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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 55 di giovedì 25 settembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 11,05.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Barbieri, D'Amico, Leo, Rigoni e Stucchi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Convalida di un deputato.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella seduta del 24 settembre 2008, ha verificato non essere contestabile la seguente elezione nel collegio uninominale e, concorrendo nell'eletto le qualità richieste dalla legge, ha deliberato di proporne la convalida: XXVII circoscrizione - Valle d'Aosta: Roberto Rolando Nicco.
Do atto alla Giunta di questa comunicazione e dichiaro convalidata la suddetta elezione.
Molti auguri di buon lavoro all'onorevole Nicco.

Discussione del disegno di legge: Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, da 22 a 24, 31, 32, da 37 a 39, da 65 a 67 e 70 del disegno di legge n. 1441, deliberato dall'Assemblea il 5 agosto 2008) (A.C. 1441-bis-A) (ore 11,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Ricordo che nella seduta del 5 agosto scorso la Camera ha deliberato, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del Regolamento, di fissare al 1o ottobre il termine per la conclusione dell'esame in Assemblea del disegno di legge all'ordine del giorno.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento, senza limitazioniPag. 2nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
La relatrice per la I Commissione, onorevole Bernini Bovicelli, ha facoltà di svolgere la relazione.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, se possibile le chiederei di dare prima la parola all'onorevole Corsaro, relatore per la V Commissione.

PRESIDENTE. Non esiste alcuna obiezione, quindi il relatore per la V Commissione, onorevole Corsaro, ha facoltà di svolgere la relazione.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, per inquadrare il disegno di legge 1441-bis, di cui avviamo la discussione in Aula, credo sia utile ripercorrere un velocissimo excursus della sua genesi, giacché questo provvedimento nasce come una parte sostanziale, ma pur sempre una parte, di un insieme di interventi che l'attuale Governo ha avviato con l'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria, con i decreti legge n. 93 del 2008 e n. 112 del 2008, che sono stati discussi ed approvati dal Parlamento prima della pausa estiva, con, appunto, la stesura del provvedimento di legge di cui stiamo discutendo oggi in Aula e, da ultimo, con la presentazione e quindi l'approvazione, nei giorni scorsi, da parte del Consiglio dei ministri, della manovra finanziaria per il 2009.
Dico ciò perché il disegno di legge n. 1441 nasce - ed è giusto ricordarlo - con un insieme corposo di normative e di argomenti che in esso erano contenuti e che miravano tanto alle materie attinenti allo sviluppo economico, alla razionalizzazione dell'utilizzo dei fondi per le aree sottoutilizzate e all'estensione della struttura dei distretti industriali, quanto alla scelta dell'investimento sull'innovazione e l'energia, con particolare riferimento allo sviluppo della produzione energetica nucleare, quanto ai percorsi di liberalizzazione e privatizzazione attinenti alla riforma dei servizi pubblici locali ed alla limitazione del ricorso a società partecipate o controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, quanto alle semplificazioni e al contenimento dei termini procedurali e valutativi, quanto al migliore efficientamento e razionalizzazione strutturale della pubblica amministrazione.
Nel corso della vita parlamentare del disegno di legge in oggetto si è, viceversa, ritenuto, accondiscendendo ad un'esplicita e formale richiesta avanzata dai presidenti delle Commissioni lavoro e attività produttive della Camera dei deputati, di stralciare parti sostanziali di esso, dando vita a due altri provvedimenti, segnatamente il n. 1441-ter (assegnato alle competenze della Commissione attività produttive) e il n. 1441-quater (assegnato alle competenze della Commissione lavoro). Inoltre, nel corso del lavoro svolto dalle Commissioni congiunte I e V della Camera dei deputati, ho provveduto, insieme all'onorevole Bernini Bovicelli, correlatrice del provvedimento, a stralciare ulteriori parti considerabili superate, giacché tra la prima formulazione del provvedimento e l'avvio del lavoro da parte delle Commissioni parlamentari era sopraggiunta la definitiva conversione del decreto-legge n. 112 del 2008, che prevedeva già alcune norme contenute nel disegno di legge n. 1441.
Rimane, comunque, una parte sostanziale di lavoro all'interno del disegno di legge n. 1441-bis, che riguarda alcuni aspetti fondamentali relativi al tema della giustizia e della procedura civile (di cui parlerà l'onorevole Bernini Bovicelli, per quanto di sua competenza); rimane, altresì, la definizione del nuovo articolato, che - vorrei sottolinearlo - è passato da 75 articoli a 43 articoli, nel testo in cui si presenta oggi all'Aula della Camera dei deputati, anche emendato dai lavori delle Commissioni.
Come dicevo, si tratta di un provvedimento che continua a prevedere aspetti fondamentali che riguardano la semplificazione,Pag. 3la sburocratizzazione - in una parola, l'efficientamento - della pubblica amministrazione, esattamente nel solco di quanto, sin dall'avvio di questa legislatura, era stato indicato come obiettivo di questo Governo e della maggioranza che lo sostiene.
Vi sono provvedimenti che riguardano innovazioni tecnologiche, la possibilità di far recuperare a parti del Paese dei gap strutturali importanti: l'articolo 1 del testo in esame prevede la possibilità di destinare 800 milioni di euro per la realizzazione della banda larga in aree fortemente sottoutilizzate. Vi è la definizione di migliori modalità di esercizio delle prestazioni dei lavori da parte della pubblica amministrazione, a partire dalla valutazione delle cosiddette centrali di committenza per i lavori, i servizi e le forniture da parte degli enti locali.
Vi sono dei sostanziali interventi modificativi della legge n. 241 del 1990, per quanto attiene alla chiarezza dei testi normativi, alla certezza dei tempi di conclusione del procedimento amministrativo e alla Conferenza di servizi. In relazione a quest'ultima, abbiamo cercato di snellire le modalità di partecipazione, ma anche i tempi di effettuazione della stessa, cercando di impedire che la Conferenza di servizi diventi l'assemblea nella quale un singolo interesse privato, che abbia un motivo di contrarietà rispetto al più generale interesse pubblico, possa portare al blocco e alla sostanziale cancellazione della realizzazione di opere.
Si prevede il rafforzamento del ruolo delle farmacie, alle quali, dopo un intenso lavoro in Commissione, nel testo che viene rassegnato all'Assemblea della Camera dei deputati è riconosciuto un importante compito di diffusione capillare sul territorio dei servizi di prestazione sanitaria di primo livello. Vi è un'importante opera di semplificazione per le attività amministrative e contabili dei comuni minori che abbiano un dimensionamento inferiore a 5 mila abitanti. Vi è un intervento per l'efficienza dell'azione amministrativa, che riguarda il limite delle spese di funzionamento della pubblica amministrazione, il trasferimento delle funzioni, la definizione delle cosiddette buone prassi amministrative e la definizione di limiti temporali entro i quali la pubblica amministrazione deve dare conto del suo funzionamento, ma anche dei tempi con i quali adotta i provvedimenti a favore dei cittadini amministrati. Vi è l'eliminazione degli sprechi cartacei e una forte incentivazione all'uso della telematica.
Vi è anche la definizione dei rapporti, spesso contestati e spesso criticati, proprio in tema di possibilità di realizzazione di sprechi, per quanto riguarda il ricorso a società di stampo privatistico da parte delle pubbliche amministrazioni, con la diminuzione del ruolo, della casistica di specie e con la diminuzione anche del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e con la definizione delle potestà di attribuzione di deleghe ai componenti del consiglio di amministrazione.
Mi pare di poter dire, signor Presidente, che, per quanto detto e, soprattutto, per quanto dopo di me dirà l'onorevole Bernini Bovicelli, stiamo parlando di un provvedimento che, per davvero, finisce per incidere in modo a nostro avviso fortemente positivo nel funzionamento amministrativo e, per certi versi, anche giudiziale della macchina pubblica, a maggior conforto della comprensione dei cittadini, della possibilità dei cittadini di utilizzare le strutture pubbliche e a maggiore tutela della garanzia dei cittadini di non vedersi soggetti al pregiudizio e al libero arbitrio da parte di chi deve, viceversa, interpretare l'azione della pubblica amministrazione.
Mi consenta però, signor Presidente, da ultimo, prima di chiudere questo mio intervento lasciando quindi il doveroso spazio alla collega onorevole Bernini Bovicelli, di rilevare - se non lo facessi, non potrei sentire di assolvere appieno al compito di relatore della Commissione bilancio - come anche in questa occasione, come già in precedenti casi, la Commissione bilancio della Camera dei deputati sia stata messa in condizione di lavorare con tempi estremamente limitati, soprattutto se raffrontati alla vastità e alla complessitàPag. 4dei temi che in questo disegno di legge erano e continuano ad essere contenuti. Tale vicenda si è oramai ripetuta nel corso di questi primi mesi di lavoro della nostra legislatura con continuità pressoché costante, tanto da far diventare assolutamente fisiologica questa modalità di lavoro. La qual cosa certamente non ha spaventato né i componenti della Commissione bilancio, né quanti, di provvedimento in provvedimento, hanno accompagnato il lavoro dei componenti della Commissione bilancio (in questo caso, ripeto, abbiamo lavorato insieme ai colleghi della Commissione affari costituzionali e, per certi versi, anche con i colleghi della Commissione giustizia). Va detto, però, che, se si chiede ad un organo parlamentare di assumersi il compito di realizzare un lavoro intenso e particolare in tempi particolarmente ristretti con una eterogeneità di argomenti da affrontare, poi bisogna anche che questa potestà sia lasciata per il compimento del buon lavoro.
Dico questo, signor Presidente, perché è accaduto, in qualche caso in forma poco piacevole, che al lavoro delle Commissioni interessate facesse seguito l'elevazione, come dire, di strali da parte di qualche altro organo parlamentare riguardo alla circostanza che, nello svolgimento del lavoro, ci si interessava di questo o di quell'argomento. Ripeto, signor Presidente, non spaventa l'intensità del lavoro e anche l'utilizzo, come dire, di tempi e di calendari per altri organismi parlamentari normalmente ignoti; quello che ritengo non possa verificarsi - e sono sicuro che lei lo comprenderà - è che la Commissione bilancio possa essere, di volta in volta, buona per il re e non per la regina.

PRESIDENTE. La ringrazio, e le assicuro che la Presidenza ha comprensione per il difficile lavoro che avete svolto ed anche per le circostanze nelle quali lo avete svolto. Il Presidente della Camera sarà informato dei problemi che lei ha sollevato.
L'onorevole Bernini Bovicelli, relatrice per la I Commissione, ha facoltà di svolgere la relazione.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, premessa la condivisione con il collega, onorevole Corsaro, del commento al provvedimento in oggetto, anche in ordine alle riflessioni spese sulla gemmazione della sua istruttoria legislativa, vorrei però ancora ribadire come il nostro disegno di legge, a partire dal suo titolo così ampio e articolato, rappresenti pienamente la filosofia del fare nella scelta di metodo che lo ha ispirato, ovvero una maggiore efficienza ed efficacia di tempi, costi e procedure, finalizzata ad una semplificazione di leggi, regole ed apparati, per una spinta vigorosa di implementazione allo sviluppo economico.
Ciò è avvenuto principalmente attraverso un recupero della qualità dei beni e dei servizi che lo Stato offre ai suoi utenti, comunque caratterizzati, siano essi cittadini, imprese, artigiani, professionisti, amministrazioni pubbliche, centrali o locali, in vista sia del riposizionamento del nostro sistema Paese in termini di vera competitività, domestica e soprattutto mondiale, sia del rispetto dei nostri impegni comunitari, peraltro recentemente ribaditi in maniera inequivoca attraverso l'adesione unanime al Trattato di Lisbona.
Per la parte del provvedimento in commento, il nostro filo conduttore rappresenta ciò che il diritto civile definisce la causa del contratto, ovvero la sua funzione insieme economica e sociale, che dà omogeneità e senso legittimante al suo oggetto ma soprattutto ai suoi effetti. Anche in questo caso, infatti, di contratto si tratta, da adempiersi nei confronti dei cittadini che hanno conferito a tutti noi, maggioranza e opposizione, un mandato fiduciario, chiedendoci buone regole di chiarezza, semplicità e di efficacia per la vita di relazione, personale e professionale, pubblica e privata.
Ristabilire nel Paese la certezza del diritto è il primo passo verso un recupero, insieme, di qualità dell'esistenza e di credibilità economica e finanziaria per un reale rilancio degli investimenti. Quindi, la riduzione di uno tra i costi più impopolari, inutili, onerosi e penalizzanti per i nostriPag. 5amministrati, il costo del contenzioso, è un obiettivo non solo opportuno, ma doveroso. Il costo del contenzioso ingessa i rapporti in essere, abbatte la produttività, allontana i partner stranieri e crea comunque una generale percezione di inaffidabilità. Tale costo del contenzioso, ovviamente, si espande in proporzione al suo tempo di durata.
Tutti gli attori economici, i cittadini e lo Stato stesso, trovano ormai insostenibili ed oberanti le spese, peraltro in aumento esponenziale, connesse all'amministrazione della giustizia civile, penale ed amministrativa, senza distinzione. Lo Stato non può che prenderne atto e predisporre celermente strumenti di inversione di tendenza.
Si è quindi, nel testo in esame, proceduto ad una razionalizzazione di spese e costi economici, alla compressione di tempi immotivatamente lunghi e, per quanto possibile, all'attenuazione dei disagi logistici derivanti all'utente del servizio giustizia civile e commerciale, sia esso persona fisica o giuridica o amministrazione pubblica. Ciò è avvenuto attraverso un iniziale intervento incentrato su alcuni punti cardine, senza alcuna pretesa di riforma organica o di rivisitazione rivoluzionaria dell'impianto codicistico, ma solo allo scopo di rimuovere velocemente, a vantaggio di tutti, ostacoli ormai da troppo tempo conclamati e di stabilire, da subito, alcuni presupposti di utile, semplice e corretto impiego delle formule del processo.
In questa prospettiva funzionale, si è ritenuto di operare, in primo luogo, su talune tempistiche dei giudizi di primo grado e di impugnazione, comprimendole ed affinandole secondo criteri di equo contemperamento tra esigenze di economia procedimentale e il doveroso rispetto dei diritti di difesa di tutte le parti nel processo e adottando, ove possibile ed opportuno, schemi decisori più agili e semplificati. In secondo luogo, si è ritenuto di agire sugli utilizzatori, ovvero sulle parti che chiedono giustizia, dando un valore positivo o negativo al loro comportamento processuale, con previsione di sanzioni collegate alla malafede e alle male pratiche suscettibili di produrre lungaggini e distorsioni, a scapito dei tempi della decisione finale.
Il legislatore sta poi mostrando una particolare sensibilità, va rilevato, per strumenti di velocizzazione e deflazione del contenzioso praticati con successo in altri ordinamenti di settore e, in quanto tali, particolarmente funzionali perché noti, riconoscibili ed affidabili anche per operatori giuridici ed economici stranieri, potenziali utenti del nostro servizio di giustizia. Una risalente e proficua esperienza comparativa, ormai lunga mezzo secolo, ha certamente suggerito l'impiego razionalizzato di modelli extragiudiziali non vincolanti di composizione delle liti, quali la mediazione e la conciliazione, attraverso il conferimento al Governo di una delega legislativa per l'emanazione di un quadro organico di amministrazione della conciliazione nelle controversie civili e commerciali.
Ciò anche in ossequio alla sempre maggiore diffusione di pratiche ADR (alternative dispute resolution) all'interno della nostra legislazione di settore quali, ad esempio, l'ambito societario, quello del turismo, del credito al consumo, della finanza, dei contratti della pubblica amministrazione in materia di opere, servizi e forniture (ove viene definito accordo bonario) e soprattutto in ossequio ad una normativa comunitaria che, con sempre maggiore pervasività, ci sollecita all'interposizione di un filtro, volontario e non contenzioso, pre, infra e praeter processuale, per la riduzione delle richieste di giustizia «stogata» in particolare in settori micro o macro conflittuali ad alto tasso di avversarialità, anche emotiva.
L'esperienza dimostra che la conciliazione produce i suoi effetti fuori e dentro il processo, sia in una fase precontenziosa, per fermare il conflitto ad uno stadio per quanto possibile basso, sia come deterrente alla prosecuzione di un processo già radicato. Proprio in questo senso va l'introduzione di un filtro deflattivo interno al giudizio che prevede un aggravio di costi processuali per la parte che, pur vittoriosa,Pag. 6abbia rifiutato nel giudizio, senza giustificato motivo, una proposta conciliativa di importo corrispondente a quanto in seguito ottenuto in sentenza.
Vorrei anche ricordare, solo a titolo esemplificativo, l'introduzione di un ulteriore mezzo per consentire l'accesso, regolamentato dal giudice, di testimonianze scritte nel processo, che evoca un affidavit da tempo non più patrimonio esclusivo dei Paesi a diritto non codificato, ma anche di molti Paesi europei, quali ad esempio la Francia, e dello stesso processo comunitario. L'inserimento, nel processo di esecuzione, di uno strumento di immediato soddisfacimento delle pretese della parte vittoriosa in caso di inadempimento del soccombente ad obblighi di fare infungibile e di non fare, che munisce la sentenza di condanna anche della determinazione e liquidazione di una somma di denaro immediatamente esigibile. L'attivazione di un procedimento sommario di cognizione per cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica e per le sole domande relative a crediti di somme di danaro, anche non liquide, ed alla consegna o al rilascio di cose con rapido soddisfacimento della domanda grazie all'emanazione di un provvedimento immediatamente esecutivo su cui, in mancanza di appello, si forma il giudicato.
Si prevedono poi disposizioni volte a realizzare il contenimento e la razionalizzazione nella riscossione delle spese di giustizia.
Tra i diversi interventi, quelli maggiormente efficaci si trovano nella registrazione degli atti giudiziari nel processo penale, nel recupero delle spese nei confronti dell'imputato ammesso al gratuito patrocinio e nelle norme in materia di devoluzione dello Stato dei beni sequestrati.
Si tratta, lo si ribadisce, solo di alcuni esempi che rappresentano però importanti tappe di un percorso assai articolato e oggetto di una proposta tecnico-legislativa innovativa e di più ampio respiro che ha già avuto inizio e che in questo provvedimento vede la sua naturale prosecuzione per rispondere, proprio attraverso l'impegno delle cose fatte, a richieste di azioni e di risultati sempre più urgenti e non più procrastinabili.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, ascoltando le relazioni che hanno introdotto questo dibattito si ha la sensazione di essere di fronte ad un quadro quasi paradisiaco, nel senso che sembra che questo provvedimento realizzi tutti quegli obiettivi di semplificazione che sono stati enunciati, salvo il riferimento, da parte del relatore per la Commissione bilancio, a qualche difficoltà ad approvare queste cose in tempi molto ristretti.
Proprio per rendere merito a chi ha svolto questo lavoro introduttivo, vorrei dire che formalmente forse le cose stanno così, formalmente risulterà che quelle cose le ha approvate la Camera dei deputati, ma vi dico che sostanzialmente non è questo che è accaduto. Il processo legislativo che ci ha visti coinvolti, infatti, non ha consentito, al Parlamento e a questa Camera, in particolare di discutere, approfondire e controbattere quegli argomenti. Si tratta quindi di un «manifesto» che formalmente passa in Parlamento, ma sostanzialmente non è elaborato dal Parlamento.
Vedete, la semplificazione è una bella parola, ma se la applicate al termine democrazia, semplificare la democrazia è pericoloso.
Voglio dirvi, parlando soltanto di metodo - perché questo è il mio compito in questo momento e il metodo, naturalmente, in un'Aula parlamentare non è un elemento di dettaglio ma è un elemento fondamentale - che registro un profondo malessere certamente nell'opposizione - a nome della quale o, almeno per il Partito Democratico, parlo - nel modo in cui stiamo, in questo inizio di legislatura, elaborando gli atti normativi. Credo chePag. 7questo malessere ci sia anche in qualche componente della maggioranza, ma non spetta a me dirlo. Mi sembra che questo malessere ci sia anche nelle strutture che accompagnano in maniera solida il nostro lavoro e che naturalmente registrano un confronto tra l'elaborazione di questi provvedimenti ed altri provvedimenti di altre epoche.
Veniamo da un primo periodo, prima della pausa estiva, nel quale abbiamo approvato sostanzialmente dodici decreti-legge, di cui cinque del Governo Prodi (ma sono stati ampiamente rielaborati, non so se in meglio o in peggio, penso in peggio, ma comunque rielaborati), sette decreti-legge di questo Governo e due sole leggi, il «lodo Alfano» e l'istituzione della Commissione antimafia. Questo ultimo provvedimento non ha richiesto grande tempo e neanche il «lodo Alfano», ma sarebbe stato meglio impiegarne di più. Non cito le ratifiche perché queste ultime tradizionalmente passano qui - lo sappiamo - abbastanza rapidamente.
Alla ripresa dell'attività parlamentare ci troviamo di fronte l'atto Camera n. 1441-bis. Il suo esame è iniziato formalmente a luglio, ma tutti sappiamo - è inutile che ci nascondiamo - che allora si stavano esaminando i decreti-legge ed eravamo impegnati su quei provvedimenti. Si trattava del decreto-legge n. 112 del 2008, che faceva da calamita e portava via molte cose dal disegno di legge. Il vero dibattito è iniziato, praticamente, nella prima decade di settembre, ossia quando si è ripreso il lavoro parlamentare. A quel punto è stata effettuata la calendarizzazione per l'Aula e oggi, 25 settembre, iniziamo l'esame. Pertanto, vi sono quindici giorni per approvare un testo che contiene al suo interno larga parte dello scibile umano. Il Governo ha presentato una valanga di emendamenti all'inizio della sessione autunnale. Quindi, vi sono quindici giorni. Perché ciò avviene? Questo è quanto vorrei chiedere e naturalmente sottoporre a una riflessione dell'Assemblea. Siamo di fronte ad un collegato alla manovra finanziaria. Ci stiamo muovendo nel solco dell'articolo 123-bis del Regolamento, norma significativa che consente, in un certo suo passaggio, al Governo di chiedere un esame sostanzialmente a data certa di un determinato provvedimento. Attenzione! Sono necessarie due precisazioni. Cosa si intende per «manovra finanziaria» (visto che il disegno di legge è collegato alla manovra finanziaria) e cosa si intende per «collegato». Una volta la manovra finanziaria era costituita dalla legge di bilancio, poi dalla legge finanziaria e tutto questo all'interno della sessione di bilancio, che fissava un perimetro anche temporale al tutto. Oggi un provvedimento collegato, il decreto-legge n. 112 del 2008, viene enfatizzato dal Governo come la vera manovra finanziaria e quindi la manovra finanziaria si estende come portata, allarga la sua nozione e il suo perimetro praticamente all'anno intero.
Passiamo ora al collegato alla manovra finanziaria. Collegato è sostanzialmente quel testo o quei testi formalmente indicati nel DPEF e nella risoluzione che ne approva il contenuto. Pertanto si tratta di una nozione formale perché nessuno, in qualche modo, esamina approfonditamente la natura e il contenuto di questi atti. Sulla base dei precedenti vi sono due tipologie di collegati. Quelli che si approvano nella sessione di bilancio e che sono collegati spesso omnibus, cioè molto complessi e predisposti per decongestionare il contenuto della legge finanziaria. Tutto ciò che aveva natura ordinamentale finiva nel provvedimento collegato, in modo che la legge finanziaria fosse più pulita. Ma i collegati approvati al di fuori della sessione sono diversi; il più delle volte sono stati concepiti come provvedimenti tematici, monografici. Nel 2002, in relazione alla manovra finanziaria del 2003 (ho tutti i precedenti ma non ho tempo di elencarli) i sette collegati sono tutti tematici: pubblica amministrazione, fiscale, attività produttive, agricoltura, mercato del lavoro, previdenziale, eccetera. Si tratta di provvedimenti collegati nel modo in cui li interpreta la legge sulla contabilità, la legge n. 468 del 1978, che stabilisce che il collegato reca disposizioni omogenee per materia.Pag. 8
Di fronte a questo è anche logico che il Governo possa chiedere al Parlamento una accelerazione dei tempi e quindi approvare i collegati in un mese o poco più. Ogni Commissione lavora sul suo argomento, prepara, riflette, fa quelle belle cose che ci ha detto la relatrice che vengono meditate, affrontate, discusse e diventano un prodotto del lavoro parlamentare.
Ma di fronte alla grandissima eterogeneità - l'ha detto l'altro relatore - il Comitato per la legislazione ha reso un parere che vi suggerisco di leggere se ne avete voglia che, praticamente, non usa la parola «eterogeneità», ma definisce il testo «articolato», «variegato»: sostanzialmente c'è tutto.
Il paradosso di tutto questo è che si fa la riforma del processo civile in Commissione bilancio e in Commissione affari costituzionali. La sottosegretaria - a un certo punto le è sfuggito nell'enfasi del discorso - ha detto, a un membro del centrodestra che faceva delle puntuali osservazioni: «lei non ha capito che questa è la più grande riforma del processo civile che abbiamo concepito». Ebbene, la si elabora al di fuori della Commissione giustizia! Adesso sento dire addirittura che, con un emendamento del Governo, su uno stralcio dell'atto Camera n. 1441, ossia il 1441-ter o il 1441-quater (non so esattamente quale sia) la class action verrebbe esaminata da un'altra Commissione, non so se dalla Commissione lavoro, dalla Commissione attività produttive o da un'altra ancora.
Si comincia a ritenere che la Commissione giustizia sia inidonea all'esame dei provvedimenti in materia. Guardate che è pericolosissimo questo tipo di atteggiamento. Tornando al nostro provvedimento, voglio ringraziare il presidente Bruno, il presidente Giorgetti e quelli che, durante i nostri lavori, ci hanno permesso di sfruttare al massimo le potenzialità consentite dal Regolamento e le strutture, che ci hanno dato una mano in questo senso. Tuttavia, per me rimane una fotografia allucinante e indimenticabile l'aver visto alcuni membri della Commissione giustizia nella sala del Mappamondo durante la seduta della Commissione bilancio e della Commissione affari costituzionali riunite che cercavano disperatamente di discutere della riforma del processo. Ce n'era uno della Lega, un paio del PdL, due o tre del Partito Democratico.
Ma vi pare giusto che avvenga questo in Parlamento, perché a tempo opportuno non è stato chiesto lo stralcio da chi di competenza? Io sinceramente sono annichilito. Se vogliamo andare avanti a produrre le norme in questo modo credo sia bene prendere atto che, sostanzialmente, questa Camera gioca un ruolo puramente rituale. Il modello sarà quello delle ratifiche: lo schermo «verde» che compare sempre al momento delle ratifiche, dieci minuti, nessun intervento e il voto. Questo non è il Parlamento. Pertanto, credo che dobbiamo formulare una proposta perché altrimenti da questa vicenda non ne usciamo e anche se noi faremo una polemica su questo punto, di sicuro non basterà perché la polemica una volta viene fatta da noi e la volta successiva sarà fatta da voi, senza nessun costrutto.
Credo sia necessario un rafforzamento del filtro del Presidente della Camera. Presidente Buttiglione, che pro tempore presiede questa seduta, io credo che sia bene che sulle proposte che sommessamente vorrei fare, si investa il Presidente della Camera perché da lì parte tutto lo snodo del nostro discorso.
Per prima cosa va fatta una verifica seria sul DPEF e sulla risoluzione che lo accompagna, perché non sia un atto rituale elencare dei collegati senza andare a vedere che cosa effettivamente vi sia dentro. Deve essere non solo descritta ma anche questa caratteristica motivata perché da lì poi parte una sorta di accelerazione dei lavori parlamentari ed un affievolimento di alcune fondamentali prerogative del Parlamento, che è inammissibile se non adeguatamente bilanciato.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Va distinto meglio il collegato di sessione e da quelloPag. 9fuori sessione di bilancio; bisogna rendere obbligatorio lo stralcio e non rimetterlo al buon cuore o all'iniziativa di quale presidente di Commissione più solerte di un altro; in ogni caso è necessario sottoporre all'Aula le alternative concrete che si presenteranno nell'iter parlamentare così fortemente accelerato.
Allora veramente noi avremo un criterio trasparente di procedura e non una giungla in cui ogni Commissione cerca di strappare qualcosa, ma alla fine prevale la prerogativa di sua maestà il Governo. Noi oggi non abbiamo un Governo forte in un Parlamento forte, ma abbiamo un Governo forte in un Parlamento inesistente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non ho nessuna difficoltà ad esprimere ai relatori del provvedimento in esame apprezzamento per il lavoro svolto e per l'impegno profuso sui temi che sono stati posti in essere da questo provvedimento.
Svolgerò alcune valutazioni molto rapide e molto brevi. Signor Presidente, ci troviamo di fronte a vecchie e a nuove questioni e ad un rapporto sempre più articolato e complesso che dovremmo tentare di razionalizzare, di definire e di semplificare, tra il cittadino e la pubblica amministrazione e in merito all'efficienza della pubblica amministrazione, anche rispetto agli obiettivi che riguardano lo sviluppo economico che l'apparato statuale si prefigge di raggiungere.
Non c'è dubbio che la competitività del nostro Paese investe e riguarda direttamente anche l'aspetto economico dei traguardi, degli obiettivi, come si ricordava poc'anzi, dei passaggi che certamente dovrebbero garantire un procedimento e una procedura rapida. Tuttavia, dobbiamo svolgere in questo momento anche un esame ed una riflessione sul nostro modo di essere, perché non credo e non ritengo che semplicemente una norma od un insieme di norme possono definire l'insieme delle problematiche e possono dare al Paese il contegno, ma soprattutto la caratterizzazione, di civiltà e quindi di competitività.
Tuttavia, dalla chiarezza delle norme dipende certo la corrispondenza da parte del cittadino. Dipende certamente l'efficienza anche di una pubblica amministrazione che si deve sintonizzare con chiarezza con le attese più vere e più intime da parte del cittadino. Volevo soltanto aprire una parentesi: in queste ore, signor Presidente, ci sono delle aggressioni - abbiamo anche contezza di tutto ciò - anche attraverso delle scritte, nei confronti degli immigrati e del Presidente del Senato della Repubblica. Tutto ciò non aiuta né il Parlamento né il Paese a stare nei termini della civiltà, ma soprattutto di un confronto serio per definire un passaggio forte, oserei dire epocale, tra il vecchio ed il nuovo.
Tuttavia, dovremmo capire che cosa è il vecchio e che cosa è il nuovo e che cosa rappresenta il nuovo per noi e come definiamo queste novità. Quindi, non c'è dubbio che le solidarietà ci sono, ma nella misura in cui da parte del Parlamento vi sia una azione corrispondente e quindi sintonizzata con le esigenze reali di questo nostro Paese. In questo provvedimento, lo ricordavano sia l'onorevole Corsaro che l'onorevole Bernini Bovicelli, inizialmente vi era di tutto. Poi, con il decreto-legge n. 112 del 2008 e con gli atti Camera n. 1441-bis (assegnato per competenza alla Commissione attività produttive), n. 1441-ter, n. 1441-quater (assegnato alla Commissione lavoro), molti di questi articoli e di queste materie sono stati stralciati. Rimane una serie di norme che, a mio avviso, non possono essere tranquillamente degradate ad un giudizio di inutilità. Ritengo che siano delle norme che debbono avere un apprezzamento.
Il fatto vero è che ogni norma che rimane in piedi e che è oggetto della nostra discussione e della nostra valutazione richiama temi e argomenti più complessi. Ad esempio, quando parliamo dell'efficienza della pubblica amministrazione,Pag. 10di procedure accelerate, di unione di comuni e, quindi, di alleggerimento degli stessi e delle loro incombenze per quanto riguarda formazione di bilancio e conti consuntivi e quant'altro, richiamiamo argomenti molto più complessi e più vasti che non si possono fermare semplicemente all'insieme delle procedure.
Ad esempio, quando parliamo di unioni di comuni, mi sovviene una vecchia legge, la n. 142 del 1990 (quella dell'associazione di comuni), e tutti i vari problemi che sono in piedi, con riferimento alle comunità montane e al ruolo delle province.
Mi sovviene ovviamente tutto l'insieme che riguarda la definizione e l'articolarsi del nostro Paese e che quindi non costituisce soltanto un problema di procedure, di accelerazione e di certezze per il cittadino, ma anche quello di riformare fortemente le autonomie locali.
Ma mi sovviene anche un altro tema, quello delle regioni: stiamo varando un insieme di provvedimenti che sono importanti e fondamentali e siamo di fronte anche ad un tema che è all'ordine del giorno della politica - così si dice -, quello del federalismo fiscale. Rendiamo efficiente la pubblica amministrazione, ma dimentichiamo che esistono delle sacche - tanto per usare un eufemismo o soprattutto un termine riduttivo per il nostro Paese -, rappresentate dalle regioni, dove certamente non possiamo capire in questo momento (per una distribuzione di competenze o di riserve di legge) se possiamo intervenire per rendere efficiente anche la loro attività: parliamo delle unioni di comuni per quanto riguarda l'unificazione dei servizi, del segretario comunale (un altro discorso investe il ruolo del segretario comunale), ma non abbiamo ovviamente la possibilità di articolare una nostra azione politica di vasto raggio anche attraverso un'attenzione, ma soprattutto attraverso una possibilità di intervento o di raccordo con le regioni.
Questo è un dato su cui voglio richiamare l'attenzione sua, signor Presidente, e quella del Governo e dei colleghi, per capire che in fondo esistono ovviamente delle sollecitazioni, ma vi sono temi importanti che sono affrontati con questo provvedimento. Su questi temi io in parte concordo: non posso non accettare l'accelerazione delle procedure, l'innovazione tecnologica oppure quando si parla - e si è parlato nel disegno di legge originario - del nucleare; si tratta di una problematica che investe ovviamente le competenze dei Ministeri, rispetto alla quale certamente dobbiamo comprendere se vogliamo arrivare ad una legislazione organica, non suddivisa per materie, ma che investa aree che debbono trovare una sintesi fondamentale.
Ad esempio, si parla di farmacie: certo, c'è una indicazione importante sulle farmacie rurali, per una distribuzione e una presenza delle farmacie sul territorio, ma come organizziamo le farmacie, che dovrebbero dare un servizio sul territorio molto più complesso e ampio rispetto a quello che danno con il servizio sanitario? Non possiamo estrapolare degli aspetti particolari senza avere una visione organica della materia che ci porti a legiferare in termini compiuti e di certezza.
Vi sono anche altri temi che abbiamo affrontato e che erano delle indicazioni contenute nel disegno di legge n. 1441-bis originario, come il tema di Sviluppo Italia. Voglio fare un riferimento anche alla situazione di rapporti difficili tra Sviluppo Italia e le regioni, per la difficoltà o incapacità delle regioni a prevedere, dopo lo scioglimento di Sviluppo Italia, l'assorbimento di personale e soprattutto l'utilizzazione di professionalità e di capacità, che pure si sono manifestate anche in questo periodo di tempo (mi riferisco anche alla mia regione, la Calabria).
Non è soltanto questo il dato su cui voglio richiamare l'attenzione; vi sono anche altri aspetti che certamente investono direttamente il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, come la possibilità che si dà alla pubblica amministrazione di esternalizzare alcuni servizi, soprattutto con una delega ai privati. Tuttavia, oggi abbiamo sul tappeto della discussione politica, come fatto di curiosità, semplicemente la diminuzione dei consiglieri di amministrazione. Non è soltantoPag. 11questo l'aspetto e il dato che può interessare il Paese: può certamente interessare certi giornalisti e certa stampa, che va a curiosare, perché è il messaggio che arriva e che si capisce direttamente, ossia la riduzione delle spese e gli sperperi della politica.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TASSONE. Con l'ultimo aspetto - signor Presidente, mi consenta 30 secondi - voglio fare riferimento anche a ciò che diceva il collega Zaccaria, ma che hanno detto anche i relatori, che sono stati di un'estrema sincerità.
Per quanto riguarda la giustizia, il mio è un appello, signor Presidente. Noi abbiamo un Regolamento che non vuole complicare la vita del Parlamento. Ieri il Ministro per i rapporti con il Parlamento ci ha spiegato alcune cose ed abbiamo anche interloquito, ma mettere in questo provvedimento un insieme di norme di riforma del codice di procedura civile, ritengo sia stata, quanto meno, una forzatura, non soltanto regolamentare, ma anche concettuale. Tanto è vero che abbiamo avuto nelle Commissioni riunite la presenza, graditissima, di tutti i colleghi della Commissione giustizia, che si sono trasferiti nelle Commissioni riunite. Fare una riforma del diritto processuale civile in questo modo, in termini surrettizi, non credo certamente ci abbia aiutati ed aiuti a rendere la giustizia snella, soprattutto per quanto riguarda alcuni impegni, che dovrebbero essere affrontati in collegamento con il codice penale e con il processo penale.
Certo, alcune questioni sono state ricordate, come la testimonianza scritta, e poi vi è stata anche l'attenzione da parte della stampa per quanto riguarda il ricorso al CSM.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MARIO TASSONE. Questa norma - ho finito - nasce anche da un intendimento serio.
Per cui, signor Presidente, considereremo attentamente - l'ho detto ieri in Commissione - anche l'atteggiamento del Governo, per esprimere una valutazione complessiva, anticipando subito che, certamente, vi sono aspetti molto importanti e seri che ovviamente devono essere considerati da parte dei colleghi e del mio gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Follegot. Ne ha facoltà.

FULVIO FOLLEGOT. Signor Presidente, il disegno di legge n. 1441-bis, recante disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, è un provvedimento che interessa varie materie (dagli affari costituzionali alle finanze, dalla cultura ai trasporti) e che mira a dare risposte ad alcune problematiche che interessano la nostra società e i nostri cittadini.
Uno degli argomenti più importanti riguarda, peraltro, il tema della giustizia, anzi, potremmo dire che ci troviamo di fronte ad una serie di norme che costituiscono una vera e propria miniriforma del codice di procedura civile.
L'assegnazione in sede referente alle Commissioni affari costituzionali e bilancio ha sollevato qualche dubbio, ma non ha impedito una franca discussione sulle proposte.
A nessuno sfugge, infatti, il vantaggio per l'intero settore dell'economia, e non solo, che deriva da una giustizia che funzioni, come nessuno può minimizzare la necessità di una riforma della giustizia che superi la grave difficoltà in cui si trova questo importante servizio, che interessa la qualità della vita dei cittadini.
Le cause pendenti, sia in sede civile sia in sede penale, hanno superato ogni limite accettabile ed è indispensabile un rapido cambiamento di rotta. Per fare questo, serve una riforma tesa, da un lato, a semplificare e razionalizzare la normativa e, dall'altro, a correggere e migliorare iPag. 12procedimenti, senza stravolgere i principi che rimangono a fondamento del nostro sistema giudiziario.
C'è chi ritiene che si debba arrivare ad una grande riforma complessiva in grado di risolvere tutto e subito, ma non può sfuggire agli onorevoli colleghi la difficoltà - oserei dire l'impossibilità - di arrivare ad una tale soluzione in tempi rapidi.
Se in tanti anni il Parlamento non è riuscito a produrre una normativa simile, significa che non vi sono le condizioni. La materia è così complessa che ci affidiamo ad un percorso morbido e, per quanto possibile, condiviso.
Si tratta, dunque, di lavorare di cesello, eliminando storture e vincolando giudici, pubblici ministeri ed avvocati a comportamenti responsabili, con una normativa più stringente, in grado di ridurre i tempi del processo civile.
È proprio la lunghezza del processo la causa prima dell'insoddisfazione dei cittadini. Avere una sentenza favorevole dopo anni e anni non è più giustizia; occorre, dunque, accelerare i tempi e responsabilizzare tutti, perché tutti ne avranno vantaggio.
È del tutto inutile ricercare responsabili dell'attuale drammatica situazione, ma ora ognuno per parte sua - politica, magistratura - deve sentirsi parte attiva e, se c'è chi fa le leggi e chi deve attuarle, non vi è dubbio che vi è la necessità di una forte collaborazione e di un grande senso di responsabilità.
Vi è, come dicevo, la necessità di cambiare: gran parte delle modifiche in materia di giustizia contenute nel disegno di legge possono essere condivise da maggioranza e da opposizione. Non solo in ballo valori e principi, ma disposizioni in grado di far funzionare meglio il processo civile e su questo punto vi può essere un'intesa. Vi è ormai urgenza di una riforma e questo è l'inizio di un percorso che permetterà ai cittadini di avere una giustizia giusta.
Il provvedimento in esame introduce numerose e rilevanti novità nel processo civile: viene incentivata la soluzione delle controversie in sede conciliativa, viene introdotto il procedimento sommario di cognizione, viene prevista la delega per l'emanazione di norme istitutive dell'istituto della mediazione in materia civile e commerciale, e molto altro ancora. L'obiettivo è quello di far funzionare il sistema giustizia in maniera efficiente, introducendo disposizioni processuali ispirate a criteri di razionalità che non scardinino l'esistente, ma che tuttavia accelerino i tempi del processo civile.
L'articolo 52, ad esempio, apporta modifiche al libro primo del codice di procedura civile; decisamente funzionale è l'aver elevato la competenza del giudice di pace, che sta assumendo un ruolo sempre più rilevante. La magistratura onoraria è ormai indispensabile per l'amministrazione della giustizia: è quindi necessario qualificare questa figura, in grado di liberare i giudici togati da un gran numero di cause. Può essere altresì utile attribuirle competenza per materia, combinata magari con il limite di valore.
Rimangono aperte alcune questioni. L'articolo 53, comma 7, prevede che dopo l'articolo 257 del codice di procedura civile sia inserito l'articolo 257-bis, che introduce nel sistema processuale la testimonianza scritta, la quale peraltro è aggiuntiva: ciò significa che quando c'è un processo importante, il giudice provvederà altrimenti. La testimonianza scritta può dare adito infatti a dubbi sulla sua attendibilità; al giudice rimane comunque la possibilità di chiedere chiarimenti, ma - lo ripeto - la testimonianza scritta è aggiuntiva e non sostitutiva e rimane nella piena discrezionalità del giudice: non ci saranno quindi cause di serie A o cause di serie B.
La Commissione giustizia, dando parere favorevole, ha posto la seguente osservazione: valutino le Commissioni di merito l'opportunità di modificare l'articolo 53, comma 7, che introduce la testimonianza scritta, motivando l'osservazione con l'opportunità di semplificare la procedura di assunzione della prova, anche nell'ottica di una riconoscibilità dello strumentoPag. 13da parte degli operatori internazionali e di un ampliamento delle garanzie di autenticità del sistema probatorio.
L'altra questione che rimane aperta riguarda l'ammissibilità del ricorso per Cassazione. Non vi è dubbio che il ricorso per Cassazione ora avvenga in maniera eccessiva e talora strumentale e, se tutti sono favorevoli a risolvere il problema, non si è trovato ancora il modo di limitare la discrezionalità del collegio chiamato a decidere dell'ammissibilità; anche su questo aspetto il parere della Commissione giustizia ha chiesto alla Commissione di merito di valutare l'opportunità di modificare il testo proposto.
La Lega Nord ha presentato una serie di emendamenti, uno dei quali riguarda il consulente tecnico: benché esistano già norme riguardanti la nomina, sarebbe opportuno limitare il numero di incarichi ad uno stesso soggetto, salvo comprovate ragioni ostative, e sanzionare il ritardo nella predisposizione delle perizie. L'obiettivo è quello di favorire i giovani tecnici, da un lato, e accelerare i tempi del processo dall'altro lato. Le norme proposte, che modificano il codice di procedura civile, non sono esaustive ma accelerano sicuramente la conclusione dei processi e rendono più efficiente la macchina della giustizia: cinque milioni di processi civili sono una palla al piede e mettono in difficoltà il modello sociale e anche il sistema economico.
Onorevoli colleghi, non vi è dubbio che le riforme debbano essere fatte con il maggior consenso possibile; se è vero che molte delle innovazioni introdotte sono condivise da entrambi gli schieramenti e molta parte della riforma è stata oggetto di studio approfondito nella passata legislatura, bisogna ricercare soluzioni equilibrate e la Lega Nord - come la maggioranza - è pronta al confronto su queste tematiche, ritenendo l'interesse del cittadino prioritario su ogni altro.
Vorrei ora soffermarmi sull'articolo 73 del disegno di legge in esame, riguardante l'attuazione del federalismo. È stata presentata dal Ministro Calderoli una proposta di riforma federalista ed ora, con questo articolo, si stanziano risorse per lo studio delle problematiche connesse alla sua attuazione.
Si tratta di una riforma importante e fondamentale; si va verso uno Stato federale, fatto storico senza precedenti. La condivisione che sta ottenendo è il segnale che in questi anni molto è cambiato e che sono stati superati i dubbi sulla sua reale efficacia: il federalismo fiscale è la condizione stessa del federalismo. È un federalismo equilibrato, che tiene conto delle regioni che hanno minore capacità economica e non penalizza nessuno. Viene chiesta maggiore responsabilità da parte di tutti e si fa riferimento al costo standard dei servizi e non più alla spesa storica; si fa riferimento, inoltre, al concetto di perequazione. Insomma, è un federalismo equilibrato. Qualcuno vorrebbe definirlo solidale, ma dalla solidarietà all'assistenzialismo il passo è breve: meglio allora parlare solo di federalismo e della sua attuazione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghi e rappresentanti del Governo, quando noi dell'Italia dei Valori parliamo di «dittatura dolce» non facciamo riferimento al Ventennio, ma pensiamo a tutti quei casi in cui organi costituzionali e necessari alla democrazia vengono di fatto privati della possibilità di esprimersi nei modi e nelle forme adeguate previste anche dalla nostra Costituzione.
Come è evidente, abbiamo assistito in questa legislatura ad alcuni fatti che ritengo emblematici: abbiamo assistito al fatto che - credo per la prima volta a memoria storica - nel momento in cui veniva annunciato in questa Camera ed in questo consesso un decreto-legge, veniva anche preannunciata l'ipotesi della richiesta di fiducia. Ma adesso siamo andati addirittura al di là: adesso l'ipotesi della richiesta di fiducia viene annunciata dal Governo nello stesso momento in cui approva in Consiglio dei ministri un provvedimento.Pag. 14
Ma badate bene, quello è un atto di intimidazione - e credo che questa ne sia la dimostrazione - non nei confronti dell'opposizione, che deve fare l'opposizione, ma nei confronti della maggioranza, in quanto equivale a dire: non sognatevi di chiedere di modificare quel provvedimento! Ciò è quanto abbiamo constatato anche con riferimento ai provvedimenti che abbiamo approvato in questo scorcio di legislatura. Lo ricordo perché sia chiaro che anche sul provvedimento di cui stiamo ora discutendo non tutta la maggioranza è stata d'accordo, dal momento che sono serpeggiati qua e là - in molti casi sottotraccia, ma in qualche caso in modo esplicito, se non addirittura esplosivo - differenze e punti di vista diversi (in particolare, sul tema della giustizia).
Anche il provvedimento ora al nostro esame presenta complessivamente, qua e là, delle misure assolutamente condivisibili. Credo che nessuno, forse, voterebbe contro la questione della banda larga, così come ritengo che su singoli articoli possiamo essere assolutamente d'accordo. Ma certo vi sono delle crucialità che non dobbiamo nasconderci e che le stesse Commissioni parlamentari, nell'esprimere il parere, hanno messo in luce. Mi riferisco, ad esempio, alla questione delle centrali di committenza di cui all'articolo 19.
La stessa Commissione ha svolto dei rilievi e ha espresso un parere condizionato in cui chiede la soppressione di alcuni commi. In tal senso, anche noi dell'Italia dei Valori avevamo proposto dei suggerimenti, perché ci pare che in questo modo, in luogo di accelerare, in qualche caso, le procedure, si finisca con il renderle ancora più lunghe (pensiamo al caso della trasmissione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, con sospensione della stipula dei contratti per trenta giorni decorrenti dalla trasmissione degli atti agli uffici della Corte stessa). Anche in merito all'articolo 25, avevamo proposto alcune ipotesi migliorative che non sono state accolte. Riguardo all'articolo 30, recante la rubrica «Disposizioni concernenti i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti», noi avevamo svolto un ragionamento complessivo richiamato dianzi da un collega e che riguarda gli assetti istituzionali: quando le aziende si trovano a dover affrontare costi fissi eccessivamente elevati, di solito tentano di ampliare l'attività mantenendo fermi quei costi fissi e, spesso, ciò si ottiene attraverso la fusione che permette di accentrare determinate funzioni e, quindi, di ridurre i costi rispetto ad una attività che aumenta.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 12,10)

ANTONIO BORGHESI. Sappiamo bene che l'ipotesi di fondere i piccoli comuni è irrealizzabile per ragioni storico-politiche, tuttavia, dobbiamo essere capaci di fornire delle soluzioni e noi ne abbiamo proposta una. Ci siamo domandati per quale motivo non si renda obbligatoria la messa in comune, attraverso l'unione dei comuni, non di singole attività, ma di tutti i servizi generali che il comune fornisce (ad esempio: l'anagrafe, il servizio tecnico, la sicurezza, la contabilità), stabilendo una soglia minima di cittadini amministrati compatibile con i costi fissi che questo tipo di attività richiede. Si tratta di una proposta che abbiamo avanzato presentando due emendamenti, a questo articolo e ad uno successivo, e che secondo noi rappresenta una possibile soluzione ai problemi che abbiamo.
Un altro elemento che ci trova discordi proprio sull'articolo 30, è che qualcuno immagina che si siano eliminati, in queste ipotesi, controlli e bilancio. Può anche andar bene un'ipotesi di questo genere, tuttavia, che senso ha ridurre il controllo contabile derivante dal bilancio in comuni dove spesso il conflitto di interesse è, non dico più alto di quello di Berlusconi, perché ciò è impossibile, ma così elevato per cui chi fa il sindaco al mattino, al pomeriggio fa il geometra? Si tratta di pratiche diffusissime, anche se io adesso, per esemplificare, le ho banalizzate. Nei piccoli comuni possono esserci situazioni che dovrebbero portare a maggiori, e nonPag. 15a minori, controlli, mentre noi andiamo a togliere proprio il controllo sul bilancio. Ciò si può anche capire, ma forse si poteva stabilire una formula semplificata, forse si poteva, ricorrendo all'unione di comuni, chiedere che ci fosse un bilancio consolidato di più comuni che rispondesse ai criteri tradizionali dei bilanci comunali, ma anche questa ipotesi non è stata accolta.
Devo spendere alcune parole a proposito della giustizia anche se io non sono un tecnico della materia, ma lo è il mio collega Palomba, che fa parte della Commissione giustizia e che non ha potuto, a differenza di altri colleghi, per questioni di salute, essere presente con una sostituzione in una Commissione alla quale non appartiene (ma in questi giorni mi ha sempre trasmesso le sue sensazioni su quanto stava avvenendo). È evidente la questione dell'incompetenza delle nostre Commissioni ad affrontare un tema come questo. Non è che sui singoli articoli proposti noi abbiamo un atteggiamento negativo, anzi così non è, anche perché in larga parte - lo ricordava anche il nostro presidente Di Pietro - quegli articoli riflettono schemi che furono presentati e preparati dall'allora, nella legislatura precedente, nostro Sottosegretario alla giustizia Li Gotti persino - diceva lui qualche volta - con gli errori circa le virgole. Quindi noi eravamo interessati allora e ci mancherebbe che non lo fossimo adesso! Però è evidente che, se qualcuno intende far passare questa come una riforma generale del processo, si deve sapere che non è così.
Si tratta semplicemente di una serie di interventi, per così dire, «qua e là», in parte anche condivisibili, ma che certamente avrebbero richiesto - concludo Presidente - una ben diversa valutazione e una ben diversa riflessione. In particolare, anche la questione che riguarda il filtro della Cassazione è una questione importante, ancora non risolta, nonostante in quest'Aula si sia stabilito che, proprio per le vicende di cui abbiamo parlato, la Commissione Giustizia doveva esprimere un parere rinforzato che non è stato recepito dalle Commissioni bilancio e affari costituzionali durante l'iter del disegno di legge. Quindi noi staremo attenti a quanto accadrà in Aula. Certamente non ci sembra che, allo stato, il voto dell'Italia dei Valori sul provvedimento in esame possa essere favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, avverso questo disegno di legge contenente una pluralità di disposizioni si sono appuntate critiche di metodo e di merito, soprattutto con riferimento a quel pacchetto normativo che riguarda la riforma del codice di procedura civile. Ritengo che queste critiche di metodo e di merito siano ingiustificate. Sono ingiustificate soprattutto se noi le rapportiamo a quello che è il quadro della situazione rispetto al quale il Governo si trova a dover intervenire.
Domenica scorsa, il Corriere della sera ha pubblicato un sondaggio di Renato Mannheimer proprio sul tema della giustizia. Ai cittadini è stata posta una prima domanda riguardante la valutazione positiva o negativa sul sistema giudiziario attuale. La risposta è stata chiarissima: valutazione negativa per il 68 per cento degli intervistati; valutazione positiva per il 31 per cento; solo l'1 per cento ha dichiarato: «non so». Cosa significa questo? Significa che due italiani su tre sono insoddisfatti del funzionamento della giustizia. Si tratta, con riferimento alla quota di quelli soddisfatti, di una percentuale - badate bene - di gran lunga superiore alla somma dei voti del Partito Democratico, dell'Italia dei Valori, della Sinistra Arcobaleno e di altre formazioni politiche, il che significa ancora che una buona fetta dell'elettorato dei partiti dell'opposizione, in realtà, esprime una valutazione negativa sul sistema giudiziario e suggerisce un intervento.
La seconda domanda che è stata posta ai cittadini italiani nel ricordato sondaggio riguardava l'opportunità o meno di metterePag. 16in cantiere immediatamente una riforma del sistema processuale civile. Ebbene, per il 59 per cento degli intervistati la riforma non è soltanto opportuna ma è necessaria (da intendersi nel senso di indispensabile).
Per un altro 33 per cento, la riforma è opportuna anche se non da varare immediatamente. Il che vuol dire che la grandissima parte degli intervistati ha ritenuto in maniera inequivocabile che il tema giustizia dovesse essere affrontato, e affrontato con estrema rapidità. È quanto ha fatto il Governo: ha inserito questo «pacchetto» di norme in un disegno di legge, che contiene disposizioni per la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, in un quadro di norme, insomma, rispetto alle quali la giustizia è non materia estranea, ma complessivamente organica, indispensabile. Infatti, non vi è imprenditore, operatore del mercato nazionale, commerciante o artigiano che non si renda conto di quanto la giustizia sia indispensabile, se esercitata in modo corretto, per espletare in maniera adeguata la sua attività. Questo è quanto ha fatto il Governo. Lo ha fatto con un «pacchetto» di norme che sono intervenute proprio in quei gangli vitali causa dell'inefficienza del sistema. Ad esempio, il filtro per il ricorso in Cassazione: suvvia, qualsiasi operatore del diritto sa perfettamente che l'Italia è l'unico Paese in Europa che non ha un filtro in accesso per governare l'afflusso delle controversie in modo tale che i giudici di legittimità possano concentrare le loro energie su quelle di maggior rilevanza pubblica, su quelle che hanno un peso significativo. Questo è il dato incontestabile: l'afflusso dei procedimenti alla suprema Corte è triplicato rispetto a quello che si constatava soltanto una decina di anni fa. È evidente che di fronte a questa situazione l'intervento era richiesto con ragione di assoluta tempestività. Tant'è vero che ciò è stato confermato e pubblicamente dichiarato anche da autorevolissimi esponenti del supremo collegio. Basta pensare al presidente Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale ed ex vicepresidente del CSM, che è stato molto chiaro nel ribadire la necessità di un rimedio esterno legislativo, volto a decongestionare l'attuale flusso in entrata dei ricorsi per Cassazione. Basta pensare alle stesse parole del primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, nella relazione inaugurale dell'anno giudiziario, quando ha invitato il legislatore a intervenire esplicitamente nella materia dell'afflusso dei ricorsi alla suprema Corte.
Lo studio che «Bankitalia», nella materia, ha recentemente fatto, ha evidenziato, d'altra parte, una durata media dei procedimenti che nel 2006 è stata di 902 giorni, a fronte, come dicevo, di un afflusso di processi civili passato da 52 mila nel 1995 a più di 130 mila nell'anno 2005. Se questi non sono dati che impongono un intervento assolutamente immediato da parte del Governo e, conseguentemente, del Parlamento nel settore della giustizia, non so quali altri dati dovremmo attendere.
Eppure tutti sono concordi nel ritenere che il sistema giudiziario debba imporre qualche rimedio organico molto forte. Non bastano palliativi, perché tali sono stati giudicati tutti quelli che dal 1995 al 2005-2007 sono stati adottati: non hanno contribuito di fatto a ridurre il numero dei procedimenti, non hanno contribuito a rendere più rapido il tempo di trattazione, se pensiamo che nel 2005, ultimo dato disponibile, per una sentenza definitiva nei tre gradi di giudizio servivano 3.175 giorni, cioè 78 giorni in più di quanti ne servivano per lo stesso percorso giudiziario nel 1994. È la conferma esplicita che gli interventi tentati nell'ultimo decennio abbondante, non sono stati organici e sufficienti per consentire di dare una risposta all'esigenza di una giustizia tempestiva ed efficace. D'altra parte l'esame della cronologia, della tempistica dei procedimenti in Italia rispetto agli altri Paesi d'Europa è disarmante e vede l'Italia all'ultimo posto.
Ci sarà una ragione per la quale un procedimento di primo grado ha una durata media in Danimarca di 113 giorni, inPag. 17Spagna di 239, in Francia di 246 e in Italia, invece, di 494 se in tribunale o di 223 se di fronte al giudice di pace.
Questi sono dati inequivoci e possiamo fare lo stesso discorso quando si parla dell'appello, per il quale in Polonia servono due soli mesi per arrivare alla sentenza, in Francia quindici mesi, in Germania si sale a 825 giorni, ma in Italia si arriva a 873 giorni. Questi sono i dati oggettivi che imponevano un intervento forte, tempestivo e immediato.
Il filtro per il ricorso in Corte di Cassazione è importante, è decisivo. Certo, è fuor di dubbio che poi starà all'equilibrio dei magistrati riuscire a comprendere che non solo la pregressa giurisprudenza della suprema Corte costituisce un elemento determinante per consentire l'accesso all'esame dei giudici della suprema Corte, perché vi sono materie innovative rispetto alle quali i giudici possono anche cambiare opinione. Tuttavia, non dobbiamo avere un'attestazione di sfiducia iniziale programmatica dei confronti dell'opera dei giudici della suprema Corte, dobbiamo invece avere quell'attenzione doverosa che il legislatore deve prestare alla risoluzione dei problemi, manifestando contemporaneamente fiducia nel modo in cui sarà esercitata l'attività di filtro che il Parlamento demanda alla suprema Corte.
Possiamo fare lo stesso discorso, cambiando più o meno le parole, con riferimento agli altri temi centrali della materia che ci accingiamo a modificare. Pensiamo alla delega in materia di mediazione in materia civile e commerciale: da tutta Italia, soprattutto dagli organi importanti nel settore imprenditoriale e commerciale (l'associazione degli industriali, le camere di commercio, le associazioni dei commercianti e degli artigiani) arrivano messaggi molto forti per chiedere al Governo di introdurre un sistema di mediazione che favorisca l'accesso a pratiche decisorie che snelliscano il sistema giustizia in senso organico. È questo che ci si accinge a fare, è questa la linea che il Governo ha ritenuto di adottare nel momento in cui ha chiesto una delega per adottare dei decreti legislativi diretti ad introdurre una mediazione finalizzata alla conciliazione anche nelle cause civili, senza necessità quindi di ricorrere di fronte al giudice.
Sulla stessa linea si pone l'utilizzo della prova testimoniale scritta, reclamata proprio dalla stessa magistratura. E noi, che spesso siamo operatori del diritto o lo siamo stati, sappiamo perfettamente quanto è inconcepibile, nell'attuale sistema, chiedere a certi testimoni di venire a confermare una fattura o situazioni che sono assolutamente banali e chiare, soprattutto spesso in cause contumaciali e così via dicendo.
È un sistema che imponeva una radicale riforma. Certo, qualcuno ha sollevato dubbi sull'attendibilità della testimonianza, ma i dubbi si possono sciogliere attraverso la facoltà, che al giudice è consentita, di chiamare il testimone, di sondarlo di nuovo, di richiedergli le stesse cose che sono oggetto della testimonianza scritta, la quale ha il grande vantaggio di snellire il suo lavoro, il lavoro dei collaboratori di giustizia e lo stesso lavoro dei professionisti.
È questa una serie di interventi che richiede apprezzamento e condivisione, non critica aprioristica. Noi invece, molto spesso, ci fermiamo alle critiche aprioristiche, di metodo o di merito, quando invece il sistema giustizia ha bisogno di interventi così rapidi e così efficaci, gli unici in grado di porre un rimedio sostanziale rispetto alla delicatezza della materia in esame.
Analogamente, il procedimento sommario di cognizione al quale le parti possono far ricorso consente di arrivare ad una definizione in tempi molto più stretti. Ho citato alcune soltanto delle possibilità di intervento previste in questo nuovo «pacchetto» normativo, però globalmente la valutazione non può che essere significativamente positiva, trattandosi di un «pacchetto» di norme proiettato a dare risposta a quell'esigenza di giustizia rapida, tempestiva e adeguata, per la quale i cittadini chiedono al Governo di provvedere prima di ogni altra cosa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

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MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, desidero approfittare di questo intervento sull'ordine dei lavori per segnalarle e pregarla di riferire al Presidente della Camera una vicenda che riguarda il provvedimento di cui stiamo discutendo, non per quanto attiene al merito, bensì all'iter parlamentare che il citato provvedimento ha vissuto. A mio parere, infatti, siamo di fronte ad un episodio di grave scorrettezza istituzionale, che involge anche le prerogative e la dignità di questa Camera.
Come i colleghi ricordano, il presente collegato alla manovra finanziaria è stato man mano svuotato dei suoi contenuti di carattere economico ed è stato riempito dei contenuti di riforma del processo civile. Pertanto, il contenitore, pur avendo mantenuto un'etichetta che atteneva al collegato alla manovra finanziaria, di fatto, è diventato un provvedimento di riforma della giustizia. Nonostante questo, si è ritenuto di assegnare il provvedimento all'esame in sede referente delle Commissioni I e V e di non assegnarlo alla Commissione giustizia, espropriando in questo modo la Commissione competente di merito su una materia non di secondaria importanza, ma su una materia quale è il processo civile, che riguarda non solo gli operatori del settore (i magistrati e gli avvocati), ma anche tutti i cittadini che hanno un contenzioso che attiene ai loro diritti.
L'opposizione, pur dichiarando di non avere pregiudiziali negative nei confronti di questa materia e, anzi, dichiarando di condividere l'obiettivo del Governo e della maggioranza di accelerare il processo civile, si è lamentata e si è doluta di tale modalità procedurale che, di fatto, impediva ai componenti della Commissione giustizia (cioè ai parlamentari che hanno vocazione e competenza ad occuparsi di questo settore) di esprimere il proprio parere.
La vicenda è stata sollevata nella Conferenza dei presidenti di gruppo e in quella sede il rappresentante del Governo, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, di fronte alle doglianze dell'opposizione (dei colleghi del Partito Democratico, dell'Italia dei Valori e del sottoscritto) ha assunto formale impegno a che, nonostante non vi fosse stata l'assegnazione in sede referente, il parere della Commissione giustizia sarebbe comunque stato ritenuto vincolante dal Governo. Il Presidente della Camera - signor Presidente di turno, la sollecito a riferire al Presidente Fini e a coinvolgerlo, perché vi è stato sul punto un suo impegno e, dunque, un suo coinvolgimento personale - in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo si è fatto, in qualche modo, garante dell'impegno del Governo di considerare vincolante il parere della Commissione giustizia.
È vero che non è stata scelta una soluzione formale a termini di Regolamento di intervenire qualificando, più o meno rafforzando, il parere, ma vi è stato un impegno politico - vorrei dire un patto tra gentiluomini, se l'esito non smentisse poi questa definizione - secondo cui, comunque, indipendentemente dalle deliberazioni delle Commissioni I e V, il Governo si sarebbe attenuto al parere della Commissione giustizia. Ebbene, ieri la Commissione giustizia ha reso il parere, ha imposto una condizione tassativa, cioè la previsione dell'eliminazione di un comma dell'articolo 53-bis (non entro nel dettaglio, perché non mi interessa in questa sede il merito) e ha posto due osservazioni relative a due questioni cardine contenute nella riforma - il filtro in Cassazione e l'acquisizione della prova testimoniale scritta - ipotizzando, addirittura, o lasciando intendere, profili di incostituzionalità.
Di fronte a questo parere, con l'apposizione formale di una condizione e di due osservazioni, il Governo, nelle Commissioni I e V, non si è attenuto all'impegno preso dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, ma ha rifiutato di accettare laPag. 19condizione e le osservazioni ed ha ritenuto di non modificare il provvedimento su questi punti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Concludo, signor Presidente. Non sollevo problemi sui contenuti - discuteremo dei contenuti quando esamineremo gli emendamenti - ma sollevo un problema di rapporti corretti all'interno della Camera tra le forze parlamentari e tra le istituzioni della Camera. Quando il Governo assume un impegno, e di fronte a questo impegno l'opposizione accetta di non insistere per lo stralcio formale di questa parte, io credo che il fatto che poi lo stesso Governo, seppure in altra persona, abbia disatteso tale impegno, è un gravissimo vulnus nei rapporti non soltanto tra le forze politiche, ma tra le istituzioni di questo ramo del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo si è più volte pronunciato relativamente al fatto sottolineato dal collega Vietti, anzitutto premettendo che, per quanto riguarda la materia della giustizia civile, si trattava di un terreno non proprio consono ad essere trattato all'interno di un collegato alla manovra finanziaria.
Tuttavia, ciò posto e data una disponibilità ad entrare nel merito delle questioni trattate dal collegato relativamente alla giustizia, si era tenuto conto di un impegno sicuramente di carattere politico della Presidenza, corroborato da una disponibilità pronunciata dal rappresentante del Governo, a fare in modo che gli orientamenti espressi dalla Commissione giustizia sarebbero stati, come dire, vincolanti al fine della definizione del testo che si sarebbe dovuto presentare per l'Aula.
Di fronte alla decisione di cui si è dovuto tener conto, nonostante i rilievi posti anche dai colleghi della Commissione di merito che avrebbe dovuto affrontare in sede referente la problematica giustizia, e posto che il tema giustizia è stato assegnato in sede referente congiuntamente alla I e alla V Commissione, si sarebbe dovuto almeno scegliere una procedura che avrebbe dovuto porre in capo alla Commissione giustizia un parere rinforzato e, quindi, formalmente garantendo un impegno politico, almeno attraverso una riduzione del danno derivante dal fatto che si era scelto di non affidare alla Commissione giustizia la trattazione nel merito delle norme contenute nel collegato riguardanti la giustizia civile.
Ciò posto, ora si tratta di comprendere se da parte della Presidenza sussista la disponibilità ad intervenire in modo che il Comitato dei diciotto ed il Governo tengano conto del parere espresso, soprattutto per quanto riguarda la condizione che già di per sé - sia pure essendo un parere espresso in sede consultiva - è un elemento assai rilevante. Tale parere, infatti, è stato espresso da una Commissione che si occupa di tale materia e che si sarebbe dovuta impegnare ad affrontare la vicenda. Come dicevo, si tratta, dunque, di comprendere se il Governo medesimo, da qui alla prossima settimana, quando si entrerà nel vivo della discussione e della votazione, non possa non tenere conto di quel parere vincolante e non si possa addivenire, o attraverso il Governo, o attraverso i relatori (consenziente la Presidenza e riaprendo anche una discussione, ma non intervenendo sui tempi previsti) ad una determinazione che sia quella di inserire a livello emendativo la condizione proposta e posta dalla Commissione giustizia.
Ovvero se non si ritenga di seguire la strada di proporre emendamenti da parte del Governo e dei relatori - che, come si sa, possono farlo in qualsiasi momento del procedimento parlamentare - riaprendo i termini per la sola parte del collegato relativa alla giustizia civile. In tal modo, i colleghi della Commissione giustizia potrebberoPag. 20sottoporre alle Commissioni di merito I e V formulazioni di emendamenti che possono intervenire nel merito, derogando alla procedura: in questo caso il Presidente potrebbe decidere, avendone i pieni poteri, di derogare alla procedura prevista per la sessione di bilancio e i collegati relativi.
Ritengo che queste siano le cose che possono esser fatte. Se non si fa né l'una né l'altra, se non si determinano le condizioni in grado di realizzare la possibilità di emendamento e di miglioramento del testo tenendo conto in maniera vincolante dell'orientamento della Commissione giustizia, si tratterebbe di capire per quale motivo non si sia ottemperato ad un impegno reso vincolante - almeno dal punto di vista politico - dalla Presidenza e dal Governo. Ci troveremmo pertanto in una condizione di difficile discussione e anche di difficile comprensione, all'interno di un'Aula che dovrebbe affrontare, in maniera bipartisan, un tema di una certa rilevanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per fare un momento di chiarezza: ritengo infatti che né il presidente Vietti né il collega Quartiani abbiano ben chiaro quanto avvenuto ieri pomeriggio. È ben vera la premessa, e cioè l'impegno assunto dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, nella Conferenza dei presidenti di gruppo, che eventuali condizioni poste dalla Commissione giustizia sarebbero state valutate (si tratta peraltro di uno strappo alla regola che non vorrei diventasse precedente) e che, comunque, le Commissioni riunite affari costituzionali e bilancio avrebbero tenuto debitamente conto della condizione posta dalla Commissione giustizia e l'avrebbero introdotta nel testo.
Quello che è accaduto ieri è un fatto un po' diverso, nessuno è venuto meno all'impegno assunto dal Governo. La condizione posta dalla Commissione giustizia riguardava la soppressione del comma 1: purtroppo, non è stato previsto dai componenti che hanno votato in Commissione giustizia che la soppressione del comma 1 incideva anche sul comma 5. Pertanto, l'emendamento presentato dai relatori prevedeva sia la soppressione del comma 1 sia la soppressione del comma 5. Poiché ciò diverge ma, nello stesso tempo, amplia la portata della modifica dell'articolo in questione, giustamente - credo - il Governo ha espresso la necessità di valutare, allo stato, la portata della soppressione della comma 5, mentre sul primo punto aveva già manifestato la propria adesione. Per questo si è chiesto un tempo di riflessione, non solo a noi, allo stesso Governo, ai relatori e all'Aula. Pertanto abbiamo ritenuto, in quella sede, di dare per respinto l'emendamento dei relatori per l'Aula. Per cui in Aula verrà presentato quell'emendamento; i relatori confermano il loro parere favorevole; il Governo sta valutando, in riferimento al comma 5, qual è la posizione che deve assumere.

PRESIDENTE. Ovviamente riferirò al Presidente Fini della discussione e dei vostri interventi sull'ordine dei lavori. Mi sembra che il presidente Bruno abbia nel merito chiarito alcune questioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, credo si possa dire, senza particolare enfasi, che le stesse considerazioni che mi hanno preceduto evidenziano che ci troviamo di fronte ad un pasticcio, una forzatura, qualcosa che ci mette tutti in imbarazzo e che poco ha a che fare con il merito del provvedimento e con il titolo del medesimo, anche fin troppo ed impropriamente pomposo.
Credo che la verità stia nel fatto che questo disegno di legge, nato per accompagnare la manovra economica estiva e, dallo stesso decreto n. 112 del 2008, svuotatoPag. 21di parti significative, andava ritirato e riorganizzato per omogeneità di materie, in modo tale da consentire alle Commissioni di merito di esprimere pareri motivati senza trovarci in questo imbarazzo. A poco servono le parole del collega Paniz che finiscono, se non altro, per avvalorare quello che sto dicendo. Parliamo di un provvedimento sullo sviluppo economico e ci troviamo a disquisire su testimoni e su giudici e, paradossalmente, la Commissione giustizia, che dovrebbe avere titolarità ad entrare nel merito in quella che è stata definita una riforma radicale del processo civile, si trova ad esprimere un parere consultivo. Se questo non è imbarazzante per il nostro funzionamento, per il sistema delle Commissioni e dell'Aula, ditemi voi cosa dobbiamo attenderci.
La verità è che siamo di fronte ad una specie di resa, una resa fatalista, per la quale l'idea stessa che un disegno di legge arrivi in Aula viene considerata un po' come quegli autobus africani che passano in quelle strade lunghe e polverose, se e forse, e per questo sono pieni di gente, perché non esiste la certezza che ne passi un altro successivamente, quindi ci salgono tutti. Ogni Ministro ci vuole mettere del suo, ogni esigenza particolare e singolare viene sollevata all'interno del Governo e, alla fine, la maggioranza si adegua e asseconda le esigenze e le spinte dei singoli rappresentanti del Governo, creando una commistione anche sulla chiarezza del testo legislativo - direi sulla purezza della norma - che sembra non appartenere più a queste aule, a queste stanze. È un po' paradossale e fa anche sorridere il fatto che all'articolo 25 di questo disegno di legge ci sia un riferimento alla chiarezza dei testi normativi, di fronte a un guazzabuglio di questo genere.
Diventa difficile, alla luce di questi fatti, anche entrare nel merito del provvedimento, un merito al cui interno ci sono ovviamente parti condivisibili; va però detto che anche queste parti condivisibili hanno poco a che fare con l'obiettivo pomposo del titolo. Qui non ci sono grandi risorse economiche da mobilitare, non ci sono risparmi fiscali, non c'è, non è sicuramente un provvedimento che incide sulla situazione di stagnazione economica e sulla pressione fiscale, che - leggo dalle anticipazioni della legge finanziaria - rimarrà stabile al 43,1 per cento, cioè non scende.
E mentre gli altri Governi di altri Paesi si stanno interrogando su come rispondere ad una congiuntura economica così difficile, noi ci troviamo di fronte ad uno strumento operativo come quello del disegno di legge al nostro esame che afferma, nel titolo, di voler affrontare il tema dello sviluppo, ma nella sostanza non c'è nulla che fa esplicito riferimento ad una possibile ripresa economica. Non c'è una liberalizzazione, c'è qualche semplificazione, non c'è la lesione di alcun «potere costituito», di quelli cioè che bloccano lo sviluppo di questo Paese.
Volete una prova? È stato soppresso, perché in parte anticipato dal decreto-legge n. 112 del 2008, l'articolo 21 sulla riforma dei servizi pubblici locali. Potevate cogliere l'occasione per correggere quell'impostazione del decreto-legge n. 112 del 2008, che ha tutt'altro che liberalizzato e valorizzato il mercato nel campo dei servizi pubblici locali.
Del resto cosa dobbiamo aspettarci da un Governo che si appresta (anzi, che ha lavorato, non si appresta e adesso dobbiamo anche sperare che tale lavoro vada in porto), che ha lavorato con convinzione per creare un monopolio del trasporto aereo nazionale? Che si ponga il problema delle liberalizzazioni, della concorrenza e del mercato? Ne aveva l'occasione, ma ha stralciato l'articolo e ha rinunciato a chiedere la delega sulla riforma dei servizi pubblici locali.
Altri aspetti risultano anche quanto meno riduttivi rispetto alle questioni che si vorrebbero affrontare. Sembra che il tema delle farmacie rurali sia uno dei perni su cui costruire la competitività e lo sviluppo di questo Paese. Ciò mi sembra significativo dell'altezza cui collochiamo l'asticella per quanto riguarda la competitività del nostro Paese.
Per il resto vi sono parti di questo disegno di legge che sono veri e propriPag. 22prestiti - di cui ovviamente non ci dispiaciamo - di un lavoro svolto nella precedente legislatura e che ovviamente sottolineiamo positivamente. Ciò significa che il Governo e la maggioranza precedenti non avevano idee così completamente sballate. Mi riferisco all'insistenza con cui avevamo cercato di portare a termine la riforma della rete distributiva dei carburanti ma anche, in particolare, ad un tema cui ho dedicato personalmente parte del lavoro e che riguarda la semplificazione amministrativa. Si trattava di un tema importante, vale a dire la manutenzione della legge n. 241 del 1990. Se osservo gli articoli 26 e 27 del disegno di legge in esame e in buona parte anche l'articolo 28 si trova letteralmente il lavoro svolto nella precedente legislatura e contenuto nel disegno di legge atto Camera n. 2161 presentato alla Camera dei deputati il 24 gennaio 2007, cosiddetto Nicolais, che a merito dell'Assemblea, aveva suscitato un dibattito serio e approfondito sui diritti dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, sul riparo rispetto a quegli aggiramenti della norma che dal 1990 la burocrazia aveva messo in atto pur di non corrispondere alla lettera della legge n. 241 del 1990. Una manutenzione che aveva trovato d'accordo questa Assemblea, tant'è che in questo ramo del Parlamento il disegno di legge Nicolais fu approvato senza voti contrari. Si riprende questo cammino e non possiamo ovviamente che esserne lieti. Rileviamo l'importanza che si sarebbe avuta se avessimo avuto la possibilità di chiamare le cose con il loro nome: dibattito sulla semplificazione amministrativa piuttosto che sulle altre materie omogenee.
Richiamo l'attenzione dei relatori e dell'Assemblea su una serie di questioni che cito sinteticamente: farmacie rurali, ordinamento contabile dei piccoli comuni, segretario comunale e anche quanto contenuto nell'articolo 19 sui centri regionali per gli acquisti, perché vi è un parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali che deve essere recuperato integralmente e che, a mio avviso, corrisponde davvero all'obiettivo di non creare complicazioni ai comuni e nello stesso tempo all'obiettivo di avere maggiori certezze rispetto ai prezzi da porre a base d'asta ed anche di rendere più razionale l'organizzazione del lavoro del segretario comunale. Si dice di mettere insieme 15 mila abitanti per ogni segretario comunale. Metteteli insieme nelle valli della Lombardia e del Piemonte 15 mila abitanti! Questo segretario comunale dovrebbe essere una specie di Flash Gordon che corre su e giù per le valli per essere dappertutto e per mettere insieme 15 mila cittadini.
L'ultima cosa che voglio dire, che mi lascia molto perplesso anche sull'atteggiamento dei relatori e della maggioranza, riguarda la delega in bianco che viene chiesta dal Governo in merito alla riorganizzazione di tre importantissime strutture: il CNIPA, il Formez e la Scuola superiore della pubblica amministrazione locale. Vaghezza generale, non c'è un paletto, non c'è alcun riferimento...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ORIANO GIOVANELLI. Concludo, signor Presidente. Sarebbe stato dovere dei relatori, e spero che sia esigenza di quest'Aula, chiedere certezza rispetto a strumenti importanti per lo sviluppo, la certezza e la correttezza della pubblica amministrazione nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Volevo comunicare che alle 13,15 la seduta sarà sospesa per la riunione del Parlamento in seduta comune. Sono iscritti a parlare nella parte antimeridiana della seduta e devono ancora intervenire gli onorevoli De Girolamo, Ferranti e Miotto e aveva chiesto di poter anticipare il suo intervento, se possibile, l'onorevole Vannucci. È evidente che sarebbe auspicabile che i colleghi iscritti a parlare, con la disponibilità di tutti, riuscissero a intervenire al mattino, altrimenti alcuni dovranno intervenire nel pomeriggio, quindi chiederei a tutti la cortesia di contenersi nei tempi.Pag. 23
È iscritta a parlare l'onorevole De Girolamo. Ne ha facoltà.

NUNZIA DE GIROLAMO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto volevo ringraziare i relatori per il faticoso lavoro svolto. Il disegno di legge oggetto dell'odierna discussione investe diverse materie, fra le quali appunto numerose disposizioni volte a riformare la giustizia civile, introducendo rilevanti novità nel processo civile.
Gli apprezzabili interventi introdotti dal provvedimento incidono sicuramente sul processo in termini di efficienza e contribuiscono a determinare una accelerazione dello svolgimento del processo civile e quindi della sua conclusione. L'attuale realtà economica e culturale è così mutata da rendere in parte superata la vigente normativa in materia di processo civile.
Ma quando parliamo di processo dobbiamo distinguere tre concetti: il giusto processo, ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione, che ha come corollario ineludibile il rispetto di formalità e contraddittorio e quindi la dilatazione dei tempi processuali; poi vi è il concetto di processo celere, che è nozione di carattere economicistico, con una sussunzione in campo giuridico di concetti legati alla vita degli scambi commerciali; altro concetto ancora è il processo di ragionevole durata, concetto espresso dall'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
Questi concetti, spesso richiamati nel dibattito politico, sono in stridente contraddizione: il processo più giusto è quello con più garanzie e quindi è quello più lento, ma la celerità del processo è elemento essenziale della competitività di un Paese. Il punto di contemperamento fra le opposte esigenze è costituito, allora, dal processo di ragionevole durata, dal contemperamento di due esigenze opposte, ma entrambe imprescindibili.
La nostra cultura tradizionale ci induce a credere che il processo è migliore se è circondato da più garanzie senza verificare se tali garanzie possano essere realizzate in concreto e quale sia il loro reale impatto sull'organizzazione complessiva della giustizia del Paese. Le garanzie non devono essere solo scritte, ma effettive e l'effettività non è garantita se le nostre leggi e i nostri sofisticati e giusti processi non vengono conclusi in termini ragionevoli ed utili per chi ricorre all'autorità giudiziaria.
Negli ultimi anni si sono manifestati due orientamenti diversi, tutti volti a rendere più veloce il processo: da un lato, si sono creati i riti speciali, in ragione della materia da trattare o dello status dei soggetti processuali, dall'altro, si è tentato di ridurre il contenzioso con strumenti alternativi al processo (penso ai tentativi di conciliazione). È evidente che entrambi gli orientamenti non costituivano strumenti sufficienti per rendere più veloce il processo, ma strumenti molto spesso per eluderlo.
Solo pochi interventi hanno inciso sul processo dal suo interno, la maggior parte hanno finito per determinare la fuga dal processo o la creazione di corsie preferenziali. Eppure, nel codice di rito, strumenti adeguatamente valorizzati, ovviamente, potrebbero avere una portata acceleratrice dell'intero sistema.
Il processo, nel suo aspetto teorico, non è mai lento; lo diviene nell'applicazione pratica, quando deve scontrarsi con la massa enorme del contenzioso. Fra le soluzioni, secondo me, senza ledere, chiaramente, l'articolo 24 della Costituzione, si potrebbe modificare o potenziare ancor più la condanna alle spese del soccombente.
Questa deve divenire, da mero risarcimento tra privati, vera e propria pena privata, con effetto dissuasivo nei contenziosi avventati.
Ma non dobbiamo dimenticare che il processo - per essere giusto - lo deve essere nel suo insieme: esso si compone di diversi gradi e attualmente il grosso lavoro si concentra nel primo, riservando ai successivi la parte nobile. Quindi, è necessario rendere il processo giusto nel suo insieme e celere complessivamente.
Le modifiche introdotte a questo pacchetto di norme hanno il merito di avviarePag. 24l'introduzione di un meccanismo processuale nuovo, idoneo a garantire la celerità del processo, ma è chiaro che un'idea moderna di giustizia e un pensare europeo al sistema giustizia richiedono un ulteriore sforzo da parte di tutti noi, dagli operatori del diritto ai magistrati, ai politici, ai cittadini. Infatti, se realmente vogliamo aumentare la qualità del sistema giustizia, dobbiamo abbandonare logiche non al passo con il tempo e, contestualmente, umilmente chiederci se abbiamo fatto quanto era nelle nostre possibilità e se intendiamo realmente trovare la strada per realizzare il giusto e celere processo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole De Girolamo, oltre che per il suo intervento, la ringrazio anche per essere rimasta ampiamente nei tempi.
È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, cercherò anch'io di impiegare il minor tempo possibile. Tuttavia, è ineludibile che, come abbiamo visto in questi interventi, in realtà nella discussione generale di questo disegno di legge - intitolato «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» si è parlato più che altro della riforma del processo civile. Inoltre, nel disegno di legge al nostro esame la firma del Ministro Alfano è l'ultima. Questa è una delle tante anomalie di questo disegno di legge, che si è tentato di far comprendere in più sedi e forse anche fino allo sfinimento, ma non vi è stata la possibilità di ottenere alcun risultato.
L'intervento dell'onorevole Vietti rappresenta l'ennesima prova della assoluta sordità del Governo a tener conto delle effettive esigenze della riforma della giustizia. Stiamo parlando della riforma della giustizia civile. Un efficiente sistema di giustizia civile è certamente essenziale ai fini della competitività del Paese e della sua capacità di attrarre investimenti internazionali. Ne siamo tutti convinti. Ma il recupero di efficienza deve essere anche il recupero della effettività della tutela giurisdizionale.
È stato detto in maniera molto significativa da altri colleghi prima di me che non può condividersi - e deve respingersi - la scelta del Governo di inserire importanti segmenti di una riforma del processo civile in un disegno di legge collegato alla manovra finanziaria. Infatti, di segmenti si è trattato. Alcuni di essi sono stati tratti da un progetto di riforma più complessiva che, con il Governo precedente il Ministro Mastella aveva presentato ed era in discussione in Commissione giustizia del Senato, attraverso anche un comitato legislativo.
In quel caso, il disegno era più ampio ed è estremamente grave - l'abbiamo già affermato in più sedi e continuiamo ad affermarlo - che non è stato consentito alla Commissione giustizia di discutere e approfondire con i naturali interlocutori (ovvero con gli operatori della giustizia: gli avvocati, i magistrati e chi fa parte della cultura della giurisdizione) un provvedimento di propria ed esclusiva competenza.
Ringraziamo certamente il presidenti della Commissione affari costituzionali e della Commissione bilancio per l'ospitalità, la pazienza e il senso di democrazia che hanno dimostrato. Tuttavia, non era quella la nostra sede e forse abbiamo occupato anche più del tempo necessario, ma in qualche modo volevamo che il Governo ascoltasse. Tuttavia, il Governo è sordo e il Ministro non mantiene le sue promesse. Infatti, aveva promesso, nel discorso programmatico presso la Commissione giustizia, che avrebbe fatto la riforma della giustizia in pieno dialogo con tutti gli operatori della giustizia e nella Commissione competente. Ciò non è avvenuto.
Non è condivisibile un impianto normativo che procede per segmenti, per lo più attraverso la burocratizzazione dei tempi, un impianto in cui all'ultimo momento è stato inserito un filtro per la Corte di cassazione.
Questa riforma è priva di omogeneità, di una valutazione sistematica, di unaPag. 25valutazione essenziale dell'allocazione delle risorse economiche e umane e soprattutto di quella che prevede che a fianco di un giudice che deve portare avanti con le parti un processo vi deve essere anche un ufficio del processo, personale amministrativo competente e riqualificato nel proprio ruolo. Invece, tutto questo è in contrasto con i tagli continui che abbiamo di fronte per la giustizia.
Noi sicuramente avremmo condiviso una riforma basata sul principio civile della lealtà processuale, della conciliazione giudiziale effettiva e garantita, della razionalizzazione e accelerazione dei tempi del processo, con un alleggerimento delle questioni di competenza, che era stato accennato e poi immediatamente rivisto dal Governo, perché la tecnica legislativa era sbagliata e il contraddittorio veniva completamente annullato. Avremmo condiviso la previsione di una indicazione specifica dei motivi di appello, l'introduzione di un modello di procedimento sommario che garantisse comunque le parti, la semplificazione del regime di nullità che fosse in linea con i tempi e soprattutto una responsabilizzazione e razionalizzazione dei tempi del processo attraverso la concentrazione delle udienze, la riduzione dei tempi, il calendario del processo, una responsabilizzazione del giudice e delle parti.
Nonostante quanto gli interventi che ci hanno proceduti vogliono far credere, il Partito Democratico non è contrario all'efficienza della giustizia, vogliamo soltanto che l'efficienza della giustizia non faccia perdere dignità alla effettività della tutela dei diritti. Senza parlare, poi, del fatto che non si arriva ad una maggiore efficienza della giustizia attraverso un aumento indiscriminato delle competenze dei giudici di pace. Se vi fosse stato un effettivo dialogo in Commissione giustizia si sarebbero potute ascoltare le associazioni degli avvocati e capire se quello era un sistema efficiente, che conduce ad una giustizia più agevole, più celere e più effettiva per il cittadino.
Così per la testimonianza scritta: abbiamo argomentato molto in sede di Commissione, abbiamo cercato di far capire alcune questioni, e la stessa maggioranza ha poi fatto delle osservazioni che non si è sentita di porre come vincolanti, ma ha comunque inserito delle osservazioni puntuali nel parere della Commissione giustizia; perché quella testimonianza scritta che si dice presa da altri ordinamenti, ma in realtà è un pezzetto di altri ordinamenti scaraventato nel nostro sistema, non accelera nulla perché è farraginosa ed eccessivamente burocratica nelle modalità di formazione, crea soltanto privilegi e valori formali, come quello della autenticità della sottoscrizione e non dà rilievo assoluto al valore più sostanziale, quello della genuinità dell'informazione somministrata dal terzo.
Voglio arrivare al momento finale che abbiamo vissuto nelle Commissioni che ci hanno ospitato, quello in cui è stato proposto il filtro per la Cassazione, un'introduzione di una norma tecnicamente mal posta, tant'è vero che, come diceva anche il presidente Bruno, non ha consentito, perché l'articolato è unico, nemmeno di adempiere ad una prescrizione della Commissione giustizia da parte del Governo che era favorevole, perché il primo comma non si collega poi con gli altri. In ogni caso, la norma propone l'introduzione di un filtro che non ha nulla a che fare con il principio del contraddittorio, con il principio della parità delle parti, con il principio della terzietà e imparzialità del giudice. L'attinenza con il principio di ragionevole durata è poi soltanto apparente e destinata ad essere contraddetta dalla realtà degli effetti della disposizione che sarebbero tutt'altro che acceleratori.
Per quanto, poi, riguarda il settimo comma dell'articolo 111 della Costituzione, la norma, anziché costituirne un'attuazione, si pone in contrasto con quel principio che stabilisce la ricorribilità in Cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze. Pertanto, tutti coloro che operano nella giustizia, tutti quelli che lavorano in Cassazione, sono tutti consapevoli dell'assoluta necessità, onorevole Paniz, di affrontare misure realmente efficienti per contrastare il sovraccarico della Corte ePag. 26dei suoi magistrati e così anche di tutta la giustizia; l'esigenza di filtri e di altri sistemi di deflazione è profondamente sentita come condizione essenziale, ma non può essere qualcosa che viene imposta con emendamenti articolati all'ultimo momento.
È necessario che i giusti propositi di riforma si traducano in un impegno di studio ponderato e saggio, di confronto culturale aperto e trasparente, che coinvolga tutta la magistratura, soprattutto quella di legittimità, laddove si parla di filtro della Cassazione, l'avvocatura e gli studiosi del processo e dell'ordinamento costituzionale; ovviamente, l'ultima voce, quella di sintesi, deve essere quella delle forze politiche.
Gli interventi di riforma sono urgentissimi, ma è chiaro che questa volta...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DONATELLA FERRANTI. ...abbiamo avuto la prova e credo che in tutti, anche nelle forze della maggioranza, vi sia la consapevolezza che questa non è la strada. Non è questa la strada, mascherando le riforme della giustizia attraverso provvedimenti che vedono, come ultimo firmatario di una lista, il Ministro della giustizia. Non fa onore ad Alfano e spero che questa sia l'ultima volta che percorre questa strada (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, siamo in presenza, come hanno già detto molti colleghi, di un'ulteriore umiliazione del Parlamento, un doppio esproprio, anche in questo caso utilizzando il più veloce strumento del collegato alla manovra economica per introdurre una nuova legge delega al Governo per riformare il settore delle farmacie. È uscita come un coniglio dal cappello 48 ore fa.
Questo è avvenuto al di fuori della Commissione di merito, la XII, che è stata privata della possibilità di presentare gli emendamenti sul testo. Quindi, un doppio esproprio: sterilizzata la discussione con un blitz della maggioranza e una nuova legge delega del Governo per riformare un settore importante del sistema sanitario.
Tutto ciò per rispondere a quale esigenza di urgenza? Non è chiaro. L'improvvisazione regna sovrana da questo punto di vista, se è vero, com'è vero, che il Governo si appresta ad emendare nuovamente l'articolo 30, come ha annunciato ieri in Commissione il sottosegretario Fazio.
Nel merito, il Governo aveva azzerato il ruolo e la funzione delle farmacie rurali, che rappresentano un presidio sanitario importante ed essenziale per garantire l'accessibilità al diritto alla salute a parti della popolazione che vivono in territori a minore densità abitativa.
Sarebbe stata una norma chiaramente in conflitto con l'articolo 32 della Costituzione, perché avrebbe, di fatto, negato l'accesso ad un livello essenziale di assistenza per fasce consistenti di cittadini. Ebbene, il Governo ha fatto una parziale retromarcia su questo punto; bene per la retromarcia, male perché è parziale, perché fra i contenuti della delega si pensa di rideterminare le indennità in base all'effettivo disagio. Comunque, quindi, le farmacie rurali hanno alle porte un provvedimento che le penalizza, con ripercussioni negative sui cittadini.
Accanto alla parziale retromarcia si propone la legge delega per riordinare le farmacie, ampliandone le funzioni e collocandole nella rete dei servizi. Teoricamente è una buona idea, peraltro già oggi, almeno in parte, attuata in alcune regioni; ragion per cui, la delega potrebbe addirittura rivelarsi inutile.
Ma quali sono le obiezioni che mi sento di sollevare? Sono tre. La prima: la delega riguarda una materia di competenza regionale e non è compito dello Stato normare questi aspetti. Potrebbe farlo, se modifica i livelli essenziali di assistenza, ma in tal caso dovrebbe prevederne il corrispettivo finanziamento, che, anzi, qui è escluso.Pag. 27
Siamo di fronte all'ennesimo episodio di un attacco all'autonomia regionale. Non è veritiera, in realtà, l'affermazione, fatta in queste ore secondo la quale le regioni verranno consultate; come è ben noto, questo è un livello di discussione diverso. La responsabilità organizzativa regionale in questo campo è esclusiva e non può essere oggetto di violazione così palese.
Seconda osservazione: non viene salvaguardato il ruolo e la funzione di altri professionisti che operano nel settore sanitario e socio-sanitario. Si fa riferimento all'assistenza domiciliare e alle funzioni della prevenzione che sarebbero estese alle farmacie. Ma quali relazioni con i distretti e i medici di medicina generale, che sono i titolari di questa funzione? Ricordo che i medici di medicina generale sono più capillari sul territorio di ogni altro soggetto, anche rispetto alle farmacie.
La norma è assolutamente carente da questo punto di vista e rischia di ritagliare per le farmacie ruoli e funzioni distinti, se non talora sovrapposti ad altri servizi, per i quali la programmazione regionale ha individuato responsabilità e protocolli operativi.
La terza obiezione: tutto ciò deve avvenire a costo zero. Questo è davvero singolare! Le nuove funzioni affidate alle farmacie costano e vanno remunerate. È immaginabile chiudere servizi che funzionano, spostare funzioni, per renderli più capillari, e tutto questo dovrebbe avvenire a costo zero?
Si dice che larga parte del Paese non sa cosa sono i distretti dell'assistenza domiciliare; ma allora - mi chiedo - potranno le farmacie supplire a queste lacune gravi senza aumentare la spesa? Ed ancora: genericamente si afferma che le nuove funzioni saranno remunerate diminuendo gli sprechi e ricorrendo ad un luogo comune che è inaccettabile, se non è accompagnato da azioni concrete di rimozione delle spese davvero inutili; voglio ricordare che in Italia il Servizio sanitario è fra i migliori al mondo ed è finanziato, rispetto alla media europea, grazie al lavoro fatto dai Governi Prodi, sulla base dei livelli essenziali di assistenza. Ora i tagli della manovra di luglio lo condannano ad un nuovo periodo di sottofinanziamento e di rimessa in discussione dei LEA; ma le inefficienze, come le liste di attesa, sono già pagate dai cittadini. Non è una buona terapia aumentare i compiti e le funzioni del sistema sanitario per poter immaginare che le inefficienze di punto in bianco svaniscano: occorre un serio lavoro riformatore sulla valutazione, sulla misurazione dei risultati, di cui purtroppo non c'è traccia nell'azione di governo in questi mesi, più attenta invece a denigrare il lavoro dei pubblici dipendenti e dei medici in modo generalizzato. Insomma, continua l'opera di drammatizzazione delle situazioni per poi poter tagliare i finanziamenti.
Così avviene anche con l'articolo 30: si annuncia al Paese che le farmacie saranno i nuovi attori dei servizi di assistenza domiciliare, ma intanto si ridimensionano le farmacie rurali. Perciò ci apprestiamo a presentare alcuni emendamenti, che potrebbero migliorare il testo al fine di rendere davvero accessibile ed esigibile il diritto alla salute, come è previsto dall'articolo 32 della Costituzione.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Miotto, anche per aver rispettato il tempo, anzi ne ha usato molto meno di quanto a lei assegnato.

Nuova convocazione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi per la sua costituzione.

PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta odierna, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi non ha potuto procedere alla propria costituzione.
D'intesa con il Presidente del Senato, la predetta Commissione è stata pertanto nuovamente convocata per domani, venerdì 26 settembre 2008, alle ore 8,30, nella sede di Palazzo del Seminario.

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Sull'ordine dei lavori (ore 13,18).

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sarò breve.

PRESIDENTE. Sa che dobbiamo sospendere la seduta.

MAURIZIO TURCO. So che fra poco inizierà la farsa dell'elezione del giudice della Corte costituzionale...

PRESIDENTE. Non è una farsa.

MAURIZIO TURCO. È una farsa: l'elezione del giudice della Corte costituzionale, a seguito delle dimissioni del professor Vaccarella del 4 maggio 2007, è ormai oggettivamente una farsa. Ho qui una lettera del Presidente della Repubblica Napolitano del 30 ottobre 2007, un anno fa: «Posso assicurarvi - scriveva ai deputati radicali - che continuerò a sollecitare ogni utile iniziativa che consenta al Parlamento di adempiere al dovere di assicurare la piena funzionalità della Corte costituzionale». Un anno fa! Dopo che erano già passati sei mesi, in una Corte costituzionale in cui il professor Vaccarella era l'unico penalista! Era l'unico penalista della Corte costituzionale e da diciotto mesi la Corte costituzionale continua a deliberare senza il plenum previsto dalla Costituzione e senza alcun penalista.
Signor Presidente, la questione è molto semplice: noi intanto a questa farsa, da questa seduta, non parteciperemo più. I nove parlamentari radicali non parteciperanno più a queste votazioni e sollecitiamo per l'ennesima volta (avevamo avuto l'attenzione del Presidente Fini) che il Parlamento venga convocato fino a voto utile; altrimenti questo vorrà dire che la farsa non è dei partiti, ma anche degli organi istituzionali.

PRESIDENTE. Onorevole Turco, ribadisco, ma credo che anche lei, dal contenuto e dal tono del suo intervento, sia d'accordo, che ciò a cui dobbiamo procedere, cioè l'elezione di un membro della Corte costituzionale, non sia assolutamente una farsa, ma anzi sia un atto fondamentale di questo Parlamento. Proprio per questo, credo sia corretto riportare la sua sollecitazione e, da parte della Presidenza, faremo il possibile per convocare le sedute, come abbiamo fatto, affinché il Parlamento possa procedere all'elezione del membro mancante della Corte costituzionale.
Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione del Parlamento in seduta comune con il seguito della discussione generale del disegno di legge n. 1441-bis.

La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 16,55.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto, i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, signori del Governo, discutiamo oggi un disegno di legge con un titolo altisonante, ambizioso e importante: «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione,Pag. 29la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria».
La risonanza è stata data anche questa mattina dalle relazioni che abbiamo ascoltato. L'onorevole Bernini ci ha detto che il provvedimento è animato dalla filosofia del fare, che avrà grandi effetti, che darà una spinta rigorosa verso una vera competitività. Francamente a noi, di fronte alle difficoltà del Paese, alla congiuntura internazionale, il provvedimento sembra inadeguato e insufficiente. Non vi è il coraggio necessario. Del resto, non ci sono le condizioni in questa maggioranza. Il contenuto non corrisponde, quindi, alle aspirazioni. Si tratta in gran parte di norme manifesto, prive di efficacia concreta, spesso di dichiarazioni di intenti, di titoli, di deleghe molto generiche, che questo Parlamento concede al Governo - secondo noi - con eccessiva leggerezza.
Sono molti i rinvii, gli impegni da affrontare, i problemi che vedranno lunghi bracci di ferro nella maggioranza, per arrivare ad esiti come sempre insoddisfacenti, parziali e sbagliati. Lo abbiamo già visto e sperimentato. Vedete, al di là della regia sapiente ormai collaudata di palazzo Chigi, della favolosa centrale comunicativa che dosa bene i messaggi da mandare al Paese con maestria, capace di navigare sulle onde delle emozioni popolari dosando bene paure e riassicurazioni, riteniamo che nella maggioranza di Governo permangano profonde differenze, diverse visioni che ne paralizzano l'azione e che non gli permettono di andare realmente a fondo dei problemi, di fare azioni strutturali.
Allora, si fanno degli spot, si fa propaganda, si sta al Governo come se ancora si fosse all'opposizione. Si fanno proclami. Non si assume la responsabilità di governare davvero. È tutto volto al consenso immediato, non al futuro. Posso farvi degli esempi: c'è insicurezza, gli sbarchi di clandestini aumentano, non riusciamo ad arginare questo fenomeno. Non basta la faccia dura, intere regioni sono in mano alla criminalità: dichiariamo guerra agli zingari. Vogliamo tagliare risorse agli enti locali (tanto poi le pagheranno i cittadini): si tratta dei mille modi di mettere le mani in tasca agli italiani.
Dichiariamo guerra ai fannulloni, vogliamo tagliare risorse alla scuola, facciamo parlare di grembiulini, di voti in condotta, di maestro unico, di disciplina. Potrei continuare. Credo che il Ministro Tremonti se ne sia ormai accorto: la vera divisione tra «mercatisti» e statalisti è interna alla sua maggioranza. Bisogna che dopo la sua conversione alle teorie no global avvenga quella di altri, che non vediamo così veloce. Tuttavia, essendoci stata questa inversione vediamo invece i suoi liberali, quelli che chiama «mercatisti», in difficoltà, spiazzati. Ciò si è visto quando siamo ritornati indietro sulla riforma dei servizi pubblici locali: dove è la concorrenza promessa? Ma si è visto anche in altre occasioni: quando questi liberali si sono visti rifilare la tariffa indicizzata sull'autotrasporto (una nuova scala mobile, unico Paese in Europa); quando hanno subito l'attacco ancora in corso, per quanto ne sappiamo, verso l'autorità indipendenti, prima fra tutte quella dell'energia; quando si è bloccato il processo di liberalizzazione e di aumento della concorrenza verso banche, assicurazioni, monopoli e si è di fatto bloccata la possibilità dell'azione collettiva a tutela dei consumatori; quando hanno visto i regali alle società autostradali e quando vedono corporazioni sempre più potenti in questo Paese.
Anche qui potrei continuare, ma voglio invece rassicurare il Ministro Tremonti - lo faccio attraverso il gentile sottosegretario Vegas, sempre attento e puntuale - che noi non siamo oggi ideologici al contrario; noi del PD veniamo da storie e da culture diverse che abbiamo potuto unire proprio perché per tutti noi il mercato è sempre stato un mezzo e non un fine in sé, come per la gran parte di voi, imbevuti di teorie liberiste e di processi di deregolamentazione assoluta. Noi abbiamo sempre pensato che il mercato, la globalizzazione, andava e vada regolata per garantire una crescita in grado di offrire pari opportunità e giustizia sociale; abbiamo la flessibilitàPag. 30mentale necessaria per sapere quando ci vuole lo Stato e quando il mercato: abbiamo chiaro questo equilibrio. Le lezioni, i testi, le elaborazioni di questi ultimi tempi credo siano per i colleghi di maggioranza.
Signor Presidente, questa premessa era doverosa per entrare nel merito del provvedimento del quale confermo il giudizio di parzialità, di improvvisazione, almeno per le parti che abbiamo discusso nelle Commissioni di merito.
La distanza fra le ambizioni e la reale efficacia riguarda in gran parte la giustizia civile, di cui hanno già parlato i colleghi e ne parlerà ancora la collega onorevole, Cinzia Capano (che ringrazio anche per questo scambio di turno). Le norme introdotte sono controverse: servono davvero a recuperare efficienza, ad abbattere i tempi ormai inaccettabili, a garantire le parti offese? Noi ne dubitiamo. Serviranno a farci recuperare il deficit di credibilità internazionale che agisce negativamente sull'attività del nostro sistema economico?
Anche con riferimento al resto del provvedimento, per confermare il mio giudizio posso farvi degli esempi. Se andate all'articolo 73 trovate un titolo: «Attuazione del federalismo»; andando a leggerlo si tratta di un fondo di 3 milioni di euro all'anno per studiare la problematica. Vi è poi un titolo recante «Privatizzazioni», nell'ambito del quale l'articolo 69 parla della Patrimonio dello Stato Spa; voi magari pensate che si affronti il tema del patrimonio dello Stato, del modo in cui valorizzarlo (magari alienandolo e non regalandolo come si è fatto in passato) e che si affronti finalmente il tema che è connesso con il vero macigno che questo Paese ha: il debito pubblico. Il sottosegretario Vegas ci ha informato, infatti, nei giorni scorsi che quest'anno abbiamo pagato 5 miliardi di euro in più per oneri, per interessi passivi; siamo ben oltre gli 80 miliardi, il 15 per cento della nostra spesa, il 5 per cento del PIL: è la vera palla al piede di questo Paese, la vera tassa occulta, e il trend peggiorerà con le burrasche finanziarie di questi giorni. Ebbene, forse questa è l'ambizione che dobbiamo dare al Paese, forse questa legislatura era l'occasione per affrontare questi temi se avessimo saputo mantenere un filo di confronto e di dialogo. Invece, questo articolo sulla Patrimonio dello Stato Spa non è niente di tutto questo, è una novella di una norma che oltre ai beni fa affluire anche i diritti a favore dello Stato.
Se andate all'articolo 33 e vedete il titolo: «Cooperazione allo sviluppo internazionale» magari pensate che questo nostro Paese ripensi ai recenti tagli che ha praticato questo Governo, che fanno di noi la Cenerentola fra i Paesi europei con destinazione di fondi risibili, al di sotto degli impegni internazionali. E poi ci riempiamo la bocca dicendo che la soluzione del fenomeno dell'immigrazione clandestina sta nel combatterlo aiutando i Paesi di provenienza! Ed invece no, modifichiamo le procedure!
È ovvio che vi sono parti condivisibili: va apprezzato l'impegno dei presidenti, dei relatori, dell'onorevole Bernini Bovicelli e dell'onorevole Corsaro che, cortesi ed anche capaci, hanno operato per migliorare e rafforzare il provvedimento. Noi, da parte nostra, ci siamo anche confrontati costruttivamente, ma la base, il punto di partenza era debole, il provvedimento rimane debole rispetto alle esigenze di modernizzazione che il Paese ha.
Non credo che da questo atto possa partire nemmeno un ennesimo eclatante messaggio ingannatorio al Paese, in quanto scomponendo i tre temi del titolo - sviluppo economico, stabilizzazione della finanza pubblica e perequazione - registriamo in ordine allo sviluppo economico che il Paese è fermo e non cresce. La nota di aggiornamento ci dirà che stiamo rideterminando la crescita allo 0,1 per cento, siamo di fatto in recessione e ogni giorno si registrano crisi aziendali in vari comparti.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Avete interpretato - ho finito Presidente - la stabilizzazione della finanza pubblica con tagliPag. 31lineari del 17 per cento. Avete così tagliato sia la spesa buona sia quella cattiva.
Siete convinti che dentro ogni Ministero per ogni missione e per ogni programma si faccia questa cernita o rimanga anche la spesa cattiva, la spesa retributiva? Avete interpretato la perequazione tributaria solo togliendo l'ICI anche ai ricchi; vi è una norma sugli straordinari, che abbiamo condiviso, ma vale solo 600 milioni di euro. Noi producemmo una norma sul cuneo fiscale che valeva 7 miliardi di euro e produrrà effetti. Certamente siete più bravi, in quanto si parla più dei vostri 600 milioni di euro che dei nostri 7 miliardi di euro, ma voi siete più bravi a comunicare, non a risolvere i problemi del Paese. L'occasione c'era e l'avete detto nel rendiconto.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Concludo. Avete ammesso finalmente lo stato dei conti del Paese. Ciò è scritto e l'abbiamo rimarcato in quest'Aula. L'occasione deve essere, sottosegretario Vegas, la prossima legge finanziaria. In quella sede dobbiamo veramente realizzare la perequazione tributaria in ordine alle tasse sulle retribuzioni e sulle pensioni, in quanto il Paese può ripartire solo se in grado di aumentare la domanda interna, di sostenere i consumi, di riprendere gli investimenti rispetto ai quali, anche su questo, avrei detto parole molto dure e di critica, contenute nella prossima finanziaria, ma il mio tempo è scaduto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, non posso fare a meno anch'io all'inizio del mio intervento di sottolineare negativamente le modalità con cui si è svolta fin qui la discussione. Discussione in materia di modifica al codice di procedura civile: forse era questo il nome giusto da dare al provvedimento in esame, o almeno a buona parte di esso che doveva essere stralciata ed esaminata in maniera diversa.
Questo giudizio, a nostro avviso negativo e direi prudente anche da parte di autorevoli esponenti della maggioranza, è stato espresso non solo dalle opposizioni, ma dalla Commissione giustizia all'unanimità ieri, come risulta dal parere approvato in Commissione. Nel parere si evidenzia come l'assegnazione in sede referente alle Commissioni affari costituzionali e bilancio comprime le prerogative e le competenze della Commissione giustizia, che rappresenta - sostiene il parere della Commissione - la sede naturale per un esame approfondito e consapevole dei provvedimenti di riforma del processo civile. Nel parere, votato da tutti, si aggiunge: « è necessario che in futuro provvedimenti che incidono sulla giustizia civile siano esaminati dalla Commissione giustizia in sede referente e con lo svolgimento di un adeguato ciclo di audizioni degli operatori del settore».
Mi sembra che questo giudizio sia assolutamente chiaro e confidiamo che in futuro la Presidenza della Camera si attenga anche a questa indicazione. L'assegnazione in sede referente alle Commissioni affari costituzionali e bilancio ha causato la totale espropriazione della nostra Commissione e della sua naturale competenza e ciò, peraltro, è stato rilevato con serietà anche in momenti diversi dai tre presidenti delle Commissioni interessate: dal presidente Bruno, dal presidente Giancarlo Giorgetti e dalla presidente Bongiorno. Ciò ha impedito un confronto di merito serio ed approfondito su una riforma di portata, a nostro giudizio, assai rilevante, privilegiando una celerità maggiormente funzionale più che al reale approfondimento dei problemi, all'effetto annuncio cui ci sta abituando il Governo, ma da cui speravamo che almeno la giustizia civile potesse essere immune.
Si aggiunga che il Governo, nel corso dell'esame da parte delle Commissioni riunite, è continuamente intervenuto con emendamenti modificativi o sostitutivi addirittura di interi articoli, costringendo l'opposizione non solo ad una continuaPag. 32funzione di supplenza dei propri componenti nelle Commissione affari costituzionali e bilancio, ma anche ad un defatigante inseguimento di un testo in permanente mutazione.
Insomma, è stato curioso vedere i nostri colleghi, membri della Commissione giustizia, inseguire il provvedimento nelle aule delle Commissioni della Camera alla ricerca del testo perduto o sottratto. Sorvolo sulle motivazioni addotte dal Governo, ovvero l'esigenza di celerità. Sì, capiamo ma i tempi si sono allungati lo stesso e le modifiche fatte dal Governo sono venute male.
Questo precedente rischia, a mio giudizio, di creare un vulnus anche sulla funzione delle Commissioni e di penalizzare la competenza non solo dei deputati, ma anche quella - a volte straordinaria - degli uffici della Camera, che forniscono sempre un supporto qualificato e prezioso ai nostri lavori. Supporto, forse, da cui avrebbe potuto trarre beneficio anche il Governo, per evitare qualche pasticcio in questi giorni.
Questo iter, forse, è frutto dell'approssimazione, ma si inserisce, purtroppo, nella logica - finora seguita dalla maggioranza e dal Governo - di proclamare continuamente a parole un dialogo, però disatteso nei fatti, per un motivo o per l'altro, con colpa o con dolo. Insomma, signor Ministro, siete riusciti, purtroppo, a far prevalere ancora una volta la polemica e a farvi dare torto anche quando vi erano le condizioni per arrivare ad un più ampio consenso. Ciò induce inevitabilmente l'opposizione, oggi, a far prevalere una questione pregiudiziale di metodo rispetto alle proposte modificative, pur in parte, ribadisco, condivise.
Evidentemente, alla maggioranza e al Governo non solo non interessa - questo forse è il dato più grave - il parere dell'opposizione, che attraverso il confronto parlamentare può, a nostro giudizio, migliorare il provvedimento, ma forse non interessa neppure ottenere un voto favorevole che rappresenti un più ampio consenso. Peraltro, il processo civile e il suo snellimento sono i tipici argomenti sui quali potrebbero convergere, anche programmaticamente, in nome dell'interesse generale, interessi politici, evitando contrapposizioni ideologiche. Era stato proprio lei, signor Ministro della giustizia, in diverse circostanze, ad auspicarlo, raccogliendo la nostra disponibilità di principio, salvo poi praticare un'altra strada, che speriamo lei non ripercorra, sul cammino - peraltro più controverso - della riforma complessiva dell'ordinamento giudiziario.
Signor Presidente, se me lo consente, mi riservo di consegnare il mio intervento, contenente altri aspetti tecnici di merito del provvedimento, dal momento che diversi colleghi dell'opposizione e anche alcuni della maggioranza hanno sottolineato gli stessi aspetti: non vorrei dilungarmi o ripeterli. Sono certo, comunque, che il Governo li valuterà con grande attenzione. Mi soffermo soltanto su un ultimo aspetto: una riflessione a parte, che merita il dietro-front - mi dispiace definirlo così - del Governo sull'annunciata riduzione di un terzo della sospensione feriale dei termini processuali. Un'opposizione seria riconosce i suoi limiti, oltre a denunciare quelli della maggioranza e del Governo. Forse offro l'occasione al Ministro Alfano di chiarire su questo aspetto, che oggi è evidenziato dai giornali.
In questi giorni ci siamo concentrati molto sul pessimo metodo seguito per l'esame del disegno di legge in esame. Sul merito, abbiamo sviscerato e provato a migliorare il provvedimento (inutilmente), ma oggi gli organi di informazione (che fanno loro dovere: molti cronisti sono attenti alla materia della giustizia) ci segnalano un grave e ulteriore elemento di criticità sul provvedimento in esame, che finora era passato inosservato. Il Guardasigilli aveva infatti assicurato che le cosiddette vacanze della giustizia in Italia avrebbero avuto inizio, come sempre, il primo agosto, ma quest'anno sarebbero terminate, per la prima volta, il 31 dello stesso mese, non più il 15 settembre. Su ciò il Ministro aveva ricevuto il plauso anche nostro (come su altri aspetti), perché l'annuncio era effettivamente importante e andava incontro alle esigenze deiPag. 33cittadini di velocizzare il processo e cercare di eliminare i tempi morti (esigenza che, peraltro, lei, signor Ministro, aveva ribadito fin dalla sua prima audizione in Commissione giustizia).
Invece, abbiamo avuto la sorpresa che tutto è rimasto come prima e le buone intenzioni del Ministro erano già venute meno, per quest'anno perché le norme che le prevedevano erano state stralciate dal disegno di legge n. 1441 e inserite in questo disegno di legge collegato; oggi, però, grazie alla soppressione della norma da parte delle Commissioni riunite - attraverso un emendamento presentato dal Governo - queste intenzioni sono purtroppo scomparse del tutto.
Ciò, ovviamente, continuerà a penalizzare la tanto auspicata efficacia e, soprattutto, riduzione dei tempi del processo civile. Ci auguriamo, comunque, che l'esame in Aula subisca un'inversione di tendenza. So che il Governo sta lavorando in questo senso per migliorare il provvedimento e, rispetto alle logiche precedentemente adottate, speriamo che qualcosa cambi, al fine di trovare soluzioni il più largamente condivise anche dal Parlamento, in grado di soddisfare - su questo siamo d'accordo con lei, signor Ministro - il sempre crescente desiderio di giustizia breve ed efficace da parte dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Rao, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il testo del disegno di legge n. 1441-bis, come è noto, è parte di una serie di norme che sono state approvate unitamente al decreto-legge n. 112 del 2008 ed è anche parte di un testo sul quale vi sono stati altri due stralci che saranno valutati in seguito da quest'Aula. Gli altri due stralci riguardano l'energia, l'internazionalizzazione del nostro sistema produttivo e la delega al Governo in materia di lavori usuranti.
Il provvedimento in esame è complesso ed articolato ed è improntato alla definizione di misure economiche, volte a favorire lo sviluppo economico e la competitività. È la seconda fase, ovvero la fase complementare del Governo rispetto alla fase della stabilizzazione della finanza pubblica, operata con la manovra triennale 2009-2011, che ha anticipato la finanziaria per il 2009, prima della pausa estiva.
Abbiamo giudicato negativamente le misure varate lo scorso agosto con il decreto-legge n. 112 del 2008, perché abbiamo ritenuto che avessero un contenuto recessivo sull'economia italiana. I dati ci danno ragione. I dati statistici di questi giorni, che segnalano una crescita del PIL pari a zero, confermano tutte le previsioni che abbiamo fatto nel corso del dibattito sul decreto-legge n. 112 del 2008, a cominciare da chi vi parla.
La scelta dei tagli lineari, la riproposizione di una logica ragionieristica, che in modo cinico taglia la spesa pubblica dei Ministeri e degli enti pubblici nella stessa percentuale, senza selezionare la spesa - sia quella buona sia quella cattiva, quella cattiva degli sprechi e del superfluo - è un'autodenuncia di incapacità politica ad incidere sui meccanismi di formazione della spesa.
Noi dell'UdC abbiamo sfidato il Governo e la maggioranza a modernizzare la pubblica amministrazione e le infrastrutture materiali, a potenziare le infrastrutture immateriali per sviluppare l'hi-tech, ad incentivare la ricerca e tutto il sistema dell'education, dalla scuola primaria all'università. Lo dicemmo nel dibattito che seguì alla richiesta del voto di fiducia per l'insediamento di questo Governo: un Paese come l'Italia, tra gli otto Paesi più industrializzati del mondo, non può che scegliere sbocchi commerciali nei mercati di prodotto ad alto valore aggiunto. NonPag. 34dobbiamo scegliere i nostri concorrenti tra i Paesi in via di sviluppo, ma tra i Paesi ad economia matura. La nostra competizione commerciale è sulla qualità dei prodotti, piuttosto che sul prezzo. Sulla base di questa prospettiva di sviluppo vogliamo modellare il nostro Paese. Con questa visione positiva, valutiamo positivamente alcune misure contenute in questo provvedimento. Lo sviluppo della banda larga, lo snellimento delle procedure in materia di appalti pubblici per lavori, servizi e forniture, la riforma del procedimento amministrativo e l'uso dei fondi comunitari, unitamente a quelli delle aree sottoutilizzate, rappresentano tasselli importanti per dare efficienza decisionale ed operativa al sistema Italia.
Vediamo con favore una diversa concezione delle farmacie nel sistema sanitario italiano. Esse assumono una dimensione sociale che l'UdC da tempo suggerisce. Chi vi parla, piuttosto che difendere le corporazioni professionali per meri calcoli elettoralistici, ha preferito sempre sfidarle sul lato della riconversione e della modernizzazione, coprendo spazi di servizio per l'utenza che la struttura pubblica non può coprire per costi e rigidità organizzative o di mercato.
La delega al Governo sulle farmacie è un passo avanti in tale direzione, ma è timida ed insufficiente rispetto al ruolo che esse potrebbero ricoprire come case della salute, integrate in un disegno di medicina preventiva, che scarica in costi impropri la fase curativa.
Valutiamo positivamente la semplificazione degli adempimenti dei piccoli comuni in materia contabile e la razionalizzazione del ruolo del segretario comunale che non viene eliminato ma se ne valorizza la funzione e se ne contengono i costi, a volte insostenibili, per i comuni sotto i cinquemila abitanti.
Probabilmente si poteva fare di più sul lato della cooperazione in materia di gestione dei servizi, incentivando logiche premiali sulla base di conclamate riduzioni di costi e di verificata efficienza gestionale. Con questo provvedimento si realizzano interventi sporadici con «spruzzate» innovative qua e là, anche interessanti. Manca, però, un disegno organico di settore, una strategia complessiva; manca - a questo Governo e a questa maggioranza - una mission.
L'agire tempestivo rincorrendo l'emergenza - una volta sulla sicurezza, una volta sui rifiuti, una volta sul trasporto - dà una sensazione di presenza effimera e contingente: si ha l'idea di un Governo forte ma senza intelligenza, senza meta, senza orizzonti. Il mio è un giudizio duro e personale, forse anche un pregiudizio politico verso questo Governo, ma gli atti che abbiamo di fronte e le procedure seguite per approvarli se non confermano queste valutazioni, non le smentiscono di certo.
Basti riflettere su tre questioni che ruotano intorno a questo provvedimento legislativo fin dalla nascita nel giugno scorso. In primo luogo, la manovra finanziaria triennale approvata in nove minuti e mezzo dal Governo viene adottata con decreto-legge la cui conversione avviene con ben tre voti di fiducia, mentre una buona parte di questo disegno di legge viene travasata nel decreto-legge n. 112 del 2008 con emendamenti del Governo e del relatore che evidenziano due aspetti importanti. Il primo concerne l'aggiramento dei poteri del Capo dello Stato, che autorizza un decreto-legge che poi cambia contenuto e finalità (emblematico è stato il caso dell'emendamento «salva-processo» di Berlusconi inserito al Senato nel decreto-legge sulla sicurezza). Il secondo aspetto riguarda, invece, lo svuotamento di significato del requisito della necessità ed urgenza stabilito dall'articolo 77 della Costituzione.
La seconda questione è costituita dall'affievolimento del primato del Parlamento. Nonostante la netta maggioranza Popolo della Libertà-Lega Nord alla Camera e al Senato, in cinque mesi su dodici leggi approvate undici erano decreti-legge e sono stati convertiti in legge con voto di fiducia: il Parlamento - è evidente - è subordinato al Governo. Con il voto di fiducia anche la stessa maggioranza è costretta a ratificare piuttosto che a legiferare;Pag. 35la sovranità popolare è ristretta dentro la limitata sovranità del Premier; prevale la logica di una parte degli interessi (solo quelli del Governo) e viene meno anche l'unità nazionale.
La terza questione è poi rappresentata dal fatto che dentro questo provvedimento è stata inserita con un emendamento del Governo una parte di norme riguardanti la riforma del codice di procedura civile: sono gli articoli che vanno dal 52 al 68 del capo VIII, i quali servono a velocizzare la giustizia civile. Vengono riproposte molte disposizioni già contenute nel disegno di legge n. 1524 del Governo Prodi già all'esame del Senato: molta attesa, ma nessuna novità politica di rilievo.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la invito a concludere.

AMEDEO CICCANTI. Si tratta di una miniriforma della giustizia che si inserisce nel processo di modernizzazione della pubblica amministrazione che dovrebbe migliorare la competitività del sistema Paese: cinque milioni di processi civili pendenti significa che oltre dieci milioni di soggetti sono da anni in attesa di giustizia (anni lunghi, se è vero che la durata media di ciascun processo civile è di nove anni).
Nessun operatore economico investe in un Paese che non garantisce giustizia: l'Italia in Europa è fanalino di coda nella classifica di attrattività degli investimenti stranieri. Vi sono questioni di criticità nella procedura parlamentare e di merito (li ha elencati il collega Rao): la Commissione giustizia è stata infatti ingiustificatamente e caparbiamente relegata dalla maggioranza al rango consultivo.
Inoltre, la testimonianza scritta lascia dubbi sull'efficacia, mentre la deflazione dei giudizi di Cassazione basata sull'inammissibilità di alcuni ricorsi è questione ancora aperta.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, deve concludere.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente - e mi avvio alla conclusione in qualche minuto -, nel complesso non possiamo esprimere una valutazione positiva: tanti «se» e tanti «ma» ci inducono come UdC a meditare un voto che avremmo voluto positivo.
Martedì, come UdC, decideremo come votare anche sulla base delle risposte che il Governo si è impegnato a dare al Comitato dei diciotto delle Commissioni permanenti I e V, però, allo stato attuale, le misure proposte, così pasticciate, non ci piacciono. Inoltre, ci saremmo aspettati dal Governo e da questa maggioranza qualche norma sui punti acuti dell'attuale crisi economica: in primo luogo, la difesa del potere di acquisto delle famiglie, dei lavoratori e dei pensionati colpiti dall'inflazione; in secondo luogo, una qualche forma di tutela sociale per la perdita del lavoro di migliaia di precari aggravata dal blocco della crescita. Invece, c'è stato il silenzio assoluto.

PRESIDENTE. Deve concludere.

AMEDEO CICCANTI. Spero che Famiglia cristiana - mi avvio alla conclusione, Presidente - risvegli il torpore dei cattolici presenti nella maggioranza. Una battuta finale, Presidente: spero che ci facciano conoscere un secondo tempo, i signori del Governo, a favore dei più deboli; la manovra di ottobre potrebbe essere un'occasione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capano. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, signori Sottosegretari. Innanzitutto io devo, come altri, ringraziare preliminarmente il presidente della I Commissione affari costituzionali. Devo ringraziarlo, perché ha concesso a questa opposizione di fare esattamente il contrario di ciò che ha fatto il Governo: di ricercare, benché in una Commissione che li ha ospitati, non essendo quella competente, il dialogo con ostinazione, signor Ministro, con molta ostinazione. Abbiamo ricercato il dialogo,Pag. 36perché noi conosciamo bene quei sondaggi che stamattina ha citato l'onorevole Paniz, li conosciamo da tanto tempo; quelli forse sono gli unici sondaggi che non cambiano nel tempo. La crisi della giustizia, della giustizia civile in particolare, è risalente nel tempo. Il cantiere delle riforme del processo civile è aperto dal 1995, e ciò nonostante queste riforme non sono riuscite a velocizzare il processo, perché si tratta di una questione assai complessa.
Noi abbiamo ricercato il dialogo, signor Ministro. Voglio ringraziare anche lei oggi per la sua presenza in Aula, unico Ministro benché ultimo, per così dire, della lista dei firmatari del provvedimento. Noi abbiamo ricercato il dialogo e vorrei dire all'onorevole Paniz, se fosse qui, che lo abbiamo fatto, per esempio, con quell'emendamento sull'udienza di programma che è stato respinto dalla maggioranza, e che però tendeva a costringere il giudice e gli avvocati a fissare un calendario delle attività processuali che avrebbe vincolato le parti, i loro difensori, e il giudice al rispetto dei tempi. Il signor Ministro sa - perché ieri ha risposto ad una interrogazione dell'onorevole Cicchitto - che, a fronte di migliaia di provvedimenti depositati fuori termine, le azioni disciplinari sono state limitate perché molte volte, come lei ci ha detto, sussistevano ragioni che prescindevano dal comportamento dei giudici ma che attenevano a questioni di organizzazione.
Abbiamo anche proposto, in sede di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008, un ordine del giorno per impegnare il Governo ad introdurre anticipatamente le misure relative all'ufficio del processo; eppure, signor Ministro, quando noi abbiamo avanzato questa richiesta, lo abbiamo fatto sulla base di quanto ci ha comunicato. Fonderò molta parte del mio intervento sulle sue linee programmatiche perché io le ho condivise e mi dispiace che adesso l'azione del Governo se ne stia discostando. Proprio lei ci ha detto - la cito testualmente - che va destinata una particolare attenzione a tutte le misure idonee che non devono risolversi soltanto in interventi normativi di riforma, giacché il tumultuoso incedere dell'intervento del legislatore può essere, a sua volta, causa di una crisi del sistema.
Aveva assolutamente ragione, signor Ministro e questo è il rischio che oggi corriamo: una crisi del sistema, soprattutto in relazione a quelle questioni che sono state poste dalla Commissione giustizia in forma di osservazioni e che dovrebbero vincolare il Governo ad una rimeditazione, al di là degli obblighi regolamentari o degli impegni assunti dal Presidente della Camera. Semplicemente così dimostrereste, almeno sulla giustizia civile, di cercare davvero il dialogo.
Cosa non va e cosa produce quella crisi del sistema? La crisi del sistema, signor Ministro, può essere prodotta da un ampliamento del potere discrezionale del giudice, che mina alle radici la garanzia di difesa dell'articolo 24 della Costituzione e dei principi del giusto processo previsto dall'articolo 111 della Costituzione stessa. Quest'ultimo articolo è stato sempre molto caro al centrodestra e non si vede perché mai, se gli è stato caro quando si trattava di processo penale (e, quindi, di reati), non dovrebbe essergli più caro nell'ambito della giustizia civile, dove questo si tramuta in effettività del diritto dei cittadini. Il potere discrezionale al giudice, signor Ministro, è cosa in sé assai pericolosa, perché, sebbene i due termini di processo e giudizio siano considerati equivalenti, in realtà, il processo non coincide con il giudizio: il processo precede il giudizio ed è lo strumento perché questo non sia un favore concesso dal giudicante, ma l'applicazione di regole predeterminate con la tecnica del contraddittorio.
Signor Ministro, questi aspetti e principi cardine del processo rischiano di essere totalmente pretermessi, insieme con almeno quelle due grandi questioni sollevate dalla Commissione giustizia (anche con un'altra, quella del procedimento sommario, su cui però non ho il tempo di soffermarmi).
La prima questione attiene alla testimonianza scritta, ne hanno parlato i colleghi: è la prima volta che si introduce nell'ordinamento la possibilità di acquisirePag. 37una testimonianza non alla presenza del giudice. Ma c'è di più: è la prima volta che si concede al giudice un potere discrezionale assoluto di sentire il testimone nelle forme ordinarie previste dalla legge vigente, ovvero di sentirlo nelle forme della testimonianza scritta e gli si concede, altresì, un ampio ambito discrezionale: se chiamarlo dopo la testimonianza scritta a rendere chiarimenti sull'oggetto della sua testimonianza o meno. Si tratta di un ambito di discrezionalità assolutamente contrastante con i principi dell'articolo 111 della Costituzione e con il diritto di difesa delle parti. Si tratta, altresì, di un principio pericoloso dal punto di vista dell'uguaglianza tra le parti: il processo è il luogo in cui, dinanzi alla legge, le parti diventano uguali perché, quando le regole sono predeterminate, è possibile garantire tale uguaglianza ma, quando il processo non c'è, tale uguaglianza viene minacciata e la parte più forte potrebbe condizionare il teste in modo decisivo. Lei ricorderà quel celebre film di Totò con i famosi due testimoni, Posalaquaglia e Posalaquaglia, che venivano smascherati nella loro attività di vendita delle testimonianze dal giudice e arrestati. Se togliamo il giudice, quei due Posalaquaglia faranno fortuna e non verranno mai arrestati.
Abbiamo chiesto non solo di sopprimere quella previsione, ma di limitarla ad alcuni casi specifici come, ad esempio, la prova delegata, cioè quella da assumere in un'altra circoscrizione.
Questo ci avrebbe anche consentito, signor Ministro, di sperimentarla. Anche in questo caso cito le sue linee guida: lei si proponeva di fare interventi anche in via sperimentale per capire l'impatto di questi interventi riformatori sull'impianto generale del sistema, ma anche in questo caso l'emendamento non ha avuto fortuna, non vi è stato un atteggiamento volto al dialogo.
Arriviamo, dunque, alla seconda questione che è quella, anch'essa, osservata dalla Commissione giustizia, relativa al filtro per Cassazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CINZIA CAPANO. Affretto davvero il più possibile. Quel filtro è previsto - abbrevio - per contrasto con i precedenti giurisprudenziali del collegio, in una ipotesi, e comunque viene data la possibilità al giudice e al collegio di ritenere ammissibile il ricorso, ove intendano confermare ovvero mutare il loro precedente indirizzo.
Sul primo punto le ricordo, signor Ministro, che una sentenza come quella che ha sanzionato il divieto del calcolo degli interessi anatocistici nei contratti di mutuo e di conto corrente, con questo tipo di filtro, non sarebbe stata ritenuta ammissibile dalla Corte di cassazione e certamente quella sentenza ha prodotto sulla vita delle persone un innalzamento, in quanto non ha allungato, come ha fatto il Ministro Tremonti, ma ha ridotto in maniera netta l'entità dei mutui ed ha agevolato la competitività delle imprese sui conti correnti.
Quella sentenza, oggi, non sarebbe proponibile, è neanche quella dell'altro giorno, della Corte di cassazione, sul doppio cognome sarebbe, con quel filtro, oggi ammissibile, perché anche in quel caso si tratta di una giurisprudenza consolidata dalla Corte di cassazione, la quale, invece, aveva ritenuto infondato il ricorso.
Pertanto, come vede - ed ho concluso, signor Ministro - l'atteggiamento dell'opposizione è stato quello di cercare di fare una riforma sul processo civile collaborando per trovare le vere soluzioni che, come lei ci ha detto, non sono solo del processo civile, ma vanno viste in un'ottica di sistema con gli altri interventi sull'organizzazione. Lo so, Ministro, lei ha una difficoltà: le hanno tolto i soldi, a partire dall'ICI, per fare questa organizzazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CINZIA CAPANO. Tuttavia, sappiamo che vi sono riforme che non possono essere a costo zero e meno che mai con il sacrificio dei diritti e delle garanzie di difesa dei cittadini.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la I Commissione (Affari costituzionali), onorevole Bernini Bovicelli.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Ne prendo atto.
Constato l'assenza del relatore per la V Commissione (Bilancio), onorevole Corsaro; si intende che abbia rinunziato alla replica.
Ha, quindi, facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, onorevoli deputati, innanzitutto volevo ringraziare i relatori, i presidenti delle Commissioni I e V e tutti gli intervenuti in questo dibattito. Quest'ultimo, in realtà, ha avuto qualche carattere di paradossalità perché, più che incentrarsi sulle questioni di merito (pochi sono stati gli interventi, soprattutto dall'opposizione, sulle questioni di merito), si è incentrato su una questione di principio circa la competenza delle Commissioni che avrebbero esaminato il provvedimento e in molti interventi vi è stata l'espressione di una sostanziale condivisione con l'oggetto del provvedimento, ma un dissenso sul metodo adottato.
Iniziamo dalla questione del contenuto che forse è la più importante: l'onorevole Ciccanti, da ultimo, ha detto che, in sostanza, anziché fare provvedimenti di questo tipo, ci si dovrebbe concentrare sul potere di acquisto delle famiglie. È giusto, ma rendiamoci conto che il potere di acquisto delle famiglie può essere garantito esclusivamente nell'ambito di una finanza pubblica sana, che non porti ad una crescita dell'inflazione (quella sì che è la tassa più subdola e più grave per le famiglie) e, soprattutto, in un meccanismo che consenta di arrivare ad un sistema di diminuzione graduale della pressione fiscale.
Pertanto, il decreto fiscale di questa estate - n. 112 del 2008 - ha proprio questa finalità: anticipare la manovra finanziaria per mettere i conti pubblici italiani al riparo da qualunque rischio. Certo, ahimé, il potere d'acquisto delle famiglie sarebbe stato meglio garantito se negli ultimi due anni la pressione fiscale non fosse aumentata di due punti, cioè sostanzialmente di 30 miliardi di euro, cioè, ancora più sostanzialmente, di circa 500 euro per ogni italiano, compresi i lattanti e gli ottuagenari.
In qualche modo bisogna rispondere a questo tema e il Governo lo ha fatto in anticipo, nei tempi giusti, adeguando i tempi della politica ai tempi dell'economia, con il decreto di luglio. Il provvedimento attuale ne è un completamento ed è finalizzato a cambiare la struttura del sistema economico italiano, in modo da costituire una vera e propria grande riforma di struttura, mettendo in campo tutti gli accorgimenti per rendere l'Italia un paese più attraente per gli investimenti, non solo esteri ma anche italiani. Come? Cercando di tagliare quello che gli americani chiamano red tape, cioè filo rosso, che lega l'attività economica degli imprenditori, delle imprese, degli artigiani, dei commercianti e dei lavoratori, perché gran parte della loro attività non è destinata allo svolgimento di attività economica, ma a combattere con la burocrazia e molta parte del loro tempo e delle loro risorse va in adempimenti di carattere burocratico. Il provvedimento all'esame serve a ridurre queste spese, quindi a liberare l'economia e a rendere più attrattivi gli investimenti.
Poi c'è tutta la parte della riforma del processo civile, che è sicuramente questione attinente alla giustizia, ma che riguarda principalmente la struttura del sistema economico. Non dimentichiamoci che le economie moderne nacquero sostanzialmente quando si passò dall'economia della caccia a quella dell'agricoltura, iniziarono a essere definiti i fondi e fu garantito il diritto di proprietà. Sul medesimoPag. 39diritto si basa la nascita delle economie moderne e lo sviluppo del capitalismo. Ma il diritto di proprietà poca ragione avrebbe di esistere, se non fosse accompagnato dalla giustiziabilità del diritto medesimo, quindi da un sistema rapido, celere, in grado di rendere giustizia a chi viene privato dei propri diritti patrimoniali.
Non siamo nel campo dei delays of justice oggetto dei monologhi amletici, bensì nel campo della certezza del diritto e dell'affidamento dei soggetti economici. Per questo, la rapidità e l'efficacia del procedimento civile è uno strumento essenziale per garantire l'attrazione di un sistema economico rispetto ad altri che funzionano - e l'ha detto benissimo il collega Paniz - con velocità decisamente maggiore.
Occorre dare una risposta rapida ed anche in questo caso adeguare il funzionamento degli apparati amministrativi e giurisdizionali alle esigenze di un'economia che è sempre più rapida e veloce. Non possiamo pensare di affrontare la sfida globale con la carrozza a cavalli, anche quando i cavalli sono bellissimi e i finimenti dorati, mentre gli altri corrono con automobili veloci. Questa è la ratio per cui la riforma del processo civile, che è forse meno appariscente di quella del processo penale, ma molto più importante dal punto di vista economico, è compresa in questo provvedimento.
Si è detto da parte di molti intervenuti che avrebbero condiviso molte parti del disegno di legge, anche relativamente al processo, ma il metodo non è piaciuto. In sostanza il Parlamento è stato espropriato, per due motivi e prima di tutto perché le Commissioni di merito, soprattutto la Commissione giustizia, non hanno potuto esaminare il provvedimento.
Mi corre solo l'obbligo di ricordare che il disegno di legge in esame (A.C. 1441-bis) è un collegato alla legge finanziaria, un collegato ovviamente di carattere onnicomprensivo, perché riguarda un oggetto specifico che è quello dello sviluppo economico e del rilancio del sistema Italia. Certamente in questo contenuto possono essere comprese anche delle parti differenziate, ma tutte fanno parte di un genus. Se noi consideriamo - mi si consenta un esempio banale - patate e cipolle, si tratta di ortaggi diversi tra di loro ma fanno tutti parte dello stesso genus e servono per rendere buono il minestrone.
In qualche modo tutto questo è funzionalizzato e dirò di più: era un disegno di legge unico, il Governo aveva intenzione di presentare un unico corpo normativo tra il decreto-legge n. 112 del 2008 e il disegno di legge in esame. Ovviamente per motivi di urgenza, non riferiti al contenuto, il decreto n. 112 del 2008 è stato approvato più rapidamente mentre questo disegno di legge, essendo riforma di struttura, viene approvato con maggiore lentezza, anche se con la necessaria rapidità rispetto al contesto generale. Ma già questa Camera ha deciso alcuni stralci ed il disegno di legge è stato diviso in tre parti.
Quindi, già rispetto al principio generale dell'attrattività della Commissione bilancio rispetto a tutti i provvedimenti di carattere finanziario, si sono apportati dei correttivi che l'hanno diviso ulteriormente. Si è quindi venuto meno a un principio già consolidato, quello cioè di intestare alla Commissione bilancio tutto il corpus normativo relativo alle manovre finanziarie e ai loro effetti economici. Pertanto, sotto questo profilo, secondo me, non esiste alcuna lesione dei principi. Tanto è vero che, per esempio, anche l'onorevole Zaccaria ha riconosciuto il contenuto di collegamento per questo provvedimento.
Egli poi si è soffermato sulla distinzione tra collegati di sessione e collegati fuori sessione, distinzione più accademica che derivante dalla lettura del testo della legge di contabilità e del nostro Regolamento. In realtà quello che importa è che il provvedimento collegato possa avere una «corsia preferenziale». L'esistenza di questa normativa regolamentare circa la «corsia preferenziale» è dovuta al fatto che nelle condizioni di vita del Parlamento anche degli scorsi anni ci si è resi conto che spesso i provvedimenti che hanno necessità di una certa rapidità non riesconoPag. 40ad essere decisi dal Parlamento, se non ponendoli con procedure, diciamo, extra ordinem.
D'altronde è ovvio che, se si deve intervenire, bisogna farlo tempestivamente; non si possono aspettare dei tempi che, in realtà, ricoprono esclusivamente un carattere rituale senza tener conto degli effetti del decorso del tempo. È un po' come se dovessi effettuare un intervento d'urgenza perché mi si rompe una tubatura in casa: non posso aspettare la sessione di bilancio, ma devo intervenire immediatamente; la stessa cosa, in qualche modo, si fa con questi provvedimenti.
Faccio notare che, certo, questo provvedimento è stato modificato da molti emendamenti governativi, ma sono stati recepiti anche molti emendamenti parlamentari. Quindi, non è affatto vero che il Governo sia stato sordo alle istanze parlamentari. Il testo esce modificato e resta il permanente valore dell'attività del Parlamento nei confronti dei provvedimenti del Governo.
Quanto, però, all'osservazione per cui il Governo vuole accelerare l'approvazione dei provvedimenti e certe decisioni, mi sembra una critica, mi si consenta, profondamente sbagliata, perché già i nostri padri costituenti, quando posero il problema dei rapporti tra Parlamento e Governo, avevano ben chiara la questione che la democrazia dovesse essere una democrazia decidente: se non fosse stata tale, la situazione si sarebbe avvicinata a quella di democrazie non decidenti. Un esempio per tutti è la Repubblica di Weimar i cui effetti sono tristemente noti a tutti.
Pertanto il meccanismo della decisione rapida è un meccanismo, oserei dire, molto più democratico rispetto a quello della decisione lenta o della non decisione, perché quest'ultima può portare effetti peggiori rispetto a quelli della decisione.
Sicuramente - e concludo, signor Presidente - esiste un problema di adeguamento dei Regolamenti parlamentari circa un sistema politico ed elettorale profondamente cambiato rispetto a quasi quarant'anni fa, quando furono dettati i Regolamenti che adesso presiedono la vita delle nostre Assemblee. Infatti, allora il sistema era completamente diverso; il sistema elettorale è cambiato ed è cambiato il modo di essere del Governo e del Parlamento e qualche adeguamento, in questo senso, dovrà pur essere realizzato.
Detto questo ringrazio dell'attenzione e sottolineo, ancora una volta, che la funzionalità di questo provvedimento, come degli altri due che sono all'esame di questa Camera, è essenziale per mutare, il più rapidamente possibile, le caratteristiche strutturali di quei meccanismi che non cambiano i risultati dell'economia, ma evitano che gli operatori economici siano legati da vincoli che li ostacolano più di quanto non avvenga nei Paesi nostri concorrenti.

PRESIDENTE. Grazie onorevole Vegas per la sua replica e per averci fatto scoprire la sua passione per l'arte culinaria: verremo a mangiare il minestrone a casa sua!
Il ministro Angelino Alfano ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi del Governo, signori deputati, il mio intervento oggi, qui, è un gesto di riguardo nei confronti del Parlamento e ringrazio i colleghi che hanno voluto darmene atto. È un gesto di riguardo nei confronti di un Parlamento che deve avere piena consapevolezza delle opinioni del Governo circa il metodo ed anche la ratio che abbiamo seguito per questo intervento in materia di processo civile.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,50)

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Prima di affrontare questo aspetto del mio intervento vorrei ringraziare, senza che ciò appaia rituale, il presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Donato Bruno (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), il relatore per la CommissionePag. 41affari costituzionali, onorevole Bernini Bovicelli, ed il sottosegretario Casellati per lo zelo con cui questo provvedimento è stato seguito in Commissione.
Faccio presente che questo disegno di legge ha una storia, poiché è troppo viva la tentazione, almeno a leggere le agenzie o alcuni resoconti, di considerarlo un figlio illegittimo, arrivato improvvisamente in quest'Aula.
Poiché la vicenda di questo disegno di legge ha una storia, che ha una sua trasparenza, non solo connotata dal trasparente iter procedimentale che regola la formazione delle leggi, ma anche da una certa enfasi della stampa, non vi sembri io pedante se ripercorro alcune tappe che ci hanno portato fin qui e se non sarò breve nell'esposizione.
Questo disegno di legge è stato approvato il 18 giugno 2008 dal Consiglio dei ministri. Subito dopo è stata fatta una conferenza stampa presso il Ministero dell'economia, nel corso della quale chi vi parla, insieme ad altri colleghi firmatari, ha illustrato il contenuto di questo disegno di legge, che il 2 luglio è stato trasmesso alle Camere. Il 9 luglio, il provvedimento è stato assegnato alla I Commissione e alla V Commissione. Non appaia una divagazione: la I Commissione, come tutti loro sapranno, è la Commissione eminentemente giuridica di questo Parlamento e, come tutti loro avranno considerato durante lo svolgimento dell'iter parlamentare, se vi è un articolo su cui si radica questo disegno di legge, esso è l'articolo 111 della Costituzione, che assegna a noi tutti parlamentari l'obbligo di assicurare il giusto processo. Come dicevo, la I Commissione è una Commissione eminentemente giuridica, presso la quale siedono insigni giuristi, a cominciare dal relatore di questo provvedimento e dal presidente della stessa Commissione.
L'assegnazione alla I e alla V Commissione, dunque, è avvenuta il 9 luglio e ha consentito la trattazione non ad avventori occasionali di questo Parlamento, ma ad insigni giuristi, tenuti alla valutazione di costituzionalità preliminare per tantissimi disegni di legge, che giungono, quasi tutti, all'esame del Parlamento.
Il 5 agosto avviene lo stralcio delle materie, originariamente previste in questo disegno di legge in riferimento alle competenze dei Ministri Sacconi e Scajola, per le quali i Ministri stessi decidono di chiedere lo stralcio. Lo ottengono dalle Commissioni; il tutto viene deliberato da quest'Aula il 5 agosto.
Nessuno avrà dimenticato, peraltro, che quest'Aula è stata chiamata a convertire il decreto-legge n. 112 del 2008, poi convertito in legge, recante l'antefatto, in termini di efficienza, delle misure che, in via ordinamentale, stiamo qui predisponendo.
L'antefatto è la massiccia introduzione di internet nel processo civile, con la previsione delle notifiche telematiche, del processo telematico, con il rafforzamento di misure che erano state assunte in legislature precedenti e che noi abbiamo voluto ribadire e rafforzare, facendo sì che le nostre cancellerie e i nostri tribunali si avviino a viaggiare alla stessa velocità con cui viaggiano le nostre case, tutte dotate di computer, di Internet e di modalità di comunicazione, anche tra amici, attraverso lo strumento telematico. In quell'occasione, queste norme afferenti al processo civile erano state ugualmente valutate da quelle Commissioni.
Dico tutto questo perché ho avuto la sensazione di un'irritazione un po' tardiva circa il metodo, che non voglio e non posso immaginare nasca da una negligenza nell'attività parlamentare di chi non si sia accorto che, dal 18 giugno, il Consiglio dei ministri aveva approvato un testo, licenziato per le Camere. Il fatto, quindi, che ci si sia accorti adesso che la valutazione afferiva alla competenza delle Commissioni affari costituzionali, non volendosi, da parte mia, ascrivere a negligenza parlamentare, voglio immaginare che sia derivante dalla volontà di frenare un po' l'iter di questa nostra volontà riformatrice.
Dico altresì, sempre sul piano del metodo, che la Commissione giustizia non si è riunita; e ringrazio di questo il presidente della Commissione giustizia GiuliaPag. 42Bongiorno ed i suoi componenti, che con grande zelo hanno voluto partecipare, così come loro diritto, ai lavori della Commissione affari costituzionali, e hanno ottenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo un parere rafforzato, di cui appresso dirò, che poi è giunto a questo Governo e a questo Parlamento.
In riferimento alla citazione del parere della Commissione giustizia, testè operata dall'onorevole Rao, è certamente vero ciò che egli ha affermato; però, non è ininfluente, secondo me, riferire a questo Parlamento il resto di quanto riportato nel parere della Commissione giustizia. L'assegnazione in sede referente produce sì le conseguenze che lei ha citato (e rese nel parere) di compressione; ma, la Commissione giustizia afferma anche che l'assegnazione in sede referente alle Commissioni riunite I e V è ineccepibile sotto il profilo regolamentare. La medesima Commissione giustizia dice: «il provvedimento in esame introduce rilevanti novità nel processo civile, con particolare riferimento ai profili della competenza; dell'incompatibilità del giudice; della valutazione del comportamento processuale delle parti, anche ai fini dell'incentivazione della composizione della controversia in sede conciliativa; dell'assunzione della prova testimoniale per iscritto; della nuova disciplina dell'ammissibilità del ricorso per cassazione; dell'introduzione del procedimento sommario di cognizione; della definizione dei principi di delega per l'emanazione di norme istitutive dell'istituto della mediazione in materia civile e commerciale; del recupero delle somme afferenti al bilancio della giustizia e per il contenimento e la razionalizzazione delle spese di giustizia; i predetti interventi appaiono nel loro complesso apprezzabili, poiché idonei a migliorare l'efficienza della giustizia civile, nonché a determinare una chiara ed evidente accelerazione dello svolgimento del processo civile e, quindi, della sua conclusione». Questo è scritto nel parere della Commissione giustizia.
Dico questo perché, a mio avviso, nonostante la legittimità delle obiezioni di metodo, c'è sempre un momento in cui la vicenda di metodo deve cedere il passo alla vicenda di merito.
Sul merito noi, il 18 giugno, data che ho citato poc'anzi, abbiamo compiuto una scelta della quale ci siamo anche poi inorgogliti di fronte all'opinione pubblica, non abbiamo fatto «velo». Abbiamo cioè ritenuto che la scelta più opportuna in riferimento al processo civile fosse quella di inserire la vicenda della sua riforma nell'ambito del disegno di legge sulla competitività, perché partiamo dal presupposto che vi sia un nesso inscindibile tra la competitività del sistema Paese e l'efficienza della giustizia civile. Ciò in quanto la giustizia civile medesima è uno degli elementi del ranking, dell'affidabilità internazionale, dell'attrattività internazionale degli investimenti per un Paese. E riteniamo che di questo intervento, anche in sede di prospettazione europea degli sforzi che sta compiendo il nostro Paese in direzione della competitività, il Governo Berlusconi potrà vantarsi.
Noi ribadiamo dunque in questa sede, in quest'Aula, la scelta di considerare il processo civile come elemento di straordinaria importanza per lo sviluppo e la competitività del nostro Paese. In ragione di questo e in ragione altresì del fatto che le questioni di metodo ad un certo punto devono cedere il passo al merito, noi non solo non riteniamo espropriato il Parlamento - dal momento che in tutte le sedi vi sono state modalità idonee a far sì che i singoli parlamentari e i componenti delle Commissioni affari costituzionali, e giustizia si occupassero di questa materia - ma riteniamo, onorevole Rao, in funzione della riunione che terrete martedì, che l'eventuale voto negativo del gruppo dell'UdC o delle altre opposizioni (il riferimento è a lei perché lei ha citato una futura riunione nella quale deciderete il voto) sul processo civile riformato, così come noi lo stiamo immaginando, non è un torto fatto a noi, non è un torto fatto a questo Governo: è un torto probabilmente fatto alla giustizia e ai cittadini che ne attendono la riforma.Pag. 43
Insomma, noi abbiamo scelto la strada parlamentare più veloce benché ineccepibile, la strada più veloce per velocizzare i processi.
Voi ritenevate che bisognasse scegliere la strada più impervia e lenta, la più lenta per velocizzare i processi. Riteniamo che l'idea di scegliere una strada lenta per velocizzare i processi sia un ossimoro che lo stato della giustizia italiana non può sopportare. È per questo che vi chiediamo il voto favorevole, anche perché in riferimento alla questione di fondo del dialogo riteniamo di aver bene operato.
Si trova ora in aula il sottosegretario Alberti Casellati che ha affrontato queste materie e non vi apparirò spero noioso se vi dirò che, tolti quelli della maggioranza di cui faccio omissione per ragione di colleganza (mi scuseranno i colleghi della maggioranza), come risulta dai verbali delle Commissioni riunite, abbiamo approvato i seguenti emendamenti delle opposizioni (non citerò i singoli partiti delle opposizioni ma sono tutti compresi): un emendamento che aumenta la pena pecuniaria a carico della parte che abbia presentato un'istanza di ricusazione del giudice in seguito rigettata; un emendamento che aumenta la pena pecuniaria a carico del custode che non esegue l'incarico assunto; un altro emendamento che aumenta la pena pecuniaria a carico del terzo che rifiuta di consentire, sulla propria persona o sulle proprie cose, le ispezioni ordinate dal giudice; un altro che consente al giudice di disporre la pubblicità della sentenza quale forma di riparazione del danno, oltre che mediante pubblicazione sui giornali, anche attraverso le testate radiofoniche, televisive o i siti Internet; un altro emendamento che impone al giudice, che ritenga di fondare la propria decisione su una questione rilevata d'ufficio e non discussa in contraddittorio tra le parti, di concedere alle stesse un termine per depositare memorie (e l'emendamento, in questo caso, generalizza una previsione già contenuta nell'articolo 384, terzo comma, del codice di procedura civile con riguardo al giudizio di Cassazione); infine, un altro emendamento precisa che la procura al difensore può essere rilasciata anche in calce o a margine della cosiddetta comparsa di costituzione del nuovo difensore.
Faccio presente che altri emendamenti non sono stati approvati ma direttamente recepiti negli emendamenti del Governo che poi a loro volta sono stati approvati, come quello che ripristina il ricorso in Cassazione per violazione delle norme sulla competenza o quello che ripristina la norma sulle spese del regolamento di competenza.
Devo dire che sono pendenti in Aula alcuni emendamenti presentati dalle varie opposizioni, sia dal Partito Democratico sia dall'UdC, che non ci vedono assolutamente contrari e sui quali siamo disponibili a ragionare con tutta la propositività e l'approccio costruttivo che la circostanza merita.
Fuori da questo Parlamento l'associazione rappresentativa dei magistrati, l'ANM, ricorda in tutte le sedi, anche presso il colle più alto del Quirinale, di avere consegnato al Ministro varie schede in riferimento a ipotesi di riforma condivise dai magistrati.
Voglio in quest'Aula precisare che non ci siamo ancora occupati del processo penale e quindi le schede che ad esso fanno riferimento saranno utilizzate durante la fase di studio, ma ci stiamo occupando del processo civile.
In riferimento a quanto avuto nel mese di giugno, se non sbaglio, dall'Associazione nazionale magistrati, riteniamo di avere non solo tratto spunto ma anche fatto tesoro di una serie di indicazioni che non sono di secondo momento, a cominciare dalla semplificazione del sistema delle comunicazioni e delle notificazioni e altre misure che riteniamo importanti. Mi riferisco, più specificatamente: alla generalizzazione del principio della rimessione in termini della parte incorsa in decadenze per cause ad essa non imputabili; alla valorizzazione del principio di non contestazione, prevedendo che il giudice possa porre a fondamento della propria decisione anche i fatti ammessi dalla parte o da questa non contestati; all'introduzionePag. 44del divieto per il giudice di porre a base della decisione questioni non previamente sottoposte al contraddittorio delle parti; alla disciplina del passaggio della causa dal giudice adito a quello di cui viene dichiarata la giurisdizione, la cosiddetta translatio iudicii; all'introduzione di misure volte a contrastare gli abusi del processo, introducendo sanzioni processuali a carico della parte che abbia agito o resistito in giudizio con dolo o con colpa grave ovvero abbia ritardato, con il proprio comportamento, il corso del giudizio; all'introduzione degli obblighi infungibili di fare e degli obblighi di non fare; all'introduzione di varie misure in funzione di accelerazione del processo, dalla possibilità per il giudice di dichiarare l'estinzione del processo d'ufficio alla riduzione del termine lungo per impugnare le sentenze, arrivando alla riduzione della metà dei termini per la riassunzione della causa.
Ricordo, inoltre, la semplificazione della redazione della motivazione della sentenza, che dovrà limitarsi alla concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, l'introduzione di un nuovo modello flessibile del giudizio di cognizione, cioè il processo sommario di cognizione, l'introduzione di una norma di delega al Governo per l'emanazione di norme in materia di mediazione in ambito civile e commerciale anche al fine di dare attuazione alla normativa comunitaria in materia.
Su tutto questo tornerò in sintesi in riferimento alle proposte dell'Associazione nazionale magistrati; una valutazione forse sommaria (certamente non matematicamente rilevante, ma che dà l'immagine) porta me e i miei uffici a dire che circa l'80 per cento delle proposte contenute nelle schede sul processo civile sono state accolte. Abbiamo, dunque, a nostro avviso, agito per unire e non per dividere.
Questo mi induce a spiegare la ragione per la quale sulla sospensione feriale dei termini il Governo ha le idee chiare e non mutate: il Governo ritiene che la giustizia non sia un'attività qualsiasi dello Stato, ma un servizio essenziale, ed i servizi essenziali non vanno in ferie; questa è l'opinione del Governo.
Durante il dibattito in Commissione è emerso un forte dissenso in riferimento al metodo che il Governo si era dato per affrontare questa questione e cioè il taglio secco di un terzo dei termini di sospensione feriale. Così come ho fatto in altri ambiti di questa riforma, e cioè cedendo il passo ad una volontà di trovare in Commissione il più ampio consenso possibile, anche memore delle contestazioni di metodo, così abbiamo fatto in questa circostanza, consapevoli anche che il luglio del 2009 è lontano e vi sarà l'occasione per intervenire in modo ancor più meditato e ancor più convinto dal punto di vista di chi poi in quest'Aula deve accogliere ed approvare questo provvedimento.
Dunque, sono consapevole, in questa fase di dibattito, che il processo civile non esercita presso la grande stampa ed anche presso alcuni segmenti dell'opinione pubblica la suggestione del processo penale che, occupandosi delle libertà personali, produce emozioni e passioni. Eppure, abbiamo ritenuto di cominciare la nostra agenda giustizia dal processo civile in quanto esso è lo scrigno che custodisce e protegge tanto i diritti della persona, quanto le libertà economiche, quei diritti e quelle libertà così ben garantite dalla prima parte della nostra Costituzione ed il cui effettivo dispiegarsi spesso trova la necessità di un intervento giurisdizionale.
Come osservava anni fa un'autorevole dottrina, la tecnica stessa del processo non è mai qualcosa di arbitrario, bensì qualcosa che trae il suo metro dalle esigenze pratiche e culturali di un dato tempo. Il diritto processuale può, insomma, in un certo senso considerarsi, se si concede la metafora, come uno specchio in cui con estrema fedeltà si riflettono i movimenti del pensiero, della filosofia e della economia di un determinato periodo storico.
In altri termini, la tutela dei diritti mediante il processo è una prerogativa dello Stato di diritto che oggi, tuttavia, deve essere riconciliata con le rapide mutazioni del contesto economico e sociale ePag. 45con le esigenze dei cittadini e degli operatori del diritto per la semplice ragione che lo specchio del processo, per restare nel solco della metafora appena menzionata, rischia oggi di frantumarsi.
L'incremento dello spazio della giurisdizione e l'ipertrofia giudiziaria hanno molte cause, alcune endogene al sistema, altre esogene, ma la ricerca di queste cause, se pure indispensabile per rinvenire rimedi coerenti ed appropriati, non può consentire di distogliere lo sguardo da una realtà obbiettiva ed inquietante che richiede risposte immediate: il tracollo della capacità di risposta della giustizia civile.
In effetti, tutto l'impianto del nostro intervento legislativo - che non ha pretese palingenetiche, ma neanche timidezza - e direi la filosofia del nostro approccio alla materia sono mirati essenzialmente a ciò: assicurare a tutti i nostri concittadini la possibilità di veder tutelata la propria pretesa nel corso di un giudizio rapido, equo, in cui a nessuno è concesso un comportamento sleale senza patire sanzione, in cui i termini per numerose attività processuali vengono abbreviati senza nocumento per le garanzie soggettive ed, al contempo, con grande beneficio per il processo e la sua durata che, è bene ricordarlo, spesso coincide con la sua credibilità.
È patrimonio acquisito che una giustizia ritardata equivale ad una giustizia denegata.
È, inoltre, bene ricordare che il codice di procedura civile del 1865 caratterizzato dai poteri pressoché esclusivi delle parti, in ordine alla determinazione dei tempi del processo, alle prove, alla possibilità di provocare decisioni con sentenze immediatamente impugnabili sulle questioni pregiudiziali di rito e di merito e sulle questioni probatorie venne abbandonato per i costi ed i tempi di definizione della lite che al tempo erano ritenuti eccessivi.
Nell'aprile del 1942, data di entrata in vigore dell'attuale codice di procedura civile, una causa civile conosceva il primo grado di giudizio e addirittura l'appello nel breve volgere di dieci mesi. Il contesto nel quale operavano le regole del nuovo codice era socialmente ed economicamente assai differente da quello attuale e la struttura preindustriale della società e dei rapporti economici non produceva flussi di domanda di giustizia comparabili con quelli attuali. Così il legislatore del 1942 dettò una procedura analitica, costellata di termini brevi e perentori, che tuttavia non hanno retto ai mutamenti socioeconomici.
Così la forza delle cose ha preso il sopravvento su un processo e tecniche di amministrazione della giustizia rivelatesi ben presto inadeguate. Situazioni ed eventi a tutti noti hanno trasformato il codice che venne chiamato «dei quindici giorni» - come fu battezzato nel 1942 - nel codice «dei quindici anni», talvolta per un solo grado di giudizio.
Oggi è indispensabile iniettare nella giustizia civile anticorpi realmente efficaci, che possano rafforzare il sistema immunitario del processo e renderlo in grado di sopportare autonomamente l'urto di una domanda di giustizia sempre più variegata e pressante. Sappiamo bene che l'eccessiva durata del processo determina quel paradosso per cui un sistema processuale lento non disincentiva il contenzioso, come potrebbe immaginare chi pensasse ad una sorta di scoraggiamento del cittadino di fronte ai tempi biblici della giustizia, bensì lo alimenta. Come spesso accade, un paradosso genera altri paradossi: la cosiddetta legge Pinto posta a presidio del sacrosanto principio della ragionevole durata del processo, che qui si intende ulteriormente tutelare, ha sì consentito la risarcibilità del danno delle vittime dei processi di durata irragionevole, ma - allo stesso tempo - ha inciso sulle statistiche riguardanti il civile, aggiungendo contenzioso al contenzioso.
Per questo, non abbiamo esitato nel proporre alle Camere un intervento che - lo ripeto, senza pretese palingenetiche, ma anche privo di cautele, incertezze o particolari riguardi corporativi verso l'una o l'altra categoria - introduce nuovi strumenti processuali (dei quali in seguito dirò) dalla forte potenzialità deflattiva e che sono immediatamente cogenti per tutti i protagonisti del processo, dai giudici agliPag. 46avvocati, fino agli stessi cittadini che vi accedono. Il processo civile non può più essere inteso come una buca delle lettere nella quale inserire in modo indifferenziato tutti i conflitti, anche bagatellari, della società, giacché un processo così concepito non saprà offrire alcuna risposta al reale bisogno di giustizia.
È, invece, necessario ricostruire la fiducia dei cittadini nella giustizia e nella magistratura, proprio quella fiducia che si è smarrita nei pellegrinaggi tra i palazzi di giustizia, nei rinvii per l'esecuzione di inutili incombenze, nella celebrazione di udienze fiume, nell'ossequio a feticci procedurali, nel formalismo delle garanzie, che esaspera il diritto alla difesa del convenuto senza alcuna considerazione per le esigenze di speditezza del giudizio e senza alcuna effettiva garanzia per converso per quel convenuto medesimo che ha grande necessità di un accertamento rapido dei fatti.
A questo fine, occorre riaffermare la funzione ordinatrice e razionale del processo che restituisce agli utenti del servizio giustizia celerità di tempi, prevedibilità delle decisioni, comprensibilità del linguaggio tecnico e schemi operativi conformi al diritto comunitario e ai livelli di efficienza degli altri Paesi europei.
Sul piano metodologico, due sono le premesse fondamentali dalle quali abbiamo preso le mosse nel presentare alle Camere questo intervento. In primo luogo, abbiamo ritenuto necessaria non una riforma onnicomprensiva del processo civile destinata ad incidere su un corpo normativo già più volte intaccato nel corso degli ultimi anni, ma un insieme coordinato di misure aventi un mirato scopo deflattivo e acceleratorio del processo. È in questa ottica che abbiamo ritenuto che una simile riforma dovesse essere inserita in un disegno di legge dedicato allo sviluppo economico, alla competitività e alla semplificazione, come dicevo poc'anzi.
I ritardi della giustizia civile non solo pesano notevolmente sulla vita quotidiana dei cittadini, in una misura che rischia di divenire intollerabile, ma - con riferimento alle imprese - addirittura incidono sulle possibilità di sopravvivenza di realtà economiche di piccole e medie dimensioni. Autorevoli studi economici dimostrano ampiamente la correlazione esistente tra la durata dei processi, il mercato del credito e il mondo reale delle imprese, determinando distorsioni nel funzionamento dei mercati sia a livello interno, che internazionale.
Nel caso italiano, il confronto tra province diverse ha mostrato effetti sorprendenti sulla realtà imprenditoriale.
Un maggior cumulo di processi pendenti e una loro maggiore durata riduce, infatti, la possibilità del credito, incide negativamente sul tasso di natalità delle imprese e sulle dimensioni del loro fatturato; spinge le imprese verso la dilazione dei pagamenti così costringendo un maggior numero di consumatori all'indebitamento.
Una giustizia civile lenta è poi naturalmente capace di generare anche un incremento di spesa per l'erario in quanto, come tutti sappiamo e come ho in precedenza ricordato, la violazione del principio della ragionevole durata del processo, oggi solennemente sancito nell'articolo 111 della Costituzione, è all'origine di ripetute condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo e comporta per il bilancio dello Stato esborsi molto rilevanti.
È per questo insieme di ragioni, tutte ugualmente valide e pressanti, che abbiamo ritenuto urgente ed indifferibile inserire già nella manovra estiva, e poi in un più ampio disegno di legge collegato alla finanziaria, un pacchetto di norme tese a rendere più efficiente il funzionamento del processo civile e dei nostri tribunali, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, vale a dire una riforma a costo zero, anzi, che si prefigge di creare benefici per le casse dello Stato.
La seconda grande premessa metodologica ha riguardato la scelta di affiancare alla riforma del processo civile un incisivo intervento anche in materia di conciliazione e mediazione, raccogliendo spunti già emersi durante i lavori di Commissioni riunitesi nelle precedenti legislature e recependo le indicazioni via via sempre piùPag. 47cogenti provenienti dalla normativa comunitaria. La mediazione non più intesa come un tentativo non troppo convinto di offrire alle parti una via di fuga di una controversia già iniziata o addirittura in fase di avanzato svolgimento, ma come un autentico percorso parallelo, snello, rapido, attivabile dalle parti su tutti i diritti disponibili riconosciuti dall'ordinamento davanti ad organismi di conciliazione professionali e indipendenti che, senza precludere l'accesso alla giustizia dei tribunali, sappia, tuttavia, proporsi come un credibile strumento di deflazione e deformalizzazione, anche in virtù di alcune importanti misure complementari di incentivo, quali le agevolazioni fiscali per le parti che accederanno alla mediazione, una più elevata remunerazione economica per i conciliatori che la porteranno a termine con successo, l'introduzione di sanzioni processuali per chi rifiuti proposte di mediazione che poi esattamente corrispondano all'esito del processo ordinario.
Un intervento, dunque, che ha, da un lato, la virtù di presentarsi come indispensabile complemento rispetto agli interventi acceleratori sul processo civile, ma che, al tempo stesso, ha un obiettivo più alto e ambizioso, cioè mira a radicare una nuova cultura della risoluzione delle controversie fondata sulla mediazione e, dunque, su un metodo non conflittuale di composizione delle liti, che è disposta anche a rinunciare ai residui aspetti di sacralità del processo davanti al giudice, pur di realizzare una giustizia più rapida e vicina al cittadino.
Mi preme rilevare che un intervento così incisivo e radicale a favore della mediazione, peraltro condotto nelle opportune forme della legge delega, non costituisce un salto nel buio per il nostro ordinamento; nell'esperienza italiana, infatti, mentre si è assistito al lento naufragare della mediazione conciliativa endoprocessuale, ormai ridottasi ad una mera formalità - lo dicono le statistiche sulle conciliazioni presso i giudici di pace dove i provvedimenti conciliati non hanno mai superato il 4 per cento del totale - si è potuto, per converso, constatare la diffusione e il successo di quelle forme guidate di gestione negoziata delle controversie che sono state introdotte di recente nel nostro ordinamento, sia pure in forma frammentaria e che più assomigliano al nostro attuale progetto. I dati in mio possesso segnalano, infatti, un costante incremento della richiesta di conciliazione stragiudiziale da parte dell'utenza, e per quanto concerne gli organismi di conciliazione societaria (esperienza avviata nel 2007) solo nel primo anno si è avuta la registrazione di ben ventitré organismi di conciliazione della più varia estrazione.
Per quanto concerne invece l'esperienza conciliativa nelle altre materie, i dati provenienti dalle camere di commercio registrano un progressivo e notevole incremento delle conciliazioni passate dalle 1138 del 2002, alle 8024 del 2006, con una durata della procedura conciliativa che non ha mai superato, in media, i 60 giorni, dunque un margine temporale strettissimo, evidentemente imparagonabile, non solo ai tempi necessari alla pronuncia della sentenza di primo grado, ma anche ai tempi per le conciliazioni endoprocessuali. Il dato empirico, dunque, è sicuro indice dello spazio che la mediazione può avere per ridurre il carico giudiziario e cioè della sua capacità di attrarre l'utenza in ragione della sua maggiore velocità e flessibilità.
Passando ora ad esaminare più nel dettaglio le misure che abbiamo proposto, esse ruotano attorno ad alcuni concetti fondamentali cui ho fatto cenno per un paio di volte all'inizio di questo mio intervento. In tale contesto di autentica emergenza, il Governo ha inteso affrontare con urgenza la prima causa storicamente radicata della inefficienza del processo, vale a dire l'eccessiva durata delle controversie civili. Come ho accennato all'inizio, il processo civile che abbiamo concepito è un luogo di confronto equo e leale su questioni di reale importanza, da svolgersi in tempi rapidi ed esenti da freni burocratici, dal quale siano bandite tanto le esercitazioni accademiche quante le furbizie causidiche dilatorie.Pag. 48
Al fine di assicurare una giustizia più celere non si va, dunque, solo ad incidere sui termini interni al processo (che vengono comunque ridotti e razionalizzati) o sulla competenza per valore del giudice di pace (che pure viene innalzata alla luce della buona resa offerta da tali organi giurisdizionali in termini di rapidità ed equità delle decisioni), ma si mira altresì a responsabilizzare tutti i protagonisti del processo: i giudici, gli avvocati e le parti. Si sottolinea che il processo civile è un bene prezioso per l'intera collettività, del quale non si può disporre liberamente con finalità pretestuose.
In tal modo si incide profondamente sulla domanda di giustizia, disincentivando il ricorso al giudice per ragioni futili, dilatorie o sleali e si pone un argine alla strumentalizzazione della funzione giudiziaria. Noi riteniamo che la responsabilizzazione nella domanda di giustizia sia già di per sé una leva deflattiva. Nella cornice così delineata vengono ad inserirsi il minor peso concesso alle questioni di competenza, prevedendo che esse debbano essere eccepite immediatamente dalle parti e decise dal giudice nella fase iniziale della causa con un'ordinanza e, quindi, in forma estremamente semplificata. Inoltre, la piena valorizzazione del principio di lealtà processuale attraverso un rigoroso sistema di sanzioni processuali a carico della parte che con il proprio comportamento abbia determinato un allungamento dei tempi di durata del processo, ovvero abbia agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave. Si limita, altresì, sensibilmente la facoltà del giudice di compensare le spese della lite; facoltà che potrà essere esercitata non più semplicemente per giusti motivi, ma esclusivamente per gravi ed eccezionali ragioni.
La piena affermazione, inoltre, del principio di non contestazione, vale a dire la possibilità per il giudice di porre a fondamento della propria decisione anche i fatti non contestati dalla parte, in tal modo esonerando la parte, che ha allegato quei fatti, dal relativo onere probatorio e semplificando, di conseguenza, l'istruzione della causa. Ciò in linea del resto con le più recenti sentenze di legittimità che ancorano il principio di non contestazione ai principi di lealtà e probità posti a carico delle parti, nonché al principio di economia dei mezzi processuali.
Chi si vuole difendere, insomma, non potrà più limitarsi a tacere o a contestare genericamente con mere formule di stile le affermazioni della controparte, ma dovrà assumere un atteggiamento più netto e leale così favorendo la decisione del giudice.
Inoltre, la semplificazione del procedimento di redazione della sentenza, la quale conterrà soltanto la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, anche mediante il richiamo a precedenti decisioni conformi e potrà essere così sfrondata da inutili orpelli descrittivi di elementi già presenti nel fascicolo di causa e lì facilmente rinvenibili. Insomma, una sentenza non è un saggio di dottrina e chi la legge deve capirla.
La razionalizzazione dei tempi di espletamento delle consulenze tecniche d'ufficio, eliminando la prassi dei rinvii di udienza per la formulazione dei quesiti al consulente e per il deposito di memorie contenenti osservazioni alla relazione di consulenza. Inoltre, l'introduzione della testimonianza scritta, vale a dire della possibilità, onorevole Capano, per il giudice di acquisire la deposizione del testimone anche per iscritto, attraverso la compilazione di un modulo contenente i capitoli di prova diretta e contraria, sui quali il testimone è chiamato a deporre, ferma rimanendo però la possibilità per il giudice, esaminate le risposte fornite per iscritto, di chiamare il testimone a deporre davanti a lui.
I risultati attesi da questa modifica, utile ad evitare le numerosissime deposizioni puramente ricognitive, sono numerosi e molteplici. Aule di giustizia meno affollate, minor dispendio di risorse, minore burocrazia, una gestione più ordinata del processo: sono questi i risultati che noi ci attendiamo di raggiungere, soprattutto nei tribunali di più grandi dimensioni dove la prassi giudiziale - chi li frequenta lo saPag. 49meglio di ogni altro - mostra derive operative tali per cui il testimone rende il giuramento davanti al giudice, poi rende la deposizione davanti ai soli avvocati che curano la verbalizzazione in assenza del cancelliere.
Dunque, non deve destare scandalo l'uso di formulari nei quali le dichiarazioni sono comprese entro schemi predeterminati, in quanto non si tratta di un'innovazione che prelude ad una diminuzione della ricchezza del contraddittorio, bensì ad una standardizzazione della tecnica processuale. In tal senso la testimonianza scritta favorisce un processo culturale già in atto a livello europeo e alludo specificatamente ad una serie di referenti normativi comunitari e, ad esempio, alle istruzioni impartite dalla Corte di giustizia europea agli avvocati, che arrivano addirittura ad indicare tempi precisi limite per la discussione orale, ed ancora le istruzioni adottate il 14 marzo 2002 dal Tribunale di primo grado, che stabiliscono perfino il numero medio di pagine degli atti difensivi.
L'Europa richiede un processo civile scevro di orpelli, semplificato nelle formule procedimentali ed asciutto. La testimonianza scritta rappresenta un notevole passo in avanti, senza, con ciò, incidere in alcun modo sulle garanzie essenziali del processo.
Abbiamo previsto, inoltre, una disposizione lungamente attesa, riguardante gli strumenti di coercizione indiretta, per l'adempimento, in particolare, degli obblighi di fare infungibili e degli obblighi di non fare: si tratta di uno strumento modellato sulla falsariga delle cosiddette astreintes francesi, che consentirà al giudice che accoglie la domanda di determinare, su istanza di parte, una somma di denaro spettante al creditore per ogni violazione o inosservanza successiva alla pronuncia, maggiormente garantendo l'esecuzione in forma specifica ed evitando al creditore di dover promuovere un ulteriore giudizio per l'accertamento della violazione.
Abbiamo previsto, altresì, l'introduzione di un modello generale di procedimento sommario di cognizione, al quale le parti potranno fare ricorso, in alternativa al procedimento ordinario, in tutte le cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica. Si tratta di un procedimento caratterizzato dall'assenza di formalità - pur nel rispetto dei requisiti necessari ad assicurare il principio del contraddittorio e della tutela del diritto di difesa - e destinato a concludersi con un'ordinanza provvisoriamente esecutiva, che costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca e la trascrizione.
Abbiamo previsto, inoltre, l'attenuazione della rigidità del sistema delle decadenze, delle preclusioni e delle nullità: al fine di dare piena attuazione ai principi costituzionali, di garantire l'effettività del contraddittorio e di consentire che il processo si concluda con una decisione sul merito della causa, è stato ampliato il potere di remissione in termini della parte che sia incorsa in decadenza per cause ad essa non imputabili, in linea con la normativa comunitaria, e sono stati rafforzati gli strumenti di sanatoria degli atti processuali nulli. Questa misura persegue contemporaneamente tutti gli obiettivi alla base del complessivo intervento riformatore e garantirà un processo più rapido, ma anche più giusto: siamo consapevoli che il formalismo penalizzante non solo frustra le legittime aspettative dei cittadini, ma li costringe a riavviare dall'inizio il processo, così instaurando un circolo vizioso che inevitabilmente si ripercuote sulla durata dei processi e sul complessivo debito giudiziario.
Le misure che ho finora descritto incidono prevalentemente sul processo civile di primo grado, che è il luogo dalla cui tenuta dipende, per le ragioni che ho illustrato all'inizio del mio intervento, la complessiva funzionalità della giustizia civile.
Vi è, tuttavia, un altro segmento del percorso processuale, nel quale si è realizzata, negli ultimi anni, una gravissima e intollerabile congestione. Mi riferisco al giudizio davanti alla Corte di cassazione, presso la quale affluisce un numero esorbitante di ricorsi per questioni bagatellari,Pag. 50presentati per motivi molto spesso pretestuosi, sui quali la Corte si è più volte chiaramente espressa. Si è così ritenuto opportuno, onde consentire alla Corte di esercitare in modo corretto ed efficace la funzione nomofilattica ad essa attribuita, introdurre un filtro di ammissibilità per il ricorso in Cassazione. Si tratta di una soluzione già presente in molti altri ordinamenti europei, come quello tedesco, che consente di deflazionare il carico di lavoro del giudizio di legittimità, ponendolo in linea con gli standard europei e internazionali. Non sarà più possibile accedere in modo indiscriminato alla nostra Corte Suprema, sottoponendole questioni già più volte decise, con finalità puramente dilatorie. Il giudizio di Cassazione non vestirà i panni di un giudizio di terza istanza, invariabilmente accessibile ad ogni sorta di ricorso, che obbliga i giudici di legittimità, anche in presenza di evidenti situazioni di inammissibilità e o di improcedibilità, ad una defatigante attività che inevitabilmente sfugge, considerato il numero delle controversie, ad ogni forma di razionalizzazione.
Il ricorso sarà ammesso in poche ipotesi più limitate, ossia quando la questione di diritto posta abbia carattere di novità o esista contrasto nella giurisprudenza della Corte o la Corte stessa, anche su istanza del pubblico ministero, ritenga di mutare il proprio orientamento, oltre che nei casi in cui la Corte ravvisi una violazione dei principi del giusto processo o l'opportunità di un suo intervento nell'interesse della legge. Negli altri casi in cui il giudice di merito si è adeguato ai pertinenti orientamenti già espressi dalla Corte, si è ritenuto che si debba considerare la decisione conforme al diritto vivente e quindi si è ritenuto doveroso rendere inammissibile l'accesso alla nostra Suprema Corte. Si tratta di una misura che, ponendo fine a quello che è stato in realtà lo snaturamento del ricorso per Cassazione, ma con la flessibilità sufficiente ad assecondare comunque l'evoluzione della giurisprudenza, consentirà la piena attuazione dell'articolo 111 della Costituzione, permettendo alla Corte di concentrarsi sulle questioni davvero rilevanti e sollevandola da incombenze che rischiano di danneggiare prestigio e funzionalità.
In riferimento a questa materia, onorevole Rao e onorevole Capano, la questione di metodo incrocia quella di merito.
Mi è giunta da parte della Commissione giustizia una condizione all'interno del parere, che mi chiede di modificare questo articolo, sopprimendo un comma. È un articolo che ha un suo bilanciamento complessivo e, dunque, sto studiando insieme agli uffici, consultando informalmente alcuni noti processualcivilisti italiani, una formula che, senza snaturare questo principio (quello che ho testé provato a spiegare), consenta di accedere alla condizione che mi è stata posta dalla Commissione giustizia. Quindi, il giudizio del Governo, in riferimento alla condizione posta, giungerà in Aula alla ripresa dei lavori.
Vorrei citare in quest'Aula un ultimo intervento, cioè quello in materia di spese di giustizia, che si collega indirettamente alla riforma del processo civile, in quanto incide sulla complessiva funzionalità degli uffici giudiziari e delle cancellerie, e mi è stato posto in termini di inefficienza in tutte le audizioni cui ho preso parte in Commissione giustizia, sia alla Camera sia al Senato.
È un intervento che, rispetto alla portata del provvedimento di riforma che stiamo sottoponendo alle Camere, può apparire marginale, ma che invece riveste, a nostro avviso, un grande rilievo pratico. Infatti, l'attuale sistema di recupero delle spese di giustizia nel processo penale è troppo lento, farraginoso e inefficiente. Basti considerare che il credito complessivo dello Stato nel 2007 per le spese di giustizia ammontava ad oltre 750 milioni di euro, comprese le pene pecuniarie, e che il totale delle somme effettivamente riscosse in quell'anno è stato pari a 62 milioni di euro. Meno del 10 per cento di quanto lo Stato annualmente anticipa o dovrebbe incassare per il processo penale viene recuperato nei confronti degli imputati condannati.
Si tratta di un danno enorme non soltanto per l'erario, ma anche per laPag. 51credibilità del sistema giustizia, che, a dispetto degli sforzi che quotidianamente compie per portare a termine i processi, non riesce neppure a riscuotere le sanzioni che infligge e le spese che anticipa per il condannato. Abbiamo immaginato, dunque, una svolta radicale, che sappia rendere più efficiente e razionale il metodo di recupero e possa sollevare gli uffici giudiziari da oneri collegati alla riscossione, che meglio possono essere svolti da società private appositamente convenzionate.
Gli interventi previsti sono sostanzialmente due. Il primo incide profondamente sul sistema di recupero delle spese di giustizia. Come è noto, la normativa attualmente vigente stabilisce che le spese anticipate dall'erario sono recuperate per intero. La quantificazione del credito viene effettuata dal funzionario addetto all'ufficio giudiziario su base cartacea, il che rende quasi certa l'incompletezza delle spese annotate, anche per i farraginosi e numerosi adempimenti connessi alla fase di liquidazione e di pagamento della spesa.
Si è pertanto pensato a una procedura di riscossione ad hoc per i crediti erariali dell'ente creditore chiamato giustizia, differenziata dal resto dei crediti riscossi dalla società di riscossione, che tenga conto della peculiarità della loro natura e della necessità che i tempi del loro recupero garantiscano l'effettivo rispetto delle norme del codice penale e di procedura penale che li riguardano.
La riforma consentirà, invece, di recuperare in misura fissa, con alcune opportune eccezioni, le spese processuali penali, semplificando così ulteriormente la procedura di quantificazione del credito, attraverso un sistema di forfettizzazione per gradi di giudizio a seconda del tipo di procedimento. Verrà, inoltre, abbandonato il principio per il quale, in caso di coimputati il debito è solidale. L'abbandono del vincolo di solidarietà mira a sollevare l'agente della riscossione da interminabili e quasi sempre infruttuose ricerche del debitore solvibile. Tali ricerche, infatti, aggravano inutilmente i tempi e i costi della procedura di riscossione, senza arrecare alcun reale beneficio. Anche i debitori più solvibili tendono, infatti, a sottrarsi alla procedura esecutiva, sapendo di essere tenuti al pagamento dell'intero e di dovere poi esercitare nei confronti dei condebitori solidali un'azione di rivalsa. Se il debito del coimputato è pro quota, ciò costituirà un maggiore incentivo al pagamento spontaneo da parte sua e verrà così creata una partita di riscossione unipersonale, che consentirà di aggredire immediatamente e per tutto il suo debito il patrimonio del singolo condannato.
La seconda importante novità, strettamente collegata alla precedente, riguarda il ruolo di maggior peso che sarà affidato ad Equitalia Giustizia Spa. Tale società, da poco costituita, controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero della giustizia, già incaricata di gestire il fondo unico giustizia, si sostituirà interamente agli uffici giudiziari nella quantificazione delle spese di giustizia e nell'iscrizione a ruolo, consentendo alle cancellerie di essere sgravate da compiti puramente contabili, per dedicarsi interamente alle attività ordinarie di assistenza alla funzione giudiziaria.
Le due misure sin qui descritte consentiranno un'enorme semplificazione del meccanismo di quantificazione e riscossione delle spese di giustizia, che produrrà indubbi effetti positivi, sia diretti, in quanto consentirà il recupero di maggiori risorse al bilancio della giustizia, sia indiretti, in quanto permetterà di riguadagnare il personale delle cancellerie a compiti più consoni e di conseguenza ad una maggiore efficienza.
In conclusione, l'intervento che noi proponiamo presenta tutti i caratteri dell'incisività e della concretezza, con soluzioni immediatamente operative prive di costi per l'amministrazione, che anzi tendono a recuperare risorse economiche ed umane, rendendone più razionale l'impiego. Questo complesso di misure è l'attuazione di una promessa fatta all'avvio dell'attività del Governo, e cioè quella di voler superare i pregiudizi ideologici per fornire alla giustizia italiana, a partire dal delicato e fondamentale settore del processoPag. 52civile, strumenti agili e funzionali senza pregiudizio per le garanzie processuali, ma anche contrastando quelle forze e quei fattori che trovano nel processo civile uno strumento improprio per rallentare il nostro sistema economico e che gli impediscono di proiettarsi adeguatamente nella dimensione europea. Vi ringrazio.

CINZIA CAPANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, poiché ho un testo scritto dell'intervento, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Se esso integra l'intervento da lei svolto precedentemente, la Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ringrazio il Ministro per questa ampia esposizione, che dà a tutti noi un'ampia materia di riflessione.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 18,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per la tutela e la salvaguardia del mercato nazionale delle scommesse ippiche, delle relative entrate erariali e dell'intera filiera produttiva - n. 2-00129)

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00129, concernente iniziative per la tutela e la salvaguardia del mercato nazionale delle scommesse ippiche, delle relative entrate erariali e dell'intera filiera produttiva (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, potrei anche non illustrare l'interpellanza, perché le argomentazioni principali sono riportate nel testo, però due puntualizzazioni brevissime voglio farle anche per dare maggiore possibilità al sottosegretario di intervenire in maniera più compiuta.
Il settore dell'ippica è in grave crisi. Si tratta di una crisi abbastanza datata che ha tante ragioni sulle quali non mi voglio in questa sede dilungare, dal momento che pongo nell'interpellanza soltanto alcune specifiche questioni; dobbiamo, tuttavia, assolutamente sottolineare - ed approfitto del mio intervento in aula - il fatto che questo settore, negli ultimi anni, specie nell'ultimo biennio rappresentato dal precedente Governo, ha impattato con una serie di provvedimenti assolutamente negativi.
Mi riferisco, in particolare, agli effetti del famigerato provvedimento «Bersani-Visco» che ha determinato una redistribuzione della rete di raccolta su tutto il territorio nazionale: ma al saldo, dopo una serie di anni, abbiamo assistito a ben seimila punti di raccolta in meno, e tutto ciò significa meno risorse per tale settore.
A noi interessano poco questi sistemi di raccolta, ma interessa essenzialmente concentrare l'attenzione su un settore - quello dell'ippica - oggi fortemente in crisi. La crisi è dovuta principalmente a motivazioni di natura economica e ad una serie di norme e di fatti che hanno creato un'alterazione dei sistemi tradizionali di raccolta delle scommesse e, conseguentemente, un'enorme minore disponibilità di risorse per il settore.
Si tratta di un settore importantissimo in tutto il territorio nazionale e fortemente in crisi: esso conta ben 50 mila occupati diretti - si tratta quindi di un numero, sottolineo, più di due volte maggiore rispetto a quello dei dipendenti dell'Alitalia - che rischiano il posto di lavoro. Ne abbiamo avuto riprova nelle settimane scorse, quando si sono concluse le tradizionali aste estive: il fatturato quest'anno è stato inferiore di ben il 50 per cento rispetto a quello dell'anno passato, e traPag. 53l'altro rispetto a questo 50 per cento in meno registratosi occorre sottolineare che gran parte delle transazioni sono avvenute tra operatori esteri che sono venuti ad acquistare il prodotto italiano, che è un prodotto di grande qualità e di grande tradizione.
Tutto ciò sta a dimostrare che il comparto di cui stiamo parlando ha grandi possibilità e potenzialità e necessita oggi di maggiore attenzione e di maggior supporto. È appena il caso di ricordare che al centro del sistema vi è un ente, l'UNIRE, dissestato da alcuni anni, soprattutto dalla scriteriata gestione dell'ultimo biennio. Le discrepanze create dalle misure del provvedimento Bersani-Visco (e aggiungerei Sernicola, perché sappiamo tutti chi era l'ispiratore di questo provvedimento), e anche la situazione dell'UNIRE sono tematiche a noi care, che nel corso degli anni precedenti abbiamo più volte denunziato. Abbiamo posto queste questioni sempre in maniera sintetica nell'interpellanza in esame e evidentemente aspettiamo di conoscere le valutazioni e soprattutto le possibilità reali del Governo di incidere su questo settore.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Marinello e gli altri colleghi che hanno presentato questa interpellanza perché ovviamente è l'occasione per il Governo per affrontare un punto specifico, ma anche per svolgere qualche riflessione che potrebbe essere utile per capire quali sono le linee guida dell'Esecutivo su argomenti che riguardano soprattutto il tema delle scommesse e del gioco.
Innanzitutto l'interpellanza è stata rivolta al Ministro dell'economia e delle finanze e al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Da ciò si desume, per quanto riguarda le due questioni poste dagli onorevoli interpellanti, che il problema della cosiddetta filiera imprenditoriale ippica concerne sicuramente anche un argomento di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze: le scommesse rappresentano un elemento importante per il sostegno del settore, ma non sono l'unico elemento oggi determinante per la ripresa di questo comparto che - come diceva l'onorevole Marinello prima - è un comparto di estrema importanza e rilevanza, cui il Governo presta particolare attenzione.
È vero che il comparto ippico vive ormai da tempo una crisi che comunque ha avuto fasi alterne e che ha visto il succedersi di vari Governi. In particolar modo, ricordo l'intervento significativo, da parte dell'Esecutivo tra il 2001 e il 2006, specifico di sostegno al settore e in particolar modo all'UNIRE. È altrettanto vero che le questioni poste sono le seguenti: il tema del trend negativo della raccolta delle scommesse ippiche, imputato dagli onorevoli interpellanti soprattutto alla cosiddetta «gara Bersani», cioè alla «rete Bersani», e la proposta di allargamento delle scommesse ippiche ai negozi già autorizzati alle scommesse sportive. Al riguardo, vorrei fornire alcuni elementi da parte dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, relativamente all'aspetto del trend negativo della raccolta delle scommesse ippiche; si tratta in particolare di dati che afferiscono alla raccolta nel settore delle scommesse, e che servono proprio ad effettuare una migliore valutazione di quanto assunto nel testo dell'interpellanza in esame. Mi riferisco in particolare alla presunta riduzione della raccolta delle scommesse ippiche di quasi il 14 per cento. Nei primi mesi del 2008 la raccolta relativa è risultata ripartita tra scommesse ippiche e quelle sportive nella misura rispettivamente del 41 per cento e del 59 per cento. Quindi, è chiaro che vi è oggi una differenza significativa per quanto riguarda la raccolta delle scommesse ippiche, ma non tale ovviamente da poter determinare, in questo momento, un effetto devastante sulla filiera.
La raccolta delle scommesse ippiche è ripartita a sua volta tra le cosiddette scommesse ippiche d'agenzia e le cosiddettePag. 54scommesse dell'ippica nazionale, rispettivamente del 75 per cento e del 25 per cento. Ricordo ai colleghi che - come ben sanno - vi è oggi una rete molto complessa, stratificata nel tempo, in materia di raccolta delle scommesse ippiche.
Vi sono delle cosiddette agenzie storiche che hanno concessioni che vengono da lunga data e che oggi rappresentano una parte della rete di raccolta delle scommesse ippiche. Vi sono, inoltre, alla luce della riforma Bersani, il cosiddetto negozio ippico e i negozi sportivi che rappresentano, comunque, da un punto di vista anche formale delle concessioni, due fattispecie diverse.
Come dicevo in precedenza, tra i due tipi di scommesse la raccolta si è ripartita, secondo i dati, secondo le percentuali del 75 e del 25 per cento ed entrambe le tipologie evidenziano da tempo un trend negativo, che è più accentuato per l'ippica nazionale (meno 9 per cento nel 2007, rispetto al 2006 e meno 13 per cento nei primi otto mesi del 2008, rispetto al medesimo periodo del 2007). Le scommesse ippiche di agenzia hanno, invece, evidenziato un calo rispetto all'anno precedente del 4,1 per cento nel 2005, del 2,5 per cento nel 2006, del 3,8 per cento nel 2007 e dell'8,9 per cento nei primi otto mesi del 2008. Si dimostra, quindi, che questo settore specifico è la parte che oggi indubbiamente è più in difficoltà.
Occorre, inoltre, segnalare che negli anni 2007-2008 è stata progressivamente implementata la rete di raccolta dei giochi pubblici, di cui all'articolo 38 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, con l'attivazione - come dicevo in precedenza - di negozi di gioco ippico. Ad oggi, la rete dei negozi di gioco ippico risultante all'amministrazione è di circa 222 punti. Inoltre, è da rilevare che i citati nuovi diritti per l'attivazione dei negozi ippici da parte dei concessionari aggiudicatari sono stati attivati, alla data odierna, per circa l'80 per cento. Riteniamo che questo dato sia significativo anche del fatto che, al di là delle valutazioni sulla rete che l'amministrazione sta effettuando e che il Governo ovviamente sta monitorando, è indubbio che, forse, oggi esiste anche una riflessione da svolgere sullo strumento «scommessa ippica» come strumento di raccolta. È chiaro che anche questo è un elemento di valutazione che il Governo sta considerando anche in questi giorni.
Per quanto riguarda il secondo punto affrontato nell'interpellanza, l'articolo 4-bis del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, al fine di dare esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 settembre 2007, nella causa C-260/04, nonché di favorire una maggiore capillarità della presenza di punti di vendita delle scommesse ippiche, ha previsto la messa a gara delle concessioni per la raccolta e accettazione di scommesse al totalizzatore nazionale, regolate dalla convenzione tipo approvata con decreto del Ministro delle finanze 20 aprile 1999, come integrata dalla deliberazione del commissario straordinario dell'Unione nazionale per l'incremento della razze equine del 14 ottobre 2003, allo stato ancora attive, la cui procedura - avviata con bando il 25 agosto 2008 - è al momento sospesa, stante una richiesta di chiarimenti formulata dalla Commissione europea. In questi giorni, stiamo sbloccando tale situazione per avviare rapidamente il citato bando. Peraltro, il medesimo articolo ha, altresì, disposto l'aggiudicazione, previa l'effettuazione di una o più procedure aperte, di 210 punti di vendita nelle province in cui non sono stati assegnati i diritti per l'apertura di punti vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici su base ippica, di cui al citato articolo 38 del decreto-legge n. 223 del 2006. Pertanto, ci avviamo, di fatto, ad implementare la rete con altri 210 punti vendita: si parla di 210 nella speranza, ovviamente, che vi sia un interesse imprenditoriale ad essi, perché questo è il vero aspetto che, in questo momento, pone anche elementi di preoccupazione all'amministrazione.
Nel caso in cui si volesse dar corso ad un ulteriore aumento della rete di raccolta, si potrebbe espletare una gara ad hoc riservata a quei soggetti che siano giàPag. 55assegnatari di diritti ippici per l'acquisizione di diritti sportivi. Tale elemento, proposto dagli onorevoli interpellanti, sarà alla valutazione e all'attenzione del Governo. Ovviamente, deve essere chiaro che tale procedura potrebbe essere effettuata solo dopo il necessario coordinamento con il dettato di cui all'articolo 38, commi 2 e 4, del suddetto decreto n. 223 del 2006, nonché con il necessario, preventivo passaggio al vaglio degli organi comunitari.
Pertanto, signor Presidente e onorevoli interpellanti, per concludere e per completare quella che è la posizione del Governo relativamente a questo argomento, la questione ha un'indubbia delicatezza. La delicatezza innanzitutto è legata ad una rete che, probabilmente, ha necessità di ulteriore manutenzione dal punto di vista normativo per un'efficace ed adeguata capillarità. L'altro aspetto è quello della valutazione del prodotto «scommessa ippica», che riguarda il tema dell'erario e delle raccolte delle scommesse e, quindi, delle entrate per le casse dello Stato.
Questo, ovviamente, è l'aspetto che credo sia più critico nelle valutazioni. Gli onorevoli interpellanti sanno come, nel corso della vita del settore e più in generale dei giochi, vi sia stata anche un'evoluzione progressiva degli andamenti legati alle scommesse, a quelle sportive, piuttosto che a giochi più tradizionali che hanno avuto trend ed evoluzioni diverse nel tempo, e che si tratta di una materia che necessita di continua manutenzione, anche sotto il profilo di offerte anche innovative e diverse rispetto al passato.
Pertanto, per quel che riguarda il Ministero dell'economia e delle finanze, occorre porre attenzione all'Europa, poiché sta chiedendo precisazioni all'amministrazione per avere puntuali informazioni relativamente al tema della libertà di concorrenza. Si tratta, in particolare, di un aspetto fondamentale che è stato richiamato più volte in interventi da parte dell'Europa e che, ovviamente, l'amministrazione intende affrontare con grande serietà, rispondendo puntualmente ed affrontando i temi anche in sede politica, per avere una posizione condivisa sulle scelte che il Governo intende adottare.
È chiaro, quindi, che il tema della scommessa ippica è importante e dovrà essere ovviamente affrontato nei prossimi giorni, così come ho detto, con la gara che ho appena citato, ma con un'ulteriore valutazione da parte del Governo, per sostenere il settore, che non può essere, tuttavia, esclusivamente limitata, onorevole interpellante, alla scommessa.
La riflessione credo più puntuale che oggi si deve svolgere - e in tal senso vi sarà un'iniziativa di raccordo tra il Ministero delle politiche agricole e il Ministero dell'economia e delle finanze - è quella del sostegno di una filiera imprenditoriale, legata ovviamente agli allevamenti e a tutto ciò che riguarda il settore dell'ippica (ovviamente con addetti nel numero che ho prima ricordato), che rappresenta un comparto fondamentale e che, probabilmente, non può essere affrontato nelle sue problematiche esclusivamente sul versante della scommessa e della rete di raccolta delle scommesse, quanto piuttosto anche con interventi specifici (che dovranno essere portati avanti dal Ministero delle politiche agricole) di sostegno nei confronti del settore.
In ogni caso, il Governo è attento a queste problematiche ed opererà, come ho indicato, nei prossimi giorni. Credo, quindi, che gli operatori del settore saranno oggetto di un'attenzione particolare da parte di questo Governo, ovviamente con un supporto concreto agli operatori ed agli imprenditori, le cui caratteristiche sono tra l'altro legate alla specificità di un comparto che rappresenta un punto importante, un fiore all'occhiello, anche nelle dinamiche dei rapporti nazionali e internazionali, che dev'essere altrettanto monitorato per quanto riguarda le scelte future. Queste ultime dovranno essere considerate in una logica di competizione sempre più forte nel settore dei giochi, alla luce di un'evoluzione naturale - penso ad esempio al gioco on-line, l'ultimo ad essere entrato nel settore - che dimostra quantoPag. 56questo settore sia sottoposto ad innovazioni di carattere tecnologico e ad offerte che sono via via sempre diverse.
Pertanto, con buona probabilità, vi sarà un'azione di sostegno nei confronti del settore, ma, allo stesso tempo, un'attività importante di valutazione e di manutenzione nei confronti dello strumento scommessa ippica.

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, ho ascoltato attentamente le riflessioni e le deduzioni del sottosegretario: sicuramente vi sono spunti di riflessione assolutamente importanti, mentre su altre questioni, a mio avviso, le mie perplessità permangono e, pertanto, mi dichiaro parzialmente soddisfatto. Dirò subito perché.
Intanto, questo è un settore in crisi - non lo dico io, lo riconosce anche il sottosegretario - ma è in crisi, essenzialmente, perché negli ultimi anni la politica e l'amministrazione, specie quella dell'ultimo Governo, hanno dimostrato mancanze, colpevolezze e distrazioni.
Non possiamo sottacere come, ad esempio, l'AAMS non abbia onorato i propri impegni: mi riferisco, in particolar modo, alla questione dei cosiddetti minimi garantiti, i quali dovevano essere corrisposti in maniera assolutamente regolare all'UNIRE e dovevano, quindi, entrare a regime nel settore. È evidente che l'AAMS non ha onorato quegli impegni.
È evidente che la politica, il Governo e l'amministrazione non hanno sorvegliato e, comunque, non hanno garantito che questo avvenisse in maniera regolare, continua e appunto garantita, così come dice il termine stesso, tale da poter assicurare un regime ordinario all'intero sistema.
Non c'è dubbio che, se consideriamo buona la data del luglio 2007, cioè quella del decreto Bersani, oggi, al di là dei nuovi punti vendita, delle nuove intuizioni e della nuova rete, ci ritroviamo con ben seimila punti vendita in meno. È evidente che ci sono meno occasioni per gli scommettitori di scommettere nell'ippica e, siccome la percentuale di risorse che gli scommettitori italiani indirizzano al mondo delle scommesse in genere alla fine è sempre la stessa, se ci sono meno possibilità di accedere a quelle scommesse specifiche, gli scommettitori continueranno ad investire verso altri settori magari più convenienti, più redditizi ma soprattutto più disponibili e più accessibili. Con seimila punti vendita in meno il settore continua a soffrire. Ed è questo il motivo principale per cui, tra le cose che proponiamo nella nostra interpellanza, c'è quella di valutare la possibilità per tutti i punti vendita di scommesse sportive di gestire comunque una fetta delle scommesse ippiche, in maniera tale da poter allargare la platea delle disponibilità e dare una maggiore accessibilità agli scommettitori.
Devo però sottolineare che ci sono due questioni che devono essere «attenzionate»: c'è la questione di quello che sta accadendo oggi, in queste settimane e nei prossimi mesi. Non è un caso che le Commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato si stiano occupando di tali questioni e che ci siano state parecchie audizioni ed incontri con il Governo. Peraltro, mi risulta che il mondo dell'ippica, in maniera assolutamente unitaria, e questa è una grande novità, nelle prossime settimane organizzerà anche una giornata di sensibilizzazione nei confronti della politica e delle amministrazioni sia delle finanze che dell'agricoltura.
Che cosa sta accadendo? Oggi non ci sono più le risorse nemmeno per completare l'intero 2008. E questo perché, a seguito di una serie di diminuzioni percentuali che si sono sommate negli anni, quest'anno c'è stato un vero e proprio tracollo. Pertanto nei due, tre mesi a venire, che mancano per completare il 2008, non ci sono le risorse. È necessario perciò adottare provvedimenti di urgenza e di emergenza che possano consentire nel breve periodo, intanto, al sistema di sopravvivere; in seguito, evidentemente, sarà necessaria una politica più strutturale, in maniera più meditata - e prendo attoPag. 57delle riflessioni del sottosegretario che rappresentano sicuramente degli spunti molto importanti - e bisognerà valutare una riforma complessiva del settore, organica, che non guardi soltanto alle scommesse ma anche ad altro.
Devo dare atto che il sottosegretario Giorgetti su questi temi è sempre molto attento e molto puntuale. Io non vorrei, però, che l'attuale responsabile dell'altro dicastero interessato, il Ministero dell'agricoltura, sia meno attento e meno puntuale soprattutto in un momento di grande necessità e bisogno mentre su questi temi, a mio avviso, dovrebbe, per certi versi, avere l'angoscia. Ricordiamo che le competenze del Ministero dell'economia e delle finanze intervengono soltanto per la parte delle scommesse e quindi per la raccolta delle risorse economiche e debbono far sopravvivere comunque un comparto che a pieno titolo fa parte comunque del settore delle competenze dell'agricoltura.
Fatte queste puntualizzazioni aggiungo che noi continueremo a seguire la problematica. Nelle prossime giornate presenterò, con gli altri parlamentari del PdL, nella Commissione competente una risoluzione, per portare all'interno delle Commissioni competenti, cioè la V e la XIII, l'intera problematica, in maniera tale da costruire, interloquendo in maniera compiuta e costante con il Governo, un percorso possibile che possa essere condiviso e che possa alla fine dare delle risposte. Tali risposte devono risolvere due problematiche fondamentali: quelle di breve periodo e quelle di medio e lungo periodo, «traguardando» poi alla fine una riforma complessiva del settore, che fornisca risposte strutturali.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Carlucci n. 2-00097)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Carlucci n. 2-00097 riguardante problematiche relative alla stabilizzazione degli ufficiali in ferma prefissata della marina militare.
Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Carlucci n. 2-00097 è rinviato ad altra seduta.

(Intendimenti del Governo in relazione all'invito a partecipare ad una cerimonia che si svolgerà in Svizzera in ricordo di alcuni esperimenti di comunicazione senza fili di Guglielmo Marconi - n. 2-00130)

PRESIDENTE. L'onorevole Lenzi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza urgente n. 2-00130 concernente intendimenti del Governo in relazione all'invito a partecipare ad una cerimonia che si svolgerà in Svizzera in ricordo di alcuni esperimenti di comunicazione senza fili di Guglielmo Marconi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DONATA LENZI. Signor Presidente, intendo illustrare la mia interpellanza anche perché la ricostruzione storica merita. Si tratta di uno di quei casi in cui da un sassolino, alla fine, si rischia di trovarsi di fronte ad una valanga.
Nel 1968, in un paesino della Svizzera che si chiama Salvan, un testimone asserisce che, all'età di dieci anni, nel 1895 - quindi un bel po' di tempo fa - aveva aiutato Guglielmo Marconi nei suoi esperimenti di comunicazione tra due punti tra di loro non visibili, comunicazione senza fili, quindi la base sulla quale poi verrà sviluppato tutto il tema delle telecomunicazioni, i quali esperimenti si sarebbero verificati in Svizzera.
Da questa memoria di una persona abitante in questo Paese il comune sviluppa negli anni, successivamente, nel 1976, nel 1996 e, per concludere, quest'anno, una serie di appuntamenti, di convegni, di incontri e di apposizioni di targhe nei quali progressivamente viene coinvolta anche una rappresentanza del nostro Governo e una rappresentanza della famiglia e della fondazione Marconi. Finché quest'anno, nella ricorrenza di domani, 26 settembre 2008, verrà festeggiata l'assegnazione da parte della UIT, che è una agenzia emanazione dell'ONU, di unaPag. 58targa commemorativa con assegnazione del premio «città memoria delle telecomunicazioni» al comune di Salvan.
A questo punto, con grande determinazione, il comune di Sasso Marconi, in provincia di Bologna, approfondisce le radici storiche di questa vantata primogenitura e ricostruisce, grazie soprattutto alla passione ed alla determinazione del sindaco Marilena Fabbri, il percorso storico, in modo tale da verificare che non era possibile, in quegli anni, andare all'estero senza essere autorizzati, soprattutto quando si era chiamati al servizio di leva, come lo era, appunto, Guglielmo Marconi nel 1895.
In questo modo pone seri dubbi sull'opportunità che un ente internazionale come l'Unione internazionale delle telecomunicazioni possa attribuire, sulla base di una singola testimonianza, il titoli di «patrimonio delle telecomunicazioni» al comune di Salvan nel territorio della Svizzera.
La richiesta è quella di non continuare (come è stato fatto precedentemente, forse più per disponibilità che senza particolare approfondimento delle questioni che venivano sollevate) a dare un riconoscimento, con la presenza del nostro ambasciatore, a questa cerimonia e di sollevare nelle sedi e nei luoghi opportuni a livello nazionale i dubbi che la ricerca storica effettuata ha fatto rilevare.
Inoltre, naturalmente, mi corre l'obbligo di chiedere (si ricorderà che l'anno prossimo è il centenario dell'assegnazione del Nobel a Marconi il quale, peraltro, nel suo intervento nell'assegnazione del Nobel ricordò i suoi esperimenti fatti a Villa Griffone di Pontecchio Marconi) come si possa intervenire per valorizzare adeguatamente questo contributo, forse anche imparando qualcosa dagli altri Paesi. Questi ultimi, infatti, anche basandosi su poco, sanno valorizzare, per motivi di prestigio internazionale e anche di turismo oltre che di riconoscimento dell'importanza degli esperimenti avvenuti, quello che è il patrimonio scientifico riconoscibile e che, per noi, vuol dire riconoscere l'importanza della figura di Guglielmo Marconi.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lenzi, per questa rivendicazione del primato di Sasso Marconi, che abbiamo letto nei libri di scuola quando eravamo bambini e che adesso viene contestato.
Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, il comune di Sasso Marconi ha di recente esposto alla Presidenza del Consiglio dei ministri la propria circostanziata opposizione alla decisione dell'ITU (International Telecomunication Union) di attribuire al comune svizzero di Salvan il titolo di «patrimonio delle telecomunicazioni». Il Governo ha recepito fin da subito questa motivata istanza e, anche a seguito di un articolato e continuo scambio di informazioni con il predetto sindaco di Sasso Marconi, ha deciso di agire su due fronti.
Da un lato, ha dato istruzioni al nostro ambasciatore a Berna di non partecipare alla cerimonia del titolo ITU a Salvan, prevista per il 26 settembre prossimo venturo; dall'altro, ha deciso di sollevare la questione presso lo stesso istituto, proponendo di costituire una commissione internazionale di esperti per accertare la verità storica sugli esperimenti svolti da Guglielmo Marconi in materia di telegrafia senza fili.
Queste linee di azione sono state illustrate dal sottosegretario Letta allo stesso sindaco di Sasso Marconi. Il nostro ambasciatore a Berna ha comunicato di avere illustrato personalmente al Presidente della Confederazione elvetica i motivi che non gli consentiranno di partecipare alla manifestazione del 26 settembre a Salvan. Nel corso dei colloqui, il Presidente svizzero ha riconosciuto l'opportunità di chiarire la verità storica dei fatti.
Il segretario generale dell'UIT, dal canto suo, messo al corrente della situazione, ha assicurato, al riguardo, la più ampia disponibilità sua personale e dell'organizzazione da lui diretta, specificando che il titolo concesso al comune diPag. 59Salvan non implica in alcun modo il riconoscimento che gli esperimenti svolti in tale località siano stati i primi in materia di telegrafia senza fili.

PRESIDENTE. L'onorevole Lenzi ha facoltà di replicare.

DONATA LENZI. Signor Presidente, intervengo per ringraziare per questo impegno, che va a vantaggio di tutti e del prestigio dell'Italia nel campo della ricerca scientifica.

(Iniziative per un piano industriale di rilancio dello stabilimento ex Videocolor e per lo sviluppo del comprensorio industriale di Anagni-Frosinone - n. 2-00133)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00133, concernente iniziative per un piano industriale di rilancio dello stabilimento ex Videocolor e per lo sviluppo del comprensorio industriale di Anagni-Frosinone (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intendiamo chiedere al Governo se si stia muovendo e che cosa possa fare - il «se si stia muovendo» non è una critica, ma vuole significare se il Governo abbia individuato se si possa fare qualcosa - con riferimento ad una vicenda che è «una delle vicende», quella della Videocolor di Anagni, che è già conosciuta - diciamo così - dagli uffici, perché è ormai dal 2005, anzi, dal 2004 che versa in una situazione delicatissima. O meglio, la società in sé sta benissimo; quelli che versano in una situazione delicatissima sono i 1500 operai che sono da quattro anni in cassa integrazione, che sono arrivati alla fine della cassa integrazione e che, quindi, sono sulla soglia della disoccupazione.
La Videocolor ad Anagni rappresenta un po' l'economia di Anagni. Togliere a una cittadina 1500 dipendenti vuole dire, semplicemente, spopolarla.
Ad Anagni non c'è una classe operaia qualunque: c'è una realtà estremamente importante in termini di qualificazione professionale, perché in quell'area era presente la società Thomson, che aveva il marchio Nordmende, e quindi tutto il sistema dei televisori, dell'elettronica degli anni trascorsi passava per Anagni. E quella classe operaia non è una classe operaia qualsiasi, perché ha una professionalità eccezionale, in un'area in cui è possibile interloquire con altre società, altre imprese fortemente preparate sul piano tecnologico.
Sembrava andare tutto bene. A un certo punto arrivano i «soliti» indiani: questa grande apertura al mercato dell'est, dove ci dicono che sono bravi e fanno tutto loro, in questa enorme nuova economia di mercato in cui arriva la multinazionale di turno e dice ghe pens mi; e dicono: lo compro se mi dai i soldi. Non è sbagliato, non ho sbagliato a parlare: la Videocon, società indiana, riesce a comprare la Videocolor dalla Thomson non dandogli, ma riscuotendo 185 milioni, perché chi la comprava si prendeva il carico di procedere a una riconversione aziendale dello stabilimento. Non è che Thomson regalava loro qualcosa: Thomson aveva già ricevuto a suo tempo tanti benefici statali, per cui meritava qualcosa. Nessuno regala niente a nessuno.
Da qui partono una serie di attività burocratiche, che coinvolgono «a cavallo» tutti e due i Governi, il Governo Berlusconi prima dell'esperienza del Governo Prodi, il nostro Governo Prodi e adesso il Governo Berlusconi. Tra un protocollo d'intesa, un CIPE, una ratifica e quant'altro, alla fine esce fuori un contratto di programma tra il Ministero dello sviluppo economico e la società Videocolor, che viene reso operativo, tutto sommato, alla fine del 2007. La Videocon si impegnava a investire 274 milioni per far ripartire questa attività di impresa.
In pratica cosa è successo? È successo che dal tubo a raggi catodici - perché questo facevano ad Anagni - il mondo è cambiato, e nell'ambito di questa necessità bisognava fare una riconversione industriale.Pag. 60Si è pensato di farla con una trasformazione dell'impianto per produrre televisori al plasma: questo nel 2004. Parla tu che parlo io, parla il Governo di destra che parla il Governo di centrosinistra, alla fine, quando i soldi sono arrivati, anche il plasma è diventato obsoleto: ormai si va verso la tecnologia LCD. Insomma, la tecnologia industriale corre più veloce della burocrazia italiana e ciò coinvolge - con senso di responsabilità dobbiamo dirlo - non questo o quel Governo ma tutta la burocrazia, dato che ha coinvolto trasversalmente i due Governi.
Il problema è che, quando la burocrazia ha poi a che fare con i furbi, è una fregatura, perché in realtà questi non hanno proprio intenzione di fare la riconversione industriale. Infatti, quando tutto era pronto e si diceva che partissero, non è andata così: mentre tutta la burocrazia andava avanti, il management dell'azienda non si è organizzato per far partire la macchina, ma si è organizzato, nottetempo, per spogliare l'azienda, svuotarla completamente e insomma prepararsi a quel che è un vecchio vizio dei nostri indiani della Videocon, cioè quello, fatto l'affare, di tagliare la corda. L'hanno fatto con la Necchi nel '98: perché non sono sconosciuti questi signori, che fanno capo ad una grande famiglia indiana che, nella classifica Forbes, risulta fra i tre o quattro più ricchi al mondo; certo, anche io sono capace di diventare ricco così!
Già nel 1998 avevano acquistato la Necchi, dalle parti di Piacenza; poi hanno detto che la stavano trasferendo a Bergamo e poi a Milano. Insomma, alla fine stavano portando in Cina anche questa e però, anche in quel caso, 555 unità e 25 milioni di soldi pubblici sono spariti.
Ad Anagni sono trascorsi quattro anni di cassa integrazione guadagni straordinaria (che paga il contribuente italiano), sono stati erogati 185 milioni che aveva messo la vecchia Thomson e altri 47 che grazie a Dio sono stati bloccati e quindi siamo riusciti a non darglieli. Tuttavia, questi imprenditori dopo aver preso quella somma, dopo avere creato un enorme danno al contribuente italiano, che si è dovuto far carico di pagare il costo della cassa integrazione, e dopo aver creato un'umiliazione e una mancanza di lavoro per 1.500 persone se ne vanno, perché stanno smantellando l'azienda. Ma cosa dico? Non se ne vanno! Vanno a Caserta. Al nord, al centro e al sud.
Nella provincia di Caserta, a Rocca d'Evandro, si svolge un'attività imprenditoriale per un valore di circa un miliardo 200 milioni. Anche lì si effettua una riconversione, anche lì il solito televisore nella sua innovazione tecnologica migliore, anche lì 200 milioni pubblici che si devono pagare. Le persone sono sempre quelle. Cambia l'ubicazione e cambia la società che acquistano. Disegnano un bel progetto faraonico, ti fanno vedere la luna e le stelle e poi quando è il momento di «quagliare» trovi quattro mura vuote e loro che dicono: ormai la tecnologia è troppo avanzata, non ci conviene più fare questo, ce ne andiamo!
Riteniamo che per la vicenda Videocolor sussistono responsabilità a vari livelli. Pensiamo, pertanto, che sarebbe un errore prendersela con l'ultimo Governo. Però, è un dovere per l'ultimo Governo farsene carico, perché è anche responsabilità delle istituzioni se tutto ciò è avvenuto. Infatti, si tratta di una responsabilità delle istituzioni di controllo perché rispetto a questi finanzieri d'assalto (ce la siamo tanto presa in questi giorni con i finanzieri di casa nostra ma, come vedete, il mercato globale produce finanzieri globali) non sono state in grado di creare un filtro di garanzia per il lavoratore, per il sistema dell'impresa, per l'economia di mercato e per la qualità del prodotto.
Sicuramente, siamo di fronte a una mancanza di controlli che ha prodotto questo danno per i lavoratori e a una farraginosità burocratica perché non è possibile che dal momento in cui si firma un contratto di programma a quello in cui i soldi vengono effettivamente resi disponibili passino tre o quattro anni, specie quando si ha a che fare con produzioni tecnologicamente avanzate dove anche un solo mese fa diventare un prodotto obsoleto; e chi oggi si occupa di materiaPag. 61computeristica sa bene che di tre mesi in tre mesi bisogna già rinnovarsi e rinnovare perché altrimenti si è fuori mercato.
Certamente si era in presenza di un difetto di piano industriale macroscopico che doveva essere scorto sia dalle istituzioni sia dai manager italiani perché ci vogliono proprio gli occhi chiusi, come il coniglio di casa mia, per mettersi - nel 2005 - a lavorare per implementare il tubo catodico. Certamente, vi è stata un'insufficienza manageriale. Allora mi chiedo, se questo stesso management, com'è vero, si sta ora occupando di Caserta e di Rocca d'Evandro, lo stesso management, cosa produrrà prossimamente?
Mi avvio alla conclusione del mio intervento perché non voglio prolungarmi quasi a fine seduta. Vogliamo affrontare questo tema nell'interesse dei lavoratori di Videocolor (oggi acquisita da Videocon) che stanno subendo le conseguenze di una pluralità di inefficienze e di cattive azioni. Sono gli unici incolpevoli. L'interpellanza che stiamo discutendo non è volta a prendersela con il Governo, ma mira a chiedere all'Esecutivo se ha in mano la situazione, se conosce il problema, se lo sta affrontando e in che modo può essere affrontato.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Di Pietro per il contenuto, l'illustrazione e le diverse questioni poste attraverso l'interpellanza presentata. Una questione attiene ad una riflessione su alcuni strumenti di contrattazione negoziata e su come questi strumenti siano davvero di accompagnamento alle iniziative imprenditoriali nel momento in cui è difficile immaginare, in un mercato in così rapida evoluzione, come giustamente ha sottolineato l'onorevole Di Pietro, in particolare in settori di tecnologia avanzata, come sia possibile conciliare l'utilizzo di certi strumenti con i tempi dell'intervento imprenditoriale.
È però questa una questione di ordine più ampio e più complesso che, come l'onorevole Di Pietro sa meglio di me, è stata oggetto di confronto, di dibattito e anche di miglioramento e di riposizionamento, in particolare sul piano regionale, di alcuni strumenti.
Si pone una questione in relazione alla vicenda di Anagni e all'ultimo contratto di programma, quello che si è concluso sostanzialmente nel 2007. Credo sia utile precisare in risposta, come comunque ha evidenziato lo stesso interpellante in un passaggio della sua illustrazione, che si tratta di un contratto di programma sottoscritto dalla VDC Technologies Spa il 27 luglio dello scorso anno con il Ministero dello sviluppo economico e la regione Lazio per la realizzazione di un piano di investimenti che prevedeva l'erogazione di contributi per un onere globale a carico della finanza pubblica di 45.310.536 euro di cui 34.423.502,40 a carico dello Stato e 10.887.033 a carico della regione Lazio a fronte dell'impegno della società contraente di sostenere un rilevante investimento nell'ambito di un articolato piano biennale di ristrutturazione aziendale con l'obiettivo di raggiungere una posizione leader in Europa per la produzione di televisori piatti al plasma.
È opportuno evidenziare, lo ripeto, che i predetti contributi sarebbero stati erogati subordinatamente alla verifica dello stato di avanzamento raggiunto nell'attuazione del piano industriale nell'ambito della verifica del programma industriale.
Il 20 giugno scorso presso il Ministero dello sviluppo economico il legale rappresentante della società ha comunicato la decisione della controllante indiana Videocon di abbandonare il piano industriale sulla base del contratto di programma in quanto la mutata situazione del mercato TV, nonché le prospettive a livello internazionale, non avrebbero consentito alla società di sostenere l'investimento.
Ciò ha comportato, per l'appunto, il venir meno delle condizioni contrattuali, con la conseguenza di bloccare lo stanziamentoPag. 62relativo al primo stato di avanzamento dei lavori. Quindi, sulla base delle informazioni acquisite presso il Ministero dello sviluppo economico e la regione Lazio, è opportuno evidenziare che non c'è stata alcuna erogazione di fondi pubblici in relazione almeno al contratto di programma 2007.
Rispetto alla competenza specifica del Ministero del lavoro debbo evidenziare alcune cose in relazione all'utilizzo degli strumenti di ammortizzatori sociali da parte della società stessa. È in corso, perché è stata attivata, una procedura di proroga per un ulteriore anno di cassa integrazione straordinaria fino al mese di maggio 2009 per «complessità connessa alle ricadute occupazionali». Questa era la prima causale che accompagnava la richiesta di cassa integrazione fino al 2009; successivamente, la causale è stata modificata in «complessità dei processi produttivi».
La concessione è subordinata ai fini delle valutazioni che ci saranno all'esito della verifica ispettiva prevista dalle vigenti normative. Le risultanze e la verifica ispettiva non sono ancora pervenute e, quindi, non è stata ancora determinata una decisione in relazione alla richiesta di cassa integrazione straordinaria fino al 2009, che segue la cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione utilizzata per il biennio dal 7 maggio 2005 al 6 maggio 2007 e, successivamente, con un ulteriore anno di proroga - anche in questo caso con la causale della complessità dei processi produttivi - fino al 6 maggio 2008.
Aggiungo che è evidente - anche in relazione alla causale della richiesta - che la società si muove nella direzione indicata come ipotesi peggiorativa rispetto alla situazione occupazionale cioè quella di ridurre notevolmente (fino a 400 un'unità circa) i livelli occupazionali previsti ad Anagni. In relazione ad alcuni elementi evidenziati nell'interpellanza urgente, anche rispetto alla vicenda pregressa, il Ministero ha trasmesso l'interpellanza alla direzione provinciale del lavoro di Frosinone, che ha attivato un'ispezione presso la società in questione per la verifica delle situazioni aziendali sotto il profilo di competenza della direzione provinciale del lavoro stessa. Mi riferisco, in particolare, anche al riferimento, presente nell'interpellanza, alle vicende pregresse relative ad anni precedenti e alla verifica rispetto alla situazione attuale.
Per concludere, anche ringraziando ulteriormente l'onorevole Di Pietro, dal momento che ha posto non solo la vicenda riguardante Anagni, ma anche quella concernente i comportamenti di un gruppo sul territorio nazionale anche in relazione a prospettive di apertura in Campania. Peraltro la regione Campania nel corso delle settimane precedenti ha già evidenziato anche con grande enfasi, da una parte comprensibile in relazione alla dimensione dell'investimento e dell'area dove tale investimento dovrebbe collocarsi, dall'altra con una riflessione da fare anche alla luce dell'interpellanza e dei suoi contenuti circa le precedenti iniziative e il loro esito del gruppo, che dovrebbe eventualmente concretizzare l'investimento nel casertano.
Concludo con queste considerazioni. In primo luogo, il Ministero del lavoro è pronto ad attivarsi sul territorio proprio in relazione agli strumenti degli ammortizzatori, ma non solo. Tuttavia, debbo far notare all'onorevole Di Pietro che, allo stato, il Ministero non è stato interessato della vicenda se non per la procedura cui facevo riferimento prima, nel senso che parti sociali o soggetti altri del territorio o quant'altro non hanno chiesto ancora l'attivazione di un tavolo presso il Ministero. Personalmente, esprimo la disponibilità nel caso in cui ciò si dovesse determinare o questo ci dovesse essere richiesto.
Per quanto riguarda, infine, le questioni relative alla competenza del Ministero per lo sviluppo, lo stesso Ministero ha comunicato sia che è in corso l'acquisizione dei dati relativi al progetto di Rocca d'Evandro, sia che si stanno determinando le eventuali iniziative da assumere in relazione al pregresso della società di cui all'interpellanza.

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PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, replico innanzitutto per ringraziare il sottosegretario e, attraverso di lui, il Governo per una risposta onesta, perché questa è la fotografia.
Signor sottosegretario, noi - lo diciamo a lei affinché lo dica al Governo - siamo una forza politica che intende in quest'Aula fare opposizione senza sconti, ma anche senza preconcetti; vale a dire che quando possiamo essere propositivi lo vogliamo essere.
Lei, nella parte finale del suo intervento, ha detto che tutto sommato noi, ad oggi, fermo restando quel che è stato fatto in precedenza doverosamente dai vari Governi che si sono succeduti, non abbiamo fatto ancora nulla perché non è ancora arrivata sul tavolo un'istanza in tal senso: non ne avete colpa, ma non ne hanno colpa neanche le parti sociali, cioè gli operai.
La verità qual è? È la riconferma di quel che tutti e due sospettiamo: che c'è un management e c'è a monte una proprietà che se ne frega, che ha già fatto quello che doveva fare, che ha già raggiunto l'obiettivo e che, quindi, lascia che le cose vadano tanto peggio per andare tanto meglio, perché più si rimane fermi nel trovare una soluzione verso gli operai, prima deve crollare quella realtà e, quindi, si chiudono definitivamente i portoni.
Mi permetta allora di rilanciare, proprio per quell'opposizione propositiva che vogliamo fare: adesso lo sapete, attraverso questa interpellanza parlamentare siete stati formalmente informati di una situazione delicata. Noi, i primi giorni della settimana prossima, ci recheremo in quel posto, incontreremo tutti gli operai di quella fabbrica e diremo loro di sottoscrivere un documento comune dove tutti insieme rivolgeranno l'istanza che manca.
In questo spirito costruttivo, su una materia così delicata che vogliamo portare avanti, mi permetta allora di segnalare qualche ulteriore riflessione. Mi consenta di partire da una macro analisi. La crisi morde l'economia mondiale - non c'è niente da fare - e morde l'economia reale, non solo a livello italiano, ma a livello mondiale, e sarebbe una piccola opposizione, la nostra, se dovessimo dire che la stagnazione dell'economia in Italia dipende tutta dal fatto che è arrivato il Governo Berlusconi, così come sarebbe una grave offesa se si dovesse dire che dipende dai due anni del Governo Prodi.
La verità è molto semplice: la stagnazione coinvolge non solo il nostro Paese, ma tanta economia mondiale e quindi bisogna vedere tutti insieme, qui dentro e nel Governo, che cosa possiamo fare - come diceva un mio vecchio maresciallo quando facevo un altro mestiere - per «infrenare» il fenomeno (ma lui si riferiva allo spaccio non dei televisori al plasma, ma della droga!).
A me pare che attualmente il Governo si stia facendo carico di una cassa integrazione guadagni che la dice lunga in ordine alla situazione di stagnazione dell'economia reale nel nostro Paese; circa 850 aziende (o giù di lì) sono in cassa integrazione, alcune in cassa integrazione ordinaria, altre in cassa integrazione straordinaria. Una cosa è certa: quest'anno il 25 per cento in più di aziende rispetto all'anno scorso è in cassa integrazione; se volessimo metterci qui a fare una polemica se ciò si è verificato più nei primi sei mesi o più negli ultimi sei mesi è polemica sterile. Il fatto è che ci sono delle aziende che chiudono e nell'ambito della richiesta della cassa integrazione, sia straordinaria che ordinaria, abbiamo potuto prendere atto che la maggior parte (oltre la metà) è dovuta a crisi aziendale, cioè ad un crollo dell'azienda.
È una realtà, e rispetto a questa realtà cosa possiamo fare? Sono 53 mila gli addetti che sono in cassa integrazione. Provate a riflettere, proviamo a riflettere tutti insieme: in questi giorni i giornali sono pieni, la polemica non ha confini sui 2000, 2500, 3000, 3500 esuberi dell'Alitalia; e questi 1500 che rappresentano quasi tanto quanto che peones sono? Vedete come incredibilmente bisogna sempre urlare nel nostro Paese per farsi sentire.Pag. 64
Nel nostro Paese, se capiti nel treno giusto che ha un amplificatore giusto, una soluzione si trova. Noi lavoriamo affinché la soluzione Alitalia si trovi, perché non vogliamo vedere per terra nessun dipendente Alitalia, non perché tutti debbano volare, ma perché anche quelli che stanno per terra devono rimanere in piedi.
Guardate come è incredibile la situazione del nostro Paese: tutti sanno tutto ciò che avviene in riferimento ai due o tremila operai, dipendenti e maestranze di Alitalia e nessuno sa nulla della vicenda di Videocolor che riguarda millecinquecento persone. Che si sappia che millecinquecento persone si sono messe di traverso per bloccare l'autostrada A1 che collega il nord con il sud dell'Italia. Si è bloccata l'autostrada, si è bloccato il Paese e i giornali non se ne sono accorti!
Ecco la delicatezza del problema. Se la ditta interessata non fa parte di un sistema di relazioni e se le parti sono soltanto «poveri cristi» di periferia, nessuno se ne interessa. Ecco perché l'Italia dei Valori è voluta stare qui oggi, tutta insieme, per lanciare un appello costruttivo al Governo: pensiamo agli ultimi e a chi non ha voce.
Ecco perché noi siamo qui a ribadire un'attenzione particolare ad un momento particolare nei rapporti tra il patronato e le maestranze. Se è vero come è vero che un signore nei giorni scorsi a Salerno - da quelle parti la Videocolor deve fare un ultimo exploit - ha scritto una lettera agli operai in cui ha detto tante di quelle parolacce che neanche qui, dove non si risponde delle parole che si dicono, si possono dire. Li ha presi letteralmente in giro, offendendoli nell'onore, nel decoro, nelle loro famiglie, nel loro fisico dicendo cose di tutti i colori.
Questo avviene perché si sta ingenerando nel Paese una nuova cultura, ovvero quella del padronato e di un nuovo padrone spocchioso, prepotente, arraffone, speculatore, un padrone forte che può fare quello che gli pare e piace. E guai a voi, che parlate a fare? Non disturbate il manovratore.
Noi abbiamo bisogno di un Governo che difenda i lavoratori, di un'opposizione che difenda i lavoratori, anzi di un Governo e di un'opposizione che, tutti e due insieme, difendano l'imprenditoria sana, in quanto ci deve essere. Ma per esserci dobbiamo allontanare questi furbetti e furbacchioni del quartierino. Dobbiamo allontanare quelli che strumentalizzano e approfittano, soprattutto - avete già inteso dove voglio arrivare - dove annusiamo che c'è una speculazione in corso. Perché ci affidiamo in mano a queste persone? Che siano indiane o nostrane, che si chiamino cordata Alitalia o cordata e quant'altro, perché ci dobbiamo affidare a persone che hanno già in sé il germe della speculazione finanziaria e non il modello industriale?
Se una ditta nasce già con l'idea di fare tubi catodici, perché dobbiamo farci prendere in giro? Se una ditta nasce in sé con l'idea di fare una piccola compagnia aerea per andare fino all'isola d'Elba, perché gli dobbiamo dare tutto questo spazio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)?
Se è vero come è vero che in America Lehman Brothers, Merril Linch e altri stanno tutti quanti facendo capire come sia crollato il sistema della vendita di fumo, perché in Italia dobbiamo cedere alla vendita del fumo?
Concludo proprio per darle un'immagine di un partito che non vuole mettersi contro per forza e mi consenta di dire che dobbiamo insieme isolare gli speculatori e rilanciare il modello industriale, perché abbiamo bisogno d'impresa, di libero mercato e non di padroni e nuovi padroni che si appropriano della nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Avverto che il contingentamento relativo alla mozione sullaPag. 65lotta alla povertà è pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.
Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 29 settembre 2008, alle 11:

1. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (1634-A).
- Relatore: Aprea.

2. - Discussione della mozione Livia Turco ed altri n. 1-00041 concernente iniziative per il contrasto della povertà e della diseguaglianza sociale.

La seduta termina alle 19,45.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ROBERTO RAO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1441-BIS-A

ROBERTO RAO. Onorevoli colleghi, signor ministro, signor sottosegretario, non posso fare a meno anch'io di sottolineare negativamente le modalità con cui si è fin qui svolta la discussione in materia di modifiche al codice di procedura civile: forse era questo il nome giusto da dare al provvedimento, o almeno a buona parte di esso che andava stralciata.
Questo giudizio negativo, Presidente, è stato peraltro espresso, non solo dalle opposizioni, ma dalla Commissione giustizia all'unanimità dei suoi componenti, come risulta dal parere approvato ieri in Commissione nel quale si evidenzia come «l'assegnazione in sede referente alle Commissioni affari costituzionali e bilancio comprime le prerogative e le competenze della Commissione giustizia che rappresenta la sede naturale per un esame approfondito e consapevole dei provvedimenti di riforma del processo civile». Si aggiunge poi: «è necessario quindi che in futuro provvedimenti che incidono sulla giustizia civile siano esaminati dalla Commissione giustizia in sede referente e con lo svolgimento di un adeguato ciclo di audizioni degli operatori del settore».
Mi sembra che questo giudizio sia assolutamente chiaro e stringente e confidiamo che in futuro la Presidenza della Camera si attenga a questa indicazione.
L'assegnazione, infatti, in sede referente alle Commissioni affari costituzionali e bilancio, con totale espropriazione della Commissione giustizia della sua naturale competenza (peraltro rilevata con serietà in momenti diversi dagli stessi presidenti delle tre Commissioni citate, dal presidente Bruno, dal presidente Giancarlo Giorgetti e dalla presidente Giulia Bongiorno), ha impedito un confronto di merito serio e approfondito su una riforma di portata assai rilevante, privilegiando una celerità funzionale più che al reale approfondimento dei problemi all'effetto annuncio cui ci sta abituando il Governo ma da cui speravamo che almeno la giustizia civile potesse essere immune.
Si aggiunga che il Governo, nel corso dell'esame da parte delle Commissioni congiunte, è continuamente intervenuto con emendamenti modificativi o sostitutivi di interi articoli, costringendo l'opposizione non solo ad una continua funzione di supplenza dei propri componenti nelle Commissioni affari costituzionali e bilancio, ma ad un defatigante inseguimento di un testo in permanente mutazione.
Insomma è stato curioso vedere i membri della Commissione giustizia pellegrinare in altre Commissioni all'inseguimento del testo perduto o sottratto.
Sorvolo sulle motivazioni addotte dal Governo: l'esigenza di celerità. I tempi si sono allungati lo stesso e le modifiche fatte dal Governo sono venute male.
Questo precedente rischia di creare un vulnus sulla funzione delle Commissioni con il rischio di penalizzare non solo la competenza dei deputati, ma anche quella straordinaria degli uffici della Camera che forniscono un supporto qualificato e prezioso ai nostri lavori, supporto di cuiPag. 66avrebbe potuto trarre beneficio anche il Governo per evitare qualche pasticcio.
Questo iter forse è frutto dell'approssimazione, ma si inserisce nella logica sin qui seguita dalla maggioranza e dal Governo di proclamare a parole un dialogo continuamente disatteso nei fatti, per un motivo o per un altro.
Insomma, siete riusciti a far prevalere la polemica e a farvi dare torto anche quando c'erano le condizioni per arrivare ad un più ampio consenso.
Ciò induce inevitabilmente l'opposizione a far prevalere una questione pregiudiziale di metodo rispetto alle proposte modificative, pur in parte condivise.
Evidentemente alla maggioranza e al Governo, non solo non interessa il parere dell'opposizione che, attraverso il confronto parlamentare, può migliorare il provvedimento, ma non interessa neppure ottenere un voto favorevole che rappresenti un più ampio consenso.
Peraltro, il processo civile e il suo snellimento sono i tipici argomenti su cui potrebbero prevalere convergenze programmatiche in nome dell'interesse generale, evitando contrapposizioni ideologiche.
Era stato proprio il ministro della giustizia in diverse circostanze ad auspicarlo, raccogliendo anche la nostra disponibilità di principio, salvo poi praticare tutt'altra strada; strada che speriamo non ripercorra peraltro sul più controverso cammino della riforma complessiva dell'ordinamento giudiziario.
Ma veniamo al provvedimento in esame. Mi soffermerò brevemente su alcuni aspetti essendo già intervenuti con competenza molti colleghi sono certo che il Governo li esaminerà con attenzione.
In linea generale, gli articoli da 52 a 62-bis contengono misure intese a promuovere efficienza ed effettività maggiori nella tutela giurisdizionale. Se ne riconosce l'intendimento prevalente di evitare forti innovazioni sistematiche (fatta eccezione per l'eccentrica soluzione relativa al giudizio di Cassazione) nel tentativo, piuttosto, di ottimizzare la resa dell'orditura legislativa esistente, agendo costantemente sulla leva delle disposizioni processuali senza rischiare uno stress eccessivo da impatto normativo. Si tratta di un impianto che, tolta la vera e propri forzatura costituzionale relativa alla Corte suprema, appare complessivamente ispirato da razionalità e realismo; un impianto che, tuttavia, se deliberatamente viene a mancare di interventi posti su altri piani (seppur non indipendenti da quello processuale), non è privo di incoerenze già interne al pur ridotto orizzonte di misure intraprese (di cui esemplare è il rimeditato mantenimento dell'abnorme sospensione dei termini nel periodo feriale a fronte del dimezzamento degli altri termini processuali) e di imperfezioni nella complessiva figura del processo che si delinea.
Nello specifico, l'incremento delle competenze del giudice di pace non è senza risvolti sul complessivo funzionamento della giustizia civile; se è vero, infatti, che l'assorbimento di domanda giudiziale da parte della magistratura onoraria libera nuove energie per l'amministrazione giudiziaria ad opera dei togati, tuttavia l'indiscriminato innalzamento del limite di valore per le controversie destinate al giudice di pace rappresenta anche un fattore inflattivo della domanda giudiziale. E ciò in considerazione di dati strutturali inerenti alla giustizia di pace: maggiore prossimità territoriale e statuto personale del giudice inducono un aumento del ricorso al giudice in quanto tale.
La pluriforme manovra normativa che investe la questione di competenza e la disciplina della relativa decisione incontra sicuro favore in un contesto che intenda depotenziare l'intensità e la frequenza di questioni non di merito e tuttavia capaci di ritardare la sentenza effettivamente definitiva. Tuttavia, collocandosi la scelta di abrogare il regolamento entro un'opzione più ampia (il rilievo officioso della questione di competenza, anche «per materia» viene soppresso), il complessivo trattamento che la legge ordinaria viene così facendo della garanzia costituzionale dell'articolo 25, comma 1, appare inadeguato prima che inopportuno.Pag. 67
Il profilo riformatore delle disposizioni in punto di consulente tecnico d'ufficio è sostanzialmente conservativo dello status quo, e in quanto tale non soddisfacente. Il ricorso a soggetti non veramente depositari della fiducia delle parti costituisce fattore di incremento dei costi del processo poiché le parti, in nessuna misura coinvolte nel procedimento di scelta, indulgono nell'assistenza di esperti di parte che moltiplicano le spese processuali.
In relazione alla contumacia, se questa è una delle situazioni che può giustificare un'accelerazione processuale mossa dall'esonero della prova dei fatti allegati dall'altra parte (con risparmio, dunque, di tempi altrimenti destinati all'istruzione probatoria), non è ragionevole fissare regole che, sia pure implicitamente, possano far presupporre, ai fini dell'utilizzazione di un fatto, la avvenuta costituzione della parte contro cui è allegato.
Benché una certa parte della dottrina promuova da gran tempo l'introduzione di un generale potere di rimessione in termini in capo al giudice, tuttavia non convince la scelta di consentire, in maniera assolutamente non selettiva, che il giudice ritenga di volta in volta superata la preclusione da decadenza o, addirittura, da regiudicata per fatto ritenuto inimputabile, così incidendo in maniera singolare sul diritto sostanziale. Appare evidente il rischio di arbitri giudiziari e di involontarie diversità di trattamento che sono fattori generatori di sfiducia nell'amministrazione della giustizia (oltre che di indebite responsabilità magistratuali in un sistema in cui la legge rimane la fonte sovraordinata all'attività giudiziaria).
Non è recente né ignota nell'esperienza legislativa, interna e internazionale, la previsione della testimonianza del terzo per iscritto. Dunque, non può, nemmeno a questo proposito, discorrersi rigorosamente come di un'innovazione di sistema. Non v'è dubbio, però, che la generalizzazione della possibilità di una raccolta di informazioni utilizzabili in causa è destinata a sfociare in questioni che non involgono soltanto il piano dell'efficienza del servizio giudiziario. Infatti, se la permanente capacità del giudice di ordinare davanti a sé la rinnovazione della testimonianza appare misura sufficiente ad assicurare l'effettività del principio di immediatezza costituzionalmente cogente, tuttavia non può non lasciare perplessi come il contesto normativo privilegi valori formali (quali l'autenticità della sottoscrizione del documento contenente la testimonianza) assai più che valori sostanziali (qual è la genuinità dell'informazione somministrata dal terzo).
Come già accennato in precedenza, il provvedimento in esame viene da ultimo a contenere una copernicana rivoluzione in tema di accesso alla Corte suprema: si tratta di una soluzione che indebitamente crea poteri duali tra organi distinti della costituzionalmente unica Corte suprema e che altera le condizioni di ammissibilità costituzionalmente stabilite per il sindacato contro le «sentenze».
Pur condividendo che il giudice per l'attuazione degli «obblighi di fare infungibili» su richiesta di parte, debba fissare la somma dovuta all'avente diritto per ogni violazione o inosservanza successiva, tuttavia appare assolutamente prioritaria almeno la scelta di una predeterminazione delle modalità e dei criteri di liquidazione delle somme massime esigibili.
Un'altra delle più significative novità, il procedimento sommario, sconta un'incertezza concettuale grave: stando alle recenti pronunce della Corte di cassazione, se l'istruzione in primo grado è sommaria, l'appello non può essere «limitato», altrimenti almeno una parte non avrebbe mai la possibilità di un grado di merito a cognizione esauriente.
Infine una riflessione a parte merita il dietrofront del Governo sull'annuncio del ministro Alfano della riduzione di un terzo della sospensione feriale dei termini processuali: un'opposizione seria riconosce anche i suoi di limiti, oltre a denunciare quelli della maggioranza e del Governo. Forse gli offro l'occasione di riprendere il tema.
In questi giorni ci siamo concentrati molto sul pessimo metodo seguito perPag. 68l'esame del provvedimento, sul merito abbiamo sviscerato e provato a migliorare questo provvedimento, inutilmente.
Gli organi di informazione che fanno il loro dovere, cronisti attenti alla materia giustizia, ci hanno segnalato oggi un altro grave elemento di criticità di questo provvedimento passato inosservato. Il guardasigilli aveva infatti assicurato che le cosiddette vacanze della giustizia in Italia avrebbero avuto inizio, come sempre, il 1o agosto, ma sarebbero terminate quest'anno per la prima volta il 31 del mese, e non più il 15 settembre. Tutto ciò, in linea con l'esigenza (rilevata nel corso dell'audizione qui alla Camera sulle linee programmatiche del suo dicastero) di una necessaria efficienza del sistema della giustizia civile, conditio sine qua non, era stato detto, della competitività del sistema Paese. E invece, sorpresa delle sorprese, tutto resta come prima: le buone intenzioni del Ministro erano venute già meno per quest'anno perché stralciate dal decreto e inserite in questo collegato.
Oggi, grazie alla soppressione in Commissione della norma, attraverso un emendamento presentato dal Governo, sono scomparse del tutto. Questo ovviamente continuerà a penalizzare la tanto auspicata efficacia e soprattutto riduzione dei tempi del processo civile.
Ci auguriamo che l'esame in aula subisca un'inversione di tendenza rispetto alle logiche precedentemente adottate, al fine di trovare soluzioni largamente condivise, in grado di soddisfare a pieno il sempre più crescente «desiderio di giustizia» dei cittadini.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO CINZIA CAPANO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1441-BIS-A

CINZIA CAPANO. Ottenere l'accelerazione dei processi è obiettivo totalmente condiviso dal Partito Democratico che a questo ha lavorato alacremente, nel confronto con gli operatori, nella scorsa legislatura, così come dimostra il recepimento in questo provvedimento di istituti presenti nelle nostre proposte di legge. Per questa ragione l'intervento sulla giustizia civile poteva costituire per questo Governo l'occasione per praticare quel dialogo tanto evocato, ma mai realmente ricercato e praticato. Inserendo la riforma nel provvedimento oggi all'esame, il Governo si è sottratto al confronto con gli operatori attraverso le audizioni in Commissione giustizia che è rimasta espropriata della sua innegabile esclusiva competenza di merito, al di là della disciplina regolamentare della Camera.
Un dialogo che il Governo ha voluto anche negare rigettando quasi in via pregiudiziale gli emendamenti da noi proposti che proprio sul terreno dell'accelerazione portavano un importante contributo, come ad esempio quello sulla istituzione di un'udienza di programma del singolo processo che avrebbe vincolato giudice e difensori a tempi certi e prevedibili di definizione del giudizio. Eppure proprio il ministro, illustrando le sue linee programmatiche aveva affermato l'esigenza di porre « particolare attenzione a tutte le misure idonee ad accelerare i tempi del processo che non dovranno risolversi soltanto in interventi normativi, giacché il tumultuoso incedere degli interventi del legislatore può essere, a sua volta, causa di crisi del sistema».
Ed infatti, caro ministro, siamo d'accordo con lei ed il suo «tumultuoso» incedere con una riforma affrettata e tecnicamente debole, come dimostrano le osservazioni contenute nel parere della Commissione giustizia, rischia di produrre una grave crisi del sistema. Una crisi cagionata da un irragionevole e pericoloso ampliamento del potere discrezionale del giudice che è in assoluto conflitto con il diritto di difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione, nonché con il rispetto del contraddittorio imposto dall'articolo 111 della Costituzione. Quest'ultimo un principio di cui il centrodestra si è sempre proclamato strenuo difensore nel processo penale e che non si comprende come mai sia così disponibile ad abbandonarePag. 69quando non si parli più di reati, ma di diritti dei cittadini e della effettività della loro tutela.
Come ci ricorda la migliore dottrina processualista il processo non coincide con il giudizio, benché i termini vengano usati in modo equivalente.
Il processo precede il giudizio ed è lo strumento perché questo non diventi un favore concesso dal giudicante o peggio un torto, ma l'applicazione di regole predeterminate con la tecnica del contraddittorio. Questo è l'unico strumento idoneo a rendere prevedibili le decisioni attraverso la trasparenza delle regole del giudizio, e quindi, a scoraggiare la proposizione di domande palesemente infondate, ottenendo un effetto deflattivo.
Questi principi costituzionalmente protetti e cardini dello Stato di diritto sono stati del tutto pretermessi nei due istituti di nuovo conio della testimonianza scritta e del filtro in Cassazione, oggetto di «pesanti»osservazioni da parte della Commissione giustizia, quindi condivise anche dal centrodestra.
Tralascio per questioni di tempo l'altra grande questione dell'istituto del processo sommario di cognizione che, oltre a presentare gli stessi aspetti di criticità lasciando nell'assoluta discrezionalità del giudice la disciplina del processo, contiene l'ulteriore paradosso di aggiungere un ulteriore «nuovo» rito a i più di venti già esistenti, e ciò nell'ambito di un provvedimento intitolato alla «semplificazione».
Con la testimonianza scritta si introduce per la prima volta nel nostro ordinamento un principio di formazione della prova non solo fuori dal processo ma anche senza il contraddittorio tra le parti. Una modalità di assunzione della testimonianza che si aggiunge a quella ordinaria e che lascia al giudice la più discrezionale scelta sul modo in cui assumerla. Ed anche nel caso di testimonianza assunta per iscritto, lascia al giudice la assoluta discrezionalità nella scelta se convocare il teste innanzi a sé o meno ed accontentarsi delle risposte scritte ai quesiti. Chissà se nelle forme dei quiz a risposta multipla!
Le parti nulla potranno fare avverso la sua onnipotente decisione. Ed è facile immaginare che saranno le controversie più ricche e quindi le parti più forti ad ottenere maggiori garanzie nell'acquisizione della prova rispetto alle parti più deboli anche se portatori di interessi maggiormente meritevoli di tutela.
Cosa avrebbero combinato i penalisti in Italia ed il centrodestra se qualcuno avesse voluto abolire il principio di formazione della prova in dibattimento, nonostante che proprio tale principio abbia innalzato in modo esponenziale la durata dei processi?
Abbiamo chiesto di limitare almeno l'uso della testimonianza scritta alle ipotesi di assunzione della prova delegata ex articolo 203 del codice di procedura civile anche al fine di avere un campione più limitato di sperimentazione, ma anche su questo il Governo ha rifiutato pregiudizialmente qualsiasi dialogo.
L'altra ed ancor più delicata questione è quella relativa all'introduzione di un filtro ai ricorsi per Cassazione. Anche qui si è rifiutato qualsiasi dialogo, nonostante che l'esigenza di individuare una forma di filtro fosse avvertita e condivisa dalla opposizione. Il filtro prevede un criterio oggettivo che preclude l'ammissibilità a quei ricorsi che tendano ad ottenere una pronunzia contraria ai precedenti giurisprudenziali della Corte. Un filtro che di fatto impedisce alla giurisprudenza di assolvere alla sua funzione specifica di adattare la norma alla mutata realtà sociale attraverso i noti revirement. Si consideri che ove questo filtro fosse esistito all'inizio degli anni Novanta avrebbe reso inammissibile quel ricorso per Cassazione che , invece, provocò la nota sentenza sul divieto di calcolo degli interessi anatocistici nei contratti bancari che ha poi prodotto nel 1992 la legge che ha stabilito i cosiddetti tassi soglia e quelli di natura usuraia.
Una sentenza ed una conseguente legge che hanno sensibilmente ridotto il costo dei mutui per i cittadini certamente molto più di quanto non abbia fatto Tremonti con la sua rinegoziazione, nonché il costo del denaro per le imprese a tutto vantaggioPag. 70della loro competitività. Se fosse stato vigente alcuni giorni addietro, il medesimo filtro avrebbe impedito alla Corte di cassazione di pronunziarsi favorevolmente sulla questione del doppio cognome del figlio Ma ciò che è ancor più allarmante è che a questo filtro sbagliato, ma almeno oggettivo, se ne affianca un altro che consente ai giudici del collegio di ritenere comunque ammissibile il ricorso se vogliano «modificare o confermare» il loro precedente orientamento. Cioè in tutti i casi o in nessun caso a loro insindacabile ed inoppugnabile giudizio, decisi. Ed i dubbi su questo tipo di filtro espressi in un'intervista su Il Messaggero di martedì scorso dal presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli dovrebbero indurre il Governo ad una maggiore cautela che fino ad oggi ha mostrato di non voler avere.
Un potere così ampio da consentire al giudice, anche inconsapevolmente, di buttar via la questione di diritto che non gli piace e di recuperare quella che maggiormente gli interessa, magari solo per interesse scientifico. Se per ridurre tempi e costi del processo dobbiamo rinunziare ad ogni garanzia di difesa, decidiamo di attribuire torti e ragioni lanciando in aria la monetina e così certamente spendiamo molto meno ed impieghiamo il minor tempo possibile. Ma ci chiediamo come mai questo vale solo per il processo civile mentre per il processo penale il Governo pretende la garanzia di un intero collegio giudicante anche solo per estendere l'autorizzazione alle intercettazioni ad una nuova utenza del medesimo indagato.
Per quale principio dell'ordinamento al processo penale si assicurano risorse e garanzia dei diritti di difesa ed a quello civile si sottraggono risorse e si elimina, oltre alle garanzie di difesa, lo stesso principio del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione?

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA MOZIONE N. 1-00041

Mozione n. 1-00041 - Iniziative per il contrasto della povertà e della disuguaglianza sociale

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 20 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 17 minuti
Partito Democratico 1 ora e 7 minuti
Lega Nord Padania 36 minuti
Unione di Centro 31 minuti
Italia dei Valori 29 minuti
Misto 20 minuti
Movimento per l'Autonomia 12 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.