XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 6 settembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio di gestione della navigazione pubblica laghi di Garda, Como e Maggiore è attualmente in capo ad un organismo del Ministero dei trasporti e delle infrastrutture, la Gestione Governativa Navigazione Laghi, che movimenta diversi milioni di passeggeri l'anno, fra turisti e residenti nei centri lacuali;
    le riduzioni di trasferimenti statali in questi ultimi anni hanno dimezzato i contributi alla Gestione Governativa Laghi, portandoli da 26 a 13 milioni. Le minori risorse trasferite, sommate all'aumento delle imposte sui carburanti ed in particolare sul gasolio, aggravano i costi di gestione e mettono a rischio la continuità del servizio pubblico di navigazione;
    sostenere la navigazione pubblica sui laghi significa sostenere una possibile integrazione e un'alternativa alla difficile e in certi periodi dell'anno non più sostenibile, mobilità su gomma. Non solo è necessario mantenere il servizio in essere, ma sarebbe auspicabile prevedere interventi per incentivare anche il servizio notturno al fine di migliorare le condizioni ambientali e quelle del trasporto nel territorio attraverso un'offerta efficiente e unitaria di tutti i sistemi trasporto presenti sul territorio creando una connessione funzionale fra il trasporto pubblico locale, inteso anche come navigazione, e i sistemi di mobilità di ordine superiore come il sistema aeroportuale e la rete ferroviaria nazionale;
    il taglio del 50 per cento sul fondo di esercizio per il trasporto pubblico in capo alla Gestione Governativa Navigazione Laghi ha portato ad una drastica diminuzione delle corse e un notevole ridimensionamento del personale e le previsioni per l'immediato futuro sono assolutamente drammatiche, dato anche il blocco delle assunzioni di lavoratori stagionali. Le conseguenze di tali azioni penalizzano specialmente gli utenti pendolari, generando conseguenze negative in termini occupazionali (anche rispetto alla possibilità di assumere lavoratori stagionali), di attrattiva turistica delle aree lacuali e inibisce le potenzialità di trasporto su acqua, oltre che come fattore di sviluppo economico, anche come soluzione alle frequenti problematiche di mobilità dei territori lacuali;
    il recente decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, all'articolo 16 – Disposizioni urgenti per la continuità dei servizi di trasporto – attribuisce per l'anno 2012, alla Gestione Governativa Navigazione Laghi, al fine di garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sul laghi Maggiore, di Garda e di Como, risorse pari a 6 milioni di euro. Tali maggiori risorse sono destinate al finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, quarto comma, della legge 18 luglio 1957, n. 614;
    tale stanziamento, pur importante, non consente comunque di compensare integralmente i tagli lineari sopra citati, né di far fronte al progressivo rincaro del costo del carburante necessario ai natanti; la situazione della navigazione lacuale è, inoltre, aggravata per effetto delle disposizioni previste dalla legge 15 dicembre 2011, n. 217, secondo cui sono assoggettati al pagamento dell'Iva gli acquisti relativi al parco natanti, che, in precedenza, erano esenti ai sensi dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
    il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, all'articolo 11 prevede che la gestione governativa per i laghi Maggiore, di Como e di Garda sia trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla provincia autonoma di Trento. Questo passaggio sarebbe dovuto avvenire entro il 1o gennaio 2000, previo risanamento tecnico-economico ma tuttora la gestione è centralizzata a livello statale, ma la regionalizzazione del servizio non è tuttora avvenuta;
    in attuazione al succitato decreto legislativo, la regione Lombardia ha promulgato la legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25, in cui si prevede, all'articolo 29, che la Giunta regionale è autorizzata a stipulare accordi di programma con le regioni e la provincia autonoma interessate per l'organizzazione della gestione della navigazione per i laghi Maggiore, di Como e di Garda;
    il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, recante «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42», all'articolo 5, comma 1, prevede che vengano trasferiti a livello territoriale i beni appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, ad eccezione del laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un'intesa tra le regioni interessate, ferma restando comunque la eventuale disciplina di livello internazionale;
    la «devoluzione» della gestione e il passaggio di proprietà dei laghi dallo Stato alle regioni è quindi già previsto all'interno del decreto sul federalismo demaniale, che coinvolge tutti i laghi ad eccezione di quelli Maggiore e di Garda, che necessitano di un accordo fra le regioni bagnate dalle acque lacuali;
    le regioni Lombardia, Piemonte e Veneto hanno, peraltro, recentemente confermato, nel corso di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva condotta dal Senato sulle problematiche connesse al settore di navigazione sui laghi, la volontà di vedersi assegnare le competenze del trasporto navigazione lacuale, come riportato nel documento conclusivo votato dalla Commissione lavori pubblici del Senato l'11 gennaio 2012;
    il trasporto pubblico sui laghi, curato dalla gestione governativa navigazione laghi, risulta presentare oggi uno dei migliori indici di copertura dei costi con le entrate tariffarle fra quelli di tutte le aziende che gestiscono il trasporto pubblico locale, su gomma, rotaia o acqua. Il coefficiente di esercizio si attesta infatti intorno al 60 per cento contro il 35/40 per cento medio del settore del trasporto pubblico locale;
    in un'ottica di funzionalità e di efficienza, nel ripensamento delle modalità di organizzazione del servizio, la navigazione sui laghi potrebbe anche non essere gestita necessariamente a livello pubblico. L'ingresso dei privati potrebbe introdurre elementi di logica imprenditoriale in grado di risollevare l'intero settore e risolvere i problemi economici-finanziari;
    inoltre, viste le diverse esigenze e movimentazioni di traffico, la gestione potrebbe non essere unica per tutti i laghi, ma autonoma e indipendente, trasferendo sul territorio di riferimento questo importante servizio;
    è necessario mettere in atto interventi concreti sull'intera area lacuale, anche prevedendo un potenziamento e una riqualificazione del sistema di collettamento e depurazione delle acque del lago di Garda con la realizzazione del nuovo depuratore per la sponda bresciana e il raddoppio o, dove occorre, il rifacimento delle condotte sub lacuali esistenti con la loro conseguente dismissione,

impegna il Governo:

   nelle more del trasferimento alle regioni interessate, ad assumere iniziative volte a prevedere un adeguato stanziamento di risorse finanziare necessarie a garantire la continuità del servizio pubblico lacuale in capo alla gestione navigazione laghi di Como, Garda e Maggiore, al fine di assicurare un livello adeguato di efficienza ed efficacia del servizio;
   ad adottare gli interventi di propria competenza utili a dare rapida attuazione al processo di regionalizzazione previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, in particolare per quanto riguarda la predisposizione di un piano aggiornato di risanamento tecnico-economico necessario a definire, d'intesa con le regioni coinvolte, il trasferimento delle competenze in materia di gestione del trasporto pubblico lacuale e l'assegnazione delle conseguenti risorse in conto capitale e d'esercizio;
   a porre in essere ogni utile iniziativa volta ad accompagnare il processo di regionalizzazione anche in termini di riassetto organizzativo del servizio pubblico di trasporto lacuale, al fine di conseguire i necessari caratteri di efficienza, efficacia ed economicità del servizio medesimo, oltre che di migliore sostenibilità ambientale;
   a valutare la possibilità, nell'ambito del processo di regionalizzazione, di intervenire con gli appositi strumenti, anche di carattere normativo, per modificare l'attuale gestione dei laghi prealpini, da una parte rendendo possibile l'ingresso ai privati nell'ente pubblico e dall'altra prevedendo una gestione organizzativa e finanziaria autonoma per ciascun lago;
   a provvedere tempestivamente, per quanto di competenza, con azioni volte a potenziare e riqualificare il sistema di collettamento e depurazione in particolare delle acque del lago di Garda.
(1-01122) «Montagnoli, Braga, Beccalossi, Fogliardi, Volontè, Moroni, Borghesi, Bragantini, Brancher, Compagnon, Corsini, Dal Moro, Ferrari, Gelmini, Alberto Giorgetti, Martini, Molgora, Nicola Molteni, Negro, Reguzzoni, Rivolta, Saglia, Federico Testa, Codurelli, Renato Farina, Fiano, Lovelli, Marantelli, Meta, Narducci, Pizzetti, Quartiani, Sanga, Velo, Cesario, Pastore, Fogliato, Fugatti, Froner».


   La Camera,
   premesso che:
    presso il tribunale di Palermo è in corso un procedimento penale sulla cosiddetta trattativa tra pezzi di Stato e uomini delle istituzioni con la mafia nel biennio 1992-1994, contrassegnato dagli attentati in Sicilia, a Roma e a Firenze;
    l'inchiesta, chiusa dai pubblici ministeri di Palermo a metà di giugno 2012, non è la prima che fa emergere la collusione tra lo Stato e la mafia. Infatti, nel 1998, la sentenza della corte d'assise di Firenze sulle stragi del 1993 certificò che i colloqui degli allora ufficiali del Ros dei carabinieri Mori e De Donno con l'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino «avevano tutte le caratteristiche per apparire come una “trattativa”, e l'effetto sui capi mafiosi fu quello di convincerli, definitivamente, che la strage era idonea a portare vantaggi all'organizzazione». I giudici di Firenze si spinsero a ipotizzare che i contatti carabinieri-Ciancimino avessero aperto la via all'arresto di Totò Riina, al prezzo di «sostanziali concessioni ai mafiosi», ad esempio, è risaputo oggi, l'allentamento del cosiddetto «carcere duro». E scrissero: «Questa eventualità fa rabbrividire ogni persona avveduta, ma è inidonea a influenzare questo giudizio che non concerne i contraenti dalla parte di qua di questo ipotetico contratto illecito, ma coloro che, del contratto, sarebbero stati i beneficiari». I contraenti dalla parte di qua sarebbero gli ufficiali dell'Arma e i loro eventuali mandanti politici; i beneficiari, invece, i boss mafiosi, processati e condannati in quella circostanza;
    i pubblici ministeri di Palermo ritengono di aver composto un altro pezzo del complesso mosaico chiedendo il giudizio anche per alcuni di coloro che stavano «dalla parte di qua», cioè gli uomini dello Stato: Mario Mori, Giuseppe De Donno, Antonio Subranni, Calogero Mannino, Marcello Dell'Utri. Accusati, ai sensi degli articoli 338 e 339 del codice penale, di «minaccia o violenza a un corpo politico dello Stato», per aver rafforzato la volontà ricattatoria dei mafiosi nei confronti del Governo. L'accusa formulata dai pubblici ministeri di Palermo dà corpo all'ipotesi avanzata dai giudici di Firenze, che s'erano dovuti fermare agli imputati «della parte di là», i rappresentanti di Cosa nostra (Totò Riina, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Bernardo Provenzano, Nino Cinà);
    sono stati, inoltre, indagati per false informazioni ai pubblici ministeri Giovarmi Conso e Giuseppe Gargani, e per falsa testimonianza Nicola Mancino;
    considerato il reato contestato, è certamente un atto doveroso la costituzione di parte civile del Governo nel procedimento relativo alla trattativa Stato-mafia. Il Governo è, infatti, parte lesa e, come tale, può esercitare, secondo la legge, la facoltà riconosciuta alle parti lese di costituirsi parte civile;
    a giudizio degli interroganti nel caso specifico tale facoltà è un dovere. Una decisione in senso contrario sarebbe un grave gesto di disinteresse e incuria nei confronti dello Stato e la dichiarazione che le massime istituzioni dello Stato sono indifferenti, se non contrarie, all'accertamento della verità;
   l'udienza preliminare del processo di Palermo è stata fissata per il 29 ottobre 2012;
    nel corso della seduta della Camera del 5 settembre 2012, rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata (3/02450), il Ministro dei rapporti con il Parlamento ha dichiarato che: «il Governo si è reso parte attiva per accertare se si siano verificati i presupposti formali per intraprendere le iniziative per acquisire i dati indispensabili e formulare le valutazioni giuridiche necessarie per assicurare l'ammissibilità della costituzione diparte civile. E stata pertanto formulata apposita richiesta di notizie all'Avvocatura dello Stato, che ricordo essere la destinataria ex lege delle notifiche agli organi di Governo. La risposta è stata nel senso che nessun avviso, ai sensi dell'articolo 419 del codice di procedura penale, risulta ancora notificato per ordine del tribunale di Palermo sulla base della richiesta di rinvio a giudizio richiamata dagli interroganti. Ne discende che, poiché, come è ben noto, la costituzione di parte civile potrà avvenire solo a seguito di fissazione dell'udienza preliminare, che non può essere evidentemente sostituita da notizie di stampa, le valutazioni attinenti alla costituzione di parte civile saranno assunte dal Governo una volta pervenuti gli avvisi di tale udienza, e comunque entro i termini fissati dall'articolo 79 del codice di procedura penale.»;
    in realtà, ai sensi di legge, la parte lesa si può costituire sin dall'udienza preliminare, e ciò perché la legge vuole dare la possibilità a chi si sente leso di potere intervenire sin dalla prima fase processuale, per produrre memorie, istanze, conclusioni, perché, sentendosi leso, vuole essere risarcito;
    se si vuole l'accertamento della verità, il Governo non ha bisogno di una notifica per impegnarsi in tal senso,

impegna il Governo

ad autorizzare la costituzione di parte civile dello Stato, da proporsi già nell'udienza preliminare, nel procedimento penale in corso presso il tribunale di Palermo, relativo alla trattativa Stato-mafia, in cui il Governo è parte lesa.
(1-01123) «Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Palomba, Messina, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Monai, Mura, Paladini, Palagiano, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    il numero chiuso per l'accesso all'università sta producendo effetti paradossali, che si rifletteranno sinistramente sull'assetto futuro della società italiana;
    al di là delle perplessità sulla qualità dei test di accesso, sulla massa di ricorsi che puntualmente ogni anno si rovescia sui tribunali amministrativi, sul dilagare del nefasto sistema delle raccomandazioni, che in sostanza impedisce ai migliori di accedere, si osserva che la limitazione degli accessi è basata da un lato su una valutazione della capacità di assorbimento del mercato del lavoro del tutto arbitraria, dall'altro sulla capacità di assorbimento dei singoli atenei, anch'essa basata su presunzioni del tutto teoriche, in quanto la qualità dello studio dei laureati non risulta aumentata da quando si è adottato il sistema del numero chiuso;
    giova anche ricordare che l'Italia è il Paese d'Europa con il minor numero di laureati per ogni 100 abitanti e l'Unione europea ci chiede di raddoppiare questi numeri in pochi anni; entro il 2020 nella fascia tra i 30 ed i 34 anni i laureati dovrebbero essere il 40 per cento della popolazione, ma nel 2010 l'Italia era ancora ferma al 19,8 per cento, quattordici punti sotto la media europea; i dati, sulle immatricolazioni negli atenei statali presentano da anni un trend sistematicamente in calo; secondo un recente studio ministeriale sul passaggio dalla scuola secondaria di secondo grado all'università, mai come nel 2012 è stato ampio il divario tra immatricolati e diplomati; se negli anni 90 il rapporto superava il 70 per cento nel 2012 è sceso al di sotto del 60 per cento;
    ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 264 del 1999 sono programmati a livello nazionale gli accessi a numerosi corsi di laurea di diverse facoltà, tra le quali spiccano medicina, chirurgia, architettura, i corsi per la formazione del personale sanitario, i corsi di laurea in scienza della formazione primaria, nonché i corsi universitari di nuova istituzione o attivazione, su proposta delle università e i corsi specialistici dei medici e delle professioni legali;
    il numero di posti per quei corsi regolati nel Paese è determinato dal Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica «sulla base della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» (articolo 3, comma 1, lettera a) della legge n. 264 del 1999); tenendo conto delle perplessità che possono sollevarsi sulla capacità del suddetto Ministero di valutare quale sarà il mercato del lavoro nel lungo periodo, il rischio e che si sia pervenuti all'individuazione di soglie dotate di una forte componente di arbitrarietà;
    a riprova di quanto affermato il Piano sanitario nazionale (PSN) per il triennio 2011-2013 stima in circa 17.000 il numero dei medici che lasceranno il SSN entro il 2015. Considerando il numero medio di laureati in medicina e chirurgia per anno accademico e la quota di questi che viene immessa annualmente nel SSN, ci si aspetta, a partire dal 2012, un saldo negativo tra pensionamenti e nuove assunzioni. Si stima, inoltre, che la forbice tra uscite ed entrate tenderà ad allargarsi negli anni a seguire data la struttura per età ed il numero di immatricolazioni al corso di laurea in medicina e chirurgia. In sintesi, ci si attende una carenza di circa 22.000 medici dal 2014 al 2018;
    ulteriori perplessità desta l'utilizzo crescente della facoltà concessa agli atenei, di introdurre anche autonomamente il numero programmato; le giustificazioni degli atenei consistono nel richiamo all'applicazione dei nuovi criteri di accreditamento che prevedono un certo rapporto tra docenti e studenti e ad un credibile rapporto tra numero di laureati e potenzialità occupazionali; anche qui si tratta di presunzioni del tutto teoriche, mentre è del tutto concreta l'affermazione delle associazioni studentesche e di quelle dei consumatori, secondo cui quello dei testo di accesso è un business da 50 milioni di euro l'anno, di cui ampia quota va agli Atenei;
    secondo dati diffusi ad agosto 2012 per il prossimo anno accademia nelle università statali più del 50 per cento dei corsi sarà a numero chiuso: al 27 per cento dei corsi programmati a livello nazionale si aggiunge il 27,2 per cento di quelli programmati a livello locale; si 2.274 corsi di primo livello, 1.231 sono a numero chiuso; per le scienze chimiche il numero chiuso è applicato nel 55 per cento dei casi, che sale al 90 per cento per coloro che si vogliono iscrivere a farmacia e scienze biologiche;
    dalla stampa si apprende che nel 2012 ai soli test in medicina e odontoiatria sono iscritti circa 77.000 aspiranti per circa 11.000 posti: di conseguenza solo 1 su 7 potrà iscriversi ai corsi; i test sono considerati dai partecipanti una sorta di lotteria; da un sondaggio del 2011 di Universi Net su un campione, piuttosto significativo, di 16.128 ragazzi è risultato che il 57 per cento delle studentesse e il 39 per cento degli studenti sono pronti a fare sesso in cambio dell'ammissione. Schiacciante il risultato su cosa sia più importante fare per essere ammessi all'università: solo per il 12 per cento conta lo studio mentre per l'86 per cento è più importante la raccomandazione. In ogni caso per essere raccomandati i giovani del 2011 punterebbero più su un prelato o su un parente (13 per cento) che su un politico nazionale (12 per cento);
    la necessità di una nuova valutazione costi — benefici devono essere sollevati in relazione alla gestione degli studenti stranieri e dei posti ad essi riservati; sintomatico il dato, ricavato dalle statistiche su ricerca scientifica e sviluppo tecnologico diffuse dalla unione europea a fine luglio 2011, secondo il quale tra i risultati tutti sotto la media comunitaria raggiunti dal nostro Paese spicca la vigorosa crescita del numero di laureati extraeuropei (+14,2 per cento); a questi si aggiungono anche un crescente numero di studenti tedeschi, inglesi o americani; considerato il livello medio tutt'altro che eccezionale delle università statali occorre valutare se la crescita di queste iscrizioni non dipenda dal fatto che i relativi costi sono in Italia più bassi rispetto ad altri Paesi economicamente sviluppati, mentre per molti studenti extracomunitari va considerato che le norme attualmente vigenti pongono integralmente a carico del sistema universitario e dell'erario pubblico molti di essi;
    con sentenza 7 giugno – 18 ottobre 2011, n. 5593 la VI sezione del Consiglio di Stato ha stabilito che un cittadino italiano che sia stato respinto (rectius: non ammesso in base ad una graduatoria) alle selezioni per l'ammissione all'università non ha possibilità di fruire dei posti riservati dall'ateneo ai cittadini extracomunitari non residenti in Italia, anche nella ipotesi in cui gli stessi siano rimasti vacanti; con riferimento all'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 2 agosto 1999, n. 264, il Consiglio non ha tenuto conto «dell'offerta potenziale del sistema universitario», ma ha preferito fondare la propria decisione sul concetto di «fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo»; fabbisogno che non sarebbe inciso dagli studenti extracomunitari non residenti in Italia i quali, dopo il conseguimento del titolo di studio, sarebbero destinato a rientrare al proprio Paese di origine, senza alcuna incidenza sulla situazione occupazionale italiana;
    la crisi economica si è abbattuta come un maglio sui nostri giovani; il tasso di disoccupazione giovanile è del 35,9 per cento ed arriva al 48 per cento per le giovani donne nelle regioni meridionali; ma ancora più impressionante è il dato che 1,5 milioni di giovani non studiano e non lavorano: i cosiddetti NEET (not employment, education or training) sono ormai il 18,9 per cento della nostra popolazione giovanile;
    si è ampiamente studiato l'impatto devastante che la perdita del lavoro ha sui lavoratori adulti: il crollo della considerazione di sé stesso; la vergogna verso la famiglia; la vergogna sociale. Nessuno pensa che lo stesso accade, ma con l'aggravante della giovane età, a tanti di quei giovani studiosi, che hanno assecondato e confidano nel Sistema, che in Paese normale dovrebbero avere almeno il diritto di provarci e che invece nel nostro devono affrontare una sorta di lotteria, che considerano anche truccata. Poi ci si meraviglia che le case degli italiani si stanno riempiendo di giovani che hanno scambiato il giorno con la notte, il cui unico desiderio è sballarsi per dimenticare; o che la «movida» notturna è sempre più affollata e di conseguenza, sempre più sfrenata;
    le associazioni consumeristiche e studentesche peraltro contestano con forza crescente il numero chiuso e che per quest'anno sono previste class action collettive in favore degli esclusi, mentre si è in attesa di una decisione della Corte Costituzionale sulla legittimità degli accessi programmati,

impegna il Governo:

   ad emanare disposizioni volte ampliare significativamente già a decorrere dall'anno accademico 2012-2013, gli accessi programmati alle facoltà universitarie sia con riferimento al numero programmato nazionale, sia ove tale facoltà sia delegata agli atenei;
   ad assumere iniziative normative per modificare profondamente i criteri di limitazione dell'accesso agli studi universitari di cui alla legge in particolare:
    a) sopprimendo il criterio del «fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) della citata legge;
    b) limitando ai soli casi di «serio e dimostrato impedimento alla didattica» la facoltà per gli atenei di introdurre autonomamente il numero chiuso;
    c) riducendo temporaneamente il rapporto docenti studenti, quale forma di partecipazione del sistema universitario alla gestione della crisi economica che incombe sulla società italiana;
   a sottoporre a complessiva valutazione costi, benefici gli oneri relativi al mantenimento degli studenti extra-comunitari, eliminando le storture che possono essersi verificate e le possibili sperequazioni ai danni degli studenti indigenti intra-comunitari, nonché prevedendo che il mantenimento integrale degli studenti extracomunitari sia limitato a quelli dei Paesi più poveri e privi di un sistema universitario adeguato;
   ad assumere le necessarie iniziative per consentire con effetto immediato e il travaso degli studenti italiani che risultino tra i primi non ammessi nelle graduatorie di accesso degli atenei ad occupare i posti lasciati vacanti dagli studenti extracomunitari, sino a concorrenza dei medesimi;
   a valutare la possibilità di riconsiderare integralmente le modalità di accesso agli studi universitari, in considerazione della elevata aleatorietà del sistema basato su quiz di cultura generale, prevedendo invece che l'accesso sia libero e che siano le università stesse a selezionare coloro che ritengono meritevoli di proseguire gli studi, in base a risultati didattici reali, conseguiti in un periodo da definirsi di prova che potrà essere annuale o biennale a seconda delle facoltà.
(7-00970) «Mario Pepe (Misto-R-A)».


   La X Commissione,
   premesso che:
    il polo siderurgico di Piombino è una delle principali realtà economiche dell'Italia e, dopo Taranto, è il secondo polo siderurgico a ciclo integrale che provvede a trasformare attraverso l'altoforno il carbone e il minerale di ferro in acciaio;
    le produzioni del polo siderurgico di Piombino che occupano circa 6.000 lavoratori, incluso l'indotto, con la presenza in particolare di gruppi industriali rilevanti tra cui Lucchini (proprietà Severstal), Magona (proprietà AcelorMittal) e Tenaris Dalmine (proprietà Techint), costituiscono un interesse strategico per l'Italia;
    Lucchini, ad esempio, mantiene una leadership mondiale nella produzione di rotaie da tutelare con decisione;
    da tempo si assiste ad un crollo degli ordinativi ed il rallentamento del polo siderurgico ha messo in difficoltà anche l'economia regionale;
    il gruppo Lucchini sta vivendo una grave crisi finanziaria malgrado la ristrutturazione del debito in corso e la ricapitalizzazione di 100 milioni di euro appena accordata dalle banche creditrici;
    i mancati investimenti, hanno rallentato la ripresa degli stabilimenti siderurgici con il rischio di una dismissione del ciclo integrale riposizionando la produzione su asset meno strategici che comportano di fatto una riduzione della capacità produttiva del sito;
    tale soluzione determinerebbe un costo elevato sia in termini sociali, perché causerebbe il licenziamento di almeno la metà dei dipendenti, sia in termini prettamente economici perché priverebbe l'Italia di un asset strategico in un momento in cui gli investimenti nell'aggiornamento della rete ferroviaria italiana richiederebbero un maggior uso delle produzioni siderurgiche;
    alla crisi della Lucchini si è recentemente aggiunta la crisi di altri fornitori della filiera con fermi impianti estivi tali da pregiudicare la ripresa delle lavorazioni autunnali;
    anche la situazione del gruppo Magona al momento desta molta preoccupazione: nel 2008 occupava 760 dipendenti ora ridotti di 200 unità per le uscite attraverso pensionamenti e mobilità incentivata;
    l'azienda si trova tuttora in una condizione di grande incertezza, con calo dei volumi produttivi e il conseguente ricorso agli ammortizzatori sociali e ai contratti di solidarietà;
    appare urgente definire un piano industriale che consenta al polo siderurgico di intercettare i segnali di ripresa del mercato dell'acciaio nazionale e internazionale;
    appare allo stesso tempo urgente che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del mare intervenga per accelerare il processo di riqualificazione complessiva del sito siderurgico di Piombino mediante operazioni di bonifica sostenibili, complemento fondamentale per un effettivo rilancio produttivo del sistema industriale siderurgico;
    l'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, prevede che in caso di situazioni di crisi industriali complesse, in specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale, possano essere attivati i progetti di riconversione e riqualificazione industriale la cui finalità è quella di agevolare gli investimenti produttivi, anche di carattere innovativo, nonché la riconversione industriale e la riqualificazione economico produttiva dei territori interessati;
    il comma 3 del citato articolo 27 prevede che possano essere attivati accordi di programma al fine dell'adozione dei progetti di riconversione, al fine di disciplinare: gli interventi agevolativi; l'attività integrata e coordinata di amministrazioni centrali, regioni, enti locali e dei soggetti pubblici e privati; le modalità di esecuzione degli interventi e la verifica dello stato di attuazione e del rispetto delle condizioni fissate. Tutte le opere e gli impianti richiamati all'interno dei progetti sono dichiarati di pubblica utilità, urgenti e indifferibili;
    il procedimento ai fini del riconoscimento di tale crisi è caratterizzato da un elemento formale: l'istanza di riconoscimento della regione interessata;
    con una lettera del 10 agosto 2012, indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dello sviluppo economico, il presidente della giunta regionale della Toscana insieme al presidente della provincia di Livorno e al sindaco del comune di Piombino, hanno dato la disponibilità a collaborare con forme di cofinanziamento nell'ambito di accordi di programma congiunti, ivi compresa la presentazione di una richiesta di istanza di riconoscimento da parte della regione Toscana al Ministero dello sviluppo economico ed hanno inoltre inteso chiedere la convocazione di un tavolo interistituzionale presso il Ministero dello sviluppo economico al fine di affrontare la grave crisi del polo siderurgico di Piombino che interessa l'economia dell'intera regione Toscana;
    la crisi simultanea sia di un intero settore che di imprese di varie dimensioni, nonché la presenza di questioni infrastrutturali, ambientali ed energetiche non risolvibili solo con risorse e competenze di carattere regionale (esempio SIN – sito di interesse nazionale), comporta la necessità di un coinvolgimento del Governo e la concreta possibilità di attivare un progetto complessivo ai sensi del citato articolo 27 del decreto-legge n. 83 del 2012;
    la concreta applicazione della norma è demandata, ai sensi del citato articolo 27, comma 8, ad un decreto attuativo del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 83 del 2012, che definisce la procedura di individuazione delle aree in situazione di crisi industriali complessa;
    in attesa del citato decreto attuativo, i cui termini sono scaduti il 25 agosto 2012, è opportuno rilevare che solo passando da una logica di «resistenza finanziaria» (che non preclude il rischio di una vendita a spezzatino delle imprese in difficoltà per ripianare i debiti con le banche) ad una prospettiva di «rilancio industriale» sarà possibile non abdicare ad un altro settore distintivo della capacità produttiva italiana,

impegna il Governo:

   ad emanare in tempi rapidi il decreto attuativo del citato articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, prevedendo l'inclusione del polo siderurgico di Piombino tre le aree definite in situazione di crisi industriale complessa, al fine di attuare progetti di riconversione e riqualificazione produttiva che si avvalgano delle migliori tecnologie al momento disponibili sul mercato;
   ad intervenire per accelerare il processo di riqualificazione complessiva del sito siderurgico di Piombino mediante operazioni di bonifica e di infrastrutturazione di fondamentale importanza per un effettivo rilancio produttivo del sistema industriale siderurgico.
(7-00971) «Saglia, Velo, Lulli, Vico, Ventura, Bindi, Albini, Cenni, Cuperlo, De Pasquale, Fluvi, Fontanelli, Gatti, Giacomelli, Mariani, Mattesini, Nannicini, Realacci, Rigoni, Sani, Scarpetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   DIMA, TRAVERSA, GOLFO e ANTONINO FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   Goletta Verde, la storica imbarcazione di Legambiente che si occupa dal 1986 di monitorare lo stato di salute delle coste e dei mari della nostra penisola, ha presentato il 14 agosto 2012, il bilancio finale della 27a edizione con la pubblicazione e la diffusione dei dati relativi alle 26 tappe in cui si è articolato il tour 2012;
   nello specifico, l'attività di indagine è stata caratterizzata da un totale di 205 analisi microbiologiche effettuate dal laboratorio mobile della nave ambientalista da cui è risultato che i campioni fuori legge sono stati 120 mentre 100 sono stati quelli fortemente inquinati, cioè con concentrazioni di batteri di origine fecale pari ad almeno il doppio dei limiti di legge, ed infine l'86 per cento dei punti inquinati sono stati prelevati alle foci di fiumi, torrenti e canali;
   alla luce di questa azione di campionamento, il mare della Calabria sarebbe risultato il più inquinato in assoluto con 19 punti critici, di cui ben 16 fortemente inquinati, su un totale di 24 campioni prelevati;
   il dossier di Goletta Verde, con la notizia del mare calabrese più inquinato d'Italia, ha provocato scalpore e risonanza a livello mediatico, danneggiando, con la diffusione pressappochista e parziale di queste analisi nel pieno delle vacanze estive, il turismo della regione e contribuendo a diffondere la sensazione di trovarsi di fronte ad una situazione di vera e propria emergenza ambientale;
   i dati di Legambiente sono stati utilizzati secondo l'interrogante in maniera sensazionalistica ed inappropriata per creare sorpresa ed impressione tra i calabresi ed i turisti e per ingenerare, in questo modo, una gratuita preoccupazione ed una sorta di «terrorismo psicologico» nei riguardi degli operatori turistici e dei tanti italiani e stranieri che hanno scelto la Calabria come meta per le loro vacanze anche e soprattutto perché non si riferiscono, per come ammesso dagli stessi responsabili di Goletta Verde, alla balneazione delle acque;
   questi dati risultano essere assolutamente parziali soprattutto se raffrontati al più articolato ed approfondito controllo svolto dall'ARPACAL (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Calabria) che monitora annualmente le acque destinate alla balneazione assicurando controlli di routine con cadenza mensile da aprile a settembre;
   nel merito, infatti, il monitoraggio dell'ARPACAL si estende a 670 chilometri di costa con 651 punti di prelievo per un totale di circa 7812 analisi effettuate sui due indicatori di contaminazione fecale individuati dalla normativa vigente, coinvolge i comuni quando sono chiamati ad emettere eventuali divieti di balneazione e si intensifica quando il risultato ottenuto non è conforme ai limiti imposti dalla legge;
   i dati sono inviati, entro 48 ore dal campionamento, al Ministero della salute che li pubblica on-line sul sito «portale acque di balneazione» mentre a fine campagna di monitoraggio i risultati degli ultimi quattro anni d'indagine sono elaborati statisticamente e le acque classificate annualmente, in base al punteggio ottenuto, in eccellenti, buone, sufficienti e scarse su cui grava il divieto di balneazione;
   alla luce di questo complesso sistema di monitoraggio, regolamentato in maniera molto rigida sia a livello scientifico che normativo, il 95 per cento delle coste calabresi ha ottenuto un giudizio di eccellenza in termini di balneazione delle acque e di conseguenza risulta evidente come l'attività di Goletta Verde, con la limitatezza numerica dei prelievi effettuati nel corso di un solo mese, non possa assolutamente considerarsi obiettiva e completa né tanto meno assumere una valenza scientifica e statistica;
   l'aver voluto esprimere a tutti i costi, ed in maniera evidentemente forzata e strumentale, un giudizio assolutamente negativo sulla qualità di tutte le acque calabresi, nonostante i risultati scientifici dimostrino in maniera oggettiva la loro eccellenza, alla luce di una parziale e limitata attività di analisi, ha significato soltanto compiere un'operazione superficiale che ha danneggiato la Calabria –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere al fine di disciplinare ulteriormente le attività di verifica dello Stato di salute dei mari e delle coste italiane in maniera tale da prevedere adeguate garanzie – anche con riferimento ai soggetti abilitati a svolgere tali attività – per evitare un pregiudizio ingiusto per i territori interessati.
(4-17497)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOVELLI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   fonti stampa hanno recentemente portato l'attenzione sulla vicenda della cittadina italiana Chiara Invernizzi. La donna, quarantenne, di Valenza Po (AL), circa tre anni fa ha sposato un cittadino dell'Arabia Saudita, Paese nel quale la ragazza si è poi trasferita accompagnata dalla sua famiglia di origine;
   la relazione tra i due coniugi è però in breve tempo naufragata, ed il marito, sfruttando le possibilità previste dalla tradizione islamica, ha ripudiato la donna, impedendole successivamente il rientro in Italia;
   nonostante il consolato italiano abbia provveduto a rilasciarle un nuovo passaporto, alla donna è stato impedito di lasciare il Paese poiché secondo la legge in vigore nel Paese, le donne non hanno diritto all'espatrio senza l'autorizzazione del marito che riveste le veci di tutore legale;
   inoltre, secondo quanto denunciato dalla stessa donna in un memoriale consegnato al Sovrano saudita, Abdullah Bin Abdulaziz al Saud per sollevare l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale sulla sua vicenda personale, durante la permanenza nella casa coniugale, sarebbe stata sottoposta ad una serie di vessazioni e violenze fisiche al culmine delle quali il marito avrebbe minacciato di denunciarla per appropriazione indebita ed adulterio. Situazione punita, secondo i dettami della sharia, attraverso la pena di morte –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
   quali iniziative la diplomazia italiana intenda assumere per ottenere il rimpatrio della cittadina italiana Chiara Invernizzi. (5-07754)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANNI FARINA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli effetti della legge di revisione della spesa pubblica sul personale della scuola in servizio all'estero (decreto-legge n. 95 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012 il 7 agosto 2012) determineranno, dal prossimo anno scolastico, situazioni drammatiche per studenti, famiglie e istituzioni, nonché un grave danno all'immagine del nostro Paese all'estero;
   emblematica in questo senso è la situazione che verrà a crearsi alla scuola internazionale di Strasburgo per effetto della soppressione del posto di insegnamento dell'italiano nel grado terminale della filiera, il liceo;
   studenti che per 12 anni hanno potuto seguire 6 ore di lezioni di italiano (lingua, letteratura, storia e geografia) – come da programma della scuola, frutto di accordi bilaterali – vedranno ora bruscamente «decapitata» la filiera italiana, con conseguente impossibilità di accedere all'esame finale di Stato, detto OIB (option international du Baccalaureat) che equivale, contemporaneamente, a un Bac francese e a una maturità italiana;
   inutile dire che gli effetti di questo taglio produrranno conseguenze immediate sull'intera filiera italiana, provocando reazioni di incredulità e sfiducia da parte delle autorità scolastiche francesi e prevedibili defezioni da parte delle famiglie degli studenti;
   l'insegnamento dell'italiano non è offerto in altre istituzioni scolastiche del capoluogo alsaziano: il grave colpo inferto alla scuola internazionale determinerà il progressivo affievolimento della nostra presenza, sia linguistica che culturale, nella regione –:
   quali immediate iniziative i Ministri interrogati intendano prendere per evitare che a Strasburgo, piccola capitale europea per la presenza del Consiglio d'Europa, del Parlamento e dell'ENA, istituzioni che ospitano un grande numero di politici e funzionali italiani, non si rischi di vedere un arresto fatale del processo di crescita e affermazione della nostra cultura, proprio in un luogo strategico che, invece, sempre più dimostra sensibilità e interesse per «l'italicità». (4-17483)


   SBAI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la piccola Martina è stata nei fatti sequestrata dal padre, il signor Hassen Abdeljelidi, nazionalità tunisina, per farla vivere islamically correct;
   il sequestro in Tunisia prosegue ormai da un anno e 4 mesi;
   la mamma Marzia Tolomeo non la sente e non la vede da mesi;
   il padre della bambina è stato privato della patria potestà dal Tribunale di Milano;
   dopo le precedenti sollecitazioni tramite sindacato ispettivo alcun risultato è stato raggiunto;
   l'Ambasciata a Tunisi non risulta abbia assolto al suo compito di tutelare una cittadina italiana, quale la bimba è a tutti gli effetti;
   il nuovo governo tunisino non ha mostrato su questo segni di cedimento –:
   come il Governo intenda procedere in relazione a questa vicenda;
   se il Governo intenda sollecitare le rappresentanze consolari italiane a Tunisi in merito a questa vicenda;
   se il Governo intenda esercitare un'azione diplomatica presso il Governo tunisino al fine di far tornare la bambina;
   come il Governo intenda gestire il rapporto diplomatico con la Tunisia, nel caso in cui questa decidesse, sebbene con un nuovo Governo, di non assumere iniziative per il ritorno della bambina.
(4-17487)


   MINASSO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i cittadini italiani Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni sono stati accusati dalla magistratura indiana in data 7 febbraio 2010 del reato di omicidio per la morte di Francesco Montis e sono stati arrestati senza avere il supporto, come previsto dalle convenzioni internazionali, di un traduttore giurato;
   sono detenuti nel District Jail di Varnasi e sono stati sottoposti ad un processo che si è avvalso di prove ritenute inattendibili da vari esperti;
   sono stati condannati sulla base di un'autopsia manifestamente errata (peraltro effettuata da un oculista) che attesta che la morte di Francesco Montis è dovuta a morte per asfissia da strangolamento mentre non vi è alcun dato obiettivo che deponga in tal senso e, anzi, sia palese che la morte è avvenuta per cause naturali;
   alcune fonti di stampa italiana, riportate sul sito dell'ONLUS «Prigionieri del Silenzio» e su altri siti web, provano con documentazione rilasciata dal tribunale indiano di Varanasi, luogo in cui i due connazionali hanno subìto il processo, che per tentare di produrre documentazione medica a favore dell'accusa sono stati presentati referti medici che se interpretati da veri esperti in autopsia avrebbero evidenziato l'innocenza dei due detenuti;
   purtroppo, invece, l'interpretazione data dal sanitario chiamato dalla pubblica accusa, che altro non è se non un oculista, ha dichiarato la loro colpevolezza;
   secondo quanto viene denunciato dall'associazione «Prigionieri del Silenzio» e dal libro «Le voci del Silenzio» (di Fabio Polese e Federico Cenci) le investigazioni sono state lacunose, se non del tutto assenti, e laddove, invece, eseguite sono state omesse prove che avrebbero impedito la celebrazione del processo e consentito il rilascio, già nel 2010, dei nostri connazionali;
   nel libro citato vengono sottolineate illegalità e la celebrazione di un processo iniquo da parte degli enti coinvolti nella persecuzione dei due cittadini italiani;
   «Prigionieri del Silenzio» informa che, allo stato attuale dei fatti, si può evincere che nella celebrazione del processo ci sia stata una forzatura da parte di persone che potevano fare chiarezza sulla morte del connazionale Francesco Montis e che, invece, hanno voluto coinvolgere e accusare Elisabetta Boncompagni e Tomaso Bruno;
   perplessità sulla chiarezza del procedimento sorgono anche dal fatto che la celebrazione dell'appello continua ad essere rimandata –:
   se si intenda chiedere per le vie diplomatiche direttamente al Governo indiano di assumere iniziative per fare chiarezza sui fatti sopra esposti anche con riferimento alle prove in virtù delle quali sono tenuti in arresto Tomaso Bruno e Elisabetta Boncompagni, cittadini di cui non è stata provata la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio;
   se, inoltre, il Governo italiano intenda agire per le vie diplomatiche al fine di poter sollecitare il processo di appello già rimandato. (4-17492)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI PIETRO, DI GIUSEPPE e ZAZZERA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le isole Tremiti, o Diomedee, sono un arcipelago del mare Adriatico, sito 12 miglia nautiche a nord del promontorio del Gargano e 24 ad est della costa Molisana e da Termoli; abitate già in antichità (IV-III secolo a.C.), famose in epoca romana con il nome Trimerus, l'arcipelago sono uno dei tesori più preziosi dell'Adriatico. L'arcipelago costituisce il comune italiano di isole Tremiti, della provincia di Foggia in Puglia. Il comune fa parte del parco nazionale del Gargano e, dal 1989, una porzione del suo territorio costituisce la riserva naturale marina isole Tremiti;
   secondo quanto noto, grazie alle autorizzazioni ministeriali, la multinazionale irlandese Petrolcetic inizierà trivellare, per svolgere i sondaggi per la ricerca di petrolio, a 40 chilometri dal litorale adriatico, praticamente di fronte alle isole Tremiti;
   gli idrocarburi sono composti chimici costituiti da atomi di carbonio ed idrogeno. Tali sostanze, oltre ad essere cancerogene per l'uomo, sono tra i principali inquinanti dell'ambiente, capaci di devastare l'ecosistema. Il 10 per cento di inquinamento da idrocarburi è provocato dalle piattaforme offshore, pertanto i mari ove l'attività petrolifera è intensa, sono anche quelli più inquinati di tutto il mondo;
   il nostro Mediterraneo che è un mare chiuso, caratteristica ancora più marcata per quanto riguarda l'Adriatico, ha molte piattaforme petrolifere e, secondo quanto si evince dai risultati di diverse analisi, nelle sue acque sono stati rilevati 10 grammi di idrocarburi per metro quadro in superficie, e 500 litri di catrame per chilometro quadrato. Gli idrocarburi cancerogeni, oltre ai danni provocati direttamente all'ecosistema, vengono assorbiti dai tessuti dei pesci commestibili, diventando nocivi per l'uomo;
   le piattaforme petrolifere possono provocare anche altri pericoli: ad esempio, si ricorda il gigantesco rogo del 1988 alla Piper Alpha, piattaforma offshore di Aberdeen, causò la morte di ben 167 persone; inoltre, recentemente, il 21 aprile 2010 si è incendiata la piattaforma petrolifera Deep Water Horizon della BP nel golfo del Messico, di fronte alle coste della Louisiana, affondata nelle acque circostanti. La dispersione del petrolio in mare, nonostante i tempestivi interventi, ha determinato un disastro ambientale incalcolabile;
   a seguito del gravissimo incidente petrolifero della BP in Louisiana, il Commissario europeo per l'energia, Guenther Oettinger, si era espresso dando precise indicazioni che, di fatto, applicavano una moratoria sulle autorizzazioni alle prospezioni geosismiche e alle trivellazioni;
   da un dossier pubblicato sul quotidiano «La Repubblica» del 4 settembre 2012 si apprende che il Governo punterebbe a raddoppiare nel giro di pochi anni la produzione italiana di idrocarburi, l'obiettivo sarebbe quello di soddisfare per via interna il 20 per cento dei consumi contro il 10 per cento attuale; è lecito pensare che in nome del petrolio e degli interessi delle lobby, anche questo Governo si prepara a dare l'assalto ai nostri mari e alle nostre coste, a partire da quelle adriatiche, con grave danno per l'ecosistema delle isole Tremiti, con un'operazione che rischia di compromettere seriamente il territorio e l'economia del Paese;
   il mare antistante le coste della Puglia è interessato dalla costruzione di piattaforme di estrazione del petrolio, corrosivo e non trasportabile, che richiede lavorazioni altamente inquinanti e pericolose per la salute umana e per l'ambiente, quindi per l'agricoltura, la pesca ed il turismo; la Puglia è rinomata per la bellezza del suo territorio digradante dalle colline verso la sua multiforme costa, sempre più meta di un turismo qualificato ed esigente; la qualità e la peculiarità delle risorse agricole, ittiche ed enogastronomiche della Puglia sono strettamente connesse a questa unicità e tipicità del territorio; l'agricoltura, che costituisce una voce crescente di reddito nella regione trainando nuove forme di turismo legate alla salubrità del territorio e alla tipicità dei suoi prodotti, subirebbe un inevitabile tracollo; la pesca, altro settore economico rilevante, subirebbe danni irreversibili considerata anche la conformazione quasi chiusa del mare Adriatico;
   recenti studi hanno dimostrato come le perforazioni legate alla ricerca e coltivazione degli idrocarburi aumenterebbero inevitabilmente l'incidenza del rischio sismico;
   risulta dunque agli interroganti, inammissibile tale autorizzazione ministeriale in virtù dei danni che certamente si provocherebbero già nell'immediato all'ecosistema marino. Infatti le prospezioni a largo delle Tremiti dovrebbero essere effettuate con il metodo air-gun, ovvero attraverso una serie di piccole esplosioni in fondo al mare, ripetute ad intervalli di pochi secondi. È chiaro come questa pratica possa essere dannosa per le numerose biodiversità presenti all'interno della riserva marina dell'arcipelago delle Tremiti; inoltre è bene ricordare che con questo tipo di ricerche, unitamente alle trivellazioni, si correrebbe il rischio di sversamenti di greggio in mare;
   la Puglia ha investito nell'energia pulita e già produce il 160 per cento del proprio fabbisogno energetico, mentre i proventi delle royalty sulle attività di idrocarburi saranno per la Puglia insignificanti e di gran lunga inferiori ai gravi danni causati alla salute, all'ambiente e alle attività fondanti l'economia regionale, anche per questo è difficile comprendere la scelta del Governo di avallare la richiesta di autorizzazione della società irlandese Petrolcetic a svolgere dei sondaggi per la ricerca di petrolio al largo delle Diomedee;
   mentre in tutta Europa si punta sulle rinnovabili e si finanzia la ricerca, in Italia il Governo moltiplica le trivellazioni per estrarre il petrolio e taglia i fondi per le energie alternative –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto;
   se non ritenga opportuno interrompere l’iter autorizzativo di tutte le istanze già presentate e di quelle future, relative a sondaggi e prospezioni geosismiche con l'eventualità di future installazioni di piattaforme petrolifere, su tutto lo specchio di mare antistante le coste pugliesi e promuovere una moratoria per le trivellazioni nel Mediterraneo in acque nazionali;
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative volte a correggere il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, che ha consentito l'istanza di permesso di ricerca di idrocarburi in mare finalizzate alla installazione di piattaforme per l'estrazione petrolifera, prevedendo il divieto assoluto di ogni ulteriore installazione delle stesse piattaforme in tutta l'estensione del mare Adriatico di competenza nazionale.
(4-17475)


   GIRLANDA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'estate hanno avuto luogo centinaia di incendi in tutta la penisola, la maggior parte dei quali di natura dolosa, che hanno prodotto ingenti danni al patrimonio ambientale e zootecnico, naturalistico nazionale nonché, in molti casi, minacciato direttamente centri urbani ed edifici pubblici e scolastici;
   i danni prodotti dagli incendi e dai roghi provocheranno un aggravio di spesa per le amministrazioni locali, conseguente alla necessità di fare fronte alle spese dovute agli interventi di spegnimento delle fiamme da parte dei vigili del fuoco, della protezione civile e delle altre forze dell'ordine preposte;
   la pluralità dei casi verificatisi in tutta la penisola ha rinnovato l'esigenza e la necessità che gli enti locali adottino, nelle rispettive competenze, piani di prevenzione degli incendi, nonché permesso di appurare le maggiori criticità nella gestione e contenimento di incendi e roghi nei territori e nelle aree dove questi non fossero stati predisposti e adottati –:
   quali siano le maggiori cause che hanno prodotto tali incendi e quali siano i risultati dell'attività di identificazione dei loro autori, nel caso di avvenimenti di natura dolosa, in rapporto ai numero degli incendi;
   quali siano le iniziative che verranno intraprese dai Ministri interrogati in accordo con le regioni al fine di riparare i danni provocati dagli incendi in relazione ai centri urbani, agli edifici pubblici e scolastici ed al patrimonio boschivo e ambientale;
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative per stanziare appositi fondi a fronte dei danni provocati dagli incendi portando a seguito di un computo delle spese a cui le regioni e gli altri enti locali dovranno fare fronte;
   se i Ministri intendano effettuare un monitoraggio in relazione al funzionamento dei piani per la prevenzione degli incendi ed una mappatura delle aree dove questi non sono stati previsti o adottati. (4-17484)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   gli impianti di depurazione sono stati definiti «illegali» da alcuni studi condotti in materia che ne hanno accertato il cattivo o parziale funzionamento;
   in alcuni impianti giungerebbero (illegalmente) insieme ai previsti reflui civili urbani anche scarichi industriali non depurati all'origine della lavorazione, aumentando o aggravando il normale lavoro degli impianti;
   reflui non depurati sarebbero poi trasportati in mare dai corsi d'acqua;
   recentemente l'Italia ha ricevuto una condanna dell'Unione europea per la violazione delle norme sulla depurazione delle acque –:
   se il Ministro intenda acquisire le informazioni necessarie per delineare un quadro esaustivo che rappresenti lo stato dell'arte dell'attuale situazione dei depuratori in Campania;
   se corrisponda poi al vero la notizia che alcuni degli impianti non operino pienamente a regime e/o operino parzialmente e/o impieghino meno sostanze chimiche atte alla decantazione delle acque;
   se non ritengano, ciascuno di propria competenza, di inviare una ispezione del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente per constatare il rispetto della normativa sulla depurazione delle acque. (4-17498)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   SCILIPOTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   a Terni nel magazzino di Papigno di proprietà del comune di Terni erano custodite ben 600.000 lastre fotografiche provenienti dall'ex poligrafico Alterocca di Terni, riproducenti vedute italiane ed europee del ventesimo secolo, che meritavano di essere esposte in una adeguata struttura museale;
   nel medesimo magazzino erano conservati dei preziosi macchinari inglesi ottocenteschi dello Jutificio Centurini salvati grazie all'interessamento del compianto ingegner Gino Papuli che prima di altri comprese l'immenso valore storico e culturale di questi pezzi conscio del dovere morale di lasciare alle generazioni future una testimonianza preziosa del passato che avrebbe potuto divenire anche una attrazione per i turisti che già giungono numerosi in Valnerina per visitare la Cascata delle Marmore, ma che in genere non si fermano nella zona se non per un classico mordi e fuggi;
   recentemente ad opera di ladri di rame e di ghisa, nonostante fosse stato segnalato il pericolo alle autorità comunali competenti alle quali era stato precedentemente chiesto invano di predisporre un sistema di sorveglianza e di antifurto, questo magazzino perennemente provvisorio, in attesa di una realtà museale adeguata che l'ospitasse è stato letteralmente devastato e molti suoi pezzi sono stati trafugati e presumibilmente venduti come rottame ferroso;
   nonostante il furto e la devastazione, il comune di Terni che conta poco più di centomila abitanti, e che vanta una macchina comunale con direttore generale, segretario generale e quasi una ventina di dirigenti e che finanzia l'ICSIM (Istituto per la storia e la cultura d'impresa), organo deputato alla salvaguardia del patrimonio di archeologia industriale, continua a non predisporre misure adeguate per la salvaguardia del luogo –:
   se il Ministero per i beni e le attività culturali intenda inviare propri ispettori sul sito per verificare la situazione del materiale ancora esistente;
   se sia possibile reperire dei fondi statali da destinare ad un recupero di quanto è rimasto dei preziosi beni sopra descritti. (4-17502)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   una agenzia stampa dell’ANSA del 4 settembre 2012 ha reso noto che: «ANSA/PERDITA CHEROSENE SU LITORALE ROMANO, DECINE DI INTOSSICATI AD AEROPORTO PRATICA DI MARE. RESIDENTI, È DISASTRO AMBIENTALE (di Luca Laviola e Lorenzo Attianese) (ANSA) – ROMA, 4 SET – Come quattro anni fa, peggio di quattro anni fa. Di nuovo il cherosene nel canale tra le case, i malori, gli svenimenti, i ricoveri per le esalazioni. E le polemiche, perché il carburante che fuoriesce da una cisterna dell'aeroporto militare di Pratica di Mare, sul litorale romano, fa infuriare chi vive a Campo Ascolano, frazione di Pomezia, a sud di Roma. Poco più di cinquemila persone che ieri si sono svegliate di mattina presto con quella puzza insopportabile nell'aria. Nel fosso che taglia la litoranea, attraversa il borgo e finisce in mare ancora quella chiazza marroncina dell'idrocarburo. A decine si sono sentiti male, in casa e fuori, sporgendosi dal ponticello sopra il canale o semplicemente aprendo le finestre. Intossicati, come una madre con il figlio piccolo, gli unici finiti in ospedale. Gli altri sono stati soccorsi da quattro ambulanze del 118. I responsabili dello scalo militare – uno dei più grandi d'Europa, che ospita reparti di diversi Corpi – hanno fatto intervenire le autobotti con le idrovore per risucchiare il cherosene, sono state posizionate delle barriere galleggianti per tentare di arginare il danno. Sul posto sono intervenuti anche i pompieri. È stato un deposito in dotazione alla Guardia di Finanza a perdere il carburante, ha spiegato oggi l'Aeronautica militare. Un giorno dopo l'incidente la situazione «sta tornando verso la normalità», è stato assicurato. Ma il Comitato di quartiere di Campo Ascolano parla di «disastro ambientale» e annuncia un esposto alla procura di Velletri, per chiarire cosa sia successo e individuare eventuali responsabili. «Il cherosene dal canale è finito anche in mare e sta uccidendo, pesci, tartarughe, rane», accusa la vicepresidente del comitato. Lucia Campese. «È già successo nel 2008 – dice il presidente Marco Brunetti – e allora il comandante dell'aeroporto scrisse una breve lettera di scuse, stavolta non ci basterà, c’è un pericolo per la salute». L'Aeronautica parla di «probabile malfunzionamento dell'impianto, da subito completamente svuotato e messo in sicurezza grazie all'intervento del personale della base e di una ditta specializzata in bonifiche ambientali». Si attendono i risultati delle analisi dei tecnici dell'Agenzia regionale per l'ambiente (Arpa). Il sindaco di Pomezia ha convocato per domani un tavolo per discutere del problema. (ANSA). LAL-Y4J 04-SET-12 18:37 NNN» – :
   quali siano state le cause della fuoriuscita del carburante e quali siano stati i provvedimenti siano stati adottati e se si siano verificati altri episodi simili e in tale caso quando e quali azioni furono intraprese. (4-17490)


   ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 17 ottobre 2011 è scaduto il termine per la presentazione delle domande per la partecipazione al concorso per titoli ed esami per l'ammissione al 2° corso triennale (2012 – 2015) di 490 allievi marescialli del ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 74, del 16 settembre 2011;
   dal decreto dirigenziale n. 133 della Direzione generale per il personale militare si evince che la necessità di indire un concorso per titoli ed esami per 490 allievi, era ravvisata dalla circostanza che tale contingente era pari al settanta per cento dei posti disponibili in relazione all'organico di cui all'articolo 679 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
   la selezione era aperta ai diplomati di istruzione secondaria di secondo grado di età compresa tra i 17 e i 26 anni, e si sarebbe conclusa con una graduatoria finale di merito che avrebbe individuato i vincitori ammessi alla frequenza del corso;
   lo stesso si sarebbe dovuto svolgere, con inizio entro la fine del 2012, presso la scuola marescialli e brigadieri dell'Arma dei carabinieri di Firenze;
   le prove concorsuali sono terminate nel mese di giugno di quest'anno e da allora i candidati sono in attesa della pubblicazione della graduatoria finale e delle convocazioni;
   con l'applicazione del blocco del turnover previsto nel provvedimento di revisione della spesa, i posti previsti dal concorso saranno ridimensionati nella misura dell'ottanta per cento, portando i reclutamenti per allievi maresciallo da 490 a 150 unità, pur se ad oggi non vi è stata alcuna comunicazione nemmeno in tal senso;
   l'incertezza sta creando notevoli disagi ai candidati e alle loro famiglie, che non sanno né i risultati finali delle prove, né se e quanti posti si renderanno disponibili per il corso;
   l'interrogante non può non sottolineare il fatto che i numerosi tagli al comparto della difesa, e in particolare il continuo ritardo nell'assunzione di nuovo personale, rischiano di compromettere la funzionalità delle Forze Armate ed in tal senso si auspica che il governo condivida le iniziative volte a rimuovere il blocco del turnover sostituendo i risparmi di spesa derivanti con altri tagli più selettivi;
   molti giovani si sono presentati alle procedure concorsuali speranzosi di poter servire il proprio Paese; sono ragazze e ragazzi carichi di entusiasmo che purtroppo si trovano, e non è la prima volta, ad affrontare delle prove di selezione che poi non si traducono in una assunzione di personale –:
   quando sarà resa nota la graduatoria finale del concorso per titoli ed esami per l'ammissione al 2° corso triennale di 490 allievi marescialli del ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri, di cui in premessa;
   se e quali iniziative il Governo stia valutando per tutelare comunque i restanti vincitori che potrebbero non accedere al corso triennale per allievi marescialli di cui trattasi. (4-17491)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   il comma 16-bis dell'articolo 13 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, così come convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, ha previsto l'istituzione presso il Ministero dell'economia e delle finanze di un Fondo denominato «Fondo per la valorizzazione e la promozione delle realtà socioeconomiche delle zone appartenenti alle regioni di confine» al quale è stato attribuito una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno in corso;
   le aree di confine, infatti, soffrono la concorrenza dei prezzi praticata nei Paesi vicini dai negozianti che, godendo di una tassazione inferiore a quella italiana, offrono gli stessi prodotti presenti nel mercato italiano a condizioni più vantaggiose a grave danno e a discapito degli operatori nazionali che non possono competere parimenti con il concorrente d'oltre confine;
   tra questi va sicuramente richiamato il settore dei distributori di carburante che, nelle zone di Trieste e Gorizia, dal 2006, vive un periodo di crisi: il 2011 si è chiuso con il dimezzamento delle vendite in confronto al 2010, e i primi mesi del 2012 hanno segnato ulteriori cali;
   la differenza di prezzo tra quello applicato in Slovenia, rispetto a quello applicato in Italia comporta, infatti, un quotidiano esodo di residenti alle stazioni di carburante poco oltre confine per effettuare i propri rifornimenti;
   il crollo delle vendite ha costretto molti gestori a procedere con i licenziamenti, e si calcola una perdita di oltre 120 posti di lavoro in quattro anni; inoltre il calo ha comportato un danno anche per casse statali che subiscono il mancato incasso di accise e Iva, stimato in 500 milioni ogni due mesi secondo la Federazione italiana gestori impianti stradali di carburante;
   il comma 16-bis richiamato disciplina che l'individuazione delle regioni beneficiarie nonché le modalità di erogazione del Fondo saranno stabilite con decreto del Ministero presso al quale il fondo è istituito;
   a distanza di quattro mesi dall'istituzione del Fondo, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora adottato il provvedimento ministeriale che dovrebbe definire tale ripartizione, così bloccando, di fatto, queste risorse che sono già stanziate ma non rese disponibili;
   con una precedente interrogazione (4-16776) l'interrogante aveva chiesto ai Ministri interrogati, quale termine fosse necessario per l'emanazione del decreto e quali tempistiche, di conseguenza, si prevedevano per l'erogazione delle risorse alle regioni beneficiarie;
   tale interrogazione, nonostante fosse rivolta a più Ministeri, è rimasta priva di risposta –:
   posto che non è più attendibile a lungo l'emanazione di detto decreto ministeriale, quale sia lo stato dell’iter del provvedimento e quali tempistiche siano previste per l'erogazione delle risorse alle regioni beneficiarie. (4-17472)


   GIRLANDA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   una recente indagine di Confcommercio ha evidenziato una caduta dei consumi per il 2012 pari al 3,3 per cento pro capite, a cui va aggiunto il dato allarmante relativo alla chiusura di punti vendita nel 2011, pari a 105 mila imprese commerciali, di cui 62.477 punti vendita al dettaglio;
   il 2012, visto il prolungare della recessione, non si prospetta più roseo tanto che per la differenza tra imprese nate e cessate si attende un dato peggiore del 2011 con una cifra compresa tra 18 e 20 mila realtà nel solo comparto delle vendite al dettaglio, che significherebbe la chiusura di circa 65 mila negozi;
   se inoltre si allarga lo sguardo al complessivo settore commerciale, incluse le aziende all'ingrosso e quelle di vendita di autoveicoli e motoveicoli, la fine delle attività oltrepasserebbe quota di 105 mila, con il rischio che arrivi a toccare i 150 mila punti vendita;
   in questo scenario si aggiunge il calo dei consumi derivante dall'aumento della pressione fiscale diretta e indiretta sulle categorie sociali ed economiche più deboli, quali pensionati, dipendenti a reddito fisso e piccole e piccolissime imprese, che il rischio di un eventuale aumento di ulteriori due punti dell'iva farebbe precipitare il maniera vertiginosa;
   quanto già premesso rende indispensabile l'avvio di misure strutturali volte a ridurre il carico fiscale su cittadini ed imprese e difendere il potere d'acquisto delle categorie sociali ed economiche più svantaggiate al fine di non deprimere ulteriormente quanto meno i consumi dei beni essenziali –:
   quali siano le iniziative che i Ministri interrogati intendano attuare per affrontare immediatamente la situazione richiamata nelle premesse. (4-17482)


   SCILIPOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 dicembre 2009, la signora Campo Innocenza Maria ha inviato esposto-denuncia al Ministro dell'economia e delle finanze – ed al Sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze – nei quali lamentava che:
    il 6 aprile 2004, il Comando compagnia della Guardia di finanza di Torino aveva notificato alla Banca San Paolo IMI la richiesta di accertamenti bancari emessa dal sostituto procuratore della Repubblica di Ragusa. Il 7 giugno 2004 l'ufficio affari e contenzioso di San Paolo IMI comunicava che sono emerse risultanze positive presso la filiale di Ragusa. La filiale San Paolo IMI di Ragusa il 10 agosto 2004, comunicava alla Guardia di finanza il solo conto corrente n. 10/645666;
    il 12 luglio 2007, l'indagata Arestia Giovanna, nell'interrogatorio reso alla Guardia di finanza di Ragusa dichiara: «ed ho curato l'apertura di un suo conto avente numero 10/645629»;
    «io sono stata titolare per molti anni del conto corrente n. 10/645629 su cui vi erano delle ingenti somme di denaro, conto il quale è anche servito per effettuare delle delicate operazioni finanziarie le quali ho svolto con la consulenza dell'avvocato Nobile Giovanni e poi dell'avvocato Nobile Carmela. Tale conto corrente, non è stato mai riportato dalla Banca San Paolo IMI alla Guardia di Finanza»;
   come si evince dalla relazione della dottoressa Giuseppa Marraro, esperta di analisi e comparazione di scrittura, nominata Ctu su assegni e distinta per incarico del pubblico ministero dottor Emanuele Diquattro, il conto corrente in questione viene citato tra quelli per i quali risultava intestataria la signora Innocenza Campo e del quale il Ctu doveva verificare l'autenticità della sottoscrizione su due assegni e una distinta di versamento –:
   se siano state accertate responsabilità disciplinari nei confronti del personale della Guardia di finanza di Ragusa che non diede conto dell'esistenza del conto corrente indicato in premessa. (4-17499)


   SCILIPOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 22 dicembre 2003 la signora Innocenza Maria Campo presentava una denuncia presso il Comando compagnia della Guardia di finanza di Ragusa;
   la signora Campo lamentava, tra l'altro, nella denuncia di essere stata vittima di una frode in quanto mediante la contraffazione della sua firma erano state poste in essere svariate e cospicue movimentazioni bancarie;
   a seguito della denunzia, il magistrato dottoressa Anna Landi della procura di Ragusa in data 31 marzo 2004 autorizzava il capitano Angelo Cascavilla della Guardia di finanza di Ragusa ad eseguire gli accertamenti bancari sulla Banca Primavera con sede in Assago (Milano);
   nelle relazioni della Guardia di finanza del 15 settembre 2004 e 11 ottobre 2004 a seguito delle indagini svolte non è riportato nulla in merito agli accertamenti sulla Banca Primavera – oggetto della denunzia del 22 dicembre 2003 – così come nessuna documentazione sulla Banca Primavera è prodotta dalla Guardia di finanza nonostante il magistrato in data 31 marzo 2004 abbia autorizzato gli accertamenti bancari sulla Banca Primavera – oggi Banca Generali;
   nonostante il magistrato della procura di Ragusa dottor Emanuele Diquattro nelle date 29 settembre 2006 e 26 gennaio 2007 emetta ordine di sequestro della documentazione bancaria incaricando per l'esecuzione la Guardia di finanza, questi non vengono eseguiti;
   in merito alla Banca Primavera – oggi Banca Generali, il maresciallo Giuseppe Leone del comando compagnia della Guardia di finanza di Ragusa che ha eseguito le indagini – riferisce al Giudice all'udienza del 14 dicembre 2010 – di avere più volte sollecitato la Banca Generali a fornire la documentazione – che nonostante la documentazione sia stata chiesta tante altre volte questa non è stata fornita dalla Banca Primavera;
   in data 8 aprile 2010 sono inviati al generale Domenico Achille della Guardia di finanza copia degli esposti del 27 febbraio 2010 e del 29 marzo 2010 – nei quali la signora Innocenza Campo lamenta i fatti rappresentati –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti;
   se si intenda verificare se sussistano responsabilità, anche di carattere disciplinare, per il personale del comando compagnia Guardia di finanza di Ragusa incaricato, a seguito dell'autorizzazione del 31 marzo 2004 da parte del sostituto procuratore Anna Landi e che risulta non abbia riportato nulla in merito alla Banca Primavera a seguito ispezioni del 15 settembre 2004 e 11 ottobre 2004 e se risulti se sia stata subdelegata la Guardia di finanza di Milano in relazione agli accertamenti da svolgere ad Assago;
   se si intenda verificare se sussistano responsabilità, anche di carattere disciplinare, per il personale del comando compagnia della Guardia di finanza di Ragusa e la Guardia di finanza in sede presso il tribunale di Ragusa che non hanno dato adeguatamente seguito agli ordini emessi nelle date 29 settembre 2006 e 26 gennaio 2007 e ricordati in premessa;
   se siano state avviate indagini a seguito del rifiuto della Banca Primavera – Banca Generali di produrre la documentazione bancaria richiesta dal magistrato così come risulta da quanto esposto in premessa;
   quale sia stato l'esito degli esposti del 27 febbraio 2010 e 29 marzo 2010 inviati al generale Domenico Achille e se siano state avviate indagini in merito ai fatti ivi denunciati;
   se in ogni caso siano state svolte eventuali indagini interne dalla Guardia di finanza a seguito dei fatti denunciati negli esposti del 27 febbraio 2010 e 29 marzo 2010 e inviati al generale Domenico Achille, al fine di accertare eventuali responsabilità. (4-17501)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il 9 agosto 2012 il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo di Giovanni Bianconi intitolato «Il tour in cella dei politici per far pentire i boss»;
   l'articolo in questione dà notizia della visita effettuata il 26 maggio 2012 da parte del parlamentare PD Giuseppe Lumia e dell'eurodeputata IdV Sonia Alfano a Bernardo Provenzano, presso il carcere di Parma;
   il 4 luglio 2012 (dopo che al detenuto in questione, ristretto al 41-bis, «era stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini per l'omicidio Lima e la trattativa Stato-mafia» gli onorevoli Lumia ed Alfano hanno incontrato di nuovo Provenzano alla presenza (prevista dalla legge) dei «responsabili della polizia penitenziaria, che hanno redatto una relazione inviata alla direzione generale delle carceri alle Procure di Palermo e Caltanissetta, nonché la Direzione nazionale antimafia»;
   gli agenti di custodia «...hanno annotato che buona parte del dialogo tra il padrino e l'eurodeputata Sonia Alfano (presidente della Commissione speciale sulla criminalità organizzata di Strasburgo) si è svolta in dialetto siciliano», verosimilmente al fine di rendere meno comprensibile a terzi il contenuto del colloquio stesso;
   nello stesso mese gli onorevoli Lumia ed Alfano avevano incontrato in carcere anche Filippo Graviano, Francesco Bidognetti ed Antonino Cinà;
   tali visite «ispettive», secondo i due onorevoli, erano finalizzate a sollecitare il pentimento di detenuti in regime di 41-bis;
   nell'articolo in questione si sostiene, correttamente, come: «Di norma i “colloqui investigativi” con i detenuti per saggiarne la disponibilità al “pentimento” spettano al procuratore nazionale antimafia, alla polizia giudiziaria o ai magistrati autorizzati dal ministro della Giustizia; i rappresentanti degli organi elettivi, invece, possono entrare nelle carceri per verificare le condizioni di detenzione»;
   nello stesso articolo si rivela che: «Dal contenuto delle relazioni su questi due colloqui, però, emerge che il senatore e l'eurodeputata hanno parlato di molto altro»;
   l'eurodeputata Sonia Alfano «...ha promesso una nuova visita, e Cinà se n’è mostrato lieto»;
   le rivelazioni contenute nell'articolo di Giovanni Bianconi sul Corriere della sera sollecitano riflessioni fortemente negative su una vicenda decisamente sconcertante ed inquietante –:
   se il Ministro interrogato nell'ambito delle sue competenze sia a conoscenza dei fatti rivelati dal Corriere della sera e quali siano i suoi orientamenti merito;
   per quali ragioni le visite non siano state interrotte quando i colloqui debordavano da quanto previsto dalla legge;
   quali iniziative abbia posto in essere il DAP rispetto alle direzioni carcerarie ed al Ministero della giustizia;
   quali siano i provvedimenti che intenda porre in essere relativamente a quanto è avvenuto ed al fine di scongiurare il ripetersi di simili «trattative» private effettuate in dispregio alla legge;
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover chiarire in termini esaustivi i contorni di una vicenda sicuramente preoccupante e quali iniziative intenda, eventualmente, assumere, al fine di scongiurare il ripetersi di analoghi, deprecabili comportamenti.
(2-01648) «Cicchitto, Corsaro, Costa».

Interrogazione a risposta orale:


   DISTASO e VITALI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dell'ordine pubblico e lo stato della sicurezza nel barese hanno raggiunto livelli allarmanti;
   i recenti gravissimi casi di omicidio e ferimento che si sono verificati nella città di Bari nell'ambito di conflitti a fuoco tra bande rivali della criminalità organizzata, per la loro efferatezza e reiterazione espongono i cittadini al rischio della propria incolumità;
   la procura e le forze dell'ordine di Bari, che versano in grave difficoltà sul fronte economico e di organico, denunciano pubblicamente le inaccettabili condizioni e carichi di lavoro cui sono costretti nonché la mancanza di risorse, anche di quelle minime necessarie per l'acquisto del carburante o della carta per le fotocopie;
   il decreto-legge n. 95 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 contiene misure di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica che prevedono anche la riduzione nell'acquisto di beni e servizi e il blocco parziale del turn over del personale delle pubbliche amministrazioni;
   detta ulteriore riduzione delle spese per beni e servizi ai comparti sicurezza e giustizia rischia di mettere in ginocchio definitivamente la macchina della giustizia e quella della sicurezza nel barese, nonostante il lodevole lavoro svolto dagli organi di polizia;
   nel 2008 è stato costituito il Fondo unico della giustizia le cui risorse dovrebbero essere destinate per il 49 per cento all'incremento delle risorse del Ministero della giustizia e per identica percentuale anche al Ministero dell'interno al fine di potenziare le attività di contrasto alla criminalità;
   secondo la Ragioneria generale dello Stato, le risorse del Fondo unico della giustizia, alla data del 31 dicembre 2011, erano di 2.212,88 milioni di euro;
   di questi solo 1.065,52 sarebbero effettivamente disponibili, in quanto riportati da conti correnti e depositi di risparmio mentre le rimanenti risorse, derivanti da confische e dissequestri, non sarebbero ancora definitivamente confiscate o non ancora monetizzate;
   la città di Bari e l'intero comprensorio barese sono attraversati dalla recrudescenza di gravissimi e reiterati fenomeni criminali ai quali partecipano nuove e vecchie compagini delinquenziali che agiscono senza scrupoli, ferendo e uccidendo anche tra la folla e in pieno giorno;
   è indiscutibile la necessità di mantenere gli standard di sicurezza e di ordine pubblico e di far fronte alle gravi criticità denunciate dagli operatori della giustizia –:
   quali siano le iniziative che intendano porre in essere al fine di potenziare le auspicate attività di contrasto ai gravissimi fatti criminosi denunciati e di ripristinare i necessari livelli di sicurezza su tutto il territorio della città di Bari e della provincia e consentire alle forze dell'ordine e alla magistratura di svolgere adeguatamente i compiti cui sono preposti;
   se ritengano dover convocare con urgenza a Bari il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica;
   quali siano le complessive risorse effettive del Fondo unico della giustizia e quali le risorse erogate o da erogare per l'anno 2012, attingendo da tale fondo, ai comparti della sicurezza e della giustizia e, in particolare, a quelli destinati al territorio barese;
   quali siano le ragioni che hanno impedito fin qui l'utilizzazione di detti fondi, sia nella parte dichiarata disponibile che in quella resa nota come indisponibile;
   se ritengano di dover intervenire al fine di rendere immediatamente utilizzabili le citate somme per far fronte alle emergenze dei comparti giustizia e sicurezza, specificamente per l'intero comprensorio barese. (3-02455)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 2 settembre 2012 sul quotidiano La Repubblica è apparso un articolo di Conchita Sannino intitolato: «Incensurato e disabile: incarcerato per due birre»;
   l'articolo citato narra la storia di Marco Penza, 40enne, operatore sociale, disabile, condannato a trenta giorni di arresto per essersi posto al volante – tre anni fa – in stato di ebbrezza;
   l'uomo è affetto dall'infanzia da una grave malattia che poco tempo fa, dopo pellegrinaggi sofferti in vari ospedali, non gli ha risparmiato l'amputazione della gamba. Tuttavia, ha la sua vita e le sue relazioni, si occupa di sociale e lavora nella coop Marina Service di Casalvelino, nel cuore del Cilento, dove ha scelto di vivere;
   circa tre anni fa Marco Penza, senza alcun precedente penale, viene dunque denunciato a piede libero per guida in stato di ebbrezza, condannato a trenta giorni di arresto, all'uomo non viene concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena nonostante fosse incensurato;
   la condanna nel frattempo diviene definitiva e l'avvocato del detenuto non chiede nemmeno la sospensione dell'ordine di carcerazione entro il termine fissato dalla legge; cosicché l'uomo, prima tradotto nell'istituto di Vallo della Lucania e poi in quello di Fuorni (Salerno), si trova in carcere da dieci giorni in attesa che il magistrato titolare del fascicolo «torni dalle ferie» per pronunciarsi sulla richiesta di detenzione domiciliare;
   in un primo momento un operatore della polizia penitenziaria è persino costretto, dalle norme, a privare l'uomo della protesi alla gamba. Solo dopo qualche giorno e dopo le proteste degli altri detenuti, finalmente al signor Penza viene restituito l'arto finto;
   l'incredibile vicenda è stata portata alla luce da Silvia Ricciardi dell'associazione Jonathan, che si occupa del recupero dei minori a rischio dell'area penale, la quale ha dichiarato: «A volte lo sdegno non trova le parole per esprimersi scrive. Mi vergogno a vivere in questo paese dove la giustizia non è per i cittadini, ma per chi detiene soldi e potere. Un paese che tiene in galera una persona per un reato sanzionabile con una gradualità di risposte alternative al carcere. Un paese che non ha occhi per vedere né cervello, in alcuni casi, per amministrare pene e sanzioni»;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro al fine di verificare la sussistenza di eventuali presupposti per l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati che a vario titolo si sono occupati – e ancora si stanno occupando – della vicenda narrata in premessa;
   quali provvedimenti urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di garantire il rispetto della dignità e del diritto alla salute del detenuto Marco Penza. (4-17480)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 24 agosto 2012, la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di Sciacca (AG), accompagnata dagli esponenti radicali di Palermo e Catania, Donatella Corleo e Gianmarco Ciccarelli;
   il carcere è allocato nell'ex convento dei carmelitani, una struttura del XIII secolo in pieno centro cittadino;
   la visita ha avuto una durata di 3 ore e 50 minuti; la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal comandante di polizia penitenziaria Giovanni La Sala; non era presente il direttore dell'istituto Giuseppe Russo, che dirige anche la casa circondariale di Agrigento;
   il penitenziario ospita detenuti di sesso maschile in regime di media sicurezza; i detenuti presenti sono 91, a fronte di una capienza regolamentare che attualmente è di 80 posti, tenendo in considerazione la riduzione di 15 posti regolamentari derivante dalla circostanza che tre stanze detentive sono da tempo inagibili; risulta non corretto, pertanto, il dato presente nella statistica pubblicata sul sito del ministero della giustizia («Detenuti italiani e stranieri presenti e capienze per istituto – 30 giugno 2012») che attribuisce alla casa circondariale di Sciacca una capienza regolamentare di 92 posti;
   i detenuti stranieri sono 24; con riferimento alla posizione giuridica, sono 11 i detenuti in attesa di primo giudizio, 8 gli appellanti, 6 i ricorrenti, 61 quelli che scontano una condanna definitiva (a pene brevi, «non oltre i 2 o 3 anni», secondo quanto riferito dal comandante);
   nell'istituto si registra una grave carenza di agenti di polizia penitenziaria: la pianta organica prevede 61 unità, gli agenti assegnati sono 56, a cui vanno ulteriormente sottratte 9 unità (8 distaccati per mandato politico più un caso di malattia di lungo corso), per cui gli agenti effettivamente in servizio sono 47; «abbiamo ciclicamente picchi di forte criticità legati al rinnovo dei consigli comunali», riferisce il comandante, che aggiunge: «inoltre c’è una criticità organizzativa legata alla ripartizione delle figure, ad esempio abbiamo soltanto due ispettori e due sovrintendenti»; il deficit di organico di polizia penitenziaria incide sull'organizzazione del lavoro e si ripercuote negativamente sulla vita dei detenuti e sulla vita degli stessi agenti, costretti a operare in condizioni di stress per fare fronte a un notevole carico di lavoro;
   il nucleo traduzioni di riferimento è quello di Agrigento; «se è necessario effettuare un ricovero di un detenuto, provvede il nucleo di Agrigento; in caso di ricovero urgente si procede con personale in servizio in questo istituto, chiamando il 118 e approntando un servizio di scorta: è un problema specialmente nei giorni festivi», spiega il comandante;
   all'interno dell'istituto è presente un'infermeria ma non c’è personale sanitario insediato h24: se un detenuto ha bisogno di assistenza medica durante la notte si fa ricorso alla guardia medica esterna;
   gli educatori sono 2, uno di ruolo e uno in missione per tre volte alla settimana;
   soltanto uno psicologo è presente in sede una volta alla settimana (il mercoledì) per 2-3 ore;
   i detenuti tossicodipendenti sono 7 o 8; non sono presenti detenuti affetti da patologie di tipo psichiatrico, «ma ne abbiamo avuti, sono stati trasferiti recentemente», riferisce il comandante;
   le ore d'aria sono 4 al giorno; la socialità è prevista per 3 ore alla settimana;
   i detenuti che lavorano sono 9-10, con turnazione: si tratta esclusivamente di lavori alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria;
   sono attive classi di scuola elementare e media e corsi di ceramica, elettricista, bottega dell'arte e caseificio;
   la casa circondariale di Sciacca ospita detenuti trasferiti «per sfollamento» da penitenziari di altre regioni: «sono presenti detenuti pugliesi, campani, e anche stranieri provenienti da carceri del nord Italia; recentemente abbiamo avuto uno sfollamento da Poggioreale», riferisce il comandante;
   l'inadeguatezza strutturale è uno degli aspetti problematici di questo penitenziario: «gli spazi non sono nati per ospitare persone, la struttura essendo vecchia ha bisogno di manutenzione gravosa», sottolinea il comandante;
   all'interno della struttura, sebbene vi sia un chiostro, non è presente un'area verde attrezzata per il colloquio dei detenuti con i familiari minorenni;
   l'area esterna (il cosiddetto passeggio) dove i detenuti trascorrono le ore d'aria è un cortile privo di copertura, con un rubinetto e un wc alla turca in pessime condizioni; un altro cortile-passeggio è inagibile dallo scorso inverno a causa della caduta di calcinacci;
   la delegazione si sofferma nel passeggio a colloquiare con i detenuti;
   molti lamentano le condizioni in cui sono costretti a vivere: «i bagni sono privi di tetto; in cella abbiamo l'acqua col contagocce e non c’è l'acqua calda; possiamo fare la doccia soltanto tre volte alla settimana; andate a guardare i cubicoli della seconda sezione: sono scatolette di tonno»;
   una delle rimostranze più ricorrenti riguarda la figura del magistrato del sorveglianza: «io non l'ho mai visto», afferma un detenuto; «viene una volta all'anno», dice un altro; alcuni detenuti sottolineano il ritardo con cui viene concesso il benefìcio della liberazione anticipata: «i giorni di liberazione anticipata arrivano anche un anno dopo che abbiamo fatto la richiesta»; «il magistrato di sorveglianza rigetta anche se le relazioni dell'educatore e dello psicologo sono positive», lamentano altri;
   F.I. trasferito a Sciacca il 5 maggio 2012 «per sfollamento» dal carcere di Napoli Poggioreale, riferisce di soffrire molto per la lontananza dalla famiglia che risiede a Torre Annunziata (Napoli): «mia moglie è disoccupata e ho tre figli piccoli, di 8 anni, 3 anni e l'ultimo di appena 8 mesi; in Sicilia non ho mai effettuato colloqui: così il mio reato non lo pago solo io, lo paghiamo in 5 persone; nel mese di giugno ho fatto domanda per essere trasferito in un istituto campano, ho allegato anche lo stato di famiglia, tornerei perfino nell'inferno di Poggioreale pur di stare vicino a mia moglie e ai miei figli»;
   anche R.F. è stato trasferito a Sciacca dal carcere di Napoli e ha due figli minori, di 10 e 11 anni: «vorrei un avvicinamento, è difficile che la famiglia possa venire qui a fare i colloqui»;
   M.Q. detenuto definitivo con un residuo di pena da scontare di un anno e 4 mesi, si è visto rigettare l'istanza presentata ai sensi della legge n. 199 del 2010 (e successive modifiche); M.Q. lamenta carenze nell'assistenza medica: «ho un'ernia inguinale e una frattura del ginocchio, da 8 mesi aspetto per questi due interventi, qui l'area sanitaria non funziona»;
   V.N. riferisce di non vedere la moglie dal 2010: «mia moglie è agli arresti domiciliari, quindi non possiamo fare colloqui: non la vedo da 2 anni e mezzo»;
   P.O. è un detenuto definitivo con un residuo pena di 11 mesi: «se consideriamo i giorni di liberazione anticipata mi mancano solo 7 mesi, a Napoli ero permessante, il 30 giugno ho fatto richiesta per la legge 199, per scontare quello che mi resta nel mio domicilio: proprio oggi mi è arrivato il rigetto»;
   DM detenuto di Taranto trasferito a Sciacca dal carcere di Bari nel dicembre 2010, lamenta di non aver mai ricevuto alcuna risposta alle numerose istanze di trasferimento nel carcere di Taranto, città in cui risiede anche la figlia di 7 anni: «vorrei tornare a Taranto per stare vicino a mia figlia di 7 anni che non sta bene: rifiuta di mangiare ed è stata ricoverata; ho fatto tante domande, la prima più di un anno fa, nell'ultima domanda ho allegato anche la cartella clinica della bambina, non ho mai ricevuto risposta»;
   N.M. detenuto tunisino con un residuo di pena da scontare di 2 anni e mezzo, si trova nella casa circondariale di Sciacca da 10 mesi e racconta di non aver mai lavorato e di non avere i soldi nemmeno per comprare il mangiare e le sigarette; questo detenuto ha fatto richiesta di trasferimento nel vicino carcere di Castelvetrano, dove sono detenuti il padre e il fratello: «ho fatto la domanda un mese e mezzo fa, ancora nessuna risposta, se il trasferimento non è possibile almeno vorrei poter fare un colloquio con mio padre e mio fratello»; N.M. inoltre afferma di non aver potuto effettuare telefonate in Tunisia; «ho mandato il foglio con il contratto la fotocopia della carta d'identità, ma ancora non riesco a telefonare»; P.D'A. detenuto napoletano trasferito a Sciacca il 19 maggio dal carcere di Poggioreale, ha il fine pena nel mese di aprile 2013 e lamenta di non aver ricevuto alcuna risposta alle istanze presentate per scontare il residuo della pena presso il proprio domicilio, ai sensi della legge 199 del 2010: «ho presentato la domanda 2 mesi fa, quando ero già in questo carcere; avevo presentato una domanda anche prima, quando mi trovavo a Napoli, ma non hanno mai risposto»;
   M.V.D. detenuto rumeno ormai prossimo alla liberazione, lamenta difficoltà a ottenere permessi: «vorrei un permesso, ma l'educatore non mi ha chiuso la sintesi»;
   un altro detenuto afferma: «l'educatore tutto sommato funziona, il problema è il magistrato di sorveglianza: è completamente assente»;
   D.M. detenuto catanese proveniente dal carcere di Trapani, ha fatto istanza per essere trasferito in un istituto in cui poter proseguire il suo percorso scolastico: «a Trapani frequentavo l'istituto tecnico commerciale, sono stato ammesso al terzo anno e a settembre vorrei iniziare il corso scolastico, per questo ho chiesto il trasferimento ad Augusta, a Noto o ad Agrigento, vorrei utilizzare il tempo in carcere almeno per poter studiare»;
   T.M. detenuto tossicodipendente con due figli di 6 e 7 anni, vorrebbe andare in una comunità e riferisce di aver presentato un'apposita domanda;
   C.C. riferisce di essere stato sfollato dal carcere Ucciardone di Palermo, dove vorrebbe tornare per stare vicino alla famiglia;
   la delegazione visita gli ambienti detentivi;
   al primo piano sono ubicate le sezioni prima e seconda; in questo stesso piano sono presenti la cappella, la saletta per la socialità, la saletta per l'educatore e lo psicologo, la saletta per i corsi, la saletta che ospita le classi elementare e media e la stanza del medico (l'infermeria invece si trova al piano terra);
   la prima sezione si compone di 4 celle che si affacciano su un corridoio stretto; tutte le celle di questa sezione sono sprovviste di doccia, in violazione dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000; il vano bagno, ricavato all'interno delle celle, è sprovvisto di finestra e di tetto;
   le condizioni strutturali sono fatiscenti e in più parti l'intonaco è scrostato a causa dell'umidità;
   alle finestre delle celle sono applicati vetri opachi che impediscono la visuale esterna e limitano sensibilmente l'ingresso di luce naturale e la circolazione di aria;
   la cella n. 1 ospita 5 detenuti sistemati in 2 letti a castello a tre piani;
   in questa cella, così come in tutte le altre, l'acqua del rubinetto scorre e si riversa dentro un fusto: «l'acqua è razionata, così la accumuliamo dentro questo bidone», spiegano i detenuti; gli agenti confermano: «l'acqua ha orari di erogazione, noi forniamo i fusti ai detenuti per agevolarli, per fare in modo che abbiano sempre un po’ di acqua a disposizione»;
   nella cella n. 4 sono ristretti 6 detenuti;
   A.P. detenuto catanese definitivo arrestato nel 2007 e condannato a una pena superiore a 9 anni di reclusione, è stato sfollato a Sciacca dal carcere Pagliarelli di Palermo nello scorso mese di marzo; A.P. lamenta di essersi visto rigettare la domanda di trasferimento in una casa di reclusione: «ho fatto richiesta per andare in un carcere penale, ad Augusta o a Noto, ma mi è stata rigettata; qui la socialità si fa soltanto 2 volte alla settimana; faccio un colloquio ogni 2-3 mesi, ho un figlio di 9 anni che non vedo da 5 anni»;
   C.A. è stato trasferito nel carcere di Sciacca da circa un mese: «provengo da Poggioreale, mi hanno mandato qua per sovraffollamento ma io vorrei tornare a Poggioreale, per la vicinanza, per fare i colloqui»;
   anche questi detenuti lamentano la carenza idrica: «l'acqua c’è a intervalli, è giusto»; un detenuto evidenzia la condizione degli sgabelli: «guardate qua, sono rotti, ci si può anche tagliare una gamba, guardate in quale stato siamo»;
   nella cella n. 2 sono ristretti 5 detenuti;
   nella cella n. 3 sono ristretti 8 detenuti; facendo riferimento al fatto che il vano con il wc non sia dotato di tetto, un detenuto afferma: «quando noi mangiamo e qualcuno è in bagno, sentiamo tutto»; un detenuto riferisce di soffrire di asma e sottolinea la presenza dei pannelli opachi applicati alle finestre: «c’è poca luce, l'aria non passa»;
   una nota positiva è che non si segnalano criticità con riferimento ai prezzi del sopravitto: «di recente sono stati inseriti anche prodotti sottomarca», riferisce il comandante;
   la seconda sezione si compone di 18 celle: 12 piccole cellette (i cosiddetti «cubicoli»), di cui 1 inagibile, e 6 celle più ampie; tutte le celle di questa sezione sono sprovviste di doccia; anche in questa sezione i detenuti raccolgono l'acqua nei bidoni; le condizioni strutturali sono fatiscenti;
   i cubicoli sono cellette buie e anguste di circa 6 metri quadrati, ospitano 2 detenuti in un letto a castello, hanno il wc «aperto» (cioè senza tetto né porta, ma solo con un muretto divisorio) e le finestre ostruite da bocche di lupo in cemento; il cubicolo n. 11 è utilizzato come cella d'isolamento e ha il wc alla turca a vista (non è presente nemmeno il muretto divisore); il cubicolo n. 12 è di dimensioni ancora più ridotte: anche in questa celletta, di circa 4 metri quadrati (2,75 metri x 1,50 metri), sono ristretti 2 detenuti;
   le altre celle, poste sull'altro lato del corridoio di fronte ai cubicoli, sono più ampie e si affacciano sul chiostro interno; in tutte, il vano con il wc non è dotato di tetto;
   la «stanza» n. 12 ospita 7 detenuti;
   L.G. detenuto napoletano trasferito il 24 luglio 2012, dal carcere Poggioreale «per sfollamento», ha 2 figli (di cui uno minorenne) che non ha più visto da quando si trova recluso nel carcere di Sciacca: «qui non penso che farò mai colloqui, è troppo lontano per la mia famiglia»; L.G. è ricorrente in Cassazione e lamenta i tempi eccessivamente lunghi della giustizia: «è da un anno ormai che attendo la sentenza della Cassazione»;
   nella cella n. 13 sono ristretti 3 detenuti;
   anche la cella n. 14 ospita 3 detenuti;
   F.F. subito un intervento chirurgico al polso sinistro che si è fratturato a causa di una caduta mentre tentava di salire sul letto a castello: «l'incidente è accaduto alle 23,30 e mi hanno portato in ospedale alle 12, dell'indomani; mi hanno messo una placca, adesso ho un chiodo che mi devono tirare»;
   nella cella n. 15 sono ristretti 3 detenuti;
   nella cella n. 16 sono ristretti 6 detenuti;
   anche nella cella n. 17 sono ristretti 6 detenuti;
   i detenuti lamentano: «ci manca anche l'acqua, siamo costretti a fare le scorte con i bidoni»; secondo quanto riferito, l'acqua viene erogata per circa un'ora tre volte al giorno: alle 7, alle 9 e alle 12,30;
   C.R. presentato istanza di trasferimento a Brucoli per sfruttare i 4 anni di pena che gli rimangono e completare così il corso di perito elettronico;
   la doccia comune, utilizzata sia dai detenuti della prima sezione che da quelli della seconda, consta di 8 postazioni (di cui una non funzionante); l'utilizzo è consentito 3 volte alla settimana; anche alla finestra della doccia sono applicati, oltre alle sbarre, pannelli opachi; le condizioni di manutenzione sono buone; secondo quanto affermato da un agente, «il problema è questo pannello che limita l'aerazione e non consente il ricambio dell'aria e quindi all'interno della doccia si crea molto vapore acqueo»;
   interpellato con riferimento alle ispezioni semestrali che la ASL è tenuta ad effettuare per verificare le condizioni igienico-sanitarie, il comandante afferma: «non so, a me non risulta, però magari sono venuti quando io non ero in sede»;
   la delegazione si reca al secondo piano e visita la terza sezione, ristrutturata circa 10 anni fa; questa sezione, l'unica con le docce in cella, si compone di 5 celle di cui soltanto 3 aperte e altre 2 chiuse perché in attesa di collaudo; anche nelle celle di questa sezione il vano bagno è sprovvisto di tetto e alle finestre sono applicati, oltre alle sbarre, pannelli opachi;
   nella cella n. 1 sono ristretti 3 detenuti sistemati in un letto a castello a 3 piani;
   nella cella n. 2 sono ristretti 3 detenuti;
   nella cella n. 5 sono ristretti 10 detenuti;
   un detenuto lamenta: «c’è sempre puzza, la cassetta del wc non funziona da 7 mesi»;
   G.B. detenuto tunisino, afferma: «mi hanno portato qua da 3 giorni, prima sono stato 10 giorni a Regina Coeli, ancora non ho parlato con un avvocato, non so nemmeno perché sono in carcere»;
   B.B. detenuto tunisino, riferisce di essere ancora in attesa dei giorni di liberazione anticipata relativi a 5 semestri: «per questo grande ritardo, 4 mesi fa ho fatto ricorso al tribunale di sorveglianza di Palermo e ancora non mi è arrivata nessuna risposta, né un rigetto né accettazione»;
   «fate in modo che si possa ascoltare anche qui Radio Radicale, per noi è importante», affermano i detenuti;
   la sala colloqui, in cui è ancora presente il muretto divisore con il vetro, è molto piccola e anche qui alle finestre sono applicati, oltre alle sbarre, pannelli opachi che limitano l'ingresso di luce naturale e non consentono una adeguata circolazione dell'aria;
   la delegazione visita la caserma degli agenti; le stanze non hanno il bagno in camera, sono presenti 2 bagni comuni con docce; anche quest'ambiente avrebbe bisogno di una sistemazione;
   il rapporto fra i detenuti e gli agenti di polizia penitenziaria è molto buono; il comandante e gli agenti operano con abnegazione e grande professionalità, nonostante siano costretti a lavorare in una situazione difficile a causa della carenza di risorse umane e finanziarie: «facciamo quello che possiamo con risorse praticamente inesistenti», afferma il comandante; le telecamere di sicurezza non funzionano da circa 7 anni; nella casa circondariale di Sciacca non ci sono i soldi nemmeno per acquistare l'inchiostro per i timbri, tant’è gli agenti sono costretti ad utilizzare un bicchiere d'acqua in luogo del tampone: «qui siamo arrivati, altro che spending review», afferma con amarezza un agente –:
   quale sia effettivamente la capienza regolamentare del carcere di Sciacca e cosa intenda fare per urgentemente riportare la popolazione detenuta ai livelli di ricettività legali, secondo quanto previsto dall'ordinamento penitenziario e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
   cosa intenda fare per rimuovere le situazioni strutturali del carcere di Sciacca non conformi alle norme di legge, tenuto presente che alcune criticità evidenziate in premessa rischiano di mettere in pericolo la salute e la vita del personale e dei detenuti; in particolare, quando verrà abbattuto il muretto divisorio della sala colloqui e quando la stessa verrà ristrutturata; quando verranno ristrutturate le stanze da bagno, visto che, oltre ad essere indecenti, sono prive del soffitto; quando verranno rimossi dalle celle e dagli altri luoghi frequentati dai detenuti i pannelli opachi che limitano l'ingresso di luce e aria nelle stanze di detenzione; quando verrà predisposta l'area verde;
   a quando risalga e cosa vi sia scritto nell'ultima relazione della ASL di competenza in merito alle condizioni strutturali dell'edificio del carcere anche sotto il profilo igienico-sanitario;
   se intenda immediatamente provvedere a stanziare fondi per il regolare approvvigionamento idrico, per la manutenzione straordinaria così da fronteggiare i problemi più urgenti e se intenda ripristinare i fondi pressoché inesistenti della manutenzione ordinaria;
   cosa intenda fare per incrementare il budget destinato alle attività trattamentali e all'assistenza psicologica e per rafforzare l'area educativa;
   quanto al Corpo degli agenti di polizia penitenziaria, se intenda intervenire per ripristinare l'organico e per risistemare la caserma agenti;
   se intenda in qualche modo intervenire per quanto di competenza affinché sia effettivamente assicurata l'assistenza legale ai detenuti, soprattutto stranieri, sprovvisti di avvocati di fiducia;
   se intenda rivedere la politica degli «sfollamenti» che allontanano i detenuti dal loro ambiente familiare in aperta violazione di quanto previsto dall'ordinamento penitenziario;
   cosa intenda fare in relazione ai casi segnalati in premessa. (4-17489)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SBAI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le condizioni dei mezzi pubblici sono ormai note a tutti nel nostro Paese;
   in alcune città d'Italia sono fatiscenti e inadatti allo scopo;
   la loro frequenza è al minimo, con mezzi che arrivano spesso stracolmi e privi delle condizioni essenziali di vivibilità e di sicurezza;
   i prezzi sono stati aumentati, in alcune città, del 50 percento;
   la crisi per famiglie e studenti non permette di sostenere costi elevatissimi per trasporti inadeguati;
   gli aumenti sono arrivati durante il periodo estivo e quindi a servizio ancor più ridotto –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda procedere in relazione a questa situazione;
   se il Governo intenda pensare a delle misure di sostegno alternative e migliorative di quelle esistenti per il trasporto pubblico;
   se il Governo intenda favorire studi per una modalità di miglioramento del servizio pubblico laddove i prezzi dei titoli di viaggio sono aumentati; (4-17477)


   MANCUSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la SACE (società aeroporto di Cerrione) è stata fondata nel 1962 allo scopo di creare un aeroporto che collegasse Biella e Vercelli ai più importanti scali nazionali;
   la struttura venne inaugurata nel comune di Cerrione (BI) nel 1968 dall'allora Ministro dei Trasporti Scalfaro;
   di anno in anno esso, secondo le promesse della gestione, avrebbe dovuto divenire, il supporto di Malpensa, la sede operativa della Croce rossa nazionale, la base di voli low cost;
   qualificato come «aeroporto aperto al traffico turistico internazionale» fu inizialmente dotato di una pista bituminata lunga 740 metri;
   nel 1986 vennero iniziati lavori di ristrutturazione e potenziamento per l'allungamento della pista fino agli attuali 1.500 metri, la costruzione di due ulteriori hangar per ospitare un'officina specializzata nella manutenzione degli aerei e una scuola di volo per brevetti elicotteri;
   nel 2011 è stato ultimata l'installazione di un impianto di illuminazione per i voli notturni;
   la SACE è una società a capitale misto: il socio di maggioranza è la Fondazione cassa di risparmio che ha investito ingenti somme per il ripianamento delle perdite e per il finanziamento dei lavori di ammodernamento;
   ritiratasi l'Unione industriali, gli altri partner privati sono la camera di commercio, la finanziaria nazionale di Unioncamere e l'ASCOM, che detengono, però, partecipazioni azionarie limitate;
   più complessa appare la situazione dei partner privati: dopo l'uscita del comune e della provincia di Biella, in seno alla società rimangono la regione Piemonte, il comune ospitante e quelli limitrofi (Verrone, Sandigliano, Mottalciata e Gaglianico), le cui partecipazioni azionarie sono, però, solo simboliche;
   negli ultimi sette anni la perdita d'esercizio è stata di 500/600mila euro ogni esercizio;
   nel 2005 il passivo ha raggiunto 501mila euro, nel 2006 di 656mila, nel 2007 di 586mila, nel 2008 di 640mila, nel 2009 di 679mila, nel 2010 di 669mila, per un totale di 3 milioni e 700mila euro;
   nel periodo 2001/2004 la SACE ha ottenuto un milione e 200mila euro (281mila nel 2001, 260mila nel 2002, 115mila nel 2003 e 500mila nel 2004) di finanziamento pubblico;
   nel 2009 il numero di passeggeri che hanno fatto sbarco all'aeroporto di Cerrione sono stati 18;
   nell'aeroporto di Cerrione alcuni reparti sono inutilizzabili perché manca la porta d'accesso e l'attività viene sospesa quando piove o cala il sole;
   la pista di 1470 metri di lunghezza può essere utilizzata solo per i primi 1320 perché si dovrebbe acquistare un prato di 200 metri da usare come zona di sicurezza nella testata Nord della pista in caso di atterraggi lunghi;
   l'aeroporto, come detto, è dotato di tutta la strumentazione per il volo notturno, comprese le luci di atterraggio, ma l'attività deve cessare al tramonto perché manca la prevista segnaletica verticale, che costerebbe 300mila euro;
   queste inefficienze limitano tutta l'attività dello scalo: quella della ricercatissima officina di manutenzione che ha clienti che arrivano anche dalla Grecia, quella delle due scuole di volo che per svolgere lo specifico addestramento notturno devono portare i propri allievi in Corsica, l'attività di aerotaxy;
   in un'ottica di spending review, locale e nazionale, l'aeroporto di Cerrione rappresenta oramai un buco nero per fondi pubblici;
   l'unica soluzione razionale è ormai, palesemente, la chiusura dello sbarco;
   il Governo ha di recente manifestato l'intenzione di aggiogare il Piano nazionale aeroporti –:
   se il Governo ritenga opportuno escludere l'aeroporto di Cerrione dal PNA;
   se il Governo intenda una volta assunta tale decisione invitare i soci della SACE ad aprire un tavolo tecnico con le attività private che hanno sede presso l'aeroporto per meglio gestire la procedura di chiusura. (4-17488)


   DIMA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 1o agosto scorso, l'Anas, su richiesta della Polizia stradale, ha chiuso, in via provvisoria e per il tempo necessario a rimuovere il pericolo, l'autostrada A3 SA/RC, nel tratto compreso tra Scilla e Santa Trada, in provincia di Reggio Calabria, a causa della caduta di un masso di grosse dimensioni all'imbocco di una galleria e su una carreggiata a doppio senso di circolazione;
   l'episodio, che fortunatamente non ha provocato danni a cose ed a persone, desta comunque preoccupazione non solo perché un fatto analogo, anche in questo caso senza incidenti, si è verificato nel 2010, quando nel mese di maggio un altro masso è precipitato da un costone di montagna sempre sul tratto autostradale compreso nel territorio del comune di Scilla, ma anche perché tutto ciò è la dimostrazione più evidente di come probabilmente ancora molto dovrebbe essere fatto sotto il profilo della messa in sicurezza della zona in questione;
   i disagi sopportati dagli automobilisti sono stati molto gravi perché la chiusura di questo tratto autostradale ha determinato il ricorso a percorsi alternativi che di fatto hanno reso più difficile e complicata la circolazione su strade comunali e provinciali non sufficientemente attrezzate a sopportare un numero elevato di automezzi determinato dall'esodo estivo;
   la gestione dei lavori di ammodernamento e messa in sicurezza della Salerno/Reggio Calabria, al di là delle promesse fatte e mai mantenute in ordine al loro completamento in tempi ragionevolmente brevi, è la prova lampante della penalizzazione che la Calabria ed i suoi cittadini stanno subendo da più tempo sia sotto il profilo della lentezza nell'attuazione delle diverse fasi di realizzazione degli interventi sia sotto quello della mancanza di finanziamenti che non permetteranno di rimodernare più di 50 chilometri di tratto autostradale in provincia di Cosenza;
   questa situazione ha provocato numerose critiche nei confronti del management dell'Anas a cui è stata più volte rimproverata mancanza di attenzione nei confronti di questo problema tanto che in Parlamento sono state presentate proposte di legge di istituzione di una commissione di inchiesta che indaghi sull'operato dell'ente pubblico tra cui anche quella presentata dall'interrogante in cui si evidenzia come sia necessario verificare le inadempienze ed i motivi dei ritardi nonché indagare sulle procedure utilizzate per capire se l'Anas abbia ottemperato al compito di monitoraggio e vigilanza sulle opere in realizzazione;
   l'incredibile vicenda del 1o agosto e quella verificatisi due anni fa non può assolutamente essere considerata come poco importante ma al contrario deve far riflettere sulla necessità di operare nella massima sicurezza –:
   quali iniziative il Ministro intenda prendere far sì che possano essere garantire le misure di sicurezza per chi viaggia sull'autostrada Salerno/Reggio Calabria. (4-17494)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere – premesso che:
   il 2011 rappresenta l'anno del 15o censimento della popolazione e degli edifici d'Italia: la data di riferimento risulta essere appunto il 9 ottobre 2011;
   per la prima volta, dal 1861, i questionari di rilevazione sono stati distribuiti alle famiglie per posta nelle date che vanno dal 12 settembre al 22 ottobre 2011, sulla base di un archivio inviato dai comuni ad ISTAT, la cosiddetta lista anagrafica comunale (LAC);
   i cittadini potevano quindi compilare da soli il questionario e restituirlo dal 9 ottobre al 31 gennaio 2012 in uno dei seguenti modi:
    a) on-line all'indirizzo http://censimentopopolazione.istat.it;
    b) nella versione cartacea che andava restituita al comune;
    c) nella versione cartacea che andava restituita ad uno degli uffici postali presenti nel territorio nazionale;
   le novità introdotte sono state tutte interessanti però richiedevano molta attenzione sia nella formulazione delle domande che nella raccolta delle schede;
   a tutt'oggi l'Istituto Nazionale di Statistica nella pagine del suo sito internet ha pubblicato i dati provvisori del XV censimento della popolazione italiana in cui la popolazione residente totale, nel nostro paese, risulta essere 59.570.581 abitanti;
   l'Istituto centrale di statistica mette a disposizione «i dati ufficiali più recenti sulla popolazione residente nei Comuni italiani derivanti dalle indagini effettuate presso gli uffici di anagrafe. Interrogazioni personalizzate (per anno, territorio, cittadinanza, ecc.)» sotto la dizione demografia in cifre «demo.istat.it»;
   da tali dati ufficiali ISTAT sotto emerge che la popolazione residente all'inizio di ottobre 2011 era di 60.776.822 mentre al 31 ottobre 2011 risultava essere 60.800.245;
   dal confronto di tali dati emerge quindi una differenza minima di unmilioneduecentoseimiladuecentoquarantuno (1.206.241) abitanti derivante dalla differenza fra i dati ENTRAMBI Istat;
   nel testo coordinato del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, coordinato con la legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135 recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» all'articolo 17 – Riordino delle province e loro funzioni comma 2 che prevede «il riordino delle province per requisiti minimi da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia»...«anche in deroga alla disciplina vigente, la popolazione residente è determinata in base ai dati dell'Istituto nazionale di statistica relativi all'ultimo censimento ufficiale, comunque disponibili alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»;
   la delibera del Consiglio dei ministri nella riunione del 20 luglio 2012 all'articolo 1 – Criteri per il riordino delle province – prevede il riordino in base ai seguenti requisiti minimi: «a) dimensione territoriale non inferiore a duemilacinquecento chilometri quadrati; b) popolazione residente non inferiore a trecentocinquantamila abitanti» –:
   quali conseguenze potrà avere per le province con un numero di abitanti di fatto superiori a 350.000, come da dati rilevati dalle anagrafi dei comuni, comunicati alle prefetture e riconosciuti dalla stessa ISTAT come «dati ufficiali più recenti», quando il dato provvisorio del XV censimento gli attribuisce un numero di residenti inferiore ai 350.000, a fronte di una dimensione territoriale non inferiore a duemilacinquecento chilometri quadrati;
   quante siano le province che si trovano in tale situazione;
   se non si pensi di sollecitare l'ISTAT ad elaborare un dato definitivo corretto dell'ultimo censimento della popolazione residente per provincia o meglio non si pensi di utilizzare i dati più corretti forniti dalla stessa ISTAT, sulla base delle indagini effettuate presso gli uffici di anagrafe dei comuni delle varie province, considerato che una deroga per le situazioni border-line appare la più giusta a fronte della mancanza di un dato ufficiale corretto che appare l'unico giuridicamente e moralmente accettabile.
(2-01647) «Nannicini, Velo, Villecco Calipari, Lulli, Tempestini, Cenni, Zucchi, Lovelli, Viola, Graziano, Mariani, Zaccaria, Federico Testa, Rampi, Mattesini, Peluffo, Marini, Scarpetti, Froner, Gozi, Strizzolo, Duilio, Orlando, Causi, Martella, Baretta, Marchi, Marantelli, Vico, Zunino, Calvisi, Tullo, Touadi, Melis, Brandolini, Tenaglia».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il giorno 30 agosto 2012 alcuni mezzi di proprietà dell'azienda di torrefazione caffè Guglielmo sono stati dati alle fiamme;
   l'atto, chiaramente intimidatorio, colpisce un'azienda che si è affermata nel corso degli anni, raggiungendo traguardi altamente positivi, fondata da un imprenditore lucido ed onesto, quale il cavalier Guglielmo Papaleo e che è diventata un momento importante per l'economia di Catanzaro e della regione stessa nonché un esempio di cui i catanzaresi e tutti i calabresi sono orgogliosi;
   gli amministratori Davide Rossi e Matteo Tubertini, hanno sapientemente ereditato il lascito morale e di corretta gestione del proprio nonno;
   l'atto criminoso colpisce non solo un'azienda sana sotto tutti i punti di vista, ma avviene in un territorio che si riteneva, fino a qualche tempo fa, immune dalla presenza di organizzazioni criminali –:
   quali iniziative si intendano assumere per individuare la matrice dell'atto al fine di debellare un fenomeno che, colpendo un'azienda simbolo, potrebbe determinare processi disgreganti con conseguenze imprevedibili sul piano sociale ed economico.
(2-01646) «Tassone».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRANDOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo una ricerca – su dati Istat – del Sole 24 ore sull'andamento dei reati in tutta Italia, la provincia di Forlì-Cesena risulta la prima per l'aumento dei reati dal 2010 al 2011 avendo fatto registrare l'incremento maggiore (+18,3 per cento) di crimini denunciati;
   la provincia di Forlì-Cesena comprende il circondario di Forlì (popolazione 188.703) e il comprensorio di Cesena (popolazione 209.532) che rappresenta la parte più dinamica del territorio provinciale;
   dal 2011 sono in preoccupante aumento i furti nelle abitazioni in alcuni quartieri del comune di Cesena dove la presenza delle forze dell'ordine è strutturalmente carente;
   il sindaco di Cesena con lettera del 22 agosto 2012 al Ministro dell'interno «consapevole che il nostro Paese sta attraversando una fase molto difficile, e che tutti siamo chiamati a fare la nostra parte» – per ridurre la spesa pubblica – «ma non posso fare a meno di esprimere il mio timore per le ripercussioni che una minore presenza di Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza potrebbe provocare sui cittadini, già grandemente provati da questo momento di forte disagio sociale», segnala «una soluzione operativa che già ora potrebbe essere intrapresa e che, per il territorio cesenate, potrebbe rappresentare un evidente segno di novità, in grado di migliorare la percezione di sicurezza, il controllo dei territorio, di ridurre fenomeni di microcriminalità che, purtroppo, affliggono anche il nostro territorio»;
   la soluzione operativa ipotizzata dal sindaco di Cesena prevede di utilizzare «anche temporaneamente – il personale attualmente poco impegnato presso l'aeroporto, potesse essere indirizzato in azioni di pattugliamento, soprattutto serale, delle frazioni periferiche delle città della provincia di Forlì-Cesena», tenuto conto della «situazione dell'aeroporto “Ridolfi” di Forlì, una infrastruttura che, dopo aver sfiorato in passato le circa 800 mila presenze annue con oltre 8000 movimenti in 12 mesi, oggi si trova in una fase intermedia della propria vita e ha visto ridursi in maniera nettissima voli e passeggeri. Ciononostante, mi risulta che l'organico delle forze dell'ordine in servizio presso lo scalo forlivese sia rimasto sostanzialmente invariato rispetto ai tempi di maggior lavoro, con una presenza di non meno di 50 poliziotti – gli stessi della fase di piena operatività» –:
   quali iniziative intenda porre in essere per fronteggiare il preoccupante aumento di reati nella provincia di Forlì-Cesena e, soprattutto, nelle situazioni maggiormente colpite quali alcune frazioni del comune di Cesena;
   se non ritenga necessario predisporre al più presto un piano di utilizzo nei servizi di controllo del territorio della provincia di Forlì-Cesena degli agenti attualmente in forza all'aeroporto Ridolfi di Forlì, fino a quando necessità di un minor servizio per la ridotta operatività dello scalo. (5-07752)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SBROLLINI e ROSATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Vicenza, il 12 agosto 2012, due vigili del fuoco, nonostante indossassero i guanti di protezione, sono rimasti ustionati alle mani mentre spegnevano un incendio;
   non si tratta di un caso isolato poiché si sono verificati altri episodi di ustioni alle mani a Viterbo, Modena e Pesaro;
   si tratta di episodi gravi, che fanno nutrire dei seri dubbi sulla qualità dei dispositivi di protezione individuale che vengono forniti al personale in servizio;
   la nota informativa allegata ai guanti in dotazione ai vigili del fuoco, alla voce «istruzioni per la pulizia e l'immagazzinamento» detta prescrizioni paradossali, ovvero ne impone la conservazione «lontano da fonti di calore» e impone un massimo di «cinque cicli di lavaggio a 40 gradi con detergenti neutri», con l'avvertenza che eventuali procedimenti di lavaggio diversi da quelli consigliati potrebbero alterare e compromettere le caratteristiche di sicurezza del dispositivo. Nonostante queste siano prescrizioni che riguardano la conservazione e la pulizia dei guanti e non l'uso operativo, ci si chiede come possano dei guanti resistere alle continue sollecitazioni degli incendi, se il lavaggio degli stessi dev'essere fatto a basse temperature e con detergenti delicati affinché non vengano rovinati;
   gli episodi sopra citati riguardanti la sicurezza del lavoro si collocano all'interno di una materia ampia che denota l'inadeguata attenzione che si dedica alle necessità dei vigili del fuoco e che concerne anche gli effetti dei tagli relativi ai capitoli di spesa che incidendo sul funzionamento del comando, portano al collasso il soccorso –:
   se non ritenga di intervenire, nell'ambito delle sue competenze, per dare risposte tempestive sulle cause che hanno provocato gli episodi di cui sopra, per avviare uno studio trasparente sulla situazione dei sistemi di protezione utilizzati in Italia, senza esimersi dal collocare la questione sicurezza sul lavoro nella discussione dei tagli che stanno indebolendo il soccorso pubblico. (4-17474)


   CAPARINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno il 15 agosto 2012, in occasione della seduta del comitato nazionale dell'ordine e la sicurezza pubblica, ha diffuso i dati e i risultati di un anno di attività raccolti in macro aree tematiche (sicurezza, diritti umani e immigrazione, il governo sul territorio, soccorso pubblico e attività legislativa);
   nel 2011, su tutto il territorio nazionale, è stata concessa la protezione internazionale a 12.088 migranti: a 2.244 è stato riconosciuto lo status di rifugiato, 3.217 hanno invece ottenuto la protezione sussidiaria e 6.627 hanno avuto il permesso per motivi umanitari. Il Viminale ha esaminato complessivamente 33.656 richieste e di queste 21.568 non sono state accolte oppure hanno avuto altri esiti (rinunce o sospensioni);
   quanto agli sbarchi, in un anno sono arrivati via mare in Italia 17.365 migranti, si tratta per lo più di cittadini di varie nazionalità, in prevalenza dal Marocco, in fuga dalla guerra, e per questa ragione accolti nel nostro Paese con la richiesta di asilo;
   una perdurante instabilità in Libia, la violenza e la carestia nel Corno d'Africa, lo Yemen stremato dalla repressione del regime ci impone una costante allerta immigrazione che ci obbliga a predisporre continui piani d'intervento ed immancabilmente ogni volta ci si ritrova in «emergenza»;
   nel 2011 fu stato sottoscritto un accordo tra comuni, province, regioni e Governo centrale per condividere e coordinare l'accoglienza sull'intero territorio nazionale dei profughi, accordo che prevedeva che questi venissero accolti suddividendoli nelle regioni in modo equo e proporzione alla popolazione residente;
   la normale capacità di accoglienza per «richiedenti asilo» in Italia è di circa 7.000 persone all'anno. I conflitti bellici in atto pongono il nostro Paese di fronte alla necessità di dover gestire sempre in emergenza l'afflusso eccezionale di immigrati che la rete ordinaria non è in grado di offrire;
   in Lombardia ci sono 1.546 comuni, suddivisi in 12 province e vi risiede una percentuale tra il 17 ed il 18 per cento dell'intera popolazione nazionale, questa stessa percentuale è quella che determina il numero di profughi da accogliere sul territorio regionale, questo significa che ogni 10.000 profughi che arrivano e che avviano la procedura di richiesta dell'asilo, tra 1.700 e 1.800 dovranno trovare accoglienza sul territorio lombardo;
   la città di Brescia è al terzo posto, dopo Milano e Roma, per residenza di immigrati;
   in Vallecamonica, provincia di Brescia, durante gli afflussi eccezionali, in poco tempo sono state saturate tutte le strutture in grado di accogliere e assistere i richiedenti asilo nell'intero percorso di richiesta di asilo (rete SPRAR, cooperative sociali, comunità e centri di accoglienza, laici e religiosi) –:
   se non intenda, a fronte dei dati divulgati sull'immigrazione, individuare appropriate e definitive soluzioni anche tramite la stipula di accordi tra comuni, regioni e Stato con l'obiettivo di una accoglienza diffusa tale da non determinare in particolari aree del Paese una concentrazione eccessiva di immigrati richiedenti asilo, ancor più nelle province che registrano un tasso di immigrazione superiore alla media nazionale. (4-17479)


   DIMA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, il sindaco del comune di Mandatoriccio (Cosenza) è stato oggetto di un altro atto intimidatorio molto grave come l'incendio della propria autovettura che fa seguito all'incendio dell'abitazione al mare e al altri episodi di danneggiamento;
   la vicenda ha suscitato la ferma condanna di quanti vedono in questo ulteriore fatto il tentativo di impedire lo svolgimento di un'attività amministrativa rispettosa dei principi delle legalità e del bene comune;
   dagli annuali rapporti di LegAutonomie Calabria si evince che l'andamento relativo alle minacce nei confronti degli amministratori locali ha raggiunto livelli particolarmente drammatici tanto che dal 2000 ad oggi quasi un sindaco su tre ha subito un atto intimidatorio e che quindi quasi tutti i comuni calabresi, a prescindere dalla loro dimensione, sono esposti sul fronte della pressione criminale;
   il livello di esposizione dei sindaci calabresi, tra cui quello del primo cittadino di Mandatoriccio, è particolarmente elevato anche e soprattutto a causa della presenza pervasiva della criminalità organizzata e di quanti pretenderebbero di interrompere o ostacolare l'azione di ristabilimento e tutela della legalità come nel caso delle azioni amministrative avviate nel comune dello Jonio cosentino –:
   quali iniziative, il Ministro, intenda porre in essere per garantire l'avvio di azioni concrete in difesa ed a tutela dell'attività amministrativa del sindaco di Mandatoriccio. (4-17493)


   BERTOLINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa locale dell'11 agosto 2012 che una ragazza di 22 anni, di origine marocchina, è stata brutalmente picchiata dal padre di 54 anni, davanti all'ipermercato Grand'Emilia di Modena, riportando gravi ferite fra cui la rottura del setto nasale ed è stata ricoverata all'ospedale di Baggiovara;
   l'uomo, residente dal 2002 a Brescello (Reggio Emilia), insieme alla moglie e alle sue cinque figlie era già stato denunciato per episodi analoghi a danno della stessa figlia, la secondogenita, già nel 2005 e nel 2008;
   a seguito di tali episodi la ragazza era stata trasferita in una comunità a Modena, dove era seguita dagli assistenti sociali e da uno psicologo;
   le prime avvisaglie di violenza nel 2005 furono denunciate dalla scuola, dove la ragazza, che si era presentata con lividi al volto ed al collo, aveva rivelato a un professore che il padre l'aveva picchiata, perché si rifiutava di portare il velo;
   la procura di Reggio Emilia e il tribunale dei minori di Bologna avviarono due indagini, ma l'uomo non venne incriminato; successivamente, nel maggio 2008, seguirono altre accuse contro il padre, che però si è sempre difeso, sostenendo che la ragazza si era ferita da sola, appoggiato dalla moglie e dalle altre figlie;
   è assurdo constatare che a fronte di palesi accuse come maltrattamento in famiglia, abuso di metodi di correzione e da ultimo lesioni, l'uomo è ancora a piede libero, non ha scontato alcuna pena e tutti i procedimenti a suo carico sono stati archiviati;
   il marocchino, in Italia dal 1986, ha anche presentato nel 2011 richiesta per ottenere la cittadinanza italiana, ancora non concessa;
   casi di violenza come questo nel nostro Paese sono sempre più numerosi, le vittime sono donne che in ambito domestico, anziché essere protette, si vedono negati i più elementari diritti in nome di un oscurantismo religioso, frutto di un radicalismo islamico estremo;
   questi casi di violenza meritano una ferma condanna, perché sono la testimonianza di come dietro l'alibi della difesa delle tradizioni in realtà si nascondono ben altri obiettivi, in particolare la sottomissione delle donne e la negazione dei loro diritti di libertà e di uguaglianza;
   questo episodio, di estrema gravità, deve anche far riflettere profondamente, perché dimostra che la strada dell'integrazione nel nostro Paese è tutta in salita, che la politica del multiculturalismo è definitivamente fallita, ma soprattutto che le istituzioni hanno precise responsabilità, poiché non sono in grado di garantire a queste donne libertà e giustizia;
   in casi come questo, evidentemente non è sufficiente allontanare le ragazze dalla famiglia, ma assumere provvedimenti più significativi ed efficaci;
   anche in Italia, dietro una apparente integrazione, in realtà sembra ci sia un rischio isolamento delle comunità straniere –:
   se i Ministri siano a conoscenza di tale episodio e quali altri elementi abbiano in merito;
   quali iniziative urgenti per quanto di competenza intendano adottare per garantire che il marocchino non commetta ulteriori atti di violenza e alla ragazza sia garantita una reale assistenza, la libertà e la sicurezza;
   se siano a conoscenza di quanti giudizi in casi analoghi a quello descritto in premessa si siano conclusi con un'assoluzione;
   se risulti per quali motivi nel caso di questa ragazza non sono state adottate le procedure e le precauzioni preventive previste dalla legge sullo stalking;
   se non ritengano necessario assumere iniziative per modificare le attuali norme sul rilascio dei permessi di soggiorno per gli stranieri che non rispettano le più semplici regole di civiltà;
   quali provvedimenti intendano adottare in merito alla richiesta di cittadinanza avanzata dal marocchino;
   se non ritengano di verificare per quanto di competenza se a Brescello, visto che è stata uccisa poco tempo fa una donna straniera, sempre in nome del fondamentalismo, ci sia un problema di mancata integrazione degli immigrati;
   se siano in grado di fornire dati relativi a vicende che vedono coinvolte donne straniere vittime di violenze e soprusi all'interno dei propri nuclei famigliari avvenuti nel nostro Paese negli ultimi cinque anni;
   se non ritengano necessario avviare, con la collaborazione degli enti locali, una indagine approfondita per verificare quante situazioni analoghe, non denunciate, ci siano nel nostro Paese e per verificare la reale situazione delle donne straniere che vivono in Italia. (4-17495)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le «iniziative sperimentali» denominate «sezioni Primavera» rivolte a bambini dai 24 ai 36 mesi di età sono state istituite con la legge finanziaria del 2007 del 27 dicembre 2007 (comma 630) come servizi aggregati ad altre realtà scolastiche ed educative;
   tali iniziative, riferendosi alle normative regionali in materia di servizi alla prima infanzia, hanno contribuito a fornire una utile risposta alle esigenze di molte famiglie e di molte madri lavoratrici;
   tale iniziativa ha visto il coinvolgimento e la virtuosa collaborazione sia di enti locali che di soggetti del privato sociale (circa il 55,4 per cento) arrivando all'attivazione di 1.604 sezioni primavera su tutto il territorio nazionale;
   per il primo anno di attività le sezioni primavera sono state sostenute dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca attraverso un contributo pari a 29.783.656 euro per circa 25-30.000 per ogni sezione primavera attivata;
   anche negli anni successivi l'attività delle sezioni primavera è stata rifinanziata dal Governo attraverso contributi dello stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, (e dal 2009-2010 anche con contributi del dipartimento per la Famiglia a del Ministero del lavoro – dipartimento per la solidarietà sociale);
   in un quadro pur non del tutto definito, dal 2007 ad oggi (anno educativo 2011-2012), il Governo ha quindi continuato a garantire il servizio delle sezioni primavera definendo un contributo che, assegnato prioritariamente alle sezioni già attivate, consentisse una continuità ed una stabilità delle sezioni avviate fino ad oggi;
   i fondi stanziati come contributo al funzionamento delle sezioni primavera hanno, nel corso degli anni, subito tagli e riduzioni fino a vedere una significativa decurtazione di circa il 30 per cento mettendo a rischio la prosecuzione di numerose Sezioni attivate –:
   quali azioni voglia intraprendere il Governo per assicurare la continuazione del finanziamento e del funzionamento delle sezioni primavera avviate dal 2007 ad oggi e che dovrebbe poter continuare;
   quali garanzie intenda confermare il Governo in merito all'entità di tali finanziamenti e alla conseguente garanzia di un adeguato sostegno e di una prosecuzione del servizio ai soggetti gestori e alle famiglie dei bambini ospitati. (5-07747)


   MARIO PEPE (PD). — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la situazione nella scuola italiana è fortemente compromessa non solo sul piano della proposta formativa ma anche in ordine alle politiche di reclutamento che fin d'ora hanno prodotto una condizione di precarizzazione diffusa nella scuola contribuendo a creare quel disagio e quella profonda inquietudine che condiziona i nuovi livelli formativi e le strutture dei nuovi saperi;
   sono stati annunciati nuovi concorsi per il reclutamento del personale a fronte di concorsi già espletati nel 1999, le cui graduatorie non sono state del tutto coperte e a fronte di graduatorie di precari che continuano a produrre domande per avere la possibilità di mantenere un contratto di lavoro annuale –:
   in che modo il Ministro intenda procedere all'eventuale annunciato reperimento delle risorse nella scuola e quale sia il programma organizzativo da attuare evitando lungaggini concorsuali – nonché leggerezze nell’iter del concorso già espletato – e trovando un punto di sintesi tra i già vincitori di concorso e i precari della scuola nonché i vincitori che verranno dal conclamato concorso a farsi (5-07748)


   CONTENTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   sta suscitando clamore e un certo allarmismo il recente caso del concorso per l'assunzione di 355 dirigenti scolastici, annullato dal tribunale amministrativo della Lombardia a seguito di un vizio formale (risulta che le buste contenenti gli elaborati fossero eccessivamente trasparenti e tali da consentire un'agevole individuazione del singolo candidato);
   secondo notizie di stampa l'episodio potrebbe sfociare in una serie di class action promosse dalle principali associazioni dei consumatori e con altrettante richieste di risarcimento del danno patito;
   secondo i sindacati di categoria l'accaduto e altre problematiche interne al settore stanno riducendo il numero di presidi a tal punto che l'imminente riapertura dell'anno scolastico sarebbe a rischio –:
   se la notizia di cui in premessa corrisponda al vero, a chi sia imputabile la responsabilità dell'accaduto, quali iniziative siano state assunte nei confronti di questi ultimi e quali azioni intenda adottare al più presto per scongiurare l'avvio di azioni giudiziarie dall'esito incerto per l'amministrazione;
   quali iniziative abbia già intrapreso per evitare che il comparto scolastico nazionale possa subire dei contraccolpi legati all'esiguo numero di dirigenti didattici attualmente in organico. (5-07751)


   MARIO PEPE (Misto-R-A). — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la risposta fornita dal Ministro il 1o agosto 2012 in Commissione Cultura alla Camera appare elusiva dei fatti esposti sia nell'interrogazione n. 5-07575 dell'onorevole Pepe, sia nei precedenti atti parlamentari di sindacato ispettivo susseguitisi incessantemente dal 2010 al 2012; soprattutto ha omesso di rispondere al quesito principale, consistente nella richiesta di sapere per quali motivi l'attuale gruppo dirigente dell'Accademia nazionale di danza sia ancora in carica nonostante il limite dei due mandati triennali sia già scaduto da oltre 3 anni;
   il Consiglio di amministrazione ed il Consiglio accademico dell'Accademia sono, a norma del suo statuto   (articoli 7 e 8), costituiti solo in virtù di una norma transitoria, avendo l'attuale direttrice superato il limite dei due mandati consecutivi già dal 2009;
   circa l'autonomia della Fondazione, sembra essere sfuggito al signor Ministro che dal 1996 al 2010 la direttrice Parrilla, coadiuvata per molti anni dal presidente Borghi, ha gestito ininterrottamente e congiuntamente entrambi gli Enti; le relazioni depositate nel 2011 dai Collegi ispettivi istituiti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dal prefetto di Roma danno conto di gravi e reiterate irregolarità ascrivibili al direttore e al presidente, inerenti alla gestione congiunta di accademia e fondazione;
   in tal senso depongono anche i procedimenti instaurati a carico del medesimo gruppo dirigente dalla procura della Repubblica di Roma; le ipotesi di responsabilità penale al vaglio delle competenti autorità giudiziarie non esimono l'autorità ministeriale (e, segnatamente, la direzione generale AFAM) dall'esercitare i poteri ad essa attribuiti, allorché sia emerso che i su indicati vertici dell'accademia abbiano operato in violazione della legge –:
   se non ritenga opportuno dichiarare decaduto, con effetto immediato il consiglio di amministrazione dell'accademia nazionale di danza in quanto sta operando con un membro rinnovato quando non era rinnovabile e quindi scaduto, tenendo conto che il perdurare di questa situazione pone ad avviso dell'interrogante fuori norma anche il consiglio accademico e mette a rischio di annullabilità tutte le decisioni e l'attività contrattuale posta in essere nel medesimo periodo. (5-07756)

Interrogazione a risposta scritta:


   BARBATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a luglio 2012 si è svolta nelle varie università italiane la prima prova per l'ammissione al tirocinio formativo attivo (TFA) per tutte le classi di insegnamento nella scuola;
   tale procedura è la prima di tre prove per l'ammissione a un percorso annuale di studi e formazione alla fine del quale, e previo ulteriore esame, si consegue l'abilitazione all'insegnamento;
   tale prova, sostenuta da circa 150 mila concorrenti, consistente nella somministrazione di una batteria di 60 test a risposta multipla, di cui una sola esatta, ha sollevato reazioni indignate sia da parte dei candidati che da parte di autorevoli esponenti del mondo accademico a causa dei diversi errori ed ambiguità da cui erano viziate le varie domande proposte;
   a seguito delle rimostranze sollevatesi il Ministro ha disposto con suo decreto del 7 agosto 2012 la nomina di una «Commissione per la verifica dei test somministrati ai candidati nella prova preselettiva nazionale per l'accesso ai corsi di tirocinio formativo attivo, previsto dal decreto ministeriale n. 249/2010», necessitata dalla presa d'atto «della presenza di errori e di ambigue formulazioni degli item, tali da poter indurre in errore i candidati, e, nella maggior parte dei casi non riconosciuti dagli autori degli item stessi»;
   tale nomina è intervenuta in ogni caso dopo che in tutte le sedi universitarie erano stati pubblicati ufficialmente gli elenchi dei punteggi attribuiti ai vari candidati, atto che formalmente chiude la procedura della prima prova, sicché appare fuorviante l'affermazione contenuta nel citato decreto di nomina del 7 agosto 2012, laddove recita che «predetta azione si giustifica, tanto sotto il profilo della legittimità, salvando quanto già realizzato, in attuazione del principio generale “factum infectum fieri nequit” (“un fatto incompiuto non può ritenersi accaduto”), tanto sotto il profilo del merito, per i tempi rapidi di espletamento e per la idoneità a tutelare la generalità degli interessi coinvolti»;
   senza entrare nel merito della precedente applicazione del principio giuridico invocato (la cui applicazione al caso in specie potrà essere contestata di fronte al giudice amministrativo), in esito al lavoro di verifica della predetta commissione di esperti accademici, e di fronte alla quantità di errori certificati nelle varie classi di concorso, si è dovuta registrare la completa débacle della credibilità della pubblica amministrazione (e di conseguenza dello Stato), che sottopone a verifiche nozionistiche e per di più errate in molti casi: 150 mila laureati italiani, in dispregio di qualunque accertamento del possesso di saperi critici da parte dei candidati;
   in esito alla verifica operata dalla predetta commissione si è dovuto registrare che la percentuale media di errori riconosciuti in tutte le classi di concorso è pari al 18,87 per cento delle domande (un quinto del totale), con punte massime del 41,67 per cento (classe A035);
   nemmeno – ad avviso dell'interrogante – il lavoro di detta Commissione appare esente da vizi;
   per citare infatti un solo clamoroso svarione riferibile alla correzione della classe A043 (Italiano, storia ed educazione civica, geografia nella scuola media), riesce inaccettabile la motivazione alla base dell'annullamento del quesito n. 7. [«A chi si riferisce il Foscolo scrivendo «e l'ossa / fremono amor di patria” ? A) Vittorio Alfieri; B) Niccolò Machiavelli; C) Michelangelo Buonarroti; D) Dante Alighieri»], la cui chiarezza e notorietà può sfuggire solo a chi non abbia mai letto i Sepolcri di Foscolo, essendo noto che in realtà, il poeta si riferisce al monumento per l'Alfieri;
   il rimedio adottato appare peggiore del male perché l'avere attribuito a tutti i candidati la risposta valida su un quesito che paradossalmente non presentava margini di ambiguità, ha oggettivamente danneggiato chi aveva risposto in maniera esatta, conferendo un ingiustificato aggio di 0,5 punti a chi aveva risposto in maniera errata;
   dopo la pubblicazione del predetto elenco, qualcuno degli esperti ha dichiarato di essere completamente all'oscuro della nomina e quindi di non aver partecipato in alcun modo ai lavori di preparazione dei test (vedi articolo pubblicato su «La Tecnica della Scuola»: http://www.tecnicadellascuola.it/index.php ?id=39183&action=view);
   da notizie di stampa diffuse fin dal 21 marzo 2012 si apprendeva che il Ministero aveva ritenuto i test elaborati in prima istanza dal CENECA da riformularsi; l'interrogante non vorrebbe che si fosse temuto che se ci fossero stati molti ammessi alla seconda fase, sarebbe collassato il sistema cui compete l'organizzazione delle prove scritte e orali;
   il Ministro Profumo in una lettera inviata a Carmine Carlucci, nella sua qualità di coordinatore del «Comitato per la Qualità della Vita» e resa nota per estratto dal destinatario sul sito internet «Orizzonte Scuola» rhttp://diventareinsegnanti.orizzontescuola.it/2012/09/03/incontro-04-settembre-tra-sindacati-e-ministero-suggerimenti-per-le-decisioni-da-prendere/) ha tra l'altro affermato: «Le rendo noto che per la stragrande maggioranza dei candidati al TFA, allo stato dei fatti, resta solo l'amara prospettiva di un ricorso al TAR del Lazio, che si auspica possa riportare fiducia e giustizia nella categoria, magari, annullando completamente le prove riconosciute in gran parte errate o non tarati sui programmi d'insegnamento. Peraltro la «revisione» di fatto non ha spostato sensibilmente le percentuali degli ammessi, che di norma risultano sensibilmente inferiori ai posti messi a concorso nelle Università Italiane»;
   a titolo esemplificativo si citano i numeri delle classi di concorso A051, A043, A050 con riferimento all'Università degli Studi di Bari «Aldo Moro»:
    A051(MATERIE LETTERARIE E LATINO NEI LICEI E NELL'ISTITUTO MAGISTRALE): Posti n. 70 (Ammessi 1° valutazione: n. 20; Ammessi 2° valutazione: n. 23 (+ 3 candidati) su 70 posti disponibili;
    A043-A050 (ITALIANO, STORIA ED EDUCAZIONE CIVICA, GEOGRAFIA NELLA SCUOLA MEDIA e MATERIE LETTERARIE NEGLI ISTITUTI DI ISTRUZIONE SECONDARIA DI SECONDO GRADO): Posti n. 70 (A050), 100 (A043) (Ammessi 1° valutazione n. 26; Ammessi 2° valutazione n. 43 (+ 17 candidati) su 170 posti disponibili) –:
   se non ritenga, a salvaguardia del decoro e della credibilità dello Stato, di annullare l'intera procedura, anche al fine di evitare l'instaurarsi di interminabili contenziosi, restituendo serenità alle decine di migliaia di candidati ingiustamente vessati da una prova a quiz contrassegnata dal più feroce e inutile nozionismo;
   in base a quale criterio di trasparenza i nominativi degli esperti incaricati della formulazione dei quiz, nominati con decreto direttoriale n. 52 del 5 agosto 2011, non siano stati rivelati, fino a pochi giorni orsono, «per ovvie ragioni di sicurezza», secondo recita il comunicato stampa pubblicato sul sito ufficiale del Ministero;
   perché dalla lettura dell'elenco degli esperti reso noto con colpevole ritardo non sia possibile risalire né al livello di specializzazione, né agli ambiti concorsuali per i quali sono stati nominati, nei fatti impedendo all'utenza di conoscere attraverso altre fonti di informazione il livello di competenza dei predetti;
   se il Ministro non ritenga necessario un atto significativo del Governo che si assuma la responsabilità politica di sanare un vulnus gravissimo alla credibilità delle istituzioni, annullando l'intera procedura, onde evitare ripetersi di situazioni incresciose e disdicevoli come quelle registratesi in occasione del concorso per dirigenti scolastici, pervenuto alla fine dell’iter e le cui nomine dei vincitori sono state bloccate dal Consiglio di Stato. (4-17496)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 6 luglio del 2012 il Governo ha approvato il decreto-legge n. 95 (GU n. 189 del 14 agosto 2012 – Suppl. Ordinario n. 173) recante «Disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati» convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012;
   tale decreto è stato convertito in legge prima al Senato e poi, lo scorso 8 agosto 2012, con il voto di fiducia, alla Camera dei deputati;
   le misure approvate contengono interventi di riduzione della spesa in vari settori della pubblica amministrazione; tra questi ci sono disposizioni urgenti per l'equilibrio del settore sanitario e misure di governo della spesa farmaceutica;
   tutti i tagli, secondo le intenzioni del Governo (fin dal titolo del provvedimento), non dovrebbero in teoria comportare «varianza dei servizi per i cittadini», anche se le misure adottate per il servizio sanitario, ispirate da una logica prevalentemente economica e basate su tagli di risorse di carattere lineare, rischiano di mettere a repentaglio la sostenibilità dello stesso Servizio sanitario nazionale e l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza;
   la stessa programmazione delle spese sanitarie avviene sulla base di riduzione di risorse che non sono state previamente concordate né con le regioni, né con gli enti locali, mettendo così in discussione un sistema pattizio che finora ha permesso di tenere sotto controllo l'andamento della spesa sanitaria;
   alcune misure, nello specifico, vanno ad incidere non solo sui servizi erogati ma anche sui livelli occupazionali di cooperative sociali di tipo A e di tipo B, comportando disagi tra i lavoratori, molti dei quali soggetti svantaggiati avviati al lavoro dentro un percorso di inclusione sociale;
   alle cooperative sociali di tipo A, impegnate nella gestione di servizi sociosanitari per conto di aziende sanitarie locali, in seguito al provvedimento denominato spending review, stanno pervenendo richieste di riduzione degli importi senza possibilità di rinegoziazione pari al 5 per cento degli appalti, che si traduce inevitabilmente in un grave disagio per i lavoratori dal momento che le cooperative hanno davanti due strade: licenziare un lavoratore ogni cinque oppure praticare un taglio lineare dell'orario di lavoro, e quindi delle stipendio, del 20 per cento, con una misura di solidarietà interna che ancora una volta vede penalizzati i lavoratori;
   alle cooperative sociali di tipo B, che avviano al lavoro soggetti svantaggiati in settori di multiservizio (pulizie, manutenzioni, eccetera), in seguito al provvedimento denominato spending review, stanno pervenendo comunicazioni per la rinegoziazione dei contratti con tagli dei corrispettivi del 20 per cento, che talvolta si sommano al 5 per cento di cui sopra, configurando per i lavoratori una situazione insostenibile; per molti di loro non c’è alternativa al licenziamento e, configurandosi in molti casi rapporti di lavoro flessibile e atipico, in alcune situazioni mancano anche gli ammortizzatori sociali;
   bisogna ricordare che le cooperative sociali sono soggetti d'impresa che si configurano come organizzazioni non lucrative di utilità sociali (Onlus), svolgendo oltre ad un'attività di impresa, anche una funzione sociale; in particolare, le cooperative sociali di tipo B avviano al lavoro soggetti problematici, che hanno trovato nell'occupazione una risorsa non solo economica ma personale, psicologica, motivazionale per uscire da situazioni di svantaggio cronico; in questi casi, la perdita del lavoro si traduce non solo in un problema economico ma in un dramma personale, con il rischio di far scivolare migliaia di persone, di nuovo, verso situazione di marginalità;
   in sede di approvazione, alla Camera dei deputati, del disegno di legge di conversione del decreto-legge denominato «Spending review» è stato accolto un ordine del giorno con la prima firma della sottoscritta che impegnava il Governo a «monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, di escludere espressamente dall'obbligo del ricorso alle procedure d'appalto le associazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) che operano nel campo socio assistenziale e dell'accoglienza agli immigrati nonché nella rinegoziazione dei contratti nel settore sanitario le cooperative di tipo b vista la loro valenza sociale nel rinserimento lavorativo delle persone svantaggiate –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se non ritenga grave che la logica del taglio lineare nei servizi socio assistenziali si traduca in tagli all'erogazione di servizi all'utenza, se non consideri grave che i tagli alle risorse, con la rinegoziazione dei contratti, si traducano in tagli occupazionali alle cooperative sociali; se non ritenga, infine, di intervenire rapidamente per sanare tali questioni che rischiano di acuire, sul fronte del lavoro e del welfare, gli effetti di una crisi che sta già seminando povertà e disagio nel Paese. (5-07753)


   BELLANOVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da diverse settimane i lavoratori dell'azienda Omfesa di Trepuzzi sono in stato di agitazione poiché da circa quattro mesi non ricevono lo stipendio. I lavoratori hanno più volte manifestato il loro disagio economico-occupazionale fino ad arrivare in data odierna, dopo vari presidi, ad occupare i binari della stazione di Trepuzzi;
   l'azienda Officine meccaniche e ferroviarie del Salento S.r.l, con sede a Trepuzzi, da anni opera nei settori della costruzione e riparazione di materiale notabile ferroviario pubblico e privato. La principale commessa di questa azienda arriva dalla società Trenitalia;
   nel corso di questi mesi diversi tavoli istituzionali territoriali sono stati convocati per tentare di addivenire ad una soluzione proficua per queste persone, ai quali, peraltro, l'azienda ha sempre dichiarato e lamentato una forte crisi di liquidità;
   dagli organi di stampa emerge l'ipotesi che i ritardi dovuti nel pagamento degli emolumenti ai lavoratori interessati siano principalmente il frutto del blocco o ritardo del pagamento delle fatture da parte della società Trenitalia;
   questa grave situazione coinvolge più di settanta lavoratori e le relative famiglie che da mesi soffrono una condizione molto delicata che purtroppo si aggiunge ad un periodo di forte crisi economica ed occupazionale che il territorio meridionale, purtroppo, si trova a vivere –:
   se ai Ministri interrogati risulti quanto sopra esposto in merito ad un eventuale blocco delle fatture da parte di Trenitalia e quali iniziative, qualora rispondesse al vero questa notizia, intendano assumere, affinché Trenitalia proceda con lo sblocco del pagamento delle fatture e possano così essere corrisposte le quattro mensilità arretrate ai lavoratori.
(5-07755)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la prolungata assenza di piogge di quest'estate, ha provocato per l'agricoltura nazionale una serie di pesanti e negative ripercussioni per un comparto, che da anni, è afflitto da una sequenza di fattori sfavorevoli, sia congiunturali che strutturali, che blocca ogni tentativo di ripresa;
   in Toscana in particolare, la siccità nei mesi estivi ha causato un calo di produzione in media del 30 per cento determinando un considerevole aumento dei costi per le aziende agricole, che hanno effettuato ogni tentativo per salvaguardare le produzioni;
   la richiesta dello stato di calamità da parte delle imprese toscane, come evidenziato in diverse occasioni dalle associazioni di categoria, nei confronti del Ministro interrogato, per l'attivazione di misure adeguate e le relative risorse al fine di fronteggiare l'ulteriore situazione di criticità, nei riguardi della filiera agricola, a giudizio dell'interrogante, appare condivisibile e indifferibile, in considerazione degli ingenti danni che la persistente assenza di piogge ha provocato per numerosi prodotti agricoli quali: il pomodoro da industria, in cui si registra un calo di produzione di circa il 25-30 per cento rispetto ai quantitativi attesi e le perdite di prodotto non conferito alle industrie a causa della qualità scadente;
   per gli ortofrutticoli le perdite oscillano dal 20 per cento all'80 per cento, a seconda delle specie coltivate e per altre produzioni cerealicole, come il girasole, si rileva una perdita di produzione stimabile dal 60 per cento all'80 per cento;
   la vendemmia in corso, la cui qualità delle uve da vino rappresenta una punta di eccellenza a livello mondiale del panorama vitivinicolo nazionale, riscontra una perdita di prodotto dal 20 per cento al 30 per cento con l'aggravante dei requisiti qualitativi delle uve che, a giudizio degli operatori del settore toscani, daranno luogo ad un vino con tassi alcometrici eccessivi;
   per l'olivicoltura inoltre, che costituisce un ulteriore settore dell'agricoltura toscana e nazionale di qualità pregiata, è prevista una perdita di produzione fino al 50 per cento, a causa della caduta delle olive;
   per molte aree della regione, la mancanza di foraggio fresco di stagione, che ha causato diminuzione per la produzione di latte ovino e bovino, unitamente alle perdite di prodotto anche nel florovivaismo, che hanno determinato ulteriori aumenti dei costi per gli allevatori, confermano una situazione per l'agricoltura toscana oggettivamente molto difficile –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere, in considerazione delle condizioni di evidente criticità in cui si trovano le imprese agricole della Toscana a causa della siccità che ha provocato gravi danni economici e produttivi all'intera filiera;
   se non intenda, infine, riconoscere in tempi rapidi, lo stato di calamità naturale per le aree del Paese ed in particolare della Toscana, al fine di attivare le procedure previste in favore delle imprese agricole che oltre che alla siccità, stanno affrontando una delle crisi economiche e finanziarie più difficili degli ultimi decenni. (4-17478)


   CONTENTO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   la stagione estiva che si sta chiudendo ha registrato una gravissima carenza idrica in quasi tutte le regioni italiane (e ciò anche a causa dell'inverno particolarmente siccitoso che l'ha preceduta);
   risulta allo scrivente che varie regioni stiano studiando piani di intervento strutturali che vanno dalla riorganizzazione degli impianti di irrigazione al potenziamento delle falde mediante immissione di acque superficiali fino al mutamento delle colture più tradizionali;
   secondo le associazioni degli agricoltori la questione va, però, affrontata in modo sinergico e coordinato per evitare che alcuni progetti diventino economicamente insostenibili e determinino così un abbandono delle terre coltivate e degli allevamenti;
   il pericolo è quello di una contrazione nella produzione complessiva, con ovvie ripercussioni sui prezzi delle derrate e sugli approvvigionamenti;
   palese anche il rischio che si formino gap reddituali e produttivi tra le varie zone a seconda del numero e della tipologia dei programmi avviati in loco:
   l'intero comparto agricolo risulta già esposto a rischi diversi, quali il calo dei consumi interni, la concorrenza straniera e, per l'appunto, i cambiamenti climatici –:
   se intendano disporre una serie di interventi volti a coordinare a livello nazionale i singoli programmi regionali e locali che mirano a limitare i danni da siccità, prevedendo, se del caso, un congruo interessamento delle istituzioni europee per l'evidente importanza strategica della problematica qui evocata. (4-17486)


   BARBATO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 17 agosto 2012 fonti stampa locali in Sicilia e nazionali comunicavano che, a seguito di analisi di laboratorio di alcuni campioni di latte prelevati in allevamenti nella zona agricola di Palermo, gli stessi riportassero tracce consistenti di diossina, ciò a seguito del rogo alla discarica di Bellolampo;
   in Campania, da mesi, giornalmente, si consumano (i più dolosamente) roghi ad eco balle, discariche e cumuli di rifiuti in diversi punti e taluni che bruciano per giorni –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione alla situazione ambientale nel comprensorio che da Casoria, Acerra fino a Terzigno, Nola e sant'Antonio Abate, ed in particolare presso allevamenti e terreni agricoli anche al fine di ricavare informazioni cliniche inconfutabili sulla presenza di sostanze inquinanti in generi alimentari primari come il latte, verdure, carni ed acqua delle falde acquifere locali laddove gli stessi possano essere stati viziati nella loro genuinità dalle sostanze cancerogene e tossiche solitamente sprigionate dalla combustione di materiali plastico-ferrosi;
   se non ritengano di affidare un'analisi all'Istituto superiore di sanità nonché effettuare stringenti controlli nell'area attraverso il comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. (4-17500)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIO PEPE (PD). — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   la semplificazione amministrativa procede sempre più con concreta attuazione in coerenza con le finalità del risparmio e del riequilibrio socio economico degli enti pubblici senza un chiaro e oggettivo screening sui costi veri della pubblica amministrazione;
   occorre affrontare con serietà istituzionale e con opportune modifiche in procedendo i tempi e le modalità di attuazione delle circoscrizioni provinciali la cui eliminazione rischia di impoverire fortemente lo status e il processo della democrazia –:
   in che modo, con quali atti e con quali procedure nel rispetto delle intese istituzionali (Stato, regioni – enti locali) il Ministro sull’input del riordino delle varie regioni intenda procedere alla riscrittura delle circoscrizioni provinciali evitando di abbandonare le comunità locali, in assenza delle province, alla marginalità e all'anarchia amministrativa. (5-07749)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARINELLO. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 maggio 2008, n. 126 – sono state definite le modalità e i criteri per il trasferimento, dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale, di tutte le funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e dei beni, strumentali, afferenti alla sanità penitenziaria;
   con il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si è inteso dare completa attuazione al riordino della medicina penitenziaria, così come previsto dal decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, il quale all'articolo 1 stabilisce – tra l'altro – che i detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, previste nei livelli essenziali e uniformi di assistenza, garantendo in tal modo;
   in particolare, a decorrere dal 14 giugno 2008 – data dell'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 – sono trasferite, ai sensi dell'articolo 2 del citato provvedimento, al Servizio sanitario nazionale tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia e le regioni assicurano l'espletamento delle funzioni trasferite attraverso le aziende sanitarie locali comprese nel proprio territorio e nel cui ambito di competenza sono ubicati gli istituti e servizi penitenziari e i servizi minorili di riferimento;
   analoga previsione l'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 dispone, altresì, che analogamente a quanto previsto per le regioni a statuto ordinario, siano trasferite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano – con le modalità previste dai rispettivi statuti e dalle correlate norme di attuazione – le funzioni, i compiti, le risorse umane, finanziarie e organizzative in materia di sanità penitenziaria;
   a quattro anni di distanza dall'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, la regione Sicilia è – ad oggi – l'unica regione a statuto speciale che non ha ancora recepito il citato provvedimento, così come già evidenziato anche dal Ministro della salute Fazio;
   analogo rilievo è stato esposto anche dal garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e per il loro inserimento sociale della regione Sicilia, senatore Salvo Fleres, il quale è più volte intervenuto sulla materia (anche a livello nazionale, con la presentazione in Senato dell'interrogazione a risposta scritta n. 4-03563, pubblicata il 2 agosto 2010), sollecitando l'assessore regionale alla sanità Massimo Russo all'applicazione della normativa vigente;
   ai richiami ricevuti da più parti l'assessore alla sanità ha risposto subordinando il recepimento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 alle determinazioni assunte dalla commissione paritetica – istituita nel 2010 ai sensi dell'articolo 43 dello statuto della regione Siciliana e deputata a gestire il transito della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale – la cui rarefatta attività non ha prodotto alcun risultato, al punto che lo stesso garante dei detenuti è stato costretto a ritirare il suo rappresentante in segno di protesta;
   contrariamente a quanto previsto dall'articolo 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, ai sensi del quale per l'esercizio delle funzioni afferenti la sanità penitenziaria sono trasferite al servizio sanitario nazionale risorse quantificate complessivamente in 157,8 milioni per l'anno 2008, in 162,8 milioni di euro per l'anno 2009 e in 167,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, secondo l'assessore Russo la regione Sicilia sarebbe impossibilitata ad ottemperare all'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato per mancanza di fondi;
   il ritardo accumulato dalla regione Sicilia nell'attuazione del transito al servizio sanitario nazionale della sanità penitenziaria a causa dell'incomprensibile comportamento politico amministrativo tenuto dall'assessore Russo e la situazione di incertezza che ne deriva, aggrava ulteriormente la già critica situazione delle carceri siciliane nelle quali – come ampiamente denunciato non solo dal garante dei detenuti, ma anche dallo stesso personale medico penitenziario attraverso esposti alla magistratura – l'impossibilità di utilizzare tutte le figure professionale presenti nelle aziende sanitarie provinciali – in particolare psichiatri e psicologi, essenziali per prevenire gesti autolesionistici e anticonservativi – penalizza gravemente i detenuti e danneggia sotto il profilo professionale gli stessi medici penitenziari;
   per quanto riguarda questi ultimi, l'assessore Russo ha disposto che – a partire dal 2011 – tutti i responsabili sanitari di un istituto penitenziario, e quindi con funzioni di dirigente sanitario, confluiscano in un ruolo ad esaurimento senza poter essere sostituiti da figure equivalenti: una volta, dunque, andato in pensione il responsabile medico del carcere il suo posto è destinato a rimanere vacante –:
   quali tempestive iniziative – nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle prerogative attribuite alle regioni in materia sanitaria dalla normativa vigente – intenda prendere per ripristinare anche nelle carceri siciliane la certezza della normativa vigente in materia di sanità penitenziaria attualmente sospesa a causa del mancato recepimento da parte della regione Sicilia del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, garantendo – altresì – il concreto godimento da parte dei detenuti e degli internati negli istituti di pena della regione del diritto all'uguaglianza di trattamento in materia sanitaria rispetto agli individui liberi e di quello della tutela della salute costituzionalmente sanciti, nonché il rispetto della professionalità del personale medico e paramedico che opera all'interno dei penitenziari stessi. (4-17473)


   SBAI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sono ormai all'ordine del giorno nel nostro Paese episodi di cronaca riguardanti violenze e percosse in strutture protette;
   violenze documentate da servizi televisivi e da articoli di giornale, nonché da speciali tv come quello denominato Sirene su Raitre, che nella puntata del 2 settembre 2012 ha descritto con video i fatti accaduti a Sassari;
   il caso di Sassari, dove venivano perpetrate violenze e soprusi agli anziani malati di Parkinson è un esempio lampante;
   i casi degli asili nido in cui i bambini vengono picchiati o umiliati fanno da cornice inquietante a questo quadro;
   i casi di Pistoia e di Cirò Marina testimoniano fedelmente queste circostanze;
   la mancata sorveglianza di queste strutture fa si che al loro interno possano accadere episodi di violenza inenarrabili;
   un adeguato sistema di telesorveglianza obbligatoria farebbe sì che all'interno vengano rispettati i canoni di comportamento e di tutela dei soggetti ivi soggiornanti;
   istituti e altri enti sono forniti di sorveglianza con telecamere collegate con la questura –:
   come il Governo intenda procedere in relazione a questa vicenda;
   se il Governo intenda assumere iniziative per rendere obbligatorie video e telesorveglianza in queste strutture al fine di evitare il ripetersi di tali episodi, subordinando il riconoscimento di qualsiasi contributo economico da parte di strutture pubbliche. (4-17476)


   SBAI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Parkinson è una patologia neurodegenerativa che oggi colpisce circa il 200 mila ammalati;
   il decorso della malattia è lento e in media i pazienti possono vivere molto dopo la diagnosi, ma in condizioni che peggiorano progressivamente;
   di solito le famiglie dei malati di Parkinson non hanno a disposizione fondi elevatissimi e quindi stentano nella cura e nella tutela del parente colpito dalla malattia;
   persiste, ormai da tempo immemore, carenza di centri diurni sia riabilitativi che di sollievo;
   persiste la carenza di sedi di accoglienza per periodi medio-brevi;
   persiste la carenza di residenze protette per ricoveri definitivi;
   le famiglie, che non possono assumere personale di sostegno e di assistenza, debbono necessariamente rimanere in casa, con gravi problemi lavorativi;
   la cosiddetta spending review sta per razionalizzare le strutture ospedaliere e i centri di cura in tutto il Paese, diminuendo sensibilmente il numero di posti letto disponibili;
   le famiglie, spesso isolate e disorientate, non possono essere abbandonate ancora a lungo dalle istituzioni;
   potrebbe risultare utilissimo sia alle famiglie sia all'economia del Paese riconvertire alcune delle strutture «tagliate» in centri diurni o di accoglienza medio-brevi;
   la formula adatta allo start-up potrebbe essere una sorta di project-financing, con strutture che poi vivrebbero del proprio lavoro e dei piccoli contributi degli utenti;
   sarebbe anche un ottimo incentivo in termini di occupazione per professionisti dell'infermieristica e dell'assistenza –:
   come il Governo intenda procedere in relazione a questa problematica;
   come intenda il Governo agire per favorire iniziative di supporto per le famiglie dei malati di Parkinson, anche valutando, per quanto di competenza, la possibilità di promuovere iniziative nel senso di quanto indicato in premessa. (4-17481)


   CORSARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'AIFA, con determinazione dell'8 aprile 2011, entrata in vigore il 15 aprile 2011, ha definito un elenco dei nuovi prezzi di riferimento ridotti, calcolati sulla base del confronto europeo, come previsto dalla disposizione di cui al comma 9 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
   la disposizione recata dall'articolo 11, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010 oltre a dare incarico all'AIFA di stabilire nuove prezzi massimi di rimborso, idonei a realizzare il risparmio previsto, ha modificato di fatto il sistema del prezzo di riferimento stabilito dall'articolo 7 della legge n. 405 del 2001, poiché il prezzo di riferimento non è più agganciato con il prezzo al pubblico più basso di un medicinale equivalente effettivamente disponibile, ma diventa quello stabilito dall'AIFA come risultate dell'applicazione di una metodologia di confronto dei prezzi della lista di riferimento con i prezzi dei farmaci a brevetto scaduto di altri Paesi europei, come sancito dall'articolo 1, comma 3, della determinazione AIFA 8 aprile 2011;
   si è così creata la possibilità che il cittadino sia comunque obbligato a pagare una quota anche scegliendo di assumere il farmaco a prezzo più basso esistente in commercio, venendo meno l'applicabilità della clausola di salvaguardia a favore del cittadino, che resta operante quando non è disponibile in commercio il farmaco al prezzo di riferimento, ma non nei casi in cui non esiste alcun farmaco avente prezzo pari a quello di riferimento;
   tale metodo è stato adottato nella convinzione che le aziende nel tempo adeguassero i prezzi dei farmaci a quelli di riferimento ma, ormai a distanza di più di un anno dall'entrata in vigore di tale determinazione, per diversi farmaci appartenenti alle liste di riferimento restano assenti in commercio confezioni con prezzo pari a quello di riferimento come stabilito dall'AIFA;
   in tal modo si sono create vere e proprie situazioni di scarsa trasparenza e di disagio per gli assistiti, ai quali viene continuamente trasmesso il messaggio di contribuire a forme razionali di risparmio optando per il farmaco equivalente, ma poi sono costretti a pagare per questi farmaci quote per differenze sul prezzo di riferimento anche rilevanti;
   questa circostanza si contrappone agli obiettivi di governo della spesa che puntano allo sviluppo dei farmaci generici come forma di risparmio;
   si possono citare diversi casi di tal fattispecie come:
    a) il principio attivo mesalazina in confezione supposte da un grammo, utilizzata per la colite ulcerosa e il morbo di Crohn, disponibile solo nei medicinali Asacol e Pentasa con una quota a carico del cittadino di ben 19,85;
    b) il principio attivo carbamazepina in varie confezioni e dosaggi utilizzata come antiepilettico, disponibile solo nel medicinale Tegretol con quote a carico del cittadino che vanno da 0,54 a 1,96 euro;
    c) il principio attivo ciproterone utilizzato nel carcinoma prostatico e nelle deviazioni sessuali, disponibile solo come specialità medicinale Androcur che per le confezioni in compresse da 50 milligrammi comporta il pagamento di 4,12 euro e per le confezioni in compresse da 100 milligrammi 8,73 euro;
    d) il principio attivo megestrolo, utile nel carcinoma della mammella e dell'endometrio, disponibile solo come Megace con quota a carico del cittadino pari a 6,10 euro;
    e) il principio attivo ondansetron utilizzato nel vomito da chemioterapia antiblastica, presente in commercio in compresse solo nel medicinale Zofran per cui si paga 2,40 euro per le compresse da 4 milligrammi 3,89 euro per le compresse da 8 milligrammi –:
   se sia al corrente dell'esistenza delle fattispecie indicate in premessa;
   come intenda intervenire per riportare a giusta equità il trattamento che il SSN fornisce ai cittadini bisognosi di cure farmaceutiche;
   quali provvedimenti intenda adottare perché, in via transitoria, sia riconosciuto il diritto ad ottenere il prodotto commerciale in tutti i casi in cui non esista in commercio farmaco generico equivalente. (4-17485)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIO PEPE (PD). — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione del Mezzogiorno d'Italia, pur essendo stata richiamata come base strategica negli interventi già approvati, continua ad essere precaria, a fronte delle risorse sempre più inadeguate per lo sviluppo, a fronte della mancanza iniziative imprenditoriali, a fronte di uno stato occupazionale sempre più preoccupante ai fini del lavoro per le nuove generazioni;
   è allo studio del Governo, come è stato evidenziato dai mezzi di comunicazione sociale, un programma per la crescita del paese e del sud in particolare pur non avendo il programma avuto un assetto normativo e un indirizzo ben definito –:
   quali iniziative reali, concrete, efficaci, d'intesa con le istituzioni regionali, il Ministro intenda assumere per dare una svolta alle politiche di investimento per il sud e per affrontare con risorse ben codificate e definite le problematiche essenziali del Mezzogiorno per alimentare la crescita, per sollecitare la rinascita delle comunità del meridione, per dare concreti segnali sul piano del lavoro e dell'occupazione. (5-07750)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Boccia e altri n. 2-01637, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 agosto 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Benamati.

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Montagnoli n. 1-01078 del 14 giugno 2012;
   mozione Braga n. 1-01121 del 5 settembre 2012.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Cicchitto n. 3-02453 del 5 settembre 2012.

Ritiro di firme da una mozione.

  Mozione Del Tenno e altri n. 1-01120, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 agosto 2012: sono state ritirate le firme dei deputati: Polledri, Fugatti.