XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 20 dicembre 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
in questa fase congiunturale, la sopravvivenza e lo sviluppo del sistema industriale dipende dal supporto del sistema creditizio, in termini di finanziamento sia della gestione corrente, sia degli investimenti;
la questione della patrimonializzazione delle banche ha subito una brusca accelerazione dopo il Consiglio europeo del 26 ottobre 2011, nel quale i Governi dell'Unione europea hanno concordato sulla necessità di elevare l'indice di «Core Tier 1» al 9 per cento per tenere conto del possibile rischio di insolvenza del debito sovrano di alcuni Paesi dell'Unione europea;
per determinare l'ammontare dei maggiori requisiti patrimoniali è stato svolto dall'European Banking Authority (EBA) un apposito esercizio da cui è emerso un fabbisogno aggiuntivo di capitale per le banche italiane inizialmente stimato in 14,7 miliardi di euro e confermato, in via definitiva, l'8 dicembre 2011 in 15,4 miliardi. Tale fabbisogno tiene conto della valutazione di mercato delle esposizioni di debito sovrano;
l'obiettivo di capitale in termini quantitativi dovrà essere raggiunto entro il 30 giugno 2012, in base a piani concordati con le autorità di vigilanza nazionali e coordinati dalla stessa Autorità bancaria europea;
l'esercizio dell'Autorità bancaria europea è stato definito da autorevoli commentatori e dalle associazioni di imprese e dei consumatori errato nell'approccio metodologico, nei contenuti e nella tempistica di attuazione. Infatti, il mercato, lungi dall'essere rassicurato, ha reagito negativamente all'annuncio dell'esercizio in questione. L'aver proposto un aumento della capitalizzazione delle banche, motivandolo in base alla necessità di valutare a prezzi di mercato i titoli di Stato, si è dimostrato dannoso perché questa decisione è stata presa dagli investitori internazionali come una conferma della concreta possibilità che alcuni Paesi dell'area euro possano effettivamente fallire. Ne è derivata una maggiore difficoltà di collocamento da parte degli Stati membri, in particolare quelli che già stavano sperimentando condizioni di stress sul mercato, come Italia e Spagna;
le banche italiane adottano un modello di business bancario tradizionale e, pertanto, presentano una struttura di bilancio meno rischiosa rispetto ai concorrenti europei e sono penalizzate dalla notevole quantità di titoli di Stato che detengono in portafoglio, in un momento in cui il debito sovrano italiano è sottoposto ad evidenti pressioni speculative e soggetto a grande deprezzamento, con la conseguenza di dover aumentare il capitale aggiuntivo necessario per rispettare i nuovi limiti europei;
i tempi previsti per procedere alle ricapitalizzazioni sono eccessivamente ristretti e non tengono conto delle eccezionali condizioni di avversione al rischio che dominano i mercati finanziari e che rendono altamente problematico il collocamento di titoli per gli aumenti di capitale. Il rispetto dei nuovi livelli di capitale di vigilanza, in tempi così limitati, determinerà una drammatica riduzione degli attivi ponderati per il rischio e, dunque, del credito erogato all'economia. In proposito, giova ricordare che l'adeguamento ai nuovi livelli di capitale previsti dalle regole di «Basilea 3» era diluito nel tempo fino al 2019 proprio per ridurre gli impatti sull'economia reale;
le banche italiane avevano comunque avviato, nel corso del 2011, importanti operazioni di ricapitalizzazione per adeguarsi ai nuovi coefficienti patrimoniali previsti da «Basilea 3» anche prima dei termini previsti;

rischia di essere ridotta l'efficacia sia delle misure varate dalla Commissione europea in materia di garanzie statali a favore delle passività emesse dalle banche europee, sia delle decisioni della Banca centrale europea relative all'allungamento dell'orizzonte temporale delle operazioni di rifinanziamento e all'ampliamento degli strumenti utilizzabili a garanzia delle stesse. Infatti, alla luce delle regole utilizzate per eseguire l'esercizio dell'Autorità bancaria europea, non solo l'incremento ma anche il semplice mantenimento degli attuali livelli di investimento in titoli di Stato da parte delle banche appare non realizzabile. Tale scelta, infatti, a fronte del permanere di condizioni di elevata volatilità dei mercati, esporrebbe le banche al rischio di continue svalutazioni con conseguente richiesta, da parte delle autorità di vigilanza, di ulteriori rafforzamenti patrimoniali. A ciò si deve aggiungere come la decisione dell'Autorità bancaria europea abbia determinato, in capo ad analisti e società di rating, valutazioni negative in ordine all'esposizione delle banche al debito pubblico italiano,


impegna il Governo:


ad adottare tutte le misure necessarie a prevenire la possibile contrazione del credito verso le imprese e le famiglie, causata dall'implementazione della raccomandazione dell'Autorità bancaria europea, in modo da garantire adeguate risorse finanziarie al sistema industriale italiano in questa particolare fase di crisi;
a sollecitare, in sede europea, la rideterminazione della quantità dell'ulteriore capitale, alla luce degli effetti prodotti sulle quotazioni dei titoli di Stato dalle misure adottate dall'ultimo Consiglio europeo in merito agli interventi dello European financial stability facility e, in futuro, dello European stability mechanism;
a promuovere, in ogni caso, il differimento dell'attuazione dell'esercizio dell'Autorità bancaria europea, tenuto conto del peggioramento delle prospettive di crescita dell'economia e del fatto che i rischi di recessione si fanno sempre più concreti, come evidenziato da tutti i principali centri di ricerca.
(1-00785)
«Fluvi, Vaccaro, Marchignoli, Boccia, Albini, Carella, Causi, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Verini».

La Camera,
premesso che:
i cinque gruppi bancari italiani (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco popolare e Ubi Banca), che hanno partecipato allo stress test europeo 2011 condotto dall'Eba, hanno superato con ampio margine il valore di riferimento del 5 per cento stabilito come riferimento per valutare la necessità di eventuali interventi di ricapitalizzazione;
tuttavia, nel corso della seduta del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011, i Capi di Stato dei Paesi membri hanno concordato alcune misure volte a consolidare la patrimonializzazione delle banche, al fine di rafforzarne la capacità di assorbire l'impatto di un forte deterioramento delle attuali condizioni macroeconomiche e di mercato;
per determinare l'ammontare dei maggiori requisiti patrimoniali è stato utilizzato un apposito esercizio dell'Eba, da cui è emerso un fabbisogno aggiuntivo di capitale per le banche italiane per circa 15,4 miliardi di euro;
l'Eba ha, quindi, emanato una raccomandazione in cui chiede alle più grandi banche europee di aumentare la propria capitalizzazione, al fine di rafforzare la fiducia dei mercati nella capacità degli istituti di credito di fronteggiare gli shock provenienti dal fronte dei debiti sovrani;
tutte le banche, italiane ed europee dovranno sottoporre alle autorità nazionali entro il 20 gennaio 2012 i piani di

azione che intendono attuare per raggiungere l'obiettivo indicato entro il mese di giugno 2012;
per adeguare il «Core Tier 1» al livello del 9 per cento entro giugno 2012, secondo l'Eba, UniCredit ha bisogno di 7,974 miliardi di euro, Monte dei Paschi di Siena di 3,267 miliardi, Banco popolare di 2,731 miliardi e Ubi Banca di 1,393 miliardi, mentre Intesa Sanpaolo non ha esigenze di capitale aggiuntivo;
i 5 principali istituti italiani dovranno, quindi, recuperare 15,4 miliardi di euro, con uno sforzo che rischia di tradursi in un taglio pressoché immediato dei finanziamenti all'economia reale stimato in 30 miliardi di euro, pari circa al 2 per cento rispetto agli impieghi complessivi del 2010;
da più parti si paventa un deleveraging, con una riduzione dell'ammontare di prestiti che le cinque principali banche italiane (insieme rappresentano il 62 per cento dell'attivo complessivo del sistema bancario nazionale) concederanno a imprese e famiglie;
le richieste dell'Eba si aggiungono ad uno scenario sempre più penalizzante sui tassi di interesse (che riduce il margine di intermediazione delle banche) e sul maggior costo della raccolta (che impatta sul margine di interesse);
l'Associazione bancaria italiana ha ribadito la sua «valutazione negativa sull'esercizio condotto dall'Eba» sul fabbisogno di capitale delle banche, in quanto viziato da una non omogenea applicazione dei criteri di determinazione delle attività ponderate per il rischio tra le differenti giurisdizioni europee, sostenendo che «nel presentare i risultati degli stress test la stessa Eba ha dovuto rendere evidente che le autorità nazionali adottano diverse modalità di calcolo dei cosiddetti floors in caso di utilizzo da parte della banca di modelli di rating interni (Irb e Ama) e ha dovuto procedere ad indicare per ciascuna banca quale opzione di calcolo dei floor fosse stata adottata»;
sempre secondo l'Associazione bancaria italiana, «queste differenze possono far emergere deficit patrimoniali che non riflettono una reale esposizione al rischio, costringendo però le banche ad effettuare delle ricapitalizzazioni non necessarie con rilevanti conseguenze negative»;
l'adozione del criterio del mark to market per i titoli di Stato, in assenza di qualsivoglia segnale in ordine alla solvibilità degli emittenti, ha causato un'anomala volatilità sul mercato di detti titoli;
le proteste dell'Associazione bancaria italiana sono condivise dal Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, particolarmente preoccupato per i rischi di prociclicità insiti in queste misure, secondo cui l'intervento Eba «è malpensato, malgestito, temporalmente sbagliato e poco saggio»;
il 14 dicembre 2011 il comitato esecutivo dell'Associazione bancaria italiana ha valutato un'azione di mediazione, attraverso la Banca d'Italia, presso l'Eba, finalizzata a rivedere i criteri di determinazione delle necessità di ricapitalizzazione in funzione delle differenze fra Paesi e a far slittare i termini entro cui adeguare il «Core Tier 1» al 9 per cento;
oltre a quelli spagnoli, anche gli istituti di credito tedeschi, usciti relativamente penalizzati dalla revisione delle richieste di ricapitalizzazione operate dall'Eba la scorsa settimana, potrebbero convergere su tale richiesta;
secondo il Governatore della Banca d'Italia, inoltre, l'aumento di capitale richiesto in questa fase alle banche comporta un rischio d'impiego: «sotto la pressione del mercato c'è un'accelerazione del processo di «Basilea 3», perché l'investimento in titoli di Stato è considerato non più tanto sicuro. È una dura realtà, ma bisogna farli riconsiderare buoni. Se tutto ciò che si è deciso in Europa funzionerà, il corso dei titoli sotto attacco può solo risalire»;

invece di rischiare di gravare gli istituti di credito di maggiori oneri di capitalizzazione, sarebbe necessario eliminare tutti i cosiddetti titoli tossici a cui il mercato guarda nel giudicare l'affidabilità di una banca;
i coefficienti di capitale hanno natura anticiclica, per cui è uno strumento che non va utilizzato per contrastare la congiuntura economica, e soprattutto non vanno modificati in senso restrittivo durante una fase recessiva;
l'Unione europea ha finora eluso il problema dei debiti sovrani, preferendo sviare l'attenzione sulla tematica dei bilanci bancari, che ne è solo il riflesso;
vi è fondato il rischio che le banche italiane riducano l'esposizione (considerata pericolosa), e quindi gli acquisti, di titoli pubblici del Ministero dell'economia e delle finanze per rientrare nelle indicazioni fornite dall'Eba,


impegna il Governo:


al fine di ridurre i rischi per l'economia italiana e per il regolare finanziamento del debito pubblico italiano, a sostenere presso le sedi europee:
a) l'opportunità di un differimento dei termini di attuazione delle misure di ricapitalizzazione indicate dall'Eba;
b) la necessità di prevedere un diverso livello di «Core Tier 1» per le banche domestiche a vocazione retail, in quanto il target del 9 per cento fissato dall'Eba non appare adeguato per quegli istituti di credito che svolgono quasi esclusivamente attività di credito a servizio delle famiglie e delle imprese.
(1-00786)
«Ciccanti, Lo Presti, Galletti, Della Vedova, Occhiuto, Consolo, Calgaro, Moroni, Cera, Compagnon, Naro, Volontè».

La Camera,
premesso che:
l'accordo sui requisiti minimi di capitale firmato a Basilea, meglio noto come «Basilea 2», è un accordo internazionale di vigilanza prudenziale riguardante i requisiti patrimoniali delle banche. In base a esso, le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto, valutato attraverso lo strumento del rating. Sono state poi adottate nuove regole per la gestione delle attività a rischio del sistema bancario, note come «Basilea 3»; queste nuove regole dovranno integrare o sostituire sia la versione del 1988 («Basilea 1»), sia la versione «Basilea 2» entrata in vigore nel 2008. Le regole di «Basilea 3» si articolano su tre punti: la garanzia di liquidità a breve, la trasformazione delle scadenze e i requisiti di capitale;
la crisi sistemica, iniziata il 7 luglio 2007 con la bolla dei mutui subprime è stata indubbiamente generata anche dall'emissione massiccia di derivati. Per il salvataggio degli istituti di credito dal 2008 ad oggi sono impegnati, a spese degli Stati, più di 6.000 miliardi di dollari. Gli ambienti della finanza internazionale hanno saputo però operare con efficacia per evitare un sistema regolatorio più stringente;
l'Autorità bancaria europea (European Banking Authority - EBA) è un organismo dell'Unione europea con sede a Londra, operativa a partire dal gennaio 2011, data in cui ha sostituito il Comitato delle autorità europee di vigilanza bancaria (Committee of european banking supervisors - Cebs). Obiettivo primario dell'Autorità bancaria europea, dotata di personalità giuridica, è quello di proteggere l'interesse pubblico, contribuendo alla stabilità e all'efficacia del sistema finanziario a beneficio dell'economia dell'Unione europea, dei suoi cittadini e delle sue imprese;
nell'ambito dell'attività di vigilanza sul mercato bancario europeo, l'Autorità bancaria europea svolge principalmente i seguenti compiti:
a) nei casi indicati dal regolamento, elabora proposte di norme di regolamentazione

e di attuazione, per la definizione di standard tecnici comuni, che possono essere trasfusi in regolamenti dell'Unione europea;
b) al fine di garantire l'interpretazione e l'applicazione uniforme della normativa comunitaria, svolge indagini su specifiche questioni, adotta raccomandazioni nei confronti delle autorità nazionali, e, ove necessario, assume decisioni con efficacia diretta nei confronti di singole istituzioni finanziarie dei Paesi membri dell'Unione europea;
gli stress test sui requisiti patrimoniali delle banche europee sono stati condotti dall'Autorità bancaria europea e dalle autorità di vigilanza nazionali degli Stati membri dell'Unione europea, in stretta collaborazione con il Comitato europeo per il rischio sistemico (Esrb), la Banca centrale europea (Bce) e la Commissione europea;
i cinque gruppi bancari italiani che hanno partecipato allo stress test europeo (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Ubi Banca) hanno superato con ampio margine il valore di riferimento del 5 per cento. Le banche coinvolte rappresentavano oltre il 62 per cento del totale dell'attivo del sistema bancario nazionale. L'esercizio ha confermato l'adeguatezza della capitalizzazione delle banche italiane e la capacità di assorbire l'impatto di un forte deterioramento delle attuali condizioni macroeconomiche e di mercato;
applicando le severe condizioni ipotizzate nello stress test, per ognuno dei cinque gruppi il coefficiente relativo al patrimonio di migliore qualità («Core Tier 1 ratio») risulterebbe, alla fine del 2012, ben al di sopra della soglia del 5 per cento, stabilita dalle autorità come riferimento per valutare la necessità di eventuali interventi di ricapitalizzazione. La media ponderata del «Core Tier 1 ratio post-stress» per i cinque intermediari sarebbe del 7,3 per cento. Il risultato tiene conto delle misure di rafforzamento patrimoniale decise entro l'aprile del 2011. Includendo anche ulteriori risorse patrimoniali, tra cui alcuni strumenti non compresi nella definizione di «Core Tier 1», ma caratterizzati da elevata capacità di assorbire le perdite, il coefficiente patrimoniale medio dei cinque gruppi risulterebbe del 7,9 per cento alla fine del 2012;
l'Autorità bancaria europea ha chiesto di aumentare il «Core Tier 1» delle banche entro giugno 2012 al 9 per cento;
per la valutazione del rischio, l'Autorità bancaria europea ha usato il criterio mark to market (analoga metodologia che ha alimentato la bolla pre-Lehman Brothers) ossia l'attribuzione non del valore nominale o cedolare dei titoli ma il prezzo corrente di mercato, che ha messo in moto per i Btp, già in crisi di spread, un meccanismo deleterio per le banche che, qualora volessero evitare la ricapitalizzazione, dovrebbero vendere i titoli, deprezzati del 15-20 per cento del valore nominale, con effetti dirompenti sia sui mercati che sulle fortissime minusvalenze dei conti;
questa decisione dell'Autorità bancaria europea, invece di dimostrare equilibrio ed equità, ha finito per penalizzare il sistema bancario italiano che ha meno titoli tossici e strumenti derivati rispetto alle banche francesi o tedesche;
il sistema creditizio italiano, tra i suoi asset, ha titoli di Stato italiani per 160 miliardi di euro e titoli di Stato degli altri Paesi «Pigs» per 3 miliardi di euro. A fronte di questo, le nostre banche hanno titoli «tossici» (essenzialmente mutui subprime) per una quota pari al 6,8 per cento del patrimonio di vigilanza, contro una media europea del 65,3 per cento. Secondo le nuove norme di valutazione degli asset stabilite dall'Autorità bancaria europea, si è al paradosso: i titoli di Stato in portafoglio vengono considerati «tossici» per le banche italiane, peggio di quanto non lo siano i subprime per le banche straniere;
le banche italiane hanno dovuto subire, di conseguenza, un abbassamento

dei propri indici patrimoniali, mentre gli istituti francesi e tedeschi, peraltro assai più gravati rispetto alle banche italiane dai titoli di Stato greci, hanno potuto, grazie ai criteri sopraesposti, largamente coprire le minusvalenze derivanti dal loro abbassamento di valore. Se si fosse adottato invece un criterio di valutazione basato sul valore di realizzo a scadenza - o quanto meno mediato e temperato con esso - la situazione poteva essere diversa: adesso non sarebbe così stringente l'obbligo per gli istituti di credito primari italiani (Monte dei Paschi di Siena, UniCredit) di dover ricorrere a una forzosa e tutt'altro che facile ricapitalizzazione;
dopo le stime preliminari di fine ottobre 2011, l'Autorità bancaria europea ha analizzato i conti e le consistenze delle prime 71 banche europee e ha innalzato a 114,7 miliardi di euro il fabbisogno di capitale da trovare entro giugno 2012. Si tratta dell'8 per cento in più rispetto alla precedente richiesta, quando era stato introdotto il concetto di «cuscinetto temporaneo» per gli istituti chiedendo loro, a fronte della turbolenza finanziaria in atto, di aumentare il patrimonio «Core Tier 1» al 9 per cento;
secondo i dati ufficiali e definitivi, alle grandi banche tedesche mancano 13,1 miliardi di euro (in crescita dai 4,4 miliardi di euro precedenti), a quelle spagnole 26,2 miliardi di euro (dato stabile), a quelle francesi 7,3 miliardi di euro (in calo da 8,8 miliardi di euro), a quelle italiane 15,36 miliardi di euro, contro 14,77 miliardi di euro di un mese e mezzo fa. Nel dettaglio, l'esigenza di capitale supplementare per UniCredit sale da 7,38 a 7,97 miliardi di euro, per Monte dei Paschi di Siena da 3,09 a 3,26 miliardi di euro, per Banco popolare cala da 2,81 a 2,73 miliardi di euro, per Ubi Banca 1,48 a 1,39 miliardi di euro. Tutti gli istituti hanno tempo fino al 20 gennaio 2012 per presentare i piani di rafforzamento patrimoniale;
secondo il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, «in base ai criteri Eba, le banche devono rafforzare il patrimonio e ricapitalizzare. Per farlo hanno due strade: o vanno sul mercato a cercare soldi, o vendono asset. In entrambi i casi, il sentiero è strettissimo»;
ora anche l'Autorità bancaria europea avverte il rischio di una stretta al credito nel caso in cui le banche dovessero ridurre l'ammontare dei prestiti concessi. «Potremmo avere il problema che le banche diventino troppo avverse al rischio», ha dichiarato il presidente dell'Autorità bancaria europea, Andrea Enria, e questo potrebbe portare ad un «grave credit crunch». L'obiettivo dell'Autorità bancaria europea è far sì che le banche non raggiungano i requisiti di patrimonio richiesti, riducendo la propria attività;
finché l'Autorità bancaria europea, tuttavia, tiene fermo l'obbligo, per le banche, di valutare alle quotazioni correnti tutti i titoli pubblici dei loro portafogli, e non solo quelli disponibili per la vendita, le banche rischiano di avvitarsi in una spirale di svalutazioni e aumenti di capitale. Ma se le banche (e le assicurazioni) italiane non ritirano più la solita quantità di titoli di Stato, l'opera del Governo per ristabilire la fiducia nel debitore Italia può venire vanificata. Non serve, in queste condizioni, fare manovre che penalizzano duramente i cittadini per cercare di ridurre il differenziale dei nostri Btp con i Bund tedeschi, se il compratore principe - il sistema creditizio - tenuto ad una gestione prudente del proprio capitale di riserva, non può comprare titoli del tesoro italiani;
queste circostanze hanno reso ancor più difficile l'accesso al credito per molte piccole e medie imprese. Per esse, in pratica, il canale del credito risulta bloccato;
l'eventualità di una crisi del credito colpirebbe insieme banche e imprese: il rischio-Paese che costringe lo Stato a emettere Btp triennali a tassi vicini al 7-8 per cento ha prosciugato le fonti di finanziamento degli istituti di credito;

i tassi effettivi per prestiti a tre anni (quelli a scadenza più lunga sono di fatto bloccati) costano in media oggi il 7 per cento. Ma è una media: si va dal 2,2-3,9 per cento per le grandissime imprese con merito di credito elevato; le medie imprese pagano tassi da un minimo del 4,16 per cento a un 6,8 per cento massimo; le piccole imprese pagano da un minimo del 6,5 per cento a un massimo del 10,5 per cento. Livelli vicini all'usura. Questi dati sono, in questi giorni, ulteriormente sotto pressione verso l'alto. II conto è talmente salato che molti rinunciano a chiedere prestiti;
ci si può interrogare se in Italia si stia andando verso un credit crunch. Per ora i numeri non lo dicono con certezza, anche se i primi segnali già ci sono. I finanziamenti alle imprese sono sempre a più breve durata, il costo del denaro è sempre più elevato, le banche sono sempre più parche nelle erogazioni;
lo stock di prestiti alle aziende italiane è di circa 900 miliardi di euro. Nel 2012 andranno a scadenza 90-136 miliardi di euro di obbligazioni bancarie, insieme a circa 200 miliardi di euro di titoli di Stato;
nel decreto-legge n. 201 del 2011, in via di approvazione da parte del Parlamento, l'articolo 8, al fine di evitare una restrizione del credito interno (compreso quello tra le banche stesse), e soprattutto di non fare mancare finanziamenti all'economia reale, prevede la concessione di una garanzia da parte dello Stato sulle passività bancarie con scadenza da tre mesi a 5 anni, ovvero 7 anni se emesse dal 1o gennaio 2012, nel caso si tratti di obbligazioni bancarie emesse nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Si punta a sostenere la liquidità del sistema bancario per mezzo di una garanzia pubblica su quelle passività che sono utilizzabili come collaterale nel finanziamento presso l'eurosistema;
il comma 4 dell'articolo 3 del decreto-legge citato incrementa la dotazione del fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese di 400 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014;
il fondo di garanzia guadagna risorse, ma l'accesso al credito resta un problema per le imprese italiane. Le nuove regole sul credito bancario, che saranno valide dal 1o gennaio 2012, infatti, rappresenteranno un rischio reale per le piccole e medie imprese. Il 31 dicembre 2011, infatti, si concluderà il periodo di deroga concesso da «Basilea 2» alle banche italiane per effettuare la segnalazione degli sconfinamenti dopo 180 giorni e, anche in Italia, in linea con quanto già avviene negli altri sistemi bancari europei, la segnalazione dovrà essere attivata dopo 90 giorni. Gli effetti potrebbero essere pesanti sia per le imprese, sia per gli istituti di credito. Per le prime, infatti, lo sconfinamento comporterebbe la segnalazione in centrale dei rischi come past due e, di conseguenza, la possibile revoca delle linee di credito, la richiesta di immediato rientro dell'esposizione e la segnalazione a tutte le banche della presenza di crediti sconfinati con l'effetto, per l'azienda, di essere considerata insolvente dal sistema;
sono serie le conseguenze anche per gli istituti di credito. Dopo 90 giorni questi sarebbero, infatti, costretti a classificare i crediti sconfinati come «crediti deteriorati» con un aggravio dei requisiti patrimoniali, già molto stringenti, che richiederebbero nuovi accantonamenti. Infatti, il tasso di default è uno dei parametri principali che le banche, con «Basilea 2», utilizzano per calcolare i propri requisiti patrimoniali. Facendo una stima, è presumibile che, a fronte di mille euro di requisiti patrimoniali attualmente richiesti, con il passaggio a una definizione di default a 90 giorni, il requisito diventi di 1.155 euro, quindi con un incremento superiore al 15 per cento,


impegna il Governo:


a porre in essere ogni iniziativa di competenza volta a monitorare la fase di transizione, in vista della piena attuazione

degli accordi di «Basilea 2» e «Basilea 3», nonché l'andamento dei tassi di interesse, delle spese e delle commissioni applicate dalle banche alle famiglie ed alle imprese;
a predisporre tutte le iniziative necessarie al fine di evitare la crisi del credito, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, anche subordinando la concessione delle garanzie alle banche da parte dello Stato all'effettiva concessione di linee di credito al sistema produttivo italiano da parte delle banche medesime;
ad intervenire in tutte le sedi europee necessarie per ottenere la revisione del criterio che vede l'attribuzione ai titoli di Stato non del valore nominale o cedolare, ma del loro prezzo corrente di mercato, criterio che penalizza pesantemente gli istituti di credito italiani.
(1-00787)
«Borghesi, Cimadoro, Messina, Barbato, Donadi, Evangelisti, Monai».

La Camera,
premesso che:
l'intera crisi finanziaria dal 2007 al 2010 è costata alle banche di tutto il mondo ben 588 miliardi di euro; questo è quanto emerge dall'analisi svolta da una grande multinazionale di consulenza;
soltanto nel 2010 a livello mondiale sono andati persi ben 164 miliardi di euro, la maggior parte dei quali in Europa, dove le banche hanno perduto 106 miliardi, a fronte degli 80 miliardi di quelle americane;
fino a questo momento, gli aumenti di capitale effettuati, pari a 73 miliardi in Europa a giugno 2011, sono già stati bruciati dalla crisi. L'alternativa sembra pertanto essere limitata ad un ulteriore aumento di capitale da parte delle banche coinvolte o ad una forte riduzione dei finanziamenti per le imprese e le famiglie;
si stima che le banche, per rispettare le regole dettate da «Basilea 3», potrebbero essere costrette a tagliare il credito per un importo pari a 5 mila miliardi di euro;
l'Autorità bancaria europea (Eba) l'8 dicembre 2011 ha diffuso una raccomandazione formale relativa alle operazioni di ricapitalizzazione di cui necessitano le banche;
il documento si rivolge alle autorità di vigilanza nazionali, affinché richiedano alle banche interessate, di consolidare il proprio patrimonio attraverso un «buffer di capitale eccezionale e temporaneo», in modo tale da portare il «Core tier 1» al 9 per cento. Il buffer in questione dovrà essere costituito entro giugno 2012;
i cinque gruppi bancari italiani coinvolti sono: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco popolare e Unione di Banche Italiane e l'ammontare complessivo delle loro ricapitalizzazioni è pari a 15.366 milioni di euro;
le banche interessate entro gennaio 2012 sono tenute a presentare alle autorità di vigilanza nazionali i piani aziendali contenenti le indicazioni necessarie per raggiungere l'obiettivo entro fine giugno 2012;
secondo l'Associazione bancaria italiana le scelte imposte dall'Eba si collocano in un contesto economico-temporale particolarmente difficile e fortemente condizionato da prospettive di crescita vicine allo zero. Inoltre, l'Associazione bancaria italiana ha sottolineato che l'esercizio eseguito dall'Eba sul fabbisogno di capitale delle banche,«appare viziato da una non omogenea applicazione dei criteri di determinazione delle attività ponderate per il rischio tra le differenti giurisdizioni europee»;
le ricapitalizzazioni secondo l'Associazione bancaria italiana avrebbero come unico risultato la netta contrazione del credito erogato all'economia reale;
l'Associazione bancaria italiana, inoltre, contesta le modalità con le quali l'Autorità bancaria europea ha adottato la

raccomandazione, non essendo stata svolta alcuna consultazione preventiva o analisi d'impatto delle norme;
l'inasprimento dei requisiti patrimoniali previsti per le banche italiane, pertanto, rappresenta nell'immediato un ostacolo al superamento della crisi: i dati elaborati dalla Banca d'Italia mettono in evidenza una contrazione del credito bancario al settore privato. Questa riduzione si è tradotta sia nel rallentamento dei prestiti alle famiglie, in particolare del credito al consumo e degli altri prestiti diversi dai mutui, sia nella decelerazione dei finanziamenti alle imprese;
le piccole e medie imprese rappresentano il tessuto principale della realtà industriale italiana; la caratteristica essenziale di tali aziende è data dalla loro stretta dipendenza dal credito bancario, come emerge dal fatto che il debito con le banche incide sulle piccole e medie imprese per circa il 40 cento del totale delle loro passività;
la riduzione del credito per le imprese determina minori finanziamenti, minori investimenti e conseguenti ridotte possibilità di crescita;
con l'applicazione delle regole dettate da «Basilea 3» e le revisioni effettuate dall'Eba, appare di grande importanza che il rapporto tra banche e piccole e medie imprese sia ispirato a criteri di massima trasparenza, in particolare con riferimento alle modalità di determinazione del rating,


impegna il Governo:


a farsi promotore presso le istituzioni europee di una valutazione della congiuntura economica che l'Italia e l'Europa attraversano, al fine di ipotizzare una diversa scadenza per l'attuazione delle ricapitalizzazioni previste dall'Eba;
ad adottare, in sede europea, iniziative volte a prevedere l'opportunità di modificare le modalità di determinazione dei criteri di calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche;
ad introdurre iniziative volte a garantire un'effettiva trasparenza nel rapporto tra le imprese e le banche, sia dal lato della trasmissione di tutte le informazioni aziendali che dal lato della diffusione dei criteri di valutazione utilizzati.
(1-00788)
«Mosella, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Brugger».

La Camera,
premesso che:
secondo i dati dell'Agenzia esecutiva per la rete transeuropea di trasporto, l'Unione europea dei 27 Stati comprende cinque milioni di chilometri di strade asfaltate, di cui 65 mila sono autostrade, 200 mila sono di linee ferroviarie, di cui 110 mila elettrificati e 42 mila di vie navigabili interne;
le infrastrutture dei trasporti sono basilari per l'efficiente funzionamento del mercato interno, per la mobilità di persone e merci, per la coesione economica, sociale e territoriale e per il perseguimento dei fini propri dell'Unione europea;
la maggior parte di queste infrastrutture di trasporto sono state concepite dalle autorità nazionali e, al fine di stabilire un'unica rete multimodale che integri terra, mare e reti di trasporto aereo sul territorio di tutta l'Unione europea, le autorità comunitarie hanno deciso di istituire la rete transeuropea di trasporto, permettendo alle persone e alle merci di circolare rapidamente e facilmente tra gli Stati membri, assicurando i collegamenti internazionali;
la decisione di concepire un'efficiente rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) ha costituito un elemento chiave nella strategia di Lisbona per la competitività e dell'occupazione in Europa e svolgerà un ruolo altrettanto centrale nel raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020;
negli ultimi anni si è registrata una notevole crescita del traffico tra gli Stati

membri e, secondo le previsioni dell'Agenzia esecutiva per la rete transeuropea di trasporto, entro il 2020 tale traffico dovrebbe raddoppiare. Pertanto, sono necessari ulteriori investimenti per completare e modernizzare un'efficiente rete transeuropea;
il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato nel 1996 i primi orientamenti che definivano la politica della rete transeuropea dei trasporti e la programmazione delle infrastrutture;
suddetti orientamenti sono stati rivisti nel 2004, in seguito all'allargamento dell'Unione europea e alla luce delle modifiche dei flussi di traffico;
il 19 ottobre del 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli orientamenti dell'Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti;
ai fini di una maggiore chiarezza, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato nel 2010 la decisione n. 661, che costituisce una rifusione degli orientamenti TEN-T4;
la Commissione europea ha preso atto che le infrastrutture dei trasporti, in quanto tali, presentano un notevole sviluppo all'interno dell'Unione europea ma che, ciononostante, presentano ancora elementi di frammentazione, sia dal punto di vista geografico che tra le diverse modalità di trasporto;
pertanto, la Commissione europea ha ritenuto di presentare nuovi orientamenti che sostituiranno la sopraindicata decisione del 2010 con l'intento di istituire una rete transeuropea dei trasporti «completa ed integrata, estesa a tutti gli Stati membri e a tutte le regioni e in grado di offrire la base per uno sviluppo equilibrato di tutti i modi di trasporto, al fine di agevolarne i rispettivi punti di forza, massimizzando in tal modo il valore aggiunto della rete per l'Europa.»;
il regolamento punta alla realizzazione di uno spazio unico europeo dei trasporti che favorisca la coesione economica e sociale di tutti i Paesi dell'Unione europea, comprese quelle collocate più ai margini;
per conseguire questi risultati, il regolamento stabilisce che il primo settore di azione è la «programmazione concettuale». Secondo la Commissione europea, la rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) potrà essere sviluppata nel modo migliore attraverso un'impostazione a doppio strato, consistente in una rete globale «comprehensive network» e in una rete centrale «core network»;
il nostro Paese sarà interessato dal corridoio Baltico-Adriatico, che collega Helsinki a Ravenna e che prevede le connessioni ferroviarie Vienna-Udine-Venezia-Ravenna e Trieste-Venezia-Ravenna, e dal corridoio Helsinki-La Valletta, che include il tunnel di base del Brennero, i collegamenti ferroviari Fortezza-Verona, Napoli-Reggio Calabria, Napoli-Bari, Messina-Palermo e Palermo-La Valletta;
stando ai tracciati individuati dalla Commissione europea, alcune aree importanti verrebbero escluse dai corridoi e cioè la dorsale adriatica delle regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglia: zone che hanno un rilevo particolare in quanto a potenzialità di crescita e di sviluppo;
si tratta di una soluzione che contrasta fortemente con lo spirito di coesione e di integrazione territoriale, che è alla base della sopracitata proposta di regolamento della Commissione europea, e che rischia di penalizzare ulteriormente zone del Paese, in particolare le regioni meridionali, già provate da una decennale condizione di arretratezza economica;
detta decisione, inoltre, mal si concilia con la prospettiva di adesione all'Unione europea dei Paesi dell'area dei Balcani;
occorre sensibilizzare le istituzioni comunitarie affinché evitino l'esclusione delle aree interne dai collegamenti di alta velocità, come ad esempio l'Irpinia nel caso del tratto Napoli-Bari,


impegna il Governo


ad adoperarsi nelle competenti sedi europee affinché queste possano valutare la possibilità di completare il corridoio Baltico-Adriatico estendendolo a sud verso le regioni meridionali e ad evidenziare, a livello europeo, l'esigenza di non escludere le aree interne del nostro Paese dalle connessioni ferroviarie ad alta velocità, che dovranno scaturire dai corridoi transeuropei previsti.
(1-00789)
«Iannaccone, Belcastro, Porfidia, Brugger».

La Camera,
premesso che:
nel dicembre 2010 il Comitato di Basilea della Banca dei regolamenti internazionali ha concordato una serie di misure volte a fissare livelli più elevati per i coefficienti patrimoniali delle banche e ad introdurre un nuovo schema internazionale per la liquidità (accordo «Basilea 3»);
l'accordo, pur tenendo fermo l'attuale requisito per cui le banche devono detenere un patrimonio di vigilanza totale dell'8 per cento in rapporto alle attività ponderate per il rischio, ne modifica la composizione stabilendo:
a) l'inclusione nel patrimonio di base («Tier 1») soltanto del common equity (composto dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte), in quanto componente di migliore qualità del patrimonio stesso, e di altri strumenti finanziari che rispettino 14 criteri;
b) un innalzamento del requisito minimo relativo al common equity al 4,5 per cento (a fronte del 2 per cento previsto dal precedente accordo «Basilea 2») e del requisito minimo relativo al capitale («Tier 1» al 6 per cento (a fronte dell'attuale 4 per cento);
l'accordo impone, inoltre, alle banche di istituire, come ulteriore tutela contro le perdite, due riserve di capitale (cosiddetti buffer o cuscinetti):
a) una cosiddetta «riserva di conservazione del capitale» pari al 2,5 per cento, costituita da capitale di qualità primaria, identica per tutte le banche nell'Unione europea, al fine di consentire che il capitale rimanga disponibile per sostenere l'operatività corrente della banca nelle fasi di tensione;
b) una «riserva di capitale anticiclica» specifica per ogni banca, al fine di consentire di creare, in tempi di crescita economica, una base finanziaria sufficiente che consenta loro di assorbire le perdite in periodi di crisi;
l'introduzione della riserva di conservazione del capitale determinerà un innalzamento dall'8 per cento al 10,5 per cento del requisito minimo patrimoniale complessivo, indifferenziato per tutti i portafogli;
la Commissione europea ha presentato il 20 luglio 2011 due proposte legislative (COM(2011)452 e COM(2011)453), volte ad adeguare la normativa dell'Unione europea in materia di requisiti di capitale degli istituti di credito all'accordo «Basilea 3»: in base a tali proposte i nuovi requisiti previsti dall'accordo «Basilea 3» sarebbero introdotti gradualmente, in misura del 20 per cento dall'anno 2014, per raggiungere il 100 per cento nel 2018; sarebbe, peraltro, fatta salva la facoltà delle autorità di vigilanza nazionali di introdurre requisiti minimi di capitale più stringenti e la facoltà della Commissione europea di aumentare temporaneamente il livello dei requisiti di capitale, la ponderazione del rischio per alcune esposizioni o imporre requisiti più stringenti, per tutte le esposizioni o per quelle in uno o più settori, regioni o Stati membri, qualora sia necessario per fare fronte a modifiche nell'intensità dei rischi macro e microprudenziali derivanti da sviluppi del mercato;
le proposte legislative sopra richiamate sono da tempo all'attenzione della

Camera dei deputati, in quanto la Commissione finanze ne avviato l'esame, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento;
il recepimento delle misure previste dall'accordo «Basilea 3» nell'ordinamento europeo, tenuto conto dei forti incrementi richiesti nella capitalizzazione delle banche a fronte della situazione di crisi economica e finanziaria, potrebbe determinare una contrazione delle risorse disponibili per l'erogazione del credito al sistema produttivo;
ciò si tradurrà in un ulteriore svantaggio competitivo per il sistema produttivo italiano ed europeo rispetto ad altri partner globali: va infatti considerato che, mentre nell'Unione europea l'accordo «Basilea 2» e il criterio «Basilea 2,5» sono stati integralmente recepiti, negli Stati Uniti è ancora in corso una fase di sperimentazione in cui le banche tenute all'applicazione di tali accordi si conformano ai coefficienti regolamentari ufficiali previsti da «Basilea 1», essendo ancora in corso i lavori per l'attuazione dei metodi di ponderazione del rischio previsti da «Basilea 2»;
è paradossale che, a fronte dell'obiettivo, più volte ribadito dalle istituzioni dell'Unione europea, di favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, soprattutto nell'attuale fase di crisi, i nuovi requisiti patrimoniali si applichino in modo indifferenziato a tutti i portafogli di credito, inclusi i prestiti alle medesime piccole e medie imprese;
inoltre l'8 dicembre 2011 l'Autorità bancaria europea (EBA), facendo seguito alla dichiarazione approvata dal vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'area euro il 26 ottobre 2011, ha inoltre adottato una raccomandazione che prevede la creazione, entro la fine di giugno 2012, in via eccezionale e temporanea, da parte delle banche, di una riserva supplementare di fondi propri per raggiungere un livello pari al 9 per cento del rapporto tra il capitale di classe 1 («Core tier 1», vale a dire il patrimonio di base, composto dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte) e le attività ponderate per il rischio;
la costituzione di tale riserva supplementare è stata motivata dall'Autorità bancaria europea richiamando l'esigenza di creare un cuscinetto di capitale a fronte delle esposizioni delle banche in questione verso gli emittenti sovrani: tuttavia, la quantificazione delle necessità di ricapitalizzazione delle singole istituzioni finanziarie è stata operata in base ai prezzi di mercato rilevati a settembre 2011 (criterio mark to market), abbandonando il criterio precedente, che prevedeva la contabilizzazione dei titoli iscritti nel portafoglio bancario al valore di acquisto;
tale criterio, di cui non è adeguatamente motivata l'applicazione, è fortemente penalizzante per le banche italiane, che detengono titoli di debito italiano, e finisce, in modo del tutto inaccettabile, con il privilegiare le banche di investimento estere che detengono titoli strutturati legati a cartolarizzazioni e a derivati ad alto rischio: infatti, per tali attività, tra cui sono compresi i titoli cosiddetti tossici, la raccomandazione dell'Autorità bancaria europea non prevede la contabilizzazione ai valori di mercato;
secondo le valutazioni della Banca d'Italia, la raccomandazione imporrebbe a quattro gruppi bancari italiani (UniCredit, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Unione di Banche Italiane) una ricapitalizzazione di ammontare complessivamente pari a 15,366 miliardi di euro, a fronte di un'esigenza di ricapitalizzazione complessiva, per tutti gli istituti i credito europei, di 114,7 miliardi di euro;
soltanto le banche greche, con circa 30 miliardi di euro, e quelle spagnole, con 26 miliardi di euro, dovrebbero operare una ricapitalizzazione di ammontare superiore, mentre il fabbisogno di fondi propri supplementari per il sistema bancario tedesco e quello francese sarebbe pari, rispettivamente, a soli 13 miliardi di euro e 7 miliardi di euro;

risulta del tutto paradossale che il sistema finanziario e, più in generale, l'economia italiana siano chiamati a pagare le conseguenze di scelte sbagliate compiute altrove, soprattutto considerando che la crisi in atto dei debiti sovrani dei Paesi dell'area euro è dovuta alla forte espansione dei debiti pubblici di altri Paesi europei, tra i quali la Germania, il Regno Unito, la Francia, determinata dai massicci interventi di salvataggio che essi hanno dovuto compiere per scongiurare il fallimento di alcune grandi banche nazionali, i cui bilanci risultavano inquinati dalla presenza di titoli tossici;
in particolare, il nuovo sistema di contabilizzazione dei titoli pubblici proposto dall'Autorità bancaria europea favorirebbe proprio le banche di alcuni di quei Paesi che hanno visto aumentare maggiormente il loro debito pubblico in questi ultimi anni a causa dell'instabilità del loro sistema creditizio, consentendo di ammortizzare il minor valore patrimoniale dei titoli tossici in portafoglio alle banche oggetto di salvataggi pubblici, con l'apprezzamento dei titoli pubblici emessi dal proprio Stato di residenza;
tutto ciò appare tanto più singolare laddove si consideri, anche alla luce delle considerazioni in tal senso ribadite più volte dal Governatore della Banca d'Italia e di numerosi ed autorevoli studi, che il sistema creditizio nazionale risulta fondamentalmente stabile, avendo una struttura di bilancio meno rischiosa rispetto ai concorrenti europei, a prescindere dagli elementi destabilizzanti indotti da una crisi finanziaria nata al di fuori del contesto nazionale;
tale caratteristica positiva del sistema finanziario italiano è legata ad alcuni elementi strutturali di fondo del settore, quali:
a) una maggiore focalizzazione sulle funzioni bancarie tradizionali, con minore orientamento verso le attività, più rischiose, delle banche d'affari e d'investimento;
b) una maggiore prudenza nella gestione finanziaria e nell'allocazione del portafoglio, che ha limitato l'esposizione in titoli ad alto rischio o in strumenti basati su elementi collaterali tossici;
c) una minore dipendenza, rispetto alla media europea, dal finanziamento attraverso il mercato interbancario;
d) una forte struttura retail, che consente di approvvigionarsi di risorse finanziarie attraverso i depositi dei correntisti;
e) la tradizionale, elevata propensione al risparmio della popolazione italiana;
f) un livello di indebitamento delle famiglie e delle imprese italiane nettamente inferiore alla media europea, in particolare dei Paesi anglosassoni e del Nord Europa, dove la crisi finanziaria ha avuto inizio;
g) un migliore radicamento sul territorio ed un più stretto rapporto con l'economia reale;
ciononostante, è evidente come la struttura finanziaria complessiva del sistema italiano presenti alcuni elementi di fragilità, insiti soprattutto nell'elevata dipendenza, soprattutto delle piccole e medie imprese, dal credito bancario;
l'effetto combinato dell'introduzione dei nuovi requisiti di «Basilea 3», cui i mercati tendono ad adeguarsi già prima dell'entrata in vigore delle nuove norme europee, e della decisione dell'Autorità bancaria europea sopra richiamata, aggrava, pertanto, il rischio, già sottolineato più volte, di determinare un forte impatto negativo a breve e medio termine sull'erogazione del credito al sistema produttivo italiano, che, secondo alcune stime, potrebbe ridursi di ben 30 miliardi di euro entro il 2012, determinando conseguenze rovinose ed amplificando le già preoccupanti conseguenze della crisi in atto;
tali preoccupazioni sono state del resto sottolineate ampiamente dal mondo creditizio italiano, che ha investito della

questione il Governo, attraverso una lettera del presidente dell'Associazione bancaria italiana al Ministro per lo sviluppo economico ed al Vice Ministro dell'economia e delle finanze, affinché adotti urgentemente un'iniziativa forte ed incisiva, a livello europeo, per differire nel tempo l'applicazione dei nuovi requisiti patrimoniali e, soprattutto, per correggere le evidenti discriminazioni in danno dell'industria bancaria italiana;
secondo notizie di stampa, anche la Banca centrale europea avrebbe manifestato forti preoccupazioni per il potenziale impatto prociclico delle raccomandazioni dell'Autorità bancaria europea sull'erogazione del credito, suggerendo una revisione dei contenuti e delle scadenze in esse fissate;
sotto il profilo strettamente economico, non sembra inoltre che siano state analizzate adeguatamente le conseguenze, dirette ed indirette, delle decisioni assunte dal Comitato di Basilea e dall'Autorità bancaria europea sull'economia europea: secondo stime dell'international Institute of finance, citate in un recente studio dell'Università Bocconi, ogni punto percentuale di incremento dei requisiti patrimoniali determinerebbe una diminuzione della crescita annua, nell'area euro, negli Usa e in Giappone, pari a circa lo 0,3 per cento;
inoltre, il combinato disposto delle predette misure rischia di determinare effetti pericolosi per il finanziamento del debito pubblico italiano, già oggetto di gravi turbolenze, disincentivando le banche dall'acquisire in portafoglio titoli del debito pubblico italiano ed inducendo un ulteriore incremento dei tassi pagati dallo Stato per collocare sul mercato tali titoli, con le evidenti conseguenze che ciò avrebbe sia sugli equilibri dei conti pubblici italiani sia sulla stessa stabilità dell'area euro;
occorre, dunque, che tali questioni non siano lasciate a decisioni di carattere esclusivamente tecnico e contabilistico, ma siano affrontate in un'ottica politica di più vasto respiro e di lungo periodo, evitando in primo luogo che astratte considerazioni teoriche determinino un ulteriore peggioramento delle condizioni concorrenziali dell'economia italiana, nella consapevolezza di come l'emergenza che deve essere primariamente affrontata è quella della scarsa competitività del sistema economico italiano, che in questi ultimi dieci anni è cresciuta molto meno di quella dei Paesi europei la cui economia sia comparabile alla nostra;
in secondo luogo, si deve sottolineare come ogni intervento su un fattore cruciale per l'intero sistema economico mondiale, quale i requisiti patrimoniali delle banche, non può essere assunto sull'onda di valutazioni in qualche modo dettate da una reazione emotiva alla crisi finanziaria, ma occorre considerare attentamente tutte le conseguenze sistemiche che esso determina, sia sull'economia reale, sia sulla gestione dei debiti pubblici sovrani,


impegna il Governo:


ad adoperarsi, nell'ambito del negoziato in corso sulle proposte della Commissione europea relative all'adeguamento dei requisiti patrimoniali della banche, affinché:
a) siano introdotti meccanismi correttivi per la ponderazione del rischio di credito relativo ai prestiti alle piccole e medie imprese, in modo da compensare l'incremento quantitativo del requisito patrimoniale minimo;
b) sia valutata una applicazione più graduale e flessibile dei nuovi requisiti, tenuto conto dell'andamento dell'economia europea e delle scadenze meno ravvicinate fissate al riguardo dagli Stati Uniti e da altri competitori globali;
ad adoperarsi, altresì, nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea, al fine di promuovere una revisione dei criteri stabiliti nella richiamata raccomandazione

dell'Autorità bancaria europea, in modo da:
a) modificare il criterio della contabilizzazione al valore di mercato dei titoli di debito sovrano presenti nel portafoglio delle banche;
b) stabilire, in ogni caso, scadenze meno ravvicinate per eventuali interventi di ricapitalizzazione;
più in generale, ad approfondire le conseguenze che i nuovi requisiti di patrimonializzazione del sistema creditizio potranno avere sul prodotto interno lordo nazionale e sul debito pubblico, in una fase in cui, dopo i dolorosi interventi di rigore adottati dal nuovo Governo, occorre adottare misure di sostegno alla crescita che consentano di contrastare gli effetti negativi determinati dalla negativa congiuntura economica internazionale e dalla stessa manovra correttiva, onde evitare che il Paese si avviti in un spirale senza uscita in cui le esigenze di miglioramento del rapporto debito-prodotto interno lordo e deficit-prodotto interno lordo impongono misure di rigore che deprimono ulteriormente il prodotto interno, rendendo quindi necessari ulteriori interventi correttivi.
(1-00790)
«Gianfranco Conte, Bernardo, Baldelli, Ventucci, Angelucci, Berardi, Savino, Del Tenno, Misuraca, Pagano, Laboccetta».

La Camera,
premesso che:
l'Unione europea è impegnata a definire i «corridoi» della rete di trasporto europea;
la creazione di una rete transeuropea di trasporto capace di essere sistema e di mettere in connessione tutti gli Stati europei, sia in relazione al trasporto merci che alla mobilità delle persone, rappresenta un elemento strategico che va sostenuto e ulteriormente aggiornato;
il corridoio Baltico-Adriatico rappresenta insieme agli altri tre corridoi che interessano l'Italia un'ulteriore occasione di politica dei trasporti strategica che va colta, sostenuta e migliorata;
ad oggi il corridoio Baltico-Adriatico collegherebbe Helsinki a Ravenna, se così fosse resterebbe un'opera incompiuta ovvero senza il coinvolgimento delle regioni adriatiche del Sud: si tratterebbe di un'opera a metà;
il corridoio Helsinki-Ravenna non solo deve essere attuato, ma deve poter estendersi per tutto l'Adriatico in modo da risultare un intervento strategico ed incisivo;
appare, altresì, evidente che il corridoio Helsinki-Ravenna non solo deve proseguire per tutta l'Adriatico e non solo per una parte di esso, ma deve anche diventare un intervento che si integra con il corridoio 1 Berlino-Palermo; solo così l'intero Meridione e la Sicilia entrerebbero a pieno titolo nell'ambito del trasporto integrato di merci e delle persone con una visione della politica dei trasporti inclusiva, dando un segnale concreto al Sud dell'Italia;
il precedente Governo Berlusconi aveva più volte dichiarato la propria opposizione all'ipotesi di una modifica del corridoio 1 che si fermerebbe a Napoli per dirottare con l'alta velocità su Bari;
l'abolizione, ovvero la proroga nel tempo, del corridoio 1 Berlino-Palermo non solo sarebbe uno schiaffo ingiustificato al Sud d'Italia, ma avrebbe conseguenze disastrose soprattutto sul piano dei treni veloci, in quanto autorizzerebbe implicitamente Ferrovie dello Stato italiane spa a disinteressarsi, cosa che già abbondantemente fanno, dell'alta capacità da Salerno alla Sicilia, per la quale al momento sussiste solo un progetto di massima e nessuna risorsa allocata;
si è detto in passato che i lavori per l'alta capacità al Sud e fino in Sicilia si sarebbe parlato dal 2025: questo significherebbe

che i lavori non sarebbero portati a termine prima della metà del secolo;
appare, altresì, evidente che, nel contesto di quanto affermato in precedenza, il corridoio Berlino-Palermo e il corridoio Baltico-Adriatico non vanno visti in maniera alternativa ma integrata, rappresentando entrambi un'occasione strategica nello sviluppo del Mezzogiorno;
appare evidente che se l'Unione europea abbandona il Sud non ci sarà nessuna accelerazione, né per quanto riguarda i progetti, né tantomeno per quanto riguarda lo stanziamento di risorse;
l'eventuale cancellazione del corridoio Berlino-Palermo sicuramente significherebbe il «deperimento» dei programmi di trasformazione del porto di Augusta in hub, in quanto anche se le navi portacontainer potessero attraccare non ci sarebbero linee veloci di treni per portare le merci al nord;
nel porto di Augusta (Siracusa) sono programmati importanti interventi infrastrutturali attraverso lo sviluppo e l'ampliamento di banchine e piazzali;
si tratta di interventi che una volta portati a termine potranno dare al porto di Augusta una nuova dimensione e prospettive di sviluppo interessanti;
in particolare, l'esclusione dal piano europeo 2014-2020 del corridoio 1 farebbe venire meno i finanziamenti relativi ai lavori per il potenziamento del porto di Augusta;
l'abolizione del corridoio Berlino-Palermo e il mancato prolungamento del corridoio Baltico-Adriatico significherebbero per il Sud, e in particolare per la Sicilia, negare semplicemente il futuro,


impegna il Governo


a valutare la praticabilità del completamento del corridoio Baltico-Adriatico sostenendo parallelamente l'avvio ed il completamento del corridoio 1 Berlino-Palermo (anche con riferimento alla trasformazione del porto di Augusta), che dovrà integrarsi con il corridoio Baltico-Adriatico, interessando così tutte le regioni del Mezzogiorno e dotando il Sud di un'adeguata rete transeuropea di trasporto essenziale per una politica di integrazione e sviluppo del Meridione.
(1-00791)«Gianni, Moffa».

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea sta attualmente lavorando ad una proposta di regolamento che prevede alcune revisioni agli orientamenti sulla rete transeuropea di trasporto TEN-T allo scopo di realizzare una rete completa ed integrata che comprenda e colleghi tutti gli Stati membri dell'Unione europea in maniera intermodale ed interoperabile;
la creazione di uno spazio unico europeo dei trasporti, che presenti elevati standard qualitativi e di efficienza, incentiverebbe la competitività, il funzionamento del mercato interno, il rafforzamento dell'economia e la coesione sociale nell'Unione europea, anche procedendo ad un riequilibrio del trasporto merci tra i singoli vettori stradale e ferroviario allo scopo di contribuire alla riduzione del divario economico tra le regioni del continente europeo e promuoverne lo sviluppo;
dei dieci corridoi necessari per la realizzazione della rete centrale, quattro sono di interesse per l'Italia e tra questi figura anche il corridoio Baltico-Adriatico, che collegherà Helsinki a Ravenna, nell'ambito del quale sono previsti i collegamenti ferroviari Vienna-Udine-Venezia-Ravenna e Trieste-Venezia-Ravenna;
un altro corridoio di fondamentale importanza per il nostro Paese risulta anche il corridoio 5 che connetterà Lisbona a Kiev e attraverserà l'Italia da ovest a est, assegnandole un ruolo strategico per assicurare la connessione tra il

quadrante occidentale europeo a Kiev, attraverso una rete transeuropea di merci e di passeggeri;
il corridoio 5 interessa un'area molto vasta, che ricomprende gli hub portuali del sistema tirrenico e del sistema adriatico, fino agli assi stradali e ferroviari dei valichi del Sempione, del Gottardo e del Brennero, assi che consentono al corridoio di interagire con le realtà produttive dell'Europa centrale;
altro collegamento prioritario per il nostro Paese è il corridoio 24, ovvero la linea ferroviaria che collegherà Rotterdam a Genova attraverso Germania e Svizzera, rappresentando l'asse portante del traffico nord-sud, collegando due tra i maggiori scali europei: uno sul Mare del Nord e l'altro al centro del Mediterraneo, in linea con quanto espresso anche dal Consiglio europeo, che si è espresso sull'importanza strategica di promuovere le interconnessioni e le infrastrutture per collegare il Nord e il Sud dell'Europa;
il rilancio della posizione strategica del nostro Paese passa anche attraverso la valorizzazione e l'interconnessione dei porti sulla dorsale adriatica attraverso il possibile prolungamento del corridoio Baltico-Adriatico verso sud, in modo da ricomprendere i porti di Ancona, Bari e Brindisi,


impegna il Governo


ad assumere iniziative, in tutte le competenti sedi decisionali nazionali ed europee, volte a valutare, sulla base di uno studio istruttorio adeguato, la praticabilità del completamento del corridoio Baltico-Adriatico verso sud, lungo la costa adriatica, senza tralasciare iniziative volte all'accelerazione dei lavori per il completamento dei corridoi di interesse strategico per il nostro Paese, al fine di assicurare la competitività, il funzionamento del mercato interno e il rilancio del nostro sistema economico e produttivo.
(1-00792)
«Desiderati, Torazzi, Montagnoli, Buonanno, Crosio, Allasia, Di Vizia, Dussin, Lanzarin, Togni».

Risoluzioni in Commissione:

La V Commissione,
premesso che:
l'articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, prevede che una quota del Fondo per il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, sia destinata ad assicurare il finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori, alle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali;
alla ripartizione della predetta quota e all'individuazione dei beneficiari è previsto si provveda con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario;
le risorse disponibili, a seguito dei rifinanziamenti previsti dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e al netto dei relativi utilizzi, ammontano a euro 100.100.000 per l'anno 2011 ed una quota pari ad almeno 40.000.000 di euro delle risorse disponibili è da destinare, ai sensi dell'articolo 2, comma 16-sexies, del medesimo decreto-legge n. 225 del 2010 ad attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici nonché alla promozione di attività sportive, culturali e sociali;
di tali ultime risorse una quota pari a 6 milioni di euro è stata destinata al finanziamento del comitato italiano paralimpico, con l'approvazione, nella seduta della Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati del 7 aprile 2011, della risoluzione 8-00117, una risoluzione (Doc. XXIV, n. 19) di analogo tenore è stata approvata

dalla Commissione programmazione economica, bilancio del Senato nella seduta del 12 aprile 2011;
permangono, quindi, da assegnare 94.100.000 euro per il 2011, dei quali almeno 34.000.000 di euro risultano destinati ad attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici, nonché alla promozione di attività sportive, culturali e sociali, mentre i restanti 60.100.000 di euro sono destinati al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori;
in ragione dell'imminente conclusione dell'esercizio finanziario 2011, nelle more dell'approvazione di un atto di indirizzo parlamentare volto ad individuare nel dettaglio i soggetti beneficiari degli interventi, occorre impegnare il Governo a destinare le suddette somme disponibili sul Fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009 ripartendole tra le attività individuate dal citato articolo 2, comma 16-sexies, del decreto-legge n. 225 del 2010;
sussiste, inoltre, la necessità di riassegnare due contributi statali di cui al Fondo previsto dall'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, assegnati con decreto ministeriale 10 febbraio 2011 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 2011), in attuazione della risoluzione n. 8-000100 del 22 dicembre 2010 della V Commissione, che risultano revocati;
la riassegnazione, in considerazione delle particolari circostanze che hanno determinato la revoca, può essere effettuata in favore degli enti locali ai quali i contributi erano stati originariamente destinati,


impegna il Governo:


a ripartire le somme di cui in premessa, disponibili sul Fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, come segue:
a) 74,1 milioni di euro al fondo di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di cui una quota non inferiore a 14 milioni di euro per la promozione di attività sportive, culturali e sociali;
b) 20 milioni di euro per interventi infrastrutturali in favore dei malati oncologici;

a riassegnare i contributi revocati, di cui al decreto ministeriale 10 febbraio 2011 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 2011) come segue:
a) comune di Cassina de Pecchi (Milano) - per interventi su patrimonio comunale e per la sicurezza delle strutture e del territorio - 80.000 euro;
b) comune di Fiumicino (Roma) - per manutenzione straordinaria strada rurale Emilio Pasquini - 40.000 euro.
(7-00744)
«Marinello, Baretta, Ciccanti, Gioacchino Alfano».

La XIII Commissione,
premesso che:
la questione quote latte, è iniziata 30 anni or sono, nel 1983, con l'assegnazione ad ogni Stato membro dell'Unione di una quota nazionale che poi doveva essere divisa tra i propri produttori e all'Italia è stata assegnata una quota che risultò molto inferiore al consumo interno di latte;
il settore lattiero-caseario sta attraversando una delle fasi più gravi e profonde degli ultimi decenni e, attualmente, i produttori di latte in regola hanno subito costi per la gestione delle quote latte pari a 2,42 miliardi di euro dei quali 1,7 miliardi per l'acquisto di quote latte, 150 milioni per l'affitto, 220 per il versamento

del prelievo e 350 milioni per l'adesione alla rateizzazione prevista dal decreto-legge n. 49 del 2003;
degli attuali 38 mila allevatori oggi in attività nel nostro Paese (erano 120 mila nel 1996) sono solo un po' più di un migliaio quelli che devono alle casse dello Stato 1,7 miliardi di euro di multe maturate in questi ultimi anni;
molti allevatori si sono messi in regola in questi ultimi anni, 15 mila hanno rateizzato, ai sensi del decreto-legge n. 49 del 2003, per 350 milioni di euro, mentre altri 220 milioni di «multe» sono stati regolarmente pagati in questi ultimi 12 anni;
negli anni sono stati approvati numerosi provvedimenti legislativi per adeguare la realtà nazionale al quadro comunitario;
attraverso la legge n. 119 del 2003, che sostituiva la legge n. 468 del 1992, si è provveduto a definire un'applicazione del sistema delle quote produttive assegnate al nostro Paese più coerente con la legislazione comunitaria;
successivamente, attraverso il decreto-legge n. 3 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, si è ulteriormente rafforzato il quadro normativo nazionale del settore, garantendo ai produttori, che ancora non avevano regolarizzato la loro posizione, una nuova possibilità di rientro nella legalità;
il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33 recante «Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario» prevede all'articolo 8-quater, che il «produttore agricolo che vi abbia interesse, può richiedere la rateizzazione dei debiti iscritti nel Registro nazionale di cui all'articolo 8-ter derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte»;
il comma 2 dell'articolo 8-ter del citato provvedimento prevede l'istituzione presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura del registro nazionale dei debiti in cui sono iscritti tutti gli importi accertati come dovuti dai produttori agricoli; mentre il comma 3 dello stesso articolo 8-ter prevede che le regioni iscrivano nel registro nazionale gli importi dovuti e non pagati a titolo di prelievo supplementare;
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, all'articolo 2, comma 12-terdecies, recante anche disposizioni relative al settore lattiero-caseario, stabilisce che siano ulteriormente differiti, al 30 giugno 2011, i termini per il pagamento degli importi previsti dai piani di rateizzazione delle «multe» relative alle quote latte di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, e al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
da ultimo nella manovra economica del mese di luglio 2011 è stata adottata una misura che toglie ad Equitalia le competenze esattive sulle multe delle quote latte trasferendole ad AGEA, da giugno commissariata dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, provvedimento che rende ancora più difficile l'esazione delle multe sulle quote latte sottraendo al sistema Italia risorse per un totale di 1,6 miliardi di euro ed esponendo il nostro Paese al rischio di pesanti sanzioni da parte della Commissione europea;
l'articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, ha previsto il trasferimento delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea o coattiva, di alcune entrate erariali da Equitalia spa ad enti e organismi pubblici muniti di risorse umane e strumentali;

in tale trasferimento rientra anche quello delle competenze per la riscossione delle cosiddette multe relative all'applicazione del regime comunitario del prelievo supplementare sul latte bovino;
la Commissione europea ha manifestato nella relazione di valutazione presentata al Consiglio nel 2010, la propria insoddisfazione per l'estrema lentezza dei progressi compiuti nel recupero dei prelievi dovuti sul latte e ha ribadito anche più recentemente la necessità di migliorare decisamente le modalità di recupero;
per quanto riguarda l'applicazione dell'articolo 8-septies, comma 2, del decreto legge n. 5 del 2009, convertito nella legge n. 33 del 2009, disposizione finalizzata a favorire l'accesso al credito dei produttori che hanno acquistato quote latte, prevede per la sua concreta attuazione l'emanazione di un apposito decreto da parte del competente Ministro dell'economia e finanze di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali che non è stato ad oggi predisposto dal Ministero proponente;
non si è inoltre ancora proceduto alla revoca delle quote latte assegnate ai sensi del decreto-legge n. 5 del 2009, articolo 8-bis, comma 2, come invece dispone 8-quinquies, comma 7 del richiamato decreto-legge per quei produttori che non hanno pagato il prelievo sul latte ovvero non hanno ancora rateizzato o concluso le procedure di rateizzazione dei debiti relativi alle quote latte di cui all'articolo 8-quater del decreto-legge sopracitato;


impegna il Governo:


ad assicurare la corretta applicazione degli articoli sopracitati del decreto-legge n. 5 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009;
a verificare il rispetto dell'obbligo, per i richiedenti la rateizzazione delle imputazioni di prelievo non sospese in sede giurisdizionale, alla rinuncia di tutte le azioni giudiziarie pendenti aventi per oggetto posizioni debitorie iscritte al registro nazionale dei debiti, relative ai mancati pagamenti del prelievo latte;
a formulare precise direttive per armonizzare le procedure applicative che saranno poste in essere dal Commissario governativo al fine di realizzare effetti positivi sulla finanza pubblica in virtù dell'effettivo pagamento anche delle somme dovute dai produttori del settore lattiero caseario che aderiscono alla rateizzazione e divenute esigibili a seguito della obbligatoria rinuncia al contenzioso in atto.
(7-00745) «Beccalossi».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito del cosiddetto «caso P4», l'onorevole Alfonso Papa, in seguito all'autorizzazione all'arresto concessa dalla Camera dei deputati, è stato sottoposto per circa tre mesi e mezzo alla misura della custodia cautelare in carcere presso la casa circondariale di Poggioreale;
trascorsi circa due mesi dall'inizio della detenzione in carcere e nonostante l'avvenuto rinvio a giudizio immediato con tanto di fissazione della prima udienza, il giudice per le indagini preliminari di Napoli, in un primo momento, seppur sollecitato dal collegio difensivo dell'onorevole Papa, non ha concesso all'imputato gli arresti domiciliari, omettendo di acquisire

la cartella clinica del detenuto, comprovante uno stato di salute difficilmente compatibile con il regime carcerario;
successivamente alla citata ordinanza del giudice per le indagini preliminari, gli avvocati difensori dell'onorevole Papa hanno rimesso il proprio mandato, motivando fra l'altro tale decisione con l'impossibilità di esercitare correttamente il diritto di difesa, in considerazione dell'ingente quantità di atti d'inchiesta prodotti dalla procura della Repubblica di Napoli e dell'oggettiva impossibilità di esaminare gli stessi unitamente all'accusato in stato di detenzione;
in data 31 ottobre 2011, con il processo che nel frattempo aveva preso avvio innanzi alla I sezione del tribunale di Napoli, vengono concessi all'onorevole Alfonso Papa gli arresti domiciliari;
a novembre la sesta sezione penale della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dei difensori dell'imputato, ha annullato con rinvio l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale del riesame, relativamente a sei capi di imputazione. In particolare, per quanto riguarda le accuse mosse dalla procura di Napoli all'onorevole Alfonso Papa in merito all'associazione a delinquere, a tre episodi di concussione, a uno di corruzione e ad uno di ricettazione, i giudici di legittimità hanno chiesto ai giudici del riesame di rivalutare le accuse;
nel frattempo il dottor Luigi Bisignani, coinvolto nella stessa inchiesta, è stato rimesso in libertà dopo aver patteggiato una pena ad anni uno e mesi sette di reclusione;
attualmente il perdurare degli arresti domiciliari ai quali è sottoposto l'onorevole Alfonso Papa appare agli interroganti di dubbia rispondenza ai requisiti di legge in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari tenuto conto: a) della durata della custodia cautelare; b) del fatto che successivamente alla sua applicazione le indagini preliminari sono state chiuse e il processo nei confronti dell'imputato ha avuto inizio; c) della sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha in parte annullato l'ordinanza applicativa della custodia cautelare emessa nei confronti del detenuto;
la condizione di detenuto non implica ovviamente che il deputato Alfonso Papa possa considerarsi decaduto dal mandato parlamentare;
ciononostante, finora non è mai stato consentito all'onorevole Papa di partecipare ad una sola seduta dell'assemblea o di commissione della Camera, il che, ad avviso degli interroganti, avvenendo al di fuori di ogni esigenza processuale, ha rischiato e rischia tuttora di vanificare il dettato costituzionale e di ferire la dignità del Parlamento;
le misure cautelari previste dal codice di procedura penale, qualunque esse siano, finanche le più gravi, possono soltanto prevedere limiti alla libertà personale, ma in nessun caso possono colpire la dignità del detenuto, ad esempio impedendo a quest'ultimo di svolgere l'attività parlamentare per la quale è stato eletto -:
quali iniziative il Governo intenda adottare allo scopo di valutare la sussistenza nella fattispecie illustrata in premessa dei presupposti per un'eventuale promozione di un'azione disciplinare nei confronti dei magistrati che nel corso del tempo e a diverso titolo sono stati investiti del procedimento nei confronti dell'onorevole Alfonso Papa, considerando l'esistenza nella presente vicenda, ad avviso degli interroganti, di possibili lesioni o forzature dei diritti costituzionali riconducibili al perdurare, al di là del necessario, della misura cautelare privativa della libertà personale e della conseguente impossibilità per il deputato Papa di svolgere il proprio mandato parlamentare.
(5-05841)

Interrogazioni a risposta scritta:

PIFFARI e CIMADORO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
da quanto appreso da un articolo pubblicato il 28 ottobre 2011 dal giornale

La Stampa, l'ex presidente e titolare della «Bertello S.p.a.» di Borgo San Dalmazzo, Francesco Pejrone, ha di recente patteggiato la condanna a due anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena, per bancarotta fraudolenta relativa al fallimento della succitata azienda;
il «patteggiamento», termine breve per indicare ciò che più correttamente è definito «applicazione della pena su richiesta delle parti», è, nel contesto della procedura penale, il procedimento speciale caratterizzato dalla richiesta che l'imputato rivolge al pubblico ministero e consentita dal giudice. Rappresenta, cioè, di fatto un'ammissione di colpevolezza;
risulterebbe agli interroganti che la stessa persona attualmente ricopra la carica di commissario della locale sezione della Croce rossa provinciale di Cuneo;
fermo restando quanto disposto dalle norme relative all'interdizione dai pubblici uffici per reati di tale natura, suddetta evenienza rappresenta, secondo gli interroganti, una fattispecie in evidente contrasto con i principi di moralità, legalità e trasparenza sancite nello stesso codice etico della Croce rossa italiana, che rischia di ledere l'immagine di tale importantissimo ente di diritto pubblico -:
se non si ritenga opportuno intervenire, per quanto di competenza per le succitate motivazioni e a tutela dell'immagine della Croce rossa italiana, per promuovere la rimozione di Francesco Pejrone dall'incarico di presidente provinciale della Croce rossa italiana di Cuneo.
(4-14288)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
già prima del 1993 era nota un'ampia letteratura sui pericoli dell'uranio impoverito;
si avevano, altresì, notizie dei pericoli all'epoca della prima Guerra del Golfo (1990-1991), soprattutto in seguito a quanto accaduto a Camp Doha in Kuwait. Lo stesso dottor Armando Benedetti del Cisam, in un'audizione presso la Commissione d'inchiesta del Senato, aveva osservato che i fatti di Camp Doha erano noti in Italia;
alcuni militari italiani, come riportano le testimonianze, avevano visto in Somalia i militari Usa che adottavano tute e maschere e altri avevano visto i carri armati Abrams dotati di armamento e armature all'uranio impoverito;
non risulta che ad oggi siano state formalmente avanzate delle richieste in merito ai servizi segreti, né che loro rappresentanti siano stati auditi dalle Commissioni d'inchiesta. La stessa questione vale naturalmente anche per i comandanti delle nostre Forze nelle missioni, a partire da quella della Somalia;
la problematica non riguarda solo le missioni all'estero, ma anche le attività nei poligoni in Italia e non riguarda solo personale in missione, ma anche personale in destinazione fissa -:
se il Governo non ritenga di dover verificare il perché i servizi segreti, nonché i comandanti delle Forze armate nelle missioni, a partire dalle operazioni in Somalia, non abbiano segnalato, almeno per quanto è dato sapere, i pericoli segnalati dai nostri militari ai loro superiori;
se il Governo non intenda spiegare perché non sono state adottate le protezioni per il nostro personale impiegato in zone a rischio già a partire dalle operazioni in Somalia e per chi ha operato nei poligoni, anche molti anni prima.
(4-14289)

EVANGELISTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
si apprende dall'Espresso (sito web 17 novembre 2011) che prima di lasciare le funzioni di Ministro, Brunetta abbia nominato al vertice di un fantomatico Formez-bis

(non già il glorioso FormezPa da decenni impegnato nella selezione manageriale e nel sostegno alle amministrazioni pubbliche nella formazione e nell'edificazioni delle best practices) l'ex sindaco di Ravello, Secondo Amalfitano, il cui unico merito pare essere quello di aver celebrato le nozze dell'ex Ministro -:
se non si intenda svolgere proprie e nuove valutazioni sulla situazione dei «due» Formez;
se non si intenda sciogliere immediatamente il «secondo» e revocare la nomina del signor Secondo Amalfitano.
(4-14307)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 1o al 5 dicembre si è svolto all'hotel Ergife di Roma il concorso organizzato dal Ministero degli affari esteri e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ha visto la partecipazione di migliaia di candidati provenienti da tutta Italia, per la selezione di nuovi docenti dei lettorati oltre il confine, istituzioni scolastiche e universitarie all'estero, ai sensi del decreto interministeriale n. 4377 del 7 ottobre 2011;
secondo quanto appreso dalle notizie stampa, sullo svolgimento delle prove gravano pesanti ombre di irregolarità e di illegittimità, in quanto troppe modalità sembrano non aver funzionato;
per appena 280 posti disponibili si sono presentati oltre 25mila candidati senza alcuna opportuna preselezione. Alcune domande delle prove d'esame sono risultate imprecise ed errate e il tempo a disposizione per rispondere ai quiz non è sembrato essere proporzionale al compito assegnato. Le prove sui test avrebbero dovuto avere inizio alle ore 8, ma i questionari sono stati distribuiti con circa due ore di ritardo. In seguito a tali ritardi è scattata la prima contestazione da parte di alcuni candidati, i quali hanno chiesto che fosse messa a verbale la ristrettezza di tempo concesso (45 minuti) per leggere i testi e rispondere a 40 test, da ricercare in un librone e riportare in un foglio a lettura ottica;
i testi contenenti le domande di tutti gli esami, sono circolati anche all'esterno delle aule. Risulterebbe che alcuni candidati abbiano abbandonato il luogo d'esame portando con sé anche il volume contenente i quesiti relativi ad altre prove ancora da svolgersi, tenendo conto che le prove d'esame si protraevano per più giorni, avvicendandosi dopo la pausa di un fine settimana;
tra disfunzioni, ritardi, sospensioni e rinvii, proteste e presunte irregolarità, il concorso si è svolto nella confusione generale, tanto da richiedere l'intervento delle forze dell'ordine;
la preparazione dei test e l'organizzazione delle suddette prove è stata affidata al Formez, ovvero allo stesso istituto a cui è stata affidata l'organizzazione di un altro importante concorso, ancora in fase di svolgimento, quello per l'incarico di preside, in relazione al quale si sono avute già numerose proteste, polemiche e ricorsi -:
se non ritenga di dover chiarire come si siano svolti i fatti che hanno portato all'annullamento della prima prova del 1o dicembre 2011 richiamata in premessa, e se non siano ravvisabili elementi che mettano in dubbio la correttezza delle prove stesse, ai sensi del decreto interministeriale n. 4377 del 7 ottobre 2011:
se abbia disposto, o se intenda disporre, ogni accertamento atto a verificare le responsabilità e le cause che hanno prodotto le gravi disfunzioni su citate, che rischiano di minare il decoro delle istituzioni

italiane e di compromettere anche l'immagine della cultura italiana all'estero.
(5-05840)

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Ministero degli affari esteri ha avviato nel 2009 un piano di razionalizzazione complessivo della spesa organizzato, tra l'altro, sulla chiusura di tredici uffici consolari tra i quali appaiono anche quelli a Capodistria e a Spalato;
la presenza dei due consolati generali d'Italia nelle sedi sopra citate rappresentano ancora oggi un punto di riferimento istituzionale per la comunità italiana in Slovenia e Croazia;
la chiusura dei due uffici consolari arrecherebbe un danno per il ruolo di rappresentanza, relazione e mediazione istituzionale con due Nazioni vicine con le quali l'Italia intrattiene numerosi rapporti anche per la presenza della comunità italiana che in quei Paesi è tutelata, ha una rappresentanza politica e parlamentare prevista dalla legge, viene vissuta come parte integrante di quelle comunità nazionali;
si ritengono opportune riduzioni di spesa ma che queste debbano essere ponderate e debbano rispettare le esigenze diplomatiche particolari che vi sono nel caso di relazioni internazionali più intense che intercorrono tra l'Italia e alcune nazioni per motivi storici, geografici e culturali -:
alla luce di quanto esposto in premessa se il Governo proseguirà nel piano di razionalizzazione complessivo, che dovrebbe completarsi nel 2012, procedendo alla chiusura dei due uffici consolari o se sia possibile un ripensamento anche alla luce del rinnovato impegno in politica estera che questo Governo ha dimostrato di voler assumere.
(4-14276)

ANGELI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
esiste un patrimonio artistico-culturale che appartiene alla comunità italiana all'estero. Si tratta di un patrimonio vasto e articolato, composto da opere d'arte e immobili;
per la tutela di questo patrimonio e, attraverso lo stesso, promuovere la diffusione della cultura italiana all'estero, si sono istituiti con la legge n. 401 del 1990 gli istituti italiani di cultura all'estero, che hanno il compito, quindi, di promuovere la diffusione all'estero della cultura e della lingua italiana onde contribuire allo sviluppo della reciproca conoscenza fra i popoli, nel quadro più generale dei rapporti tra il nostro Paese e la comunità degli altri Stati, stabilire contatti con istituzioni e personalità del mondo culturale e scientifico del Paese ospitante, promuovere iniziative, manifestazioni culturali e mostre, assicurare collaborazione a studiosi e studenti italiani nell'attività di ricerca e studio all'estero;
la responsabilità istituzionale per il perseguimento di tali finalità è posta in capo al Ministero degli affari esteri, ferme restando le competenze previste dalle leggi vigenti per la Presidenza del Consiglio dei ministri e per le singole amministrazioni dello Stato. Il recente decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 2010, n. 95, di riorganizzazione del Ministero degli affari esteri, ha operato una profonda ristrutturazione dell'articolazione dello stesso, che ha comportato tra l'altro la soppressione della direzione generale per la promozione culturale e la creazione di una direzione generale per la promozione del sistema Paese, che ha il compito di curare, tra l'altro, la diffusione della cultura, della lingua, della scienza, della tecnologia e della creatività italiane all'estero e degli addetti scientifici;
inoltre la Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero, istituita presso il Ministero degli affari esteri, propone gli indirizzi generali

della cooperazione culturale internazionale; esprime pareri sugli obiettivi programmatici in materia del Ministero degli affari esteri, di altre amministrazioni statali, di regioni ed enti pubblici vari; formula proposte di iniziativa su specifici settori di attività o particolari aree geografiche;
al Ministero per i beni e le attività culturali è affidata la tutela sui beni culturali di appartenenza statale anche se in consegna o in uso ad amministrazioni o soggetti diversi dal Ministero -:
se si intendano adottare politiche volte a favorire l'attività dei citati istituti affinché possano raggiungere gli obiettivi indicati dalla legge;
se si intendano assicurare i finanziamenti necessari a coprire le attività di tutela dei beni culturali degli italiani all'estero.
(4-14293)

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AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento europeo ricorda che gli obiettivi della strategia di Lisbona non sono stati raggiunti a causa della debole struttura di governance e della mancata responsabilizzazione degli Stati membri e considera in particolare che, alla luce dell'attuale crisi economica, è urgentemente necessario disporre di una strategia efficace affinché l'Unione europea imbocchi nuovamente la via della crescita e dell'occupazione;
il 26 gennaio 2011 la Commissione europea ha presentato l'ultima delle sette iniziative-faro della strategia Europa 2020: «Un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse». Nella sua comunicazione, la Commissione ha reso note le principali politiche e strategie in materia per gli anni a venire;
l'iniziativa punta a coinvolgere i Governi, i portatori d'interessi e l'opinione pubblica a sostegno di una strategia europea di lungo termine per un utilizzo efficiente delle risorse, che sarà strumentale al raggiungimento di vari obiettivi dell'Unione europea: dalla riduzione dell'80-95 per cento delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050, alla riforma dell'agricoltura e della pesca, dalla riduzione dell'insicurezza alimentare nei paesi in via di sviluppo ad una migliore risposta europea all'aumento del prezzo dell'energia e delle materie prime;
per raggiungere gli obiettivi fissati da EU2020, la Commissione ha presentato sette iniziative-faro (flagship initiatives) che saranno attuate con gli Stati membri: unione dell'innovazione per riorientare le politiche nel campo della ricerca e sviluppo e dell'innovazione, facendo perno sulle sfide più importanti e, nello stesso tempo, riducendo il gap tra scienza e mercato rendendo applicabile la ricerca (esempio brevetto comunitario); Youth on the move per promuovere un sistema dell'istruzione superiore in Europa di alta qualità ed attrattivo, tramite la promozione della mobilità di studenti e giovani professionisti (esempio riconoscimento delle qualifiche e delle esperienze professionali); Un'agenda digitale europea per accelerare la diffusione di internet ultra veloce ed accessibile a tutti, e sfruttare i vantaggi di un mercato unico digitale in termini economici e sociali; Un'Europa efficiente per favorire il transito verso un'economia ad alta efficienza energetica e basse emissioni di carbonio, in attuazione degli obiettivi 20-20-20; Una politica industriale per l'era della globalizzazione per aiutare la base industriale dell'Europa, in uscita dalla crisi, ad essere competitiva promuovendo l'imprenditorialità e sviluppando nuove competenze; Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione per creare le condizioni per modernizzare il mercato del lavoro, alzando il tasso di

impiego ed assicurando la sostenibilità del nostro modello sociale; Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale per garantire la coesione economica, sociale e territoriale aiutando i poveri e le persone a rischio di esclusione sociale e consentendogli così anche una partecipazione attiva nella società -:
se, e come, il Governo stia rispondendo concretamente alle richieste dell'Unione europea.
(4-14286)

TESTO AGGIORNATO AL 21 DICEMBRE 2011

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nei giorni tra il 20 ed il 25 novembre 2011 sono state effettuate prospezioni geosismiche in Adriatico, in acque internazionali tra le coste pugliesi e quelle greche;
il 30 novembre 2011 all'isola di Corfù (nella Grecia ionica) si sono spiaggiati tre Ziphius cavirostris, grandi cetacei chiamati più comunemente «balene dal becco d'oca»;
quasi contemporaneamente, e precisamente la notte successiva, altri due esemplari di Ziphius cavirostris sono stati ritrovati sulla spiaggia di Capo Rizzuto, sulla costa ionica della Calabria. Si trattava di una femmina di oltre 5 metri (morta sul colpo) e di un cucciolo;
di questi particolari cetacei conosciamo l'attitudine a frequentare le profondità marine e la forte sensibilità all'inquinamento acustico del mare;
in effetti le cause dello spiaggiamento sono probabilmente correlate a disturbi sonori che provocano il disorientamento degli animali, portandoli alla morte;
è molto difficile appurare un nesso causale tra i decessi e l'inquinamento provocato dalle attività umane, visto che rimangono tutt'ora sconosciute le origini dello spiaggiamento dei 7 capodogli (physeter macrocephalus) il 7 dicembre 2009 vicino alla foce di Capojale-Laguna di Varano (Foggia), e degli altri due esemplari sul litorale di Vieste (Gargano);
tuttavia è opinione diffusa che «In genere ad esempio (gli spiaggiamenti) accadono in presenza di navi che effettuano esercitazioni militari o prospezioni geologiche alla ricerca di giacimenti di gas o petrolio. Uno strano suono, «fischio» o «emissione», così è stato descritto, è stato sentito nell'area dello spiaggiamento greco. Questo suono si ripeteva a intervalli di 10-15 secondi. I soccorritori pensavano fosse uno degli zifili ad emetterlo, ma il suono è continuato anche dopo la morte dell'esemplare, per ore. Era questo suono collegato alle cause che hanno provocato lo spiaggiamento, impossibile dirlo. I soccorritori non hanno visto navi nelle vicinanze, ma un pescatore ha detto di avere visto in quella zona, quel giorno, una «strana» nave che secondo lui «stava cercando petrolio» (www.storiedimare.net 1o dicembre 2011) -:
se il Ministro interrogato intenda chiarire le cause dello spiaggiamento degli esemplari citati in premessa e se vi sia correlazione con l'attività di prospezione geosismica da parte delle navi «Princess» e «Thor Guardian» della società petrolifera Northern Petroleum attualmente in corso nelle aree denominate F39 ed F40 a largo di Brindisi.
(4-14266)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie diffuse dall'associazione ambientalista Greenpeace, il Giappone avrebbe utilizzato anche una parte

dei fondi destinati ad aiutare le vittime del terremoto, dello tsunami e della catastrofe nucleare di Fukushima per finanziare il controverso programma annuale di caccia alle balene che, ufficialmente e nelle dichiarazioni di prammatica, avrebbe preminenti scopi scientifici;
secondo gli attivisti di Greenpeace Japan 2,3 miliardi di yen (22 milioni di euro circa) sono stati usati per sovvenzionare misure di sicurezza extra e per coprire i debiti della flotta baleniera giapponese a scapito della ricostruzione;
il Governo giapponese non avrebbe smentito la notizia limitandosi a giustificare la scelta sostenendo che una delle città colpite dallo tsunami ospitava una base portuale per la caccia alla balena -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero e se il Governo intenda intraprendere iniziative nei confronti del Giappone.
(4-14275)

NACCARATO e MIOTTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
De Vizia Transfer spa è una società di igiene ambientale operativa nei settori della raccolta e smaltimento di rifiuti speciali e pericolosi, selezione e recupero di materiali, imballaggi e scarti di lavorazione, consulenza legale, nonché raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti ospedalieri trattati. L'azienda - con sede legale in via Duino, 136, a Torino, sede amministrativa nella zona industriale di Prata di Principato Ultra (Avellino) e uffici operativi a Roma, Avellino, Bagnoli e Pomigliano D'Arco (Napoli), Fondi e Gaeta (Latina), Masserano (Biella), Venosa e Melfi (Potenza), Olbia (Sassari), Quartu Sant'Elena (Cagliari), Pratola Serra e Flumeri (Avellino), Piedimonte San Germano (Frosinone), Pavia di Udine (Udine), Castelfranco Veneto (Treviso), Bovolone (Verona) e Urbana (Padova) - risulta di proprietà di Vincenzo De Vita e Marisa Lombardi. Nel consiglio di amministrazione siedono Nicola De Vizia, nato a Montefusco (Avellino) l'8 luglio 1970; Emilio De Vizia, nato a Montefusco il 14 giugno 1971; e Albina De Vizia, nata a Montefusco il 30 gennaio 1970; figli di Vincenzo;
da articoli pubblicati sui quotidiani Latina Oggi (edizione del 14 febbraio 2010) e La Tribuna di Treviso (edizione del 15 maggio 2011) risultano a carico di Vincenzo De Vizia precedenti di polizia per le seguenti attività: gestione di rifiuti non autorizzata; associazione a delinquere; ricettazione; attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (in concorso con altri 38 indagati); getto di cose pericolose, violazione di norme su rifiuti e imballaggi, abuso edilizio, inquinamento delle acque. A carico di Emilio De Vizia risultano, invece, precedenti per violazione delle leggi urbanistiche; reati contro la pubblica amministrazione, unitamente a un procedimento penale basato sull'ipotesi che Emilio De Vizia «con più azioni del medesimo disegno, criminoso in occasione delle elezioni amministrative degli anni 1995 e 1999 minacciasse di licenziare i dipendenti della ditta Lima Sud della quale era azionista qualora non fossero stati riconoscenti nell'espressione di voto»; procedimento poi archiviato per decorrenza dei termini. Dalle medesime fonti risulta altresì che, in seguito alla sentenza n. 652 del tribunale di Benevento, Emilio De Vizia è stato interdetto dai pubblici uffici per un anno, pena sospesa; e che a maggio 2011 - in seguito a un grave infortunio sul lavoro accaduto nel 2007 a Castelfranco Veneto a un dipendente della società - il tribunale di Treviso ha condannato Nicola De Vizia a una pena di 4 mesi per non aver fornito ai lavoratori dell'azienda adeguate misure di prevenzione e sicurezza;
come riporta La Tribuna di Treviso (edizione del 24 dicembre 2003) a dicembre 2003 la procura della Repubblica di Treviso ha avviato un'indagine nei confronti degli amministratori dell'associazione temporanea di imprese (Ati) con capofila De Vizia Transfer spa - a cui il

consorzio obbligatorio per lo smaltimento dei rifiuti solidi bacino Treviso Tre aveva affidato nel 2000 il servizio di raccolta dei rifiuti nei 25 comuni di competenza - al fine di accertare la sussistenza dei reati di truffa e falsificazione di fatture come denunciato in un esposto presentato dal consorzio Bacino Treviso Tre, con cui l'ente avanzava una richiesta di risarcimento danni pari a 13 milioni di euro per il mancato rispetto del contratto di appalto. A questo si aggiungono le contestazioni del consorzio per i «kit-rifiuti» distribuiti irregolarmente e per la mancata consegna dei contenitori per i rifiuti speciali da parte dell'Ati guidata da De Vizia Transfer spa. Per questi motivi, alla scadenza del contratto, il consorzio Bacino Tre ha deciso procedere con l'affidamento «in house» del servizio di smaltimento rifiuti, assegnando direttamente l'appalto a Contarina Spa (dal 2006 società interamente pubblica di cui il consorzio detiene una quota del 40 per cento. Il ricorso al Tar presentato successivamente all'esclusione dalla gara dagli amministratori di De Vizia Transfer spa è stato respinto dal Consiglio di Stato nel marzo 2011;
nel 2009 De Vizia Transfer spa è stata esclusa anche dal bando di gara per la realizzazione del termovalorizzatore di Salerno dall'allora commissario delegato Vincenzo De Luca - attuale sindaco di Salerno - a causa della «richiesta della società di concludere in via autonoma e diretta accordi per il conferimento dei rifiuti presso l'impianto (eventualità preclusa dal bando di gara); della richiesta di disporre in Campania di impianti per lo smaltimento delle scorie e delle ceneri prodotti dall'impianto con tariffa calmierata; e della qualità architettonica dell'impianto, valutata negativamente dalla Commissione» come risulta dal sito internet www.vincenzodeluca.it;
nel 2010 De Vizia Transfer spa, insieme ad altre imprese di igiene ambientale, è stata estromessa anche dalla gara per la raccolta dei rifiuti bandita dal comune di Chieti, come risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Centro (edizione del 26 agosto 2010);
il 16 e il 17 novembre 2011 - in seguito a una segnalazione circa il pericolo di inquinamento delle falde acquifere firmata dai rappresentanti della Cgil - il personale del Corpo forestale ha effettuato un'ispezione all'ecocentro in viale Lombardia 22 a Monselice (Padova) - gestito dal consorzio Bacino Padova Tre per il tramite di De Vizia Transfer spa, dopo l'acquisto da parte di quest'ultima della società Progetto Salvaguardia Ambiente (ex Trasporti ecologici) - ravvisando i rischi denunciati nell'esposto del sindacato;
nell'area sopra citata risultano altresì presenti da diverso tempo, alcuni container contenenti rifiuti di cui non si conosce la natura né la provenienza che stanno destando un significativo allarme tra la cittadinanza di Monselice;
più volte le organizzazioni dei lavoratori hanno lamentato notevoli difficoltà e rapporti conflittuali nella gestione delle relazioni sindacali negli uffici operativi gestiti da De Vizia Transfer spa. In particolare, la Cgil ha sottolineato la mancata assunzione di impegni da parte dei referenti della proprietà e la loro avversione al principio della mediazione sindacale nell'organizzazione del lavoro. Analoghe criticità sono state segnalate dalle associazioni dei lavoratori anche a Cagliari, Gaeta, Pozzuoli (Napoli) e Castelfranco Veneto, dove la raccolta dei rifiuti è affidata a De Vizia Transfer spa. A riguardo, risultano significativi alcuni episodi, tra cui lo sciopero indetto dai lavoratori della filiale di Monselice il 7 giugno 2010, le gravi anomalie nella raccolta dei rifiuti emerse nel corso della Commissione paritetica sui carichi di lavoro convocata a Monselice il 29 settembre 2011, la denuncia da parte dei lavoratori di problemi relativi alla sicurezza di impianti e automezzi, al corretto pagamento delle spettanze ai dipendenti, e a comportamenti persecutori nei confronti di dipendenti

appartenenti alle categorie protette ai sensi della legge n. 68 del 1999 -:
se i Ministri siano al corrente dei fatti esposti in premessa;
quali concrete iniziative di competenza si intendano porre in essere al fine di permettere l'accertamento sulla natura, l'origine e la previsione di trattamento dei rifiuti presenti nei container all'Ecocentro di Monselice, con l'obiettivo di rispondere alle preoccupazioni della cittadinanza circa eventuali rischi per la salute pubblica, e di verificare se sussistono rischi di inquinamento per le falde acquifere;
quali provvedimenti di competenza i Ministri intendano assumere per assicurare il corretto svolgimento delle relazioni sindacali all'interno di sedi, uffici operativi, filiali e centri ecologici gestite da e per conto di De Vizia Transfer spa, alla luce delle tensioni e delle difficoltà denunciate dai rappresentanti sindacali.
(4-14282)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con precedente interrogazione del 24 ottobre 2011 al Ministro pro tempore Stefania Prestigiacomo, si segnalava che il pesante taglio di circa 63 milioni di euro del bilancio ministeriale metteva a rischio la sopravvivenza stessa del Ministero;
il taglio colpiva - per circa 50 milioni di euro - i fondi della direzione generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia, determinando la sostanziale cancellazione delle attività qui riassunte:
gestione e monitoraggio dei programmi per la promozione degli investimenti per l'efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti di energie rinnovabili, anche in relazione alla strategia energetica nazionale;
promozione, gestione e monitoraggio delle iniziative nell'ambito degli accordi bilaterali e multilaterali di cooperazione ambientale nei settori di competenza;
promozione dell'attività di ricerca in campo ambientale, con particolare riguardo alle attività comunitarie connesse alla lotta ai cambiamenti climatici, allo sviluppo delle fonti di energie rinnovabili e all'energia nucleare, anche relativamente ai profili della sicurezza nucleare;
attuazione delle misure nazionali previste dalla convenzione quadro sui cambiamenti climatici, dal protocollo di Kyoto e dalla relativa normativa comunitaria;
promozione della mobilità sostenibile e della riduzione dei consumi nel settore dei trasporti;
promozione di iniziative ed individuazione di strumenti di intervento idonee a governare gli effetti dei cambiamenti climatici sia sotto il profilo della mitigazione che sotto quello dell'adattamento;
adozione delle misure di attuazione degli impegni internazionali derivanti dalla convenzione quadro sui cambiamenti climatici, dal relativo protocollo di Kyoto e dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze organiche persistenti;
attuazione dei programmi e degli impegni internazionali previsti dalla convenzione di Vienna per la protezione dello strato d'ozono e dal relativo protocollo di Montreal per la protezione dell'ozono stratosferico;
in una fase nella quale è fondamentale la prosecuzione di una politica energetica in linea con le direttive europee, che oggi si indirizza chiaramente verso le fonti rinnovabili, questi tagli rappresentano un colpo mortale al contributo che il Ministero dovrebbe dare al raggiungimento del protocollo di Kyoto;
qualora venissero effettuati, i suddetti tagli porterebbero, tra l'altro, all'abbandono di tutte le iniziative di cooperazione ambientale in corso, in particolare per ciò che riguarda l'esportazione di tecnologie

avanzate in campo energetico nei paesi emergenti, ma anche alla cancellazione di attività in ambito nazionale per la promozione e lo sviluppo delle energie rinnovabili;
il rischio più evidente è anche quello dell'apertura in Europa di procedure di infrazione a fronte del mancato versamento del contributo italiano al finanziamento del pacchetto UE;
nelle recenti dichiarazioni al summit mondiale Cop17 sul clima di Durban il Ministro interrogato parla di «una nuova alleanza che dovrà basarsi sulla diffusione e sulla promozione di tecnologie pulite tra i Paesi più sviluppati e quelli di nuova industrializzazione, su progetti comuni, su investimenti che mettano a disposizione dei cittadini del mondo stili nuovi di produzione e di consumo»;
con l'insediamento del nuovo Governo, all'interrogante non appare invece ancora concretizzato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un reale segnale di discontinuità anche rispetto alle situazione di paralisi di fondamentali attività, quali ad esempio quelle della direzione competente sul rischio idrogeologico e la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati d'interesse nazionale -:
se non intenda attivarsi, e con quali iniziative, per ripristinare le risorse indispensabili alla sopravvivenza stessa delle politiche energetiche da fonte rinnovabile nel nostro Paese, e per garantire il rispetto degli impegni internazionali assunti in tale ambito; quali iniziative concrete di discontinuità rispetto alla linea definita dal precedente Ministro intenda adottare, a partire dalle nomine dirigenziali e degli uffici di detta collaborazione, valorizzando professionalità e competenze interne, per garantire quel cambiamento virtuoso necessario alla sopravvivenza stessa del Ministero.
(4-14285)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dal 1850 non si era mai verificato un decennio caldo come quello appena trascorso. Il 2011 chiude un periodo che ha fatto registrare un aumento delle temperatura tale da fa temere agli scienziati per il futuro della Terra. L'allarme arriva dall'organizzazione meteorologica dell'Onu (Wmo) che, alla 17esima conferenza sul clima a Durban, ha avvertito che ci si sta avvicinando velocemente a cambiamenti irreversibili. «Le concentrazioni di gas serra nell'atmosfera hanno raggiunto nuovi picchi e si stanno rapidamente avvicinando a livelli coerenti con una crescita di 2/2,4 gradi Celsius della temperatura media globale», ha sottolineato il segretario generale Michel Jarraud. Secondo gli esperti, un aumento oltre la soglia dei due gradi potrebbe innescare cambiamenti irreversibili per il sistema terrestre;
il periodo 2002-2011 ha eguagliato il record del 2001-2010 come decennio più caldo da quando sono state effettuate misurazioni accurate nel 1850. A questo si è aggiunto, nella seconda metà del 2010 fino a maggio 2011, il passaggio della Nina, il fenomeno atmosferico ciclico che si ripete ogni 3-7 anni e che ha gravi effetti sul clima. A farne le spese, stavolta, è stata l'Africa orientale, colpita da una spaventosa siccità, le isole nel Pacifico equatoriale e le regioni meridionali degli Stati Uniti, senza dimenticare le alluvioni in Africa e Asia meridionale e nell'Australia orientale. Nonostante la Nina, come il Nino, non siano causati dal cambiamento climatico, l'innalzamento della temperatura invece ha effetti sulla loro intensità e frequenza;
secondo i dati provvisori dell'Organizzazione meteorologica mondiale la temperatura media dell'aria alla superficie per il periodo gennaio-ottobre del 2011 è di 0,41 gradi centigradi superiore rispetto alla media annuale di 14 gradi per il periodo 1961-1990. Il 2011 risulta quindi al decimo posto ex aequo degli anni più

caldi dal 1850. «È nostro compito diffondere le conoscenze scientifiche che guidano l'azione di chi decide. La nostra scienza - ha affermato Jarraud - è solida e dimostra in modo inequivocabile che il clima mondiale si sta riscaldando e che questo riscaldamento è dovuto alle attività umane». La 17esima conferenza delle Nazioni Unite dedicata al clima si è aperta tra profonde divisioni; alla conferenza, fino al 9 dicembre 2011, parteciperanno delegazioni da 190 Paesi e organizzazioni di tutto il mondo; in ballo c'è il futuro del protocollo di Kyoto, l'unico trattato internazionale vincolante per ridurre le emissioni inquinanti, la cui prima fase si concluderà alla fine del 2012. Tra gli obiettivi del summit, anche quello della creazione entro il 2020 di un fondo per il clima da 100 miliardi di dollari l'anno per aiutare i Paesi più poveri a far fronte ai costi della riduzione delle emissioni di gas serra -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di recepire quanto stabilito dalla 17a conferenza delle Nazioni Unite dedicata al clima.
(4-14298)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
passata la crisi del 2009, con il crollo del valore delle materie prime e la conseguente scarsa convenienza del loro riutilizzo, il settore del riciclo nel 2010 ha compiuto un importante balzo in avanti dell'ordine del 40 per cento. «Lo scorso anno sono state riciclate quasi 34 milioni di tonnellate e si conferma l'aumento dei tassi di riciclo in tutte le filiere (in media pari al 65 per cento)», spiega lo studio annuale «L'Italia del Riciclo», presentato nei giorni scorsi a Roma. Il rapporto, promosso da Fise Unire (l'associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, segnala in particolare un forte incremento nel recupero dell'acciaio (+67,9 per cento). Positivi sono risultati anche gli indici per gli altri principali flussi di materiali avviati a riciclo che sono tornati a crescere, ad eccezione della plastica: oltre al boom dei rottami ferrosi (+67,9 per cento), c'è stata una buona ripresa per alluminio (+18 per cento), carta (+9,3 per cento), legno (+15,4 per cento) e vetro (+7,5 per cento), mentre la plastica ha registrato una modesta flessione (-0,7 per cento);
tuttavia, la fase di crescita sembra ormai già archiviata e il 2011 sta chiudendo con una nuova flessione delle produzioni e dei consumi che potrebbero concorrere a frenare nuovamente le dinamiche positive registrate nel 2010. «I dati positivi del settore nel 2010», ha evidenziato Corrado Scapino, presidente di Unire, «sono una conferma di come il recupero dei rifiuti costituisca un passaggio imprescindibile per la transizione verso la green economy e una risorsa indispensabile per diminuire la dipendenza del nostro Paese dall'estero per le materie prime, partecipare alla ripresa economica e contribuire a ridurre gli impatti negativi dello sfruttamento dei materiali vergini e dello smaltimento in discarica». «Per raggiungere questi obiettivi - ha aggiunto Scapino - è necessario che oggi le strategie di crescita industriale si coniughino con politiche di sviluppo sostenibile che prevedono l'impegno e la partecipazione di tutti i soggetti economici presenti nella filiera. Occorre inoltre attivare efficacemente nuove leve per stimolare il mercato dei materiali riciclati, a partire da un'attuazione concreta, seppur graduale, degli acquisti verdi della pubblica amministrazione»;
«Siamo ormai tutti convinti - ha affermato nel corso della presentazione Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile - che le politiche e le misure richieste per far fronte alla crisi ecologica ed in particolare alla corretta gestione dei rifiuti, hanno rilevanti e positive ricadute economiche contribuendo a rilanciare investimenti, occupazione, nuovi consumi e nuove produzioni e quindi fornendo opportunità di

ripresa di nuovo sviluppo. Questo rapporto dimostra che, una volta avviato un percorso virtuoso per gestire tutto il ciclo dei rifiuti, è possibile coniugare ecologia ed economia, riqualificando lo sviluppo nella direzione della green economy e indica anche la strada per superare le tante emergenze rifiuti che periodicamente si affacciano in tutta Italia». Il saldo export-import nel 2010, si legge nello studio, ha continuato ad essere negativo con un peggioramento del 5,3 per cento e con un valore di circa 2,5 milioni di tonnellate, non molto diverso da quello del 2009 (circa 2,4 milioni di tonnellate). Hanno costituito eccezione il settore della carta, che si conferma esportatore con un saldo di 1,125 milioni di tonnellate (leggermente meno del 2009, quando si erano registrati 1,443 milioni di tonnellate) e quello della plastica, che presenta un saldo attivo di 129.000 tonnellate (nel 2009 invece il saldo era negativo per 246.000 tonnellate);
nel settore degli imballaggi, dopo la flessione nel 2009 delle quantità avviate al riciclo pari al 4 per cento, nel 2010 queste hanno raggiunto quota 7,34 milioni di tonnellate, pari al 5,6 per cento in più rispetto all'anno precedente. In termini percentuali, invece, è stata raggiunta una quota di tasso di riciclo pari al 65 per cento con un incremento dell'1,6 per cento sul 2009. Gli incrementi più consistenti si registrano nei settori degli imballaggi in alluminio (+49,7 per cento), del legno (+10,8 per cento) e del vetro (+8 per cento); più contenuto è invece l'aumento della carta (+3,8 per cento) e soprattutto quello della plastica (+1,4 per cento) e dell'acciaio (+0,6 per cento). Il 2010 ha segnato, inoltre, il decollo del sistema di raccolta e gestione dei Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), partito operativamente nel 2008, che ha raggiunto nel 2009 le 193.000 tonnellate. Nel 2010 la crescita positiva è stata ulteriormente confermata dal dato sulla raccolta, pari a 245.000 tonnellate, che ha consentito di raggiungere l'obiettivo europeo dei 4 chilogrammi pro-capite. Da segnalare, infine, l'ulteriore crescita dei quantitativi di rifiuto organico trattato, già aumentato di 400.000 tonnellate dal 2008 al 2009: si stima che la raccolta differenziata dell'umido e del verde abbia raggiunto 3 milioni di tonnellate nel 2010 -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incrementare le misure volte alla promozione del riciclo nel nostro Paese, nonché al fine di incentivare, ad ampio spettro, la green economy.
(4-14300)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in Europa ogni anno l'inquinamento dell'aria provoca gravi malanni a circa 310.000 persone. In Italia si parla di circa 50.000 persone. L'ultimo rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente di Copenaghen - «Air Quality in Europe 2011» - ribadisce un dato che da qualche anno circola fra gli addetti ai lavori. Detto altrimenti, l'inquinamento atmosferico in Europa porta via in media 9 mesi di speranza di vita, fino ad arrivare a tre anni di vita in meno nelle regioni più esposte, come la Pianura padana e il Benelux. Così tante morti premature per insufficienza cardiaca, infarti, crisi respiratorie, ma anche tumori, costituiscono ormai un rilevante problema sanitario ma anche economico, visto che hanno un costo di 80 miliardi di euro l'anno. La cifra comprende anche le malattie da smog e le conseguenti ospedalizzazioni e farmaci;
fra i disturbi da inquinamento va annoverata anche l'ipertensione, come ha mostrato uno studio tedesco pubblicato negli scorsi giorni su Environmental Health Perspective. Cinquemila persone sono state seguite nel tempo mettendo in relazione la pressione con il saliscendi delle polveri sottili. Ebbene, lo studio ha osservato che al crescere di ogni 2,5 microgrammi su metro cubo di particolato fine (il micidiale PM 2,5) in media la minima saliva di 1,4 mmHg e la massima di 0,9 mmHg. Maggiore l'aumento dei millimetri di mercurio in chi vive vicino a

strade molto trafficate. «La ricerca, eseguita dalle università di Colonia, Essen e Dusserldorf, è un altro tassello a sostegno dell'ipotesi che il particolato ultrafine, penetrando negli alveoli polmonari e da lì passando nel sangue, produca uno stato infiammatorio generalizzato in grado di produrre placche arterosclerotiche» commenta Francesco Forastiere del dipartimento di epidemiologia della regione Lazio, forse il più importante studioso italiano di inquinamento dell'aria. Il rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente rileva inoltre che un quinto della popolazione europea vive in zone dove gli inquinanti superano la soglia di legge più volte l'anno. E benché vi siano di anno in anno miglioramenti nelle concentrazioni di polveri di sezione più grande, ossidi di azoto e metalli pesanti, la situazione delle polveri sottili e dell'ozono resta molto critica;
a giudicare dalla composizione dell'aria lombarda analizzata dal nono rapporto del centro comune di ricerca di Ispra (2011), la metà circa dell'inquinamento da polveri proviene dal traffico stradale, mentre l'altra metà si compone di emissioni industriali e riscaldamento (25 per cento), combustione di legna (13 per cento) ed emissioni dall'agricoltura (12 per cento). Quanto all'inquinamento da traffico, il 30 per cento proviene dai tubi di scappamento e dall'usura di freni e pneumatici, mentre l'altro 20 per cento è la polvere «vecchia» che viene risollevata con il passaggio delle automobili. Quindi - conclude il rapporto del centro comune di ricerca di Ispra commissionato dalla regione Lombardia - per riportare le emissioni sotto controllo non basta passare ai modelli meno inquinanti (le auto euro-5 e i camion euro-6). È necessario anche ridurre le auto in circolazione; per questo sono necessarie due diverse misure; comperare macchine nuove e meno inquinanti risolve metà del problema. In parte la sostituzione avviene naturalmente con il passar del tempo. A Londra e Berlino, ad esempio, si è imposto l'accesso facilitato nella low emission zone istituita in queste città alle sole auto a basse emissioni. Le altre pagano salato il privilegio di circolare. A Berlino oggi il parco auto circolante è euro-4 al 90 per cento, le polveri nell'area low emission si sono quasi dimezzate e gli ossidi di azoto sono scesi del 20 per cento. «Anche le politiche della sosta possono servire a ridurre l'acquisto di auto più pulite» spiega Luca Trepiedi, studioso della mobilità dell'Isfort di Roma. In certi borghi londinesi (come a Richmond-Upon-Thames) e in cittadine olandesi si sta diffondendo il parcheggio a pagamento commisurato alle emissioni di CO2 delle auto. L'altro problema italiano è ridurre il numero assoluto di automobili. Seconde solo a Los Angeles, città italiane come Milano e Roma hanno un tasso di motorizzazione che si aggira sulle 6-700 auto ogni mille abitanti. «Se in città in cui il traffico e la sosta sono malgovernate l'auto si facesse pagare per lo spazio che occupa forse ci potrebbe essere qualche cambiamento positivo» spiega lo studioso di trasporti Andrea Debemardi;
contrariamente a tutte le principali città europee, a Roma e Milano, i residenti non pagano il parcheggio. Inoltre, anziché eliminare i posti macchina lungo le strade, questi vengono aumentati con la dotazione di parcheggi sotterranei anche nelle zone centrali. Mentre la politica adottata ormai da una decina d'anni dalle altre metropoli europee è quella di ridurre i posti auto. «Con questa politica, per esempio, a Parigi negli ultimi dieci anni 15.000 posti auto lungo le strade sono stati tolti a favore delle 1.451 stazioni Velib (per 20.000 biciclette pubbliche), di spazio per motorini, car-sharing e pedoni» spiegano gli autori dello studio sui parcheggi in Europa pubblicato di recente («Europe's Parking U-Turn: From Accomodation to Regulation», ITDP, 2011). «Il risultato di questo giro di vite è una diminuzione del 13 per cento dei chilometri percorsi in auto dai parigini dal 2003 ad oggi». Altrove si sono mossi per tempo e ora si godono città più pulite e tranquille. «Segnali di vitalità provengono dalle città tedesche e francesi, dove un massiccio programma di investimenti sul trasporto collettivo ha portato alla ricomparsa del tram in centri importanti (come Lione o Nizza) e allo sviluppo di

tecnologie innovative, come i progetti di «tram su gomma» e «bus ad alto livello di servizio» che sono in corso in oltre 15 centri» spiega Trepiedi. Anche in Italia si trovano in realtà buoni esempi di integrazione fra bici e mezzi pubblici, come a Bolzano, Trento o Ferrara (per esempio con linee dedicate, servizi bici-bus o treno), riportando in alcune zone il traffico automobilistico a livelli accettabili. Tali buone pratiche dovrebbero essere trasferite anche a metropoli più complesse e difficilmente governabili come Roma e Milano -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di abbassare il livello di inquinamento delle maggiori città italiane, promuovendo, al contempo, l'utilizzo di mezzi di trasporto, sia pubblico che sharing, a minor impatto ambientale.
(4-14301)

GHIZZONI e MIGLIOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 30 luglio 2002, la, società Indipendent gas management S.R.L. (IGM), ha presentato al Ministero delle attività produttive istanza per concessione di stoccaggio sotterraneo di gas naturale nell'area di «Rivara», provincia di Modena, comprendendo porzioni territoriali dei comuni di San Felice Sul Panaro, Finale Emilia, Camposanto, Medolla, Mirandola, e Crevalcore in provincia di Bologna;
il progetto prevede uno stoccaggio di 3,2 miliardi di gas in un'area di 120 chilometri quadri e sarebbe, in Italia, il primo impianto di questo tipo;
nel 2005 è stato espresso parere favorevole sull'idoneità tecnica del progetto. Nel novembre 2006 è iniziata l'istruttoria per la valutazione di impatto ambientale conclusasi, nel luglio 2007, con la richiesta al soggetto proponente di fornire ulteriori chiarimenti e integrazioni in mancanza dei quali, la procedente commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non avrebbe potuto esprimere un parere positivo;
nell'agosto del 2009 la società Erg Rivara Storage, costituita dalla precedente richiedente e dalla società Erg Power e Gas, ha presentato un nuovo progetto di stoccaggio nel medesimo sito allo scopo di esperire la procedura di compatibilità ambientale;
il 25 maggio 2011 la Commissione ambiente e lavori pubblici ha approvato una risoluzione con la quale impegna il Governo «ad assumere una posizione politica precisa sull'inopportunità della scelta della realizzazione del deposito di gas Rivara, allo scopo di evitare di sottoporre il territorio e i cittadini a rischi imprevedibili conseguenti alla mancanza di sicurezza sismica e geologica del sito che dovrebbe ospitare il deposito, oltre che per ragioni di criticità ambientale;
con parere approvato il 17 giugno del 2011 la citata Commissione ministeriale, non essendo in condizione di valutare ipotesi alternative e concludere, comunque, la procedura di compatibilità ambientale, esprime il proprio consenso all'avvio di una campagna di indagini geognostiche secondo il programma e con le finalità indicate dal proponente, vale a dire delle indagini dirette ad accertare in concreto la realizzabilità dell'impianto di stoccaggio, facendo presente che l'autorizzazione definitiva, come previsto dalla normativa vigente, è di competenza del Ministro dello sviluppo economico d'intesa con la regione Emilia Romagna;
risulta all'interrogante che la Commissione ministeriale VIA-VAS si sia nuovamente riunita, il 25 novembre 2011, per esprimere un nuovo parere favorevole, quindi sostanzialmente identico a quello già espresso precedentemente, circa la realizzazione della suddetta «fase di accertamento»;
la regione Emilia Romagna, che già nell'ottobre 2009, con la risoluzione del

consiglio regionale n. 4903/2009, aveva invitato il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a valutare soluzioni alternative, ha espresso parere contrario al progetto con delibera in data 8 febbraio 2011 e ancora con nota inviata dall'assessore regionale competente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 29 novembre 2011, fornendo «oggettivi, ineludibili e incontestabili elementi di pericolosità presenti nell'area di Rivara» che renderebbero il sito incompatibile con «operazioni di immissione ed estrazione del gas», ed esporrebbero la popolazione e l'ambiente ad un «rischio difficilmente quantificabile anche a seguito di ulteriori studi e pertanto non valutabile con il margine di certezza necessario in applicazione del principio di precauzione sancito dal diritto comunitario»;
risulta, inoltre, che nella citata riunione del 25 novembre 2011, della commissione ministeriale VIA non sia stato convocato, e perciò sia stato impossibilitato a partecipare, il componente nominato dalla regione Emilia Romagna;
ripetutamente a partire dal 2005, i comuni interessati e la provincia di Modena, hanno espresso, sulla scorta delle indicazioni fornite da numerosi esperti, la contrarietà all'intervento, in quanto l'impianto non fornisce sufficienti garanzie in termini di sicurezza e tutela ambientale;
oltre alle istituzioni e agli enti locali, anche i comitati dei cittadini, appositamente costituiti, e le forze politiche, sia di maggioranza sia di opposizione, hanno più volte manifestato analoga contrarietà al progetto, evidenziandone l'insufficiente sicurezza -:
quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati sui fatti narrati in premessa;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, anche seguendo l'indirizzo approvato dalla competente Commissione parlamentare, sospendere ogni attività legata alla realizzazione dell'imponente impianto di stoccaggio di gas metano, considerate le caratteristiche del luogo e l'opposizione più volte manifestata dalla regione Emilia Romagna alla realizzazione del medesimo;
se i Ministri interrogati non ritengano di dover chiarire le ragioni per le quali la Commissione ministeriale VIA-VAS si sia dovuta riunire il 25 novembre 2011 per esprimere un parere sostanzialmente identico a quello già espresso in data 17 giugno 2011 e verificare le ragioni per le quali alla predetta riunione non sia stato convocato il rappresentante della regione interessata.
(4-14304)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto sostiene il professor Franco Ortolani in un articolo pubblicato dal quotidiano ecologista Terra del 15 dicembre 2011, in località Rizzoli del comune di Laurito (Salerno) dove deve sorgere una discarica, si sta procedendo a sondaggi per la caratterizzazione geologico-tecnica del sottosuolo dell'area che non potrebbero iniziare senza l'assenso dell'ente parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano poiché la località si trova in zona contigua;
inoltre, non risulterebbe espresso un preventivo parere di idoneità geoambientale necessario per procedere all'esecuzione di indagini geognostiche;
secondo il professore F. Ortolani l'area in esame non offre garanzie di stabilità geomorfologica per una discarica di materiali inquinanti per cui l'attività d'indagine geognostica da eseguire in un'area con queste caratteristiche geoambientali è un errore ed una spesa di denaro pubblico inutile -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa e quali azioni conseguenti si intendano

promuovere a tutela dell'area del parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano.
(4-14305)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ROSSA e TULLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il teatro Carlo Felice di Genova si trova in una situazione economica-finanziaria instabile nonostante il consiglio di amministrazione e i lavoratori si siano impegnati in un percorso di risanamento e di rilancio del teatro;
al 31 dicembre 2010 si registrava un passivo patrimoniale di 17 milioni di euro e un passivo finanziario di circa 13 milioni di euro;
in data 10 ottobre 2010 il consiglio di amministrazione della fondazione Teatro Carlo Felice con verbale n. 8 deliberava l'avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa della fondazione, ritenendo impraticabile ogni altra via per la sopravvivenza del teatro se non mediante l'utilizzo di ammortizzatori sociali;
in data 8 novembre 2010, a seguito di un incontro tecnico presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la partecipazione di CGIL, CISL, UIL e la fondazione, si conveniva di utilizzare i contratti di solidarietà tipo B;
nella stessa data, l'ex Ministro Bondi ribadiva al sindaco di Genova la propria disponibilità a sostenere un piano di risanamento della fondazione lirica con il reintegro di 3 milioni sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS), a fronte dell'approvazione da parte dei sindacati di provvedimenti di tutela dei dipendenti e dei lavoratori;
le organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL hanno accettato l'utilizzo dei contratti di solidarietà di tipo B per evitare la liquidazione coatta amministrativa della fondazione che avrebbe portato ai licenziamenti di tutto il personale;
le parti concordavano un percorso che prevedeva il ricorso ai contratti di solidarietà ed in data 13 ottobre 2010 solo la CGIL, CISL e UIL hanno accettato di sottoscrivere l'ipotesi di accordo e l'utilizzo dell'istituto del contratto di solidarietà;
veniva utilizzato l'istituto del contratto di solidarietà per 285 dipendenti a tempo indeterminato e 3 lavoratori a tempo determinato, per una durata di ventiquattro mesi;
ad oggi l'attività lavorativa si è ridotta al 60 per cento con la relativa riduzione della retribuzione che ha garantito alla fondazione una disponibilità di circa 5 milioni di euro che avrebbero dovuto essere investiti in un progetto culturale di rilancio;
i patti sono stati rispettati solo dai lavoratori, considerato che i 3 milioni di euro garantiti dal Ministro pro tempore non sono mai pervenuti;
la perdurante assenza di un reale progetto di rilancio della fondazione ha determinato una programmazione che sembra essere di natura improvvisata e sempre in maggior decadimento;
il patrimonio che il progetto teatro Carlo Felice rappresenta per Genova, la Liguria e per tutti i cittadini è irrinunciabile anche in una prospettiva di rilancio della stessa città e regione;
l'interrogante in data 25 febbraio 2011 con atto n. 4-11033 aveva già rappresentato le difficoltà in cui si trovava il teatro Carlo Felice senza ricevere alcuna risposta -:
se e come intenda confermare l'erogazione dei tre milioni di euro ricordati in

premessa, imprescindibili per la successiva accettazione, da parte dei lavoratori, dei contratti di solidarietà;
anche sulla base degli atti depositati, per quale motivo, a fronte dell'attivazione dei contratti di solidarietà, non sia avvenuto il reintegro dei 3 milioni di euro sul Fondo unico per lo spettacolo;
come intenda intervenire per mettere il teatro Carlo Felice di Genova nelle condizioni di poter proseguire e programmare le proprie attività.
(5-05832)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Mundo ha intitolato, qualche giorno fa, la prima pagina con l'espressione «Italia, saccheggio del paradiso dell'arte»; l'argomento dell'articolo si riferiva alla legge italiana che non consente l'arresto di un trafficante d'arte che ha in mano il Cratere di Eufronio o altri pezzi da milioni di euro. Per l'ufficio delle Nazioni Unite di Vienna che se ne occupa, il traffico illegale di opere d'arti è il quarto business del crimine mondiale dopo i traffici di droga, armi e denaro riciclato. E l'Italia è il Paese in assoluto più colpito. «Il sacco di Roma dei Lanzichenecchi nel 1527 e le spoliazioni napoleoniche dell'Ottocento sono eventi che impallidiscono se messi a confronto al volume dei furti del giorno d'oggi, sempre più "sponsorizzati" dalla criminalità organizzata», ha scritto Avvenire riprendendo il rapporto sulle archeomafie redatto dai carabinieri del comando tutela patrimonio artistico, che insieme ai militari della Guardia di finanza tentano da anni di arginare come possono l'emorragia;
il sito internet che riporta le «opere di particolare rilevanza» tra i «beni culturali illecitamente sottratti», quotidianamente aggiornato, riportava nei giorni scorsi 5.295 oggetti. E si tratta solo di quelli «di particolare rilevanza». Eppure tra i 69.000 detenuti che oggi affollano le carceri italiane neppure uno risulta essere in cella per avere rubato un quadro, scavato una tomba etrusca o trattato con un ricettatore straniero la vendita di un vaso antico. Peggio, come spiega Fabio Isman, autore de I predatori dell'arte perduta, «nessuna sentenza di condanna, che si sappia, è mai diventata definitiva». Nelle prossime settimane dovrebbe arrivare in Corte di Cassazione il processo a Giacomo Medici, forse il più noto dei trafficanti internazionali, già condannato in primo (10 anni e 10 milioni di euro di provvisionale allo Stato per i danni al patrimonio artistico) e in secondo grado. In un deposito a Ginevra aveva centinaia di pezzi meravigliosi e le foto di uno scavo fatto da ignoti tombaroli in una villa pompeiana affrescata, forse a Oplontis, di cui gli archeologi ignoravano (e continuano a ignorare) l'esistenza. Ma l'ipotesi che vada in carcere, a questo punto, è comunque remota;
scrive Isman che «la Razzia è immensa», al punto che anni fa un'indagine della Camera dei comuni di Londra valutò che «il traffico illecito di antichità e cultura superi i 6 miliardi di dollari all'anno. Per buona parte, oggetti italiani». Eppure, esattamente un anno fa, Marion True, un'elegante signora americana per venti anni dirigente del Getty Museum di Los Angeles, nonostante avesse «pacificamente ammesso» a proposito di diversi acquisti di preziosi pezzi archeologici di essersi «resa conto che i reperti erano frutto di scavo clandestino» non ha subìto alcuna conseguenza: tutto prescritto. Anche la mafia si è impossessata di qualche capolavoro. Come la Natività di Caravaggio, rubata nel lontano 1969 dall'Oratorio di San Lorenzo a Palermo. Dipinto nel 1609, varrebbe almeno 30 milioni di euro e secondo il pentito Totò Cancemi «veniva esposto durante le riunioni della Cupola». Il panorama, purtroppo, è quello descritto dal già citato El Mundo: «Ogni anno, migliaia di pezzi vengono rubati da chiese, monumenti e musei italiani senza che le autorità siano capaci di porvi un freno. In Italia esistono più di 3.500 musei e 2.000

siti archeologici che sono costantemente saccheggiati da ladri senza scrupoli che vendono poi la merce al mercato nero. Nel Paese con il maggiore patrimonio artistico e culturale dell'umanità, praticamente nessun tipo di opera pittorica, scultorea o architettonica è in salvo»;
oggi al massimo tombaroli, ricettatori e trafficanti d'arte rischiano sanzioni pecuniarie ridicole (da 775 a 38.734,50 euro), mentre il disegno di legge che il Ministro, pro tempore Giancarlo Galan, aveva portato in Parlamento è rimasto fermo. Tale nuova disposizione prevedeva un raddoppiamento delle pene da tre a sei anni, cosa che consentirebbe l'arresto, la custodia cautelare, l'allungamento dei tempi per la prescrizione e le intercettazioni, più che mai indispensabili per questo tipo di reati -:
quali siano gli intendimenti del Ministro al riguardo e se intenda assumere iniziative normative per inasprire le pene per coloro che sottraggono illegalmente beni culturali allo Stato.
(4-14306)

SBROLLINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
si sta vivendo un momento storico in cui la difesa dell'ambiente dovrebbe essere un tema prioritario;
da mesi nel territorio vicentino si discute della possibile apertura di una nuova discarica per rifiuti con sito individuato tra i comuni di Malo e Monte di Malo;
l'area in cui dovrebbe trovare destinazione la discarica, è una vera e propria cava, anche se catalogata come «miniera», quindi in un territorio che negli anni ha già avuto un utilizzo forte e gravoso, e che attende semplicemente di vedere attivate le vere procedure per il ripristino ambientale;
le amministrazioni comunali coinvolte esprimono parere non favorevole alla realizzazione della discarica;
i terreni ricadenti in territorio del comune di San Vito di Leguzzano (comune che insiste in una porzione territoriale dell'ipotetica discarica), identificati catastalmente al fg. 3, m.n. 291, risultano compresi all'interno del vincolo paesaggistico imposto ai sensi dell'articolo 139, lettera d) del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora articolo 136 lettera d) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42);
è sorto ed è fortemente attivo un comitato di cittadini che da sempre si batte contro l'apertura del sito, e promuove e organizza la protesta pacifica e informata sul tema dei rifiuti e del loro smaltimento -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se, per il tramite della competente soprintendenza, non intenda valutare l'espressione di un orientamento contrario, per quanto di competenza, all'autorizzazione paesaggistica trattandosi di un'area sottoposta parzialmente a vincolo e che, peraltro, attende la bonifica alla luce della cessata attività estrattiva così agendo in difesa del territorio, dei cittadini e delle amministrazioni locali che hanno espresso tutta la loro preoccupazione e contrarietà rispetto agli effetti del progetto ricordato in premessa.
(4-14308)

...

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI, COSCIA e NICOLAIS. - Al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 15 dicembre 2011 è stato illustrato il piano di azione coesione per il miglioramento dei servizi pubblici collettivi al sud, con il quale si accelera l'attuazione dei programmi cofinanziati dai

fondi strutturali 2007-2013 sulla base di quanto stabilito dalla Delibera CIPE 1/2011;
scopo di detto Piano è: «rilanciare i programmi in grave ritardo, garantendo una forte concentrazione delle risorse su quattro priorità: istruzione, agenda digitale, occupazione e ferrovie»;
esso si concentra in quattro delle cinque regioni dell'obiettivo convergenza dove si registrano i maggiori ritardi di attuazione;
il programma relativo alla priorità Istruzione si pone lo strategico obiettivo di incidere sulla preparazione e sulla professionalità delle risorse umane per favorire il massimo sviluppo delle potenzialità e delle attitudini di ciascuno, neutralizzare gli effetti delle disuguaglianze sociali e valorizzare il merito individuale indipendentemente dalla situazione sociale di partenza rafforzando anche l'accessibilità e l'attrattività delle strutture scolastiche. In particolare, il programma intende raggiungere quattro distinti risultati con la riprogrammazione dei POR: favorire nei ragazzi tutte le conoscenze indispensabili e la consapevolezza delle proprie attitudini, potenzialità e capacità, attraverso esperienze di stage e di lavoro; migliorare nei ragazzi le competenze nella lingua straniera; ridurre il fallimento formativo precoce e la dispersione scolastica tenendo conto del contesto e favorendo l'attivazione di energie formative e educative presenti nel territorio; migliorare la qualità delle strutture scolastiche attraverso un forte ricorso alle nuove tecnologie. Tali risultati si realizzeranno contestualmente al rafforzamento del PON, con particolare riferimento ai seguenti due campi di intervento: innalzare il livello di conoscenze e competenze di base con particolare attenzione agli studenti delle scuole che hanno conseguito risultati molto bassi nelle indagini nazionali e internazionali; fornire ai ragazzi maggiori informazioni e accompagnarli nella motivazione e nelle scelte di studio e di lavoro;
il piano sostiene che «il raggiungimento degli obiettivi sopra descritti si basa su una incisiva e diffusa innovazione della didattica, attraverso la diffusione generalizzata delle ICT nella scuola, accompagnata da piani di formazione degli insegnanti e da un piano di diffusione a sistema delle migliori pratiche innovative esistenti»;
ai suddetti condivisibili interventi il piano d'azione programma complessivamente 974 milioni di euro, così ripartite: 663 milioni sui fondi POR FERS, destinati al Miglioramento della qualità degli ambienti scolastici (cioè alle dotazioni tecnologiche e laboratori e agli interventi di riqualificazione degli edifici scolastici) e 311 milioni sui POR FSE, finalizzati al miglioramento delle competenze (cioè a percorsi formativi);
in particolare, a fronte di tale dotazione, il piano dichiara che sarà realizzato «l'aumento di dotazione di tecnologie per la didattica in 2.160 scuole corrispondenti a un passo di copertura del 54 per cento; la riqualificazione di 1.620 edifici scolastici, con un tasso di copertura del 43 per cento e la realizzazione di percorsi formativi per lo sviluppo delle competenze per oltre 65.300 alunni, equivalenti al 5 per cento del totale degli studenti nelle regioni convergenza» -:
quale sia stato il coinvolgimento delle amministrazioni regionali nella definizione del programma «istruzione»;
quale percentuale delle risorse finalizzate al miglioramento delle competenze sia destinata all'aggiornamento del personale docente, anche al fine di implementare nuove metodologie didattiche;
se nell'intervento finalizzato alla «Riqualificazione degli edifici scolastici» sia compresa una quota parte per la realizzazione di nuove strutture, al fine di dismettere le locazioni di edifici privati inadeguati alla funzione educativa e se le risorse di questo intervento siano utilizzabile per la «messa in sicurezza» degli edifici in zone sismiche;

se non si ritenga insufficiente il coinvolgimento del 5 per cento della popolazione studentesca, nella realizzazione dei percorsi formativi per lo sviluppo delle competenze, al fine di ottenere i positivi e ambiziosi obiettivi di servizi quali: «una riduzione della percentuale dei giovani che abbandonano prematuramente gli studi al 10 per cento, rispetto al 26 per cento del 2006; una riduzione della percentuale di studenti con scarse competenze in lettura al 20 per cento, rispetto al 35 per cento del 2003; una riduzione della percentuale di studenti con scarse competenze in matematica al 21 per cento rispetto al 33 per cento del 2006»;
se i Ministri interrogati, alla luce degli obiettivi dichiarati, non ritengano opportuno rivedere la percentuale dei finanziamenti al fine di potenziare i percorsi formativi;
quale quota parte del programma «agenda digitale» - finalizzata al giusto obiettivo di azzerare il digital divide e a trarre i massimi vantaggi dall'utilizzo delle nuove tecnologie - sarà destinata alla didattica, definita nel medesimo piano come settore prioritari di intervento.
(5-05830)

TESTO AGGIORNATO AL 21 DICEMBRE 2011

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:

HOLZMANN e CICU. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni sono pervenute a molte famiglie di inquilini di alloggi di servizio di proprietà del demanio della difesa in provincia di Bolzano, richieste di canoni maggiorati con corresponsione di tutti gli arretrati;
la maggior parte degli inquilini sono pensionati ed ex appartenenti alle forze armate, non in grado di ottemperare a richieste veramente esose;
la situazione sta creando vera e propria disperazione in persone anziane che hanno dedicato la loro esistenza a servire lo Stato e si trovano ora a dover fronteggiare una situazione davvero insostenibile -:
se il Ministro della difesa intenda approfondire la tematica al fine di scongiurare le pesantissime conseguenze per le famiglie degli inquilini della difesa della provincia di Bolzano, eventualmente offrendo alternative agli inquilini con una giusta dilazione dei tempi per poter ottemperare alle necessità del Ministero.
(5-05833)

RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, GIACOMELLI, LAGANÀ FORTUGNO, MOGHERINI REBESANI e VICO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 2, comma 627 (le cui previsioni sono ora confluite nell'articolo 297, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2010), ha previsto che il Ministro della difesa predisponga un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e le ristrutturazioni di alloggi di servizio al fine di soddisfare una necessità pianificata dallo stesso Ministero della difesa pari a circa 51 mila unità abitative, da attuarsi anche attraverso l'alienazione di alloggi non più utili alle esigenze dell'amministrazione della difesa;
in attuazione di quanto sopra è stato emanato il decreto ministeriale n. 112 del 18 maggio 2010 recante il «Regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione l'acquisto, e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare, di cui all'articolo 2, comma 629, della legge 24 dicembre 2004 n. 244 (legge finanziaria 2008)»;

con decreto direttoriale n. 14/2/2010 del 22 novembre 2010 è stato individuato un primo lotto di alloggi in uso al Ministero della difesa (Gazzetta Ufficiale n. 70 del 26 marzo 2011) da alienare, per un totale di 3.020 unità;
con decreto del Ministro della difesa del 16 marzo 2011 sono state dettate disposizioni in materia di rideterminazione nel canone degli alloggi di servizio militari occupata da utenti senza titolo ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2010;
agli alloggi appena individuati con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per la imminente alienazione e vendita debbono seguire ulteriori elenchi di alloggi non più utili, superando momentanei impedimenti determinati da contenziosi amministrativi o da difficoltà di accatastamento, che potrebbero essere risolti nel breve periodo;
ad un attento esame del regolamento n. 112 del 18 maggio 2010, sono emerse alcune evidenti discordanze rispetto alle tutele dei conduttori degli alloggi, non osservate, relativamente alle famiglie ricadenti nelle fasce di tutela stabilite dall'articolo 306, comma 3, del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, che prevede il diritto alla continuità nella conduzione dell'alloggio, rimanendo in affitto, per coloro che non sono in grado di acquistare l'alloggio in cui abitano, se messo in vendita, e nel quale viene in particolare sancito che sia assicurata «la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliare e del coniuge superstite, alle condizioni di cui al comma 2, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato con il decreto ministeriale di cui al comma 2, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT;
nello stesso regolamento di cui al decreto n. 112 del 18 maggio 2010 all'articolo 7, comma 1, lettere a) e b), vengono previsti meccanismi reddituali che ad avviso degli interroganti artificialmente e senza motivazione tendono ad annullare il sistema di abbattimento del prezzo su cui esercitare il diritto di opzione descritto nella legge 24 dicembre 2007, n. 244;
nel decreto del Ministro della difesa 16 marzo 2011 sui canoni di mercato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2011, all'articolo 2, comma 3 vengono introdotti con lo stesso metodo, aumenti del reddito reale ad avviso dell'interrogante non corretti, tendenti a determinare un canone più oneroso;
inoltre, nello stesso decreto sui canoni di mercato, all'articolo 2, comma 6, viene stabilito che ai fini dell'aumento annuale dei canoni, venga applicata per intero la misura dell'aggiornamento annuale ISTAT anziché quella ridotta, universalmente applicata, anche per i canoni privati, pari al 75 per cento;
i canoni cosiddetti di mercato, sono stati imposti per decreto-legge e individuati nella loro entità attraverso un regolamento che non è stato oggetto di parere parlamentare, con il risultato di mettere un grande numero di utenti nella assoluta impossibilità di farvi fronte visto che supera i trattamenti economici che vengono loro corrisposti sotto forma di stipendio o di pensione;
il Tar del Lazio ha accordato una sospensiva ad oltre 100 famiglie che hanno fatto ricorso alla giustizia amministrativa di fronte alla insensibilità dimostrata dall'amministrazione della difesa;
la quasi totalità degli alloggi lasciati liberi dai conduttori cosiddetti sine titulo non risulta assegnata da parte dei comandi competenti a nuovi utenti, facendo così venir meno anche lo scopo dichiarato di sostituire un utente sine titulo con un altro avente titolo;
il piano di ampliamento del patrimonio abitativo della difesa, da destinare in primis ai soldati di carriera, è stanzialmente fermo mentre, al di là delle resistenze manifestate da qualche ente locale e che sono oggetto della magistratura amministrativa, sono rimaste senza risposta offerte formalizzate al Ministero della

difesa da imprenditori privati con il pieno consenso degli enti locali interessati -:
se intenda rivedere l'intera disciplina dei canoni da corrispondere per la concessione di un alloggio di servizio con particolare riguardo alla insostenibilità dei cosiddetti canoni di mercato per raggiungere un punto di equilibrio che possa essere condiviso da tutti soggetti interessati.
(5-05834)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in base a quanto stabiliva la legge n. 308 del 1981, ora abrogata, i risarcimenti connessi a cause di servizio spettavano anche qualora esistesse la condizione della «permanenza in servizio»;
per i militari la condizione di servizio è valida 24 ore su 24 e per questo motivo la citata legge menzionava la condizione della «permanenza in servizio», quale condizione qualificante per ottenere i risarcimenti;
l'esclusione di questa legge dal nuovo codice militare viene ad abolire indebitamente un aspetto specifico della condizione militare e, a giudizio dell'interrogante, lede un diritto fondamentale;
attualmente, comunque, tale legge è in vigore per tutti i casi antecedenti il nuovo codice militare;
anche per tali ragioni, non si ritiene legittima la valutazione data al caso relativo al lanciere Fulvio Pazzi: la valutazione, infatti, «esprime parere negativo ai fini del risarcimento del diritto dei benefici previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006, n. 243, poiché all'esame degli atti, non si evidenziano condizioni ambientali ed operative di missione comunque implicanti l'esistenza o il sopravvenire di circostanze o fatti di servizio che abbiano esposto il dipendente a maggiori disagi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto e che si pongano quale causa ovvero concausa efficiente e determinante dell'infermità in questione»;
nel rapporto informativo del 20 marzo 2006 si legge che il lanciere Fulvio Pazzi ha svolto «... l'incarico "Esploratore Blindo Leggere", nell'ambito dell'operazione Nato Join Forge in Bosnia Herzegovina con base a Sarajevo e Rogatica. ... ha espletato le mansioni connesse all'incarico assegnatogli con scrupolo e dedizione, svolgendo con il resto della propria squadra attività operative quali pattuglie motorizzate, check-points, sorveglianza di punti sensibili in un contesto meteorologico con temperature sotto lo zero e percorsi stradali al limite della pericolosità anche per i veicoli blindati»;
i risarcimenti e gli indennizzi non dipendono solo da quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 243 del 2006, ma anche delle leggi n. 308 del 1981 e n. 466 del 1981;
dal rapporto emerge, inoltre, che in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 243 del 2006, per la vigilanza alle infrastrutture militari, doveva essergli assegnato lo stato di vittima del dovere e quindi la «speciale elargizione», nonché le compensazioni previste; nonché per aver svolto attività in Bosnia, con conseguente esposizione a uranio impoverito e a particelle di metalli pesanti avrebbe dovuto ottenere le compensazioni previste al riguardo;
la menzionata legge n. 308 del 1981, tuttora in vigore per le missioni in Bosnia, richiama l'allegato A, punto 5, della legge n. 313 del 1968, e precisa che deve essere concessa la speciale elargizione per infortuni come il tumore e non è necessario che sussista la causa di servizio, ma è sufficiente la condizione di permanenza di servizio;
il lanciere ha operato senza l'adozione di misure di protezione previste per il pericolo dell'uranio impoverito e dunque dovevano essere elargiti i risarcimenti legati al diritto alla salute e alle leggi sanitarie in vigore;

nella valutazione finale si esclude il legame tra tumore e possibile causa (uranio e particelle di metalli pesanti) basata sulla presunta natura di certezza nei legami causa-effetto, mentre la natura di questo legame è da ritenersi probabilistica, come riconosciuto in seguito e considerate altresì le dichiarazioni dei professori Mandelli e Mele, secondo i quali non si può escludere che vi sia un legame tra linfomi ed uranio impoverito;
la legge n. 398 del 1981, prevede che nel caso un militare abbia contratto un tumore, specie se in rapida evoluzione, (il lanciere Pazzi ha contratto un tumore che lo ha portato al decesso in brevissimo tempo) gli sia concessa la speciale elargizione;
il caso del lanciere Pazzi fornisce una rappresentazione emblematica delle diverse criticità che devono essere affrontate, dai militari esposti si rischi dell'uranio impoverito, per conseguire il risarcimento previsto dalla legge -:
come ritenga di chiarire la circostanza che Previmil e il comitato di verifica, nelle decisioni del 28 gennaio 2008 e del 1o aprile 2009, oltre che nella precedente deliberazione, non abbiano tenuto conto di quanto indicato nel rapporto informativo citato in premessa.
(5-05835)

GIDONI e BITONCI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha un proprio contingente militare impegnato in Libano nel contesto della missione UNIFIL II delle Nazioni Unite, della quale un ufficiale del nostro Paese assumerà il comando nel gennaio 2012;
nell'attigua Siria è in corso una grave crisi politica che potrebbe anche preludere ad un esercizio attivo della cosiddetta «responsabilità di proteggere», con conseguente ricorso della comunità internazionale alla forza armata;
in probabile connessione con i preparativi delle possibili future operazioni, o forse proprio per scongiurare queste ultime, sono in movimento forze navali e terrestri di alcune grandi potenze;
si troverebbero, in particolare, in avvicinamento alle coste siriane, o già nelle acque territoriali siriane, una squadra della Marina militare russa, guidata dalla portaeromobili Kuztnesov, ed una flotta della Marina militare americana, mentre soldati statunitensi avrebbero preso posizione in Giordania, non lontano dalla frontiera siriana -:
se i movimenti in atto intorno alla Siria rappresentino un pericolo per la missione UNIFIL II ed i soldati italiani che ne fanno parte e se si ritenga che la predetta missione UNIFIL II rischi di essere in qualche modo coinvolta nella crisi.
(5-05836)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2008, all'articolo 2, commi 78 e 79, abrogati dal nuovo codice militare, stabiliva che nei poligoni esistono rischi per nano particelle di metalli pesanti, ma non sono state adottate le necessarie misure di protezione;
tale norma assumeva particolare importanza in relazione ai poligoni di impiego internazionale, nei quali non si può essere sicuri degli armamenti che vengono sperimentati da ditte o forze straniere perché a questi enti si richiede solo un'autocertificazione;
ad oggi nel poligono di Teulada esistono addirittura aree che sono state ufficialmente definite come non più bonificabili e delle quali è stata interdetta l'abitabilità -:
se il Governo intenda chiarire perché non siano mai state adottate misure di protezione adeguate nei poligoni;

se e come il Governo intenda provvedere per tutelare i militari ed i civili dai rischi per la salute e per l'ambiente.
(4-14263)

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in esecuzione di alcune sentenze del TAR Lazio, è stato adottato un decreto che individuerebbe nell'Arma dei carabinieri gli incarichi di personale non dirigente cui attribuire l'indennità prevista dall'articolo 52, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002, n. 164;
a causa delle esigue risorse finanziarie disponibili, circa 490.000 euro/annui, al netto degli oneri riflessi, l'indennità in titolo sarebbe attribuita ai soli comandanti di «tenenza» e «stazione» dell'organizzazione territoriale;
il provvedimento riguarderebbe soltanto 53 ufficiali di grado compreso tra sottotenente e tenente, nonché 439 marescialli di grado compreso tra maresciallo ordinario e luogotenente, ricoprenti incarico di comandante di tenenza o stazione con forza organica pari o superiore a 17 unità;
la corresponsione dell'indennità ad una sola, ben distinta quanto circoscritta fascia di comandanti appare incomprensibile e non riconosce la gravità dell'impegno e delle incombenze che scaturiscono dall'azione di coordinamento e direzione dei molteplici reparti dell'Arma;
appare, in particolare, davvero discriminante per i comandanti di stazioni distaccate, con un solo Carabiniere alle dipendenze, ubicate in zone assolutamente disagiate, in un contesto territoriale difficile, a disposizione del servizio 24 ore su 24, che devono affrontare in solitudine serie difficoltà assumendosi tutte le responsabilità che ne derivano;
il provvedimento creerà insoddisfazione tra il personale penalizzato in ragione di una parametrazione, che non considera affatto quella che è la peculiare quanto atipica strutturazione ordinativa dell'Arma -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario prendere in esame altri criteri per l'attribuzione dell'indennità di comando prevista dall'articolo 52, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002, n. 164;
se, non ritenga, di allargare l'indennità di comando anche ai comandanti di stazioni e tenenze più piccole, ubicate spesso in zone disagiate, quale giusto riconoscimento di un'attività aggravata anche da altri fattori oltre a quelli propri del comando.
(4-14268)

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con l'introduzione dell'articolo 6, comma 21-quater nel decreto-legge n. 78 del 2010 (ex emendamento Azzollini) è stato avviato l'oneroso canone di mercato per gli alloggi del Ministero della difesa;
in virtù di tale disposizione, gli affitti calcolati con il sistema ad equo canone maggiorato del 50 per cento sono stati fortemente aumentati arrivando ad essere triplicati o addirittura quadruplicati;
i comandi hanno applicato canoni provvisori da 1.500 a 2.500 euro che intaccano pensioni e stipendi in misura superiore al 50 per cento-60 per cento degli stessi ovvero in alcuni casi li coprono per intero o addirittura li superano;
non è possibile per le famiglie di militari e civili far fronte a tale situazione di fatto determinatasi a seguito del programma (obiettivo 9) delineato da politici e militari -:
se il Ministro, per quanto di competenza, non ritenga di assumere iniziative urgenti per addivenire a un equo canone realizzato con princìpi di obiettività e giustizia, dando ascolto alle numerose famiglie

che, altrimenti, vivrebbero serie difficoltà nell'ottemperare al gravoso onere.
(4-14270)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il titolo III del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 disciplina lo stato giuridico e l'avanzamento del personale religioso in servizio permanente nelle Forze armate. In particolare l'articolo 1625 stabilisce che: «1. Per le pensioni normali, privilegiate, ordinarie e di guerra all'Ordinario, al Vicario generale, agli ispettori e ai cappellani militari in servizio permanente, si applicano le disposizioni in vigore per gli ufficiali dell'Esercito italiano, secondo il grado di assimilazione. 2. Per le pensioni normali ai cappellani militari di complemento e della riserva, si applicano le disposizioni in vigore per gli ufficiali dell'Esercito italiano, secondo il grado di assimilazione.» -:
quanti siano gli ordinari militari, i vicari, gli ispettori, i cappellani militari che attualmente cessati dal servizio permanente percepiscono il trattamento di pensione ordinaria o privilegiata a carico del bilancio dello Stato, quale sia l'ente previdenziale erogatore dei trattamenti pensionistici e quali siano gli importi corrisposti annualmente suddivisi per grado gerarchico;
quale sia il costo complessivo del personale religioso di cui al titolo III del Codice dell'ordinamento militare a carico del bilancio della difesa.
(4-14274)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio intermedio di rappresentanza militare delle Forze operative terrestri dell'Esercito, con delibera n. 28/2011 datata 13 dicembre 2011, ha informato l'autorità affiancata della insalubre situazione alloggiativa in cui i militari volontari e graduati impiegati in esercitazioni presso il poligono di Capo Teulada sono costretti ad alloggiare;
nella citata delibera è scritto che i locali sono senza pareti divisorie, con letti a castello, senza armadi, con bagni non funzionanti, con muffa presente sulle pareti interne ed esterne e con finestre e porte rotte -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto in premessa;
se gli immobili destinati ad alloggi per il personale impegnato nelle esercitazioni presso il poligono di Capo Teulada siano provvisti di adeguata certificazione di abitabilità/agibilità ed in caso affermativo chi l'abbia rilasciata e in che data;
se nell'ultimo quinquennio siano stati stanziati dei fondi per la ristrutturazione di detti edifici ed in caso affermativo quali siano stati i lavori eseguiti ed il loro costo;
il personale di quali ruoli trovi sistemazione in detti alloggi.
(4-14278)

TESTO AGGIORNATO AL 3 APRILE 2012

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

SAVINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge dalle statistiche della Banca d'Italia, le sofferenze derivanti dai crediti divenuti praticamente inesigibili sono cresciute del 39,9 per cento, passando da 72,9 miliardi di fine settembre 2010 a 102 miliardi di fine settembre 2011;
gran parte del peso di queste sofferenze bancarie è a carico delle famiglie

consumatrici, con 24 miliardi, e a carico delle famiglie produttrici, con 9,9 miliardi, seguite poi da società semplici e piccole imprese;
recenti notizie di stampa (La Repubblica del 19 novembre 2011) riportano che secondo il presidente dell'Adusbef, senatore Elio Lannutti, tale aumento potrebbe essere la conseguenza di certe allegre erogazioni concesse fuori dai criteri sulla meritorietà dei credito ad alcuni grandi gruppi industriali da tempo insolventi;
in merito alle predette «allegre erogazioni» il presidente dell'Adusbef avrebbe annunciato di voler chiedere un monitoraggio a fini anche sanzionatori;
in questo momento di crisi, maggiormente penalizzate risulterebbero essere le famiglie e le piccole imprese, alle quali le banche potrebbero non erogare più prestiti;
tale situazione potrebbe determinare condizioni favorevoli per l'aumento del fenomeno dell'usura che, infatti, avrebbe già registrato un incremento del 30 per cento in quest'anno -:
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di salvaguardare le famiglie e le piccole imprese, per contrastare il fenomeno dell'usura e se intenda prevedere un sistema di monitoraggio sulle sofferenze bancarie derivanti da erogazioni del credito concesse fuori dai criteri sul merito di credito.
(5-05837)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel 1998 sono state avviate due operazioni della Guardia di finanza, anche a seguito di un'indagine per usura, svolte dal 2° Reparto del comando generale della Guardia di finanza addetto al coordinamento informativo-sicurezza (sostanzialmente i servizi segreti della GdF), guidato dal generale Emilio Spaziante, denominati «Operazione Sofia» e «Presunto riciclaggio di Capitali», rubricati rispettivamente con i nn. 9302 e 9303 e confluiti nell'inchiesta svolta dal procuratore aggiunto presso il tribunale di Roma, dottor Giancarlo Capaldo;
le informative della Guardia di finanza riferivano di un'operazione di riciclaggio di «denaro sporco» partita dalla Bulgaria (da cui il nome dell'operazione «Sofia»), per circa 670 miliardi di lire, che sarebbero transitati presso la banca popolare di Milano, l'UBS, il Credito svizzero ed altre banche;
secondo quanto affermato dal procuratore Capaldo nel libro «Vaticano SpA» di Gianluigi Nuzzi, tale attività di riciclaggio sarebbe stata funzionale ad un'operazione politica: «L'operazione Sofia, vale a dire il tentativo di creare il Grande Centro, che avrebbe preso il potere»; «Il Grande Centro che si sarebbe dovuto collocare al posto della Democrazia Cristiana. Pertanto era logico che il Vaticano potesse coltivare un interesse diretto alla sua creazione»; «Numerosi particolari provenienti dalle fonti confidenziali sono comunque sintomatici della possibile esistenza di quell'operazione e destano inquietudine per la loro potenziale idoneità a favorire una gestione non democratica del potere»;
come riportato dal settimanale «La Voce delle Voci» del dicembre 2011, questo sarebbe stato l'unico assetto politico in grado di consentire una politica economico-finanziaria capace di garantire il grande capitalismo e gli interessi dei cosiddetti «poteri forti» (banche, finanziarie, grandi gruppi industriali), con evidenti analogie con l'attuale fase dell'«oligoverno» Monti;
sempre secondo quanto affermato dal procuratore Capaldo nel già citato libro «Vaticano SpA», l'allora «Comandante generale della Guardia di Finanza Mosca Moschini pensa di trovarsi di fronte a una vicenda eccezionale, visto che l'indomani, il 5 ottobre 1998, lascia il Comando generale e si incontra con l'allora Ministro delle finanze, Vincenzo Visco, per raccontargli i retroscena dell'operazione "Sofia" ...è un passo quantomeno azzardato,

visto che negli atti d'indagine compare anche il nome di Bersani, Ministro, come Visco, nel Governo Prodi. Non è dato invece sapere se Visco abbia informato anche il Premier»;
ancora nel richiamato libro «Vaticano SpA» si afferma che: «per i magistrati su 130 miliardi di maxi-tangente Enimont ne sono transitati 88,9 allo IOR, monetizzati in 234 titoli di Stato. In altre parole, ben 2/3 dell'intera mazzetta sono passati dallo IOR»; «In quelle ore arrivano alla Santa Sede le indiscrezioni dalla rete di informatori che si è attivata. La prima rappresenta un'autentica e grave fuga di notizie che proprio Caloia allarmato confida a Sodano (segretario di Stato Vaticano) nero su bianco: Fonti amiche della Guardia di Finanza - scrive con qualche ingenuità - mi hanno allertato... stanno per chiudere la morsa» (Angelo Caloia, Presidente dello IOR, che è informato in tempo reale sull'attività dei magistrati durante l'inchiesta Mani pulite);
in tale contesto si può ricordare che il generale Rolando Mosca Moschini, oggi consigliere militare del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, è stato fino all'ultimo momento indicato dalla stampa come in procinto di assumere un incarico nel Governo Monti -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per fare luce su queste gravi vicende, per quanto riguarda i profili attinenti alla Guardia di finanza, in particolare per chiarire se risulti che vi sarebbero state, all'interno della Guardia di finanza, fughe di notizie, le quali, di fatto, avrebbero ostacolato le predette indagini e, quindi, bloccato il rientro ed il recupero dei fondi neri volti a condizionare gli assetti istituzionali e la vita politica dell'Italia, nonché per chiarire se tali fatti siano in qualche modo connessi con la circostanza che il capo del secondo reparto del comando generale della Guardia di finanza, generale Emilio Spaziante, insieme a due ufficiali che lo avevano coadiuvato nelle indagini sopra richiamate, abbiano lasciato la Guardia di finanza per assumere incarichi nei servizi segreti.
(5-05838)

FUGATTI, COMAROLI, FORCOLIN, PINI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comparto del bingo da sala rappresenta una realtà industriale che occupa circa 12.000 addetti, impiegati in diverse mansioni come, ad esempio, quella del controllo delle sale e della regolarità del gioco, del servizio di ristorazione e cucina o del servizio di pulizia;
il gioco del bingo, istituito con il decreto ministeriale 31 gennaio 2000, n. 29, ha registrato, nel 2007, in concomitanza con il progressivo ampliamento del portafoglio dei giochi dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), una significativa flessione dei volumi di gioco: a dicembre 2007, allo scadere del primo periodo di concessione, i dati dell'AAMS indicavano già una riduzione del 30 per cento del numero dei concessionari del bingo: tale allarmante dinamica ha comportato la chiusura di circa 100 imprese, nonché la perdita di 5.000 posti di lavoro, pari al 30 per cento del numero degli addetti complessivo del comparto (circa 15.000 addetti);
ad ottobre 2009 si è registrato il picco minimo nei volumi di raccolta e l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato è intervenuta proponendo al Ministero dell'economia e delle finanze la rimodulazione in via sperimentale per il 2010 della distribuzione delle percentuali degli importi raccolti: le misure sperimentali in materia sono state quindi introdotte con il cosiddetto «decreto Abruzzo» (decreto-legge n. 39 del 2009), con il quale il Governo ha previsto la possibilità di ridurre il prelievo erariale unico (PREU) da un'aliquota del 23,8 per cento ad un'aliquota del 12 per cento destinando il 70 per cento (contro il 58 per cento precedentemente previsto) delle somme giocate ai montepremi, rendendo quindi più appetibile il gioco per i giocatori;

nel 2010 il settore ha registrato un aumento delle vendite di oltre il 25 per cento con un proporzionale aumento occupazionale, e, alla fine del 2010, con il cosiddetto «decreto mille proroghe» (decreto-legge n. 225 del 29 dicembre 2010) ed il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 marzo 2011, le predette misure sono state estese a tutto il 2011;
a marzo 2011 la Commissione finanze della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 7-00507, con la quale si impegna il Governo «a prevedere l'adozione definitiva del nuovo regime del PREU in caso di conferma dei risultati positivi anche nel secondo anno di sperimentazione» e il Governo, nella persona dell'allora Sottosegretario per l'economia, con delega ai giochi, Alberto Giorgetti, aveva espresso una valutazione positiva sulla risoluzione;
anche l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, in più occasioni e dinanzi alle competenti commissioni parlamentari, ha riconosciuto i risultati importanti che sono stati conseguiti grazie all'abbattimento del PREU, e si è espressa favorevolmente circa l'opportunità di stabilizzare le misure sperimentali, allineando l'aliquota d'imposta del bingo da sala a quella del bingo a distanza, che è stabilita nella inferiore misura del 10 per cento;
a pochi giorni dalla scadenza delle richiamate misure sperimentali, gli operatori e le migliaia di addetti del settore si trovano in una situazione di gravissima incertezza, poiché non vi è traccia di alcun provvedimento in grado di assicurare stabilità al settore;
il ritorno alla situazione del 2009 implicherebbe innanzitutto perdite a livello occupazionale, visto che tra i giochi dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato quello del bingo da sala, pur rappresentando il 2 per cento del fatturato complessivo dei giochi, occupa il 10 per cento del totale degli addetti del settore complessivamente considerato ed impiega principalmente donne (ben il 65 per cento sul totale degli addetti del comparto) e giovani (il 95 per cento), vale a dire proprio quelle categorie di lavoratori alle quali dovrebbe essere maggiormente assicurate l'inclusione e la permanenza nel mondo del lavoro;
la mancata stabilizzazione delle predette misure sperimentali comporterebbero perdite che gli operatori del settore stimano pari a 5.000 addetti, prevalentemente donne e giovani, che, nel giro di pochi mesi, con il progressivo abbandono delle sale, si ritroverebbero senza lavoro;
di fronte alla congiuntura economica difficilissima che il Paese sta vivendo, ogni ulteriore inerzia del Governo in materia rischia dunque, concretamente, di gettare un intero comparto nel caos, vanificando politiche di salvaguardia perseguite per anni e il cui valore aggiunto è stato abbondantemente riconosciuto ed attestato non solo dagli operatori, ma anche a livello politico -:
se non ritenga opportuno intervenire con estrema urgenza per assicurare il mantenimento delle misure sperimentali di riduzione del PREU sul bingo, al fine di dare prospettive chiare al settore e consentirgli di poter continuare ad operare in condizioni di competitività.
(5-05839)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge dal supplemento al bollettino statistico della Banca d'Italia dalla fine del 2007 - quando aveva raggiunto i suoi livelli massimi - alla fine del 2010 la ricchezza netta delle famiglie italiane (somma di attività reali e finanziarie) è diminuita del 3,2 per cento a 8.640 miliardi di euro. Sempre in termini reali la ricchezza complessiva è scesa dell'1,5 per cento tra il 2009 e il 2010. Di più, gli italiani stanno anche ricomponendo

i loro portafogli finanziari: più liquidità, meno a azioni e meno titoli di Stato;
per quanto riguarda il rapporto Bankitalia, nel dettaglio, alla fine del 2010 la ricchezza netta delle famiglie (al netto, cioè, delle passività finanziarie) è stata pari a 8.640 miliardi di euro. La ricchezza lorda era invece pari a circa 9.525 miliardi di euro, corrispondenti a poco meno di 400 mila euro in media per famiglia. Le attività reali rappresentavano il 62,2 per cento della ricchezza lorda, le attività finanziarie il 37,8 per cento. Le passività finanziarie, pari a 887 miliardi di euro, rappresentavano il 9,3 per cento delle attività complessive. Secondo stime preliminari, nel primo semestre 2011 la ricchezza netta delle famiglie sarebbe leggermente aumentata in termini nominali (0,4 per cento) per effetto di un aumento delle attività sia reali sia finanziarie (0,4 per cento), nonostante le passività abbiano fatto registrare un incremento del 5,4 per cento. Il numero di famiglie con una ricchezza netta negativa, alla fine del 2008 pari al 3,2 per cento risulta invece in lieve ma graduale crescita dal 2000 in poi;
a fine 2010 le abitazioni rappresentavano quasi l'84 per cento del totale delle attività reali. Alla fine del 2010 la ricchezza in abitazioni detenuta dalle famiglie italiane ammontava a oltre 4.950 miliardi di euro, corrispondenti in media a poco più di 200.000 euro per famiglia. La ricchezza in abitazioni, a prezzi correnti, è cresciuta tra la fine del 2009 e la fine del 2010 dell'1 per cento (circa 48 miliardi di euro). La crescita è stata molto inferiore al tasso medio annuo del periodo 1995-2009 (circa il 5,9 per cento) a causa del rallentamento delle quotazioni sul mercato immobiliare. In termini reali, la diminuzione della ricchezza in abitazioni rispetto al 2009 è risultata pari a circa lo 0,5 per cento;
per quanto riguarda le attività finanziarie, invece, il 43,2 per cento era detenuto in obbligazioni private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni e altre partecipazioni e quote di fondi comuni di investimento. Il contante, i depositi bancari e il risparmio postale rappresentavano, invece, «il 30 per cento del complesso delle attività finanziarie» mentre «la quota investita direttamente dalle famiglie in titoli pubblici italiani era pari al 5 per cento». L'aumento di circa «8 punti percentuali della quota di attività finanziarie in obbligazioni private italiane (dal 2,4 al 10,2 per cento) di quella in riserve tecniche di assicurazione (dal 10 al 18,6 per cento) sono state compensate dalla forte contrazione delle quote di attività finanziarie in depositi bancari e in titoli pubblici italiani (rispettivamente dal 30,2 al 18,3 e dal 18,9 al 5 per cento)». Sul versante delle passività, a fine 2010 quelle finanziarie erano costituite «per circa il 41 per cento da mutui per l'acquisto dell'abitazione», mentre «la quota di indebitamento per esigenze di consumo ammontava a circa il 13,6 per cento»;
negli ultimi due anni, secondo Bankitalia, è «fortemente rallentata la dinamica del valore dei mutui per l'acquisto dell'abitazione: l'incremento si è stabilizzato sul 2 per cento annuo contro un valore di circa il 16 per cento del periodo 1995-2009». Ancora più forte è stata la decelerazione accusata dal credito al consumo, che è passato dal 20,5 per cento in media nel periodo 1995-2009 al 4,8 per cento fra il 2009 e il 2010 -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, al fine di conferire maggior potere di acquisto alle famiglie italiane, soprattutto a quelle con un maggior numero di figli.
(4-14302)

REGUZZONI, NICOLA MOLTENI, CROSIO, BITONCI e MONTAGNOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
i rapporti Svizzera/Italia relativi «all'imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine» sono regolati dall'accordo concluso dai due Paesi il 3 ottobre 1974 (approvato dall'Assemblea

federale il 24 ottobre 1978 ed entrato in vigore il 27 marzo 1979). Tale Trattato permette di eliminare le doppie imposizioni che possono risultare per i lavoratori frontalieri dall'applicazione delle legislazioni fiscali dei due Paesi in materia di imposte sul reddito; stipendi e compensi dei lavoratori frontalieri sono imponibili nello Stato in cui sono prodotti. Per questo motivo i Cantoni dei Grigioni, del Vallese e del Ticino, versano ogni anno allo Stato italiano una quota del gettito delle imposte sui redditi pagate dei frontalieri, pari al 38,8 per cento, con lo scopo di garantire un'adeguata copertura economico-finanziaria allo Stato italiano per le minori entrate derivanti dai lavoratori che prestano la loro attività in Svizzera, ma che usufruiscono in Italia dei servizi pubblici e delle infrastrutture;
la compensazione finanziaria è effettuata in franchi svizzeri mediante un versamento unico nel corso del primo semestre dell'anno successivo a quello cui la compensazione finanziaria si riferisce, tenendo conto di quanto disposto dall'articolo 2 di tale accordo;
i ristorni dell'anno 2010 sono stati versati al 50 per cento, mentre il restante 50 per cento, per una cifra che supera i 20 milioni di euro, è stato trattenuto dal Governo ticinese come forma di protesta;
il congelamento dei ristorni costituisce una violazione al citato accordo internazionale, che sancisce il versamento dei ristorni annualmente nel mese di giugno;
le entrate derivanti dal ristorno rappresentano, per i comuni di confine, una fonte di finanziamento fondamentale;
la Svizzera sembra vincolare lo sblocco dei ristorni alla ripresa dei colloqui in merito alla Convenzione sulla doppia imposizione tra Italia e Svizzera, di cui l'Accordo sui frontalieri è parte integrante. Non solo, si cercano accordi sul prelievo alla fonte di capitali mobili, auspicando una reciprocità dell'Accordo che nega oggi agli svizzeri che operano in Italia una quota di ristorno ai loro comuni, e la rimozione della Confederazione dalla black list dei paradisi fiscali, per la quale la Lega Nord ha presentato al precedente Governo una mozione apposita ed a suo tempo valutata positivamente e approvata dalla Camera -:
se il Governo intenda proseguire nell'indirizzo tracciato dal Governo precedente, per la rimozione della Svizzera dalla black list;
quali iniziative il Governo intenda attuare per promuovere un tavolo di lavoro che consenta la discussione con il Consiglio federale circa gli accordi in materia di doppia imposizione fiscale;
quali azioni diplomatiche il Governo intenda attuare nei confronti delle stesse autorità federali per sbloccare i ristorni attualmente sospesi;
quali iniziative il Governo intenda promuovere per tutelare i comuni di frontiera e gli oltre 51.000 frontalieri che quotidianamente attraversano il confine italo-svizzero;
come il Governo intenda garantire ai comuni e alle comunità montane di confine, in attesa della soluzione della vicenda, la compensazione delle minori entrate derivanti dal blocco dei ristorni operato.
(4-14303)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, nel pomeriggio di domenica 18 dicembre 2011, un detenuto del carcere di Monza, di nazionalità italiana e poco più che quarantenne, si è tolto la vita inalando il gas contenuto nella bomboletta.

Inutili i soccorsi della Croce rossa di Brugherio, giunta sul posto con un'ambulanza e un'automedica;
sulla vicenda il segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, Donato Capece, ha dichiarato: «L'ennesimo suicidio di un detenuto morto dopo aver inalato il gas della bomboletta, avvenuto nel carcere di Monza, bomboletta che tutti i reclusi legittimamente detengono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande come prevede il regolamento penitenziario, impone a nostro avviso di rivedere la possibilità che i ristretti continuino a mantenere questi oggetti nelle celle. Ogni detenuto può disporre di queste bombolette di gas, che però spesso servono o come oggetto atto ad offendere contro i poliziotti o come veicolo suicidario. Riteniamo che sia giunto il momento di rivedere il regolamento penitenziario, al fine di vietare l'uso delle bombolette di gas, visto che l'Amministrazione fornisce comunque il vitto a tutti i detenuti»;
nel corso del 2011, nel carcere di Monza, si sono registrati 11 i tentativi di suicidio, 87 episodi di autolesionismo, 2 aggressione subite dagli agenti della polizia penitenziaria e 84 scioperi della fame. Alla base di questa protesta continua, il sovraffollamento del carcere monzese, che conta oggi 713 detenuti a fronte di una capienza massima stimata in 405 unità -:
se non ritenga opportuno disporre un'ispezione presso il carcere di Monza per fare luce sull'esatta dinamica dell'episodio e per appurare se vi siano state negligenze da parte della direzione, nonché per verificare, più in generale, quale sia la condizione dei detenuti e degli operatori della polizia penitenziaria;
se risulti in che modo era seguito dal personale medico il detenuto in questione e a quando risale l'ultimo incontro che lo stesso aveva avuto con lo psicologo, con l'educatore, con gli assistenti sociali;
se, in particolare, l'uomo fosse stato visitato dallo psichiatra del carcere e se quest'ultimo avesse riscontrato un rischio suicidario;
quali misure più in generale il Ministro intenda adottare nell'immediato per arginare il fenomeno dei suicidi all'interno delle nostre strutture penitenziarie.
(4-14271)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 13 dicembre, V.A., 40enne originario di Bari, è morto nel carcere di Taranto per supposte cause naturali;
la notizia è stata resa nota dal vicesegretario nazionale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Domenico Mastrulli. Il detenuto in questione sarebbe un ex collaboratore di giustizia e sarebbe uscito dall'istituto di pena di Taranto nel 2024;
sulla vicenda Domenico Mastrulli ha dichiarato: «Ecco ci risiamo, anche se si parla di una ennesima morte naturale, il decesso del detenuto evidenzia ancora una volta la situazione di disagio che si vive nelle carceri italiane. Nel carcere di Taranto i detenuti sono stipati, ammassati con letti a castello che raggiungono in alcuni casi il soffitto e in strutture che per l'Osapp sono da sottoporre ad urgenti lavori di ristrutturazione» -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di appurare il modo in cui siano avvenuti i fatti e se nei confronti del detenuto V.A. siano state messe in atto tutte le misure di cura e assistenza che le sue condizioni fisiche richiedevano;
cosa intenda fare il Ministro interrogato per riportare il numero complessivo dei detenuti del carcere di Taranto a quanto previsto dalla normativa;

se non intenda procedere con urgenza ai lavori di ristrutturazione del predetto istituto di pena così come richiesto da tempo dalle organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria.
(4-14272)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa ANSA del 15 dicembre scorso, la procura della Repubblica di Civitavecchia ha ipotizzato l'omicidio colposo a carico di ignoti per il suicidio del detenuto greco di 30 anni che si è impiccato il 14 dicembre nel carcere di Civitavecchia, dove era detenuto per traffico internazionale di stupefacenti;
l'ipotesi di reato è legata alle condizioni psichiche del giovane, che prima di suicidarsi versava in uno stato di profonda depressione legata al regime carcerario, motivo per il quale era sotto sorveglianza speciale -:
di quali informazioni disponga in merito ai fatti descritti in premessa;
se non ritenga opportuno avviare un'indagine amministrativa interna al fine di appurare, indipendentemente e nel rispetto dell'indagine avviata dalla magistratura, l'esatta dinamica dell'episodio e per appurare se vi siano state negligenze da parte della direzione e/o degli operatori della polizia penitenziaria;
se risulti in che modo era seguito dal personale medico il detenuto in questione e a quando risalga l'ultimo incontro che lo stesso aveva avuto con lo psicologo, con l'educatore, con gli assistenti sociali;
se e che tipo di provvedimenti cautelari fossero stati adottati dalla direzione carceraria nei confronti del detenuto morto suicida.
(4-14277)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto dichiarato dal segretario generale della UIL penitenziari, Eugenio Sarno, Feres Chabachb, 25 anni, si è impiccato nella propria cella del centro clinico del carcere Buoncammino di Cagliari;
si tratta del secondo suicidio, dopo quello di Monica Bellofiore, avvenuto a Cagliari nel 2011, mentre il totale nazionale dei suicidi in cella sale a 63;
secondo Eugenio Sarno, «più volte i vari livelli della Uil Penitenziari hanno segnalato come l'istituto del capoluogo sardo non sia in grado di tollerare una grave situazione di sovraffollamento. Al Buoncammino sono presenti 540 detenuti, a fronte di una capienza di 324 (67 per cento indice di affollamento). Ad aggravare la situazione lo stato di degrado della struttura e la carenza organica del personale di Polizia Penitenziaria, con 54 agenti in meno rispetto alla tabella decretata»;
sulla vicenda Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme», ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Il nuovo suicidio nel carcere cagliaritano di Buoncammino conferma, purtroppo, il profondo disagio e la grave difficoltà a far prevalere la speranza sulla disperazione nelle strutture penitenziarie. Il gesto di un ragazzo di 25 anni, extracomunitario, solo, con problemi psichici, trasferito dal Cpsa (Centro Primo Soccorso Accoglienza) di Elmas evidenzia palesemente le falle di un sistema non più accettabile. Un evento tragico che rischia, peraltro, di degenerare in una negativa sequenza. Neppure il gesto di umana solidarietà della Ministra della Giustizia Paola Severino e del Capo del Dipartimento Franco Ionta riservato a Cagliari possono frenare l'onda di insostenibile sfiducia nelle Istituzioni dei cittadini privati della libertà. Il peso di questo nuovo imprevedibile suicidio è particolarmente grave perché riguarda una persona senza famiglia, senza amici, senza nulla. Una persona simbolo della quotidiana esistenza

di tanti immigrati giunti in Italia con la speranza di trovare un'esistenza dignitosa e finiti invece in una struttura non in grado di accogliere il loro vissuto. Chabachb Feres è il simbolo dell'Italia che non è capace di garantire i diritti» -:
di quali informazioni disponga in merito ai fatti descritti in premessa;
se non ritenga opportuno avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare, indipendentemente e nel rispetto dell'indagine avviata dalla magistratura, l'esatta dinamica dell'episodio e per appurare se vi siano state negligenze da parte della direzione e/o degli operatori della polizia penitenziaria;
se risulti in che modo fosse seguito dal personale medico il detenuto in questione e a quando risalga l'ultimo incontro che lo stesso aveva avuto con lo psicologo, con l'educatore, con gli assistenti sociali;
se e che tipo di provvedimenti cautelari fossero stati adottati dalla direzione carceraria nei confronti del detenuto morto suicida;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di contrastare il grave affollamento di detenuti e la pesante carenza di organico degli agenti penitenziari che da anni fanno sì che le condizioni di detenzione e lavorative che si registrano all'interno dell'istituto di pena cagliaritano siano al di sotto della soglia della tollerabilità.
(4-14279)

DI PIETRO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul settimanale L'Espresso del 16 dicembre 2011 si legge che Raffaele Pernasetti, ex membro della banda della Magliana, attualmente in semilibertà, è impiegato come aiuto cuoco presso un noto ristorante del quartiere Testaccio di Roma;
Pernasetti è stato descritto negli atti d'indagine come uno dei pistoleri che si occupò di vendicare proprio il capo dei testaccini ed ora ritorna in semilibertà proprio nel suo quartiere;
il locale è noto ai verbali delle ultime inchieste sulla malavita, per essere, già dal 2003, la sede di riunioni di personaggi malavitosi e criminali;
secondo la direzione antimafia di Roma e le deposizioni di un collaboratore di giustizia, Diego Marsiglia, i superstiti della banda si riunivano, infatti, proprio in quel ristorante, approfittando del giorno di chiusura, con l'intento di ricostruire quella holding criminale, capace, in passato, di controllare i traffici illeciti della capitale;
i magistrati hanno ritenuto il Marsiglia un pentito attendibile: grazie alle sue rivelazioni è stato smantellato un grande giro di droga ed è stato riarrestato un altro personaggio storico della Banda, Giorgio Paradisi. Anche quest'ultimo, secondo il Marsiglia, avrebbe partecipato a più di una di quelle riunioni nel locale sopra detto;
si evince in maniera chiara come la vicenda della banda della Magliana continui ad avere luci ed ombre che le inchieste giudiziarie stanno cercando di dissipare;
ad oggi il collaboratore Marsiglia non usufruisce di un programma di protezione;
inoltre risulta che i magistrati Lotti e Cavallone siano stati trasferiti in altre procure -:
se risulti come mai Raffaele Pernasetti, esponente di spicco di quel gruppo malavitoso, sia impiegato come aiuto cuoco proprio in quel ristorante, indicato dal collaboratore di giustizia Dario Marsiglia come «punto di incontro per la criminalità»;
se il Ministro non ritenga opportuno garantire prima possibile il programma di protezione per il Marsiglia, considerato attendibile dai pubblici ministeri.
(4-14309)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CAVALLARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il nuovo orario ferroviario invernale, adottato da Trenitalia e diventato operativo dal 12 dicembre 2011, ha comportato la soppressione di 28 convogli regionali da parte della regione Marche, che interessano soprattutto i territori di Macerata e Fabriano;
secondo la regione il motivo di tali tagli al trasporto ferroviario è dovuto alla riduzione dei trasferimenti dallo Stato alle regioni, a cui va aggiunta una ripartizione lineare e non premiale, in base al decreto Monti, dei circa 425 milioni previsti come stanziamento del Governo per tutte le regioni relativamente all'anno 2011;
l'assegnazione di tali fondi statali secondo il criterio della premialità avrebbe invece favorito la regione Marche, che vantava per il 2011 un surplus di ben 6 milioni, una delle riserve che la giunta aveva accantonato per far fronte alle prevedibili difficoltà del 2012;
senza premialità alla regione Marche spetta solo 1 milione e mezzo di euro, per cui per il 2012 risultano inevitabili le riduzioni di convogli ferroviari;
tale situazione è ulteriormente aggravata dal taglio dei treni a lunga percorrenza operato da Trenitalia su tutto il territorio nazionale e che nelle Marche ha riguardato cinque Eurostar per Milano, 2 per Roma e alcuni Intercity notte;
a fronte dello sconcerto della regione che lamenta di aver subito un'eccessiva penalizzazione, dato che la soppressione riguarda treni che ormai da anni collegano il Sud con il Nord, l'Est con l'Ovest dell'Italia, i vertici di Ferrovie dello Stato sostengono che tale atto è invece dovuto alle nuove richieste di un mercato che, tra low-cost ed Alta Velocità, non ha più bisogno di tali convogli;
inevitabili sono le pesanti ripercussioni negative che la dismissione delle linee regionali e a lunga percorrenza sono destinate ad avere sui cittadini marchigiani, creando notevoli disagi soprattutto ai pendolari diretti nella capitale, ma anche al settore turistico e al comparto del business, accentuando di fatto una crisi economica che già caratterizza il territorio marchigiano;
resta da affrontare, perché collegata a tali tagli, la questione della riduzione dei posti di lavoro sul fronte degli appalti di tutte quelle aziende direttamente o indirettamente legate al trasporto ferroviario, ma anche di tutte quelle realtà produttive marchigiane che rischiano di essere sempre più isolate dai principali centri economici del Paese e quindi destinate alla chiusura;
togliere risorse al trasporto pubblico è un grande errore strategico perché, da un lato viene fortemente limitato il diritto alla mobilità dei cittadini e dall'altro si aumentano i costi sociali legati all'inquinamento, all'incidentalità e alla qualità della vita, oltre a compromettere lo sviluppo economico di intere aree del nostro Paese già duramente provate dalla crisi in atto;
le scelte operate da Trenitalia sarebbero dettate prevalentemente da questioni connesse all'equilibrio di bilancio, senza considerare, in maniera appropriata, le rilevanti esigenze di mobilità che dovrebbero essere tenute in considerazione nel guidare le scelte di una società che è totalmente a capitale pubblico;
i rappresentanti dei lavoratori hanno già proclamato lo stato di agitazione del settore in vista di uno sciopero, lamentando la riduzione dei posti di lavoro che appare imminente, ma anche contro l'ipotesi

di un aumento delle tariffe per compensare il disavanzo che si crea -:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere sia perché si disponga l'immediato reintegro delle risorse per finanziare il sistema della mobilità pubblica, pesantemente decurtate alle regioni, sia in riferimento alla decisione operata da Trenitalia, secondo discutibili logiche di mercato, di riclassificare e sopprimere alcuni treni a media e lunga percorrenza, a partire dal nuovo orario invernale, e che a parere di molti compromette gli obblighi di servizio pubblico cui è tenuta Trenitalia.
(5-05828)

GHIZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore dei nuovi orari della Modena-Carpi-Mantova sono stati confermati i timori degli utenti sul futuro del servizio. Risulta, infatti, sostanzialmente confermato il precedente orario, con i connessi disservizi e disagi già denunciati da tempo;
tra questi disservizi si registrano, ad esempio, le mancate coincidenze con i treni per Bologna e Piacenza; il mantenimento in servizio di materiale rotabile vecchio e insufficiente per trasportare il gran numero di utenti; il mancato anticipo del treno mattutino 20703, che «regolarmente» arriva a destinazione in ritardo, impedendo così a lavoratori e studenti di accedere puntuali a scuola e nei luoghi di lavoro;
anche per quanto riguarda i collegamenti nord-sud si registrano carenze e riduzione del servizio, con la soppressione della coppia di Intercity 621/622 nella tratta Bolzano-Modena-Bologna, che rappresentavano un utile e veloce collegamento del bacino modenese verso l'Adriatico e verso le Alpi;
in particolare, l'eliminazione dei citati intercity sulla Bolzano-Mantova-Modena-Bologna, oltre a penalizzare fortemente un territorio già escluso dai benefìci dell'Alta velocità, desta particolare sorpresa e disappunto, in considerazione della circostanza che i medesimi collegamenti ferroviari rientrano, meglio sarebbe dire rientravano, nel contratto di servizio con lo Stato;
complessivamente, si registra una totale disattenzione e indisponibilità nei confronti delle esigenze dei cittadini del territorio modenese rispetto alle loro esigenze di uso quotidiano del treno per recarsi nei luoghi di lavoro o studio -:
come sia possibile che siano stati cancellati collegamenti ferroviari compresi nel contratto di servizio tra lo Stato e la società ferroviaria;
quali iniziative intenda assumere al fine di verificare il livello del servizio ferroviario nel territorio modenese, con particolare riferimento al rispetto delle clausole del citato contratto di servizio.
(5-05829)

IANNUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la modernizzazione dell'asse ferroviario Salerno-Battipaglia-Reggio Calabria e verso la Sicilia è fondamentale per lo sviluppo economico e per il sistema di mobilità e di trasporto nel Mezzogiorno ed ha una indubbia valenza di carattere nazionale;
è, di conseguenza, urgente ed essenziale che finalmente, dopo tanti ritardi e tanti rinvii, sia finanziato e realizzato almeno il progetto di potenziamento, di adeguamento tecnologico e di velocizzazione di tale asse ferroviario con il cosiddetto «treno veloce», capace di raggiungere velocità pari a 180/200 chilometri orari;
tale progetto infrastrutturale è assolutamente indispensabile ed indifferibile, in considerazione sia dell'arretratezza della rete ferroviaria attuale sia dell'as

senza di ogni finanziamento per l'estensione della rete dell'alta velocità/alta capacità ferroviaria da Salerno verso Reggio Calabria;
per l'esecuzione di questo progetto del «treno veloce» occorrono circa 300 milioni di euro;
invece, nell'ultima seduta del CIPE del 6 dicembre 2011, nel più completo silenzio e nella più totale inerzia del presidente della giunta regionale della Campania, non è stato assegnato il benché minimo finanziamento per potenziare e modernizzare l'asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria -:
quali iniziative o provvedimenti il Governo intenda adottare, con la massima tempestività e senza ulteriori, ingiustificati ritardi e rinvii, per finanziare il progetto di velocizzazione, di potenziamento, di adeguamento tecnologico, di messa in sicurezza dell'asse ferroviario da Salerno-Battipaglia verso Reggio Calabria e verso la Sicilia, un progetto di assoluta valenza nazionale e fondamentale per incentivare i processi di sviluppo economico e produttivo e per rendere più moderno e funzionale il sistema di mobilità, di collegamento e di trasporto nell'intero Mezzogiorno.
(5-05842)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
continuano i drammatici effetti occupazionali derivanti dalla decisione operata da Trenitalia di sopprimere i treni notturni che comporteranno conseguenze devastanti in tutta Italia per circa 1.200 lavoratori a rischio licenziamento, nonché pesanti disagi ai cittadini;
a partire dal 12 dicembre 2011 gravi sono state le penalizzazioni degli scali ferroviari abruzzesi da parte di Trenitalia, che ha deciso di tagliare alcune corse notturne da Pescara e di sostituirne altre a costo maggiorato;
nello specifico per quanto riguarda l'aspetto occupazionale i sindacati denunciano che la riorganizzazione determina un'ulteriore diminuzione delle attività del personale addetto alle pulizie dei treni, tale da superare oltre il 50 per cento di quelle attualmente svolte. Per molti lavoratori il rischio licenziamento diventa sempre più concreto, se non verranno trovate soluzioni alternative, che al momento Fs non è in grado di prospettare;
in merito ai collegamenti, i treni del servizio universale, Intercity ed Espresso della linea Adriatica si attesteranno a Bologna, costringendo i viaggiatori che devono proseguire per destinazioni diverse a cambi di convoglio e a maggiori costi, dovendo utilizzare necessariamente le Frecce;
inoltre dalla stazione di Pescara non sarà più possibile partire o arrivare di notte con la stessa frequenza di oggi: a fronte degli attuali 8 servizi ne saranno disponibili solo 2, uno per il nord e uno per il sud, in quanto non si potrà accedere ai notturni anche in presenza di treni che circoleranno normalmente e che si fermeranno e sosteranno comunque nel capoluogo abruzzese per il cambio di personale;
ulteriori disagi per tutti quei pendolari che utilizzano il treno come mezzo quotidiano per recarsi al posto di lavoro diventando indispensabile per il loro sostentamento e che denunciano come Trenitalia abbia abbandonato l'Abruzzo senza garantire servizi essenziali come fa, invece, nelle regioni del nord e della costa tirrenica fino a Napoli;
si evidenzia, pertanto, il totale disinteresse del gruppo Fs per la direttrice Adriatica in particolare per le regioni Abruzzo e Marche già escluse dal circuito dell'alta velocità, a cui a ogni appuntamento

di cambio orario vengono riservate peggiori condizioni di trattamento -:
se il Governo non ritenga di dover intervenire a sostegno e tutela di tutti i pendolari abruzzesi che dal 12 dicembre 2011 si vedono negare i propri diritti con notevoli disagi per loro e per i dipendenti di Fs;
se il Governo non ritenga di dover intervenire al fine di ristabilire una corretta politica dei trasporti e una riorganizzazione del servizio ferroviario sulla dorsale adriatica.
(4-14264)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferisce un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa del 15 dicembre 2011, l'autostrada Palermo-Messina inaugurata 7 anni fa, dopo 35 anni, 35 Governi, al costo di 4 miliardi e mezzo, si trova oggi un una situazione tale per cui, due gallerie dell'autostrada (che si chiamano «Tindari» e «Capo d'Orlando», dal nome di due località) stanno per crollare, secondo le stime del perito della procura di Patti, il professore Gianfranco Capiluppi, docente del politecnico di Torino e dell'università di Cosenza, che nella sua relazione denuncia «possibilità di distacco del rivestimento di circa il 70 per cento entro la prossima primavera»;
i due tunnel sono stati posti sotto sequestro, mentre la procura ha inviato otto avvisi di garanzia per attentato alla sicurezza stradale ad altrettanti ex commissari straordinari e tecnici del Cas, il Consorzio per le autostrade siciliane;
il Cas, alcuni giorni prima della pubblicazione dell'articolo, aveva organizzato il doppio senso di circolazione nella parallela galleria lato monte almeno nelle ore diurne dopo aver ottenuto dalla procura l'autorizzazione a rimuovere i sigilli per fare, con massima urgenza, quei lavori che - come la polizia giudiziaria ha accertato, spulciando i bilanci del consorzio degli ultimi cinque anni - non sono mai stati fatti, a dispetto della convenzione con l'Anas che impone di destinare alla manutenzione almeno il 35 per cento degli introiti dei pedaggi, circa 80 milioni di euro all'anno;
gli stipendi incidono per il 45 per cento sul totale degli incassi dell'autostrada, mentre tutte le altre concessionarie dell'Anas non superano il 35;
sono stati ben 13 i morti e 400 i feriti coinvolti nei 610 incidenti avvenuti nei 49 chilometri del tratto fra Acquedolci e Falcone in cinque anni, tra il primo gennaio del 2006 a oggi, come ha calcolato la procura di Patti -:
se non ritenga il Ministro di assumere iniziative per porre fine alla concessione tra ANAS e CAS e quali iniziative si intendano promuovere affinché il soggetto gestore che ha cagionato danni assuma le necessarie misure di ripristino.
(4-14287)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 18 novembre 2011 il quotidiano La Repubblica pubblicava due lunghe pagine d'inchiesta sul racket nella capitale;
secondo l'inchiesta le denunce per il delitto di estorsione dall'inizio dell'anno sono state 283, nel 2010 ne sono state presentate 363;
quasi la metà proviene dal quartiere Centocelle, da Ostia e dal quadrante periferico di Roma sud-est;
secondo quanto dichiara Gianni Ciotti, segretario del SILP CGIL, allo stesso

giornale: «a Centocelle-Tuscolano pagano quasi tutti i commercianti, solo che pochi denunciano»;
l'articolo mette in evidenza il ruolo nel racket e nell'usura del potente clan dei Casamonica, in vaste aree della capitale e del clan Fasciani ad Ostia;
nella breve relazione di sintesi sull'andamento della criminalità organizzata consegnata dalla DDA di Roma alla commissione parlamentare antimafia, si fa riferimento al clan dei Casamonica: «il clan dei Casamonica ha posto solide basi in alcune aree della capitale dove esplica il suo potere economico e finanziario tramite forme d'intimidazione. Nel suo territorio attua un rigido controllo, anche tramite alcuni sistemi di videosorveglianza ed impiego di sentinelle, di tutte le attività illecite che vi si sviluppano»;
il clan presenta quindi le caratteristiche tipiche delle associazioni a delinquere di stampo mafioso: vincolo associativo, forza d'intimidazione e stato di assoggettamento;
giova rilevare che nel territorio di Ostia, tra i più colpiti dal fenomeno del racket secondo l'articolo sopra citato, dai primi mesi dell'anno sono stati compiuti numerosi attentati ai danni di commercianti;
il 3 gennaio venivano distrutti da fiamme dolose 3 casotti dello stabilimento balneare Anima e Core;
l'11 marzo bruciava a causa di un incendio doloso il chiosco «Blanco»;
il 27 luglio il ristorante Villa Irma e la discoteca Kristall venivano distrutti da un grave incendio doloso;
il 29 luglio una bomba artigianale faceva esplodere la saracinesca del locale Pronto Pizza -:
se sia al corrente di tali gravi fatti e se intenda verificare quali iniziative siano state avviate dal commissario di Governo per la lotta al racket e all'usura;
se intenda convocare un tavolo di concerto con le istituzioni locali per una diffusa attività di prevenzione attraverso sportelli mirati all'azione antiracket.
(4-14267)

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento ai drammatici eventi del 13 dicembre 2011 che hanno colpito la popolazione fiorentina a causa della follia di un uomo Gianluca Casseri, di 50 anni che in due agguati in luoghi diversi della città di Firenze ha sparato ed ucciso due uomini senegalesi Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni, e ferito altri tre sempre della comunità senegalese fiorentina, rispettivamente Moustapha Dieng, 34 anni, Sougou Mor 32 anni, e Mbenghe Cheike, 42 anni -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dei fatti sopra citati e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la sicurezza dei cittadini di fronte ad atti di simile ferocia.
(4-14269)

JANNONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è Bologna la provincia italiana dove si vive meglio, mentre a quella di Foggia va la «maglia nera» della vivibilità. Lo stabilisce la ventiduesima edizione della ricerca annuale de Il Sole 24 Ore sulla «qualità della vita nelle province italiane». Tra le realtà maggiori la migliore è Milano, che sale al diciannovesimo posto, mentre Roma è al ventitreesimo ma guadagna ben dodici posizioni. Napoli e Torino si piazzano invece, rispettivamente, al 105esimo posto e al 51esimo;
l'indagine, attraverso le statistiche più recenti mette a confronto la vivibilità nelle 107 province italiane in sei aree significative: tenore di vita, affari e lavoro, servizi-

ambiente-salute, popolazione, ordine pubblico e tempo libero. Ciascuna area è suddivisa a sua volta in 36 parametri e alla pagella finale si arriva attraverso il calcolo dei «voti» ottenuti nei 36 parametri e nelle sei tappe dell'indagine;
oltre a quello tra metropoli e centri minori, l'indagine ripropone l'annoso divario Nord-Sud. Nella classifica finale infatti, per arrivare alla prima realtà del Mezzogiorno bisogna scendere fino al quarantacinquesimo posto occupato da Olbia-Tempio; al contrario, partendo dal fondo classifica bisogna risalire fino all'ottantaquattresimo gradino per incontrare una provincia non meridionale, Frosinone;
anche nelle singole categorie prese in esame dalla ricerca è il Nord a prevalere: Treviso vince nel «tenore di vita», Ravenna in «affari e lavoro», Trieste nei «servizi», Piacenza nella «popolazione» e Rimini nel «tempo libero». Unica vittoria del Sud nell'ordine pubblico, con Oristano che conquista la palma della sicurezza;
la provincia di Bologna arriva al vertice della classifica generale grazie soprattutto ai buoni risultati riportati in quasi tutte le sei aree 1 e in particolare nel capitolo «servizi-ambiente-salute», dove è seconda, ma con un primato riguardo ai posti disponibili negli asili nido. Per quanto riguarda Foggia, la «maglia nera» è frutto invece di un peggioramento dopo che già lo scorso anno il capoluogo pugliese si era piazzato in penultima posizione. A determinare il crollo è la discesa con piazzamenti tra l'82/o e il 106/o posto in tutte le sei aree di indagine. In particolare sul fronte dell'ordine pubblico è ultima assoluta per le estorsioni e terzultima per l'incidenza dei furti di automobili, che risulta quasi cinque volte la media nazionale -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di migliorare la qualità della vita nelle zone in cui essa risulta a livelli molto più bassi rispetto alla media nazionale.
(4-14299)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

CAPITANIO SANTOLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dal 2008 le proteste di insegnanti e professori hanno più volte denunciato l'insostenibile situazione delle scuole italiane relativamente alla precarietà delle strutture e al problema del sovraffollamento delle aule;
la trasparenza dei dati, da sempre pretesa, è stata frequentemente disattesa dalla mancata pubblicità ministeriale di sintesi, grafici e tabelle che potessero svelare il reale impatto della riforma sulla scuola italiana, soprattutto in materia di sicurezza e composizione delle classi;
una norma del 1992 stabilisce che per assicurare una adeguata sicurezza in caso di incendio l'affollamento massimo delle classi deve essere di ventisei persone: venticinque alunni e un insegnante;
la medesima normativa non contempla neppure l'ipotesi di assegnare più di un alunno disabile ad ogni classe;
la sintesi dei dati recentemente pubblicata sul sito del Ministero denuncia, per l'anno scolastico 2008/2009, l'11.6 per cento di classi con più di venticinque alunni; tre anni dopo, nell'anno scolastico in corso, le classi sovraffollate ammontano al 17,3 per cento: nella scuola dell'infanzia una classe su tre è over 25, nella scuola superiore si scende a una su quattro;
per quanto riguarda la destinazione degli alunni disabili, la normativa indicata stabilisce che nelle classi con un portatore di handicap il numero degli alunni dovrebbe essere al massimo pari a venti, in modo da facilitare l'inserimento dell'alunno disabile;
tre anni fa, le classi con un disabile e con più di venti alunni erano poco meno

di undici su cento: il 10,8 per cento. Tre anni dopo, il tasso sale al 13,4 per cento con record alla scuola media;
allo stesso modo, le situazioni che vedono due o tre portatori di handicap nella stessa classe sono passate dal 6 per cento dell'anno 2008/2009 al 7 per cento nel 2011: quasi venticinquemila classi in cui un solo insegnante di sostegno spesso non basta;
recenti ordinanze dei tribunali amministrativi regionali (prima del Lazio, poi delle Marche) hanno accolto favorevolmente i ricorsi di associazioni, genitori e docenti, volti al rispetto delle normative vigenti e al ripristino di condizioni di sicurezza necessarie negli ambienti educativi -:
quali provvedimenti intenda adottare allo scopo di rendere maggiormente idonee le strutture scolastiche esistenti, in un'ottica di attuazione delle normative in vigore e di ottimizzazione delle risorse a disposizione.
(3-01982)

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO e ROSSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'istituto Giannina Gaslini di Genova rappresenta un polo di eccellenza nel panorama degli ospedali pediatrici italiani; per le capacità professionali che esprime è spesso un motivo di speranza per molti bambini, ragazzi e le loro famiglie, per affrontare malattie che talvolta richiedo mesi di ricovero;
l'istituto cerca anche di aiutare le famiglie che provenienti da altre regioni talvolta hanno la necessità di soggiornare per lunghi periodi per assistere i figli ricoverati;
oltre a prestare le cure necessarie, la direzione dell'istituto si fa carico di rendere il ricovero il meno traumatico possibile attraverso una serie di iniziative tra cui il prosieguo degli studi che per le classi elementari e medie è garantito con il distacco d'insegnanti della scuola media Strozzi;
è attivo per gli studenti delle scuole superiori il progetto «scuola in ospedale», i cui finanziamenti dipendono dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il progetto interessa 10 studenti seguiti dall'istituto Gaslini;
è di questa mattina la notizia riportata dall'edizione genovese de La Repubblica, che una ragazza di 15 anni ricoverata al Gaslini dal 25 settembre 2011 dopo una degenza di 5 mesi a Catania a seguito di una leucemia mieloide e in attesa di trapianto afferma che le sue speranze di poter continuare a studiare rischiano di essere deluse;
le sue drammatiche parole trovano conferma da parte del referente per l'Ufficio scolastico provinciale di Genova che conferma che il progetto «scuola in ospedale» quest'anno non ha ricevuto alcun finanziamento, e che da gennaio 2012 nessuno dei dieci studenti seguiti potrà contare sul sostegno formativo anche ai fini della valutazione per passare alle classi successive -:
se sia a conoscenza della situazione che si è determinata, che rappresenta una grande ingiustizia per i giovani pazienti che già devono combattere contro le gravi malattie che li hanno colpiti;
quali iniziative intenda assumere per ripristinare il finanziamento al progetto «scuola in ospedale», al fine di evitare la sospensione dell'insegnamento per i giovani pazienti.
(5-05843)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
molti docenti, pur avendo conseguito l'abilitazione all'insegnamento nei diversi gradi della scuola pubblica, all'esito del

concorso per titoli ed esami (1999/2000) non hanno avuto la possibilità di rinnovare, per molteplici e motivate ragioni, l'iscrizione nelle graduatorie permanenti, e quindi sono stati depennati dalle graduatorie permanenti ad esaurimento istituite dal decreto ministeriale n. 42 del 2009, che prevedeva l'integrazione e l'aggiornamento. Questi, però, non hanno mai rinunciato formalmente all'integrazione e all'aggiornamento della loro posizione in tali graduatorie, prova ne è che gli stessi rinnovano puntualmente la domanda e, inseriti nelle graduatorie d'istituto di seconda fascia, vengono comunque chiamati ad insegnare;
è pur vero che il nuovo inserimento nelle graduatorie ad esaurimento fu consentito, con decreto ministeriale n. 42 del 2009, per le categorie di personale docente elencate nell'articolo 5-bis della legge n. 169, richiamate negli articoli 4, 5, 6, 7 e 8, che si inseriscono a «pettine», in base al proprio punteggio: i docenti che frequentato i corsi del IX ciclo presso le scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario (SSIS) o i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID), quelli attivati nell'anno accademico 2007/2008. Hanno avuto accesso alle graduatorie permanenti ad esaurimento anche i docenti che hanno solo frequentato il primo corso biennale di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di educazione musicale;
hanno, inoltre, avuto la possibilità di inserirsi con riserva nelle suddette graduatorie coloro che si erano iscritti nell'anno accademico 2007/2008 al corso di laurea in scienze della formazione primaria e ai i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID), la riserva è stata poi sciolta all'atto del conseguimento dell'abilitazione relativa ai corsi che ancora si stavano frequentando;
all'elenco si deve aggiungere il personale docente beneficiario della sanatoria prevista dall'articolo 36-bis del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, in quanto iscritti con riserva nelle graduatorie a esaurimento per aver partecipato ai corsi speciali abilitanti, di cui al decreto ministeriale n. 85 del 2005, senza il requisito di servizio;
l'inserimento a pieno titolo è stato anche previsto per coloro che hanno conseguito il diploma abilitante, di sostegno o nella didattica differenziata Montessori dopo la scadenza dei termini, ma entro il 30 giugno 2009;
infine è previsto l'accesso alle graduatorie per l'idoneità o abilitazione all'insegnamento riconosciute, con provvedimento dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ai sensi delle direttive comunitarie recepite nel decreto legislativo del 6 novembre 2007 n. 206 in attuazione della direttiva al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania;
in definitiva, sono stati inseriti tutti i docenti tranne coloro che, pur in possesso dell'abilitazione, non sono riusciti a far domanda per l'aggiornamento nel 2007 e dunque questi docenti (abilitati e vincitori di concorso ordinario) sono tutti inseriti in seconda fascia ma non potranno mai chiedere l'immissione in ruolo;
si ritiene doveroso, pertanto, che costoro abbiano nuovamente il diritto di presentare la domanda per potersi reinserire o fare una nuova iscrizione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere una iniziativa normativa per inserire nelle tempestiva graduatorie ex-permanenti i docenti abilitati - non inseriti nelle Gae o cancellati - in analogia a quanto è stato consentito ad altri aventi diritto, così da poter applicare un principio di uguaglianza tra tutti i docenti che hanno conseguito e che stanno per conseguire l'abilitazione all'insegnamento in seguito alla frequenza dei corsi abilitanti attivati dal Ministero o, a maggior ragione, per averla conseguita all'esito

di un concorso ordinario e, quindi, dare certezze a chi inizia un percorso verso una professione senza albi regionali o chiamate dirette.
(4-14280)

DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito delle riforme introdotte dal precedente Governo, è stato emanato il regolamento decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, contenente norme relative al dimensionamento della rete scolastica, il quale ha innalzato di una unità il numero massimo di alunni per classe, disponendone l'applicazione dal 2010/2011. I nuovi limiti massimi sono così determinati: scuola infanzia 26 alunni per classe, primaria 26, secondaria di I grado 27, secondaria di II grado 30 (e «non meno di 27», precisa il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009). Tali limiti, per effetto dell'articolo 4 dello stesso regolamento, possono aumentare fino al 10 per cento in sede di organico di fatto. In termini concreti, la soglia massima può raggiungere 29 bambini per sezione nella scuola dell'infanzia, 29 alunni nelle classi di primaria, 30 in quelle di I grado e 33 nelle classi delle superiori, salvo alcune situazioni straordinarie regolamentate;
si precisa che tali norme devono necessariamente coordinarsi con criteri normativi previgenti, in particolare il rispetto del parametro risultante dal rapporto alunni/superficie che risale al decreto ministeriale del 18 dicembre 1975, recante norme tecniche relative all'edilizia scolastica, norme ancora in vigore in quanto richiamate dall'articolo 5, comma 3, della legge n. 23 del 1996. In riferimento alla funzionalità didattica, il suddetto decreto prevede i seguenti standard minimi di superficie: 1,80 metri quadrati/alunno nelle scuole materne, elementari e medie e 1,96 metri quadrati/alunno nelle scuole superiori. Altro criterio vigente è quello previsto nel decreto del Ministero dell'interno del 26 agosto 1992 («Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica»), secondo il quale le aule scolastiche non devono contenere più di 26 persone (compresi alunni ed insegnanti). Si ricorda inoltre che resta in vigore il decreto ministeriale 21 giugno 1996, n. 292, che individua il dirigente scolastico come «datore di lavoro», attribuendogli tutti gli obblighi e le relative responsabilità per l'attuazione delle disposizioni in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, prevista dapprima dal decreto legislativo n. 626 del 1994 e ora dal decreto legislativo n. 81 del 2008;
vale la pena precisare che all'aumento degli alunni per classe non è corrisposto tuttavia l'adeguamento strutturale delle aule da parte degli enti locali;
tale situazione riguarda diverse scuole nella regione Molise. A seguito di numerosi ricorsi presentati dai genitori degli alunni, il TAR Molise si è pronunciato contro l'accorpamento delle classi predisposto dall'ufficio scolastico regionale presso il liceo classico «M. Pagano» di Campobasso, dove, alla fine dell'anno scolastico scorso, esistevano quattro classi del V ginnasio (secondo anno del liceo classico) in organico di diritto, con un numero complessivo di 87 alunni; al fine di ridurre il numero delle classi, si era ipotizzato uno smembramento di una delle succitate classi, la sezione D, per formare tre classi di primo liceo con 29 alunni ciascuna; come si apprende dalla stampa locale, il Tar Molise si è pronunciato con una misura cautelare il 25 novembre 2011, decisione che ha ribaltato l'ordinanza del Consiglio di Stato (28 ottobre 2011), sospendendo di nuovo l'accorpamento delle classi. In questo modo, la I D, che era stata soppressa dall'Amministrazione scolastica, si è temporaneamente riformata, in attesa del 12 gennaio 2012 quando si terrà l'udienza conclusiva;
con decreto n. 174 del 21 settembre 2011 - il Tar Molise, ribadendo il rispetto delle norme igieniche e di sicurezza, ha sospeso l'accorpamento delle classi quarte dell'istituto tecnico commerciale «L. Pilla»

di Campobasso. Le nuove classi avrebbero accolto, rispettivamente, 29 e 30 alunni;
per quanto riguarda il liceo scientifico di Larino, risulta che le aule che avrebbero ospitato due classi quarte hanno superficie minime inferiori a quelle normativamente richieste, cioè 1,41 metri quadrati e 1,51 metri quadrati per alunno, anziché 1,96 metri quadrati, come indicato alla tabella 9 del decreto ministeriale 18 dicembre 1975. L'accorpamento avrebbe quindi violato i parametri e le condizioni minime di igiene e sicurezza scolastica: condizioni che, come ha ribadito il Tribunale amministrativo con decreto n. 172 del 14 settembre 2011, devono essere necessariamente rispettate;
con decreto n. 170 dell'8 settembre 2011, il Tar Molise ha sospeso il provvedimento del 24 giugno 2011, con cui l'ufficio scolastico regionale per il Molise ha proceduto ad accorpare la ex classe I sezione B del Liceo scientifico di Riccia (Campobasso) alla sezione A, eliminando di fatto, per l'anno scolastico 2011/2012, la sezione B per la classe II e prevedendo, di conseguenza, un'unica classe seconda di 29 alunni. Il provvedimento è stato impugnato dai genitori degli alunni che avevano frequentato, nello scorso anno scolastico, le classi prime del liceo e il Tar Molise ha riconosciuto che il provvedimento dell'amministrazione scolastica viola le norme igieniche e di sicurezza, in conseguenza del sovraffollamento -:
se non ritenga necessario un tempestivo intervento, al fine di evitare in corso di anno casi simili a quelli degli istituti molisani, nel rispetto dei precedenti giuridici creati dalle numerose pronunce della giustizia amministrativa;
se non ritenga necessario assumere le iniziative necessarie per modificare i limiti massimi e minimi di alunni per classe, stabiliti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 in modo da garantire il rispetto delle leggi sulla sicurezza e agibilità dei plessi scolastici sopracitati, rimuovendo del resto gli ostacoli, prodotti dal sovraffollamento delle aule, all'ordinaria e corretta attuazione della didattica.
(4-14281)

JANNONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il capitale generato dai 243 brevetti che migliori 50 cervelli italiani depositano all'estero ammontano a più di un miliardo di euro l'anno, un valore che, in una prospettiva ventennale, potrebbe arrivare a toccare quota tre miliardi. Un profitto che l'Italia, si è lasciata sfuggire; attualmente i fondi destinati alla ricerca nel nostro Paese oscillano tra l'1,1 per cento e l'1,3 per cento del prodotto interno lordo. Questo è quanto emerge da uno studio dell'Istituto per la competitività (I-Com) presentato dalla fondazione Lilly. Secondo l'Istituto, nel corso della sua attività un giovane ricercatore ha una produttività media di ventuno brevetti che equivalgono a 63 milioni di euro e ben 148 milioni in una proiezione ventennale. Solo nell'ultimo anno, i migliori venti ricercatori italiani hanno depositato fuori dal suolo nazionale otto scoperte come autori principali. Si tratta, in termini di ricavo, di 49 milioni di euro che tra venti anni diventeranno 115 milioni. Se si considera, invece, la totalità dei brevetti a cui i nostri venti «top cervelli fuggiti» hanno contribuito come membri del team di lavoro, il numero sale a 66. Si tratta di 334 milioni di euro che in una previsione ventennale diventeranno 782 milioni;
sempre secondo lo studio dell'I-Com, i fondi destinati al settore sono rimasti pressoché identici negli ultimi undici anni. Nel 2000 la percentuale destinata alla ricerca era pari all'1,1 per cento del prodotto interno lordo, nel 2011 il valore oscilla tra l'1,1 per cento e l'1,3 per cento suddiviso in 0,6 per cento da fondi pubblici e 0,5 per cento da privati. «L'investimento in ricerca e sviluppo è sotto la media dei paesi Ocse», afferma Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario

nazionale (Cun), aggiungendo che «il settore trainante della ricerca è quello biomedico a cui è destinata la quota più alta degli investimenti, pari allo 0,078 per cento del Pil». L'altro aspetto preoccupante, evidenziato dallo studio, è la mancanza nel nostro Paese di un'organizzazione centrale in grado di seguire il destino dei finanziamenti. Questa assenza impedisce che i fondi vengano raccolti e distribuiti secondo criteri meritocratici. Finisce così che i pochi fondi erogati si perdono in mille progetti senza essere convogliati nei cosiddetti «incubatori di idee», parchi scientifici e campus di ricerca, che stanno fiorendo nei Paesi più avanzati. Nonostante tutto i nostri ricercatori rimangono tra i migliori al mondo. Sono «presenti nelle ricerche più citate nel mondo - continua Lenzi -, anche se il ricercatore italiano valorizza e brevetta poco le sue scoperte». L'Italia, infatti, è in fondo alla classifica per numero di brevetti sviluppati in patria negli ultimi anni, ma sale drasticamente per produttività all'estero;
in un solo anno il numero delle donne nella lista dei 50 migliori ricercatori italiani al mondo è raddoppiato. Ma nei laboratori di ricerca il peso delle donne sembra ancora relegato a un ruolo «da mediano»: è molto forte la loro presenza nei team che portano alla luce scoperte e brevetti ma ancora scarsa quella nel ruolo di team leader, senza contare la forte disparità esistente dal punto di vista economico con i colleghi maschi. Sui 371 brevetti prodotti dai venti migliori ricercatori italiani all'estero, in 225 progetti (il 65 per cento) hanno lavorato ricercatrici nel team di studio, mentre solo 16 hanno come autore principale una donna. I 225 progetti a cui hanno contribuito le ricercatrici valgono oggi 503 milioni di euro e, in una proiezione a venti anni, il loro valore dovrebbe salire a poco più di un miliardo di euro. I 16 brevetti «rosa», poi, hanno sviluppato un valore economico pari a 74 milioni di euro come valore attuale e tra venti anni la cifra salirà a 173 milioni di euro. L'incremento della presenza femminile nei laboratori scientifici è un segnale importante. E non a caso la fondazione Lilly, nell'ambito della terza edizione del premio «La Ricerca in Italia: un'Idea per il Futuro», ha assegnato una borsa di studio del valore di 360 mila euro ad una trentaduenne palermitana. Chiara Cerami, impegnata nella ricerca di una nuova diagnosi precoce per l'Alzheimer -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incrementare la quota di prodotto interno lordo destinata alla ricerca, nonché alla fine di creare un sostrato normativo proficuo per il rientro dei ricercatori italiani che si trovano all'estero.
(4-14295)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere - premesso che:
la pubblica amministrazione è al centro di un processo di riforma e di razionalizzazione finalizzato anche a combattere gli sprechi, costituiti da inutili ridondanze e da una duplicazione delle competenze, che spesso hanno caratterizzato tale settore;
un percorso di riforma deve essere posto in essere con una visione chiara degli obiettivi e attraverso il coordinamento di disposizioni e di strumenti;
le recenti disposizioni varate dai governi pro-tempore in materia hanno in alcuni casi dato origine ad un quadro di incertezza, rischiando di creare enorme confusione nei confronti delle pubbliche amministrazioni e dei loro dipendenti;

in particolare il decreto-legge n. 138 del 2011 (cosiddetta «manovra-bis») ha introdotto tagli a livello delle dotazioni organiche per le amministrazioni centrali, oltre ad un ulteriore riduzione degli uffici dirigenziali di livello non generale e delle relative dotazioni organiche e alla rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale (entro il 31 marzo 2012);
tali tagli si sono abbattuti su posizioni vacanti e sul successivo contenimento delle assunzioni, ma di recente hanno interessato anche il personale presente;
le disposizioni recenti introdotte dall'attuale Governo in materia pensionistica, attraverso l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, applicandosi anche al settore pubblico, hanno rallentato fortemente le uscite di personale per i prossimi tre e cinque anni, impedendo tra l'altro il riassorbimento dei soprannumero creati dai tagli e dai processi di fusione;
bisogna inoltre ricordare che in presenza di eccedenze non riassorbite scatta il divieto di assunzione a qualsiasi titolo, aumentando quindi la già elevata età dei dipendenti pubblici, a discapito dell'innovazione;
la riforma pensionistica, secondo le prime stime circolate nei Ministeri, ridurrà del 40 per cento i pensionamenti nelle pubbliche amministrazioni;
attualmente si registrano presso le amministrazioni centrali circa 2.000 eccedenze del personale, e, con i tagli da effettuare entro il 31 marzo 2012, si avranno circa i 5.000 esuberi da collocare per due anni all'80 per cento della retribuzione, data l'impossibilità di collocarli presso altri livelli di governo a causa del patto di stabilità interno e della sofferenza dei bilanci di regioni ed enti locali -:
se il Governo non ritenga di assumere adeguate iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate, ad un coordinamento tra normativa in materia pensionistica e quella in materia di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni, per continuare il processo di riforma della pubblica amministrazione secondo criteri di chiarezza, meritocrazia, premialità e responsabilità.
(2-01298)
«Marinello, Marsilio, Gioacchino Alfano, Baldelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:

BURTONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i piani sociali di zona oggi rappresentano lo strumento attraverso il quale si declinano le politiche di contrasto al disagio e alla marginalità in particolare di famiglie, giovani e minori;
il taglio delle risorse al fondo per le politiche sociali sta mettendo in seria difficoltà regioni e comuni nella ripartizione dei fondi per le azioni dei piani sociali di zona;
ad esempio in Basilicata la Conferenza dei sindaci del piano sociale di zona della collina materana, tenutasi a Marconia di Pisticci il 30 novembre 2011, ha stabilito la chiusura immediata del centro diurno per minori sito in Pisticci presso la popolosa frazione di Marconia in via Turati s.n.c.;
la popolazione pisticcese compresa nella fascia da 3 a 18 anni costituisce il 50 per cento della popolazione minorile dell'interno piano di zona della collina materana;
ad oggi sono stati presi in carico dal centro, alternandosi, in circa sei anni, circa 40 bambini e ragazzi segnalati dal servizio sociale comunale per i quali sono state poste in essere azioni concrete (piano educativo individuale), mirate a prevenire o sanare il fenomeno della dispersione scolastica, a favorire un miglior rapporto dei minori con la scuola e a facilitare l'integrazione scolastica e sociale di bambini e ragazzi extracomunitari;
vi è anche un sostegno all'attività genitoriale in funzione dell'educazione;

si tratta di una struttura di fondamentale importanza per il territorio, considerati anche agli effetti occupazionali e di realizzazione professionale ad essa riconducibili;
in presenza di maggiori risorse il piano sociale di zona non presenterebbe questa difficoltà -:
quali iniziative il Governo intenda porre in essere per incrementare le risorse del fondo per le politiche sociali anche per favorire la soluzione di problematiche come quelle descritte in premessa.
(5-05845)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 3 dicembre 2011 si è celebrata la «Giornata internazionale delle persone con disabilità» promossa dall'ONU ed ogni anno si incentra su uno dei molteplici aspetti legati alla disabilità;
si stima che il 15 per cento della popolazione mondiale ha una disabilità e circa un quinto del totale (110-190 milioni) delle persone con una disabilità ha gravi difficoltà. Inoltre, un quarto della popolazione globale convive con la disabilità come familiare o persona vicina affettivamente;
in tutto il mondo le persone con disabilità subiscono una pesante marginalizzazione sociale, barriere architettoniche, negazione dei diritti umani e civili. Quasi l'ottanta per cento delle persone con disabilità vive nei Paesi poveri: disabilità, povertà ed alto tasso di mortalità sono strettamente correlate e sono ciascuna la causa dell'altra. I tre ambiti in cui è più grave la compressione dei diritti della persona con disabilità sono l'istruzione, la salute ed il lavoro. Il novanta per cento dei bambini con disabilità dei Paesi in via di sviluppo è escluso dalla scuola;
una delle tante richiesta di aiuto arriva da un'associazione di genitori di bambini disabili di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria) che si battono per il diritto allo studio ed al sostegno scolastico per i propri figli in un quadro di carenza territoriale patologico e di indifferenza politica regionale e nazionale. L'associazione si chiama «Comma 3» e prende il nome dal capoverso 3 della legge n. 104 del 1992 e sta cercando sostegno per denunciare a livello nazionale la condizione di grave abbandono con cui convivono le famiglie con figli disabili;
l'associazione «Comma tre» nasce con l'intento di dare dignità ad ognuna di queste situazioni, facendo nel contempo acquisire consapevolezza, autostima, determinazione e voglia di portare all'attenzione dell'opinione pubblica e, soprattutto, delle istituzioni competenti le gravi inadempienze nell'applicazione delle vigenti normative;
anche la Campagna italiana contro le mine - co-laureata Premio Nobel per la pace 1997 - promuove da molti anni la cura e l'inclusione delle persone e dei bambini con disabilità non discriminando tra le sue diverse cause, e cerca di valorizzare i punti di connessione su questo argomento di tre importanti convenzioni internazionali come il trattato di Ottawa di messa al bando delle mine antipersona (MBT), la convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) e convenzione di Oslo (CCM) di messa al bando delle bombe a grappolo. Disabilità e disarmo umanitario sono strettamente connesse per l'alto numero di vittime civili dovuti ad incidenti causati da ordigni inesplosi -:
come il Governo stia portando avanti i propri impegni a sostegno delle persone che convivono con la propria disabilità o con quella di un proprio caro;
come il Governo si stia adoperando per fronteggiare la carenza di insegnanti di sostegno;

se il Governo non ritenga di dover impegnarsi maggiormente ed in maniera più concreta sul fronte della disabilità correlata al disarmo umanitario.
(4-14290)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 19 dicembre 2011 alle fonderie Ariotti di Adro, in provincia di Brescia si è verificato un terribile incidente, lo scoppio di un forno industriale, che ha provocato la morte di un operaio, il signor Roberto Cavalleri di 47 anni;
secondo le prime informazioni il signor Cavalleri sarebbe stato colpito da un corpo metallico -:
quale sia l'esatta dinamica dell'incidente;
in particolare quali siano le cause che hanno provocato l'esplosione;
se risultino essere state rispettate le normative relative alla sicurezza sul luogo di lavoro;
quali iniziative si intendano promuovere, adottare, sollecitare, nell'ambito delle proprie prerogative, in relazione a quanto accaduto.
(4-14291)

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il tasso di disoccupazione a ottobre sale all'8,5 per cento, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,1 punti percentuali rispetto all'anno scorso: si tratta del valore più alto da maggio 2010 (quando era all'8,7 per cento). Lo rileva l'Istat nella diffusione dei dati provvisori, aggiungendo che il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15 e i 24 anni, è al 29,2 per cento, in flessione di 0,1 punti percentuali su settembre, ma in aumento di 1,5 punti su ottobre 2010. Il tasso di occupazione è pari al 56,9 per cento, stabile nel confronto congiunturale e in aumento in termini tendenziali di 0,1 punti percentuali;
al contrario, in Germania, invece, il tasso di disoccupazione destagionalizzato è sceso al 6,9 per cento in novembre dal 7 per cento di ottobre. Un dato migliore delle attese degli analisti, che avevano previsto una lettura invariata rispetto al mese precedente. Il numero dei senza lavoro è sceso di 20mila unità;
nell'Eurozona la crescita dei prezzi è rimasta stabile al 3 per cento in novembre, confermando il livello di ottobre. Lo rileva l'Eurostat nella stima flash sull'andamento dei prezzi al consumo nella zona euro. L'inflazione, misurata dall'indice nic con tabacchi, registra, invece, a novembre, una diminuzione dello 0,1 per cento rispetto al mese di ottobre e un aumento del 3,3 per cento rispetto a novembre 2010 (era +3,4 per cento a ottobre);
l'ultima variazione congiunturale negativa risaliva a settembre 2010 (-0,2 per cento). L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca), sempre sulla base delle stime preliminari, diminuisce dello 0,1 per cento su base mensile e aumenta del 3,7 per cento su base annua, con una decelerazione di un decimo di punto percentuale rispetto a ottobre 2011 (+3,8 per cento). L'inflazione acquisita per il 2011 si stabilizza al 2,7 per cento. A spingere la corsa dei prezzi sono i beni energetici con un aumento a novembre dello 0,7 per cento su ottobre e del 13,8 per cento su novembre 2010. Lo rileva ancora l'Istat sottolineando che per il gasolio a novembre si è avuto un aumento dell'11,7 per cento su ottobre e del 21,2 per cento sull'anno. Per la benzina si è registrato un aumento dello 0,2 per cento su ottobre e del 16,6 per cento sull'anno (era però al 17,8 per cento a ottobre). Il prezzo del gasolio da riscaldamento è aumentato del 2,5 per cento sul mese precedente e del 18,2 per cento su novembre 2010 -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incrementare l'occupazione,

soprattutto giovanile, nonché di prevedere l'abbattimento, su lungo periodo, dei prezzi dei beni di consumo ed energetici.
(4-14296)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

ANGELI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel giugno 2009 l'allora Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia propose di destinare i terreni demaniali inutilizzati a favore dei giovani che volessero intraprendere l'attività imprenditoriale nel campo agricolo, attraverso un censimento da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, per verificare il numero di ettari di terreni inutilizzati e coltivabili, su tutto il territorio nazionale;
proposta che si è parzialmente realizzata con l'articolo 4-quinquies introdotto dalla legge n. 102 del 2009 di conversione nel decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, recante «provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali» che prevede che l'Agenzia del demanio, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, individui i beni liberi di proprietà dello Stato aventi destinazione agricola non utilizzabili per altri fini istituzionali per favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo dell'imprenditorialità agricola giovanile anche attraverso interventi di ricomposizione fondiaria;
misura che è stata adottata con successo a Rosario, Argentina. Si chiamano Parques Huertas (parchi orti) e sono degli spazi pubblici metropolitani recuperati e nei quali si lavora la terra;
un'ordinanza garantisce che si trattino unicamente produzioni biologiche mediante tecniche ecologiche. Ognuno di questi spazi ha finalità sociali e di utilizzazione socio-produttiva, quindi che contemplino servizi paesaggistici, urbanistici e ambientali;
la situazione economica impone l'adozione di misure che mirano ad affrontare la crisi con serietà, utilizzando al meglio delle nostre possibilità, le risorse a disposizione -:
se si stia applicando la disposizione prevista dall'articolo 4-quinquies della legge n. 102 del 2009;
se i terreni recuperati dalla confisca dei beni delle organizzazioni criminali e i terreni facenti parte del demanio statale e non sfruttati, possano essere destinati ad un utilizzo sociale come quello dei parques huertas.
(4-14292)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

ASCIERTO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
il 12 novembre 2011 il Parlamento ha approvato, in via definitiva, la cosiddetta «legge di stabilità» che contiene un preciso riferimento alla cosiddetta «mobilità orizzontale» da applicare al personale della pubblica amministrazione risultante in posizione di esubero;
concordemente con gli obiettivi economico-finanziari esplicitati nella suddetta «legge di stabilità», il Ministro della difesa, ammiraglio Di Paola, ha annunciato il 6 dicembre 2011 l'intento del Governo di

giungere ad un rapido ridimensionamento, in senso riduttivo, del personale effettivo delle Forze Armate;
tutti i settori della pubblica amministrazione, con particolare riferimento a quello della giustizia, sono sottoposti a sempre più gravi disfunzioni amministrative ed organizzative derivanti dalla persistente mancata applicazione, nel corso degli ultimi anni, del cosiddetto turn over con il personale collocato progressivamente in quiescenza/riposo, tali da degradare in maniera quasi irreversibile l'efficacia organizzativa e l'efficienza amministrativa e di alcuni importanti settori/articolazioni della pubblica amministrazione;
nell'ambito del personale effettivo delle Forze armate si riscontrano consistenti posizioni di esubero (quantificabili in migliaia di unità) soprattutto nelle categorie/gradi di maresciallo e tenente colonnello -:
se il Ministro interrogato far conoscere quali iniziative intenderà adottare per consentire al personale delle Forze armate di poter usufruire (su base volontaria e con il vincolo del mantenimento del trattamento economico e del livello funzionale acquisiti nell'amministrazione della Difesa) della cosiddetta «mobilità orizzontale» prevista dalla legge nell'ambito della pubblica amministrazione.
(4-14284)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una recente ricerca presentata dalla Fidapa (Federazione italiana donne arti professionali affari) rivela che, in Italia, solo il 16 per cento delle strutture sanitarie è nelle condizioni strutturali e organizzative di offrire alle partorienti l'anestesia epidurale e che, anche ove essa è prevista, vi sono evidenti limitazioni per esempio durante la notte e i fine settimana;
secondo la ricerca, inoltre, ad una donna su due (49 per cento) non viene offerta l'epidurale mentre il 43 per cento l'ha chiesta, ma senza possibilità di ottenerla, e il 40 per cento ha definito il parto come un'esperienza di dolore estremo;
il tema del cosiddetto «parto senza dolore» è di grande attualità ed importanza sul piano interno alla luce delle grandi differenze esistenti tra le varie regioni italiane in termini di standard qualitativi e sul piano europeo alla luce anche degli alti standard in proposito raggiunti negli altri maggiori Stati membri della Unione europea -:
quali iniziative ritenga di assumere, nell'ambito della sue competenze, per favorire un sempre maggiore sviluppo, sull'intero territorio nazionale, dell'anestesia epidurale, anche valutando l'ipotesi di inserire il «parto senza dolore» nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
(4-14265)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dal sito http://rassegnecobio.myblog.it/archive/2009/01/07/un-breve-elenco-di-fonti-di-xeno-estrogeni.html si apprende che gli xenoestrogeni sono sostanze chimiche presenti al di fuori dell'organismo femminile che si comportano come gli estrogeni endogeni;
sin dal 1991 sono stati pubblicati numerosi studi riguardanti l'azione di questi agenti chimici contenuti nell'ambiente ed in alcuni alimenti che si comportano come estrogeni sulle cellule bersaglio (mammella, utero, endometrio, salpingi, ovaie, intestino eccetera) delle donne;

questi agenti esercitano in tali cellule una vera e propria azione di stimolo simile agli estrogeni, concorrendo a determinare alterazioni di tali cellule sottoposte a queste stimolazioni;
in particolare si tratterebbe di diossina, DDT, Nonylphenolo (contenuto nei detersivi industriali, insetticidi, e prodotti di cura personali); Bisphenolo (ceduto dalle bottiglie di plastica bottiglie di polycarbonato e contenitori di plastica, nei cibi inscatolati); Alkylphenoli (prodotto dai prodotti di degradazione di detersivi); carne di manzo, pollo e maiale (poiché gli xenoestrogeni vengono usati normalmente per ingrassare gli animali e farli crescere rapidamente, oltre per determinare in loro una ritenzione idrica ed aumentarne il peso); Paraben Metile (in lozioni e gel cosmetici;
quando somministrato oralmente il paraben metile è inattivo, per via sottocutanea il butylparaben produce una risposta estrogenica e positiva sui tessuti dell'utero); Atrazina (diserbante); Benzophenone-3, homosalate 4-metile-benzylidene la canfora (4-MBC), octyl-methoxycinnamate ed octyl-dimetile-PABA) (protettori solari, rossetti e cosmetica facciale) -:
se quanto riferito in premessa corrisponde al vero e di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito ad effetti nocivi per la salute;
quali misure si intendono adottare a tutela della salute dei cittadini.
(4-14273)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferito da agenzie di stampa, quotidiani e siti internet, il signor Giandomenico Carrieri, di Martina Franca, è deceduto dopo essersi sottoposto a intervento chirurgico allo scopo di dimagrire;
risulterebbe che il signor Carrieri non sopportando più la sua obesità, si era sottoposto ad un intervento di bendaggio gastrico eseguito nell'ospedale di Chieti, e successivamente era stato trasferito nell'ospedale di Brindisi, da dove era stato dimesso;
a detta degli esperti, la tecnica pur permettendo la riduzione della capacità dello stomaco di contenere cibo, comporta notevoli rischi;
nel caso del signor Carrieri, sono stati inutili i soccorsi del 118 chiamato dopo una grave crisi respiratoria grave;
i familiari del signor Carrieri hanno presentato un esposto alla procura della repubblica di Taranto che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo;
dalla prima ricostruzione dei fatti, risulterebbe che il signor Carrieri sarebbe stato operato una prima volta, il mese scorso, dall'equipe chirurgica dell'ospedale di Chieti e poi, per delle complicanze, si sarebbe sottoposto ad un secondo intervento nell'ospedale brindisino; un terzo ricovero infine all'ospedale di Martina Franca prima della definitive dimissioni;
il decesso del signor Carrieri è solo l'ultimo di una serie di casi registrati negli ultimi anni: il 17 settembre 2008 è morta nell'ospedale di Trani la signora Maria Pia Giulitto, di 34 anni, che dal 2005 al 2007 aveva subito tre interventi chirurgici (bendaggio e by-pass gastrico e rimozione del bendaggio gastrico) per perdere peso ed era dimagrita di circa 100 chili dai 160 iniziali;
il 19 febbraio 2008 è morto a Bari un 35enne, il signor Giuseppe Colasuonno, 15 giorni dopo essere stato sottoposto a un intervento di resezione del colon per dimagrire;
il 4 maggio 2007 è morto a Bari a 33 anni il signor Davide Roselli, che aveva subito una serie di interventi chirurgici per farlo dimagrire;
il 26 novembre 2004 è morto ad Acquaviva delle Fonti il signor Renato Convertini, 34 anni, che si era sottoposto a un intervento di gastroplastica verticale;

il 18 luglio 2004 è morta a Bari la signora Tiziana Stifanelli, di 29 anni, le era stato impiantato un by-pass intestinale ed era stato in seguito sottoposta ad altre tre operazioni;
il 14 novembre 2003 è morta la signora Marinella Sorbello, di 40 anni, operata nell'ospedale Villa San Pietro di Roma, sette giorni dopo essersi sottoposta a un intervento di diversione biliopancreatica;
il 5 marzo 2003 è morto ad Atripalda l'avvocato Alfonso Attanasio, in seguito alle complicazioni di un doppio intervento, bendaggio gastrico e riduzione del laparocele mediano -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica esatta che ha portato alla morte del signor Carrieri;
quante operazioni di bendaggio gastrico e di riduzione del peso chirurgico siano state effettuate negli ultimi cinque anni;
quante persone siano decedute, negli ultimi dieci anni, in seguito a intervento di bendaggio gastrico e di riduzione del peso;
in quali cliniche o ospedali sia avvenuta l'operazione che ha portato al decesso del paziente.
(4-14283)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da quanto pubblicato da agenzie e quotidiani, nella città di Napoli accade che i pazienti nei pronto soccorso degli ospedali cittadini debbano attendere anche quattro ore prima di essere «barellati»;
gli operatori del 118 hanno lanciato un accorato appello in questo senso, denunciando che nei principali ospedali della città (Cardarelli, Loreto Mare, San Giovanni Ascalesi e altri) non c'erano posti letto né lettighe per accogliere gli infermi provenienti in ambulanza da ogni parte della città;
in particolare, risulterebbe che all'ospedale Cardarelli una donna colpita da ictus abbia dovuto attendere in barella ben due ore prima di poter accedere a un letto di ospedale;
secondo gli operatori del servizio pubblico di ambulanze l'emergenza si è ulteriormente acuita da quando è stato chiuso il pronto soccorso ortopedico del CTO e, più recentemente, il pronto soccorso dell'ospedale San Gennaro;
l'ospedale Vecchio Pellegrini da giorni non può accettare pazienti con patologie traumatiche e chirurgiche, perché è rotto l'amplificatore di brillanza, un apparecchio radiografico collocato in sala operatoria;
secondo il presidente regionale del sindacato dei medici anestesisti e rianimatori, dottor Giuseppe Galano, «i ritardi nello "sbarellamento" del paziente si sono cronicizzati. Per cui si sono notevolmente allungati i tempi per liberare gli equipaggi e le ambulanze del 118. La causa principale è il sovraffollamento dei tre più grandi pronto soccorso cittadini: al Cardarelli, Loreto Mare e San Giovanni Bosco... Prima di chiudere le altre strutture bisognava fare una verifica preliminare sulle possibilità di accettazione degli altri ospedali che già soffrivano di un'affluenza elevata. Intanto l'apertura dell'Ospedale del Mare, che doveva risolvere la questione non è prevista ancora nel medio termine»;
il coordinatore provinciale dall'Anaao Assomed, dottor Franco Verde, denuncia che nelle strutture pubbliche della città operano solo tre risonanze magnetiche, al Cardarelli. Al Policlinico e presso gli studi della asl Napoli 1: «Quest'ultima struttura, che risponde alle richieste di rmn di tutti gli ospedali della asl Napoli 1, vale a dire Loreto Mare, Incurabili, San Paolo, Nuovo Pellegrini, Vecchio Pellegrini, San Gennaro ed Assalesi, è rotta. Ed è pertanto facilmente immaginabile cosa sta accadendo su questo fronte» -:
di quali elementi disponga il Ministro in relazione a quanto esposto in premessa

e quali iniziative di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari, si intendano promuovere o adottare a fronte di una situazione che appare preoccupante e certamente non in grado di corrispondere adeguatamente alle legittime aspettative del cittadino paziente e di garantire i livelli essenziali di assistenza.
(4-14294)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo informazioni riferite dal blog http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2011/12/ecomafie-strage-silenziosa-in-abruzzo.html&cancelletto;more la Sogeri srl, in contrada Venna di Tollo (Chieti), avrebbe occultato, in un periodo risalente agli anni 1994-1995 e fino al sequestro del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma, il 2 febbraio 1996, alcune tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti dall'Italia del Nord e da diversi Paesi d'Europa;
i risultati delle analisi dell'Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente - confermate anche da due laboratori privati - concludono chiaramente che metalli pesanti ed idrocarburi sono sepolti fino a dieci metri di profondità a contatto con la falda freatica. A contaminare suolo e sottosuolo è una mistura di cromo, rame, piombo, manganese, nichel, cadmio, zinco, alluminio, ammoniaca, composti organici aromatici, arsenico. Tra le sostanze rinvenute anche cobalto 60;
secondo indagini epidemiologiche vi sarebbe un aumento di casi di cancro, aborti e malformazioni fetali che sta colpendo soprattutto i cittadini residenti a Tollo, Miglianico, Francavilla a mare e Ripa Teatina, per un numero elevato di casi;
la bonifica del sito doveva essere completata due anni fa ma non è mai stata portata a termine, essendo intervenuta una proroga a sanatoria a firma del dirigente del settore ambiente della regione Abruzzo. Le autorità competenti hanno successivamente disposto il dissequestro dell'area ed è inoltre intervenuta la prescrizione del procedimento -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero e se e di quali ulteriori notizie disponga il Governo e quali iniziative di competenza si intendano assumere a tutela della salute nell'area di cui in premessa a partire da un monitoraggio sullo stato di salute degli abitanti;
se non si intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative per inserire l'area tra i siti da bonificare di interesse nazionale.
(4-14310)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 27 ottobre 2011 il Sottosegretario Saglia, in risposta ad un precedente atto di sindacato ispettivo concernente la decisione assunta dall'azienda Alpitour s.p.a. di chiudere la sede storica di Cuneo, ha sottolineato la disponibilità dei Ministeri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali all'apertura di un tavolo di confronto;
a fronte della ribadita volontà dell'azienda di cessare totalmente l'attività della sede di Cuneo, il comune capoluogo e numerosi altri comuni limitrofi, nonché la provincia e le rappresentanze sindacali hanno più volte sollecitato l'avvio del tavolo ministeriale, in quanto la vertenza in atto a livello aziendale richiede un esame a livello nazionale per valutare compiutamente gli effetti occupazionali e il mantenimento dell'unità produttiva di Cuneo;

il 3 dicembre 2011 le organizzazioni sindacali di Cuneo hanno diffuso un comunicato nel quale informavano i lavoratori e le lavoratrici dell'Alpitour di essere ancora in attesa della convocazione da parte del Ministero dello sviluppo economico;
alla base della ferma decisione aziendale non ci sarebbe un malessere economico, bensì una strategia imprenditoriale mirata a concentrare in un unico luogo l'intera forza lavoro, con l'effetto di impoverire irrimediabilmente il tessuto produttivo locale, con pesanti ricadute economiche sugli oltre 300 lavoratori e lavoratrici che potrebbero perdere il proprio impiego se impossibilitati a trasferirsi;
a fronte della gravità di questa ingiustificata e inspiegabile presa di posizione dell'azienda in parola, non si comprendono le motivazioni ostative che, ad oggi, ritardano l'apertura del tavolo ministeriale più volte sollecitato da tutte le parti interessate;
avendo preso atto della volontà unanime delle istituzioni locali per il mantenimento di una sede storica e fondamentale per l'economia cuneese e della disponibilità dei predetti Ministeri, confermata dallo stesso Sottosegretario Saglia, risulta evidente la necessità di superare l'attuale situazione di stallo e di incertezza con l'attivazione dell'iniziativa ministeriale -:
alla luce di quanto premesso e dell'impegno del nuovo Governo a dare continuità a quanto assunto finora, quali siano le motivazioni ostative che stanno, di fatto, ritardando l'apertura del tavolo di confronto nazionale, e quali siano gli intendimenti del Governo sulla vertenza in questione.
(5-05831)

ZAZZERA e MONAI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da quanto riportato dalla stampa, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato l'istruttoria per verificare gli effetti sul mercato della fusione tra Alitalia e Cai, nuova Compagnia aerea italiana;
la decisione è stata adottata in virtù della scadenza della moratoria di tre anni prevista dalla legge 27 ottobre 2008 che inibiva all'Autorità il potere di controllo su eventuali posizioni dominanti;
in particolare l'Autorità guidata dal Presidente Giovanni Pitruzzella, avrebbe già richiesto maggiori informazioni sull'andamento del mercato, al fine di valutare la costituzione o il rafforzamento di posizioni dominanti sulla rotta Roma Fiumicino-Milano Linate ed altri 17 collegamenti;
entro il 29 febbraio 2012 l'Autorità verificherà anche ulteriori effetti «pro concorrenza provocati dall'ingresso di nuovi operatori del trasporto aereo passeggeri e lo sviluppo di forme di concorrenza intermodale sulle rotte interessate» (Il Sole 24 Ore del 3 dicembre 2011);
l'Autorità ha inoltre fissato al 28 ottobre 2012 il termine entro cui la società dovrà rimuovere eventuali situazioni di monopolio o dominanza sul mercato;
sempre secondo quanto riportato dal succitato articolo del Sole 24 Ore, l'originario piano della Cai prevedeva il pareggio operativo entro il 2011, ma l'obiettivo non dovrebbe essere raggiunto, tanto che l'amministratore delegato di Alitalia Rocco Sabelli ha espresso forte preoccupazione sul futuro della Compagnia;
ciò appare strano visto che nel primo semestre 2011 i conti avrebbero «beneficiato di 115,73 milioni di saldo proventi e oneri diversi» (Sole 24 Ore del 3 dicembre 2011) a fronte dei 31,32 milioni di euro del semestre 2010;
peraltro Alitalia ha messo in pratica un piano di razionalizzazione che ha comportato una forte riduzione del personale (circa 7 mila persone) e dal primo novembre la messa in cassa integrazione di ben 700 dipendenti della nuova Compagnia;

inoltre «La Cai perde quote di mercato. Da gennaio a settembre i passeggeri di Alitalia sono aumentati del 6.6 per cento a 18.8 milioni, un tasso di crescita inferiore a quello, il 7,65 per cento, dei passeggeri in tutti gli scali italiani calcolato dall'Assoaeroporti. Secondo la relazione semestrale, da gennaio a maggio la quota di mercato media di Alitalia sulle destinazioni nazionali è del 48,5 per cento, inferiore al 50,4 per cento dello stesso periodo del 2010, che già era in calo. [...] Secondo i piani iniziali della cordata italiana, dopo quattro anni le azioni sarebbero state vendute ad Air France - Klm. Il vincolo a non vendere (lock up) scade il 12 gennaio 2013» (Il Sole 24 Ore del 3 dicembre 2011);
l'amministratore delegato Rocco Sabelli, che nel 2010 aveva raccomandato agli azionisti la fusione tra l'Alitalia ed Air France, ha dichiarato che l'operazione non è all'ordine del giorno, e che la scelta spetta comunque agli azionisti;
tuttavia, Rocco Sabelli ha anche aggiunto che a suo avviso «nel settore del trasporto aereo passeggeri il consolidamento sia un modo per avere sostenibilità nel medio-lungo periodo» (Il Sole 24 Ore del 3 dicembre 2010) -:
se e quali iniziative di competenza il Ministro ritenga opportuno assumere per favorire il risanamento della situazione economia della Cai e se intenda sostenere la fusione con Air France oppure ricorrere alla cassa depositi e prestiti, e di quali elementi disponga in relazione, all'esito dell'istruttoria dell'Autorità sulla sussistenza di eventuali posizioni dominanti o di monopolio di Cai.
(5-05844)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le cosiddette «aziende 2.0», create da giovani, sono aziende-ossimoro: micro realtà con megamercati di sbocco. Quelle che all'inizio erano imprese «garage», vengono poi proiettate negli Usa o in Giappone grazie all'azzeramento dei costi di transazione-distribuzione dell'economia digitale. «Per noi l'Italia non è un mercato rilevante» racconta Massimo Ciociola, fondatore di MusiXmatch, il più grande database mondiale di testi delle canzoni basato su un'intuizione fenomenale: la parola lyrics in rete è la più ricercata, La sua business-idea finanziata da Francesco Micheli si dematerializza in un computer di Bologna per materializzarsi di nuovo negli uffici delle major discografiche a Londra e finire, dopo un rimbalzo digitale, nei server di YouTube a San Bruno, California. E non è il solo. «Per adesso siamo al 50 per cento ma contiamo di ridurre la quota di affari rivolta ad aziende italiane al 30 per cento del nostro giro di affari» conferma Gionata Mettifogo, padre dello sfogliatore per iPad Paperlit, società finanziata NetValue di Mario Mariani, ex amministratore delegato di Tiscali, e da Annapurna Venture dell'ex googler Massimiliano Magrini, i cui clienti sono Repubblica ma anche il New York Magazine;
il «Partito degli imprenditori italiani 2.0» è solido. Il loro copyright è italiano. Vito Lomele è il «fenomeno» del momento: in meno di due anni è passato da zero a un fatturato da 25 milioni di euro con la sua Jobrapido. Cinquanta Paesi, 70 dipendenti, 5 milioni di Ebitda. Come c'è riuscito? Un aggregatore per offerte di lavoro sul web. «Quando lo raccontavo agli inizi nessuno credeva potesse funzionare». Sono un'evoluzione benefica della specie imprenditore: spartani, positivisti digitali, informali. Ma più per esigenza dinamica - e per comodità - che per moda alla Facebook. Le peculiarità sono sempre le stesse: business poliglotta, cervello italiano, occupazione nostrana («Gli ingegneri italiani sono tra i migliori al mondo e costano anche poco» certifica Fabrizio Capobianco vero punto di riferimento nella Silicon Valley per tutti gli aspiranti startupper e fondatore con Alberto Onetti di Funambol, sincronizzatore dati multi-device attraverso le nuvole di dati e, appunto, il mondo come mercato;

«la dimensione minima per un'azienda ormai è l'Europa, spesso il globo» racconta come se fosse normale Lomele. Giovanni Segni (giovane rampollo della famiglia di politici sardi) sta salendo sulla rampa di lancio in questi giorni. A Cagliari la sua start up sarà visitata dall'ambasciatore Usa in Italia, David Thorne. Se sarà una storia di successo lo dirà il tempo. Ma la cosa curiosa è che per l'inaugurazione il sito un po' in stile manga della sua azienda, PorcoVino, sarà solo in giapponese. I magazzini per vendere vini e food italiano sono già stati aperti nel Paese del Sol Levante: verranno gestiti dalla Sardegna ma a vendere vini e cibo italiani in Italia dovrà pensarci qualcun altro anche perché i prossimi step, se le cose andranno bene, saranno fatti in Gran Bretagna e negli Usa. C'è anche chi ha creato un ponte perenne con la California. Capobianco, dopo le prime due aziende in Italia («La prima si chiamava Internet Graffiti ed era la prima Web Company in Italia, l'ho fondata nel '94 quando avevo 23 anni»), si è trasferito nella valle del Silicio nel 2002: «La terza start up volevo farla con le potenzialità per diventare grande. Volevo cambiare il mondo e farlo dall'Italia era duro. Mancavano anche i fondi di venture capital. La mia esperienza in Italia e all'estero mi aveva però insegnato che meglio degli Italiani per fare il software non c'è nessuno. Quindi ho deciso di fondare l'azienda qui in Silicon Valley ma tenere tutta l'intelligenza in Italia, spingendo l'idea "capitali americani - cervelli italiani"»;
quello che fa iCloud per i device Apple, Funambol lo fa in maniera trasversale su diverse tipologie e marche. «All'inizio del 2003 sono tornato in Italia, ho fondato il centro di ricerca di Funambol a Pavia e un anno dopo sono tornato in America. Qui ho trovato i primi finanziamenti da Venture Capital (cinque milioni di dollari nel 2005, adesso ne abbiamo raccolti più di trenta) e l'azienda è cresciuta alla grande. Tutta la ricerca e sviluppo di Funambol è in Italia, dove abbiamo 60 tra i migliori ingegneri al mondo. Qui in Silicon Valley abbiamo il quartier generale, ma il prodotto è nato, cresciuto e viene sviluppato a Pavia». Sembra un modello nuovo, culturalmente scioccante per certi versi, ma a ben vedere questa nuova generazione di imprenditori di successo - disinteressati ad apparire perché il loro cliente è più chi legge TechCrunch che chi legge il Corriere (Giacomo Peldi, ex dipendente di Adobe che ritornato a Bologna ha fondato in casa Balsamiq, applicazione per grafici, è famoso per la sua simpatica latitanza con i giornalisti) - replica in realtà un modello di grande successo Italia: quello della multinazionale tascabile del Triveneto. Inventiva e fatturato italiano, mercato estero. Sono le multinazionali tascabili 2.0, dove lo sbocco naturale, in un mercato perfetto, dovrebbe essere la borsa, percorso che finora è riuscito solo alla Yoox di Federico Marchetti, storia forse di maggiore successo nella più recente stagione della new economy, quella post bolla tecnologica 1.0 del 2000, oppure la vendita negli Usa come ha fatto Loris Degioanni con la Cacetech a Riverbed -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di creare delle condizioni favorevoli alla nascita, e al radicamento, di aziende 2.0 nel nostro Paese.
(4-14297)

GALATI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Ministero dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, n. 455 del 30 ottobre 2006, il dottor Luigi Bussi era nominato commissario liquidatore unico del consorzio Agrario provinciale di Sassari;
nel corso della sopra detta gestione commissariale, il consorzio agrario provinciale di Sassari vedeva passare la propria perdita di esercizio dai circa 300.000 euro del 2007 a soli 75.000 euro del 2009;

il medesimo consorzio, inoltre, depositava già in data 28 dicembre 2007 proposta di concordato, positivamente vagliata e, quindi, omologata - nel 2010 - dal tribunale di Sassari;
in generale, nel corso della gestione commissariale ascrivibile al dottor Bussi, l'adeguata tutela della massa creditoria e le necessarie razionalizzazioni della struttura sono state opportunamente contemperate con la salvaguardia e la valorizzazione della realtà economica storica rappresentata dal consorzio, che ha peraltro garantito sino ad oggi il sostentamento di oltre venti famiglie sassaresi;
tutta l'attività commissariale è stata sempre vagliata e validata dal comitato di vigilanza, espressione dei Ministeri vigilanti;
con decreto del Ministero dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, n. 605 dell'11 novembre 2011, in concomitanza con l'iter di formazione del nuovo esecutivo, veniva nondimeno disposta «Revoca del dottor Luigi Bussi dall'incarico di Commissario Liquidatore del Consorzio Agrario Provinciale di Sassari»;
tale provvedimento di revoca si pone in stridente contrasto con i positivi (se non lusinghieri) risultati gestionali sopra ricordati, e la motivazione sottesa al provvedimento di revoca appare all'interrogante illogica, contraddittoria e frutto di una carente istruttoria sotto vari profili, pertanto suscettibile di censura da parte del giudice amministrativo e, per altro verso, dalla magistratura contabile;
in particolare, il decreto n. 605 del 2011 pone a carico della gestione commissariale vicende processuali successive all'omologazione della proposta di concordato da parte del tribunale di Sassari (in particolare, annullamento del decreto di omologazione da parte della corte di appello di Cagliari, a causa di riscontrati vizi di procedura nell'operato del giudice di primo grado, ferma restando la piena legittimità ed adeguatezza della proposta di concordato) certo non imputabili al commissario liquidatore;
parimenti, si censura la circostanza che la relazione semestrale 1o luglio-31 dicembre 2009 «evidenzia una perdita di esercizio pari ad Euro 73.315,00» senza considerare che tale risultato d'esercizio sopravviene rispetto ad una perdita che nel 2007 era pari a circa 300.000 euro;
peraltro, il predetto decreto di revoca è stato adottato in data 11 novembre 2011 - proprio in concomitanza con l'avvicendamento dei Ministri interrogati con i rispettivi predecessori - laddove evidenti ragioni di opportunità avrebbero consigliato, a giudizio dell'interrogante, che una vicenda di tale rilievo venisse adeguatamente vagliata dai nuovi titolari dei due dicasteri -:
se i Ministri interrogati siano informati in ordine alla sopra descritta vicenda;
se i Ministri interrogati ritengano di dover promuovere iniziative per verificare il provvedimento di revoca adottato ed eventualmente ritirarlo e se, parimenti, non ritengano di tutelare i risultati gestionali e di salvaguardia sociale conseguiti dalla gestione commissariale.
(4-14311)

...

Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Vannucci e altri n. 1-00768, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: De Camillis, Di Stanislao, Baldelli.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Vannucci n. 1-00768, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 551 del 18 novembre 2011.

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea ha presentato, il 19 ottobre 2011, una proposta di regolamento (COM(2011)650), con la quale si prospetta una revisione degli orientamenti riguardanti la rete transeuropea di trasporto TEN-T allo scopo di realizzare una rete completa ed integrata che comprenda e colleghi tutti gli Stati membri dell'Unione europea in maniera intermodale ed interoperabile;
ciò dovrebbe contribuire alla realizzazione, entro il 2050, di uno spazio unico europeo dei trasporti, basato su un sistema competitivo ed efficiente in grado di soddisfare le esigenze di mobilità di beni e persone in base a standard di qualità elevati e di garantire l'accessibilità a tutte le regioni dell'Unione europea, comprese quelle ultraperiferiche, favorendo in tal modo la coesione economica, sociale e territoriale;
la proposta di regolamento della Commissione europea, richiamandosi ai risultati della consultazione svolta sul Libro verde «Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti» (COM(2009)44), ipotizza la realizzazione di una rete TEN-T articolata in due livelli, vale a dire una rete globale, da realizzare entro il 2050, che comprenderà tutte le infrastrutture transeuropee di trasporto esistenti e programmate a livello nazionale e regionale, e una rete centrale a livello di Unione europea o core network, da realizzare entro il 2030, che costituirà la spina dorsale della rete transeuropea di trasporto. Quest'ultima comprenderà quelle parti della rete globale a maggiore valore strategico per il conseguimento degli obiettivi TEN-T, nonché i progetti a maggiore valore aggiunto europeo, quali i collegamenti transfrontalieri mancanti, le principali strozzature e i nodi multimodali;
dei dieci corridoi necessari per la realizzazione della rete centrale, quattro sono di interesse per l'Italia e, tra questi, figurano: il corridoio Baltico-Adriatico, che collegherà Helsinki a Ravenna, nell'ambito del quale sono previsti i collegamenti ferroviari Vienna-Udine-Venezia-Ravenna e Trieste-Venezia-Ravenna; il corridoio 5 Helsinki-La Valletta che comprenderà il tunnel di base del Brennero nonché i collegamenti ferroviari Fortezza-Verona, Napoli-Bari, Napoli-Reggio Calabria, Messina-Palermo e Palermo-La Valletta, oltre al corridoio 3 (Mediterraneo) ed al corridoio 9 (Genova-Rotterdam);
per quanto riguarda il primo, secondo le ipotesi di tracciato formulate dalla Commissione europea, sarebbero escluse dai grandi corridoi alcune aree, quali la parte della dorsale adriatica delle regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglia comprendente i porti di Ancona, Bari e Brindisi, con l'interconnessione attraverso Taranto agli altri corridoi europei, che hanno dimostrato grande vitalità, dinamismo, capacità di sviluppo, garantendo, tra l'altro, un raccordo tra realtà territoriali fortemente differenziate;
ciò appare in contrasto con gli obiettivi della politica di coesione e di cooperazione territoriale perseguiti dall'Unione europea - anche in vista dell'adesione all'Unione europea dei Paesi dell'area dei Balcani - creando i presupposti di una possibile marginalizzazione, che determinerebbe una retrocessione dei territori esclusi dalla rete con ripercussioni sia sul piano della coesione economica, sociale e territoriale sia su quello della congestione del traffico su gomma;
peraltro, analogamente alle macrostrategie europee per il Baltico e il Danubio, anche per l'area comprendente tre Stati membri dell'Unione europea (Italia, Grecia e Slovenia), due Paesi candidati (Croazia e Montenegro) e tre Paesi candidati potenziali (Albania, Bosnia-Erzegovina e Serbia) è stato attivato il processo di elaborazione di una strategia europea per la macroregione adriatico-ionica;
su tale aspetto si sono pronunciati sia il Consiglio europeo del 24 giugno

2011, che ha invitato gli Stati membri a cooperare con la Commissione europea, sia il Comitato delle regioni, nella sessione plenaria dell'11 e 12 ottobre 2011 a Bruxelles, adottando un parere di iniziativa che ne sottolinea l'importanza strategica al fine di promuovere le interconnessioni e le infrastrutture per collegare il Nord e il Sud dell'Europa;
la IX Commissione (Trasporti) della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 14 ottobre 2009 in esito all'esame, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento della Camera, del richiamato Libro verde (COM(2009)44), sottolineava la necessità di una pianificazione volta a garantire uno sviluppo equilibrato ed integrato della rete, con particolare attenzione ai collegamenti delle aree marginali con le grandi reti europee di trasporto TEN-T, anche al fine di rendere più fluidi i collegamenti tra le diverse sezioni;
la risoluzione Boffa, Lazzari e Vico n. 8-00052, approvata dalle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive, commercio e turismo) della Camera dei deputati il 28 ottobre 2009, evidenziava la necessità di garantire il collegamento tra il corridoio VIII Bari-Varna e il corridoio I Berlino-Palermo (secondo le modifiche prospettate ora Helsinki-La Valletta), al fine di garantire il pieno coinvolgimento delle regioni dell'Italia meridionale nei flussi connessi ai suddetti corridoi;
il mancato proseguimento del corridoio da Ravenna all'intero Adriatico avrebbe anche negative ripercussioni per le aree interne del Centro-Sud con particolare riferimento a quelle di Campania e Basilicata;
la proposta di regolamento europeo richiamata modifica significativamente la configurazione dell'ex corridoio 1 Berlino-Palermo che comprendeva importanti interventi per il porto di Augusta (oggi corridoio 5 Helsinki-La Valletta), per la quale il Governo italiano aveva dichiarato la propria opposizione,


impegna il Governo


ad assumere iniziative in tutte le competenti sedi decisionali dell'Unione europea e a concertare con i Governi nazionali degli Stati che gravitano nell'area adriatico-ionica tutte le iniziative, sulla base di uno studio istruttorio adeguato, per la praticabilità del completamento del corridoio Baltico-Adriatico verso sud, lungo la costa adriatica, comprendendo i porti di Ancona, Bari e Brindisi, senza tralasciare iniziative volte all'accelerazione dei lavori per il completamento dei corridoi richiamati in premessa di interesse strategico per il nostro Paese, al fine di assicurare la competitività, il funzionamento del mercato interno, il rilancio del nostro sistema economico e produttivo, compresa la revisione della proposta relativa al corridoio 5 (ex corridoio 1 Berlino-Palermo).
(1-00768)
(Nuova formulazione) «Vannucci, Baldelli, Desiderati, Adornato, Gianni, Di Pietro, Pisicchio, Iannaccone, La Malfa, Vico, Abrignani, Agostini, Bellanova, Boccia, Bordo, Capano, Carlucci, Cavallaro, Cera, Ceroni, Ciccanti, Ciccioli, Concia, De Angelis, De Torre, Distaso, Favia, Fucci, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Gozi, Grassi, Lolli, Losacco, Marchioni, Mastromauro, Merloni, Pelino, Antonio Pepe, Pistelli, Ria, Servodio, Sisto, Tenaglia, Vitali, Zazzera, Di Giuseppe, Monai, Di Stanislao, De Camillis, Capodicasa».

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Reguzzoni n. 1-00770 del 30 novembre 2011;

mozione Fluvi n. 1-00785 del 20 dicembre 2011;
mozione Ciccanti n. 1-00786 del 20 dicembre 2011;
mozione Borghesi n. 1-00787 del 20 dicembre 2011;
mozione Mosella n. 1-00788 del 20 dicembre 2011;
mozione Iannaccone n. 1-00789 del 20 dicembre 2011;
mozione Gianfranco Conte n. 1-00790 del 20 dicembre 2011;
mozione Gianni n. 1-00791 del 20 dicembre 2011;
mozione Desiderati n. 1-00792 del 20 dicembre 2011.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta immediata in Commissione Di Stanislao n. 5-05600 del 25 ottobre 2011;
interrogazione a risposta scritta Nastri n. 4-13978 del 22 novembre 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta scritta Bernardini e altri n. 4-14253 del 15 dicembre 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05841.