanto questo, se non altre attività certamente poco ortodosse.
Vorrei svolgere un'ulteriore considerazione: il mondo dell'ippica non ha bisogno di un intervento spot, ma di una programmazione a medio e lungo termine. Si pensi, ad esempio, agli allevamenti: non è possibile programmare una fattrice, perché possa generare nuovi puledri, con una telefonata, né sapendo, al buio, se esista o meno un investimento. Pertanto, è necessario compiere un intervento serio e dare un segnale serio di attenzione.
Infatti, signor Presidente, molte volte si pensa all'ippica come ad un numero su cui scommettere. L'ippica non è un gratta e vinci! L'ippica è uno sport, innanzitutto, attorno al quale ruota un mondo più grande di quello che ognuno di noi possa immaginare.
Voglio anche dire - dato che nessuno l'ha detto - che l'ippica è un valore aggiunto per il turismo interno e anche per il turismo esterno del nostro Paese: su alcune corse di fama mondiale, infatti, non immaginate quale sia l'introito che il nostro Paese ha dal punto di vista turistico! Allo stesso modo, non è immaginabile, né quantificabile quanto valga il nome di un cavallo italiano vincitore di premi internazionali in termini di fama del nostro Paese nel mondo, ma anche in termini di attrazione per quegli allevatori che vogliono venire nel nostro Paese perché c'è questo grande campione.
Vorrei, inoltre, evidenziare un altro aspetto, perché chi conosce quel mondo probabilmente sa di chi parlo, ma chi non lo conosce poco capisce di quanto sia importante, e vorrei ricordare ai colleghi: sapete quante fiere legate al mondo dell'ippica vi sono nel nostro Paese? E sapete qual è il valore, in termini di prodotto interno lordo, di quelle fiere di settore?
Allo stesso modo, non parliamo di un mondo che troppo spesso, a mio avviso, viene visto nella peggiore accezione del termine ippica. Pertanto, se noi partiamo dal presupposto - e concludo, ribadendo questo concetto - che l'ippica è uno sport, un grande sport, attorno al quale sono legati una serie di interessi indotti che servono al nostro Paese, allora non possiamo più considerare l'ippica come un numero sul quale si punta, si gratta e si vince!Pag. 26
Credo che questo sia un segnale di grande attenzione, perché poi, se queste famiglie dovessero andare sul lastrico, che nessuno gridi allo scandalo se queste stesse famiglie sono prese in altre maglie non proprio ortodosse, perché - come si dice - ognuno ha famiglia e deve pensare alla propria (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio veramente «solleticare» la vostra attenzione su questo argomento: la materia dei giochi su cui stiamo legiferando. Si tratta di un argomento estremamente delicato e sensibile, perché da ciò si vede il modello di Stato che vogliamo dare a questo Paese.
È abbastanza singolare pensare che possa esistere uno Stato che promuova il gioco d'azzardo. Troppo spesso vediamo come, anche nelle pubblicità televisive, si inviti al poker americano o al Texaco; vediamo quelle grandi promozioni che ti fanno veramente entusiasmare perché ti dicono che puoi diventare subito ricco!
Allora, ecco perché è importante. Stiamo, infatti, decidendo quale modello di Stato vogliamo: se vogliamo uno Stato nel quale ci si arricchisce con facilità, nel quale diventi subito ricco e importante, facendo la velina, la modella o l'attricetta, oppure se vogliamo uno Stato nel quale bisogna, invece, investire in scuola, università e ricerca, perché è proprio questa la differenza ed è proprio su questo che oggi dobbiamo misurarci e confrontarci seriamente. Ne va del futuro delle nuove generazioni e del nostro Paese!
Sono quindi molto preoccupato perché abbiamo visto i tagli alla scuola, all'università e alla ricerca, in un Paese come il nostro, l'Italia, dove non abbiamo materie prime e dove dobbiamo investire soprattutto sul cervello e sull'intelligenza degli italiani: dobbiamo diventare un popolo di trasformatori, ossia capace di portare avanti aziende di trasformazione e nel quale, dunque, c'è bisogno di ricerca.
Ecco, quindi, la differenza. Siamo veramente molto preoccupati al riguardo e con gli emendamenti sul tema in oggetto abbiamo dato delle indicazioni. Non vogliamo, infatti, perdere quella bussola che deve orientare soprattutto l'attività della pubblica amministrazione e del Parlamento: dobbiamo improntare il nostro lavoro alla trasparenza.
Sono molto preoccupato quando vedo che, del nostro emendamento Messina 1-bis.11, con il quale abbiamo chiesto che i concessionari dei giochi non debbano avere controversie pendenti con lo Stato, è stata proposta una riformulazione che ne riduce la portata: a seguito della riformulazione la norma è infatti ridotta al divieto di rilasciare concessioni soltanto a chi abbia controversie pendenti con i Monopoli di Stato.
Ebbene, vi pongo una questione ben precisa: per quei concessionari che sono evasori fiscali, che hanno fregato il fisco, per quelli che hanno carichi pendenti, che sono accusati di reati penali e per tutti costoro che, comunque, stanno contro lo Stato (perché chi viola il codice penale e chi frega il fisco sta contro le leggi dello Stato italiano) le maglie sono aperte, sono larghe! È dunque riduttivo negare il rilascio della concessione soltanto a coloro che abbiano controversie pendenti con i Monopoli dello Stato.
Tutto questo deve farci davvero riflettere. Pensiamo alla massa di denaro che arriva con i giochi: si tratta di 60 miliardi l'anno, che vengono concentrati, al massimo, in una decina di società, che sono le più grandi e che hanno a disposizione questa massa di liquidità. Vogliamo lavorare veramente su questo aspetto, in vista di una trasparenza reale nei fatti? Vogliamo veramente eliminare i concessionari che hanno sedi fantasma alle Antille, alle Isole Cayman o in altri paradisi fiscali?
Questi soggetti vengono a prendersi i soldi con le concessioni che lo Stato italiano rilascia e poi lo fregano, andandosene all'estero, nei paradisi fiscali! Vogliamo mettere un punto a questa degenerazione, a una simile immoralità (ApplausiPag. 27dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico)?
Pertanto, dal momento in cui vogliamo perseguire la strada della trasparenza, della buona amministrazione, vi dico abbiamo bisogno di regole più stringenti e controlli più severi, come è avvenuto nel sistema creditizio a seguito della crisi. Non è infatti possibile che sul danaro - sempre lì, sempre sul danaro - si giochi tutto e ci siano quei buchi nel nostro sistema finanziario.
Sono necessari controlli più severi e regole più stringenti, perché non è più possibile tollerare che accada quello che è successo con la Lehman Brothers, che la società di rating certificava ancora catalogandola con AAA, lo stesso giorno in cui veniva messa in amministrazione controllata.
Se vogliamo percorrere questa strada, omologarci ed estendere regole e controlli in tutti i Paesi, non possiamo permetterci che i concessionari abbiano sede alle Antille o alle Isole Cayman. Con l'emendamento Messina 1-bis.12 che, caro Presidente, è stato dichiarato inammissibile da questa Presidenza, chiedevamo che il 10 per cento dei proventi dei giochi venisse destinato al finanziamento della lotta alla criminalità. Ci avete risposto che la lotta alla criminalità non è pertinente con l'argomento in oggetto. Noi non volevamo parlare di lotta alla criminalità.
Volevamo dare un 10 per cento dei proventi per potenziare le forze dell'ordine e le forze di polizia, per fare davvero la lotta alla criminalità, e su questo aspetto chiedo anche l'aiuto di chi della sicurezza fa una battaglia, come il gruppo della Lega Nord Padania.
Bisogna essere attenti su questi temi: abbiamo chiesto il 10 per cento per fare la lotta alla criminalità e questo emendamento è stato dichiarato inammissibile. Sulla legalità e sulla sicurezza vogliamo fare cose serie o si devono solo fare i soliti spot?
Caro Presidente Fini, rilancio un invito che le trasmetto in questo momento: le chiedo formalmente, per fare davvero la lotta alla criminalità, di convocare - glielo chiedo garbatamente e rispettosamente - una seduta monotematica di questa Camera, in cui si parli davvero della camorra, mettendo all'ordine del giorno la questione della criminalità organizzata in Italia.
L'altro giorno ero a Napoli ad una riunione con l'assessore regionale al turismo che prevedeva e ci esponeva la possibilità di spendere un miliardo e mezzo di euro in Campania. Gli ho detto di fermarci un attimo a riflettere, perché non vorrei che accadesse quanto è successo per i 50 mila miliardi di lire finiti nell'Irpinian gate o per i 2 miliardi di euro bruciati per la «monnezza» in Campania e che quindi, anche questa volta, questi soldi andassero in mano alla camorra.
Allora le chiedo, caro Presidente Fini, di convocare una seduta monotematica sul tema della camorra, sui rapporti tra la politica e la camorra e sulla eliminazione delle zone grigie che affossano il nostro Paese e a farlo in un'occasione: invitando, in quest'Aula, Roberto Saviano perché dobbiamo raccogliere il testimone che ha in mano. Egli è un grande uomo perché ha portato i riflettori sulla lotta alla camorra, lui da giornalista, e non doveva farlo un giornalista: questo è l'unico Paese nel quale a parlare di lotta alla camorra è un giornalista!
Ebbene, dobbiamo raccogliere il testimone, perché di lotta alla camorra ne dobbiamo parlare qui in Parlamento. Voglio diventare io Roberto Saviano! Voglio che i 630 parlamentari che siedono qui divengano altrettanti Roberto Saviano, perché deve essere messa all'ordine del giorno una discussione sulla lotta vera alla camorra affinché cominciamo davvero a dare una svolta! Daremo una svolta se davvero questo tema sarà iscritto all'ordine del giorno e ne discuteremo qui, se davvero si vuole fare la lotta alla camorra con i fatti.
Allora, caro Presidente Fini, assuma questa iniziativa soprattutto per una ragione - e concludo -, perché mi auguro che in questo Parlamento si autorizzi un bel gioco. Iniziamo un bel gioco: il giocoPag. 28della lotta alla camorra, il gioco della lotta alla mafia, il gioco della lotta alla 'ndrangheta, il gioco della lotta alla sacra corona unita, il gioco della lotta a tutte le criminalità organizzate che sono sul nostro territorio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Laura Molteni. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, l'ippica è una vera e propria filiera composta da agricoltori, allevatori, allenatori, artieri, fantini, proprietari di cavalli, trasportatori, aziende specializzate in articoli per l'ippica, piccole e medie aziende, veterinari e maniscalchi. Poi c'è tutto il mondo che gira attorno alle fiere cavalli: circa 200 mila addetti e 50 mila lavoratori che si alzano alle 4 del mattino e che, essendo iscritti all'ENPALS, non godono degli stessi ammortizzatori sociali degli altri.
Il comparto ippico, tra galoppo, trotto e sport equestri, conta circa 350 mila cavalli di cui 60 mila razze sportive, come è stato già ricordato in quest'Aula (trottatori e sella), 2.850 allevamenti e 16 mila equini nel comparto della riproduzione.
Dietro questo mondo c'è un ente, l'UNIRE, che, visti i bilanci e le gestioni, credo che vada sicuramente e senza indugi rivoltato come un calzino e che vada ristrutturato con un corposo piano industriale se si vuole che funzioni.
Voglio ricordare che per un corposo piano industriale ci vogliono delle risorse e che l'ippica è un settore che si autofinanzia, con proventi derivanti dalle scommesse e questo pochi lo sanno. Ogni euro scommesso viene ripartito in quote: il 71,40 per cento spetta ai giocatori, il 28,60 allo Stato. Di questo, il 12,2 per cento è ripartito tra le agenzie ippiche - alcune di queste sono morose - e il 4,5 per cento per imposta unica statale.
Ma cosa è successo in questi anni? Nel corso del tempo sono accresciute le possibilità di gioco per gli scommettitori, con una proliferazione di giochi (Superenalotto, Gratta e vinci, scommesse su sport vari, giochi automatici). Peccato che nessuno ha tenuto conto che il portafoglio degli scommettitori fosse sempre lo stesso, con la diretta conseguenza di un calo degli introiti sulle scommesse ippiche.
Voglio ricordare che, se si è parlato di mala ippica, convengo anch'io che la mala ippica è un'erba cattiva, che di sicuro avvelena il settore e come tale deve essere estirpata e vi deve essere l'impegno, da parte di questo Governo, in tal senso. Ma per colpa di queste situazioni, non credo che l'ippica debba essere un comparto destinato alla chiusura. Vi sono anche casi di malasanità, ma nessuno immagina di chiudere gli ospedali.
Sicuramente, si deve fare chiarezza: va fatta luce sulle corse clandestine in certe aree del Paese.
Voglio anche ricordare che i nostri cavalli purosangue, i nostri campioni, sono tra l'altro frutto di un patrimonio genetico che si è costituito in decenni, frutto di campioni, da Tornese, Nearco, Ribot e poi Varenne. È un patrimonio che ci invidiano a livello internazionale e che rischia di essere perduto per sempre.
Nel corso degli anni, i media hanno contribuito ben poco a portare alla ribalta questo mondo, che è fatto di grandi campioni, di grandi risultati sul piano sportivo, un mondo che non riguarda solo il trotto e il galoppo, ma anche gli sport equestri, e nei telegiornali sportivi ben pochi di noi vedono la coda di un cavallo, i risultati di una corsa o di un concorso ippico.
Con i nostri emendamenti non solo si vuole ridare ossigeno al comparto ippico, ma lo si vuole ristrutturare. I nostri emendamenti creano le basi per un piano di ristrutturazione perché vi sia, quindi, un bel piano industriale per far rinascere questo settore. Non sono sufficienti gli interventi tampone o una tantum. Questi interventi non farebbero altro che provocare l'agonia del comparto ippico.
L'ippica, pertanto, non è solo scommesse, ma è anche sport, tradizione e cultura e qui ricordo che tanti autori, nel corso del tempo e nelle loro opere, hanno parlato e descritto cosa significa frequentarePag. 29gli ippodromi. Mi riferisco a Hemingway in Addio alle armi e ad altri ancora. Si tratta di cultura e tradizione del nostro Paese, una tradizione che non può essere dimenticata, che non può essere lasciata in disparte. Oggi, nel mondo dell'ippica vi sono delle attese: l'ippica si aspetta di essere rivalutata, riscattata e riqualificata e di poter tornare agli antichi fasti di un tempo. Oggi, con gli emendamenti in ordine al provvedimento in materia di giochi, possiamo fare tutto questo, ma solo se saremo uniti, compatti e tesi verso un obiettivo comune potremo portare a casa il rilancio dell'ippica e non andare a casa con il cavallo di San Francesco (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti delle classi III A e III B della scuola «Maria Immacolata» di Conegliano, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, Cavour diceva che il gioco è la tassa sui poveri: è vero. L'azienda del gioco oggi è la terza azienda nazionale. Dopo la FIAT e dopo l'ENI è la più grande impresa. Ricordo nella scorsa legislatura - lo dico al collega che prima si era infervorato - la legge n. 248 del 4 agosto 2006 (Bersani-Visco): siamo riusciti a introdurre, per la prima volta, le macchinette nelle sale bingo.
Devo ricordare che la Lega Nord su questo punto ha sempre fatto una dura battaglia. Ricordo i titoli dei giornali del 2004, quando Umberto Bossi minacciava addirittura l'uscita dal Governo qualora fossero messe le macchinette nelle sale bingo. Ricordo a tutti il proliferare in qualche modo inconsulto delle attività di scommessa.
Il passato Governo ha introdotto le scommesse via rete (il casinò a domicilio): si calcola che circa un milione e mezzo di nuovi giovani comincino a giocare e che perdano, come minimo, 1.500 euro a testa. Le società concessionarie oggi si trovano nella stessa situazione di controllore e controllate.
Giustamente il collega dell'Italia dei Valori faceva notare i collegamenti anche con la mafia e con il narcotraffico. Ci sono elementi (per esempio, il risultato delle commissioni d'inchiesta del Brasile e dell'Argentina) che attestano il reale contatto tra alcune società concessionarie presenti nell'economia brasiliana e addirittura la mafia italiana.
Ricordo che nel 2005 la procura di Biella ha evidenziato un danno erariale di 5 miliardi di euro per la comunità da parte di associazioni a delinquere finalizzate alla frode informatica ai danni dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato attraverso le slot machine. La procura di Potenza ha aperto un'inchiesta nel 2006. Un'inchiesta giudiziaria nell'anno 2007 della procura di Venezia ha portato al sequestro di 110 mila apparecchi elettronici di gioco. Ci sono contatti evidenti, anche denunciati dal nostro partito, tra alcuni partiti presenti nell'opposizione e sale bingo, per esempio del bolognese o del genovese.
Credo che in qualche modo questo tema sarà affrontato dalla procura in dicembre, perché sul tavolo di questa grande riscossione miliardaria ci saranno l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, capolista di alcune contestazioni, per esempio, con Atlantis World che si vede contestare 31 miliardi 390 milioni, Codere 6 miliardi 853 milioni e Gmatica 3 miliardi 167 milioni. È un panorama estremamente preoccupante.
Se poi si pensa agli apparecchi privi di autorizzazione, è un bollettino di guerra: il 29 ottobre, per apparecchi privi di autorizzazione, sono state denunciate diciotto persone a L'Aquila; a Palermo, trovati quindici videopoker; a Palermo i pubblici ministeri hanno chiesto la confisca di una sala bingo intestata a boss mafiosi.
C'è la necessità di un maggior controllo e per questo, con un ordine del giorno che abbiamo presentato, chiediamo, in primo luogo, che in qualche modo venga istituita nuovamente la Commissione Grandi, chePag. 30nella scorsa legislatura era stata istituita con poteri di controllo da parte del Ministero.
In secondo luogo, credo che dovremo porre un limite alla diffusione dei vari punti delle macchinette, stabilendo per esempio che nei pressi delle scuole o dei locali di aggregazione giovanile, ci debba essere il divieto. Questo è già stato fatto da alcuni comuni con dei provvedimenti. Credo che ci vorrà una sorta di bonifica per una riduzione del fenomeno. Ricordo che il gioco è la tassa dei poveri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Avverto che per un errore materiale nel fascicolo n. 6 degli emendamenti non risulta pubblicato l'emendamento Montagnoli 1-bis.33, presentato entro i termini, che è attualmente in distribuzione e che sarà posto in votazione prima dell'emendamento Ceccuzzi 1-bis.30.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sulle proposte emendative Fluvi 1.1 e 1.2, Occhiuto 1-bis.10 (anche perché vi è un parere contrario della V Commissione bilancio) e Marchignoli 1-bis.16.
La Commissione raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 1-bis.100.
La Commissione invita al ritiro dell'emendamento Messina 1-bis.11. Infatti, tale emendamento è stato sostanzialmente assorbito dall'emendamento 1-bis.101 della Commissione, che immagino sia in distribuzione e di cui la Commissione raccomanda l'approvazione.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Cota 1-bis.22, a condizione che venga così riformulato: Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Sono comunque esclusi dalla procedura di cui al comma 1 i soggetti non in regola con i pagamenti dovuti alle amministrazioni interessate relativamente a concessioni precedentemente conseguite».
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Messina 1-bis.25.
La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1-bis.102, che risulta essere una mera riformulazione del testo.
La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Marchignoli 1-bis.5 e Occhiuto 1-bis.6 (anche perché vengono sostanzialmente assorbiti dall'emendamento della Commissione), nonché sugli identici emendamenti Marchignoli 1-bis.7 e Occhiuto 1-bis.8.
Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1-bis.103. A tal proposito, vorrei precisare che questo emendamento ne riprende anche uno presentato dal collega Vannucci, che era però stato riferito all'articolo 1-quater. Correttamente, per una riformulazione anche testualmente accettabile, lo abbiamo riportato in questo ambito.
Signor Presidente, l'emendamento Messina 1-bis.12 è inammissibile?

PRESIDENTE. Sì, onorevole Conte.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. A questo punto ci sarebbe, signor Presidente, l'emendamento Montagnoli 1-bis.33, ma purtroppo non essendoci nel testo...

PRESIDENTE. Aspetti un attimo, onorevole Conte, dopo l'emendamento inammissibile Messina 1-bis.12, vi sono gli identici emendamenti Marinello 1-bis.15 e Ruvolo 1-bis.24.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Sì naturalmente, mi riservavo di fare questo discorso sull'emendamento Montagnoli 1-bis.33; dato che non era pubblicato nel fascicolo, in sede di Comitato dei nove non lo abbiamo esaminato, sarà necessario comunque riprenderlo. Il mio parere personale sarebbe contrario, comunque avremo modo di valutarlo.Pag. 31
La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Marinello 1-bis.15 e Ruvolo 1-bis.24. Ritengo che questi due emendamenti - e lo ritiene anche la Commissione - colgano nel segno l'obiettivo complessivo della Commissione, ma non ci pare convincente fino in fondo la loro formulazione. Il parere pertanto è contrario, salvo un riassorbimento in un'ulteriore riformulazione.
Il parere è, altresì, contrario sull'emendamento Oliverio 1-bis.21.
Signor Presidente, per quanto riguarda l'emendamento Cota 1-bis.23, a titolo strettamente personale, non sono francamente convinto che possa risolvere le questioni che sono state poste e che abbiamo ascoltato da tutti i colleghi che sono intervenuti. Ciò nonostante, la maggioranza della Commissione è orientata ad esprimere un parere favorevole e, pertanto, mi rimetto alla decisione della maggioranza.

PRESIDENTE. Scusi relatore, il suo personale parere è contrario, ma la Commissione a maggioranza esprime parere favorevole?

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Esatto, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Cota 1-bis.23.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 1-bis.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, anche perché recepiamo una condizione della Commissione bilancio. Gli emendamenti Occhiuto 1-bis.13 e 1-bis.14 sono stati dichiarati inammissibili.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Ceccuzzi 1-bis.30, mentre formula un invito al ritiro degli emendamenti Ceccuzzi 1-bis.31 e 1-bis.32, in considerazione dell'accoglimento dell'emendamento Ceccuzzi 1-bis.30.
Mi fermerei qui, riservando di esprimere successivamente gli ulteriori pareri.

PRESIDENTE. Poi abbiamo l'emendamento Montagnoli 1-bis.33 che non è stato ancora esaminato.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Sì, l'emendamento Montagnoli 1-bis.33 non è stato ancora esaminato dal Comitato dei nove; ma sostanzialmente il parere sarebbe contrario.

PRESIDENTE. Sarà oggetto di esame da parte del Comitato dei nove che si riunirà durante la sospensione.
Il Governo?

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore, salvo per quanto concerne l'emendamento Cota 1-bis.23 su cui il Governo si rimette all'Assemblea ed interverrà successivamente.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non me ne voglia lei e nemmeno il relatore, che è persona che stimo ed apprezzo soprattutto per la serietà con cui affronta il suo lavoro, però noi andiamo avanti rischiando di creare dei precedenti che in qualche modo rimangono.
Non credo che il relatore possa, nel momento in cui esprime il parere, inserire una valutazione personale di merito, perché altrimenti si rischia che il parere del relatore abbia un valore aggiunto rispetto a quello che il Regolamento gli attribuisce. La sua opinione personale la può tranquillamente esprimere nel momento della dichiarazione di voto, ma non può farlo nel momento in cui dà il parere.
Tra l'altro, me lo domando e lo domando anche lei, nel momento in cui la Commissione ha formulato un suo parere, favorevole o contrario, non credo che il relatore si possa rimettere all'Aula. Il Governo lo può fare perché ha una funzione diversa, ma la Commissione ha preso una decisione e quella rimane, non è certo una valutazione dell'Aula che laPag. 32può modificare con un voto. Signor Presidente, lo dico perché non si creino dei precedenti.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la ringrazio dell'intervento, ma credo che non ci siamo ben compresi. Il relatore Conte, se ho ben inteso, per omaggio alla trasparenza ha espresso il suo personale parere. Io ho espressamente chiesto il parere della Commissione che è favorevole. Nel momento in cui sarà posto in votazione l'emendamento, la Presidenza ricorderà il parere favorevole della Commissione.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Fluvi 1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccuzzi. Ne ha facoltà.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, vorrei svolgere qualche considerazione preliminare prima di parlare del merito di questo emendamento.
Ritengo che l'esame del provvedimento che abbiamo svolto in Commissione finanze, che ora è stato testé riportato dal relatore, abbia prodotto un miglioramento di questo testo che presentava molte criticità e che, come ha detto l'onorevole Zaccaria, in particolare, è stato anche oggetto di rilievi da parte del Comitato per la legislazione che ha espresso un parere favorevole, certo, ma con alcune considerazioni che vorrei riportare.
Il Comitato ha, infatti, svolto alcuni rilievi sul provvedimento: in primo luogo, esso: «reca nel titolo e nel preambolo un riferimento alla necessità di "assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi" che tuttavia non sono richiamati né esplicitati nella relazione illustrativa né nell'articolato»; in secondo luogo: «non è corredato dalla relazione sull'analisi tecnico-normativa»; in terzo luogo: «non è corredato dalla relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione».
Il provvedimento in esame, che è stato presentato dal Governo sotto forma di decreto-legge, aveva quindi una motivazione d'urgenza per quanto riguarda la risposta che il Governo italiano, e dunque lo Stato, dovevano dare al contenzioso comunitario che si era aperto; successivamente, però, è stato eccessivamente appesantito da questioni che noi riteniamo certamente importanti e, come è stato affermato da altri colleghi prima di me, meritevoli di grande attenzione da parte del Parlamento e del Governo, ma che non potevano essere risolte con questo strumento.
Ci rallegriamo per il fatto che successivamente si «sorvolerà» sull'esame di alcuni articoli, come l'1-ter, che francamente, a nostro parere, erano oggetto di una valutazione di inammissibilità; tuttavia, pur avendo svolto un buon lavoro di snellimento del testo, crediamo che esso vada ulteriormente emendato. Ad esempio, con l'emendamento Fluvi 1.1, riteniamo che essendo già stata espletata la gara non sia necessaria una proroga così lunga e, quindi, proponiamo un restringimento di tale proroga a un termine effettivamente più reale e rispondente a esigenze concrete (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marchignoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, noi riteniamo che questa materia avrebbe dovuto essere sottoposta all'esame dell'Aula con la formulazione originaria di questo decreto-legge che riguardava un'esigenza che, dapprima, abbiamo condiviso, ossia quella di non interrompere il gioco dell'Enalotto, ma sulla quale poi non abbiamo più concordato, considerata l'implementazione che la maggioranza ha voluto imporre introducendo temi che esulano dalla ragione autentica dell'urgenza e che si occupano di tutto, anche in maniera molto scoordinata e al di fuori di una strategia.
I primi due emendamenti che abbiamo presentato riguardano l'accorciamento del tempo della proroga.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

Pag. 33

MASSIMO MARCHIGNOLI. Insistiamo affinché vengano accolti perché riteniamo che in Commissione non ci sia stata data una spiegazione sufficiente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fluvi 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 476
Votanti 469
Astenuti 7
Maggioranza 235
Hanno votato
222
Hanno votato
no 247).

Prendo atto che i deputati Messina, Occhiuto, Capitanio Santolini, Razzi e Mazzarella hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Fluvi 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccuzzi. Ne ha facoltà.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, come ha testé affermato l'onorevole Marchignoli, ci permettiamo di insistere per accorciare il tempo della proroga poiché, essendo già stata espletata la gara, non riteniamo che sia necessaria prevederla così lunga.
Vorrei approfittare anche per ribadire il giudizio complessivo che abbiamo espresso pochi minuti fa. Certamente tutto il comparto dei giochi merita una grande attenzione, in particolare in questo momento; esso, come è noto, è oggetto di monopolio da parte dello Stato ed è disciplinato dal decreto legislativo n. 496 che addirittura data 14 aprile 1948.
Sappiamo, altresì, molto bene che il comparto dei giochi porta un cospicuo gettito all'erario e che è gestito da Sogei, il soggetto che gestisce l'anagrafe tributaria, ed è quindi uno dei cuori della riservatezza nella gestione della banca dati del nostro Stato.
In questo comparto ovviamente dobbiamo tenere ben presenti quali sono i diritti dei consumatori, perché è evidente che vi è una contraddizione abbastanza insanabile tra il fatto che i giochi portano all'erario un gettito così cospicuo e la questione etica che si pone. Fin dalle ore 7 della mattina, infatti (chi non lo sa può recarsi alla Sogei a vedere) i totalizzatori cominciano a scorrere, in quanto gli introiti che affluiscono nelle casse dello Stato dalle sette di mattina cominciano a fare totalizzazione.
Siamo in un momento di crisi economica ed è, quindi, evidente che la disperazione, la preoccupazione, l'idea di facile arricchimento può portare tante persone in questo momento a gettarsi anche nei giochi e nella molteplice offerta che esiste nel nostro Paese e che per l'appunto finanza l'erario.
Quindi, non abbiamo apprezzato il modo con il quale il Governo ha portato in Aula questo provvedimento perché, come ho detto, non è stato accompagnato neanche da una relazione tecnica. Inoltre, si è cercato di appesantirlo con provvedimenti confusi che non rispondono affatto all'esigenza, ad esempio, di regolamentare il gioco on-line che ha bisogno, come ha detto il sottosegretario Giorgetti in Commissione, certamente di essere regolamentato.
Tuttavia, non siamo per niente convinti che l'articolo 1-ter, ad esempio, avrebbe consentito di regolamentarlo in modo efficace rispondendo alle esigenze che ho appena detto, a partire da quelle dei diritti dei consumatori, ma anche delle imprese che in questo settore negli ultimi anni hanno investito ben due miliardi di euro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 34
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fluvi 1.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 479
Astenuti 10
Maggioranza 240
Hanno votato
227
Hanno votato
no 252).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Occhiuto 1-bis.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, intervengo solo per motivare il senso del mio emendamento e anche il voto del gruppo dell'Unione di Centro cui appartengo. Abbiamo proposto un emendamento soppressivo di questo articolo, così come abbiamo proposto emendamenti soppressivi per ciascun articolo aggiunto dal Governo. Ci sembra, infatti, sbagliato nel metodo inserire in decreti-legge, che recano magari un contenuto anche condivisibile, altre questioni che, invece, avrebbero meritato un maggiore approfondimento in sede di discussione.
Peraltro, anche le discussioni concitate che qui, al mio fianco, al tavolo del Comitato dei nove si stanno tenendo su alcune questioni che riguardano l'articolo 1-bis, forse avrebbero dovuto indurre o dovrebbero indurre la maggioranza a comprendere che su alcune materie bisogna legiferare in modo diverso.
Ci rendiamo conto che la questione dell'ippica è importante e che coinvolge decine di migliaia di famiglie; ce ne rendiamo perfettamente conto e siamo disponibili anche al confronto sul contenuto dell'articolo 1-bis. Semplicemente, avremmo voluto che questo aspetto potesse trovare una soluzione definitiva in sede legislativa. Avremmo voluto, inoltre, che questa potesse essere l'occasione anche per ragionare sull'accorpamento degli ippodromi e sulle sovvenzioni agli allevatori, e per ragionare sul ruolo dell'UNIRE che spesso ha alimentato iniziative che sono andate poi a decremento anche del sistema dei montepremi.
L'UNIRE, infatti, riceve dallo Stato 360 milioni di euro, tuttavia spende per i montepremi soltanto 200 milioni di euro. Ci piacerebbe capire se le responsabilità in ordine alle proteste legittime e sacrosante degli allevatori non dipendano in qualche modo anche dalle scelte sbagliate che in questi anni sono state poste in essere.
Per tale ragione, noi abbiamo chiesto di sopprimere tutti gli articoli aggiuntivi del Governo e su questo, su cui siamo disponibili ad un confronto, avremmo voluto che la maggioranza avesse dimostrato maggiore disponibilità ad affrontare alla radice il problema e non solo perché è strattonata e tirata per la giacca da quanti spesso sui problemi degli allevatori hanno costruito posizioni e fortune personali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei - oltre che all'Aula, ovviamente - perché sono convinto della sensibilità che lei, come Presidente della Camera, ha in merito ai rapporti fra istituzioni, fra Governo e Parlamento.
È stato ricordato in precedenza, che questo è il sedicesimo decreto-legge che giunge all'esame dell'Assemblea, mentre il Governo ne ha già approvati ventotto (nelle prossime settimane, quindi, avremo da lavorare molto). Il problema che sorge, però, è relativo al fatto che il decreto-legge in discussione constava di un solo articolo, contenente la proroga della concessione per la gestione del Superenalotto. I colleghiPag. 35Ceccuzzi e Marchignoli, prima di me, intervenendo in merito ai precedenti emendamenti riferiti all'articolo 1, hanno fatto rilevare come il periodo di proroga, a nostro avviso, sia eccessivamente lungo. Esso termina il 1o luglio dell'anno prossimo, ma si sa bene che la gara è già stata esperita ed è stata vinta da una concessionaria e che la gestione è stata assegnata a chi ha vinto. Non comprendiamo, quindi, un prolungamento di tutti questi mesi per la gestione della concessione del Superenalotto.
Con riguardo alla questione specifica, il collega Occhiuto ha fatto riferimento ad una disponibilità mostrata dalle opposizioni in Commissione. Nella sostanza, noi eravamo disponibili - così come l'opposizione nel suo complesso - a seguire un percorso accelerato in Commissione, se la maggioranza e il Governo avessero asciugato il testo del decreto-legge, riportandolo al testo originario, per approfondire le tematiche contenute negli articoli 1-bis, 1-ter e 1-quater.
Signor Presidente, lei converrà con me che le considerazioni svolte dal presidente della Commissione - che è anche relatore - in merito agli emendamenti sull'ippica e sull'UNIRE fanno rilevare qualche dubbio. È un po' singolare il fatto che il relatore, presidente della Commissione, si esprima in questo modo e che il Governo si rimetta all'Aula. Nella sostanza, credo che avremmo avuto bisogno di maggiore tempo per approfondire le questioni contenute nel decreto-legge.
Ciononostante, signor Presidente, poiché credo che ormai la discussione proseguirà nel pomeriggio, forse è opportuno, sulla parte relativa all'UNIRE e all'ippica, accantonare questi emendamenti, per consentire un ulteriore approfondimento da parte del Comitato dei nove.
Venendo alle questioni relative all'emendamento Occhiuto 1-bis.10 - che noi condividiamo e sul quale, quindi, voteremo a favore - vorrei far rilevare e sottolineare che stiamo intervenendo a gamba tesa su un settore che ha subito interventi importanti appena pochi anni fa.
Mi consenta, signor Presidente (apro e chiudo una parentesi): questo brusio in Aula non mi scandalizza, perché non è disinteresse. Forse c'è anche troppo interesse in merito al decreto-legge in esame, quindi questo brusio è relativo al troppo interesse ...

PRESIDENTE. Lei è ottimista!

ALBERTO FLUVI. Mi soffermo sull'emendamento in questione. Nella precedente legislatura, siamo intervenuti in maniera importante con il cosiddetto provvedimento Bersani. Sono stati assegnati 15 mila corner per la gestione delle scommesse riguardo all'ippica e riguardo alle scommesse sportive in generale.
Sono stati assegnati circa 1.250 negozi per la gestione delle scommesse sportive, circa 250 negozi per l'ippica: sono stati inferiori addirittura all'offerta disponibile sul mercato. Si introducono altre tremila licenze. Credo che forse sarebbe opportuno riflettere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, relativamente all'emendamento Cota 1-bis.23, ascoltate le argomentazioni emerse anche nel corso del dibattito, il nostro gruppo è disponibile ad una sua riformulazione.

PRESIDENTE. Onorevole Cota, mi scusi, ma siamo sull'emendamento Occhiuto 1-bis.10.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, lo dico ora per l'economia dei lavori.

PRESIDENTE. Prego, prosegua pure.

ROBERTO COTA. Intervengo, eventualmente, sull'ordine dei lavori. Potrei anche leggere la riformulazione.

Pag. 36

PRESIDENTE. Onorevole Cota, la richiamo al rispetto del Regolamento. Lei, ovviamente, può fare come crede, ma la riformulazione deve essere ad opera del Comitato dei nove.

ROBERTO COTA. Manifesto la disponibilità ad accogliere una riformulazione in determinati termini. Alla luce di questo, chiedo che il Comitato dei nove valuti l'emendamento come riformulato.

PRESIDENTE. Il relatore?

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, naturalmente se decidiamo di riunire il Comitato dei nove per valutare una riformulazione del comma 7, che ha tanto interessato e appassionato l'Aula, sono d'accordo, ma nel momento in cui ci si arriva. Se poi decidessimo, anche per l'economia dei lavori, ma questa è una sua decisione, di proseguire l'esame finché si può, per riprendere i lavori con l'esame dell'emendamento in questione, saremmo assolutamente disponibili.

ALBERTO FLUVI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, intervengo sempre per l'economia dei lavori e per accelerare il lavoro della Camera. Siccome il relatore ha espresso i pareri sugli emendamenti fino a quelli riferiti all'articolo 1-bis, inviterei il relatore a completare l'espressione dei pareri, in modo da accelerare il percorso dei nostri lavori.

PRESIDENTE. Procediamo intanto con la votazione dell'emendamento Occhiuto 1-bis.10, poiché si sono svolte le dichiarazione di voto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Occhiuto 1-bis.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 486
Votanti 480
Astenuti 9
Maggioranza 241
Hanno votato
227
Hanno votato
no 253).

Prendo atto che i deputati Levi, De Poli e Mazzarella hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
A questo punto, proporrei di proseguire fino alle ore 13,15-13,30, per consentire la votazione degli emendamenti sui quali la Commissione ha già espresso il parere, per sospendere subito dopo, al fine di consentire la riunione del Comitato dei nove per valutare la riformulazione dell'emendamento Cota 1-bis.23.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Marchignoli 1-bis.16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchignoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, intervengo in primo luogo per dire che sarebbe utile che il relatore esprimesse il parere su tutti gli emendamenti, per un'esigenza di chiarezza e anche per consentire a ognuno di noi di esprimerci con trasparenza.
Intervengo sull'emendamento Marchignoli 1-bis.16, per dire che in esso anche noi prevediamo tremila nuovi diritti di esercizio, come la maggioranza. C'è un'esigenza di allargare, di stare più vicini ai consumatori. Da questo punto di vista, pensiamo ai consumatori e ad offrirgli anche un servizio più efficiente ed efficace, ma vogliamo altresì evitare la concentrazione. Prevediamo un limite massimo del 20 per cento della concentrazione dei diritti per chi partecipa alla gara, perché nell'articolo della maggioranza questo limite non è previsto.Pag. 37
Questo è sbagliato, perché non possiamo correre il rischio di appannaggio nelle mani di pochi dei diritti messi in gara. Ciò non farebbe l'interesse né di coloro che gestiscono i punti vendita né, soprattutto, di coloro che, da consumatori e da clienti, vanno nei punti vendita. Bisogna evitare le concentrazioni e che diamo che venga inserito il limite del 20 per cento, che caratterizza la nostra posizione.

PRESIDENTE. Onorevole Conte, è in grado di accogliere l'invito dell'onorevole Marchignoli e dell'onorevole Fluvi e di esprimere il parere anche sui restanti emendamenti?

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, siamo pronti su tutti gli emendamenti perché abbiamo trovato un equilibrio, anche raccogliendo alcune indicazioni che erano arrivate dall'opposizione. Per questo, se lei crede, posso esprimere tutti i pareri, in modo da accelerare i lavori.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Conte.

GIANFRANCO CONTE, Relatore Signor Presidente, sostanzialmente - lei lo aveva preannunciato - quanto all'emendamento Occhiuto 1-ter.5, lo accoglieremmo.

PRESIDENTE. Quindi, il parere è favorevole sull'emendamento Occhiuto 1-ter.5?

GIANFRANCO CONTE, Relatore Sì, il parere è favorevole; risulterebbero, quindi, preclusi tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 1-ter.
La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Occhiuto 1-quater.5 e Marchignoli 1-quater.6. Il parere è, altresì, contrario sull'emendamento Marchignoli 1-quater.7, mentre gli emendamenti Marchignoli 1-quater.9 e Marchignoli 1-quater.8 sarebbero riassorbiti dall'emendamento 1-quater.101 della Commissione, che riformulerebbe l'emendamento 1-quater.100 della Commissione.

PRESIDENTE. Lei formula quindi un invito al ritiro per gli emendamenti Marchignoli 1-quater.9 e Marchignoli 1-quater.8?

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Sì, signor Presidente, e raccomando l'approvazione dell'emendamento 1-quater.101 della Commissione. L'emendamento 1-quater.100 della Commissione rimane, ma viene riformulato così com'è stato presentato in Commissione nella riformulazione ultima che avevamo concordato. L'articolo aggiuntivo Vannucci 1-quater.05 è stato ritirato, mentre l'articolo aggiuntivo Reguzzoni 1-quater.06 è stato dichiarato inammissibile.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere è conforme a quello del relatore. Mi riservo, peraltro, di intervenire successivamente sull'emendamento Occhiuto 1-ter.5.

PRESIDENTE. Ricordo al presidente Conte che il Comitato dei nove si deve pronunciare anche sull'emendamento Montagnoli 1-bis.33.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, lo faremo non appena ci riuniremo.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, intervengo sulla richiesta del Governo di pronunciarsi successivamente sull'emendamento Occhiuto 1-ter.5. Credo che i pareri debbano essere dati tutti. Manca il parere del Governo su questo emendamento.

PRESIDENTE. Se ho ben compreso, il parere è favorevole. Il Governo si riserva di intervenire per motivarlo.Pag. 38
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marchignoli 1-bis.16, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 484
Votanti 477
Astenuti 7
Maggioranza 239
Hanno votato
226
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che i deputati Argentin, Delfino e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato De Girolamo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1-bis.100 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 481
Votanti 474
Astenuti 7
Maggioranza 238
Hanno votato
472
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che i deputati Dima, Bosi, Barbareschi e Vessa hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che i deputati Anna Teresa Formisano, De Poli, Naro e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Messina 1-bis.11.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

IGNAZIO MESSINA. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Non ritiriamo l'emendamento, perché prevede una cosa che, credo, rappresentata all'Aula, non possa che essere votata favorevolmente. Tutti gli interventi che vi sono stati non hanno fatto altro che ripetere che è importante intervenire con la norma in esame, perché va tutelato il mondo dell'ippica, e quindi va tutelato comunque il mondo di coloro i quali investono su un settore che non può essere messo da parte. Noi su questo siamo assolutamente d'accordo; dobbiamo, tuttavia, fare in modo che venga tutelato il mondo dell'ippica, gli operatori ma anche coloro i quali giocano: vanno tutelati tutti.
È veramente un controsenso pensare che le concessioni - si badi, ben tremila concessioni - possano essere rilasciate a soggetti che abbiano problemi con la giustizia. Il nostro emendamento quindi è molto chiaro, e prevede che sia le società che i soggetti che compongono gli organismi societari non devono, per essere concessionari, avere controversie legali in atto contro l'amministrazione dello Stato. Noi non possiamo accogliere la riformulazione, perché la riformulazione dice cosa ben diversa e c'è una bella differenza. Essa dice che i soggetti o gli organi societari non possono essere aggiudicatari nel caso in cui non sia intervenuto il giudicato nei confronti dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli relativamente alle concessioni. Si capisce bene che il campo di azione è completamente diverso: se una società non ha, o i componenti non hanno, controversie con i Monopoli, ma hanno pendenze di carattere civile, o peggio, penale, possono essere destinatari di concessione. Credo che non faremmo un buon servizio né a chi al mondo dell'ippica tiene, né a coloro i quali vanno a giocare e vedono transitare i loro soldi attraverso soggetti discutibili, società discutibili, società che hanno problemi con la criminalità organizzata.

Pag. 39

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, precedentemente avevo espresso un parere sull'emendamento Messina 1-bis.11 nel caso in cui i presentatori ritenessero di convergere sulla formulazione dell'emendamento della Commissione. È chiaro che se tale formulazione non viene accettata, c'è un convinto parere contrario, perché obiettivamente cambia proprio il contesto nel quale ci stiamo muovendo. Quindi, il parere è contrario sull'emendamento Messina 1-bis.11, mentre si raccomanda l'approvazione dell'emendamento 1-bis.101 della Commissione.

PRESIDENTE. Era chiaro comunque, onorevole Conte.
Prendo atto che il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
Passiamo ai voti (Commenti del deputato Scilipoti).
Chiedo scusa. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà. Non si agiti, le ho dato la parola.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, le chiedo scusa, non mi agitavo, ma cercavo soltanto di attirare l'attenzione, perché avevo chiesto di parlare. Noi dell'Italia dei Valori vogliamo porre all'attenzione di tutti i colleghi presenti in Aula, e anche del Governo, il fatto che l'emendamento in esame dovrebbe essere accettato.
Riteniamo ciò perché non è concepibile, colleghi presenti in Aula, che chi è titolare di giochi o chi ne fa richiesta abbia una controversia con lo Stato. Chi è infatti che ha controversie con lo Stato? Ha controversie con lo Stato colui il quale ha evaso il fisco, il mafioso, il delinquente e cioè tutti coloro i quali hanno truffato, direttamente o indirettamente, lo Stato: come può garantire ed esercitare quel ruolo che dovrebbe essere delicatissimo dal momento che amministra denaro e, tra l'altro, giochi e scommesse?

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, deve concludere.

DOMENICO SCILIPOTI. Pongo allora all'attenzione dei colleghi in Aula - e lo faccio con grande serietà e spirito di collaborazione - di stare attenti su questo emendamento che - concludo - non vuole essere né contro la maggioranza né contro i colleghi presenti in Aula, ma solo nell'interesse dello Stato e delle garanzie che uno Stato di diritto dovrebbe rispettare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Messina 1-bis.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 499
Votanti 493
Astenuti 6
Maggioranza 247
Hanno votato
239
Hanno votato
no 254).

Prendo atto che i deputati Argentin e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1-bis.101 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 492
Votanti 484
Astenuti 8
Maggioranza 243
Hanno votato
481
Hanno votato
no 3).

Pag. 40

Prendo atto che i deputati Tenaglia, Argentin, Naro, Pelino e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Onde consentire al Comitato dei nove di formulare i pareri necessari e di riformulare l'emendamento dell'onorevole Cota, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Cota, Donadi, Gregorio Fontana, Alberto Giorgetti, Lo Monte, Lombardo, Mazzocchi, Mussolini, Pescante e Romani sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1707-A.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato da ultimo approvato l'emendamento 1-bis.101 della Commissione.
Avverto che è stato presentato l'emendamento 1-bis.104 della Commissione, già trasmesso ai gruppi, che è in distribuzione.
Passiamo all'emendamento Cota 1-bis.22, sul quale la Commissione e il Governo hanno espresso un parere favorevole con riformulazione. Do lettura della riformulazione: «All'articolo 1-bis, comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: sono comunque esclusi dalla procedura di cui al comma 1 i soggetti non in regola con i pagamenti dovuti alle amministrazioni interessate relativamente a concessioni precedentemente conseguite».

Sull'ordine dei lavori (ore 15,12).

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, a che titolo intende intervenire?

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori: ho imparato da quello che lei mi ha detto ieri.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, intervengo, brevemente, per dirle che ho letto questa mattina sul Corriere della Sera, che il Ministro della difesa, onorevole La Russa, recandosi in visita alla sinagoga di Roma, ha auspicato che si istituisca un giorno della memoria per ricordare le vittime della Shoah.
Chiedo a lei, signor Presidente, che ci ha aiutato ad approvare, in questo Parlamento, la legge istitutiva del giorno della memoria, di informare il Ministro della difesa che il giorno della memoria esiste, è legge dall'anno 2000 ed è celebrato il 27 gennaio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, non è prerogativa del Presidente della Camera commentare ciò che viene scritto nei giornali, ma, se ho ben letto, si tratta di istituire una giornata in ricordo di coloro che, appartenenti alla comunità ebraica, sono caduti in occasione della grande guerra: se ho ben compreso, si tratta di ricordare quella vicenda e non di celebrare il giorno della memoria (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Italia dei Valori).

Pag. 41

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1707-A (ore 15,15).

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Onorevole Cota, accetta la riformulazione del suo emendamento 1-bis.22, proposta dal relatore?

ROBERTO COTA. Signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dalla Commissione perché è in linea con quanto da me prospettato in sede di chiusura dei lavori antimeridiani. Se quindi l'ordine dei lavori prevede l'esame di questo emendamento, procederei all'intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Cota, il suo emendamento, nel testo riformulato, verrà posto in votazione successivamente. Lei, comunque, accetta la riformulazione del suo emendamento 1-bis.22?

ROBERTO COTA. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione.

PRESIDENTE. Sta bene.

PAOLO RUSSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO. Signor Presidente, la riformulazione è riferita all'emendamento Cota 1-bis.22 o Cota 1-bis.23?

PRESIDENTE. Onorevole Russo, come ho testé letto, la riformulazione è riferita all'emendamento Cota 1-bis.22.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, naturalmente la riformulazione dell'emendamento Cota 1-bis.22 si è resa necessaria in considerazione del fatto che una generica indicazione della situazione debitoria avrebbe riguardato anche coloro che avevano proceduto alla rateizzazione dei debiti precedenti. È chiaro che la riformulazione tende ad evidenziare che i casi in questione non sono riferibili ai debitori che hanno fatto rateizzazioni, ma semplicemente a quelli che non sono in regola con i pagamenti. Lo dico per un chiarimento utile all'Assemblea.
Naturalmente, Presidente, per quanto riguarda la considerazione dell'onorevole Cota, quando arriveremo al punto in questione riferirò all'Aula dell'esito del Comitato dei nove, nel quale è stato raggiunto un accordo ed è stata riformulata la norma (secondo le indicazioni che avevamo avuto anche dall'autorevole onorevole Cota) realizzandosi in tal modo la necessaria modifica.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cota 1-bis.22, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Presidente, ci sono cinque voti su una fila di due!

PRESIDENTE. Allora, lascio aperta la votazione e invito i deputati segretari a procedere alla verifica delle tessere di votazione (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente - Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori - Commenti del deputato Cristaldi). Onorevole Cristaldi, il problema è stato posto poc'anzi in Ufficio di Presidenza. È evidente che quando si è in presenza, ad avviso del Presidente di turno, di un voto che palesemente non riflette le presenze in Aula, è prerogativa del Presidente lasciare aperta la votazione (Applausi dei deputatiPag. 42dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori). La situazione mi sembra di tutta evidenza, se lei viene qua lo vede con i suoi occhi.
I presenti sono 207, i figurativi sono 15, il totale è 222. Quindi occorre calcolare coloro che hanno dichiarato il voto e i presenti non votanti. Si tratta degli onorevoli Palomba, Leoluca Orlando, Borghesi, Monai, Aniello Formisano, Porcino, Favia, Donadi, Scilipoti, Cambursano, Mura, Di Pietro, Giulietti, Zazzera, Barbato, Porfidia, Misiti, Merlo, Misiani, Servodio, Zunino, Vico, Federico Testa, Sbrollini, Tempestini, Rosato, Realacci, Siragusa, Sanga, Sani, Giachetti, Cardinale, Fadda, Pizzetti, Damiano, Motta, Tocci, Bellanova, Enzo Carra, Melis, Oliverio, Marchi, De Biasi, Tenaglia, Capodicasa, Capano, Marco Carra e numerosi altri colleghi.
Così prevede il Regolamento, onorevoli colleghi. Il numero legale è assicurato dal fatto che sono presenti, anche se non votanti, i colleghi che ho testé richiamato.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 207
Votanti 203
Astenuti 4
Maggioranza 102
Hanno votato
203
Sono in missione
75 deputati).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Ci mancherebbe anche l'applauso...
Signor Presidente, vorrei intanto (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di prestare attenzione.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei ringraziarla a nome del mio gruppo. Infatti, ritengo che fosse necessario un autorevole intervento da parte della Presidenza, senza minimamente voler speculare sulle sue decisioni, che ritengo siano state assolutamente consone all'esigenza di garantire correttezza in quest'Assemblea al momento della votazione. Conosciamo il Regolamento, signor Presidente, e sapevamo perfettamente che, se avessimo voluto far mancare il numero legale, sarebbe bastato che fossimo usciti: non ci sarebbero stati figurativi e sarebbe mancato palesemente il numero legale.
Vorrei sottolineare, signor Presidente, come lei ha visto e anche stigmatizzato, che in quei 207 voti erano compresi molti voti di persone che non erano presenti in Aula. Oltre a chiederle di proseguire su una strada di massimo rigore nelle prossime votazioni, constatato il fatto che molti di quei 207 votanti non erano presenti in aula, le chiedo se non sia il caso di ripetere questa votazione: infatti palesemente, signor Presidente, noi eravamo in aula e lei ci ha potuto contare mentre, se avesse potuto fare la stessa cosa dall'altra parte, probabilmente non avrebbe potuto contare molti dei 207 voti espressi perché i colleghi non erano presenti al banco dove la lucetta verde era accesa.
Quindi, le chiederei, se fosse possibile e se lei lo ritenesse, di ripetere una votazione che palesemente, al di là del fatto che abbiamo garantito il numero legale, non corrisponde alla realtà dell'Assemblea in quel momento.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la votazione si è svolta in modo regolare e lei ha correttamente ricordato che la vostra presenza ha garantito il numero legale e quindi, come lei sa, il fatto che abbia votato un numero di deputati che non corrisponde alla maggioranza numerica non autorizza la Presidenza ad annullare la votazione.

MARIO VALDUCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 43

MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, intervengo soltanto per informare l'Assemblea che, essendoci in corso audizioni nella Commissione trasporti, questa è stata sconvocata soltanto alle 15,08 e quindi vi sono stati anche dei ritardi per raggiungere l'Aula.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, vorrei richiamare lo stesso argomento introdotto dal presidente Valducci. Alcune Commissioni erano riunite: le Commissioni V ed VIII erano ancora riunite mentre si è svolta la votazione (Commenti). Come no? Sì! Erano ancora riunite mentre si è svolta la votazione. Infatti, i nostri deputati stanno scendendo adesso. Vorrei dirlo a lei, signor Presidente, ma anche a tutti i colleghi che cercano di strumentalizzare la situazione, mentre non c'è niente da strumentalizzare.

PRESIDENTE. Onorevole Cota, le Commissioni sapevano che alle 15 sarebbe ripresa la seduta in Aula con immediate votazioni. In ogni caso, ciò che lei ha richiamato credo debba porre all'attenzione di tutti i colleghi una necessità avanzata più volte in altra sede: far sì che il lavoro delle Commissioni non avvenga nei ritagli di tempo, ma che possa essere condotto in modo tale da consentire il necessario approfondimento e una modalità di svolgimento dei nostri lavori più ordinata.

GIAN LUCA GALLETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, intervengo solo per dire che una cosa o è vera o non è vera. In questo caso non è vera: la V Commissione ha finito i propri lavori e ha consentito di entrare in Aula a tutti i membri, che infatti erano nella stragrande maggioranza in Aula al momento del voto (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori). Lo dico per correttezza e per verità.

PRESIDENTE. Va bene; in ogni caso, ripeto quello che ho detto in precedenza: le Commissioni sapevano che alle 15 l'Aula avrebbe ripreso i suoi lavori con immediate votazioni.

RAFFAELLA MARIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, volevo testimoniare, facendo parte dell'VIII Commissione, che anche la nostra Commissione alle 14,45 aveva ampiamente terminato i suoi lavori, tant'è che ci siamo potuti trattenere anche per altre questioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, a lei non sfuggirà il fatto che le votazioni da qualche settimana stanno diventando un calvario, per ripetute violazioni a quella che dovrebbe essere una norma assolutamente pacifica per tutti. Allora, le chiederei se lei non possa valutare l'opportunità di anticipare il sistema che dovrebbe essere posto in essere dal 1o gennaio, anche perché, in questo scorcio di fine d'anno, ci accingiamo ad affrontare una serie di provvedimenti estremamente delicati e rischiamo di vivere un calvario di questo tipo quotidianamente.

PRESIDENTE. Sarei lieto di poterle rispondere positivamente, ma come sa l'onorevole Mura, l'Ufficio di Presidenza, che ha oggi affrontato la questione, è a conoscenza del fatto che daremo corso alle nuove modalità di espressione di voto a partire dalle prime settimane dell'annoPag. 44venturo. È materialmente impossibile anticiparne i tempi per ragioni tecniche, non per ragioni relative alla volontà politica.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, mi dispiace dover replicare rapidissimamente all'onorevole Cota: quando una votazione si svolge e, votando solo i colleghi della maggioranza, l'esito di questo voto è di 203 più 4 astenuti, vuol dire che vi erano 207 colleghi della maggioranza virtualmente presenti.
Poniamo pure che fossero fisicamente presenti: il numero legale è 240, sottratti i 20 che sono computati all'opposizione che ha chiesto il voto nominale elettronico, farebbero 220; è evidente. Chiedo alla maggioranza, poiché stiamo garantendo il numero legale sul provvedimento in esame da stamattina, di evitare il voto doppio e triplo, perché ciò inficerebbe l'esito delle prossime votazioni.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Messina 1-bis.25
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, l'emendamento in esame, che ha ricevuto il parere contrario della Commissione, è per noi fondamentale. Ci stiamo accingendo a dare tremila concessioni, non c'è alcun limite. La disposizione in esame prevede che si possa evitare una concentrazione di tutte le concessioni nelle mani soltanto di pochi, che possono poi gestire l'intera attività. Considerato che parliamo di diversi miliardi di euro, riteniamo che sia veramente importante il massimo della diffusione e che quindi venga messo un paletto chiaro rispetto all'impossibilità di accentrare su pochi privilegiati l'intera gestione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Messina 1-bis.25, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 428
Votanti 427
Astenuti 1
Maggioranza 214
Hanno votato
204
Hanno votato
no 223).

Prendo atto che i deputati Scilipoti e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Capitanio Santolini ha segnalato che non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1-bis.102 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 441
Votanti 237
Astenuti 204
Maggioranza 119
Hanno votato
236
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Di Pietro ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi e che i deputati De Poli e De Pasquale hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Marchignoli 1-bis.7 e Occhiuto 1-bis.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccuzzi. Ne ha facoltà.

Pag. 45

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, siamo contrari all'introduzione del comma 6 dell'articolo 1-bis in esame, perché riteniamo sbagliato introdurre elementi di deregulation all'interno del quadro normativo dei giochi.
Vorrei fare riferimento all'intervento che ho svolto precedentemente, per ritornare all'affermazione resa dal sottosegretario Alberto Giorgetti in Commissione: egli ha sostenuto che sarebbe stato opportuno, in questa fase, limitarsi soltanto ad una manutenzione ordinaria della legislazione. Se questo è vero, i pilastri della legislazione in materia di giochi (in particolare, per quanto riguarda la rete fisica, della quale stiamo parlando in questo momento) sono la legge finanziaria per il 2003 e, soprattutto, il cosiddetto decreto-legge Bersani-Visco del 2006.
Con il comma 6 dell'articolo in esame, si va a toccare il tema delle distanze, che sono state introdotte con il citato decreto-legge Bersani-Visco e, quindi, si introducono elementi di deregolamentazione. Tra l'altro, in questo modo, si penalizzano quelle imprese (di cui parlavo anche questa mattina, e di cui abbiamo ascoltato lungamente nel corso delle audizioni che si sono svolte presso la Commissione finanze durante la XV legislatura) che hanno investito molte risorse in questo settore. In questo modo, attraverso la delegificazione e senza un quadro di riferimento, si va a penalizzare una serie di operatori rispetto ad altri. Ritengo che, invece, vi sarebbero stati ben altri temi sui quali legiferare, piuttosto che entrare nel merito di ciò.
A tale proposito, vorrei ricordare che, per quanto riguarda le sanzioni (vorrei fare soltanto questo esempio), esiste una legge che risale al 13 dicembre 1989 che, per quanto riguarda il gioco clandestino e le scommesse illegali, impartisce sanzioni che vanno da 100 mila lire a un milione di lire (non vi è stata nemmeno la conversione in euro). Quindi, come si nota, si è fatto un intervento sbagliato, andando a toccare il cosiddetto decreto-legge Bersani-Visco, quando vi sarebbero ben altre esigenze come, per esempio, quella di rivedere il quadro sanzionatorio; oppure, potrei fare riferimento all'istituzione dell'Agenzia sui giochi, rispetto alla quale non sappiamo a che punto siamo e della quale, invece, vi sarebbe grande esigenza.
Pertanto, si introducono elementi di deregulation in una fase e in una stagione in cui la deregulation proprio non va di moda e ciò è confermato, signor Presidente, dall'attribuzione del premio Nobel a Paul Krugman (visto che è un keynesiano) e, soprattutto, dai risultati delle elezioni degli Stati Uniti, con l'elezione di Barack Obama (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prima di passare ai voti, avverto che, precedentemente, ho omesso di ricordare che gli identici emendamenti Marchignoli 1-bis.5 e Occhiuto 1-bis.6 sono preclusi dall'approvazione dell'emendamento 1-bis.100 della Commissione.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Marchignoli 1-bis.7 e Occhiuto 1-bis.8, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 443
Votanti 440
Astenuti 3
Maggioranza 221
Hanno votato
208
Hanno votato
no 232).

Prendo atto che il deputato De Poli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1-bis.103 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, come ha ricordato il presidentePag. 46Conte, che vorrei ringraziare, l'emendamento della Commissione in oggetto assorbe l'articolo aggiuntivo 1-quater.05 a mia firma, che, quindi, ho provveduto a ritirare (anche se molti colleghi mi avevano chiesto di poterlo sottoscrivere). L'emendamento in oggetto indirettamente va incontro alla crisi dell'ippica, che preoccupa tutti noi e che ha impegnato colleghi del nostro gruppo, soprattutto della Commissione agricoltura - che voglio ringraziare - in numerose proposte emendative.
Come è noto, nelle sale corse degli ippodromi si scommette su tutto il territorio nazionale. Questo era consentito, però, soltanto nei giorni di svolgimento delle gare. Con l'emendamento in esame consentiamo le scommesse anche quando nel singolo ippodromo non si svolgono gare. Questo può aiutare gli ippodromi perché, come sappiamo, molto spesso sono luoghi gradevoli con ristoranti attrezzati che la gente può visitare; nel contempo si possono vedere i cavalli e, se si vuole e sarà consentito negli ippodromi, si potrà anche giocare.
Pertanto, credo che l'emendamento vada nel verso giusto. Ringrazio la Commissione e annunzio che esprimeremo un voto favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1-bis.103 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 454
Votanti 451
Astenuti 3
Maggioranza 226
Hanno votato
450
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che i deputati De Poli e Ferranti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'emendamento Messina 1-bis.12 è inammissibile.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1-bis.104 della Commissione.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, intervengo anche per informare l'Assemblea sull'esito della riunione del Comitato dei nove.
Come avevo detto durante l'espressione dei pareri in ordine agli emendamenti, signor Presidente, poiché gli identici emendamenti Marinello 1-bis.15 e Ruvolo 1-bis.24 vanno nella stessa direzione dell'emendamento formulato nell'ambito del Comitato dei nove, prego comunque i presentatori, gli onorevoli Marinello, Nola e gli altri per il primo emendamento e gli onorevoli Ruvolo e Anna Teresa Formisano per il secondo emendamento, di considerare le proprie proposte emendative assorbite nella formulazione dell'emendamento elaborato dal Comitato dei nove, che costituisce una riformulazione dell'emendamento Cota 1-bis.23 e che riprende complessivamente tutto il comma 7 dell'articolo 1-bis. Tale emendamento ha visto il consenso dell'intera Commissione.
Naturalmente, con lo stesso intento chiedo il ritiro dell'emendamento Oliverio 1-bis.21 perché, in realtà, la Commissione è intervenuta anche su questo.
In ordine all'emendamento Cota 1-bis.23, naturalmente proponiamo una soluzione alternativa che è l'emendamento 1-bis.104 della Commissione, che abbiamo messo a disposizione dell'Assemblea e del quale, ovviamente, la Commissione raccomanda l'approvazione.
Signor Presidente, se crede, posso leggere l'emendamento 1-bis.104 della Commissione, anche sintetizzandolo, oppure possiamo darlo come acquisito.

PRESIDENTE. Lo legga, onorevole Conte.

Pag. 47

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, come ho detto, questo emendamento riprende, sostanzialmente, tutte le proposte emendative che ho precedentemente riassunto.
Con l'emendamento 1-bis.104 della Commissione il comma 7 dell'articolo 1-bis risulta del seguente tenore, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009 è istituito un Fondo, alimentato dalle maggiori entrate derivanti dall'attuazione del comma 5; quota parte delle risorse del predetto Fondo è destinata, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, all'incremento del montepremi e delle provvidenze per l'allevamento dei cavalli ovvero, anche progressivamente, in funzione del processo di risanamento finanziario e di riassetto dei relativi settori, alle esigenze finanziarie relative alle attività istituzionali del Comitato olimpico nazionale (CONI) e dell'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE), con esclusione delle ordinarie esigenze di funzionamento della medesima UNIRE. La parte del Fondo non destinata alle predette esigenze è riversata all'entrata del bilancio dello Stato. A decorrere dal 1o gennaio 2009 la misura del prelievo erariale unico di cui all'articolo 39, comma 13, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ...» naturalmente a questo punto occorre effettuare un'ulteriore modifica, signor Presidente, «...e di cui all'articolo 1, comma 531, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è elevata al 12,70 per cento delle somme giocate;
le maggiori entrate derivanti dall'applicazione del presente periodo rispetto alle entrate relative all'anno 2008, rilevate annualmente dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono assegnate all'UNIRE per essere interamente destinate all'incremento del montepremi. Al fine di consentire il completamento ed il potenziamento infrastrutturale dei servizi istituzionali dell'UNIRE, per l'anno 2008 - e qui interviene l'elemento relativo a quelle che erano le considerazioni dell'onorevole Oliverio - è assegnato al medesimo ente un contributo pari a 25 milioni di euro al cui onere si provvede mediante corrispondente riduzione per il medesimo anno del fondo di cui all'articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Le eventuali ulteriori maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi da 1 a 4, nonché del comma 6 del presente articolo, rilevate annualmente dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono interamente destinate all'incremento del montepremi. Il piano annuale di utilizzazione delle risorse finanziarie di UNIRE è approvato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali entro il 15 gennaio di ciascun anno, sentite le competenti Commissioni parlamentari permanenti».
Questa riformulazione ulteriore, è stata determinata dalla necessità di chiarire un intervento legislativo successivo che si è operato sulla norma precedente. Questo è il testo sul quale la Commissione ha trovato un accordo.

PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Montagnoli 1-bis.33 è stato ritirato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, questo emendamento che oggi viene sottoposto al voto è un emendamento della Lega che il nostro gruppo parlamentare ha presentato nel corso della discussione di questo provvedimento con l'obiettivo di affrontare e di risolvere i problemi dell'ippica. Dopo diverse traversie che si sono verificate all'interno della Commissione e anche dopo il dibattito di questa mattina, la Lega ha proposto una riformulazione migliorativa dell'emendamento anche per raccogliere dall'Aula il consenso necessario per poter affrontare e risolvere il problema.
Questo lo vorrei dire perché è sempre bene essere chiari e anche affinché chi questa mattina ha osteggiato apertamente o anche più subdolamente questo provvedimento oggi si assuma la responsabilità, anche di fronte a quest'Aula, a fronte dell'emendamento che è uscito dalla Commissione.Pag. 48
Questo emendamento è stato presentato per salvare l'ippica, che è un settore intorno al quale ruotano 50 mila persone; e non si tratta soltanto di fantini o di allevatori, ma si tratta di tante famiglie che sono inserite in questo contesto economico e sociale che parte dalle corse dei cavalli e arriva più in là, fino a coinvolgere tutta la filiera agricola, la filiera di chi alleva i cavalli e di chi coltiva il mangime necessario ai cavalli.
Il segno di attenzione che la Lega dà nei confronti dell'ippica è un segno di attenzione che la Lega dà di fronte a tutto il comparto dell'allevamento e a tutto il comparto agricolo e lo vorrei ricordare. Difendere l'ippica vuol dire anche difendere un pezzo della nostra storia e della nostra cultura, come è già stato ricordato. Quindi, questo è l'obiettivo.
Come è stato costruito l'emendamento? In modo tale da consentire all'UNIRE di uscire dalla situazione attuale nella quale versa, e di uscire da questa condizione in base a criteri che devono essere chiaramente ispirati alla trasparenza. Infatti, non sfuggirà il fatto che le risorse aggiuntive necessarie saranno destinate al montepremi delle corse.
Non sfuggirà neanche ai colleghi il fatto che il piano annuale di utilizzazione delle risorse dovrà essere approvato con decreto del Ministro delle politiche agricole entro il 15 gennaio di ciascun anno, sentite le competenti Commissioni.
Quindi, vogliamo risolvere il problema, e aprire anche una stagione nuova per quanto riguarda l'ippica. Una stagione di trasparenza dove l'UNIRE, sotto ovviamente il controllo politico del Ministro dell'agricoltura, presenti un piano industriale per poter stare in piedi e affrontare le sfide del futuro.
Inoltre, non vengono drenate risorse dai cittadini perché i denari necessari vengono presi dalla quota che andrebbe ai concessionari. Quindi, questo emendamento, per quanto riguarda i cittadini e la collettività, è a costo zero e, invece, produce un vantaggio per tante famiglie che lavorano in questo settore.
Quindi, la Lega Nord Padania esprimerà ovviamente un voto favorevole sull'emendamento che lei stessa ha presentato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolo Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO. Signor Presidente, mi sembra che la riformulazione della Commissione abbia recepito le sollecitazioni pervenute da più parti (a cominciare da quelle che personalmente ho rappresentato sia per parte del Popolo della Libertà che in quanto presidente della Commissione agricoltura). Tali sollecitazioni hanno prodotto un risultato utile e funzionale non tanto ad alimentare quei carrozzoni burocratici con clientele e gestioni del passato, che hanno rappresentato una stagione da dimenticare dell'UNIRE, bensì piuttosto a garantire un montepremi funzionale ad un progetto nuovo dal punto di vista industriale, capace davvero di rappresentare modernità e anche managerialità.
Si tratta, però, di una riflessione sostanzialmente e largamente condivisa e per questo alla sollecitazione del collega Cota aggiungo la mia personale a tutte le parti di questo Parlamento per far sì che, attorno a questo emendamento della Commissione, si trovi la più larga condivisione possibile, per far sì che giunga un segnale chiaro e forte al mondo dell'ippica: due diligence da una parte, piano industriale dall'altra, nonché sollecitazione di tipo manageriale. Si tratta di strumenti indispensabili per consentire quel rilancio della nostra tradizione ippica.
Nel mondo i tanti Varenne italiani, vanto dell'italianità e del made in Italy, sono un'eccellenza che va considerata, alimentata, tutelata e protetta nel mercato con quel piglio manageriale che si ricerca e che attraverso questo provvedimento può essere trovato.
Per questa ragione, non solo dichiaro ovviamente il voto favorevole mio e del Popolo della Libertà sull'emendamento inPag. 49esame, ma auspico che tutta l'Assemblea si stringa coralmente attorno a questo importante settore produttivo, sostenuto e che alimenta 50 mila famiglie del nostro Paese.
Mi consenta, infine, signor Presidente, di rilevare, come purtroppo accade troppo frequentemente, che una questione come questa, di evidente competenza della Commissione che mi onoro di presiedere, non può essere appropriatamente sviscerata perché i tempi stretti bypassano l'attività della Commissione. Sono certo che questa sollecitazione è comune ad altre Commissioni e sono convinto che il Governo, da una parte, e la Presidenza, dall'altra - per la sua spiccata sensibilità già manifestata e dimostrata in altre occasioni - sapranno evitare queste vicende che vanno a tutto detrimento non tanto e non solo delle prerogative e delle competenze, ma soprattutto della qualità e dell'approfondimento di merito della norma.
Per questo accedo, anche a nome dei colleghi che lo hanno firmato con me (il collega Nola ed altri), alla nuova riformulazione, ovviamente ritirando la firma sull'emendamento Marinello 1-bis.15 (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, in verità in Commissione, nel Comitato dei nove ed ora in Aula, noi abbiamo sostenuto e sosteniamo che la riformulazione, testè illustrataci dall'onorevole Conte e sulla quale è intervenuto anche il collega Cota, non assorbe, per quanto ci riguarda, l'emendamento proposto dall'Unione di Centro a firma dei colleghi Ruvolo e Anna Teresa Formisano 1-bis. 24. Sono emendamenti diversi: l'emendamento Ruvolo 1-bis. 24 prevede in sostanza di intervenire sulla stabilizzazione del montepremi, ma anche di indurre una revisione del decreto legislativo n. 449 del 1999, la norma che si occupa del riordino generale dell'UNIRE.
Qui in Aula più di uno ha sostenuto che c'è un problema che riguarda il settore ippico e che sono sacrosante (anche noi le riconosciamo) le rivendicazioni che provengono da questo settore, così come è sacrosanto voler aiutare gli allevatori, ma c'è un problema che è costituito proprio dall'UNIRE, che chi è intervenuto prima di me, mi riferisco all'onorevole Paolo Russo, ha definito un carrozzone. Ebbene, l'emendamento che voi proponete, mi rivolgo agli onorevoli Cota e Conte, si fa carico sì di recepire le istanze degli allevatori, ma non pone un vincolo sufficiente all'utilizzo di queste risorse nella direzione di aumentare il montepremi.
Qual è il punto? L'UNIRE oggi riceve dallo Stato 360 milioni di euro, di questi solo 130 sono distribuiti agli allevatori attraverso i montepremi. Con questo emendamento che voi proponete in verità all'UNIRE sarebbe possibile utilizzare queste risorse aggiuntive per i montepremi, ma non le risorse destinate fino ad oggi ai montepremi, cioè quei 130 milioni di euro. Allora, delle due l'una: o ci fidiamo dell'UNIRE e diciamo che è un organismo che va bene così, o se lo definite un carrozzone non potete poi proporre un emendamento che non preveda che questa risorse siano realmente aggiuntive a quelle finora destinate ai montepremi.
Per questo motivo, signor Presidente, noi chiediamo che l'emendamento Ruvolo 1-bis. 24 venga posto in votazione, in quanto affronta oggi la questione, ma ha anche l'ambizione di indurre il Parlamento a legiferare in maniera più generale per impedire che l'UNIRE si consolidi come un carrozzone che non aiuta gli allevatori, i quali meritano grande attenzione e non gli atteggiamenti di chi dietro di loro si nasconde per altre ragioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brandolini. Ne ha facoltà.

SANDRO BRANDOLINI. Signor Presidente, non è mia abitudine assumere la paternità di un provvedimento o di un emendamento, come in questo caso. VoglioPag. 50però ricordare all'onorevole Cota che noi ritiriamo l'emendamento Oliverio 1-bis. 21, che viene prima di quello a prima firma Cota 1-bis. 23; un emendamento che era sostanzialmente identico a quello presentato dalla Lega Nord con una modifica: anziché prevedere un intervento di 25 milioni di euro per sanare il corrente, cioè il 2008, né prevedeva 32, e quindi addirittura era più incisivo rispetto al risanamento di una situazione indubbiamente di estrema difficoltà.
Voglio quindi ricordare che l'emendamento che abbiamo proposto è una risposta ad una situazione di emergenza, alla contingenza, ma il lavoro vero di riforma del settore - io aggiungo anche di superamento, attraverso una riforma, dell'UNIRE - lo dovremo svolgere perché non sta all'interno del provvedimento che stiamo discutendo e che approveremo. Per questo abbiamo presentato un ordine del giorno che impegna il Governo, in particolare il Ministro dell'agricoltura, a intervenire rapidamente per arrivare a quel piano industriale che anche l'onorevole Cota ricordava e che, questa mattina, nelle sue articolazioni, la collega Cenni illustrava molto bene nel suo intervento sul complesso degli emendamenti. Quindi, oggi interveniamo sull'emergenza, ma ciò che è necessario per dare futuro a questo settore è una riforma radicale che investa tutta la filiera, dall'allevamento al momento finale che è quello della corsa negli ippodromi.
Occorre tenere presente, infatti, che qui ci sono anche (oserei dire) dei vantaggi eterni, nel senso che l'allevatore è colui che alleva il cavallo che però, quando va a correre negli ippodromi, al 99 per cento dei casi non è più di sua proprietà perché l'ha venduto a un proprietario; tuttavia, nonostante questo l'allevatore percepisce una percentuale sul montepremi, cioè sulle vincite che quel cavallo realizzata attraverso le corse. Dunque, nel processo di riforma bisogna anche considerare come distribuire le risorse, e soprattutto come sostenere in modo adeguato la qualità del cavallo e dell'allevamento italiano che ci ha dato molte soddisfazioni e senz'altro può darne per il futuro.
Quindi, ritiriamo, come detto, il nostro emendamento e voteremo la riformulazione della Commissione. Ci auguriamo che il Governo esprima parere favorevole sul nostro ordine del giorno perché questo impegnerà da domani tutto il Parlamento, a partire dalla Commissione agricoltura, nella riforma del sistema che è la sola in grado di garantire un futuro all'ippica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà, per un minuto.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, sono il primo firmatario dell'emendamento 1-bis. 15 sul quale la Commissione ha formulato un invito al ritiro, quindi, se mi consente, vorrei avere almeno qualche minuto in più a disposizione per spiegare le ragioni del ritiro. Se ciò non è possibile preferisco rinunciare al mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Marinello, per il suo gruppo ha già parlato l'onorevole Paolo Russo.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Scusi, signor Presidente, dal momento che accedo all'invito al ritiro vorrei spiegarne il motivo.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Marinello, anziché un minuto le concedo due minuti.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, al di là della foga declamatoria e anche del vezzo infantile di taluno che gode a voler essere il primo della classe, vorrei ringraziare il relatore e il Comitato dei nove per lo sforzo compiuto per arrivare a una giusta mediazione tra le proposte emendative. In particolare, la soluzione proposta miraPag. 51alla salvaguardia e all'incremento del montepremi che è il vero polmone di tutto il sistema, e pone precisi paletti all'UNIRE del quale ci occupiamo da sempre e non per i brillanti risultati. A tal proposito, avremmo preferito che si prevedessero maggiori «paletti» e maggiori controlli sull'ente; in ogni caso abbiamo presentato un ordine del giorno con l'auspicio che il Governo possa accettarlo.
Ringrazio l'onorevole Gianfranco Conte per avere riconosciuto più volte, nel corso della trattazione del provvedimento, la bontà e la validità della nostra proposta emendativa che per prima, e dapprima, aveva colto bene il problema nella sua interezza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nola. Ne ha facoltà.

CARLO NOLA. Signor Presidente, intervengo brevemente per sottolineare che questo è l'emendamento più importante per quanto riguarda il settore dell'ippica. Il frutto del lavoro svolto da diverse forze politiche, che deriva dall'emendamento proposto dalla Commissione, va nella direzione di salvaguardare la filiera. Non si tratta di soldi buttati a pioggia, ma di risorse che servono a mantenere un settore vivo e vitale anche durante la crisi, assistite dall'assoluta garanzia che il settore stesso si avvia ad una forte ristrutturazione.
Il collega Brandolini sarà stato presente quando il prefetto Sottile, presidente dell'UNIRE, ha dato garanzia che queste saranno le linee seguite prossimamente e ha quantificato in circa 25 milioni di euro le risorse necessarie; d'altra parte, si tratta di risorse che l'UNIRE già prevedeva, perché le promesse del precedente Governo erano in questo senso, ossia di averle a disposizione. La garanzia assoluta è stata data - di questo il Popolo della Libertà è ben consapevole - dal fatto che queste risorse - tolti i due o tre milioni di euro necessari per concludere la gestione - saranno destinati al montepremi. Per questo motivo, come Popolo della Libertà, ringrazio tutti i proponenti, e preannuncio che voteremo a favore dell'emendamento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale perché il presidente Conte mi ha chiesto di ritirare l'emendamento, da me sottoscritto, Ruvolo 1-bis. 24. Non lo ritiro, ma chiedo che venga votato. Voglio anche spiegare perché: ricordo il significato della sigla UNIRE, che fa riferimento all'incremento delle razze equine. Non dobbiamo dimenticare chi svolge materialmente questo tipo di attività, ossia gli allevatori e tutto il mondo legato a questo settore. Mi meravigliano, quindi, alcune dichiarazioni; intanto, vorrei ricordare a quest'Aula che gli allevatori esistono in tutta Italia. Quando sento determinate paternità su questo tipo di impostazione, francamente mi viene da ridere, perché gli allevatori sono sparsi su tutto il territorio nazionale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Un primo passo è costituito dal fatto che deve essere ristrutturata...

PRESIDENTE. Onorevole Formisano, il tempo a sua disposizione è esaurito. Per il suo gruppo ha parlato anche l'onorevole Occhiuto.

ANNA TERESA FORMISANO...l'azienda UNIRE e che dobbiamo preoccuparci soprattutto degli utenti finali.

PRESIDENTE. Ricordo che l'eventuale approvazione dell'emendamento 1-bis. 104 della Commissione preclude o assorbe tutti i successivi emendamenti, sino all'emendamentoPag. 52Ceccuzzi 1-bis. 30 escluso. Pertanto, qualora venga approvato l'emendamento 1-bis.104 della Commissione, non sarà possibile porre in votazione gli emendamenti successivi; in particolare, quelli per i quali l'onorevole Occhiuto e l'onorevole Formisano hanno dichiarato la loro volontà di insistere per la votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, chiedo brevemente di parlare su questo argomento, sul quale dibattiamo da molte ore. Mi consentiranno i colleghi che hanno parlato a favore dell'emendamento 1-bis.104 della Commissione e del problema in questione di ricordare, a chi ha avuto una certa esperienza di lavori parlamentari nelle ultime legislature, che non è la prima volta - temo non sarà l'ultima - che il Parlamento italiano è chiamato a risanare situazioni di carrozzoni che non funzionano, si dissestano e poi pesano sulle finanze pubbliche.
Gli onorevoli colleghi di tutte le parti politiche, che hanno espresso la loro gioia per le risorse che vengono assegnate all'UNIRE, risparmino al Parlamento italiano che così si fa qualcosa di utile all'Italia, alla filiera, all'agricoltura e alla vita economica del Paese. Si tratta di un'operazione di salvataggio, sulla quale si dovrebbe parlare di meno se la si deve fare la si voti. Non si sottragga tempo, però, al Parlamento e alla vita italiana, che devono esaminare problemi seri. Questo Parlamento ha dibattuto della crisi finanziaria mondiale per venti minuti dopo l'intervento del Ministro Tremonti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà) e dibatte da alcune ore su un problema di sottogoverno che ha accompagnato la vita italiana. Le vicende dell'UNIRE, che sono uno scandalo nazionale, hanno accompagnato le legislature della Repubblica. La destra, la sinistra e il centro ci risparmino queste giaculatorie che non servono a niente! Per questo motivo, signor Presidente, mi asterrò sull'emendamento 1-bis.104 della Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1-bis.104 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 457
Votanti 395
Astenuti 62
Maggioranza 198
Hanno votato
389
Hanno votato
no 6).

Prendo atto che il deputato Rao ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Come testé ricordato, sono precluse o assorbite tutte le proposte emendative successive, fino all'emendamento 1-bis. 300.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ceccuzzi 1-bis. 30, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 452
Votanti 426
Astenuti 26
Maggioranza 214
Hanno votato
426.

Prendo atto che la deputata Bernini Bovicelli ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e che la deputata De Girolamo ha segnalato che si è astenuta mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.Pag. 53
Prendo atto che l'onorevole Ceccuzzi, presentatore degli emendamenti, 1-bis. 31 e 1-bis. 32, li ritira.
Ricordo che l'emendamento Montagnoli 1-bis. 33 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Occhiuto 1-ter. 5.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, colgo l'occasione per svolgere qualche breve riflessione sul tema trattato dall'articolo 1-ter, che riguarda l'esercizio e la raccolta a distanza dei giochi. È evidente che il Governo ha preso atto di una valutazione fatta, per quanto riguarda il carattere prettamente tecnico, sulla presentazione di un emendamento particolarmente articolato ad un testo che è stato presentato sostanzialmente asciutto da parte del Governo al Parlamento. Esso constava di un solo articolo, ma è stato anche messo in discussione più volte nel corso del dibattito in quest'Aula, relativamente al fatto che non ci fossero i requisiti di necessità ed urgenza per giustificare questi interventi.
Signor Presidente, il Governo, accogliendo le valutazioni formulate dagli uffici, dalla Presidenza e durante il dibattito in Commissione, ha aderito e dato la disponibilità alla soppressione di questo articolo. Vorrei, però, sottolineare, colleghi, la delicatezza e l'importanza di un testo che sparirà dall'esito finale di questo decreto-legge, ma che ha elementi di sensibilità assoluta, che vorrei ribadire in quest'Aula.
Innanzitutto, l'intervento con questa norma, così com'è avvenuto per gli articoli 1-bis e 1-quater, aveva un carattere di necessità ed urgenza, determinato dal fatto che oggi la raccolta dei giochi da palinsesto statale attraverso il canale telematico è stata consentita, ma allo stesso tempo è avvenuta con provvedimenti dirigenziali dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.
Allo stesso tempo, è altrettanto evidente che la Commissione europea - desidero informare di questo i colleghi - ha aperto nei riguardi dell'Italia due procedure di infrazione, con le quali in sostanza si contestano le modalità con le quali lo Stato italiano pare aver regolato questo particolare settore di raccolta dei giochi. Pertanto, colleghi, noi ci troviamo di fronte a due procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea nei nostri confronti, con la necessità quindi di intervenire in tempi urgenti con una norma che possa mettere al sicuro le condizioni di funzionamento e di raccolta del gioco in campo nazionale, consentendo, nel contempo, di affrontare questo argomento anche in sede europea. In merito, il Governo aveva già portato avanti relazioni significative, a tal punto che, se questa norma fosse stata approvata, le procedure di infrazione sarebbero state immediatamente chiuse. Quindi, signor Presidente, vorrei richiamare i colleghi al fatto che il Governo si è presentato al dibattito su questo provvedimento con criteri di assoluta disponibilità e trasparenza, secondo una logica di piena volontà di condivisione, come pare di aver dimostrato anche con l'approvazione di molti emendamenti dell'opposizione e di emendamenti significativi riformulati anche durante i lavori di questa giornata.
Questo per ribadire che la linea che stiamo intraprendendo è dettata dalla necessità di dover intervenire non solo per dare risposte sul versante delle procedure di infrazione comunitaria aperte nei confronti dell'Italia in questa materia, ma anche e soprattutto, come più volte richiamato da interventi in quest'Aula, per rivolgere un'attenzione particolare nei confronti dei giocatori con riferimento ai temi della responsabilità, della difesa dei soggetti deboli, dei minori, di tutti coloro che si avvicinano a Internet e possono trovare oggi un'offerta di gioco che è solo parzialmente lecita e molto al di fuori, al momento,Pag. 54del palinsesto dei giochi consentiti in Italia, e quindi sostanzialmente illecita.
Vorrei ricordare che ci confrontiamo molto spesso in quest'Aula su risorse importanti, legate a scelte che riguardano il futuro del Paese su questioni che sono strategiche per la nostra nazione.
Con buona probabilità, rinunciando all'approvazione di questo specifico testo, rinunciamo anche ad entrate assolutamente ingenti, che attualmente ci sono e sono frutto di un gioco che non è sostanzialmente lecito. Al riguardo, evidentemente, l'erario perde risorse e perdono risorse, ovviamente, possibilità di impiego adeguato, in particolar modo per le finalità, previste da questo articolo, del sostegno ai soggetti deboli e, evidentemente, al sociale (dimensione che, anche alla luce di questa crisi, merita particolare attenzione).
Era il contributo che si poteva dare, ovviamente da parte del Governo, nel settore dei giochi; un contributo cui non vogliamo rinunciare e non intendiamo rinunciare.
Con questo intervento si intende, da una parte, ringraziare la Commissione per il lavoro finora svolto su una serie di questioni sensibili, anche attraverso la proposta emendativa specifica a sostegno del settore dell'ippica.
Voglio solo ricordare che su questo argomento, di fatto, già il testo inizialmente proposto in Commissione relativamente alla raccolta delle scommesse, e quindi alla messa in gara di nuovi punti di raccolta, rispondeva, anche in questo caso, a un problema di carattere europeo relativo ad un'infrazione comunitaria, dichiarata anche da una sentenza della Corte di giustizia. Peraltro, la coerente riformulazione del testo e quindi il punto di mediazione trovato dalla Commissione grazie a un lavoro comune - ringrazio ancora la Commissione in tal senso - evitava e ha evitato che a seguito della prima formulazione dell'emendamento Cota si potessero determinare, anche involontariamente, gravi effetti negativi sul gettito per le casse dell'erario.
Questo per dire che l'attenzione del Governo è rivolta alle questioni poste in quest'Aula e molti emendamenti che riguardano il tema della trasparenza, della difesa dei consumatori e della difesa dei soggetti deboli sono stati recepiti.
L'attività del Governo proseguirà. Mi auguro che, in una prossima occasione, spero entro la fine dell'anno, ci sia maggiore comprensione da parte dei colleghi della necessità di intervenire in maniera significativa, magari utilizzando un altro strumento.
Il Governo si riserva di ripresentare questo testo o con un disegno di legge specifico, su cui auspico possa intervenire da parte dei gruppi l'accordo per seguire una corsia privilegiata per l'approvazione, o piuttosto con un ulteriore decreto, che possa, eventualmente, entro la fine dell'anno, raccogliere più esigenze, ma che vadano nel senso delle questioni poste in quest'Aula.
Con rammarico, ovviamente, prendo atto dell'assenza delle condizioni per l'approvazione di un testo che risulta comunque di assoluta e prioritaria importanza e su cui auspico una maggiore attenzione nel prosieguo dei lavori della Camera (Applausi del deputato Di Pietro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, intervengo solo per esprimere apprezzamento per la decisione del Governo e del relatore di esprimere parere favorevole in ordine a questo emendamento, che prevede la soppressione dell'articolo 1-ter.
Lo abbiamo proposto perché abbiamo ritenuto che la decretazione d'urgenza non fosse, come dire, la modalità ordinaria per intervenire su una materia di questa complessità.
Vorrei, però, rassicurare il Governo, signor sottosegretario, che c'è per intero la volontà del mio gruppo, ma credo anche degli altri colleghi dell'opposizione, di discutere nel merito su questa materia attraverso altri strumenti legislativi; non c'è la volontà di sottrarsi.Pag. 55
Tuttavia, le questioni che rilevano quando si discute di questa materia non possono essere solo quelle che hanno riflessi sull'erario, ma, come evidenziava il sottosegretario, devono essere anche quelle che riguardano la difesa dei soggetti deboli.
Si tratta della raccolta di giochi on line, quindi su Internet; forse sarebbe opportuno avviare una discussione sul varo di una normativa generale di questo comparto. Pertanto, secondo noi, è opportuno che non si proceda con i tempi imposti dalla decretazione d'urgenza. Solo per queste ragioni noi abbiamo proposto un emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Prendo anch'io la parola per esprimere l'apprezzamento del mio gruppo per il parere favorevole del Governo sull'emendamento soppressivo dell'articolo 1-ter. Il sottosegretario sa benissimo che in merito all'articolo 1-ter noi abbiamo sollevato in primo luogo questioni di metodo, e anche questioni di merito. Non contestiamo la necessità di intervenire nel merito dei temi affrontati dall'articolo 1-ter, che riguardano appunto la raccolta a distanza dei giochi nel nostro Paese; diciamo però che lo strumento che avete scelto, così come abbiamo ripetuto durante tutta questa discussione, ci sembra improprio, perché si tratta di un decreto-legge che era nato solo per prorogare la concessione per l'esercizio del Superenalotto: avete poi inserito diversi emendamenti che entrano «a gamba tesa» nell'intero settore dei giochi. Quindi è stato prima di tutto il rifiuto di un confronto predeterminato nei tempi, ma allo stesso tempo la volontà, più volte ribadita in Commissione da tutta l'opposizione, di assegnare, se il Governo lo riterrà, una corsia privilegiata al tema che ha testé ricordato il sottosegretario. Anche perché anche noi siamo consapevoli delle procedure di infrazione aperte a livello europeo, e anche noi siamo consapevoli dell'importanza che va sempre più assumendo il gioco on line, la raccolta a distanza dei giochi nel nostro Paese. Ma proprio per questo abbiamo apprezzato molto la disponibilità, in questo caso del Governo, a ritirare, sostanzialmente, l'articolo 1-ter e a rinviare un confronto di merito, in Commissione, sul tema.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, anche noi prendiamo atto positivamente del parere favorevole da parte del Governo sull'emendamento soppressivo dell'articolo 1-ter e quindi, sostanzialmente, di una sorta di ritiro dell'articolo. Però non possiamo fare a meno di dire che ovviamente questa è la conseguenza dell'utilizzo di uno strumento inadeguato per normare una materia, quella della raccolta dei giochi on line, che invece ha un'importanza straordinaria per l'incidenza che ha nella società italiana, per l'incidenza che può avere e le disfunzioni che può creare: utilizzare un emendamento a un provvedimento di un solo articolo per normare tutto questo era, è e rimane sicuramente inadeguato. Siamo quindi ben consapevoli che questa sia una materia importante da normare, ma proprio per questo ribadiamo che lo strumento utilizzato non è certamente adeguato, così com'è accaduto in altre situazioni. Prendiamo atto della disponibilità in questo senso e dichiariamo la nostra, per fare in modo che si possa arrivare a una normativa vera, che alla fine abbia un obiettivo unico: non solo e non tanto raccogliere risorse per l'erario dello Stato, non solo e non tanto raccogliere per i concessionari ipermiliardari, ma soprattutto per tutelare i soggetti più deboli, cioè i cittadini italiani.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Occhiuto 1-ter.5, accettato dalla Commissione e dal Governo.Pag. 56
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 458
Votanti 447
Astenuti 11
Maggioranza 224
Hanno votato
447).

Prendo atto che il deputato Lehner ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
L'approvazione dell'emendamento Occhiuto 1-ter.5 preclude tutti gli emendamenti relativi all'articolo 1-ter.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Occhiuto 1-quater.5 e Marchignoli 1-quater.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, spendo solo un minuto per dichiarare il voto favorevole su questi identici emendamenti soppressivi: avremmo preferito da parte del Governo e del relatore un atteggiamento analogo a quello manifestato nei confronti dell'articolo 1-ter, ossia la disponibilità ad un confronto di merito, ma con uno strumento diverso e con tempi differenti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Occhiuto 1-quater.5 e Marchignoli 1-quater.6, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 450
Votanti 437
Astenuti 13
Maggioranza 219
Hanno votato
433
Hanno votato
no 4).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, considerato che c'è un emendamento della Commissione che riformula nella sostanza gli emendamenti Marchignoli 1-quater.9 e 1-quater.8, annuncio che (Commenti)...

ANDREA LULLI. Ma scusa, l'articolo 1-quater è stato abrogato!

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, onorevole Conte. Credo che l'Aula si sia resa conto adesso di come ha votato.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Sì Presidente, perché in realtà avevamo espresso un parere favorevole sulla soppressione dell'articolo 1-ter, ma il parere era contrario sulla soppressione dell'articolo 1-quater perché abbiamo presentato anche altre (Commenti)...

PRESIDENTE. È chiaro che il voto rimane ovviamente valido al di là del fraintendimento. È comunque evidente che, essendo stato presentato l'emendamento 1-quater.101 della Commissione...

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, peraltro, senza nulla voler contestare, è sembrato che ci fosse un parere favorevole, mentre il parere, sia del relatore sia del Governo, era contrario.

PRESIDENTE. Sospenderei la seduta per un quarto d'ora per consentire al Comitato dei nove di riunirsi per affrontare la questione.

ALBERTO FLUVI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 57

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, possiamo anche riunirci, però mi sembra che l'Aula si sia espressa con un voto sull'abrogazione dell'articolo 1-quater (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori), di conseguenza l'emendamento della Commissione, che anche noi avevamo apprezzato, è decaduto.

PRESIDENTE. È evidente che l'Assemblea si è espressa - l'ho testé ricordato -, ma è altrettanto evidente che tutti gli interventi, a partire dal suo, hanno evidenziato che c'era un consenso sul successivo emendamento. Se quindi la Commissione lo reputa necessario, sospendo la seduta; in caso contrario, proseguiamo con le fasi successive di esame.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo su questa vicenda semplicemente per dire che probabilmente, essendoci stato un fraintendimento sugli identici emendamenti ed avendo la Presidenza dichiarato il parere favorevole della Commissione e del Governo su tali emendamenti per i quali invece ci siamo resi conto che il parere della Commissione e del Governo era contrario, credo che questo possa determinare e possa prevedere la ripetizione del voto (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Colleghi scusate, credo in tutta serenità che nell'economia dei lavori di quest'Aula il parere del Governo e della Commissione facciano la differenza: se c'è stata una situazione non voluta da nessuno e senza alcun dolo, ma semplicemente dovuta ad un misunderstanding, ritengo, signor Presidente, che questo possa essere un elemento per chiedere la ripetizione della votazione.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, lei pone una questione che riguarda direttamente la Presidenza e quindi mi assumo la responsabilità di quello che sto per dire.
Se dovesse effettivamente risultare dal resoconto che erroneamente ho comunicato il parere favorevole della Commissione e del Governo mentre il parere della Commissione e del Governo era contrario, è evidente che faccio ammenda all'Assemblea, ma la votazione va ripetuta, perché ho comunicato cosa non esatta (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Quindi, prego gli uffici di verificare se il parere che ho espresso a nome della Commissione e del Governo era diverso da quello che risultava dal dibattito.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, se lei ritiene opportuno indire nuovamente la votazione, anche per chiarezza rispetto a tutti colleghi, noi non abbiamo nulla in contrario (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, ho avuto modo, come tutti noi, di assistere in diretta a questa situazione: a me pare che ci sia stata buona fede da parte di tutti, a cominciare da lei, Presidente, dal relatore, dal Governo e da tutti noi. Se in buona fede abbiamo sbagliato, credo che non ci sia bisogno di perdere un quarto d'ora in discussioni, ma si può procedere alla votazione (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Mi scuso ancora con l'Assemblea per avere dato una comunicazione diversa sul parere del Governo e della Commissione. Dispongo, quindi, l'annullamentoPag. 58della votazione precedente sugli identici emendamenti Occhiuto 1-quater.5 e Marchignoli 1-quater.6.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Occhiuto 1-quater.5 e Marchignoli 1-quater.6, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 450
Votanti 439
Astenuti 11
Maggioranza 220
Hanno votato
202
Hanno votato
no 237).

Passiamo all'emendamento Marchignoli 1-quater.7.

ALBERTO FLUVI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, considerato l'invito al ritiro, formulato dal relatore, degli emendamenti Marchignoli 1-quater.8 e 1-quater.9, che sarebbero riassorbiti dalla formulazione contenuta nell'emendamento 1-quater.101 della Commissione, ritiro, anche a nome dei colleghi, gli emendamenti Marchignoli 1-quater.7, 1-quater.8 e 1-quater.9, e, ovviamente, annuncio il voto favorevole sull'emendamento della Commissione.

PRESIDENTE. Prendo atto che gli emendamenti Marchignoli 1-quater.7, 1-quater.8 e 1-quater.9 sono stati ritirati.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1-quater.101 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 461
Votanti 448
Astenuti 13
Maggioranza 225
Hanno votato
448).

Prendo atto che i deputati Siragusa e Taddei hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1-quater.100 (Nuova formulazione) della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 452
Votanti 442
Astenuti 10
Maggioranza 222
Hanno votato
442).

Prendo atto che i deputati Gibiino e Nunzio Francesco Testa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che l'articolo aggiuntivo Vannucci 1-quater.05 è stato ritirato, e ricordo che l'articolo aggiuntivo Reguzzoni 1-quater.06 è stato dichiarato inammissibile.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C.1707-A).
Qual è il parere del Governo?

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo accoglie come raccomandazionePag. 59gli ordini del giorno Rampelli n. 9/1707/1, Comaroli n. 9/1707/2, Di Giuseppe n. 9/1707/3.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Messina n. 9/1707/4, mentre accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Brandolini n. 9/1707/5 e Polledri n. 9/1707/6.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Marinello n. 9/1707/7.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Lo Monte n. 9/1707/8, mentre accetta gli ordini del giorno Negro n. 9/1707/9, Reguzzoni n. 9/1707/10 e Montagnoli n. 9/1707/11.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Rampelli n. 9/1707/1, Comaroli n. 9/1707/2, Di Giuseppe n. 9/1707/3, accolti come raccomandazione.
Prendo, inoltre, atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Messina n. 9/1707/4, accettato dal Governo.
Onorevole Brandolini, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1707/5, accolto come raccomandazione dal Governo?

SANDRO BRANDOLINI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e intendo sottolineare all'Assemblea che abbiamo discusso praticamente alcune ore dell'UNIRE e di questo carrozzone che va riformato. L'ordine del giorno a mia firma prevede una riforma strutturale del settore a partire dall'UNIRE e non ritengo sufficiente che sia accolto come raccomandazione. Io voglio che l'Aula voti l'ordine del giorno in esame, così sapremo a chi dare le responsabilità se questa riforma ancora una volta non sarà realizzata. In particolare voglio vedere come voterà l'onorevole La Malfa.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi pare che le considerazioni svolte dall'onorevole Brandolini siano interessanti. Il Governo è quindi disponibile a cambiare il parere e ad accettare l'ordine del giorno in esame.

PRESIDENTE. Onorevole Brandolini, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1707/5?

SANDRO BRANDOLINI. No, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Polledri n. 9/1707/6, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo, inoltre, atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Marinello n. 9/1707/7, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lo Monte n. 9/1707/8, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Negro n. 9/1707/9, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Reguzzoni n. 9/1707/10, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Montagnoli n. 9/1707/11, accettato dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

Pag. 60

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, intervengo solo per dichiarare il nostro voto contrario a questo provvedimento, in particolare per il metodo seguito dal Governo. Noi eravamo disponibili ad accogliere favorevolmente il testo originario del decreto-legge, laddove prevedeva soltanto la proroga, ma nel corso della discussione il Governo ha inserito altri argomenti. Per queste ragioni annunciamo il nostro voto contrario al provvedimento in esame. Lo facciamo assai sinteticamente, sapendo di fare cosa gradita all'Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, questo disegno di legge di conversione riguarda una materia che ha un'importanza straordinaria. Vorrei evidenziare il valore sociale della materia di cui ci stiamo occupando, che spesso viene da tutti sottovalutata. Ci siamo occupati degli allevatori, di proroga per quanto riguarda il Superenalotto, ma non ci siamo occupati di capire quale debba essere il ruolo dello Stato (sicuramente da rivedere) rispetto alla materia dei giochi. Nella normativa successiva - che mi auguro presto possa avere luce - dovremo mettere il punto anche su questo aspetto.
Noi ci troviamo in una contraddizione fortissima che pone lo Stato in una difficoltà vera. Da un lato vi è una norma costituzionale, l'articolo 47, che dispone espressamente che la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme. Ma certamente, favorendo i giochi, in particolare quello d'azzardo, lo Stato non sta tutelando il risparmio e i risparmiatori. Questo deve essere chiaro perché l'incidenza sul territorio e sui cittadini del gioco è un'incidenza straordinaria, e si vede soprattutto in questi momenti di grave difficoltà economica. In materia di gioco d'azzardo, per quanto riguarda il Superenalotto, cresce il montepremi e crescono le giocate, e questo avviene soprattutto nei quartieri più poveri delle città più disagiate. Sa questa Assemblea, questo Parlamento, qual è l'incidenza reale sulle famiglie di tutto ciò? Parliamo di un'incidenza di 740 euro pro capite.
Ogni cittadino italiano, da chi nasce in questo momento a chi oggi abbandona questa vita, gioca 740 euro all'anno. E sapete dove avviene questo? Nei territori più poveri. È un tentativo di fare in modo di passare da uno stato di povertà a uno stato di ricchezza virtuale. Per fare un solo esempio, la città di Caserta che è la città dove, in proporzione, si gioca di più, il gioco di azzardo incide per il 12,5 per cento sul reddito delle famiglie. Ritengo che sia un dato fondamentale e per ragioni di moralità, si deve intervenire su questo.
Ritengo che lo Stato debba stare attento anche nei suoi interventi. Basta collegarsi su Internet per vedere le campagne che ci hanno mortificato e che hanno mortificato soprattutto i soggetti più poveri per fare in modo che si giochi di più al superenalotto e che portano bene in evidenza il simbolo dei monopoli di Stato. Sapete quali sono questi slogan? Molti di noi non ci fanno nemmeno più caso. Gli slogan solo di questo tipo: «I soldi non fanno la felicità però parliamone» oppure «Un giorno diventerai qualcuno ma perché aspettare così tanto?» oppure «Il tuo capo è un incompetente e raccomandato? È ora che qualcuno glielo dica» oppure «La tua vita può cambiare per una pura e semplice combinazione di sei numeri». Questo è lo Stato che, invece di tutelare i cittadini, fa in modo che i cittadini giochino i loro stipendi quando non possono permettersi di farlo. Ne sanno qualcosa gli operatori sociali e coloro i quali sono chiamati a portare aiuto alle famiglie. Inoltre, signor Presidente, bisogna anche evidenziare che questo provvedimento non tutela minimamente il regolare svolgimento dei giochi.
Nell'esprimere il voto contrario del gruppo dell'Italia dei Valori, lo motiviamo con le seguenti ragioni: il metodo seguito per poter arrivare ad una legge di questo tipo, con l'uso della decretazione d'urgenza e con gli emendamenti presentati, sicuramente non è adeguato. Votiamo controPag. 61anche perché il provvedimento non regola la materia. Abbiamo chiesto un testo unico sui giochi: si tratta di un settore che movimenta 61 miliardi di euro l'anno. Abbiamo litigato per 300 milioni di euro concessi all'Alitalia e ce ne freghiamo allegramente di 61 miliardi di euro all'anno che vengono tolti dalle tasche dei cittadini italiani. Dunque siamo favorevoli al testo unico, ma non in questo modo.
È stata infatti dichiarata inammissibile - signor Presidente, lo ha detto lei all'inizio - la destinazione, che avevamo indicato con una proposta emendativa, delle somme da destinare alle forze dell'ordine nella lotta alla criminalità organizzata. Su questo settore è presente un'incidenza della criminalità organizzata fortissima. Lo Stato non è in grado di intervenire e abbiamo chiesto di stanziare le somme per contribuire affinché la lotta all'illegalità possa proseguire: invece la nostra proposta emendativa è stata dichiarata inopportunamente inammissibile.
Si possono, infatti, concentrare tutte le concessioni nelle mani di pochi amici: la proposta emendativa su questo aspetto è stata bocciata e, quindi, poche società potranno gestire 61 miliardi di euro. Possono, inoltre, essere assegnate concessioni a società che o come società o come soggetti che ne fanno parte possono avere problemi penali, civili, amministrativi e, nonostante tutto, noi consegniamo loro le concessioni.
In una parola, per tutelare i cittadini che non vengono tutelati da questo provvedimento e guardando solo ed esclusivamente al loro interesse, annunciamo il nostro voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Onorevole Presidente, onorevole colleghi, come rappresentante della Lega Nord Padania sono molto soddisfatto della ormai prossima conversione di questo decreto-legge per un motivo molto preciso. Anzitutto, come prima ha spiegato il presidente del gruppo della Lega Nord Padania, l'onorevole Cota, siamo riusciti a offrire una risposta concreta ai problemi del settore dell'ippica. Quest'ultimo è un settore in difficoltà, che a causa del moltiplicarsi del sistema di gioco soprattutto delle cosiddette macchinette, ha visto diminuire gli introiti e, dunque, diminuire i redditi per gli allevatori e per tutte le persone che vivono con attività inerenti ai cavalli, che sono animali e non macchine, animali che hanno una grande storia, piacciono ai nostri bambini, servono e sono utili per l'attività fisica e anche in campo medico.
Siamo riusciti a trovare una buona mediazione, una mediazione che dà risorse senza togliere niente allo Stato e senza togliere niente ai giocatori. Dunque, siamo riusciti ad ottenere un ottimo risultato, anche con la parte finale dell'emendamento della Commissione, che prevede un controllo dell'UNIRE da parte del Ministero competente, dunque un controllo di questi «carrozzoni» che, da troppi anni forse, non hanno gestito bene le risorse pubbliche (non le hanno gestite bene per il bene degli allevatori, dei veri fruitori di questi sistemi).
Ma siamo contenti anche per il resto dell'impianto del provvedimento in esame, perché si comincia a porre regole più serie, a cercare regole che possono far convivere le varie esigenze del settore dei giochi (l'esigenza primaria, come Stato, di avere delle entrate e le esigenze degli operatori del settore di poter guadagnare), ma soprattutto occorre cominciare a porre dei paletti affinché le nostre famiglie, i nostri giovani e i nostri anziani, presi dalla droga del gioco, non rovinino se stessi e la propria famiglia. Soprattutto con l'articolo 1-quater del decreto-legge, quando si sperimenta la nuova tipologia di macchinette, vi è la possibilità di mettere un limite alle giocate o alla quantità delle giocate.
Accadrà in futuro, spero presto, di prevedere un impianto normativo più complessivo, che dia anche la possibilità allo Stato di bloccare totalmente le giocate troppo alte, soprattutto da parte di queiPag. 62cittadini che non hanno reddito sufficiente, appunto per tutelare i nostri giovani ed i nostri anziani.
Dunque, voteremo in modo compatto a favore del provvedimento in esame, sperando che in futuro si possa fare molto di più a tutela di tutti i nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchignoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, il Partito Democratico voterà contro il provvedimento in esame per ragioni di merito, per ragioni di contenuto e per segnalare con coerenza l'abuso che questo Governo e questa maggioranza fanno, dall'inizio della legislatura, della decretazione d'urgenza.
Certo da quest'Aula esce un testo meno brutto di come era entrato ed avremmo dovuto convertire in legge un articolo, l'articolo 1, per prorogare e per non interrompere il gioco dell'Enalotto (e ciò avrebbe provocato un danno, non vi è dubbio). Ma per questa ragione abbiamo ritenuto che ci si dovesse fermare lì, che non vi fosse alcuna ragione politica che giustificasse l'urgenza di porre mano a tutto l'impianto dei giochi, con una certa improvvisazione, inseguendo molto spesso - ce ne siamo accorti - interessi particolari se non diverse clientele. Invece avete voluto, con un colpo di mano, mettere mano complessivamente a questo mondo, attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza.
Non possiamo aderire minimamente a questo impianto. Lo abbiamo migliorato, abbiamo contribuito a migliorarlo, abbiamo in qualche modo limitato i danni, ma danni ne farà il provvedimento in esame, per come l'avete pensato, concentrando innanzitutto, togliendo regole, lasciando soli quei milioni di italiani che, per tentare di risollevare in qualche modo la propria vita, visto che non vengono dati loro altri strumenti, si affidano sempre più spesso al gioco in qualsiasi modo.
Anche nel dibattito di oggi e nelle scorse settimane in Commissione, abbiamo sentito una certa apologia dell'ippica, certo un settore importante.
Non ci è sfuggita l'importanza di occuparsi di questo mondo, delle implicazioni economiche che ha, dei lavoratori che trovano da vivere attorno a questo settore e di cercare, quindi, di tendere una mano. Tuttavia, ci insospettisce questa ansia di rivolgersi a tali lavoratori, in maniera così sbrigativa, con le norme che avete voluto inserire. Ci insospettisce, perché non vediamo in questa maggioranza la stessa ansia e la stessa determinazione nel mettere mano, anche attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza (come abbiamo detto, saremmo pronti a discutere in merito), alla vera ansia che investe l'intero Paese e milioni e milioni di famiglie di lavoratori oggi. Mi riferisco ai lavoratori precari, ai giovani, ai lavoratori della scuola, del settore pubblico e delle fabbriche, che hanno sempre più forte il problema di vedere garantito il proprio futuro ed anche il proprio presente.
Se vogliamo davvero affrontare un tema strategico, che parli ai lavoratori in queste settimane, facciamo trovare nella loro tredicesima, ad esempio, una «sana» detassazione, in modo tale che possano pensare di non vedere affidate al gioco e alla fortuna di un momento le loro speranze e le loro ansie, ma piuttosto di vedere riconosciuto il loro diritto di essere cittadini di questo Paese, che vive una fase di crisi economica e di recessione pesantissima. Vorremmo vedervi impegnati molto su quel versante ma, purtroppo, osserviamo che da questo punto di vista continuate a non dare risposte, mentre vi affrettate, in pochi giorni e in pochi minuti, a mettere mano ad un sistema gigantesco, e così delicato come questo, con molta approssimazione ed anche con qualche tono di arroganza.
Per queste ragioni, il Partito Democratico non può condividere il principio che ha ispirato questo provvedimento, né il metodo che avete voluto mettere in campo, né l'assenza totale di confronto e di dialogo con i soggetti interessati. Invece, abbiamoPag. 63notato, con molta preoccupazione, come vi disinteressiate di temi che riguardano quelle stesse persone che tutte le settimane comprano il biglietto dell'Enalotto o vanno in una ricevitoria. Si tratta di quelle stesse persone che chiedono, magari, meno danaro per quanto riguarda ciò che possono vincere, perché sanno che possono vincere una, due, tre, quattro o cinque persone, ma non l'intero sistema Paese.
Vi sono, quindi, molte ragioni di fondo e vi sono ragioni di merito, che non possiamo condividere e che ci portano a votare contro la conversione in legge del decreto-legge in oggetto (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Savino. Ne ha facoltà.

ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, desidero in primo luogo ringraziare i colleghi e, in particolare, il presidente Conte, per il lungo lavoro svolto finora in Commissione - un lavoro svolto in piena collaborazione con il Governo - ed anche per la mediazione con le altre forze politiche. Grazie a tutti i colleghi che sono intervenuti e che hanno portato elementi di interesse, a cui, devo dire, il Governo ha prestato la massima attenzione. Dunque, giudico davvero di grande qualità il lavoro svolto dal Governo e anche dall'amministrazione dei monopoli.
Un tema importante come quello dei giochi, che riguarda tanto le entrate (e, quindi, il bilancio dello Stato), quanto la sicurezza dei consumatori, deve necessariamente prevedere un approccio di estrema cautela nell'affrontare tutte le questioni ad esso connesse. Credo che il metodo di discussione seguito sia andato in questa direzione. Il sottosegretario Alberto Giorgetti in Commissione ha più volte ribadito la propria disponibilità all'approfondimento e al confronto e molte delle istanze presentate sono state accolte.
Inoltre, come è emerso dalle forti proteste a cui abbiamo assistito in questi giorni, questo provvedimento è stato oggettivamente lo strumento che ha consentito di dare una speranza e una voce ai tanti addetti del settore ippico. A questo proposito, desidero ricordare agli amici della Lega Nord che, prima dell'emendamento del quale si attribuiscono la paternità, il «famoso» comma 7, che ha consentito un appiglio agli ippici, è stato presentato dal presidente Conte in tempi non sospetti, cioè prima che la protesta montasse. Quindi, la sua introduzione è precedente.
Ciò detto, tutti sappiamo bene che l'ippica, comunque, è un comparto in grandissima sofferenza, ma rinunciare a questo settore avrebbe significato rinunciare ad una delle eccellenze del nostro Paese.
Ritornando ora alla sostanza del provvedimento, occorre evidenziare due aspetti: durante l'istruttoria da parte della Commissione finanze l'opposizione ha sollevato perplessità e contrarietà circa le ragioni e l'opportunità di una decretazione d'urgenza in questa materia. Sul punto desidero, in primo luogo, evidenziare che la Sisal, attualmente, non può ancora essere nelle pienezza delle sue attribuzioni, dovendo sottoporre a verifica tutto un insieme di attività preliminari atte a garantire l'idoneità della nuova organizzazione e della nuova rete distributiva, nonché la loro conformità ai progetti presentati in sede di gara.
Per queste ragioni, la proroga che è stata predisposta fino al 1o luglio 2009, dall'articolo 1 del provvedimento, non è da ricondurre ad alcun presunto intento dilatorio da parte dell'Esecutivo, ma costituisce un periodo di tempo strettamente indispensabile al fine dell'espletamento di tutti gli step procedurali e dei collaudi previsti dallo stesso disciplinare di gara, nonché dei passaggi necessari per l'approvazione da parte di tutti gli organi di controllo.
Un altro ulteriore aspetto che è stato oggetto di critica è stato determinato dal fatto che il decreto-legge in esame è arrivato in Aula, a detta dell'opposizione, con una veste molto diversa da quella chePag. 64aveva all'inizio. In realtà, tutte le disposizioni aggiuntive si sono rese necessarie sia per la complessità e la delicatezza del settore dei giochi e delle scommesse, sia per il peso specifico, che hanno in questo comparto, gli interessi dell'erario e quelli della protezione dei consumatori.
In questo senso, intendo difendere la scelta del Governo, in quanto le innovazioni introdotte rappresentano una proficua occasione per offrire risposte organiche ai problemi reali del settore e ciascuna di queste innovazioni rientra in un'attività che ha, a mio avviso, in se stessa e oggettivamente, caratteristiche di necessità e di urgenza. Ne cito quattro che rappresentano i motivi per i quali anticipo il voto favorevole del nostro gruppo al provvedimento in esame: innanzitutto, questo provvedimento ci pone in linea con l'Europa. Infatti, il contenzioso europeo aveva già reso evidente quanto fosse necessario adottare interventi di manutenzione della normativa vigente in materia, per consentire la completa apertura dei mercati. L'approvazione di questo testo consentirà, definitivamente, di individuare il nostro Paese come un modello esemplare per tutti gli altri Paesi che vanno verso la liberalizzazione.
Inoltre, sottolineo come il provvedimento abbia avuto, sebbene (come ha già sottolineato il sottosegretario Giorgetti) l'articolo 1-ter sia stato soppresso, una vocazione innovativa, recando ipotesi di norme in materia di gioco online, non essendo, in tale campo, stata ancora emanata, fino ad oggi, una normativa quadro a livello nazionale. Il Parlamento, infatti, in una logica di modernità e di liberismo sta andando nella direzione di individuare il tema dell'online come un'opportunità futura che, se governata correttamente e controllata, potrà consentire un ulteriore sviluppo di questo mercato.
Ancora, il decreto-legge in esame ha guardato al futuro, come ho detto, ma non ha dimenticato il gioco tradizionale. Come ho anticipato, esso ha tenuto conto della grave crisi in cui versa il settore dell'ippica che, quindi, ha meritato un'attenzione normativa particolare da parte di tutti noi. Dunque, si è voluto assolutamente evitare che in un prossimo futuro questo grande patrimonio - il grande patrimonio rappresentato dai nostri cavalli - fosse destinato alle corse clandestine o ancor peggio, nella migliore delle ipotesi, agli ippodromi esteri. In assenza di questo intervento, come in realtà è stato ampiamente discusso, molti allevatori e proprietari avrebbero dovuto dismettere quegli investimenti che oggi hanno reso l'allevamento italiano tra i primissimi a livello mondiale. Molti ippodromi avrebbero chiuso i battenti e le loro aree sarebbero state dismesse o destinate ad altro. Vi è, infatti, da considerare che, oltre a dar lavoro a più di 50 mila famiglie, l'ippica ha una ricaduta di indotto enorme: basti pensare agli autotrasportatori, ai veterinari, ai rivenditori di scommesse ippiche, ai maniscalchi, ai sellai e agli industriali dell'abbigliamento. Tutti questi sarebbero stati rapidamente spazzati via dalla crisi che il settore sta vivendo se a questa non avessimo posto un freno e di ciò bisogna dare merito anche all'opposizione.
Infine, il decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, riveste una grande importanza sociale - anche questo è stato detto - andando nella giusta direzione della prevenzione delle distorsioni di un settore in continua espansione e a forte impatto ecologico, quale appunto quello dei giochi e delle scommesse. Inoltre - è uno degli aspetti a cui personalmente più tengo - il provvedimento tutela i soggetti più deboli, in particolare i minori, e segue perfettamente la linea voluta da questo Governo nella direzione di un gioco consapevole e responsabile.
Concludo commentando favorevolmente l'approccio complessivo del Governo al settore dei giochi. Pertanto, non sono state effettuate riforme stataliste e generalizzate, ma interventi ad hoc, miglioramenti concreti e risposte a problemi reali.
Nella direzione positiva finora intrapresa auspico l'adozione - questo lo avevamo già anticipato - di ulteriori provvedimenti normativi da portare avanti con disegni di legge appositi finalizzati all'interventoPag. 65su tematiche ancora aperte, in particolare quella delle scommesse e dei giochi fisici, dove si auspica una grande attenzione nell'ambito della regolazione attuativa.
L'obiettivo chiaro che rimane è quello della tutela del consumatore debole e della lotta al gioco illegale, a garanzia di sicurezza per i cittadini e il gettito dell'erario. Il nostro voto, come ho anticipato e come ribadisco, è favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Correzioni di forma - A.C. 1707-A)

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, ai fini del coordinamento formale delle disposizioni contenute nel disegno di legge A.C. 1707-A, la Commissione propone la seguente correzione di forma, che ho già fatto avere ai colleghi, resasi necessaria perché nelle fasi concitate dell'approntamento della riformulazione del comma 7 dell'articolo 1-bis, al quinto periodo, le parole: «commi da 1 a 4, nonché del comma 6», devono intendersi sostituite dalle seguenti: «commi da 1 a 3, nonché del comma 5».

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, le correzioni di forma proposte dal relatore si intendono approvate.
(Così rimane stabilito).

(Coordinamento formale - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1707-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazionia ).

(Conversione in legge del decreto legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi) (1707-A):

(Presenti 462
Votanti 453
Astenuti 9
Maggioranza 227
Hanno votato
256
Hanno votato
no 197).

Prendo atto che i deputati Scilipoti ed Evangelisti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,55).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, le agenzie di stampa ci danno notizia delle dichiarazioni che il PresidentePag. 66del Consiglio del nostro Paese avrebbe fatto poco fa, a Mosca. Nel corso di queste dichiarazioni, avrebbe espresso degli apprezzamenti personali nei confronti del nuovo Presidente degli Stati Uniti, apprezzamenti molto gravi, che non è il caso di sottolineare alla sua attenzione, alla sua sensibilità e al suo equilibrio politico, signor Presidente, per le ripercussioni e le ricadute di immagine di tutto il nostro Paese.
Il Presidente del Consiglio, quando va all'estero ed esprime apprezzamenti di questa natura coinvolge l'immagine di tutto il Paese. Anche noi ci sentiamo offesi e non ci sentiamo rappresentati nella maniera più assoluta. Per questo, ci consenta di dire che ci auguriamo che quanto riferito dalle agenzie non corrisponda al vero e, nel caso contrario, ci consenta di esprimere la più forte indignazione nei confronti di un Capo di Governo che si esprime in questo modo e che danneggia l'immagine dell'Italia in tutto il mondo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per associarmi alle valutazioni e alle preoccupazioni espresse dal Presidente Castagnetti. Ciò che è ancora più grave è che già ieri si erano avuti i primi sentori di gaffe istituzionali, quando mi ero permesso di richiamare l'intervento proposto dal presidente dei senatori del Popolo della Libertà, in merito all'elezione di Barack Obama. Nell'occasione, prima che mi fosse tolta la parola, avevo almeno espresso un auspicio: che si potesse impedire al Ministro per la semplificazione normativa Calderoli di evitare di ripetere la battutaccia che a suo tempo rivolse alla giornalista Rula Jebreal, dicendo: «Quella giornalista carina e anche un po' abbronzata».
Non immaginavo e non immaginavamo che una simile espressione potesse addirittura finire sulle labbra del Presente del Consiglio. Sarebbe opportuno un intervento che richiamasse tutti ad un più corretto costume istituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà tra cinque minuti con lo svolgimento delle interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 17, è ripresa alle 17,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per evitare la chiusura dello zuccherificio di Termoli (Campobasso) - n. 2-00196)

PRESIDENTE. L'onorevole Cera ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00196, concernente iniziative per evitare la chiusura dello zuccherificio di Termoli (Campobasso) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANGELO CERA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, alcuni giorni fa si è svolta una manifestazione civile di produttori di barbabietola da zucchero, di dipendenti diretti e dell'indotto dello zuccherificio di Termoli, con tantissime associazioni di categoria. Hanno manifestato, in maniera civile ma determinata, per portare all'attenzione del Governo e delle regioni del Molise e della Puglia l'annosa questione legata allo storico zuccherificio del Molise: lo zuccherificio di Termoli rischia di chiudere se non si otterrà la proroga da parte della CommissionePag. 67europea per l'utilizzo del Fondo di indennizzo e la rimodulazione degli aiuti al 2013.
Voglio ricordare al signor rappresentante del Governo che lo zuccherificio di Termoli è forse l'ultimo zuccherificio del Mezzogiorno. L'azienda, fra dipendenti diretti ed indotto, dà lavoro a circa 400 persone. A Termoli, signor rappresentante del Governo, consegnano la barbabietola da zucchero quasi tutti i produttori della Capitanata. Voglio ricordare, inoltre, che fino a qualche anno fa la Capitanata aveva quasi la metà della produzione della barbabietola da zucchero dell'Italia; la Capitanata aveva, oltre al vicino zuccherificio di Termoli, lo zuccherificio dell'Eridania di Rignano Garganico Scalo, lo zuccherificio di Orta Nova, quindi una vocazione incredibilmente legata a questa produzione.
Una vocazione storica, quella della Capitanata, che rischia di scomparire se lo zuccherificio di Termoli dovesse chiudere. Dopo le chiusure dello zuccherificio dell'Eridania e di quello dell'Incoronata, sempre a Foggia, la chiusura di Termoli sarebbe un colpo decisivo. La più grande produttrice di barbabietola d'Italia, la Capitanata, smetterebbe quindi di produrre. Il primo zuccherificio, vede, si trova in Emilia Romagna: i costi diventerebbero altissimi. In quelle zone, per scelta ci sono quattro zuccherifici, come se l'Italia iniziasse e finisse solo in quelle zone dell'Italia settentrionale.Sarebbe un colpo mortale per l'economia agricola di due regioni già profondamente in difficoltà per la caduta del prezzo del grano, per l'uva che non si coglie, per i prezzi bassissimi; le olive sono ancora sugli alberi e aspettano di essere raccolte.
Il consiglio di amministrazione dello zuccherificio di Termoli in questi giorni ha deciso di avviare la produzione di zucchero, senza fugare definitivamente il pericolo di chiusura dello stabilimento, decisione rimandata alla data del 7 dicembre 2008.
L'interpellanza, signor rappresentante del Governo, è firmata da 41 parlamentari; mi consenta di dire che avremmo gradito che il primo firmatario di questa interpellanza, fatta a se stesso, fosse l'unico rappresentante eletto del Molise per il Popolo della Libertà (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori). Mi rivolgo al Presente del Consiglio, unico rappresentante del Popolo della Libertà, eletto in Molise, in questo Governo, come altissimo ed unico riferimento, invitandolo a ricordare - la mia non è una polemica - che il suo compito è anche quello di tutelare persone che evidentemente non hanno più voce. A lui, in maniera umile, chiedo di intervenire affinché per lo zuccherificio di Termoli venga scongiurata una chiusura che non merita assolutamente e si possa continuare a produrre in Capitanata ciò che altrimenti non sarebbe più possibile (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, in primo luogo, si ritiene opportuno precisare che la riforma dell'OCM dello zucchero, come è noto, è stata adottata nel 2006 e, per quanto riguarda l'Italia, ha comportato la rinuncia di oltre il 67 per cento della quota nazionale della produzione di zucchero con una contestuale riduzione di 15 zuccherifici sui 19 che erano presenti sul territorio nazionale.
Il regolamento che ha adottato la riforma comunitaria dell'OCM ha stabilito nel termine ultimo del 31 gennaio 2009 la possibilità di presentare la domanda per ottenere l'indennizzo comunitario di rinuncia alla quota.
Lo zuccherificio del Molise è, quindi, oggi una delle quattro realtà produttive presenti nel nostro territorio ed è l'unico rimasto in attività nell'Italia centro-meridionale. Le regioni Molise e Puglia hanno, di recente, presentato una disposizione di deroga al termine del 31 gennaio 2009, perPag. 68accedere ai fondi per la ristrutturazione industriale 2009-2010. Tale deroga è stata rifiutata in sede comunitaria perché l'Esecutivo dell'Unione europea ritiene che la riforma dell'Organizzazione comune di mercato abbia dato ampi margini di tempo alla produzione saccarifera per presentare nuove domande.
Le difficoltà create alle imprese che producono zucchero da barbabietole seminate in autunno, come nel caso dello zuccherificio del Molise, per le scadenze ravvicinate per la presentazione delle domande di aiuto sono state superate, secondo la Commissione europea, grazie alla conferma dell'importo dell'aiuto alla ristrutturazione per il 2007-2008 allo stesso livello della campagna 2006-2007.
In definitiva, il mancato accoglimento della richiesta dello zuccherificio del Molise è stato motivato dall'Esecutivo comunitario con la necessità di evitare che il differimento del periodo di quattro anni della ristrutturazione del settore provochi uno squilibrio nella gestione della misura in causa. Infatti, la Commissione europea ritiene, a quest'uopo, l'indennizzo e la proroga per l'utilizzo del fondo già ampiamente sufficienti.
Sin qui ho esposto l'ottica della Commissione europea. Vi è da aggiungere che, come l'onorevole interpellante sa, le regioni Puglia e Molise in questo momento stanno cercando di raggiungere un accordo, che ha già portato alla semina della barbabietola ad un prezzo di 50 euro, la cui validità è rimessa fino al termine del 7 dicembre, con la previsione di un indennizzo di 600 euro a tonnellata nel caso di mancata produzione.
Ma vi è di più: anche a seguito dell'interpellanza presentata dall'onorevole Cera e dagli altri 40 rappresentanti del Parlamento, il Ministero ha attivato un tavolo tra la regione Molise, la regione Puglia e Finbieticola perché si possano utilizzare i soldi di quest'ultima che - lo ricordo - derivano sempre dalle campagne della barbabietola da zucchero, al fine di sostenere l'unico zuccherificio del centro-sud del nostro Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Cera ha facoltà di replicare.

ANGELO CERA. Signor Presidente, riguardo alla prima parte della risposta non sono assolutamente d'accordo perché la nostra vocazione non può essere assolutamente limitata.
La coltura della barbabietola da zucchero in Capitanata e nel Molise rappresenta una vocazione storica. Vanno tutelati, pertanto, una storia e un modo di fare agricoltura, sulla quale non si possono operare tagli solo perché la Comunità europea ha deciso di tagliare la produzione. Non riteniamo, altresì, che tutta una parte del territorio possa essere servita da quattro o cinque zuccherifici, senza voler creare alcun tipo di ostacolo o di barriere fra noi ed il nord. Ci pare, però, veramente drammatico che laddove si produca più barbabietola da zucchero non vi sia più uno zuccherificio e che nell'Emilia Romagna e nelle zone limitrofe vi sono quattro o cinque zuccherifici. Un discorso di questo tipo non può essere sopportato.
Per la seconda parte della risposta del sottosegretario mi posso ritenere parzialmente soddisfatto, perché credo che il Governo, in questa ipotesi, debba assumere la massima determinazione e non debba far passare il tempo, istituendo subito questo tavolo con le regioni interessate e le associazioni di categoria che, in questo momento, sono in attesa di capire cosa fare e, in maniera determinata, risolvere il problema.
Non è polemica, ve lo assicuro: credo che il Presidente Berlusconi - non me ne abbia - debba intervenire alla stregua del Ministro Zaia che, per salvare il Grana Padano, con fortissima determinazione ha tirato fuori i soldi, ha comperato Grana Padano e lo ha distribuito. Vogliamo la stessa determinazione che si deve usare in questi momenti per salvare un prodotto: è la prima volta che non chiediamo assistenza, ma, come uomini del Mezzogiorno, vogliamo essere accompagnati in una storia che deve continuare, quella della produzione della barbabietola da zucchero inPag. 69Capitanata e nel Molise (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e del deputato Di Pietro).

PRESIDENTE. Anche a seguito degli applausi a scena aperta, avviso che con il consenso del primo firmatario, l'interpellanza Cera n. 2-00196 è stata sottoscritta dagli onorevoli Di Giuseppe e Di Pietro.

(Misure per garantire il regolare funzionamento dell'Ente italiano della montagna - n. 2-00171)

PRESIDENTE. L'onorevole Quartiani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00171, concernente misure per garantire il regolare funzionamento dell'Ente italiano della montagna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, la legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha istituito l'Ente italiano della montagna (EIM), finalizzato al supporto delle politiche per lo sviluppo socio-economico e culturale dei territori montani. Tale ente nasce in sostituzione dell'Istituto nazionale della montagna (Imont), allo scopo di promuovere e coordinare l'attività di studio e di ricerca nel settore della montagna, in collaborazione con le regioni, gli enti locali e i centri interessati europei e internazionali.
Per l'organizzazione e il funzionamento, l'articolo 5 della norma rinviava ad un decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, mentre, con l'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 204 del 1998, fu disposto che l'istituto fosse finanziato nell'ambito del fondo ordinario degli enti di ricerca del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.
La legge n. 296 del 2006 (le legge finanziaria per il 2007) ha quindi istituito l'EIM in sostituzione dell'Imont, del quale ha ereditato patrimonio, beni mobili, attrezzature e personale. L'ente si qualifica come organismo di supporto delle politiche di sviluppo dei territori montani.
La non chiara formulazione della disposizione contenuta al comma 1282, del richiamato articolo della legge finanziaria del 2007, ha sostanzialmente impedito al nascente Ente italiano della montagna di ottenere la quota del fondo ordinario per l'anno 2007, da attribuire all'Imont, pari a 4.755.581,52 euro. A fronte di tale mancato trasferimento di risorse e per evitare la paralisi del funzionamento dell'EIM, il legislatore, con l'articolo 45 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), ha interpretato l'articolo 1, chiarendo che le risorse da trasferire all'EIM sono tutte quelle complessivamente già attribuite all'Imont al 1o gennaio 2007.
A tutt'oggi, il trasferimento non è ancora avvenuto e ciò non favorisce il corretto svolgimento della missione istituzionale cui è preposto l'EIM.
Sono evidenti le complessità e gli ostacoli che hanno caratterizzato la nascita dell'EIM, in favore del quale è stata svolta ogni utile iniziativa, per cercare adeguate soluzioni. A tale riguardo, si segnala che gli uffici hanno avviato una serie di contatti con le amministrazioni statali competenti (Ministero dell'istruzione e Ministero dell'economia e delle finanze) e che sin dal mese di settembre scorso si è alla ricerca di una soluzione che permetta all'ente di svolgere la missione cui è proposto. In tal senso, la Ragioneria generale dello Stato il 15 ottobre scorso ha trasmesso alla Corte dei conti e al presidente del collegio dei revisori dei conti e al Dipartimento per gli affari regionali una nota dalla quale emerge il mancato trasferimento nell'esercizio 2007 delle sommePag. 70previste a titolo di contributo di funzionamento da parte dello Stato per un importo di 4.755.581,52 euro.
A fronte di tale situazione contabile, nell'interesse comune di giungere ad una soluzione condivisa che consenta all'EIM di operare, gli uffici dei dicasteri coinvolti stanno cercando di risolvere nel tempo più breve possibile il problema del trasferimento delle risorse finanziarie.

PRESIDENTE. L'onorevole Quartiani ha facoltà di replicare.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che la soddisfazione mia e dei colleghi interpellanti non possa che essere parziale. È una soddisfazione avere almeno segnato un punto importante, nel quale il Governo assume - si verifica anche attraverso la risposta - una responsabilità in modo chiaro, dopo varie sollecitazioni da parte del collegio dei revisori dei conti dello stesso Ente italiano della montagna, della Corte dei conti, e dopo la presa di posizione della Ragioneria dello Stato. È a tutti ormai chiaro ciò che era chiaro già mesi fa. Questa non è una vicenda che riguarda solo il Governo attuale, ma anche il Governo precedente. Tuttavia, qui non c'è la necessità di attribuire responsabilità in maniera chiara all'uno o all'altro Governo. Si tratta di risolvere un problema che concerne la possibilità di continuare a far funzionare e di riformare, perché questa era la funzione assegnata all'Ente italiano della montagna che, nel frattempo, sostituendo Imont, è diventato statutariamente ente di ricerca.
L'obiettivo è quello di garantire una tecnostruttura adeguata, di supporto alle attività di ricerca e di verifica della congruità delle iniziative che vengono definite in termini di provvedimenti e di governance della montagna italiana da parte dello Stato, del Governo, degli enti locali, delle regioni e di tutti gli attori istituzionali che operano a favore della montagna. È una montagna che, peraltro, in quest'ultimo periodo è stata sottoposta a sacrifici non indifferenti. Oggi si sta ancora discutendo se debbano o meno rimanere le scuole di montagna. Sono stati operati una serie di tagli, che possono incidono soprattutto sui servizi dei piccoli comuni, se non si dà corpo ad una riorganizzazione complessiva della governance della montagna. Ringrazio il sottosegretario, che a nome del Ministro vigilante e competente, il Ministro Fitto, che ha anche la delega per la montagna, ha detto chiaramente - credo pronunciandosi anche in modo chiaro a nome del Governo - che questo è l'ente al quale, nell'ambito della legislazione vigente, si intende attribuire la ricerca delle modalità che consentano di far fronte a queste esigenze all'interno delle novità intervenute con le ultime leggi finanziarie, che concernono i problemi della governance della montagna italiana, il che vuol dire garantire i servizi, le scuole e la sanità di montagna, superare il digital divide di tutta la montagna italiana, del nord, delle Alpi, degli Appennini e delle montagne insulari.
Credo, da questo punto di vista, che si possa e si debba prendere atto positivamente dell'impegno del Governo. È la prima volta che il Governo ci dice in una sede ufficiale della Camera dei deputati che è impegnato a rilevare e a fare in modo che queste ingenti risorse, che non sono state trasferite nel passato dai ministeri competenti, a cominciare dal Mistero dell'istruzione, vengano reperite in modo tale che l'Ente possa operare.
La parzialità della soddisfazione, però, è data dal fatto che non c'è un impegno temporale. Signor Presidente, vorrei farle presente che l'Ente italiano per la montagna è in grado di operare ancora solo fino alla fine dell'anno. Dopo la fine dell'anno, dovendo darsi e farsi i bilanci, se non arrivano i soldi e le risorse che per gli anni pregressi già erano state stanziate per l'Ente italiano per la montagna, l'Ente non potrà più operare. Non parliamo del futuro, ma di ciò che è dovuto in termini di stanziamenti definiti e di finanziamenti definiti di risorse che già fanno capo alla Presidenza del Consiglio, che vigila sull'Ente italiano per la montagna, e che non sono arrivate dai ministeri competenti. LaPag. 71nota della Ragioneria dello Stato è chiarissima: quei soldi devono arrivare. Deve, però, essere chiaro: se non c'è un impegno temporale da parte del Governo e dei ministeri competenti, significa che l'Ente italiano per la montagna, che oggi è commissariato in attesa di poter eleggere i suoi organi statutari (può farlo solo nella misura in cui è in grado di avere, con chiarezza, contezza del patrimonio e delle risorse disponibili), dovrà chiudere i battenti entro la fine dell'anno. Entro il 31 dicembre, se questi soldi e questi stanziamenti dovuti non arrivano, l'Ente va in dissesto; il che significa che, per quanto concerne un'altra istituzione utile per far crescere e migliorare le condizioni di coloro che abitano in montagna, e sono 15 milioni di italiani, ancora una volta ci troveremo di fronte a un ulteriore elemento di difficoltà al quale le istituzioni nazionali non sanno fare fronte.
Credo che il Governo e il Parlamento debbano assolutamente impegnarsi insieme perché la questione sia risolta ed entro il 31 dicembre le risorse destinate all'Ente italiano per la montagna giungano a destinazione.

(Iniziative per il completamento della E78 Fano-Grosseto - n. 2-00199)

PRESIDENTE. L'onorevole Vannucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00199, concernente iniziative per il completamento della E78 Fano-Grosseto (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, ho necessità di illustrare l'interpellanza. Sottosegretario Reina, stiamo parlando di un'opera strategica per il Paese; non è una questione localistica, ma la riteniamo fondamentale per la crescita.
Oltre 30 parlamentari di Marche, Umbria e Toscana, quindi dell'Italia centrale, hanno sottoscritto questa interpellanza, ma l'opera serve a tutta l'Italia; sarebbe l'unico asse in grado di collegare due mari: il Mar Adriatico e il Mar Tirreno. È iniziata negli anni Settanta; ad oggi, dei 270 chilometri complessivi, solo il 70 per cento è concluso (mancano circa 100 chilometri) e, se pensiamo a com'è fatta l'Italia e alle modalità che abbiamo usato per servirla di assi viari, e cioè longitudinali, vediamo che nel centro Italia è completamente assente la possibilità di un collegamento trasversale. Attraversiamo l'Italia solo in Abruzzo, al Gran Sasso, e i nostri flussi corrono sulle grandi strade, l'Autostrada del Sole e la A14. Se si fermasse una di queste strade, si bloccherebbe il Paese. Collegare, invece, l'Adriatico e il Tirreno è fondamentale per mettere in relazione due grandi autostrade, la A1 e la A14, una grande statale, la E45, l'Aurelia, la strada statale n. 16 Adriatica e altri importanti assi.
Dico questo perché ritengo che la Fano-Grosseto, meglio conosciuta come «strada dei due mari», abbia la stessa dignità delle grandi opere di cui questo Paese parla da anni, come la Salerno-Reggio Calabria e la TAV. Inspiegabilmente, però, su questa non vi è la stessa attenzione, perché da anni i finanziamenti si sono fermati.
Una ripresa c'è stata nella precedente legislatura, e c'è stato un impegno del Governo in alcuni lotti, soprattutto in Toscana, ma un impegno per il tratto che collegherebbe la A1 alla A14, che quindi avrebbe dignità di essere un tratto autostradale, con la verifica della possibilità di realizzare almeno questo tratto attraverso la finanza di progetto. Nel DPEF del 2006, il Governo scrisse, essendo Ministro Di Pietro, che per questo tratto sarebbe stato opportuno verificare la possibilità di intervenire con la finanza di progetto.
Queste scelte - lei capisce, sottosegretario Reina - anche per gli enti locali sono complesse e difficili: dover dire che una propria strada venga realizzata e completata solo attraverso il pagamento del pedaggio è una scelta difficile da fare. Eppure gli enti locali hanno dato la loro disponibilità, sempre naturalmente prevedendo norme per attenuarne l'impatto rispetto ai residenti, in quanto parte di questa strada è già realizzata; ma siccome la strada può avere dignità di grande assePag. 72autostradale, questa cosa potrebbe essere compresa e capita. Noi vogliamo capire perché da allora ancora questo processo di verifica sia fermo, e soprattutto sapere se il Governo intende esperire questi tentativi.
In particolare, sottosegretario, si pone una questione molto urgente: il tratto appenninico fra Marche e Umbria vede la necessità di un collegamento in galleria. Questa galleria è stata realizzata: si chiama la galleria della Guinza. È finita da anni ma è un'incompiuta, con sconcerto della popolazione e con proteste, perché nel frattempo è intervenuto una direttiva europea che ha stabilito che un'unica canna (il Ministro Di Pietro si ricorda perfettamente) non dava la necessaria sicurezza, e nel frattempo quindi bisognava costruire una seconda canna. Almeno su questo tratto bisogna metterci tutta l'urgenza necessaria, per far sì che questa non rimanga un'opera incompiuta.
Vogliamo sapere quindi che intenzioni ha il Governo. Abbiamo sentito annunciati in questi giorni impegni del Governo rispetto ad una ripresa di investimenti. Il Ministro Matteoli ha detto che sarebbe pronto un prestito BEI di 15 miliardi. È opinione diffusa, anche in tutti noi che abbiamo sostenuto la proposta del Ministro Tremonti per l'emissione di eurobond per finanziare infrastrutture, che qualche infrastruttura strategica possa andare oltre il patto, proprio perché dobbiamo dare una risposta alla mancata crescita, creando magari domanda pubblica. Noi riteniamo che in questa partita che si dovrà aprire, che si aprirà, questa opera, che è strategica per il Paese, non possa ancora una volta mancare; e che sia quindi opportuno riprendere l'impegno che nei due anni di legislatura precedente era stato assunto, dopo cinque anni completi di abbandono, per tornare a fare il punto e per vedere qualche passo in avanti, che credo non sia nell'interesse nostro, che rappresentiamo quei collegi, ma sia nell'interesse del Paese (Applausi del deputato Di Pietro).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Giuseppe Maria Reina, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE MARIA REINA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, chiedo scusa per il timbro di voce, ma sono afflitto da una leggera forma influenzale.
Desidero preliminarmente rassicurare l'onorevole Vannucci, e con lui tutti gli altri onorevoli parlamentari che hanno sottoscritto l'interpellanza, che l'attenzione del Governo e del Ministero per le infrastrutture e i trasporti è piena, relativamente al problema che è stato sollevato. Non credo che sfugga a nessuno la strategicità di questo asse viario: soprattutto in relazione ad un tema, che a me personalmente è molto caro e più spesso rilevo, e cioè quello della realizzazione nel Paese di un sistema intermodale vero, autentico, non surrettizio, come quello che oggi abbiamo e che definiamo tale solo perché in qualche modo dobbiamo poterlo prospettare.
Non abbiamo, malgrado la complessione geografica di questo Paese, un sistema intermodale serio perché nessuno ha mai posto attenzione, quando avrebbe dovuto, a questo tipo di problematica, che si porta dappresso anche problemi come quelli che sono sollevati in questa interpellanza.
Oggi è di moda sostenere - lo sento dire sempre più spesso a tanti - che la ripresa dell'implemento delle infrastrutture del Paese, il loro ammodernamento, la nuova realizzazione di infrastrutture possono farci uscire dalla condizione di crisi; quando lo abbiamo detto in altre circostanze e in altre funzioni, ciò era poco accettato anche da questo Parlamento e dai Governi che presiedevano il Paese.
Comunque, in ordine alla possibilità di realizzare con il sistema della finanza di progetto lavori sulla strada di grande comunicazione E78 Grosseto-Fano, nota come «strada dei due mari», va evidenziato che la stessa è riconosciuta dalPag. 73Governo - ribadisco - come opera strategica di fondamentale importanza per il sistema viabile del Paese, che consentirà a lavori conclusi di collegare trasversalmente, con una infrastruttura moderna e sicura, gli assi autostradali adriatico, autostrada A1 e tirrenico.
Su tale arteria stradale, l'ANAS è impegnata nella prosecuzione dei lavori di ammodernamento.
Allo stato attuale - rilevava bene l'onorevole Vannucci - su un totale di 270 chilometri dell'intero itinerario, sono già in esercizio e ultimati 155 chilometri. In particolare, in Toscana, su 170 chilometri risulta già ammodernato e aperto al traffico il 55 per cento del nuovo tracciato, pari a circa 90 chilometri.
In ordine alla possibilità di completare la tratta Arezzo-Fano mediante lo strumento della finanza di progetto, è bene evidenziare che, a seguito dell'intervenuto accordo del 22 febbraio 2007 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le regioni competenti per territorio, è stato ultimato l'aggiornamento dello studio trasportistico relativo all'ipotesi di pedaggiamento dell'intero tratto e sono in corso le simulazioni finanziarie finalizzate alla quantificazione sia del contributo pubblico a fondo perduto che dell'entità delle tariffe da applicare in conformità alla delibera CIPE n. 39 del 15 giugno 2007.
L'ANAS sta quindi ultimando lo studio di fattibilità economico-finanziario indispensabile per poter procedere, nel caso in cui ne ricorrano i presupposti, alla pubblicazione del bando di gara per sollecitare la presentazione di proposte da parte di soggetti privati.
Per quanto riguarda il tema dei finanziamenti - ben sollevato - si rammenta che l'articolo 1, comma 977, della legge finanziaria 2007 ha disposto contributi quindicennali per la prosecuzione degli interventi di realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale.
A valere su tali risorse, il CIPE ha assegnato, con propria delibera n. 78 del 3 agosto 2007 integrata successivamente con l'ulteriore delibera n. 123, un finanziamento di 271,1 milioni di euro per l'itinerario E78 SGC Grosseto-Fano, tronco Grosseto-Siena, lotti 5-6-7-8 per l'adeguamento a quattro corsie della strada statale n. 223 di Paganico dal chilometro 30,040 al chilometro 41,600.
Infine, si evidenzia che è stato predisposto da parte dello stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il decreto interministeriale autorizzativo dell'utilizzo dei fondi mediante stipulazione del contratto di mutuo che è attualmente in attesa della controfirma da parte del Ministro dell'economia e delle finanze.

PRESIDENTE. L'onorevole Vannucci ha facoltà di replicare.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, il sottosegretario ha voluto rassicurarmi, ed io la ringrazio, ma non sono assolutamente soddisfatto della risposta, perché al di là delle sue parole, allorché è entrato meglio dentro il problema con gli elementi che gli uffici gli hanno fornito, le speranze che avevamo sono state disattese. Non vi è alcuna certezza, signor sottosegretario, sulle procedure, sui finanziamenti. Lei ha citato i finanziamenti parziali di cui all'articolo l'articolo 1, comma 977 della legge finanziaria 2007 e successive delibere CIPE, del precedente Governo. Da questo Governo, invece, abbiamo avuto solo il taglio previsto con il decreto-legge n. 112 del 2008. Avevamo previsto nella legge finanziaria 3 milioni di euro di contributo quindicennale che ci permettevano di prevedere un mutuo per realizzare almeno un lotto per un centinaio di milioni, ma anche queste risorse ci sono state tolte. Francamente, ci aspettavamo di più, un impegno preciso con un calendario più dettagliato delle cose che si potevano realizzare. Ci aspettavamo che questo Governo assumesse l'impegno, che le stesse amministrazioni locali hanno preso rispetto alla finanza di progetto, con un forte contributo. Ritengo personalmente che il «pedaggiamento», nel collegamento di due autostrade, sia possibile (tra la A1 e la A14), ed abbia un senso, una logica, una forza e una sua importanza.Pag. 74Ovviamente, saremmo molto più soddisfatti se la strada si completasse senza pedaggio e senza project financing, e sarebbero più soddisfatti i cittadini, ma ci rendiamo conto dei problemi di finanza pubblica più generali (responsabilmente, quindi, la regione Marche, la provincia di Pesaro, i comuni interessati, si sono dichiarati disponibili a discutere questa eventualità). Ma sono passati anni, e anche su questa ipotesi non ci si butta a «capofitto», come si dovrebbe. I precedenti Governi avevano anche disposto fondi specifici, a cui lei ha fatto riferimento, per sostenere il contributo pubblico per il project financing, perché sappiamo che strade che si finanziano da sole, ve ne sono ben poche nel nostro Paese. Vale la pena, quindi, signor sottosegretario, che lei si assuma anche un impegno personale a seguire la questione. Immagini questa strada che collega il mar Adriatico al Tirreno, garantendo una possibilità che l'Italia non ha mai avuto. Mancano poco più di 100 km per il completamento, abbiamo bisogno di una spinta verso la ripresa vera degli investimenti; questa opera deve rimanere ai primi posti. Torneremo sopra l'argomento, cercheremo di incalzare ancora il Governo, dobbiamo riaccendere i riflettori su questa opera dimenticata che, come affermavo all'inizio, ha la stessa dignità di tanti assi autostradali di cui si parla molto più abbondantemente. Ha la stessa dignità, ma, in più, incide su tre regioni, e anche più (Emilia Romagna, Lazio, Toscana, Umbria e Marche), fortemente produttive, che hanno bisogno di questa strada. Il grande porto di Ancona, ad esempio, avrebbe uno sbocco di grande importanza verso il mar Tirreno. Vale la pena impegnarsi molto di più di quello che il Governo, in questa prima fase, ha fatto, e io spero - purtroppo non lo credo, perché nella risposta non trovo queste certezze - che in questa discussione sulla ripresa di investimenti, vi sia un'attenzione che, fino a oggi, non abbiamo registrato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

(Iniziative per preservare l'insegnamento del latino nel cosiddetto «sistema dei licei» - n. 2-00194)

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00194, concernente iniziative per preservare l'insegnamento del latino nel cosiddetto «sistema dei licei» (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, da alcuni mezzi di stampa è emersa la notizia che ci sarebbe, da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la volontà di abolire l'insegnamento del latino dai licei scientifici. L'insegnamento del latino nei licei scientifici è importante sia per l'educazione alla disciplina mentale, sia per il significato di alta formazione che questo tipo di scuola dovrebbe mantenere. Lo studio del latino andrebbe potenziato, evitando che sia ridotto ad un insegnamento residuale, o introdotto, laddove non sia previsto, in tutte le scuole che, in base alla cosiddetta «riforma Moratti», aspirano al titolo di liceo e dove, come nel liceo artistico, si formano anche i futuri operatori di beni culturali.
Abolire l'insegnamento del latino per sostituirlo con quello di una lingua straniera è una scelta sbagliata che nasce da valutazioni errate sull'importanza dell'apprendimento della lingua latina, che invece andrebbe utilizzata, per la sua struttura linguistica rigorosissima, anche come base per facilitare l'acquisizione grammaticale delle lingue straniere. Si chiede, con questa interpellanza, quali iniziative il Ministro interpellato intenda assumere per studiare forme di intervento adeguate per tutelare l'insegnamento del latino nel cosiddetto «sistema dei licei». Si chiede altresì quali iniziative il Ministro interpellato intenda assumere per promuovere in Italia un riequilibrio nell'insegnamento della lingua latina, anche in considerazione del ruolo fondamentale che la stessa ha rivestito per la costruzione ed elaborazione della comune cultura europea nell'età cristiana, medioevale, umanistica e moderna.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, prima di tutto si forniscono assicurazioni agli onorevoli interpellanti che il latino sarà insegnato, oltre che nel liceo classico, anche nei licei scientifico, linguistico e delle scienze umane. Opportuni richiami alla lingua e alla cultura latina saranno previsti nei restanti licei. La questione è affrontata nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2008, n. 133 che individua un quadro organico di interventi e di misure per lo sviluppo e l'ammodernamento del sistema scuola, compresa anche la revisione degli ordinamenti scolastici, dei piani di studio e dei quadri orari nei diversi ordini di scuola. In tale contesto sono state considerate varie ipotesi. Nessuna di queste comunque ha mai previsto la soppressione tout court dello studio del latino nel liceo scientifico. Nella considerazione che le istituzioni scolastiche hanno attivato nel corso degli anni - nell'ambito del cosiddetto «progetto Brocca»- numerose sperimentazioni di indirizzo scientifico-tecnologico, ove, com'è noto, non è previsto l'insegnamento del latino, si è solo presa in esame la possibilità di consentire l'istituzione di un limitato numero di sezioni nelle quali lo studente potesse studiare, alternativamente al latino, una seconda lingua straniera moderna (oltre all'inglese). Questa ipotesi è stata tuttavia accantonata, tenuto conto della opportunità generale di non discostarsi dalle previsioni del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, recante norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, emanato a norma dell'articolo 2 della legge delega 28 marzo 2003, n. 53, che propone l'insegnamento del latino nel liceo classico, linguistico, scientifico e delle scienze umane e nella considerazione del ruolo fondamentale che lo studio del latino riveste per favorire tra l'altro la formazione e il potenziamento di abilità che facilitano anche l'apprendimento delle lingue straniere come rilevato dall'onorevole interpellante.

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di replicare.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Pizza e sono soddisfatta per la risposta che mi è stata data. Volevo motivare come mai vi sia stata la necessità di presentare questa interpellanza urgente. La necessità è nata anzitutto da alcuni giornali che hanno pubblicato dichiarazioni esattamente contrarie alle enunciazioni espresse dal Governo oggi in quest'aula. In secondo luogo, l'interpellanza ha avuto origine anche da un dibattito aperto, molto fitto, che si è animato negli ultimi tempi, organizzato anche da associazioni tecniche del mondo della scuola, proprio sull'opportunità di lasciare l'insegnamento della lingua latina soltanto all'interno dei licei classici, eliminandolo o quanto meno rendendolo facoltativo nei licei scientifici e negli altri tipi di licei.
A mio avviso la riforma Moratti aveva ben delineato una suddivisione che lasciava un'offerta formativa variegata, pur con l'importanza che l'istituto tecnico e anche il liceo tecnologico rivestono, dando quindi l'opportunità allo studente di potersi cimentarmi anche in attività di laboratorio più pratiche.
Abbiamo da difendere la caratteristica dei licei e, soprattutto, dobbiamo evitare di imitare alcune derive che si sono verificate in Europa. Questo dibattito e alcune dichiarazioni riportate dai giornali prendevano proprio spunto da alcune prese di posizione avvenute in Francia e Germania dove si è deciso di ridurre il latino. Ritengo che l'Italia mantenga e abbia una sua specificità in questo campo, una specificità identitaria italiana relativa alle proprie radici e alla propria tradizione. Pertanto il nostro sistema educativo non deve assolutamente adeguarsi.Pag. 76
Lo si voglia o no, noi siamo al centro di una storia e di una tradizione cattolica che ha visto il latino come lingua unificata dai popoli e che è stato elemento importantissimo nella costruzione del nostro passato culturale, della nostra mentalità e del nostro patrimonio artistico. Indubbiamente non si tratta di una lingua morta ma, anzi, viva e utile sia dal punto di vista dell'acquisizione di elementi identitari sia dal punto di vista tecnico. Indubbiamente una lingua parlata sino al Settecento, una lingua di cultura giuridica universitaria e scientifica non può essere ridotta ad una materia da apprendere e da insegnare più come elemento conoscitivo che non come elemento fondante.
È evidente che in questo dibattito si riflettono le scelte del Ministro Moratti di appellarsi alla importanza delle tre «i»: l'impresa, l'inglese e l'informatica. È evidente altresì che queste tre «i» non sono sufficienti per dare una formazione completa ai nostri studenti. La difesa della lingua italiana non può non prescindere anche da un insegnamento del latino come lingua sicuramente in grado di offrire i requisiti essenziali per imparare le lingue straniere. Quindi va assolutamente rigettato l'assioma che per imparare le lingue straniere debba essere proprio la lingua latina a farne le spese: è esattamente il contrario.
Con la conoscenza corretta, grammaticale, sintattica e dell'analisi logica della lingua latina sicuramente anche l'approccio all'apprendimento delle lingue straniere - tutte le lingue straniere non soltanto quelle di radice latina ma anche quelle con radice germanica - sarà più agevole.
Concludo con una puntualizzazione: non soltanto nell'interpellanza urgente si fa menzione del pericolo dell'eliminazione dell'insegnamento della lingua latina, ma sarebbe forse anche più grave una sua derubricazione, vale a dire cercare di sostituirla con la storia dei costumi e degli usi degli antichi romani.
Non è questo il senso di tale lingua: il latino è una lingua rigorosissima, di estrema bellezza, di armonia interna e quindi non può essere sostituita con notiziole su come vivevano appunto gli antichi romani, perché ne verrebbe eliminato il senso complessivo, armonico, totale ed organico, che fa di questa lingua forse una delle più grandi opportunità che la nostra offerta formativa dà ancora agli studenti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative per l'apertura di un tavolo con le organizzazioni sindacali che hanno rifiutato l'intesa con CAI del 31 ottobre 2008 in relazione alla vertenza Alitalia - n. 2-00203)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare l'interpellanza Donadi n. 2-00203, concernente iniziative per l'apertura di un tavolo con le organizzazioni sindacali che hanno rifiutato l'intesa con CAI del 31 ottobre 2008 in relazione alla vertenza Alitalia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente della Camera, mi perdoni, soltanto per curiosità chiedo - siccome abbiamo rivolto la nostra interpellanza urgente al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti - quale sia il Ministero che rappresenta il sottosegretario che siede al banco del Governo.

PRESIDENTE. Si tratta del sottosegretario per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, siccome ci eravamo rivolti ad un «grappolo» di Ministri...

PRESIDENTE. Prima o poi l'«azzecca» uno, no?

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ANTONIO DI PIETRO. Sempre, basta sapere qual è il mucchio.
Signor rappresentante del Governo, la ragione dell'interpellanza urgente in esame è quella di sapere se il Governo ha deciso di chiudere definitivamente la porta ai lavoratori di Alitalia che non sottostanno alle richieste di CAI o se riesce, vuole, sente il dovere - e ne ha il diritto - di intervenire per mettere in piedi le sue buone relazioni anche con CAI, ma soprattutto quelle istituzionali, affinché il tavolo della trattativa fra i lavoratori che non hanno sottoscritto il contratto e coloro che devono sottoscriverlo per conto di CAI possa proseguire.
Quindi, la richiesta che formuliamo è ben chiara. Se è vero com'è vero che il 31 ottobre 2008 alcune organizzazioni sindacali hanno firmato l'intesa sui contratti e sui criteri di selezione, ma altre organizzazioni sindacali (tra cui l'Avia, l'Anpac, l'Unione piloti e Sdl) non hanno ritenuto di firmare questo accordo contrattuale ed hanno denunciato espressamente la ragione, vi è una diversità, secondo i lavoratori di Alitalia, fra quanto risulta dagli accordi e dal consenso raggiunti a settembre, nell'intesa sindacale con tutti i sindacati, e quanto poi, di fatto, è stato proposto dal datore di lavoro nella proposta di contratto.
In particolare, segnalo che è stato trovato un escamotage inaccettabile sul piano del diritto al lavoro. Inizialmente si volevano ridurre gli stipendi dei lavoratori Alitalia, poi nonostante ciò si è trovata una soluzione diversa e si dice: «Se vuoi lo stesso stipendio, fai il doppio delle ore». In altre parole, è stato creato un modo surrettizio per dire che non si toglie una parte di stipendio - anche se poi un po' lo si toglie in effetti - ma quella parte di stipendio in più, che non doveva essere tolta, viene di fatto tolta, perché a fronte di una riduzione di ferie, di permessi si richiede un aumento di impegno lavorativo, ma ciò riguarda tutti.
La cosa più grave è che nel contratto di CAI si è creata quella che possiamo chiamare una discriminazione razziale, anzi razzista. Per i diecimila lavoratori che dovranno andare a casa (o per quelli che, comunque, alla fine, risulteranno) nella proposta di contratto è stata inserita una clausola davvero pericolosa: quella di prevedere che non saranno assunte tutte le colleghe che sono in maternità, che non saranno assunti coloro che usufruiscono della legge n. 104 del 1992, che non saranno assunti coloro che sono in part-time e che non saranno assunti coloro che usufruiscono dell'esenzione dal lavoro notturno. In altre parole, si fa riferimento a quei soggetti più deboli, per i quali la legge ha previsto una serie di garanzie e di tutele e che, come avviene quando c'è la selezione della specie, vanno buttati via, nel «cesso». Crediamo che questo non sia il modo di operare di un datore di lavoro, ma quello di un padrone verso coloro che interpreta essere non lavoratori, ma servi del padrone stesso. Per quanto riguarda questo aspetto, la richiesta che formuliamo è ben chiara: CAI potrà fare il «CAI che gli pare e piace», però il Governo ha il dovere o non ha il dovere di intervenire, affinché non si mettano in una condizione capestro i dipendenti di Alitalia, quelli che rimarranno?
Signor rappresentante del Governo, affermo questo, perché il rischio dello sciopero c'è davvero. Ho letto quel che è stato detto proprio oggi dal Ministro Scajola: lo sciopero sarebbe una follia. Riteniamo gravissima anche questa affermazione. È come dire: «ti sto tagliando un braccio, ma non permetterti di ribellarti, perché è una follia il fatto che ti ribelli». Il problema è a monte. Il problema sta nel fatto che, se non si vuole lo sciopero (e nessuno di noi lo vuole) non bisogna schiacciare i piedi ad una persona e, poi, arrabbiarsi se quella se ne lamenta. È necessario che il Governo si faccia parte dirigente, affinché si risolvano a monte i problemi che determinano lo sciopero, che è un diritto costituzionale. Nessuno di noi vuole rimanere a terra quando prende l'aereo. Tuttavia, stiamo discutendo di una compagnia dove, avendo il coltello dalla parte del manico, si decide di fare una selezione della giungla, una selezione animale, in base a cui se una è incinta, se uno ha unPag. 78handicap, se uno ha un'esenzione o non può produrre, come potrebbe fare un uomo bello, giovane e forte, a cui è stato fatto l'esame del DNA, lo si butta via. È drammatica una situazione di questo genere: ci riporta veramente ai tempi di Kunta Kinte.
Questo è il motivo per il quale sostengo che, proprio in questi giorni così delicati per le vicende di Alitalia, il Governo deve riprendere in mano la situazione, anche con riferimento ad altre questioni delicate, che pure si stanno sviluppando. Mi riferisco all'anomalia dell'atteggiamento del Governo.
Badate bene: CAI sta compiendo un'operazione violenta nei confronti dei lavoratori. Si tratta, infatti, di una violenza inaudita e di una vera e propria estorsione manageriale quella di dire: «O accetti queste condizioni o altrimenti vai a casa, perché io faccio le assunzioni nominative e, quindi, dovrai deciderti: o ti accontenti che ti taglio un braccio o ti taglio la testa». Rispetto a tutto questo, il Governo, invece di tutelare la parte più debole - e, cioè, il lavoratore - decide di fare una cosa gravissima. Dice: «Stai attento che se non accetti, non ti darò il beneficio della cassa integrazione». Attenzione: conosco bene la legge, che prevede, appunto, che la cassa integrazione non spetta a quel dipendente che, dopo essere andato in cassa integrazione, non accetta un'alternativa, ma non giochiamo con le parole. Qui ci troviamo in un momento antecedente; qui la condizione di disperazione la sta creando proprio CAI, cioè una situazione in cui si dice: «Accetta quello che ti dico io perché, se non lo accetti, non ti do quel che ti spetta dopo».
Non confondiamo le parole. Il beneficio della cassa integrazione guadagni, spetti o no, è un beneficio che dovrà essere valutato ex post e non può essere valutato ex ante, come condizione per l'accettazione della condizione capestro che si pone ai lavoratori. Questo è concorso in un'estorsione aggravata che si sta perpetrando ai danni dei lavoratori!
Questi sono i temi preoccupanti che ci pongono in una situazione di grande attenzione. Per tale ragione chiediamo al Governo che cosa intende fare e lo chiediamo al Governo perché non siamo affatto rassicurati. Nella replica dell'interpellanza urgente, se necessario e se non sarò soddisfatto, aggiungerò dell'altro, ma per il momento mi limito solo ad una considerazione: non vi è alcuna sicurezza per i lavoratori, un domani che l'operazione sarà conclusa. Se è vero, come è vero, che i 300 milioni di euro non possono essere che restituiti dalla società, perché l'Unione europea non può accettare questo aiuto di Stato e vi è già una decisione della apposita direzione generale della Commissione, quest'ultima, di conseguenza, non potrà decidere diversamente. Pertanto, è necessario che qualcuno restituisca questi soldi.
È altrettanto vero che nella proposta di CAI vi è una condizione preliminare che afferma che i 300 milioni di euro non verranno mai richiesti alla stessa CAI e che il Governo farà da mallevadore verso chiunque possa reclamare i 300 milioni di euro. Questa rappresenta una condizione imprescindibile ed è sancita nella proposta CAI.
Se è vero, come è vero, che l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 93 del 2008, il decreto-legge emanato dal vostro Governo, stabilisce espressamente la postergazione di questo rimborso rispetto a tutti gli altri debiti di Alitalia bad company, tenga presente sottosegretario, che a questo punto solo la bad company potrebbe restituire i 300 milioni. Ma, come dicevo, questo vorrebbe la legge italiana, ma questa legge italiana è illegittima rispetto alla direttiva europea, perché quest'ultima vuole che i soldi siano restituiti veramente e questi soldi, se dovesse valere il principio della postergazione, non potrebbero mai essere restituiti, per una ragione semplice: la insolvenza di Alitalia bad company è derivata dal fatto che l'indebitamento è maggiore del proprio patrimonio. L'indebitamento, oggi valutato dal tribunale fallimentare, si aggira sui due miliardi e mezzo di euro. La valutazione di Alitalia, con i suoi asset, è pari al miliardo e sostengono che lo hanno pagato.Pag. 79
Lei lo sa meglio di me, in ordine a quel miliardo. Sa cosa dice la favoletta, vero? «Ho comprato un cagnolino a un milione». «In contanti?» Risponde l'altro. «No! Con due cartine da 500 mila lire l'una». Il miliardo che quelli della CAI dicono che daranno ad Alitalia per i propri asset positivi, consiste in 100 milioni in contanti e il resto invece, solo ed esclusivamente, nell'assunzione di debiti e nel pagamento di creditori che, per combinazione, in molti circostanze sono loro stessi. Non a caso ieri sera - ripeto, ieri sera - tre aerei di Alitalia, sono stati sequestrati e pignorati per conto degli Aeroporti di Roma. Vale a dire, Aeroporti di Roma - Benetton - sequestra gli aerei perché vanta dei crediti verso Alitalia e quando è stato chiesto alla società Aeroporti di Roma perché ha sequestrato gli aerei, questa ha risposto in un modo davvero significativo, affermando che li sequestra perché così si garantisce il credito domani.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 18,10)

ANTONIO DI PIETRO. Questo significa che già adesso i soci CAI stanno facendo in modo che quando Alitalia dovrà pagare, pagherà loro stessi. Già adesso, si sta valutando, in modo ben chiaro, che quando l'Unione europea, tramite la Commissione, chiederà i 300 milioni, questi dovremo restituirli per forza e non potremo attendere la postergazione. Questo significa che quella norma è illegittima sul piano comunitario.
Dovendo dare necessariamente i soldi non rimarranno denari per il trattamento di fine rapporto, né per pagare gli stipendi, né per venire incontro ai crediti dei dipendenti Alitalia, che rimangono nella bad company e i debiti di quest'ultima verso i lavoratori, a cominciare dal TFR.
In una situazione di questo genere - mi avvio a questa prima conclusione, signor rappresentante del Governo - la invito a riflettere.
Qui non ci stiamo trovando solo davanti ad una miriade di lavoratori che vengono da una parte truffati e, dall'altra, violentati per raggiungere un obiettivo nobile con mezzi ignobili, qui ci troviamo di fronte a spericolati personaggi che approfittano della situazione per realizzare addirittura extra-guadagni.
La invito soltanto a guardare l'ANSA di oggi, signor rappresentante del Governo. Oggi, mentre stiamo parlando, ci sono operazioni di mercato delicate ed importanti: oggi 213 mila titoli Alitalia sono passati di mano in movimenti fuori mercato (perché, come sapete, vi è stata la chiusura delle contrattazioni).

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO DI PIETRO. Ieri ci sono stati altri 120 mila titoli passati di mano fuori mercato e sono transitati nei blocchi, e negli altri giorni ve ne sono stati ancora altri.
Vogliamo sapere: chi è questa mano misteriosa che sta acquistando fuori mercato i blocchi delle azioni Alitalia? Li sta acquistando, pur avendo il titolo chiuso a 0,45, a 0,5 euro. Chi è questa mano misteriosa che in questi giorni sta cercando di conquistare l'azionariato di Alitalia per poter poi andare a trattare come utilizzare quei pochi soldi che restano, quegli immobili, quei terreni, quelle poche passività che potrà avere a disposizione e decidere chi deve pagare e chi non deve pagare, rispetto a un fatto che ci sono alcuni soci di CAI che stanno, nel frattempo, facendo causa ad Alitalia e pignorando beni di Alitalia per precostituirsi un debito?
Siamo di fronte a fatti che non hanno solo una rilevanza politica, non hanno solo una rilevanza etica, hanno una rilevanza penale in questo Stato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali.Pag. 80Signor Presidente, rispondo in particolare alle due questioni che nell'interpellanza sono state poste. Mi permetterà, però, di notare soltanto, nell'illustrazione dell'onorevole Di Pietro, che rispetto alla vicenda dei lavoratori Alitalia sono portato a ritenere che ci siano legittime differenze tra i diversi organismi ed organizzazioni sindacali.
Rispetto all'adesione o meno all'accordo di ottobre non posso ritenere che vi siano sindacati che hanno sottoscritto un accordo e che abbiano ritenuto di farlo senza pensare di tutelare i legittimi diritti dei lavoratori che rappresentano e non solo. Ho il dovere, fatta questa considerazione, lo ripeto, di rispondere rispetto alle due questioni che sostanzialmente, attraverso l'interpellanza, si pongono al Governo.
La prima questione, di grande rilevanza e di grande significato, attiene agli ammortizzatori sociali e alla platea dei soggetti beneficiari degli ammortizzatori, anche in relazione (non è emerso dalla relazione, ma è presente nell'interpellanza) al tema dell'indotto di Alitalia e alle tutele e alle garanzie dei lavoratori dell'indotto Alitalia.
Credo sia utile, per collocare correttamente in termini temporali il ricorso agli strumenti degli ammortizzatori sociali, ricordare che, in realtà, la cassa integrazione straordinaria è stata già attivata e il relativo decreto è stato già sottoscritto. È stato sottoscritto da chi parla in relazione alla richiesta che è stata attivata di cassa integrazione straordinaria.
Per essere ancora più preciso, debbo evidenziare che a seguito a seguito della crisi che ha interessato il gruppo Alitalia, visto l'accordo governativo del 14 settembre 2008, tra CAI e le organizzazioni sindacali dei lavoratori di Alitalia, nelle date 18 e 29 settembre e 22 ottobre 2008 l'amministrazione straordinaria della società di Alitalia Spa, Alitalia Express, Alitalia Servizi, Alitalia Airport e Volare Spa, nella persona del commissario straordinario, ha comunicato la richiesta di attivazione della cassa integrazione guadagni straordinaria al Ministero, ai sensi del decreto-legge n. 134 del 2008, convertito dalla legge n. 166 del 2008 e della legge 3 dicembre 2004, n. 291, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249 e successive modificazioni.
Nell'ambito delle riunioni finalizzate all'espletamento dell'esame congiunto (ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000), il giorno 13 ottobre e 4 novembre 2008 le parti sociali interessate hanno firmato un verbale di accordo, il quale regola le modalità di accesso alla cassa integrazione guadagni straordinaria dei lavoratori dipendenti delle suddette società.
In particolare, nel predetto accordo è previsto lo strumento di gestione delle eccedenze attraverso un meccanismo di rotazione del personale, come richiesto dalle organizzazioni sindacali, che interesserà circa 13 mila unità (tra piloti, assistenti di volo e personale di terra) per un periodo massimo pari a tre mesi di durata della cassa integrazione guadagni straordinaria. Tali interventi rientrano nell'ambito degli ammortizzatori sociali, attivati al fine di sostenere il reddito dei lavoratori (di fatto, in attesa del concerto del Ministero dell'economia e delle finanze, già proceduralmente attivati e decretati da parte del Ministero del lavoro). Si precisa, inoltre, che la norma che disciplina l'intervento per le aziende Alitalia in amministrazione straordinaria non impedisce - evidentemente, e credo che sia utile questa puntualizzazione, che l'interpellanza consente - che il trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria sia concesso anche a favore di lavoratori iscritti a sindacati che non hanno sottoscritto l'intesa con CAI del 31 ottobre 2008, tant'è che la platea cui finora ho fatto riferimento è la platea vasta ed ampia a prescindere dall'appartenenza a questo o quell'altro sindacato. Inoltre, va rilevato e sottolineato che a tutti i lavoratori delle aziende Alitalia posti in cassa integrazione guadagni straordinaria si applica il regime sanzionatorio di cui all'articolo 1-quinquies del decreto-legge n. 249 del 2004, convertito dalla legge n. 291 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni.Pag. 81
Conseguentemente, come accennato dall'onorevole Di Pietro, il lavoratore destinatario del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria decade dal trattamento medesimo, qualora «non accetti l'offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20 per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza». Tale norma, contenuta nella legge n. 291 del 2004, si applica all'intera platea dei lavoratori, che nel caso di Alitalia ha posto un problema perché, come l'onorevole Di Pietro sa meglio di me, il tema degli ammortizzatori sociali per i lavoratori di Alitalia è tale da determinare comunque le condizioni per raggiungere l'80 per cento, sommando alla cassa integrazione guadagni straordinaria l'utilizzo dell'integrazione al reddito dal fondo volo per raggiungere l'obiettivo del 80 per cento dello stipendio e del salario sulla base di alcuni sistemi di calcolo. Quindi, sulla questione degli ammortizzatori, mi auguro di essere stato sufficientemente chiaro.
Credo di dover aggiungere un altro elemento, cioè quello relativo all'indotto. Da questo punti di vista, debbo evidenziare che, in tema di indotto e di crisi relativa ad Alitalia, già sono da tempo attivate iniziative di tutela dei lavoratori, in particolare dei lavoratori di Malpensa.
Infatti l'onorevole Di Pietro sa meglio di me che si tratta di risorse stanziate e previste dal precedente Governo che sono state utilizzate per sottoscrivere un'intesa con le due regioni interessate, la Lombardia e il Piemonte, per fronteggiare la crisi delle piccole e piccolissime aziende legate alla difficoltà che si è determinata su Malpensa per la vicenda, che tutti conosciamo, di Alitalia.
È evidente che quel modello di tutela nei confronti dei lavoratori dell'indotto può e deve essere utilizzato anche per la tutela di quei lavoratori che fanno parte del sistema e che sono all'interno di aziende che, per dimensione o settore eventualmente, non possono utilizzare i normali strumenti di tutela previsti dalla legge n. 223 del 1991 e dalle altre norme specifiche in materia. Anche in tema di indotto è evidente che si potrà far fronte attraverso l'utilizzo di strumenti derogatori e attraverso le risorse già previste, anche in prospettiva del 2009, per consentire quella necessaria dotazione finanziaria, in modo da attivare questi strumenti derogatori in relazione alle condizioni di criticità che si prevedono non solo, purtroppo, per la vicenda Alitalia, ma anche per altre questioni e per altre vicende nell'ambito di una crisi più ampia e più generale.
Per il resto, credo di dover aggiungere qualche ulteriore breve considerazione in relazione alla richiesta specifica fatta al Governo per sapere se intenda o meno attivare un tavolo con i soggetti che non hanno ritenuto di sottoscrivere l'intesa. La mia risposta è che il Governo in questa vicenda, in relazione in particolare ai rapporti contrattuali consequenziali agli accordi che nel corso di questi mesi si sono determinati fino ad arrivare all'accordo parziale (parziale, ma sottoscritto dalle quattro grandi organizzazioni sindacali), ha assunto un ruolo di garante degli accordi e questo ruolo intende portarlo avanti fino in fondo. Per dare risposte secche e precise, il Governo si muove per cercare di ampliare per quanto possibile l'intesa e il fronte che ha ritenuto di sottoscriverla, ma non ritiene, proprio per il ruolo che deve svolgere e considerando la sottoscrizione avvenuta il 31 ottobre 2008 dalle quattro grandi organizzazioni sindacali, di convocare ulteriori tavoli con i soggetti e le organizzazioni che non hanno ritenuto di sottoscrivere quell'accordo.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la prego davvero di esprimere al suo Ministro e al Governo tutta la nostra disapprovazione per questo modo di portare avanti la trattativa. Vorrei segnalarle due questioni preliminari. Primo, ci vuole coraggio, direi anche un po' di faccia tosta, a dire che il Governo in questa operazione si sia comportatoPag. 82da «garante». Capito, onorevole Tabacci? Il Governo nell'operazione della realizzazione della CAI ha fatto da «garante», terzo, colui che ha deciso chi faceva fallo e chi no.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Avrò anche la faccia tosta, ma almeno dica a cosa mi riferivo.

PRESIDENTE. Per cortesia, signor sottosegretario.

ANTONIO DI PIETRO. Mi perdoni, la ringrazio dell'osservazione signor sottosegretario, perché certamente «faccia tosta» non è riferita a lei, è riferita al Governo che ne ha davvero di faccia tosta quando sostiene che non ha fatto altro che il garante. Voglio ricordare che sotto trattativa, anzi durante la campagna elettorale, è intervenuto per dire che aveva già gli acquirenti che facevano questo mestiere e si compravano Alitalia.
Vorrei ricordare che Alitalia si trova in una procedura fallimentare: se non è faccia tosta questa... Vorrei ricordare che il Governo ha detto che avrebbe trovato una soluzione che avrebbe permesso ad Alitalia di volare, invece ne ha trovato una in cui 14 o 15 persone, amiche sue, hanno acquistato la parte buona di Alitalia, e sta facendo pagare tutti i debiti della società agli italiani! Sì, ha ragione, sottosegretario, non è solo faccia tosta: è truffa!
Ciò premesso, mi permetta di rivolgermi a lei, sottosegretario, perché ha detto una imprecisione. Lei ha affermato che il Governo non può rimettersi a discutere con queste sigle sindacali perché ha già concluso l'accordo con le altre; ma da quando in qua il datore di lavoro si sceglie quali sigle sindacali accettare e quali non accettare? Ma soprattutto da quando in qua l'arbitro, colui che dovrebbe fare da paciere e trovare il consenso, dice: «Hai trovato l'accordo con queste sigle sindacali? Sì. Bene, queste sono quelle che parlano con me perché queste sono d'accordo con me; quelle che non sono d'accordo con me io non le riconosco, quindi non parlano con me». Insomma, come dire, io faccio quello che voglio, io e te siamo d'accordo se tu fai quello che voglio io. Ha ragione, signor sottosegretario, non è solo faccia tosta.
Lei, sottosegretario, ha cercato di far presente, con argomentazioni interessanti, che Alitalia é già nella procedura di cassa integrazione e che, quindi, quelle 13 mila unità lavorative che potranno a rotazione essere messe in cassa integrazione non possono rinunciare ad accettare quel lavoro simile e analogo che offre loro un altro imprenditore. Il problema è diverso: ma allora la state vendendo o no Alitalia? Perché, se è vero come è vero, che dal 1o dicembre Alitalia non ci sarà più e ci sarà soltanto la nuova compagnia che dovrebbe funzionare ex se, quali lavoratori dovete mettere in mobilità da dicembre in poi?
La verità è un'altra. Questa operazione è stata creata apposta per fare selezione umana, anzi, quasi selezione animale: tu sei incinta, tu hai il piede storto, tu hai un handicap, tu sei andato a fare un lavoro notturno...insomma, si scelgono quelli che hanno il fisico adatto, quelli che non ce l'hanno li si manda a casa. Qui non si tratta di una cassa integrazione che interviene dopo il fatto, ma dopo il misfatto, cioè dopo che viene mandato il commissario straordinario con l'incarico specifico di liquidare e dopo che vengono individuate, come grazioso dono, le persone che si devono prendere la parte buona.
Vorrei ricordarle una cosa: dove sta scritto che bisognava mandare in fallimento questa Alitalia, posto che già prima delle elezioni era stata venduta non per farla fallire ma per farla funzionare? Già prima delle elezioni era stata venduta ad Air France, che avrebbe acquistato tutta l'Alitalia e rilanciato le sue azioni. Allora avremmo avuto una cassa integrazione vera, non adesso: questa è una falsa cassa integrazione, usata apposta per costringere le persone ad accettare condizioni capestro altrimenti vengono buttate fuori. Questa è l'esecuzione di un ricatto, di un'estorsione, non è una cassa integrazione! Questa ci sarebbe stata nel momento in cui si poteva vendere, il lavoro continuava ePag. 83nelle more del lavoro si sarebbero mandati in cassa integrazione coloro che non potevano lavorare, come tante volte è accaduto per la FIAT e altre società che sono andate in cassa integrazione come momento transitorio di una difficoltà, non quando, finita una società, se ne crea un'altra, per cui o accetti di andare là o vai a casa e non ti viene data neanche la cassa integrazione. Non è così.
Signor sottosegretario, qui è stata fatta un'operazione in cui scientemente tutto ciò che di positivo c'era in Alitalia è stato messo in mano ad alcune persone che sono più adatte a fare gli speculatori finanziari che gli imprenditori. L'unico imprenditore dei trasporti lì è Air One, che però è proporzionalmente più indebitato di Alitalia, quindi è come dire che si dà a Dracula il servizio di pronto intervento per dare il sangue ai malati.
Vorrei ricordare una cosa, affinché si sappia e se la ricordi, signor rappresentante del Governo: non ce l'ho personalmente con lei, che è persona squisita, che stimo e rispetto (vorrei che rimanesse agli atti tutto questo). Il problema è il Governo nella sua azione di governo.
Vi pare possibile che voi, che dovete fare gli arbitri, abbiate accettato la regola che sia la Banca Leonardo a stabilire il valore degli asset? Il valore degli asset deve costituire la base per decidere il prezzo al quale devono acquistare gli altri: in questo caso, non il prezzo al quale si doveva acquistare sul mercato, ma, come mi ha insegnato l'onorevole Tabacci, quello che doveva pagare direttamente CAI.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Tabacci, hai anche questa responsabilità.

ANTONIO DI PIETRO. Magari si penserebbe che Banca Leonardo sarà una banca - mamma mia che banca! - che ha fissato un prezzo per l'operazione, e sarà poi il mercato a stabilirlo. No, in questo caso è già stato tutto deciso. La cosa più grave, però, è un'altra: i soci di Banca Leonardo sono ben conosciuti: Benetton, Pirelli. Non sono soci anche di CAI? Ma «che CAI di soci» sono questi? Non è finita: i membri del consiglio di amministrazione della Banca Leonardo, D'Urso e Marchionni, sono anche i membri del consiglio di amministrazione di CAI. Ma «che CAI di consiglio di amministrazione» è questo?
Bisogna avere anche il limite del pudore in un Paese civile: anche Adamo, a un certo punto, si è messo la foglia di fico! Ecco perché affermo che il ruolo di garante non si adatta a questa operazione, se è vero, come è vero, che il Presidente del Consiglio e i Ministri competenti hanno denigrato i lavoratori, sin dal primo giorno. Tutta la stampa di regime, se va a leggerla, considera questa gente i fautori del male: secondo questa Alitalia è andata a ramengo perché ci sono le hostess, gli assistenti di volo, il personale di terra e i piloti che fanno la bella vita a sbafo degli altri. Perché allora sono stati dati otto milioni di euro a Cimoli e compagnia bella? Perché è stata inserita la norma salva-manager e perché, ancora adesso, è rimasta una parte della norma salva-manager? Perché, ancora adesso, è stata fatta una norma per chi risolve tutta questa operazione? Si sappia: tutta questa operazione viene svolta senza il rispetto della legge e lo può essere perché tanto questi soggetti non saranno chiamati a rispondere. Chi in questo momento sta definendo e disponendo il destino dei beni, delle persone e delle cose di Alitalia non risponderà di fronte alla giustizia, né civile, né amministrativa, né penale né disciplinare! Non risponde di niente!

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, deve concludere.

ANTONIO DI PIETRO. Devo concludere, lo so, ma bisogna concludere nel senso che bisogna finirla con questo modo di utilizzare la legge per obiettivi fini a se stessi.

PRESIDENTE. Io non c'entro niente, onorevole Di Pietro.

Pag. 84

ANTONIO DI PIETRO. Signor rappresentante del Governo, lei dice che non chiamiamo più questi soggetti. Ma davvero siete sicuri che, in questa situazione, non vi succede quello che vi è successo, in piccolo, con la scuola e che vi scoppi in mano questa patata bollente? Davvero pensate che, per l'esasperazione o la disperazione, le persone, a un certo punto, dicano: «Mi fermo»? Se si dovessero fermare, non solo con lo sciopero, ma sotto l'aspetto burocratico, tutto il Paese si ferma, perché se non si muove un aereo non si muove il Paese: l'interesse e il dovere del Governo è fare il braccio di ferro con i più deboli o fare in modo che il «sistema Paese» funzioni?
Concludo: la prego, signor rappresentante del Governo, non concluda questa vicenda con un atto di forza, ancora una volta dicendo: «Me ne frego», perché, a forza di fregarsene, si distrugge il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro).

(Iniziative, anche di carattere normativo, per rilanciare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore della distribuzione dei tabacchi lavorati - n. 2-00202)

PRESIDENTE. L'onorevole Esposito ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00202, concernente iniziative, anche di carattere normativo, per rilanciare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore della distribuzione dei tabacchi lavorati (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

STEFANO ESPOSITO. Signor Presidente, mi avvalgo della facoltà di illustrare la mia interpellanza, anche perché, considerato il contesto della stessa, ritengo necessario fare un po' di cronistoria.
Ci stiamo occupando di una vicenda che inizia nel 1998, quando, con il decreto legislativo n. 283, fu avviato il processo di privatizzazione delle attività produttive e commerciali dell'Amministrazione autonoma dei monopoli dello Stato, mediante la creazione dell'Ente tabacchi italiani.
Fra gli scopi della privatizzazione, rientravano la liberalizzazione del comparto produttivo e distributivo, per la semplificazione e la creazione di competitività del settore, e soprattutto la salvaguardia dei livelli occupazionali e il rilancio delle produzioni dei marchi nazionali. Signor sottosegretario, dal momento della privatizzazione ad oggi, solo nel settore produttivo l'Italia disponeva di dodici manifatture, a tutt'oggi ne abbiamo una attiva, che sta in Puglia, precisamente a Lecce, e il prodotto italiano leader, prima della privatizzazione o comunque con una quota di mercato che superava il 30 per cento, oggi è ridotto al 12 per cento. Quindi, l'aspetto della salvaguardia è in qualche modo già venuto meno.
All'ETI fu assegnato anche il compito di riorganizzare e razionalizzare la struttura produttiva e distributiva ereditata dai monopoli dello Stato, per la successiva privatizzazione e collocazione sul mercato, e a titolo di patrimonio ad esso furono assegnate tutte le manifatture tabacchi, i depositi e oltre 550 magazzini di vendita generi di monopolio, che effettuano la vendita dei tabacchi lavorati alle rivendite. Alcuni anni dopo, siamo nel 2004, a seguito di apposita gara pubblica, ETI ed Etinera, la società che fu creata per il ramo distribuzione, vennero acquistate dalla British American tobacco, un'affiliata della multinazionale inglese Bat International, con un introito a favore dell'erario di oltre 2,3 miliardi di euro.
Dopo alcuni mesi dall'acquisizione, sulla scia di una serie di raccomandazioni pervenute dalle autorità competenti di controllo e per recuperare parte dell'ingente esborso, la Bat Italia effettuò lo scorporo delle attività commerciali e distributive, procedendo alla vendita, su conforme autorizzazione del Ministero del tesoro, dell'intero settore gestito dalla società Etinera, costituito dai depositi, dai magazzini vendita, dai generi di monopolio e da tutti i contratti in essere alla società Logista Italia Spa, affiliata alla multinazionale franco-spagnola Altadis.Pag. 85
Infine, agli inizi del corrente anno, si è registrato un ulteriore passaggio di proprietà della società Logista Italia Spa, che è stata acquistata dalla multinazionale inglese del tabacco Imperial. Il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore distributivo fin qui descritto non ha in realtà prodotto la presenza di una pluralità di aziende e di operatori. Nonostante i numerosi passaggi di proprietà esiste sempre un solo distributore nazionale, la Logista Spa, anche se ha più volte cambiato proprietà, che opera in un regime di vero e proprio monopolio di fatto. Siamo al 100 per cento, per quanto riguarda il mercato delle sigarette, al 98 per cento, per quanto riguarda sigari, sigaretti e trinciati.
Le norme di derivazione comunitaria, relativa al cosiddetto regime generale di circolazione dei prodotti soggetti ad accisa in sospensione d'imposta - parliamo del decreto-legge n. 331 del 1993, poi convertito dalla legge n. 427 del 1993 - non hanno favorito la crescita e la presenza di altri operatori, fatta eccezione per la timida presenza di alcuni piccoli depositi di soggetti privati, i quali però operano esclusivamente nel campo dei sigari, dei trinciati e dei sigaretti, rifornendo un numero limitatissimo di rivendite.
Per ciò che concerne le sigarette, un prodotto di largo consumo che necessita di un network distributivo con un adeguato livello di capillarità, per raggiungere fatturati remunerativi e in grado di sostenere i costi elevati, si constata la totale assenza di altri operatori, cosa che contribuisce ad un monopolio di fatto. Siamo passati dal monopolio dello Stato ad un monopolio privato della Logista Italia Spa, la quale, in virtù di tale posizione dominante, pratica prezzi e tariffe per i suoi servizi che non hanno confronti reali sul mercato né con altri competitor e restano fra i più elevati d'Europa, soprattutto per l'assenza di alternative distributive concrete sul territorio nazionale.
A questo proposito, la normativa del settore (il decreto-legge n. 331 del 1993) non ha favorito il fiorire di operatori privati, sia perché appare farraginosa e troppo ancorata alle vecchie logiche preesistenti al monopolio, sia perché il contesto normativo nel suo insieme favorisce le imprese pubbliche o a prevalente partecipazione pubblica, mentre pone ostacoli competitivi ai privati e soprattutto ai nuovi operatori.
Va ricordato, infatti, che nell'aprile del 2006 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha censurato la normativa di cui stiamo parlando, in particolare per la parte relativa alla presentazione della cauzione e alla concessione dell'esonero dal prestare cauzione, invitando gli organi responsabili e le autorità di controllo a porvi rimedio e a rimuovere gli ostacoli di natura competitiva.
Signor sottosegretario, lei mi consentirà di leggerle il passaggio che l'autorità competente inviò il 28 settembre 2006 - c'era allora il Governo Prodi - nel quale si sottolineava che in tale contesto, l'entrata di nuovi soggetti è fortemente ostacolata dalla necessità di indicare nella domanda di autorizzazione le marche che si intende detenere nell'istituendo deposito. Si ricorda che tale necessità deriva dal fatto che la cauzione preliminare al rilascio dell'autorizzazione è rapportata alla capacità di stoccaggio dell'impianto e commisurata al prezzo del prodotto più costoso tra quelli che si intende detenere.
Per quanto in narrativa, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato auspica una modifica della regolamentazione, tale da evitare il rischio che vengano frapposti ingiustificati ostacoli all'entrata di nuovi operatori nella distribuzione dei prodotti del tabacco.
Una soluzione alternativa a quella dell'attuale regolamentazione, in grado di risolvere gli effetti distorsivi delle previsioni congiunte degli articoli 2 e 5 del decreto, potrebbe essere rappresentata da una cauzione non preliminare al rilascio dell'autorizzazione, bensì successiva e di entità rapportata ai contratti di distribuzione stipulati. Tale cauzione potrebbe essere prestata prima dell'inizio dell'esecuzione dei contratti. Come vede, l'Autorità stessa diede una serie di indicazioni nell'ormai lontano 2006.Pag. 86
Il Governo di allora, consapevole della grave situazione di totale assenza di competitività nel settore in esame, avvertì la necessità di porvi rimedio, introducendo nell'ordinamento le norme utili ad agevolare la nascita e la crescita di un sistema competitivo nella distribuzione dei tabacchi lavorati, potenzialmente alternativo a quello di Logista Spa.
Le disposizioni recate dai commi 96 e 97 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 avrebbero dovuto favorire, attraverso l'emanazione di due regolamenti applicativi, la liberalizzazione del mercato, attraverso il rilascio di autorizzazione all'esercizio di un deposito fiscale nei confronti dei delegati alla gestione (un deposito fiscale locale già funzionante). Stiamo parlando di oltre 250 operatori; anche in questo settore, siamo passati da 550 a 250 operatori, a 250 depositi. Nonostante siano trascorsi due anni dall'approvazione di queste norme, i previsti regolamenti di attuazione non sono stati ancora emanati e ciò pur in presenza di termini di attuazione piuttosto rigidi: 120 giorni per l'emanazione del decreto a firma del Ministero dell'economia e delle finanze per il comma 96 e 90 giorni per l'emanazione del decreto a firma del direttore generale dei Monopoli dello Stato per il comma 97.
Ovviamente, tutto questo ha una conseguenza: un mercato del tabacco lavorato privo di una rete distributiva alternativa che possa fare da contraltare al perdurante e assecondato monopolio, di fatto, della Logista Spa; costi di distribuzione di generi di monopolio in Italia ancora fra i più alti in Europa; totale assenza di condizioni idonee a favorire la concorrenza nel settore; mancanza di iniziative idonee a creare le condizioni per la liberalizzazione del settore della distribuzione dei tabacchi lavorati; mancanza di una normativa idonea per una reale semplificazione e liberalizzazione delle attività distributive.
Tutto questo sta favorendo la progressiva riduzione della presenza sul territorio dei depositi secondari, perseguita scientificamente, in maniera evidente, dalla Logista Italia Spa, con il conseguente spostamento, dell'asse del sistema distributivo secondario del tabacco lavorato, al trasporto su gomma. Signor sottosegretario, lei sa quanto sia maggiormente oneroso il trasporto su gomma rispetto alla possibilità di avere, su lunghe percorrenze, invece, un deposito più a portata di tabaccheria.
Da ultimo, va sottolineato che il pieno possesso e la diretta gestione dell'unica rete di distribuzione del tabacco lavorato in Italia da parte di una delle grandi multinazionali del tabacco, la Imperial, ovviamente produce un effetto distorsivo nei confronti degli altri operatori, che non hanno nessuna possibilità di agire sul mercato e sono condizionati pesantemente da un loro concorrente che fa anche la distribuzione. L'obiettivo del decreto del 1998 era esattamente quello di liberalizzare questo settore e di sganciare i produttori dai distributori. Credo che ciò non sia ulteriormente procrastinabile da parte del nostro Paese, in questo caso del Governo.
Naturalmente, signor sottosegretario, lo premetto, siccome questa normativa è della prima finanziaria del Governo Prodi, le responsabilità sono anche in capo all'anno e mezzo perso da parte del Governo Prodi per emanare questi regolamenti. Credo che sia arrivato il momento, viste anche le intenzioni e le indicazioni da parte di questo Governo sulla prosecuzione delle liberalizzazioni, che mi venga data risposta - concludo su questo - alle cinque domande che ho posto nella mia interpellanza, perché, naturalmente, il tempo è ampiamente scaduto e l'Autorità garante della concorrenza ci osserva.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Daniele Molgora, ha facoltà di rispondere.

DANIELE MOLGORA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, si fa presente, sulla base delle indicazioni ricevute anche dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, una serie di considerazioni rispetto a quanto è stato richiesto.Pag. 87
Per quanto riguarda i motivi della mancata emanazione dei regolamenti attuativi delle disposizioni dei commi 96 e 97 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, si precisa che il comma 96 aggiunge un ulteriore requisito a quelli già previsti dal decreto ministeriale n. 67 del 1999 per ottenere l'autorizzazione a svolgere l'attività di deposito fiscale, costituito dalla dimostrazione della disponibilità del locale adibito a tale funzione per un periodo di almeno nove anni dall'entrata in vigore della norma stessa. Tale obbligo è posto in capo sia ai soggetti già autorizzati al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina, sia ai soggetti che presentano nuove richieste di autorizzazione, evidenziando profili di conflittualità con i principi comunitari di tutela della concorrenza e del libero mercato.
La prescrizione in esame sembra in contrasto con quanto segnalato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (bollettino n. 37 del 2 ottobre 2006), che auspica l'eliminazione di ogni possibile ostacolo frapposto all'ingresso di nuovi operatori sul mercato. Il comma 97 disciplina la possibilità, per il delegato alla gestione, di istituire, presso lo stesso locale in cui già esiste il deposito fiscale di cui è delegato, anche un proprio deposito. La duplice veste che verrebbe assunta dallo stesso soggetto (persona fisica o persona giuridica) determinerebbe, una volta applicata, la paradossale conseguenza che tale soggetto diverrebbe inevitabilmente concorrente di se stesso, esercitando la medesima attività nello stesso locale, per una quota come delegato del titolare di deposito fiscale e per altra come depositario in proprio.
Ciò non può non costituire fenomeno distorsivo della concorrenza nel settore, se non sotto il profilo della partecipazione di più soggetti ad uno specifico mercato, sicuramente sotto il profilo dei possibili fenomeni dì concorrenza sleale con riflessi in settori delicati quali quello della fiscalità. Sotto altro profilo, la situazione descritta vedrebbe un solo operatore dal punto di vista mercantile, rispetto al quale, nella duplice veste sopra rappresentata, corrispondono due diversi soggetti d'imposta, con le connesse delicate problematiche di controllo da parte dell'autorità fiscale.
Ulteriori problemi discenderebbero, nell'ipotesi descritta, dall'applicazione dell'articolo 7 della legge n. 92 del 2001 (Modifiche alla normativa concernente la repressione del contrabbando di tabacchi lavorati), nella parte in cui prevede l'obbligo da parte dei produttori di predisporre, fin dalla progettazione e realizzazione del singolo pacchetto di prodotto, un idoneo sistema di identificazione anche del primo acquirente dei tabacchi.
L'attuazione del citato comma 97, che prevede una procedura distributiva per il solo Stato italiano, avrebbe imposto, infatti, all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato di chiedere ai singoli produttori la modifica del sistema di tracciabilità dei prodotti già adottato, per mantenere distinte le gestioni all'interno del singolo deposito fiscale e consentire l'individuazione immediata dei differenti prodotti e dei quantitativi attribuiti all'uno o all'altro depositario. In ogni caso, tale aggravio di oneri a carico dei produttori avrebbe potuto creare un nuovo limite alla libera circolazione delle merci, come garantita dal diritto comunitario. Inoltre, l'attuazione delle citate disposizioni comporterebbe per gli operatori della distribuzione al dettaglio non solo maggiori oneri, in quanto dovrebbero relazionarsi a siti distributivi duplicati nella stessa sede fisica, ma anche difficoltà di natura tecnica: modifica della contabilità, duplicazione degli oneri fideiussori, eccetera.
Peraltro, non può condividersi l'affermazione contenuta nel documento parlamentare relativa alla creazione di una nuova rete distributiva costituita da oltre 300 depositi, in caso di concreta attuazione dei citati commi 96 e 97. Detta indicazione numerica è presunta, fondata soltanto su dati potenziali ma non reali: non è, infatti, possibile ipotizzare a priori che i tutti i delegati istanti si trovino nelle condizioni richieste dalla norma, ed in particolare che siano in grado di soddisfare il gravoso requisito del reperimentoPag. 88dell'immobile. Nonostante tutte le perplessità sopra esposte, i regolamenti attuativi in questione sono stati elaborati, ma nuove situazioni di contesto, anche internazionale, ne hanno determinato la sospensione.
Per completezza, si soggiunge che i termini previsti per la redazione dei regolamenti sono, a differenza di quanto si sostiene nell'interpellanza, meramente ordinatori: la perentorietà, infatti, sussiste soltanto nei casi in cui sia la norma a stabilirla espressamente, o si possa desumere implicitamente anche con l'indicazione di una sanzione decadenziale in caso di mancato rispetto. Non è questo il caso, in quanto i commi 96 e 97 nulla dispongono al riguardo.
Per quanto concerne le iniziative assunte per la revisione della normativa nel senso indicato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, si precisa che tale Autorità ha rilevato che la formulazione delle norme di cui agli articoli 2 e 5 del decreto ministeriale n. 67 del 22 febbraio 1999 può costituire un ostacolo all'ingresso di nuovi operatori nel settore della distribuzione dei tabacchi. Pertanto, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, fra le varie iniziative intraprese per una migliore attuazione del decreto ministeriale, aveva attuato alcuni cambiamenti operativi che, non contraddicendo ovviamente il disposto delle norme, hanno consentito di raggiungere lo stesso risultato.
Nello specifico, con riferimento al primo aspetto segnalato (articolo 2), relativo alla domanda di autorizzazione e, in particolare, alla necessaria preventiva indicazione delle marche dei tabacchi lavorati iscritte nella tariffa di vendita che si intendono detenere nell'impianto, allo stato, sebbene la prescrizione regolamentare faccia riferimento ad una dichiarazione di massima con la quale il depositario, senza alcun impegno vincolante né tanto meno irretrattabile, precisa quali siano i prodotti che andrà verosimilmente a commercializzare (tali potrebbero essere anche tutte le marche inserite in tariffa), l'Amministrazione non richiede alcuna indicazione.
Per quanto attiene all'ulteriore aspetto concernente la preliminare prestazione della cauzione, ai sensi dell'articolo 5, si precisa che la norma si riferisce all'autorizzazione per l'esercizio del deposito e non già a quella prevista per l'istituzione.
Infatti, fermo restando il tenore della norma, si è provveduto ad autorizzare l'apertura dei depositi con un primo provvedimento, e ad abilitarne l'esercizio, ovvero il concreto inizio dell'attività, con un successivo atto - la licenza - rilasciato a seguito della prestazione della cauzione.
Conformemente a quanto ritenuto dall'Antitrust, la prescrizione legislativa sulla cauzione consente dunque la garanzia della fiscalità e la tutela dell'amministrazione e dell'erario, ove fosse necessario il recupero dell'accisa. Sono fatti salvi i casi, normativamente previsti, di un eventuale esonero dalla prestazione di detta garanzia.
Alla luce di quanto sopra rappresentato, con particolare riferimento alla distinzione tra il provvedimento abilitativo dell'istituzione e quello successivo dell'autorizzazione all'esercizio, nonché alla conseguente prestazione della cauzione non più in via preliminare ma successiva, le indicazioni del Garante di rimuovere gli ostacoli eventualmente frapposti all'ingresso di nuovi operatori sul mercato sono state pienamente e sostanzialmente soddisfatte.
In ultimo, in riferimento all'esonero dalla cauzione degli enti pubblici e delle aziende a capitale pubblico (articolo 5), si rappresenta che la questione può ritenersi superata, in ragione della privatizzazione delle attività produttive dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di stato.
Con riferimento, infine, alle iniziative che si intendono adottate per rilanciare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore non ancora concluso a distanza di oltre dieci anni dal suo avvio e per eliminare definitivamente le rendite di posizione di cui beneficia il monopolista di fatto della distribuzione, si precisa chePag. 89in Italia sono attivi diversi depositi fiscali di distribuzione (oltre dieci) che non fanno capo alla società Logista e che distribuiscono svariate marche di prodotti.
La normativa vigente consente a chiunque abbia i prescritti requisiti di ottenere l'autorizzazione all'istituzione di un deposito fiscale di tabacchi lavorati. Peraltro, non risultano agli atti istanze di istituzione di deposito fiscale che non siano state trattate in istruttoria e che, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, non siano state concluse con il provvedimento di autorizzazione.
Quanto poi all'effettiva assegnazione della distribuzione dei prodotti da fumo a questo o a quel deposito fiscale, si evidenzia che la scelta dipende esclusivamente dalle libere valutazioni di politica aziendale operate dalle singole società produttrici le quali decidono, in piena autonomia, a chi affidare la diffusione delle proprie marche. Alcuni produttori hanno di recente ritenuto di non avvalersi dei distributori professionisti e, tra questi, della Logista Italia Spa, e di distribuire direttamente i propri prodotti.
Per quanto concerne il trasporto, va soggiunto che la Logista lo effettua solo per 26.000 rivendite su circa 56.000 esistenti; anche in tale specifico comparto, dunque, non sussiste alcuna posizione dominante né alcun abuso, potendo il tabaccaio evidentemente non aderire al servizio reso dalla Logista ed utilizzare un altro vettore.
Con riferimento all'affermazione contenuta nella interpellanza sulla mancata reale apertura del mercato dovuta ai numerosi passaggi di proprietà della società Logista, premesso che l'amministrazione non può, in alcun modo, incidere sulle decisioni di politica commerciale e aziendale e tanto meno, nello specifico, sulla recente acquisizione della Logista da parte della Imperial, né ha alcuna competenza in materia, è opportuno sottolineare che da un punto di vista normativo-amministrativo non sussistono preclusioni all'ingresso di altri operatori sul mercato della distribuzione.
Allo stato, infatti, sono presenti sul mercato, oltre alla società Logista Italia Spa, altri depositi distributivi.
Peraltro, per corretta informazione, si evidenzia che 1'acquisizione della Logista da parte del gruppo Imperial Tobacco, conseguente all'operazione di fusione tra il gruppo franco-spagnolo Altadis e la citata Imperial, è stata esaminata in sede comunitaria ed ha ricevuto le prescritte autorizzazioni avendo la Commissione europea valutato tutti i profili di interesse e le necessarie misure anticoncorrenziali.

PRESIDENTE. L'onorevole Esposito ha facoltà di replicare alla lunga risposta data alla sua interpellanza.

STEFANO ESPOSITO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario anche se ha risposto solo parzialmente alla mia interpellanza; mi dichiaro, quindi, insoddisfatto. Verificherò i dati forniti dal Governo, perché lei, signor sottosegretario, mi parla di dieci depositi fiscali che non sono soggetti alla gestione diretta della società Logista Italia su 250 attivi: se mi permette, in termini di concorrenza, non credo che sia esattamente lo spirito liberale di cui sia io, sia lei, ci vogliamo fregiare. In termini di liberalizzazioni parliamo, infatti, di qualcos'altro piuttosto che di dieci su 250.
Mi pare evidente che da parte del Governo ci sia una volontà di continuare a coprire questo monopolio di fatto. Per quanto riguarda il sottoscritto e coloro che hanno firmato l'interpellanza, proseguiremo e cercheremo, cominciando dall'autorità competente, di verificare - naturalmente, non ho ragioni per dubitare - le indicazioni che da lei sono state fornite rispetto al recepimento delle segnalazione da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Mi permetto, però, di segnalarle, proprio alla luce di quanto questo Governo ha inserito nelle proprie linee guida in termini di liberalizzazione in settori anche molto diversi tra di loro, che probabilmente la Commissione europea ha espresso un parere favorevole alla fusione - ci mancherebbe altro! - maPag. 90questa nel nostro Paese si realizza con la creazione di un sostanziale monopolio di un produttore che è anche un distributore. Nei prossimi giorni, verificherò in maniera accurata, i dati che lei forniva sulle 26 mila tabaccherie servite su cinquantamila - verificherò perché a me risulta tutt'altro - e verificheremo con puntualità se le domande che pervengono al Ministero per l'apertura dei nuovi depositi fiscali seguono la trafila di cui lei parla, o se, invece, vengono ostacolate in barba a quanto da lei dichiarato.
Aggiungo un dettaglio; se i commi 96 e 97 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 sono - come lei ha dichiarato - sostanzialmente distorsivi della concorrenza, inviterei il Governo che ha proceduto, non più tardi di alcuni mesi fa, ad una riflessione molto puntuale e all'emanazione di una normativa su un altro settore in termini di liberalizzazione, a procedere a superarli, o quantomeno, a correggerli. È vero che non vi è nulla di imperativo con l'emanazione di regolamenti, ma è altrettanto evidente che se si fosse voluto, davvero, aprire al mercato - cosa che mi pare evidente non si voglia fare, e lo verificheremo sul campo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi - si sarebbero potuti utilizzare i regolamenti e, come avviene ormai abbondantemente in questo Parlamento, la decretazione d'urgenza per sostituire, e correggere, i commi 96 e 97 della legge finanziaria e per aprirsi davvero al mercato. Ringrazio per la risposta, come è giusto e corretto, e ne chiederò copia scritta. Verificheremo i dati indicati e verificheremo direttamente sul campo se gli operatori privati che chiedono di poter svolgere una funzione nella distribuzione sono davvero messi nelle condizioni di farlo o non gli vengano - come noi riteniamo, avendo su questo informazioni molto precise - frapposti continui ostacoli da parte dell'amministrazione statale. Questo sarebbe un elemento di ulteriore distorsione.
Per quanto riguarda il merito, è evidente che l'insoddisfazione è ancora più accentuata viste le caratteristiche e la cultura liberale che questo Governo dovrebbe avere rispetto alla possibilità di far agire liberamente, in un mercato complesso e articolato, altri soggetti che non sono come quei monopolisti che facendo passaggi di proprietà, l'un con l'altro, mantengono un sostanziale dominio del mercato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà con la discussione congiunta delle Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) (A.C. 1713) e del Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (A.C. 1714).
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 19, è ripresa alle 19,10.

Discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) (A.C. 1713); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (A.C. 1714).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Pag. 91

(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 1713 e A.C. 1714)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto altresì che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore per la maggioranza sul disegno di legge finanziaria, onorevole Giudice, ha facoltà di svolgere la relazione.

GASPARE GIUDICE, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 1713. Signor Presidente, colleghi, spero che vogliate consentirmi un approccio franco e non privo di qualche spunto polemico nel riferire all'Assemblea sul disegno di legge finanziaria. Per essere espliciti ritengo infatti che molte delle polemiche che sono state mosse dapprima in Commissione e poi nella seduta di stamane anche in Assemblea siano in parte infondate. Quelle polemiche traevano origine da un errore di valutazione, non avendo tutti compreso la portata innovativa nel metodo e nei contenuti di questa legge finanziaria. Sulla constatazione per cui siamo in presenza di una finanziaria snella, molto asciutta e assolutamente non comparabile, quanto a dimensioni, a quelle che l'hanno preceduta credo non abbiano difficoltà a convenire tutti i colleghi, tanto di maggioranza quanto di opposizione.
Quel che sfugge a molti è il valore non solo simbolico ma anche concreto della discontinuità che questa finanziaria segna. Da molti anni in Parlamento discutiamo sui possibili rimedi ad una situazione che progressivamente si era fatta sempre più grave fino a diventare insostenibile. Mi riferisco al sovraccarico di decisioni, e conseguentemente di stress, di tensioni che la sessione di bilancio comportava. Nell'esperienza degli ultimi anni, la finanziaria era diventata un mostro, assumendo dimensioni ipertrofiche e innescando dinamiche difficilmente componibili e governabili, in primo luogo nella fase della sua impostazione nell'ambito del Governo, e successivamente in occasione del suo esame parlamentare. Il sintomo più evidente del carattere abnorme assunto dalla legge era costituito dall'esplosione del fenomeno emendativo. Il numero degli emendamenti in ciascuna delle due Camere si misurava nell'ordine spesso di migliaia. È evidente che una così eccessiva quantità di temi e problemi sottoposti alla discussione impediva, di fatto, qualunque possibilità di un esame accurato e puntuale. La discussione sulla legge finanziaria diventava una sorta di giudizio universale in cui ogni deputato e i vari interessi legittimi, di cui le diverse proposte emendative si facevano interpreti, si giocava l'unica possibilità offerta nell'arco di un anno di vedere accolte le proprie istanze.
Le due leggi finanziarie approvate nel corso della scorsa legislatura dai Governi di centrosinistra hanno segnato - devo dire, i colleghi non me ne vorranno - forse uno dei punti più bassi. L'assenza di omogeneità e di indirizzo politico all'interno della maggioranza e le fortissime tensioni emerse nella compagine governativa hanno prodotto leggi finanziarie di dimensioni inusitate e destinate a rimanere in larga parte inattuate in quanto rappresentative di aspirazioni e istanze spesso assolutamente velleitarie e fortemente contraddittorie. Un altro dato che ha concorso nei due anni scorsi alla vera e propria esplosione della legge finanziaria era costituito certamente dalla grave debolezza dimostrata dal Ministro dell'economia e delle finanze, del tutto inadeguato al ruolo cruciale che gli sarebbe spettato su un provvedimento di così tale importanza. Di fatto ricordiamo tutti che il Ministro Padoa Schioppa rinunciò a governare il processo di formazione della legge finanziaria, delegando al Viceministro Visco il compito di assicurare, attraverso il massiccio ricorso alla leva tributaria, la tenuta complessiva dei saldi.Pag. 92
L'impressione generale nel Paese, non soltanto dell'opposizione ma anche fondamentalmente dell'opinione pubblica più avvertita, era quella di un caos non governato e, mi permetto di dire, che questo è stato - credo - uno degli elementi essenziali della sconfitta del centrosinistra nelle recenti elezioni.
Questo Governo e la maggioranza che lo sostiene hanno dimostrato concretamente che era possibile invertire la deriva di una sessione di bilancio fuori controllo per recuperare un minimo di razionalità e di ordine nel processo decisionale. Spero che i colleghi dell'opposizione più avveduti e obiettivi vogliano convenire sul fatto che la scelta di articolare la manovra su più provvedimenti evitando di concentrare tutto nella legge finanziaria ha fornito un concreto contributo ad un più ordinato svolgimento dell'attività legislativa. Poi vedremo i difetti, le difficoltà e i disagi che abbiamo avuto in Commissione bilancio.
Con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 si sono poste le basi per scongiurare il rischio di porre in discussione il consolidamento del processo di risanamento della finanza pubblica. Le decisioni difficili ed impegnative che sono state assunte con quel provvedimento hanno consentito al nostro Paese di recuperare integralmente la reputazione nei mercati internazionali e presso le autorità comunitarie. Si è chiusa la procedura di infrazione - vorrei ricordarlo - per deficit eccessivo e oggi la situazione della finanza pubblica nel nostro Paese si presenta certamente non in condizioni floride ma sicuramente meno preoccupanti di quelle di altri Paesi partner europei. Con quel provvedimento si è clamorosamente evidenziata la totale pretestuosità della tesi sostenuta da alcuni esponenti dell'opposizione e da una certa parte della stampa secondo la quale soltanto i Governi di centrosinistra sarebbero in grado di assicurare condizioni di equilibrio nella finanza pubblica, mentre quelli di centrodestra inevitabilmente si connoterebbero per una certa propensione al peggioramento delle condizioni finanziarie.
Ritengo che oggi l'Italia si possa presentare a testa alta nelle sedi internazionali senza più essere guardata con sospetto. Con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, di contenuto prevalentemente correttivo, il Governo ha adottato ulteriori provvedimenti articolando la manovra, in particolare, in alcuni disegni di legge collegati, oltre che nel disegno di legge che oggi stiamo iniziando ad esaminare. Mi riferisco ai disegni di legge in materia di energia, a quello in materia di lavoro, già esaminati in prima lettura alla Camera, cui devono aggiungersi altri provvedimenti, quelli riguardanti gli enti locali in arrivo dal Senato e quello che abbiamo già approvato su Alitalia.
L'insieme di questi provvedimenti e di altri - ne ho tralasciati alcuni per brevità - costituisce un quadro coerente e organico di misure volte a far fronte a situazioni di vera e propria emergenza, quale era peraltro quella di Alitalia.
Il disegno di legge finanziaria coerentemente a quanto previsto dal comma 1-bis dell'articolo 1 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 si caratterizza per un limitato contenuto normativo ed incide in maniera assai ridotta sui saldi. La stringatezza del testo, oltre che le esplicite previsioni del citato comma 1-bis per quanto concerne il contenuto del disegno di legge finanziaria per il 2009, hanno correttamente indotto la presidenza della Commissione ad assumere parametri molto stringenti per quanto concerne la valutazione dell'ammissibilità delle proposte emendative, in particolare escludendo quelle direttamente finalizzate al sostegno dello sviluppo economico. L'esame del disegno di legge presso la Commissione bilancio si è concluso senza che fosse possibile apportare allo stesso quelle integrazioni e quei miglioramenti che da diverse parti erano stati prospettati. Su questo devo riconoscere anche il ruolo non ostativo, ma costruttivo da parte dell'opposizione.
In qualità di relatore avevo anche ritenuto di dovermi in parte far carico attraverso la presentazione di un numero limitato di emendamenti delle istanze chePag. 93arrivavano dalla Commissione. Devo dire con grande rammarico, signor Presidente, signor sottosegretario, che il Governo non ha manifestato in Commissione un'apprezzabile disponibilità a valutare alcune modifiche da apportare al testo. Come ha fatto il presidente Giancarlo Giorgetti nella seduta di stamane, voglio tuttavia e con fermezza esprimere veramente l'auspicio che la discussione in Assemblea possa offrire la possibilità di procedere ad una approfondita discussione anche attraverso l'approvazione di alcuni emendamenti.
A tal fine è indispensabile, signor sottosegretario Vegas, che il Governo dichiari con chiarezza, già in questa fase (mi auguro in occasione della sua replica), che non è sua intenzione fare ricorso al voto di fiducia, che evidentemente pregiudicherebbe la possibilità di un esame utile, utile per il Governo ed utile per il Paese.
Ovviamente, i limiti di contenuto che contraddistinguono il disegno di legge finanziaria per il 2009, se per un verso hanno concorso a ricondurne l'esame entro dimensioni fisiologiche, evitando il ripetersi di quelle situazioni patologiche che si erano determinate negli anni scorsi, per altro verso non devono indurre ad affermare, come hanno fatto alcuni colleghi, che il Governo non ha compreso la gravità dell'attuale situazione economico-sociale e non intende intervenire con gli strumenti, di cui pure potrebbe disporre.
La scelta del Governo e della maggioranza è stata quella di procedere per fasi successive: in una prima fase si trattava di consolidare il processo di risanamento della finanza pubblica, intervenendo in particolare sulla spesa. A questo specifico riguardo, tengo a sottolineare il fatto che costituisce ormai un patrimonio comune a tutte le forze politiche la consapevolezza che si deve recuperare il pieno controllo della spesa pubblica, eliminando tutti quei fattori inerziali che in passato hanno impedito un puntuale monitoraggio degli andamenti della spesa e la capacità di contenerne la crescita.
I progressi che da questo punto di vista sono stati compiuti sono importanti. Mi riferisco in primo luogo alla rivalutazione della funzione del bilancio dello Stato, come sede in cui indicizzare ed indirizzare le risorse a disposizione verso obiettivi prioritari, evitando la dispersione attraverso lo stanziamento in misura assolutamente superiore alle reali necessità, che in passato ha prodotto l'esplosione del fenomeno dei residui. Mi riferisco pure alle misure, spesso dolorose, che sono state adottate per il contenimento di talune tipologie di spesa. È evidente che alle drastiche misure che sono state poste in essere si dovranno accompagnare anche politiche di settore, che incidano direttamente sui fattori determinanti della spesa.
Non si può tuttavia ignorare che è stato possibile attuare manovre correttive di entità assai consistente senza pregiudicare, al di là di certe posizioni faziose, l'ordinario svolgimento delle funzioni proprie delle pubbliche amministrazioni: tutto quello che è stato fatto su questo terreno non è certamente sufficiente. Credo che il Parlamento in particolare sia chiamato a riprendere quanto prima il lavoro istruttorio già svolto in passato sulla riforma della legislazione contabile, per realizzare un assetto della normativa più avanzato (infatti spetta al Parlamento farlo, non al Governo).
Il Governo e il Parlamento devono assumere a riferimento non solo il bilancio dello Stato, ma tutta la finanza pubblica, affinché ciò consenta di potenziare gli strumenti e le procedure di monitoraggio e di controllo della spesa: interveniamo nel momento in cui creiamo le norme e diventiamo assolutamente assenti nel momento in cui l'applicazione di queste norme dobbiamo controllare. Questo è il lavoro che il Parlamento, insieme al Governo, dovranno svolgere auspicabilmente con il concorso di tutte le forze politiche, perché costituisce un interesse generale e non di parte la definizione di un assetto di regole efficaci e funzionali in materia di finanza pubblica, tali che responsabilizzino i diversi centri di spesa ed una sana gestione finanziaria (penso alla nostra difficoltà ad individuare il corretto percorsoPag. 94sul patto di stabilità, alla nostra difficoltà a comprendere qual è il punto di equilibrio più corretto).
Quanto al tema del sostegno allo sviluppo, voglio ricordare che il Ministro è stato probabilmente il primo - e glielo devo riconoscere - ad avere richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica sui rischi di una grave crisi economico-finanziaria che si profilava. Nello scorso aprile lo disse con grande chiarezza, in toni estremamente preoccupanti e non per mero spirito polemico, denunciando l'assoluta inadeguatezza delle misure che venivano prospettate a fronte di fenomeni le cui dimensioni non erano ancora note. Il Governo italiano è già in parte intervenuto, al pari dei Governi degli altri Paesi, per tranquillizzare i mercati e soprattutto i risparmiatori in presenza di una situazione di instabilità che, se presenta indiscutibilmente alcuni elementi di irrazionalità, potrebbe tuttavia innescare, in assenza di adeguati rimedi, effetti recessivi difficilmente recuperabili.
Si reclamano oggi, da parte dei colleghi dell'opposizione, interventi drastici a sostegno dei redditi e di alcuni comparti produttivi particolarmente esposti al rischio di una fase recessiva e di una flessione della domanda. Credo che il Governo sia pienamente consapevole dei rischi che si profilano e della necessità di evitare che si inneschi una spirale perversa, per cui una contrazione dei consumi si tradurrebbe in una riduzione degli investimenti e in un aggravamento delle aspettative, con la conseguenza di peggiorare i già insoddisfacenti tassi di crescita della nostra economia. Serietà vuole, tuttavia, che si valutino con la necessaria attenzione le possibili misure da adottare. Ciò che si vuole evitare è di assumere decisioni precipitose, tali da determinare effetti negativi sulla finanza pubblica senza, tuttavia, produrre duraturi e rilevanti vantaggi in termini di sostegno ai tassi di crescita.
Credo che il Governo stia valutando quali possano essere le misure efficienti cui fare ricorso, individuando i comparti produttivi più esposti alla crisi, anche per quanto concerne le possibili conseguenze sul piano dell'occupazione. Credo che soluzioni affrettate porterebbero ad un risultato del tutto inutile allo scopo.
Abbiamo parlato - l'ho pensato anche io - all'ipotesi di una parziale defiscalizzazione delle tredicesime, che rischia, però, di tradursi in un effimero incremento dei consumi, peraltro non necessariamente a vantaggio dell'economia nazionale. Viene pure da domandarsi, con quale credibilità l'opposizione oggi contesti al Governo la mancata adozione di misure di sostegno. L'onorevole Duilio ricorderà le ultime sedute, quando facemmo la cosiddetta divisione del tesoretto, quel tesoretto che sarebbe dovuto andare alle famiglie più deboli e che, invece, fu distribuito semplicemente per le esigenze dei singoli Ministri.
Vorrei concludere con un tema che mi sta a cuore. Vedo due comparti su cui è assolutamente necessario, signor sottosegretario, che il Governo concentri la propria attenzione per porre le condizioni, affinché si inneschi un'inversione di tendenza del ciclo. Mi riferisco a due aspetti. In primo luogo, alla necessità di riavviare un massiccio programma di investimenti per il potenziamento e l'ammodernamento della rete infrastrutturale. In secondo luogo, all'esigenza di aggiornare le politiche di sostegno alle aree sottoutilizzate del Paese, con particolare riferimento al Mezzogiorno.
Sono in questo Parlamento da quattordici anni e ho sempre sentito gli economisti di questo Paese dire che, se non parte il Mezzogiorno, non parte il Paese. Tuttavia, mi chiedo quante di queste voci e da quanti Governi siano state ascoltate.
Si tratta di due temi di carattere strategico su cui, in ogni caso, mi auguro che il nostro Governo stia - come sembra - sollecitando l'attenzione delle autorità comunitarie, affinché si valuti la possibilità di ricorrere a strumenti innovativi, in aggiunta alle ordinarie forme di intervento, quali sono quelle rappresentate dai finanziamenti della Banca europea degli investimenti e dalle politiche di coesione. Capisco la posizione della BEI, caro onorevolePag. 95Vegas; capisco meno quella di una banca del Mezzogiorno, perché credo che il Mezzogiorno, più che una banca del Mezzogiorno, abbia bisogno di banche nel Mezzogiorno: è un concetto diverso.
Voglio ricordare che proprio il Ministro si sta distinguendo per aver ripetutamente sollecitato gli omologhi Ministri delle finanze dell'Unione europea per superare l'attuale fase contrassegnata dall'adozione di interventi non adeguatamente coordinati, assunti da ciascuno degli Stati membri, e per compiere un vero e proprio salto di qualità sul terreno della politica economica comune a livello europeo.
La gravità - e ho concluso - e le dimensioni dei problemi da affrontare presentano dimensioni di scala tali da imporre risposte coordinate e sovranazionali. Il nostro Governo risulterà tanto più credibile, quanto più si dimostrerà in grado di prospettare soluzioni concrete e praticabili e quanto più saprà delineare con chiarezza le esigenze e le priorità del nostro Paese, sia sul versante del potenziamento delle infrastrutture sia per quanto concerne le politiche regionali.
A questo ultimo riguardo voglio richiamare l'attenzione di tutti i colleghi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GASPARE GIUDICE, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 1713. Ho terminato, signor Presidente. Voglio, inoltre, richiamare anche l'attenzione del Governo sulla necessità di riportare la questione meridionale al centro del dibattito sulla politica economica. Il rischio di un aggravamento della crisi comporterebbe, infatti, in assenza di adeguati rimedi, conseguenze particolarmente gravi, non solo sul terreno economico, ma anche della coesione sociale nel Mezzogiorno. È questa un'eventualità da scongiurare assolutamente.
Per questo motivo è indispensabile - signor Presidente, ho veramente concluso - che il Governo non si limiti, come giustamente ha fatto, a mettere in discussione le iniziative confuse e velleitarie del precedente Esecutivo per quanto concerne, in particolare, il quadro strategico 2007-2013, ma arrivi quanto prima ad aggiornare le priorità da perseguire. Occorre soprattutto - spero che su questo passaggio il sottosegretario Vegas mi ascolti - evitare che prosegua la prassi, cui si è fatto troppo frequentemente ricorso, negli ultimi anni, di utilizzare le risorse del FAS per finalità non riconducibili ad obiettivi propri del Fondo e per interventi in zone del Paese non ricadenti nelle aree sottoutilizzate. Il danno che può derivarne, anche dal punto di vista dell'interlocuzione con le istituzioni comunitarie, per quanto concerne la concreta traduzione del principio di addizionalità, può essere veramente grave.
Rivolgo, quindi, un accorato appello a lei, al Ministro Tremonti, al Ministro Scajola, perché si facciano carico del problema e provvedano, quanto prima, al riguardo.
In ultimo vorrei concludere pregandovi di non porre la questione di fiducia e di non perdere l'occasione di un dibattito costruttivo da parte del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il relatore per la maggioranza sul disegno di legge di bilancio, onorevole Moroni, ha facoltà di svolgere la relazione.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 1714. Signor Presidente, è evidente, come ha sostenuto poc'anzi il collega Giudice, che l'intera manovra finanziaria di cui il bilancio a legislazione vigente sconta, come noto, gran parte degli effetti, nonostante il suo carattere triennale volto a consentire all'amministrazione una più puntuale programmazione finanziaria, debba fare i conti con la crisi finanziaria internazionale, che rende assai incerto il quadro macroeconomico alla luce del quale la manovra stessa è stata concepita.
Le linee essenziali delle decisioni di bilancio sono state, infatti, definite nel DPEF l'estate scorsa, quando già si erano manifestati importanti segnali della crisiPag. 96creditizia, ma non vi era ancora la possibilità di coglierne tutta la portata e, contestualmente, attuate con il decreto-legge n. 112 del 2008, attraverso un piano triennale di stabilizzazione della finanza pubblica. Il decreto-legge n. 112 del 2008 ha, in larghissima parte, anticipato gli effetti tipici, come diceva il collega Giudice, della legge finanziaria, finendo per valorizzare il contenuto decisionale del bilancio dello Stato, attribuendogli, per certi aspetti, un ruolo inedito.
Il bilancio annuale di previsione e il bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 sono impostati secondo la nuova struttura contabile per missioni e programmi, introdotta con il bilancio 2008, volta a privilegiare il contenuto funzionale della spesa. Anche l'attenzione del Parlamento dovrà, conseguentemente, concentrarsi sulle 34 missioni, che identificano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica e, all'interno delle missioni, sui programmi, che rappresentano aggregati omogenei di attività svolte, di norma, da un unico ministero, per perseguire obiettivi ben definiti.
In questo quadro vengono a perdere centralità o sono, comunque, destinate ad assumere rilevanza solo in fase successiva all'analisi, le unità previsionali di base, che rappresentano le diverse tipologie di spese e sono, ancora oggi, oggetto del voto parlamentare.
Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2009 in termini di competenza prevede entrate finali per 463.904 milioni e spese finali per 517.442 milioni di euro. Il saldo netto da finanziare è pari a 34.496 milioni. Rispetto al disegno di legge di assestamento per il 2008 l'importo del saldo netto da finanziare registra una forte riduzione, pari a 22.702 milioni di euro, derivanti da una riduzione delle spese finali, pari a 16.230 milioni, e ad un aumento delle entrate finali, pari a 6.472 milioni.
Riguardo alle spese finali la riduzione è quasi interamente imputabile al forte decremento delle spese in conto capitale che registrano, rispetto al bilancio assestato 2008, una riduzione di 15.754 milioni, a fronte di un contenimento della spesa corrente di 477 milioni di euro. La contrazione delle spese in conto capitale è essenzialmente ascrivibile ai seguenti comparti di spesa: cessa il finanziamento dello Stato per l'attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria che, nel precedente esercizio, aveva assorbito risorse pari a 9,1 miliardi e si riducono di 3,8 miliardi gli investimenti fissi lordi, imputabili per 1,8 miliardi a minori interventi per le opere infrastrutturali in Calabria e Sicilia e per 0,8 miliardi ad investimenti di interesse del Ministero della difesa, mentre i trasferimenti tra amministrazioni pubbliche si riducono di 4,1 miliardi prevalentemente a spese delle amministrazioni centrali.
Per quanto riguarda le entrate finali l'incremento di oltre 6.472 milioni rispetto alle previsioni assestate per il 2008 è determinato dall'aumento di quasi 10,5 miliardi delle entrate tributarie e dalla riduzione di circa 2 miliardi di quelle extra-tributarie, a fronte di una riduzione delle entrate per alienazione e ammortamento di immobili pari a 2 miliardi. L'incremento delle entrate tributarie riguarda, in particolare, per 11.449 milioni le imposte dirette, a fronte di una diminuzione pari a 960 milioni delle imposte indirette, mentre il decremento delle entrate extra-tributarie è invece legato ad una diminuzione dei redditi da capitale pari a 2.666 milioni.
Sul piano della composizione della spesa emerge che la spesa corrente, al netto degli interessi, passa dal 71,2 per cento (assestato 2008) per quanto riguarda il bilancio triennale a 75,3 per cento (bilancio 2011) del totale della spesa, mentre sempre nell'arco del triennio le spese in conto capitale diminuiscono dal 12,1 al 6,1 per cento e le spese per interessi aumentano dal 16,6 al 18,5 per cento.
Al fine di approfondire le scelte operate in sede di predisposizione del bilancio a legislazione vigente occorre richiamare i contenuti del decreto-legge n. 112 del 2008 che ha inciso in maniera significativa sui contenuti del disegno di legge stesso sotto un duplice profilo. In primo luogo,Pag. 97l'articolo 60 del decreto-legge ha disposto una sensibile riduzione delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente per il triennio 2009-2011 e delle missioni di spesa di competenza dei vari Ministeri.
Oggetto di riduzione sono state in prevalenza le risorse derivanti da autorizzazioni legislative di spesa. Dalle riduzioni sono state, invece, escluse una serie di voci relative a spese di carattere obbligatorio. Con riferimento al solo anno 2009 il totale delle riduzioni delle dotazioni di bilancio è stato pari a 8 miliardi di euro, di cui la parte preponderante (più di 6 miliardi) è relativa a riduzione di spesa predeterminate per legge.
Sempre per il 2009 bisogna considerare come il decreto-legge n. 112 del 2008 abbia trasformato in riduzioni di spesa gli accantonamenti sulle dotazioni di bilancio pari a circa 4,9 miliardi di euro operato dalla legge finanziaria per il 2007. Ciò comporta che, per il solo 2009, la riduzione delle dotazioni lineari di spesa risulti nel complesso pari a 13,4 miliardi di euro.
In considerazione dell'entità delle riduzioni apportate agli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente lo stesso articolo 60 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha introdotto in via sperimentale, limitatamente all'esercizio finanziario 2009, significativi elementi di elasticità nella gestione del bilancio. L'obiettivo è quello di consentire di salvaguardare le priorità delle amministrazioni e di favorire un processo di razionalizzazione e di riqualificazione della spesa.
In particolare, l'articolo 60 consente di effettuare, attraverso la legge di bilancio, rimodulazioni tra i programmi delle dotazioni finanziarie nell'ambito di ciascuna missione di spesa. Le rimodulazioni possono intervenire nell'ambito delle dotazioni di spesa interessate ai tagli lineari e, pertanto, anche rispetto a spese predeterminate per legge. Devono essere effettuate nel rispetto di tre limiti: l'invarianza dei saldi di finanza pubblica; il limite massimo del 10 per cento quando si riducono le spese per interventi a vantaggio di quelle per il funzionamento; il divieto di utilizzo degli stanziamenti in conto capitale per finanziare spese correnti.
Nel disegno di legge di bilancio, nell'allegato 2, in ciascuno stato di previsione è indicato con riferimento a ciascuna autorizzazione legislativa l'importo a legislazione vigente, l'eventuale variazione operata mediante rimodulazione per ciascun anno del triennio 2009-2011 e il conseguente importo iscritto nel disegno di legge di bilancio.
Nessun Ministero risulta invece aver dato conto delle ragioni della configurazione delle autorizzazioni di spesa di propria competenza, nonché dei criteri per il miglioramento dell'economicità e dell'efficienza e per l'individuazione di indicatori di risultato relativamente alle gestioni di ciascun programma nella relazione sullo stato dell'efficienza della spesa già previste dalla legge finanziaria per il 2008, la cui data di presentazione era stata appositamente posticipata dal 15 giugno al 30 settembre 2008. A tal fine, la Commissione ha fatto una serie di audizioni a cui il solo Ministro - va dato merito - ha risposto, dando i dettagli anche di un Ministero particolare rispetto alla riorganizzazione di cui è stato oggetto.
L'articolo 60 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha condizionato l'intero processo di predisposizione dei singoli stati di previsione, distinguendo le dotazioni finanziarie a legislazione vigente in due grandi aggregati fra le risorse rimodulabili e quelle non rimodulabili tra i programmi di spesa delle singole missioni. Il primo aggregato rimodulabile è quello interessato dai tagli lineari delle missioni di spesa, che hanno limitato la crescita di alcune categorie di spesa e ha costituito una sorta di plafond a disposizione dell'amministrazione nell'ambito del quale ciascuna di esse ha potuto modificare la ripartizione di una quota delle risorse a disposizione per ciascuna missione tra i diversi programmi. Anche le dotazioni derivanti da fattore legislativo sono state oggetto di rimodulazione nel rispetto delle finalità stabilite dalle disposizioni legislative e i programmi medesimi.Pag. 98
Il secondo aggregato - quello delle risorse non rimodulabili - in sede di predisposizione dei singoli stati di previsione comprende le dotazioni di spesa delle missioni escluse dei tagli lineari ed è stato oggetto di una quantificazione definitiva a cura della Ragioneria generale dello Stato sulla proposta di ogni amministrazione. Nella fattispecie ci si è limitati all'esatta quantificazione delle dotazioni di spesa e nell'applicazione dei parametri previsti dalla legge per la quantificazione medesima.
Il nuovo meccanismo di flessibilità ha, da un lato rinforzato il ruolo della legge di approvazione di bilancio come strumento di programmazione della spesa statale, e dall'altro ha affidato la medesima legge, innovando rispetto al passato il compito di contribuire alla manovra di finanza pubblica, valorizzando attraverso la flessibilità la decisione politica e la scelta di allocazione delle risorse in funzione di una scelta di politica pubblica.
L'entità della spesa rimodulabile rappresenta circa il 5 per cento della spesa finale del bilancio dello Stato. Nell'ambito della percentuale del 5 per cento risulta rimodulabile una quota pari al 33 per cento delle spese in conto capitale e una quota pari al 2 per cento delle spese correnti. Così come le riduzioni lineari operate dal decreto-legge n. 112 del 2008, anche le rimodulazioni interessano prevalentemente spese in conto capitale. La spesa rimodulabile è pari a 28.673 milioni e per 22.629 milioni (79 per cento) si tratta di spese predeterminate per legge.
Non è possibile stabilire con esattezza a quale tipologia di spesa sia riconducibile la restante quota della spesa rimodulabile e, in particolare, in quale misura si tratti di spese discrezionali. È, inoltre, individuabile nell'ambito della spesa rimodulabile predeterminata per legge la quota di spesa effettivamente rimodulata in aumento o diminuzione pari a 8.830 milioni. La quota di spesa rimodulata è stata calcolata in valore assoluto e tenendo conto di tutti gli aumenti e di tutte le diminuzioni delle dotazioni di spesa rimodulabili. Non risulta invece possibile quantificare le spese non predeterminate per legge rimodulate in sede di predisposizione del bilancio a legislazione vigente.
Va, inoltre, evidenziato, concludendo, come alcune amministrazioni abbiano fatto ricorso in maniera assai limitata alla facoltà di rimodulazione della spesa. In particolare, lo stato di previsione del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, a fronte di una quota di spesa rimodulabile pari a 727,9 milioni (pari all'1,32 per cento del totale), reca spese rimodulate per appena 0,2 milioni, altrettanto il Ministero degli affari esteri e vi sono inoltre amministrazioni che presentano quote assai limitate di risorse rimodulabili, tra le quali il Ministro della giustizia, che reca spese rimodulabili per soli 5,5 milioni pari allo 0,7 per cento del totale dello stato di previsione. Come si è visto, i dati di cui si dispone sono relativi esclusivamente alle spese rimodulabili e alle spese rimodulate predeterminate per legge e non si hanno informazioni relative a quelle rimodulabili di altra natura.
Sarebbe importante che le Camere fossero poste nelle condizioni di verificare, nella misura più ampia possibile, le concrete modalità applicative delle disposizioni in materia di flessibilità di bilancio, al fine di poterne apprezzare potenzialità e limiti, anche in vista di una possibile riforma della legge di contabilità generale (che appare sempre più importante riformare nel più breve tempo possibile, anche per rendere in qualche modo omogenea la costruzione del bilancio per missioni e programmi e le unità di voto parlamentare).
Concludendo (senza ripetere quanto sostenuto dal collega Giudice rispetto all'esame della legge finanziaria e del documento di bilancio svolto in Commissione), credo che, proprio per lo sviluppo di un nuovo approccio da parte del Parlamento nell'affrontare l'esame dei documenti di finanza e di bilancio, in qualche modo vada dato conto alla Commissione, sia alla maggioranza sia alla minoranza, di un atteggiamento di grossa responsabilità e di un nuovo modo di affrontare la legge finanziaria, lasciando da parte tutte lePag. 99forme di norme localistiche o particolari, ma affrontando i grandi temi, che non sono solo i grandi temi di dibattito interno al Parlamento, ma sono i grandi temi di dibattito nel Paese, in questo momento in modo particolare. Credo che il Parlamento stia svolgendo un pregevole percorso per acquisire un nuovo ruolo di indirizzo e di controllo rispetto ai documenti di finanza pubblica e rispetto a una maggiore possibilità e opportunità del Governo di decidere rispetto all'allocazione delle risorse.
Credo, però, che questo dibattito debba essere approfondito anche rispetto alla riforma della legge di bilancio e ritengo che - probabilmente ciò avverrà negli anni successivi, considerato che la nuova riclassificazione del bilancio è riforma recente - il Parlamento debba svolgere un più ampio dibattito rispetto alla riclassificazione del bilancio e a quel ruolo di indirizzo e di controllo che si può svolgere attraverso il rendiconto, l'assestamento e la legge di bilancio.
Concludendo, posso solo formulare un auspicio: siamo tutti consapevoli che i testi di legge finanziaria e di bilancio arrivano in Aula intonsi, come li ha presentati il Governo in Commissione. Ciò non significa che la Commissione bilancio non abbia lavorato: essa, invece, ha svolto un approfondito dibattito, che ritengo di livello, su temi importanti.
L'auspicio che rivolgo al Governo è che il dibattito possa essere approfondito in Aula, senza la posizione della questione di fiducia, perché, maggiore è la flessibilità del Governo nell'allocazione delle risorse, maggiore deve essere il confronto nelle Aule parlamentari. Credo che questa sia l'occasione di un nuovo modo di affrontare il bilancio e la finanziaria, ma anche di approfondire il dibattito sui grandi temi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Baretta.

PIER PAOLO BARETTA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Partito Democratico presenta questa relazione, che lascio in forma estesa, per contribuire a una discussione politica che consideriamo necessaria a fronte della grave crisi economica e sociale che sta attraversando il nostro Paese e, più in generale, la comunità globale.
Questa discussione avviene quotidianamente negli organi di informazione, ad opera degli operatori economici e finanziari. Essa avviene, per la verità, con maggior coinvolgimento diretto nelle famiglie, soprattutto quelle più esposte alle difficoltà di tutti i giorni a sbarcare il lunario. Si discute nelle imprese, in particolare quelle medio-piccole, che sono l'ossatura del nostro sistema produttivo e competitivo. Insomma, come è giusto che sia, in tutta la società italiana si discute di questa situazione, delle preoccupazioni e delle attese che questa difficile situazione provoca.
È mai possibile che solo il Parlamento italiano non ne discuta? Il Presidente del Consiglio non è mai venuto a riferire in quest'Aula e a confrontarsi, da quando l'emergenza ci attanaglia.
Il Ministro dell'economia e delle finanze si è presentato una sola volta, per pochissimo tempo, senza dibattito, qualche settimana fa; ma, da allora, la situazione è radicalmente cambiata e peggiorata. In questi giorni il Governo, nel corso dei lavori della Commissione bilancio, ha ripetuto che la finanziaria non è la sede per affrontare questa situazione, e ha aggiunto anche che il Governo non intende operare alcun intervento di politica economica che si discosti dalla linea di rientro finanziario prevista dalla manovra anticipata di bilancio che si è conclusa prima dell'estate.
Questa impostazione, gestita con incredibile rigidità, ha provocato una crisi dei lavori della Commissione, la quale si è trovata stretta tra la presenza di un convitato di pietra - il Governo - che ha reiteratamente negato ogni disponibilità ad affrontare alcunché ed una situazione di allarme avvertita, va detto ad onor del vero, non solo dalla minoranza, ma anche dalla maggioranza. Un crescente disagio, ben rappresentato dalla scelta, grave, maPag. 100significativa, dei relatori di rinunciare ad operare delle proposte e delle scelte di merito, nel dichiarato tentativo di produrre nell'Esecutivo un'ulteriore riflessione e nel tentativo estremo di evitare un latente ricorso al voto di fiducia.
Non abbiamo condiviso, signor Presidente, questo atteggiamento di rinuncia dei relatori a svolgere il loro compito, preoccupati, come siamo, del precedente che provoca un totale svuotamento del ruolo del Parlamento e della Commissione bilancio, proprio nell'esercizio di una delle sue funzioni cruciali, quale è l'esame del bilancio dello Stato e delle previsioni finanziarie per l'anno successivo. Non lo abbiamo condiviso anche perché questa scelta è stata operata dopo che nell'arco di poche ore, per ben quattro volte consecutive, si è prodotto un risultato di parità nella votazione di emendamenti importanti; dopo che per due volte il relatore si è trovato costretto, per evitare un voto negativo per la maggioranza ed il Governo, a ritirare emendamenti significativi e dopo che una volta lo stesso relatore è stato messo in minoranza dalla sua maggioranza.
Si è, così, sfociati in una oggettiva situazione di impraticabilità del campo, che non è imputabile alla conduzione della Commissione, ma alle conseguenze istituzionali e politiche che si sono determinate e che hanno portato alla nostra decisione di abbandonare mal volentieri il lavoro della Commissione, non condividendo la decisione di affidare, comunque, in questo quadro, il mandato al relatore, mandato che, di fatto, è stato dato sul testo originario del Governo, visto che, non certo per ostruzionismo, il lavoro della Commissione si è rivelato sterile. Eppure, nei giorni precedenti, si è tentato, da parte nostra, con grande senso di responsabilità, di trovare una via di uscita. Lo abbiamo fatto proponendo, all'inizio dei lavori, di individuare alcuni temi sensibili (la casa, gli ammortizzatori sociali, il patto di stabilità, il sostegno al reddito) sui quali cercare convergenze. Lo abbiamo fatto dirottando sul cosiddetto decreto salva-banche le nostre proposte più importanti, limitandoci, nella legge finanziaria, a proporre soluzioni compatibili, coscienti che i saldi erano stati, sia pure improvvidamente, già stabiliti a luglio.
Lo abbiamo fatto presentando un numero di emendamenti francamente contenuto, rispetto alle tradizioni, che dopo la valutazione di ammissibilità (sulla quale abbiamo limitato i nostri ricorsi) si sono ulteriormente e drasticamente ridotti. Come se non bastasse, abbiamo accettato la proposta di segnalare alcuni emendamenti considerati più significativi. Infine, abbiamo convenuto, nella serata di ieri che su tre argomenti: le scuole paritarie, il patto di stabilità, gli ammortizzatori sociali, sui quali era clamorosamente evidente la difficoltà della maggioranza, che aveva, anch'essa, istanze da sostenere, vi fosse un'ulteriore e definitiva possibilità di approfondimento comune. In tutti questi passaggi il Governo ha dichiarato la propria indisponibilità e la maggioranza si è progressivamente svuotata di ogni agibilità.
La paradossalità della situazione che si è creata è tale che, in effetti, non c'è nessuna, proprio nessuna, motivazione perché la discussione che non si è potuta svolgere in Commissione non si debba riproporre in Aula. Il numero irrisorio di emendamenti e la, di fatto, mancata conclusione dei lavori di Commissione, sancita dalla stessa maggioranza, con la decisione di respingere tecnicamente per l'Aula tutti gli emendamenti, impedisce al Governo di ricorrere alla fiducia, pena l'accertamento di un atteggiamento di «arroganza», definizione che non abbiamo adoperato noi, ma autorevoli esponenti della stessa maggioranza nel corso delle sedute di Commissione.
Questa incresciosa situazione è stata rappresentata dai gruppi di opposizione in una lettera inviata al Presidente della Camera. Voglio ribadire tutta la nostra preoccupazione per quanto è avvenuto e facciamo appello al Presidente della Camera perché si rimetta rapidamente nei binari il treno parlamentare che sta rapidamente deragliando. A questo proposito, voglio dire che ho apprezzato molto lePag. 101dichiarazioni fatte questa mattina dal Presidente Fini, le parole che ha detto nella seduta di stamani. Spero che il Governo le tenga nel dovuto conto.
Il ripristino di una condizione di agibilità è tanto più necessario se abbiamo a cuore i gravi problemi che dobbiamo affrontare. L'esame del disegno di legge finanziaria, infatti, si sta svolgendo nel pieno di una tempesta finanziaria che, come ha ricordato il Governatore Draghi, si è già «scaricata» sull'economia reale, attivando un circolo vizioso dal quale ancora non si vede, ancora, via d'uscita.
Qualcuno, anche nel Governo, sostiene che, da noi, gli effetti della crisi internazionale sono più contenuti, perché il nostro sistema finanziario si è ammodernato meno che di altri. Non è una gran consolazione sapere che se avremo meno guai è perché siamo più arretrati. Ma, avremo meno guai? Alla drammatica congiuntura si somma, per il nostro Paese, una specifica difficoltà competitiva, tutta interna al nostro sistema produttivo ed amministrativo. È la produttività, nella sua più ampia accezione - non solo, e per certi versi, non tanto, nella quantità di ore lavorate - il cuore del problema. Infrastrutture, logistica, organizzazione, formazione, sicurezza sono i fattori sui quali, proprio adesso, bisogna agire.
È questo l'approccio che ci propone la finanziaria? No. L'errore della manovra economica di luglio appare, oggi, in tutta la sua clamorosità. Una incredibile assenza di lungimiranza ha caratterizzato quelle scelte. Eppure, già in occasione del dibattito parlamentare sul DPEF, era stato avvertito il Governo che bisognava cambiare strada. La crisi, infatti, anche se non nelle dimensioni attuali, era già conosciuta. Il taglio dell'ICI, da solo, ha sottratto alle casse dello Stato più di 3 miliardi di euro e Dio sa quanto oggi sarebbe utile avere a disposizione quelle risorse. Infatti, in questo difficile contesto, cresce, giorno dopo giorno, quella che si configura come la vera emergenza e priorità sociale ed economica: la crisi del valore nominale e, di conseguenza, del potere di acquisto dei redditi, delle retribuzioni e delle pensioni.
A questa emergenza va aggiunto un altro elemento cruciale, rappresentato dal rischio, che si va concretizzando, che molte persone, nei prossimi mesi, possano perdere il lavoro e non vengano compensate, né da un'altra occasione di impiego, né da un'adeguata copertura sociale ed assicurativa. La finanziaria, per fronteggiare questo nubifragio e dopo una forte pressione di molti, ha provato a stanziare, con un emendamento del relatore, una cifra contenuta: 150 milioni. Ma anche questo emendamento, pur condiviso, non è riuscito ad essere approvato.
La riduzione dei risparmi accumulati e la crescita dell'indebitamento da parte delle famiglie per tentare di mantenere, forse inutilmente talvolta, un livello di consumi, che infatti cala nettamente, la crisi dei mutui, alla quale il Governo non ha ancora risposto, la crescita rapida e fuori controllo della inflazione dei mesi passati, superiore alla media europea, l'aumento talvolta sconsiderato dei prezzi e delle tariffe, delineano un quadro davvero preoccupante sul quale è urgente un intervento, anche se non ce ne è alcuna traccia.
Altrettanto importante, come ho accennato in apertura, è il rischio di riduzioni delle linee di credito da parte delle banche, soprattutto a carico delle piccole e medie imprese del Nord e del Mezzogiorno. In definitiva, va detto che sarebbe stato necessario in questa situazione che il Governo rivedesse la scelta di concentrare l'azione economico-finanziaria nel decreto-legge n. 112 del 2008. Quello strumento e quella impostazione sono superati dai fatti; non l'esigenza di una riforma, che resta valida, ma quella riforma e quei contenuti sono superati dalla situazione che è venuta creandosi. Si possono infatti avere opinioni diverse sulla gestione della flessibilità finanziaria da adottare nei confronti dei vincoli europei, su come utilizzare un margine di uno 0,5 disponibile, se forzare per togliere, definitivamente, alcune voci di investimento dai saldi, e viaPag. 102dicendo. Ciò che è stupefacente ed inaccettabile è che di tutto questo non si discuta.
Il Governo è muto, sebbene abbia riconosciuto che l'Italia si trova in una fase di emergenza economica (tanto da rivedere al ribasso le stime di crescita del PIL per l'anno in corso e per i prossimi), mantiene sostanzialmente inalterati gli obiettivi rispetto al DPEF di giugno, fingendo che nulla sia accaduto negli ultimi mesi. Va in questa direzione la Nota di aggiornamento al DPEF.
A fronte di questo insieme di problemi, il disegno di legge finanziaria è assolutamente inadeguato, addirittura omissivo. Sembra più l'elaborato tecnico, sempre apprezzabile, della Ragioneria generale dello Stato che un intervento politico all'altezza dei problemi dell'Italia.
Il disegno di legge finanziaria non torna indietro rispetto ai tagli alla spesa per investimenti. Non li rimodella, nemmeno li riduce, alla luce delle nuove esigenze. L'esempio della gestione del patto di stabilità, incapace di distinguere tra enti locali virtuosi e viziosi, penalizzati tutti ed addirittura allo stesso modo, è clamoroso.
Il disegno di legge finanziaria non prevede le risorse né per la social card, tanto sbandierata, né per gli interventi fiscali per gli straordinari. Noi avevamo criticato entrambe queste misure, soprattutto quella sugli straordinari perché era fuori contesto, come dimostra l'aumento del 68 per cento delle ore di cassa integrazione in un anno. Restando in tema, le previsioni di stanziamento per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici sono inadeguate. Ma non basta. Al comma 35 dell'articolo 2 si prevede la possibilità per il Governo di erogare unilateralmente, ovvero senza il contratto di lavoro, sino al 90 per cento dell'aumento. Non ho bisogno di insistere per spiegare il senso di questa scelta e le conseguenze pesantemente negative che possono avere nella rappresentatività del sindacato.
Per il resto, nella finanziaria c'è ben poco. Qualche proroga di agevolazioni fiscali già stabilite dal precedente Governo e altre norme che, in un testo composto di soli tre articoli, francamente non sembrano corrispondere alle esigenze primarie. Come definire altrimenti l'ennesima proroga per la ricostruzione nel Belice, mentre si tagliano in più parti le risorse per gli investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno?
In sostanza, la caratteristica di questo disegno di legge non è data da ciò che c'è, quanto soprattutto e piuttosto da quello che non c'è. Come opposizione abbiamo provato ad agire su alcuni aspetti che potrebbero avere un impatto positivo sui cittadini. Abbiamo presentato emendamenti contenenti agevolazioni per i mutui sulla prima casa, varie forme di estensione degli sgravi fiscali per le ristrutturazioni edilizie, misure in favore del Mezzogiorno e, soprattutto, una proposta finalizzata a fronteggiare la diminuzione della domanda interna e le gravi conseguenze della crisi economica internazionale sul credito alle imprese e alle famiglie, mediante la destinazione delle maggiori disponibilità di finanza pubblica, che si realizzassero nel 2009 rispetto alle previsioni del DPEF, alla riduzione della pressione fiscale nei confronti dei lavoratori dipendenti e pensionati con reddito inferiore a 50 mila euro; ma anche questa proposta, che pure non gravava sul bilancio, è stata respinta dal Governo e dalla maggioranza.
In definitiva, la manovra complessiva prospettata continua ad essere recessiva, di tipo prociclico, aumenta le difficoltà dell'economia, non le risolve. Sarebbero, al contrario, necessarie politiche e misure di tutela dei redditi e di rilancio dell'economia, per affrontare la difficile congiuntura economica e sociale.
Mi rivolgo al relatore: se il problema fosse il come e il cosa, trovereste la totale disponibilità dell'opposizione, come avete potuto riscontrare sul fatto che abbiamo dato un giudizio importante e positivo sul vostro primo intervento salva banche. La verità è che non stiamo discutendo né del come né del cosa, ma ancora del se. Queste emergenze: più crescita, più reddito, meno deficit non sono separabili, né nell'approccio strategico, né nelle scelte diPag. 103merito, dalla tempistica con la quale si combattono. La finanziaria non adotta questa linea di intervento. Per esplicita dichiarazione degli estensori viene scelto, in via esclusiva, di perseguire la strada del presunto risanamento finanziario, confermando un intervento mastodontico di tagli che mettono in ginocchio settori strategici, a cominciare dagli enti locali, dalla scuola e dalla sicurezza. Insomma, nel momento in cui se ne sente più il bisogno, il Governo rinuncia, con questa impostazione e le scelte collegate, ad un progetto ambizioso sia economicamente che socialmente. Al contrario, il Governo si rifugia in una linea difensiva e rinunciataria anche di fronte alla sfida globale e non dà nemmeno risposte per quanto riguarda la competitività (la semplificazione burocratica è un mezzo, ma non il fine della competitività), sia per quanto riguarda i problemi della sostenibilità.
Sono queste vistose e pesanti assenze, signor Presidente, che rendono il disegno di legge finanziaria inadeguato ed inefficace. Anzi, per dirla tutta, rischia, addirittura, di essere controproducente. Si rifletta sul fatto che le autorità europee hanno annunciato uno sforzo comune per fermare la crisi finanziaria.
Si rifletta sul fatto che la Francia ha preso la decisione di rinviare la scadenza per il pareggio di bilancio. In tal senso, si può valutare insieme, in uno sforzo condiviso, quali siano le manovre migliori per affrontare la gravità della situazione finanziaria, ma anche la gravità della situazione sociale. Questo approccio che vi stiamo proponendo, ben diverso e strategicamente più coraggioso di quello messo in campo dal Governo, consentirebbe anche di migliorare il rapporto deficit/PIL, puntando ad innalzare, con la politica di bilancio, lo stesso denominatore, invece di fermarsi esclusivamente sul numeratore.
Signor Presidente, mi rivolgo al Governo e alla maggioranza scevro da ogni accento polemico, anche se, devo dire, mi rendo conto che, se siamo ancora fermi, come ha fatto il relatore, all'analisi del voto, dobbiamo fare ancora molta strada. Ma mi rivolgo senza nessuna polemica, perché, come ci insegnano le grandi democrazie, ci sono momenti nei quali bisogna far prevalere l'interesse generale rispetto alle legittime convenienze di parte: prendete sul serio quando vi diciamo che è necessario ed urgente cambiare rotta; prendete sul serio quanto vi diciamo che occorre allentare la pressione fiscale, soprattutto sui redditi da lavoro e da pensioni medio-basse; prendete sul serio quando vi diciamo che dobbiamo estendere la copertura assicurativa dal rischio di disoccupazione, per creare un ponte che ci consenta di attraversare la fase più acuta della crisi che stiamo attraversando; prendete sul serio tutto questo, perché, in questo modo, potremo affrontare la difficile situazione del Paese.
Detto questo, francamente, pensiamo che di tutto ciò la finanziaria avrebbe dovuto parlare, anche quella finanziaria leggera che avete teorizzato. Quando, con il decreto-legge n. 112, di anticipo della manovra, il Governo ha modificato, di fatto, la procedura istituzionale, ha certamente minato, secondo la nostra opinione, le prerogative del Parlamento, come abbiamo più volte denunciato, ma soprattutto ha creato un vulnus operativo, quando non ha previsto nuove procedure e la loro formalizzazione. Oggi, infatti, siamo in questa situazione: oggi, in questi giorni, contraddicendo quanto avete dichiarato nel dibattito in Commissione, se decideste di intervenire sull'economia reale, dovreste ricorrere ad un nuovo decreto-legge, o, addirittura, ad una nuova versione di maxiemendamento. Ma allora mi chiedo, anche qui, non per spirito polemico, ma perché abbiamo davanti settimane impegnative, come farete alla fine a far quadrare i conti? Bisognerà ben gestire i saldi, che risulteranno così modificati. Non era meglio un atteggiamento più semplicemente trasparente e produttivo?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIER PAOLO BARETTA, Relatore di minoranza. Non era meglio, allora, assumere la finanziaria come la vera occasionePag. 104per affrontare l'insieme di questi problemi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro)?

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Di Biagio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo cambiare la scaletta che mi ero fatto del mio intervento, dopo aver sentito la relazione del relatore Giudice, soprattutto la prima parte.
Pensavo dovessimo parlare del futuro; pensavo dovessimo parlare della finanziaria per il 2009, degli anni che ci aspettano, della crisi che attanaglia il mondo. I riferimenti fatti dall'onorevole Giudice, i giudizi sul precedente Ministro dell'economia e delle finanze, Padoa Schioppa, l'aver giudicato le precedenti finanziarie i punti più bassi di questo Parlamento, responsabili di aver portato i conti fuori controllo e di avere agito solo sull'operazione fiscale, lo trovo di una gravità assoluta. L'onorevole Giudice ha avuto il coraggio di intestarsi il risanamento; ha avuto il coraggio di intestare a questa maggioranza la chiusura della procedura di infrazione. Pensavo che avessimo risolto, sottosegretario Vegas, questa questione con l'approvazione del Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2007, firmato dal Ministro Giulio Tremonti.
Ve lo leggo: «Il 2007 si è chiuso con conti pubblici sensibilmente più favorevoli del previsto. È il risultato di una politica economica che ha perseguito l'obiettivo della crescita e del risanamento. Ai risultati ottenuti hanno concorso sia le entrate sia le spese, e per le entrate il grosso contributo è venuto dai frutti della lotta all'evasione fiscale, mentre l'espansione della spesa primaria è stata rallentata». Firmato: Ministro Giulio Tremonti.
Il Paese che abbiamo ereditato aveva un debito pubblico al 106,8 per cento del PIL, aveva un avanzo primario azzerato, aveva un rapporto deficit-PIL al 5 per cento (vi ricordo che il Trattato di Maastricht ce lo impone al 3 per cento). Noi lo abbiamo riportato dentro i parametri, e oggi dobbiamo sentire in Aula dirci queste cose, dopo aver approvato, ripeto, questo rendiconto, che riportava le cose che ho letto.
Sentire che noi abbiamo diviso il cosiddetto «tesoretto» tra i Ministri francamente mi sembra gravissimo, e voglio ricordare ai colleghi di maggioranza che il nostro tesoretto, cioè la lotta all'evasione fiscale che ha prodotto 23 miliardi di entrate in questo Paese, è andato agli incapienti, all'aumento delle pensioni minime, per la prima volta alla quattordicesima ai pensionati, alle azioni per i giovani precari e alle famiglie numerose: c'è qui l'onorevole Duilio che è stato estensore del provvedimento, 160 milioni di euro che vengono distribuiti ogni anno alle famiglie numerose.
Dove sono oggi queste politiche? La retorica sulla famiglia che vi ha portato al Governo di questo Paese, dov'è finita? Cosa si è tradotto in azioni concrete? Ripercorriamo per un attimo gli atti economici, sottosegretario Vegas, di questo Governo.
Noi ci siamo insediati e insediandoci abbiamo detto: venga il Ministro, facciamo il punto della situazione. Vi ricordate la precedente esperienza? Chi si ricorda quando andaste a Porta a porta a denunciare il buco nei conti pubblici? Questa volta a Porta a porta non ci siete andati, perché lo stato dei conti pubblici eraPag. 105quello. Se mettiamo insieme in fila i provvedimenti prodotti - il decreto ICI, il decreto n. 112 del 2008, il Documento di programmazione economico-finanziaria, la Nota di aggiornamento al DPEF, - e poi guardiamo tutto ciò in relazione alla proposta di legge finanziaria che entra in Aula intonsa, vergine, non toccata dalla Commissione, per le ragioni che molto bene ha detto l'onorevole Baretta e che non riprendo, è impossibile trovare una coerenza, un filo logico.
Si dice: fortunatamente abbiamo approvato la manovra estiva, perché noi avevamo previsto tutto; l'ha detto, l'onorevole Giudice: questo Ministro preveggente. Avremmo fatto le operazioni che abbiamo fatto quest'estate, sottosegretario Vegas, se avessimo avuto contezza di quello che stava succedendo nel mondo? Avremmo sgravato di 2 miliardi e 400 milioni i ricchi per la prima casa? Avremmo fatto quell'operazione sugli straordinari, che noi abbiamo fra l'altro condiviso, ma che costa 600 milioni, voglio ricordare? Rispetto alla crescita noi facemmo il cuneo fiscale, che costò 7 miliardi: solo che non abbiamo la capacità di strombazzarlo con una grande centrale comunicativa come la vostra. Sono adeguati quelle misure a tutto questo?
Noi francamente ci aspettavamo che la finanziaria in esame correggesse il decreto-legge n. 112 del 2008. Mi ricordo benissimo anche l'intervento mio, durante la discussione in Aula, in cui dissi: su queste basi voi non riuscirete ad andare avanti. Dovremmo tornarci sopra: non è possibile che voi agiate in maniera così ragionieristica, cercando di fare un'operazione che bloccherà il Paese. E vi dico che oggi il Fondo monetario internazionale rivede le stime di crescita per il nostro Paese: meno 0,2 per cento per il 2008; meno 0,6 per cento per il 2009, unico Paese del G7 in recessione. Noi ci aspettavamo che la legge finanziaria correggesse gli errori del decreto-legge n. 112 del 2008. Ve l'abbiamo detto: qui è a rischio la coesione sociale! Tagli lineari come sono stati prodotti su scuola, su sanità, su sicurezza, su università, senza uno sforzo a colpire, dove possibile, gli sprechi e a recuperare risorse, avrebbe prodotto quel che sta producendo! È in pericolo, mettete in pericolo in questo modo la coesione sociale!
Avreste fatto la Robin Hood tax se aveste avuto contezza di questa crisi economica? Oggi dobbiamo ricapitalizzare le banche, quando ci siamo vantati di far pagare finalmente le tasse alle banche, alle assicurazioni e ai petrolieri che già le hanno scaricate sugli utenti! I consumi in questo Paese - vi segnalo - sono in calo da quindici mesi (non era mai avvenuto dal dopoguerra) e la situazione delle famiglie è, a dir poco, preoccupante.
Abbiamo approvato in quest'Aula una mozione sulla povertà; cito dati che sono stati confermati ieri, mi sembra, da osservatori internazionali: 2 milioni 623 mila famiglie in stato di povertà (pari a 7 milioni 537 mila persone), 14 milioni sotto i 1.300 euro.
Se allora ho citato quell'operazione di risanamento è perché si potevano correggere gli errori contenuti nel decreto-legge n. 112 del 2008. L'onorevole Baretta ha dato conto del nostro lavoro in Commissione, ma solo un delirio di onnipotenza e un tasso di esaltazione da parte di questo Governo che spero il Paese cerchi di fermare potevano suggerire un braccio di ferro come quello che è stato fatto tra Governo e Parlamento per non modificare le procedure di fronte ad un quadro di riferimento che si è completamente mutato.
Avete presentato ed approvato questo disegno di legge finanziaria a settembre in nove minuti (non so se si trattava di questo provvedimento, visto che ormai si approva tutto in nove, uno o due minuti, queste almeno sono le notizie che vengono date), ma da settembre in poi è cambiato il mondo: tutti i tendenziali sono stati modificati e nessuno è venuto qua a dirci quali azioni possiamo mettere in campo!
Non avete raccolto la disponibilità dell'opposizione. Vi ho dimostrato che noi siamo il partito del rigore e riteniamo che la vera palla al piede di questo Paese sia il debito pubblico che non ci permette azioni. Non siamo nemmeno credibili, sottosegretarioPag. 106Vegas, quando diciamo che garantiamo le banche: la credibilità del Paese dov'è quando esso non ha margini? Di questo siamo convinti, ma siamo convinti anche che viviamo un tempo di crisi che non avevamo mai visto. Ma i margini c'erano, perché abbiamo il rapporto deficit-PIL al 2,5 per cento (mentre l'impegno con l'Europa è al 3 per cento) e l'Eurogruppo ha ammesso margini di flessibilità.

PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, la invito a concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Possiamo allora agire su questo 1 per cento, ma voi non lo avete potuto fare. Vi abbiamo proposto di agire sugli oneri che avremmo in meno dal pagamento di interessi sul debito pubblico e non avete voluto farlo; così come sui tre filoni fondamentali (salari, pensioni, piccola e media impresa, ammortizzatori sociali) e per una ripresa degli investimenti.
Credo allora che voi che avete sempre sostenuto politiche liberiste (che sono la causa prima della crisi finanziaria che si ripercuote, come vediamo, sull'economia reale) ed avete sempre detto di togliere le regole, di sciogliere le briglie, di lasciare fare al mercato, di abbassare le soglie della legalità e di indebolire la fedeltà fiscale, non sarete in grado di fare uscire il Paese dalla crisi e di mantenere la coesione sociale. Non siete in grado di dare al Paese un obiettivo condiviso, un'ambizione. Sottosegretario Vegas, questo Paese non si governa con le prove di forza, con la demagogia, il populismo o la prepotenza: questa legislatura aveva una grande occasione per affrontare un confronto vero, che vi abbiamo proposto ma che non avete voluto!

PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, deve concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Ma voi lo fate perché svuotate le istituzioni, affievolite - mi conceda un secondo, signor Presidente - la tensione democratica, avete fatto di questo Parlamento un ufficio per le ratifiche!

PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, il secondo è già passato.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, voglio aggiungere solo questo: rispetto a questa crisi ci sarà un prima e ci sarà un dopo, ma noi dobbiamo organizzare il dopo e non è indifferente come si esce da questa crisi.
Con i provvedimenti che avete prodotto e con questo disegno di legge finanziaria è già chiaro al Paese chi paga la crisi: i deboli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario Vegas, onorevoli colleghi, l'Italia da quindici anni cresce meno dell'Europa di circa un punto di PIL e in quindici anni abbiamo perso oltre 150 miliardi di euro di ricchezza. A peggiorare la situazione c'è la ricchezza usata per pagare gli interessi del debito pubblico (un debito che per il 2008 è pari al 106 per cento del PIL).
Siamo arrivati, nel 2008, a pagare ben 81 miliardi di euro solo per gli interessi, il 15 per cento del PIL, mentre tutti gli altri Paesi europei stanno tra il 7 e il 10 per cento del proprio PIL, e la ricchezza assorbita dal debito pubblico, in questi quindici anni, ammonta a circa 600 miliardi di euro in più rispetto agli altri Paesi europei concorrenti. Abbiamo un indice di produttività che è sceso, da cinque anni, sotto la media europea: spendiamo più della ricchezza che produciamo. La spesa corrente ha tassi di crescita superiore al PIL, la pressione fiscale è alta, ed è sostenuta soprattutto dai redditi delle persone fisiche: su 467 miliardi di euro di entrate tributarie, previste dal bilancio a legislazione vigente, 185 miliardi derivano dall'IRPEF, pari a circa il 40 per cento; l'IRES, l'imposta sulle società, fornisce quasi 53 miliardi, ovvero l'11,3 per cento; l'IVA - tanto per parlare delle maggiori imposte ricorrenti - è la principale imposta indiretta sui consumi e contribuiscePag. 107per 136 miliardi, il 29 per cento delle entrate tributarie. Le entrate tributarie passano dal 93 per cento del peso sulle entrate finali del bilancio assestato del 2008, al 94 per cento per il 2009; la pressione fiscale, al 43 per cento, del Governo Prodi, rimane tale ed aumenta nel corso del quinquennio 2009-2013, fatta salva la flessione di qualche decimale del 2008 dovuta all'abolizione dell'ICI sulla prima casa, misura che abbiamo ritenuto giusta, ma inopportuna. L'aumento della pressione fiscale, tra il 2008 e il 2009, è del 3,5 per cento, pari a 16 miliardi, ed è determinata, soprattutto, dall'aumento IRPEF rispetto al decremento dell'IVA, causato della riduzione dei consumi. Nella prima parte del 2008 il rallentamento dell'IVA è dovuto all'aumento del gettito causato dal prezzo della benzina.
Ricordo questi dati numerici sulla pressione fiscale, non tanto per ricordare che Berlusconi ha vinto le elezioni promettendo meno tasse, ma per evidenziare che il peso delle entrate sta soprattutto sulle spalle di chi produce reddito e lavora. Abbiamo un Italia che lavora e produce ricchezza nazionale ed un sistema di pubbliche amministrazioni che non restituisce in quantità e qualità di prestazioni pubbliche quanto riceve. Abbiamo, però, anche un'Italia che consuma una parte di queste prestazioni, soprattutto sanitarie, d'istruzione, formative, di assistenza sociale e relativa alla mobilità, ma non paga un soldo all'erario, ovvero paga meno di quanto è tenuta a pagare. Abbiamo un'evasione fiscale che l'ISTAT stima in 100 miliardi di euro l'anno e un sommerso tre volte tanto che si aggira intorno ai 300 miliardi di euro. Si tratta di economia illegale, di un PIL che vive fuori dei conti pubblici, ma che alimenta l'economia reale in modo distorto e ne altera fisionomia e funzionamento. Abbiamo un sistema creditizio costoso e autoreferenziale che vive sull'economia reale e non di economia reale, e che è connivente con un capitalismo italiano di tipo familiare che comanda sull'economia italiana senza capitali propri e sfruttando le risorse dei piccoli risparmiatori. Abbiamo un sistema di piccole e medie imprese che è la forza propulsiva della nostra economia, perché se l'Italia fa parte del G8, lo dobbiamo, principalmente, a questo reticolo di imprese che per numero rappresenta il 40 per cento di quelle europee sotto i nove addetti. A questa Italia del saper fare opponiamo un fisco oppressivo e repressivo, una pubblica amministrazione lenta e pervasiva, un sistema di servizi, soprattutto, energetici e di mobilità senza mercato. Poche mani maneggiano tariffe, canoni, prezzi e pedaggi, con logiche da monopolio, a volte, anche senza qualità di prestazioni. A queste Italia da valorizzare, razionalizzare e riformare in questi quindici anni sono stati...

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, deve concludere.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, non ho a disposizione oltre dieci minuti per svolgere il mio intervento?

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, il suo gruppo ha segnalato il tempo a sua disposizione in cinque minuti.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, vi è stato un errore, perché i tempi a disposizione del mio gruppo sono stati rimodulati a causa di alcune rinunce.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, vada avanti, non perdiamo ulteriore tempo, la prego di proseguire.

AMEDEO CICCANTI. Stavo dicendo che a questa Italia da valorizzare, razionalizzare e riformare in questi quindici anni sono stati offerti sogni e delusioni che non meritava. La situazione a cui ho fatto riferimento è l'Italia del 14 aprile, quella che ha dato la vittoria a Berlusconi. A questa Italia il Governo ha dato una risposta risoluta e muscolare, con una manovra finanziaria contenuta nel decreto-legge n. 112 del 2008, approvata in nove minuti e mezzo dallo stesso Governo che si è preoccupato di consolidare i conti pubblici in linea con gli impegni europei,Pag. 108tagliando in modo ragionieristico (i cosiddetti tagli lineari) tutte le voci in parti uguali e proporzionate, senza distinguere la spesa buona da quella cattiva. Noi dell'Unione di Centro non abbiamo messo in discussione l'anticipo della manovra finanziaria e i suoi effetti su un arco triennale, anzi li riteniamo positivi; ma lo strumento del decreto-legge, il ricorso alla fiducia e il taglio lineare, li riteniamo strumenti inadeguati. Ai colleghi parlamentari della maggioranza, che lo sono stati anche tra il 2006 e il 2008, ricordo che criticammo aspramente l'allora Ministro Padoa Schioppa quando nella sua prima finanziaria per il 2007 introdusse i commi 507 e 508 che accantonavano, sottraendoli alla gestione, circa 5 miliardi di euro in parti uguali e in proporzione alla spesa di ciascun Ministero, ritenendo tale metodo impolitico perché non selezionava i tagli di spesa a danno di sprechi e inefficienze del sistema.
Ebbene, quello che abbiamo contestato a Prodi (decreto-legge più voto di fiducia più tagli lineari) oggi, «pari pari», lo fa Berlusconi. C'è una aggravante però: i tagli di Prodi erano di soli 5 miliardi di euro nell'arco di tre anni; quelli di Berlusconi sono di 8 miliardi solo nel 2009 e si sommano a quelli di Prodi per complessivi 13 miliardi nel 2009, e diventano 17 miliardi nel 2010 e 30 miliardi nel 2011. Siamo d'accordo sulla necessità di ridurre la spesa pubblica che alimenta la crescita del debito pubblico sottraendo risorse all'economia reale, cioè di chi produce ricchezza con il proprio lavoro, ma non siamo d'accordo con il metodo approssimativo e pasticciato, con tagli alla cieca, come ha fatto questo Governo Berlusconi. Lo abbiamo visto sulla scuola. L'Italia ha una scuola che costa tanto e rende poco. Questo è stato il refrain del Ministro Gelmini e di tutta la maggioranza. Nel disegno di legge sul bilancio, tra tagli del comma 507 e del decreto-legge n. 112 e conseguenti rimodulazioni, avete tagliato per il 2009 oltre un miliardo riducendo la spesa da 56 miliardi a 55 miliardi di l'euro. Non avete tagliato solo 600 milioni alla scuola primaria ma ben 976 milioni alla scuola secondaria di primo grado, dove non c'è il maestro unico da ripristinare. Avete tagliato oltre un miliardo e 300 milioni nel 2009 nell'istruzione universitaria. Perché non riformate il sistema educativo e formativo italiano, se non funziona? Perché invece tagliate senza riformare? La scuola italiana non è un costo, è un investimento, così come lo è l'ambiente, il risparmio energetico, così come lo è la giustizia e l'integrazione sociale. In questi settori bisogna riformare e dare efficienza ed efficacia alla spesa pubblica per evitare sprechi e burocrazia, ma non vanno fatti tagli. I tagli vanno fatti sugli enti inutili, sugli uffici inutili, sulle rendite corporative. Abbiamo trasferito poteri alle regioni e agli enti locali e sono rimasti uffici, direttori generali e anche Ministeri. Avete scritto che abolivate le province e ne rafforzate quelle esistenti. Finanziate ancora giornali inesistenti e perfino quelli che dividono utili tra gli azionisti. Tagliate fondi ai piccoli giornali di provincia e li mantenete per l'editoria di Berlusconi, di De Benedetti, della famiglia Agnelli, della Confindustria e perfino del giornale di proprietà di Mediobanca e Banca Intesa. Mantenete tre reti a spese del contribuente (le reti RAI) per mantenere tre reti Mediaset per tenere il monopolio dell'informazione tra il Popolo della Libertà e il Partito Democratico. Questi tagli, non li farete mai perché non vi conviene farli. Signor Presidente, siamo in recessione, siamo alla chiusura delle aziende, siamo alla disoccupazione. Che fa il Governo di fronte alla nuova situazione? Tace.
Consegna alle Camere una legge finanziaria che preclude ogni misura a favore dello sviluppo e la blinda, nonostante che dal 1o ottobre sia cambiato il mondo, anzi minaccia di porre la questione di fiducia su un testo dello stesso Governo. Siamo alla farsa.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI. Sto concludendo, signor Presidente, le chiedo ancora unPag. 109minuto che può sottrarre al tempo a disposizione del mio gruppo. Siamo di fronte ad un Governo che non vede e non sente un Paese in difficoltà, che lascia ognuno a sé stesso secondo una logica sociale darwiniana. In ogni modo l'elettorato del Popolo della Libertà si salverà perché socialmente più forte, come dire: peggio per chi non ha votato Popolo della Libertà, e la vicenda dell'ICI ne è una testimonianza.
Noi cattolici pensiamo che nei momenti di difficoltà chi più ha, più deve dare. Ma si sa, i cattolici per il Popolo della Libertà e per il Partito Democratico sono una massa di manovra elettorale e non una scelta culturale o una visione della vita e della società. Ecco perché stamattina abbiamo protestato per quanto accaduto in Commissione bilancio e non ci convincono le parole funambolesche del relatore, onorevole Giudice, e del presidente Giancarlo Giorgetti che non fanno seguire comportamenti alle dichiarazioni di principio. Per questo esprimiamo tutto il nostro dissenso su questa legge finanziaria che non interpreta i bisogni di oggi, le ansie e le paure degli italiani e il futuro delle giovani generazioni.
La cordata CAI-Alitalia, la scalata della famiglia Berlusconi al salotto nobile di Mediobanca di Geronzi, le mani sulle banche che protende Tremonti sono segnali che vogliono riportare l'Italia a logiche non riproponibili, che presuppongono la cancellazione del potere del popolo e del Parlamento. A questo disegno di restaurazione, a favore di vecchi e nuovi poteri forti e non sempre trasparenti, noi dell'UdC opporremo la forza dell'idea della democrazia, sperando che presto si risvegli una coscienza civile anche alla base del voto del Popolo della Libertà e della Lega Nord Padania. La ringrazio, signor Presidente per il tempo che mi ha concesso (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, nel mio intervento mi dedicherò soprattutto a rilevare alcuni dati che emergono dal confronto tra il bilancio di previsione per il 2009, il bilancio a legislazione vigente e il bilancio del 2008 assestato per mettere in luce dove vanno a colpire i tagli che state operando. Lascerò al collega Cambursano che interverrà lunedì l'intervento riguardante gli aspetti relativi alle misure contenute nella legge finanziaria. Prima, tuttavia, non posso esimermi dal ribadire un giudizio che ho espresso stamattina su quanto avvenuto ieri e l'altro ieri: infatti ritengo che se qualcuno dice che non si dovrebbe usare la parola «indecenza» in Parlamento, credo che quanto è avvenuto ieri vada ben aldilà e oltre l'indecenza.
Dal momento che qualcuno sostiene che si arriverà comunque alla richiesta di porre la questione di fiducia, dall'indecenza si passa ad un vero e proprio attentato alla Costituzione. Infatti se la legge più importante, che è la legge di indirizzo che il Parlamento approva nei confronti del Governo, dovesse essere approvata senza averne potuto svolgere la relativa discussione - quando dico: discussione, non intendo semplicemente il dibattito, ma intendo riferirmi alla discussione per modificare il testo accogliendo i suggerimenti che provengono dalla minoranza ma anche dalla maggioranza -, ebbene, lo ribadisco, se non ci sarà la possibilità di discutere (nell'accezione che ho indicato) né in Commissione né in quest'Aula, ciò vorrà dire che realmente quel processo di dittatura dolce della quale noi parliamo sin dall'inizio di questa legislatura va completandosi.
Sottolineo la presa di posizione di oggi del Presidente della Camera di fronte ad una lapidaria affermazione del Presidente del Consiglio secondo la quale è finita l'epoca dell'assalto alla diligenza: il Presidente della Camera osservava che c'è una differenza tra assalto alla diligenza e discussione. Quando lo scorso luglio abbiamo approvato la manovra economica ho detto che grazie a quella si andava affermando una specie di diarchia: diarchia per modo di dire, con un uomo soloPag. 110al comando, in realtà, e un portaborse che nella fattispecie era il Ministro dell'economia Tremonti.
In questi giorni il Presidente del Consiglio gira l'Italia ed il mondo e fa affermazioni mirabolanti, in cui parla di miliardi da destinare alle famiglie, parla di 16 miliardi da destinare alle infrastrutture. Ma, come vediamo, se vi fosse qualcosa da destinare alle famiglie, alle infrastrutture, dove se non nella legge di bilancio, dove se non nella legge finanziaria, questi denari dovrebbero essere messi in gioco?
Mi viene quasi da pensare che forse il ruolo tra l'uomo solo al comando ed il portaborse si stia invertendo. Non so se è in atto anche una sorta di golpe nella maggioranza o un'idea di sostituzione, visto che il Ministro Tremonti si guarda bene dal presentarsi; peraltro in questo somiglia al capo, nel senso che non si fa mai vedere: immaginare un Ministro dell'economia che non interviene in Aula, non viene in Commissione, non si fa vedere durante la discussione della legge finanziaria veramente a me pare penoso.
Altrettanto penoso mi è parso ieri vedere quello che è avvenuto, vedere una maggioranza costretta a votare contro il proprio relatore, una maggioranza che non è stata battuta solo perché un componente della minoranza stava al bagno in quel momento. Altrettanto penoso mi è parso il ruolo del relatore, al quale ovviamente do tutta la mia piena solidarietà, e quello, mi spiace dirlo, del sottosegretario Vegas, al quale do altrettanto la mia solidarietà, poiché deve fare la parte di quello che dice di «no» a tutto.
Penso che ci troviamo di fronte ad una situazione che kafkiana è dire poco. Andiamo a discutere questa finanziaria che non si può toccare, partendo da dati che sono ormai inesistenti, quindi potremmo dire che siamo di fronte ad un bilancio e ad una finanziaria che sono finte, che sono false, perché basate su aggregati macroeconomici che non esistono più. Pensate un po': abbiamo una previsione di prodotto interno lordo dello 0,5, già al tempo in cui il fondo monetario ci metteva a meno 0,2; adesso invece avremo due anni ben più pesanti, eppure qui si fa finta di niente.
Voglio comunque mettere in luce alcuni dati sui quali si fonda questo bilancio e sulle differenze che emergono dalla messa a confronto con il bilancio 2008. Intanto, rispetto al bilancio a legislazione vigente, noto una riduzione di 8 miliardi di euro. Siamo di fronte ad una riduzione; adesso andremo ad esaminare come si spalmano questi 8 miliardi di euro. Ma addirittura questo calo è ancora più significativo rispetto a determinate missioni.
Se poi valutiamo la possibilità di rimodulazione, che naturalmente il nostro Tremonti si è tenuto a disposizione per gestirsela un po' come vuole, notiamo che la rimodulazione potrebbe consentire e permettere di intervenire in aree dove effettivamente vi è bisogno. Se prendiamo in considerazione lo stato di previsione dei Ministeri tra il dato a legislazione vigente ed il bilancio di previsione, osserviamo queste cifre: quasi 3 miliardi di euro in meno allo sviluppo economico, 600 milioni in meno al lavoro, 160 milioni in meno alla giustizia, 316 milioni in meno agli esteri, un miliardo e 800 milioni (quasi due miliardi) in meno all'istruzione, 500 milioni in meno all'interno, 300 milioni in meno all'ambiente, 600 milioni in meno alle infrastrutture, 700 milioni in meno alla difesa, 170 milioni in meno alle politiche agricole, 350 milioni in meno a beni ed attività culturali (parlo di spese di previsione dei Ministeri).
Inoltre, se suddividiamo questi dati per missione troviamo 310 milioni in meno all'Italia in Europa e nel mondo, 330 milioni in meno alla missione difesa e sicurezza del territorio, 120 milioni in meno alla giustizia, quasi 400 milioni in meno all'ordine pubblico e alla sicurezza, 150 milioni in meno al soccorso civile, 200 milioni in meno all'agricoltura e pesca, 739 milioni in meno alla competitività e allo sviluppo delle imprese, due miliardi in meno in relazione al diritto alla mobilità, 500 milioni in meno alle infrastrutture, 300 milioni in meno alle comunicazioni, 53 milioni in meno al commercio internazionale,Pag. 111270 milioni in meno alla ricerca, 180 milioni in meno allo sviluppo sostenibile, 100 milioni in meno alla casa, 50 milioni in meno alla salute, 300 milioni in meno alla tutela dei beni culturali, un miliardo e mezzo in meno all'istruzione scolastica, 180 milioni in meno all'istruzione universitaria e 600 milioni in meno ai diritti sociali ed alle politiche sociali delle famiglie.
Ma cosa va vaneggiando il Presidente del Consiglio dei ministri, quando parla di miliardi da mettere a disposizione delle famiglie? Sappiamo quanto ciò sia necessario: l'ISTAT ha riferito, l'altro giorno, che stanno peggiorando radicalmente e fortemente i dati che riguardano il numero delle famiglie e il numero degli italiani che sono al limite della povertà.
Noi abbiamo avanzato proposte, abbiamo suggerito strumenti che, addirittura, non impegnavano immediatamente la finanza: erano strumenti che cercavano soltanto di indirizzare il Governo in prospettiva ad intervenire. Ci è stato detto di «no», anche su un impegno per il futuro. Credo che questo sia gravissimo e che rappresenti uno schiaffo a tutti gli italiani che vivono in condizioni di sofferenza, a tutte le famiglie che hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese e a tutti coloro che sono stati colpiti realmente da questa crisi, a cui siamo andati incontro. Questi sono schiaffi in faccia a loro.
Si tolgono soldi alle famiglie e alle politiche sociali, si tolgono soldi alle politiche del lavoro (100 milioni in meno), si tolgono soldi allo sviluppo e all'equilibrio territoriale (due miliardi 436 milioni in meno), ai giovani e allo sport (600 milioni in meno). Questi sono i dati che emergono se tracciamo un quadro a legislazione vigente.
Pur potendo parlare un po' più a lungo, non voglio consumare il tempo che potrei utilizzare. Pertanto, mi accingo a svolgere un confronto - che sarà anche l'ultimo - tra il dato del bilancio assestato del 2008 rispetto al bilancio per il 2009. In qualche caso, la situazione è ancora più drammatica e non voglio ricordare la mancata lotta all'evasione fiscale che deriva da provvedimenti che, oggettivamente, dimostrano la situazione di collusione con l'evasione fiscale. Mi riferisco alle questioni che riguardano gli elenchi clienti e fornitori e agli interventi che non permettono una tracciabilità completa dei movimenti del denaro, che è l'unica strada vera per poter affrontare la situazione e l'evasione fiscale.
Vorrei svolgere semplicemente alcuni confronti sui dati assestati che sono, in qualche modo, più drammatici. Rispetto ai singoli stati di previsione: 7 miliardi in meno al Ministero dell'economia e finanze, 300 milioni in meno al Ministero della giustizia, 700 milioni in meno al Ministero degli affari esteri, 600 milioni in meno al Ministero dell'ambiente, tutele del territorio e del mare, quasi 3 miliardi in meno al Ministero delle infrastrutture e trasporti, quasi 3 miliardi in meno al Ministero della difesa, circa 500 milioni in meno al Ministero per politiche agricole, alimentari e forestali, circa 300 milioni in meno al Ministero dei beni e attività culturali.
Se si passa, poi, alle singole categorie di spesa, i dati sono i seguenti: 500 milioni in meno ai trasferimenti alle famiglie e alle istituzioni sociali private, un miliardo e 674 milioni in meno ai trasferimenti correnti alle imprese, 3 miliardi 678 milioni in meno agli investimenti fissi lordi e 4 miliardi 161 milioni in meno di contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche.
Credo che siamo di fronte ad un quadro drammatico, che poi si dimostra anche quando si analizza la stessa variazione nelle funzioni-obiettivo: 2 miliardi in meno alla difesa, 600 milioni in meno (591 per l'esattezza) all'ordine pubblico e alla sicurezza, 500 milioni in meno alla protezione dell'ambiente, un miliardo e 97 milioni in meno alla sanità, 859 milioni in meno alle attività ricreative e culturali.
Termino il mio intervento con l'ultimo dato, che riguarda le missioni: 8 miliardi 629 milioni in meno per le relazioni con le autonomie territoriali, vale a dire agli enti territoriali. Arrivano dal Paese notizie drammatiche: vi sono comuni che, perPag. 112chiudere i loro bilanci, stanno pensando di organizzare delle lotterie, i «gratta e vinci», per coprire i buchi di bilancio causati da uno sprovveduto intervento sull'ICI, soltanto perché aveva fatto comodo parlarne in campagna elettorale.
Infine, vengo al dramma delle infrastrutture. Abbiamo il 25 per cento in meno di previsione di risorse destinate alle infrastrutture in un Paese nel quale, senza infrastrutture, lo sviluppo riuscirà assolutamente ridotto e incapace di fornire, invece, quella spinta che è necessaria per poter riprendere un cammino virtuoso, in una situazione di per sé drammatica.
Per tutti questi motivi è evidente che il gruppo dell'Italia dei Valori non potrà che esprimere un voto contrario al complesso di questa manovra. Tuttavia, non credo che il voto contrario sarà sufficiente perché vi sarà, da parte nostra, anche una qualche azione simbolica. Immaginare, in una situazione drammatica come questa che stiamo vivendo, di uscire da quest'Aula con una legge finanziaria non modificata, probabilmente grazie alla posizione della questione di fiducia, credo che riveli la drammaticità della situazione istituzionale che stiamo vivendo in questi mesi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Toccafondi. Ne ha facoltà.

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, la manovra finanziaria comprende, nel suo insieme, oltre che la legge di bilancio e la legge finanziaria anche la nota di aggiornamento al DPEF per gli anni 2009-2013 e, in precedenza, gli atti concernenti il DPEF e le norme contenute nel decreto-legge n. 112 del 2008.
Con la recente nota di aggiornamento al DPEF 2009-2013 il Governo ha provveduto ad aggiornare il quadro di finanza pubblica, alla luce delle crisi internazionali. Pur in questo quadro critico, il Governo ha confermato il percorso indicato. Per il 2008 l'indebitamento netto è stato confermato, quindi, al 2,5 per cento del PIL, una posizione tutt'altro che scontata vista la situazione economica internazionale. Il saldo, pur scontando una ricomposizione, lascia sostanzialmente invariato, in termini nominali, il livello dell'indebitamento netto. Nell'insieme, il quadro di finanza pubblica conferma, quindi, gli impegni presi con l'Unione europea, assunti anche dal precedente Governo, impegni che prevedono il raggiungimento del pareggio di bilancio, in termini strutturali, nel 2011.
Il risanamento finanziario, insieme con la riforma fiscale federale e con il miglioramento del ciclo economico, consentiranno di liberare risorse necessarie per realizzare, entro la fine di questa legislatura, una riduzione dell'incidenza fiscale sui cittadini e sulle imprese italiane, con particolare attenzione verso le famiglie e i lavoratori dipendenti, così come previsto dalla risoluzione collegata al DPEF. A differenza del passato, con la manovra, la politica di contenimento e riduzione della spesa pubblica si sviluppa, da un lato, attraverso una reale programmazione di contenimento, dall'altro, incidendo non solo sui criteri discrezionali, ma anche sui meccanismi legislativi di spesa. Tutto ciò che ho finora indicato è in via generale.
Venendo adesso al particolare, signor sottosegretario, vorrei rivolgere, come lei sa avendo partecipato a tutte le lunghe riunioni di Commissione, al Governo un appello in ordine ad un tema. Nel bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009, alla Tabella 7, stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il capitolo di bilancio che riguarda l'istruzione scolastica non statale viene ridotto dai 535 milioni, del 2008, ai 401 milioni, del 2009. Oltre 133 milioni di euro in meno, con una differenza del 25 per cento.
Penso sia auspicabile - è questo l'appello che le rivolgo - integrare il fondo riportandolo al livello del 2008, che poi è lo stesso da otto anni (dal 2000), nonostante sia ovvio e chiaro a tutti il notevole aumento dei costi che in questi anni sono ricaduti tutti sugli istituti scolastici e sulle famiglie.
Questo taglio ricadrà sulle famiglie che scelgono la scuola paritaria con una duplicePag. 113conseguenza: un aumento dell'esborso da parte delle famiglie attraverso l'aumento della retta, fatto che contrasterebbe, lo ricordo, anche con le politiche segnalate nello stesso DPEF, e un aumento della richiesta di iscrizioni alla scuola statale, con notevole nuovo esborso per garantire questa nuova domanda.
C'è da precisare che la riduzione non riguarda le scuole medie o le scuole superiori, ma la scuola materna e la scuola elementare, livelli di scuola che hanno da sempre ricevuto fondi statali. Sono scuole che si trovano nei grandi centri come nei piccoli comuni e su tutto il territorio nazionale, scuole di cui la realtà statale non può fare a meno in nessun caso. Raccolgono ogni anno 750 mila iscrizioni, 530 mila delle quali solo nelle scuole dell'infanzia. Sono scuole, quindi, determinanti, e non solo per il livello qualitativo raggiunto, ma anche per una questione quantitativa e sono determinanti anche perché utili economicamente per la nazione.
Infatti, ridurre il fondo alle scuole non statali significherebbe aumentare l'esborso statale. Senza queste scuole lo Stato dovrebbe sborsare molti più soldi per garantire lo stesso servizio in molti comuni. Per un bambino iscritto alla scuola dell'infanzia lo Stato, con i contributi, se questo è iscritto alla scuola non statale, versa una cifra pari a 584 euro l'anno; se il bambino frequenta invece una scuola pubblica il costo statale arriva a 6116 euro l'anno.
Se il bambino frequenta una scuola paritaria c'è, quindi un risparmio per le finanze pubbliche. Se si riduce il fondo aumentano le rette e un aumento delle rette significherebbero minori iscrizioni alle scuole non statali e di conseguenza maggiori alle scuole statali e quindi un conseguente aumento dei costi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GABRIELE TOCCAFONDI. Concludo. Reintegrare quindi il fondo, oltre che essere in linea con il programma quinquennale di Governo che prevede la parità scolastica, penso sia anche ovvio e doveroso perché in linea con la linea economica dell'Esecutivo, che più volte ha dichiarato e confermato di voler difendere le famiglie, aiutandole e sostenendole (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazzarella. Ne ha facoltà.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, sono settimane che il Paese, più ancora che l'opposizione, dalle scuole, dalle università e dalle piazze manda a dire al Governo che i tagli previsti in finanziaria sulla scuola e sull'università sono insostenibili per il suo stesso futuro. Un sentire così diffuso e così esteso non può essere liquidato come espressione retriva di corporativismi più o meno diffusi e delle paure per innovazioni coraggiose che lo stato delle cose richiede, corporativismo e paure che avrebbero nell'opposizione un'opportunistica tutela politica, mentre il Governo e i suoi Ministri riformisti sarebbero impegnati a suscitare le energie dell'Italia migliore.
La maggioranza silenziosa, che si è provato ad invocare a sostegno della propria azione da parte del Governo e di queste fandonie, tace ormai anche nei sondaggi, così cari al Governo, e vive solo nei titoli di una stampa compiacente. La verità è che il Paese reale, anche quello che vi ha votato, signori del Governo, non è affatto d'accordo con voi e non è affatto d'accordo a dismettere il ruolo pubblico della formazione, dell'istruzione e della ricerca in questo Paese.
Si invoca, per le necessarie azioni di riforma, il criterio del merito, che dovrebbe essere messo in valore da una cultura della responsabilità, della valutazione e dell'efficienza da implementare nelle nostre scuole e nelle nostre università, ma il merito, che è criterio giusto in una democrazia efficiente che vede nella filiera della conoscenza lo strumento elettivo della mobilità sociale, del dinamismo competitivo delle intelligenze, deve essere reso accessibile a tutti.
La gara per il merito, la competizione meritocratica è equa se tutti sono messiPag. 114nella condizione di parteciparvi con pari opportunità. La natura pubblica del sistema della formazione e dell'istruzione è il presidio naturale di questa richiesta di equità. È questo presidio, che è patrimonio di tutti, che il Paese sta difendendo in proprio, a prescindere dalla dialettica delle forze politiche in questi giorni. Ascoltiamolo.
Per rimanere all'università, su cui vorrei concentrare il mio intervento, bisogna certamente intervenire a mettere in asse il sistema, a premiare le buone pratiche che vi sono e ad eliminare le distorsioni, gli sprechi e le inefficienze che pure vi sono. Questo si fa assumendosi le proprie responsabilità legislative e di Governo, ma ascoltando i mondi sui quali si vuole intervenire che sono complessi, si reggono su equilibri delicati ed hanno bisogno della debita attenzione. Sul cervello sociale del Paese non si decreta d'urgenza, si ragiona con un po' di cervello - permettetemi una battuta - e non con un decreto-legge spray per rifarsi una messa in piega davanti all'opinione pubblica come quello di cui si ha notizia in queste ore, licenziato da un Consiglio dei Ministri in assenza del suo Presidente e nell'ordine dei Ministri dell'economia e delle finanze, degli affari esteri, dell'interno, dello sviluppo economico e dei beni culturali, tanto per dimostrare (dopo tanto parlare di dialogo e di confronto ordinario in sede legislativa in questi giorni) l'interesse reale del Governo di destra per un asset strategico del Paese.
Tutto ciò mentre il Presidente Sarkozy in Francia impegna dieci miliardi di euro per rilanciare l'istruzione superiore nel suo Paese con lo sguardo rivolto alle sfide imponenti del futuro. Se si vuole fare cosa seria, qualsiasi intervento a farsi sull'università dovrà necessariamente incardinarsi nel dialogo parlamentare di un disegno di legge e non potrà prescindere - per quanto ci riguarda - dal rigoroso rispetto di alcuni valori fondativi, che rappresentano la parte migliore della storia dell'esperienza dell'università italiana. Tali valori sono la natura pubblica del sistema universitario, il suo ruolo sociale, la natura cooperativa e partecipata di questo sistema, legato ad un modello di comunità di pari capaci di autogovernarsi nell'assunzione di responsabilità intellettuali e collettive. Sono tutelati questi valori fondativi dalle misure previste dal Governo nella legge finanziaria? La domanda è retorica e la risposta si trova nell'arida prosa dei numeri. Ricordo un solo dato. Poi mi permetterò - se il Presidente lo consente - di dare in esteso l'intervento agli uffici. Nel biennio 2009 e 2010 si arriva ad un miliardo e 400 milioni di euro di tagli, determinati dal decreto-legge n. 112 del 2008, oltre che dal decreto-legge che ha previsto l'abolizione dell'ICI.
Con questi numeri, niente è possibile delle dichiarate intenzioni del Governo di voler provvedere ad un rilancio di sistema dell'università italiana. Questi numeri lo impediscono in radice perché un punto deve essere chiaro: il sistema, che dovrebbe produrre più laureati e più ricerca, per ammissione dello stesso Ministro, in Italia ha due criticità: da un lato nel suo complesso è sotto finanziato, dall'altro l'allocazione delle risorse incongrue è sottoposta a forti distorsioni.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzarella, la prego di concludere.

EUGENIO MAZZARELLA. La somma di queste due criticità genera un'inefficienza diffusa. Avrebbe avuto bisogno in realtà, secondo logica, che si mantenesse almeno inalterata la quantità assoluta di risorse del PIL applicate al sistema per intervenire poi energicamente per un'allocazione efficiente di dette risorse.

PRESIDENTE. Onorevole Mozzarella, dovrebbe concludere.

EUGENIO MAZZARELLA. Mi avvio veramente a concludere. Non mancano criteri per un'allocazione efficiente di queste risorse e l'opposizione è disponibile a valutare col Governo in sede propria, a confrontarsi, scegliere ed affinare questi criteri e questi obiettivi di riforma per proporli insieme al Paese. Ma questo si fa non dimenticando che sostanzialmente sePag. 115si viene meno all'obbligo di sostenere finanziariamente il sistema dell'istruzione superiore in Italia si viene meno al proprio futuro.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzarella, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signor sottosegretario Vegas, onorevoli colleghi, siamo all'atto finale di un lungo percorso cominciato a luglio, quando ci fu questa manovra anticipata con il decreto-legge n. 112 del 2008, di cui mena gran vanto il Governo.
Possiamo anche concordare che in effetti la legge finanziaria era diventata negli ultimi anni una specie di mostro con un maxiemendamento finale, con centinaia di emendamenti e subemendamenti, un articolo solo e poi alla fine il voto di fiducia; era diventato un modo di lavorare assolutamente insostenibile, ma questo non assolve il Governo dalle proprie responsabilità.
Con molta preoccupazione e con molta ansia per il futuro dei nostri figli noi non possiamo condividere questa manovra, nel metodo e nel merito. A rischio di essere noiosa, perché sono ormai anni che ripeto da questi banchi le stesse cose, non posso non ricordare che il Governo ha fatto delle politiche della famiglia una delle proprie bandiere, così come per le politiche di scelta educativa delle famiglie; non posso non ricordare che le famiglie sono per l'ennesima volta tradite da questo Governo come dal precedente. Lo denuncio con forza perché so di avere dietro milioni di famiglie italiane che la pensano esattamente così; sono le stesse famiglie che hanno votato per questo Governo fiduciose per un vero cambiamento.
I dati ISTAT - sono stati richiamati anche recentemente da altri colleghi, per cui non voglio dilungarmi più di tanto - sono assolutamente drammatici. Il collega Giudice e la collega Moroni hanno parlato di priorità da perseguire, la collega Moroni ha fatto un lungo discorso doverosamente molto tecnico, essendo lei relatrice, non poteva fare diversamente; molto tecnico e poco politico, io vorrei fare un intervento di tipo più politico e meno tecnico. Se i dati ISTAT dicono che ci sono due milioni e 700 mila famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà questo Governo non può far finta di niente e un Parlamento responsabile non può far finta di niente. Se è vero, come è vero, che soltanto l'81 per cento delle famiglie sono sicuramente non povere - questo dice l'ISTAT, dati di ieri - vuol dire che il 18, il 19 per cento delle famiglie sono povere, quasi povere, appena sotto la soglia di povertà o appena sopra: 19 per cento di famiglie italiane. Possono il Parlamento e il Governo ignorare un dato di questo genere?
Non solo, ma a queste famiglie basta una separazione o una nascita di un figlio - due eventi opposti in un ambito familiare -, un anziano disabile, un problema di cassa integrazione, un qualsiasi evento e non arrivano a fine mese. Non solo, ma questi dati ISTAT sono riferiti al 2007, prima di tutto questo terremoto economico che ha caratterizzato questi ultimi mesi. Pertanto i dati reali sono sicuramente peggiori di molto, perché - lo ripeto - sono riferiti ad un dato precedente al terremoto economico e finanziario che sta scuotendo il nostro Paese. Se andiamo a vedere di quali famiglie si tratta - sottosegretario Vegas, lo so, mi rendo conto di essere noiosa - lo sappiamo tutti, soprattutto al nord, ma anche al centro e al sud, sono famiglie con cinque o più componenti (sono sempre dati ISTAT), sono famiglie con tre o quattro figli. I dati sono sempre quelli, da anni e anni, sono sempre gli stessi.
Allora che si fa? La risposta è zero. Oppure davanti alle proteste di parti sociali, di associazioni di una parte del Paese che è giustamente preoccupata da questi dati drammatici, le risposte che abbozza il Governo attraverso il Ministro GiovanardiPag. 116- non ce l'ho con lei, ma siete colleghi di Governo e io mi riferisco al Governo nel suo insieme - sono di questo genere: «per adesso non ci sono soldi, di misure strutturali non se ne parla, qualcosa faremo entro la legislatura - auguro al Governo di durare a lungo, ma se così sarà si tratta di cinque anni - e sono comunque allo studio misure per cui le famiglie possono accedere ad un credito bancario».
Ma stiamo scherzando? Le famiglie si indebitano ancora di più! Voi incentivate il debito delle famiglie? Stiamo tutti dicendo che è drammatico che le famiglie si siano impegnate a pagare la macchina fra due anni perché nel frattempo non hanno interessi e che c'è tutto questo indebitamento per montare i consumi, e adesso è il Governo che propone alle famiglie di indebitarsi perché così poi affrontano meglio il loro futuro? Ma siamo al delirio, alla follia vera!
Noi, come UdC, abbiamo proposto di dare 100 euro al mese per ogni figlio, per le famiglie non è molto, per il Governo sarebbe una cifra consistente, questo lo so e lo riconosco, ma sarebbe un segnale concreto per rispondere all'emergenza. Io sono convinta che il Governo non risponderà ovviamente a questa nostra proposta e richiesta perché, per carità, non se ne parla per niente. Noi, almeno, abbiamo tentato di dare delle risposte, invece qui si discute addirittura del fatto che bisogna incentivare il debito delle famiglie.
Questa mattina, chi era presente se lo ricorda, siamo stati per molto tempo a discutere sul sostegno all'unione nazionale incremento razze equine, mi si consenta la facile battuta: vogliamo fare un incremento della razza umana italiana e non solamente delle razze equine? Capisco che è una battuta, però là mi si diceva che erano in gioco 50 mila posti di lavoro e c'era una proposta della Lega in cui si parlava del fatto che erano a rischio 50 mila famiglie che avevano effettivamente un futuro negativo davanti, qui stiamo parlando di 2 milioni 800 mila famiglie, contano o no i numeri? È vero che le somme che abbiamo deciso questa mattina con il provvedimento sul gioco sono abbastanza contenute, ma è il principio che conta.
Ricordo al sottosegretario, che il Forum delle famiglie ha avanzato una proposta, basata su studi scientificamente fondati e su calcoli, che credo anche il sottosegretario conosca, in cui si poteva passare dalle detrazioni alle deduzioni - scellerata scelta del Governo Prodi - a costo zero. Non se ne parla proprio. Perché? Eppure se si passasse alle deduzioni - lei, sottosegretario, lo sa meglio di me - significherebbe abbassare l'imponibile anche a livello locale e, quindi, in qualche modo aiutare le famiglie a pagare meno tasse a livello locale perché si abbassa l'imponibile. Perché non si fa un cambiamento a costo zero? Non ci sono risorse? Almeno andiamo in una direzione che consenta di dire che questo Governo ha a cuore e pone attenzione alle famiglie, soprattutto, quelle più deboli.
Niente di tutto questo, arriva in Aula un disegno di legge finanziaria blindato, non è passata neanche una virgola e i nostri emendamenti, ovviamente, sono stati respinti in blocco. Si parla di emendamenti da esaminare qui, in Assemblea, ma ho tanto il timore che il Governo porrà la questione di fiducia, che è politicamente deprecabile, come ha detto il Presidente Fini questa mattina. Lo ripeto: è politicamente deprecabile. Comunque, anche se discuteremo sugli emendamenti, sicuramente saranno respinti.
Allora che si dice alle famiglie italiane? Non è vero che avete fatto politiche a sostegno delle famiglie perché anche il provvedimento sull'ICI, che avete detto di aver abolito per tutti...

PRESIDENTE. Deve concludere.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. ...ha escluso 4 milioni di famiglie che sono in affitto. Quindi, non si capisce perché coloro che sono proprietari di case sono stati facilitati, mentre chi è in affitto no e, comunque, non avete fatto una politica distintiva per le famiglie, ma solo a coloro che possedevano delle case. Sarebbe dunquePag. 117il caso di cambiare, ma siccome la finanziaria è blindata, ho paura che tutti questi discorsi stiano a zero e che siano solo chiacchiere perché se la finanziaria è blindata non è possibile intervenire.
Concludo, signor Presidente, con la «ciliegina» del discorso sulle scuole paritarie, già svolto dal collega che mi ha preceduto: ma non vi vergognate a levare dei soldi a delle scuole che consentono un risparmio allo Stato?
Se tutte le famiglie che hanno i figli nelle scuole non statali iscrivessero i figli improvvisamente alle scuole statali, lo Stato dovrebbe sborsare 6 miliardi di euro l'anno. Non vi vergognate a togliere alle scuole non statali questi quattro soldi, che consentono alle famiglie una parvenza di libertà di scelta educativa?

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cinzia Capano. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, in una dichiarazione riportata ieri, il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ci ha detto che la crescita del Mezzogiorno è condizione della crescita del Paese e che, però, per fare questo, è necessario rafforzare la lotta alla criminalità organizzata. Oggi, il relatore per la maggioranza, intervenendo sui disegni di legge di bilancio e finanziaria, ha messo di nuovo l'accento sul Mezzogiorno e ha parlato della coerenza di questa legge finanziaria con i provvedimenti collegati.
Quindi, ho pensato al provvedimento collegato atto Camera 1441-bis, che riforma la giustizia civile, ritenendolo un elemento essenziale per la competitività delle imprese. Ebbene, la coerenza, in realtà, avrebbe voluto che nella manovra finanziaria, dove si svela la verità delle priorità (perché si può parlare di priorità, ma queste si determinano davvero solo quando, in sede di bilancio, si stanziano le somme per affrontarle), il Governo assumesse un atteggiamento conseguente.
Certamente non arrivavamo a sperare che aumentasse gli investimenti in modo da rendere possibile tutte quelle riforme (sul processo telematico, sul processo civile, sull'ufficio del processo), che il Ministro Alfano ci aveva annunciato, ma che almeno non effettuasse tagli. I tagli sono stati drammatici, ne hanno parlato prima i colleghi, in particolare l'onorevole Borghesi. Dal 2000 non c'erano tagli alla giustizia di questa entità. Si tratta di 300 milioni di euro in termini di spese finali, ma in realtà sono 600 milioni in termini di massa spendibile.
A fronte di una riduzione di spesa complessiva di 6 miliardi di euro, quindi, alla giustizia viene dedicato il 10 per cento, nonostante che essa rappresenti solo l'1,4 per cento del bilancio complessivo dello Stato. Ma qual è il rischio grave? Il rischio grave non attiene solo alla giustizia, ma al fatto che, siccome la giustizia ha solo, come diceva la relatrice, lo 0,07 per cento di spese rimodulabili, quasi tutta la spesa per la giustizia è una spesa di fatto collegata al funzionamento di un servizio pubblico essenziale, che non ammette interruzioni. Questo comporta che quelle spese occorrerà comunque farle, ma chi pagherà? Ho paura che le pagheranno i comuni, perché la spesa per gli uffici giudiziari è disciplinata da una legge del 1941, poi rivista con un decreto presidenziale del 1998, che attribuisce ai comuni la spesa per i locali, le pigioni, la pulizia, le riparazioni, la manutenzione, il riscaldamento, le spese di acqua, di registri e di oggetti di cancelleria. Sono i comuni che anticipano le spese per la giustizia, che poi il Ministero della giustizia rimborsa, dopo l'istruttoria delle commissioni di manutenzione, istituite presso la Corte d'appello, in una misura che si aggira intorno all'85 per cento. Ebbene, temo che questi rimborsi saranno sempre inferiori e che queste spese saranno sempre di più sulle spalle dei comuni, insieme a quelle spese di investimento.
Quando si taglia, infatti, la spesa per l'edilizia giudiziaria e la si taglia del 40 per cento, quando le si tolgono 18 milioni di euro su circa 70, si toglie il 40 per cento,Pag. 118ma le spese di edilizia giudiziaria sono le spese di manutenzione straordinaria degli uffici giudiziari.
Quando si tagliano, quella manutenzione straordinaria diventa ordinaria e questo vuol dire che anche questa va ad incidere sui comuni, questa insieme a quella delle spese correnti; non salva il Fondo unico per la giustizia, perché, come ci ha dichiarato il direttore generale del Ministero, a fronte del sogno di un miliardo e 600 milioni di euro, si tratta solo di 50-60 milioni di euro.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione congiunta è rinviato alla seduta di domani.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 21,18).

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VIII Commissione (Ambiente):

«Conversione in legge del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale» (1875) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, VII, IX, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 7 novembre 2008, alle 9,30:

Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge:
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) (1713).
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (1714).
- Relatori: Giudice, sul disegno di legge 1713 e Moroni, sul disegno di legge 1714, per la maggioranza; Baretta, di minoranza.

La seduta termina alle 21,20.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI ALDO DI BIAGIO ED EUGENIO MAZZARELLA IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 1713 E 1714

ALDO DI BIAGIO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, mi preme ribadire in questa sede, proprio mentre ci accingiamo a discutere la legge finanziaria 2009, che il carattere razionale e tendente alla semplificazione riflesso tra le righe delle disposizioni contenute in questa legge, ha il mio pieno supporto e la mia totale condivisione a patto però che rimanga «razionale e tendente alla semplificazione» delle sacche di sprechi e di inefficienza che continuano a condizionare ed infierire sulla spesa pubblica italiana e che dovrebbero essere le uniche destinatarie di incondizionate falciate.
Le voci e i capitoli di spesa del MAE sembrano trattenere a fatica l'articolato mosaico di tagli e di alleggerimenti previstiPag. 119dalla finanziaria e a fatica sembrano essere compresi dai tanti italiani che sono i diretti interessati dello snellimento delle previsioni di bilancio.
Mi sono fatto promotore, in talune circostanze insieme agli altri colleghi del gruppo Popolo della Libertà eletti all'estero, di molteplici emendamenti orientati al reintegro dei fondi a sostegno delle nostre comunità all'estero, di cui sono rappresentante e referente politico-istituzionale, poiché appare chiaro che severe dinamiche di contenimento della spesa, rischiano di ledere realmente l'identità nazionale oltre confine, andando ad intaccare le politiche a sostegno della promozione della lingua e della cultura italiana e gli istituti scolastici, indiscussi garanti dell'italianità all'estero.
Il rischio che corre la tutela dell'italianità e di tutto ciò che ruota intorno ad essa nel panorama internazionale, è alto e mi auguro che i referenti dell'Esecutivo ne siano ben consapevoli: l'approccio mostrato dal Governo è stato disattento per taluni aspetti alle problematiche e alle esigenze di migliaia di italiani, lavoratori, elettori ed espressione del nostro Paese all'estero, ed eccessivamente rigoroso nei confronti della valutazione e dell'accettazione degli emendamenti, i cui contenuti ed i cui riconoscimenti risultano indispensabili per la corretta gestione delle relazioni tra lo Stato centrale e la platea degli italiani all'estero.
Invito il Governo a riflettere, a prendere coscienza della gravità di tale approccio nei confronti degli italiani che hanno bisogno di sentire 1'Esecutivo, che hanno appoggiato ed in cui hanno creduto, più vicino e maggiormente in linea con le loro imprescindibili esigenze.
Ribadisco il principio di equità che deve necessariamente emergere da tale discussione: equità tra italiani indipendentemente dalla terra in cui si risiede, ragione per cui non è giusto e non è accettabile che gli italiani residenti all'estero dal 2010 non debbano più godere di un diritto, quale il riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia, di cui hanno goduto per appena tre anni. Tale aspetto appare chiaramente incoerente e privo di logica fiscale e proprio tale aspetto ho voluto esorcizzare attraverso l'emendamento da me presentato e sostenuto in Commissione bilancio.
Apprezzo l'appoggio e l'apprezzamento mostrato dai colleghi in sede di Commissione bilancio, nella quale abbiamo lavorato con zelo e con forza affinché si potesse procedere con razionalità all'esame di tutte le proposte emendative. Ciò ci porta alla riflessione, anche perché è emersa una profonda disponibilità da parte mia nel venire incontro alle esigenze di semplificazione al fine di rendere coerente l'emendamento, da me presentato e riformulato dal relatore, l'onorevole Giudice, con l'intero comparto della legge finanziaria.
Mi preme sottolineare, onorevoli colleghi, l'intransigenza con la quale intendo sostenere questa causa, indipendentemente dalle posizioni che si intenderanno tratteggiare nelle prossime battute della discussione in sede istituzionale: andrò avanti con tutte le mie forze e con tutto il mio impegno affinché venga recuperato questo diritto, affinché gli italiani che con orgoglio rappresento ed intendo continuare a rappresentare, siano di nuovo e più profondamente orgogliosi della Patria alla quale si sentono fortemente ed intimamente legati.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, sono settimane che il Paese - più ancora che l'opposizione (che pure su questo tema il suo lavoro Io sta facendo dall'inizio della legislatura), dalle scuole, dalle università, dalle piazze manda a dire al Governo che i tagli previsti in finanziaria sulla scuola e sull'università sono insostenibili per il suo futuro. Un sentire così diffuso e così esteso non può essere liquidato come espressione retriva di corporativismi più o meno diffusi, e delle paure per le innovazioni coraggiose che lo stato delle cose richiede; corporativismi e paure, che avrebbero nell'opposizione un'opportunistica tutela politica, mentre il Governo ed i suoi ministri «riformisti» sarebbero impegnati a suscitare le energiePag. 120dell'Italia migliore. La maggioranza silenziosa che si è provato ad invocare, a sostegno della propria azione da parte del Governo, e di queste fandonie, tace ormai anche nei sondaggi, così cari al Governo e vive solo nei titoli di una stampa compiacente. La verità è che il Paese reale, anche quello vi ha votato, signori del Governo, non è affatto d'accordo con voi, non è affatto d'accordo a dismettere il ruolo pubblico della formazione, dell'istruzione e della ricerca in questo Paese. Si invoca, per le necessarie azioni di riforma, il criterio del merito, che dovrebbe essere messo in valore da una cultura della responsabilità, della valutazione e dell'efficienza da implementare nelle nostre scuole e nelle nostre università. Ma il merito, che è un criterio giusto, in una democrazia efficiente, che veda nella filiera della conoscenza lo strumento elettivo della mobilità sociale, del dinamismo competitivo delle intelligenze, deve essere reso accessibile a tutti; la gara per il merito, la competizione meritocratica è equa se tutti sono messi nella condizione di parteciparvi con pari opportunità. La natura pubblica del sistema della formazione e dell'istruzione è il presidio naturale di questa richiesta di equità. È questo presidio, che è un patrimonio di tutti, che il Paese sta difendendo in proprio, a prescindere dalla dialettica delle forze politiche, in questi giorni. Ascoltiamolo! Per rimanere all'università, su cui vorrei concentrare il mio intervento, certo bisogna intervenire a mettere in asse il sistema, a premiare le buone pratiche, che vi sono, e diffuse, e ad eliminare le distorsioni, gli sprechi, le inefficienze, che pure vi sono. Questo si fa certo assumendosi le proprie responsabilità legislative e di governo, ma ascoltando i mondi su cui si vuol intervenire, che sono complessi, si reggono su equilibri delicati, ed hanno bisogno della debita attenzione. Sul cervello sociale del Paese non si decreta d'urgenza, si ragiona! Con un po' di cervello, permettetemi una battuta! E non con un decreto-spray, per rifarsi una messa in piega davanti all'opinione pubblica, come quello di cui si ha notizia in queste ore, licenziato da un Consiglio dei ministri in assenza del Presidente del Consiglio, e nell'ordine dei ministri dell'economia, degli esteri, dell'interno, dello sviluppo economico e dei beni culturali. Tanto a dimostrare, dopo tanto parlare di dialogo e di confronto ordinario in sede legislativa in questi giorni, l'interesse reale del Governo di destra per un asset strategico del Paese; e questo mentre il Presidente Sarkozy in Francia impegna dieci miliardi di euro per rilanciare l'istruzione superiore nel suo Paese, con lo sguardo rivolto alle sfide imponenti del futuro.
Se si vuole fare cosa seria evitando figuracce (vedi la crisi emersa nel rapporto Stato-Regioni per il piano attuativo della scuola, dove ci si è dimenticati la competenza regionale in materia) qualsiasi intervento a farsi sull'università dovrà necessariamente incardinarsi nel dialogo parlamentare di un disegno di legge, e non potrà prescindere, per quanto ci riguarda, dal rigoroso rispetto di alcuni valori fondativi che rappresentano la parte migliore della storia e dell'esperienza dell'Università italiana.
Questi valori sono: la natura pubblica del sistema universitario; il ruolo dello Stato come erogatore e garante di un sistema di alta formazione che è indispensabile per assicurare le condizioni affinché l'Università resti, e divenga sempre di più, elemento centrale dello sviluppo del Paese e del suo stesso welfare; il ruolo sociale del sistema universitario, ruolo che si estrinseca in un rapporto trasparente tra la domanda sociale, il concreto funzionamento degli Atenei, la cui efficienza nel rapporto costi-benefici sia resa visibile attraverso una congrua valutazione del sistema e delle sue articolazioni; la natura cooperativa e partecipata del sistema universitario, legata ad un modello di comunità di pari capace di autogovernarsi nell'assunzione di responsabilità individuali e collettive; una comunità che si fonda sulla libera circolazione dei saperi e su una virtuosa competizione di meriti scientifici.
Sono tutelati questi valori fondativi dalle misure previste dal Governo nella legge finanziaria?Pag. 121
La domanda è retorica e la riposta sta nell'arida prosa dei numeri: lo stanziamento complessivo per la missione Istruzione universitaria è pari a 8.549,3 milioni di euro con una riduzione di 133,5 milioni di euro (-1,5 per cento) rispetto al bilancio 2008. In particolare, rispetto al forte impegno palesato dall'azione del precedente Governo di accrescere la capacità di ospitalità del sistema universitario e di garantire il diritto allo studio si registra, invece, un'azione opposta con conseguenze negative per gli studenti e in particolare per quelli «meritevoli e privi di mezzi». II diritto allo studio nell'istruzione universitaria subisce, infatti, una decurtazione del 26,1 per cento in meno rispetto al bilancio 2008: si tratta di un taglio che incide per ben 40 milioni di euro (ne restano quindi 111,9) sul Fondo di intervento integrativo da ripartire tra le regioni per la concessione dei prestiti d'onore e l'erogazione delle borse di studio. Decurtati di 8,7 milioni sono i contributi a favore dei collegi universitari, così come i contributi per interventi per alloggi e residenze per gli studenti universitari, vengono, invece, ridotti di 12,5 milioni. Inoltre, il Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti con 67,4 milioni di euro, registra una riduzione di 9,7 milioni di euro rispetto al bilancio 2008. Infine anche le assegnazioni alle università per le spese inerenti l'attività sportiva universitaria e i relativi impianti vengono ridotte di 3,5 milioni; l'incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università di 67,9 milioni di euro rispetto al 2008 non può prescindere dalla riduzione progressiva, nel quinquennio 2009-2013, di oltre un miliardo e 400 milioni di euro determinata dal decreto-legge n. 112, mentre il decreto-legge che ha previsto l'abolizione dell'ICI lo ha decurtato di 16 milioni di euro (appostati dal precedente governo) e a partire dal 2010, di ben 467 milioni dì euro permanenti.
Con questi numeri niente è possibile delle dichiarate intenzioni del Governo, di voler provvedere ad un rilancio di sistema dell'università italiana. Questi numeri lo impediscono in radice, come hanno affermato tutti i rettori, consci che se non si mette urgente riparo gli atenei dovranno portare, tutti, i libri in tribunale già nel 2010. Governare significa proporre politiche organiche che affrontino con efficacia i problemi; e non usare inerzie corporative e pigrizie culturali e sociali, che pure ci sono, come alibi per eluderli. Illudendosi magari di risolvere un altro problema, quello della spesa pubblica, limitandosi a tagli, poderosi, alla cieca, come si vede, che sicuramente avranno il solo effetto di penalizzare le parti migliori dell'università, e con esse tutto il Paese. Perché un punto deve essere chiaro. Il sistema dell'università e della ricerca, che dovrebbe produrre più laureati e più ricerca, per ammissione dello stesso ministro Gelmini, in Italia ha due criticità. Da un lato è nel suo complesso sotto-finanziato; dall'altro l'allocazione delle risorse è incongrua e sottoposta a forti distorsioni.
La somma di queste due criticità è un'inefficienza diffusa del sistema, dove l'eccellenza e il buono, che ci sono, vengono impantanati nella mediocrità diffusa generata da comportamenti culturalmente inerziali e spesso autenticamente corporativi. In una situazione del genere, la logica vorrebbe, se si vuole servire lo sviluppo del Paese, che si tenga almeno ferma la quantità assoluta di risorse del Pil applicata fin qui al sistema e si intervenga energicamente per un'allocazione efficiente di dette risorse. Non è che manchino criteri per proporre non il ritiro dello Stato dalla sua storica missione di finanziatore dell'Università pubblica, ma per indirizzare all'efficienza la quota di PIL che vi si destina.
Questi criteri sono quelli su cui l'opposizione invita dall'inizio della legislatura il Governo a confrontarsi, per sceglierli, affinarli, contribuire a proporli al Paese. Ne elenco alcuni: il legare una quota consistente del finanziamento pubblico (in Gran Bretagna è il 25 per cento) ai risultati di una valutazione indipendente di tutto il sistema, secondo il principio che i finanziamenti seguano la qualità; un più equo sistema di tassazione, che veda un aumento delle tasse, che cadrebbe sui cetiPag. 122più abbienti, compensato da un reale sostegno del diritto allo studio di chiunque, meritevole, non abbia i mezzi per pagarsi l'istruzione superiore; una razionalizzazione dell'offerta didattica avendo il coraggio di affrontare il bubbone della proliferazione delle sedi, chiudendo ciò che è da chiudere, e/o differenziando l'offerta formativa per atenei su base regionale, quanto meno; far cessare lo sconcio delle università telematiche e posticce; provvedere ad un sistema dei concorsi che non oscilli tra le porte chiuse per una o più generazioni e porte aperte per quella che a caso si trovi a passare al momento giusto; e che preveda criteri di equità e moralità della selezione, che sono tutti più semplici delle grida manzoniane cui per non far nulla più di un ministro si è affidato negli ultimi decenni; prevedere la rimozione in tronco dall'impiego in casi accertati di immoralità e di familismo, oltre che norme che rendano questi casi improbabili ex ante oltre che sanzionabili dall'interno dell'amministrazione ex post; una governance dell'università che imponga agli statuti, per indicare una sola norma qualificante, l'elezione del rettore in modo obbligante per un solo mandato, magari più ampio della media degli attuali e che dia la priorità all'attuazione del programma elettorale e non alla rielezione da garantirsi presso colleghi che non aiutano la virtù, una governance la cui qualità accertata, conforme a criteri di indirizzo generale, concorra alla valutazione per l'assegnazione delle risorse.
Come si vede il book delle proposte è ampio, articolato, pensato e pesato da tempo e da tanti. Se si vuole, si può fare. Ed un ministro che volesse far questo effettivamente, avrebbe di che mettere anche i più retrivi tra le corporazioni universitarie di fronte alle loro responsabilità. Purtroppo si è scelta un'altra strada: sottrarre risorse a tutto il sistema senza indirizzi vincolanti di qualità e di merito cui legare l'interpretazione dell'autonomia da parte degli atenei, nell'illusione che il senso di responsabilità fin qui mancato a quelli cui è mancato trovi resipiscenza. Illusione che rischia una nefandezza peggiore: dimostrare che l'università pubblica, incapace di autoriformarsi, va solo smontata pezzo a pezzo, perché poi dalla generatio aequivoca con il mitico «privato» emerga qualcosa di più funzionale.
Tutto questo somiglia più che ad una volontà di riforma ad un indirizzo di cinismo di governo; altro che volontà di mettere in valore ristrutturandolo un patrimonio inalienabile del Paese. Cerchiamo di abbandonare la mitologia salvifica delle fondazioni e dell'abolizione del valore legale del titolo di studio. Due falsi problemi, e due false soluzioni: le fondazioni universitarie al massimo nel nostro sistema-paese avrebbero destino simile a quelle bancarie, un sovracosto politico e burocratico, e sarebbero nient'altro che l'alibi per l'abbandono a se stessa dell'università pubblica; per altro alcuni dei vantaggi attesi dalle fondazioni sono già possibili a normativa vigente, e per esplicarsi appieno trarrebbero più vantaggio da interventi mirati sulla fiscalità liberale di sostegno; quanto al valore legale del titolo di studio: per il sistema delle imprese, cioè il privato, è ininfluente, la valutazione del titolo è discrezionale; per il sistema pubblico un ritorno diffuso al principio dei concorsi, ben gestito, sarebbe altrettanto in grado di far emergere, da un sistema di prove coerente ciò che c'è dietro, di conoscenze e competenze, un titolo di studio, e se la laurea conseguita presso l'ateneo x regga il confronto con quella erogata dall'ateneo y. Cerchiamo tutti di evitare che mentre si discute di aria fritta si faccia scempio di un patrimonio pubblico cui non possiamo rinunciare. L'università è un organismo delicato e complesso; non reggerebbe a cure peggiori dei mali che si vuol curare.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1707-A - em. 1.1 476 469 7 235 222 247 72 Resp.
2 Nom. em. 1.2 489 479 10 240 227 252 70 Resp.
3 Nom. em. 1-bis.10 489 480 9 241 227 253 70 Resp.
4 Nom. em. 1-bis.16 484 477 7 239 226 251 70 Resp.
5 Nom. em. 1-bis.100 481 474 7 238 472 2 70 Appr.
6 Nom. em. 1-bis.11 499 493 6 247 239 254 70 Resp.
7 Nom. em. 1-bis.101 492 484 8 243 481 3 70 Appr.
8 Nom. em. 1-bis.22 rif. 207 203 4 102 203 75 Appr.
9 Nom. em. 1-bis.25 428 427 1 214 204 223 65 Resp.
10 Nom. em. 1-bis.102 441 237 204 119 236 1 64 Appr.
11 Nom. em. 1-bis.7, 1-bis.8 443 440 3 221 208 232 64 Resp.
12 Nom. em. 1-bis.103 454 451 3 226 450 1 64 Appr.
13 Nom. em. 1-bis.104 457 395 62 198 389 6 62 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 20)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 1-bis.30 452 426 26 214 426 62 Appr.
15 Nom. em. 1-ter.5 458 447 11 224 447 61 Appr.
16 Nom. Votazione annullata Annu.
17 Nom. em. 1-quater.5, 1-quater.6 450 439 11 220 202 237 61 Resp.
18 Nom. em. 1-quater.101 461 448 13 225 448 61 Appr.
19 Nom. em. 1-quater.100 n.f. 452 442 10 222 442 61 Appr.
20 Nom. ddl 1707-A - voto finale 462 453 9 227 256 197 58 Appr.