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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 43 di lunedì 28 luglio 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 11.

ANGELO SALVATORE LOMBARDO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 24 luglio 2008.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Bratti, Brunetta, Carfagna, Casero, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cota, Craxi, Crosetto, Donadi, Fava, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Libè, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Menia, Miccichè, Nucara, Paglia, Piffari, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Rugghia, Scalera, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vessa, Villecco Calipari e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Integrazione nell'ufficio di presidenza
di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Popolo della Libertà ha reso noto, con lettera pervenuta in data 25 luglio 2008, che il deputato Giovanni Dima è entrato a far parte del comitato direttivo del gruppo.

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

ANGELO SALVATORE LOMBARDO, Segretario, legge:
SALVATORE ACANFORA, da Roma, chiede:
l'installazione di nuovi dispositivi di sicurezza sulle autovetture nonché l'abolizione della patente a punti e l'innalzamento dei limiti di velocità (105) - alla IX Commissione (Trasporti);
il riordino della scuola primaria e l'introduzione dell'educazione sessuale nei programmi scolastici (106) - alla VII Commissione (Cultura);
il blocco delle procedure di sfratto nel periodo invernale, l'istituzione della «carta di identità» dei fabbricati e l'applicazione della cosiddetta «legge obiettivo» a determinate opere (107) - alla VIII Commissione (Ambiente);
l'abolizione del meccanismo dell'otto per mille per il finanziamento delle confessioni religiose (108) - alla I Commissione (Affari costituzionali);Pag. 2
nuove norme in materia di adesione dei parlamentari ai gruppi e per contrastarne l'assenteismo, la riduzione delle loro indennità e la sua parziale destinazione a soggetti indigenti, l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, misure per assicurare il rispetto dell'articolo 67 della Costituzione e l'istituzione di una scuola superiore per i parlamentari e di un albo dei parlamentari di tutte le legislature repubblicane (109) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
modifiche alla Costituzione per l'elezione diretta del Presidente della Repubblica e il passaggio a un sistema monocamerale, nonché per l'abolizione della Corte di conti e per vietare l'iscrizione degli insegnanti a partiti politici (110) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme in materia di magistratura di sorveglianza e di accesso ai benefici penitenziari, anche per agevolare l'accesso dei detenuti al lavoro anche agricolo (111) - alla II Commissione (Giustizia);
nuove norme in materia di prostituzione (112) - alla II Commissione (Giustizia);
l'introduzione di sanzioni per il mancato esercizio del diritto di voto nelle elezioni politiche (113) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'istituzione di una giornata della memoria per le vittime del lavoro, nelle missioni di pace e sulle strade e di un premio per i cittadini che si sono distinti per particolari meriti (114) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'istituzione di sezioni specializzate delle forze dell'ordine per la tutela della famiglia e degli omosessuali, nonché di corpi a cavallo e in bicicletta della polizia municipale (115) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
il rientro in Italia delle salme di tutti i componenti della famiglia Savoia (116) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'introduzione di un diritto di precedenza per l'assunzione dei lavoratori a tempo determinato (117) - alla XI Commissione (Lavoro);
il potenziamento dei controlli sulle organizzazioni di volontariato (118) - alla XII Commissione (Affari sociali);
l'introduzione del divieto di importazione di pellicce di cane e di gatto e del divieto totale della caccia (119) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
l'introduzione dell'obbligo di rendere pubblici i bilanci dei sindacati (120) - alla XI Commissione (Lavoro);
l'istituzione di un Ministero per le autonomie locali (121) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'abolizione del canone di abbonamento alla RAI (122) - alla IX Commissione (Trasporti);
incentivi per la «rottamazione» di autovetture ed elettrodomestici (123) - alla X Commissione (Attività produttive);
misure per la riduzione degli oneri sui mutui bancari e per fronteggiare la crisi dei mercati finanziari (124) - alla VI Commissione (Finanze);
l'istituzione del comune di Ostia (125) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
la legalizzazione dell'eutanasia (126) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
nuove norme in materia di difensori civici (127) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme in materia di collocamento degli sportivi (128) - alla VII Commissione (Cultura);
l'estensione a tutti i lavoratori della tutela contro le malattie professionali (129) - alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali);
l'istituzione di organismi per la tutela dei diritti degli immigrati regolari (130) - alla I Commissione (Affari costituzionali);Pag. 3
interventi contro i delitti sessuali, la pedofilia, la pornografia e gli stupefacenti (131) - alla II Commissione (Giustizia);
l'esenzione dal ticket e l'accesso gratuito ai mezzi di trasporto per gli anziani (132) - alla XII Commissione (Affari sociali);
la fissazione dell'età pensionabile a cinquantasei anni (133) - alla XI Commissione (Lavoro);
il potenziamento dei controlli negli aeroporti e la completa statalizzazione dell'Alitalia (134) - alla IX Commissione (Trasporti);
l'indicazione del gruppo sanguigno nei documenti personali (135) - alla XII Commissione (Affari sociali);
nuove norme in materia di sperimentazione medica sugli esseri umani e gli animali (136) - alla XII Commissione (Affari sociali);
nuove norme in materia di censura cinematografica e televisiva (137) - alla VII Commissione (Cultura);
l'abolizione dei contributi agli organi di stampa e l'introduzione dell'obbligo di dedicare spazi di informazione ai problemi degli immigrati (138) - alla VII Commissione (Cultura);
una nuova disciplina dell'inseminazione artificiale (139) - alla XII Commissione (Affari sociali);
l'emissione di francobolli celebrativi delle massime cariche dello Stato (140) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
norme per la celebrazione della storia del Partito socialista italiano e della figura di Bettino Craxi (141) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
ROBERTO ZAMBONI, da Montorio Veronese (Verona), chiede che le salme dei caduti in guerra siano consegnate ai congiunti (142) - alla IV Commissione (Difesa);
ANTONINO PADALINO, da Bellaria Igea Marina (Rimini), chiede l'introduzione del salario minimo, del salario sociale e di requisiti minimi di contribuzione previdenziale, nonché il recupero del fiscal drag e l'introduzione della scala mobile (143) - alla XI Commissione (Lavoro);
VINCENZO MARCHIONNE MATTEI e FRANCO LIGI, da Roma, chiedono misure per contenere il prezzo dei prodotti petroliferi, anche mediante la rimodulazione della relativa tassazione (144) - alle Commissioni riunite VI (Finanze) e X (Attività produttive);
FRANCESCO CIERI, da Roma, chiede l'attivazione di un sistema automatico per contrastare l'evasione e l'elusione fiscale (145) - alla VI Commissione (Finanze).

Sull'ordine dei lavori (ore 11,10).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Grazie, signor Presidente. Da mercoledì scorso, 23 luglio, un collega, un deputato di questa Assemblea è chiuso nei locali della Commissione di vigilanza non tanto per protestare, ma per sollecitare affinché cessi la situazione assurda nella quale si trova la Commissione parlamentare di vigilanza e, di conseguenza, anche la RAI, che, attraverso le decisioni della Commissione parlamentare di vigilanza, dovrebbe rinnovare il suo consiglio di amministrazione. Da ieri, questa protesta vede la presenza di altri deputati, senatori e deputati europei che, in particolare, appartengono alla delegazione radicale iscritta ai gruppi del Partito Democratico.
Signor Presidente, sappiamo perfettamente qual è la situazione nella quale ci troviamo: sono tre mesi che la Commissione parlamentare di vigilanza non riesce ad eleggere il proprio presidente, con tutta una serie di conseguenze negative e pesanti che riguardano, ovviamente, non solo le funzioni di garanzia e di vigilanza che sono proprie della Commissione, ma, comePag. 4dicevo prima, anche questioni relative alla RAI e, quindi, al controllo sulla RAI ed ai vertici della RAI.
Ciò non avviene, perché, pur essendo la Commissione di vigilanza una Commissione di garanzia che da sempre ha visto la presidenza affidata - proprio perché Commissione di garanzia - ad un esponente dell'opposizione, per la prima volta ci troviamo in una situazione davvero particolare ed insopportabile: la maggioranza vuole scegliere e decidere quale sia il membro della Commissione che deve presiedere la Commissione di vigilanza. Non c'è più quindi neanche la libertà per l'opposizione di indicare e scegliere il proprio candidato, ma, attraverso un meccanismo che è quello di far mancare il numero legale in sede di votazione, di fatto la maggioranza sta impedendo che la Commissione abbia il suo presidente, e quindi che si possa anche procedere al riassetto dei vertici della RAI.
So benissimo che il Presidente della Camera è già intervenuto - e meritoriamente - avendo già previsto (ovviamente d'intesa con il Presidente del Senato, perché essendo una Commissione bicamerale gli accordi devono essere presi dai due Presidenti) la fissazione di sedute della Commissione di vigilanza per questa settimana, se non erro nei giorni di martedì e mercoledì o di mercoledì e giovedì.
La mia sollecitazione è, tuttavia, rivolta a chiedere ai Presidenti della Camera e del Senato - in particolare a lei di farsi tramite presso il Presidente della Camera affinché solleciti anche in questo senso il Presidente del Senato - di operare con maggiore decisione rispetto al possibile evolversi della situazione.
Una delle sollecitazioni che provengono da coloro che hanno adottato questa iniziativa - le cui ragioni sono completamente sposate dal gruppo cui appartengo ed a nome del quale sto parlando in questo momento - è quella di prevedere modalità di convocazione della Commissione che garantiscano di giungere rapidamente all'elezione del presidente della Commissione di vigilanza (ovvero convocare in modo continuativo la Commissione di vigilanza e fare quindi in modo che non vi sia soluzione di continuità in attesa che ne sia eletto il presidente).
So perfettamente - ripeto - che ciò dipende, come è ovvio, da una volontà comune del Presidente della Camera e del Presidente del Senato, ed ho apprezzato che il Presidente della Camera abbia comunque con sollecitudine già impresso, per questa settimana, un'accelerazione.
Alla luce del fatto che tale iniziativa non può essere solo considerata estemporanea ma è un'iniziativa che ha un significato politico soprattutto perché non riguarda - come dire - la soddisfazione di un proprio personale obiettivo ma una nomina che è a garanzia del Parlamento e della RAI, la richiesta che le rivolgo è di compiere un ulteriore passo nei confronti del Presidente della Camera per cercare di ottenere, attraverso i sistemi che egli crederà più opportuni, che prima dell'estate sia possibile arrivare alla conclusione di questa vicenda davvero sgradevole.

PRESIDENTE. Informerò doverosamente il Presidente della Camera che, peraltro, mi sembra stia già esercitando quei poteri di persuasione morale che gli competono e che finora, tuttavia, non hanno trovato nelle forze politiche una risposta adeguata.
Devo informarla, ma lei lo sa già, che, d'intesa con il Presidente del Senato, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi è stata nuovamente convocata per martedì 29 luglio 2008, alle ore 14, nella sede di Palazzo del Seminario. Appena avuta notizia del fatto che la convocazione precedente non aveva sortito l'effetto sperato, i Presidenti di Camera e Senato hanno immediatamente convocato, alla prima data possibile, una nuova riunione.
Lei suggerisce una convocazione permanente. Al riguardo, controlleremo con l'ausilio degli uffici se vi siano dei precedenti in tal senso e se, pertanto, ciò sia fattibile. Certamente l'impegno della Presidenza per arrivare al più presto alla soluzione della vicenda è fortissimo. Si tratta di un elemento coadiuvante ma,Pag. 5ahimè, non esistono poteri decisionali in materia. La Commissione può essere convocata, ma poi il risultato dipende dalle libera decisione dei convocati.

Discussione del disegno di legge: S. 735 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, recante disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini (Approvato dal Senato) (A.C. 1496) (ore 11,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, recante disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1496)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
La relatrice per la I Commissione (Affari costituzionali), onorevole Bertolini, ha facoltà di svolgere la relazione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, premetto che nell'illustrare il provvedimento mi soffermerò solo sulle parti di carattere ordinamentale, lasciando al collega Alfano il compito di riferire su quelle che riguardano profili finanziari e di bilancio.
Per quanto riguarda, innanzitutto, il contenuto del disegno di legge di conversione in esame occorre dire che al Senato sono stati introdotti tre nuovi commi volti a far salvi gli atti e i provvedimenti adottati nonché gli effetti che si sono prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base dell'articolo 1 del decreto-legge che oggi è in discussione, ossia l'articolo riguardante l'Alitalia Spa, nonché sulla base di altre due decreti-legge, vale a dire il decreto-legge n. 113 del 2008, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e il decreto-legge n. 114 del 2008, recante norme relative al settore della pesca.
Tale disposizione è stata introdotta dal Senato nel disegno di legge di conversione in conseguenza del fatto che l'articolo 1 del decreto-legge che oggi è in discussione è stato soppresso e il relativo contenuto trasposto nel decreto-legge n. 80 del 2008, già convertito in legge, mentre il contenuto degli altri due decreti-legge citati è stato trasfuso nel decreto-legge che è in discussione.
Per quanto riguarda il testo del decreto-legge in esame l'articolo 1, come ho già detto, è stato soppresso.
Degli articoli 2 e 3 parlerà il collega Gioacchino Alfano.
Quanto all'articolo 4, sottolineo che al comma 1 è stata inserita una proroga al 31 ottobre 2008 del termine per il conferimento da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di non più di quattro incarichi di livello dirigenziale generale, con contratto a tempo determinato, previsti dal comma 359 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008. Si autorizza il completamento del programma straordinario di reclutamento di personale con elevata professionalità da assegnare alla Ragioneria generale dello Stato, previsto dalla legge finanziaria 2007.
Ai commi 2 e 2-bis si differisce al 1o gennaio 2009 l'applicazione di alcune norme che sono contenute nel decreto legislativo n. 81 del 2008, in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Vorrei soffermarmi brevemente su questi due commi che sono stati particolarmentePag. 6sottolineati e discussi durante il dibattito in Commissione. I commi 2 e 2-bis differiscono l'applicazione dell'articolo 18, comma 1, lettera r), dell'articolo 41, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n. 81 del 2008. Tale decreto, lo ricordo, pur non essendo formalmente un testo unico, ha di fatto sostanzialmente operato il riassetto e la riforma della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro riordinandola e coordinandola in un unico testo normativo. In questi due articoli sono, in particolare, previste comunicazioni a fini statistici ed informativi, nonché l'introduzione di norme in materia di sorveglianza sanitaria.
Non entro nello specifico, ma ricordo solo al Governo che la discussione verteva sul fatto che il decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede delle specifiche sanzioni in merito. Pertanto, dal momento che i commi 2 e 2-bis che ho ricordato differiscono l'applicazione dal 15 maggio 2008 al 1o gennaio 2009 dell'entrata in vigore di alcune norme del decreto legislativo, ritengo che sarebbe opportuno almeno chiarire quali possano essere gli eventuali effetti retroattivi della disposizione di differimento riguardo alle sanzioni amministrative che sono eventualmente già state erogate o ai procedimenti sanzionatori che sono in corso.
Torno al testo del provvedimento. Sempre l'articolo 4, al comma 3, proroga al 30 settembre 2008 il termine per l'emanazione del regolamento di delegificazione per il riordino della fondazione «Il Vittoriale degli italiani». Al comma 4 differisce al 1o gennaio 2009 l'applicazione della nuova normativa in materia di limitazione alla guida per i neopatentati prevista dall'articolo 2 del decreto legge 3 agosto 2007, n. 117. Al comma 5 differisce al 1o gennaio 2009 l'applicazione dell'articolo 256, comma 4, del Codice dei contratti pubblici, con riferimento alle abrogazioni conseguenti all'entrata in vigore del codice stesso. Al comma 6 proroga al 31 dicembre 2008 le disposizioni transitorie relative al funzionamento della società Arcus Spa, istituita per il sostegno finanziario, tecnico-economico e organizzativo degli interventi per la tutela dei beni culturali e per le attività culturali e lo spettacolo. Al comma 7 estende a 30 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006 il termine entro il quale le società a capitale interamente pubblico o misto costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti sono chiamate a cessare le attività non consentite. Al comma 8 differisce di un anno l'operatività dell'abrogazione di alcune disposizioni in materia assicurativa, superate dall'entrata in vigore del Codice delle assicurazioni private. Al comma 9 posticipa di un anno l'applicazione della nuova disciplina che riguarda la valutazione del curriculum scolastico ai fini dell'accesso ad alcuni corsi universitari a numero chiuso. Al comma 9-bis modifica la disciplina relativa al mandato del presidente del «Museo storico della fisica e Centro di studi e ricerche Enrico Fermi», consentendo che l'incarico possa essere rinnovato, dopo la scadenza, senza alcun limite. Al comma 9-quater proroga al 30 giugno 2009 il termine per la vendita al consumatore finale di pitture, vernici e prodotti per carrozzeria aventi un contenuto di composti organici volatili superiore ai valori limite e ancora presenti nei magazzini dei distributori alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Il comma 9-sexies dispone che il comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra nella Comunità continui ad operare, fino alla nuova costituzione, nella forma prevista dal decreto legislativo n. 51 del 2008, nella composizione e con i compiti previsti dal decreto legislativo n. 216 del 2006.
L'articolo 4-bis è stato introdotto ex novo dal Senato. Questo, al comma 1, proroga al 31 dicembre 2008 il termine fino al quale i consulenti finanziari, già operativi alla data del 31 ottobre 2007, possono continuare a svolgere l'attività di consulenza in materia di investimenti, senza dover procedere all'iscrizione all'albo tenuto da un apposito organismo. AlPag. 7comma 2 differisce al 31 dicembre 2008 il termine per il completamento delle procedure di assunzione di magistrati amministrativi, contabili, avvocati e procuratori dello Stato previste dalla legge finanziaria 2007, le quali avrebbero dovuto essere completate entro il 31 maggio 2008. Al comma 3 differisce al 31 dicembre 2009 il termine per il completamento delle procedure in corso per il reclutamento di magistrati ordinari. Al comma 4 differisce di un anno i termini entro i quali devono essere adottati i provvedimenti che riguardano l'istituzione degli uffici periferici dello Stato nelle nuove province di Monza e della Brianza, nonché di Fermo e di Barletta-Andria-Trani. Ai commi 5 e 6 differisce il termine previsto dalla legge finanziaria per il 2008 per il riordino, da parte delle regioni, della disciplina in materia di comunità montane, nonché il termine per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio che dispone la riduzione automatica delle comunità nelle regioni inadempienti.
Al comma 7 prevede che gli incentivi destinati alle fonti rinnovabili siano concessi agli impianti di termovalorizzazione facendo riferimento alla parte organica dei rifiuti utilizzati e sposta al 31 dicembre 2008 il termine entro cui il Ministro per lo sviluppo economico ha la possibilità di accordare gli incentivi agli impianti autorizzati non ancora entrati in esercizio e a quelli che sono ancora in costruzione.
Ai commi 8 e 9 eroga un contributo in conto capitale di 80 milioni di euro per i comuni delle aree individuate dall'obiettivo «Convergenza» del regolamento comunitario n. 1083/2006 che abbiano una popolazione superiore a 500 mila abitanti e che rilevino passività nei confronti delle società a partecipazione totalitaria affidatarie del servizio di gestione rifiuti ed igiene ambientale nel territorio comunale.
Al comma 10 proroga il termine per gli adempimenti in materia di prevenzione incendi relativi alla messa a norma delle strutture ricettive con oltre 25 posti letto e sopprime il termine per effettuare l'adeguamento da parte delle strutture che in occasione del rinnovo del certificato di prevenzione incendi abbiano ricevuto dal comando provinciale dei vigili del fuoco ulteriori indicazioni per l'adeguamento alla normativa antincendio comportanti, per la loro realizzazione, una spesa superiore a 100 mila euro.
Al comma 11 proroga al 28 febbraio 2009 il termine per l'emanazione del decreto ministeriale recante il progetto per l'istituzione di una rete nazionale di banche per la conservazione di cellule staminali del cordone ombelicale.
Al comma 12 differisce a non oltre il 31 dicembre 2008 il termine di entrata in vigore del divieto di arbitrato nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni attuative della devoluzione delle competenze alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale presso tribunali e corti d'appello.
Al comma 13 differisce al 31 dicembre 2008 il termine sino al quale il Commissario straordinario dell'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia è autorizzato a prorogare i contratti in essere per la gestione degli impianti di accumulo e distribuzione dell'acqua. Al comma 14 proroga al 31 dicembre 2008 il termine entro il quale le regioni possono procedere al riordino dei consorzi di bonifica e miglioramento fondiario.
Al comma 16 proroga i termini entro i quali gli organi accademici delle università possono indire le procedure di valutazione comparativa in materia di reclutamento dei professori universitari di prima e di seconda fascia sulla base della disciplina di cui alla legge n. 210 del 1998. Al comma 17 dispone la disapplicazione, per l'anno 2008, delle disposizioni della legge finanziaria per il 2007 che hanno previsto un piano di assunzione straordinario di ricercatori nell'ambito delle università e degli enti pubblici di ricerca. Al comma 18 conferma il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), nella composizione esistente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, fino al 31 maggio 2009 ovvero, se ultimate primaPag. 8della suddetta data, fino al completamento delle procedure occorrenti a rendere effettivamente operativa l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).
L'articolo 4-ter contiene un pacchetto di misure volte a fronteggiare l'emergenza determinatasi nel settore della pesca a seguito dell'aumento del prezzo del gasolio e ad agevolare il processo di ristrutturazione della flotta peschereccia. Si tratta delle misure già contenute nel decreto-legge n. 114 del 2008, i cui effetti, come detto, sono fatti salvi dal disegno di legge di conversione in esame. Si tratta, in particolare, di tre misure: fermo di emergenza temporaneo facoltativo delle attività di pesca, con concessione di un premio alle imprese e di una indennità giornaliera ai marittimi imbarcati; attivazione immediata della misura di arresto definitivo nell'ambito dei Piani di disarmo previsti dal Fondo europeo per la pesca ed estensione al comparto della pesca della Cassa integrazione guadagni straordinaria.
L'articolo 4-quater differisce alla data di entrata in vigore di un regolamento di delegificazione, da adottare entro il 31 ottobre 2008, l'efficacia della disciplina di cui ai commi 44-52 della legge finanziaria per il 2008, i quali hanno introdotto un tetto al trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche.
L'articolo 4-quinquies modifica la procedura transitoria in materia di autorizzazione paesaggistica, prevista dall'articolo 159 del codice dei beni culturali e del paesaggio, facendo rivivere, quasi integralmente, la disciplina previgente. La nuova disciplina reintroduce in sostanza fino al 31 dicembre 2008 uno specifico procedimento di autorizzazione in via transitoria in base al quale l'amministrazione competente rilascia o nega l'autorizzazione nel termine perentorio di sessanta giorni dalla richiesta, comunicando alla soprintendenza le autorizzazioni rilasciate; la soprintendenza può annullare l'autorizzazione qualora la ritenga non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della completa documentazione.
Decorso tale termine di sessanta giorni dalla richiesta di autorizzazione, gli interessati possono chiedere l'autorizzazione stessa alla soprintendenza, che si pronuncia entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento.
L'articolo 4-sexies autorizza la spesa di 18,91 milioni di euro per l'anno 2008 e di 30 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010 per la prosecuzione degli interventi a favore dei territori delle regioni Piemonte e Valle d'Aosta colpiti dagli eccezionali eventi alluvionali del 29 e 30 maggio 2008, per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 maggio 2008. A questo riguardo mi permetto di richiamare l'attenzione del rappresentante del Governo, anche su sollecitazione del dibattito avvenuto nelle Commissioni, sull'opportunità che in futuro si provveda ad analoghi interventi di spesa anche in favore degli altri territori italiani colpiti dagli eventi alluvionali del maggio scorso o da altre paragonabili calamità meteorologiche.
Tornando al testo del decreto-legge, l'articolo 4-sexies dispone che le citate risorse vengano assegnate al Dipartimento della protezione civile, per essere poi trasferite, previa ripartizione tra le regioni interessate, ai commissari delegati nominati per il superamento dell'emergenza. Dispone altresì che le risorse in questione siano utilizzate, ad integrazione delle somme stanziate a carico del Fondo della protezione civile, anche al fine di incrementare i contributi da erogare per le unità abitative o per le aziende distrutte o danneggiate dagli eventi alluvionali, qualora conformi alle disposizioni previste dalla normativa urbanistica ed edilizia vigente, fino alla totale copertura dei danni subiti.
L'articolo 4-octies vieta fino alla cessazione dello stato d'emergenza nella gestione dei rifiuti nella regione Campania, vale a dire fino al 31 dicembre 2009, il trasferimento e lo smaltimento dei rifiutiPag. 9urbani in altre regioni, escludendo da tale divieto quelli della raccolta differenziata inviati presso impianti per il riutilizzo, il riciclo o il recupero di materia. Sono fatte salve eventuali intese concluse in tal senso in base all'articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 263 del 2006.
L'articolo 4-novies assimila i rifiuti provenienti dagli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti individuati dall'articolo 6 del decreto-legge n. 90 del 2008 alla tipologia di rifiuti aventi codice CER 20.03.01, ossia i rifiuti urbani non differenziati.
Infine, l'articolo 4-decies introduce nel decreto-legge n. 90 del 2008, recante: «Misure straordinarie per fronteggiare e risolvere l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania», una serie di modifiche riguardanti la disciplina delle deroghe, in sostanza riducendo il numero delle norme in materia ambientale, igienico-sanitaria e altro, cui il sottosegretario per l'emergenza e i capi missione possono, ove necessario per la salvaguardia della salute pubblica, derogare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il relatore per la V Commissione, onorevole Gioacchino Alfano, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIOACCHINO ALFANO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, come ha già affermato la collega, l'onorevole Bertolini, il decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, che stiamo affrontando, è stato approvato con numerose modifiche dal Senato con riferimento a tre ordini di problemi: la proroga dei termini previsti da disposizioni di legge, la semplificazione amministrativa, nonché il monitoraggio e la trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica. Nell'economia del provvedimento, un particolare rilievo assumono inoltre le disposizioni in materia fiscale che sono di competenza, per il profilo della spesa, della V Commissione.
Per quanto riguarda la proroga dei termini, che costituisce oggetto di una prima questione, essa è una figura ricorrente nella nostra legislazione. Occorre peraltro riconoscere come proprio la sua frequenza evidenzi, a volte, il carattere non sufficientemente ponderato e meditato di alcune scelte legislative, ma spesso anche la scarsa reattività della pubblica amministrazione nel procedere all'attuazione del dettato normativo.
Nel caso di specie, tuttavia, sussistono almeno due attenuanti rispetto alla scelta di ricorrere alla proroga dei termini. In primo luogo, vi è stato un cambio di Governo e ciò ha comportato la limitazione, per un lungo periodo, dell'attività amministrativa all'ordinaria amministrazione, nonché la necessità di attendere l'insediamento e di conoscere gli orientamenti dei nuovi responsabili dei diversi dicasteri. In secondo luogo, occorre considerare i riflessi sull'organizzazione amministrativa della riduzione del numero dei ministeri, una scelta che sicuramente accresce la funzionalità dell'amministrazione nel medio e lungo periodo, ma che nell'immediato è suscettibile di rallentare l'azione amministrativa, con conseguente necessità di ricorrere alla proroga.
Per quanto riguarda, invece, la semplificazione amministrativa, ricordo come si tratti di un obbiettivo finalizzato allo sviluppo dell'economia europea, specialmente per il suo impatto sulla piccola e media impresa. Ciò è riportato anche dal Consiglio europeo nel marzo 2007 nella strategia di Lisbona attraverso l'indicazione di uno specifico target, ovvero la riduzione degli oneri amministrativi nella misura del 25 per cento entro il 2012. È ormai generalmente riconosciuto come la pressione burocratica sulle imprese sia giunta a livelli di guardia e rischi di paralizzarne l'azione e di disincentivare i nuovi investimenti.
Infine, vengo al terzo macrobiettivo costituito dal provvedimento, ovvero la scelta di rendere più rigorose e selettive le procedure di spesa volte ad accrescere la qualità e l'efficienza della spesa stessa, che appare doveroso alla luce delle rilevanti riduzioni degli stanziamenti di bilancioPag. 10imposti dalla manovra finanziaria in corso e in genere alle pubbliche amministrazioni.
Durante l'esame in sede referente l'opposizione ha rivolto delle critiche a talune disposizioni del decreto-legge sulle quali intendo ora soffermarmi. È stato innanzitutto oggetto di rilievi l'articolo 2 che, al fine di assicurare il monitoraggio e la trasparenza delle procedure di allocazione delle risorse, cambia le modalità di fruizione del credito di imposta in favore delle imprese che investono nelle aree svantaggiate prevedendo, in luogo dell'utilizzo automatico del beneficio fiscale (prima vigente), l'obbligo di una preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle entrate che consente, tra l'altro, di prestabilire i tempi e gli importi di fruizione del credito di imposta per ciascun beneficiario. La finalità dell'intervento è di garantire l'effettiva copertura della spesa nell'ambito degli stanziamenti di bilancio e, al contempo, di assicurare la certezza della strategia di investimento, fermo restando il rispetto dei diritti quesiti.
In concreto, la fruizione del credito di imposta viene subordinata alla presentazione di un formulario che l'Agenzia delle entrate, come chiarito dal Governo alla Commissione, deve esaminare entro trenta giorni rispettando l'ordine cronologico di arrivo. Premesso che la ratio della norma appare pienamente condivisibile, nel corso dell'esame in Commissione sono state sollevate obiezioni di carattere tecnico e procedurale. Si è in particolare osservato come la modifica delle attuali modalità di concessione del credito d'imposta richiederà di procedere ad una nuova notifica alla Commissione europea - e questo in realtà è il problema centrale - e di attendere il formale via libera della stessa. In effetti negli ultimi anni questo ha costituito un problema, in quanto la Commissione europea in genere utilizza quasi un anno per rispondere alle richieste di autorizzazione dei crediti di imposta.
È stata, inoltre, contestata la prevista modulazione temporale della spesa in quanto non mette in correlazione l'investimento con il credito d'imposta. Al riguardo, ritengo che il Governo debba compiere le opportune verifiche (come già ha preannunciato in Commissione) soprattutto in relazione ai tempi occorrenti per la piena applicazione della nuova disciplina. Se del caso, potranno essere assunte iniziative adeguate sul piano amministrativo (quindi senza ricorrere ad attività legislative) e, eventualmente, mettere dei correttivi che possano risolvere questo dubbio. Una cosa è certa: va in ogni caso garantita la continuità degli investimenti nelle aree interessate.
Talune perplessità sono state, inoltre, manifestate in merito all'articolo 3, comma 8, che interviene in materia di responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore nei contratti di appalto, nonché di responsabilità solidale tra committente ed appaltatore nei medesimi contratti. Al riguardo mi preme in primo luogo puntualizzare come venga fatta salva la responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore per l'effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente, nonché per il versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali del dipendente a cui è tenuto comunque il subappaltatore.
Inoltre, anche dopo l'intervento normativo in esame, il committente resta obbligato in solido con l'appaltatore e con eventuali subappaltatori, quindi è obbligato a corrisponde ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. Nei rapporti tra appaltatore e subappaltatore, ma non tra committente e appaltatore, viene inoltre confermata la responsabilità solidale sulle ritenute fiscali. Per dirlo in una sola battuta, in effetti la norma cerca di evitare di traslare sugli appaltatori questioni formali e non sostanziali e le questioni formali rimangono tutte quante in piedi. Ciò evidenzia come la norma non sia una preoccupazione. Se a ciò aggiungiamo i tempi di realizzazione degli interventi e se cerchiamo di valutare l'effetto della norma per quello che possono essere le semplificazioni, il vantaggio che il settore ricevePag. 11è sicuramente maggiore di questo rischio che, alla fine, si riferisce solo ad errori formali.
Nell'esame in Commissione, inoltre - come ha già puntualizzato la collega Bertolini, ma lo sottolineo -, ci siamo soffermati sull'articolo 4, comma 2, del decreto-legge in esame.
In effetti, la disposizione in questione, già entrata in vigore il 15 maggio 2008 (l'applicazione della quale viene differita al 1o gennaio 2009), riguarda l'obbligo del datore di lavoro di comunicare all'INAIL e all'IPSEMA, ai fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro, nonché il divieto di visite mediche preassuntive, volte ad accertare lo stato di gravidanza o effettuate per altre finalità vietate dalla legge. Il mancato rispetto dell'obbligo di comunicazione è sanzionato sul piano amministrativo, mentre per le violazioni del divieto ora ricordato la disciplina vigente non prevede l'irrogazione di alcuna sanzione.
Al riguardo - come già osservato, giustamente, dall'onorevole Bertolini - ritengo che il Governo debba fornire ulteriori chiarimenti in merito alle ragioni di tale proroga di termini, anche in considerazione del vasto e giustificato allarme sociale suscitato dagli infortuni sul luogo di lavoro e della necessità di assicurare la piena tutela del diritto alla maternità, impedendo ogni forma di discriminazione a motivo dello stato di gravidanza. Sottolineo, in ogni caso, come la proroga del termine riguardi un periodo di sette mesi e non venga messa in dubbio la validità delle disposizioni in questione. Andrebbe semmai valutato se la mancata previsione di sanzioni in materia di visite preassuntive, per finalità contrarie alla legge, non sia tale da inficiare l'effettività del disposto legislativo.
Riguardo all'altro rilievo - relativo alla pesca - sollevato dalla Commissione competente, mi limito ad osservare come il settore sia investito, a livello europeo, da una profonda crisi, tant'è che la stessa Commissione, l'8 luglio 2008, ha adottato un pacchetto di misure d'emergenza.
L'articolo 4-ter, nel rispetto dei vincoli comunitari, disciplina una serie di misure dirette a sostenere le imprese ed i lavoratori impegnati in questo delicato settore, prevedendo un impegno finanziario di entità non trascurabile (circa 18 milioni di euro). La Commissione agricoltura ha invitato il Governo ad operare nel rispetto di determinati principi sul piano amministrativo, sottolineando, in particolare, l'opportunità di stabilire modalità di attuazione del fermo temporaneo, ispirate a criteri di flessibilità e facoltatività. La previsione in questione presenta, in ogni caso, senza dubbio, i requisiti di necessità e di urgenza e potrà essere seguita da ulteriori interventi a seconda dell'evoluzione dello stato del settore.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

DANIELE MOLGORA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, con riferimento all'analisi del provvedimento in esame, l'articolo 2 introduce una nuova regolamentazione del credito di imposta per lo sviluppo delle imprese che effettuano investimenti nelle aree svantaggiate, denominata «Visco-sud». Viene finalmente introdotto, infatti, un limite di spesa per la fruizione del credito stesso: quest'ultimo era utilizzato in maniera automatica e di esso hanno abusato molte imprese del sud.
Tale procedura prevede che le imprese presentino in via telematica all'Agenzia delle entrate un apposito formulario. Le imprese potranno avere accesso al credito sulla base dell'ordine cronologico di presentazione dei formulari e fino all'esaurimento delle risorse stanziate. Tale meccanismo è volto a garantire la sostenibilità finanziaria dell'istituzione del creditoPag. 12d'imposta con una procedura che, da un lato, consente di non effettuare discriminazioni arbitrarie e, dall'altro, intende garantire il rispetto del limite di spesa definito, nell'ottica di una politica per le aree sottoutilizzate che eviti un inutile spreco delle risorse.
Il sottosegretario, durante il suo intervento in V Commissione (Bilancio), ha confermato che la deduzione del credito di imposta da parte delle imprese potrà avvenire solo successivamente alla risposta dell'Agenzia delle entrate, che diventa quindi vincolante ai fini della fruizione, la quale, comunque, dovrà intervenire entro trenta giorni, cancellando quel discutibile automatismo del beneficio fiscale della cosiddetta «Visco-sud».
Con riferimento alle disposizioni dell'articolo 3, esso prevede, dal comma 1 al comma 6, il differimento per l'anno 2008 dei termini previsti per la trasmissione delle dichiarazioni dei redditi.
Si tratta delle seguenti proroghe: per la trasmissione delle dichiarazioni delle persone fisiche - modello 730 e modello unico -, solo se presentate in via telematica, dal 31 luglio al 30 settembre del 2008; per le dichiarazioni dei sostituti d'imposta, modello 770 semplificato, dal 31 maggio al 10 luglio del 2008; per le dichiarazioni IRES, con scadenza entro il 29 settembre 2008, la proroga è al 30 settembre 2008; per le dichiarazioni IRES delle società di persone ed equiparate, in scadenza entro il 29 settembre 2008, la proroga è al 30 settembre 2008; per le dichiarazioni IRAP delle amministrazioni degli enti pubblici, la proroga è dal 31 luglio al 30 settembre 2008.
Bisogna ricordare che queste proroghe avvengono di consuetudine ogni anno. Sarebbe opportuno, quindi, stabilire questi termini in via definitiva, dando maggiori garanzie ai contribuenti, ai centri di assistenza fiscale e agli intermediari abilitati, per poter operare in un campo, come quello fiscale, che subisce stravolgimenti continui, che sembrano il più delle volte figli di una burocrazia che tende a complicare adempimenti, scadenze e norme fiscali, più che a semplificare la vita al contribuente.
Passando al comma 7 dell'articolo 3, con tale disposizione si intende, invece, porre rimedio alla distorsione in materia di rimborsi dei crediti d'imposta di cui alla legge finanziaria per il 2008 per quanto riguarda l'IRPEF, l'IRES e l'IRPEG, che hanno stabilito un privilegio per i rimborsi ultradecennali.
La disposizione intende, infatti, assicurare una costante erogazione di tutte le tipologie dei rimborsi per gli anni per i quali non è maturato il decorso del termine. Si dispone, poi, l'abrogazione di parte della disciplina contenuta nell'articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, il cosiddetto «Visco-Bersani», in materia di responsabilità solidale tra l'appaltatore e il subappaltatore, riguardo al versamento delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali assicurativi obbligatori, in relazione ai contratti d'appalto e subappalto di opere, forniture e servizi.
Ricordiamo, inoltre, che nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, oltre a limitate modifiche del testo delle disposizioni fin qui richiamate, sono stati inseriti, all'articolo 3, tre nuovi commi, tra i quali il comma 8-bis, che interviene in materia di pagamento in modo virtuale dell'imposta di bollo. Per accedere al pagamento in modo virtuale è necessaria un'autorizzazione da parte dell'intendente di finanza. La disposizione prevede ora che, per ottenere tale autorizzazione, l'interessato debba indicare, in una propria dichiarazione, non solo il numero presuntivo degli atti e dei documenti emessi durante l'anno, come attualmente previsto, ma anche di quelli ricevuti.
Il comma 8-ter modifica la disciplina in materia di interventi nel settore agroenergetico, di cui al decreto-legge n. 2 del 2006. La disposizione attualmente prevede che i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio destinati ad autotrazione hanno l'obbligo di una quota minima di biocarburanti e degli altri carburanti rinnovabili.Pag. 13
Infine, il comma 8-quater dall'articolo 3 consente ai comuni della regione Campania di deliberare, in connessione con l'emergenza rifiuti, variazioni della tassa o della tariffa relativa allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l'anno 2008 anche dopo il 30 maggio 2008.
Un'altra importante proroga, richiesta a gran voce da parte degli ordini professionali, è quella inserita al Senato, che proroga al 31 ottobre 2008 il termine, attualmente previsto per il 30 giugno 2008, a decorrere dal quale può essere rateizzato, fino a un massimo di tre rate annuali, il pagamento delle imposte sostitutive dovute per la rideterminazione dei valori d'acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e per i terreni edificabili.
Vorrei sottolineare che questa norma ha dato la possibilità agli imprenditori di rivalutare il valore delle partecipazioni sociali e dei terreni edificabili, mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva che ne ha agevolato la cessione a terzi e, quindi, anche il passaggio generazionale di beni d'imprese.
Si auspica che tale agevolazione venga regolamentata in via definitiva, magari nel TUIR, e non sia prevista come norma una tantum.
Sempre in tema di politiche di tagli di enti inutili e di contenimento della spesa pubblica, i commi 5 e 6 dell'articolo 4-bis differiscono il termine, previsto dalla legge finanziaria per il 2008, per il riordino da parte delle regioni della disciplina in materia di comunità montane, nonché il termine per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio che dispone la riduzione automatica delle comunità nelle regioni inadempienti.
Vorrei ricordare che le riduzioni automatiche, qualora le regioni non abbiano provveduto, riguardano in primo luogo la cessazione dell'appartenenza alle comunità montane dei comuni capoluogo di provincia, dei famosi comuni costieri - cioè le famose comunità montane marine, con tanto di lido, spiaggia ombrelloni ed annessi: un caso tutto italiano - e di quelli con popolazione superiore a ventimila abitanti. Riguardano poi le comunità nelle quali almeno la metà dei comuni non siano situati, per almeno l'80 per cento della superficie, al di sopra dei 500 metri - 600 metri per quelle alpine - oppure non siano situati, per almeno il 50 per cento della loro superficie, al di sopra dei 500 metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello medio sia di almeno 500 metri. Inoltre, la soppressione automatica riguarda quelle comunità montane che sono costituite da meno di cinque comuni.
La norma introduce anche la dovuta riduzione del numero dei rappresentanti negli organi sociali delle stesse.
L'articolo 4-bis, comma 7, prevede che gli incentivi destinati alle fonti rinnovabili siano concessi agli impianti di termovalorizzazione facendo riferimento alla parte organica dei rifiuti utilizzati e sposta al 31 dicembre 2008 il termine entro il quale il Ministero dello sviluppo economico ha la possibilità di accordare gli incentivi agli impianti autorizzati e non ancora entrati in esercizio e a quelli ancora in costruzione.
Altro importante differimento è quello relativo al comma 10 dell'articolo 4-bis che proroga al 28 febbraio 2009 il termine per l'emanazione del decreto ministeriale recante il progetto per l'istituzione di una rete nazionale di banche per la conservazione di cellule staminali del cordone ombelicale ai fini del trapianto.
L'articolo 4-ter contiene un pacchetto di misure volte a fronteggiare l'emergenza determinatasi nel settore della pesca a seguito dell'aumento del prezzo del gasolio e ad agevolare il processo di ristrutturazione della flotta peschereccia.
Si tratta in particolare delle seguenti misure: fermo di emergenza temporaneo o facoltativo dell'attività di pesca con concessione di un premio alle imprese e di un'indennità giornaliera ai marittimi imbarcati; attivazione immediata della misura di arresto definitivo nell'ambito dei piani di disarmo previsti dal Fondo europeo per la pesca ed estensione, al comparto della pesca, della cassa integrazione guadagni straordinaria.Pag. 14
Durante la discussione sulle linee generali del provvedimento al nostro esame vorrei far presente al Governo e al sottosegretario presente che la Lega Nord ha presentato in sede di Commissioni riunite il seguente emendamento che riguarda la grave crisi in cui versa il settore agricolo e in particolare quello lattiero caseario.
Procedo alla lettura dell'emendamento che introduce un nuovo comma 10-bis all'articolo 4-ter: «Con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali di concerto con il Ministro dell'economia delle finanze possono essere adottate, nel rispetto del limite di spesa di cui al quarto periodo del presente comma e della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, misure volte a fronteggiare le gravi situazioni di crisi di altri comparti produttivi del settore agricolo derivanti da aumenti dei costi ovvero dalla carenza di disponibilità liquide non dipendenti da scelte gestionali e che siano suscettibili di pregiudicare la prosecuzione dell'attività di impresa ovvero il mantenimento del livello di occupazione. Ai fini di cui al presente comma, con il decreto di cui al primo periodo, può prevedersi la sospensione, comunque non oltre la data del 31 dicembre 2008, dei pagamenti, a qualsiasi titolo, dovuti dalle imprese interessate, ivi compresi i prelievi supplementari pregressi del settore del latte» - parliamo di quote latte - «e di prodotti lattiero caseari non ancora corrisposti. La sospensione, anche parziale, può riguardare anche le procedure di intimazione, riscossione e recupero degli importi dovuti. Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 20 milioni di euro per l'anno 2008, si provvede mediante corresponsione e riduzione dello stanziamento del fondo speciale».
L'emendamento poi riporta la parte relativa a come recuperare i fondi necessari per la sua attuazione.
La Lega Nord si è resa disponibile al ritiro del presente emendamento che verrà trasfuso in un ordine del giorno, ma si sottopone al Governo la richiesta di intraprendere una decisa azione volta a definire i noti problemi legati a quella scellerata politica europea delle quote latte. In ciò si deve tener conto sia delle aziende che hanno regolarmente pagato e ricevuto i contributi sia di quelle che non lo hanno fatto e che si trovano ora nella situazione di dover cessare l'attività magari cedendo le aziende agricole agli istituti di credito e mettendo a repentaglio centinaia di famiglie in tutta Italia.
Spettabile sottosegretario, si tratta di famiglie di persone che hanno bisogno di aiuto, che lavorano davvero: in agricoltura non esiste l'assenteismo che caratterizza la pubblica amministrazione, non c'è gente che marca visita, che va a fare la spesa durante l'orario di lavoro, non è gente che quando viene assunta da un Ministero pensa di aver vinto la lotteria!
Questi pescatori, questi agricoltori questi allevatori sono persone che si alzano alle quattro del mattino e lavorano quattordici ore al giorno, compresi il sabato e la domenica.
Dobbiamo fare qualcosa per queste persone, soprattutto per risolvere il problema delle quote latte.
Concludo richiamando l'importanza dell'articolo 4-sexies, introdotto dal Senato, che autorizza la spesa di 18,91 milioni di euro per l'anno 2008 e di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010, per la prosecuzione degli interventi a favore dei territori e dei soggetti colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi nei territori del Piemonte e della Valle d'Aosta il 29 e 30 maggio scorso, per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza.
Lo stesso articolo dispone che le citate risorse siano assegnate al dipartimento della protezione civile, per essere trasferite, previa ripartizione tra le regioni interessate, ai commissari delegati nominati per il superamento dell'emergenza.
Ringrazio il sottosegretario, il Presidente, i presidenti delle Commissioni e gli onorevoli colleghi per l'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

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MARCO CAUSI. Signor Presidente, l'ennesimo decreto urgente di cui il Governo chiede al Parlamento la conversione contiene una quantità molto eterogenea di norme. Una delle più importanti - su cui soffermerò il mio intervento, mentre su altre norme parleranno altri parlamentari del Partito Democratico - è la modifica della regolamentazione del credito di imposta in favore delle imprese che effettuano investimenti nelle aree svantaggiate, la cosiddetta «Visco-sud».
Questa norma fu introdotta con la legge finanziaria per il 2007 e, in seguito, approvata dalla Commissione europea con decisione del 25 gennaio 2008. Una misura, quindi, attesa da tantissimi operatori del Mezzogiorno e che oggi non solo viene decurtata nel profilo annuale degli stanziamenti ma soprattutto ricacciata in un universo di grande incertezza, che fa a pugni con la necessità delle imprese di programmare i propri investimenti all'interno di uno scenario normativo stabile e certo. La stessa incertezza, inoltre, depotenzia i possibili benefici anticongiunturali che un provvedimento di defiscalizzazione degli investimenti può avere nell'attuale difficile fase ciclica. Per effetto delle modifiche proposte, l'ammontare di risorse disponibili per questo regime di incentivazione dei nuovi investimenti nelle regioni del sud, viene ridotto di 626 milioni nel biennio 2008-2009. Ma la contrarietà del Partito Democratico a questa misura dipende non solo e non tanto dalla decurtazione dei fondi - l'ennesima, peraltro, apportata in poche settimane al complesso degli interventi a sostegno dei territori italiani in ritardo di sviluppo -; con le nuove regole, infatti, e in particolare con l'introduzione di un filtro di discrezionalità da parte dell'Agenzia delle entrate, il regime di aiuto dovrà essere nuovamente notificato alla Commissione europea, vanificando in questo modo un anno di lavoro e determinando ulteriori ritardi nella concreta operatività di uno strumento la cui entrata in vigore è attesa ormai da più di anno, con l'ulteriore complicazione della sovrapposizione di due regimi: quello vigente sino alla data di emanazione del presente decreto-legge e quello che verrà in seguito, con la conseguente incertezza, per le imprese che avevano già avanzato domanda, su quale fine farà la loro richiesta e in quale percentuale i loro investimenti verranno, ex post, effettivamente agevolati dallo Stato.
Il relatore Gioacchino Alfano ha riconosciuto, poco fa, nel suo intervento questi problemi e ne propone correttivi di tipo amministrativo. Mi auguro che tali correttivi possano essere sufficienti, tuttavia temo che non lo saranno. Il fatto che il relatore abbia riconosciuto tali problemi, apre forse la possibilità a ripensamenti e ad una gestione più attenta di questa norma.
È noto che l'efficacia dei regimi di incentivazione legati ai crediti d'imposta è stata ampiamente discussa e tale discussione ha attraversato numerosi cicli, sia sul terreno politico sia su quello tecnico-scientifico. Non voglio adesso entrare nel merito di questa discussione, anche perché il nuovo credito di imposta varato durante la precedente legislatura teneva conto delle critiche e dei rilievi avanzati a precedenti interventi basati sui crediti di imposta a cui faceva, peraltro, riferimento il collega che parlava prima di me.
Il nuovo credito d'imposta, introdotto con la legge finanziaria per il 2007, veniva - ed è - strettamente delimitato ai beni strumentali connessi a progetti d'investimento iniziali. Pertanto, la cosiddetta «Visco sud», che oggi viene depotenziata, si basa su un equilibrio più efficiente che in passato fra automatismo dell'incentivo (quindi, velocità, semplicità e certezza per le imprese) e delimitazione del campo potenziale di ciò che è incentivabile (controllo dell'efficacia dei soldi pubblici spesi). Non è interessante in questa sede - lo ripeto - dilungarsi nella discussione sulla relativa efficienza ed efficacia degli strumenti agevolativi di tipo automatico, al confronto con quelli discrezionali e con le altre numerose tipologie di interventi a sostegno dello sviluppo nelle aree svantaggiate (mi riferisco a infrastrutture, sviluppo locale e beni pubblici locali). Il Governo, infatti, purtroppo, non si muovePag. 16in questa logica, quella, cioè, di ridurre gli strumenti automatici a vantaggio di altri strumenti.
In verità, il combinato disposto dei provvedimenti dei primi due mesi del Governo Berlusconi determina una drastica trasformazione di tutto l'impianto delle politiche di sviluppo territoriale avviate in Italia, a partire dalla riforma del 1998, avviata dall'allora Ministro del tesoro Carlo Azeglio Ciampi. Si tratta di una trasformazione che non solo riduce complessivamente - e di molto - le risorse disponibili, con effetti certamente depressivi sull'economia e sulla società delle regioni del Mezzogiorno, ma che, soprattutto, rischia di peggiorare drasticamente la qualità della programmazione e dell'utilizzo delle risorse. Il ricorso alla decretazione d'urgenza e ai voti di fiducia sui maxiemendamenti, che il Governo pone sui suoi provvedimenti, ha certamente reso confuso e poco trasparente ciò che è accaduto in poche settimane. Lo stesso Governo, in queste ore, si sta rendendo conto di quanti problemi e di quanti veri e propri pasticci possano emergere quando la produzione normativa diventa così affrettata e poco condivisa: si consideri il caso della mancata copertura per il taglio dell'ICI sulla prima casa oppure quello della modifica notturna, in sede di maxiemendamento, di alcune norme della giurisdizione del lavoro in materia di diritti dei lavoratori a termine.
C'è da augurarsi, che ravvedimenti analoghi possano esservi nell'immediato futuro anche sulle politiche per lo sviluppo territoriale, perché esse sono state, in poche settimane, seriamente danneggiate, con impatti che rischiano di essere molto forti e che, ancora oggi, non emergono nella loro ampiezza e gravità. Proviamo, dunque, a ricostruire e a svolgere un'operazione di trasparenza, ricordando i cinque «colpi» che sono stati assestati all'impianto complessivo delle politiche d'intervento per lo sviluppo territoriale delle aree svantaggiate dell'Italia.
Il Governo è partito, cancellando ogni obiettivo quantitativo d'intervento in conto capitale nel Mezzogiorno. Per la prima volta da dieci anni, infatti, nel DPEF 2009-2011, non appare più l'obiettivo di una corretta ripartizione territoriale della spesa totale in conto capitale. Sin dal DPEF 2000-2003, fu inserito l'obiettivo di portare al 45 per cento del totale la quota del Mezzogiorno. Tale obiettivo fu riconfermato da tutti i Governi della legislatura 2001-2006 guidati da Silvio Berlusconi e fu improvvidamente rivisto al ribasso nell'ultima legislatura, portandolo al 41,4 per cento. Si ricordi, però, che tale obiettivo è puramente teorico perché, a partire dal 2001, ci si è progressivamente allontanati da esso. Nel 2006, la quota del Mezzogiorno sul totale della spesa in conto capitale è stata del 32 per cento, quindi con uno scarto di più di dieci punti rispetto all'obiettivo programmatico. Tuttavia ora, anche quell'obiettivo programmatico, sia pure del tutto teorico, è stato anche formalmente abbandonato.
Secondo «colpo»: il parziale finanziamento del taglio ICI sulla prima casa è stato ottenuto, tagliando 1,4 miliardi di euro destinati ad infrastrutture di trasporto in Calabria e Sicilia.
A parte l'errore, già discusso in quest'Aula in termini generali di politica economica, di finanziare un taglio permanente di entrate con un taglio una tantum di spese in conto capitale, colpisce l'incongruità di tale scelta, ad esempio rispetto alla supposta intenzione di costruire il ponte sullo Stretto. Si rischia, infatti, di costruire il ponte sullo Stretto, ma di non avere le strade e le ferrovie che portino al ponte.
Un taglio ancora più rilevante è stato operato, poi, con le tabelle allegate al decreto-legge n. 112 del 2008: la dotazione finanziaria della missione sviluppo e riequilibrio territoriale del Ministero per lo sviluppo economico è stata ridotta, nel triennio 2009-2011, di ben 7,7 miliardi di euro rispetto agli 8,5 precedentemente disponibili. Si tratta di fondi FAS destinati per l'85 per cento al Mezzogiorno.
Il terzo colpo concerne il decreto-legge n. 112 del 2008, anch'esso discusso in quest'Aula: con questo decreto-legge, il Governo ha provveduto ad intaccare seriamentePag. 17la programmazione esistente della spesa per lo sviluppo territoriale. Nel decreto-legge recante la manovra economica triennale, i fondi dedicati allo sviluppo territoriale sono stati conferiti ad un nuovo fondo per il finanziamento in via prioritaria di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale, ivi comprese le reti di telecomunicazione e quelle energetiche. Si tratta delle risorse che il quadro strategico nazionale 2007-2013, contrattato con la Commissione europea, aveva destinato al complesso degli interventi di riequilibrio territoriale. Si tratta di circa 14 miliardi di euro di fondi FAS, di cui circa 12 destinati al Mezzogiorno, tra cui spiccano le grandi risorse che la programmazione vigente prevedeva - e io spero possa continuare a prevedere - per il potenziamento del sistema dell'istruzione nel sud, e, quindi, per un programma straordinario finanziato con risorse comunitarie e nazionali, diretto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Dal testo che abbiamo approvato e che oggi è all'esame del Senato, non si capisce se il Governo si sente impegnato a rispettare qualche elemento di destinazione settoriale. Certamente, per quanto riguarda la destinazione territoriale di queste risorse, è stata una iniziativa del Parlamento, in particolare un emendamento delle Commissioni bilancio e finanze, che ha ripristinato nella norma il vincolo per il quale l'85 per cento di queste risorse devono essere comunque destinate alle regioni del Mezzogiorno.
Quanto alle scelte di merito, la programmazione definita dal quadro strategico nazionale corre seriamente il rischio di essere gettata via. È del tutto probabile, quindi, che divengano così irraggiungibili quegli obiettivi di servizio stabiliti dalla programmazione esistente per il miglioramento di alcuni servizi collettivi al sud, a cominciare, appunto, dall'istruzione, per andare poi ai servizi pubblici locali essenziali come l'acqua o l'ambiente.
Quarto colpo: nella conversione in legge del decreto-legge n. 112 del 2008, il Governo si è impadronito di ulteriori 14,5 miliardi di euro di risorse ancora disponibili, perché liberate dall'utilizzo dei cosiddetti progetti sponda, a valere sui programmi nazionali e regionali del 2000-2006 e del primo biennio del 2007-2013. Anche queste risorse saranno destinate al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale e regionale, ma tali risorse erano nella disponibilità delle regioni e del Ministero dei trasporti e devono essere vincolate ad un utilizzo negli stessi territori e sugli stessi assi di intervento su cui erano state originariamente programmate, a meno di non riaprire un negoziato o di andare ad un aperto conflitto con la Commissione europea. Si tratta, complessivamente, di 29,2 miliardi di euro, sulla cui destinazione settoriale e in parte anche geografica rischiamo di non avere più alcuna certezza.
Infine, quinto colpo: il Ministro dello sviluppo economico ha emanato un provvedimento di riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico, che rischia di impedire di fatto al dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione - il cosiddetto di DPS - di svolgere il proprio prezioso ruolo di programmazione, monitoraggio, controllo, informazione sulla spesa, raccordo fra Stato centrale e regioni all'interno di un ordinato processo di programmazione multilivello.
Viene abolita dal decreto di riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico la direzione studi, che era la responsabile del rapporto sulle politiche di sviluppo, l'unico documento governativo che consente di avere, finalmente, un quadro preciso di ciò che sta avvenendo e che si è caratterizzato per precisione e imparzialità con tutti i diversi Governi degli ultimi dieci anni.
Viene abolita, o rischia di esserlo, la direzione per i fondi comunitari, che aveva il fondamentale compito di monitoraggio e controllo degli interventi e di interagire con le istituzioni di Bruxelles.
Soprattutto, viene accorpato al DPS la direzione incentivi, stravolgendo, così, il fondamentale ruolo di istituzione terza e di garanzia del dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione rispetto aiPag. 18centri di spesa e considerando, così, con un ritorno ad un lontano passato, le politiche di coesione come uguali alle politiche di incentivazione.
Colpiscono, in tutte queste decisioni, due forti contraddizioni, che credo possiamo cogliere al di là dell'appartenenza politica ai diversi gruppi parlamentari. In primo luogo, colpisce il fatto che, mentre siamo tutti convinti che l'intervento per le politiche di sviluppo territoriale vada ricondotto ad un corretto processo di concertazione fra lo Stato centrale, le regioni e gli enti locali, anche come elementi di maggiore rafforzamento del potere dello Stato centrale o della sua capacità di avere persuasione morale nei confronti delle regioni e degli enti locali del Mezzogiorno (ancora di più, di assistere fortemente le regioni e gli enti locali del Mezzogiorno nell'attuare politiche che in quelle zone sono più difficili che in altre), si vada a indebolire la tecnostruttura governativa, ministeriale e centrale che è il perno del rapporto di concertazione multilivello fra Stato e regioni sulle politiche di sviluppo territoriale.
Seconda contraddizione: colpisce il fatto che, nelle deleghe che il Governo si è fatto dare per rimettere mano, in questo modo così massiccio, alle politiche di intervento territoriale in Italia, si abbia l'intenzione di mettere da parte, o comunque di rinunciare, a tanti degli obiettivi che il nuovo ciclo della programmazione 2007-2013 aveva posto con la concertazione delle regioni, degli enti locali e delle parti sociali, con l'accordo della Commissione europea e con un processo di acquisizione culturale e politica che - ripeto - è datato da dieci anni, e che, quindi, è passato attraverso le diverse legislature, al di là della maggioranza governativa e politica di questo Parlamento.
Penso - mi avvio alla conclusione del mio intervento - che la vera questione che dobbiamo discutere sia il rapporto che c'è nel Mezzogiorno fra l'intervento ordinario dello Stato e dell'intera Repubblica, in tutti i suoi livelli amministrativi, e gli interventi speciali, aggiuntivi e straordinari, di sviluppo territoriale.
È questo il punto su cui riflettere, su cui valutare la quantità di spesa pubblica che va al Mezzogiorno, la sua distribuzione, ma, soprattutto, la sua qualità, perché, dato che discutiamo contemporaneamente di federalismo fiscale, e ne iniziamo a discutere in modo importante in questo finale di luglio (ma ne ricominceremo a discutere a partire dall'inizio di settembre), dobbiamo ricordare - lo voglio ricordare in questa sede all'onorevole Giorgetti, che so essere persona di grande competenza e attenzione - che la questione del rapporto nord-sud nei flussi di finanza pubblica italiana non è soltanto una questione collegata ai cosiddetti residui fiscali territoriali, che vedono alcune, peraltro non tutte, regioni del nord in attivo e tutte le regioni del sud, e qualcuna del centro-nord, in passivo.
La questione dei rapporti tra nord e sud nella finanza pubblica è anche, e soprattutto, legata al livello della spesa. Pensiamo, ad esempio, che oggi la spesa pro capite in Lombardia è pari a 13 mila euro, mentre in Campania è pari a meno di 8 mila euro; la spesa pro capite pubblica, per esempio, in Toscana è pari a quasi 12 mila euro, mentre in Calabria, ad esempio, è di poco superiore a 8 mila euro.
Questo è il divario che dobbiamo affrontare, e naturalmente non è un buon viatico per il federalismo fiscale il fatto che il Governo intenda affrontarlo smantellando un impianto di programmazione, quello del quadro strategico nazionale 2007-2013, che cercava, direi forse per la prima volta, di affrontare il tema del rapporto fra intervento ordinario e intervento aggiuntivo nel Mezzogiorno.
Nel quadro strategico nazionale 2007-2013 proprio questa era la scommessa: mettere al centro dell'intervento aggiuntivo di riequilibrio territoriale gli obiettivi di servizio pubblico per i servizi di base, a partire dall'istruzione, dall'acqua, dall'ambiente; chiedere, quindi, anche alla classe politica e amministrativa del Mezzogiorno di mettersi in gioco non più sull'acquisizione di risorse ma sulla capacità di curare in modo efficiente i beni pubbliciPag. 19locali e collettivi da cui dipende la qualità della vita dei territori del Mezzogiorno, la coesione sociale e la stessa competitività delle imprese che vi risiedono o che si vogliono attrarre.
Abbiamo cominciato, invece, a incamminarci su una strada ben diversa; e voglio ricordare che la strada su cui ci stiamo incamminando, con l'opposizione del Partito Democratico, è diversa anche da quella che il Governatore Draghi, nelle sue recenti considerazioni finali, aveva tracciato. Cito dalle considerazioni finali del Governatore Draghi del 31 maggio scorso: «Sul ritardo del Mezzogiorno pesa la debolezza della pubblica amministrazione, l'insufficiente abitudine alla cooperazione e alla fiducia, un costume diffuso di noncuranza delle norme. Per il progresso della società meridionale l'intervento economico non è separabile dall'irrobustimento del capitale sociale»; il capitale sociale, quindi non tanto la quantità delle risorse, ma la qualità dei risultati che otteniamo con quelle risorse. «Le stesse politiche nazionali» ci ricorda Draghi «devono tener conto, nel disegno e nelle modalità operative, della diversa efficacia applicativa che le medesime norme hanno in differenti aree del Paese [...]. L'azione pubblica» dice Draghi «degenera se non abbiamo un sistema di valutazione indipendente e trasparente, che dia ai cittadini informazioni chiare e confrontabili sulla qualità dei servizi» e, aggiungo io, sui costi di questi servizi. Sappiamo, infatti, che quello dei costi standard è uno degli obiettivi più importanti e profondi del processo di riforma che dovrà essere avviato con il federalismo fiscale. Dice Draghi: «Livello di apprendimento degli studenti, migrazioni verso gli ospedali pubblici di altre regioni, tempi di degenza e percentuali di guarigione, durata dei processi civili: questi sono esempi tratti dai campi in cui più si sente il bisogno di rilevazioni obiettive, sistematiche, frequenti, su cui misurare i progressi delle singole amministrazioni, stabilire un corretto sistema di incentivi, indirizzare le risorse pubbliche». Proprio questi dati, questi indicatori sia di qualità del servizio sia di costo standard sono quelli che il rapporto annuale del dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione elabora ogni anno; oggi, con la proposta di riorganizzazione, si vorrebbe abolire proprio la direzione studi che elabora questi dati.
Questo fa un po' il paio (e vedo in ciò la medesima contraddizione) con l'abolizione che il Governo ha disposto della commissione tecnica per la finanza pubblica, che era l'organismo, la tecnostruttura indipendente che forniva la maggior quantità di informazioni proprio sulla finanza multilivello; andiamo, quindi, a depotenziare lo stato di questi due organismi, servizio studi del DPS e commissione tecnica della finanza pubblica, che sono gli organismi che maggiormente possono aiutarci nel processo di trasparenza e di discussione delle politiche relative al federalismo fiscale, e in particolare poi al rapporto fra federalismo e Mezzogiorno.
Credo (e concludo) che sia troppo facile rimuovere tutto ciò con un riferimento alle infrastrutture strategiche e un vago obiettivo di concentrazione degli interventi. È vero che l'impianto delle politiche di riequilibrio portato dall'attuale programmazione del quadro strategico nazionale 2007-2013 è un quadro ambizioso e complicato; è più facile dire: concentriamoci sulle infrastrutture strategiche. Dato, tuttavia, che nell'obiettivo del quadro strategico nazionale ci sono tanti servizi pubblici di base importanti per le popolazioni e per le imprese del Mezzogiorno, voglio augurarmi un ripensamento, a proposito del quale chiedo un contributo, naturalmente non soltanto da parte dei portatori di interessi del sud, ma anche da tutta la cultura economica e istituzionale d'Italia, volto a non banalizzare i problemi del Mezzogiorno.
E lo dico pensando a tutte le tendenze politiche, compresa la mia: il Mezzogiorno genera certamente grandi problemi, ma può generare anche grandi opportunità. Rimuovere i problemi certo non è il modo migliore per risolverli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gatti. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, desidero preliminarmente esprimere il mio disagio per l'andamento dei lavori parlamentari. Veniamo dall'approvazione in quest'Aula di una manovra di grande rilevanza, sulla quale non è stato minimamente possibile discutere nel merito con la profondità necessaria e sulla quale noi dell'opposizione non abbiamo potuto incidere (nonostante appunto il suo rilievo).
Tutti riconosciamo che la situazione finanziaria ed economica nazionale ed internazionale è molto preoccupante e che essa dovrebbe dunque ricevere risposte che siano il frutto della collaborazione e della capacità di intervento di tutte le forze presenti in Parlamento.
Invece, data la posizione della questione di fiducia da parte del Governo, lo spazio di discussione più significativo che si è avuto è stato quello relativo agli ordini del giorno: ed accenno solamente alla svalutazione di tale strumento che il Governo ha fatto in quell'occasione, suscitando una reazione puntuale da parte della Presidenza dell'Assemblea e dei presidenti dei diversi gruppi di opposizione (ma certe cose sono state dette ed hanno segnato il clima!).
Spero, dunque, vivamente che la discussione su questo provvedimento e il prosieguo dei lavori di quest'Aula abbiano un andamento diverso, anche se i tempi accelerati e le voci sulla volontà di porre anche in questo caso la questione di fiducia mi inducono al pessimismo.
Per quanto riguarda più specificamente il merito di questa discussione, noto che siamo di fronte ad un provvedimento particolare, che, oltre alle proroghe tipiche di un decreto di questo tipo, è composto anche da una misura fiscale che concorre alla manovra predisposta dal Governo in questo inizio di legislatura, generando un intreccio assai particolare con il decreto-legge n. 112 nella sua prima versione e il maxiemendamento. Nel mio intervento mi limiterò a sottolineare taluni degli elementi del decreto-legge n. 97, seguendo l'ordine degli articoli di cui esso si compone.
Per quanto riguarda le disposizioni contenute nell'articolo 2, relativamente al credito di imposta, dopo il dotto intervento dell'onorevole Causi, desidero soffermarmi solo su due elementi: la scomparsa dell'automatismo, sostituito da una serie di tortuose procedure burocratiche a carico delle imprese, e l'imposizione di un tetto di spesa (non farò, invece, neppure cenno alla questione della necessità di notificare il nuovo provvedimento all'Unione europea e di tutti i ritardi che ciò comporterà).
Per quanto riguarda la scomparsa dell'automatismo, sottolineo che la misura del credito di imposta, pensata per le aree svantaggiate del Paese, viene utilizzata soprattutto nel sud, dove l'automatismo metteva le aziende al riparo da discrezionalità che in quell'area possono divenire molto pesanti e che possono innescare meccanismi di clientela che da anni stiamo tentando di sradicare. In ogni caso, poi, le tortuose procedure burocratiche introdotte rallentano i processi legati a investimenti particolarmente necessari in certe aree. Insomma: siamo sommersi continuamente dai proclami dei vari ministri del Governo che parlano di semplificazione, delegificazione e deregolazione; poi, invece, ci troviamo di fronte a procedure tortuose con aggravi burocratici pesantissimi.
Quanto all'imposizione del tetto di spesa, desidero solo rilevare che un utilizzo largo del credito di imposta significherebbe di fatto una ripresa dello sviluppo nelle aree più svantaggiate del Paese, con tutte le conseguenze positive che ciò comporterebbe, anche in termini di maggiori entrate fiscali.
Vorrei svolgere un'ultima considerazione su questo punto: il Governo ha fatto scelte esplicite nel senso della riduzione degli investimenti pubblici e un ridimensionamento degli incentivi agli investimenti delle imprese private nelle aree svantaggiate non può che aggravare una situazione che già prospetta periodi difficili, non solo per l'Italia e non solo per il sud.Pag. 21
Quanto all'articolo 3, desidero esprimere le nostre preoccupazioni con riferimento al comma 8, che interviene sulla responsabilità solidale fra appaltatore e subappaltatore.
L'effetto delle disposizioni sarà quello di incrementare atteggiamenti elusivi dal punto di vista fiscale, come sottolineato anche dalle schede di lettura prodotte dai nostri uffici. A questo proposito, vorrei rilevare come a queste norme si affianchino pericolosamente le disposizioni che il Governo ha assunto - e che noi abbiamo contestato - con il decreto-legge n. 112 del 2008 sulla relazione, appunto, tra committente e appaltatore e tra appaltatore e subappaltatore, su cui abbiamo presentato un ordine del giorno che riguardava interventi mirati a cancellare una serie di misure che permettevano di controllare la presenza di lavoratori nei luoghi di lavoro - nei cantieri soprattutto - in subappalto, di identificarli e di identificare l'azienda per cui lavoravano.
Tale giustapposizione di norme crea, a mio giudizio, un allentamento di tensione e di rigore in un'area che è da sempre riconosciuta come un'area di particolare densità di fenomeni di illegalità, irregolarità e lavoro nero: segnali di questo tipo allentano la tensione e sono molto pericolosi non soltanto dal punto di vista fiscale, ma anche dal punto di vista della regolarità dei rapporti di lavoro, con riferimento, soprattutto, al lavoro nero.
Passiamo poi all'articolo 4, ai commi 2 e 2-bis, sui quali vorrei soffermarmi un po' di più (faccio parte della Commissione lavoro ed essi sono stati oggetto di discussione all'interno della Commissione medesima). I commi 2 e 2-bis differiscono al 1o gennaio 2009 l'applicazione di alcune specifiche disposizioni del decreto legislativo n. 81 del 2008, concernente il riassetto della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Le disposizioni relative al comma 2 erano già entrate in vigore il 15 maggio del 2008, quelle relative al comma 2-bis dovrebbero entrare in vigore domani. Quanto alle disposizioni del comma 2 - tenuto conto che le norme in questo momento sono attive e che vi sono state violazioni e sanzioni amministrative già erogate e procedimenti sanzionatori in corso, e che gli stessi uffici hanno presentato schede di lettura in cui suggeriscono al Governo di chiarire cosa fare in questa situazione -, si chiede il differimento al 1o gennaio 2009 di due ordini di disposizioni. Il primo è relativo all'obbligo a carico del datore di lavoro e del dirigente di comunicare all'INAIL e all'IPSEMA i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno (escluso quello dell'evento) per fini statistici e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che determinano un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni.
Il secondo ordine di disposizioni di cui si chiede il differimento è quello relativo a norme di sorveglianza sanitaria. In particolare, le norme articolano una serie di visite e di esami diagnostici in momenti topici della vita di un lavoratore come il cambio di mansione, oppure in situazioni particolari di rischio.
La novità e la specificità della norma risiede nel fatto che la visita può essere richiesta dal lavoratore stesso o dal medico competente. Vi è poi un elemento significativo, che veniva richiamato anche dalla relatrice per la I Commissione: le norme di cui si chiede il differimento vietano le visite mediche pre-assuntive. Queste norme sono vigenti e cominciano a produrre effetti; perché differirne dunque l'applicazione? Qual è la ratio? Le aziende hanno difficoltà a comunicare i dati all'INAIL e all'IPSEMA, esclusivamente quelli per motivi statistici, relativi cioè agli infortuni che durano un giorno, considerato che per il resto la comunicazione è obbligatoria e che è un altro il provvedimento che la impone? Oppure si è preoccupati che si renda evidente che molti infortuni di questo tipo, soprattutto quelli leggeri, non vengono denunciati come tali, bensì si va dal medico denunciando infortuni domestici e si va in malattia?
Inoltre, quanto al differimento della norma che vieta le visite pre-assuntive, anche in questo caso siamo un Paese nelPag. 22quale si lamenta la denatalità da un lato, ma contemporaneamente nei colloqui di lavoro si chiede alle donne se vogliono avere figli e la maternità diviene un ostacolo all'assunzione. In tale situazione, perché si vuole differire una norma che vieta visite pre-assuntive che potrebbero accertare lo stato di gravidanza? A questo proposito, penso che un Paese nel quale le donne lavorano è un Paese nel quale si vive meglio, ci sono più bambini e questi sono meglio accuditi, per cui in Italia, dove si rilevano denatalità e casi in crescita di povertà femminile e infantile, è essenziale adottare politiche di incentivazione al lavoro femminile.
Siamo assolutamente in ritardo rispetto agli obiettivi di Lisbona per quanto riguarda l'occupazione femminile e per i servizi all'infanzia. Vorrei sottolineare che sono stata eletta in una delle poche regioni italiane, la Toscana, che ha raggiunto questi obiettivi.
Per la crescita del Paese è essenziale che più donne riescano ad entrare e a restare nel mondo del lavoro. È in questo modo che si vuole incentivare l'occupazione femminile? A tale proposito vorrei riportare solo pochi dati. Da uno studio dell'Ires-CGIL si rileva il basso tasso di partecipazione al lavoro delle donne italiane e il rischio crescente di svolgere un lavoro instabile. Considerando soltanto il lavoro dipendente, le statistiche ISTAT più recenti hanno evidenziato che nel 2006 più di una donna su sei aveva un contratto a tempo determinato. A fronte di un numero complessivo di 425 mila posti di lavoro creati fra il 2005 e il 2006, infatti, ben 196 mila sono dipendenti a tempo determinato e di questi 107 mila sono donne.
I provvedimenti adottati finora da questo Governo non sono stati orientati a sostenere le donne e a favorire la loro partecipazione al lavoro. Penso al provvedimento sullo straordinario e a come esso sia stato discriminante verso le donne in ragione della loro poca disponibilità a farlo (siamo ancora un Paese dove il carico familiare è sostanzialmente in capo alle donne), ma mi riferisco anche ai giovani, in ragione delle tipologie contrattuali che hanno. Infatti, i contratti a progetto non prevedono straordinari.
Per quanto riguarda il sostegno alle donne penso all'iniquità della norma in ordine all'assegno sociale, che spero e chiedo venga modificata al Senato. In una sorta di furore veramente accecante, il Governo ha presentato al Senato una norma per non concedere l'assegno sociale agli immigrati anziani. A tale proposito permettetemi una nota, onorevoli colleghi. Nel nostro territorio sono presenti persone che vengono dai diversi Paesi del mondo. Nella nostra area la durata media della vita è attestata attorno a 80 anni e per le donne si arriva a 83 anni. Sul nostro territorio vi sono persone che vengono da Paesi dove la durata media della vita media è di 46 anni. Pertanto, tali furori dovrebbero essere meglio giustificati e essere rapportati a dati concreti di realtà invece che a fole, paure e terrori di non so quale impoverimento. Sono questi stessi lavoratori che versano all'INPS regolarmente i contributi e, così facendo, andranno in pensione con le regole italiane perché molti Paesi non hanno gli accordi di reciprocità. Teniamone conto, quando riflettiamo su questi aspetti e quando operiamo.
Allora, come dicevo, presi da furore per non concedere l'assegno sociale agli immigrati anziani si sono adottati i criteri della residenza e del lavoro, dieci anni di lavoro continuativo. Ebbene, questo criterio toglie l'assegno sociale alle casalinghe e ricordo che l'assegno sociale era uno dei pilastri dell'assistenza nel nostro Paese ed era nato come protezione per la parte debole del Paese, ossia le donne che si erano occupate per tutta la loro vita delle questioni familiari, di allevare i bambini, di assistere anziani e nutrire tutti. Alla fine della loro vita, nella parte conclusiva, veniva erogato l'assegno sociale per garantire loro una vecchiaia al limite dignitosa. I dati sulla povertà ci dicono che nel nostro Paese i poveri molte volte sono anziani soli e, di solito, donne anziane sole. Vi chiedo di riflettere su ciò e chiedo a tutti un passo indietro. Evitiamo di farePag. 23le guerre di religione e, invece, assumiamo dei provvedimenti concreti e cambiamo questa norma.
Ma ora vorrei ritornare, un attimo, alla questione relativa al lavoro delle donne e al provvedimento di differimento delle norme. A volte differire è necessario, come ci è stato spiegato dai relatori del provvedimento. A volte, però, il differimento denuncia un non accordo con i contenuti e la volontà di evitare di adottare un provvedimento. Questo mi sembra uno di quei casi, anche perché lo associo alla cancellazione della legge 17 ottobre 2007, n. 188, sulle dimissioni in bianco e a quella sorta di confusione sul contratto a termine dovuta alla norma che è stata approvata alla Camera e che ora è in discussione al Senato. Con tale norma, a causa dei motivi che ho appena esposto, ancora una volta si colpiscono le donne.
A questo punto, però, vorrei chiedere se sia possibile fare una riflessione sul mercato del lavoro che si vuole con questi provvedimenti. Le norme sul contratto a termine che sono state inserite sono norme appena entrate in vigore, che per questo motivo non avevano potuto esplicare ancora tutta la loro forza e che erano, però, frutto di una concertazione con tutte le parti sociali (Confindustria in testa) che aveva portato ad un accordo votato da cinque milioni di lavoratori e pensionati. Si trattava di norme che erano state accolte da cinque milioni di persone. In un contesto in cui vi è un distacco tra vita parlamentare, politica e cittadini vi chiedo di tener conto anche di questo, quando si modificano simili norme.
Inoltre, vorrei capire qual è la ratio di un provvedimento come quello adottato. Noi produciamo un mercato del lavoro in cui, per i contratti a termine, non è fissata una durata e una possibilità di reiterazione. Infatti, salta il principio dei trentasei mesi rimandando alla contrattazione locale e aziendale; tutti sappiamo cosa significa una norma che limita qualcosa alla contrattazione aziendale. Se c'è una problema occupazionale si deroga e si deroga per tutti.
Ma il mercato del lavoro che viene fuori qual è? Quello di un'intera generazione che ancora non riuscirà a progettarsi? Ci troveremo, in questo modo e con questo sistema, ad avere tra poco, dato che non abbiamo ammortizzatori sociali per questo tipo di lavoratori, dato che non abbiamo un reddito per i periodi di non lavoro, dato che non abbiamo contributi figurativi per questi periodi e questi lavoratori, ancora una fascia di pensionati poveri, molto poveri, da assistere, magari con le pensioni sociali un po' sistemate.
Penso che sia necessario riflettere su queste cose quando si decidono simili interventi. I furori non servono. Le norme dell'accordo sul welfare e del provvedimento sul welfare sono frutto di un lavoro durato mesi, anni. Sono stati il lavoro più grosso che il Governo passato ha fatto, proprio perché hanno coinvolto tutti, e cambiarlo con un decreto-legge, ponendo la fiducia, senza nessuna possibilità emendativa da parte delle opposizioni e senza discussione con le parti sociali, genera una situazione di tensione nel Paese che, secondo me, sarà il caso di valutare quando si assumeranno decisioni anche al Senato. Io chiedo veramente che si ripensi a queste cose, quando verrà affrontato il problema della modifica di alcune norme del decreto che è stato approvato al Senato.
Quanto al comma 2-bis, quello che chiede di differire norme che dovrebbero entrare in vigore domani, ricordo che si tratta, alla fine di tutta la catena di riferimenti normativi, di differire essenzialmente gli articoli 17 e 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Questi articoli trattano esplicitamente dell'obbligo, non derogabile del datore di lavoro, della prevenzione, in particolare la valutazione dei rischi e l'elaborazione del documento di rischio.
A questo proposito vi vorrei leggere (è breve) l'articolo 28 di cui si chiede il differimento, dove si specificano quali sono i contenuti del documento di rischio: esso deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratoriPag. 24esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004 sullo stress correlato al lavoro, quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi. Continua poi con una serie di declaratorie e, per esempio, si dice che vanno valutate le persone rispetto ai luoghi di lavoro in cui sono, alle caratteristiche che hanno, alle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici, eccetera.
Insomma, il problema è che il documento di rischio è uno degli elementi essenziali di prevenzione. Perché se ne deve differire la formulazione? Questo provvedimento non è stato approvato oggi: ci sono stati tempi necessari e sufficienti affinché le aziende si organizzassero. Io vi chiedo veramente di evitare di differire questo provvedimento.
Intervengo ancora su pochi punti, Presidente e colleghi, e mi avvio a concludere. Mi vorrei soffermare sull'articolo 4-ter che contiene un pacchetto di misure volte a fronteggiare l'emergenza nel settore della pesca, emergenza che si è determinata a seguito dell'aumento del prezzo del gasolio, per dire una sola cosa: quando ho letto il titolo dell'intervento riguardante l'aumento del prezzo del petrolio mi è venuta in mente la Robin tax e ho pensato che questo potesse essere un utilizzo ragionevole dei fondi ricavati dalla tassa per i petrolieri. Invece no, onorevoli colleghi: i soldi, 10 milioni, si prendono dall'accantonamento del Ministero della solidarietà sociale. Rimando agli interventi che ci sono stati in quest'Aula sui tagli agli enti locali con il rischio per l'erogazione dei servizi sociali. Prima o poi qualcuno ci dirà dove finiscono i soldi della Robin tax, perché oltre a finanziare con oltre 200 milioni la social card non ci sono note le destinazioni delle altre risorse.
A proposito della social card, siccome il Ministro Tremonti continua sui giornali a parlare di intervento di tipo americano, vorrei sottolineare la differenza tra la social card che ci è stata proposta e la food stamp americana. Faccio riferimento al documentatissimo intervento che l'onorevole Miotto ha svolto in riferimento al decreto-legge n. 112, e mi limito a ripetere che da noi la social card riguarderà circa 500 mila cittadini. Facendo le proporzioni fra il numero di cittadini italiani e quello dei cittadini americani, se si trattasse della food stamp dovrebbe riguardare circa 5 milioni di italiani.
Quindi il nostro è un provvedimento compassionevole e anche umiliante per chi ne usufruisce. Da un Governo io mi aspetto politiche sociali e soddisfacimento di diritti che, ricordo, sono costituzionalizzati, non carità. La richiesta di trovare altre coperture per questo provvedimento è fra l'altra contenuta come osservazione nel parere favorevole proposto dalla maggioranza in Commissione lavoro; vi prego di tenerne conto.
Infine, vorrei intervenire sull'ultimo punto relativo all'articolo 4-quater del provvedimento di cui oggi discutiamo, il quale oltre a modificare e innovare la disciplina degli articoli che introducono un tetto al trattamento economico di chiunque riceve emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche, ne differisce l'efficacia alla data della entrata in vigore di un provvedimento che dovrebbe essere adottato entro il 31 ottobre 2008. La legge finanziaria del Governo Prodi aveva di fatto fissato tetti retributivi e aveva definito precisi obblighi di pubblicità e comunicazione di queste retribuzioni. Ora si modificano gli articoli e se ne differisce l'efficacia all'entrata in vigore di un regolamento. C'è già stato un tentativo di questo tipo nel decreto-legge n. 112, poi nel maxiemendamento era scomparsa la norma, ora ricompare nel «mille proroghe». Mi sembra un tentativo gravissimo. In Commissione lavoro è lo stesso parere della maggioranza che chiede, in un'osservazione legata all'approvazione, che rimanga comunque ferma - fino all'emanazione del regolamento di delegificazione - l'applicazione dei commi da 44 a 52 dell'articolo 3 della legge finanziaria per il 2008.Pag. 25
Siamo di fronte ad un provvedimento ingiusto che arriva dopo interventi pesantissimi sulla pubblica amministrazione e sui redditi di questi lavoratori. Si continua ad essere forti con i deboli e deboli con i forti, ma forse andrebbe detto deboli con gli amici. Infatti, il Governo ha tagliato per circa tre miliardi in tre anni le risorse per il comparto pubblico, ha ridotto gli stanziamenti per il rinnovo dei contratti ed ha imposto un indice di inflazione programmata all'1,7 per cento, meno della metà di quella reale. Questo ai lavoratori, mentre ai dirigenti ha tolto il tetto alle retribuzioni. Non è di questo che l'Italia ha bisogno; non ci stancheremo mai di ripetere che vanno rilanciati e sostenuti i consumi interni, intervenendo con detrazioni fiscali sui redditi da lavoro e sulle pensioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccuzzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, questa legislatura è partita in maniera concitata e confusa. Ai primi accenni di dialogo hanno fatto seguito alcune iniziative, in particolare sulla sicurezza e sulla giustizia, che rendono più ardua la ricerca di sempre possibili convergenze parlamentari.
Ci troviamo di fronte ad una maggioranza che ha fretta di mettere un punto e, dunque, di esibire una propria condizione di compattezza.
Per quanto concerne la sicurezza sul lavoro, rilevo che la maggioranza di Governo, con il pretesto di semplificare e togliere i lacci all'agire economico, va a differire, ritardare, rimandare importanti disposizioni del decreto legislativo n. 81 del 2008, legate alle comunicazioni di informazione relativa agli infortuni sul lavoro e, nel contempo, alle visite mediche, nonché alcune disposizioni in materia di valutazione dei rischi. Sono irricevibili i ritardi nell'applicazione di un testo le cui parole chiave sono: riordino, innovazione, coordinamento, semplificazione, maggiore prevenzione, controlli più efficaci, diffusione di una cultura della sicurezza.
La tragica sequenza delle morti sul lavoro, ripropostasi in tutta la sua drammatica gravità a seguito delle stragi avvenute a Campello sul Clitunno all'Umbria Olii, a Fossano al Molino Cordero, a Torino alla Thyssenkrupp, a Molfetta e a Mineo, merita il massimo sforzo normativo, finanziario ed organizzativo per consentire il concretizzarsi delle condizioni per un'incisiva azione di controllo e di prevenzione da parte dei diversi soggetti preposti a tali funzioni. La vigilanza è uno strumento di fondamentale importanza, ma non è in grado di risolvere tutti i problemi; bisogna investire sulla conoscenza, sulla ricerca e sulla diffusione delle buone pratiche e di azioni che siano realmente efficaci. In una delle prime misure, ad esempio, si dovrebbe provvedere ad un sostanzioso potenziamento degli organici dei servizi ispettivi delle ASL, con la sospensione del blocco delle assunzioni dei tecnici della prevenzione delle ASL stesse.
Il Governo non faccia passi indietro sulle norme per la sicurezza; il dramma delle morti sul lavoro va affrontato nel merito, senza strumentalizzazioni o biechi sotterfugi. Il Ministro del lavoro Sacconi ha più volte puntato il dito contro il Testo unico: troppi adempimenti, a suo dire, producono meno sicurezza. Al Governo, come dicevo, chiediamo di non fare passi indietro; non è possibile oggi trarre conclusioni sull'efficacia di questa legge. Nella legge n. 123 del 2007 si tenta anche la strada della deterrenza legata ad alcune sanzioni, neppure tanto pesanti. Si discute tanto di deterrenza a proposito di immigrazione clandestina, perché questo meccanismo non deve valere per la sicurezza sul lavoro? Verifichiamo, dunque, se la deterrenza produce maggiore prevenzione; noi crediamo che sia uno strumento utile, pertanto sarebbe sbagliato cambiarla. Inoltre, non dimentichiamo che in Italia il problema è l'applicazione effettiva delle norme, soprattutto in questo settore.
La battaglia per la sicurezza sui luoghi di lavoro è una battaglia di civiltà e una priorità nell'azione di Governo che dovrebbe impegnarsi nell'intraprendere tuttePag. 26le iniziative necessarie per vincerla. Nel 2006 vi sono stati 1.341 morti sul lavoro, nel 2007 ve ne sono stati 1.260 e la strage continua. Le morti bianche sono una sconfitta per la nostra democrazia.
Ho apprezzato le parole del Presidente Berlusconi e quelle del Presidente Fini nel giorno dei loro rispettivi insediamenti; mi riferisco al breve capitolo dedicato alla sicurezza sul lavoro. Mi sono scioccamente illuso che fossero parole realmente condivise e ho osato pensare che fossero sentite. Purtroppo, le posizioni e le misure proposte da questo Governo e dal Ministro Sacconi mi riportano alla dura realtà, nella quale non c'è spazio per il cuore, ma solo per gli interessi che - ahimé - non riguardano quasi mai i lavoratori. La vita di un lavoratore per questa maggioranza forse vale davvero tre euro!
Obiettivi completamente diversi ci contraddistinguono: grazie al cielo, se questi sono i preamboli! Meno precari, meno lavoro nero, più welfare: il Governo Prodi non ha avuto vita lunga, ma la nuova concertazione, con l'accordo del 23 luglio 2007, ha avuto successo. Con il centrodestra la concertazione in Italia aveva registrato una battuta d'arresto: è un fatto. Il passato Governo Berlusconi preferiva prendere decisioni a prescindere dal confronto con le parti sociali. La concertazione è sempre stata vista, anche da alcuni settori economici, come un freno alla capacità di decidere.
Il tempo passa, forse possano anche alcuni uomini, ma il risultato e la tendenza non cambiano. Nel suo insieme, l'accordo del 23 luglio 2007, è il frutto di una lunga fase di negoziato vero e approfondito; non si è trattato, infatti, di un semplice accostamento di soluzioni su pensioni, mercato del lavoro, ammortizzatori sociali e incentivi alla crescita della produttività, ma di un primo disegno organico sui temi dello stato sociale e della competitività.
La concertazione è stata solo il secondo atto del Governo Prodi in materia di lavoro. Già nella legge finanziaria per l'anno 2007 si era provveduto a definire altre misure che si sono rilevate subito molto efficaci: il cosiddetto pacchetto sicurezza che ha dato il via alla lotta al lavoro nero nei cantieri; le norme per la stabilizzazione del lavoro e contro la precarietà; l'estensione dei diritti ai lavoratori con rapporto di impiego discontinuo, ovvero i precari. I risultati sono stati molto positivi anche se, forse, non sono stati adeguatamente valorizzati.
Nell'edilizia, in diciassette mesi, grazie alla norma che prevede la sospensione dell'attività per le aziende con più del 20 per cento dei lavoratori al nero, sono state sospese 3 mila 42 imprese. Di queste il 40 per cento ha riaperto i battenti dopo aver regolarizzato la posizione di tutti i dipendenti, mentre le altre, quasi sempre piccole e non di rado legate alla malavita, sono scomparse anche in questo caso, però, senza danno per l'occupazione. I loro operai, infatti, sono stati riassorbiti dalle altre imprese presenti nel cantiere in cui erano impiegati.
Tutto ciò ha portato alla regolarizzazione di circa 206 mila lavoratori, il 55 per cento dei quali stranieri. Si tratta di una scelta di civiltà che porta anche a risultati economici ed occupazionali molto rilevanti. Tra il 2005 e il 2006, infatti, l'edilizia ha registrato oltre 100 mila occupati in più, mentre l'INPS ha dichiarato un incremento di 56 milioni di euro di contributi previdenziali.
Per quanto riguarda la stabilizzazione dei posti di lavoro, gli sforzi sono stati concentrati soprattutto nel settore dei call center, in cui oltre 22 mila persone da lavoratori a progetto sono diventate lavoratori subordinati a tempo indeterminato con la conquista di tutti i relativi diritti. Non bisogna dimenticare, inoltre, la stabilizzazione di migliaia di insegnanti e di pubblici dipendenti assunti con contratti a tempo determinato.
Una grave anomalia del nostro Paese è che una quota rilevante dei nostri lavoratori purtroppo rimane intrappolata nella flessibilità per lungo tempo. Se, come è stato stabilito con il Protocollo del 23 luglio 2007, un contratto a termine di trentasei mesi è in qualche modo accettabile anche in quanto fase propedeuticaPag. 27ad una stabilizzazione, tuttavia un prolungamento di questa condizione per quattro, cinque, sei o sette anni (o vita natural durante), accettabile non è!
Vi sono persone che hanno cominciato a lavorare a venti anni e dopo dieci o quindici anni si trovano ancora nelle medesime condizioni di precarietà. L'incertezza professionale e personale, la mancanza di futuro e la condizione di dipendenza dalla famiglia d'origine che ne conseguono costituiscono un'anomalia da cancellare e si tratta di un'anomalia che altrove, in Europa, non esiste.
Non si possono disconoscere i cambiamenti organizzativi intervenuti negli ultimi anni. L'obbiettivo oggi deve essere quello di pensare ad un sistema di flessibilità in un quadro di stabilizzazione del lavoro, anche perché non si può continuare a parlare, ad esempio, di politica a sostegno della famiglia se non si riesce a fare in modo di dare, soprattutto alle nuove generazioni, gli strumenti necessari per pensare al futuro.
Il Governo ha lanciato la controriforma del mercato del lavoro. L'emendamento anti precari è solo la punta dell'iceberg dello smantellamento pezzo per pezzo del lavoro di mesi di impegno e concertazione con le parti sociali. Si può definire «svista» un provvedimento tanto grave? Il Ministro Sacconi lo definisce tale.
Ora il Governo ha fatto una parziale marcia indietro, ma la norma rimane comunque un inaccettabile colpo a danno dei più deboli. È in atto una vera e propria controriforma del mercato del lavoro e mi auguro che questa operazione susciti un'adeguata reazione politica in tutti i gruppi dell'opposizione e scuota le coscienze di chi oggi siede sui banchi della maggioranza.
Ancora una volta desta sorpresa il nuovo coniglio pescato dal cilindro dal Governo, ma la sorpresa si tramuta in perplessità, dissenso ed enorme disagio per una manovra che ancora una volta soffoca l'urlo di chi ha diritto, e noi il dovere di traghettarlo, ad un assestamento della propria vita lavorativa. Come scriveva il barone di Montesquieu, «le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, alcuni colleghi mi invitano a pronunciare la famosa frase: «sarò breve», ma non lo farò perché in genere accade esattamente il contrario. Quindi, anticipo che vorrei svolgere un intervento che non sia eccessivamente lungo, ma in cui svolgere alcune considerazioni in cui credo.
La prima cosa che vorrei dire è che siamo di nuovo dinanzi ad un decreto-legge. Il Sole 24 Ore di oggi, come i colleghi sanno, ha evidenziato che in questi tre mesi, su undici provvedimenti, dieci sono decreti-legge, per i quali, nella maggior parte dei casi, ci siamo trovati a vivere una situazione in cui il Governo ha apposto la questione di fiducia.
Preliminarmente, nello stigmatizzare questa situazione - dieci decreti-legge su undici provvedimenti, signor rappresentante del Governo, sottosegretario Molgora, sinceramente mi sembrano un'enormità! -, vorrei sottolineare che, almeno sul provvedimento in esame, spero che non sia posta la questione di fiducia.
Il nostro gruppo ha ridotto gli emendamenti a dieci. Lo affermo a beneficio soprattutto di chi ascolta: siamo circa duecentoventi, noi deputati del Partito Democratico e abbiamo ridotto a dieci gli emendamenti presentati dal nostro gruppo; complessivamente, mi risulta che le proposte emendative siano cinquanta.
A meno che non vi siano intenzioni ostruzionistiche (non mi pare, però, che vi sia aria di ostruzionismo), voglio sperare che almeno sul provvedimento in esame, con il quale concludiamo la fase estiva dei nostri lavori, si discuta nel merito, emendamento per emendamento, senza che venga posta la questione di fiducia.
Sempre in ordine al metodo che stiamo seguendo, vorrei peraltro osservare non solo che sono tanti i decreti-legge (dieci su undici provvedimenti: mi sembra che laPag. 28decretazione d'urgenza sia diventata una modalità quasi ordinaria di legiferazione), ma anche che questi provvedimenti sono esaminati in tempi assolutamente inadeguati, con il rischio - che poi diventa una realtà - della cattiva legislazione. Gli ultimi esempi, evocati in precedenza (mi riferisco alla norma anti-precari, ma potrei citarne anche qualche altra, come quella riguardante l'assegno sociale, oltre all'articolo 60), in alcuni casi potrei definirli, un po' ironicamente, riforme preterintenzionali: sono stati presentati, infatti, emendamenti il cui contenuto specifico riguarda una certa materia, ma che si caricano di significati che vanno al di là del contenuto specifico e danno luogo a grandi dibattiti, senza che in sede di Commissioni riunite e in Aula si sia dedicato un minuto di discussione - lo dico senza esagerare: un minuto di discussione! - a questioni così rilevanti.
Mi rivolgo al Presidente di turno, affinché ne riferisca al Presidente Fini: se il Parlamento deve essere ridotto a questa condizione, ossia, ormai, ad una finzione democratica - i provvedimenti, infatti, sono approvati con questo «intralcio necessario» che è il Parlamento: i decreti-legge sono posti all'attenzione dell'Aula, ma sostanzialmente vengono poi ratificati con il voto di fiducia -, mi pare che surrettiziamente (lo affermo senza grande enfasi retorica) stiamo nei fatti modificando il carattere parlamentare del nostro Paese. Lo dico, ripeto, senza veemenza polemica, ma bisognerà che in qualche modo ci mettiamo d'accordo, almeno nel definire gli itinerari di organizzazione del nostro lavoro. Itinerari che non portino Governo e Parlamento insieme a vivere questi riti e queste finzioni, in cui (come avviene nel mio caso sul decreto-legge in esame) teniamo per giorni discussioni solitarie, con un Parlamento deserto e con il parlamentare che parla a se stesso e ai pochi presenti e in cui successivamente, se viene posta la questione di fiducia, generalmente si presentano centinaia di ordini del giorno - che vengono illustrati e sui quali poi si interviene per dichiarazione di voto - notoriamente destinati o ad essere accolti come raccomandazione (ossia, sostanzialmente: «acqua fresca») oppure ad essere accettati tout court (ma notoriamente si tratta ancora di «acqua fresca», nel senso che non determineranno alcuna modificazione della norma). Credo che il tempo sia maturo affinché portiamo avanti una discussione seria e non ci scaldiamo nella convegnistica sul carattere parlamentare del nostro Stato, per effettuare riflessioni autoreferenziali e fini a se stesse, ma più modestamente ci domandiamo come mai non siamo in grado di effettuare banali modifiche regolamentari, che almeno comportino la possibilità di discutere, con maggiore serietà e con più tempo a disposizione, sui provvedimenti, magari utilizzando un tempo maggiore in sede di Commissione (dove si esamina il testo sul quale, generalmente, è ormai prassi quasi consolidata porre la questione di fiducia) e un tempo minore in Aula, dove parliamo solitariamente, tra pochi intimi (signor Presidente, lei giustamente, con la mimica, mi faceva osservare che il parlamentare non parla da solo, ma tra pochi intimi).
Concludo su questa parte, che spero di avere esposto con spirito improntato a passione, più che a polemica. Senza dare la croce addosso solo a questo Governo e a questa maggioranza, riconosco che ci trasciniamo questa situazione dalla legislatura precedente: man mano che andiamo avanti, però, la situazione peggiora e, peraltro, legiferiamo anche male.
Sinceramente, appare chiaro che quando si procede con la decretazione, come ha osservato il Comitato per la legislazione, introducendo nei decreti-legge contenuti di altri provvedimenti - aggiungo che spesso succede che con emendamenti si inseriscano nei decreti-legge contenuti di provvedimenti che, in sede di emanazione del decreto-legge, il Presidente della Repubblica ha espunto, in quanto non li ha ritenuti materia propria del decreto stesso - alla fine si arriva ad un modo di fare legislazione, che, non solo da un punto di vista di sofisticate competenze giuridiche e istituzionali, per il prurito dei giuristi, ma anche per il buonsenso comune, dovrebbe essere evitato.Pag. 29
Infatti, si producono leggi che poi non si riesce a leggere, che sono confuse, pasticciate, che contengono errori. Non credo che occorra essere maghi o indovini per prevedere che, in autunno, nel decreto-legge che accompagnerà la legge finanziaria cosiddetta «smilza», rispetto al lavoro preliminare che stiamo facendo, saranno contenute parecchie disposizioni destinate a modificare gli errori che già sono venuti fuori e che emergeranno in questi due mesi che ci separano dalla sessione di bilancio.
Credo che non sia possibile continuare così, per un rispetto minimale del Parlamento, e, quindi, sottopongo molto modestamente questa mia riflessione, che mi sembra persino banale, all'attenzione del Presidente e di tutti i colleghi.
Ho già detto che spero che il decreto-legge di cui parliamo venga discusso e approvato senza porre la questione di fiducia. Noi abbiamo limitato al massimo i nostri emendamenti; al riguardo, peraltro, ho anche il conforto del presidente della Commissione bilancio, che, come risulta dai resoconti, ha affermato, dinanzi all'esplicitazione di questa intenzione da parte del mio capogruppo, che, se non ci fossero stati molti emendamenti, il Governo non sarebbe stato legittimato a porre la questione di fiducia.
Risulta dal resoconto e per questo mi permetto di richiamare tale riferimento, non certo per mettere nell'angolo il presidente della Commissione, ma perché credo che sia banale buonsenso osservare che, se gli emendamenti sono pochi, non c'è alcuna ragione per cui si debba porre la questione di fiducia.
Venendo al merito del provvedimento, mi vorrei soffermare su due o tre aspetti. Il primo riguarda l'articolo 2 che, già richiamato dai colleghi, riguarda il credito di imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, la cosiddetta «Visco sud».
Con questa norma, sostanzialmente si elimina l'automatismo nel riconoscere e nell'erogare il credito di imposta, che, a suo tempo, era stato definito come un salto di qualità nelle politiche per il Mezzogiorno. Si introduce, invece, una procedura e si configura il credito di imposta come una sorta di tetto di spesa. Pertanto, a me pare che ci sia una regressione nella disciplina dell'istituto del credito di imposta, che potrebbe comportare riflessi negativi sulla crescita e sull'occupazione.
Infatti, il tetto di spesa introduce evidenti elementi di incertezza sulle risorse disponibili per le scelte imprenditoriali e, quindi, si finisce per rischiare di perdere quell'elemento di incentivazione che è intrinseco nel discorso dell'automatismo nell'erogare il credito di imposta. Peraltro, la norma contempla anche delle complicazioni burocratiche.
Sto usando i verbi dubitativi per trarre delle conclusioni in quanto la questione è controversa. Penso che sia un ritorno indietro, però non sono apodittico nelle mie affermazioni. Riteniamo che così sia, ma uso il verbo dubitativo, perché vorrei stigmatizzare di nuovo il modo di procedere che stiamo seguendo, che è poco razionale.
Lo dico al Presidente di turno, che è un filosofo: la razionalità non è di questo mondo, ma non è nemmeno di questa Camera. Infatti, ci troviamo di fronte a un istituto, quello del credito di imposta, che nel 2002 - lo ricordo - fu modificato. Era partito con un criterio improntato all'automatismo e poi, come ha ricordato peraltro il sottosegretario in sede di Commissioni riunite, si è modificato quell'approccio iniziale, perché si riteneva che potesse comportare conseguenze negative, anche di tipo finanziario. Il sottosegretario in sede di Commissioni riunite ha quantificato anche l'importo.
Ebbene, mi chiedo quale possa essere l'occasione migliore - considerato che si è parlato di tre miliardi di euro - se non quella di presentarsi al Parlamento e dire: questa è stata l'esperienza iniziale della «Visco sud» concepita in un certo modo, poi noi l'abbiamo corretta nel 2002; oggi siamo nel 2008 (quindi, sono trascorsi sei anni o almeno sicuramente cinque) e questa è stata l'esperienza successiva. Dunque, facciamo la comparazione tra gli effetti determinati con la prima impostazione ePag. 30quelli relativi alla seconda. Così, senza fare guerre di religione o gridare allo scandalo, molto razionalmente si può arrivare ad una conclusione suffragata da elementi di fatto che portano ciascuno a perseguire al meglio l'obiettivo che tutti abbiamo in animo: favorire la crescita e l'occupazione nel Mezzogiorno del nostro Paese.
Siccome, a meno che non mi siano sfuggiti, né in Commissione né in Aula sono stati illustrati questi elementi rigorosi di ricognizione anche quantitativa degli effetti che si sono determinati per l'utilizzo del credito d'imposta, prima secondo il metodo dell'automatismo e poi secondo i metodi concernenti i tetti di spesa, forse sarebbe stato bene che tutti i commissari, e l'intero Parlamento, fossero stati messi al corrente, dati alla mano. Almeno i numeri dovrebbero essere veri; almeno i fatti dovrebbero essere veri - mi permetto di citare Leonardo Sciascia - e, se non veri, almeno verosimili.
Quindi, se la prossima volta ci fornirete i dati che giustificano il cambiamento di disciplina di alcuni istituti normativi, considerato che siamo tutti laici e razionali, probabilmente eviteremo polemiche sterili ed inutili. Infatti, l'esperienza può comunque aiutare a portare ad un cambiamento poiché nessuno è depositario della verità.
La seconda norma sulla quale vorrei appuntare il mio sguardo e sulla quale vorrei - lo dico in anticipo - essere un po' più radicale (perché sono per principio convinto dell'errore che si sta commettendo) è quella riguardante l'abrogazione delle disposizioni che disciplinano la responsabilità solidale dell'appaltatore con il subappaltatore in materia di versamento delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali e assicurativi obbligatori in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi. Queste disposizioni, come sappiamo, sono volte a subordinare il pagamento del corrispettivo da parte del committente alla previa esibizione da parte dell'appaltatore della documentazione che attesta l'assolvimento degli adempimenti di natura fiscale, assicurativa e previdenziale. In altre parole, il committente dice all'appaltatore: ti pago solo se tu mi dimostri che sei in regola con gli obblighi di natura fiscale, contributiva e previdenziale.
Tutto ciò è analogo a quanto fa la pubblica amministrazione quando chiede il documento unico di regolarità contributiva. Noi sappiamo che il fisco non paga, anche quando vi è un rimborso da effettuare, o paga solo per differenza, quando salta fuori che il cittadino ha un debito nei riguardi dell'amministrazione che non ha onorato, per cui si calcola la differenza e gli si rimborsa quest'ultima.
In questo caso, per quanto riguarda questa norma ci sono delle implicazioni anche peggiori; quindi io sinceramente non capisco. Vi è un problema - di questo sono consapevole - e mi riferisco al decreto interministeriale del 25 febbraio scorso in materia di certificazione per documentare che si sono assolti gli obblighi cui mi riferivo; ma se il problema era l'eccesso di burocrazia nell'obbligo di documentare l'assolvimento di tali obblighi, allora occorreva eliminare i problemi di burocrazia, non l'istituto in sé.
Noi conosciamo il mondo del subappalto, onorevole sottosegretario. Il nero abita per definizione nel subappalto; la non assicurazione dei lavoratori abita per definizione nel subappalto; tutte le cose più turpi abitano nel subappalto! Si tratta, dunque, di una norma che prevede di far emergere il subappalto, costringendo il subappaltatore a dimostrare che è in regola con le norme che noi abbiamo stabilito e che riteniamo debbano essere osservate. Per quale motivo s'intende eliminare una norma di questo tipo (scusate se ci metto maggiore passione)?
Come ha ricordato, peraltro, il mio capogruppo in Commissione, l'onorevole Baretta, la misura che state prendendo è contraria anche a quanto è stato scritto nel Libro bianco dal compianto professor Biagi. Non si può citare il professor Biagi semplicemente quando conviene. Andatevi a rileggere quello che c'è scritto nel Libro bianco per quanto riguarda l'esigenza diPag. 31disciplinare tutto il mondo sommerso del subappalto, con misure che richiamano anche quelle che voi state abolendo.
Peraltro, tra le norme da abrogare è stata richiamata la normativa di riforma del codice civile in materia di cessione del ramo d'azienda dove, allo stesso modo, sono previsti vincoli che si vogliono imporre a tutta l'area del subappalto che in genere nasconde i fatti più turpi, come dicevo prima, a tutto scapito delle persone e anche dei lavoratori. Infatti, una delle situazioni che più frequentemente si verifica è che si facciano lavorare le persone in nero senza alcuna assicurazione. Signor sottosegretario, sono coloro che, quando arriva un'ispezione, spariscono: sono in cinquanta, arriva l'ispezione e se ne trovano tre. Infatti, il subappaltatore lavora in queste condizioni - come lei sa - anche dalle sue parti dove con i pulmini si viaggia da Bergamo a Milano con sette persone a bordo, tutti lavoratori in nero, generalmente extracomunitari, per eseguire lavori in subappalto, con i quali si costruiscono le ville; poi, queste stesse persone non risultano da nessuna parte, se non - mi permetta di dire - nei cortei «anti immigrati».
Su questi aspetti è necessario probabilmente che svolgiamo una riflessione un po' più seria.
Inoltre, vorrei rivolgervi una domanda, signor sottosegretario: visto che nel decreto-legge n. 112 del 2008 avete previsto norme che elevano da 5 mila a 12.500 euro il contante che sfugge alla tracciabilità, che avete abolito i conti correnti dedicati, che avete abolito l'elenco clienti-fornitori, che insomma avete abrogato una serie di norme ritenute «oppressive», adesso tutto il mondo del subappalto è esonerato dal dover dimostrare che opera in regola, che paga le tasse, che paga i contributi e così via. Non vi viene il dubbio, signor sottosegretario, che siccome «due più due fa quattro», qualcuno possa cominciare a pensare che è tornata la ricreazione, cioè, che si sta creando un clima per cui, in qualche modo, si è incentivati ad evadere, si è incentivati a porre in essere comportamenti che sottrarranno risorse all'erario, oltre che evidentemente portare fuori strada rispetto al comportamento del cittadino che nei riguardi dello Stato si deve ispirare a canoni di correttezza? Non vi viene questo dubbio? Non vi viene il dubbio che, eliminando le norme riguardanti il subappalto, se non le sostituite con qualcosa di meglio, si sprofonderà di nuovo nel mistero del lavoro nero dove tutto può accadere? Sinceramente sono stupito del fatto che voi abbiate abrogato tali norme.
Peraltro, mi permetto di osservare molto timidamente, perché non vorrei coinvolgere gli uffici, che anche il servizio bilancio della Camera ha scritto - ve lo potrei citare ma me ne astengo perché è leggibile - in una noticina di sette righe, un poco piccola, che da questa norma, peraltro, possono derivare anche effetti di natura finanziaria, benché in materia di bilancio non sia scontata la produzione di effetti dalla norma originaria; ma poiché viene meno la deterrenza, possono determinarsi conseguenze negative.
Conosco la legge della maggioranza: voi governante in ragione del fatto che avete la maggioranza ma non avete sempre ragione, sottosegretario. Ho già detto che qui vi sono implicazioni anche per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro: pertanto, in conclusione, vi chiederei - vi prego, dicevo prima - di soprassedere all'abrogazione di queste norme e di sopprimere sostanzialmente il comma 8 dell'articolo 3, che elimina, abrogandole, le norme in materia di subappalto.
Se non vi piacciono queste norme, dal momento che avete davanti parecchio tempo, eliminate le norme abrogative e concepite norme migliori di quelle esistenti oggi, ma non abolite completamente i vincoli che possono portare tutto il mondo del subappalto ad un minimo di regolarizzazione, perché sappiamo benissimo che si tratterebbe di un provvedimento negativo e sono convinto che anche voi la pensiate così. Quindi, in questo caso, il mezzo tradisce il fine.
Concludendo voglio richiamare due commi dell'articolo 4, sui quali mi soffermo molto velocemente. Il comma 2,Pag. 32proroga al 1o gennaio 2009 l'entrata in vigore dell'obbligo di comunicazione all'Inail e all'Ipsema dei dati relativi agli infortuni sul lavoro, cioè i dati sugli infortuni che comportano un giorno di assenza, oltre quello nel quale ci si è fatti male, e i dati statistici relativi agli infortuni che comportano l'assenza dal lavoro per più di tre giorni.
A mio avviso, si poteva tranquillamente mantenere il termine previsto, senza spostarlo al 1o gennaio 2009, perché anche questa modifica confligge evidentemente con le norme di irreprensibilità che devono essere osservate sul terreno degli infortuni sul lavoro. Ciò anche in considerazione del fatto che, retoricamente, soprattutto in occasione del 1o maggio ma per tutto l'anno, e soprattutto dopo che è morto qualcuno, tutti ci affanniamo a fare grandi proclami, affinché le norme possano essere più stringenti possibile e vi sia vigilanza su un fenomeno che tutti dichiariamo essere incivile.
Per quanto riguarda il comma 4 dell'articolo 4, avete spostato al 1o gennaio 2009 le limitazioni per i neopatentati con patente «B», che guidano veicoli superiori ad una certa potenza. Anche in questo caso, visto che vi sono incidenti stradali da parte di persone che hanno appena preso la patente e che guidano, magari, bolidi superpotenti, a mio avviso, è stato un errore aver spostato e procrastinato nel tempo, al 1o gennaio 2009, l'entrata in vigore di questa norma.
Mi fermo qui. Vi sono anche altre proroghe e differimenti e non tutto, evidentemente, è sbagliato: come sempre, in provvedimenti così eterogenei, vi sono aspetti positivi e negativi. I provvedimenti cosiddetti milleproroghe sono necessari e li abbiamo realizzati anche noi; tuttavia, avete «infilato» questioni, come si diceva in precedenza, che, sono altro che proroghe! Ciò mi rimanda a quanto già detto all'inizio dell'intervento, cioè ad un modo di legiferare che credo sia assolutamente inadeguato, con una legislazione confusa ed erronea, in cui non vi sono solo gli «errorini», di cui ha parlato, peraltro, l'ottimo sottosegretario Vegas, a proposito dell'articolo 60 del decreto legge n. 112 del 2008. Su quest'ultimo, siamo stati giorni e giorni ad affermare alcuni concetti e non dico che non ci siamo ascoltati, signor sottosegretario, ma quasi certamente, non ci siamo nemmeno sentiti: già sarebbe interessante se ci sentissimo, oltre che ci ascoltassimo. Poiché il presupposto per ascoltarsi è quello di sentirsi, intanto la ringrazio, perché mi ha sentito benissimo (visto che ha lo sguardo rivolto verso chi le parla), ma spero anche di essere ascoltato.
Spero, soprattutto, più complessivamente, che l'estate porti consiglio, affinché in autunno si evitino queste modalità di lavoro che, a mio avviso, sono negative per la maggioranza e per l'opposizione: infatti, il discorso che sto facendo, cioè quello di lavorare in tempi troppo ristretti che, inevitabilmente, producono errori perché non vi è il tempo di approfondire le questioni, è un problema che riguarda non solo l'opposizione, ma anche la maggioranza e, in definitiva, il Parlamento. Poiché, come si dice, errare humanum est ed è solo il perseverare ad essere diabolico, spero che, facendo tesoro di questa esperienza che stiamo conducendo, almeno in autunno, si possa migliorare il nostro modo di legiferare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, svolgerò un intervento un po' particolare, nel senso che, come ha affermato ora l'onorevole Duilio, è difficile intervenire in discussione sulle linee generali su provvedimenti di questo tipo, molto, molto eterogenei. L'eterogeneità non sempre è un difetto, ma è un difetto molto grave quando si parla di decreti-legge.
Se potessi dare una linea guida a questo intervento, direi che è diretto ad osservare i profili connessi alla qualità della legislazione. Certo, non è un'aspirazione troppo presuntuosa perché, in realtà, è un intervento tutto centrato sulle considerazioni contenute nel parere del Comitato per la legislazione.Pag. 33
Non vorrei neanche che si pensasse che esso sia una ripetizione rispetto a quanto scritto nel testo giunto alle Commissioni riunite e, poi, anche indirettamente all'attenzione dell'Aula. Tuttavia, quando il Ministro Vito è giunto in sede di Comitato per la legislazione ha avuto anche il garbo di individuare possibili soluzioni prospettiche per il ruolo di questo Comitato. Quest'ultimo è nato nel 1997, con un'aspirazione molto ambiziosa, quella cioè, di fare da «cane da guardia» rispetto allo stesso Parlamento, in ordine proprio ai contenuti e alla qualità della legislazione. In seguito, esso si è trovato a perdere qualche punto, perché una cosa è l'esigenza di un organismo tecnico e paritetico, che si muove all'interno del Parlamento e che prevede anche dei meccanismi di turnazione delle presidenze tra maggioranza e opposizione, altra cosa è dare effettività a questo tipo di indicazioni, di fronte alle esigenze, a volte ruvide, della politica.
Tuttavia, quello che mi induce a svolgere queste considerazioni in Aula è il fatto che il Comitato per la legislazione si muove dando applicazione a circolari congiunte del Presidente della Camera, del Presidente del Senato e del Presidente del Consiglio dei ministri. Nel 2001, queste tre Presidenze, insieme, decisero di porre alcune regole - una sorta di autolimitazione dei rispettivi poteri - e previdero, nel Regolamento, che il Comitato fosse il custode, in qualche modo il garante di queste indicazioni.
Pertanto, ciò che mi suggerisce di intervenire per portare in Aula questo tipo di preoccupazioni è proprio la struttura di un atto come quello in esame. Parliamo, infatti, sostanzialmente di un atto il cui connotato comune è la caratteristica delle proroghe legislative. Ebbene, avendo subito tale atto al Senato considerevoli immissioni di disposizioni che ne hanno cambiato la fisionomia e un pericoloso trapianto - su questo non mi soffermo molto, ma il problema è molto grave - addirittura del contenuto dei due decreti-legge (procedo per sintesi, perché queste cose sono già state dette), esso arriva alla Camera in condizioni tali da non rendere facilmente prevedibile una sua modifica, ma d'altra parte con la convinzione, abbastanza generalizzata, che tale modifica sarebbe necessaria in una serie di punti.
Citerò alcuni esempi, per far capire come il legislatore non debba permettersi errori di questo tipo. Del resto, alcuni errori - o, comunque, considerati tali all'inizio ma, in alcuni casi, più che errori erano disattenzioni dal punto di vista costituzionale e, pertanto, non si possono definire errori - li abbiamo visti registrati attraverso la lettura dei quotidiani nei giorni successivi, con riferimento a questioni importanti, su cui immagino abbia già parlato il collega Duilio, come ad esempio la possibilità di modificare la struttura di bilancio con atto amministrativo, o le disposizioni di cui ha riferito la stampa in materia di precari. Queste norme, in un Parlamento che funziona e che ha un sistema bicamerale, non dovrebbero arrivare alla fine dell'iter parlamentare.
Entro rapidamente nel merito. In primo luogo, vi è una condizione che è stata posta, perché in questo decreto-legge si opera una modifica di un regolamento - notoriamente fonte secondaria - con una fonte primaria. L'articolo 4, comma 9-bis, incide su una fonte secondaria, un regolamento, e questa circostanza si pone in contrasto con le esigenze di coerente utilizzo delle fonti normative, in quanto si produce l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi: in questo caso è proprio esplicito il punto 3 della lettera e) della circolare congiunta dei Presidenti, che in precedenza richiamavo.
Vi è anche da considerare che, quando si compiono operazioni di questo genere, diventa estremamente arduo il controllo giurisdizionale, il quale notoriamente è diverso per i due diversi tipi di fonte. Su questo punto, il Comitato per la legislazione ha avuto modo di dire con garbo, ma certamente in maniera incisiva: valutino le Commissioni la soppressione del comma 9-bis dell'articolo 4, ove si modifica l'articolo 7 del regolamento di cui alPag. 34decreto ministeriale 5 gennaio 2000, n. 59, al fine di consentire un'ulteriore proroga del presidente del Museo storico della fisica e Centro di studi e ricerche. Al di là di ciò che nasconde tale fattispecie, che mi interessa relativamente, mi interessa il lessico, la strumentazione che viene utilizzata per arrivare a questo scopo, e questa è certamente inaccettabile. Ma non è inaccettabile dal mio punto di vista, è inaccettabile dal punto di vista di chiunque sieda in questo ramo del Parlamento.
Vi sono, poi, alcune osservazioni che vorrei richiamare, perché riguardano sempre questo modo di legiferare.
Ho ricordato che, praticamente, siamo arrivati a dieci decreti-legge convertiti, una legge approvata, il lodo Alfano, e un'altra approvata in sede legislativa. Arriveremo, probabilmente, alla fine del mese di luglio, quindi fra pochissimi giorni, con un Parlamento che avrà convertito dodici decreti-legge.
Lasciamo stare il problema relativo agli spazi di maggioranza e opposizione e tutte ciò che si è detto, ma è inevitabile che, con questo modo di legiferare, ci sia una mancanza di coordinamento fisiologico. Diciamolo pure in maniera più esplicita: le burocrazie, quelle che assistono i ministeri, anche ad altissimo livello, inseriscono norme e disposizioni, in diversi provvedimenti normativi, con la convinzione che, se uno non andrà in porto, almeno ne andrà in porto un altro. Questo è esattamente quello che è successo quando sono stati inseriti due decreti-legge, i nn. 113 e 114, nel decreto-legge che stiamo esaminando, il n. 97.
C'è un problema ulteriore: manca il coordinamento, addirittura, tra due testi che la Camera ha esaminato in sequenza di pochissimi giorni, cioè il «milleproroghe» - chiamiamolo così - da un lato, e il decreto-legge n. 112 del 2008, il decreto economico-fiscale.
Gli esempi sono molto facili (forse, qualcun altro li avrà già menzionati): il caso è quello della fondazione «Il Vittoriale degli italiani». L'articolo 4, comma 3, del decreto-legge in esame, dispone: «Il termine per l'emanazione dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 634, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è prorogato al 30 settembre 2008 per la Fondazione "Il Vittoriale degli italiani"». È una formula che ho letto schematicamente, ma che nessun comune mortale riuscirebbe a decifrare, se non attraverso un'approfondita lettura, grazie alla quale emerge che la disposizione interviene a prorogare, fino al 30 settembre 2008, i termini per l'adozione di regolamenti previsti da una legge finanziaria.
Qual è la legge finanziaria? È la legge finanziaria per il 2008, che, all'articolo 2, comma 634, prevedeva che, al fine di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, con uno o più regolamenti ministeriali, da emanare entro il termine di centottanta giorni, sono riordinati, trasformati o soppressi, o messi in liquidazione, enti ed organismi pubblici statali, nonché strutture amministrative pubbliche statali. È il vecchio problema - lo conosciamo da tempo - della riduzione degli enti inutili o presunti tali. Questi schemi di regolamenti devono, poi, essere trasmessi alle Commissioni parlamentari. Tutti gli enti compresi nell'allegato A, tra i quali c'era «Il Vittoriale degli italiani», che non sono oggetto di regolamenti, sono soppressi alla scadenza di questo termine; era, quindi, una «norma tagliola», molto precisa, che, comunque, scaturiva da una legge finanziaria.
Cosa fa il decreto-legge n. 112 del 2008? Da un lato, abroga l'articolo 2, comma 634, relativo all'allegato A, eliminando il meccanismo per cui gli enti compresi nell'allegato A, non oggetto di regolamento, sono soppressi; esso, quindi, cambia logica, cambia registro, inserisce un criterio completamente nuovo e proroga il termine per l'adozione dei regolamenti al 31 dicembre.
Il decreto al nostro esame interviene ancora - abbiamo, quindi, la finanziaria, il decreto-legge n. 112 e questo decreto-legge, che interviene non dicendo nulla sull'abrogazione precedente fatta dall'atto coevo in Parlamento - e proroga al 30 settembre quello che il decreto-leggePag. 35n. 112 del 2008 aveva prorogato al 31 dicembre. È veramente un rompicapo! Anziché mettere sui giornali il sudoku o altre cose che fanno impazzire i lettori, secondo me, potrebbero pubblicare queste formulazioni normative e proponendo ai lettori in grado di trovare la soluzione anche premi milionari, perché è piuttosto complicato.
Il Comitato, con il suo buon cuore, chiede, almeno, di cercare di coordinare queste norme e far capire qual è la soluzione che attende questi organismi.
Un altro esempio molto semplice, sempre relativo al coordinamento fra il decreto-legge n. 97 del 2008 e il decreto-legge n. 112 del 2008, è relativo al fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio.
Anche in questo caso si parla di proroga al 30 settembre del termine per la conservazione in bilancio delle risorse relative a questi fondi. Ma l'iter delle norme è piuttosto singolare, perché le leggi finanziarie che intervengono sono addirittura due: la legge finanziaria per il 2005 prevede contributi statali per finanziare interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali (questa è la norma base); la legge finanziaria per il 2008, al contrario, ha abrogato tali commi a partire dal 1o agosto 2008, abolendo di conseguenza il fondo e prevedendo che le somme non impegnate siano riversate nelle entrate generali dello Stato. L'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008, ha reintrodotto il fondo: una schizofrenia normativa abbastanza singolare, prima lo si prevede, poi lo si abroga, poi lo si istituisce nuovamente. Reintroduce quindi, come dicevo, il Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio che era stato soppresso nella legge finanziaria per il 2008 (quindi, l'altro ieri). Il comma in questione interviene a prorogare fino al 30 settembre il termine per la conservazione in bilancio delle risorse relative ai contributi statali già previsti per il fondo suddetto. Anche in questo caso il «povero» Comitato per la legislazione rileva: vi sono due logiche diverse in queste norme, tentate di coordinarle. Altro rompicapo terrificante dal punto di vista normativo: vorrei interpellare i miei colleghi, mi piacerebbe sapere se qualcuno sa se questo fondo esiste o non esiste più.
Vado rapidissimamente agli altri due esempi. Il primo riguarda il coordinamento, questa volta non più tra il decreto-legge n. 97 del 2008 e il n. 112 del 2008, ma con un altro decreto-legge un pochino antecedente, di tre settimane, il decreto-legge n. 90 del 2008. Parliamo dei rifiuti in Campania: anche su tale materia c'erano stati due decreti-legge «fusi» in uno soltanto. In questo caso ci sono una serie di disposizioni, di cui vi dico solo il titolo perché non voglio annoiare ulteriormente: il divieto di trasferire i rifiuti verso altre regioni; la classificazione in una determinata tipologia di tutti i rifiuti provenienti da una serie di località e, infine, l'attribuzione al Ministero per lo sviluppo economico del compito di determinare le modalità per concedere incentivi ad alcuni impianti di termovalorizzazione.
Anche in questo caso ci sono da una parte norme di un tipo, dall'altra norme simili, la cui sovrapposizione è piuttosto complicata e che di fatto non dispongono la stessa cosa. Cosa dice il Comitato per la legislazione? È necessario un coordinamento di questi articoli (l'articolo 8-bis, l'articolo 9 comma 7 e l'articolo 6 comma 2) del provvedimento, dato che prevedono un contenuto simile ma non coincidente: nel caso delle norme giuridiche i contenuti simili ma non coincidenti non lasciano del tutto tranquilli, perché basta, com'è noto, modificare una virgola per avere un senso diverso.
Questo è il caso di un altro difficile coordinamento tra il decreto-legge in esame e quanto disposto nel decreto del Presidente della Repubblica n. 642 addirittura del 1972. L'articolo su cui stiamo deliberando riporta: all'articolo 15, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, dopo la parola «emessi» sono aggiunte le parole «e ricevuti». Sembrerebbe una cosa di poco conto, ma siccome si tratta di documenti per pagare l'imposta di bollo inPag. 36modo virtuale, che devono consegnare i commercialisti e una serie di addetti ai lavori, una cosa è parlare di atti e documenti emessi, un'altra cosa è parlare di atti e documenti ricevuti. Anche in questo caso, sempre con flebile voce ma certamente con chiarezza di intenti, il Comitato chiede: qual è il coordinamento tra la norma base del 1972 e quello che ora viene inserito, è la stessa cosa, oppure si vuole cambiare il meccanismo e estendere la tipologia degli atti?
L'ultimo esempio che voglio citare è quello che si riferisce a una norma retroattiva in materia di infortuni sul lavoro. Non si tratta di una cosa di poco momento, perché si dice: le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera r) e all'articolo 41, comma 3, lettera a) del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 (anche tale provvedimento, che sembra lontanissimo nel tempo, è di quest'anno) si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2009.
Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un problema delicato di coordinamento. Ma v'è di più: com'è noto, queste norme impongono taluni obblighi a carico dei datori di lavoro e prevedono che, in mancanza del loro adempimento, scatti una sanzione amministrativa. Ebbene, il termine originario previsto per l'entrata in vigore di tali norme era - se non vado errato - il 15 maggio: ora, con una norma entrata in vigore dopo il 15 maggio, si introduce un differimento al 1o gennaio 2009. È dunque chiaro che si tratta di una norma retroattiva: il che è tanto più rilevante perché si incide nella delicata materia degli infortuni sul lavoro, e soprattutto si incide su processi che possono essere in corso per applicare quelle sanzioni.
Anche in questo caso, bisognerebbe dunque valutare l'opportunità di precisare l'effetto retroattivo del differimento con riguardo a questi procedimenti, poiché vi sono una serie di diritti quesiti: non ci sono solo i datori di lavoro con tutte le loro esigenze; ci sono anche i lavoratori - e tocchiamo la delicatissima materia degli infortuni sul lavoro - per i quali queste norme e queste sanzioni sono a presidio e tutela, a volte in qualche modo inutili.
Concludo: non mi illudo certo che i decreti cosiddetti «mille proroghe», con tutta la loro ricca famiglia, possano in un sol colpo divenire perfetti: ad essi si è fatto ricorso ripetutamente da parte di Governi e maggioranze diverse.
Vorrei dire, però, che quel poco di bicameralismo che resta potrebbe dare un aiuto in questa direzione. Abbiamo fatto persino due norme «taglia-leggi»: ve n'è una che risale al 2005, mentre ora il Ministro Calderoli ha voluto aggiungere un «taglia-leggi» che, scherzosamente, si potrebbe definire con il turbo, in quanto adottato con un decreto-legge che taglia 3.500 leggi. Ma, cosa un po' singolare, mentre prima si diceva che esse venivano tagliate sessanta giorni dopo, ora si prevede che ciò avvenga centottanta giorni dopo. Di colpo, quindi, cade la saracinesca su 3.500 leggi (in alcuni casi vi erano errori di grammatica ed erano abrogate norme che erano già abrogate, ma ciò non importa).
Non si può, però - e lo dico con profonda convinzione -, con una mano varare una norma «taglia-leggi» e ridurre lo stock normativo, e con l'altra mano produrre norme a così basso indice di qualità, come alcune di quelle che stiamo producendo.
Vorrei dire che se occorre correggere prassi legislative negative, non conviene assolutamente peggiorarle, come è avvenuto in questo caso con l'innesto - l'ho già detto e non lo ripeto - di altri due decreti-legge (prassi rispetto alla quale il Ministro Vito è già venuto a dire queste cose presso il Comitato per la legislazione).
Mentre mi rendo conto che per gli altri punti ci troviamo di fronte ad osservazioni che tutti capiscono e che si potranno realizzare, forse, in altri momenti, su questo punto soltanto però, siccome questa prassi è nuova ed è pericolosissima in quanto viola la Costituzione ed il Regolamento, vorrei dire che dobbiamo evitare ciò che è accaduto con il decreto sull'Alitalia, con il decreto sui rifiuti e, in misura massima, con il provvedimento ora allaPag. 37nostra attenzione, ossia di «trapiantare» due decreti-legge in un altro decreto-legge all'esame del Parlamento.
Rispetto a tale prassi non so cosa ne pensi il Capo della Stato, che evidentemente avrà le sue valutazioni personali che non voglio giudicare; ciò che valuto sono, però, l'articolo 72 e l'articolo 77 della Costituzione, e quindi ciò che riguarda il Parlamento. Mi aspetterei dal Ministro Vito, in sede di replica, di avere rassicurazioni su questo punto, perché questa prassi non deve essere assolutamente condivisa, ma deve anzi essere bloccata.
Infine, chiedo alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Grazie onorevole Zaccaria, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il seguito degli interventi per la discussione sulle linee generali è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta.

Su un lutto del deputato Vincenzo Piso (ore 13,38).

PRESIDENTE. Comunico che il collega Vincenzo Piso è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre. Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.

La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 14,35.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Crimi è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1496)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è iniziata la discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, colleghi, articolerò il mio intervento intorno a tre riflessioni, la prima riguardante il metodo seguito per la presentazione e discussione del provvedimento in esame e le altre due concernenti il merito delle misure contenute nel decreto-legge in esame.
Credo che il provvedimento in oggetto sia l'ennesimo esempio e l'ennesima dimostrazione del metodo confuso, approssimativo e pasticciato che ha caratterizzato l'attività di legiferazione, su impulso del Governo, in questa prima fase della legislatura, in questi primi due mesi, due mesi e mezzo, di attività del nuovo Esecutivo. Al riguardo abbiamo avuto parecchi esempi. Infatti, si è cominciato con il cosiddetto «decreto-legge Alitalia», che era nato in un certo modo e che in corso d'opera ha subito una mutazione genetica assorbendo, per decenza e perché non era pensabile che di Alitalia si parlasse in due distinti provvedimenti paralleli, una parte del decreto-legge oggetto della presente discussione.
Poi si è proseguito con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, che è diventato una vera e propria manovra finanziaria estiva e di cui abbiamo ricordato più voltePag. 38- intendo sottolinearlo anche ora - la discussione molto affrettata, con tempi compressi e con i pasticci che in corso d'opera stiamo evidenziando. Ricordo che il testo iniziale è stato presentato al Quirinale in un determinato modo ma poi è stato stravolto dagli emendamenti via via presentati dal Governo e approvati in sede di V e VI Commissioni riunite, in barba ai requisiti di necessità e di urgenza che dovrebbero caratterizzare i contenuti dei decreti-legge.
Vorrei ricordare inoltre: le questioni che sono ancora aperte sull'articolo 60 di quel provvedimento e i rilievi che sono stati mossi dal Quirinale in merito ai contenuti di tali misure; la vicenda della proposta emendativa approvata in sede di Commissioni riunite che azzerava, sostanzialmente, l'Authority per l'energia elettrica e il gas e su cui poi il Governo - saggiamente, devo riconoscere - è tornato indietro; lo svuotamento che è stato compiuto con una proposta emendativa, approvata in una convulsa seduta notturna delle Commissioni riunite, della dichiarazione anticipata di assunzione su cui pure il Governo è tornato indietro; infine, la spiacevole vicenda della norma che è passata alla cronaca come il cosiddetto «emendamento anti-precari» su cui anche oggi leggiamo polemiche sugli organi di stampa e che non è altro che il frutto avvelenato di un decreto-legge che è diventato la manovra finanziaria estiva e che ha visto l'imposizione, al Parlamento e alle Commissioni competenti, di tempi strettissimi di discussione con l'emergere di tutte le complicazioni che sono sotto gli occhi di tutti negli ultimi giorni.
Questa è la vera storia di questo decreto-legge, e spiace che vi sia un brutto rimpallo di responsabilità apparso anche oggi sugli organi di stampa visto il modo pessimo con cui è stata gestita la discussione del provvedimento, con una compressione inaccettabile dei tempi di discussione che hanno prodotto ciò cui facevo riferimento.
Infine, non certo ultimo in ordine di importanza, questo provvedimento, che è diventato una sorta di autobus da cui si scende, ed è la sorte toccata alla parte del decreto-legge che riguardava Alitalia, che è scesa da questo decreto-legge per essere ricompresa nell'originale «decreto-legge Alitalia». Si sale, invece, per una serie di altre norme che sono state nel corso del tempo aggiunte ancora una volta alterando quelli che erano i sensi e i contenuti del provvedimento originario.
A tale proposito vorrei ricordare l'articolo 4-bis («Ulteriori proroghe di termini e disposizioni connesse»), l'articolo 4-ter («Fermo di emergenza temporaneo e definitivo e cassa integrazione guadagni straordinaria nel settore della pesca»), l'articolo 4-quater («Differimento dell'efficacia di disposizioni relative a personale a carico della finanza pubblica») e quant'altro. Insomma, è diventato un qualcosa di diverso rispetto al testo che originariamente era stato presentato alla Presidenza della Repubblica.
Ma non è la storia solo di questo provvedimento, è la storia di tutta l'attività di legiferazione di questa prima parte della legislatura e noi non possiamo non rimarcare, molto criticamente dal punto di vista del metodo, quanto è stato fatto in questi primi due mesi.
Il secondo ordine di considerazioni che intendo svolgere riguarda il merito del provvedimento. Mi concentrerò su due temi e il primo riguarda la cosiddetta «Visco Sud». All'articolo 2 viene sostanzialmente modificata la caratteristica originaria di questo tipo di agevolazione fiscale; infatti, si passa da un meccanismo automatico ad uno sostanzialmente di natura discrezionale e con una riduzione di fatto delle risorse messe a disposizione.
Ritengo che questa scelta del Governo sia un errore per tre motivi. In primo luogo, quando era stato introdotto nell'anno 2000 il meccanismo del credito di imposta era stato salutato come una grande innovazione nel sistema di incentivazione nel nostro Paese per un motivo in particolare: perché si traducevano nel sistema variegato delle incentivazioni meccanismi di trasparenza, di automaticità, di eliminazione dell'intermediazione politica nell'erogazione di questi incentivi, determinandoPag. 39un significativo abbattimento degli oneri burocratici per le imprese coinvolte e un significativo aumento della trasparenza di questi processi di incentivazione affrontando, finalmente con coraggio, una serie di nodi che si trascinavano da parecchio tempo.
In autunno avremo una discussione sul federalismo fiscale e sulla responsabilizzazione nell'uso delle risorse, con particolare riferimento alle risorse destinate alle aree svantaggiate e meno avanzate di questo Paese. Questo è un esempio classico di ritorno all'indietro per quanto riguarda i meccanismi di incentivazione perché si passa da un meccanismo di automaticità e trasparenza ad uno in cui rischia di prevalere il contenuto discrezionale nell'erogazione di questi trasferimenti.
La stessa Corte dei conti, nel momento in cui ha analizzato i diversi meccanismi di incentivazione rivolti alle aree meno avanzate del Paese, aveva confermato le valutazioni che ho testé fatto. Infatti, l'unico appunto che era stato fatto per quanto riguarda il meccanismo della «Visco-Sud» riguardava un tema relativo alle coperture più che all'efficacia, alla trasparenza e all'efficienza di questo strumento incentivante, mentre vi era stato un giudizio molto diverso e molto negativo per quanto riguarda strumenti di incentivazione più tradizionali e discrezionali come la famigerata (lasciatemelo dire) legge n. 488 del 1992 che si è distinta per la quantità patologica di truffe, di distorsioni nell'utilizzo dei fondi, di intermediazione «politica» nell'uso di queste risorse e quant'altro ed è da anni all'attenzione della cronaca e delle autorità di controllo.
Nonostante tutte queste valutazioni consolidate sulla natura, l'efficacia e l'efficienza dei meccanismi di incentivazione torniamo indietro, riportiamo indietro quello che era stato un avanzamento dal punto di vista istituzionale, operativo, amministrativo per quanto riguarda le caratteristiche della «Visco-Sud» nella sua natura originaria.
Si è posto da parte del Governo un problema di coperture: noi sosteniamo che questo sia un falso problema perché le risorse a disposizione per il ciclo 2007-2013 consentono di coprire anche (come si dice tecnicamente) un tiraggio eccessivo di questo strumento, consentono una rimodulazione di metà periodo. Non c'è quindi, a nostro giudizio, un problema di copertura tale da giustificare le scelte che il Governo ha assunto nel decreto-legge per quanto riguarda questo meccanismo.
Una seconda considerazione che intendo svolgere riguarda le scelte in merito alla «Visco sud»: si riconferma una tendenza al progressivo ridimensionamento delle risorse disponibili per il Mezzogiorno e le aree meno sviluppate del Paese. Con il decreto n. 93 del 2008 abbiamo finanziato sostanzialmente una buona parte dell'abrogazione dell'ICI sulla prima casa e della detassazione sugli straordinari, con la cancellazione di oltre due miliardi di euro di investimenti per le infrastrutture per il Mezzogiorno. In pratica si cancellano investimenti per finanziare la parte corrente del bilancio: questa è l'operazione sbagliata che è stata fatta con il decreto n. 93 del 2008.
Con il decreto n. 112 del 2008 si è stabilita la centralizzazione dei fondi per le aree sottoutilizzate, con il vincolo dell'85 per cento della destinazione di queste risorse al Mezzogiorno introdotto solo in sede di Commissione con la forte pressione del Partito Democratico e delle altre forze di opposizione e non certo per iniziativa del Governo e della maggioranza.
Infine, ci sono le misure introdotte da questo decreto-legge per quanto riguarda la «Visco sud» e allora io mi chiedo: qual è il federalismo fiscale e il modo di organizzazione delle relazioni finanziarie tra le varie parti del Paese che hanno in mente questo Governo e questa maggioranza?
Infatti, a leggere questi provvedimenti, abbiamo la forte impressione che il federalismo fiscale e la nuova organizzazione dei rapporti finanziari si traduca nei fatti nella prospettiva, più o meno vaga peraltro, di un'autonomia finanziaria di entrata e di spesa per il nord e di un ritorno pesante dello Stato nel sud con la cancellazionePag. 40degli spazi di autonomia per gli enti territoriali del Mezzogiorno e per di più con meno risorse a disposizione per tentare di riattivare meccanismi di crescita e di sviluppo. Allora, se questo è quello che voi effettivamente intendete come federalismo fiscale, mi viene da dire: fatevelo da soli!
C'è poi il federalismo fiscale che leggiamo nella bozza del disegno di legge presentato dai Ministri Bossi e Calderoli dove troviamo un terreno possibile di incontro e di confronto tra maggioranza e opposizione su una grande riforma di sistema che, se fatta con coraggio e con intelligenza, può realmente riattivare la responsabilizzazione degli amministratori locali nell'uso delle risorse e un percorso virtuoso di sviluppo delle aree meno avanzate del Paese. Qual è la verità, dov'è la linea del Governo e della maggioranza su questo tema cruciale? Noi non vorremmo che il federalismo fiscale scritto con l'inchiostro della bozza del Ministro Calderoli fosse uno specchietto per le allodole, mentre nei fatti questo Governo sviluppa una politica di segno completamente opposto, molto negativa per le aree meno avanzate del Paese.
Noi siamo per un federalismo fiscale serio, che sia l'occasione per una reale autonomia di entrata e di spesa per gli enti territoriali; che sia l'occasione per dare concretezza ai diritti civili e sociali troppo spesso negati in intere parti del Paese; che sia infine uno strumento per una forte responsabilizzazione dei meccanismi solidaristici di sostegno allo sviluppo delle aree meno avanzate del Paese favorendo un salto di qualità nelle classi dirigenti. Questi concetti non li ritroviamo nelle scelte del Governo sulla «Visco sud» perché ancora una volta si torna indietro ad un meccanismo in cui la centralità rischia di essere riconsegnata a classi politiche e amministrative di ogni colore politico (perché non voglio fare distinzioni di questo tipo) che tra l'altro hanno dato spesso cattiva prova di sé nel governare le aree meno avanzate del Paese e nel tentare di riavviare un percorso di crescita e di sviluppo economico e sociale.
Terza considerazione per quanto riguarda la «Visco sud»: un'ulteriore chiave di lettura è il progressivo ridimensionamento delle risorse investite nella politica industriale in questo Paese. Badate, questo è il Governo che ha buttato via - e sottolineo: buttato via - 300 milioni di euro per quello che era il prestito ponte per Alitalia ed è diventato un prestito a fondo perduto, finanziando questo intervento di 300 milioni di euro sull'ultimo grande carrozzone delle imprese pubbliche e togliendo risorse e finanziamenti al Fondo per la politica per la competitività e l'innovazione e al Fondo per la finanza di impresa. Questa è la prima operazione che avete compiuto: avete tolto risorse alle piccole e medie imprese e le avete consegnate alla fornace di Alitalia che le sta via via bruciando al ritmo di 2,4 milioni di euro al giorno. Con la «Visco sud» si va avanti su questo percorso negativo, mettendo tetti di spesa e ridimensionando risorse che dovrebbero andare ancora una volta ad incentivare il sistema economico e produttivo, in questo caso della parte meno avanzata del Paese.
Da queste due scelte, pesanti e rilevanti, si deve trarre la conclusione (speriamo che i prossimi atti del Governo smentiscano questa prospettiva) che questo Governo non crede in una politica industriale per questo Paese. Sorprende in questa vicenda, nei primi due mesi e mezzo di questo Governo con queste due scelte pesanti che riguardano il sistema economico e produttivo del Paese, il silenzio assordante delle organizzazioni di impresa che in altri tempi e per molto meno avrebbero fatto sentire con ben altra forza la loro voce per quanto riguarda scelte di questo genere. Non mi addentro in un eccesso di dietrologia, ma non vorremmo che dietro queste misure assunte esplicitamente e un'altra serie di misure su cui tornerò dopo, ci fosse un vecchio scambio e una vecchia logica di un modello di sviluppo che non può tenere in un sistema economico come quello italiano che gioca con le regole degli altri Paesi, visto che abbiamo l'euro, devePag. 41essere competitivo e deve crescere, senza tornare ai vecchi vizi che spesso aveva evidenziato.
La seconda questione di merito concernente il decreto-legge in discussione riguarda l'articolo 3, comma 8, in materia di responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore. La finalità di questo, come di altri interventi che sono stati assunti con il provvedimento in esame e con il decreto-legge n. 112, è più che condivisibile: semplificare, togliere lacci e lacciuoli, favorire l'iniziativa dei soggetti economici privati, ed è questo il motivo che sulla carta giustifica la cancellazione della responsabilità solidale che era stata introdotta dal decreto-legge «Visco-Bersani» nel 2006. Questa abrogazione, come è noto, comporta il venir meno, in capo al subappaltatore, dell'obbligo di comunicare all'appaltatore il codice fiscale dei soggetti impiegati nell'esecuzione dell'opera e, in capo all'appaltatore, il venir meno dell'obbligo di comunicare al committente i dati dei lavoratori impiegati dal subappaltatore. Nel decreto-legge «Visco-Bersani», inoltre, erano previste delle sanzioni e si era messo in piedi un meccanismo importante per lottare contro l'evasione, l'elusione fiscale, il lavoro nero, il sommerso e, indirettamente, anche contro quella vergogna italiana che sono le morti bianche sul lavoro e gli infortuni che continuano a costellare il sistema produttivo.
Il Governo compie una scelta precisa e va verso la deregolazione, su questo versante come su altri temi che riguardano il concreto funzionamento delle imprese italiane. Noi, in questo, vediamo il pezzo di un disegno complessivo che leggiamo molto chiaramente anche nel decreto-legge n. 112. Questo Governo e questa maggioranza hanno messo in soffitta i condoni fiscali e contributivi che avevano caratterizzato l'attività di Governo tra il 2001 e il 2006; del resto, non potevate fare altrimenti perché l'Unione europea, anche solo pochi giorni fa, ha clamorosamente «bocciato» il condono IVA assunto dal Governo Berlusconi negli anni tra il 2001 e il 2006. Abbandonati, quindi, i condoni espliciti, si segue la logica del condono strisciante, mettendo in campo una serie di scelte che stanno smontando, pezzo dopo pezzo, un apparato normativo su cui pure si può discutere - noi siamo pronti a farlo - con riferimento al carico di adempimenti o al possibile eccesso di complicazione. Indubbiamente, nell'apparato normativo che è stato messo via via in campo, dal decreto «Visco-Bersani» in poi, vi erano dei punti da approfondire e da discutere, ma esso ha consentito, credo per la prima volta nella storia di questo Paese, di iniziare a recuperare una quota consistente dell'evasione e dell'elusione fiscale che continuano a caratterizzare il funzionamento dell'economia in Italia. Lo certifica Il Sole 24 Ore che un mese e mezzo fa ha stimato nel 2007 l'evasione e l'elusione fiscale pari a 100 miliardi di euro, che è un dato enorme, perché rappresenta un pezzo rilevante del prodotto interno lordo di questo Paese, ma si tratta di 15 miliardi di euro in meno rispetto al dato che era stato stimato nel 2006. Insomma, con queste scelte la lotta all'evasione e all'elusione si è fatta realmente, per la prima volta, dopo tanto tempo in questo Paese. Ora si sta tornando indietro, è sufficiente mettere in fila gli interventi contenuti in questo decreto- legge e nel decreto-legge n. 112 del 2008 per sostenere che sono tutti provvedimenti che abbassano l'asticella della legalità, come è stato giustamente affermato nel dibattito svolto sul decreto-legge n. 112, e che, aggiungo, strizzano l'occhio ad una serie di soggetti - in questo Paese sono tanti, purtroppo - che pensano che fare impresa debba necessariamente comportare la possibilità di pagare meno tasse possibili con tutti i mezzi, leciti e non, che derivano dalla normativa vigente e, se possibile, schivare e scansare le normative che, ad esempio, proteggono i lavoratori dai rischi connessi alla loro attività. Lo ripeto: si tratta di un modo vecchio, furbesco, di fare impresa, non all'altezza rispetto alle sfide che il Paese ha di fronte.
Vanno, purtroppo, nella direzione di strizzare l'occhio a questi soggetti le misure sulla tracciabilità dei pagamenti, laPag. 42«semplificazione» delle piccole cooperative (che è stata - ahimé - anch'essa introdotta in quella notte di discussione nelle Commissioni riunite bilancio e finanze) le norme sull'utilizzo dei contanti, l'abrogazione dell'elenco clienti fornitori e, da ultimo, la cancellazione della responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore. Con tutte queste scelte stiamo lanciando un segnale sbagliato al Paese e al suo sistema economico produttivo, perché stiamo illudendo gli operatori economici, e più in generale gli italiani, che possiamo recuperare competitività con questa strada vecchia, con l'abbassare l'asticella della legalità, riaprire vecchie strade all'evasione e all'elusione fiscale, evitare il rispetto dei doveri e quant'altro.
In questo modo, non andiamo da nessuna parte: il Paese non va da nessuna parte se pensa di recuperare spazio, competitività e peso tra le grandi economie, tornando alle logiche e alle pratiche «dell'Italietta che fu». A nostro avviso, dobbiamo seguire una strada diversa, ovvero quella della legalità e di un sistema produttivo che lavora sicuramente con poche regole, certe e semplici. Questa è una sfida in ordine alla quale sicuramente ci incontreremo con voi se seguirete tale direzione, ma servono regole che devono essere fatte rispettare.
Secondo noi queste scelte vanno in una direzione diversa e sbagliata. Le riflessioni che ho svolto in questo intervento sul metodo seguito e sul merito di due grandi scelte contenute nel decreto-legge in esame confermano il giudizio negativo sul provvedimento che abbiamo già avuto modo di esprimere in Senato e che ribadiamo e riconfermiamo in sede di discussione sulle linee generali alla Camera dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro e signor sottosegretario, prima di entrare nel merito del provvedimento in esame, permettetemi di dire che, se in passato si è parlato di farsa, quella che stiamo vivendo in relazione al decreto-legge in esame è la summa delle farse. Infatti, non si è potuto discutere del decreto-legge in Commissione, posto che, iniziata la discussione sugli emendamenti, il rappresentante del Governo ha dichiarato che tutti gli emendamenti proposti dovevano considerarsi respinti, poiché lo stesso riteneva che il provvedimento non fosse emendabile. Di conseguenza, l'Italia dei Valori, di fronte a tale dichiarazione, ha abbondato la Commissione, in quanto era evidente che qualunque discussione sarebbe stata priva di possibilità di incidere sul provvedimento.
Voglio richiamarmi ad alcune considerazioni che, in sede di discussione sulla questione pregiudiziale di costituzionalità presentata al provvedimento in esame, ha svolto con grande lucidità il collega Zaccaria, il quale rilevava che, in due mesi e mezzo, abbiamo approvato undici leggi e di queste dieci sono leggi di conversione di decreti-legge. Ve ne sono credo altri quattro in arrivo e ciò fa capire come stiamo lavorando. Quindi, si tratta di una farsa ormai continuata e chissà per quanto continuerà.
Sono in discussione solo decreti-legge, ovvero provvedimenti che dovrebbero avere il carattere di necessità e di urgenza. In molti casi, invece, tali provvedimenti non sono così urgenti e si stanno realizzando delle riforme proprio attraverso i decreti-legge.
Tra l'altro penso che, proprio in questo decreto-legge, vi sia qualcosa che definire paradossale è dire poco. All'interno del provvedimento, infatti, vi è un duplice trapianto: sono stati inseriti in un decreto-legge altri due decreti-legge, il n. 113 del 2008 ed il n. 114 del 2008, innestati con un'operazione che certamente ha una spregiudicatezza enorme anche sul piano costituzionale. Mi riferisco alle indubbie angosce che immagino debba patire il Presidente della Repubblica quando si trova di fronte a continui stravolgimenti di decreti-legge da lui originariamente controfirmati.Pag. 43
È evidente che sul piano dei contenuti anche su questo decreto-legge vi sono parecchie questioni da ricordare.
Non tutte, infatti, sono semplici proroghe, in qualche modo giustificate o giustificabili dal fatto che i soggetti che devono ottemperare non sono ancora pronti, ma, in alcuni casi, come quello della normativa antincendio - che, per alcuni aspetti, è contenuta nel provvedimento -, siamo ormai arrivati a dieci anni di continui rinvii e di proroghe dei termini. Verrebbe da dire, quindi, che quelli che hanno ottemperato sono semplicemente deficienti e cretini: hanno pensato che lo Stato facesse sul serio; hanno investito denaro ed hanno fatto quello che si doveva fare e poi, ancora una volta, sono stati in qualche modo «gabbati», perché qualcuno continua a rinviare il tempo entro il quale ci si può legalmente adeguare a provvedimenti di legge.
È evidente che il primo meccanismo di gravissima pericolosità che viene introdotto riguarda la cosiddetta «Visco sud»: è inutile osservare che in questo provvedimento vi sono errori tecnici. Si è affermato che si sta già correggendo il decreto-legge n. 112 del 2008, che dovremo riesaminare, non so bene quando e come, per errori di natura formale. Qui, invece, vi sono errori di natura sostanziale che non posso immaginare siano pianificati, perché, se dovessi accettare l'idea che vi è una volontà in tal senso, devo convenire che il Governo sta immaginando di dare una mano a qualcuno che vuole approfittare di una legge. Non so se in questi casi si possa parlare tecnicamente di evasione, ma si tratta di un meccanismo che è anti-semplificazione. Abbiamo istituito un Ministero per la semplificazione e nella «Visco sud», invece di semplificare, complichiamo: si obbliga, infatti, ad effettuare una specie di prenotazione del credito, ma con un meccanismo secondo il quale, se l'istanza avanzata da un'impresa non è accolta entro l'anno in cui è stata effettuata, l'imprenditore di fatto può conteggiare il 30 per cento dell'importo a titolo di credito di imposta, senza neppure avere effettuato gli investimenti. Mi pare, quindi, che sia una disciplina che complica invece di semplificare e che diventa persino strumento possibile di elusione. Una parte del contenuto del provvedimento è sicuramente sbagliato e, a mio avviso, andrebbe rivisto.
Ben più grave è la questione che riguarda l'abrogazione delle norme che avevano introdotto la responsabilità solidale fra appaltatore e subappaltatore. L'abrogazione di queste norme appare assai pericolosa perché, in particolare, comporta il venir meno in capo al subappaltatore dell'obbligo di comunicare all'appaltatore il codice fiscale dei soggetti impiegati nell'esecuzione dell'opera e di attestare il versamento delle ritenute fiscali relative ai propri dipendenti occupati nel cantiere mediante un F24 specifico per singolo subappalto, accompagnato da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, ovvero attraverso un'asseverazione da parte dei soggetti abilitati.
In capo all'appaltatore viene meno l'obbligo di comunicare al committente il codice fiscale dei lavoratori impiegati dal subappaltatore e la possibilità di essere esonerato dalla responsabilità solidale, attraverso l'acquisizione della documentazione attestante la regolarità fiscale del subappaltatore.
In capo al committente viene meno il rischio di vedersi applicata la sanzione amministrativa, da 5.000 a 200.000 euro, qualora proceda al pagamento del corrispettivo senza aver verificato il corretto assolvimento degli adempimenti previsti.
Siamo di fronte, quindi, ad una situazione molto grave, che porterà ancora all'aumento, in un campo che già ne soffre, dell'evasione fiscale e dell'evasione contributiva. Ci troviamo di fronte ad un intervento che avrà sicuramente l'effetto di peggiorare la situazione sotto il profilo che ho segnalato.
Andando avanti, abbiamo ancora altri interventi degni di nota in senso negativo.
Per esempio, vi è lo slittamento degli obblighi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che erano stati previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008. In particolare, vi è lo slittamento dell'obbligoPag. 44di comunicare all'INAIL o all'Ipsema, a seconda delle competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro, che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento, e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni. Slitta anche il divieto di effettuare visite mediche in fase preassuntiva.
Vi sono poi altri interventi discutibili, di cui non si capisce il perché. Ciò dimostra l'accavallarsi continuo di decreti-legge, che contengono norme che, in qualche modo, superano quelle contenute nel decreto-legge che si esamina prima o dopo.
Pertanto, ecco che saltano fuori due enti, che potrebbero rientrare in quegli enti inutili che il decreto-legge n. 112 del 2008 elimina, per i quali, invece, sono previsti interventi e norme con slittamenti di termini. Mi riferisco alla fondazione «Il Vittoriale degli italiani» e anche al centro studi Fermi, per i quali, a fronte del decreto-legge n. 112 del 2008, che probabilmente li abolisce, nel provvedimento in discussione si prevedono slittamenti di termini in materia di riordino, trasformazione e soppressione.
Slitta ancora il termine e la norma sulla limitazione alla guida dei veicolo per neopatentati. Capisco che siamo di fronte ad un problema serio, perché non tutte le famiglie possono disporre di più autovetture, anche se le statistiche ci dicono che in una famiglia italiana ce ne sono, in media, all'incirca più di due.
Si tratta, pertanto, di un problema che può riguardare alcune famiglie con neopatentati, però, invece di continuare i rinvii, troviamo delle soluzioni. Per esempio, per i neopatentati si poteva prevedere, oltre al possesso della patente, una sorta di centro di guida sicura, riconosciuto con decreto ministeriale, presso il quale fare ore di pratica aggiuntiva e conseguire così una specie di addendum alla patente, per poter permettere la guida anche di questo tipo di autovetture.
Molto più grave è la questione che riguarda, invece, il termine, di cui al decreto-legge Bersani, che si intende modificare per la parte relativa all'istituto in house, ossia si prevede il differimento del termine per la cessazione di attività non consentite, con riferimento alle società a capitale pubblico o misto, costituite o partecipate dagli enti locali.
Anche questa è un'ulteriore disposizione protezionistica. Continuiamo a dire che chi si era presentato agli elettori come partito «liberale», lo dico tra virgolette, continua ad emanare provvedimenti di stampo protezionistico e, quindi, di contenuto esattamente contrario a ciò che corrisponde alla parola liberalizzazione.
Addirittura, vi sono norme che veramente si stentano a capire, perché attengono anche alle problematiche della salute delle persone. Per esempio, non si comprende perché si continui a rinviare il termine per la vendita al consumatore finale di prodotti che hanno un contenuto di composti organici volatili superiore a quello stabilito dalla normativa comunitaria.
Ma cosa dobbiamo aspettare? Che qualcuno muoia prima di chiudere con questa vicenda e di rispettare la relativa direttiva dell'Unione europea? È necessario che qualcuno muoia? Dobbiamo per forza di cose regalare anche all'ultimo dei commercianti che ha in deposito una lattina di queste vernici - perché di questo si tratta - il tempo per poterla smaltire, affinché non gli resti nulla, con pregiudizio, invece, per la salute della gente? Credo che anche questo aspetto meriti una riflessione.
Un altro problema riguarda la questione - che ho sollevato più volte - dei contributi per i termovalorizzatori. Per carità, va bene che in Campania c'è l'emergenza rifiuti e che quindi concediamo delle deroghe, ma non posso accettare l'idea che questi contributi siano venuti meno anche in ordine ad alcuni casi di attività imprenditoriale (presenti nell'area torinese): mi riferisco ad alcuni consorzi che hanno fatto tutto ciò che era necessario fare (ricevendo tutte le autorizzazioni),Pag. 45e che dovevano semplicemente mettere in opera l'investimento, ma poi all'improvviso gli abbiamo detto (non l'avete detto voi, lo aveva detto il Governo precedente, ma noi non eravamo del tutto d'accordo sul tale modalità): abbiamo scherzato, il gioco è in corso ma noi cambiamo le regole del gioco, e adesso voi non disponete più di quei contributi, e probabilmente salta anche il piano industriale che era stato realizzato. Li abbiamo consentiti solo a coloro che avevano gli impianti già in esercizio.
Io credo che vi sia sempre una ragionevolezza in questo tipo di interventi, ma anche laddove non sia ancora iniziato l'investimento, occorre notare che l'investimento non inizia quando si piccona la prima pietra, ma vi è una fase che precede la realizzazione dell'investimento, che costa dei quattrini, durante la quale non possiamo cambiare le regole del gioco. Mi sarei aspettato questo nel momento in cui si decide che tali regole non valgono per la Campania, quindi in quel caso va tutto bene e possiamo erogare i contributi.
Trovo ancora peggiore quella norma assurda nella quale invece di indicare esplicitamente le due città interessate, Napoli e Palermo, si è fatto un ragionamento pieno di riferimenti legislativi, attraverso i quali poi si capisce che in realtà stiamo parlando soltanto di Napoli e Palermo. Si tratta di contributi relativi al servizio gestione rifiuti, e si dice che sono esclusi i comuni i cui territori abbiano già goduto di analoghi benefici a seguito di commissariamento e dichiarazione di stato di emergenza. Pertanto, mi pare di capire che questa disposizione si riferisce solo a Palermo.
Allora io mi chiedo per quale motivo a Napoli il conferimento di contributo - così mi pare di ricordare - sia stato trasformato in un prestito - e invece per Palermo vale una regola diversa, perché, stando al provvedimento in esame, per quest'ultimo comune vi è un contributo in conto capitale di ottanta milioni di euro, di cui trenta nel 2008, trenta nel 2009, e venti nel 2010; dunque, in tale città non valgono le stesse regole che sono previste per Napoli. Mi pare che anche questo sia assai discutibile.
L'altra questione - cui mi riferivo prima - è quella della prevenzione degli incendi. Ma noi dobbiamo sempre aspettare i morti per agire? Mi riferisco al fatto che realizziamo una legge bellissima, che stabilisce i requisiti ai quali si devono adeguare le situazioni ricettive, e poi però continuiamo ancora una volta a rinviare i termini, fino al 30 giugno 2009, per le strutture turistico - alberghiere con oltre venticinque posti letto.
Per quanto si dispone in materia di arbitrati, si è presenza di qualcosa di fantastico. Infatti, come sappiamo, lo Stato perde sempre: uno potrebbe fare delle scommesse e credo che gliele pagherebbero assai poco come ritorno, perché è facile dire che, nel 99 per cento dei casi, lo Stato perde. Gli arbitrati costano montagne incredibili di denaro: si vedono parcelle da due a tre milioni di euro pagate ai singoli arbitri, spesso magistrati, i quali invece di svolgere il loro lavoro, si dedicano a queste più redditizie attività. Posso anche capire che vi sia un problema di natura contabile nel momento in cui si devono istituire delle giurisdizioni nuove e speciali; non solo, quindi, problemi di risorse ma anche di creazione delle strutture necessarie. Tuttavia, ritengo che quanto meno sarebbe stato necessario correggere e limitare nella misura gli importi che vengono erogati a questo titolo agli arbitri: a nostro giudizio sarebbe stato quanto meno opportuno farlo.
Vi è, inoltre, la questione del rinvio dell'istituzione degli uffici periferici nelle nuove province. Su questo argomento vorrei capire e desidererei che il Governo ci chiarisse qual è la sua posizione: siamo partiti dall'idea che le province devono essere abolite, poi si è detto soltanto le province nelle aree metropolitane. Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, anche ieri, va in giro nelle piazze affermando che è necessario abolire le regioni a statuto speciale: non siete riusciti ad abolire le comunità montane! Certo, nemmeno noi siamo riusciti a farlo,Pag. 46però, attenzione, perché non sono mai state fatte dichiarazioni così altisonanti e così continuate. Dunque, diteci qual è la vostra idea. Invece che semplicemente differire i termini, bloccateli: non si istituiscano questi uffici periferici! In attesa della riforma organica dei livelli degli enti locali, si blocchino definitivamente.
Mi pare, pressappoco, di avere ripercorso gli elementi che, a nostro giudizio, appaiono più discutibili. Un altro tema sul quale ci eravamo impegnati affinché si realizzasse un'opera di contenimento della spesa pubblica è l'applicazione del tetto alle retribuzioni degli alti dirigenti dello Stato, ma la previsione di un rinvio dimostra, invece, che non vi è interesse da parte di questo Governo ad agire in quella direzione.
Pertanto, nel complesso sono molti gli aspetti che non ci convincono nel decreto-legge al nostro esame, per il quale nella fase delle dichiarazioni di voto, Italia dei Valori esprimerà il suo giudizio complessivo negativo.
Riteniamo che gli interventi di natura economica vadano realizzati con riflessioni adeguate, anche in riferimento, da un lato, a ciò che sta accadendo in merito alla vicenda dei precari, e dall'altro, al fatto che si «corra per imporre» al Parlamento. Non mi riferisco ovviamente all'opposizione, che fa quello che può, ma non posso dimenticare che il 60 per cento degli emendamenti presentati, sia al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008 sia al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 97 del 2008, erano della maggioranza, della vostra maggioranza. Addirittura, la volta che un emendamento è stato accolto - questo è veramente di una gravità unica - il Ministro ha fatto lo «scaricabarile» sul Parlamento! Ma qui siamo proprio alla farsa! Su quell'emendamento il sottosegretario, il rappresentante del Governo, aveva espresso parere favorevole! Allora, i casi sono due: o ha sbagliato (e allora fatelo dimettere), oppure il Ministro si assuma le sue responsabilità e non cerchi, quando fa comodo, di scaricare sul Parlamento decisioni sulle quali, in realtà, era d'accordo, mentre ora, solo per farsi vedere bello rispetto, magari, alle forze sindacali, assume un atteggiamento diverso.
Quando si procede attraverso decreti-legge, difficilmente si hanno riflessioni, scambi e discussioni adeguati. Essi non sono inutili in questo Parlamento: non lo sostengo solo oggi che faccio parte dell'opposizione, ma anche nei due anni in cui facevo parte di un'altra maggioranza. La discussione porta sempre al recepimento di misure migliorative di un provvedimento, ma se si fa in questo modo, penso che si possa solo arrivare alle situazioni per le quali oggi siete costretti, al Senato, a modificare il disegno di legge di conversione del decreto-legge, appena approvato in questo ramo del Parlamento, facendolo ritornare in questa sede, perché ormai avevate superato il limite di accettabilità da parte del Presidente della Repubblica che, poi, a quelle leggi deve apporre la sua firma.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 1496)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la I Commissione, onorevole Bertolini.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, rinuncio.

PRESIDENTE. Sembra quasi di essere alla cerimonia del battesimo! Vediamo se si prosegue come la cerimonia del battesimo.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore per la I Commissione. Diamo spazio al Governo!

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la V Commissione, onorevole Gioacchino Alfano.

Pag. 47

GIOACCHINO ALFANO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, rinuncio anch'io.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. La cerimonia si è interrotta... Prego, Ministro Vito.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, non solo la cerimonia si è interrotta, ma le preannuncio che, subito dopo il mio intervento, chiederò al sottosegretario Molgora - che ringrazio per l'attenzione che ha mostrato su questo provvedimento - di completare la mia replica, intervenendo in via più puntuale su alcuni aspetti del decreto-legge n. 97 del 2008, concernenti le proroghe di natura fiscale.
Signor Presidente, vorrei cogliere l'occasione di questa replica per intervenire su alcune questioni che sono state sollevate, non solo nel corso di questa discussione sulle linee generali, ma anche in altre sedi (delle Commissioni di merito e del Comitato per la legislazione). Tali questioni chiamano in causa, in maniera un po' più ampia, i rapporti fra Governo e Parlamento, i provvedimenti assunti dal Governo in questa fase di avvio di legislatura, il ricorso alla decretazione d'urgenza ed alle questioni di fiducia.
Signor Presidente, con l'occasione, vorrei, altresì chiarire l'iter un po' particolare che ha avuto il decreto-legge n. 97 del 2008, spiegarne le ragioni ed anche fornire qualche elemento di raffronto fra il decreto-legge di proroga termini in oggetto e gli ultimi precedenti decreti-legge di proroga termini. Al termine di questa illustrazione, probabilmente, un esame più sereno consentirà di inquadrare meglio la natura e le reali caratteristiche di questo provvedimento.
Innanzitutto, signor Presidente, in merito ai provvedimenti varati dal Governo in questo avvio di legislatura, si è fatto riferimento ad un abuso del ricorso alla decretazione d'urgenza e a una trattazione quasi esclusiva dei provvedimenti con tale procedura. In realtà, è noto che la fase di avvio della legislatura è quella nella quale è più frequente e più evidente il ricorso a provvedimenti che abbiano carattere di necessità e urgenza, proprio perché si tratta di coprire un vuoto legato al passaggio di consegne tra un Governo e l'altro e perché l'Esecutivo uscente è vincolato, da limiti costituzionali, ad adottare solo provvedimenti di ordinaria amministrazione.
Ciò nonostante, il rapporto tra l'adozione di decreti-legge e l'adozione di disegni di legge, nell'attuale avvio di legislatura, rispetto a quanto avvenuto due anni fa con il Governo Prodi è, per quanto riguarda il Governo Berlusconi, a favore dei disegni di legge. Sono stati infatti adottati, in questo periodo, dal Governo Berlusconi, dieci decreti-legge a fronte di quattordici disegni di legge. All'inizio della precedente legislatura furono invece adottati, dal Governo Prodi, sei decreti-legge a fronte di cinque disegni di legge.
Il Governo ha dunque impegnato le Camere in maniera rilevante per la trattazione di decreti-legge ma anche di disegni di legge. Ricordo infatti che sono stati già approvati dalla Camera dei deputati i più rilevanti disegni di legge, in particolare quello relativo alla sospensione dei processi per le alte cariche dello Stato e, si confida prima della pausa estiva, anche quello concernente la ratifica del Trattato di Lisbona. Tale rilevante ed impegnativa attività governativa ha inciso sui lavori parlamentari ma non ha mai compromesso la previsione di una quota di argomenti a carico e a cura dell'opposizione, che ha superato, nelle ultime statistiche elaborate dagli uffici della Camera dei deputati, che ringrazio per la collaborazione, circa il 30 per cento, quindi ben oltre la previsione regolamentare.
All'inizio della scorsa legislatura, furono portati all'esame delle Camere, dal Governo Prodi, solo i sei decreti-legge prima citati e nessun disegno di legge. Su tutti e sei tali decreti-legge, nella fase di avvio della legislatura, onorevoli colleghi, fu posta la questione di fiducia alla Camera dei deputati. Mi pare invece che l'intendimento dell'attuale Governo - dirò alcune cose anche per quanto riguarda il decreto-legge in esame - sia sicuramentePag. 48quello di non raggiungere quel numero di apposizioni della questione di fiducia. La posizione della questione di fiducia è stata necessaria, in relazione ad alcuni rilevanti provvedimenti come la manovra fiscale o quello in materia di sicurezza, esclusivamente per fare in modo che tali decreti-legge potessero essere convertiti in legge entro i termini costituzionali. Se ci fossero delle previsioni regolamentari volte a consentire al Governo l'esercizio di poteri più incisivi sulla formazione e sulla struttura dell'organizzazione dei lavori parlamentari, potremmo assistere sicuramente ad una riduzione del ricorso alla questione di fiducia nonché allo strumento della decretazione d'urgenza. A fronte di ciò, si potrebbe anche prevedere l'inammissibilità completa del ricorso alla presentazione dei maxiemendamenti. Il Governo vedrebbe con favore eventuali proposte di modifica del Regolamento che andassero in tale direzione.
Il decreto-legge in esame, emanato con soli 5 articoli (si tratta quindi di un decreto «miniproroghe» e non di un decreto «milleproroghe»), ha visto subito, nella fase di avvio dell'esame, la soppressione dell'articolo 1, che riguardava le norme sull'Alitalia, alle quali si è fatto riferimento. Dico subito, signor Presidente, con chiarezza - perché lo ricordiamo tutti - che la soppressione e l'inserimento dell'articolo 1 di questo decreto in quello relativo al «prestito ponte» all'Alitalia, varato dal precedente Governo, è avvenuto anche a fronte di richieste fatte dai gruppi dell'opposizione, allo scopo di poter ottenere una trattazione unitaria, complessiva e completa di tutti i provvedimenti che il Governo stava adottando in relazione ad Alitalia. Tanto è vero che anche l'altra norma, che trasformava il «prestito ponte» in capitale netto, inserita nel decreto «ICI», è stata anch'essa soppressa ed inserita nel decreto relativo al «prestito ponte». Ciò è avvenuto, come tutti ricorderemo, non con la presentazione, da parte del Governo, di emendamenti direttamente in Assemblea, ma dopo un rinvio del testo in Commissione. In tal modo, non è stato mai aggirato l'articolo 72 della Costituzione che prevede l'esame dei provvedimenti anche nella sede della Commissione, alla quale il Governo attribuisce particolare importanza, come del resto è stato dimostrato anche dalla recente vicenda concernente l'esame del decreto-legge n. 112 del 2008. La soppressione, quindi, dell'articolo 1 relativo ad Alitalia è stata concessa dal Governo proprio per favorire la richiesta avanzata dalla IX Commissione della Camera dei deputati di poter avere correttamente a disposizione tutte le norme che nel frattempo erano state varate sulla vicenda Alitalia.
Rimanevano pertanto solo quattro articoli dell'originario decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, al quale sono stati poi aggiunti, per confluenze avvenute nel corso dell'esame parlamentare, le norme relative ai decreti-legge 30 giugno 2008, n. 113, e 3 luglio 2008, n. 114. Preciso che questa confluenza è avvenuta anche per economia dei lavori parlamentari e con essa non si è voluto in alcun modo compromettere la possibilità di presentare emendamenti o l'esame in Commissione da parte del ramo del Parlamento - il Senato - al quale sono stati presentati. Infatti, la possibilità di far confluire i due decreti-legge, in corso di emanazione e poi successivamente emanati, è stata sottoposta all'attenzione ed al consenso della Conferenza dei presidenti di gruppo del Senato in ben due occasioni, la prima addirittura il 28 giugno, prima che i decreti-legge in questione fossero definitivamente approvati. In qualche modo, si convenne che quella procedura fosse anche rispettosa della possibilità di esame da parte del Parlamento, a condizione che fosse sospeso l'esame, che l'Assemblea aveva già predisposto, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97. Così è avvenuto anche lì, i nuovi decreti-legge sono stati prima assegnati alle Commissioni competenti e sono stati esaminati in quella sede e solo successivamente è avvenuto, tramite la presentazione di emendamenti in Assemblea, l'inserimento. Pertanto, credo che anche in questo caso, per quanto possibile, si è adottata una procedura rispettosa e attenta ai Regolamenti parlamentari perché, ripeto, tale proceduraPag. 49è stata consentita dalla Conferenza dei presidenti di gruppo del Senato ed aveva il solo scopo di permettere una trattazione più completa di provvedimenti che riguardavano, tutti, proroghe di termini.
Anche il tradizionale decreto-legge di proroghe termini, alla vigilia del termine semestrale del 30 giugno nel quale tali proroghe ricorrono, ne conteneva un numero limitato, una decina, a fronte invece, (poi forniremo anche alcuni dati) degli altri decreti-legge aventi ad oggetto proroghe termini. Il provvedimento sulle norme fiscali per la pesca, inoltre, è stato correttamente varato dal Consiglio dei ministri con un decreto-legge ad hoc, proprio per rispettare la previsione costituzionale sull'omogeneità delle norme contenute nei decreti-legge. Dal momento però che il decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97 contiene delle norme di natura fiscale, come dirà l'onorevole Molgora, è stato coerente e consentito dall'altro ramo del Parlamento far confluire in quest'ultimo provvedimento anche il decreto-legge sulle norme fiscali per il sostegno della pesca.
Ciò nonostante il decreto-legge n. 97, che constava all'inizio di cinque articoli e 27 commi complessivi, adesso, dopo il varo del Senato ed il voto favorevole della Commissione, risulta composto solo da 12 articoli e 74 commi. L'ultimo decreto-legge di proroga termini constava, inizialmente, di 52 articoli e 108 commi mentre la legge di conversione, alla fine dell'esame parlamentare, constava di 108 articoli a fronte di 286 commi. Poiché ho sentito parlare, a proposito del decreto-legge al nostro esame, di scandalo, di vergogna, di abuso, credo che invece occorra che tutti noi teniamo presente la natura dei decreti cosiddetti «milleproroghe» dei quali siamo stati oggetto in passato.
Ripeto: il decreto-legge al nostro esame è composto da cinque articoli originari a fronte degli 52 articoli originari del decreto-legge di proroga termini del Governo Prodi, e da 12 articoli finali a fronte di 108. Quindi, in qualche modo si è cercato di limitare e contenere l'eccezionale caratteristica dei decreti-legge cosiddetti «milleproroghe» di contenere norme eterogenee. Infatti, oltre all'inserimento dei due decreti-legge ai quali ho fatto riferimento e che, in qualche modo, è stato oggetto di una procedura concordata al Senato della Repubblica, il Governo si è limitato ad introdurre, nel corso dell'esame parlamentare (nonostante una prassi parlamentare presente nell'altro ramo del Parlamento diciamo così «più elastica» sulla estraneità di materia e sulla quale mi permetterò poi di fare qualche osservazione) solo due emendamenti, entrambi di natura strettamente coerente con il profilo originario del decreto e delle ragioni effettivamente urgenti. Uno riguarda il tetto dei dipendenti pubblici, perché vi era una previsione, risalente alla scorsa legge finanziaria, praticamente inapplicabile, l'altro sui beni paesaggistici e culturali. Oltre a questi due nuovi emendamenti il Governo non ha fatto ricorso alla possibilità di inserire, in corso d'esame al Senato della Repubblica, altre materie come pure sarebbe stato possibile. Quindi l'inserimento di altre questioni, alle quali pure si è fatto riferimento in questa sede, non per «scaricare», come si dice, «il barile», è dovuta esclusivamente alla responsabilità parlamentare rispetto alla quale, naturalmente, il Governo non si vuole assolutamente sottrarre. Si tratta, però, comunque di una responsabilità parlamentare ed il sottosegretario Molgora, che ho inizialmente ringraziato anche per tale motivo, ha fatto in modo che, al Senato, durante l'esame in Assemblea del provvedimento, tale procedura potesse essere sostanzialmente limitata a poche ed esclusive questioni che avessero tutte carattere di urgenza.
Sostanzialmente sono stati introdotti da parte dei gruppi al Senato - non solo di maggioranza, onorevole Borghesi - solo pochi emendamenti, effettivamente urgenti (mi riferisco a quello sugli eventi alluvionali in Piemonte e a quello sulla questione dei rifiuti in Sicilia). Si è reso, infine, necessario - per non sfuggire alla discussione, all'esame e alla spiegazione anche sull'inserimento di altre norme - intervenire, a seguito anche di richieste provenientiPag. 50da Bruxelles, per introdurre ulteriori modifiche al decreto-legge sui rifiuti, dopo che questo era già stato convertito definitivamente dal Senato, e quindi era impossibile intervenire con modifiche al decreto stesso. Ma questa procedura, anche in questo caso, ha trovato il consenso di tutte le forze politiche dell'Aula del Senato, che hanno votato quegli emendamenti, che risultano al Governo essere stati anche condivisi e sollecitati dai rappresentanti degli enti locali della regione Campania e del comune di Salerno (sempre per favorire la trasparenza dei nostri lavori parlamentari).
Detto questo, signor Presidente, sicuramente il Governo non vuole affermare che questa possibilità di introdurre emendamenti al decreto-legge originario non possa, in qualche misura, andare a influire sulla natura originaria dei decreti-legge varati del Governo, né si vuole dire che questo decreto-legge rappresenti un modello di qualità della legislazione.
Temo, però, che siano state enfatizzate alcune questioni, che non si fosse a conoscenza piena dell'iter seguito per questo decreto-legge e del consenso che il Governo aveva cercato di avere, comunque nel rispetto delle procedure parlamentari e delle prerogative delle Commissioni, nell'inserimento degli emendamenti al decreto-legge originario. Rispetto ad esso, proprio per questa natura particolare, il Governo non ha posto la questione di fiducia al Senato e si augura di non doverla porre anche alla Camera dei deputati, anche se siamo nella settimana nella quale il decreto-legge scade definitivamente e ha, quindi, necessità di essere convertito; è per questa ragione che il Governo si permette di rivolgere un appello particolare a tutti i gruppi parlamentari, ma soprattutto ai gruppi e ai deputati di maggioranza, affinché possa essere limitata all'essenziale, al necessario, o anche limitata del tutto, la possibilità di presentare emendamenti.
Anche in tal caso, onorevole Borghesi, è un fatto di trasparenza e di correttezza parlamentare la dichiarazione che il collega Molgora ha fatto in I Commissione sull'indisponibilità, non per mancanza di volontà politica, ma per mancanza di tempi parlamentari, a poter introdurre delle modifiche in questa sede. L'indisponibilità è dovuta al fatto che, come è noto, l'altro ramo del Parlamento, che pure ha avuto a disposizione questo decreto-legge per un lungo periodo di tempo, come avvenuto, d'altra parte, alla Camera per il decreto-legge n. 112 del 2008, è in queste settimane impegnato con l'esame proprio di quest'ultimo decreto-legge. Non è per cattiva volontà nei confronti della Camera dei deputati, quindi, ma il Governo, responsabilmente, ha dovuto far presente di essere contrario alla possibilità di introdurre nuove e ulteriori modifiche, perché al Senato non ci sarebbe il tempo materiale per poterle recepire.
Mi pareva corretto e utile, signor Presidente, dichiarare ciò e fornire alcuni dati ed elementi di chiarimento sull'iter particolare che ha avuto questo decreto-legge, con quello spirito di collaborazione che il Governo ha sempre cercato di avere e continuerà ad avere, nel rispetto dei lavori parlamentari e della possibilità dell'esame del Parlamento sui suoi provvedimenti, e anche, se permette, per quanto questo possa rappresentare un'aspirazione soggettiva, per rappresentare qualche elemento di verità, basato su dati di realtà.
Mi permetterei ora, signor Presidente, di chiedere all'onorevole Molgora di proseguire la replica.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Prego, onorevole Molgora.

DANIELE MOLGORA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, aggiungerei alcune considerazioni, al di là delle questioni che riguardano il decreto-legge n. 112 e, più in generale, la politica economica del Governo. Vorrei attenermi, più precisamente, alle disposizioni che sono inserite nel decreto-legge in esame, cercando di estrapolare le questioni più importanti che sono state toccate.
La prima è quella contenuta nell'articolo 2, che riguarda il meccanismo dell'utilizzo del credito di imposta, la cosiddetta «Visco sud».Pag. 51
Su questo tema tranquillizzo immediatamente il relatore e quanti hanno sollevato il problema: non c'è bisogno di alcuna notifica alla Commissione europea, tanto è vero che rimangono inalterati i commi dal 271 al 279 della legge finanziaria per l'anno 2007 (legge n. 296 del 2006); vengono solo inserite talune modifiche, che però non cambiano le modalità di utilizzo (ad esempio, rimangono inalterati i requisiti per l'accesso al credito d'imposta e le caratteristiche che devono avere gli investimenti).
Le modifiche apportate hanno lo scopo di rispettare i vincoli di bilancio, che peraltro la stessa Unione europea ci chiede per altri motivi. Ricordo a tutti i presenti che il meccanismo automatico della «Visco sud», così come era stato elaborato tre legislature fa, aveva determinato nel 2001 - quando, giunti al Governo, noi ne avevamo valutato i primi risultati - un buco in bilancio di oltre 3 mila miliardi di lire. Ciò in quanto si prevedeva un automatismo fra domanda e concessione del credito d'imposta. Ora non si vuole porre alcun nuovo limite, ma si stabilisce che le domande sono accolte in via automatica fino a quando vi è disponibilità nei capitoli di bilancio per soddisfare questo credito di imposta. Il meccanismo - che si basa sull'ordine cronologico di spedizione telematica della richiesta - funziona, e lo abbiamo già sperimentato due legislature fa: siamo dunque certi che il credito di imposta viene attribuito sulla base delle risorse disponibili, e non vi saranno anomalie nell'utilizzo, come qualcuno ha sostenuto. In proposito, ricordo infatti che il credito d'imposta può essere utilizzato solamente nel momento in cui viene esposto l'importo dell'investimento in sede di dichiarazione dei redditi. Soltanto da quel momento il credito di imposta potrà essere utilizzato.
A tale meccanismo vengono posti due vincoli. In primo luogo che, nell'anno della spedizione del formulario per la prenotazione dell'accesso al credito di imposta, deve essere realizzato almeno il 20 per cento dell'investimento, mentre nell'anno successivo bisogna arrivare almeno al 60 per cento, realizzando dunque un ulteriore 40. Nel contempo, l'anno successivo, presentando la dichiarazione dei redditi, si può utilizzare fino al 30 per cento del credito di imposta, ma è ovvio che se l'investimento è stato inferiore a tale percentuale il credito di imposta non può essere superiore all'importo dell'investimento. Capite bene, infatti, che vi è anche una questione relativa alle indicazioni nella dichiarazione: se io indico 100 come investimento effettuato, al massimo potrò avere 100 come credito di imposta, con il massimo del 30 per cento dell'intero investimento effettuato. Non può, dunque, accadere che vi sia un credito di imposta superiore all'effettivo investimento realizzato.
È un meccanismo che in realtà mette ordine rispetto a una situazione che era assolutamente lasciata all'improvvisazione e che serve allo scopo di rendere più razionale l'utilizzo delle risorse in bilancio, con il limite - lo ribadisco - delle risorse che in bilancio c'erano, e non utilizzando risorse che in bilancio non erano esistenti. Mi auguro di avere con ciò chiarito la questione relativa ad un meccanismo che, se apparentemente può essere considerato come una sorta di complicazione (così qualcuno l'ha bollata), in realtà mette ordine nell'utilizzo delle risorse dello Stato.
La seconda questione riguarda le scadenze fiscali di cui all'articolo 3. Tengo a precisare che l'intervento che si è reso necessario con il decreto-legge è stato determinato dal fatto che vi era stata una compressione, a nostro avviso non giustificata, riguardo alle scadenze per le spedizioni telematiche delle varie dichiarazioni. Nel momento in cui i contribuenti hanno versato nei termini, infatti, non si capisce per quale ragione, nell'arco di pochi giorni, essi dovessero presentare le dichiarazioni fiscali e effettuare le spedizioni telematiche del modello unico o del 730.
Questo ci pare un atteggiamento assolutamente vessatorio sia verso i contribuenti, sia verso gli intermediari che effettuano questo lavoro prezioso perPag. 52l'Agenzia delle entrate. È stato quindi opportuno prorogare le scadenze, ma è certo che interverremo con una norma complessiva per regolamentare, in via definitiva, tutte queste scadenze fiscali, in modo tale che sia chiaro quali sono le scadenze delle varie spedizioni telematiche e che tale intervento non si renda necessario tutti gli anni, ma che vi sia piuttosto un quadro definitivo delle spedizioni telematiche per le varie dichiarazioni.
Ciò detto, l'altra questione che è stata sollevata, con riferimento all'articolo 4, riguarda la responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore. Anche in questo caso dobbiamo essere chiari: se avete presente come funzionava il decreto ministeriale di applicazione di queste norme, vi renderete conto che non è pensabile che si possa combattere il lavoro nero o l'evasione fiscale soltanto perché vi è una produzione abnorme di carte. Alla fine, tutta questa regola si traduceva infatti - e si è tradotta, in realtà - in una produzione di carte tra il subappaltatore e l'appaltatore, in una produzione di attestazioni, di dichiarazioni sostitutive e di versamenti moltiplicati a decine, per quanto riguarda gli F24.
Se ritenete che qualora uno versa i contributi o le ritenute sui dipendenti suddivise per i vari cantieri che ha come subappaltatore, siccome fa dieci versamenti diversi anziché farne uno questa è lotta all'evasione, mi permetto allora di dire che in questa maniera non si controlla assolutamente nulla. Allo stesso modo, se il subappaltatore presenta la dichiarazione sostitutiva all'appaltatore e dice di essere in regola con tutti i versamenti fiscali o con tutti i contributi dei suoi lavoratori, non credo che questa sia una vera lotta all'evasione. La vera lotta all'evasione non la si fa chiedendo una produzione di carte, ma con i controlli che vengono effettuati sui vari cantieri e che possono rappresentare la vera lotta al lavoro nero e soprattutto - questione più importante - alle violazioni della sicurezza, e quindi agli infortuni sul lavoro. Queste sono le ragioni per le quali si è adottato tale tipo di intervento; non è con la produzione di carte che ovviamo a questi fenomeni. Questo era il risultato in realtà di quella norma, come abbiamo visto nei mesi della sua applicazione, tant'è vero che la stessa Agenzia delle entrate ha riscontrato che dall'applicazione della norma non erano derivati risultati apprezzabili. Si tratta quindi di una norma di semplificazione, in modo tale che non si realizzi una vessazione burocratica - perché alla fine di questo si trattava - nei confronti delle imprese.
Un'altra questione, che è stata sollevata sempre sull'articolo 4, è quella che riguarda le alluvioni. L'intervento si è reso necessario per l'alluvione avvenuta in Piemonte. Vi è da dire che su questo tema è stato richiesto un intervento più globale, riguardo anche ai fatti che sono avvenuti in altre regioni. L'attenzione del Governo si sta concentrando sul fatto di varare, al di là delle somme stanziate per ogni evento alluvionale, terremoto o quant'altro, una legge quadro in merito alle agevolazioni fiscali, alla sospensione dei termini fiscali e via dicendo, che sono di contorno allo stanziamento dei fondi pubblici.
Succede, infatti, che per determinate situazioni si hanno determinate proroghe, per altre se ne hanno altre ancora, per alcune si prevede solo la parte fiscale e non quella contributiva, per altre ancora, infine, la parte fiscale e quella contributiva insieme, con termini e rateizzazioni sempre diversi. L'impegno è quindi quello di varare una norma unica, in modo tale che quando avviene un fatto od un evento di questo tipo si sappia quali sono le conseguenze fiscali, nonché le agevolazioni ed i benefici fiscali, cui il territorio colpito può andare incontro.
Le altre questioni sollevate mi sembrano prevalentemente relative al decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, e pertanto riguardano la manovra finanziaria, cui occorre rimandare, perché non è questa la sede per discutere di tale intervento.
Mi sembra, in questo modo, di aver chiarito quali sono gli interventi principali che costituiscono i pilastri del decreto-leggePag. 53in esame. Pertanto, ritengo di aver così risolto i dubbi sollevati dai presenti.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,50).

MASSIMO VANNUCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato questa possibilità. Sarei intervenuto in Commissione bilancio, ma la riunione della stessa era in concomitanza con la seduta dell'Assemblea, e perciò non mi è stato possibile.
Il Senato, in queste ore, sta discutendo la conversione del decreto-legge n. 112 del 2008, la cosiddetta manovra triennale estiva, che la Camera ha già approvato, a seguito della posizione della questione di fiducia, in un testo proposto dal Governo. Da ieri, sulla stampa, il Paese si sta interrogando su una norma che è stata inserita e che non era stata sufficientemente approfondita nel corso del dibattito. Mi riferisco alla cosiddetta norma antiprecari, che sostituisce - in caso di violazione delle disposizioni di varie norme di legge - l'obbligo di assunzione a tempo indeterminato con un indennizzo che il datore di lavoro è tenuto ad erogare per un importo compreso fra le 2,5 e le 6 mensilità.
Tale disposizione ha suscitato dibattito nel Paese e nella stampa, con diverse valutazioni e scarico di responsabilità tra Governo, Parlamento, maggioranza e opposizione. Abbiamo registrato la dichiarazione dei Ministri Brunetta, Sacconi e Tremonti. Tuttavia, ciò che ci ha sorpreso soprattutto, signor Presidente (intendo dirlo in questa sede), e ci ha sconcertato stamattina, è stata la dichiarazione del presidente della Commissione bilancio, l'onorevole Giancarlo Giorgetti, nella quale si afferma che la sinistra non si sarebbe opposta all'inserimento di questa norma all'interno del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
Intendo dunque ricordare il percorso di tale norma. Essa è entrata nel provvedimento attraverso un emendamento omnibus dei relatori, che è stato più volte accantonato nel corso della nostra discussione (l'ultimo accantonamento è avvenuto alle 3,40 di martedì mattina). All'emendamento del relatore abbiamo presentato un subemendamento soppressivo della norma, con primo firmatario l'onorevole Damiano e firmato anche da numerosi altri colleghi.
Ora, credo che sia grave il fatto che si affermi che non ci siamo opposti all'inserimento di questa norma, e lo sconcerto è maggiore proprio perché abbiamo apprezzato il lavoro del presidente Giorgetti nella conduzione della Commissione. Francamente questa caduta di stile ci è molto dispiaciuta. Nel corso della discussione del provvedimento abbiamo avuto un atteggiamento costruttivo per permettere che la Commissione concludesse i propri lavori, perché crediamo nel Parlamento e crediamo in questa istituzione, e non possiamo essere ripagati così. Lo abbiamo fatto con spirito costruttivo e nell'assoluta distinzione dei ruoli che avviene con l'espressione di un voto, sia questo sorretto da una dichiarazione o meno. Pertanto, riteniamo che tale dichiarazione, questa intervista, questa presa di posizione, sia alquanto scorretta proprio perché fatta da un presidente che deve essere presidente di tutti, e non da un singolo commissario.
Ovviamente il nostro rispetto e la nostra stima non vengono meno, ma si possono solo rafforzare se il presidente Giorgetti chiarisce esattamente i termini della questione. Non farebbe, peraltro, alcuno sforzo perché gli atti che ho citato parlano da soli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Devo però prima precisare che il provvedimento citato non è all'esame di questa Camera,Pag. 54ma del Senato ed avremo modo di parlarne diffusamente quando e se il Senato ce lo invierà nuovamente. Nel frattempo, però, mi pare giusto dare la parola all'onorevole Giorgetti che l'ha chiesta.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo proprio perché i rapporti e il clima che si sono instaurati in Commissione e la difficoltà nell'esaminare il decreto-legge n. 112 del 2008 mi impongono di chiarire il contenuto dell'intervista richiamata dall'onorevole Vannucci.
Ho fatto semplicemente notare che mi sembrava assolutamente strumentale il divampare di una polemica su una norma che era negli atti parlamentari ed era stata approvata ormai circa dieci giorni fa. Si è svolto un dibattito - a questo mi riferivo ed intendo riferirmi - proprio in quest'Aula in discussione generale e sugli ordini del giorno in cui l'argomento non mi sembrava fosse tra quelli strategicamente rilevanti negli interventi dell'opposizione. È questo il senso delle mie parole. Cerchiamo di chiarirci, lo dico anche nei confronti del Governo: ho assistito anche a distinguo da parte di Ministri che francamente trovo impropri nel momento in cui l'emendamento approvato dalla Commissione è stato recepito nel maxiemendamento e addirittura corretto da parte del Governo nel maxiemendamento stesso.
Quindi, non si può dire che il contenuto di questo emendamento approvato in Commissione non fosse a conoscenza di tutti, del Governo e dell'opposizione. Poi, si può discutere se sia giusto o sbagliato e ciascuno di noi ha un'opinione personale o di partito rispetto al contenuto di questa norma. Per il resto, vorrei riconoscere le buone ragioni dell'onorevole Vannucci nel momento in cui dice che quando si lavora in Commissione e in quelle condizioni è chiaro che non c'è nemmeno il tempo materiale per argomentare le motivazioni rispetto ai «no» o ai «sì» (è assolutamente vero). Quello che vorrei dire, con riferimento anche al clamore che la stampa fa rispetto ai cosiddetti blitz notturni è che se le Commissioni bilancio e finanze della Camera sono costrette a svolgere il proprio lavoro in sede referente di domenica o di notte, perché non c'è tempo per lavorare di giorno, è evidente che tutti gli emendamenti, piacciano o non piacciano, vengono approvati di notte o di domenica. Questo lo dico perché è giusto farlo e capire esattamente come ci si trova a lavorare in Commissione e come abbiamo dovuto lavorare in questi giorni.
Quindi, all'onorevole Vannucci voglio dire che il contenuto delle mie dichiarazioni - nel divampare di polemiche che, lo ribadisco, mi sembrano assolutamente strumentali - ha questo senso: non mi sembrava che nell'ambito della discussione in Aula il tema richiamato fosse uno degli argomenti di maggiore polemica da parte delle opposizioni. È tutto (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le ultime parole dell'onorevole Giorgetti mi consentono di fare un piccolo intervento anche in relazione alle cose che ho ascoltato dal Ministro Vito. Infatti, qui si ha la tendenza a rappresentare «film» che si vedono probabilmente soltanto dentro le pareti di casa e non si tiene conto della situazione.
L'onorevole Giorgetti faceva riferimento al fatto che in quest'Aula non si è discusso di questo argomento. Capisco che ormai all'interno della maggioranza (non dell'opposizione) vi è l'assuefazione riguardo al fatto che da settimane qui dentro ci occupiamo soltanto di decreti-legge e questioni di fiducia su decreti-legge e ciò faccia dimenticare all'onorevole Giorgetti che, purtroppo, discussioni sul tema degli emendamenti, discussioni di merito sulle questioni che l'opposizione pone, purtroppo, non se ne fanno più.
È questa una delle ragioni per le quali ero colpito dalle parole dell'onorevole Vito, il quale ormai gira da alcune settimanePag. 55con quel «papiello», che evidentemente gli hanno dato gli uffici, per dimostrare quanto sia più bravo il Governo Berlusconi di quanto non sia stato il Governo Prodi nella scorsa legislatura. Forse tutti noi siamo assuefatti al fatto che in questa sede discussioni di merito non se ne fanno più, se non su ordini del giorno sui quali il pur stimatissimo collega Vegas ha informato quest'Aula ed il mondo intero che non contano assolutamente nulla, diventando quindi anche una questione di perdita di tempo.
Ora, è un po' singolare che io debba sentire, dopo che da settimane vengono lesi i diritti dell'opposizione, l'onorevole Vito che dice addirittura che il Governo su questo provvedimento non ha presentato emendamenti: vivaddio, dopo che il Governo ha ben pensato di porre 180 pagine di emendamenti sul provvedimento che abbiamo appena licenziato e che ora si trova al Senato! Vi vantate di averlo fatto in 9 minuti e mezzo e poi non è bastato, perché è servito anche un disegno di legge da mettere dentro un decreto-legge da portare qui dentro, forzando i tempi: quando si fanno le cose di corsa, a prescindere dalla capacità o meno, si fanno anche delle castronerie. Tant'è che il Governo è obbligato a modificare il decreto-legge al Senato, a farlo tornare alla Camera in terza lettura e probabilmente affrontarne il voto, senza peraltro inserire alcune questioni di merito che sarebbe utile inserire, come quelle che ricordava l'onorevole Vannucci.
Vorrei dire semplicemente, signor Presidente, anche a quei pochi o tanti che ci ascoltano attraverso il valoroso compito di chi trasmette i nostri lavori (senza che nessuno si offenda), che va benissimo che il Ministro Vito - per il quale porto amicizia e rispetto - venga qui in palese difficoltà (perché forse prima della pausa estiva ci troveremo a dover affrontare l'ennesimo voto di fiducia) a precostituire una strada nella quale il complesso della vicenda lascerebbe intendere che c'è una opposizione cattiva che non fa lavorare il Governo, e un Governo che invece è pronto ed efficiente. Abbiamo semplicemente una situazione nella quale il Governo utilizza decreti-legge, voti di fiducia e l'unica volta in cui non c'è stato un decreto-legge o un voto di fiducia è stato per un disegno di legge sul quale, con la complicità della Presidenza, si è fatto un contingentamento inguardabile per cui in ventiquattr'ore avete preteso di approvare...

PRESIDENTE. La invito a non parlare di complicità della Presidenza.

ROBERTO GIACHETTI. Dal punto di vista parlamentare, signor Presidente, non stiamo parlando di mafia, stiamo parlando di lavori parlamentari; penso che fare riferimento alla complicità della Presidenza rappresenti un giudizio politico.

PRESIDENTE. La Presidenza non è complice di nessuno.

ANTONIO MISIANI. L'avallo.

ROBERTO GIACHETTI. Allora diciamo con l'avallo, va bene signor Presidente? Comunque il concetto è lo stesso: la Presidenza della Camera ha consentito che si discutesse in ventiquattr'ore un provvedimento dell'importanza del famoso «lodo Alfano» e che si bruciasse in ventiquattr'ore, attraverso il contingentamento, per come sono andate le cose.
Questo è il film che si è svolto in Aula da un mese a questa parte. Quello che il Ministro Vito ha rappresentato è quello che probabilmente qualcuno gli racconta quando si trova nella sua stanza, per dire che rispetto a Prodi ha fatto questo e quell'altro. In quest'Aula si va avanti da settimane con decreti-legge e fiducie, il che comporta che in quest'Aula non si possa discutere - mi dispiace per il collega Giorgetti - di un bene amato niente di merito perché, salvo alcuni ordini del giorno che il Governo ritiene ininfluenti e inutili, qui dentro non è consentito di fare niente altro che alla maggioranza di votare ossequiosamente la fiducia al Governo e a noi di poterci opporre con quello che ci viene lasciato.Pag. 56
Forse questo è un tema del quale si dovrebbe occupare anche la Presidenza, senza avallare determinate situazioni, ad esempio quando accetta precedenti innovatori. Il collega Vito oggi ha fatto un'altra innovazione, ha spezzato la replica del Governo in due parti: di politica mi occupo io e di cose tecniche te ne occupi tu. Ma in precedenza ha innovato addirittura con la posizione del preannuncio della fiducia prima dell'inizio della discussione generale, creando quel vulnus in funzione del quale il Governo, come è accaduto, ha sempre la possibilità di correggere fino al momento della posizione formale della fiducia mentre l'opposizione no. Sono tutte innovazioni che stanno facendo loro e che a mio avviso fanno molto male, non tanto e non solo alle procedure, ma a questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo solo per rilevare la singolarità dell'atteggiamento del collega Giachetti, che pure nella sua esperienza e capacità non ha certo bisogno che sia io a insegnargli il mestiere. Il Ministro Vito ha svolto un parallelo tra il decreto-legge cosiddetto «milleproroghe» che stiamo affrontando in quest'Aula e l'analogo provvedimento del Governo Prodi, che mi sembra possa andare nella direzione di confortare l'opposizione di fronte a nuove prassi più garantiste nei confronti del Parlamento e dell'opposizione, che hanno visto non moltiplicarsi gli articoli, e soprattutto i commi, inseriti nel decreto-legge.
Il presidente Giorgetti ha poi reso un chiarimento sull'intervento dell'onorevole Vannucci in ordine alle dichiarazioni rese alla stampa, che evidentemente andava nella direzione di svelenire il clima e di chiarire eventuali fraintendimenti riguardo una possibile interpretazione delle dichiarazioni stesse. Quindi, mi sembra singolare che di fronte a dei chiarimenti che vanno nella direzione di una maggiore garanzia e di un maggior rispetto per l'opposizione, si trovi l'occasione per fare polemica, ma tant'è.
Tengo a sottolineare che in entrambi i casi, sia le parole del Ministro Vito - pronunciate, tra l'altro, in una «duplicazione» della replica che va nella direzione di fornire maggiori chiarimenti alle questioni sollevate dai colleghi dell'opposizione in questo dibattito - sia quelle del collega Giorgetti, sono segnali di una maggiore attenzione e volontà del Governo di venire incontro alle questioni che l'opposizione pone non solo in quest'Aula, ma anche fuori. La ringrazio, signor Presidente.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 29 luglio 2008, alle 11:
(ore 11 e dopo l'informativa urgente del Governo, con votazioni a partire dalle ore 16).

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 735 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, recante disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini (Approvato dal Senato) (1496).
Relatori:
Bertolini, per la I Commissione e Gioacchino Alfano, per la V Commissione.

(ore 15).

2. - Informativa urgente del Governo sull'estensione all'intero territorio nazionale della dichiarazione dello stato di emergenza per l'eccezionale afflusso diPag. 57cittadini extracomunitari, deliberata dal Consiglio dei ministri in data 25 luglio 2008.

La seduta termina alle 16,05.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ROBERTO ZACCARIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1496

ROBERTO ZACCARIA. Non è facile intervenire in discussione generale in provvedimenti di questo tipo: molto, molto eterogenei. Proverò a fare un intervento la cui linea guida è la tutela della qualità delle legislazione; un intervento tutto centrato sulle considerazioni contenute nel parere del Comitato per la legislazione.
Un modo come un altro per portare all'attenzione dell'Assemblea considerazioni di interesse generale visto che il Comitato opera sulla base di una circolare congiunta del Presidenti delle due Assemblee e del Governo ed esprime i suoi rilievi alla luce di quelle circolari o di quanto disposto dalla legge n. 400 del 1988, che come sappiamo, è legge di particolare valore nel nostro ordinamento costituzionale.
Attenzione: con questa sequenza di decreti legge e con questa sequenza di fiducie gli errori sono possibili; due esempi: Bilancio e precari.
Entriamo nel merito.
Modifica di un regolamento con una fonte primaria.
Faccio una considerazione: l'articolo 4, comma 9-bis, incide su una fonte di rango secondario, circostanza che si pone in contrasto con le esigenze di coerente utilizzo delle fonti normative, in quanto si produce l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (punto 3, lettera e) della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001. C'è anche da considerare la difficoltà del controllo giurisdizionale: diverso per i due tipi di fonte.
Una condizione: valutino le Commissioni la soppressione del comma 9-bis dell'articolo 4 - ove si modifica l'articolo 7 del regolamento di cui al decreto ministeriale 5 gennaio 2000, n. 59, al fine di consentire un'ulteriore proroga del presidente del Museo storico della fisica e del Centro studi e ricerche - in quanto l'uso dello strumento della fonte normativa di rango primario non appare congruo in relazione alla finalità di modificare contenuti di provvedimenti di rango subordinato.
Tre ordini di osservazioni: possiamo considerarle esemplificative dei difetti più vistosi: il primo attiene al coordinamento delle disposizioni del decreto-legge n. 97 del 2008 («mille proroghe») con quanto disposto nel decreto-legge n. 112 del 2008 (decreto economico fiscale).
È il caso della Fondazione «Il Vittoriale degli italiani» (articolo 4, comma 3, decreto-legge n. 97 del 2008). L'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 97 del 2008 dispone: che il termine per l'emanazione dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 634, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è prorogato al 30 settembre 2008 per la Fondazione «Il Vittoriale degli italiani».
Il comma in esame del decreto-legge n. 97 del 2008 interviene a prorogare fino al 30 settembre 2008 per la sola fondazione «Il Vittoriale degli italiani» i termini per l'adozione dei regolamenti previsti dall'articolo 2, comma 634, della legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244).
La norma base (l'articolo 2, comma 634, della legge finanziaria 2008) prevede che al fine di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche con uno o più regolamenti ministeriali da emanare entro il termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono riordinati, trasformati o soppressi e messi in liquidazione, enti ed organismi pubblici statali, nonché strutture amministrative pubblichePag. 58statali. Gli schemi di regolamento sono trasmessi alle Commissioni parlamentari per il parere (comma 635).
Tutti gli enti compresi nell'allegato A (tra i quali la fondazione «Il Vittoriale degli Italiani») che non sono oggetto dei suddetti regolamenti sono soppressi alla scadenza del suddetto termine (comma 636).
Una prima modifica si ha con il decreto-legge n. 112 del 2008. L'articolo 26 del decreto-legge n. 112 del 2008 va ad incidere sulla legge finanziaria 2008, abrogando l'articolo 2, comma 236, e il relativo allegato A (cioè eliminando quindi il meccanismo per cui gli enti compresi nell'allegato A non oggetto di regolamento sono soppressi alla scadenza del termine) e prorogando il termine per l'adozione dei regolamenti al 31 dicembre.
Vi è poi una seconda modifica: l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 97 del 2008 dispone invece che il termine per l'emanazione dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 634, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è prorogato al 30 settembre 2008 per la sola Fondazione «Il Vittoriale degli italiani».
È necessario pertanto un coordinamento dell'articolo 4 del decreto-legge n. 97 del 2008 con l'articolo 26 del decreto-legge n. 112 del 2008, visto che quest'ultimo va ad incidere sulla legge finanziaria 2008, disponendo in senso diverso da quanto appena visto.
Veniamo al Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio (Articolo 4, comma 9-quinquies, del decreto-legge n. 97 del 2008).
L'articolo 4, comma 9-quinquies, recita: «Fermo restando quanto previsto dal comma 24, dell'articolo 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è prorogato al 30 settembre 2008 il termine di conservazione nel bilancio delle risorse relative ai contributi statali di cui all'articolo 1, commi 28 e 29, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, che alla data di entrata in vigore del presente decreto siano stati oggetto di revoca e non risultino impegnate».
La legge finanziaria del 2005 stanziava dei contributi statali per finanziare interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali (articolo 1, commi 28 e 29, della legge n. 211 del 2004).
La legge finanziaria del 2008 ha abrogato tali commi a partire dal 1o agosto 2008, abolendo il Fondo e prevedendo che le somme non impegnate siano riversate all'entrata nel bilancio dello Stato.
L'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008 ha reintrodotto il Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio che era stato soppresso nella finanziaria del 2008.
Il comma in esame, nel decreto-legge n. 97 del 2008, interviene a prorogare fino al 30 settembre 2008 il termine per la conservazione nel bilancio delle risorse relative a contributi statali già previsti per il Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio ora abolito.
È necessario un coordinamento con l'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008, visto che quest'ultimo reintroduce il Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio che era stato soppresso nella finanziaria del 2008.
In sintesi, due logiche diverse: sono coordinate?
Occorre un coordinamento di disposizioni del decreto-legge n. 97 del 2008 con quanto disposto nel decreto-legge n. 90 del 2008.
Parliamo ora dei rifiuti in Campania (articoli 4-octies e 4-novies del decreto-legge n. 97 del 2008).
Gli articoli in esame del decreto-legge n. 97 del 2008 prevedono per la Campania: il divieto di trasferire i rifiuti verso altre regioni (articolo 4-octies: «Fatte salve le intese ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 dicembre 2006, n. 290, fino alla cessazione dello stato di emergenza nella gestione dei rifiuti nella regione Campania, è vietato il trasferimento e lo smaltimento dei rifiuti urbani, esclusi quelli della raccolta differenziata inviati presso impianti per il riutilizzo, il riciclo o il recupero di materia,Pag. 59in altre regioni); la classificazione ad una determinata tipologia di tutti i rifiuti provenienti da una serie di località (articolo 4-novies: «I rifiuti provenienti dagli impianti di selezione e trattamento di Caivano (Napoli), Tufino (Napoli), Giugliano (Napoli), Santa Maria Capua Vetere (Caserta), Avellino - località Pianodardine, Battipaglia (Salerno) e Casalduni (Benevento), ai fini delle successive fasi di gestione nell'ambito della regione Campania, sono sempre assimilati alla tipologia di rifiuti aventi codice CER 20.03.01)». Vi è l'attribuzione al Ministro per lo sviluppo economico del compito di determinare le modalità per concedere incentivi ad alcuni impianti di termovalorizzazione (articolo 4-novies: «Su proposta motivata del sottosegretario di Stato di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, definisce le modalità per concedere gli incentivi pubblici di competenza statale, previsti dalla deliberazione del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992, agli impianti di termovalorizzazione localizzati nel territorio delle province di Salerno, Napoli e Caserta»).
È necessario un coordinamento con gli articoli 8-bis, 9 comma 7-bis e 6, comma 2, del decreto-legge n. 90 del 2008, dato che prevedono un contenuto simile (ma non coincidente) a quello previsto nel decreto n. 97 del 2008: il divieto di trasferire i rifiuti verso altre regioni (articolo 9, comma 7-bis: «Fatte salve le intese ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 dicembre 2006, n. 290, fino alla cessazione dello stato di emergenza di cui all'articolo 19 del presente decreto, è vietato il trasferimento, lo smaltimento o il recupero di rifiuti in altre regioni. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»); la classificazione ad una determinata tipologia di tutti i rifiuti provenienti da una serie di località (articolo 6, comma 2: «Fermo quanto disposto dall'articolo 18, e in deroga alle disposizioni di cui all'allegato D alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, i rifiuti comunque provenienti dagli impianti di cui al comma 1 del presente articolo sono destinati ad attività di recupero ovvero di smaltimento secondo quanto previsto dagli allegati B e C alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e, ai fini delle successive fasi di gestione, detti rifiuti sono sempre assimilati, per quanto previsto dall'articolo 184 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dall'articolo 2 del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, alla tipologia di rifiuti avente codice CER 20.03.01»); attribuzione al Ministro per lo sviluppo economico del compito di determinare le modalità per concedere incentivi ad alcuni impianti di termovalorizzazione (articolo 8-bis: «Misure per favorire la realizzazione dei termovalorizzatori»).
Per superare la situazione di emergenza e per assicurare un'adeguata capacità complessiva di smaltimento dei rifiuti prodotti in Campania, per gli impianti di termovalorizzazione localizzati nei territori dei comuni di Salerno, Napoli e Santa Maria La Fossa (Caserta), il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta motivata del Sottosegretario di Stato, definisce, con riferimento alla parte organica dei rifiuti stessi, le condizioni e le modalità per concedere, con propri decreti, i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale previsti dalla deliberazione del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992, anche in deroga ai commi 1117 e 1118 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e al comma 137 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
È necessario un coordinamento di disposizioni del decreto-legge n. 97 del 2008 con quanto disposto nel decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972Pag. 60
Mi riferisco inoltre al pagamento dell'imposta di bollo in modo virtuale di cui all'articolo 3, comma 8-bis, del decreto-legge n. 97 del 2008, che recita: «All'articolo 15, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni, dopo la parola: «emessi» sono aggiunte le seguenti: «e ricevuti». Ai sensi del comma 3 dell'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 l'interessato a ricevere un'autorizzazione per poter pagare l'imposta di bollo in modo virtuale, deve presentare all'intendente di finanza una domanda corredata da una dichiarazione contenente l'indicazione del numero presuntivo degli atti e documenti che potranno essere emessi durante l'anno. Il comma in esame del decreto-legge n. 97 del 2008 introduce accanto alla formula «atti e documenti che potranno essere emessi» l'inciso «e ricevuti».
È necessario un coordinamento con il comma 5 dell'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, dove si prevede che «entro il successivo mese di gennaio, il contribuente deve presentare all'ufficio del registro una dichiarazione contenente l'indicazione del numero degli atti e documenti emessi nell'anno precedente distinti per voce di tariffa, nonché degli assegni bancari estinti nel suddetto periodo».
Si pone l'opportunità di esplicitare l'effetto retroattivo del differimento di un termine che è destinato ad incidere su processi in corso, a fronte di una norma retroattiva in materia di infortuni sul lavoro (l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 97 del 2008 recita: «Le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera r), e all'articolo 41, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2009». Gli articoli del decreto legislativo impongono, come è noto, alcuni obblighi a carico del datore di lavoro. Il comma in esame del decreto-legge n. 97 del 2008 introduce un differimento della loro applicazione dal 1o gennaio 2009.
L'articolo 18 concerne obblighi del datore di lavoro e del dirigente: 1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: r) comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni.
L'articolo 41 concerne la sorveglianza sanitaria. La sorveglianza sanitaria comprende: a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica; b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l'anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente; c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica; e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente. Le visite mediche di cui alPag. 61comma 2 non possono essere effettuate: a) in fase preassuntiva; b) per accertare stati di gravidanza; c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
Si chiede di valutare l'opportunità di precisare l'effetto retroattivo del differimento con riguardo ai procedimenti sanzionatori in corso.
In conclusione, non ci illudiamo certo che i decreti «milleproroghe» possano in un colpo solo divenire perfetti. Ma quel poco di bicameralismo che resta potrebbe dare un aiuto in questa direzione. Diciamo in ogni caso con convinzione che non ha senso fare norme «taglia leggi» con una mano e con l'altra produrre norme a così basso indice di qualità.
Ed infine vorrei aggiungere che anziché correggere prassi legislative negative non conviene peggiorarle, come è avvenuto in questo caso con l'innesto di altri due decreti-legge (mi permetto di rinviare alla illustrazione della pregiudiziale di costituzionalità).
Questa passi pericolosa non va solo contro le circolari dei Presidenti, ma contro la Costituzione e il regolamento (vedi ancora le osservazioni iniziali e dure del Comitato per la legislazione).

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 24 luglio 2008, a pagina 106, prima colonna, riga quattordicesima, la parola: «non» si intende soppressa.