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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 59 di giovedì 2 ottobre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 8,35.

ANGELO SALVATORE LOMBARDO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Brambilla, Brugger, Caparini, Cirielli, Cosentino, Cossiga, Cota, Crimi, Donadi, Gibelli, Jannone, Leone, Lo Monte, Milanato, Pescante, Ravetto, Roccella, Romani, Soro, Stefani, Valducci, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Esposizione economico-finanziaria ed es- posizione relativa al bilancio di previsione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Esposizione economica-finanziaria ed esposizione relativa al bilancio di previsione.
Ricordo che questa esposizione costituisce un adempimento preliminare all'esame parlamentare della manovra di bilancio, previsto dalla vigente legislazione. L'esposizione ha luogo presso la Camera a cui sono trasmessi per la prima lettura i disegni di legge concernenti la manovra economica.

(Intervento del Ministro dell'economia e delle finanze)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dell'economia e delle finanze.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ai sensi dell'articolo 1 della legge 1o marzo 1964, n. 62, espongo oggi al Parlamento, nella forma legale e rituale dell'esposizione economico-finanziaria, le caratteristiche fondamentali della politica di bilancio del Governo, come definita prima nel DPEF 2009-2013 e poi nel decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133. Al DPEF e al decreto-legge n. 112 citato è stata aggiunta la nota di aggiornamento al DPEF 2009-2013, nota con cui il Governo ha provveduto ad aggiornare il quadro di finanza pubblica per il 2008-2013. La relazione previsionale e programmatica per il 2009, relazione che viene presentata contestualmente alla nota citata, recepisce conseguentemente le nuove stime ivi contenute, aggiornando le previsioni e confermando l'obiettivo di pareggio di bilancio per il 2011.
In particolare, sono riviste le previsioni di crescita del prodotto interno lordo per l'anno corrente dallo 0,5 per cento, indicato nel DPEF, allo 0,1 per cento indicato nella nota. Per l'anno prossimo la revisione è stata di pari entità, dalla 0,9 alloPag. 20,5 per cento. Anche il profilo atteso per il biennio 2010-2011 risulta conseguentemente più debole, mentre a fine periodo si ricolloca all'1,5 per cento precedentemente stimato. Infatti, già a partire dall'ultimo trimestre del 2007 l'economia italiana ha mostrato un andamento sostanzialmente stagnante. Nel secondo trimestre del 2007 si è di riflesso manifestata una contrazione del prodotto interno lordo. Tutte le componenti della domanda hanno simmetricamente frenato. Questo è dovuto all'operare di vari fattori negativi: il rincaro dei beni energetici ed alimentari che ha inciso, tra l'altro, sui consumi delle famiglie; l'apprezzamento dell'euro, che ha indebolito la domanda estera; una correzione superiore alle attese nel settore delle costruzioni; infine, la crisi finanziaria. In generale, la congiuntura economica rimane caratterizzata da un elevato grado di incertezza.
Pur in questo quadro il Governo conferma il percorso indicato nel DPEF 2009-2013. Le non rilevanti differenze del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche, rispetto al DPEF, derivano principalmente dai seguenti fattori: il citato indebolimento delle prospettive di crescita dell'economia italiana; una più puntuale ripartizione tra le categorie di entrata e di spesa della manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2011; le modifiche alla manovra introdotte in sede di conversione dei provvedimenti attuativi; l'aggiornamento del conto delle pubbliche amministrazioni per il 2008 (ciò in base al connesso monitoraggio); le variazioni ai tassi di interesse derivanti dalle turbolenze nei mercati finanziari. Per il 2008 l'indebitamento è stato confermato al 2,5 per cento del prodotto interno lordo.
Il saldo sconta una ricomposizione del conto che lascia, tuttavia, sostanzialmente invariato in termini nominali il livello dell'indebitamento netto, ciò per effetto di variazioni compensative. In particolare, la compensazione si manifesta dal lato delle entrate come minori entrate per 0,7 miliardi risultanti da una riduzione delle imposte indirette per circa 3,6 miliardi, maggiori imposte dirette per 2,3 miliardi, maggiori contributi sociali per 0,5 miliardi, ciò per effetto della dinamica positiva dei redditi da lavoro dipendente in alcuni comparti del settore privato. Dal lato delle spese l'aumento degli oneri per interessi è compensato da economie di spesa.
Nell'insieme, per gli anni 2009-2013, il quadro di finanza pubblica indicato nella relazione conferma gli impegni presi con l'Unione europea. Tali impegni prevedono, dal lato della Repubblica italiana, il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2011. L'effetto complessivo dei fattori di variazione indicati in precedenza determina un peggioramento dell'avanzo primario rispetto a quanto indicato nel DPEF per 0,1 punti percentuali del PIL relativamente al periodo 2009-2013, ad esclusione del 2011, quando il peggioramento risulta pari a 0,3 punti, comunque compatibile con il close to balance su cui si calcola il pareggio di bilancio.
L'indebitamento netto in rapporto al PIL cresce di 0,1 punti percentuali nel 2009, di 0,2 punti nel 2010 e nel 2011 e 0,1 punti negli ultimi due anni considerati per effetto del diverso profilo della spesa per interessi. In particolare, l'indebitamento netto per il 2009 viene ricollocato al 2,1 per cento del PIL. La revisione, pari ad un decimo di punto, è riconducibile ad un moderato rialzo della spesa, compensato solo in parte dall'andamento delle entrate.
Le nuove stime delle entrate scontano una ricomposizione del prelievo fiscale: il minor gettito previsto per il comparto tributario, determinato dal ridimensionamento delle imposte indirette, risulta, in particolare, più che compensato dalla maggiore crescita dei contributi sociali. Le stime per le entrate tributarie incorporano un'elasticità di base in rapporto al prodotto interno lordo pari a circa 1,1 per il 2009 e 0,96 per il 2010. Questi valori, elaborati secondo i modelli di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, riflettono l'evoluzione prevista del quadro economico e considerano gli effetti differenziali sul gettito di tutte le manovre, incluse quelle passate ed inclusi gli eventi una tantum.Pag. 3
Per gli anni successivi prosegue la riduzione del disavanzo. L'indebitamento netto si riduce all'1,2 per cento del PIL nel 2010 e si colloca allo 0,3 per cento nel 2011. L'avanzo primario aumenta progressivamente dal 3,9 per cento del PIL nel 2010 al 4,9 per cento nel 2013. La spesa per interessi in rapporto al PIL si riduce dal 5,1 per cento del 2010 al 4,8 per cento del 2013.
In presenza di un rafforzamento dell'azione di razionalizzazione l'incidenza della spesa corrente primaria si ridimensiona gradualmente dal 40,1 per cento del PIL nel 2008 al 38,6 per cento del PIL nel 2013. La dinamica della spesa corrente primaria si manifesta in rallentamento registrando, nel quinquennio 2009-2013, un tasso di incremento medio annuo del 2,4 per cento in termini nominali, a fronte di un aumento medio annuo del 4,4 registrato nel biennio 2007-2008.
La riduzione dell'incidenza fiscale si è subito concentrata sull'eliminazione dell'ICI sulla prima casa e sulla detassazione dei contratti di produttività. La riduzione stabile e significativa della pressione fiscale è obiettivo fondamentale del Governo, obiettivo che non è stato ancora possibile realizzare in questi cinque mesi (la fiducia è stata ottenuta il 15 maggio) di azione del Governo.
Non è stato possibile farlo in questi primi mesi in ragione della priorità attribuita, oltre che agli impegni assunti dalla Repubblica italiana in sede comunitaria, anche in dipendenza dell'esigenza di mettere in sicurezza il bilancio dello Stato.
Il risanamento finanziario che ne deriverà, insieme con la riforma fiscale federale e con il miglioramento del ciclo economico, consentiranno di liberare le risorse necessarie per realizzare entro la legislatura non un aumento, come finora è stato, ma una significativa riduzione dell'incidenza fiscale sui cittadini e sulle imprese italiane. Nel 2008 il saldo di bilancio in termini strutturali peggiora di 0,2 punti percentuali del PIL rispetto al DPEF, soprattutto per effetto del minore output gap. Dopo tale temporaneo peggioramento, il percorso di risanamento riprende fino a raggiungere l'obiettivo di medio termine del bilancio di pareggio del 2011, come concordato in sede europea.
Nel quadriennio 2008-2011 la correzione complessiva ammonta a oltre due punti percentuali del prodotto interno lordo. Nel 2008, in presenza di una lieve revisione in rialzo del prodotto interno lordo nominale, il debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo è stimato collocarsi al 103,7 per cento. Nel 2009-2013 il rapporto debito-PIL è previsto ridursi gradualmente attestandosi sotto il 100 per cento nel 2011, come indicato nel DPEF, fino a raggiungere il 91,9 per cento nel 2013.
A differenza di quanto avveniva in precedenza, con la manovra triennale qui in discussione, la politica di contenimento e riduzione della spesa pubblica si sviluppa da un lato attraverso un'effettiva programmazione triennale di contenimento degli andamenti di finanza pubblica, dall'altro lato incidendo non solo sui criteri discrezionali, ma anche sui meccanismi legislativi di spesa. Ciò renderà efficace il percorso di riduzione della spesa pubblica.
Nel disegno di legge di bilancio è stato infine confermato l'assetto organizzativo della spesa, ripartito per missioni e programmi. La struttura funzionale del bilancio è, infatti, indispensabile per garantire scelte consapevoli da parte del Parlamento. La nuova classificazione del bilancio dello Stato è stata fino ad ora elaborata a legislazione vigente. Nel prossimo futuro, prima della prossima sessione di bilancio (credo sia un impegno condiviso), sarà necessario definire una nuova sistematica normativa, anche in riferimento ed in armonia con l'ormai indispensabile attuazione del federalismo fiscale.
In conclusione, la stabilizzazione triennale della manovra (basata sul superamento del differenziale tra parte dispositiva e parte programmatica) e l'anticipo dei contenuti sostanziali della manovra prima dell'estate e prima dell'impatto della crisi finanziaria ed economica mondiale, ci paiono elementi tali da giustificarePag. 4e da qualificare la politica di bilancio di questo Governo come fatta nell'interesse del Paese.
Un'ultima nota: la crisi finanziaria (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Segnalo che l'intervento richiesto in termini di legge è in base all'articolo 1 della legge 1o marzo 1964, n. 62: questo è stato chiesto!
Il protocollo sottoscritto in conformità al memorandum di understanding sulla cooperazione tra supervisori bancari, banche centrali e ministeri delle finanze dell'Unione europea, in caso di situazioni di crisi finanziaria, prevede Paese per Paese l'istituzione di un comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria. In Italia, il comitato era stato già costituito e si è riunito da ultimo il 24 e il 30 settembre. Una precedente riunione dello stesso organo, di cui fanno parte Banca d'Italia, CONSOB e ISVAP, si era tenuta prima della pausa estiva, già il 29 luglio. In particolare, nell'ultima riunione del 30 settembre sono stati esaminati tanto gli andamenti dei mercati quanto i dati forniti dalle autorità di supervisione e vigilanza, dati ufficiali secondo cui le conseguenze della crisi sul sistema bancario e assicurativo italiano rimangono contenute. La situazione di liquidità delle banche italiane è adeguata. Il Governo nella sede del comitato ne ha preso atto.
Il comitato ha ritenuto opportuno continuare a mantenere sotto costante osservazione la situazione. Al fine di proteggere il mercato italiano da attacchi di natura speculativa che trovano alimento dal perdurante clima di incertezza del sistema finanziario internazionale, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Governatore della Banca d'Italia, si è impegnato ad adottare le misure necessarie per garantire la stabilità del sistema bancario e per difendere i risparmiatori.
Sul piano internazionale, credo rilevante quanto e forse più del piano nazionale, la nostra azione si è svolta di continuo a tutti livelli in stretto contatto con i principali partner e nei diversi formati istituzionali. Parte del lavoro ha richiesto e richiederà iniziative da realizzare anche nel breve termine. Un seguito di iniziative, più di medio e lungo periodo, sono in fase di preparazione. In particolare, la Commissione europea ha approvato ieri la proposta di riforma dei requisiti di capitale delle società finanziarie; a questa proposta farà seguito un'ulteriore proposta di riforma della regolamentazione delle società di rating. Io credo che nel momento presente il tema delle regole contabili sia un tema di rilievo fondamentale.
Sabato pomeriggio a Parigi è stata convocata dalla Presidenza dell'Unione europea la riunione dei quattro Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri del G7 (Francia, Italia, Germania e Regno Unito). Subito dopo, tra lunedì e martedì in Lussemburgo, prima nella forma delle riunioni dell'Eurogruppo e poi nella forma a 27, saranno i ministri dell'economia e delle finanze europei ad approfondire la situazione e a coordinare la loro azione. La settimana prossima, venerdì 10, confronteremo a Washington i nostri elementi di informazione e di valutazione e le nostre prospettive di azione in ambito dei ministri delle finanze del G8 (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ricordo che, per prassi costante e ininterrotta, dopo l'intervento del Governo in ordine all'esposizione economico-finanziaria e all'esposizione relativa al bilancio di previsione non si dà luogo a dibattito. Pur tuttavia, in ragione in particolar modo della parte conclusiva dell'intervento dell'onorevole Ministro, darò la parola ad un rappresentante per gruppo, che ne faccia richiesta, per non più di cinque minuti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, la ringrazio della cortesia. Debbo dire che il mio gruppo rinuncia ad intervenire perché il Ministro dell'economia e delle finanze evidentemente ha ritenuto di cogliere questa occasione per parlare solo degli argomenti all'ordine del giorno. Evidentemente ritiene che sia inutilePag. 5parlare della grande questione economica e finanziaria che crea perturbazioni in tutti i mercati del mondo. Probabilmente ha ritenuto che trincerarsi dietro una comunicazione burocratica in ordine alla convocazione del comitato potesse essere sufficiente. Ne prendiamo atto, secondo noi è un'occasione persa, in particolare per il Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'esposizione economico-finanziaria e dell'esposizione relativa al bilancio di previsione.

Esame della nota di aggiornamento al documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013 (Doc. LVII, n. 1-bis) (ore 8,58).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame della nota di aggiornamento al documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013, trasmessa con lettera in data 25 settembre 2008.
Ricordo che, per l'esame della nota, è previsto dall'articolo 118-bis, comma 4, del Regolamento, un dibattito limitato, con l'intervento di un deputato per ciascun gruppo e per ciascuna componente del gruppo Misto.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 30 settembre 2008.

(Discussione - Doc. LVII, n. 1-bis)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Toccafondi, ha facoltà di svolgere la relazione.

GABRIELE TOCCAFONDI, Relatore. Signor Presidente, il bilancio pubblico può costituire la base per giusti interventi pubblici solo nei limiti in cui l'economia reale crea un'effettiva disponibilità di risorse. Il DPEF e l'attuale sua nota di aggiornamento ci dicono non solo che, attualmente, la situazione economica non consente l'espansione degli interventi pubblici...

PRESIDENTE. Onorevole Toccafondi, la prego di attendere. Chiedo agli onorevoli colleghi di ascoltare il relatore o di lasciare l'emiciclo.
Prosegua, onorevole relatore.

GABRIELE TOCCAFONDI, Relatore. Il DPEF e l'attuale sua nota di aggiornamento ci dicono non solo che, attualmente, la situazione economica non consente l'espansione degli interventi pubblici, ma anche che è sempre più urgente abbattere il debito pubblico, vera e propria zavorra per il Paese e la sua economia.
Nel nostro Paese, fra debito e crescita, si confonde la causa con l'effetto. Vi è l'idea che non cresciamo e quindi non vi sono avanzi per diminuire il debito. Forse, invece, la questione sta esattamente all'opposto, ossia abbiamo un debito che non ci consente di crescere. Lo affermo perché nel 2007 il debito nazionale era pari al 104 per cento del prodotto interno lordo, con un netto distacco di circa 40 punti percentuali rispetto alla media europea.
La ricchezza che non c'è non può essere distribuita. La ricchezza deve essere prima creata e non si può distribuire granché con un debito nazionale pari al 104 per cento di ciò che il nostro Paese produce in un anno intero. È quindi ragionevole sostenere che il debito pubblico, che qualcuno ha comunque creato, deve essere abbattuto, e che ciò può esser realizzato non con l'aumento ulteriore della già alta pressione fiscale, ma con risparmi di spesa.
Il debito italiano è pari a 1.650 miliardi di euro. Nel 2008 il nostro Paese, solo di spesa per interessi, ha dovuto pagare circa 81 miliardi di euro - l'equivalente di circaPag. 6tre manovre finanziarie, ovvero il 5,1 per cento del prodotto interno lordo -, spesi solo per pagare interessi sul debito.
Va segnalato, inoltre, che oltre la metà del debito pubblico italiano è in mano a investitori stranieri. Dei poco più di 80 miliardi di euro previsti per interessi nel 2008, circa 40 miliardi sono versati a investitori stranieri. Se il nostro rapporto tra il debito e prodotto interno lordo fosse, come ci chiedono i Trattati di Maastricht, del 60 per cento (Commenti). ..Signor Presidente, è già di per sé difficile parlare...

PRESIDENTE. Onorevole Toccafondi, lei ha ragione. Prego gli onorevoli colleghi di non impedire al relatore di svolgere il suo intervento.

GABRIELE TOCCAFONDI, Relatore. Dicevo: Se il nostro rapporto tra debito e prodotto interno lordo fosse, come ci chiedono i Trattati di Maastricht, del 60 per cento, ciò significherebbe risparmiare ogni anno 35 miliardi di euro di spesa per interessi. Questo, chiaramente, ci consentirebbe di acquisire un'elasticità economica e finanziaria che attualmente il nostro Paese non si può permettere. Potremmo aumentare gli investimenti pubblici e stimolare quelli privati e potremmo applicare, ad esempio, il quoziente familiare e assumere impegni che questo Governo vuole e vorrà mantenere. Avremmo, comunque, semplicemente più risorse.
Il DPEF prima e la sua nota di aggiornamento adesso rappresentano elementi di una manovra seria e rigorosa, che fa i conti - lo abbiamo sentito anche adesso dalle parole del Ministro - con una congiuntura internazionale sfavorevole, con vincoli europei, con le criticità dei conti pubblici, con la realtà economica del Paese e con la realtà economica internazionale.
L'aggiornamento attuale non fa che proseguire nella strada rigorosa intrapresa dal DPEF. In questo senso, anche la nota di aggiornamento si muove in una logica di rispetto dei vincoli europei e all'interno di un quadro macroeconomico in evoluzione, caratterizzato da importanti fattori di rischio. La nota di aggiornamento al DPEF 2009-2013 rappresenta una revisione al ribasso delle stime di crescita, pari allo 0,4 per cento nell'anno in corso e per il 2009.
Questo andamento negativo non incide, comunque, sull'indebitamento netto dell'anno in corso, che resta fissato al 2,5 per cento. Il nuovo obiettivo relativo al bilancio dello Stato non implica quindi, comunque, modifiche a livello programmatico dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni. Per gli anni 2010 e 2011 il saldo è fissato ad un livello più elevato rispetto a quello indicato in giugno, ma mantiene un profilo discendente nell'arco temporale di riferimento.
In conclusione, l'aggiornamento del Documento di programmazione economico-finanziaria e le contestuali azioni programmate ci dicono, in sostanza, che la ricchezza prima di essere distribuita va creata. La redistribuzione di ciò che non c'è ci farebbe sicuramente sentire più uguali, ma nel senso di più poveri, senza creare quella maggiore uguaglianza alla quale il nostro Paese aspira. Sottolineata l'esigenza primaria di risanamento, è altrettanto basilare la conferma che, non appena verranno segnali positivi in termini di crescita economica, il Governo avvierà un'azione congiunta per redistribuire risorse verso le famiglie e i lavoratori, categorie che oggi sono quelle maggiormente esposte agli effetti della crisi in atto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà, per tredici minuti.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, francamente, almeno a nome di tutto il gruppo dell'Italia dei Valori, miPag. 7ritengo offeso, come uomo, come persona, come parlamentare, come eletto/nominato dal popolo, per quanto è avvenuto stamattina con l'intervento del Ministro dell'economia e delle finanze, che davvero ha voluto schiaffeggiare il Parlamento. Non c'era bisogno di questo ulteriore insulto, ma siamo arrivati a tanto, quindi credo che almeno i partiti e i gruppi parlamentari di opposizione dovrebbero prendere in seria considerazione altre risposte, altrettanto dure, come quella che il Ministro ci ha riservato stamani.
Signor Presidente, vengo al merito. Noi sappiamo quanto sta avvenendo nel nostro Paese in questi giorni, in tutto l'occidente, e non solo. Si dice insistentemente che ci sia una crisi grave degli enti locali e delle regioni. Mi aspettavo che il Ministro ci fornisse una «fotografia» più precisa possibile di quanto sta avvenendo dentro le mura e i confini dell'Italia. Invece, non abbiamo avuto il piacere (dovere per il Ministro) di sapere, per riferire al popolo italiano su quanto sta accadendo. Allora, vediamo quanto sta accadendo. In occasione della discussione del Documento di programmazione economico-finanziaria, mi ero permesso di ricordare che non eravamo solo in presenza, come ci diceva il Ministro Tremonti, che non c'è, di una speculazione sulle materie prime, in particolare sul petrolio, ma che - solo un cieco o uno che non voleva vedere non poteva accorgersene - era già in atto una grossa speculazione finanziaria, che stava scoppiando - parole testuali, mi permetta signor Presidente di autocitarmi - una bomba dei credit default swap pari a 60 mila miliardi di dollari. Allora, signori, dopo non aver voluto vedere in tempo utile quanto stava avvenendo anche in casa nostra, non possiamo che constatare quanto, a questo punto, può accadere e sta accadendo. Lo ha detto lo stesso Ministro: siamo in presenza di una recessione. Egli non ha usato questo termine, ovviamente, ma ha semplicemente detto che c'è una diminuzione in previsione della crescita, rispetto a quella prevista soltanto tre mesi fa. Ecco la miopia! Ecco la cecità! C'erano già allora tutte le condizioni per «fotografare» una situazione esattamente come quella che ci viene descritta oggi, che peraltro non è affatto nitida e lo vedremo. Quindi, vi è un calo di crescita sia per il 2008 che per il 2009, ma credo che ci sia davvero una sorta di trascinamento negativo da parte del Ministro dell'economia e delle finanze e del suo dante causa, il Cavaliere, il Presidente del Consiglio. Ogni volta che il Ministro Tremonti e il Presidente del Consiglio assumono la responsabilità del Governo di questo Paese, le cose vanno male. Ci sarà un rapporto di causa-effetto? Non lo so, ma sta di fatto che così è.
Questo è accaduto nel 2001: sappiamo, purtroppo, cosa è drammaticamente accaduto l'11 settembre 2001. E qui si è subito invocata la causa di quell'evento drammatico per dire che le cose non stanno andando bene in tutto il mondo, e quindi anche in Italia. Peccato che non sia stato vero, perché, nel breve tempo, le cose sono migliorate nell'occidente e anche nell'est asiatico, mentre, invece, da noi la stagnazione e la recessione sono continuate per anni; tant'è che il PIL è cresciuto dello 0,0 per cento per alcuni anni e dello 0,01 per cento per altri anni, tutti condotti dall'attuale Ministro dell'economia e delle finanze. E ora ci risiamo, onorevoli colleghi e signor Presidente; di nuovo, il Ministro dell'economia e delle finanze ha preso in mano una situazione e la sta trasformando, Re Mida al contrario, in un dramma per il Paese.
Credo che le paure degli italiani non siano tanto legate a quello che avviene all'interno di questo piccolo Parlamento italiano, ma, soprattutto, a quello che avviene fuori dalle mura. Ma la domanda esistenziale è: quanto avviene fuori dalle mura del nostro Paese, in Europa, soprattutto in America, può avere influenze sulla nostra crescita, sul nostro prodotto interno lordo, sulla nostra economia? Certo che le può avere!
Quali sono, allora, le misure che il Governo ha messo in atto per rilanciare lo sviluppo? Nessuna, anzi, riconosce lui stesso, in questa nota di aggiornamento, che i provvedimenti non hanno fatto altroPag. 8che, da una parte, far decrescere lo sviluppo e il PIL, e, dall'altra, provocare minori entrate.
Certo, signor Presidente, che abbiamo minori entrate e, ahimè, anche maggiori spese. Le minori entrate sono dovute a due fattori importanti. Il primo: c'è meno produzione, e quindi ci sono meno entrate tributarie, in particolare IVA, e non soltanto quella, sulle accise, e, dall'altra, abbiamo maggiori spese, perché non si è voluto incidere profondamente là dov'era necessario farlo. Due esempi soltanto. Oggi si parla tanto di responsabilizzazione; lo vedremo quando affronteremo la questione del federalismo fiscale. Ebbene, oggi, ieri, il Governo ha messo mano al portafoglio degli italiani per cacciare fuori 140 milioni di euro per una città, Catania, che è stata «sgovernata», mal governata, mi verrebbe da dire con un interesse privato diffuso.
Chi paga? Pagano gli italiani tutti, in analogia a quanto accaduto anche in questa città. In questa città è accaduta una cosa soltanto parzialmente analoga, perché ci sono indebitamenti degli enti superiori, ci sono dei crediti vantati dalla città di Roma negli anni passati che non hanno avuto riscossione. Ecco, quindi, la caduta verticale delle risorse.
Ci troviamo, quindi, di fronte a effetti recessivi sull'economia nazionale, confermati da tutti i centri di ricerca indipendenti. La riprova: ho già parlato del calo del gettito IVA, c'è il calo delle imposte indirette, la riduzione della spesa per consumi; non si capisce come si possa prevederla in aumento, così ci ha detto il Ministro poc'anzi, per il 2009. Il fabbisogno è in forte aumento - ci è stato ricordato che è pari a più 16 miliardi di euro - e la pressione fiscale non solo non accenna a diminuire, ma ci sono tutte le condizioni perché aumenti, e infatti viene detto che negli anni 2010-2011 è previsto un ritocco verso l'alto.
Non parliamo, poi, degli investimenti per sostenere la crescita. Non c'è minimamente un accenno agli investimenti per il rilancio delle infrastrutture, tant'è che nella finanziaria viene detto chiaramente - lo vedremo più in dettaglio quando la affronteremo - che non ci sono risorse, e quindi bisogna, addirittura, tagliare sul fronte degli investimenti per le infrastrutture.
Non ci sono provvedimenti per contenere l'aumento del costo della vita, che non viene posto neanche in evidenza. L'inflazione programmata è rimasta esattamente quella che era stata quantificata nel mese di luglio, e invece, oggi, tre mesi dopo, siamo in grado di dire che quella reale è ben superiore, ma c'erano già allora tutte le condizioni per vedere come stavano andando le cose.
Ma si è preferito nascondere gli occhi, non guardare, non vedere, per far pagare il differenziale tra l'inflazione programmata e quella reale ai lavoratori dipendenti; ma, signor Ministro che non c'è, signor sottosegretario Vegas, quando metterete mano al provvedimento che va nella direzione di sostenere le fasce più deboli, i lavoratori, quando ci sarà il recupero del fiscal drag? Queste domande rimarranno, ahimè, inevase per tanto tempo.
Si dice che è aumentata l'occupazione: l'abbiamo sentito da parte del sottosegretario Vegas, ieri in Commissione. Il quale però ha anche detto: ma in contemporanea aumenta anche chi è in cerca di occupazione. Allora, delle due l'una: o non è vera la prima o non è vera la seconda; oppure c'è una terza soluzione (ci arrivo anch'io, signor sottosegretario, qualche cosa ne capisco anch'io). E gliela spiego, mi permetta di spiegargliela, ovviamente dal mio punto di vista: è che voi fotografate, così come fa anche l'istituto statistico italiano, l'ISTAT, l'occupazione ad una certa data; cioè se un lavoratore lavora anche solo un giorno, anche solo una settimana all'anno, viene fotografato come «lavoratore», cioè come occupato: peccato che magari la settimana dopo, il mese dopo non sia più tale, e quindi sia in cerca di occupazione. Ecco perché aumentano tutte e due! Questo è il frutto avvelenato della devoluzione sul fronte della tutela dei lavoratori, devoluzione negativa, ovviamente: cioè quella del lavoro precario, che fa pendant con quella da lavoro nero.Pag. 9
Che cosa avete fatto, che cosa state facendo per recuperare quel 25 per cento di prodotto interno lordo che è nascosto, che è appunto nero: non lo fate emergere! Quali strumenti ci vogliono? Discutiamo di queste cose, perché forse, se si mettessero in atto questi strumenti veri per far emergere il lavoro nero (che ormai è diffusissimo, in particolare in alcune regioni del Meridione, ma non soltanto, si va diffondendo in ogni parte d'Italia), probabilmente allora avremmo anche le risorse per far ripartire l'economia, per investire in infrastrutture e anche per ridurre la pressione fiscale.
C'è un metro di misura, signor Presidente, che è inequivocabile su come sta andando il nostro Paese, ed è dei giorni scorsi, ancora di ieri: il differenziale tra i titoli di Stato italiano e i bund tedeschi. Ha raggiunto, questo differenziale, il massimo storico proprio nei giorni passati: 42 punti! Questo è un metro di misura per dirci esattamente qual è la valutazione, la stima, la credibilità, l'affidabilità del nostro Paese presso gli investitori esteri, stranieri: è tendente a zero! Ecco perché non si investe più, e la conseguenza logica, ahimè triste, è quella che i nostri titoli di Stato stanno precipitando.
Avete azzerato tutto. Avete assunto un'eredità riconosciuta dall'Unione europea, tant'è che era stato tolto quel cappio al collo che ci aveva messo il Governo Berlusconi 2001-2006, per l'azzeramento dell'avanzo primario, per il deficit in crescita, per il debito che era ripartito alla grande, per il PIL azzerato, l'ho detto prima. Il Governo Prodi vi ha dato una situazione decisamente positiva: tutti gli elementi, i parametri presi in esame nel mese, nello stesso rendiconto che abbiamo esaminato in Aula non più tardi di qualche giorno fa, dicevano esattamente queste cose; lo ha riconosciuto lo stesso Ministro, nella relazione che ha scritto di proprio pugno, proprio nel rendiconto 2007. A pochi mesi di distanza, anche per responsabilità di questo Governo, per i provvedimenti che avete assunto in questi mesi, la situazione è radicalmente cambiata: il decreto-legge n. 93 del 2008, la defiscalizzazione dell'ICI e quella del lavoro straordinario, di cui peraltro non si parla più (sappiamo che scade il 31 dicembre di quest'anno, non si sa se si intenda o no riattivarla, se ci saranno le risorse), e quindi quello che è avvenuto successivamente con il decreto-legge n. 112 del 2008, poi trasformato in legge. Oggi il popolo italiano paga tutti questi provvedimenti, che erano nient'altro che delle risposte demagogiche ad una campagna elettorale che si è costruita esattamente con delle false promesse.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cambursano.

RENATO CAMBURSANO. Concludo, signor Presidente. Oggi queste promesse non possono più essere mantenute: ecco perché il nostro parere sul documento in esame, la nota di aggiornamento, non può che essere pesantemente negativo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,20).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione - Doc. LVII, n. 1-bis)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà, per tredici minuti.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, sono davvero stupito ed amareggiato di come questa mattina il MinistroPag. 10Tremonti ha trattato questo Parlamento, e sono preoccupato dal delirio di onnipotenza che coinvolge lui e il Presidente del Consiglio. Ricordo - faccio un esempio - che il Presidente degli Stati Uniti in queste ore, proprio sull'argomento della crisi internazionale della finanza, sta cercando un difficile rapporto con il Parlamento americano: oggi, invece, il Ministro Tremonti non ha avuto il tempo di dedicare una o due ore alla discussione in questa sede di un argomento che è al centro del dibattito mondiale. Abbiamo perso un'occasione (lo ricordava prima, giustamente, il presidente Casini): abbiamo perso una grande occasione!
Non voglio, però, sottrarmi ad alcune considerazioni. Oggi ci siamo svegliati e siamo tornati alla realtà, dopo che abbiamo passato vent'anni a credere a strambe teorie economiche che ci hanno fatto pensare che il mercato da solo - e solo il mercato - potesse assicurare benessere e produttività: sì, il mercato, quello esasperato e senza regole, avrebbe regalato a tutti, ricchi e poveri, la felicità!
Abbiamo fatto finta di non vedere invece che il divario tra ricchi e poveri, al contrario, andava aumentando negli Stati Uniti (ma non solo negli Stati Uniti, anche in Italia dove oggi ha raggiunto il livello massimo dell'ultimo secolo).
Non era di moda, fino a pochi giorni fa, denunciare che le banche d'affari vivevano in perenne conflitto di interesse: meglio non vedere! Non ci siamo meravigliati - oppure abbiamo fatto finta di non meravigliarci - quando ragazzini poco più che ventenni guadagnavano cifre stratosferiche appena entrati in quella che allora definivamo la business community (anzi, noi stessi li chiamavamo manager).
Non ci siamo preoccupati che il mercato finanziario, grazie ad un uso esasperato di prodotti «derivati», era diventato, onorevole Tabacci, un'enorme catena di Sant'Antonio dove coloro che sono in cima alla piramide guadagnano, ma alla fine c'è sempre qualcuno che ci perde (guarda caso, proprio i più deboli).
Abbiamo applaudito quando gli Stati - il nostro Stato ed i nostri comuni - facevano un uso (vogliamo definirlo almeno allegro?) della cosiddetta finanza creativa, e ci ricordiamo chi c'era al Governo allora. Chi affermava che certe cartolarizzazioni o l'uso di qualche strumento finanziario derivato e strutturato altro non erano che un modo per sottrarre risorse alle generazioni future veniva deriso. E adesso che siamo svegli, che fare? Noto che molti, che hanno partecipato alla festa, oggi diventano i più realisti, i più pronti a ricordarci che il mercato ha fallito, e invocano un nuovo robusto intervento dello Stato. Guarda caso, questi statalisti a giorni alterni sono proprio coloro che oggi ricoprono le più alte cariche dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)! Riproponiamo, insomma, un'ormai desueta disputa tra Stato e mercato. Ma io vi chiedo, colleghi: ha fallito il mercato o invece ha fallito chi ha usato quel mercato, chi ha creduto che il mercato fosse il fine e non il mezzo al servizio dell'uomo (insomma, chi lo ha utilizzato senza etica, chi si è dimenticato di concetti come solidarietà, uguaglianza e povertà, chi ha smesso di credere che la ricchezza che il mercato produce dovesse andare a beneficio non solo di alcuni, i più ricchi, ma di tutti gli uomini)?
Questi giorni ci insegnano una cosa: il mercato senza etica e senza valori è un mercato fallito, un mercato che non ha futuro e che non produce ricchezza ma, al contrario, produce insicurezza e povertà. Non è però questo il momento di chiedere più Stato: la storia ormai ha dimostrato che là dove lo Stato ha preso il sopravvento in economia non si è creato né ricchezza, né giustizia sociale.
Bisogna invocare ancora il mercato, ma non quello degenerato che ci ha governato in questi anni, bensì il mercato sociale, quello che mette al centro l'uomo e i suoi bisogni, che non si dimentica dei più deboli, che non usa la benevolenza dello Stato e dei suoi governanti ma utilizza, invece, la sussidiarietà: un mercato con più regole capace di farle rispettare, con più principi e con più rispetto!Pag. 11
Viviamo un momento difficile. C'è un virus che si aggira per l'economia del mondo, un virus finanziario di cui nessuno conosce fino in fondo la diffusione e di cui nessuno ha l'antidoto per sconfiggerlo.
In Italia, però, possiamo dire che il nostro sistema finanziario e bancario è più solido e sicuro di altri: quel sistema che spesso abbiamo criticato per essere troppo prudente nel concedere il credito e troppo opprimente nei controlli e nei vincoli, oggi ci premia e ci fa da scudo.
Ma esistono altri virus, forse più pericolosi di quello finanziario: la paura e la sfiducia. La paura, che porta le persone a chiedersi se i propri risparmi investiti in titoli di Stato sono sicuri, o la sfiducia che blocca i consumi, anche di coloro che ancora potrebbero permetterseli, in attesa di chissà quale evento. Noi, signor Ministro, tra la paura e la speranza scegliamo la speranza. Siamo un'opposizione responsabile: faremo con responsabilità la nostra parte. Le chiediamo trasparenza nell'informazione e garanzia nel rispetto delle regole. Quella trasparenza e quelle regole che sono l'unica garanzia che oggi possiamo dare ai risparmiatori italiani. Le chiediamo trasparenza nell'informazione, pensando che fino a qualche giorno fa l'ABI, l'Associazione bancaria italiana, attraverso Patti Chiari, uno strumento che dovrebbe garantire il risparmiatore, consigliava di acquistare i titoli Lehman Brothers, classificandosi a basso rischio. Oggi ancora consiglia di acquistare i titoli di banche americane. Le chiediamo il rispetto delle regole pensando al rimbalzo, davvero difficile da spiegare se non con la speculazione, di alcuni titoli di banche italiane in Borsa.
Ma soprattutto, signor Ministro, le chiediamo una più coraggiosa politica economica, le chiediamo di non rassegnarsi. Noi non ci rassegniamo al Paese che lei disegna nel DPEF e nella finanziaria che oggi ci presenta: un Paese che non cresce più e che ormai cresce stabilmente un punto, un punto e mezzo di PIL in meno degli altri Paesi europei. Un Paese destinato ad essere oppresso dalla pressione tributaria che continua a crescere sino al 2013. Le chiediamo di credere in questo Paese, nelle sue famiglie, nei suoi lavoratori e di avviare politiche che taglino le spese inutili, distinguendole da quelle utili e che distribuiscano risorse, nella convinzione che queste creeranno sviluppo e maggiori entrate per lo Stato. In momenti difficili come quelli che stiamo vivendo, prima di tutto i Governi devono avere fiducia e speranza. Noi dell'Unione di Centro ce l'abbiamo e siamo pronti a fare la nostra parte (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole la Malfa. Ne ha facoltà, per tre minuti.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, è chiaro che questa nostra discussione sulla finanza pubblica e sull'impostazione del bilancio dello Stato è dominata dalle vicende drammatiche dei mercati finanziari internazionali, americani in particolare ed europei in questi giorni. È chiaro perché, dunque, il tema della politica economica italiana in questo momento passi in seconda linea rispetto a preoccupazioni che riguardano il sistema economico internazionale e le sue ricadute sull'economia italiana che noi speriamo possano essere limitate sia attraverso lo stato di salute del nostro sistema finanziario sia attraverso interventi predisposti dalle autorità italiane ed europee.
Quindi, ritengo che il Parlamento non possa che licenziare rapidamente l'aggiornamento della manovra con un giudizio positivo, per la parte che rappresento, in attesa di sapere come si svolgerà la crisi economica internazionale, un tema drammatico sul quale il Governo dovrebbe forse coinvolgere il Parlamento con un ulteriore intervento del Ministro dell'economia e delle finanze nel momento in cui vi fossero nuovi elementi, ad esempio all'indomani della riunione del G4, tra i membri del G8 finanziario, che si terrà a fine settimana a Parigi. Mi permetto di avanzare questa richiesta.
Tuttavia se vogliamo guardare i problemi dell'economia italiana, vorrei farePag. 12questa osservazione al Governo e al Ministro. Siamo perfettamente d'accordo sul risanamento finanziario, sulla necessità di rispettare gli impegni europei e sul cammino intrapreso in questi mesi per andare in quella direzione.
Tuttavia, il problema, sollevato anche dai colleghi dell'opposizione, è quello della crescita dell'economia italiana. Affrontare il tema della scarsa crescita italiana negli ultimi dieci, quindici anni e porvi rimedio, questo è un tema che, per quanto in questo momento possa essere tolto dal tavolo, dove premono le questioni internazionali, deve tuttavia avere una risposta, ma ad esso, il Governo, fino ad oggi, forse perché ha preferito concentrarsi sul problema del rispetto degli impegni internazionali, non ha ancora dato una risposta.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIORGIO LA MALFA. Questa è la sollecitazione rivolta al Governo: ci dia un documento di medio termine su cui si possa ragionare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bitonci, al quale ricordo che ha sedici minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il DPEF, ossia il documento di programmazione economico-finanziaria varato ogni anno dal Consiglio dei ministri, fissa gli obiettivi economici del Governo a medio termine, sulla cui base il Governo costruisce i provvedimenti contenuti nella legge finanziaria che viene varata a settembre e approvata entro l'anno.
Nel nostro caso, il DPEF per gli anni 2009-2013 è stato approvato dal Consiglio dei ministri contestualmente al decreto-legge n. 112 del 2008. Tale decreto, volto a dare attuazione, insieme ad altri provvedimenti, allo stesso DPEF, in particolare, all'articolo 1, fissa il livello di indebitamento netto e il rapporto tra il debito pubblico e il PIL, da conseguire nel triennio e prevede risparmi di spesa e incrementi di entrata particolarmente significativi.
La manovra di bilancio si completerà con i disegni di legge già presentati alle Camere: il progetto di legge n. 1441-bis, in approvazione oggi, recante disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile; il progetto di legge n. 1441-ter, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia; il progetto di legge n. 1441-quater, recante delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
La manovra economica, per la prima volta, è stata approvata prima dell'estate con una strategia per quattro obiettivi principali: ridurre il costo della macchina statale, ossia una riduzione del carico complessivo dello Stato prevista in una media del 3 per cento sul totale della spesa pubblica e senza prevedere un aumento della tassazione e riduzione dei servizi pubblici essenziali; l'efficientamento della pubblica amministrazione, con un vero e proprio piano di sviluppo industriale: l'obiettivo è quello di realizzare uno Stato più vicino alla gente che non spreca risorse nel garantire i servizi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania); ridurre la burocrazia, tagliando leggi e norme non essenziali e migliorando la semplificazione; indirizzare nuovamente l'economia verso lo sviluppo economico, dare sostegno alle nostre imprese e, in questo ambito, l'azione si svilupperà dal nucleare allo sviluppo delle reti informatiche e infrastrutturali; un piano casa per le famiglie ed una migliore allocazione dei fondi per lo sviluppo del sud del nostro Paese.
Nel corso del 2008, la congiuntura internazionale è ulteriormente peggiorata per l'accentuarsi della crisi finanziaria, per l'incremento del prezzo delle materie prime, per l'aumento del costo dei prodotti alimentari e per nuove tensioni di caratterePag. 13inflazionistico. L'elemento di maggiore incertezza è costituito dalla crisi finanziaria mondiale. Come abbiamo visto in questi ultimi mesi, i comparti più esposti risultano quelli dei mercati azionari e del credito, comparti che hanno subito perdite significative e che hanno portato all'intervento statale diretto in economia da parte degli Stati Uniti d'America, ma anche di alcuni Stati europei.
L'area dell'euro, dopo una crescita oltre le previsioni nel primo trimestre, ha sperimentato nel secondo trimestre una contrazione del prodotto interno lordo rispetto al periodo precedente.
In questo quadro generale, si inserisce la Nota di aggiornamento al DPEF, i cui obiettivi non variano rispetto al precedente, ma - come dicevo prima - la situazione economica generale ha obbligato ad un aggiornamento, dovuto non solo all'indebolimento delle prospettive di crescita economica, ma anche ad una puntuale ripartizione della manovra finanziaria pubblica per il periodo 2009-2011 e alle modifiche introdotte dalla conversione in legge dei decreti attuativi. Questi elementi hanno portato ad un lieve ritocco verso il basso delle stime di crescita rispetto al DPEF per gli anni 2009-2013, ritocco sia per il 2008 sia per il 2009 di 0,4 punti percentuali.
La crescita prevista si colloca ora rispettivamente tra lo 0,1 e lo 0,5 per cento. La congiuntura economica rimane quindi caratterizzata da un elevato grado di incertezza.
L'indebitamento netto per il 2008 viene confermato al 2,5 per cento del prodotto interno lordo. Il debito pubblico, a fronte di una previsione migliore delle attese per l'anno in corso, evidenzia un percorso di rientro più lento, pur confermando la discesa al di sotto del PIL nel 2011. Alla fine del periodo, risulta di 1,8 punti percentuali più elevato rispetto a quello indicato nel DPEF. Dal lato delle entrate, si scontano gli effetti della minor crescita sul gettito tributario, con la diminuzione delle imposte indirette, parzialmente compensata dall'aumento delle imposte dirette e dei contributi sociali, a seguito di una dinamica più positiva dei redditi da lavoro dipendente del settore privato. Per quanto concerne la spesa, l'aumento degli oneri per interessi è compensato da economie nella spesa, soprattutto per i redditi da lavoro dipendente, di circa 1,35 miliardi di euro nel 2009 e di oltre 1,5 miliardi di euro per il 2010, in linea con gli obiettivi di contenimento della spesa. Per i consumi intermedi è previsto un aumento contenuto dell'0,6 mediamente. Il debito in rapporto al PIL è previsto ridursi gradualmente attestandosi sotto il cento per cento nel 2011, come indicato nel DPEF, fino a raggiungere il 91,9 per cento nel 2013: il pareggio di bilancio viene così garantito mediante la correzione complessiva nel quadriennio 2008-2011, anche se la preoccupazione maggiore è relativa al progressivo aumento del debito pubblico, dovuto all'aumento dei tassi di interesse, che va anche a diminuire ancor più il potere di acquisto con il caro mutui per le nostre famiglie. Dal punto di vista delle entrate, sulla scorta dei dati del bilancio a legislazione vigente 2009, il livello di saldo è stato rideterminato in 33,6 miliardi di euro. Tale livello è conseguente alla modifica di alcune poste di bilancio relative ai trasferimenti delle amministrazioni pubbliche (tra le quali gli enti previdenziali e territoriali) per circa 14 miliardi e delle poste correttive e compensative delle entrate, per circa quattro miliardi. Si tratta, per la grandissima parte, di regolazioni contabili che non hanno alcuna influenza sul livello di indebitamento delle pubbliche amministrazioni. In conclusione, l'aggiornamento del DPEF e le azioni messe in atto rappresentano una manovra rigorosa, volta a offrire un quadro di finanza pubblica statale più vicino alla realtà nonché a liberare il mercato dai lacci di una pubblica amministrazione soffocante. Infine, con il federalismo fiscale e l'attribuzione di risorse agli enti locali, andiamo verso una maggiore responsabilizzazione degli amministratori pubblici, una razionalizzazione della spesa, una diminuzione della tassazione complessiva, al fine di attuare quel decentramento che tutti si attendono e che porterà ad una maggiorePag. 14chiarezza dei rapporti con la pubblica amministrazione e a sostenere altresì lo sviluppo e il riscatto imprenditoriale anche nel sud dell'Italia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, pochi minuti fa abbiamo ascoltato un'esposizione del Ministro che potremmo definire reticente e burocratica, se volessimo usare un eufemismo, ma che in realtà è stata profondamente irrispettosa nei confronti del Parlamento, dell'istituzione che noi rappresentiamo, ma soprattutto nei confronti degli italiani, dei tanti lavoratori, dei risparmiatori, delle persone che guardano con ansia, in queste ore, a ciò che sta accadendo sui mercati internazionali e quindi ai loro risparmi e alle loro prospettive di vita. Non abbiamo sentito nulla sotto questo profilo che possa rassicurare e dare certezze circa le iniziative che il Governo intende mettere in campo: questo dato negativo lo dobbiamo e lo vogliamo sottolineare con forza. C'è un aspetto che abbiamo apprezzato: il crudo realismo dell'esposizione del ministro Tremonti che avevamo già ritrovato nei numeri della nota di aggiornamento del Documento di programmazione economico-finanziaria.
Questo crudo realismo ci dice che è definitivamente alle nostre spalle il Tremonti che avevamo conosciuto negli anni tra il 2001 e il 2006, gli anni della promessa di un nuovo miracolo economico, dell'ottimismo ad ogni costo, DPEF dopo DPEF, l'uomo della finanza creativa, delle cartolarizzazioni, dei derivati, l'uomo, la maggioranza e il Governo delle illusioni che si sono rivelate tali per quella che è stata la storia dell'economia del nostro Paese in questi anni.
Ora la festa è finita: ce lo ha detto il Ministro Tremonti e ce ne eravamo già accorti da soli. L'economia internazionale attraversa una delle peggiori crisi finanziarie della storia. Stiamo sperimentando sulla nostra pelle cosa vuol dire il rischio dell'età globale di cui parla Ulrich Beck e non c'è più spazio per le illusioni: servono decisioni, da parte degli Stati Uniti innanzitutto, perché la posta in gioco nel dibattito che c'è oggi al congresso degli Stati Uniti non è soltanto il futuro dell'economia americana, va ben al di là. Quello che è in gioco è il futuro dell'economia mondiale e la leadership globale degli Stati Uniti d'America.
Servono decisioni anche da parte dell'Europa che deve dimostrare, anche soprattutto in questo frangente, come Unione europea, di non essere una mera espressione geografica, ma un soggetto coeso, capace di decidere e di farlo anche rapidamente.
Le notizie che leggiamo oggi sui giornali di contrasti tra i partner del G4 che si riuniranno a breve non sono sicuramente rassicuranti sotto questo profilo. Siamo nella condizione in cui le previsioni dell'OCSE, del Fondo Monetario e di tutti gli istituti di ricerca segnalano un evidente rallentamento della crescita. Ciò vuol dire che la crisi finanziaria si è già trasmessa all'economia reale e la crescita dell'Unione europea, degli Stati Uniti, del Giappone e di tutti i Paesi avanzati sta vistosamente rallentando.
Il cuore della crisi è negli Stati Uniti, lo hanno detto tutti quelli che mi hanno preceduto e lo ha sottolineato anche il Ministro. Si tratta di una crisi che mette in discussione un intero modello di sviluppo, un modello basato sulla deregulation, sull'indebitamento delle famiglie, su un'intera economia che, per anni, ha vissuto al di sopra dei propri mezzi.
In questo quadro difficile l'Italia non è un'isola felice. Il Presidente del Consiglio, anche in queste ore, ci sta ripetendo che le nostre imprese, le nostre banche sono solide e non c'è motivo per preoccuparsi, che possiamo stare tranquilli. Ci fanno piacere queste parole!
Il Presidente del Consiglio ci ricorda che i rifiuti di Napoli sono stati raccolti, che l'ICI sulla prima casa non c'è più, che l'italianità di Alitalia è salva. Fine delle trasmissioni per quanto riguarda l'economia italiana. Il punto, signor Presidente, è che i dati reali, a partire da quelli chePag. 15sono indicati nella nota di aggiornamento e che il Ministro ha ricordato nella sua esposizione ci raccontano una storia completamente diversa.
Nel 2008 siamo a crescita zero e le speranze di ripresa dal 2009 in avanti sono debolissime e molto incerte, visto quello che sta succedendo all'economia internazionale. C'è un dato che emerge chiaramente dalla lettura della nota di aggiornamento è che la debolezza della nostra crescita deriva innanzitutto dalla debolezza della domanda interna. Nel 2008 scendono i consumi delle famiglie, scendono gli investimenti pubblici e negli anni futuri la crescita torna ma su valori assolutamente deboli ed insufficienti.
C'è, però, un dato ancora più preoccupante, a mio giudizio, ed è il fatto che la nostra economia va e andrà sistematicamente peggio di quella degli altri Paesi europei. Ce lo dicono ancora una volta i vostri dati: lo 0,1 per cento di crescita registrato in Italia nel 2008, a fronte dell'1,4 per cento nei Paesi dell'Unione economica e monetaria; lo 0,5 per cento in Italia a fronte dell'1,1 per cento negli altri Paesi e così via anche per gli anni successivi.
Questi freddi numeri ci dicono una cosa chiara: che noi continuiamo ad avere dei profondi problemi strutturali. Siamo deboli della nostra competitività, abbiamo dei problemi che ci trasciniamo ormai da tantissimi anni e che voi non prevedete che supereremo, nemmeno negli obiettivi che scrivete nei vostri Documenti di programmazione economico-finanziaria.
Ad agosto e a settembre, in questi mesi, l'inflazione si è attestata al 4 per cento, il massimo da parecchi anni, ma con una dinamica molto più forte per i beni di prima necessità, quelli che le famiglie acquistano tutti i giorni, il pane, la pasta, il latte, che stanno crescendo a due cifre.
Nella nota di aggiornamento confermate l'inflazione programmata all'1,7 nel 2008 e all'1,5 per cento dal 2009 in avanti.
Noi torniamo a dirvi che questo è un livello irrealistico che pone le premesse per un ulteriore indebolimento del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni dei milioni di famiglie che vivono a reddito fisso in questo Paese.
Senza la restituzione del fiscal drag, senza l'aumento delle pensioni medio basse, senza redistribuire sui salari almeno una parte dei guadagni di produttività (e noi ci auguriamo che si concluda positivamente, in modo unitario, il confronto tra il Governo e le parti sociali sul nuovo modello di contrattazione) saranno milioni le famiglie che faranno sempre più fatica ad arrivare a fine mese.
Questo è il dato vero dell'economia italiana oggi e della condizione delle famiglie italiane oggi. Anche i dati sull'occupazione, resi noti pochi giorni fa, non ci fanno ben sperare perché nel secondo trimestre del 2008 i disoccupati, rispetto all'anno precedente, crescono di quasi 300 mila unità e il tasso di disoccupazione passa dal 5,7 al 6,7 per cento. Insomma, questi sono i numeri preoccupanti della nostra condizione economica in una fase, torno a sottolinearlo, in cui le cose vanno male dappertutto, in tutti i Paesi avanzati, ma da noi vanno peggio che altrove.
Questa condizione complicata era già nota negli elementi fondamentali in primavera, quando avete impostato le vostre scelte di politica economica e avete messo in campo interventi che sono e si confermano assolutamente discutibili. A fine maggio, con il decreto-legge n. 93 del 2008 avete sparato le cartucce che avevate per abolire l'ICI sulla prima casa per gli immobili di valore medio-alto e detassare, per soli sei mesi fino a dicembre del 2008 (va ricordato), i premi e gli straordinari. A fine giugno, è arrivata la gelata con il decreto-legge n. 112 del 2008, che rappresenta una manovra tutta focalizzata sul pareggio di bilancio nel 2011, senza nessun intervento per l'equità e lo sviluppo. Le cifre sono lì da vedere.
La manovra, come confermano i numeri della nota di aggiornamento al DPEF, vale 37 miliardi di euro nel triennio 2009-2011. La stragrande maggioranza di queste risorse, 31 miliardi su 37, sono dedicate esclusivamente allo sforzo di risanamento dei conti pubblici che condividiamo ePag. 16sosteniamo, ma riteniamo che si potesse e si dovesse fare ben altro per sostenere la crescita economica e iniziare a ridurre il tasso di disuguaglianza sociale in questo Paese. Quei numeri ci dicono che aumenterà la pressione fiscale nei prossimi tre anni, la stessa pressione fiscale che avevate promesso di ridurre sotto il 40 per cento. Gli investimenti pubblici scendono e ricordo che ieri l'associazione nazionale dei costruttori edili ha certificato che nel 2009 le risorse per gli investimenti infrastrutturali scenderanno del 15,6 per cento in termini reali e ciò significa meno strade, meno autostrade e meno infrastrutture necessarie per la competitività della nostra economia. Inoltre, nella manovra, che viene confermata da una legge finanziaria ridotta all'osso, vengono tagliate le risorse per la scuola, gli enti locali, la sanità e la sicurezza.
Avevamo criticato duramente l'impostazione di questa manovra a luglio e avevamo detto che era una manovra depressiva. Ora questa analisi e questa valutazione vengono confermate perfino da un autorevole centro di ricerca guidato da uno degli esponenti dell'opposizione che si esprime, nero su bianco, in termini di un effetto di freno sull'economia che viene a prodursi come conseguenza della manovra di luglio, e parla di una minore crescita che determinerebbe, rispetto agli obiettivi posti nel DPEF, un maggior deficit ed un maggior rapporto debito-PIL. Questo non lo diciamo più solo noi ma sono voci che iniziano ad uscire anche dalla vostra maggioranza e dal vostro campo politico.
Oggi siamo in una congiuntura economica che è peggiorata rispetto ai numeri che conoscevamo a luglio, ma la nota di aggiornamento al DPEF ignora completamente questo fatto e non presenta la benché minima novità rispetto alle scelte della manovra d'estate, rispetto a quella manovra depressiva nei confronti di una già debole crescita dell'economia nazionale e che aggravava, in prospettiva, la pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese.
Continua a non esserci nulla per gli investimenti pubblici, per le pensioni, per i salari e gli stipendi e nemmeno le somme, per il momento, per prorogare dal 2009 in avanti la detassazione dei premi e degli straordinari e tutto ciò avviene mentre altri Paesi europei si muovono, decidono e intervengono. Spagna, Gran Bretagna e Svezia, con Governi di ogni colore politico, stanno mettendo sul piatto sgravi fiscali per le famiglie, maggiori risorse per gli investimenti pubblici e manovre anticicliche di vario genere per aggredire una congiuntura debolissima. Noi, che siamo messi peggio in Europa, non stiamo facendo - anzi voi - non state facendo assolutamente nulla e questo è il dato vero che emerge dalla nota di aggiornamento al DPEF. È questa inerzia la critica maggiore che muoviamo nei confronti della politica economica di questo Governo, perché il Governo ha continuato a sostenere che non vi erano soldi quando i dati sul fabbisogno, anche quelli di ieri, se li leggiamo fino in fondo, ci dicono che vi sarebbero gli spazi per una manovra fiscale anticiclica, perchè i conti tengono, lasciatemelo dire, nonostante i segnali e le strizzatine d'occhio che a luglio avete mandato a quella purtroppo vasta platea di contribuenti italiani che continua ad evadere ed eludere le imposte.
La priorità oggi è sostenere la crescita economica e rilanciare la domanda interna nel breve periodo e nel medio-lungo periodo mettere in campo una politica di riforme vere che accresca la competitività del nostro Paese. Nella vostra manovra economica, che confermate nella nota di aggiornamento, ci sono più tasse, meno investimenti, ci sono i tagli senza le riforme, ma non c'è niente di quello che oggi servirebbe al Paese.
Oggi al Paese servirebbe un aiuto alle famiglie, a partire da quelle che vivono a reddito fisso; servirebbe una defiscalizzazione, una riduzione delle tasse sui salari, sulle pensioni e sulla parte che fa più fatica a reggere con questa congiuntura negativa. Nella manovra continua a non esserci nulla; continua ad esserci inerzia di fronte ad una negativa situazione economica internazionale ed italiana.
Per questo non condividiamo i contenuti di questa nota di aggiornamento ePag. 17torniamo a sollecitare - concludo, signor Presidente - anche in questa sede, anche in questo frangente, una svolta nella politica economica del Governo e nella politica economica del nostro Paese, una svolta che rilanci la crescita e che rilanci la domanda a partire da quella riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro e sui redditi da pensione che è ormai l'emergenza che il Governo deve avere il coraggio e la volontà di affrontare nei prossimi mesi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, la nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria evidenzia un atto di responsabilità del Governo che, di fronte alla congiuntura economica internazionale e quindi anche ad un rallentamento e una stagnazione dell'economia reale italiana, rivede le previsioni di crescita indicate nel DPEF in ragione di un rallentamento dell'economia, e soprattutto dell'economia interna, che ha delle ragioni ben precise.
Tali ragioni sono legate al deteriorarsi della congiuntura economica internazionale, aggravata dalla crisi finanziaria mondiale, dall'incremento del prezzo delle materie prime, per l'area euro dall'apprezzamento dell'euro, da una riduzione dell'economia reale che non può che portare ad una riduzione trasparente e responsabile delle previsioni di crescita del prodotto interno lordo.
Esse, peraltro, risultano perfettamente in linea con le revisioni operate dai principali organismi internazionali per l'Italia. La Commissione europea stessa ha registrato un peggioramento delle stime di crescita per il 2008 relative all'area euro e d'altronde Spagna e Inghilterra registrano un tasso di crescita pari allo zero. L'Unione europea ha rivisto le stime relative all'Unione europea nel suo complesso, abbassando dal 2 per cento all'1,4 per cento le prospettive di crescita per l'anno in corso.
L'economia italiana ha mostrato una prestazione già debole nel primo semestre a causa dei fattori che abbiamo indicato e ad una ulteriore (superiore alle attese) correzione nel settore delle costruzioni. Del resto, la nota di aggiornamento, riducendo le stime di crescita del prodotto interno lordo e quindi conseguentemente tutti gli indicatori macroeconomici, conferma tuttavia la volontà del mantenimento dell'obiettivo del rapporto deficit-PIL e il mantenimento dell'impegno del pareggio di bilancio strutturale da raggiungere nel 2011 indicato nei precedenti documenti programmatici e concordato in sede europea.
È evidente che tale impegno implica interventi duraturi per il contenimento del livello complessivo della spesa e per la sua riqualificazione. Ho ascoltato gli interventi dei colleghi del centrosinistra rispetto all'aggiornamento della nota e l'annotazione che pare più evidente è la seguente.
Ci troviamo dinnanzi ad un quadro economico che presenta una crisi finanziaria evidentemente internazionale e un rallentamento dell'economia non solo italiana, ma anche europea e, quindi, se abbiamo comunque una solidità dal punto di vista della tutela dei risparmiatori sul piano finanziario, è evidente che l'economia reale subisce un rallentamento e una stagnazione. Rispetto ad un quadro economico che getta nella sfiducia i risparmiatori e le famiglie italiane, che rallenta i consumi e rallenta complessivamente tutti gli indicatori dell'economia italiana, il centrosinistra, anziché avanzare delle proposte veramente di sviluppo e di crescita e non solo a parole, ma dal punto di vista della capacità di concordare sugli interventi strutturali, non trova di meglio che risolvere la questione attaccando il Ministro Tremonti o il Governo Berlusconi con la solita impostazione non solo ideologica, ma antiberlusconiana, che certamente non avvantaggia quelle famiglie italiane che loro stessi indicano fare fatica ad arrivare alla fine del mese.
Quindi, se è vero, come è vero, che la stagnazione e il rallentamento dell'economia richiedono delle misure strutturali diPag. 18sviluppo dell'economia e di modernizzazione del nostro sistema Paese, allora è vero che, per essere strutturali, debbono essere misure di forte impostazione riformista, modernizzatrice e coraggiosa. Quando sento parlare il centrosinistra delle nostre difficoltà strutturali e delle difficoltà strutturali che il nostro sistema capitalistico ha, non posso che concordare sulle linee di fondo. Certamente non posso concordare - come non concorda questo Governo - sulle risposte da dare per la modernizzazione e lo sviluppo del sistema Paese, perché questo Paese torni ad essere attraente e attrattivo per gli investimenti internazionali.
Se è vero che si riduce l'economia interna e si riducono i consumi e che per l'apprezzamento dell'euro si riducono anche le esportazioni, è altrettanto vero che il nostro sistema economico e capitalistico - che è ancora estremamente arretrato e che sconta non solo tutto lo strascico del debito pubblico, ma anche l'inadeguatezza strutturale della pubblica amministrazione, delle infrastrutture, di tutto il sistema Paese - necessita di una forte e coraggiosa impostazione riformista, di grandi misure strutturali di contenimento e riqualificazione della spesa. Rispetto a tale necessità il centrosinistra in ogni occasione alza le barricate di una difesa ideologica dello status quo ante e di una forza che, sempre di più, si rivela - ahimè - conservatrice.
Ho ascoltato attentamente l'onorevole Galletti, che avanzava delle critiche strutturali alla logica del mercato. Tale logica va governata, ma ritengo che oggi l'impegno della politica nel Parlamento debba essere quello non di «più Stato», ma di «più politica» che sappia governare le logiche del mercato, che sappia mettere a disposizione e a vantaggio delle famiglie, delle persone e dei cittadini le logiche del mercato governandole laddove è necessario, fissando delle regole che vanno fatte rispettare, ma soprattutto mettendo a frutto le opportunità del mercato per rendere questo Paese sempre più moderno dal punto di vista del suo sistema capitalistico e della sua capacità di attrazione degli investimenti esteri.
Per fare ciò bisogna continuare nella logica e nell'impostazione, che ha intrapreso questo Governo, di trasparenza, di contenimento della spesa, di misure strutturali, di innovazione e di modernizzazione e di incentivi di sviluppo e di crescita a questo Paese. Prima dello sviluppo e della crescita deve, ovviamente, avvenire il consolidamento del contenimento e della riqualificazione della spesa e delle misure strutturali che ci possono consentire veramente di cogliere le opportunità di crescita e di sviluppo. È necessario fare tutto ciò con del sano realismo - come ha fatto il Ministro Tremonti - ma anche con la capacità di far valere il diritto e il dovere di scelta della politica, che in questo caso deve far valere il suo primato, per portare di nuovo l'economia di questo Paese ad essere fra le più importanti del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Risoluzioni - Doc. LVII, n. 1-bis)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Cicchitto ed altri n. 6-00007, Baretta ed altri n. 6-00008 e Galletti ed altri n. 6-00009, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - Doc. LVII, n. 1-bis).
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle risoluzioni presentate, indicando quale risoluzione il Governo intenda accettare.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo, lette le risoluzioni presentate, accetta la risoluzione Cicchitto ed altri n. 6-00007. Con l'occasione, svolgo alcune brevi considerazioni relativamente al fatto che, malgrado non siano mutati gli obiettivi di politica economica, il GovernoPag. 19ha ritenuto opportuno, proprio nel rapporto di trasparenza esistente tra Governo e Parlamento, presentare una nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria nella quale è responsabilmente evidenziato l'andamento flettente dell'economia rispetto a quanto era stimato prima dell'estate, e ciò in considerazione degli eventi illustrati questa mattina dal Ministro dell'economia e delle finanze, che hanno riguardato l'economia internazionale e anche quella interna.
Responsabilmente la nota quindi indica il diverso quadro macroeconomico, però mantiene in questo quadro gli stessi obiettivi di politica economica, perché il Governo è convinto che la saldezza dei conti pubblici sia lo strumento e la via essenziale per garantire gli altri obiettivi di politica economica che, come è stato evidenziato in quest'Aula, si possono compendiare essenzialmente nella necessità di consentire una maggiore crescita del sistema Italia. La crescita non si consente con una semplice iniezione di spesa pubblica o con una semplice diminuzione della pressione fiscale, ma con una diminuzione della pressione fiscale che deriva da un consistente, radicale e perdurante abbassamento della spesa pubblica.
Sotto questo profilo, le critiche che sono state avanzate al DPEF e alla manovra forse sono ingenerose, perché la manovra realisticamente non indica l'abbassamento della pressione fiscale a regime, in quanto si limita a definire le misure di diminuzione della spesa. Come potete vedere nell'illustrazione quantitativa, nel triennio si nota una costante e notevole flessione del complesso della spesa pubblica. Questo consentirà al Paese, unitamente a tutte le manovre di sviluppo, principalmente a quella di liberazione dai pesi dell'amministrazione (stiamo discutendo proprio oggi in quest'Aula un provvedimento fondamentale per garantire al Paese di liberarsi da quegli ostacoli di carattere burocratico che limitano la crescita), di avere un tasso di crescita superiore a quello stimato e, quindi, di potersi permettere una diminuzione seria e consistente della pressione fiscale, cosa che non era successa nel passato.
Quindi, non si può dire che questa manovra è depressiva, questa manovra fotografa l'esistente, con una speranza per il futuro. Certo, nel passato c'erano state manovre depressive perché erano fondate su un aumento della pressione fiscale e un contemporaneo aumento delle spese. Queste hanno portato - senza voler far polemica sul passato - ad un'eredità con la quale ci siamo dovuti confrontare all'avvio di questo Governo. La situazione è profondamente diversa dal passato, perché per la prima volta si attua con anticipo una manovra basata essenzialmente sulla diminuzione della spesa pubblica corrente. Certo, diminuire la spesa pubblica corrente può comportare qualche sacrificio, ma per il bene generale credo che sia indispensabile perseguire questa strada.
Qualche critica è stata avanzata relativamente alla questione del fabbisogno. Mi limito ad osservare che il fabbisogno di questo periodo dell'anno è in crescita rispetto a quello dell'esercizio precedente in considerazione di fattori sostanzialmente one shot, una tantum. Quindi l'andamento dei conti pubblici è sotto controllo, non c'è nessun rischio di incremento ingiustificato della spesa, i dati del fabbisogno riflettono un andamento temporaneo, come anche temporaneo è il differenziale tra BOT e Bund, che deriva in questa fase dall'elevata quantità di debito pubblico esistente in Italia, che sottopone il nostro Paese ad un livello di pressione sui mercati leggermente maggiore rispetto a quello che esiste negli altri Paesi europei.
Per questo motivo, giustamente, il Governo si pone come obiettivi fondamentali la diminuzione del rapporto deficit-PIL - che nel 2011 arriverà sostanzialmente al pareggio (è un dato confermato) - e la contemporanea e ancor più robusta diminuzione del rapporto tra debito complessivo e prodotto interno lordo, tenendo conto che l'andamento dell'avanzo primarioPag. 20è costante e crescente nei prossimi anni.
Tutti questi strumenti consentiranno realmente di dare maggior reddito disponibile alle famiglie, non come è accaduto nel recente passato, nel quale la pressione fiscale complessiva è aumentata di circa due punti percentuali. Ciò, tradotto in termini economici e monetari, equivale a circa due punti percentuali di PIL per 60 milioni di italiani: una cifra come 500 euro di tasse in più a testa.
Questo è sicuramente un costo che ha gravato notevolmente sulla spesa e sui consumi delle famiglie. Obiettivo del Governo è rimuovere questo tipo di costi e andare verso una diminuzione consistente e affidabile della pressione fiscale, perché le diminuzioni temporanee, come è avvenuto in passato, non comportano alcun mutamento nelle aspettative degli operatori economici e, quindi, sono assolutamente inefficaci. In questo quadro, anche le misure che sono state adottate dal Governo all'inizio della legislatura vanno nel senso della diminuzione costante e affidabile della pressione fiscale, unita, come nel caso della detassazione degli straordinari, a una motivazione di carattere etico, in base alla quale ciascuno deve cercare, anche nel proprio lavoro, le ragioni del miglioramento delle proprie condizioni di vita.

(Votazione - Risoluzioni - Doc. LVII, n. 1-bis)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Cicchitto ed altri n. 6-00007, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 419
Votanti 416
Astenuti 3
Maggioranza 209
Hanno votato
231
Hanno votato
no 185).

Prendo atto che i deputati Boccia, Perrotta e Rampi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che i deputati Bonavitacola e Mazzuca hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Dichiaro pertanto precluse le risoluzioni Baretta ed altri n. 6-00008 e Galletti ed altri n. 6-00009.

Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, da 22 a 24, 31, 32, da 37 a 39, da 65 a 67 e 70 del disegno di legge n. 1441, deliberato dall'Assemblea il 5 agosto 2008) (A.C. 1441-bis-A) (ore 9,57).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli articoli.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
L'onorevole Zamparutti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/4, per un minuto.

Pag. 21

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, ringrazio i colleghi della maggioranza e dell'opposizione che hanno sottoscritto il mio ordine del giorno n. 9/1441-bis/4, che impegna il Governo ad estendere alle parafarmacie e ai medici di base la possibilità di fornire quei servizi socio-sanitari che, al momento il Governo ha delegato soltanto ai farmacisti. Si tratta dell'ennesimo privilegio concesso a una vera e propria corporazione, a discapito di altri operatori socio-sanitari come i parafarmacisti e i medici di base, che sarebbero assolutamente in grado di svolgere questo servizio.
Peraltro, mi appello a un principio di ragionevolezza e di giustizia nel chiedere anche ad altri colleghi di votare a favore del mio ordine del giorno n. 9/1441-bis/4, che rafforza la prima liberalizzazione avviata dalle riforme Bersani.

MARIO PEPE (PdL). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, intervengo solo per aggiungere la mia firma all'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1441-bis/4, perché è un ordine del giorno di buonsenso, e condivido le argomentazioni della collega.

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, anch'io mi associo al collega e vorrei sottoscrivere l'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1441-bis/4, che a me pare molto equo.

PRESIDENTE. Sta bene.
L'onorevole Mecacci ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, con la presentazione di questo ordine del giorno chiediamo in realtà di adottare una riforma a costo zero per lo Stato, volta a risolvere un problema che è molto sentito dagli operatori pratici del processo civile, amministrativo e tributario, che deriva dalla completa disorganizzazione e inefficienza della macchina giudiziaria. Ad esempio, qualora l'attore intenda trascrivere una domanda giudiziale proposta nei confronti di un'altra parte del processo, egli stesso ha l'obbligo di farsi rilasciare una copia dell'atto che egli stesso ha redatto e questa copia deve essere autenticata da un cancelliere del tribunale. Nella pratica, avviene che, per non portare definitivamente al collasso la macchina giudiziaria, gli operatori pratici si fanno carico di fare da soli le copie di questi atti, per poi sottoporle a un semplice atto burocratico di autenticazione da parte della cancelleria. Per questo, chiediamo che venga accettato un ordine del giorno che impegni il Governo ad affidare agli operatori pratici del processo civile la possibilità di fare queste copie.

PRESIDENTE. Onorevole Mecacci, immagino che lei abbia illustrato l'ordine del giorno Bernardini n. 9/1441-bis/5, di cui è cofirmatario.

SETTIMO NIZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SETTIMO NIZZI. Signor Presidente, intervengo anch'io per sottoscrivere l'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1441-bis/4, perché ritengo sia importante che soprattutto i medici di medicina generale possano poter avere libero accesso alle strutture, per organizzare i lavori per la sanità pubblica per i propri concittadini.

PRESIDENTE. Sta bene. Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo è disposto ad accogliere come raccomandazione l'ordine del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/1441-bis/1, a condizione che venga riformulatoPag. 22sostituendo le parole «impegna il Governo ad adottare», con le parole «invita il Governo a valutare l'opportunità di adottare».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Iannaccone n. 9/1441-bis/2. Per quanto riguarda l'ordine del giorno Fedi n. 9/1441-bis/3, il Governo non accetta il primo capoverso della parte dispositiva, che quindi andrebbe espunto, mentre accoglie come raccomandazione il secondo capoverso.
L'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1441-bis/4, così come è scritto, è contraddittorio rispetto al testo del disegno di legge, quindi non sarebbe accettato dal Governo. Se la presentatrice accetta la riformulazione nel senso di sostituire le parole «impegna il Governo ad adottare», con le parole «invita il Governo a valutare l'opportunità di adottare», l'ordine del giorno può essere accolto come raccomandazione.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Bernardini n. 9/1441-bis/5, mentre l'ordine del giorno Mecacci n. 9/1441-bis/6 è accolto come raccomandazione, purché riformulato, sostituendo le parole «impegna il Governo ad adottare», con le parole «invita il Governo a valutare l'opportunità di adottare».
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Di Biagio n. 9/1441-bis/7, faccio presente che il termine di due mesi, nel quale devono essere esperite le procedure relative alla questione contenuta nell'ordine del giorno, rendono praticamente impossibile la consultazione dell'associazione, quindi allo stato il parere non è favorevole.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Contento n. 9/1441-bis/8, mentre accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Buonanno n. 9/1441-bis/9 e Borghesi n. 9/1441-bis/10. L'ordine del giorno Palomba n. 9/1441-bis/11 è contraddittorio rispetto al testo, quindi non è accettato dal Governo.
Il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Misiti n. 9/1441-bis/12, Palagiano n. 9/1441-bis/13, Lombardo n. 9/1441-bis/15, Lo Monte n. 9/1441-bis/16, Commercio n. 9/1441-bis/17 e Cambursano n. 9/1441-bis/18.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Bragantini n. 9/1441-bis/19 e accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Negro n. 9/1441-bis/20 e Lovelli n. 9/1441-bis/21. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Tassone n. 9/1441-bis/23, a condizione che nella prima parte del dispositivo siano espunte le parole: «gli effetti negativi di tale norma che si configura come una riforma parziale ed affrettata che mette a rischio circa 1000 posti di lavoro».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Luciano Dussin n. 9/1441-bis/24 e accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Caparini n. 9/1441-bis/25. Il Governo accetta l'ordine del giorno Guido Dussin n. 9/1441-bis/26. Il Governo accetta l'ordine del giorno Montagnoli n. 9/1441-bis/27, a condizione che nell'ultimo capoverso del dispositivo la parola: «adottare» sia sostituita dalle seguenti: «valutare la possibilità di adottare».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Bitonci n. 9/1441-bis/29 e Dal Lago n. 9/1441-bis/30 e accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Sanga n. 9/1441-bis/31, Moroni n. 9/1441-bis/32 e Vietti n. 9/1441-bis/33.

RITA BERNARDINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, ha già parlato.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, a parte il fatto che avevo chiesto la parola per illustrare il mio ordine del giorno n. 9/1441-bis/5, ma non fa niente. Lei ha detto che ho già parlato. In realtà, non ho aperto bocca in quest'Aula.

PRESIDENTE. Ha ragione, non ha preso la parola. Vuole intervenire adesso?

RITA BERNARDINI. Sul mio ordine del giorno n. 9/1441-bis/5.

Pag. 23

PRESIDENTE. Allora, quando sarà il momento, lo chieda. Onorevole Mario Pepe, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/1, accolto come raccomandazione?

MARIO PEPE (PD). Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione. Volevo aggiungere una nota: ringrazio il sottosegretario. È chiaro che l'accoglimento come raccomandazione è una deminutio, ma mi riservo di dialogare, nel tempo, con il sottosegretario sulla tematica.

PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Iannaccone n. 9/1441-bis/2, accolto come raccomandazione.

ARTURO IANNACCONE. Sì, signor Presidente accetto la riformulazione, e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Fedi n. 9/1441-bis/3, accolto come raccomandazione.

GINO BUCCHINO. Sì, signor Presidente accettiamo la riformulazione, e non insistiamo per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1441-bis/4.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, per la ragionevolezza, per la giustizia insita nella proposta contenuta in questo ordine del giorno e per il sostegno trasversale che ha avuto, di cui ringrazio davvero tutti i colleghi, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1441-bis/4, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 472
Votanti 469
Astenuti 3
Maggioranza 235
Hanno votato
225
Hanno votato
no 244).

Prendo atto che la deputata Ferranti ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole, il deputato Mazzuca ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e la deputata D'Antona ha segnalato di avere erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto votare a favore.
Prendo atto infine che il deputato Bonavitacola ha segnalato che non è riuscito a votare.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Bernardini n. 9/1441-bis/5, accolto come raccomandazione dal Governo.

RITA BERNARDINI. No, signor Presidente, non insisto per la votazione.
Abbiamo approvato in Aula e stiamo per approvare importanti riforme sul processo civile, e credo che il nostro ordine del giorno, che chiede l'organizzazione degli uffici e la riqualificazione del personale amministrativo, sia fondamentale, e sia fondamentale quindi agire, se vogliamo che qualcosa cominci a funzionare in Italia sul processo civile. Quindi, accetto che il mio ordine del giorno n. 9/1441-bis/5 sia accolto come raccomandazione.

PRESIDENTE. Sta bene.Pag. 24
Onorevole Mecacci, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/6, accolto come raccomandazione?

MATTEO MECACCI. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione, annunciando però che, trattandosi davvero di una riforma a costo zero, speriamo che nell'ambito dell'analisi che sarà svolta al Senato ci sia la possibilità di averlo anche nell'articolato del provvedimento.

PRESIDENTE. Sta bene.
Onorevole Di Biagio, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/7, non accettato dal Governo?

ALDO DI BIAGIO. No, signor Presidente, non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Contento n. 9/1441-bis/8, accettato dal Governo.
Onorevole Buonanno, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/9, accolto come raccomandazione dal Governo?

GIANLUCA BUONANNO. No, signor Presidente, non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Borghesi n. 9/1441-bis/10, accolto come raccomandazione dal Governo.

ANTONIO BORGHESI. No, signor Presidente, non insisto; vorrei solo, non avendo potuto intervenire prima, dire che in sostanza si invita il Governo a lavorare a una riforma organica delle convenzioni, delle unioni tra comuni, valutando anche la possibilità di incentivare o di obbligare in qualche modo i comuni piccoli, quando non raggiungono complessivamente i 20 mila abitanti, ad associarsi per l'esercizio dei servizi generali comunali.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Palomba n. 9/1441-bis/11, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Palomba n. 9/1441-bis/11, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 487
Votanti 483
Astenuti 4
Maggioranza 242
Hanno votato
222
Hanno votato
no 261).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Bonavitacola ha segnalato che non è riuscito a votare.
Onorevole Misiti, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/12, accolto come raccomandazione dal Governo?

AURELIO SALVATORE MISITI. No, signor Presidente, non insisto per la votazione; anche se non comprendo perché viene accolto come raccomandazione, perché in esso è riportata soltanto ed esclusivamente una delibera dell'Antitrust, che raccomanda di attuare determinate misure per poter favorire la concorrenza e il mercato. Non capisco quindi perché il Governo non si possa impegnare, e tuttavia accetto l'accoglimento come raccomandazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Onorevole Palagiano, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/13, accolto come raccomandazione dal Governo?

Pag. 25

ANTONIO PALAGIANO. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Palagiano n. 9/1441-bis/13.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori - Vedi votazionia ).

(Presenti 484
Votanti 480
Astenuti 4
Maggioranza 241
Hanno votato
255
Hanno votato
no 225).

Prendo atto che i deputati Monai e Melandri hanno segnalato che non sono riusciti a votare, che il deputato Scilipiti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che i deputati Toccafondi, Testoni e Bernini Bovicelli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lombardo n. 9/1441-bis/15, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lo Monte n. 9/1441-bis/16, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Commercio n. 9/1441-bis/17, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Cambursano n. 9/1441-bis/18, accolto come raccomandazione dal Governo.
Onorevole Bragantini, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/19, non accettato dal Governo?

MATTEO BRAGANTINI. Invito il Governo a rivalutare il parere espresso, in quanto è una problematica che riguarda molti enti pubblici che hanno delle società che non servono più per l'ente, ma per non dover sborsare dei fondi, già pochi per le finanze dei comuni, li tengono in liquidazione per molti anni.

PRESIDENTE. Il Governo modifica il parere precedentemente espresso?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, visto che il problema è un po' complesso (è una questione di entrate) chiaramente il parere non può diventare favorevole, ma se l'ordine del giorno viene modificato nel senso tradizionale di specificare: «invita il Governo a valutare l'opportunità di», quindi come un mandato di studio, allora può essere accolto come raccomandazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Bragantini accetta la riformulazione e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/19, accolto come raccomandazione dal Governo. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Negro n. 9/1441-bis/20, accolto come raccomandazione dal Governo.
Chiedo all'onorevole Lovelli se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/21, accolto come raccomandazione dal Governo.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, il Governo avrebbe politicamente fatto bene ad accogliere integralmente questo ordine del giorno, perché, come si può vedere dal testo che voteremo, l'articolo 35 è effettivamente sbrigativo ed insufficiente per gli scopi che si prefigge. Comunque, non insisto per la votazione del mio ordine del giorno n. 9/1441-bis/21 ed accolgo la raccomandazione che il Governo ha deciso di far sua, anche perché come gruppo del Partito Democratico presenteremo una proposta di legge apposita, pertanto ritengo che la manifestazione di volontàPag. 26espressa oggi dal Governo possa servire nel seguito della discussione parlamentare.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che l'onorevole Tassone accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/23, accolto come raccomandazione dal Governo. Prendo atto che l'onorevole Luciano Dussin non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/24, accettato dal Governo. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Caparini n. 9/1441-bis/25, accolto come raccomandazione dal Governo. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Guido Dussin n. 9/1441-bis/26, accettato dal Governo. Prendo atto che l'onorevole Montagnoli accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1441-bis/27, accettato dal Governo. Prendo altresì atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Bitonci n. 9/1441-bis/29 e Dal Lago n. 9/1441-bis/30, accettati dal Governo. Prendo infine atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Sanga n. 9/1441-bis/31, Moroni n. 9/1441-bis/32 e Vietti n. 9/1441-bis/33, accolti come raccomandazione dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

Sull'ordine dei lavori (10,25).

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, scusi se le faccio perdere pochissimi secondi. Il mio gruppo ha molto apprezzato la sua iniziativa di ieri in ordine allo stallo in cui il Parlamento versa per la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Capiamo evidentemente che non dipende da lei, più di tanto, l'esito finale, ma abbiamo apprezzato la sensibilità istituzionale con cui ha posto ai presidenti di gruppo della maggioranza tale questione.
Con la stessa franchezza, siamo rimasti sconcertati questa mattina - e lo ho detto qualche minuto fa - dalle parole dell'onorevole Tremonti, per l'assoluta inutilità che attribuisce evidentemente al ruolo del Parlamento.
Vorrei però dirle un'altra cosa: in tutti i giornali odierni è enunciato un proposito del Presidente del Consiglio. Come lei sa, noi non lo demonizziamo affatto e non lo riteniamo affatto il male di questo Paese (come altri dell'opposizione), ma egli ha enunciato a più riprese, nella giornata di ieri, il suo proposito di ricorrere maggiormente rispetto a quanto fatto finora alla decretazione d'urgenza, in quanto questo deve diventare lo strumento ordinario del Governo del nostro Paese. Con molta serenità credo che dobbiamo su questo fare un punto politico e istituzionale in Parlamento, perché la decretazione d'urgenza è stata usata come non mai all'inizio di questa legislatura.
Sono state poste questioni di fiducia come non mai, anche espropriando il Parlamento di discussioni importanti. Ora, il nostro Paese, che ha un sistema parlamentare finché la Costituzione non viene cambiata, si trova in una condizione paradossale. Nel presidenzialismo americano, in ore come queste, si ricerca il confronto tra repubblicani e democratici in Parlamento. Noi, dopo tutto quello che si è vissuto in questi mesi, in cui il Parlamento praticamente ha registrato il ruolo di passacarte, nella migliore delle ipotesi, ci sentiamo dire che bisogna andare ancora più avanti sulla strada della decretazione d'urgenza. Non si tratta di un problema di rapporto tra la maggioranza e opposizione: è un problema istituzionale di rapporto tra Parlamento e Governo, di cui lei, signor Presidente, è il primo depositario (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori). Poiché noi sappiamo chePag. 27per la sua lunga tradizione parlamentare lei è - al di là delle posizioni legittime che ciascuno di noi può avere sulle riforme istituzionali - un convinto assertore della difesa del Parlamento, le chiediamo di mostrarlo nei fatti, perché credo che la deriva che abbiamo assunto porterà probabilmente, nella prossima legge finanziaria, a presentare un emendamento per l'abolizione degli enti inutili, tra i quali si classificherà il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori)! Se non restituiamo un minimo di dignità al nostro ruolo, veramente diamo un grande colpo alla credibilità del Parlamento.
Vorrei dire sommessamente al Presidente del Consiglio, al quale auguro evidentemente buon lavoro, come in tutti questi momenti difficili, che è necessario andare esattamente nella direzione opposta e che non espropriare il Parlamento e venire in Parlamento sarà conforto anche per una maggioranza che sicuramente soffre di un'ansia da prestazioni ma, poiché ha i numeri e la qualità, stia serena e tranquilla e consenta anche a noi di essere utili all'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, nella Conferenza dei presidenti di gruppo, ieri pomeriggio, avevamo convenuto sulla necessità che il Ministro dell'economia e delle finanze riferisse e informasse il Parlamento con riferimento alla crisi dei mercati finanziari. Abbiamo avuto l'esperienza di un atteggiamento di grande disprezzo verso il Parlamento da parte di questo Ministro, il quale considera preferibile informare i quotidiani e chiunque incontri per strada piuttosto che il Parlamento sugli orientamenti che il Governo italiano sosterrà. Si è limitato a informarci dell'agenda degli incontri ministeriali previsti in Europa per la prossima settimana. Avremmo avuto anche e abbiamo ancora interesse a sapere cosa racconterà il Ministro dell'economia e delle finanze italiano in quegli incontri.
Tuttavia, poiché ieri è accaduto che il Presidente del Consiglio abbia invece espresso compiutamente una volontà e poiché il Ministro dell'economia e delle finanze ha molti impegni, ritengo che lei, signor Presidente, potrebbe chiedere al Presidente Berlusconi di riferire, di informare, di partecipare un minuto alla vita del Parlamento. Il Ministro dell'economia e delle finanze ha molti impegni, ma ci risulta che il Presidente del Consiglio in queste settimane ha trovato l'occasione per ricaricare le batterie e, quindi, è possibile che trovi anche il tempo di venire in Parlamento.
Con l'occasione vorrei ricordare in questa sede, dopo averlo già fatto nella Conferenza dei presidenti di gruppo più volte, che il Presidente del Consiglio è tenuto a partecipare una volta o due volte al mese al question time del mercoledì. Non lo ha mai fatto da quando è iniziata la corrente legislatura e riteniamo che tutto questo sia insopportabile. Ieri il Presidente del Consiglio ha ribadito la sua idea del rapporto tra Governo e Parlamento. Vorrei dire al signor Presidente - credo che avremmo modo e lei avrà modo di creare le condizioni perché questa Camera ne discuta - che noi non riteniamo che sia priva di fondamento l'esigenza di conferire più efficienza al lavoro del Parlamento. Anzi ricordo al Presidente e ai colleghi che fin dall'inizio di questa legislatura abbiamo sottolineato la necessità di impegnare tutta la Camera, non solo il Governo, non solo la maggioranza ma anche l'opposizione, nella ricerca di regole nuove che siano utili, non solo cambiando la Costituzione, ma anche cambiando i Regolamenti parlamentari, affinché l'efficienza del Parlamento sia messa al servizio dei cittadini. Tuttavia, quella che appare crescere in queste ore e in questa settimana non è l'idea di conferire più efficienza al Parlamento, di conferire più efficienza alle istituzioni, ma di spostare i poteri del Parlamento in direzione dell'Esecutivo.Pag. 28
Questa, lei comprende, signor Presidente, è una mutazione profonda della Costituzione che non può avvenire per iniziativa esclusiva del Governo. Occorre avere presente che la Costituzione si cambia attraverso le leggi di riforma costituzionale che prevedono un meccanismo di garanzia per i cittadini in grado di tutelarli rispetto alle derive contrarie all'interesse generale.
Lei, signor Presidente, si trova in una condizione particolare; lei è il garante di questa Camera dei deputati: di tutti, anche dell'opposizione. Prima di tutto, ha giurato fedeltà alla Costituzione; lei è il nostro punto di riferimento e noi vorremmo avere un punto di riferimento di cui fidarci. Siamo certi che non ignora che in questi momenti viene messa in discussione non solo la prerogativa della questa Camera dei deputati, ma anche quella del suo Presidente, il quale in sede di Conferenza dei capigruppo, anche rispetto all'ultima vicenda, ha espresso chiaramente quale fosse il suo desiderio. Non credo che le sfugga, signor Presidente, che il comportamento del Ministro dell'economia e delle finanze è stato offensivo nei suoi confronti. Ritengo che di ciò lei abbia consapevolezza e penso che l'unico modo per superare questa difficoltà sia che lei chieda al Presidente del Consiglio dei ministri di venire in Parlamento e di farlo ora, nel momento della crisi, nel momento in cui gli italiani vogliono sentirsi rassicurati non attraverso una velina o un'agenzia di stampa, ma attraverso il Parlamento della Repubblica, poiché è questo il luogo più alto di rappresentanza degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Unione di Centro).

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, crediamo anche noi che la relazione di questa mattina del Ministro Tremonti, nel suo contenuto etereo e nel suo ostentato rifiuto di riferire al Parlamento, insieme alla non disponibilità oggi manifestata a venire qui esplicitamente per parlarci della grave crisi finanziaria, sia stata una mancanza di rispetto.
Noi come gruppo dell'Italia dei Valori ci rivolgiamo a lei, signor Presidente - e lo dico apertamente e chiaramente - con stima e con fiducia, perché lei ha già dato dimostrazione in questi giorni di una cosa che noi riteniamo molto importante: di voler davvero salvaguardare le prerogative e la dignità del Parlamento. Lo ho fatto con riferimento alla Commissione di vigilanza sulla RAI e siamo convinti che una scelta forte (anch'essa certamente non facile) e che sia espressione della dignità che lei vuole riconoscere non tanto e non solo al ruolo che lei ricopre, ma al ruolo che ricopriamo tutti in quest'Aula, sia per noi motivo di incoraggiamento.
Al momento non possiamo che essere preoccupati per come si sta svolgendo la legislatura. Fino ad ora il Parlamento ha approvato solo ed esclusivamente decreti-legge; abbiamo approvato un solo progetto di legge di iniziativa parlamentare e non ricordo nemmeno quale, perché (come i colleghi sapranno) in quell'occasione abbiamo stabilito addirittura un record mondiale approvando un progetto di legge che interessava soltanto il premier in una sola settimana.
Sentire oggi che il ricorso alla decretazione d'urgenza diventerà ancora più assiduo, non so cosa potrà significare, forse che in sede parlamentare non approveremo più nemmeno quell'unico progetto di legge in quattro mesi.
Cogliendo questa occasione, c'è qualcosa che desidero ricordare al presidente Casini. Egli diceva poco fa di non avere una visione del Presidente del Consiglio quale nemico, come l'ha invece una parte dell'opposizione. Qui il punto non è quello di avere una visione del Presidente del Consiglio come amico o nemico, o come potenziale salvatore della Patria. Vorrei ricordare al presidente Casini qualcosa che forse anche lui sta cominciando a vivere sulla sua pelle, come il resto della coalizione di centrosinistra - o comunque non appartenente al centrodestra - sperimentaPag. 29ormai da quindici anni; si tratta del fatto che quando nella precedente legislatura il Governo Prodi fece un ricorso certamente significativo, ma molto meno importante di quello attuale alla decretazione d'urgenza, tutti i mass media italiani ci «crocefiggevano» ogni giorno dicendo che il Governo era incapace di governare e che riusciva a farlo soltanto blindando la sua maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).
Oggi quegli stessi mass-media, all'unanimità, ci dicono che questo è un Governo decisionista, forte proprio perché ricorre alla decretazione d'urgenza. Questo è il virus profondo di questo Paese, un Paese dove gli spazi di libertà sono ogni giorno di meno, dove la libertà d'opinione sta diventando una mera aspirazione per qualcuno, una paura per qualcun altro. Chiamatela come volete, dite che noi demonizziamo Berlusconi, chiamatela dittatura dolce, chiamatela maggioranza muscolare: in ogni caso, è qualcosa che ci sta togliendo spazio di democrazia, spazio di discussione, libertà e sta togliendo dignità a questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

GIUSEPPE CALDERISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, volevo far presente a tutti i colleghi e a lei, signor Presidente, che presso le Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato, riunite in sede congiunta, ha avuto inizio, ma non è ancora conclusa, un'audizione del Ministro per i rapporti col Parlamento, onorevole Elio Vito, che affronta proprio i problemi del rapporto fra Governo e Parlamento in questi primi mesi e i problemi strutturali, che non riguardano solo l'attuale Governo. Riguardano, invece, da almeno vent'anni, i rapporti fra Governo e Parlamento, riguardano l'uso improprio che si fa della decretazione di urgenza, i maxiemendamenti, la questione di fiducia, e via dicendo: sappiamo benissimo quali sono questi problemi.
Nell'intervento del Ministro Vito si forniscono tutti i dati, da cui emerge, tra l'altro, che l'uso di tali strumenti da parte dell'attuale Governo è inferiore a quello di precedenti Governi, quindi il problema è strutturale, non si risolve con la buona volontà, e riguarda inevitabilmente anche la modifica dei nostri Regolamenti parlamentari.
Allora, se vogliamo affrontare la questione in maniera seria e non strumentale, credo che bisognerebbe ricondurla ad una discussione che affronti appunto i nodi strutturali, che sono quelli di trovare strumenti alternativi a questa catena che conosciamo benissimo e che conduce ad un meccanismo distorsivo: ha parlato in questi termini proprio il Ministro Vito e credo che ciò gli faccia onore, perché ha contestato il Governo nel momento in cui, nella scorsa legislatura, ricorreva a questi strumenti, ma non ha lesinato di usare parole critiche nei confronti dell'uso degli stessi strumenti anche come Ministro per i rapporti con il Parlamento, nell'audizione che è appunto in corso presso le Commissioni affari costituzionali congiunte di Camera e Senato.
Il problema è di natura sostanzialmente strutturale, dunque affrontiamolo in questa sede, che è quella anzitutto delle riforme, costituzionali ma anche regolamentari, troviamo strumenti alternativi. Si sta parlando, e forse ci ricorderemo, delle corsie preferenziali di spadoliniana memoria: cominciamo da lì a trovare strumenti alternativi alla decretazione d'urgenza.
Noi, come gruppo Popolo della Libertà, gruppo di maggioranza, abbiamo proposto di abolire i maxiemendamenti, nel quadro di una riforma che offra al Governo strumenti alternativi, che cambino il rapporto fra Governo e Parlamento. Questo è il modo di affrontare tali problemi: affrontiamoli seriamente in questa sede. Noi abbiamo fatto la nostra parte, presentando una proposta di riforma dei Regolamenti, che quindi offre uno strumento alternativo all'uso eccessivo della decretazione di urgenza,Pag. 30abolisce i maxiemendamenti, offre al Governo strumenti come quelli presenti negli altri Parlamenti e nelle altre grandi democrazie, consente un rapporto diverso tra Governo e Parlamento, consente al Parlamento di utilizzare meglio il proprio tempo, di concentrarlo sulle questioni effettive e di non disperderlo in lungaggini e sterili ostruzionismi.
Dunque, discutiamo in questi termini, discutiamo nella sede della Giunta per il Regolamento, discutiamo nell'audizione che è in corso presso le Commissioni affari costituzionali congiunte e, forse, affronteremo meglio il tema e troveremo soluzioni, non soltanto lamentazioni, per quanto riguarda la questione che da molti e molti anni ci portiamo appresso: la distorsione dell'uso di questi strumenti e un migliore rapporto tra Governo e Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, approfittando di questa discussione sull'ordine dei lavori, vorrei far presente a lei e all'Aula che sabato, probabilmente, a Parigi, in una riunione straordinaria, si riunirà il vertice del G8 in una composizione ridotta - l'Italia, la Francia, la Germania e l'Inghilterra - e il Presidente del Consiglio dei ministri sarà presente a quella riunione.
Poiché si tratta, evidentemente, di una riunione eccezionale, di fronte ad una situazione eccezionale come quella della crisi finanziaria internazionale che ci sta investendo, mi chiedo se lei, Presidente, non possa farsi interprete presso il Presidente del Consiglio dei ministri dell'opportunità che il Parlamento venga da lui informato, nel corso della prossima settimana, del contenuto e degli esiti di questa riunione, la quale denota una situazione di tale eccezionale gravità da giustificare una riunione straordinaria dei Capi di Stato e di Governo dei principali Paesi europei.
In questo senso, vorrei richiamare la sua attenzione su questo problema.

GIUSEPPE ROMELE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ROMELE. Signor Presidente, innanzitutto vorrei svolgere una piccola valutazione di carattere generale: da ormai circa mezz'ora si continuano a sentire vari interventi circa la poca delicatezza e attenzione del Ministro Tremonti nei confronti dell'Aula del Parlamento, al punto che qualcuno ha paura, addirittura, che il Parlamento diventi un nulla.
Ebbene, se il Parlamento della Repubblica corrisponde a quanti stavano ascoltando questa mattina Tremonti, io sono molto preoccupato, ma dei parlamentari che non sanno rappresentare il Parlamento. Infatti, questa mattina, tanti - anche coloro che sono intervenuti ad accusare il Ministro Tremonti - non erano presenti, per cui almeno un buon silenzio e una buona coerenza di comportamento sarebbero opportuni (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Alla luce di tutto questo, deriva una serie di altre conseguenze: sono infatti convinto che, se vi fosse stata la ripresa televisiva diretta, l'Aula sarebbe stata stracolma. Pertanto, meno protagonismo, più volontà e più capacità di lavorare anche con umiltà!
Ha fatto bene Tremonti a rispondere come ha risposto, al di là della buona intenzione anche del presidente Casini, il quale, per primo, è stato tradito anche dai suoi amici che, questa mattina, non erano presenti, vicino a lui. C'era lui, ma i suoi amici non erano in molti, i suoi colleghi si contavano sulle dita di una mano. Grazie, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Casini e gli altri colleghi che, intervenendo sull'ordine dei lavori, hanno posto non solo al Presidente, ma credo a tutta l'Assemblea, questioni che sono oggettivamente rilevanti, da un punto di vista nonPag. 31solo di carattere regolamentare, ma anche, e per certi aspetti ancora di più, di carattere politico.
Permettete alla Presidenza qualche prima considerazione, nella consapevolezza ovvia che, su tali questioni - proprio perché questioni importanti - sarà necessario tornare, soffermarsi con maggiore attenzione e cercare di garantire non soltanto il rispetto - ci mancherebbe altro! - della Costituzione e dei nostri Regolamenti, ma anche una piena efficienza delle istituzioni.
Come è noto a molti e come è stato detto in particolar modo dall'onorevole Calderisi, la questione relativa al funzionamento, nel sistema politico italiano, del processo legislativo è questione complessa, è questione antica ed è questione che, in qualche modo, interseca più livelli di intervento: il livello relativo a riforme della Costituzione, il livello relativo ad eventuali riforme del Regolamento, il livello relativo ai luoghi deputati a prendere le decisioni. Infatti, certamente, negli ultimi tempi, accanto al Parlamento hanno, in ragione di riforme fatte nel passato, assunto maggior ruolo e maggior valenza altre Assemblee. Certo è comunque - e concordo con quanto detto dal Presidente Casini, dal presidente Soro e da altri - che fino a quando non sarà modificata la Costituzione (è auspicio del Presidente, se lo posso dire, che questo possa avvenire anche in questa legislatura; rimando a quanto ebbi modo di dire a tale proposito in occasione del discorso di insediamento), fino a quando la Costituzione è quella su cui non soltanto il Presidente ha giurato ma che tutti dobbiamo rispettare, è di tutta evidenza che il rapporto tra Governo e Parlamento è chiaramente indicato e regolato dalla Costituzione e credo che nessuno possa pensare di comportarsi in modo diverso rispetto a ciò che essa prevede. Aggiungo che è di tutta evidenza che il ricorso alla decretazione d'urgenza è, in base all'articolo 77 della Costituzione, prerogativa concessa al Governo. È altrettanto evidente che un eventuale abuso della decretazione d'urgenza comporterebbe non soltanto valutazioni di tipo politico ma certamente anche, da parte della Camera dei deputati, il diritto-dovere di far sentire la propria voce. Ritengo comunque che di queste e di questioni ad esse in qualche modo collegate, si debba occupare, con il necessario tempo e la necessaria capacità di approfondimento, l'Ufficio di Presidenza. Mi riservo di convocarlo quanto prima per porre unicamente questi aspetti all'ordine del giorno, anche riprendendo quelle ipotesi di parziale modifica del Regolamento che potrebbero garantire che l'equilibrio tra efficienza e centralità delle istituzioni parlamentari - fin a quando la Costituzione non sarà modificata - venga non soltanto declamato ma anche garantito nei fatti. Concludo e chiedo scusa se mi sono dilungato ma credo che, in certi momenti, rivolgersi al Presidente sia, da parte dell'Assemblea, doveroso e da parte del Presidente sia importante rispondere.
Concludo osservando che, quanto al dovere regolamentare del Governo di presentarsi al Parlamento ogni qual volta lo si reputi necessario e quanto al dovere del Presidente del Consiglio di partecipare al question-time, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Vito, come ben sanno i presidenti di gruppo, ha ribadito la disponibilità del Presidente del Consiglio, in occasione di una delle prossime sedute e sarà cura del Presidente della Camera far sì che questa disponibilità si traduca in realtà.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, molte considerazioni sonoPag. 32state svolte nel dibattito sugli emendamenti. Mi permetto di fare una valutazione conclusiva. Il Governo ha imposto alla Camera un'approvazione affrettata delle proposte di riforma del processo civile. Nessuno, ovviamente, discute la rilevanza del tema, la procedura civile, né l'urgenza dell'intervento per dare al nostro Paese, che è certamente arretrato su questo fronte, una migliore tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei nostri cittadini, delle nostre famiglie e delle nostre imprese. Anzi per la verità, proprio l'Unione di Centro aveva posto in anticipo la centralità del tema del processo civile. Ne abbiamo discusso in un seminario di cui si sono occupati anche i mezzi di informazione ampiamente ai primi di settembre. In quella sede, presente il ministro Alfano, abbiamo dato la nostra disponibilità al confronto e abbiamo anche offerto spunti concreti di riflessione e di riforma. Tutto questo, però, ha trovato scarso rispetto e considerazione nel modus procedendi che il Governo ha imposto al provvedimento di riforma in esame. Va detto, anzitutto, che questa è una riforma parziale, per ammissione dello stesso Governo e dello stesso Ministro, interstiziale. Questo non ci scandalizza. Non siamo tra quelli che invocano sempre e solo riforme epocali, generali e che aspettano sempre la migliore delle riforme possibili. Sappiamo che, in una situazione complessa come quella del nostro ordinamento, talora è più opportuno fare qualche intervento parziale, ma efficace.
Non ci scandalizza, quindi, l'aspetto frammentario di questa riforma e anche, in qualche modo, il suo approccio pragmatico.
Quello che non possiamo condividere, però, è che la riforma sia stata in qualche modo nascosta nelle pieghe di un provvedimento omnibus del Governo che, fin dal titolo, recava indicazioni di tutt'altra materia, tanto che, con qualche ipocrisia, è stato necessario presentare un emendamento finale che aggiungesse al titolo del provvedimento collegato alla finanziaria anche il riferimento al processo civile.
Questo contenitore omnibus è stato, strada facendo, svuotato del suo contenuto originario, dalla banca del sud alla riforma dei servizi pubblici locali che sono stati tutti stralciati, ed è stato riempito di altro. Ciò ha contribuito a far si che la riforma del processo civile non potesse essere esaminata dalla Commissione competente per materia ed ha determinato quell'esproprio della Commissione giustizia, di cui tutti ci siamo lamentati, ridotta ad esprimere un parere consultivo a Commissioni che erano incompetenti per materia a trattare la riforma.
Come l'onorevole Rao ha ricordato nella discussione sulle linee generali, i deputati che hanno voluto farsi parte attiva per seguire ed interloquire sulla riforma sono stati costretti ad un inseguimento quotidiano di testi, di modifiche, di emendamenti dell'ultima ora che hanno reso oltremodo difficile confrontarsi sul merito dell'intervento.
Purtroppo - e credo che la considerazione cada a proposito rispetto agli interventi sull'ordine dei lavori che sono stati appena svolti ed alla risposta che lo stesso Presidente Fini ha appena dato - questo è il modo di intendere il rapporto tra il Governo e il Parlamento, tra il potere esecutivo e il potere legislativo. Si tratta di un modo che noi non possiamo condividere.
Il Parlamento, signor Presidente, per rimanere alle metafore societarie del Presidente del Consiglio, viene considerato l'assemblea degli azionisti chiamati a ratificare le scelte del consiglio di amministrazione che si riunisce a Palazzo Chigi.
La funzione legislativa viene cioè completamente assorbita dal Governo attraverso, purtroppo, non solo l'abuso dei decreti-legge di cui lei ha parlato, ma anche attraverso la determinazione dell'agenda parlamentare. Mi permetto di richiamarlo alla sua attenzione, Presidente Fini: credo sia necessario (e questo rientra tra i compiti istituzionali del Presidente della Camera) evitare che sia il Governo e solo il Governo a determinare l'agenda dei lavori della Camera.Pag. 33
Queste considerazioni, che sono di metodo, ma non per questo sono irrilevanti perché in questo caso il metodo attiene alla sostanza del regime parlamentare, hanno avuto da parte del Ministro Alfano una risposta retoricamente attraente. Il Ministro Alfano ha scomodato un ossimoro e si è espresso in questi termini: come volete fare a velocizzare i processi con un percorso parlamentare lento? La battuta, lo riconosco, è efficace. Ovviamente, si può rispondere, si deve rispondere al Ministro Alfano che non si può confondere la procedura parlamentare con la sostanza, cioè la riforma, che viene proposta.
Come dice una bella citazione di Mino Maccari: « Non c'è nulla come la fretta che faccia perdere tempo». Allora, venirci a dire che, per velocizzare il processo civile, dobbiamo fare una riforma affrettata e contratta nei tempi francamente è un'affermazione, non solo non convincente, ma anche in qualche modo derisoria nei confronti del Parlamento.
Non si può confondere la velocizzazione dei processi civili con l'affrettare il dibattito parlamentare, tanto che, come dice l'altro detto, per cui «la gatta frettolosa fa i gattini ciechi», la maggioranza e il Governo sono stati poi costretti a correggersi ripetutamente nel corso dell'iter legislativo ad ogni legittima obiezione che veniva mossa in Commissione, in Aula o anche dal mondo delle professioni, della dottrina o degli operatori giuridici, peraltro rimasti completamente ai margini di questa discussione.
All'esito di tutto ciò, il provvedimento che viene sottoposto alla nostra attenzione mantiene delle contraddizioni interne. Penso alla marcia indietro che il Governo ha fatto sulla abnorme sospensione dei termini del periodo feriale, che abbiamo denunciato ieri nel corso della discussione sugli emendamenti. Infatti, un Paese civile che vuole essere competitivo non può permettersi che il proprio sistema giudiziario si fermi per 45 giorni. Questo attiene non alle ferie dei magistrati, che non ci interessano, ma alla competitività del sistema Paese. Sono stati dimezzati in questo provvedimento altri termini processuali, ma non ci convince la risposta del sottosegretario che per ridurre la sospensione feriale bisogna aspettare un altro provvedimento che interverrà sulla questione dei termini.
A mio parere, nel provvedimento in esame vi è un deficit di filosofia di base, perché per quanto la riforma possa essere pragmaticamente frammentaria, tuttavia essa dovrebbe rispondere ad una logica omogenea. Così non è perché vi sono degli interventi che accentuano il dirigismo dei magistrati e altri interventi che, invece, lasciano spazio alla disponibilità delle parti. Voglio ricordare che il nostro processo civile resta, sostanzialmente, un processo dispositivo e dunque non è possibile espropriare le parti della facoltà di essere gli attori e i convenuti del processo stesso.
Tuttavia, non posso non ricordare con apprezzamento che molte delle proposte emendative dell'UdC, seppure in questo percorso frettoloso, sono state recepite. Mi riferisco al ripristino del controllo da parte della Corte di cassazione delle questioni relative alla competenza, al ripristino di un appello aperto rispetto al procedimento sommario, all'intervento sull'articolo 115 del codice di procedura civile in cui è stata ricomposta una frattura fra la contumacia e il costituito generico e ad una serie di altri interventi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Vietti.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Concludo, Presidente. Rinvio le considerazioni per quanto riguarda il filtro della Corte di cassazione che rimane, a nostro parere, un macigno sul percorso di questo provvedimento e che temo cadrà sotto la scure della Corte costituzionale, ma la maggioranza e il Governo hanno già dichiarato - anche a proposito del cosiddetto «lodo Alfano» - che questo non li preoccupa. Mi chiedo se non debba preoccupare al Parlamento l'idea e chiudo il mio intervento...

PRESIDENTE. Onorevole Vietti, concluda! È ampiamente oltre il tempo a sua disposizione.

Pag. 34

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Mi stupisco che non debba preoccupare ... (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vietti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in merito al provvedimento in esame che è oggetto dei lavori dell'Assemblea da più giorni e che tratta le disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché la materia del processo civile, faccio presente che si sviluppano argomenti che variano nella loro tipologia. Tuttavia, tali argomenti sono tutti finalizzati, come appunto esprime il titolo, allo sviluppo del territorio e alla finalità di esaudire la richiesta dei cittadini di avere uno Stato più vicino e una snellezza burocratica, sia degli enti locali sia dello Stato centrale.
Si tratta, quindi, di interventi, sia in campo infrastrutturale sia a livello di minor burocrazia, e quindi di minori spese da parte dell'ente pubblico, che portano al raggiungimento di queste finalità. Sulle infrastrutture ricordo la norma sulla banda larga che stanzia 800 milioni per l'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica nelle aree sottoutilizzate e conferisce una delega al Governo per il riassetto del quadro normativo in materia di realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica a banda larga. Questo fa il pari con la norma sulla creazione di un fondo per il finanziamento e il potenziamento della rete infrastrutturale materiale.
Si ha, quindi, uno sviluppo sia delle infrastrutture materiali, sia di quelle immateriali che sono il futuro da perseguire per il nostro Paese. Riguardo alla sburocratizzazione del nostro Stato ci sono diverse norme che vanno dalla chiarezza dei testi normativi alla certezza dei tempi di conclusione dei procedimenti. Riguardo alla realizzazione delle medie e grandi opere che necessitano della conferenza di servizi si prevede una procedura più snella per l'ottenimento delle autorizzazioni e lo svolgimento pratico di tutte le progettazioni in itinere per le medie e grandi opere.
Riguardo al taglio della burocrazia si prevede un ordinamento contabile e finanziario nuovo per i piccoli comuni inferiori ai cinquemila abitanti e un riordino anche degli uffici di segreteria dei comuni con l'obbligo di una sorta di segreteria unificata per i piccoli comuni, per ottenere un bacino di utenza di almeno 15 mila abitanti o altrimenti un'unione di almeno quattro comuni. Ricordo, inoltre, la diffusione delle buone prassi (altra norma importante), la trasparenza delle retribuzioni e l'uso di Internet. Poi c'è tutta la parte legata, come è già stato ricordato, alla modifica del processo civile.
Ritornando alla descrizione sintetica di alcune parti del provvedimento, in riferimento alla chiarezza dei testi normativi si prevede che ogni legge nuova dovrà indicare espressamente le norme oggetto di sostituzione e di modifica, sia di adozione, sia in deroga, in modo che ci sia la possibilità di verificare nel momento della lettura del nuovo testo a che cosa si sta facendo riferimento.
Importante è la certezza dei tempi di conclusione dei procedimenti che consente ai cittadini di avere coscienza di quanto durano gli iter burocratici. Infatti, si prevede l'obbligo per le amministrazioni pubbliche (tra l'altro per tutti coloro che non adempiono all'istruttoria entro i tempi prestabiliti) di risarcire il danno ingiusto causato dall'inosservanza dei termini procedimentali e si dispone, tra l'altro, in caso di ritardo, come ricordavo, la corresponsione a titolo sanzionatorio di una somma di denaro a beneficio dell'istante.
Al comma 2 dell'articolo 26 si prevede anche che il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti costituisce un elemento di valutazione per i dirigenti e tale misura attiene all'efficienza e all'efficacia dell'azione amministrativa fatta anchePag. 35dai dipendenti della pubblica amministrazione che sono quindi più responsabilizzati verso i loro cittadini.
Ricordavo, con riferimento alla conferenza di servizi, che essa può svolgersi per via telematica, comportando quindi una velocizzazione dei tempi per la riunione dei partecipanti. Inoltre, possono produrre esclusivamente osservazioni, senza obbligo di risposta e senza diritto di voto i portatori di interessi in modo tale che non ci sia un intralcio di fatto strumentale alla realizzazione delle medie e grandi opere.
Vi partecipano, come dicevo, senza diritto di voto i concessionari, i gestori e gli incaricati di pubblici servizi in modo tale da svolgere un'unica riunione e ottenere l'assenso formale da parte di tutti gli interessati per evitare un blocco a cascata delle procedure. Di fatto poi la determinazione adottata in esito ai lavori della conferenza è attribuita al verbale recante la predetta determinazione.
Sull'ordinamento contabile e finanziario per i comuni inferiori ai cinquemila abitanti si è prevista, quindi, una semplificazione molto interessante per tutte quelle strutture dei piccoli comuni che, all'interno, non hanno degli uffici snelli in modo tale da poter adempiere a tutte queste pratiche burocratiche. Si eliminano, quindi, il pluriennale e il triennale dei lavori pubblici, la delibera della quantità e della qualità delle aree da cedere e la delibera delle tariffe.
Quindi, si tratta di una semplificazione normativa che va ad aiutare lo svolgimento dei compiti funzionali dei sindaci e delle giunte e dei consigli dei piccoli comuni. In questo senso, quindi, si deve legare la volontà di realizzazione della segreteria unica, prevista all'articolo 30, comma 6, con riferimento alla quale avevamo portato in dote alla maggioranza delle idee, in riferimento alla possibilità di rendere facoltativo l'utilizzo dei segretari. Infatti, unificandosi, i comuni piccoli possono costituire delle segreterie uniche e, quindi, hanno la possibilità, tra l'altro, di avere dei dirigenti così come i grandi comuni e, quindi, la figura del segretario potrebbe diventare facoltativa. Occorre prevedere l'esternalizzazione del servizio in modo tale che i sindaci e i comuni non siano obbligati a individuarli all'interno del singolo albo, ma possano adottare delibere di incarico verso commercialisti e avvocati.
Avevamo chiesto fra l'altro di eliminare la procedura di disponibilità dei segretari che, per due anni, percepiscono lo stipendio anche se non hanno ricevuto incarico, una sorta di mobilità. Si tratta di un costo oggettivo che debbono sopportare i comuni e che sarebbe stato bene eliminare. Questa nostra richiesta è stato recepita come raccomandazione. Vediamo nel corso di questo mandato di essere più convincenti e ottenere anche questo risultato.
Per quanto riguarda il discorso della semplificazione, abbiamo poi tutto il pacchetto legato alla trasparenza sulle retribuzioni dei dirigenti di cui noi abbiamo chiesto di indicare, oltre al tasso di assenza, anche quello di maggior presenza, in modo tale da certificare anche tutti coloro che lavorano e adempiono al loro mandato.
Inoltre, vi è la diffusione delle buone prassi nelle pubbliche amministrazioni. Si tratta di un articolo che determina delle metodologie di lavoro, affinché i cittadini possano essere maggiormente soddisfatti dell'esito del lavoro degli enti pubblici. Riguardo alla riduzione delle spese, vorrei parlare dell'eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento dei documenti in forma cartacea, nel senso che si vuole privilegiare...

PRESIDENTE. Onorevole Simonetti, la prego di concludere.

ROBERTO SIMONETTI. Concludo, signor Presidente, passando alla parte dedicata al processo civile. Questo provvedimento, con riferimento quindi agli articoli da 52 a 68, determina una vera e propria riforma del codice di procedura civile. Si tratta di una riforma che apprezziamo, in quanto utile e propedeutica a ridurrePag. 36sensibilmente i tempi del processo, a semplificare le procedure, a razionalizzare i meccanismi processuali del sistema codicistico.

PRESIDENTE. Onorevole Simonetti, dovrebbe concludere.

ROBERTO SIMONETTI. Concludo, signor Presidente. Il provvedimento in oggetto mira altresì a determinare un evidente rilancio della competitività del sistema economico del Paese e del nord in particolare. Vi sarà maggiore trasparenza, quindi, nell'affidamento degli incarichi - sono le proposte emendative che abbiamo portato in dote alla maggioranza - una maggiore rotazione dei consulenti iscritti negli appositi albi e una maggiore pubblicità degli incarichi e dei soggetti incaricati. Per tutti questi motivi il gruppo della Lega Nord Padania voterà a favore (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori non esprimeremo voto favorevole sul complesso di questo provvedimento.
Tuttavia, e lo abbiamo dimostrato nel corso di questo iter, abbiamo detto «sì» ad una serie di articoli, abbiamo cercato di migliorarli, abbiamo vista accolta anche qualche nostra proposta, soprattutto in tema di giustizia. Ma complessivamente ci sono motivi di metodo e di merito per dire «no» al provvedimento nel suo complesso.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,15)

ANTONIO BORGHESI. Quanto ai motivi di metodo, l'ultimo emendamento che ieri abbiamo approvato lo dimostra: abbiamo approvato un ultimo emendamento con cui abbiamo cambiato il titolo di questo provvedimento. Improvvisamente, con tale emendamento, nel titolo del provvedimento sono comparse le parole «processo civile», a dimostrazione che stiamo approvando una legge che se avesse avuto questo titolo sin dall'inizio avrebbe necessariamente indotto la Presidenza di questa Camera ad attribuirne la competenza in sede referente ad una diversa Commissione, la Commissione giustizia. Ora non possiamo sottacere questo fatto gravissimo, che inficia sul piano del metodo ciò che abbiamo fatto in questa settimana.
Un'altra prova del rifiuto di dare alla Commissione giustizia la possibilità di compiere gli approfondimenti necessari su questo tema sono le dichiarazioni di ieri del nostro Presidente del Consiglio, che ha mostrato ancora una volta i muscoli dicendo: faremo tutto per decreto. Credo che siamo veramente di fronte allo svuotamento del ruolo e della funzione del Parlamento come istituzione. Siamo passati attraverso un uso spregiudicato della decretazione, un uso spregiudicato che va al di là del fatto in sé, un uso peggiorativo. I decreti sono stati firmati dal Capo dello Stato, ma poi sono stati cambiati radicalmente: noi pensiamo che siamo di fronte a dei tentativi anche di compromettere l'equilibrio dei poteri garantito dalla nostra Costruzione, poiché alla fine il Presidente della Repubblica si troverà a dover mettere la firma ad una legge di conversione che ha trasformato totalmente ciò che egli aveva firmato inizialmente considerando i motivi di urgenza.
Ma c'è di più: penso che quando un Governo approva un disegno di legge e congiuntamente autorizza il Ministro per i rapporti con il Parlamento a porre la questione di fiducia, siamo di fronte ad una logica pianificata di esclusione del Parlamento dalla possibilità di interloquire su quel tipo di provvedimenti. Voglio ricordare che la Camera dei deputati è composta da tanti deputati che rappresentano l'opposizione, ma ancor più da deputati che rappresentano la maggioranza e che dovrebbero ribellarsi ad uno stato di cose che li vede di fatto sudditi del Governo, senza possibilità di poter intervenire su ciò che il Governo fa, senza possibilità di poter argomentare in modoPag. 37diverso. Tanto è vero che lo vediamo anche in Commissione: su determinati provvedimenti sono più gli emendamenti presentati dalla maggioranza che quelli di opposizione.
Credo che questo sia un fatto di metodo che va sottolineato. Poi è evidente che questo provvedimento contiene qua e là delle misure assolutamente condivisibili: quando parliamo di banda larga credo che non ci sia nessuno contrario all'idea che vada diffusa maggiormente sul territorio nazionale. Ma poi ci sono stati degli interventi nell'articolato, soprattutto con delle marce indietro del Governo sul testo che aveva egli stesso proposto.
Mi riferisco ad alcune misure, come ad esempio quella riguardante la committenza, di cui all'articolo 19: di fatto, con l'intento di accelerare le gare presso gli enti locali, in più di un caso si introducono elementi che finiranno con il rallentarle (mi riferisco principalmente alla questione della giustizia e alle norme sul processo civile). Era evidente l'incompetenza della Commissione bilancio, ed è anche stato uno spettacolo non decoroso costringerci a usare il Regolamento con le sostituzioni, per far sì che i colleghi della Commissione giustizia partecipassero alle riunioni della Commissione bilancio: credo che non sia decoroso per il Parlamento!
È evidente, però, che sui singoli articoli abbiamo avuto un atteggiamento certamente non negativo, anche perché, in larga parte - lo ricordava il presidente del mio partito, l'onorevole Di Pietro -, quegli articoli riflettono schemi già presentati e preparati da noi nella scorsa legislatura. Abbiamo partecipato attivamente, ma riconosciamo che, alla fine, abbiamo assistito anche qui a numerosi interventi di facciata, che servono sicuramente ad un uso mediatico, ma che non affrontano complessivamente e organicamente il problema della riforma del processo civile.
Abbiamo cercato di intervenire sui servizi pubblici locali, per correggere la mancata liberalizzazione operata con il decreto-legge n. 112 del 2008. Si parlava di liberalizzazione, mentre nel provvedimento in esame non c'è nulla di questo: si sono mantenute perfino le possibilità di attribuire la gestione a società interamente controllate dagli enti pubblici, invece di spazzare via un meccanismo profondamente illiberale. Anche in merito a questo aspetto, noi avevamo presentato una proposta per far cessare affidamenti diretti entro la fine del prossimo anno, per restringere il ricorso all'affidamento in house a situazioni veramente marginali e per definire bacini ottimali (che poi, per la verità, con riferimento ai servizi pubblici il Governo ha definito in 20 mila abitanti), all'interno di un meccanismo che prevedesse anche le dismissioni da parte delle attuali gestioni, delle società a partecipazione piena degli enti locali, entro un termine molto rapido, proprio per arrivare ad una vera e reale liberalizzazione anche nel settore dei servizi pubblici.
Più volte ho detto che, in realtà, non c'è stato Governo più interventista nell'economia di quanto non sia questo Governo, che si proclamava liberale. Gli interventi adottati in campo economico e quelli che qualcuno sta immaginando sono ancora più significativi di uno statalismo che, invece, è proprio ciò che dobbiamo combattere.
Vedo che è tornato in Aula anche il Ministro Brunetta: la marcia indietro del Governo sugli articolati che lo stesso aveva formulato, in particolare sulla questione della responsabilità dei dirigenti, è una marcia indietro inimmaginabile. Il Ministro Brunetta, invece, dovrebbe essere intervenuto su questo aspetto per responsabilizzare di più. Con il provvedimento in esame abbiamo esonerato dalla responsabilità i dirigenti che, a causa del mancato esercizio della loro attività nei termini previsti, abbiano causato maggiori spese all'ente locale: li abbiamo salvati! Ma che senso ha? Siamo invece intervenuti ancora di più, eliminando le tutele che venivano date nel rapporto fra la pubblica amministrazione e i cittadini e fra i cittadini. Non abbiamo previsto neanche gli indennizzi!
Complessivamente, quindi, siamo in presenza di un provvedimento che contiene qualche misura positiva, ma complessivamentePag. 38non ci permette, per i motivi che ho illustrato, di esprimere un voto favorevole come gruppo Italia dei Valori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, ai tanti guasti che l'iter procedimentale di questo provvedimento ha provocato si aggiunge anche il mio caso, cioè il fatto che un componente della Commissione giustizia è chiamato a svolgere una dichiarazione di voto su un provvedimento che reca disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività del Paese, cioè un collegato alla finanziaria.
Avete voluto fare questo strappo procedimentale, impedendo alla Commissione giustizia di discutere della riforma del processo civile, perché in maniera volontaria, dolosa, avete abbandonato l'iter normale di legislazione, che vede le materie fulcro della legislazione e della discussione parlamentare, per passare ad un sistema di legislazione verticale, dove ad una locomotiva si agganciano tutti i vagoni che si vuole. In questo caso, il provvedimento in esame è diventato la riforma del codice di procedura civile. Abbiamo tentato in tutte le maniere di opporci a questo metodo, che ha portato ad un risultato normativo assolutamente insoddisfacente, ad un'occasione mancata. Credo che voi abbiate voluto scegliere questo metodo, anche per impedire ai vostri componenti in Commissione giustizia di discutere dei temi dei quali abbiamo discusso poco e male in Aula, per imporre una soluzione che è, per i motivi che dirò dopo, sbagliata. Anche il parere della Commissione giustizia non è stato tenuto in nessun conto ed era un parere rafforzato, che, secondo le intese intercorse nella Conferenza dei presidenti di gruppo, doveva essere anche vincolante per le Commissioni di merito.
Credo che questa vostra volontà investa la giustizia come altri campi. Ciò che mi auguro e che non vogliamo accada ancora è che questo diventi un metodo comune, che con questo presidenzialismo di fatto si arrivi a legiferare anche sul sistema delle garanzie, magari discutendo di separazione delle carriere, di distinzione delle funzioni dei magistrati in Commissione trasporti o ambiente.
Ho ascoltato le parole del Presidente Fini pronunciate oggi, ma il problema non è discutere di quale sistema istituzionale vogliamo avere: noi avevamo un sistema parlamentare che è stato smantellato, e ora non sappiamo cosa abbiamo. Questo è il terreno delle regole di tutti, sul quale bisognerebbe avere un patrimonio di decisioni comuni, ma per voi il confronto non è mai a due voci, ma ad una sola voce, quella vostra, e questa vicenda lo dimostra ancor di più.
Per quanto riguarda il merito, in alcune occasioni ho chiamato questo provvedimento «Arlecchino», perché ha delle parti variegate, delle luci e delle ombre. La luce che il Ministro Alfano ha più volte indicato, che lui chiama la sua stella polare, riguarda l'efficienza dei processi; processi veloci, rapidi. Noi siamo d'accordo. Una politica della giustizia deve essere caratterizzata da un complesso di interventi che incidano sulla ragionevole durata dei processi, ma a questa enunciazione il Ministro Alfano nel provvedimento in esame fa seguire solo pochi fatti, non va fino in fondo. Su aspetti fondamentali, che avrebbero dato al processo velocità, rapidità ed efficienza e ai cittadini tutela effettiva dei diritti, non avete ascoltato minimamente la nostra voce. Mi riferisco a due punti fondamentali: l'udienza di programma e la riduzione del periodo feriale. La norma sull'udienza di programma non è una norma inutile o, come è stata chiamata ieri in quest'Aula, una norma canzonatoria.
È una norma che ridà il governo del procedimento alle parti e al magistrato e assegna loro la responsabilità dei tempi del processo. Parlate di lotta alle corporazioni, di efficienza, e poi dite di no a una norma che restituisce efficienza, dà tempi certi nella decisione e lotta contro privilegi corporativi.Pag. 39
C'è poi la norma sulla riduzione del periodo feriale. Ministro Brunetta, mi ascolti, ieri non era in Aula: la sua maggioranza ha respinto una norma di riforma del codice di procedura civile che avrebbe consentito in un anno la celebrazione di 60 mila udienze in più. Questa è una politica della ragionevole durata del processo? È una politica nell'interesse dei cittadini? No, questa è una politica che guarda alle corporazioni, all'azione di lobbismo che è stata fatta per farvi fare marcia indietro su una norma che avevate proposto voi. Su questo, non ho ascoltato nessuna motivazione fondata.
Parlavo delle luci: le abbiamo individuate nell'articolo 58, l'intervento sul regolamento di competenza, e in altri interventi. Erano tutte norme che avete copiato dalle proposte del Governo Prodi. Anzi, c'è di più, e la vostra sordità al dialogo e al confronto è, francamente, assolutamente incomprensibile: avete respinto gli emendamenti che avevamo proposto e che voi, nella scorsa legislatura, nella Commissione giustizia del Senato, avevate condiviso.
Ma veniamo alle ombre di questo provvedimento. Oltre alle ombre determinate dalle mancanze che ho indicato, non so se posso essere rimesso in termini per ricordare al Ministro Alfano come la mancanza dell'udienza di programma e la sua contrarietà alla riduzione del periodo feriale, oltre ad essere in evidente contraddizione con la sua politica annunciata, sono una sconfitta e una caduta di prestigio della maggioranza di fronte all'azione lobbistica e alla tutela di posizioni corporative. Non ci si riempia la bocca, signor Ministro, di lotta a queste storture, quando vengono respinte norme che servirebbero a combatterle.
Avremmo voluto collaborare; abbiamo fatto di tutto in Commissione e in Aula per arrivare ad un testo che fosse il migliore possibile. Questa è stata un'occasione mancata, e saremo costretti dalla vostra sordità a votare contro questo provvedimento, perché sulla testimonianza scritta e sul filtro in Cassazione avete voluto intraprendere una strada che, probabilmente, porterà il processo civile su un ulteriore e grave binario morto.
Sul filtro in Cassazione, signor Ministro, lei ieri ha ricevuto una sconfitta durissima dal Parlamento. Il Parlamento si è riappropriato della possibilità di decidere rispetto a decisioni prese fuori da quest'Aula per istituti che sono assolutamente distonici, per come li avete proposti, rispetto al nostro ordinamento giuridico.
La nostra proposta l'avevamo fatta, eravamo disposti a discutere. Bastava discutere per qualche ora e avremmo raggiunto un punto di equilibrio. Adesso, grazie alla vostra protervia, rischiamo di perdere l'occasione di dare alla Cassazione uno strumento necessario e indispensabile per fare da filtro.
Ma credo, e mi avvio alla conclusione, che la vostra sordità su una materia quale la procedura civile, dove non ci sarebbe necessità di dividersi e dove la stella polare dell'efficienza e dei diritti dei cittadini non può essere negata da nessuno, sia determinata solo dal fatto che in materia di giustizia volete andare avanti da soli, perché la vostra finalità è quella di mettere sotto controllo la magistratura e di diminuire i sistemi di controllo e di garanzia.
Questa non è purtroppo la nostra ossessione: purtroppo è la realtà che ci dimostrate ogni giorno. Per questo e per altri motivi voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente e colleghi, portiamo alla votazione finale, in soli quattro mesi di vita di questo Parlamento, un provvedimento significativo e voluto dai nostri cittadini. Un provvedimento che si inserisce in un filone di ampio peso interventista, del quale questo Governo ha già dato prove molto concrete: pensiamo a come abbiamo risolto il problema dei rifiuti di Napoli, pensiamo a come abbiamo risolto il problema dell'Alitalia,Pag. 40pensiamo a come siamo intervenuti a fronte del settore della sicurezza e dell'esigenza di provvedimenti rapidi e concreti, nell'interesse dei nostri cittadini, pensiamo a come abbiamo operato nel settore dell'economia attraverso la detassazione degli straordinari e l'abolizione dell'ICI, e così via. Interventi concreti, interventi immediati, interventi rapidi. Questo è il succo del discorso, piaccia o non piaccia.
Certo, chi ha la responsabilità del Governo, chi ha la responsabilità del peso delle riforme, sa perfettamente che quando si interviene si deve intervenire in maniera drastica, in maniera molte volte non gradita a certe lobby, ma si deve intervenire, perché il dovere di chi governa è di assumere dei provvedimenti. Questo è quello che è avvenuto nel recente passato di vita di questo Governo, questo è quello che interviene col provvedimento in esame in materia di competitività. Ed è significativo che, in un provvedimento che parla di competitività, sia stata inserita la parte che costituisce la modifica del codice di procedura civile: una parte sulla quale si sono appuntati strali francamente del tutto ingiustificati. È inutile non controllare i dati a disposizione, perché sono gli unici che ci permettono di dare ai cittadini una risposta concreta e significativa. Il succo del discorso è perfettamente evidenziato da un sondaggio che Renato Mannheimer ha pubblicato sul Corriere della sera del 21 settembre scorso: ben 70 cittadini su 100 sono stati chiari nel dire che volevano una riforma del settore della giustizia, ritenendo insoddisfacente il quadro attuale del sistema giudiziario, e solo una trentina hanno dichiarato di sentirsi soddisfatti dal regime attuale. Questo dato, che è assolutamente confortante rispetto ai numeri delle maggioranze elettorali dei quali disponeva questo Governo, conferma che molti elettori del centrosinistra si allineano con le scelte del Governo, si allineano con la volontà di intervenire in maniera molto precisa su un tema, quello della giustizia, che costituisce un ganglio essenziale, vitale per la competitività e per l'economia del nostro Paese.
Non è senza ragione che un processo in Italia, per arrivare a sentenza nel 1995 impiegava 3.075 giorni, e dieci anni dopo, dopo decine di modifiche e di interventi, invece che impiegare meno giorni ne impiega addirittura un centinaio di più, 3.175. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che le riforme tentate in passato non sono riuscite a produrre dei risultati efficaci nel nostro sistema. È inutile gettare strali nei confronti di una scelta molto precisa, come quella di istituire un filtro per i procedimenti della Cassazione, quando è fuor di dubbio che l'Italia è l'unico Paese che non ha in questo momento filtro di sorta per il giudizio di legittimità, quando in dieci anni il numero dei procedimenti in Cassazione è passato da 52 mila a oltre 150 mila, triplicando il numero degli interventi richiesti ai giudici del supremo collegio. Questi sono i dati di fatto.
Qualcuno ha discusso sul metodo, qualcun altro ha discusso sul merito del provvedimento in esame. Si è detto che è stata espropriata la Commissione giustizia di propri ruoli istituzionali. Caro onorevole Tenaglia, non mi sento affatto impoverito per non aver dato più di tanto un contributo al provvedimento!
Mi sento arricchito da questo provvedimento perché so che con queste disposizioni si arricchisce il nostro Paese, e mi interessa poco che qualche parola in più della Commissione giustizia avrebbe potuto portare a dei risultati che sono già, in maniera concreta, utili per la competitività di questo Paese.
È inutile andare a discutere delle frasi negative dette da qualcuno, controlliamo piuttosto i dati positivi. Controlliamo ciò che ha detto l'Associazione nazionale magistrati in un comunicato di ieri sera, quando ha valorizzato gli elementi concreti che questo provvedimento contiene nel settore giustizia per consentire al nostro Paese di crescere ulteriormente in un settore che è, obiettivamente, fermo da tempo. Guardiamo a ciò che ha detto il Consiglio superiore della magistratura.
Accanto ad alcuni elementi di criticità, che vanno giustamente evidenziati in qualsiasi provvedimento, vi sono anche datiPag. 41fortemente positivi per la capacità del Governo di intervenire, in tempi estremamente stretti, di fronte ad un settore che imponeva interventi altrettanto rapidi: a estreme situazioni di disagio, quindi, ha corrisposto la necessità di estremi, importanti, utili, tempestivi interventi. Ed è ciò che qui è stato fatto!
Si è parlato del merito del provvedimento, ma ho già ricordato come la Suprema Corte in dieci anni si sia trovata il triplo dei procedimenti sui quali dover intervenire. Già ho ricordato come lo stesso presidente emerito della suprema Corte, Mirabelli - e con lui, anche il presidente attuale Vincenzo Carbone - abbia invitato il legislatore ad intervenire esplicitamente in questa materia.
Né posso dimenticare che la Banca d'Italia, in un recente studio, ha ricordato come da novecentodue giorni di durata di un procedimento si è passati ad una triplicazione dei tempi nell'arco di pochissimi anni: ciò vuol dire che il Governo aveva la necessità di un intervento assolutamente rapido ed estremamente concreto.
Si è detto che abbiamo copiato qualcuno di questi interventi da proposte che erano state già elaborate nella scorsa legislatura. Benissimo, ne prendiamo atto molto volentieri: siamo passati dall'esame delle parole all'esame dei fatti, abbiamo copiato, se vogliamo, bene, perché siamo riusciti ad intervenire con provvedimenti concreti. La nostra politica non è infatti quella delle chiacchiere e delle parole, ma è la politica dei fatti! Il provvedimento in esame si inserisce in quel contesto di iniziative che hanno perfettamente presente solo questo obiettivo.
Non ci interessa che qualcuno ci critichi, perché non abbiamo discusso abbastanza, ci interessa che il Paese sia con noi ed apprezzi il fatto che abbiamo la capacità di intervenire tempestivamente.
Siamo al 2 ottobre, a quattro mesi circa dall'inizio di questa legislatura, e per la prima volta ci troviamo con una riforma organica in un settore determinante per la vita economica del Paese. Il settore della giustizia non è estraneo alla competitività di un Paese, ma ne fa parte integrante e noi siamo assolutamente orgogliosi di arrivare con il nostro voto favorevole a dare una risposta tempestiva e concreta al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Correzioni di forma - A.C. 1441-bis-A)

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, come lei giustamente ha fatto riferimento, vi sono delle proposte di correzione di forma. A nome del Comitato dei diciotto, propongo all'Assemblea le seguenti correzioni di forma, ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento: all'articolo 28, comma 4, le parole: «il termine per l'inizio dell'attività decorre» sono sostituite dalle seguenti: «l'attività può essere iniziata»; al comma 5, dopo le parole: «nel termine di trenta giorni» sono aggiunte le seguenti: «dalla data della presentazione della dichiarazione»; all'articolo 30, comma 1, lettera e), le parole: «entro il limite dei minori oneri accertati derivanti» sono sostituite dalle seguenti: «entro il limite dell'accertata diminuzione degli oneri derivante»; all'articolo 40, alla rubrica le parole: «e sulle collaborazioni autonome» sono sostituite dalle seguenti: «dei dirigenti e sui tassi di assenza e di maggiore presenza del personale»;
prima dell'articolo 62-bis, le parole: «Capo VIII-bis, Delega al Governo per l'adozione di norme istitutive della mediazione e della conciliazione in materia civile e commerciale» sono soppresse; prima dell'articolo 73, sono inserite lePag. 42parole: «Capo X, Attuazione del federalismo». La divisione in titoli degli articoli del disegno di legge è soppressa.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, le correzioni di forma proposte dal presidente Bruno, ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento, si intendono approvate.
(Così rimane stabilito).

(Coordinamento formale - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge, n. 1441-bis-A, di cui si è testè concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione con il seguente nuovo titolo: «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 3, del 5 a 13, da 15 a 18, da 22 a 24, 31, 32, da 37 a 39, da 65 a 67 e 70 del disegno di legge 1441, deliberato dall'Assemblea il 5 agosto 2008)», di cui si è testé concluso l'esame (1441-bis-A):

Presenti 520
Votanti 489
Astenuti 31
Maggioranza 245
Hanno votato 279
Hanno votato no 210
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazionia ).

Dobbiamo ora sospendere la seduta della Camera, che riprenderà al termine della riunione del Parlamento in seduta comune, con la discussione sulle linee generali delle mozioni e lo svolgimento delle interpellanze urgenti. Ricordo, inoltre, che la riunione del Parlamento in seduta comune è convocata per le ore 12,30.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,45).

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, da circa ottantacinque ore Marco Pannella è in sciopero della fame e ha preannunciato un inizio dello sciopero della sete per gravi mancanze di questo Parlamento ad un obbligo costituzionale. L'ordine del giorno su cui dobbiamo essere convocati costituisce l'adempimento dell'obbligo dovuto dalla Costituzione. L'ordine del giorno deve essere l'adempimento di quell'obbligo, vale a dire eleggere e dare pienezza costituzionale - direi anche - morale a due istituzioni essenziali: il collegio della Corte costituzionale e il presidente della Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza sui servizi radiotelevisivi. A chi oggi ancora insiste nel proporci e nel chiederci di essere disponibili a contribuire alla simulazione, alla farsa di un Parlamento che - si dice - deve dare contezza ad un suo Regolamento e, quindi, con continue convocazioni finalizzate aPag. 43disobbedire a quell'obbligo costituzionale, replico che il Presidente della Camera ha l'obbligo costituzionale di convocarci per l'elezione del presidente della Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza sui servizi radiotelevisivi e per l'elezione del giudice della Corte costituzionale.
Continuiamo a far finta di non sapere che da un anno e mezzo abbiamo l'obbligo costituzionale di eleggere quel giudice; continuiamo a far finta che sia un obbligo della politica: non è così, è un obbligo che abbiamo nei confronti della Costituzione. Il Presidente della Repubblica un anno fa disse che era passato troppo tempo: un anno fa! Ormai sono due anni che aspettiamo di poter essere convocati dal Presidente della Camera per rispondere a quell'obbligo costituzionale. Continuate a far finta di non vedere che quello è un obbligo costituzionale e credete, invece, che sia solo una nostra facoltà. Abbiamo il dovere di essere convocati per adempiere a un obbligo costituzionale. Il dovere del Presidente della Camera è quello di convocare le Camere per adempiere alla Costituzione.
La prego, signora Presidente, di far arrivare questo nostro appello al Presidente della Camera perché comprenda che non gli si sta chiedendo un favore, ma gli si sta chiedendo di adempiere anche lui ad un obbligo del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

CARMEN MOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, non prima che io abbia ricordato ai colleghi che la chiama inizierà dai deputati.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, intervengo perché da due giorni su tutta la stampa nazionale e sui media è stata portata all'attenzione sul caso di Emmanuel Bonsu Foster, un ragazzo di 22 anni di origine ghanese che - secondo la denuncia che lo stesso ha sporto ai carabinieri - sarebbe stato scambiato dai componenti della polizia municipale di Parma (città dalla quale provengo) per un pusher e a seguito di ciò sarebbe avvenuta una colluttazione; il ragazzo sarebbe stato braccato, ammanettato e condotto presso il comando. Sempre da quanto viene dichiarato dal ragazzo e riportato dalla stampa, risulta addirittura che sulla busta dei documenti che gli sono stati riconsegnati dopo il rilascio il suo nome sia stato accompagnato dal termine «negro».
Signor Presidente, senza voler strumentalizzare nulla, è assolutamente indispensabile accertare la dinamica dei fatti per come si sono svolti: è assolutamente doveroso. Sottolineo, inoltre, il fatto che oggi il Ministro dell'interno Maroni ha dichiarato che se le accuse nei confronti dei vigili urbani di Parma fossero vere esse sarebbero gravi e, addirittura, penalmente rilevanti. Sono in corso delle indagini da parte della procura; noi siamo perché vengano accertati i fatti, senza alcun pregiudizio ma in fretta.
Signor Presidente, ho sentito il dovere di intervenire perché il clima creatosi il questo Paese e, in particolare (ciò che mi addolora davvero), anche in una città come Parma che è conosciuta per avere una lunga e nobile tradizione di civiltà e di buona convivenza, sta mutando. Sta mutando a Parma, come in tutto il Paese. A luglio è stata varata la legge che ha convertito il decreto-legge sulla sicurezza e che prevede l'esercizio di nuove funzioni attribuite alle amministrazioni locali e ai comuni.
Molti sindaci, compreso il sindaco di Parma, hanno a quel punto emesso ordinanze, attribuendo nuovi compiti di polizia prima esclusivamente attribuiti alle forze dell'ordine, alla Polizia di Stato, ai corpi di polizia municipale.
Dunque, è necessario e assolutamente indispensabile che nelle Aule del Parlamento, di questa Camera del Parlamento, sia fatta la seguente riflessione: se, a seguito di queste misure, si sono emessi provvedimenti adeguati, perché le forze di polizia municipale non è vero che sono ad oggi formate ed hanno tutti gli strumenti per poter intervenire in modo corretto, perché obiettivamente si è un po' snaturata la loro funzione specifica. Quindi, bisogna chiedersi in maniera oggettiva sePag. 44questi provvedimenti adottati in molte parti d'Italia siano i più corretti e i più giusti per tutelare la sicurezza e la legalità nel nostro territorio nazionale.
Concludo, signor Presidente, dicendo che noi, come gruppo del Partito Democratico, proporremo un atto di sindacato ispettivo urgente al Governo, perché vogliamo avere una precisa ricostruzione dei fatti accaduti a Parma, che purtroppo si ripetono a distanza di poco più di un mese da un altro fatto abbastanza increscioso e riportato sempre dalla stampa nazionale e perché, durante un'interlocuzione con il Governo, il Governo si faccia carico anche di proporre una valutazione di come stanno andando le cose dopo l'introduzione del cosiddetto pacchetto sicurezza e dopo che molti sindaci hanno provveduto con ordinanze, utilizzando il Corpo dei vigili urbani.
Vorremmo evitare che si verificassero nuovi casi di questo genere, perché di tutto abbiamo bisogno, tranne che di creare allarmi e situazioni di - questa sì - insicurezza dei nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

MARIO PEPE (PdL). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, intervengo per associarmi all'invito dell'onorevole Maurizio Turco al Presidente della Camera a portare fuori il Parlamento dalla palude dell'immobilismo, per quanto riguarda l'elezione del giudice costituzionale.
Quindi, formulo un invito a procedere magnis itineribus, cioè a tappe forzate, già dalla prossima settimana, convocando il Parlamento in seduta comune più volte nella stessa settimana, in modo da adempiere a questo obbligo entro il mese di ottobre (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

MAURO LIBÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, mi volevo riallacciare rapidamente alla questione già sollevata dall'onorevole Motta sui fatti successi a Parma due giorni fa. Credo che sia doveroso che il Parlamento se ne occupi e che segua con attenzione quanto succede nel Paese in termini di sicurezza. Tuttavia, stiamo attenti: non dobbiamo dimenticare che molti parlamentari, anzi tutti, viaggiano nel Paese parlando con i cittadini, garantendo e assicurando di impegnarsi sul fronte della sicurezza. Poi, magari, ci troviamo in Aula a fare molta demagogia. La sostanza è una: dobbiamo verificare correttamente e chiaramente come sono avvenuti i fatti.
Certo, fino ad oggi quanto succede mi pare che sia l'opposto: anziché farlo con grande riflessione, di fronte a questi fatti succede sempre che i primi che finiscono sul banco degli accusati sono le forze dell'ordine e quelli che si trovano in prima linea a dover difendere o a far rispettare le regole.
Noi non siamo per la difesa pregiudiziale dell'uno o dell'altro: l'Unione di Centro ha sempre lavorato per l'integrazione e per norme moderate, per risultati fattibili e reali. Però, se vogliamo veramente verificare come stanno le cose, dobbiamo partire da fatti oggettivi: senza verità che abbiamo già in tasca, ma con lo spirito della disponibilità di accertare i fatti. E su questo siamo anche convinti e disponibili a verificare se le norme sulla sicurezza, che hanno delegato molto ai sindaci, sono norme che possono veramente essere utili, anche perché è facile delegare ai sindaci, ma se non si danno loro le risorse per formare il personale, per agire con la strumentazione necessaria, mi sembra difficile.
Certo, concludo solo con un aneddoto: leggiamo dai giornali che questo povero ragazzo ghanese sarebbe stato picchiato - dice lui - con il manganello. Il fatto è che i vigili di Parma non hanno in dotazione il manganello!

Pag. 45

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 11,58).

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a dare risposta ad una interrogazione che ho presentato qualche settimana fa sui problemi che in questo momento stanno caratterizzando il polo chimico di Tor Viscosa, in provincia di Udine, dove sono a rischio diversi posti di lavoro, anche a livello di indotto. Le istituzioni locali si stanno muovendo in sinergia con le rappresentanze dei lavoratori, però una posizione importante deriva anche da un'indicazione da parte del Governo, circa una strategia complessiva nel comparto chimico nel nostro Paese a cui è legata anche la sorte del polo chimico di Tor Viscosa che è il terzo in Italia.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione del Parlamento in seduta comune.

La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 15,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Aprea, Brugger, Brunetta, Caparini, Casero, Cicchitto, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Leo, Lo Monte, Lucà, Mantovano, Meloni, Milanato, Molgora, Pescante, Romani, Soro, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00041, Barani ed altri n. 1-00043, Pezzotta ed altri n. 1-00044 e Palagiano ed altri n. 1-00045 concernenti iniziative per il contrasto della povertà e della diseguaglianza sociale (ore 15,16).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00041, Barani ed altri n. 1-00043, Pezzotta ed altri n. 1-00044 e Palagiano ed altri n. 1-00045 concernenti iniziative per il contrasto della povertà e della diseguaglianza sociale (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole D'Incecco che illustrerà anche la mozione Livia Turco n. 1-00041, di cui è cofirmataria.
Ne ha facoltà.

VITTORIA D'INCECCO. Signor Presidente, negli ultimi anni, a seguito del generale processo di stagnazione economica che ha caratterizzato il nostro Paese, molti nuclei familiari si sono trovati - purtroppo - a vivere una situazione di estrema precarietà socio-economica. Tra i Paesi dell'Europa dei 15 la situazione italiana è tra le peggiori, insieme a quella degli altri grandi Paesi mediterranei. In Italia, infatti, secondo l'ISTAT le famiglie povere sono 2 milioni 623 mila e gli individui poveri sono 7 milioni 537 mila.
Ciò che più sconcerta, però, è che in Italia, a differenza che nel resto dell'Europa, la povertà riguarda in particolare i minori. Sappiamo bene che purtroppo i fenomeni di povertà avvicinano i giovaniPag. 46alla devianza e a percorsi di vita sbagliati, che spesso non sono più recuperabili e che poi diventano problemi per la famiglia, ma soprattutto per la società. La povertà femminile si concentra tra le madri sole e le donne anziane sole. In entrambi i casi i valori dell'incidenza di povertà sono superiori alla media: rispettivamente il 14 per cento e il 12,9 per cento. Le famiglie anziane continuano ad avere livelli di povertà superiori alla media, infatti è povero il 13 per cento delle famiglie con un componente anziano e il 15,3 per cento delle famiglie con due anziani o più di due. Gli anziani poveri ammontano complessivamente a 1 milione 600 mila individui.
È un quadro molto critico, soprattutto se si considera che secondo l'ISTAT alla fine del 2006 c'erano poco più di un milione di famiglie che hanno dichiarato di non avere soldi per comprare da mangiare; quasi 2 milioni e mezzo non avevano i soldi per le spese mediche; 1 milione 700 mila non ne avevano per il trasporto; 2 milioni 800 mila non potevano pagare le tasse e 4 milioni non potevano acquistare vestiti. Inoltre, quasi tre milioni e mezzo di famiglie riferiscono di arrivare alla fine del mese con grande difficoltà; 6 milioni 800 mila famiglie non riescono a far fronte ad una spesa imprevista di 600 euro al mese, né da soli, né chiedendo sostegno a qualcuno della famiglia.
La condizione economica della famiglia qualche volta è fortemente legata all'occupazione delle donne, se queste si accontentano di un lavoro di collaboratrice domestica o di addetta all'assistenza agli anziani, senza guardare al titolo di studio. La preoccupante situazione dell'occupazione femminile nel Mezzogiorno ha visto, infatti, tra il 2004 e il 2006 un consistente, elevato livello di disoccupazione.
Il numero di nuclei o persone che vivono in situazione di grave disagio economico è in costante aumento, purtroppo. Si tratta di soggetti che spesso vivono ai margini della società e, per tale ragione, spesso coinvolti in attività criminose anche di grave entità. I livelli di disagio e di emarginazione crescono, soprattutto nelle aree metropolitane che fungono da specchietto per le allodole: in esse i soggetti deboli arrivano con la speranza di trovare risorse possibili per i loro bisogni e invece trovano una realtà difficile che li porterà a una situazione di emarginazione. Cinque anni fa ho avuto, per la prima volta, l'incarico di assessore alle politiche sociali del comune di Pescara e sono stata riconfermata. Ancora oggi da me arrivano persone, per esempio ex detenuti, che mi chiedono come fare se il lavoro viene loro rifiutato ad ogni domanda.
Diverse sono le categorie di rischio, portatrici ciascuna di propri bisogni, esigenze e problemi. Possiamo citare la categoria degli immigrati, quella dei senza fissa dimora, le persone affette da dipendenza, da disagio mentale, appunto gli ex detenuti, le famiglie in situazione di povertà estrema. A queste si aggiungono tutte le nuove povertà, tra le quali possiamo annoverare gli anziani e le famiglie monoreddito. Ritengo che molti tra di voi, come me, abbiano - o abbiano avuto - incarichi istituzionali o svolgano una professione che li porti costantemente a contatto con il territorio e che quindi molti tra voi - mi dispiace che l'Aula sia quasi vuota - abbiano avuto l'esatta percezione di quello che realmente si verifica sul territorio.
In una situazione così definita si rende necessaria una strada possibile di e dell'emergenza e di progettazione per il futuro. Ci si rende conto che l'amministrazione pubblica da sola non è in grado di affrontare una così vasta area di bisogno e che pertanto necessita dell'aiuto privato. Al settore sociale si deve affiancare il settore economico, risorsa quest'ultima dalla quale ormai non si può più prescindere. Occorre organizzare una rete di servizi capaci di fronteggiare l'emergenza delle estreme povertà, trovando nuove formule di servizi e interventi utili a risolvere il problema. Occorre garantire una serie di servizi a bassa soglia come le mense, le docce, la protezione dalle condizioni climatiche avverse, gli sportelli di help center. Tali servizi sicuramente non sono risolutivi di un problema ma ciPag. 47possono aiutare a ottenere un minimo recupero della dignità personale. Servono interventi volti a rafforzare il sistema di rete tra i vari enti pubblici e privati presenti sul territorio nazionale, collegando stabilmente i settori produttivi del territorio con i servizi sociali pubblici e la rete di protezione, di accompagnamento, di formazione e di istruzione. Occorre monitorare il fenomeno della povertà estrema nella sua reale dimensione e diversificazione. Bisogna garantire servizi di bassa soglia e sperimentare misure nuove di contrasto al fenomeno, trovare strade di intesa con il volontariato sociale, sperimentare percorsi di integrazione socio-sanitaria (questi sono molto importanti perché così si evitano gli sprechi e non si fanno doppioni). Non bisogna inoltre dimenticare che per contrastare il fenomeno delle povertà estreme, dopo linee guida nazionali e politiche sociali idonee a fronteggiare il problema nella dimensione italiana, occorre calarsi nelle singole situazioni territoriali. Il contrasto dell'esclusione sociale e delle povertà estreme deve prevedere un recupero dell'autonomia della persona stessa e non può ridursi a mero assistenzialismo, proprio perché, come dicevo prima, bisogna salvaguardare la dignità della persona.
Occorre quindi un politica sociale attiva, e allora noi che cosa vogliamo dal Governo? Chiediamo di definire i livelli essenziali delle prestazioni sociali (i LEP) come previsti dall'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Occorre integrare con risorse economiche adeguate il Fondo nazionale per le politiche sociali, al fine di assicurare ad ogni famiglia con un reddito inferiore alla soglia di povertà un reddito cosiddetto di solidarietà attiva, o un reddito minimo di inserimento che consenta, anche questo, la dignità della persona. Si deve altresì prevedere un vincolo all'erogazione di tale beneficio legato a misure di inserimento socio-lavorativo che preveda la fuoriuscita da situazioni di illegalità, il superamento delle dipendenze, il completamento dell'istruzione scolastica e professionale e l'assunzione di oneri e di cure familiari.
Che cosa vogliamo ancora? Vogliamo promuovere il diritto alla salute dei gruppi più fragili, attraverso l'emanazione del decreto sui LEA da parte del Governo per assicurare la continuità assistenziale alle persone non autosufficienti e ai portatori di disabilità. Vogliamo garantire il nomenclatore delle protesi e degli ausili, l'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare, il potenziamento delle attività di ricerca e di prevenzione. Intendiamo inoltre promuovere il diritto alla salute anche attraverso la promozione delle case della salute, della medicina d'iniziativa, coinvolgendo così le persone più vulnerabili nella rete dei servizi attraverso la promozione di iniziative per la salute dei migranti, e la prevenzione delle patologie che vengono portate dalla povertà, potenziando il Centro nazionale per la salute dei migranti presso il San Gallicano.
Vorremmo anche dare sostegno al reddito delle famiglie per contrastare la povertà minorile, promuovendo l'occupazione, e attivare misure economiche quali la dote fiscale per i figli e lo sviluppo di una rete di servizi socio-educativi per la prima infanzia, rifinanziando la legge n. 285 del 1998, che tanto ci ha aiutato nei comuni. Intendiamo inoltre sostenere l'impegno degli enti locali in favore del volontariato e del mutuo aiuto delle famiglie per la promozione di attività ludiche e di accompagnamento sia dei bambini sia degli anziani, sviluppando dei progetti in favore della conciliazione dei tempi di lavoro e di famiglia, dei genitori che devono pensare ai bambini, e delle donne che devono pensare alle persone anziane che hanno in casa. Ciò deve avvenire in contrasto anche ai sentimenti di abbandono e di solitudine che bambini e anziani spesso possono avere.
Vogliamo inoltre che fosse creato un punto unico di accesso alla rete integrata dei servizi per le persone che si trovano nella fascia di vulnerabilità, per la presa in carico della persona, fornendo servizi e interventi di prima accoglienza, accompagnando questa persona in un percorso diPag. 48inserimento lavorativo, attivando un fondo per il pagamento degli affitti, specie per i giovani, promuovendo un microcredito con particolare attenzione alle donne, potenziando l'assistenza domiciliare agli anziani.
Vogliamo anche che fosse attivato un fondo nazionale per il contrasto alla grave emarginazione, rifinanziando l'articolo 28 della legge n. 328 del 2000. Occorre superare le discriminazioni nei confronti dei migranti, consentendo l'accesso ad un assegno sociale all'edilizia popolare ai residenti nel nostro Paese almeno da cinque anni.
Occorre riferire in Parlamento sul rapporto annuale sulla strategia nazionale per la protezione e l'inclusione sociale, prevista dalla strategia di Lisbona, che il Governo avrebbe dovuto trasmettere a Bruxelles entro il 30 settembre 2008 e promuovere una tavola rotonda sull'inclusione sociale analoga a quella europea, coinvolgendo gli attori sociali e tutti i livelli istituzionali.
Il mio è un appello accorato che mi sento di rivolgere perché non è giusto - penso che anche voi lo riteniate - che nel 2008 vi sia ancora gente che dorme sulle strade, che non abbia un piatto caldo per mangiare e una casa propria.

PRESIDENTE. Onorevole D'Incecco, la prego di concludere.

VITTORIA D'INCECCO. Concludo, signor Presidente. Soprattutto non è giusto che i bambini non abbiano prospettive per il futuro e gli anziani si impoveriscano mentre si preparano a concludere il loro percorso di vita (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barani, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00043. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Ministro, nell'illustrare la mozione a nostra firma non si può non partire da considerazioni di carattere generale per poi scendere nel particolare. È un dato da tutti ormai riconosciuto che la stragrande maggioranza del popolo italiano ha intensificato la fiducia in questo Governo, in quello presieduto dall'onorevole Silvio Berlusconi. Anche coloro che nutrivano scetticismo e pensavano che i problemi sociali, quelli dell'indigenza, della povertà e dell'aiuto alle categorie più deboli, fossero demandati esclusivamente ad una cultura di sinistra oggi si ricredono e pensano di avere una classe dirigente all'altezza della complessità della situazione.
Pensiamo che tutti abbiano ormai acquisito - anche i nostri avversari - l'idea che il popolo è sovrano ed è sempre sovrano in democrazia. Lo è stato quando osannava l'Ulivo e il centrosinistra, lo è ora che esalta il Popolo della Libertà e il Governo di centrodestra.
I provvedimenti assunti dal Governo nel settore economico, fiscale, sociale ed occupazionale rispondono ad un'esigenza fortemente sentita, volta ad alleggerire il peso di una fiscalità che per colpa dei Governi precedenti - ricordiamo il primo e il secondo Governo Prodi, quello presieduto da D'Alema e il Governo Amato - era diventata insopportabile, soprattutto per i più deboli. Anche le leggi garantiste, adottate con il nome del Ministro Alfano, si sono rese necessarie per consentire a chi governa la libertà e la serenità indispensabile per una dedizione totale ai problemi della nazione. È impensabile che un qualsiasi magistrato del centro o della periferia, poco accorto oppure animato da stolto protagonismo, renda inaccettabile o discutibile l'immagine pubblica di un politico che ha raggiunto una delle quattro più prestigiose cariche della Repubblica delegittimandolo, di fatto, agli occhi dei cittadini.
Probabilmente ci attendono anni difficili. I crolli finanziari americani ed anche europei preannunciano, anche per l'Italia, ristrettezze e sacrifici ai quali i cittadini dovranno essere responsabilmente preparati. In un'economia ormai globalizzata i problemi si affrontano e si risolvono a livello europeo ed internazionale e siamoPag. 49certi che la compagine governativa espressa dal Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, è incomparabilmente più attrezzata di quella rissosa e inconcludente che ha rattristato la fine della carriera dell'onorevole Romano Prodi.
È questa la nostra speranza e con questa speranza rafforziamo il nostro impegno di lavoro giornaliero proprio verso i ceti più deboli. Ciò detto, non dobbiamo dimenticare che l'Italia è gravata da un debito pubblico assai rilevante, a causa di vecchi Governi di consociativismo e di compromesso storico, che rende difficile le politiche pubbliche finalizzate ad incrementare, in modo significativo, il sostegno sociale diretto. Le cause delle difficoltà di bilancio derivano anche dalle scelte spesso sbagliate di politica economica e sociale compiute nei decenni passati; scelte che hanno reso strutturali alcune criticità del nostro sistema Paese.
Tra queste vi è il divario nord-sud, che deve essere superato anche a causa di miopiche politiche regionali, guarda caso, molto spesso guidate da maggioranze del Partito Democratico.
In questo contesto si sono registrati livelli notevoli di disagio sociale che sono evidentemente sotto gli occhi di tutti e non possono essere ignorati.
Tanto nel quinquennio 2001-2006, all'epoca del secondo Governo Berlusconi, quanto in questi primi quattro mesi di attività dell'attuale Governo, l'Esecutivo ha tempestivamente elaborato provvedimenti volti ad incidere concretamente ed efficacemente sulle debolezze economiche e sociali del Paese nella direzione di un miglioramento della competitività, della produttività e dell'efficienza, come presupposto indispensabile per distribuire risorse per il sostegno sociale.
Nonostante il difficile quadro economico, infatti, il Governo ha costantemente profuso tutte le sue energie per raggiungere il duplice obiettivo di tenere in ordine i conti pubblici e di tutelare gli interessi presenti e futuri dei cittadini e del Paese, come dimostrato anche dal costante calo del tasso di disoccupazione, che ha interessato un po' tutte le regioni italiane.
Che cosa ha fatto fino ad adesso questo Governo? Non dimentichiamo che ha varato misure dirette al contenimento del carico fiscale delle famiglie, ha adottato un provvedimento legislativo mirato anche al sostegno delle categorie sociali più deboli, con particolare attenzione alla rinegoziazione dei mutui a tasso variabile sulla prima casa, all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di alloggi di edilizia residenziale (il cosiddetto piano-casa), alla cancellazione dell'imposta comunale sugli immobili, l'odiata ICI (dalla quale sono state escluse le abitazioni principali di lusso), alla detassazione degli straordinari e dei premi di produttività per i dipendenti del settore privato con un reddito non superiore ai trentamila euro, ha guarito il 37 per cento di malattie che colpivano i pubblici dipendenti con il decreto Brunetta.
Pur prevedendo un aggravamento della congiuntura economica internazionale e il prodursi di conseguenti effetti negativi per il nostro Paese, il Governo ha mantenuto la promessa di «non mettere le mani in tasca agli italiani». E poi la manovra finanziaria per il 2009, anticipata con il decreto-legge n. 112 del 2008, ha definito - secondo un ragionevole equilibrio - gli interventi di risanamento e di riduzione della spesa corrente insieme con importanti misure di redistribuzione del reddito, fra le quali la cosiddetta social card, finanziata con un'imposta sugli extraredditi delle società petrolifere, delle banche e delle assicurazioni, che permetterà ai cittadini che versano in più gravi condizioni sociali di acquistare prodotti alimentari e di pagare le bollette.
Sempre nell'ambito degli ausili alle categorie più disagiate, sono da rilevare anche le misure volte alla semplificazione e alla deregolamentazione del lavoro - senza diminuire le tutele - che favoriscono l'occupazione mediante un miglioramento degli aspetti burocratici e sanzionatori. Si tratta, quindi, non di semplici parole, ma di fatti; non di demagogie, maPag. 50di misure responsabili. Non promettiamo paradisi terrestri, ma la consapevolezza di dover ridurre tutte le povertà e i disagi sociali.
Il Governo proseguirà in questo senso e lo invitiamo a proseguire e ad impegnarsi con coerenza nelle sopra citate politiche di contrasto alla povertà, già tracciate dal Documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013 e nella manovra di finanza pubblica per il 2009 (piano casa, social card, detassazione degli straordinari, abolizione dell'ICI, rinegoziazione dei mutui a tasso variabile sulla prima casa, generale riduzione della pressione fiscale).
Lo invitiamo a impegnarsi a destinare adeguate risorse (come sta facendo), ricavate anche dai risparmi di spesa ottenuti da misure finalizzate al rigore economico, alla promozione di politiche di sostegno per le categorie maggiormente esposte al rischio di povertà, in particolare gli anziani, i portatori di handicap e le famiglie monoparentali, le famiglie monoreddito e quelle più numerose.
Il Governo promuoverà, infine, politiche a sostegno dei giovani, volte a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l'accesso alla prima casa di abitazione, a contribuire alla piena e completa attuazione del diritto allo studio, ad adottare politiche occupazionali rivolte, in particolare, al primo inserimento lavorativo.
Nonostante una legge finanziaria di contenimento, la sanità e le risorse per gli interventi sociali non sono state toccate, anzi sono state destinate maggiori risorse. Gli indicatori economici di stanziamento sanitario-sociale rispetto al PIL nominale e reale sono stati mantenuti e saranno in aumento nei prossimi anni, senza dimenticare anche i 400 milioni di euro per i ticket aggiuntivi (il 50 per cento del totale) di cui si è fatto carico il Governo (gli altri saranno coperti dalle regioni). Infine, il federalismo fiscale, che con il Fondo di solidarietà per una redistribuzione per le regioni e le località più bisognose rappresenterà - noi riteniamo - l'impegno di questo Governo già nelle prossime settimane future (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pezzotta, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00044. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, quello della povertà è un tema che normalmente si preferisce ignorare, allontanare dal dibattito politico e lo vediamo anche per le presenze di oggi in quest'Aula. Ma chi è attento alle trasformazioni che attraversano la nostra società e chi si fa carico dell'inquietudine che le persone vivono, non può ignorare che la povertà continua ad essere presente e che strutturalmente si stia consolidando. Credo che questo non sia solo un fatto sociale, ma sia un fatto eminentemente politico.
Una democrazia, per sua natura, non può consentire che la povertà continui a tormentare una parte dei cittadini, perché ciò contrasta con il principio di uguaglianza delle persone, soprattutto in un Paese come il nostro, dove si è obbligati tante volte ad assistere all'esibizione della ricchezza e al culto del lusso.
L'esistenza e il permanere della povertà è un interrogativo nei confronti di tutti coloro che sono chiamati a svolgere un ruolo pubblico. È un problema grave per il nostro Paese.
L'ISTAT ci segnala che le persone in condizione di povertà relativa sono il 13,1 per cento dell'intera popolazione, con una maggiore pesantezza nelle aree meridionali dove il 26,5 per cento della popolazione è sotto la soglia di povertà. La situazione è, dunque, preoccupante e non può essere ignorata, soprattutto perché la povertà colpisce le famiglie. L'ISTAT ci rammenta che sono ben 2.623.000 le famiglie italiane in stato di povertà. Innanzi a questi dati, tutte le retoriche sulla famiglia cedono, si frantumano, perché finché esiste un'entità di famiglie povere di questa misura, veramente, i discorsi sul valore e sulla centralità della famiglia sono parole abbastanza vuote.Pag. 51
Innanzitutto, questo è il tempo di azioni concrete, precise, di poche promesse, di molti fatti. Qualcuno in campagna elettorale aveva promesso il quoziente familiare: lo attendiamo, vedremo quando arriverà.
Non credo nemmeno che possa essere la social card o le piccole misure prese in questi tempi a risolvere il problema. Sono misure che mi sembrano avere più l'aspetto di un intervento compassionevole, che di un orientamento strategico e progettuale nei conflitti della povertà.
Ho citato l'ISTAT, ma avrei potuto utilizzare - ne consiglio la lettura - il rapporto realizzato dalla Caritas e dalla fondazione Zancan, dove si evidenzia, con dovizia di particolari e di approfondite analisi, come la povertà e la povertà delle famiglie sia la questione sociale del nostro tempo.
I poveri, è vero, non hanno rappresentanza e pertanto sono normalmente silenti, ma è proprio per questo che occorre dare voce a quel silenzio. Occorre che chi ha responsabilità politiche dia delle risposte alle loro domande di una vita serena. In particolare, penso alle coppie anziane (sono il 33 per cento delle famiglie povere) che più di altre non riescono a soddisfare i bisogni elementari sul terreno della salute, dei farmaci e dell'alimentazione. Penso alle donne sole con figli, che non sono poche e fanno una fatica enorme a tirare avanti. Penso alle famiglie che devono affrontare in questi tempi il tema della disoccupazione, della perdita di lavoro, dei bassi salari, dei figli che non trovano occupazione. E l'elenco potrebbe continuare.
Ma vorrei richiamare anche il fatto che uno degli elementi di rischio di povertà delle famiglie è dato dall'allargamento, e questa è una situazione paradossale in un Paese che ha problemi sul piano demografico e che avrebbe bisogno, anche in termini di sostegno alla crescita, di sostenere la natalità. Invece, oggi in Italia un figlio in più costituisce un rischio reale di impoverimento.
Vi sono poi le questioni che riguardano i redditi familiari, un problema che non possiamo più sottovalutare quando il 50 per cento dei nuclei familiari deve vivere con meno di 1.900 euro al mese, quando il 15 per cento delle famiglie italiane non arriva alla quarta settimana e quando diverse famiglie nel nostro Paese hanno problemi sul piano dell'alimentazione e del riscaldamento delle abitazioni.
Mi sono limitato a presentare alcuni elementi per evidenziare l'esigenza di un piano di contrasto alla povertà, non di misure spicciole e sporadiche a pioggia, ma di un piano vero che sia in grado di affrontare la questione e di risolverla. Non si tratta di agire solo nei confronti della povertà assoluta, che l'ISTAT ormai non rileva più, ma della messa in campo di una visione multidimensionale della povertà e di agire di conseguenza.
La presenza della povertà, il suo allargamento e consolidamento, il timore dell'impoverimento sono le cause non secondarie del crescere della sfiducia e dell'insicurezza. Purtroppo i poveri, i senza dimora, sono visti come una minaccia per la sicurezza delle nostre città, mentre appartengono a minoranze visibili che avrebbero bisogno di un accompagnamento.
Non si può continuare a pensare che la colpa della nostra insicurezza sia dovuta alla presenza dei rom, dei sinti e di altre minoranze che vivono in condizioni di povertà. Il vero problema dell'insicurezza è la povertà che poi genera, a cascata, tutta una serie di conseguenze e che magari alimenta anche alcune delle azioni di piccola criminalità. Non possiamo non considerare in questo contesto il tema dell'immigrazione, i problemi e le costrizioni che molti lavoratori immigrati devono subire per far fronte alla povertà iniziale, molte volte generata dalla depredazione dei mercanti di persone. Se vogliamo una società più sicura occorre che il fenomeno della povertà e dei poveri sia preso di petto.
Per confermare le mie affermazioni mi sia consentito di richiamare alcune questioni che si intrecciano con il problema che stiamo discutendo e che sono quelle legate al lavoro. La precarietà del lavoro inibisce l'investire su se stessi e sfiducia lePag. 52persone. Il lavoro nero è causa del lavoro mal pagato. La perdita del posto di lavoro e le difficoltà delle grandi aziende che conosciamo tutti, ma anche di quelle piccole che si sentono poco, creano oggi una restrizione dei posti di lavoro che allarma e ci pone delle domande. La disoccupazione, soprattutto quando avviene in età matura, spinge verso l'impoverimento e l'esclusione. Ma c'è anche la cessazione delle piccole attività di lavoro autonomo nel commercio e nell'artigianato.
Un impegno per il contrasto della povertà è importante anche per combattere la criminalità organizzata, che approfitta dei bisogni delle persone per effettuare il reclutamento. Devo anche rammentare che molta piccola criminalità è, purtroppo, generata da una situazione di privazione. Con ciò non voglio giustificare nessuno, ma solo indicare una pista di lavoro che si affianca a quella del rigore nell'applicazione delle leggi e delle pene.
Sono anche convinto che non possiamo affrontare le questioni della crescita, della competitività e dell'innovazione del nostro sistema economico se non sradichiamo la povertà e i fattori che la creano.
Quando la povertà assume i tratti di quella che esiste nel nostro Paese - le cui proporzioni raggiungono il 13-14 per cento della popolazione -, si deve parlare di patologia: essa, pertanto, si presenta anche come problema democratico, in quanto, generando esclusione sociale, indebolisce e inibisce la possibilità di una partecipazione piena alla vita pubblica. Chi è impegnato a sopravvivere non ha né il tempo, né la voglia, né la possibilità di occuparsi della cosa pubblica.
Allora, sulla base di queste considerazioni, vogliamo impegnare il Governo a considerare la lotta alla povertà, tenendo conto della multidimensionalità del fenomeno e dei processi di impoverimento e non solo della povertà come esito, come un obiettivo ordinario e non straordinario della politica del Paese; a ridisegnare il nuovo modello sociale, dando rilievo all'aspetto culturale e valoriale delle scelte, a partire dal riconoscimento della centralità della persona, di una maggiore attenzione alla primaria difesa della vita e alla concreta valorizzazione del ruolo della famiglia e dei minori; ad elaborare una nuova riqualificazione della spesa sociale, non operando tagli indiscriminati, come sta succedendo, intervenendo soprattutto, d'intesa con gli enti locali, laddove gli squilibri territoriali sono maggiori.
Chiediamo di impegnare il Governo, altresì, a produrre la riorganizzazione in ogni ambito del servizio di sostegno economico all'inclusione sociale, con il superamento dell'erogazione dei sussidi e dei contributi una tantum e a pioggia; a predisporre nuove forme di reddito d'accompagnamento, sulla base di progetti personalizzati e di attenzione particolare ai minori, attraverso una rete di collaborazione con i servizi abitativi, con i servizi di inserimento al lavoro, di istruzione e formazione attiva sul territorio; ad attivare forme sperimentali di concessione di microcrediti, per sostenere forme di imprenditorialità sociale e forme di mutualità che aiutino a superare l'assistenzialismo per generare percorsi di promozione; a mettere in atto azioni incisive di contrasto all'esclusione sociale e alla povertà, con idonee azioni territoriali, a seconda della natura dei fenomeni di esclusione presenti nell'ambito territoriale; a revisionare la struttura dell'ISEE, snellendone la procedura amministrativa, per renderlo sempre più uno strumento di equità volto a stabilire le priorità di accesso al sistema locale dei servizi, in ogni ambito sociale.
Chiediamo di impegnare il Governo, inoltre, a valorizzare, nei progetti e nelle azioni di inclusione, l'integrazione fra politiche sociali, politiche del lavoro, politiche per la formazione, politiche abitative e politiche della salute, attraverso accordi locali e patti per l'inclusione sociale; a contribuire all'attuazione di programmi di intervento a livello regionale e locale contro la vulnerabilità delle famiglie dovuta alla povertà, attraverso consistenti azioni diversificate di sostegno al reddito e al consumo responsabile e di politiche abitative favorevoli; a procedere, in tempiPag. 53rapidi, a una riforma profonda degli ammortizzatori sociali, che allo stato attuale presenta criticità e strozzature.
Ritengo che si tratti di un impegno che il Governo si deve assumere: è per questo motivo che abbiamo presentato la mia mozione n. 1-00044 e che chiediamo un impegno del Governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palagiano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00045. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, l'obiettivo della mia mozione n. 1-00045 è sensibilizzare l'azione del Governo affinché esso rafforzi le politiche che contrastano la povertà e il disagio.
Per comprendere di cosa stiamo parlando, è necessario fornire alcuni dati, snocciolando numeri ufficiali dell'ISTAT, dell'Eurispes e di altri istituti.
In Italia esistono 2.623.000 famiglie povere, ossia l'11 per cento delle famiglie, che corrispondono a 7.500.000 persone.
È una media nazionale, trasversale, ma se consideriamo il nord e il sud c'è un grande divario, in quanto, con le isole e l'Italia meridionale, questa proporzione aumenta notevolmente, passando dall'11 al 23 per cento.
Nel sud Italia risiede il 65 per cento delle famiglie povere e, quindi, la povertà assume un'emergenza di fenomeno sociale. Ricordiamo che la soglia di povertà, calcolata per le famiglie di due persone, in base alla spesa per i consumi, è di circa 970 euro al mese e, secondo i dati dell'ISTAT del 2006, queste famiglie sono a rischio di indigenza. Ci sono famiglie - non quelle povere, ma quelle quasi povere, di quella fascia intermedia che si va sempre più assottigliando - che stanno scivolando nella povertà. Quindi, occorre considerare altri 2 milioni di famiglie. Per questa classe intermedia, basterebbero piccoli interventi mirati, per consentire a queste persone di avere il minimo indispensabile per vivere e non sopravvivere.
Secondo il rapporto Eurispes del 2005, la nostra società è divisa in tre spicchi, nei famosi tre terzi. Un terzo è assolutamente povero, un altro terzo non ha assolutamente nessun problema di tipo economico, mentre l'altro terzo rappresenta la fascia intermedia, quella di cui parlavo prima, che va sempre più assottigliandosi. È una fascia caratterizzata dall'instabilità e dalla precarietà. La contrazione di questa classe media e la riduzione della mobilità in salita delle varie classi sociali può costituire un vulnus per la vita sociale e democratica di questo Paese.
Un altro dato allarmante è quello della stabilità della povertà. Si registra che da circa dieci anni l'incremento dei salari è pressoché nullo, pari allo 0,3 per cento come potere d'acquisto. In realtà, ciò indica che sono stati fatti pochi interventi a favore di queste classi economiche e sociali più disagiate dai Governi precedenti quello attuale. Fra le cause del disagio, ricordiamo il fattore casa, la contrazione del welfare, la precarizzazione del lavoro e la riduzione del potere d'acquisto. Il recupero del potere di acquisto, a nostro avviso, era il primo intervento che questo Governo avrebbe dovuto porre in agenda, ma che ancora oggi rappresenta il grande problema per gli italiani.
Per quanto riguarda i mutui, sappiamo quel che sta accadendo in tutto il mondo e sappiamo che in Italia la situazione non è migliore. Esistono 2 milioni e mezzo di famiglie che hanno contratto un mutuo e che spendono circa 5 mila 500 euro l'anno per potervi far fronte. I mutui contratti con il tasso variabile divengono sempre più insuperabili e insormontabili. Molte famiglie stanno vendendo le case, perché non riescono più a fornire alle loro banche cifre ben più alte di quelle che si erano prefissati all'origine.
Esiste un'emergenza abitativa. È vero che in Italia circa il 78 per cento degli italiani ha la casa, ma è anche vero che il 18 per cento delle famiglie non riesce né a comprare la casa né a pagare l'affitto. C'è, inoltre, una contrazione della classe media, che molto spesso non ha soldi sufficienti per potersi garantire un affitto e una casa decente, ma non è ancora abbastanza povera per poter accedere all'istituto delle case popolari. Quindi, ilPag. 54nostro auspicio è che questo Governo possa iniziare un vero e proprio piano per la casa, perché sicuramente uscire dall'esigenza abitativa può contribuire a sollevare queste famiglie.
Un altro fattore critico di rischio, che fa scivolare nella povertà, è quello del lavoro, come ormai è a tutti noto. Mi riferisco al lavoro dal punto di vista delle modalità di ingresso nel mondo del lavoro. Occorre poi considerare anche il problema del tipo di lavoro, affinché non sia un «sublavoro», un lavoro precario. Quindi, occorre cercare di eliminare le cause del precariato, specialmente per i giovani e le donne, in particolare, per quelle giovani.
Si è parlato molto sulla stampa, specie in passato, dei giovani, deridendoli e chiamandoli «bamboccioni». Ci sono delle situazioni davvero gravi: si calcola che il 50 per cento dei giovani dai 25 ai 35 anni sia disoccupato. Sicuramente, la disoccupazione rappresenta uno dei motivi per cui questi ragazzi sono costretti a restare a casa con i genitori, perché non possono permettersi una vita autonoma, non possono permettersi un affitto, non possono permettersi neanche di fare un figlio o, quando una gravidanza insorge, in genere non si va al di là del secondo e del terzo figlio, poiché lo stipendio non è sufficiente. Questo contribuisce sicuramente a quel dato avvilente per l'Italia per il quale siamo all'ultimo posto in Europa per tasso di natalità.
Ho parlato di sottoccupazione o disoccupazione giovanile e delle giovani donne. C'è il problema femminile: sicuramente bisognerà affrontare o si dovrebbe affrontare anche la sottoccupazione femminile, che è un'altra causa di povertà. Sappiamo bene che in passato sono stati creati dei nuovi posti di lavoro: si calcolano un milione di posti di lavoro sorti dal 2004 al 2006 per le donne. Questi posti non bastano e sono ancora insufficienti. Siamo, anche qui, in Europa, all'ultimo posto per l'occupazione femminile e per le donne è necessaria una flessibilità dell'orario di lavoro, un part time, accedere al telelavoro e a tutti i lavori che, comunque, dovranno in ogni caso garantire, anche per le donne, perché no, la progressione di carriera e la conciliazione con la cura della famiglia, che è sempre deputata prioritariamente alle donne.
Vanno infine considerati degli altri fattori aggravanti o scatenanti situazioni di povertà. C'è l'inflazione, che sta crescendo paurosamente. L'inflazione è alta: abbiamo superato il 4,1 per cento, e ciò significa minore potere di acquisto, specialmente per gli stipendiati, per le famiglie monoreddito e per i pensionati.
Secondo un rapporto ISTAT del 2007, il 15 per cento delle famiglie italiane non arriva alla quarta settimana e il 6,5 per cento degli italiani non avrebbe un'alimentazione adeguata. Alla luce di questo fenomeno così preoccupante, invitiamo davvero accoratamente il Governo a rafforzare le politiche di contrasto alla povertà e al disagio attraverso delle risorse annuali certe e costanti e attraverso un coordinamento con gli enti locali, con i comuni, con le province e con le regioni.
Invitiamo il Governo a ridurre le disparità territoriali fra nord e sud, fra est ed ovest, fra le isole e il continente, affinché la dignità della cittadinanza italiana sia uguale dappertutto e non ci siano delle zone buie.
Invitiamo il Governo a ridurre i costi dei servizi, specialmente per le famiglie che hanno più di tre figli, ad aumentare le risorse a favore degli asili nido, confermando il tempo pieno in ambito scolastico, e ad intervenire con le banche, favorendo l'accesso al credito bancario, specialmente per i lavoratori atipici e per quelli precari, affinché possano avere una speranza per accedere a un lavoro più stabile e ad un'abitazione, almeno la prima abitazione.
Invitiamo il Governo a porre l'aumento del costo della vita come priorità assoluta della propria azione e ad intervenire concretamente a favore dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, delle famiglie monoreddito, anche attraverso la restituzione del fiscal drag, specie ai contribuenti con reddito più basso.

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PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, ho ascoltato con molto interesse l'illustrazione delle quattro mozioni. In realtà, devo dire, con più precisione, che ho ascoltato l'illustrazione di tre mozioni e uno spot pubblicitario su quello che il Governo ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), al punto tale da chiedermi se esista ancora la povertà, perché mi sembra che, con tutte le iniziative descritte dall'onorevole Barani, c'è da chiedersi se aveva senso presentare le mozioni sulla povertà.
Di fatto, ci troviamo oggi a fronteggiare una situazione che è percepita con un livello di gravità crescente. Se fosse vero quanto affermato, dovremmo piuttosto registrare uno stato d'animo a tensione inversa, cioè uno stato d'animo che va verso la rassicurazione, verso quella capacità di percepire il mondo che ci circonda in una prospettiva meno ostile; mentre noi tutti registriamo l'aumento dell'inflazione, la diminuzione del potere d'acquisto, il senso dell'ansia, dell'incertezza, della paura, che, come è stato scritto in alcune delle mozioni presentate da altri relatori, contribuisce forse a quella situazione di instabilità percepita che, invece di attivare una logica di collaborazione e di coesione sociale, sembra puntare a creare quella logica di incertezza e di timore per cui l'altro - e molto spesso anche l'altro bisognoso, l'altro in difficoltà, l'altro che è visibilmente più povero di noi - viene visto come un potenziale elemento di rischio e non come una persona alla quale rivolgersi, alla quale dirigerci con quello spirito di apertura, e anche di condivisione, che sarebbe auspicabile in una tradizione come la nostra.
Il fatto vero è che ci troviamo, oggi, davanti a nuove forme di povertà, per le quali gli strumenti abitualmente utilizzati come politiche di contrasto sembrano non rispondere in maniera adeguata: mi riferisco concretamente ai tre strumenti contenuti nella relazione dell'onorevole Barani ed altri 1-00043, ma che comunque erano distribuiti in tutte le mozioni. Il primo dato è che, oggi, il lavoro, questo tipo di lavoro con cui «facciamo fronte», non serve più a ridurre la povertà. Oggi, la speranza di avere un lavoro che in qualche modo renda meno forte il rischio di impoverirsi progressivamente non c'è. Molto spesso ci troviamo davanti a condizioni in cui il reddito percepito nel lavoro tradizionale è un reddito che colloca, già in partenza, a una soglia di rischio povertà.
Pensiamo alla famosa divisione nei tre terzi: un terzo di gente che non ha assolutamente problemi (credo che sia un po' ottimistico pensare che un terzo del Paese non abbia nessun problema, ma comunque), un terzo del Paese che ha gravi problemi, quindi qualcosa che va ben oltre l'11 per cento delle famiglie come indicatore descritto in alcune delle mozioni, e quel terzo intermedio, che era la famosa classe media che ha sempre rappresentato nel nostro Paese la garanzia della stabilità, la condizione della sicurezza, e anche quella speranza di accesso che permetteva di immaginare il futuro come un futuro amichevole. Credo che proprio quel terzo intermedio oggi percepisca con maggiore acutezza l'impoverimento: perché non stiamo parlando soltanto di classi povere in partenza, stiamo parlando di classi che si impoveriscono, stiamo parlando di un 11 per cento che va lievitando verso percentuali di gran lunga maggiori, e stiamo parlando di quella fascia intermedia che, invece, si sente schiacciata sempre più in basso.
Sappiamo che per i genitori non c'è più quella speranza, che pure ha caratterizzato le generazioni precedenti (penso senz'altro alla mia), per cui se studi, se ti impegni, se vali, le possibilità di miglioramento della tua condizione sociale sono possibilità in crescita. Oggi, ci troviamo davanti a una tipologia di società in cui le nuove generazioni, invece di aumentare il proprio patrimonio, e quindi la propria sicurezza, la propria stabilità, sono destinate ad essere più povere di quanto non lo fossero i loro genitori.Pag. 56
Queste nuove povertà vanno a incidere fortemente su quello che è il tessuto sociale più forte del nostro Paese, la struttura della famiglia. Non a caso abbiamo politiche che ci mostrano come la natalità nel nostro Paese sia una natalità ad alto rischio: siamo il paese più povero d'Europa, più povero di figli, considerando che i figli, i giovani rappresentano la risorsa di un Paese. Perché? Perché c'è la certezza che per ogni figlio l'indicatore di impoverimento cresce per lo meno di un 20 per cento. Stiamo impoverendo il Paese in termini di tessuto familiare: abbiamo famiglie sempre più contratte, abbiamo un numero di famiglie sempre maggiore perché abbiamo un numero di membri per famiglia sempre minore.
Abbiamo famiglie monoreddito ma abbiamo anche famiglie monoparentali e, a volte, famiglie costituite da una persona sola, e ciò non rende possibile attivare quella sorta di ammortizzatori sociali che sono sempre stati quelli della presa in carico degli anziani, ma anche quella tipologia di ammortizzatore sociale che, oggi, si colloca nella fascia di età tra i venticinque e i trentacinque anni, quell'età cioè in cui giovani, che hanno studiato, si sono laureati, si sono impegnati e auspicherebbero di conquistare un'autonomia economica e logistica nonché l'autonomia di poter a loro volta dare luogo ad una nuova famiglia, vengono in qualche modo costretti a stare in casa per l'impossibilità di accesso alla casa, al lavoro e, quindi, anche al naturale diritto a costruire una famiglia.
Queste sono nuove povertà rispetto alle quali vorremmo interventi di tipo strutturale. La social card rappresenta un intervento che va bene, perché appartiene alla cultura tradizionale italiana (esattamente come appartiene alla cultura della beneficenza italiana, quella dell'organizzazione della San Vincenzo e delle organizzazioni parrocchiali, ossia quella logica che, da sempre, ha vissuto il servizio ai più poveri attraverso il famoso «pacco dono», o pacco della quarta settimana o di fine settimana), ma non può andare bene in un tessuto sociale in cui la povertà in sé è vissuta in una dimensione di espansione e non di contrazione.
Per tali ragioni chiediamo al Governo un impegno molto più chiaro, forte e determinato che punti ad autentiche politiche di contrasto alla povertà.
Sicuramente una di quelle che tutti quanti auspichiamo è la riduzione del carico fiscale. È vero, diceva l'onorevole Barani, che le tasse non sono aumentate e che non sono state messe le mani in tasca agli italiani, ma ci sono molti modi di svuotare le tasche. Non c'è soltanto quello dell'imposizione di una tassa, c'è anche quello che rende il potere d'acquisto talmente limitato da dire: «ho gli stessi soldi in tasca, però peccato che questi soldi valgano molto di meno e quindi, come tali, non siano spendibili in modo efficace».
Quindi, chiediamo davvero politiche di contrasto strutturale, qualcosa che cominci a partire dal senso della dignità della persona e, quindi, della dignità nell'esercizio del suo lavoro, che restituisca ai giovani la responsabilità e anche l'orgoglio sano di essere protagonisti della loro vita e protagonisti di un percorso di studi che, naturalmente, li porti poi ad accedere ad un proprio lavoro, una propria casa, una propria famiglia.
Vogliamo restituire ad ognuno la responsabilità di sé stesso per potersi a sua volta prendere cura e sentirsi responsabile di altri. È qualcosa che va ben oltre una sorta di beneficenza di Stato, è qualcosa che richiede un pensiero nuovo e diverso anche in termini di politiche di welfare. Chiaramente, se partiamo da questo tessuto allora capiamo anche quelle povertà che siamo abituati tradizionalmente a considerare povertà (penso agli immigrati, soprattutto agli immigrati di prima generazione) e quella cultura che deve essere inclusiva, perché deve in qualche modo trasmettere anche uno stile di solidarietà attiva che contrasti spinte eventualmente volte a vivere al di fuori dei confini della legalità, e ciò sarà più facile, perché un immigrato che si sente accolto, che si sente incluso e che trova lavoro - e lo trova perché non è visto come un rivale o unPag. 57competitore, ma come una persona che in qualche modo può condividere un comune destino - è anche una ricchezza del nostro Paese. La ringrazio, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Binetti. È iscritta a parlare l'onorevole Laura Molteni. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, all'estero la crisi dei mercati economici internazionali si è abbattuta sui risparmiatori, che sono il primo anello della catena economica finanziaria. La prima vittima a fare le spese di un mercato finanziario incentrato sulla modalità fallimentare dell'acquisto a debito è stata proprio la famiglia, la quale, debito su debito e carovita in crescendo, solo vicina al punto di non ritorno si accorgeva che lo stipendio non bastava più, e quando le banche chiedevano di rientrare era costretta a sacrificare i propri beni, tra i quali anche la casa.
Oggi gli stessi creditori sono in sofferenza. E' chiaro che a rischio di implosione è il sistema economico del Paese. Il crollo di questo sistema economico, legato anche al debito al consumo, è oggi sotto agli occhi di tutti (basti pensare agli interventi pubblici che sono stati e stanno per essere varati dal Congresso degli Stati Uniti d'America al fine di invertire il trend di crisi che sta fagocitando i mercati internazionali).
Nel frattempo, nessuno si è reso conto che con il debito legato al consumo si è giocato con il futuro, ipotecandolo. La congiuntura di crisi internazionale e le ininfluenti politiche adottate nel nostro Paese negli anni del Governo Prodi, nei due anni e mezzo che hanno preceduto questo Governo, si sono legate all'aumento dell'inflazione e della disoccupazione. Hanno prodotto una situazione di reale emergenza che, oggi, rende improrogabili interventi di natura straordinaria, finalizzati a salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie. La parola povertà nella storia spesso si è coniugata con la parola miseria, malattia, ribellione, esclusione sociale, carestia, accattonaggio, emarginazione. Oggi, purtroppo, conosciamo la triste fotografia del Paese che l'ISTAT ci fornisce in modo impietoso in ordine alla situazione delle famiglie italiane: il 14,6 per cento delle famiglie italiane fatica ad arrivare a fine mese; il 28,4 per cento dichiara che non sarebbe in grado di far fronte ad una spesa imprevista, seppur minima, ad esempio quantificabile in 600 euro. Ben il 66 per cento delle famiglie non riesce a risparmiare a causa del carovita.
Nel nostro Paese il problema serio è capire come la crisi internazionale si ripercuoterà sull'economia reale, ossia capire quanto la gente si percepirà più povera. Ricordo alle sinistre qui presenti che il Governo Prodi è stato bocciato senza appello dagli elettori che hanno scelto alla guida del Paese la coalizione di centrodestra attribuendogli una maggioranza schiacciante. Voglio ricordare all'onorevole Bindi che lei stessa, quando era Ministro delle politiche per la famiglia, si era più volte dichiarata insoddisfatta ed aveva dovuto constatare come quasi tutte o comunque la maggior parte delle proposte elaborate a sostegno del nucleo familiare venissero disattese o fossero state disattese. È per questo che la mozione Livia Turco oggi si presenta, a nostro avviso, come un ennesimo esercizio accademico, pregevole sotto il profilo di analisi del contesto socioeconomico ma decontestualizzata rispetto alle misure già varate e agli impegni già assunti dall'attuale Governo. Per comprendere appieno il fenomeno della povertà si deve, tuttavia, fare riferimento non solo alla povertà economica ma anche all'incidenza delle nuove povertà: qui mi riferisco agli working poors e alla povertà soggettiva. Lo studio di quest'ultimo aspetto, la povertà soggettiva, che consiste nella percezione individuale delle proprie capacità economiche fa emergere che il numero delle famiglie che si considerano soggettivamente povere, il 7,7 per cento, è più ampio di quelle che figurano oggettivamente povere, il 5 per cento. Nel caso della Lombardia il divarioPag. 58è ancora più accentuato. Legato alla povertà vi è anche un sentimento di deprivazione relativa delle famiglie. In diverse regioni del nord il sentimento di deprivazione relativa delle famiglie risulta molto più alto, non solo perché le aspettative di queste famiglie sono più elevate ma anche perché esse si confrontano con costi e livelli di consumo più elevati rispetto ai valori nazionali: in pratica anche una parte di coloro che si trovano oggettivamente al di sopra della linea di povertà nazionale fatica a mantenere gli standard medi dell'area in cui vive e, dunque, si considera relativamente, se non assolutamente povero. Inoltre, in varie regioni, tra cui la Lombardia, la povertà relativa risulta sottostimata per effetto della comparazione con la linea di povertà nazionale la quale non riesce a tener conto del differente costo della vita esistente tra le diverse aree economico-territoriali del nostro Paese.
Per questo la mozione Livia Turco, quando cita il fatto che nel Mezzogiorno il reddito della famiglia è pari a tre quarti di quello delle famiglie del certro-nord non trova una corrispondenza oggettiva al disagio che effettivamente le famiglie del nord vivono nella quotidianità. Conosco Milano: ebbene, al termine dei mercati, ci sono persone anziane, donne, uomini che hanno lavorato per una vita intera con abiti dignitosi, anche se un po' consunti, che raccolgono dalle cassette la frutta e quello che l'ambulante ha lasciato a fine giornata. Si parla di nuove povertà: ma quanti sono gli working poors, uomini e donne legati alle aree territoriali del nord che non riescono più a reinserirsi nel mondo lavorativo, passati non solo i cinquant'anni, ma appena i quaranta?
Ma quanti sono, da noi, in certe aree geografiche e soprattutto al nord, gli anziani che la terza settimana del mese, e con la quarta, non ce la fanno? E quante sono le mense dei poveri alle quali accedono tante di queste persone, che hanno lavorato per una vita intera, vestite dignitosamente e che sono lì per poter sopravvivere?
Ebbene, per fortuna l'attuale Governo è già intervenuto con misure dirette proprio al contenimento del carico fiscale delle famiglie e con interventi volti a sostenere le categorie sociali più deboli. Parlare di abbassamento del caro vita vuol dire essere riusciti, con questo Governo, ad azzerare l'ICI sulla prima casa, lasciandola ovviamente per le case di lusso e le seconde case, avere introdotto la possibilità di rinegoziare i mutui, avere incrementato l'offerta di alloggi di edilizia residenziale pubblica attraverso il piano casa, aver detassato gli straordinari e i premi di produttività, aver votato in anticipo di sei mesi il decreto sulla finanziaria, ridando un'immagine positiva e di stabilità economica del nostro Paese al mondo.
È chiaro che la strada da percorrere è ancora lunga, ma siamo certi che finalmente si sta andando nella direzione giusta. E da quando abbiamo assunto la corresponsabilità del Governo del Paese, abbiamo sentito ancor più un'irrinunciabile esigenza: quella di difendere la famiglia, non a parole, ma con atti e scelte politiche chiare. In quest'aula è stata approvata una nostra mozione, finalizzata all'introduzione di un nuovo sistema fiscale alternativo basato sul quoziente familiare, ove il soggetto dell'imponibilità fiscale non sarà più il singolo individuo, ma la famiglia, con tutti i suoi componenti.
Difendere la famiglia oggi significa salvaguardare la nostra identità, la nostra cultura, cultura propria del mondo occidentale. Il compimento di questo progetto potrà e dovrà essere inevitabilmente realizzato attraverso il superamento del centralismo e la valorizzazione delle responsabilità locali e delle capacità delle persone e delle associazioni familiari, rafforzando il principio di sussidiarietà verticale e orizzontale, attraverso il coinvolgimento diretto di Governo, regioni, enti locali, ma anche di organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioniPag. 59di volontariato e degli enti delle confessioni religiose impegnate nel settore. Dare applicazione al principio di sussidiarietà orizzontale significa per noi considerare e riconoscere il privato sociale come una risorsa, in un'ottica di collaborazione e non di contrapposizione con gli enti locali. In quest'ambito, a livello locale, grazie anche alla collaborazione attiva delle associazioni del terzo settore, molte cose sono state fatte. Siamo oggi una società in continua trasformazione, sempre più complessa, dove le necessità mutano velocemente, ove occorre porre al centro dell'attenzione la persona e il suo valore di individuo, in una logica sinergica di collaborazione, per evitarne l'esclusione sociale. Nell'Italia delle autonomie, molti risultati sono stati raggiunti, secondo la possibilità del territorio e dei diversi amministratori.
In conclusione, non esiste la povertà, esistono le povertà. E quando i signori della sinistra parlavano di povertà e immigrati, io ricordo anche le politiche scellerate portate avanti dalla sinistra, tese quasi a giustificare l'arrivo indiscriminato di orde di clandestini nel nostro Paese, senza un lavoro e senza produrre un reddito chiaro. È gente che arriva qui con la speranza nel cuore di un lavoro, ma di fatto poi non legata ad alcun riscontro lavorativo, e poi diviene schiava del racket, andando, in ordine agli interventi sociali, a gravare sulla spesa pubblica. E non credo che questa sia un'immigrazione nel rispetto della dignità umana di persona. Ben diverso è il discorso di gente che arriva qui con un lavoro certo: questa è gente con tutte le protezioni sociali e titolare di diritti e di doveri (legge Bossi-Fini).
In conclusione - lo ribadisco - non esiste la povertà, ma esistono le povertà. Per questo è importante sostenere la piccola e la media impresa e rilanciare l'economia sostenendo parimenti famiglie e imprese. Investire nelle politiche familiari significa pertanto investire sulla qualità della struttura sociale e, di conseguenza, sul futuro stesso della nostra società.
Tali interventi richiederanno uno sforzo economico rilevante, ma dovuto, perché prioritario. È per questo che abbiamo presentato la mozione in esame, che ci appresteremo nei prossimi giorni a votare ed è per questo che opereremo e vigileremo affinché possano essere realizzati in pieno tutti i punti del programma elettorale, col quale ci siamo presentati ai cittadini del Paese e per il quale abbiamo ottenuto una maggioranza schiacciante (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, ringrazio lei e il rappresentante del Governo, mentre non ringrazio i miei colleghi che sono assenti. Occorre dirlo, perché quando la gente ci ascolta dalla radio immagina che siamo tutti presenti in Aula, invece saremo si è no dieci persone, e questo va denunciato sia da parte dell'opposizione, sia anche dalla maggioranza.
Credo che la povertà sia un problema veramente serio. Ho sentito, come diceva la collega Binetti, l'illustrazione di tre mozioni e nel quarto intervento di quanto è stato fatto dal Governo Berlusconi. È necessario tornare con i piedi per terra e renderci conto che la povertà è realmente un problema, che non è vero che non esiste e che non è vero che esistono solo le nuove povertà: ricordiamoci anche delle vecchie. Abbiamo sempre la tendenza a vedere il nuovo e a dimenticare tutto quello che è già radicato. Ritengo che gli anziani siano i primi a dover sopperire alla povertà con fatica e, soprattutto, con un allarme che con la loro voce non riescono a far sentire.
Credo nella mozione Livia Turco ed altri n. 1-00041, perché con grande umiltà, ma anche con determinazione, dà l'opportunità di rileggere interamente la povertà dicendo esattamente di cosa si tratta, con quali numeri ci troviamo a fare i conti e, soprattutto, ci permette di vedere quali sono le cosiddette fasce deboli. Nelle altre mozioni non ho letto le parole tossicodipendenza, disabilità o extracomunitariPag. 60se non per quasi colpevolizzare situazioni determinate da fattori esterni. Infatti, ritengo che la dipendenza sia un fattore esterno che può produrre all'intero di un contesto familiare un'ulteriore povertà. Ma nulla nasce per caso: pensando al nipote di Agnelli (sebbene ora non ci sia più), non credo che si possa definire la sua famiglia povera perché aveva al suo interno un ragazzo dipendente. Possiamo dire che le dipendenze vengono ad aumentare uno stato di povertà, così come accade per chi ha un malato in famiglia. Con ciò intendo dire che la difficoltà vera cresce al quadrato (concedetemi il termine matematico), nel momento in cui i fattori endogeni esterni che ci circondano non sono dei migliori.
La povertà non è soltanto quella che non consente di arrivare alla quarta settimana del mese. Povertà vuol dire anche non potersi permettere il lusso di morire o di vivere. Faccio un esempio per chiarire. Se un genitore ha un figlio disabile non si può permettere di morire, perché questo Paese non prevede il «dopo di noi», o meglio, lo prevede ma non riesce a quantificarlo, perché non osserva questo tipo di «numerologia» e nemmeno si occupa di stanziare fondi dove le norme lo richiedono.
Un collega precedentemente ha affermato che tutto ciò che valesse la pena sostenere è stato sostenuto. Voglio citarvi una serie di cose che non sono state sostenute e che inducono alla povertà, perché forse il senso di essere qui, oggi, in un'Aula vuota potrebbe essere quello di ricordarci come si può essere un po' meno poveri anche senza creare dei grandi comparti economici spostando risorse dalle infrastrutture o dalla giustizia, così come fa tendenza in questo Paese, perché sono sicura che se oggi avessimo parlato di infrastrutture o di giustizia l'Aula sarebbe stata piena.
Come dicevo poco fa, è necessario dirsi francamente che si può essere poveri anche quando non si ha la possibilità di morire (per il dopo di noi) o di vivere (per quanto riguarda, ad esempio, gli ausili). Voi della maggioranza, ma anche noi precedentemente (oneri e onori: credo che sia decoroso che ognuno si assuma la responsabilità di quello che gli tocca) non abbiamo finanziato e continuiamo a non finanziare fondi per il nomenclatore tariffario degli ausili.
Che cosa vuol dire questo? Che in questo Paese - forse voi non lo sapete, ma io ve lo dico, non perché mi sento maestra di vita ma perché è giusto condividere - una persona che porta le scarpe ortopediche non può cambiarle se non dopo due anni così come, se si rompe la carrozzina, una persona che è su sedia a ruote non può averne un'altra se non dopo cinque anni. Ditemi voi un povero come affronta queste situazioni.
Vedete, io non credo in assoluto nella beneficenza. Credo che sia un elemento in più, un sostegno, un giusto modo di condividere la società e il vivere comune. Poi però c'è tutta un'altra parte invece che deve essere garantita da qualcuno. La civiltà, secondo me, è proprio riconoscere alcuni limiti e garantirli.
Ma si può, da anni, immaginare che un genitore arrivi al limite della sua vita senza avere la possibilità di far salire o scendere un figlio dal proprio appartamento, perché non c'è un ascensore? Vi parlo del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996, della legge 9 gennaio 1989, n. 13, normative che abbiamo votato, con Berlusconi, senza Berlusconi, con Prodi. Non voglio stare qui a dire chi è stato quello bravo e chi è stato quello non bravo. È chiaro che io sono all'opposizione, sono del Partito Democratico e sono profondamente convinta di una sua strategia politica, ma questo non vuol dire che non riconosco anche i nostri limiti.
Perché avere leggi per l'eliminazione delle barriere architettoniche, il trasporto, la tecnologia? Ma ci stiamo prendendo in giro? Continuiamo a credere che la povertà sia dovuta soltanto ad una mancanza di lavoro o di stipendio, ma la povertà non è solo questo. La povertà è non sentirsi tutelati ma soprattutto garantiti in alcune grandi deficienze che, da una parte, nostroPag. 61Signore ci dà e, dall'altra, questa società vergognosamente contorta ci fa avvicinare.
Io non ritengo colpevole l'extracomunitario di venire in Italia se non ha un posto di lavoro. Credo invece che si tratti di una chance alla quale noi dobbiamo dare risposta. È chiaro che se non creiamo i termini perché questo avvenga, è tutto una grande follia.
Per questo credo che la mozione Turco abbia l'essenza e il rispetto quando parla di un fondo, di un riconoscimento di una possibilità, di una presenza del Governo ma, soprattutto, quando parla anche di tecnologie e di industrializzazione. Vedete, la tecnologia, volenti o nolenti, riduce i costi e se riduciamo i costi, si è meno poveri. Per me, la povertà, lo ripeto, non è essere disoccupato, perché essere disoccupato e trentacinquenne non vuol dire essere povero. Secondo me, a trentacinqe anni, se tu stai bene fisicamente, anche se sei povero, puoi campare.
Ditemi il contrario di chi invece, oltre a non avere i soldi, non ha la salute. È di questo che dobbiamo occuparci o meglio, ci dobbiamo occupare di tutti, ma dobbiamo dare delle priorità. Dobbiamo decidere, dovete decidere, spero insieme a noi, con il nostro aiuto, che non è folle la mozione Turco perché in essa si considerano ausili, strumenti, un Fondo sanitario pubblico e non lo fa in modo generico. Ho sentito raccontare dal collega una bella favola. Io, guardate, ho amministrato a Roma per undici anni in veste di delegata per l'handicap e vi garantisco che so cosa vuol dire stare dall'altra parte.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ILEANA ARGENTIN. Chiedo scusa. Credo sia necessario, quando si amministra, avere la sensibilità e una tutela del rispetto degli altri, che vadano al di là del limite del concetto di povertà, ma che siano più elastici e più omnicomprensivi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

MARCO RONDINI. Signor Presidente, fra le righe della mozione Livia Turco ed altri n. 1-00041 e della mozione Pezzotta e altri n. 1-00044 riemerge una politica dell'accoglienza che meglio sarebbe chiamare delle porte spalancate nei confronti del fenomeno migratorio. Quel tempo è finito, quelle politiche tanto care alla sinistra culturale e politica sono state sepolte dal voto popolare. Ora tra le righe di quelle mozioni riemergono quelle politiche. Cosa significa infatti - come è scritto nella mozione della collega Turco - «il percorso e l'accoglienza umanitaria dei migranti alle frontiere soprattutto marittime», se non agevolare e incentivare l'immigrazione clandestina? Chi lucra sul traffico di esseri umani non si aspettava forse un segnale migliore.
Sempre nella mozione a firma della collega Turco ed altri troviamo scritto: «superamento delle discriminazioni nei confronti dei migranti consentendo in particolare l'accesso all'assegno sociale e all'edilizia popolare ai migranti residenti nel nostro Paese da almeno cinque anni». Provvedimenti di questo tipo hanno, nel corso degli anni, pesantemente penalizzato le nostre fasce più deboli che magari nelle graduatorie per l'assegnazione delle case popolari si vedevano sempre scavalcare. Oggi noi abbiamo sì dei doveri ma dei doveri da assolvere nei confronti della nostra gente, dei nostri anziani e delle nostre giovani coppie, nei confronti di chi, pagando le tasse, ha contribuito a creare il nostro sistema sociale.
Fa sorridere quando parlate di salvaguardare l'istituto della famiglia. Le scelte del passato Governo Prodi non hanno agevolato l'istituto della famiglia anzi lo hanno pesantemente penalizzato. Questo merito a voi sicuramente va riconosciuto. Allo steso modo chi ha spalancato le porte delle carceri con l'indulto e favorito l'invasione del nostro Paese da parte di orde di clandestini porta la responsabilità morale di tutti quei crimini commessi da chi circolava per le nostre strade grazie a queste scellerate politiche. Il fenomeno migratorio va regolato e non subìto come una fatalità. Noi non potremo mai favorire l'invasione della nostra terra da parte di clandestini. Mozioni come queste invecePag. 62favoriscono tale l'invasione. Voi create povertà per poter lucrare dal punto di vista politico ed elettorale sul fenomeno.
C'è un altro passo della mozione di Pezzotta che è incredibile e che varrebbe la pena che i cittadini conoscessero (Commenti del deputato Pezzotta). La mozione prevede: «la riluttanza a concedere loro, per esempio, la cittadinanza italiana traduce istituzionalmente questa tensione tra integrazione economica e esclusione sociale». La cittadinanza si deve trovare al termine di un percorso di integrazione, e non sicuramente all'inizio.
Al contrario degli intendimenti di queste mozioni le prime azioni portate avanti dal Governo del quale facciamo parte sono tese a risolvere quei problemi che chi è promotore di queste mozioni, partecipando al precedente Governo Prodi, non è riuscito a risolvere prima. Noi abbiamo cercato di risolvere questi problemi con i provvedimenti, ai quali facevano riferimento anche l'onorevole Barani e l'onorevole Laura Molteni. Mi riferisco all'eliminazione dell'ICI, alla possibilità di rinegoziare il mutuo per l'acquisto della prima casa e alla detassazione degli straordinari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pedoto. Ne ha facoltà.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, mi sembra che la globalizzazione sia più attenta ai mercati che ai diritti e alla giustizia sociale. Questa globalizzazione ha ampliato la forbice sociale delle differenze tra gli Stati e all'interno dello stesso Stato. La crisi economica che stiamo vivendo, nonostante le rassicurazioni di stamattina del Ministro Tremonti, ha aggravato questo divario, mettendo in evidenza il liberismo ed il consumismo del cittadino consumatore, troppo spesso - a nostro giudizio - acritico e che punta sull'avere e non sull'essere.
Ci troviamo in una società in cui la sobrietà mi sembra un concetto superato e che porta ad una continua corsa verso consumi sfrenati, verso la spesa e verso il superfluo. Tutto questo ha rovinato centinaia di famiglie e ci ha fatto perdere la consapevolezza che nessuno si salva da solo e quella consapevolezza che la solitudine, anche quando è accompagnata dal superfluo, non significa felicità. Questo perché la società ha perso la dimensione del noi. Il bene comune deve essere in ciascuno di noi, deve essere la coscienza collettiva. Una società che perde la dimensione del noi dà vita all'individualismo e all'egoismo che, a loro volta, aprono la porta agli abissi delle povertà. I poveri non sono belli, sono brutti. Di loro non si ha traccia nei programmi televisivi e così una certa politica non ha interesse ad allargare lo spazio dei loro diritti. La povertà è dimenticata, abbandonata, rappresenta un fastidio perché ci troviamo nel trionfo dell'indifferenza e del «me ne frego», nella convinzione - erronea - che poveri si nasce e che vi è un limite preciso tra chi lo è e chi non lo è. Invece, purtroppo, la storia recente ci ha mostrato che in quest'epoca tutti possiamo diventare poveri se non recuperiamo la dimensione del noi.
Tutti questi problemi di insostenibilità si affrontano e si possono risolvere solo se li affidiamo a ciascuno di noi e ad una rete di protezione sociale che metta al centro gli ultimi. Tra gli ultimi i più esposti sono i bambini. Non so quanti riescono a ricordare la tragedia avvenuta in Campania nel 2006. Morì bruciata una bambina che lavorava in una fabbrica abusiva di materassi. Quella bambina, l'anno precedente, aveva lasciato la scuola perché questa era considerata un lusso dalla sua famiglia. Pertanto, è necessario abbattere la dispersione scolastica, che da noi si aggira intorno al 20 per cento, e dobbiamo combattere l'elusione scolastica, che avevamo debellato.
Per fare tutto questo diventa strategico ampliare l'offerta formativa. Significa trovare quei meccanismi per incrociare stili cognitivi ed interessi e far sì che i ragazzi conseguano le qualifiche professionali o il diploma. Ma fare tutto ciò, ovviamente, significa anche trovare le risorse che sono necessarie per ampliare i progetti, perPag. 63sostenere i redditi e perché le famiglie non considerino un lusso la scelta tra mandare i figli a scuola o al lavoro.
Per tale ragione riteniamo necessaria una messa in rete di azioni e di risorse tra le istituzioni scolastiche, gli enti locali, il volontariato e la famiglia. Siamo preoccupati che anziché una messa in rete di risorse siamo di fronte ad una messa in rete di tagli, che colpiscono la scuola e gli enti locali.
Il non intervento ha un costo sociale altissimo e a pagarlo, per primi, sono proprio i bambini, ossia gli anelli più deboli. Per i bambini stranieri la situazione è ancora più grave se pensiamo alle risorse che gli enti locali devono mettere a disposizione per la loro alfabetizzazione, che è il prerequisito dell'integrazione. Sono necessarie risorse per una scuola e una società che accetti la sfida dell'intercultura. L'integrazione inizia in classe, superando i pregiudizi, le paure e la solitudine.
Questo è un investimento sulla sicurezza, non quello di trovare capri espiatori giustificando la violazione dei diritti umani e civili, prendendo le impronte ai bambini invece di far rispettare la legge sulla scolarizzazione obbligatoria.
La nostra mozione chiede al Governo impegni precisi, risorse certe, evitando le solite buone parole di circostanza per un contrasto vero alla povertà e all'ingiustizia sociale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, «i poveri sono anonimi e faticosi e ci fanno vergognare. Per il Paese non sono più una voce di spesa. Riconoscerli imporrebbe un intervento. Alla pubblicità non piacciono: in tivù, non esistono. Così la politica non ha interesse ad allargare lo spazio dei loro diritti. Dobbiamo prendere atto che siamo l'Africa dell'Europa: con più violenza e meno dignità».
Abbiamo letto in molti queste parole. Sono parole di un gesuita, padre Antonio Valletti, del centro Hurtado di Scampia, alla periferia di Napoli. Napoli è il mio collegio elettorale. È il capoluogo della regione con la concentrazione più alta di famiglie povere, di disoccupati, di donne che non lavorano e di minorenni in miseria. Poco meno di 2 milioni in regione, 240 mila soltanto a Napoli.
«Migliaia di persone e di bambini» - queste sono parole del presidente del Banco alimentare di Caserta, Luigi Tamburro - «ormai fanno la fame. La società della competitività, fondata sul consumo, ha esaurito il proprio serbatoio di umanità. Siamo soli davanti ad una tragedia italiana di cui si ignora la pericolosità». Ho trovato queste dichiarazioni (che sono state un pugno nello stomaco) su la Repubblica di sabato scorso. C'era un'inchiesta davvero eccellente sui nuovi poveri del sud che emigrano al nord: 120 mila nell'ultimo anno, 50 mila dalla sola Campania. Tra emigrati al nord, emigrati all'estero e pendolari, Napoli nel 2007 ha perso il 14 per cento degli abitanti. Quasi un napoletano su tre non ha il necessario per sopravvivere, due su dieci non mangiano più di tre volte alla settimana. Otto su dieci non possono pagare l'affitto. I disoccupati sfiorano il 40 per cento e tra chi lavora, due su dieci guadagnano meno di mille euro al mese, uno su dieci meno di 500. Oltre la metà dei residenti a Napoli accumula almeno 200 euro di debiti al mese, e checché ne dica la Lega, il PIL pro capite è di 16 mila euro l'anno, contro i 33 mila della Lombardia. Tra le 80 regioni europee più arretrate, la Campania occupa la posizione numero 68.
Già questi dati sono agghiaccianti. Ma purtroppo non è tutto qui. Infatti, la povertà porta con sé una catena di conseguenze negative. Sempre a la Repubblica, il direttore della Caritas campana, Gaetano Romano, ha detto: «Ormai solo la criminalità ha soldi da investire e lavoro da offrire. La regione si trasforma in una holding camorristica. Migliaia di genitori, in questi giorni, hanno potuto comprare i libri di scuola grazie agli spacciatori».
Se le cose stanno così - e purtroppo stanno così - non è un problema di destraPag. 64o di sinistra. Tanto è vero che numerose associazioni ed organizzazioni della società civile italiana, dalla Caritas alla Federazione italiana organismi persone senza dimora, dalla Rete europea contro la povertà al Gruppo Abele, dal Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza alla CISL e altri ci stanno invitando in questi giorni a trattare la discussione con la massima serietà e senso di responsabilità, evitando di dividerci in faziosità sterili e controproducenti e cercando qui in Parlamento il massimo dell'intesa perché possiamo produrre veramente, anche nel nostro Paese, una strategia organica e permanente di contrasto alla povertà.
Cos'è che non ci convince nella strategia del Governo? È che, purtroppo, non si tratta di una strategia. Non c'è un approccio strategico alla lotta alla povertà. Faccio due esempi chiari. Il primo, ne abbiamo parlato anche poco tempo fa, è la cosiddetta social card, un mezzo che intanto è concepito in maniera non universale, è di applicazione limitata e taglia fuori migliaia di famiglie povere. È una carta che non migliora, ad esempio, la vita delle persone in stato di grave emarginazione o delle famiglie con persone non autosufficienti, che da troppi anni attendono una legge che riconosca pubblicamente il loro compito di cura.
L'altro esempio, oltre alla social card, è l'abolizione dell'ICI: definirlo, come abbiamo purtroppo sentito, una forma di contrasto alla povertà è, veramente, un insulto alla povertà stessa. Chiunque abbia conosciuto da vicino una persona povera, si sia relazionato realmente con una famiglia in difficoltà economiche, ne capirà subito la ragione, e non vi è bisogno di ulteriori motivazioni. Non è dunque con i colpi di genio che si risolve il problema della povertà, ma solo con un piano nazionale di contrasto strutturale e permanente. Un piano che l'Italia non ha. Insieme alla Grecia e all'Ungheria, siamo in Europa l'unico Paese non dotato neppure di misure basilari di intervento, come un reddito minimo di inserimento o dispositivi simili. Non solo: alla lotta all'esclusione sociale, la Gran Bretagna, rispetto a noi, destina un ammontare di risorse diciassette volte maggiore (l'1,7 per cento del Pil, contro il nostro 0,1). In Europa, la media è dello 0,9 per cento: nove volte più dell'Italia; un'Italia che avrà pure problemi di spesa, ma è un dato di fatto che questa spesa non abbia mai seriamente toccato da vicino i poveri. È una questione di scelte, e quindi di politica. La stessa Europa ci chiede di fare di più: con la dichiarazione scritta 111/2007 ci invita a porre fine entro il 2015 all'homelessness di strada (le persone senza fissa dimora) e sappiamo quanto grave e pesante sia la condizione delle persone senza dimora nel nostro Paese; allora, diamoci obiettivi seri per risolvere questo problema.
Il Governo venga a riferire in Parlamento sul Piano nazionale contro l'esclusione sociale 2008-2010 che l'Italia, come tutti i Paesi europei, doveva presentare a Bruxelles entro il 30 settembre, discutiamo seriamente, approfonditamente sul da farsi. Facciamo un'alleanza vera e seria con la società civile, le associazioni, il terzo settore ed il volontariato, chiamiamo uniti il Paese ad una mobilitazione complessiva su questo tema. In questi giorni stiamo assistendo, per volontà della politica, a montagne di soldi pubblici che, con il giusto accordo di tutti, affluiscono per salvare la grande finanza e le imprese in crisi. Perché allora non dovrebbe essere possibile fare altrettanto per soccorrere ad aiutare a riprendere autonomamente il proprio cammino chi è veramente, gravemente nel bisogno e lotta tutti i giorni per sopravvivere all'indigenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante GIULIANO CAZZOLA. Signora Presidente, ringrazio i presentatori delle mozioni perché hanno dato modo a questa Aula di discutere di un tema importante come quello della povertà, delle lotte all'esclusione sociale, che, indubbiamente, avrebbe avuto bisogno di un dibattito più ricco e, magari, di una maggiore presenza in Aula.Pag. 65
Svolgerò alcune considerazioni con molta franchezza sul dibattito che ho ascoltato e che ho trovato interessante, anche per il sostegno morale, l'impegno civico e civile, che i colleghi hanno espresso con i loro interventi. Tuttavia, sarebbe stato più utile che negli interventi ascoltati fossero state presenti anche valutazioni di contesto. La collega della Lega, a tal proposito, ricordava questa emergenza che abbiamo sul versante del risparmio e che potrebbe far trovare i cittadini italiani di fronte a situazioni ben più gravi e preoccupanti di quelle che stiamo discutendo oggi. Credo, però, che, alcune considerazioni, sia meglio farle - lo dirò con molta franchezza - perché mi sembra ci sia la presentazione di un Paese che o non esiste, o viene rappresentato in termini di grande esagerazione. E, comunque, non faremmo bene a valutare i problemi che abbiamo con un approccio generalizzato e generalista che ci condannerebbe all'impotenza. Ciò avviene quando una classe politica, un Governo, non sono in grado di scegliere, di individuare le priorità, i settori di popolazione sui quali intervenire, ma si continua a indicare indistintamente una moltitudine di lavoratori, di pensionati, di giovani, di donne; è chiaro che si rischia di fare soltanto della propaganda. Un Paese che da anni ha avuto una crescita stentata, e che adesso è addirittura fermo, finisce, inevitabilmente, per scaricare un costo a carico dei cittadini in termini di reddito e di condizioni di vita.
Pertanto, diventa difficile rovesciare a parole una situazione, mentre sarebbe il caso di misurare le emergenze sociali, pesarle per quelle che sono e per quello che valgono ed intervenire su queste.
Credo, infatti, signor Presidente, che l'Italia sia sicuramente un Paese che si è impoverito, però non ritengo, anche se lo ha detto un gesuita, che l'Italia sia l'Africa dell'Europa; non credo che l'Italia, pur essendo un Paese impoverito, sia diventato un Paese povero.
Richiamo, quindi, i colleghi a non infilarsi, per legittimi motivi di lotta politica, in generalizzazioni forzate che non porterebbero da nessuna parte e che ci condurrebbero e condannerebbero all'impotenza.
Negli ultimi anni il dibattito e le analisi economiche hanno sempre evidenziato il tema della povertà relativa, dell'impoverimento relativo delle famiglie. È un problema tecnico, di statistiche; anche i numeri che sono stati portati nel dibattito di quest'Aula si riferiscono alla povertà relativa. La povertà relativa è un indicatore che misura le differenze e che paradossalmente si accorcia nei periodi di difficoltà economica, mentre si amplia durante la crescita quando le società si sgranano in avanti.
L'onorevole Livia Turco - che tra l'altro è stata Ministro degli affari sociali e come tale ha avuto anche la sovraintendenza alla Commissione di indagine sulla povertà della quale ho avuto l'onore e il piacere di fare parte - sa benissimo quanto possa essere anche effimero soffermarsi sui dati della povertà relativa quando siamo incapaci, anche dal punto di vista delle statistiche e delle analisi sociologiche, di individuare il fenomeno vero, quello della sofferenza, il fenomeno della povertà assoluta.
Voglio richiamare un documento programmatico del Governo, il libro verde del Ministro Sacconi, presentato il 25 luglio e sottoposto ad una consultazione che purtroppo non mi pare abbia avuto un grande interesse nel Paese, in Parlamento e tra le forze politiche sociali, il quale si interroga proprio sull'esigenza di individuare le povertà assolute.
Le povertà assolute sono un fenomeno, come è stato ricordato anche in quest'Aula, determinato dai rapidi mutamenti della tecnologia, dalla disgregazione dei corpi intermedi della società e da tante altre conseguenze degli attuali processi economici e sociali che fanno emergere situazioni di bisogno estremo. È questo, colleghi, signor Presidente, il buco nero e il buco vero del nostro modello sociale, il principale limite del nostro sistema di welfare ad impronta lavoristico-occupazionale.Pag. 66
Pensiamoci bene: in Italia non esistono validi strumenti di lotta alla povertà ad effetto inclusivo, nonostante che questa sia, come ricordava un collega poco fa, l'indicazione che viene dall'Europa. Il male del nostro sistema sociale viene da lontano, addirittura dall'articolo 38 della Costituzione, l'articolo sovrano nel campo del welfare, laddove introduce una differenza sostanziale tra la tutela riservata al cittadino e quella riservata al lavoratore: il cittadino viene assistito soltanto quando è inabile e sprovvisto dei mezzi necessari - sottolineo l'aggettivo «necessari» perché ha un valore - alle proprie esigenze di vita; mentre il lavoratore si vede assicurare mezzi adeguati - anche qui «adeguati» ha un preciso significato - a fronte dei tradizionali rischi connessi al lavoro.
Da noi, sessant'anni dopo l'entrata in vigore della Costituzione, gli strumenti della lotta alla povertà sono sempre gli stessi: l'assegno sociale per gli ultrasessantacinquenni poveri, l'invalidità civile e le indennità di accompagnamento per gli invalidi totali, al 100 per cento. Sappiamo tutti quali sono gli importi di queste prestazioni, sappiamo tutti come sono cresciuti il numero dei fruitori e, quindi, anche gli oneri per queste prestazioni. Però, siamo sempre qui, siamo sempre a ricominciare da tre, a ricominciare da queste prestazioni, tra l'altro con i limiti che queste prestazioni hanno.
La mozione Livia Turco n. 1-00041, che se volete è probabilmente anche una mozione organica e riflettuta, affronta molto diffusamente (lo ha fatto anche l'onorevole Binetti nel suo intervento) il tema della condizione delle famiglie italiane.
Noi, però, dobbiamo riconoscere che dedichiamo una quantità irrisoria di risorse alle politiche familiari: in termini di PIL, essa si avvicina all'unità; i dati, invece, attestano, ad esempio (cito l'ultimo rapporto del CNEL sull'occupazione e sul mercato del lavoro), che la conciliazione (tutti sanno di cosa si tratti: non occorre che la illustri) è essenziale e strategica se vogliamo assicurare uno sviluppo dell'occupazione femminile. Abbiamo dati che ci dicono che, al momento della maternità, l'occupazione femminile crolla di 20 punti percentuali. Si tratta di dati dell'ultimo rapporto CNEL presentato il 15 luglio. Vi sono dati che testimoniano che, nel momento dell'accesso al mercato del lavoro, non si riscontrano eccessive differenze tra gli uomini e le donne (ovviamente si tratta di dati medi: sappiamo che questo dato non è presente nel Mezzogiorno), ma che, nel momento in cui la donna decide di diventare madre (e quindi svolge una funzione importantissima di riproduzione sociale), vi è un crollo dell'occupazione di 20 punti percentuali.
Perché, però, non diciamo che per la famiglia esiste una sola prestazione sociale, l'assegno al nucleo familiare, che ha preso il posto degli assegni familiari?
Negli anni Sessanta, onorevole Binetti, l'Italia spendeva la stessa cifra per le pensioni e per gli assegni familiari. Oggi l'Italia spende per le pensioni una cifra dieci volte superiore a quella che spende per gli assegni familiari. Onorevole Binetti, cito a memoria qualche dato, perché ho passato gli ultimi tredici anni della mia vita negli enti previdenziali: la gestione delle prestazioni temporanee, nella quale sono inclusi gli assegni familiari e l'assegno di maternità, è in attivo di 6,5 miliardi di euro (tutti gli anni sono in attivo di 6,5 miliardi di euro); 2,5 miliardi di euro provengono dalla gestione degli assegni al nucleo familiare, per i quali le imprese pagano di più di quello che si consuma nella prestazione.
Sapete dove finiscono queste risorse? Nel bilancio unitario dell'INPS, ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 88 del 1989, queste risorse finiscono per tappare i buchi delle gestioni pensionistiche in deficit. Teniamo presenti questi aspetti e che questo Paese spende due terzi della spesa sociale nella voce «vecchiaia e superstiti». Sapete che in questo Paese (che manda i poveri a dormire sotto i ponti) il fisco italiano (ossia gli italiani, noi tutti) eroga 2 miliardi di euro tutti gli anni che Dio manda su questa terra per ripianare il buco della gestione dei dirigenti e delle imprese industriali (probabilmente è anchePag. 67necessario farlo, perché tutti hanno una mamma e anche il diritto a una pensione)?
La gestione delle Ferrovie dello Stato incassa meno di un miliardo di euro di contributi e ne spende 4,5 miliardi di pensioni: il fisco immette 3,5 miliardi di euro. Ritengo che sia giusto: trent'anni fa i ferrovieri erano 240 mila, mentre adesso sono 90 mila e vi sono 240 mila pensionati ed è chiaro che si trovino di fronte a situazioni di questo genere. Questo, però, cari colleghi, è tanto.
Sapete quali sono le galline d'oro dell'INPS? Sapete perché l'INPS vanta un bilancio positivo di miliardi di euro? La prima gallina d'oro dell'INPS è la gestione delle prestazioni temporanee, per 6,5 milioni di euro. Gestione delle prestazioni temporanee la dice lunga, onorevoli colleghi, perché si riferisce agli assegni familiari, alle indennità di malattia e di maternità, agli ammortizzatori sociali.
Questo è un Paese che, da quindici anni, non riesce ad approvare una riforma degli ammortizzatori sociali, nonostante che la gestione che li amministra sia tutti gli anni in attivo di 6,5 miliardi di euro. Ciò avviene perché l'economia politica del Paese fa sì che questi surplus debbano coprire i buchi delle gestioni delle pensioni, in questo caso dei lavoratori autonomi.
Sapete qual è l'altra gallina dalle uova d'oro dell'INPS? È la gestione dei parasubordinati: 6,8 miliardi di euro, 40 miliardi di euro dalla loro costituzione, distribuiti all'interno del sistema. Eppure - lo ricordava il collega prima -, non abbiamo mai potuto svolgere alcuna politica di assegno minimo garantito, di reddito minimo garantito. La cosiddetta commissione povertà, quando l'onorevole Turco era Ministro della solidarietà sociale, provò ad erogare 500 mila euro di reddito minimo garantito, ma in quell'occasione la metà dei comuni italiani finì sotto inchiesta della magistratura, pertanto poi della cosa non si parlò più. Il reddito di ultima istanza, varato dal Governo Berlusconi nella passata legislatura, è finito sotto le «forche caudine» del conflitto tra Stato e regioni, che hanno rivendicato giustamente il loro diritto ad occuparsi di assistenza sociale. La cosa è, quindi, sostanzialmente svanita, nel senso che di reddito minimo garantito non si è più parlato. Oggi, tra l'altro, possiamo darne un giudizio positivo o negativo a seconda delle valutazioni. Il mio è un giudizio positivo, ma occorre considerare che anche la social card, proprio perché è una prestazione assistenziale, rischia di finire nel calderone del conflitto tra Stato e regioni. Mi avvio alla conclusione. Vi chiedo scusa se mi sono infervorato, tra l'altro, suscitando probabilmente anche ilarità, perché infervorarsi in un'aula vuota non è mai un buon segno. Ovviamente, c'è una passione che viene fuori nell'affrontare questi temi.
Per fortuna, l'Italia non è la Campania. Io non sono un nostalgico dell'austerità. Una generazione come la mia si è misurata con la problematica dell'austerità, però vorrei anche ricordare sommessamente che questo è un Paese in cui le famiglie - sono dati ufficiali - investono 42 miliardi di euro l'anno nel gioco.
Voglio ricordare - la collega ricordava la malattia del consumismo - che le spese di comunicazione nelle ultime rilevazioni sono cresciute del 9 per cento e, in valori assoluti, sono la metà della spesa delle famiglie per il mutuo della casa.
Credo che quando si ragiona di quarta settimana bisognerebbe cominciare anche a valutare quelle che noi consideriamo le spese irrinunciabili della vita, perché se guardiamo per esempio - ed è bene che sia così - i dati della stagione turistica ci rendiamo conto che poi, in fondo, questo Paese le ferie le ha fatte.
Insomma, bisognerebbe anche cominciare a riflettere su quale sia il livello essenziale che si ritiene imprescindibile, per cui poi non si arriva a soddisfare quelle esigenze nella quarta settimana del mese.
Concludo, però, osservando che, quando ragioniamo di nuovo welfare, di nuovi bisogni e diritti, dobbiamo anche capire che, in realtà, non possiamo portarci dietro tutto il «vecchio». Ritengo che spesso la sinistra, per la sua conformazionePag. 68sociale e per le sue alleanze sociali, sia troppo propensa, per esempio, a difendere anche il «vecchio», ossia gli interessi che vivono nel vecchio sistema di welfare. Credo che il più importante documento che sia stato prodotto negli ultimi anni, per disegnare un nuovo modello di welfare, sia stata la relazione del febbraio 1997 della commissione Onofri, che fu istituita dal Governo Prodi. Ebbene, quel rapporto è finito in un cassetto una settimana dopo che era stato presentato, dopo che i sindacati avevano protestato, dicendo che non andava bene (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
GIULIANO CAZZOLA. Signora Presidente, ringrazio i presentatori delle mozioni perché hanno dato modo a questa Aula di discutere di un tema importante come quello della povertà, delle lotte all'esclusione sociale, che, indubbiamente, avrebbe avuto bisogno di un dibattito più ricco e, magari, di una maggiore presenza in Aula.Pag. 65
Svolgerò alcune considerazioni con molta franchezza sul dibattito che ho ascoltato e che ho trovato interessante, anche per il sostegno morale, l'impegno civico e civile, che i colleghi hanno espresso con i loro interventi. Tuttavia, sarebbe stato più utile che negli interventi ascoltati fossero state presenti anche valutazioni di contesto. La collega della Lega, a tal proposito, ricordava questa emergenza che abbiamo sul versante del risparmio e che potrebbe far trovare i cittadini italiani di fronte a situazioni ben più gravi e preoccupanti di quelle che stiamo discutendo oggi. Credo, però, che, alcune considerazioni, sia meglio farle - lo dirò con molta franchezza - perché mi sembra ci sia la presentazione di un Paese che o non esiste, o viene rappresentato in termini di grande esagerazione. E, comunque, non faremmo bene a valutare i problemi che abbiamo con un approccio generalizzato e generalista che ci condannerebbe all'impotenza. Ciò avviene quando una classe politica, un Governo, non sono in grado di scegliere, di individuare le priorità, i settori di popolazione sui quali intervenire, ma si continua a indicare indistintamente una moltitudine di lavoratori, di pensionati, di giovani, di donne; è chiaro che si rischia di fare soltanto della propaganda. Un Paese che da anni ha avuto una crescita stentata, e che adesso è addirittura fermo, finisce, inevitabilmente, per scaricare un costo a carico dei cittadini in termini di reddito e di condizioni di vita.
Pertanto, diventa difficile rovesciare a parole una situazione, mentre sarebbe il caso di misurare le emergenze sociali, pesarle per quelle che sono e per quello che valgono ed intervenire su queste.
Credo, infatti, signor Presidente, che l'Italia sia sicuramente un Paese che si è impoverito, però non ritengo, anche se lo ha detto un gesuita, che l'Italia sia l'Africa dell'Europa; non credo che l'Italia, pur essendo un Paese impoverito, sia diventato un Paese povero.
Richiamo, quindi, i colleghi a non infilarsi, per legittimi motivi di lotta politica, in generalizzazioni forzate che non porterebbero da nessuna parte e che ci condurrebbero e condannerebbero all'impotenza.
Negli ultimi anni il dibattito e le analisi economiche hanno sempre evidenziato il tema della povertà relativa, dell'impoverimento relativo delle famiglie. È un problema tecnico, di statistiche; anche i numeri che sono stati portati nel dibattito di quest'Aula si riferiscono alla povertà relativa. La povertà relativa è un indicatore che misura le differenze e che paradossalmente si accorcia nei periodi di difficoltà economica, mentre si amplia durante la crescita quando le società si sgranano in avanti.
L'onorevole Livia Turco - che tra l'altro è stata Ministro degli affari sociali e come tale ha avuto anche la sovraintendenza alla Commissione di indagine sulla povertà della quale ho avuto l'onore e il piacere di fare parte - sa benissimo quanto possa essere anche effimero soffermarsi sui dati della povertà relativa quando siamo incapaci, anche dal punto di vista delle statistiche e delle analisi sociologiche, di individuare il fenomeno vero, quello della sofferenza, il fenomeno della povertà assoluta.
Voglio richiamare un documento programmatico del Governo, il libro verde del Ministro Sacconi, presentato il 25 luglio e sottoposto ad una consultazione che purtroppo non mi pare abbia avuto un grande interesse nel Paese, in Parlamento e tra le forze politiche sociali, il quale si interroga proprio sull'esigenza di individuare le povertà assolute.
Le povertà assolute sono un fenomeno, come è stato ricordato anche in quest'Aula, determinato dai rapidi mutamenti della tecnologia, dalla disgregazione dei corpi intermedi della società e da tante altre conseguenze degli attuali processi economici e sociali che fanno emergere situazioni di bisogno estremo. È questo, colleghi, signor Presidente, il buco nero e il buco vero del nostro modello sociale, il principale limite del nostro sistema di welfare ad impronta lavoristico-occupazionale.Pag. 66
Pensiamoci bene: in Italia non esistono validi strumenti di lotta alla povertà ad effetto inclusivo, nonostante che questa sia, come ricordava un collega poco fa, l'indicazione che viene dall'Europa. Il male del nostro sistema sociale viene da lontano, addirittura dall'articolo 38 della Costituzione, l'articolo sovrano nel campo del welfare, laddove introduce una differenza sostanziale tra la tutela riservata al cittadino e quella riservata al lavoratore: il cittadino viene assistito soltanto quando è inabile e sprovvisto dei mezzi necessari - sottolineo l'aggettivo «necessari» perché ha un valore - alle proprie esigenze di vita; mentre il lavoratore si vede assicurare mezzi adeguati - anche qui «adeguati» ha un preciso significato - a fronte dei tradizionali rischi connessi al lavoro.
Da noi, sessant'anni dopo l'entrata in vigore della Costituzione, gli strumenti della lotta alla povertà sono sempre gli stessi: l'assegno sociale per gli ultrasessantacinquenni poveri, l'invalidità civile e le indennità di accompagnamento per gli invalidi totali, al 100 per cento. Sappiamo tutti quali sono gli importi di queste prestazioni, sappiamo tutti come sono cresciuti il numero dei fruitori e, quindi, anche gli oneri per queste prestazioni. Però, siamo sempre qui, siamo sempre a ricominciare da tre, a ricominciare da queste prestazioni, tra l'altro con i limiti che queste prestazioni hanno.
La mozione Livia Turco n. 1-00041, che se volete è probabilmente anche una mozione organica e riflettuta, affronta molto diffusamente (lo ha fatto anche l'onorevole Binetti nel suo intervento) il tema della condizione delle famiglie italiane.
Noi, però, dobbiamo riconoscere che dedichiamo una quantità irrisoria di risorse alle politiche familiari: in termini di PIL, essa si avvicina all'unità; i dati, invece, attestano, ad esempio (cito l'ultimo rapporto del CNEL sull'occupazione e sul mercato del lavoro), che la conciliazione (tutti sanno di cosa si tratti: non occorre che la illustri) è essenziale e strategica se vogliamo assicurare uno sviluppo dell'occupazione femminile. Abbiamo dati che ci dicono che, al momento della maternità, l'occupazione femminile crolla di 20 punti percentuali. Si tratta di dati dell'ultimo rapporto CNEL presentato il 15 luglio. Vi sono dati che testimoniano che, nel momento dell'accesso al mercato del lavoro, non si riscontrano eccessive differenze tra gli uomini e le donne (ovviamente si tratta di dati medi: sappiamo che questo dato non è presente nel Mezzogiorno), ma che, nel momento in cui la donna decide di diventare madre (e quindi svolge una funzione importantissima di riproduzione sociale), vi è un crollo dell'occupazione di 20 punti percentuali.
Perché, però, non diciamo che per la famiglia esiste una sola prestazione sociale, l'assegno al nucleo familiare, che ha preso il posto degli assegni familiari?
Negli anni Sessanta, onorevole Binetti, l'Italia spendeva la stessa cifra per le pensioni e per gli assegni familiari. Oggi l'Italia spende per le pensioni una cifra dieci volte superiore a quella che spende per gli assegni familiari. Onorevole Binetti, cito a memoria qualche dato, perché ho passato gli ultimi tredici anni della mia vita negli enti previdenziali: la gestione delle prestazioni temporanee, nella quale sono inclusi gli assegni familiari e l'assegno di maternità, è in attivo di 6,5 miliardi di euro (tutti gli anni sono in attivo di 6,5 miliardi di euro); 2,5 miliardi di euro provengono dalla gestione degli assegni al nucleo familiare, per i quali le imprese pagano di più di quello che si consuma nella prestazione.
Sapete dove finiscono queste risorse? Nel bilancio unitario dell'INPS, ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 88 del 1989, queste risorse finiscono per tappare i buchi delle gestioni pensionistiche in deficit. Teniamo presenti questi aspetti e che questo Paese spende due terzi della spesa sociale nella voce «vecchiaia e superstiti». Sapete che in questo Paese (che manda i poveri a dormire sotto i ponti) il fisco italiano (ossia gli italiani, noi tutti) eroga 1 miliardo di euro tutti gli anni che Dio manda su questa terra per ripianare il buco della gestione dei dirigenti e delle imprese industriali (probabilmente è anchePag. 67necessario farlo, perché tutti hanno una mamma e anche il diritto a una pensione)?
La gestione delle Ferrovie dello Stato incassa meno di un miliardo di euro di contributi e ne spende 4,5 miliardi di pensioni: il fisco immette 3,5 miliardi di euro. Ritengo che sia giusto: trent'anni fa i ferrovieri erano 240 mila, mentre adesso sono 90 mila e vi sono 240 mila pensionati ed è chiaro che si trovino di fronte a situazioni di questo genere. Questo, però, cari colleghi, è tanto.
Sapete quali sono le galline d'oro dell'INPS? Sapete perché l'INPS vanta un bilancio positivo di miliardi di euro? La prima gallina d'oro dell'INPS è la gestione delle prestazioni temporanee, per 6,5 milioni di euro. Gestione delle prestazioni temporanee la dice lunga, onorevoli colleghi, perché si riferisce agli assegni familiari, alle indennità di malattia e di maternità, agli ammortizzatori sociali.
Questo è un Paese che, da quindici anni, non riesce ad approvare una riforma degli ammortizzatori sociali, nonostante che la gestione che li amministra sia tutti gli anni in attivo di 6,5 miliardi di euro. Ciò avviene perché l'economia politica del Paese fa sì che questi surplus debbano coprire i buchi delle gestioni delle pensioni, in questo caso dei lavoratori autonomi.
Sapete qual è l'altra gallina dalle uova d'oro dell'INPS? È la gestione dei parasubordinati: 6,8 miliardi di euro, 40 miliardi di euro dalla loro costituzione, distribuiti all'interno del sistema. Eppure - lo ricordava il collega prima -, non abbiamo mai potuto svolgere alcuna politica di assegno minimo garantito, di reddito minimo garantito. La cosiddetta commissione povertà, quando l'onorevole Turco era Ministro della solidarietà sociale, provò ad erogare 500 mila lire di reddito minimo garantito, ma in quell'occasione la metà dei comuni italiani finì sotto inchiesta della magistratura, pertanto poi della cosa non si parlò più. Il reddito di ultima istanza, varato dal Governo Berlusconi nella passata legislatura, è finito sotto le «forche caudine» del conflitto tra Stato e regioni, che hanno rivendicato giustamente il loro diritto ad occuparsi di assistenza sociale. La cosa è, quindi, sostanzialmente svanita, nel senso che di reddito minimo garantito non si è più parlato. Oggi, tra l'altro, possiamo darne un giudizio positivo o negativo a seconda delle valutazioni. Il mio è un giudizio positivo, ma occorre considerare che anche la social card, proprio perché è una prestazione assistenziale, rischia di finire nel calderone del conflitto tra Stato e regioni. Mi avvio alla conclusione. Vi chiedo scusa se mi sono infervorato, tra l'altro, suscitando probabilmente anche ilarità, perché infervorarsi in un'aula vuota non è mai un buon segno. Ovviamente, c'è una passione che viene fuori nell'affrontare questi temi.
Per fortuna, l'Italia non è la Campania. Io non sono un nostalgico dell'austerità. Una generazione come la mia si è misurata con la problematica dell'austerità, però vorrei anche ricordare sommessamente che questo è un Paese in cui le famiglie - sono dati ufficiali - investono 42 miliardi di euro l'anno nel gioco.
Voglio ricordare - la collega ricordava la malattia del consumismo - che le spese di comunicazione nelle ultime rilevazioni sono cresciute del 9 per cento e, in valori assoluti, sono la metà della spesa delle famiglie per il mutuo della casa.
Credo che quando si ragiona di quarta settimana bisognerebbe cominciare anche a valutare quelle che noi consideriamo le spese irrinunciabili della vita, perché se guardiamo per esempio - ed è bene che sia così - i dati della stagione turistica ci rendiamo conto che poi, in fondo, questo Paese le ferie le ha fatte.
Insomma, bisognerebbe anche cominciare a riflettere su quale sia il livello essenziale che si ritiene imprescindibile, per cui poi non si arriva a soddisfare quelle esigenze nella quarta settimana del mese.
Concludo, però, osservando che, quando ragioniamo di nuovo welfare, di nuovi bisogni e diritti, dobbiamo anche capire che, in realtà, non possiamo portarci dietro tutto il «vecchio». Ritengo che spesso la sinistra, per la sua conformazionePag. 68sociale e per le sue alleanze sociali, sia troppo propensa, per esempio, a difendere anche il «vecchio», ossia gli interessi che vivono nel vecchio sistema di welfare. Credo che il più importante documento che sia stato prodotto negli ultimi anni, per disegnare un nuovo modello di welfare, sia stata la relazione del febbraio 1997 della commissione Onofri, che fu istituita dal Governo Prodi. Ebbene, quel rapporto è finito in un cassetto una settimana dopo che era stato presentato, dopo che i sindacati avevano protestato, dicendo che non andava bene (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali.
Chiedo al rappresentante del Governo se intenda intervenire in questa sede o si riservi di intervenire nel prosieguo del dibattito.... vedo che il rappresentante del Governo ha già abbandonato l'Aula, evidentemente si riserva di intervenire in altra seduta, alla quale è rinviato il seguito del dibattito.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 17,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Boccia n. 2-00132)

PRESIDENTE. La prima interpellanza all'ordine del giorno è la n. 2-00132 degli onorevoli Boccia e altri, riguardante dati e iniziative con riferimento all'esposizione delle aziende pubbliche, dei Ministeri e dei piccoli risparmiatori in relazione al fallimento della banca d'affari Lehman Brothers.
Constato, tuttavia, l'assenza del rappresentante del Governo, che avrebbe dovuto rispondere all'interpellanza. Lo svolgimento della medesima deve pertanto essere rinviato ad altra seduta.
La Presidenza non può che censurare fortemente l'atteggiamento del Governo, che avrebbe dovuto adempiere al proprio dovere costituzionale di partecipare alla seduta.
Informerò immediatamente il Presidente della Camera dell'accaduto, affinché possa stigmatizzare presso il Governo il suo stesso comportamento.

FRANCESCO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, siamo letteralmente basiti, increduli e francamente imbarazzati per la condizione in cui versa la nostra principale istituzione, il Parlamento.
Trenta deputati della Repubblica hanno presentato un'interpellanza urgente la scorsa settimana ed eravamo già andati incontro al Governo nello spostare da giovedì scorso a questo giovedì la discussione di questa interpellanza.
È un'interpellanza delicata, perché in essa abbiamo ricostruito tutte le operazioni finanziarie fatte da Lehman Brothers con la Repubblica italiana e chiedevamo al Governo, per rispetto del Parlamento e dei mercati, di essere trasparente sui numeri che, in questo momento, stanno diventando oggetto delle valutazioni più delicate sulla condizione economico-finanziaria del Paese.
Siamo oggettivamente increduli, perché speravamo che, dopo dieci giorni, il Ministero dell'economia e delle finanze, nella persona del Ministro dell'economia, dicesse qualcosa al Parlamento.
Non l'ha fatto questa mattina il Ministro Tremonti, lasciando attonita una buona parte dell'Aula. Speravamo, lo sperava soprattutto il Partito Democratico, che all'interpellanza urgente, che è puntuale e circostanziata, seguisse una risposta tecnica del Governo.Pag. 69
Questo silenzio ci preoccupa, signor Presidente; glielo dico con tutta la serenità e l'incredulità del caso. Questo silenzio ci preoccupa, perché non diamo un bel segnale all'esterno, perché questa interpellanza era anche oggetto di attenzione da parte, evidentemente, degli operatori specializzati.
Il Tesoro non si è presentato in Aula e non ci sta dando alcuna spiegazione. Siccome le cifre sono serie, perché solo il mark to market negativo, cioè le perdite che la Repubblica italiana avrebbe consolidato nei confronti di Lehman Brothers, ammonterebbe a un miliardo e mezzo di euro, questa assenza e la mancanza di una smentita, come purtroppo capita da dieci giorni a questa parte, rischiano di essere un'indiretta conferma dei contenuti di questa interpellanza.
Nelle prossime ore decideremo certamente di sottolineare l'accaduto in tutti i modi e in tutte le forme. Chiedo alla Presidenza della Camera di dirci, a questo punto, cosa si fa in questi casi, perché restiamo basiti. Non so se vi siano altri precedenti.
È grave che questo sia capitato sulla condizione dei mercati finanziari e sulla condizione della Repubblica rispetto a tali mercati. In questa interpellanza venivano poste delle domande molto tecniche e molto precise; ci saremmo aspettati, almeno, una risposta scritta da mettere agli atti. Non c'è neanche questa. Penso che questa vicenda si commenti da sola (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, le confermo che la Presidenza condivide...

PIERFELICE ZAZZERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Prendo la parola sull'ordine dei lavori, signor Presidente. Vorrei capire se il Ministro Tremonti le ha dato una motivazione per questa assenza, perché, di fronte a quanto sta accadendo in questi giorni in Aula e nel nostro Paese, oserei dire che non siamo più neppure di fronte a una dittatura dolce: qui siamo alla violazione delle regole democratiche del Parlamento, alle regole democratiche del Paese, ed è un Governo in fuga, in fuga dalle proprie responsabilità, dalle responsabilità nei confronti del Paese! È gravissimo che oggi nessuno del Governo sia qui a rispondere a quanto il Paese e questo Parlamento, espressione del Paese, chiedono.

PRESIDENTE. Voglio precisare che naturalmente l'interpellanza in questione sarà posta di nuovo all'ordine del giorno dell'Assemblea di una seduta della prossima settimana.

PIERFELICE ZAZZERA. Ma la motivazione, signor Presidente!

PRESIDENTE. Gli uffici provvederanno a contattare a tale proposito il Governo. Sottolineo che gli uffici sono stati informati dal Governo della sua assenza solo dopo che gli uffici stessi avevano sollecitato e chiesto informazioni sulla presenza del sottosegretario in Aula. Ciò conferma l'atteggiamento critico degli interpellanti, ma anche della Presidenza, che ha avuto modo di sottolineare e di stigmatizzare il comportamento del Governo. Come ho già detto, sarà mia premura informare il Presidente della Camera perché, a sua volta, faccia presente al Governo che è venuto gravemente meno ai suoi impegni di natura costituzionale.

(Ritiro dell'interpellanza urgente Carlucci n. 2-00097)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente n. 2-00097 degli onorevoli Carlucci ed altri, concernente problematiche relative alla stabilizzazione degli ufficiali in ferma prefissata della Marina militare.
Avverto che l'interpellanza in questione è stata ritirata in data odierna dai presentatori.
È così esaurito lo svolgimento - che non è stato possibile - delle interpellanze urgenti, previste all'ordine del giorno.

Pag. 70

Comunicazioni del Presidente sul contenuto del disegno di legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 120, comma 2, del Regolamento (ore 17,17).

PRESIDENTE. Comunico le decisioni, ai sensi dell'articolo 120, comma 2, del Regolamento, in merito al contenuto del disegno di legge finanziaria (A.C. 1713). Al riguardo, do lettura del parere espresso in data odierna dalla V Commissione (Bilancio):
«Signor Presidente, Le comunico che la Commissione da me presieduta ha adottato, in data odierna, la seguente decisione:
La V Commissione bilancio, tesoro e programmazione, esaminato il disegno di legge finanziaria per il 2009, ai sensi dell'articolo 120, comma 2, del Regolamento; considerato che il disegno di legge reca esclusivamente disposizioni riconducibili al contenuto proprio del disegno di legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, volte, in particolare, a: fissare gli obiettivi dei saldi del bilancio dello Stato; disporre la proroga di norme di carattere tributario recanti regimi agevolati e incidenti sulla misura di aliquote e comunque sulla determinazione di parametri da cui deriva il quantum della prestazione; definire l'importo delle risorse destinate ai rinnovi contrattuali e alle modifiche del trattamento economico del pubblico impiego, anche per quanto concerne il trattamento accessorio, nonché a definire l'importo dei trasferimenti destinati agli enti previdenziali; stabilire gli importi da iscrivere nelle tabelle allegate; tenuto conto che la limitazione del contenuto del disegno di legge finanziaria nei termini indicati risulta pienamente coerente con il dettato del comma 1-bis dell'articolo 1 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in base al quale, per l'anno 2009, sono escluse dal disegno di legge finanziaria disposizioni finalizzate direttamente al sostegno e al rilancio dell'economia e disposizioni di carattere ordinamentale, microsettoriale e localistico; rilevato peraltro che nell'ambito della tabella C risulta incluso il finanziamento della disposizione di cui all'articolo 28, comma 4-bis, del decreto-legge n. 159 del 2007, che, in base alla normativa sostanziale, non può essere iscritta nella suddetta tabella, nonché il finanziamento, per gli anni 2009, 2010 e 2011, della disposizione di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 297 del 2006 che, in base alla normativa sostanziale, può essere iscritta in tabella C soltanto a partire dal 2010; ritenuto che la definizione del limite di contenuto del disegno di legge finanziaria deve ovviamente riferirsi anche alle eventuali modifiche che potranno essere apportate al testo del disegno di legge governativo nel corso dell'esame parlamentare, per cui dovranno considerarsi inammissibili per estraneità di materia le proposte emendative che non rispondano alle previsioni del citata comma 1-bis dell'articolo 1 del citato decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112; rilevato, per quanto concerne i profili finanziari, che: agli oneri derivanti dalle disposizioni contenute nel disegno di legge si fa fronte mediante il ricorso alle disponibilità precostituite nell'ambito del citato decreto-legge n. 112 del 2008 e mediante le maggiori entrate e le minori spese determinate dalle disposizioni del disegno di legge medesimo; dal prospetto di copertura recato dal disegno di legge risulta una eccedenza dei mezzi di copertura, con riferimento esclusivo al saldo netto da finanziare, rispetto agli oneri di natura corrente pari a 1.024 milioni di euro per il 2009, a 1.574 milioni di euro per il 2010 e a 1.889 milioni di euro per il 2011;
RITIENE
1) che le disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria per il 2009 sono riconducibili al contenuto proprio della legge finanziaria, come determinato dalla legge di contabilità generale dello Stato e dall'articolo 1, comma 1-bis, del citato decreto-legge n. 112, fatta eccezionePag. 71per l'inserimento in tabella C della voce di spesa relativa al decreto-legge n. 159 del 2007 (articolo 28, comma 4-bis) e, limitatamente al finanziamento riferito all'anno 2009, della voce di spesa relativa al decreto-legge n. 297 del 2006 (articolo 6, comma 2). II limite indicato per il 2009 dalla citata disposizione dell'articolo 1, comma 1-bis, integra i parametri per l'ammissibilità degli emendamenti fissato dall'articolo 121, comma 5, del Regolamento; 2) che il disegno di legge finanziaria per il 2009 risulti conforme alle disposizioni in materia di copertura finanziaria stabilite dalla vigente disciplina contabile; 3) che, nel corso dell'esame parlamentare, si debba garantire la coerenza tra le deliberazioni sulle tabelle allegate al disegno di legge finanziaria e le eventuali rimodulazioni che dovessero essere effettuate, con riferimento alle medesime voci di spesa, in sede di disegno di legge di bilancio, ai sensi dell'articolo 60, comma 3, del citato decreto-legge n. 112 del 2008. Va mantenuto fermo il criterio costantemente adottato per il quale gli emendamenti sugli stessi oggetti possono essere presentati all'uno o all'altro disegno di legge. Firmato - Giancarlo Giorgetti».

Pertanto, esaminato il disegno di legge e sulla base del parere della V Commissione, la voce «Decreto-legge n. 159 del 2007 - articolo 28, comma 4-bis» e, limitatamente al finanziamento riferito all'anno 2009, la voce «Decreto-legge n. 297 del 2006 - articolo 6, comma 2» devono intendersi espunte dal disegno di legge. La V Commissione provvederà a regolare le conseguenti variazioni dei totali nella Tabella C e nelle restanti parti del disegno di legge.

Assegnazione alla V Commissione (Bilancio) in sede referente del disegno di legge finanziaria e del disegno di legge di bilancio (ore 17,23).

PRESIDENTE. A norma del comma 1 degli articoli 72 e 120 del Regolamento, i seguenti disegni di legge sono assegnati alla V Commissione (Bilancio), in sede referente, con il parere di tutte le altre Commissioni permanenti e della Commissione parlamentare per le questioni regionali:

«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009)» (1713);
«Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011» (1714).

I termini per l'esame in sede consultiva e per l'esame in sede referente, sono fissati, rispettivamente, al 16 ottobre e al 31 ottobre 2008.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 3 ottobre 2008, alle 10:

Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (1634-A).
- Relatore: Aprea.

La seduta termina alle 17,25.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 1o ottobre 2008, a pagina 30, prima colonna, dopo l'ultima riga, inserire le parole: «Prendo atto che il deputato Pianetta ha segnalato che non è riuscito a votare.».

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Doc. LVII, 1-bis - ris. n. 6.00007 419 416 3 209 231 185 64 Appr.
2 Nom. ddl 1441-bis-A - odg 9/4 472 469 3 235 225 244 60 Resp.
3 Nom. odg 9/1441-bis-A/11 487 483 4 242 222 261 59 Resp.
4 Nom. odg 9/1441-bis-A/13 484 480 4 241 255 225 58 Appr.
5 Nom. ddl 1441-bis-A - voto finale 520 489 31 245 279 210 46 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.