XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 9 giugno 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
le pubbliche amministrazioni risultano debitrici nei confronti di numerosissime imprese private, per un ammontare complessivo che è stato stimato tra i 60 e gli 80 miliardi di euro, determinato da ritardi medi nei pagamenti che superano i 200 giorni;
tale circostanza, che appare comunque inaccettabile in uno Stato di diritto, in cui i privati non sono sudditi, ma cittadini, titolari di diritti, posti su un piano di uguaglianza giuridica nei confronti la pubbliche amministrazioni, risulta ancora più grave nell'attuale contesto di crisi economica globale, nel quale i mancati incassi derivanti dai ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni pongono molte imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni, in gravissime difficoltà finanziarie, e, spesso, nell'impossibilità di sopravvivere;
l'ordinamento tributario vigente già conosce lo strumento della compensazione tra debiti e crediti tributari e contributivi, disciplinato dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997;
il legislatore ha tentato, nel corso degli ultimi anni, di risolvere il problema dei ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, o almeno di attenuarne le conseguenze negative, introducendo alcune norme che tuttavia non si sono rilevate risolutive;
appare pertanto necessario affrontare la questione in termini più incisivi, soprattutto nell'ottica di un riequilibrio dei rapporti tra fisco e contribuenti, nel rispetto dei principi di buona fede e collaborazione sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge n. 212 del 2000,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative normative volte a consentire alle imprese che vantano crediti nei confronti di amministrazioni statali, in relazione a contratti di cessione di beni o di prestazione di servizi, di avvalersi della possibilità di compensare i medesimi crediti con i debiti, gravanti a loro carico, relativi a obbligazioni tributarie relative a tributi erariali, a condizione che:
a) i contratti siano stipulati in forma scritta;
b) i crediti siano certi, liquidi ed esigibili e fondati su un titolo esecutivo non più impugnabile;
c) le imprese abbiano già adempiuto esattamente all'obbligazione, derivante dal contratto di cessione dei beni o di prestazione dei servizi, nei termini e secondo le modalità indicati nel contratto stesso;
in alternativa, ad adottare iniziative normative volte ad ampliare l'ambito soggettivo ed il limite temporale di applicazione della previsione di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008, il quale consente, per il 2009 ed il 2010, al creditore di somme dovute da amministrazioni locali, di ottenere la certificazione, da parte delle regioni e degli enti locali, circa il carattere certo, liquido ed esigibile del relativo credito, al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto di tali crediti a favore di banche o intermediari finanziari, in particolare al fine di estendere tale possibilità anche ai crediti vantati nei confronti di amministrazioni statali, nonché di consentire che i crediti stessi possano essere costituiti a garanzia dei debiti tributari e contributivi del cedente, ai fini della sospensione o rateizzazione dei predetti debiti.
(7-00344)«Ventucci».

La XIII Commissione,
premesso che:
il 1o giugno sono scadute le deroghe contenute nel regolamento CE n. 1967/2006, sulla pesca nel Mediterraneo, relativamente all'ampiezza delle maglie del sacco delle reti a strascico ed ai valori minimi di distanza dalla costa per l'operatività delle imbarcazioni che utilizzano reti trainate e per le draghe idrauliche;
queste disposizioni stanno suscitando moti di protesta in tutte le marinerie in specie quelle italiane e greche;
il citato regolamento sulla pesca nel Mediterraneo si innesta su una profonda crisi del settore già in sofferenza che vede un notevole calo di addetti (da oltre 47.000 del 2000 ai 30.000 attuali), una costante riduzione delle catture (2 per cento ad annualità), un calo consistente dei redditi di circa il 30 per cento dal 1990, l'incremento dei prezzi del carburante del 240 per cento dal 2002 al 2008 con incidenza dei costi di produzione che, per quanto riguarda il sistema a strascico, arriva fino al 60 per cento;
il termine delle deroghe comporterà gravi rischi sul piano socio economico per la perdita di redditività delle imprese ed il conseguente aumento della disoccupazione nel settore. Solo per quanto attiene al piccolo strascico costiero, secondo la ricerca del Cles Srl, i soli armatori operanti nell'alto Adriatico subiranno una perdita di fatturato stimata intorno ai 12 milioni di euro;
il Ccr (Consiglio consultivo regionale) Med, riunitosi il 7 e 8 giugno a Marbella, ha chiesto alla Commissione europea una verifica urgente del regolamento sulla pesca nel Mediterraneo, chiedendo un accelerazione della procedura prevista dall'articolo 9, comma 3, punto 3 dello stesso regolamento del Mediterraneo, che prevede, alla luce dei recenti dati forniti dalla ricerca, di rivedere alcuni nodi cruciali;
il Commissario europeo per gli affari marittimi e la pesca, Maria Damanaki, ha ribadito più volte ed in più occasioni la volontà di non concedere ulteriori deroghe alle restrizioni imposte dal regolamento (CE) n. 1967/2006, asserendo che contemporaneamente veglierà sulla rigorosa attuazione del regolamento per il Mediterraneo;
il Ministro Galan, pur condividendo e sostenendo la posizione del Commissario europeo, ha tuttavia rimarcato la necessità di tutele sociali per il settore;
la soluzione ai problemi sopra esposti deve passare obbligatoriamente attraverso il Consiglio dei ministri dell'Unione europea;

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa necessaria per esercitare un'azione di pressione nei confronti della Commissione europea, per operare una revisione della normativa in tempi anticipati rispetto a quelli previsti (2012), cogliendo anche l'occasione offerta in tal senso dal Libro verde sulla riforma della politica comune della pesca (PCP), in materia di maggiore sussidiarietà;
ad adottare inoltre le iniziative necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:
a) rapida attuazione di un fermo pesca straordinario chiamato, diversamente dal passato, a contribuire alla soluzione non solo del problema del sovrasfruttamento delle risorse, ma anche alla gestione della fine delle deroghe e dell'introduzione delle nuove maglie;
b) attivazione di tutte le iniziative, anche in sede Ecofin, per l'adozione del regime speciale IVA agricola al settore della pesca, in ragione dell'equiparazione dell'imprenditore ittico con quello agricolo avvenuta con il decreto legislativo n. 154 del 2004;
c) attuazione di misure di agevolazione fiscale e previdenziale, quali la sterilizzazione delle fiscalità e della previdenza

di settore per una annualità (esenzione totale da IRAP ed IRPEF, ovvero IRES);
d) incremento dei fondi finalizzati alla prosecuzione, con estensione ai lavoratori marittimi imbarcati su pescherecci di cui sono proprietari, della cassa integrazione in deroga fino al 31 dicembre 2011, in attesa di rendere tale istituto un ammortizzatore sociale ordinario;
e) accelerazione delle procedure per il varo del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura, attualmente in proroga di una annualità, prevedendo nei sui contenuti:
1) un piano di salvataggio per il piccolo strascico costiero, comprendente l'attuazione di una serie di misure socio-economiche per avviare un processo di adeguamento e riposizionamento delle imprese coinvolte;
2) la creazione di un Fondo o di una Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'imprenditoria ittica che innovi la strumentazione di supporto alle imprese per il recupero della competitività, in linea con la più recente normativa europea sugli aiuti di Stato per le piccole e medie imprese di settore, mediante investimenti orientati alla crescita delle dimensioni aziendali, ristrutturazioni e salvataggi, concentrazioni e fusioni prestiti partecipativi, e altri;

f) avvio delle procedure per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura così come previsto dalla delega conferita al Governo nell'ambito della legge comunitaria 2009;
g) costituzione di una task force per il monitoraggio ed il coordinamento degli interventi propri delle regioni quali, ad esempio, piani di gestione locali, ammodernamenti per la flotta in attività, azioni per l'integrazione del reddito e la diversificazione delle attività, servizi e formazione;
h) apertura di un negoziato con ENI-AGIP per la riedizione di una campagna di acquisti prodotti petroliferi scontati, sulla scia della positiva esperienza del protocollo siglato con ENI nel marzo 2008;
i) utilizzo delle specifiche risorse del Fondo europeo della pesca (FEP), misura «Ammodernamento», per sostenere l'adeguamento delle reti, disponendo la riapertura dei termini per la scelta delle maglie da utilizzare.
(7-00343)
«Agostini, Sani, Brandolini, Oliverio, Servodio, Di Giuseppe, Zucchi, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Mario Pepe (PD), Trappolino, Marrocu».

La XIII Commissione,
premesso che:
il Regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio, del 21 dicembre 2006, relativo a «Misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo e recante modifica del regolamento (CEE) n. 2847/93 e che abroga il regolamento (CE) n. 1626/94» stabilisce, all'articolo 9, la dimensione minima delle maglie delle reti da pesca, evidenziando che «sono vietati l'impiego per la pesca e la detenzione a bordo di reti trainate, di reti da circuizione o di reti da imbrocco a meno che la dimensione delle maglie nella parte della rete in cui esse sono più piccole sia conforme al disposto dei paragrafi da 3 a 6 del presente articolo», e, all'articolo 13, i valori minimi di distanza e profondità per l'uso degli attrezzi da pesca, evidenziando che «è vietato l'uso di attrezzi trainanti entro una distanza di 3 miglia nautiche dalla costa o all'interno dell'isobata di 50 metri quando tale profondità è raggiunta ad una distanza inferiore dalla costa ed, inoltre, che è vietato l'uso di reti da traino entro una distanza di 1,5 miglia nautiche dalla costa»;
l'entrata in vigore di suddetto Regolamento comunitario sta provocando una

giustificata e legittima preoccupazione tra tutte le marinerie italiane, che lamentano l'inadeguatezza di queste disposizioni perché non terrebbero conto non solo del tipo di pesca praticato, ma anche e soprattutto delle conseguenze derivanti dalle stesse, che comporterebbero una riduzione pari al 50 per cento del pescato odierno e paralizzerebbero un settore che sta attraversando, proprio per la crisi economica e finanziaria esistente, un momento di stallo che sarebbe aggravato da un aumento dei costi di gestione che influirebbe negativamente sui posti di lavoro;
la condivisibile azione di tutela e di salvaguardia del patrimonio marittimo del Mediterraneo unita al necessario e giusto contrasto alla pesca distruttiva ed indiscriminata non può, però, assolutamente scontrarsi con le tradizioni di ogni singolo Paese europeo, con il tipo di pesca effettuato e con il bacino occupazionale coinvolto, ma anzi al contrario deve essere armonizzata con le specificità e le peculiarità locali al fine di evitare che la legislazione comunitaria possa prescindere da quelle che sono le vocazioni dei territori e creare, di conseguenza, tensioni di carattere sociale;
la protesta degli operatori ittici sta interessando tutte le marinerie e sta coinvolgendo le istituzioni locali che sono sostanzialmente quelle che si sono assunte l'onere di dover sollecitare gli enti competenti affinché la problematica in questione sia portata a livello comunitario;
il regolamento in questione, proprio perché coglie le marinerie nel bel mezzo di una crisi strutturale, non è in grado di garantire che le stesse siano in grado di sopportare i maggiori costi di gestione derivanti dall'adeguamento delle attrezzature di pesca e dal cambiamento del tipo di pesca effettuato;
lo stesso regolamento penalizza pesantemente le marinerie sia per la pesca a strascico che, avendo visto già lievitare il costo del carburante delle imbarcazioni, si troverà a far fronte, a causa dell'aumento della selettività delle reti, ad un minor pescato, soprattutto di specie pregiate, e quindi ad un calo di redditività complessiva, sia per quella speciale di bianchetto e di rossetto che, non potendo più essere effettuata nella fascia costiera ed in corrispondenza delle praterie di fanerogame, sarebbe destinata a scomparire con grave danno per i piccoli operatori ittici e per alcune eccellenze gastronomiche ad essa legata;

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa necessaria per esercitare un'azione di pressione nei confronti della Commissione europea, per operare una revisione della normativa in tempi anticipati rispetto a quelli previsti (2012), cogliendo anche l'occasione offerta in tal senso dal Libro Verde sulla riforma della politica comune della pesca (PCP) in materia di maggiore sussidiarietà;
ad adottare le iniziative necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:
a) rapida attuazione di un fermo pesca straordinario chiamato, diversamente dal passato, a contribuire alla soluzione non solo del problema del sovrasfruttamento delle risorse, ma anche alla gestione della fine delle deroghe e dell'introduzione delle nuove maglie;
b) attivazione di tutte le iniziative, anche in sede Ecofin, per l'adozione del regime speciale IVA agricola al settore della pesca in ragione dell'equiparazione dell'imprenditore ittico con quello agricolo avvenuta con il decreto legislativo n. 154 del 2004;
c) attuazione di misure di agevolazione fiscale e previdenziale, quali la sterilizzazione della fiscalità e della previdenza di settore per una annualità (esenzione totale da IRAP ed IRPEF, ovvero IRES);
d) incremento dei fondi finalizzati alla prosecuzione - con estensione ai lavoratori marittimi imbarcati su pescherecci di cui sono proprietari - della cassa

integrazione in deroga fino al 31 dicembre 2011, in attesa di rendere tale istituto un ammortizzatore sociale ordinario;
e) accelerazione delle procedure per il varo del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura, attualmente in proroga di una annualità, prevedendo nei suoi contenuti:
1) un Piano di salvataggio per il piccolo strascico costiero, comprendente l'attuazione di una serie di misure socio-economiche per avviare un processo di adeguamento e riposizionamento delle imprese coinvolte;
2)la creazione di un Fondo o di un'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'imprenditoria ittica che innovi la strumentazione di supporto alle imprese per il recupero della competitività, in linea con la più recente normativa europea sugli aiuti di Stato per le piccole e medie imprese di settore, mediante investimenti orientati alla crescita delle dimensioni aziendali, ristrutturazioni e salvataggi, concentrazioni e fusioni prestiti partecipativi, eccetera;
f) avvio delle procedure per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura così come previsto dalla delega conferita al Governo nell'ambito della legge comunitaria 2009;
g) costituzione di una task force per il monitoraggio ed il coordinamento degli interventi propri delle regioni quali, ad esempio, piani di gestione locali, ammodernamenti per la flotta in attività, azioni per l'integrazione del reddito e la diversificazione delle attività, servizi e formazione;
h) apertura di un negoziato con l'ENI-AGIP per la riedizione di una campagna di acquisti prodotti petroliferi scontati, sulla scia della positiva esperienza del Protocollo siglato con ENI nel marzo 2008;
i) utilizzo delle specifiche risorse del Fondo europeo della pesca (FEP), misura «ammodernamento», per sostenere l'adeguamento delle reti, disponendo la riapertura dei termini per la scelta delle maglie da utilizzare.
(7-00345)
«Dima, Beccalossi, Bellotti, Biava, Catanoso, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Gottardo, Nastri, Nola, Romele, Rosso, Taddei, Paolo Russo, D'Anna».

TESTO AGGIORNATO AL 17 GIUGNO 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
fin dal novembre 2009, con atti ispettivi n. 2-00201 (4 novembre 2008), n. 4-02139 (27 gennaio 2009), n. 2-00372 (29 aprile 2009), n. 3-00625 (28 luglio 2009), n. 2-00470 (16 settembre 2009), n. 4-05989 (3 febbraio 2010), a tutt'oggi privi di risposta, l'interpellante ha denunziato la pesante e grave situazione, anche sotto l'aspetto finanziario, in cui versa l'intero settore della sanità in Calabria;
nel corso del tempo più volte da parte di fonti governative è stata manifestata la necessità di decretare il commissariamento del sistema sanitario in Calabria;
nel maggio del 2009, durante una manifestazione elettorale, lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, aveva annunciato il citato commissariamento;
il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali del tempo, nel settembre 2008, in Commissione bicamerale

per le questioni regionali aveva testualmente dichiarato che «...la situazione della regione Calabria è molto preoccupante non solo per la dimensione del debito e del disavanzo, ma per il trend di spesa: dai 55 milioni del 2006 ai 127 del 2007... un dato che fa spaventare non poco»;
lo stesso Sottosegretario di Stato alla salute del tempo, Francesca Martini, in un intervista alla Padania ha dichiarato che la regione Calabria «vanta» una situazione che grida «vendetta»;
la Corte dei conti regionale, già nel marzo 2008, ha bocciato la sanità calabrese sottolineando, tra l'altro, «la sovraesposizione del finanziamento a fronte di indici di attività e prestazioni sottomedia, che evidenziano l'esigenza di interventi intesi a restituire alla regione un livello di prestazioni ospedaliere capace di corrispondere ad un più elevato indice di appropriatezza»;
nonostante ben due advisor non fossero riusciti a far definire l'esatta quantificazione del disavanzo nel settore della sanità calabrese, con il comma 3-bis dell'articolo 22 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, è stata persino concessa alla sola regione Calabria la proroga-diffida di ulteriori settanta giorni per l'adozione di un piano di rientro contenente misure di riorganizzazione e riqualificazione del servizio sanitario regionale;
nella primavera del 2009 gli incolpevoli cittadini calabresi si erano visti reintrodurre il ticket sui farmaci e sul pronto soccorso, nonché l'aumento dell'IRAP e la conferma dell'IRPEF nelle misure massime consentite;
nel mese di settembre 2009 la precedente giunta regionale, composta da una coalizione del centro-sinistra, ha approvato il cosiddetto «piano di rientro» per il risanamento del deficit sanitario di quella regione, tradotto di fatto in una mera dichiarazione di intenti, di fronte al quale è apparso inspiegabile il mancato commissariamento del settore della sanità calabrese;
nel mentre veniva predisposto ed approvato il cosiddetto «piano di rientro», la precedente giunta regionale calabrese definiva tranquillamente acquisizioni di prestazioni ospedaliere dalle strutture private che non rinnovavano i contratti ai propri dipendenti da circa 5 anni ed autorizzava ben 333 assunzioni nelle aziende sanitarie ed ospedaliere;
il 17 dicembre 2009, il presidente della regione Calabria del tempo ha firmato, con i Ministri dell'economia e delle finanze e della salute, il piano di rientro dal debito, evitando così il commissariamento di quel settore regionale;
in virtù della citata sigla il presidente della regione del tempo Loiero, in data 30 dicembre 2009, in prossimità dell'ultima tornata elettorale, è stato persino nominato commissario delegato per l'emergenza economico-sanitaria nel territorio della Calabria, con la facoltà di avvalersi dei poteri di cui alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri emanate per fronteggiare il contesto emergenziale;
il nuovo Presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, insieme alla nuova giunta, si trova oggi ancora di fronte all'impossibilità di definire un adeguato «Piano di rientro» visto che il Kpmg non ha definito l'esatta quantificazione del disavanzo nel settore della sanità calabrese, il che impedisce l'individuazione degli interventi necessari per bloccare gli sprechi che hanno causato l'enorme disavanzo in questione;
contemporaneamente la Corte dei conti regionale ha citato la regione Calabria per oltre 95 milioni di euro;
nel periodo 2004-2010 la procura regionale della Corte dei conti della Calabria ha depositato ben 67 atti di citazione in materia sanitaria ed ha in corso due inviti a dedurre;
all'interpellante sembra davvero assurdo, inspiegabile ed ingiustificabile il ritardo del Governo nel decretare il commissariamento del settore della sanità, nel mentre il provvedimento è stato attuato

per altre regioni, il cui disavanzo è sicuramente inferiore a quello calabrese -:
quali siano i motivi che fino ad oggi hanno impedito il commissariamento della sanità in Calabria;
se siano state avviate indagini in relazione ad appalti illegittimi e/o illeciti posti in essere dalle aziende sanitarie e ospedaliere;
se non si ritenga necessario, urgente ed inderogabile procedere al commissariamento della sanità calabrese.
(2-00747)«Angela Napoli».

Interrogazione a risposta in Commissione:

PELUFFO, LOLLI, CALVISI, BRESSA, ZACCARIA e SIRAGUSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 14 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile», convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, prevede la possibilità di avviare procedure straordinarie di reclutamento finalizzate all'assunzione di personale a tempo indeterminato già con contratto nella Protezione civile;
il reclutamento avviene attraverso le linee guida previste dal decreto 13 maggio 2010, in applicazione del comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 195 del 2009;
il 27 marzo 2010 il quotidiano la Repubblica pubblicava un articolo dal titolo «La Parentopoli di Bertolaso quei figli dei potenti assunti senza concorso» nel quale si fa riferimento ad assunzioni mediante ordinanze di emergenza di collaboratori che sono diventati dirigenti generali e, tra i nuovi assunti, ci sarebbero figli di generali, di colonnelli, di magistrati della Corte dei conti e della Corte costituzionale, parenti di cardinali, di personale dei servizi segreti, di dirigenti e segretari generali della Presidenza del Consiglio dei ministri, capi dei vigili del fuoco, direttori generali del tesoro;
la manovra approvata dal Consiglio dei ministri decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 125 del 31 maggio 2010 - S.O. n. 114 al Capo II, prevede la «riduzione del costo degli apparati politici ed amministrativi» e, al Capo III, il «contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, invalidità e previdenza»;
con una circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per le politiche di gestione e di sviluppo delle risorse umane, si è avviata la procedura per la stabilizzazione di 147 persone nel ruolo tecnico amministrativo, 18 persone di ruolo tecnico amministrativo, di cui 11 appartenenti al Corpo forestale dello stato, e di 13 unità di personale dirigenziale;
il comma 4 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 195 del 2009 prevede la copertura per le nuove assunzioni a tempo indeterminato il cui onere viene valutato in 8 milioni di euro, di cui 4 milioni e 800 mila provengono dal decreto legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile»;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 maggio 2010, in premessa, cita l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3508 del 2006 che, all'articolo 15, prevede «Al fine di fronteggiare gli stati di emergenza in premessa citati il Dipartimento della protezione civile è autorizzato ad avvalersi di undici unità di personale appartenente al Corpo forestale dello Stato a cui può essere

corrisposto il trattamento economico accessorio previsto per il restante personale appartenente al predetto Corpo che presta servizio in posizione di comando presso il medesimo Dipartimento della protezione civile. 2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 2 del presente articolo si provvede a carico del Fondo di protezione civile.»;
l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3508, in premessa, cita diverse emergenze tra cui l'emergenza relativa al comune di Lipari e alle Eolie derivante dagli effetti indotti dai fenomeni vulcanici nell'isola di Stromboli del 2002, l'emergenza traffico della città di Mestre del 2003, l'emergenza terremoto nelle Marche e in Umbria 1997, l'emergenza nella provincia di Rieti a seguito del terremoto del 1997, l'emergenza frana di Spriana del 2005, l'emergenza in ordine alla situazione socio-economico-ambientale determinatasi nel bacino idrografico del fiume Sarno ulteriormente prorogata fino al 31 dicembre 2006, l'emergenza in materia di bonifica e di risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, nonché in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione nella regione siciliana del 2006, il «grande evento» per lo svolgimento dei mondiali di nuoto «Roma 2009» nel territorio della provincia di Roma, l'emergenza nel settore dell'approvvigionamento idrico nel territorio del comune di Reggio Calabria del 2003 e del 2005, l'emergenza connessa alla grave situazione in cui versa la popolazione del sud del Sudan, l'emergenza rifiuti nella regione Campania (emergenza chiusa dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195);
le emergenze previste dall'ordinanza n. 3508 sono concluse, è chiaro che anche le esigenze di personale decadono;
l'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede l'assunzione mediante selezione per titoli ed esame colloquio di 13 unità di personale dirigenziale;
all'esame/colloquio sono ammessi coloro che hanno 5 anni di posizioni funzionali, diploma di laurea e un contratto d'incarico dirigenziale di seconda fascia;
gli incarichi di seconda fascia sono stati attivati grazie alle varie ordinanze di protezione civile relative ai grandi eventi ed emergenze;
l'accesso alla qualifica di dirigente della seconda fascia è regolamentato dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 maggio 2001, n. 106, S.O., sezione II - Accesso alla dirigenza e riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione, articolo 28 «Accesso alla qualifica di dirigente della seconda fascia» (Articolo 28 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 470 del 1993, poi dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 546 del 1993, successivamente modificato dall'articolo 5-bis del decreto legge n. 163 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 273 del 1995, e poi nuovamente sostituito dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 387 del 1998), che stabilisce: «1. L'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per concorso per esami indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione.
2. Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio o, se in possesso del dottorato di ricerca o del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, almeno tre anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del dottorato di ricerca o del diploma di laurea.»;

al concorso per i 13 posti di dirigente previsti dall'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 maggio 2010 sono esclusi tutti i funzionari che ne avrebbero le caratteristiche in base all'articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, norma a cui l'articolo 14 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, non ha derogato;
l'articolo 97 della costituzione dice: «Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso»;
agli interroganti appare ingiusta la copertura finanziaria che toglie soldi all'Abruzzo, anche se sotto una norma generalista, oltre che sottodimensionata rispetto alle nuove assunzioni -:
quali iniziative intenda intraprendere affinché vengano ristabilite le condizioni minime per l'accesso ai ruoli dirigenziali previste dall'articolo 28 del decreto legislativo n. 165 del 2001 attraverso un concorso che non escluda nessuno, e affinché le nuove assunzioni siano realmente necessarie e realmente meritorie e fondate sul principio di trasparenza.
(5-03016)

Interrogazioni a risposta scritta:

CASTAGNETTI e MARCO CARRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 14 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 195 del 2009, recante «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile, n. 26», dispone la valorizzazione dell'esperienza acquisita dal personale - con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e con rapporto di lavoro a tempo determinato - impiegato dal dipartimento della protezione civile che «per lo svolgimento delle attività affidategli, deve necessariamente possedere una specifica professionalità». In particolare, il comma 1 autorizza il dipartimento della protezione civile a procedere alle assunzioni del predetto personale, nel limite di spesa di 8,02 milioni di euro, mentre il comma 2 demanda ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione delle modalità valutative anche speciali per il reclutamento del predetto personale;
la relazione tecnica, allegata dal Governo al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 195 del 30 dicembre 2009 (atto Senato 1956 e atto Camera 3196), specificava, all'articolo 14, il numero di unità di personale da assumere: «a) al personale già titolare di contratto a tempo determinato (n. 25 unità) e di collaborazione coordinata e continuativa (n. 200 unità). Gli oneri previsti per l'applicazione della disposizione in parola, che riguarda l'assunzione di personale nelle aree II e III determinate in relazione a quelle che saranno le specifiche esigenze di implementazione del Dipartimento al momento dell'indizione delle procedure selettive di reclutamento, ammontano a 7,22 milioni di euro. Per quanto concerne la spesa relativa all'assunzione del predetto personale, la medesima è stata valutata considerando un costo medio unitario annuo per ciascuna unità di personale pari ad euro 32.100. A tale proposito si evidenzia la prevista contestuale soppressione delle autorizzazioni in favore del Dipartimento della protezione civile a stipulare contratti a tempo determinato e di collaborazione coordinata e continuativa in numero corrispondente al personale assunto; b) al personale dirigenziale di seconda fascia già in servizio presso il Dipartimento con contratto stipulato ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Gli oneri previsti ammontano a complessivi 0,4 milioni di euro e si riferiscono a n. 5 unità in possesso di una anzianità nell'incarico di almeno quattro anni»;

nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del predetto decreto-legge al Senato era stato approvato anche un emendamento, al comma 1, poi soppresso alla Camera dei deputati perché interessava un solo dirigente - così come ammesso dal sottosegretario Bertolaso nel corso della seduta dell'Assemblea del 18 febbraio 2010 - che autorizzava il Ministero per i beni e le attività culturali ad inquadrare nel ruolo dei dirigenti di prima fascia, nei limiti della dotazione organica, i propri dipendenti di ruolo, titolari di incarichi di funzione dirigenziale generale, che avessero maturato alla data di entrata in vigore della legge di conversione, almeno cinque anni di anzianità nell'incarico. Al relativo onere si provvedeva tagliando corrispondenti posti di dirigente di seconda fascia;
in merito ai profili di copertura finanziaria, riguardo al comma 4 dell'articolo 14, nel corso dell'esame del provvedimento presso le Commissioni bilancio del Senato e della Camera dei deputati, il rappresentante del Governo ha depositato una nota del Ministero dell'economia e delle finanze che confermava l'adeguatezza della copertura e una nota della Presidenza del Consiglio dei ministri-dipartimento della protezione civile che recava alcune specificazioni in merito alle risorse da utilizzare a copertura. In particolare, la nota del dipartimento della protezione civile, protocollo DPC/CG/001/1936 del 16 febbraio 2010, allegata al resoconto della Commissione bilancio della Camera del 17 febbraio 2010, precisava che: «Art. 14 - Si rappresenta che la spesa di euro 80.000, indicata nella relazione tecnica quale trattamento economico medio annuo del personale dirigente, appare congrua se non superiore a quella di 72.013,00 euro indicata nel conto annuale pubblicato dalla Ragioneria Generale dello Stato. Altrettanto può dirsi del trattamento economico medio riferito al personale non dirigente indicato in 32.100,00 euro annui. A tale proposito si evidenzia che il costo annuale stimato nella Dichiarazione della ragioneria generale dello Stato sopra citata, prevede una spesa di euro 37.932,00, desunta dalla media delle retribuzioni del personale della Presidenza del Consiglio dei ministri appartenente alle diverse aree e fasce retributive ivi comprese quelle apicali della terza area. Nelle ipotesi di assunzione di cui all'articolo 14, non sono invece previste immissioni nelle fasce apicali e precisamente nelle fasce retributive che vanno dalla F2 alla F9 della III area»;
il Dipartimento della protezione civile ha notificato al personale dipendente la circolare, protocollo DPC/UCD/00042174 del 28 maggio 2010 riguardante l'attuazione dell'articolo 14, commi 1 e 2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, con la quale si dispone, al punto 1, l'immissione nel ruolo speciale di 147 unità di qualifica non dirigenziale titolare di contratto a tempo determinato, al punto 2, di 18 unità tra appartenenti al Corpo forestale dello Stato e altre in posizione di comando o fuori ruolo e al punto 3 di 13 unità di personale dirigenziale titolari di contratto a tempo determinato ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 20 marzo 2001, n. 165 nell'ambito dei servizi individuati con decreto Presidente del Consiglio dei ministri 31 luglio 2008 -:
come la prevista assunzione di 13 dirigenti, come scritto al punto 3 della circolare del dipartimento di Protezione civile, protocollo DPC/UCD/00042174 del 28 maggio 2010 si concili con quanto scritto nella relazione tecnica del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 e con quanto il Governo ha sempre sostenuto al Senato e alla Camera dei deputati, in sede di conversione del decreto-legge medesimo, ossia che la stabilizzazione avrebbe riguardato 225 unità di qualifica non dirigenziale e 5 di dirigenza di II fascia, tenendo anche conto delle misure di contenimento della spesa pubblica introdotte dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.
(4-07531)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo un articolo di Franco Ortolani, ordinario di geologia all'università di Napoli Federico II, e Angelo Spizuoco, impegnato presso il centro studi strutture geologia geotecnica di S. Vitaliano (Napoli) - articolo uscito sul quotidiano Terra di martedì 8 giugno 2010 - il territorio della regione Campania può essere interessato da terremoti di origine tettonica, vulcanica e bradisismica. Le aree nelle quali si possono originare i più disastrosi terremoti tettonici sono ubicate nella fascia interna. Nell'area costiera, invece, si possono avere terremoti connessi al vulcanismo e agli eventi bradisismici;
i sismi tettonici possono risultare molto distruttivi su aree molto vaste, come accaduto nel 1980. I sismi vulcanici e bradisismici possono risultare distruttivi in aree ristrette come accaduto con il sisma del 1883 ad Ischia;
la difesa principale avviene mediante un'adeguata classificazione sismica del territorio. Dopo il tragico terremoto di San Giuliano di Puglia, nel febbraio 2003 la regione Campania, finalmente e troppo tardi, riclassificò sismicamente il territorio regionale attribuendo una nuova categoria sismica (elevata sismicità) ai comuni che erano già stati classificati dallo Stato dopo il 1980;
alla luce delle esperienze pregresse, occorrerebbe una rivisitazione dei dati che conducono alle accelerazioni sismiche da utilizzare per il calcolo strutturale;
altro problema geologico, particolare e unico, è rappresentato dal fenomeno bradisismico rapido che interessa periodicamente l'area flegrea (la zona occidentale di Napoli come Fuorigrotta, Bagnoli, Agnano, Pozzuoli e Bacoli). Il sollevamento provoca deformazioni accentuate del suolo e del suo substrato determinando spostamenti differenziati e dilatazioni dei manufatti non strutturate per sostenere tali sollecitazioni. Di conseguenza, il sollevamento causa gravi instabilità nelle strutture in elevazione e rotture delle tubazioni interrate quali acquedotti, fognature e condotte di gas metano. Particolare attenzione si dovrebbe porre alle condotte di gas metano, infatti, in caso di un evento sismico o eruzione vulcanica, il più semplice dei piani di evacuazione prevede che la popolazione colpita abbandoni le proprie abitazioni attraverso «vie di fuga». Nella fattispecie, questi percorsi sono interessati da condotte di gas realizzate senza una norma antisismica di calcolo e costruttiva avente funzione di supporto per la progettazione di tali opere;
nell'area flegrea, unica area abitata al mondo interessata da tali sollecitazioni, è applicata solo la legge antisismica che non contempla le deformazioni che si manifestano durante i sollevamenti bradisismici. Dal 1985 è stato ripetutamente proposto alle competenti istituzioni statali e locali la elaborazione di adeguate norme antibradisismo. Tuttavia, invano;
tra i problemi incombenti sulle aree urbanizzate e antropizzate campane si devono ricordare quelli connessi alla presenza di due bacini artificiali (sul fiume Ofanto a Conza della Campania e nei pressi di Monteverde), costruiti proprio nell'area che durante gli eventi sismici subisce sollevamenti e abbassamenti istantanei dell'ordine di varie decine di centimetri. Un altro bacino artificiale non funzionante è realizzato a Campolattaro (provincia di Benevento) in un'area che negli ultimi secoli è stata interessata da almeno 4 sismi di intensità macrosismica variabili da 9 a 11;
per quanto concerne la sicurezza, gran parte degli edifici privati e pubblici costruiti prima del 2003 nelle aree epicentrali (tranne nei comuni già inseriti nella elevata sismicità prima del 2003) dei vari sismi che finora hanno interessato la Campania sono stati realizzati adottando

accelerazioni di calcolo non adeguate alla potenza massima dei sismi che si possono verificare;
i terremoti più distruttivi hanno originato spostamenti verticali lineari (fogliazioni) e areali (abbassamenti e sollevamenti) la cui entità massima è valutabile intorno ad 1 metro. Le aree di superficie deformate coincidono con quelle epicentrali dove l'intensità macrosismica è stata massima. È evidente che le deformazioni rilevate in superficie sono da attribuire a rotazioni di grandi blocchi costituenti la catena o la copertura sedimentaria autoctona lungo assi suborizzontali. I manufatti a sviluppo lineare, orizzontale e verticale possono essere interessati e danneggiati da queste deformazioni cosismiche; quelli che più pericolosamente possono risentire di tali deformazioni istantanee sono rappresentati dalle gallerie, dalle dighe, dai viadotti, dai metanodotti, oleodotti e acquedotti, dalle strade e ferrovie, dai pozzi petroliferi;
la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina desta preoccupazione, perché l'area è stata epicentro del sisma del 1908, nella quale sono da prevedere deformazioni istantanee del suolo con spostamenti relativi elevatissimi;
grande attenzione va posta nella ubicazione e realizzazione di pozzi petroliferi in aree caratterizzate da una struttura complessa con acquiferi carbonatici affioranti e di importanza strategica per il rifornimento idropotabile di vaste aree, come ad esempio nella Basilicata e Campania meridionale;
anche la concentrazione, in aree già epicentro di disastrosi eventi sismici recenti, di manufatti particolarmente vulnerabili alle deformazioni cosismiche deve essere seriamente rivalutata al fine di mitigare il rischio ambientale di ampi territori vallivi, come ad esempio nella valle del fiume Agri in Basilicata;
il 26 gennaio 2010 l'Assemblea della Camera ha approvato la innovativa mozione 1-00324 che riconosce il territorio come bene comune e risorsa limitata da tutelare attraverso l'adozione di una serie di misure attinenti anche ai problemi sismici -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei rischi incombenti, legati al fenomeno sismico, che gravano sulla gran parte del territorio nazionale, se li confermano e se non ritengano opportuno, e come, scongiurare la speculazione edilizia, priva di norme di sicurezza, in zone classificate come sismiche;
se i Ministri interrogati intendano predisporre nei limiti delle proprie competenze un'adeguata riclassificazione sismica del territorio;
per quali ragioni le condotte di gas metano citate innanzi siano state realizzate senza una norma antisismica di calcolo;
se si intendano adottare adeguate norme antibradisismo nell'area flegrea;
se sia vero, e per quali ragioni, che la maggior parte degli edifici pubblici e privati, costruiti prima del 2003 nelle aree epicentrali dei vari sismi che finora hanno interessato la Campania, siano stati realizzati adottando accelerazioni di calcolo non adeguate alla potenza massima dei sismi che si possono verificare;
quale sia lo stato di attuazione degli impegni contenuti nella mozione 1-00324 in particolare per quanto attiene alle questioni legate alla sismicità.
(4-07534)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI e BRATTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il progetto di raccordo autostradale Porto di Cremona-A21 «Torino-Piacenza-Brescia»

a Castelvetro Piacentino (Piacenza), realizzato dalle società Autostrade Centropadane S.p.A., consta di 12 chilometri e collegherà le province di Cremona e Piacenza. Esso prevede un nuovo ponte di 200 metri sul Po, l'attraversamento di una zona golenale e di zone di protezione speciale individuate dall'Unione europea dedicate alla conservazione dell'avifauna, un tratto di circa 9 chilometri previsto nel territorio rurale di Castelvetro Piacentino;
il tracciato della futura tangenziale presuppone poi il taglio di un bellissimo esemplare di quercia secolare, detta «Nonna Quercia», conosciuta come «Nonna Mina», in onore della famosa cantante cremonese, di 4 metri di circonferenza del tronco, 20 metri di altezza e 35 metri di diametro della chioma. Nonna Quercia rappresenta uno dei pochi esemplari che l'uomo ha lasciato in vita rispetto alla foresta planiziale esistita fino a poche centinaia di anni fa nella Pianura Padana;
la regione Emilia Romagna ha espresso, tramite la delibera di giunta GPG/2009/821 del 25 maggio 2009, alcune osservazioni al parere VIA contrarie al progetto proposto dalla società autostrade Centropadane, in particolare si legge: «Dovrà essere dimostrata in maniera circostanziata e oggettiva la superiorità del progetto proposto rispetto alle soluzioni esaminate. In particolare, si chiede di giustificare la preferenza accordata rispetto all'ipotesi della Gronda Nord, che ad un primo esame appare meno impattante»,
detto progetto di tangenziale cita solo parzialmente l'alternativa «Bretella Spinadesco-Casello autostradale Cremona», detta «Gronda nord», opzione preferita anche dalla Regione Emilia Romagna, che non prevede alcun ponte sul fiume Po, un impatto ambientale ed un costo complessivo minori, sfruttando la viabilità già esistente;
il progetto definitivo del 31 marzo 2010 non cita inoltre alcuno studio aggiornato sui flussi di traffico. A questo proposito è opportuno ricordare che il progetto preliminare del 2005, elaborato da Autostrade Centropadane, prevedeva un traffico al 2020 di 12.000 veicoli/giorno, una successiva stima del 2008 ha però spostato al 2033 tali volumi di traffico, aumentando il flusso a 43.000 veicoli/giorno, spalmando così a lunghissimo termine la crescita di traffico veicolare;
il futuro socio-economico dell'area, in cui insistono numerose microaziende agricole tradizionali e a coltura biologica, vocato quindi all'agricoltura di qualità, all'agriturismo, al turismo lacustre e campestre, verrebbe seriamente compromesso dagli espropri e dalle emissioni inquinanti della nuova autostrada nell'impossibilità di garantire ambiente e prodotti rispettosi degli standard minimi richiesta per un agricoltura sostenibile;
è in corso una civile protesta promossa da un numeroso comitato di cittadini, associazioni ambientaliste, opinion-makers e botanici per ottenere una radicale revisione del progetto che possa salvare questo esemplare di flora preziosissimo. A questo proposito Tessa Gelisio, esperta di ecologia e comunicazione ambientale, conduttrice di Pianeta Mare e presidente dell'associazione For Planet, ha dato vita al primo «Sleeping Help Nature» della storia, una vera e propria veglia organizzata con un cospicuo numero di tende intorno a Mina per la salvaguardia del territorio e latu sensu delle radici storiche dell'ambiente padano -:
quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati, affinché venga scongiurato il taglio di questo importante esemplare di specie arborea di alto interesse ambientale e culturale; se non si ritenga opportuna un revisione del tracciato del sopraccitato raccordo autostradale anche aggiornando le reali previsioni di traffico e considerando nuovamente le osservazioni della regione Emilia Romagna e se non utile inserire «Nonna Mina» all'interno dell'elenco per la tutela degli «Alberi Monumentali» censiti dal corpo forestale dello Stato.
(4-07508)

MARINELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la discarica sita in contrada Salinella nel comune di Sciacca, gestita dalla società pubblica SO.GE.I.R. è fonte di gravi disagi e di effetti negativi sulla salute pubblica più volte segnalati da parte di cittadini e associazioni anche con esposti alla procura della Repubblica;
a quanto consta all'interrogante sono attualmente in corso attività ispettive da parte di più organi compresi i carabinieri del NOE e l'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), ma parallelamente è in corso anche l'istruttoria per l'autorizzazione di una variante della medesima discarica richiesta dalla SO.GE.I.R. -:
se sia vero quanto riportato in premessa e alla luce delle gravi carenze manifestate nella gestione della discarica predetta, quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione alla vicenda.
(4-07518)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta orale:

MAZZOCCHI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data 12 maggio 2010 è stato emanato dalla soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Roma, l'ordine di servizio n. 19, avente ad oggetto l'organizzazione del lavoro e la divisione degli uffici di competenza della soprintendenza stessa;
il disegno organizzativo, come si evince dall'ordine di servizio emanato, si ispirerebbe ad un'ottimale azione di tutela, conservazione, valorizzazione e promozione del patrimonio storico, artistico ed Etnoantropologico di competenza della soprintendenza stessa;
in particolare per quanto concerne l'utilizzazione del personale, l'ordine di servizio prevede che «Come principio generale l'Amministrazione intende rispettare i profili professionali nell'affidare le relative mansioni»;
nonostante tale dichiarazione di principio e in contrasto con il principio dell'economicità dell'azione amministrativa, alcune posizioni di responsabilità risulterebbero esser state affidate a dipendenti in missione provenienti da altre regioni, nonostante la presenza in sede di personale adeguatamente qualificato e dotato di esperienza maturata negli anni, che vede le proprie legittime aspettative disattese;
queste soluzioni sono fonte di spesa per l'Amministrazione la quale da un lato corrisponde onerosi rimborsi di missione che appaiono superflui attesa la presenza di personale già idoneo, dall'altro priva le regioni di provenienza di funzionari e dirigenti che ivi ben potrebbero operare -:
se i fatti esposti corrispondono al vero, quali iniziative intenda assumere per valorizzare al
meglio le risorse umane della soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico edetnoantropologico e per il polo museale della città di Roma.
(3-01116)

MOSELLA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
un quotidiano romano riportava la notizia di un cittadino il quale, nonostante avesse superato i 65 anni, ha dovuto pagare il biglietto di ingresso al Museo nazionale delle arti del XXI Secolo (MAXXI);
secondo l'articolo 1 del decreto del Ministro dei beni e delle attività Culturali n. 239 del 20 aprile 2006, tra le categorie

aventi diritto all'ingresso gratuito agli istituti e luoghi di cultura sono espressamente indicati i «cittadini dell'Unione europea che non abbiano compiuto il diciottesimo anno di età o che abbiano superato il sessantacinquesimo anno di età»;
come emerge dal sito dello stesso MAXXI questa norma non viene applicata; nel sito si legge infatti che hanno diritto ad ingresso gratuito «minori di 14 anni, accompagnatori di disabili, soci AMACI, giornalisti muniti di tessera, membri ICOM e dipendenti del Ministero dei beni e le attività culturali muniti di tessera di riconoscimento»;
un importante istituto di cultura quale è il MAXXI, di recentissima apertura al pubblico dovrebbe adeguarsi alle norme in vigore, non mettendo in atto scelte inique e che penalizzano tanti cittadini -:
se al Ministro interrogato consti quanto sopra esposto e, in caso affermativo, quali siano i motivi di questa decisione francamente inaccettabile presa dal MAXXI.
(3-01118)

Interrogazione a risposta scritta:

CAZZOLA e MAZZUCA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica di martedì 1o giugno 2010, a pagina 5 della cronaca di Bologna, riportava in un articolo a firma di Carlo Gulotta, il caso dei volontari dell'associazione Ascom di Bologna e del quotidiano Il Resto del Carlino che si erano dati da fare nei giorni precedenti per cancellare, dai muri della città ed in particolare nella zona di piazza Aldrovandi e dalle colonne del portico dello stadio Dall'Ara, i danni determinati dai graffiti dei vandali che da anni devastano i muri della città;
sulla questione, seppur non criticando direttamente l'apprezzabile intento dello spirito dell'iniziativa volontaria che ha animato e anima i cittadini bolognesi e coloro che hanno preso parte all'appello lanciato dall'Ascom e dal quotidiano Il Resto del Carlino per ripulire la città dai graffiti che, specialmente nel centro storico, ne deturpano costantemente i muri, interveniva l'architetto Carla Di Francesco, direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna, con alcune missive indirizzate al comune di Bologna e alla stessa Ascom;
la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna è un ufficio dirigenziale generale periferico del Ministero per i beni e le attività culturali, creato allo scopo di dirigere e coordinare l'attività delle 13 strutture periferiche del Ministero (soprintendenze di settore, archivi di stato, biblioteche e musei statali) esistenti sul territorio regionale e di fissare un punto di riferimento istituzionale per i rapporti fra il Ministero e gli enti pubblici territoriali, secondo il dettato della revisione del titolo V della Costituzione voluta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001;
l'articolo 45 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio» ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n.137, così come modificato dal decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 156 e decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 nonché dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 62 e decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, prevede la possibilità di svolgere un'azione di tutela indiretta, a salvaguardia dei beni immobili che siano stati già riconosciuti di interesse culturale, indicando «le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che ne sia messa in pericolo l'integrità, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e decoro»;
fra i compiti affidati ai direttori regionali, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 2007, si indica in particolare l'apposizione di prescrizioni di tutela indiretta;
nelle comunicazioni inviate, il direttore regionale per i beni culturali e del

paesaggio, contestava «il metodo» seguito dai volontari (organizzati da due importanti istituzioni locali) con i loro interventi volti a cancellare i graffiti, definendolo «un fai da te» ed esprimendo preoccupazione per gli interventi effettuati «con metodologie improprie e dannose» che, la stessa, considera «avventurose» e aggiungono «danno al danno aggravando la situazione e rendendo più difficile la corretta rimozione del vandalismo grafico» sul quale si voleva intervenire;
i promotori dell'iniziativa hanno assicurato di prestare molta attenzione alla qualità tecnica del lavoro dei volontari;
gli interventi svolti non hanno riguardato immobili di particolare valore artistico;
alla luce dei fatti esposti e riportati dalla stampa, sembrerebbe dunque che la direttrice regionale Di Francesco non si fosse resa conto di quanto stava avvenendo sotto i suoi occhi - relativamente agli atti di vandalismo grafico - se non nel momento in cui dei cittadini hanno deciso di agire in maniera volontaria e con spese a proprio carico, sollevando quindi l'amministrazione comunale dall'onere economico delle azioni di ripulitura la dove chi aveva l'onere del fare restava inerte;
il direttore regionale Di Francesco, infatti, solo oggi ha rimproverato all'Ascom e al quotidiano locale come «nel coinvolgimento della cittadinanza nell'operazione di pulizia, si deve ribadire che i volontari devono essere organizzati, istruiti e guidati da tecnici esperti, pena il fallimento dell'intera lotta ai graffiti intrapresi dalle pubbliche amministrazioni» ma non si comprende perché la direzione regionale non si sia attivata immediatamente o comunque non appena ricevuta la notizia degli interventi sponsorizzati dall'Ascom, al fine di garantire ai volontari l'adeguato supporto tecnico, in grado di coordinare e migliorare il lavoro di ripulitura comunque svolto a vantaggio dell'intera cittadinanza e del decoro urbano -:
se il Ministro interrogato non intenda attivarsi, ed in caso contrario perché, al fine di verificare se la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna fosse stata comunque informata per tempo dei progetti di intervento volontario da parte dei cittadini, volti a ripulire i muri della città di Bologna dai graffiti ed in tal caso perché non abbia, una volta assunta la notizia, provveduto a fornire l'adeguata assistenza tecnica ai volontari così come da raccomandazioni della stessa direttrice regionale Di Francesco riportate dalla stampa e citate in premessa;
se il Ministro interrogato, alla luce del caso di specie, non intenda valutare la possibilità di rafforzare o avviarne di nuovi, senza ulteriori oneri per il bilancio dello Stato, progetti di cooperazione tra le soprintendenze per i beni culturali e paesaggistici gli enti locali interessati e le forme di associazionismo cittadino, finalizzati alla valorizzazione di quelle azioni volontarie nel campo della tutela dei beni architettonici e paesaggistici delle nostre città, anche al fine di combattere gli atti di vandalismo, non solo grafico, che rappresentano un fenomeno in costante aumento e che sovente, nonostante l'impegno degli enti preposti, sfugge al controllo, al fine di contribuire positivamente da un lato a rafforzare le azioni positive sulla vigilanza del decoro urbano nelle nostre città e dall'altro incentivare la consapevolezza - soprattutto nelle giovani generazioni - che il patrimonio culturale del Paese è la sua memoria storica, da tramandare intatta alle future generazioni.
(4-07514)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIOLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'ex palazzo ducale di Modena, sede dell'accademia militare, una delle scuole

militari di eccellenza del nostro Paese, ha bisogno urgente di interventi di manutenzione: così nei giorni scorsi i giornali locali modenesi riportarono la notizia riferita al fatto che le forti grandinate delle settimane scorse avevano causato ulteriori distacchi di calcinacci dalla facciata principale dell'accademia militare così come le statue abbisognino di intervento e per questo da tempo sono avvolte da strutture protettive;
l'amministrazione comunale di Modena ha lanciato da diversi mesi un grido di allarme: l'accademia militare sta cadendo a pezzi, occorre intervenire subito: tutta la parte in marmo della facciata si sta completamente sfaldando, il balcone centrale è anch'esso in una situazione preoccupante, il complesso della struttura è transennato su un lato già da oltre dieci anni per il pericolo della caduta di calcinacci. Da poche settimane è transennata anche una parte della facciata; continuando così l'intero palazzo ducale diventerà off-limits;
da istituzioni e enti pubblici si sottolinea l'evidenza di interventi urgenti per evitare un ulteriore degrado di uno dei monumenti più significativi della comunità modenese e per questo nel corso di incontri che si sono svolti in passato tra amministrazione comunale e Ministero si sono anche valutati possibili interventi sino ad ora senza alcun seguito;
quali provvedimenti urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di salvaguardare l'edificio sede dell'accademia militare di Modena.
(4-07511)

CONCIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il bando del concorso per allievi di prima classe dell'Accademia navale per l'anno accademico 2009-2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 96 del 9 dicembre 2008 (si confronti l'allegato n. 1), prevede, all'articolo 8, comma 3, che «...solo per i concorrenti per il Corpo sanitario militare marittimo, in caso di positività al test HIV-Ab determinato con test Elisa di III o IV generazione, la commissione procederà all'esclusione degli interessati...»;
risulta all'interrogante inoltre che lo Stato Maggiore della Marina - ispettorato della sanità - abbia emanato e divulgato un documento, per uso esclusivo d'ufficio, intitolato «Requisiti fisici e sensoriali per l'idoneità ai vari corpi, ruoli e categorie, specialità e abilitazioni del personale della M.M.» (si confronti l'allegato n. 2) dal quale è dato evincere che l'accertamento della sieropositività è richiesto, previo consenso informato, per il solo personale non dirigente, risultando da tale accertamento esclusi gli ufficiali medici;
da un'analisi della documentazione si evince un quadro che conferma quanto già riscontrato sulla base delle numerose segnalazioni negli anni effettuate al servizio legale dell'Associazione NPS Italia Onlus da parte di lavoratori sieropositivi appartenenti alle Forze armate e di polizia, e cioè un approccio dei vertici che prevede la progressiva e sistematica rimozione dalle fila delle Forze armate e di polizia di tutti i lavoratori e di tutti i candidati all'arruolamento che risultino essere sieropositivi all'esito di accertamenti condotti su larga scala e per categorie di soggetti, fatta, a quanto pare, la sola eccezione degli ufficiali medici;
i succitati accertamenti sierologici, introdotti solamente nel 2010 all'interno dei bandi di concorso indetti dalla direzione generale del personale militare, limiterebbero di fatto la progressione di carriera dei lavoratori sieropositivi già in forza presso le quattro Forze Armate i quali, in virtù di quanto sopra esposto, non godrebbero dei requisiti psico-fisici necessari per poter concorrere ad incarichi/ruoli dirigenziali presso il Ministero della difesa;
la legge 5 giugno 1990, n. 135 (Piano degli interventi urgenti in materia di prevenzione e lotta all'AIDS), prevede, agli articoli 5 (accertamento dell'infezione) e 6 (divieti per i datori di lavoro), precise

norme volte a tutelare la riservatezza dei dati sanitari e a garantire la non discriminazione di tutti i lavoratori e di tutti i candidati all'assunzione. Si rileva altresì come sulla base dell'articolo 7 della stessa legge siano state adottate con decreto ministeriale 28 settembre 1990 precise disposizioni per la protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private; tali disposizioni hanno precisato che, nell'impossibilità «di identificare con certezza tutti i pazienti con infezione da HIV» il legislatore ha previsto alcune «precauzioni finalizzate alla protezione dal contagio (....), nei confronti della generalità delle persone assistite»;
va considerato, tuttavia, che il giudizio sui citati articoli della legge n. 135 del 1990 effettuato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 218/1994 abbia parzialmente mutato il quadro normativo, giustificando l'esecuzione di accertamenti sanitari allorquando vi sia necessità di contemperamento delle esigenze dei singoli con gli interessi della comunità, consistenti in particolare nella salute collettiva e nella protezione dei terzi, alla luce dei principi costituzionali contenuti nell'articolo 32 della Costituzione, sottolineando, però, come la stessa Corte abbia precisato che, anche in tali limitati casi in cui è consentito effettuare accertamenti volti alla rilevazione dell'infezione da HIV, non debba mai trattarsi di «...controlli sanitari indiscriminati, di massa o per categorie di soggetti, ma di accertamenti circoscritti sia nella determinazione di coloro che vi possono essere tenuti, ..., sia nel contenuto degli esami. Questi devono essere funzionalmente collegati alla verifica dell'idoneità all'espletamento di quelle specifiche attività e riservati a chi ad esse è, o intende essere, addetto». La Corte più avanti precisa altresì che i trattamenti sanitari trovano sempre un limite invalicabile nel rispetto della dignità della persona, anche al fine di «...contrastare il rischio di emarginazione nella vita lavorativa e di relazione»;
il bando di cui sopra appare, dunque, estremamente penalizzante nei confronti di un'ampia categoria di soggetti, che verrebbero ad essere preventivamente esclusi dall'esercizio di una attività lavorativa per la quale è richiesta una preparazione che richiede anni di studio e di tirocinio professionale;
inoltre nel bando per i concorsi per i licei militari diramati dal Ministero (concorso, per esami, per l'ammissione di centoquarantaquattro giovani ai licei annessi alle scuole militari dell'Esercito per l'anno scolastico 2010-2011, concorso, per esami, per l'ammissione di cinquantuno giovani ai licei annessi alla Scuola navale militare «Francesco Morosini» per l'anno scolastico 2010-2011), sono contenute le seguenti previsioni: «Visto il decreto ministeriale 4 aprile 2000, n. 114, concernente il regolamento recante norme per l'accertamento dell'idoneità al servizio militare, con annesso elenco delle imperfezioni ed infermità che sono causa di inidoneità; Vista la direttiva tecnica 5 dicembre 2005 della Direzione generale della sanità militare, integrata con il decreto dirigenziale 30 agosto 2007, riguardante l'accertamento delle imperfezioni e delle infermità che sono causa di inidoneità al servizio militare, di cui all'annesso al sopracitato decreto ministeriale 4 aprile 2000, n. 114»;
la formulazione suddetta indica come cause di esclusione gli stessi motivi in base ai quali era possibile chiedere l'esonero dal servizio di leva (quando questo era obbligatorio), trasformando, di fatto, una norma di favore per gli obbligati alla leva in una causa di esclusione dall'accesso ad un liceo -:
se il Ministro non ritenga di dover adottare le necessarie misure atte a intervenire sulle suddette procedure di selezione e sulle linee guida interne, al fine di modificare le condizioni di accesso al citato concorso e le prassi in atto all'interno della Marina Militare e delle Forze armate in generale, così evitando il rischio di ledere gravemente la dignità e la professionalità di un numero indeterminato di

soggetti, anche in relazione all'esigenza di garantire, pur rimanendo nell'alveo della fondamentale tutela del diritto alla salute di tutti i cittadini, il rispetto dei principi di solidarietà e di inclusione dei soggetti più deboli propri del nostro ordinamento.
(4-07512)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'aprile 2008, subito dopo la sua elezione, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno e la nuova giunta portano all'attenzione pubblica il problema del debito del comune, puntando il dito contro l'incauta gestione finanziaria delle precedenti amministrazioni Rutelli e Veltroni e paventando l'ipotesi di dissesto finanziario;
la procedura di dissesto ordinaria, prevista dal titolo VIII del testo unico sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo) 18 agosto, n. 267, viene deliberatamente evitata per garantire alla città una regolare programmazione economica e finanziaria e per scongiurare, tra l'altro, pesanti conseguenze sul recupero dei crediti delle migliaia di piccole e medie imprese fornitori del comune, con conseguenze sulla loro stabilità e possibili ripercussioni anche sul tessuto socioeconomico della città;
la soluzione per il risanamento del debito pubblico, fortemente voluta dal sindaco Alemanno d'intesa con il Governo, viene attuata per decreto sconvolgendo la ratio delle norme ordinarie sul dissesto finanziario e istituisce un'inedita doppia gestione, commissariale e ordinaria, che si suddivide le competenze a far data dal 28 aprile 2008;
si procede così alla nomina dello stesso sindaco Alemanno a commissario governativo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune e delle società partecipate e la predisposizione di un piano di rientro dal debito pregresso, relativo alla gestione precedente il 28 aprile 2008, così come previsto all'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
il piano di rientro, peraltro mai pubblicato in Gazzetta Ufficiale, né notificato ai creditori, viene approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il 5 dicembre 2008;
il suddetto piano di rientro, ottiene prima 500 milioni all'anno strutturali, poi trasformati, a causa della crisi economica e del terremoto in Abruzzo, in trasferimenti decisi, anno per anno, attraverso le leggi finanziarie, che sommano complessivamente a 500 milioni di euro per il 2008, 500 milioni di euro per il 2009 e 600 milioni di euro per il 2010, attraverso la cessione di immobili di proprietà del Ministero della difesa;
tra la fine del 2009 e i primi mesi del 2010 il piano di gestione commissariale non sembra funzionare e la stampa riporta un'allarmante situazione di crescita del debito pubblico complessivo: il debito finanziario pregresso in gestione commissariale si somma infatti al debito della gestione ordinaria con prestiti flessibili, alla mole dei contenziosi con i fornitori e non solo, alle partite in sospeso degli strumenti derivati fuori bilancio;
sembra definitivamente compromesso lo stesso impianto della doppia gestione commissariale e ordinaria, affidata al sindaco Gianni Alemanno, in quanto la gestione commissariale ha eroso in sostanza le capacità di spesa e di investimento della gestione ordinaria. Il Campidoglio infatti, poiché i trasferimenti dello Stato tardano ad arrivare, paga ratei dei mutui (le rate di ammortamento dei mutui sono pari a 565 milioni l'anno) e dei

debiti con i fornitori non differibili, riferiti al periodo antecedente al 28 aprile 2008. La gestione ordinaria ha finora anticipato circa 690 milioni di euro alla gestione del piano di rientro e, complessivamente, dovrebbe recuperare da quella commissariale circa 2,2 miliardi di euro per coprire gli ammanchi certificati nel piano di rientro;
la situazione diviene insostenibile e il sindaco cerca una soluzione di accordo con il Governo facendo innanzitutto slittare i termini per l'approvazione del bilancio di previsione 2010 e del rendiconto 2009 e dando forma ad un nuovo commissariamento nel disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 2 del 2010 «Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni» che all'articolo 4 comma 8-bis prevede: «Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è nominato un Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro di cui all'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, gestito con separato bilancio e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2008. A partire dalla data di nomina del nuovo Commissario, il sindaco del comune di Roma cessa dalle funzioni di Commissario straordinario del Governo per la gestione dello stesso piano di rientro. Il Commissario straordinario del Governo procede alla definitiva ricognizione della massa attiva e della massa passiva rientranti nel predetto piano di rientro. Per il comune di Roma, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono fissati i nuovi termini per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2010, per l'approvazione del rendiconto relativo all'esercizio 2009, per l'adozione della delibera di cui all'articolo 193, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e per l'assestamento del bilancio relativi all'esercizio 2010.Ai fini di una corretta imputazione al piano di rientro, con riguardo ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 248 e al comma 12 dell'articolo 255 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, il primo periodo del comma 3 dell'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, si interpreta nel senso che la gestione commissariale del comune assume, con bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti posti in essere fino alla data del 28 aprile 2008, anche qualora le stesse siano accertate e i relativi crediti siano liquidati con sentenze pubblicate successivamente alla medesima data»;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 maggio 2010 viene nominato commissario straordinario il magistrato della Corte dei conti, Domenico Oriani, già subcommissario della precedente gestione, a cui spetta ora il compito di portare a termine entro il 15 giugno 2010, la ricognizione della massa attiva e passiva del debito ereditato dalle precedenti gestioni e di certificare definitivamente le risorse necessarie a garantire il piano di rientro;
la carenza di liquidità continua ad essere il problema principale e il sindaco dopo aver dichiarato che, in mancanza di trasferimenti stabili e strutturali dello Stato, il comune non riuscirà a garantire l'attuazione del piano di rientro, in sede di manovra finanziaria 2011-2012 ottiene solo 300 dei 500 milioni di euro annui previsti allo scopo, secondo quanto previsto dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che costituisce un «fondo con una dotazione annua di 300 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2011, per il concorso al sostegno degli oneri derivanti dall'attuazione del piano di rientro». Si prevede, inoltre, che la restante quota necessaria per il piano di rientro sia a carico della fiscalità locale: «la restante quota delle somme occorrenti a fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione del predetto piano di rientro è reperita mediante l'istituzione,

su richiesta del Commissario preposto alla gestione commissariale e del Sindaco di Roma, fino al conseguimento di 200 milioni di euro annui complessivi»:
a) di un'addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili in arrivo o in partenza dagli aeroporti della città di Roma fino ad un massimo di 1 euro per passeggero;
b) di un incremento dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche fino al limite massimo dello 0,4 per cento;
anche per quanto concerne l'equilibrio economico-finanziario della gestione ordinaria nel succitato provvedimento finanziario si prevede il possibile ricorso all'istituzione di nuovi strumenti di fiscalità locale: "in considerazione della specificità di Roma quale Capitale della Repubblica, e fino alla compiuta attuazione di quanto previsto ai sensi dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, per garantire l'equilibrio economico-finanziario della gestione ordinaria, il Comune di Roma può adottare le seguenti apposite misure:
[...]
e) introduzione di un contributo di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione fino all'importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno;
f) contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari, mediante l'applicazione del contributo di costruzione sul valore aggiuntivo derivante da sopravvenute previsioni urbanistiche; a tali fini, il predetto valore aggiuntivo viene computato fino al limite massimo dell'80 per cento»;
il piano di rientro è stato gestito in maniera irrituale, con ampio ricorso alla decretazione di urgenza, rimodulando in maniera singolare le forme del commissariamento per ben due volte, nonché nominando commissario straordinario lo stesso sindaco Alemanno, proprio mentre portava avanti una campagna politica contro le precedenti amministrazioni di centrosinistra, con largo scontro di cifre tra maggioranza e opposizione sull'entità del debito e permettendogli di trasformare uno strumento di natura tecnico-contabile in un'operazione politica;
il piano di rientro si è rivelato, secondo gli interpellanti, inadeguato sotto il profilo degli strumenti, essendo essenzialmente basato sull'attesa di fondi statali;
il piano straordinario, sempre ad avviso degli interpellanti si è rivelato inefficace ed inefficiente rispetto agli obiettivi raggiunti, essendo ancora migliaia i fornitori del comune che attendono di essere pagati, né, dopo più di un anno e mezzo dall'approvazione del piano, è ancora nota la massa attiva e la massa passiva rientranti nel piano; inefficienza si rivela anche rispetto agli obiettivi di primo livello per i quali il piano era stato fortemente promosso rispetto ad una procedura di dissesto ordinaria, ossia garantire alla Città una regolare programmazione economica e finanziaria, mentre il risultato è stato l'erosione della capacità di spesa e di investimento della gestione ordinaria e la crescita del debito ordinario con un necessario slittamento dei termini per l'approvazione del bilancio di previsione 2010;
il piano di rientro è stato gestito secondo gli interpellanti dall'amministrazione comunale in maniera non trasparente, non è mai stato pubblicato il bilancio straordinario del comune, né c'è stata ancora una comunicazione ufficiale ai fornitori in merito ai crediti commissariati, con grave danno per tante piccole e medie aziende, che non solo non riescono ancora a riscuotere i loro crediti ma non possono neppure approntare un loro piano di rientro aziendale;
il piano di rientro, così come si profila con la recente approvazione della manovra finanziaria, graverà per un 40 per cento sulla fiscalità locale -:
in considerazione di quanto esposto in premessa e del grande peso che il piano

di rientro ha sui cittadini, in termini di fiscalità e di adeguatezza dei servizi erogati dal Comune di Roma e, soprattutto, sulla sopravvivenza di tante piccole e medie aziende fornitrici del Comune, come siano state spese le annualità già trasferite dallo Stato, quali siano stati i risultati finora ottenuti dai commissari straordinari per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune di Roma e delle sue società partecipate, in sede di attuazione del piano di rientro dall'indebitamento pregresso, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 5 dicembre 2008, e quale sarà la tempistica per lo sblocco dei pagamenti per i fornitori del comune.
(2-00749)
«Di Pietro, Messina, Donadi, Borghesi, Cambursano»,

Interrogazioni a risposta scritta:

RENATO FARINA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
durante la trasmissione televisiva Report mandata in onda la scorsa domenica 23 maggio su Rai 3, la giornalista Milena Gabanelli ha annunciato nella rubrica «Buone notizie» l'avvio del «Tecnopolo di Bologna» su iniziativa della regione Emilia-Romagna all'interno del Programma per lo sviluppo economico regionale;
risulta in effetti, da facile ricerca, che il 7 agosto 2007 la«Commissione europea» ha approvato il «Programma operativo» per la regione Emilia-Romagna per il periodo 2007-2013 (CCI 2007IT162PO002), «Competitività regionale ed occupazione» co-finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) con dotazione di bilancio per circa 347 milioni di euro;
il sostegno recato dall'Unione europea attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) ammonta a circa 128 milioni di euro;
la partecipazione pubblica nazionale è prevista per circa 218 milioni di euro;
l'autorità di gestione del programma risulta essere la regione Emilia-Romagna, direzione generale attività produttive, commercio e turismo, viale Aldo Moro, 44, Bologna;
il Programma operativo si articola in cinque priorità (Ricerca industriale e trasferimento tecnologico, circa 33 per cento dell'investimento totale; Sviluppo innovativo delle imprese, circa 20 per cento investimento totale; Qualificazione energetico-ambientale e sviluppo sostenibile, circa 23 per cento dell'investimento totale; Valorizzazione e qualificazione del patrimonio culturale ambientale, circa 20 per cento dell'investimento totale; ed infine Assistenza tecnica, circa 4 per cento dell'investimento totale);
in questo quadro, la regione Emilia-Romagna ha affidato alla Finanziaria Bologna Metropolitana Spa (soci: comune di Bologna, provincia di Bologna, camera di commercio e regione Emilia-Romagna) l'incarico di definire le linee guida progettuali del Tecnopolo Bologna-1 Manifattura, il progetto riguarda la trasformazione di una struttura a vocazione industriale progettata, dall'architetto Pier Luigi Nervi, vincolata dalla Sovrintendenza per i beni architettonici e il paesaggio dell'Emilia, per una superficie complessiva di 100.000 metri quadri;
la regione Emilia-Romagna ha comunicato che tale intervento di riconversione rientra nel primo obiettivo del Programma per lo sviluppo economico regionale Por-FESR;
tra gli effetti previsti dagli investimenti del «programma operativo regione Emilia-Romagna» si è stimato una significativa riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra nonché un aumento della quota di energie rinnovabili nella produzione energetica;
il programma del Tecnopolo 1-Manifattura prevede complessivamente l'inserimento di 117 nuove unità di personale

(Rizzoli Research Innovation & Technology, 67 unità; ENEA, 30 unità; Università degli Studi di Bologna, 20 unità);
tra gli effetti previsti dagli investimenti del «programma operativo regione Emilia-Romagna» cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale FESR è stata stimata la creazione di 14.000 posti di lavoro;
il consiglio d'amministrazione del 22 luglio 2008 della Finanziaria Bologna Metropolitana Spa ha approvato il Regolamento per l'affidamento di incarichi per servizi di progettazione e altre attività tecniche che, tra l'altro, prevede: «Quando l'incarico riguarda la progettazione di opere ed interventi di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, storico-artistico e conservativo, nonché tecnologico, può essere valutata l'opportunità di bandire un concorso di progettazione o un concorso d'idee»;
risulta all'interrogante che la Legacoop abbia già progettato all'interno del Tecnopolo la realizzazione di un centro dedicato alle nuove tecnologie delle costruzioni (http://fesr.regione. emilia-romagna.it/news-archivio/da-manifattura-tabacchi-a-tecnopolo-per-la-ricerca-e-linnovazione) -:
se quanto sopra riferito corrisponda al vero;
se la trasformazione dell'edificio a vocazione industriale denominato ex Manifattura Tabacchi di superficie complessiva di 100.000 metri quadrati vincolato dalla Soprintendenza per i beni Architettonici e il paesaggio dell'Emilia rientri tra le cinque priorità del Programma operativo «regione Emilia-Romagna» cofinanziato per 128 milioni di euro dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e quale sia l'intendimento del Ministro per i beni e le attività culturali;
se sia noto se e quali fondi pubblici siano stati impegnati per la prevista «Partecipazione pubblica nazionale» per un ammontare previsto di 218.811.816 euro.
(4-07530)

NUCARA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'istituto poligrafico e zecca dello Stato SpA, con unico azionista il Ministero dell'economia e delle finanze, è la società a capitale pubblico che gestisce, in regime di monopolio legale, la produzione dei documenti di sicurezza (carta di identità elettronica, passaporto elettronico, permesso di soggiorno elettronico), la Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana nonché la produzione delle carte valori che rappresentano per lo Stato e la pubblica amministrazione obbligazioni, autorizzazioni (licenze, ricettari e bollini farmaceutici, e altro), certificazioni (documenti vari), ricevuti di introiti, ed altro;
tali attività rappresentano, ad ora e a circa 10 anni dal decreto legislativo che ne avviava la privatizzazione, quasi il 97 per cento del fatturato dell'istituto poligrafico e zecca dello Stato;
il decreto legislativo n. 116 del 1999 e la legge n. 43 del 2005 (relativa alla gestione della carta d'identità elettronica e ai documenti di identificazione personale) hanno assicurato all'istituto poligrafico e zecca dello Stato gli strumenti normativi per operare fattivamente e senza ulteriori indugi, dopo anni di sperimentazione, al fine di attuare la mission affidata dallo Stato;
nella realtà, durante gli ultimi dieci anni, e segnatamente negli ultimi sette mesi che hanno registrato un autentico rake over della governance voluta dal Ministero dell'economia e delle finanze, l'istituto poligrafico e zecca dello Stato si è contraddistinto per una gestione che all'interrogante è apparsa opaca e autoreferenziale, che ha indotto a ripetute segnalazioni e interventi le autorità preposte al controllo delle società pubbliche, specificamente TAR Lazio, Consiglio di Stato, Corte dei conti, Autorità per la vigilanza sugli appalti pubblici;

l'interrogante recupera succintamente alcuni casi:
a) carta d'identità elettronica:
istituita fin dal mese di luglio 2000 con decreto ministeriale del Ministro dell'interno, indicata al tempo come il documento più evoluto sotto il profilo tecnologico per la presenza della banda ottica mutuata dalla green card americana, il progetto è miseramente fallito. Scontro di lobby, incertezze dell'apparato burocratico statale, immobilismo degli amministratori dell'istituto poligrafico e zecca dello Stato, l'interminabile contenzioso che ha accompagnato la gestione della Cie con l'intervento reiterato della giustizia amministrativa hanno determinato il blocco del progetto, fino al giudizio del Consiglio di Stato che ha condannato l'istituto poligrafico e zecca dello Stato al pagamento di ingenti penali. Tuttora il principale documento deputato del riconoscimento personale è fermo per incomprensibili motivi, per responsabilità condivise di strutture pubbliche. Il rinvio della sua emissione al 2011 appare un espediente per accantonare un problema che non ha soluzione; intanto, sempre più numerosi sono i cittadini italiani che hanno problemi alle frontiere a causa della cervellotica idea di prorogare un documento elettronico con una dichiarazione cartacea;
b) il permesso di soggiorno elettronico:
analogo destino subisce il permesso di soggiorno elettronico che da documento di massima sicurezza per il controllo dell'immigrazione e di contrasto alle possibili infiltrazioni terroristiche, progettato anch'esso con la tecnologia di sicurezza della green card americana, è stato inaspettatamente declassato, privato delle sue principali specifiche di sicurezza. È opinione diffusa che ora sarà molto più agevole modificare ed alterare i dati di questo essenziale documento per la sicurezza nazionale;
il passaporto elettronico biometrico:
le autentiche disavventure del passaporto elettronico biometrico sono all'evidenza di tutti i cittadini dato che dal 29 giugno 2009, termine fissato dalla Comunità europea, cercano invano, unici in Europa insieme ai cittadini bulgari, di ottenere il passaporto biometrico. Nonostante la concessione della proroga di un anno, ottenuta grazie alla mediazione del Ministro Frattini, che ha allontanato per ora anche la sanzione milionaria prevista per il mancato rispetto della scadenza comunitaria, non è affatto certo che il nuovo termine sarà rispettato. Anche sul progetto passaporto biometrico, affidato per privativa all'istituto poligrafico e zecca dello Stato, le vicende legali si sono sovrapposte alle questioni tecnologiche. L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha accertato reiterate violazioni del codice degli appalti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006); i contratti di fornitura sono stati stipulati dall'istituto poligrafico e zecca dello Stato in contrasto con i principi di buona gestione e imparzialità della pubblica amministrazione nonché con quelli di economicità e correttezza relativamente alla scelta del contraente. Il Tar ha già deliberato in data 5 maggio 2010, accertando molteplici irregolarità dell'istituto poligrafico e zecca dello Stato e sanzionando al risarcimento dei danni che si prospettano milionari. Ciò tuttavia potrebbe non essere sufficiente a garantire il rispetto del nuovo termine del 29 giugno 2010 atteso che le questure rilasciano ad ora ancora passaporti con le vecchie macchine di emissione in dotazione;
la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana:
di assoluta gravità appare inoltre l'indagine avviata dall'Autorità per la vigilanza sugli appalti pubblici in merito all'affidamento diretto e senza alcuna trasparenza effettuato dall'istituto poligrafico e zecca dello Stato per i servizi di generazione, gestione e produzione della Gazzetta Ufficiale

della Repubblica ad una piccola società di informatica che, secondo la stessa Autorità, detiene il database della Gazzetta Ufficiale rappresentato dai cosiddetti «sorgenti». Grave e incomprensibile che una società di oltre 2.000 dipendenti si affidi ad una piccola società per garantire un servizio dello Stato, essendo ciò, tra l'altro, tassativamente vietato dal Ministro vigilante che con decreto ministeriale del 4 agosto 2003 ha ribadito che tale produzione «in house» per nessun motivo può essere in toto o in parte ceduta a terzi;
c) bollini farmaceutici:
altrettanto ingiustificato, secondo le determinazioni dell'autorità per la vigilanza sugli appalti pubblici, è l'elusione da parte dell'istituto poligrafico e zecca dello Stato della legge n. 163 del 2006, in merito all'affidamento a società private, in modo continuato e senza gara ad evidenza pubblica, di commesse del valore di circa 30 milioni di euro l'anno per la produzione dei bollini farmaceutici destinati al controllo della spesa sanitaria -:
se sia opportunamente informato dai consiglieri ministeriali indicati dal Mef in merito a condotte in contrasto con le regole di buona amministrazione e quali azioni intenda intraprendere;
se sia a conoscenza, almeno ex-post, di tutti i numerosi e gravi fatti contestati dalle autorità di controllo e sanzionati dalla giustizia amministrativa di vario livello e quali azioni intenda intraprendere;
se sia a conoscenza di eventuali interventi degli organi di controllo esterno (magistratura contabile) e autocontrollo interno, indagini di internal auditing, e dell'eventuale riconoscimento di effettive responsabilità amministrative e disciplinari;
se ritenga necessario e urgente intervenire per assicurare ai cittadini italiani documenti di identificazione sicuri e di elevato livello tecnologico in tempi ragionevoli;
quali azioni intenda intraprendere per garantire il rispetto della normativa in tema di privativa legale circa la produzione della Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
(4-07535)

TESTO AGGIORNATO AL 23 GIUGNO 2010

...

GIUSTIZIA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
in un'intervista rilasciata a il Giornale del 6 giugno 2010, il dottor Marco Tronchetti Provera ha dichiarato che, attraverso i buoni uffici di don Ciotti, al fine di ricavare notizie su possibili indagini in corso su una persona amica, poté incontrarsi a colazione col procuratore della Repubblica, dottor Giancarlo Caselli;
nel corso della riunione conviviale, secondo la versione di Tronchetti Provera, il procuratore Caselli diede ampie rassicurazioni al presidente della Pirelli sul fatto che non risultavano inchieste a carico della persona amica, cioè del dottor Luca Cordero di Montezemolo;
qualora fosse appurata la veridicità delle parole di Tronchetti Provera, ad avviso degli interpellanti sorgerebbero forti dubbi sul rispetto dei canoni deontologici e del dovere di riservatezza del magistrato -:
se e quali iniziative di competenza intenda adottare in relazione a quanto rappresentato in premessa.
(2-00750)
«Lehner, Renato Farina, Santelli, Barani».

Interrogazione a risposta in Commissione:

GIULIO MARINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il sistema penitenziario nazionale attraversa un assai noto periodo di grave sovraffollamento e la realtà della casa circondariale di Viterbo emerge tra le criticità; alcune peculiarità del fenomeno sono direttamente imputabili alle cause del sovraffollamento penitenziario, altre alle inefficienze di gestione nelle assegnazioni delle risorse verso la periferia;
l'istituto della casa circondariale di Viterbo può essere considerato, per importanza, il terzo carcere laziale con una presenza di circa 700 detenuti, tra i quali, 50 in regime di 41-bis, 100 in alta sicurezza, 40 protetti;
la forza del locale Reparto di Polizia Penitenziaria è attualmente di 360 unità a fronte delle 540 previste dalla pianta organica (non conteggiando le 33 unità necessarie all'apertura del reparto di medicina protetta presso l'ospedale di «Belcolle» - Viterbo, avvenuta nel 2005, in tempo successivo alla previsione normativa per l'organico del decreto ministeriale 2002 e la prospettiva di 3 unità del ruolo dei commissari avvenuta anch'essa post 2002) quindi in carenza del 30 per cento con ben 180 unità mancanti secondo quanto recriminato dalle sigle sindacali;
ad oggi l'unico provvedimento preso dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, per colmare la grave carenza di organico, come si apprende da fonti sindacali, è stato l'invio in missione di 12 unità di polizia penitenziaria per il solo periodo compreso tra il 12 maggio 2010 e il 30 giugno 2010 (data che coincide proprio con l'inizio del piano ferie);
da fonti sindacali si apprende che il monte ore per il lavoro straordinario assegnato all'istituto è di 35000 ore per l'anno 2010;
è tutt'ora in atto uno stato di agitazione delle sigle sindacali locali che ha visto, tra l'altro, diverse manifestazioni di protesta poste in essere -:
se risponda al vero che negli ultimi tre anni la casa circondariale di Viterbo abbia perso circa 50 unità di polizia penitenziaria per pensionamento o riforma totale a causa di patologie per servizio e che le stesse non siano mai state reintegrate;
se risponda al vero, come appreso da fonti sindacali, che dopo un primo piano di mobilità previsto dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che prevedeva l'assegnazione di 39 agenti di polizia penitenziaria, ne abbia fatto seguito un secondo con la previsione di 15 unità, per poi lasciare il posto addirittura ad un terzo che ne prevede 12; in caso affermativo quali siano le ragioni di tale decremento delle risorse umane destinate al carcere di Viterbo;
se, nonostante le gravi carenze di organico del reparto di polizia penitenziaria di Viterbo, sia prevista a breve l'apertura della sezione IV piano lato «D» (destinata ad ospitare 50 detenuti in alta sicurezza) e la riapertura delle officine di falegnameria e sartoria all'interno del reparto delle lavorazioni, tutt'ora presidiato da un insufficiente nucleo di vigilanza;
se risultino spesso disattivate, malgrado la presenza di detenuti in regime di 41-bis ed alta sicurezza, le postazioni di sentinella sul muro di cinta e se lo stesso sia sprovvisto di un idoneo impianto tecnologico anti-intrusione e video sorveglianza; in caso affermativo quali siano gli interventi strutturali per la dotazione di un sistema anti scavalcamento, idoneo a supportare le attività di vigilanza della polizia penitenziaria ed a tutelare la sicurezza della struttura e dell'intera cittadinanza;
se risulti una elevata concentrazione, come lamentato dalle sigle sindacali, di detenuti trasferiti da altri penitenziari della regione e del territorio nazionale, per motivi di ordine e sicurezza, ovvero di soggetti che più di altri creano tensioni

all'interno dei penitenziari (spesso detenuti dediti all'introduzione in carcere di sostanze stupefacenti o comunque protagonisti di aggressioni ad altri detenuti) e quindi necessitano di maggiori controlli, una maggiore presenza di personale di polizia penitenziaria ed educatori;
quali siano le ragioni per cui nonostante le continue richieste di sfollamento, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non prenda iniziative finalizzate a riportare alla normalità situazioni specifiche, che rischiano di diventare esplosive con il passare dei giorni, tanto da risultare, come si prende atto da lamentele sindacali, che sovente la sezione destinata ai Nuovi Giunti ed all'isolamento sia piena con la conseguenza che, gli ultimi arrivati stiano per diverso tempo nella sezione, priva tra l'altro degli spazi trattamentali (si pensi all'importanza per un detenuto della sala per la socialità o il passeggio in comune), e che invece i detenuti sanzionati con l'esclusione delle attività in comune, a norma dell'ordinamento penitenziario, non possano scontare la sanzione per mancanza di celle singole rimanendo in sezione, in uno stato di impunità che può comportare gravi ricadute dal lato della sicurezza;
se, come riferito dalle medesime fonti sindacali, siano in aumento a causa delle sproporzioni tra detenuti etero-aggressivi e personale di polizia penitenziaria, casi di aggressioni a danno degli stessi agenti di polizia penitenziaria;
avendo acquisito dati che attestano un'abnorme presenza, tra i detenuti ristretti nella casa circondariale, di soggetti affetti da gravi patologie (430/440 in varie terapie, 12 HIV positivi, 175 tossicodipendenti, 18 terapie metadoniche, 80 HCV positivi, 21 terapie anti-retrovirale, 22 diabetici, 75 tra cardiopatici ed ipertesi e ben 230 terapie psichiatriche), se siano previste misure organizzative idonee a fronteggiare in modo efficace le esigenze di tali detenuti in un quadro a dir poco allarmante;
se risponda al vero quanto lamentato dalle sigle sindacali, ossia il fatto che, nella ripartizione del monte ore per il lavoro straordinario, vi sia stata una grave sottovalutazione del fabbisogno dell'istituto viterbese in rapporto ad altre realtà della regione Lazio che, pur avendo meno detenuti e meno personale amministrato, hanno ottenuto in proporzione molte più ore da parte del provveditorato; se sia vero che addirittura parte dell'esiguo monte ore assegnato venga assorbito, in misura pari al 10 per cento, da servizi svolti dal nucleo traduzioni e piantonamenti di Viterbo, per il piantonamento di detenuti ristretti in istituti romani presso il palazzo di giustizia di Roma; se per tutto ciò sia prevista un'integrazione del monte ore che tenga conto delle sperequazioni iniziali e sostenga la grave carenza di uomini che affligge il carcere viterbese;
se, visto che nell'anno 2008 operavano nell'istituto, nell'area del trattamento, un capo area e cinque educatori e che attualmente operano un capoarea e tre operatori (rapporto di 1 a 170 detenuti), siano previste integrazioni di personale dell'area del trattamento idonee a sanare una situazione manifestamente inadeguata, ove si tenga conto dell'elevata concentrazione di detenuti tossicodipendenti e psichiatrici, con alto rischio di suicidio;
quali iniziative adotti la direzione dell'istituto per fronteggiare le attuali criticità e migliorare il benessere del personale, stante anche la grave problematica del crescente numero di suicidi da parte di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria.
(5-03026)

Interrogazioni a risposta scritta:

DE MICHELI, TOMMASO FOTI, POLLEDRI e MIGLIAVACCA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ad oggi, i detenuti presenti nella casa circondariale di Piacenza sono 420, a fronte di una capienza regolamentare di 178 detenuti e di una capienza «tollerabile»

di 346 detenuti, come stabilito dalle tabelle predisposte dalla sezione statistica dell'ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema formativo automatizzato (dipartimento amministrazione penitenziaria);
in molte celle - della grandezza media di circa 9 metri quadrati - sono presenti fino a 3 detenuti;
il Ministero della giustizia, dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con circolare emanata in data 25 agosto 2009, GDAP-0308424-2009, ricordava che la CEDU ha individuato «in uno spazio disponibile inferiore ai 3mq a persona la circostanza tale da giustificare, di per sé stessa, la constatazione di violazione dell'articolo 3 CEDU». Il riferimento della circolare è alla sentenza del 16 luglio 2009 con la quale la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha condannato l'Italia al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di euro 1.000,00 in favore di un soggetto detenuto in gravi condizioni di sovraffollamento ritenendo sussistente, nel caso in specie, la violazione del divieto di tortura e di pene o trattamenti degradanti sancito dall'articolo 3 della «Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali»;
tali princìpi tutelati anche dall'ordinamento penitenziario italiano (si vedano la legge 26 luglio 1975, n. 354, articoli 6, 10, 14 comma 3; il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, articoli 6, 7), sono di difficile attuazione nella casa circondariale di Piacenza;
l'organico degli agenti penitenziari è inoltre assolutamente sottodimensionato rispetto alle necessità: a fronte degli attuali 420 detenuti, infatti, gli agenti in pianta organica (datata 2001) sono 179; è stata di recente richiesta l'integrazione dell'organico con una trentina di nuovi agenti, anche se, per ammissione dello stesso provveditore regionale, nella casa circondariale di Piacenza, per il rispetto degli accordi contrattuali, servirebbero dagli 80 ai 90 nuovi agenti;
tale sottodimensionamento dell'organico rende impossibile ogni attività di socializzazione dei detenuti, per cui talune strutture, seppur presenti, restano completamente inutilizzate: un esempio su tutti, i detenuti impegnati a preparare esami universitari non hanno a disposizione spazi e attrezzature per lo studio - così come invece prevede la legge 26 luglio 1975, n. 354, articolo 19, e il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, articolo 21, 41, 42, 43, 44; ad altri detenuti non viene poi garantita una adeguata assistenza medico ospedaliera anche in casi di estrema urgenza;
per ciò che riguarda la funzionalità dei locali, la casa circondariale di Piacenza presenta altresì carenze e compromissioni: i locali deputati alle docce, ad esempio, hanno notevoli deficit strutturali e manutentivi; a ciò si aggiunga la pericolosità derivante dal fatto che in tali locali è impossibile garantire un livello almeno sufficiente di igiene che consenta la prevenzione di eventuali infezioni. Nel merito della situazione ho inoltre provveduto, già da tempo, ad inviare una segnalazione al provveditore regionale della amministrazione penitenziaria, segnalazione che, ad oggi, è ancora senza risposta;
inoltre la cucina, la lavanderia, le aule scolastiche e l'area verde presentano evidenti limiti di adeguatezza strutturale e operativa;
sulla base di un protocollo d'intesa, stilato in data 27 settembre 1990, tra la direzione generale istruzione professionale del Ministero della pubblica istruzione e la direzione generale istituti prevenzione e pena del Ministero della Giustizia è stato istituito anche il biennio di agraria. Le cinque classi di cui è stato, ad oggi, autorizzato il funzionamento sono però insufficienti a soddisfare tutte le richieste dei detenuti. Le classi assegnate alla casa circondariale rientrano nel contingente provinciale e qualora gliene fossero assegnate delle ulteriori, queste andrebbero a sottrarre classi agli istituti di secondo grado della provincia di Piacenza;
attualmente poi, all'interno della casa circondariale, si riesce a far lavorare ogni

mese, mediamente, grazie a turnazione, 53/54 detenuti, su una popolazione di circa 420 persone;
in ultimo viene denunciato, da parte dei detenuti, la loro l'impossibilità a incontrare il magistrato di sorveglianza competente -:
se il Governo sia a conoscenza della grave situazione manutentiva, organizzativa e igienica in cui versa la casa circondariale di Piacenza;
se il Ministro intenda intervenire, e in quali tempi, al fine di rimuovere la carenze illustrate e ivi assegnare risorse e personale tali da superare o, quantomeno, attenuare le numerose criticità presenti nella struttura.
(4-07517)

LEHNER e BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
poco si sa del reale trattamento economico dei magistrati, e attualmente di esso si discute senza dati di riferimento precisi;
in un'intervista concessa a il Giornale e pubblicata l'11 luglio 2008 il presidente della corte d'appello di Milano dichiarò che il suo stipendio mensile netto era di 7.673,72 euro (15.365,33 lordi) per 13 mensilità, e consegnò al giornalista una fotocopia della sua «busta paga», che venne debitamente pubblicata;
per i magistrati aventi la stessa qualifica del presidente della corte d'appello lo stipendio lordo annuo allora previsto dalla legge (legge 30 luglio 2007 - tabella A) indica la cifra di euro 75.746,25 lorde annue a fronte dei 199.748,29 euro lordi annui (inclusa la tredicesima) effettivamente percepiti dal presidente della corte di appello di Milano;
quindi le tabelle previste dalla legge sono ben lungi dal dare indicazioni da cui dedurre i livelli salariali effettivi dei magistrati;
da oltre 40 anni il CSM promuove tutti i magistrati sulla base dell'anzianità di servizio fino al vertice della carriera, della retribuzione e della liquidazione; salvo i pochissimi casi di grave e visibile demerito e di conseguenza i magistrati che hanno uno stipendio non dissimile da quello dichiarato di presidente della corte d'appello di Milano sono varie centinaia -:
quanti siano i magistrati suddivisi tra magistrati ordinari, amministrativi o contabili che nella loro «busta paga» ricevono attualmente:
uno stipendio mensile netto inferiore ai 2.000 euro specificando se si tratta di magistrati in tirocinio;
uno stipendio mensile netto compreso tra 2.000 e 3.000 euro;
uno stipendio mensile netto compreso tra 3.000 e 4.000 euro;
uno stipendio mensile netto compreso tra 4.000 e 5.000 euro;
uno stipendio mensile netto compreso tra 5.000 ed i 6.000 euro;
uno stipendio mensile netto compreso tra 6.000 ed i 7.000 euro;
uno stipendio mensile netto compreso tra 7.000 e gli 8.000 euro;
uno stipendio mensile netto superiore agli 8.000 euro;
quanti siano i magistrati che sono andati in pensione per raggiunti limiti di età nel 2009 e quale sia la media delle pensioni mensili e delle liquidazioni da loro percepite.
(4-07519)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Brescia Oggi del giorno 1o giugno 2010 è uscito un articolo intitolato: «Pochi agenti e troppi detenuti, la polizia penitenziaria in affanno»;
l'articolo dà conto della drammatica situazione in cui versa il carcere Canton

Mombello di Brescia dove, a fronte di 520 detenuti presenti (298 la capienza massima tollerabile), il reparto di polizia penitenziaria è composto da 258 unità, ben 106 in meno rispetto alle 364 previste;
sul punto il comandante della polizia penitenziaria del carcere di Canton Mombello, Pietro Pili, ha dichiarato che nel corso dell'anno il corpo dei baschi azzurri è riuscito a sorvegliare 53 detenuti ricoverati in strutture sanitarie esterne, a garantire 8.658 colloqui e ad eseguire 2.340 traduzioni in aula, a compiere 63 attività di polizia giudiziaria, 30 sequestri di sostanze stupefacenti o banconote false e 787 perquisizioni ordinarie;
la direttrice, Maria Gabriella Lusi, definisce il carcere di Brescia «antico e forte, in cui però sovraffollamento e carenza di spazi incidono sul lavoro dei poliziotti giudiziari, amplificando la difficoltà di gestire il 70 per cento di detenuti stranieri divisi in 40 etnie: un lavoro oscuro che merita il riconoscimento pubblico, perché Canton Mombello vuole dialogare con la città» -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, con urgenza, per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere Canton Mombello di Brescia.
(4-07520)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
un lancio dell'agenzia di stampa ANSA del giorno 7 giugno 2010 riferisce del 29esimo suicidio verificatosi all'interno delle carceri italiane dall'inizio del 2010;
il detenuto morto suicida si chiamava Alessandro Lamagna, 34enne, e si è tolto la vita nel carcere «Fuorni» di Salerno;
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, l'uomo è andato nel bagno della cella portando con sé un pezzo di lenzuolo, che ha poi usato a mo' di cappio impiccandosi;
i tre detenuti che dividevano con lui la cella, non vedendolo uscire dal bagno, hanno dato l'allarme, ma quando sono arrivati gli agenti della polizia penitenziaria, il detenuto era già morto;
Alessandro Lamagna avrebbe finito di scontare la sua pena nel 2012 -:
di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in merito all'esatta dinamica dei fatti che hanno portato al suicidio del signor Alessandro Lamagna.
(4-07521)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Provincia Pavese del giorno 4 giugno 2010 è uscito un articolo intitolato: «Polizia penitenziaria in protesta, agenti rifiutano la mensa di servizio del carcere»;
l'articolo dà conto dello stato di agitazione indetto dalla polizia penitenziaria nel carcere di Pavia, dove i Baschi Azzurri hanno cominciato lo «sciopero della mensa», atteso che da lunedì 7 giugno 2010 il personale di polizia penitenziaria non mangerà più alla mensa di servizio del carcere;
lo sciopero della mensa è il primo passo dello stato di agitazione, visto e considerato che la polizia penitenziaria ha già preannunciato la possibilità «di porre in atto altre e più eclatanti forme di protesta»;
secondo i sindacati nel carcere di Pavia «dovrebbero esserci 285 agenti di polizia penitenziaria; attualmente sono in organico in 214, ma di questi circa 40 sono assenti a vario titolo, distaccati presso altre sedi per vari motivi o a disposizione dell'ospedale militare. In pratica, ci vorrebbero 110 persone in più. Tanto che il personale continua a lavorare in emergenza e a livelli minimi di sicurezza. Ad esempio è consuetudine che un operatore penitenziario debba lavorare da solo in

sezione con un rapporto agente/detenuto di 1 a 50. Gli agenti arrivano a fare 35-40 ore di straordinari al mese»;
i sindacati sottolineano anche il problema del sovraffollamento: a Pavia ci dovrebbero essere 250 detenuti e invece ce ne sono 440, senza dimenticare l'introduzione della terza branda. Una brandina da campeggio, pieghevole, che si apre la sera e si mette via al mattino;
l'istituto penitenziario in questione è fatiscente, ci sono infiltrazioni d'acqua praticamente dappertutto, scale senza l'antiscivolo, impianti elettrici approssimativi -:
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per far fronte alle gravi carenze di organico del personale penitenziario in servizio presso la casa circondariale di Pavia;
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per affrontare e risolvere la condizione di pesante sovraffollamento del carcere di Pavia.
(4-07522)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
un lancio dell'agenzia di stampa AGI del giorno 4 giugno 2010 riferisce della protesta scoppiata tra i detenuti nel carcere milanese di San Vittore;
i detenuti ristretti all'interno della casa circondariale di Milano San Vittore protestano nei confronti del sovraffollamento dell'istituto, ormai giunto al di sopra della soglia di guardia, e delle conseguenti precarie condizioni detentive;
la protesta va ormai avanti da due giorni; in pratica per un paio d'ore ogni sera, a partire dalle 18.30/19, i detenuti battono pentole, coperchi, inferriate e tutto quanto possa fare rumore. Qualcuno brucia le lenzuola della cella e altri fanno esplodere qualche bomboletta di gas monouso;
secondo il dottor Urso, sindacalista della Uil Pa Penitenziari, fino a questo momento, a parte il rumore e i danni alle suppellettili, non si sono registrate situazioni critiche nei confronti del personale di polizia penitenziaria, che è però in stato di allerta;
il carcere di San Vittore dovrebbe ospitare 900 detenuti ma attualmente ne conta 1.592. Le richieste di sfollamento vanno a rilento perché la ricettività nazionale è ormai al limite. Si registrano anche difficoltà ad attuare i trasferimenti; tutto ciò mentre il personale di polizia penitenziaria continua a diminuire per effetto dei pensionamenti e del mancato turn-over le risorse economiche diminuiscono per effetto dei tagli e la condizione degli istituti penitenziari si fa sempre più drammatica, soprattutto per chi ci lavora -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per intervenire tempestivamente rispetto al grave problema del sovraffollamento nonché alle ancor più drammatiche urgenze edilizie e igienico-sanitarie della casa circondariale di San Vittore, per le quali non si può certo aspettare la ancora assai lontana prospettiva di realizzazione del cosiddetto «piano carceri».
(4-07523)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
un lancio dell'agenzia di stampa AGI del giorno 4 giugno 2010 riferisce della dura protesta contro il sovraffollamento portata avanti dai detenuti rinchiusi negli istituti penitenziari di Padova;
la protesta dei detenuti è stata messa in atto, in un primo momento, attraverso la battitura delle stoviglie sulle grate e sui cancelli delle celle e, successivamente, anche attraverso il rifiuto del vitto fornito dall'amministrazione;

sulla vicenda il segretario della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, ha dichiarato che «i motivi della protesta sono da riportarsi allo stato di particolare sovraffollamento delle strutture. Questa è solo la punta dell'iceberg: i 67.602 detenuti registrati nelle carceri italiane ieri alle 17.00 la dicono lunga sulla necessità di intervenire a deflazionare un sovrappopolamento che genererà, inevitabilmente gravi problemi di gestione e di ordine pubblico»;
a Padova gli 808 ristretti alla casa di reclusione (a fronte di una capienza massima di 439) e i 291 presenti alla casa circondariale (a fronte di una capienza massima di 209) testimoniano la gravità della situazione che era stata denunciata già da tempo da pressoché tutti gli operatori del settore -:
se non si ritenga opportuno, con atto immediato, predisporre una qualificata ed articolata ispezione all'interno degli istituti penitenziari di Padova, per accertare se nelle condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti non siano ravvisabili situazioni inaccettabili. (4-07525)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
un lancio dell'agenzia di stampa AGI del giorno 4 giugno 2010 riferisce dell'evasione di un detenuto ricoverato presso il policlinico Gemelli di Roma;
Manuele Di Tomasi, ventiseienne, era stato ricoverato presso il policlinico Gemelli di Roma, dopodiché è riuscito ad eludere la sorveglianza degli agenti penitenziari ed è evaso. Il giovane era ricoverato al decimo piano del nosocomio romano per patologie collegate ad uno stato depressivo;
sulla vicenda la Uil Pa Penitenziari, attraverso il segretario regionale del Lazio, Daniele Nicastrini, ha sottolineato le difficoltà in cui operano i poliziotti penitenziari rilasciando la seguente dichiarazione: «Purtroppo le già difficili condizioni di lavoro che derivano dal particolare momento che si vive all'interno dei penitenziari non possono non riflettersi anche sui servizi esterni. Più e più volte abbiamo denunciato la grave deficienza organica del personale chiamato a lavorare all'interno degli istituti penitenziari o a svolgere compiti operativi come il servizio delle traduzioni e dei piantonamenti in luoghi esterni di cura. Nel Lazio, pur operando circa 5.000 unità di polizia penitenziaria, coloro che effettivamente svolgono servizi interni e/o direttamente connessi alla sorveglianza, ai piantonamenti e alle traduzioni sono appena 3.200. Questo sta a significare che circa 1.800 unità sono impiegate in luoghi diversi dai penitenziari, presumibilmente impiegati nei palazzi del potere. Occorre quindi stanare quelle sacche di privilegio che in questi tempi di magra sono un'offesa per chi con sacrificio, molto prossimo al martirio, opera in prima linea: purtroppo al Dap ma alla stessa via Arenula non paiono sensibili a questo problema. Evidentemente nell'Amministrazione Penitenziaria, mentre al Governo si parla di sprechi da comprimere, si opera in senso opposto. Anche se nell'occasione non possiamo esimerci dal biasimare la superficialità e la negligenza del personale addetto ai controlli e alla sorveglianza -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per reperire i fondi necessari per le strutture, i mezzi e il personale atti a garantire la sicurezza nelle carceri e nell'espletamento dei servizi esterni ad esso;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il Corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
quale sia l'esatta dinamica di questo episodio e sul complesso più generale delle evasioni registrate negli ultimi due anni

fornendo ogni elemento al riguardo nelle sedi che riterrà più opportune;
se intenda aprire una rigorosa inchiesta amministrativa sull'evasione del detenuto Manuele Di Tomasi.
(4-07529)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TRAPPOLINO e SPOSETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stazione di Orvieto (Terni) - essenziale punto di riferimento di un ampio bacino di utenti di una zona vasta che interessa tre regioni contermini (Umbria, Lazio e Toscana) e di pertinenza della direzione territoriale produzione di Firenze - da alcuni anni sta subendo una progressiva marginalizzazione sia a causa della riduzione degli accessi all'alta velocità sia in ragione di una progressiva e significativa diminuzione di personale;
secondo notizie degli ultimi giorni, evidenziate a mezzo stampa dal sindaco di Orvieto e dai capigruppo in consiglio comunale, il recente piano di ristrutturazione delle Ferrovie dello Stato prevederebbe la soppressione della figura del dirigente movimento dello scalo di Orvieto a partire dall'8 luglio 2010;
il mancato presenziamento della stazione da parte del dirigente movimento sancisce, di fatto, il compimento di un disegno di marginalizzazione di un territorio che da anni ha costruito un modello di sviluppo e di coesione sociale proprio in virtù di questa fondamentale infrastruttura;
il mancato presidio da parte del dirigente movimento incide in misura sensibile sulle condizioni generali di sicurezza della stazione, non solo per quel che riguarda particolari occorrenze critiche ma anche relativamente ai compiti di supervisione ambientale e di accertamento di elementi potenzialmente pericolosi per cittadini e passeggeri;
da tale ulteriore diminuzione di organico conseguirebbe altresì un progressivo degrado delle strutture e dei servizi destinati ai viaggiatori, fenomeno che, nel caso di Orvieto, risulta essere degno della massima attenzione perché trattasi di una stazione costruita quasi un secolo fa e bisognosa di un'attenta e meticolosa manutenzione;
il degrado in termini di decoro e di sicurezza della stazione di Orvieto colpisce, oltre ai pendolari (che si confrontano con i disagi della quotidianità) anche i turisti che frequentano Orvieto e che hanno potuto usufruire di uno scalo di qualità e completato dalla suggestiva funicolare che collega la stazione al centro del borgo storico;
le infrastrutture dell'alta velocità hanno determinato sul territorio orvietano un profondo e persistente impatto ambientale e paesaggistico, tanto da modificare in maniera irreversibile i profili e i valori di una delle valli più suggestive dell'Umbria sud-occidentale. Negli anni della realizzazione di questa infrastruttura, fu chiesto alle comunità dei territori di farsi carico del pesante impatto ambientale e paesaggistico in ragione di evidenti vantaggi quali l'accesso all'alta velocità (fondamentale per la qualità della vita degli oltre 1.200 pendolari) e la qualità dei servizi dello scalo ferroviario;
questa «giustificazione» risulta oggi essere del tutto disattesa con pesanti conseguenze sia per quel che riguarda il traffico pendolare sia per quel che riguarda la qualità - per i temi della sicurezza, del mantenimento e del decoro - della stazione ferroviaria. Al territorio resta il devastante impatto ambientale di un'infrastruttura su cui sfrecciano i treni della disuguaglianza, convogli veloci che annunciano vieppiù i segni dell'inesorabile marginalizzazione;
la decisione di Ferrovie dello Stato in merito al «declassamento» della stazione

di Orvieto viene a condizionare le politiche di sviluppo e di insediamento praticate da questi territori nel corso degli ultimi trent'anni e fortemente orientate in direzione di un recupero del patrimonio storico, artistico, architettonico e monumentale e sostenuto, in gran parte, attraverso i fondi della legge speciale per Orvieto e Todi;
al mancato «presenziamento» del dirigente movimento corrisponde un aumento dei disagi dei pendolari orvietani, poiché la gestione del traffico tramite il meccanismo automatico impedisce una flessibile gestione dello scalo in caso di forti ritardi o evenienze non previste -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in merito alla decisione di Ferrovie dello Stato per quel che concerne la stazione di Orvieto;
se il Ministro non intenda assumere iniziative nei confronti di Ferrovie dello Stato per impedire la concretizzazione di un provvedimento destinato a marginalizzare e impoverire un vasto territorio;
se il Ministro non ritenga che gli interventi sulla gestione e sulla qualità dei servizi offerti dalle infrastrutture pubbliche a valenza strategica, tali da incidere sugli assetti socio-economici dei territori, debbano essere oggetto di un preventivo e vincolante confronto tra le parti.
(5-03019)

VANNUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
molti operatori hanno realizzato circuiti stradali polivalenti forti del recepimento da parte dello Stato italiano, con il decreto ministeriale 30 settembre 2003, n. 40T, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della direttiva della Commissione europea n. 2000/56, recante modifiche alla direttiva 91/439/CEE, che ha introdotto nuovi criteri di valutazione della prova pratica per il conseguimento della patente di guida, ravvisando l'importanza di coniugare l'apprendimento di conoscenze, capacità, comportamenti e padronanza tecnica di guida con i principi di sicurezza, prevenzione ed educazione stradale;
l'accoglimento della direttiva comunitaria ha imposto che, per rispondere ad esigenze imprescindibili di sicurezza stradale, fossero fissate per ciascuno degli Stati membri condizioni minime per il rilascio delle patenti di guida ovvero fossero adottate misure necessarie per la verifica delle cognizioni, delle capacità e dei comportamenti necessari per la guida di un autoveicolo, adottando a tal fine prove di controllo ossia una prova teorica e una prova pratica e di comportamento;
tra le molte novità introdotte, la direttiva ha imposto agli Stati membri, il compimento di alcune manovre di guida che per la loro particolare natura possono eseguirsi solo in spazi individuati e chiusi al traffico veicolare, adeguando le prove medesime alle intervenute esigenze di traffico di tutti i giorni;
in particolare le modalità delle prove di cui ai punti 6.2.4 e 6.2.5 dell'allegato II, riguardanti l'esame di guida per il conseguimento della patente di categoria A e della sottocategoria A1 richiedono un'attenta analisi delle modalità di esecuzione in quanto si deve:
definire tracciati percorribili e, nello stesso tempo, significativi per valutare la capacità di comportamento dei candidati;
mettere a punto criteri di giudizio obbiettivi per uniformare, il più possibile, la valutazione dei candidati da parte degli esaminatori;
valutare l'aspetto della sicurezza dal momento che almeno due delle quattro prove richieste, potenzialmente pericolose, quali la frenata d'emergenza e la deviazione improvvisa volta ad evitare un ostacolo devono essere eseguite ad una velocità minima di 50 Km/h;
parimenti per i veicoli di categoria C, C+E, D, D+E è prevista l'obbligatorietà

della prova di retromarcia in curva, punto 8.2.2, di parcheggio in sicurezza per operazioni di carico/scarico tramite apposita rampa, punto 8.2.3, e di parcheggio in sicurezza per permettere la salita/discesa dei passeggeri, punto 8.2.4;
il punto 11 dell'allegato II della direttiva 2000/56/CE ha riproposto, inoltre, una importante originalità in ordine alla parte di prova di valutazione riservata alle manovre particolari, tra cui quelle richiamate ai punti 6.2.4 e 6.2.5 e 8.2.2, proponendo un apposito percorso di prova dove svolgere le manovre in questione;
alcuni Stati membri hanno deciso pertanto di organizzare questa parte della prova su un terreno speciale, altri si sono serviti delle zone industriali, d'accordo con le imprese locali, per poter eseguire in condizioni reali le manovre rese obbligatorie dalla direttiva europea;
la direttiva 2003/59 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 luglio 2003 sulla qualificazione e formazione periodica di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci e passeggeri ha introdotto l'obbligo di una qualificazione iniziale e di una formazione periodica intesa a migliorare la sicurezza stradale e la sicurezza del conducente anche in occasione di operazioni effettuate dal conducente con il veicolo in sosta;
è stato quindi previsto, al punto 2.1., della direttiva l'opzione che prevede sia la frequenza di corsi sia un esame;
in particolare, il capoverso III così recita: «... Durante la guida individuale di cui sopra, l'aspirante conducente è assistito da un istruttore alle dipendenza di un centro di formazione autorizzato. Ogni conducente può effettuare al massimo 8 ore di guida delle 20 ore di guida individuale su un terreno speciale oppure in un simulatore di alta qualità, per valutare il perfezionamento a una guida razionale improntata alle norme di sicurezza e, in particolare, per valutare il controllo del veicolo in rapporto alle diverse condizioni del fondo stradale e al loro variare in funzione delle condizioni atmosferiche e dell'ora del giorno o della notte»;
in sede di recepimento della direttiva europea, il decreto legislativo del 22 dicembre 2008, n. 214, ha inserito la sezione 2-bis così statuendo «.... Durante la guida individuale, l'aspirante conducente è assistito da un istruttore abilitato. Il conducente può effettuare un massimo di 4 delle 10 ore di guida individuale su un terreno speciale oppure in un simulatore di alta qualità per valutare il perfezionamento a una guida razionale improntata alle norme di sicurezza e, in particolare, per valutare il controllo del veicolo in rapporto alle diverse condizioni del fondo stradale e al loro variare in funzione delle condizioni atmosferiche e dell'ora del giorno e della notte...»;
già in precedenza il decreto legislativo n. 286 del 2005 aveva sancito l'obbligo della qualificazione del conducente attraverso l'assistenza di un istruttore abilitato da effettuarsi su di un terreno speciale;
il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 16 ottobre 2009, nell'adottare le disposizioni per rendere concreta l'applicazione delle norme primarie modifica completamente il contenuto della disciplina, in particolare:
a) l'istruttore abilitato e alle dipendenza di un centro di formazione autorizzato diventa un dipendente di una impresa di autotrasporto che abbia maturato almeno dieci anni di esperienza in qualità di conducente;
b) il terreno speciale sparisce e il simulatore di alta qualità è una alternativa alle manovre di precisione e di emergenza (4 ore in totale);
dal decreto ministeriale non si comprende:
a) chi qualifica chi e come;
b) quali siano le caratteristiche tecniche che deve avere l'area, per chi non

dispone del simulatore di alta qualità, per il compimento di quattro ore di manovre di precisione e di emergenza;
c) quali siano le caratteristiche tecniche del terreno speciale da intendersi come area privata ove compiere le manovre di precisione e di emergenza, dati tecnici che non possono essere lasciati all'intraprendenza del singolo che, per quanto munito di meritevole iniziativa, non può da solo farsi carico di competenze che sono di sua spettanza -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative che affrontino i punti non chiari nell'applicazione del decreto richiamato in premessa e i profili problematici sopra descritti.
(5-03027)

Interrogazioni a risposta scritta:

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
gli elementi di risposta all'atto ispettivo n. 4-02406 del 21 luglio 2009 avevano già destato grandi perplessità all'interrogante non ritenendoli assolutamente esaustivi ed, in parte, poco veritieri, rispetto alle decisioni assunte da Trenitalia, costantemente penalizzanti per la Calabria;
ancora negli ultimi mesi Trenitalia ha continuato ad assumere decisioni che portano la regione Calabria ad una sicura emarginazione;
infatti, oltre alla soppressione di ben 12 treni a lunga percorrenza dalla Calabria verso Milano e Torino e al conseguente isolamento di Reggio e della fascia ionica calabrese, sono stati dismessi alcuni impianti produttivi a Paola e smantellati la divisione cargo ed il polo di Gioia Tauro, bloccando, quindi, qualsiasi progetto di rilancio del traffico merci;
il piano aziendale di Trenitalia giustifica la soppressione dei treni in Calabria sulla base dei «costi eccessivi», non considerando sulla stessa base i collegamenti nel Nord d'Italia;
le decisioni assunte da Trenitalia hanno pesanti ricadute in negativo sul piano occupazionale ma anche sull'offerta di mobilità per i cittadini;
nonostante gli appelli lanciati dalle organizzazioni sindacali di categoria, Trenitalia ha continuato ad attuare le proprie decisioni;
il Cipe ha varato lo stanziamento, per il triennio 2009-2011, di 330 milioni di euro, l'85 per cento dei quali Trenitalia avrebbe dovuto destinarlo alle aree svantaggiate e tra queste la Calabria;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è venuto in Calabria, peraltro in un piccolo comune del territorio reggino, a presentare il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, opera sicuramente positiva, ma assolutamente inutile se non vengono garantiti i piani di trasporto e di viabilità utili ad unire la regione;
lo smantellamento del polo di Gioia Tauro avverrebbe, peraltro, all'indomani della decisione assunta dal comitato dell'autorità portuale, di ridurre la tassa di ancoraggio per le navi, al fine di favorire il ritardato sviluppo di quella struttura portuale;
ma non basta, Trenitalia «sopprime», aumenta le tariffe e peggiora la qualità del servizio, nel mentre i Nas di Catanzaro avrebbero addirittura rilevato condizioni igienico-sanitarie precarie dei treni che circolano in, per e dalla Calabria: un passeggero è stato costretto a sottoporsi a cure mediche per la puntura di una zecca, sono state omesse le verifiche semestrali degli estintori, in qualche carrozza è stata riscontrata la mancata chiusura della porta automatica durante la marcia del treno, vagoni sporchi e fatiscenti, eccessiva usura degli arredi e dei rivestimenti dei compartimenti e dei servizi;
stante le note condizioni dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e quelle della statale 106 ionica sulla quale, quotidianamente, continuano a registrarsi incidenti mortali, la riduzione e le condizioni

delle corse ferroviarie penalizzano pesantemente la viabilità dei cittadini calabresi -:
quali urgenti iniziative intenda assumere per dare le dovute risposte ai cittadini della Calabria;
se non ritenga necessario ed urgente acquisire adeguati elementi da parte di Trenitalia rispetto alle richieste avanzate da sindacati e cittadini della Calabria, regione fino ad oggi costantemente penalizzata anche sul piano dei trasporti.
(4-07510)

GRIMOLDI, ALLASIA e CAVALLOTTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i collegamenti fra Milano e Monza, rispettivamente prima e terza città della Lombardia, sono assolutamente carenti ed insufficienti e necessitano di immediate soluzioni;
i lavori di riqualificazione della strada statale 36 «del lago di Como e dello Spluga», nel tratto terminale di collegamento al sistema autostradale di Milano (A52-tangenziale Nord, A4-Torino-Venezia), stanno subendo notevoli ritardi;
in questo tratto l'arteria attraversa il territorio dei comuni di Monza e Cinisello Balsamo (Milano), interessando aree urbane caratterizzate dalla presenza diffusa di insediamenti residenziali, produttivi e commerciali;
l'adeguamento a strada primaria di questo tronco, di oltre 4 chilometri di sviluppo, nasce dall'esigenza di eliminare le cause di congestione del traffico, di pericolo e di degrado ambientale;
in particolare, nell'ambito della costruzione della galleria artificiale di Monza sono molteplici le difficoltà incontrate nell'avanzamento dei lavori;
nello specifico, il numero dei sottoservizi e delle interferenze, venute alla luce durante gli scavi, è risultato ampiamente superiore a quanto previsto in fase progettuale;
materiali inquinati, talvolta pericolosi (amianto), sono stati rinvenuti in alcune aree del cantiere, con conseguente traslazione delle lavorazioni correlate;
la situazione descritta sta comportando il notevole differimento (anche di 10 mesi), di alcune attività di cantiere, con il conseguente grave disagio che si arreca a milioni di cittadini milanesi, brianzoli e lombardi, nonché ai residenti dei comuni di Monza e Cinisello Balsamo limitrofi all'area di cantiere -:
se il Ministro, essendo a conoscenza delle problematiche che affliggono il sistema della viabilità a nord di Milano, in un area densamente popolata, e della strategica importanza di questa infrastruttura, non intenda assumere iniziative anche in collaborazione con ANAS, affinché i lavori per la realizzazione della galleria di Monza possano procedere in modo spedito e, conseguentemente, per recuperare, per quanto possibile, i ritardi ad oggi accumulati.
(4-07515)

TESTO AGGIORNATO AL 17 GIUGNO 2010

...

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

MOTTA e MARCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano online Parma.Repubblica.it ha riportato in data 11 maggio 2010 la notizia della perquisizione dei cantieri del polo scientifico del campus dell'università degli studi di Parma, da parte di carabinieri della compagnia di Parma supportati da altri provenienti da vari comandi per un totale di 40 unità, su richiesta della DDA di Palermo;
la procura siciliana si sarebbe avvalsa della collaborazione dell'arma dei Carabinieri di Parma per accertare se nel cantiere

del campus suddetto ed in altri cantieri distribuiti nella provincia di Parma alcuni affiliati alla famiglia Panepinto di Bivona (Agrigento) nascondessero delle armi;
pare infatti che questa famiglia lavori nella città ducale con ditte di appalto e subappalti sia per lavori pubblici che privati;
il cantiere per la costruzione delle nuove aule didattiche nel campus di Parma è stato aperto nell'ottobre 2004 e, ad oggi, risulta essere in stato di completo abbandono da almeno tre anni;
l'appalto, per complessivi 5 milioni e 600 mila euro, era stato aggiudicato alla società Emini S.p.a di Aversa che ha abbandonato i lavori, secondo un'indagine della DDA di Napoli, a seguito delle insistenti pressioni e della richiesta di tangenti da parte della camorra, sotto il controllo di Michele Zagaria;
il latitante, numero uno del clan dei casalesi, è accusato di aver preteso tangenti dalla Ermini per alcune costruzioni in corso di realizzazione «nell'area di sua influenza»;
tale area, anche sulla base di quanto denunciato dallo scrittore Roberto Saviano, sarebbe ricompresa nell'Emilia Occidentale tra le province di Parma e Modena;
secondo i carabinieri, la famiglia Panepinto starebbe utilizzando questi cantieri abbandonati come nascondiglio per armi o traffici illegali;
la stampa locale ha riportato che tali perquisizioni hanno dato esito negativo -:
di quali notizie, il Ministro interrogato, disponga circa la diffusione della criminalità organizzata di stampo mafioso nelle province dell'Emilia Occidentale;
se la provincia di Parma abbia formulato analoghi accertamenti nella ricerca di armi o di traffici illegali controllati dalla mafia e se sia noto quali esiti tali accertamenti abbiano prodotto;
quali azioni, il Ministro interrogato, intenda attuare al fine di contrastare la diffusione della criminalità organizzata nella regione Emilia-Romagna e in tutto il Nord Italia.
(3-01119)

Interrogazioni a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 2 giugno 2010, durante le celebrazioni ufficiali, il primo firmatario del presente atto si trovava a piazza Venezia e ha avuto modo di essere spettatore oculare della seguente scena: undici studenti del Centro sperimentale di cinematografia volevano manifestare la propria contrarietà ai tagli alla cultura, così come originariamente previsti nella prima stesura della cosiddetta manovra finanziaria correttiva, redatta dal Governo. Arrivati in piazza Venezia, provenendo da via dei Fori Imperiali, hanno deciso di sistemarsi davanti all'Altare della Patria per mostrare uno striscione e distribuire dei volantini sui quali erano spiegati i motivi della loro protesta;
superate le transenne, dopo aver compiuto non più di una ventina di metri, sono stati immediatamente fermati dagli agenti di polizia, i quali li hanno rapidamente accerchiati, impedendo loro qualsiasi movimento, scortandoli verso un lato della piazza;
lo striscione (che non sono mai riusciti a mostrare) gli è stato subito sequestrato; stessa sorte è toccata ai volantini che portavano con loro, mai distribuiti, così come gli è stata sequestrata la telecamera con la quale uno degli studenti stava documentando l'accaduto;
gli agenti di polizia hanno richiesto loro le generalità, richiesta alla quale hanno adempiuto senza opporre alcuna resistenza, consegnando i loro documenti;

successivamente sono stati tutti trasferiti presso la sede del commissariato Trevi, alcuni studenti scortati a piedi, altri con auto della polizia. Giunti al commissariato, dopo ore di attesa, tutti gli studenti hanno rifiutato di firmare il verbale prodotto dai funzionari di polizia, in quanto presentava una descrizione dei fatti non corrispondente al vero. Nel verbale è infatti, riportato il rifiuto da parte degli studenti di declinare le proprie generalità, circostanza assolutamente falsa di cui il primo firmatario del presente atto ha la certezza poiché ha assistito alla scena personalmente -:
se sia a conoscenza dei fatti e, nell'eventualità positiva, se essi corrispondano al vero;
nel caso positivo, quali iniziative urgenti intenda mettere in atto per riparare il danno inflitto ad 11 cittadini italiani e quali altre voglia predisporne in futuro per evitare che simili casi abbiano a ripetersi.
(4-07507)

GRIMOLDI, CAVALLOTTO, ALLASIA e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - per sapere - premesso che:
i distaccamenti volontari dei vigili del fuoco si trovano in una condizione di obiettiva sofferenza a causa di un assetto normativo che rallenta significativamente l'immissione al loro interno degli aspiranti vigili del fuoco volontari;
la formazione degli aspiranti vigili volontari avviene attualmente a livello di comandi provinciali ed esige tempi lunghi ed incompatibili con le necessità dei distaccamenti volontari del Corpo;
la formazione dei nuovi autisti volontari avviene attualmente, salvo rari casi, a livello di comandi provinciali ed esige, anche in questo caso, tempi lunghi ed incompatibili con le necessità dei distaccamenti volontari del Corpo; questo accade nonostante delle disposizioni ministeriali diano la possibilità al personale volontario, in possesso di specifici requisiti, di svolgere questo tipo di formazione;
i tempi di formazione potrebbero essere notevolmente ridotti, e con essi anche i relativi costi, qualora alla funzione formativa potessero direttamente provvedere i medesimi distaccamenti volontari del Corpo sulla base dei loro effettivi bisogni, come avveniva in passato, quando l'attività era curata direttamente dai capi distaccamento, che assicuravano il regolare espletamento dei programmi ministeriali previsti;
per accelerare la formazione dei vigili volontari da immettere nei distaccamenti volontari potrebbe altresì essere utile separare gli iter formativi degli aspiranti vigili volontari destinati a questi ultimi da quelli previsti per gli aspiranti vigili volontari interessati soltanto ai richiami di venti giorni nei distaccamenti permanenti, che sono numericamente prevalenti -:
quale sia l'intendimento del Governo in merito all'opportunità di restituire ai capi distaccamento volontari il compito di formare i nuovi vigili del fuoco volontari ed al personale volontario in possesso di specifici requisiti la possibilità di formare i nuovi autisti; oppure di prevedere la formazione di istruttori professionali volontari abilitati a svolgere i corsi di ingresso per nuovi vigili volontari e nuovi autisti volontari; nonché in merito all'utilità di separare nuovamente l'elenco dei vigili del fuoco volontari destinati ai distaccamenti volontari da quello contenente i vigili del fuoco volontari interessati soltanto a svolgere i richiami temporanei nelle sedi permanenti.
(4-07516)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un comunicato stampa del gruppo EveryOne, nella mattina dell'otto giugno 2010 due giovani algerini avrebbero tentato di impiccarsi

all'interno del Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria alla vigilia del loro rimpatrio forzato in Algeria;
i due ragazzi avrebbero riportato seri danni fisici, ma uno solo è stato condotto all'ospedale in ambulanza;
nel citato comunicato stampa il gruppo EveryOne afferma quanto segue: «In Algeria la situazione per chi viene rimpatriato dopo aver abbandonato il Paese illegalmente per sottrarsi a una pesante emergenza umanitaria, è a grave rischio di detenzione, trattamenti inumani e degradanti, tortura. Nonostante un periodo in cui il governo si è impegnato per recuperare la via dei diritti umani, qualche anno fa, oggi tali diritti non esistono per i soggetti più deboli, fra i quali vanno annoverati senza ombra di dubbio i deportati dall'Europa»;
la pesante situazione umanitaria in Algeria è stata confermata dal recente rapporto di Human Rights Watch; ciò nonostante nessun monitoraggio viene effettuato in seguito al rimpatrio coatto degli extracomunitari di nazionalità algerina;
nelle scorse settimane la Corte di Cassazione (sentenza n. 20154 del 2010) ha accolto il ricorso di quattro immigrati espulsi in Tunisia a seguito di condanna emessa dalla corte d'assise d'appello di Milano il 10 novembre 2008, per terrorismo e appartenenza a una cellula del gruppo salafita;
nel caso di specie i supremi giudici hanno giustamente rilevato che il divieto di espulsione in Tunisia vale «fino a quando non sopravvengono in quel Paese fatti innovativi idonei a mutare la situazione di allarme descritta nella decisione della Corte europea dei Diritti dell'Uomo, tali da offrire affidabile e concreta dimostrazione di garanzia di pieno rispetto del divieto di tortura. In questi casi la misura dell'espulsione potrà, eventualmente, essere sostituita "con altra misura di sicurezza"» -:
quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano assumere, in linea con i più alti standard internazionali, a tutela dei diritti umani dei due giovani algerini che hanno tentato di suicidarsi all'interno del Cie di Ponte Galeria;
se, nello specifico, il Ministro dell'interno intenda non procedere all'espulsione atteso il rischio che i due algerini corrono di essere sottoposti a tortura o altri trattamenti inumani e degradanti una volta tornati nel loro Paese di origine.
(4-07524)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Messaggero del 5 giugno 2010 è apparso un articolo di Giulio Mancini intitolato «Fiamme, cancelli divelti e feriti: cronaca della rivolta al Cie di Ponte Galeria»;
l'articolo dà conto della drammatica situazione che si è venuta a creare nei giorni scorsi all'interno del centro di Ponte Galeria e, per questo motivo, la prima firmataria del presente atto ne riporta integralmente il contenuto: «Materassi in fiamme, cancelli scardinati e bocchette antincendio divelte dal pavimento. Due carabinieri feriti, nove stranieri arrestati e cinque evasi. Notte d'inferno al Cie, Centro immigrazione di Ponte Galeria. L'ennesima rivolta che ha messo a dura prova le forze dell'ordine. Ci hanno riprovato dopo appena 48 ore. E stavolta gli algerini, indicati come gli ultimi arrivati e i più turbolenti, sono riusciti ad aggregare anche qualche marocchino, qualche egiziano e qualche tunisino. Così coalizzati, poco dopo le 23, hanno tentato una fuga di massa mettendo a ferro e fuoco la struttura distesa lungo la via Portuense. Cinque di loro ci sono riusciti: mentre tutti gli sforzi della vigilanza coordinati dall'Ufficio Stranieri della Questura erano concentrati sul fronte stradale, quattro algerini e un marocchino sono riusciti a scavalcare il muro che fiancheggia la ferrovia Roma-Fiumicino

e si sono dileguati nella notte. Uno di loro, un algerino di 24 anni, è stato bloccato alle 11 di ieri mattina mentre si aggirava a poche decine di metri dal terminal dell'aeroporto. Tutto è esploso inaspettatamente per opera di un manipolo di quattordici persone. Il personale di sorveglianza aveva accolto la richiesta dei mussulmani di poter pregare ancora per un quarto d'ora nella loro moschea. E questa concessione è stato il via libera per l'azione. Mentre alcuni di loro riuscivano a strappare dal muro le manichette metalliche antincendio, e con quelle spaccavano i lucchetti di un paio di porte e ringhiere, gli altri sradicavano dai cardini un grosso cancello. Usandolo come ariete, con quell'artiglio di ferro riuscivano ad abbattere ogni barriera si trovasse sul loro percorso. In questo blitz rapidissimo, il fronte dei rivoltosi si divideva in due gruppi. Aiutati da complici che davano alle fiamme materassi e cuscini per creare una coltre di fumo e offuscare la visione delle telecamere di sorveglianza, un primo branco fronteggiava agenti e militari. Una seconda squadra, invece, riusciva ad arrivare al muro di cinta e usava il cancello-ariete come scala per scavalcarlo. In queste fasi concitate ci sono stati scontri fisici. Due carabinieri sono rimasti feriti: uno ne avrà per sette giorni, l'altro per cinque. Alla fine, dopo un'ora di tafferugli, le forze dell'ordine sono riuscite a riportare sotto controllo la situazione. Ed è stato a quel punto, quando si è fatto il riscontro tra i fermati, ci si è accorti che in cinque erano riusciti a fuggire. Ad eccezione dell'evaso rintracciato nella mattinata, sono ricercati tre algerini (due di 24 anni e uno di 21) e un marocchino di 23. Sono stati arrestati per resistenza, lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamenti altri nove immigrati (arresti convalidati, processo fissato per il 22 luglio): due egiziani di 21 e 26 anni, tre marocchini di 24 e 33 anni, due algerini di 21 e 35 anni, un tunisino di 49 e un romeno di 20. Evasi ed arrestati sono tutti pluripregiudicati per reati che vanno dalla rapina, agli stupefacenti, alla detenzione di armi, alle lesioni personali, alla ricettazione, all'incendio doloso. Il Garante per i detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, dopo un sopralluogo al Cie ha sottolineato che "il problema da affrontare è come conciliare ospitalità e sicurezza in questo posto, che non deve essere considerato un carcere". "Quanto accaduto è l'ennesima dimostrazione che la situazione è ormai esplosiva e che le condizioni di vita dei migranti reclusi, disposti a tutto pur di lasciare il Centro, sono disumane denunciano Ivano Peduzzi e Stefano Galieni della Federazione della Sinistra. Per questo motivo, intendiamo rientrare al più presto nel Cie di Ponte Galeria, questa volta accompagnati dalla delegazione di avvocati e giornalisti a cui è stato impedito l'accesso durante il sopralluogo della settimana scorsa"» -:
quante siano le sommosse e/o rivolte che si sono verificate nei centri di identificazione ed espulsione nel corso del 2010, e se queste siano aumentate dopo l'entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 che ha esteso il periodo massimo di permanenza degli immigrati irregolari nelle predette strutture da 60 a 180 giorni;
se il Governo non ritenga urgente adottare ogni utile iniziativa atta a garantire, con riferimento alla lotta all'immigrazione clandestina, una diversificazione delle risposte per categorie di persone e, quindi, una maggiore gradualità e proporzionalità delle misure di intervento, con ciò evitando forme di detenzione amministrativa per tutte quelle categorie di persone per le quali non c'è esigenza di trattenimento.
(4-07526)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il giorno 8 giugno 2010 una nuova agenzia di stampa ha pubblicato nel suo sito web www.GeaPress.org un video dossier

ove sono mostrate le orrende condizioni di detenzione di molti cavalli della città di Palermo;
nel video in oggetto sono mostrati preoccupanti fenomeni quali quello delle corse clandestine di cavalli ed il coinvolgimento di minori;
nello stesso documento sono mostrati gli attenti interventi della Forze dell'ordine che devono però infrangersi innanzi ad una legislazione molto permissiva prevalentemente basata su norme del codice della strada che poco o nulla possono determinare in un ambiente che è prevalentemente criminale;
le strade di Palermo, ma notoriamente di molte città del sud Italia, sono trafficate da centinaia di calessi di corsa così come si è avuto modo di vedere anche nel corso di un documento della trasmissione di RAI3 Report di domenica 6 giugno 2010;
il problema è sicuramente da affrontare togliendo la disponibilità della strada a veicoli trainati da cavalli, fermo restando i regolamenti comunali relativi alle già opinabili bottigelle per turisti -:
se i Ministri per le rispettive competenze intendano urgentemente promuovere un'iniziativa normativa urgente che bandisca con effetto immediato l'uso di autoveicoli a trazione animale lungo le strade in specie urbane;
se i Ministri intendano secondo le loro competenze verificare quella che pare essere una situazione di ampio, e diffuso degrado basata sullo sfruttamento di numerosi cavalli mostrati finanche rinchiusi in orrendi box privi di ogni elementare precauzione igienica.
(4-07532)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 1o giugno 2010, per molte ore, il deputato radicale Maurizio Turco è stato costretto ad attendere presso gli uffici della questura di Roma la comunicazione che non si poteva più tenere la prevista manifestazione del giorno successivo, prevista ed organizzata alle ore 13 davanti l'altare della Patria, precedentemente autorizzata dagli stessi uffici;
la questura di Roma ha comunicato al collega che il Ministero della difesa, dopo aver chiesto di non deporre la corona di alloro al Milite ignoto alle ore 11 come avrebbe voluto bensì alle 13, ovvero due ore dopo, avrebbe infine desiderato che ciò avvenisse alle ore 15,15 perché alle 13 ci sarebbero state altre attività. E questo il collega ben lo immaginava, tant'è che ha comunicato che: «di ignoto c'è già il Milite e non c'era bisogno che lo fosse anche la manifestazione». Infatti, dalle ore 12,30 e fino alle 15,15 sull'altare della Patria non v'è stata alcuna attività;
contemporaneamente gli è stato vietato di esporre in piazza Venezia, dalle 13 alle 14, uno striscione recante la scritta «per e con le vittime del dovere, del servizio e dello Stato» e 10 bandiere della Repubblica italiana abbrunata -:
quali siano le ragioni che hanno fondato il ripensamento dell'amministrazione la quale prima ha autorizzato, poi dilazionato nei tempi, poi negato la possibilità di svolgere la manifestazione citata la quale, per completezza, si precisa che era in favore delle «vittime del dovere, del servizio e dello Stato e per la legalità, lo stato di diritto, la democrazia», non certo contro le forze armate;
quali iniziative urgenti intendano porre in essere per mettere riparo alla situazione creata e quali disposizioni urgenti intendano predisporre per evitare che, in futuro, possano ripetersi simili episodi.
(4-07537)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
le agevolazioni per garantire il diritto allo studio in questo momento, sono estremamente differenziate da regione a regione, favorendo una disparità di trattamento nella fruizione di diritti essenziali fra studenti;
ad esempio la regione Lombardia molto opportunamente, a parere dell'interpellante, ha riconosciuto il principio della libera scelta educativa dei genitori, mentre altre come l'Emilia Romagna e la Toscana privilegiano le sole istituzioni educative statali o comunali;
non si tratta di ledere l'autonomia delle regioni, ma di fissare alcuni princìpi essenziali che stabiliscano un livello di prestazione uguale per tutti i cittadini;
si fa presente, infine, che con la definizione di un'iniziativa generale come quella succitata, si avvierebbe un primo percorso per realizzare la parità scolastica della quale il nostro Paese ha disperatamente bisogno;
l'interpellante dal 2001, e anche in questa legislatura, per ben tre volte ha presentato un'apposita proposta di legge in materia, discussa e votata nella sola XIV legislatura -:
quali iniziative, nel rispetto del riparto costituzionale delle competenze, il Ministro intenda assumere con riferimento alla problematica rappresentata in premessa.
(2-00748)«Garagnani, Carlucci».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da comunicazioni informali giunte alle scuole da parte dei sindacati risulta che alle scuole stesse dovrebbero arrivare dei finanziamenti per i corsi di recupero; pare che essi ammontino a circa 12.000 euro per ogni scuola;
inoltre negli scorsi anni venivano inviati finanziamenti utilizzabili per i corsi di recupero anche a valere sulla voce dell'obbligo scolastico e sulla legge 440 - formazione alunni, ma finora, su queste voci, non sono state ancora inviate risorse alle scuole;
anche le numerose scuole che nella contrattazione di istituto avevano accantonato una parte del fondo di istituto per i corsi di recupero ora li hanno già utilizzati per i corsi effettuati;
le scuole sono attualmente in grande difficoltà perché devono organizzare i corsi estivi e non sanno su quali finanziamenti basarsi -:
se il Ministro non ritenga urgente ed indispensabile garantire l'invio alle scuole di risorse ad hoc per l'attivazione di corsi di recupero estivi.
(5-03014)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
sono stati recentemente ultimati i sopralluoghi da parte dei tecnici del provveditorato interregionale alle opere pubbliche Toscana-Umbria congiuntamente ai tecnici comunali di Campi Bisenzio, sugli edifici scolastici di cui all'elenco predisposto dall'ufficio scolastico regionale per la Toscana, in base all'intesa di cui all'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le autonomie locali sugli «indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici»;
dall'esito di tali sopralluoghi è emersa la necessità di eseguire una serie di interventi necessari per garantire la sicurezza degli edifici scolastici del comune di Campi Bisenzio. Per porre in opera detti

interventi la stima sommaria dei costi occorrenti è pari ad un importo complessivo di euro 3.626.000;
in particolare, si segnala la situazione di particolare pericolosità nella scuola secondaria di 1o grado «Felice Matteucci» di Campi Bisenzio che, a seguito di segnalazione da parte del provveditorato interregionale alle OO.PP., ha comportato la necessità di interdire l'accesso all'edificio della palestra, del 1o piano dell'intero edificio scolastico, oltre alla transennatura del suo perimetro. In tal caso la spesa necessaria per ovviare ai problemi rilevati ammonta a ben euro 2.500.000, come stimato dal dipartimento di ingegneria civile dell'Università degli studi di Firenze, al quale è stato conferito apposito incarico per la redazione delle linee guida per la redazione del progetto esecutivo;
l'amministrazione comunale pertanto, per fronteggiare la situazione sopra descritta, tenuto conto dell'esiguità delle risorse finanziarie comunali disponibili e della recente manovra finanziaria del Governo, ha richiesto al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di mettere a disposizione appositi finanziamenti, ai sensi della legge 23 dicembre 2009, n. 191, articolo 2, comma 239, per poter programmare e dar corso all'esecuzione degli interventi necessari a garantire il regolare svolgimento dell'attività didattica delle scuole presenti nel territorio comunale -:
quali iniziative intende, porre in essere il Ministro al fine di reperire i fondi indispensabili alla messa in sicurezza dell'edificio che ospita la scuola secondaria di primo grado «Felice Matteucci» di Campi Bisenzio e garantire così, a più di 900 studenti ivi iscritti, il regolare svolgimento del prossimo anno scolastico 2010/2011, che diversamente risulterebbe pesantemente compromesso e che si andrebbe a sviluppare in condizioni di assoluta precarietà e in mancanza di sicurezza;
se, per porre in essere gli interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici, il comune possa derogare al patto di stabilità, così come d'altronde sostenuto con l'ordine del giorno n. 9/2936-A/194 presentato dagli onorevoli Ghizzoni, De Pasquale ed altri in occasione dell'iter di approvazione della legge finanziaria per il 2010 ed accolto dal Governo.
(5-03015)

BRAGA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 25 maggio 2010 all'istituto comprensivo di Uggiate-Trevano in provincia di Como, costituito dai comuni di Bizzarone, Ronago e Uggiate-Trevano, è pervenuta la comunicazione del sistema informatico SIDI del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con la quale sono state assegnate le risorse del personale docente per l'anno 2010-2011;
da tale comunicazione si è appreso che non è stato assegnato un numero di insegnati sufficienti per garantire, con l'organico di diritto, le 4 sezioni esistenti già da anni, alla classe prima della scuola secondaria di primo grado dell'istituto comprensivo di Uggiate-Trevano;
il numero di alunni iscritti alla prima classe della scuola secondaria di primo grado, (84 in totale) rende opportuno costituire 4 sezioni, al fine di garantire un adeguato percorso formativo ai ragazzi; inoltre la richiesta, già avanzata nei termini di legge, confermando l'organico dell'anno scolastico 2009/2010, non comporterebbe alcun onere aggiuntivo per l'amministrazione scolastica;
la riduzione, così come ad oggi prevista dalla disposizione, a sole 3 sezioni, determinerebbe un aumento consistente del numero di alunni per ogni sezione: dai 21 alunni per ciascuna delle 4 sezione si passerebbe infatti a ben 28 alunni per 3 sezioni senza considerare i possibili ripetenti, i trasferimenti nel corso dell'anno, gli alunni disabili, con ricadute negative in termini di preparazione e qualità complessiva dell'insegnamento offerto;

dal prossimo anno scolastico il Ministero ha previsto la possibilità di un innalzamento del numero massimo di alunni per le classi della scuola primaria e secondaria di primo grado; sono numeri che non solo peggioreranno la qualità del servizio ma faranno anche andare fuori norma le aule scolastiche e di laboratorio: sia in riferimento agli indici minimi di funzionalità didattica previsti dal decreto ministeriale del 18 dicembre 1975 - Norme tecniche per l'edilizia scolastica, che stabilisce i parametri spaziali minimi a disposizione di ogni persona presente nei locali scolastici (1,80 mq netti per la scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado), sia per la prevenzione incendi (decreto ministeriale del 26 agosto 1992 - Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica) che al punto 5 (Affollamento) stabilisce il limite massimo di persone presenti in un'aula nel numero di 26;
la creazione di 3 sezioni, ciascuna da 28 alunni, risulterebbe infatti incompatibile con la struttura delle aule scolastiche sia dal punto di vista dimensionale sia da quello della sicurezza: la metratura stessa delle aule non permetterebbe di ottemperare ai parametri ergonometrici previsti dalle vigenti normative sopra citate, così come non potrebbero essere nemmeno garantiti i requisiti minimi di sicurezza stabiliti dalla legge;
le amministrazioni dei comuni di Bizzarone, Ronago e Uggiate-Trevano, considerato il forte flusso di nuove famiglie residenti sui territori dei tre comuni, inizieranno i lavori di sopraelevazione dell'edificio che ospita la scuola secondaria di primo grado entro il prossimo mese di luglio, a dimostrazione dell'impegno sia organizzativo che economico che gli amministratori riservano al comparto scuola (l'ampliamento costerà oltre 900 mila euro solo per le opere strutturali, esclusi gli arredi, e graverà totalmente sulle risorse comunali);
la compressione dell'organico ipotizzata non consentirà, tra l'altro, la prosecuzione del servizio mensa, attivo da anni, per gli alunni dell'istituto comprensivo di Uggiate-Trevano, che prevede la possibilità di scegliere tra la settimana lunga o la settimana corta con 2 rientri pomeridiani con conseguenze negative per le famiglie del territorio;
il taglio dell'organico danneggerebbe inoltre la continuità di esperienze didattiche innovative, per le quali lo scorso anno, un giovane professore dello stesso istituto comprensivo di Uggiate-Trevano è stato premiato dal Ministro Brunetta quale ideatore e coordinatore del miglior progetto tra gli 823 provenienti da tutt'Italia -:
se il Ministro, alla luce di tutto quanto sopra esposto, non intenda riconsiderare l'assegnazione di organici all'istituto comprensivo di Uggiate-Trevano così come evidenziata dalla comunicazione del 25 maggio 2010 del sistema informatico SIDI del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in modo da riassegnare un numero di insegnanti sufficienti per poter assicurare la formazione di 4 sezioni alla classe prima della scuola secondaria di primo grado e quindi per garantire il regolare inizio del prossimo anno scolastico 2010/2011;
quali iniziative il Ministero intenda mettere in atto per garantire, sulla base del mantenimento dell'attuale decisione in materia di organico di diritto ipotizzato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'istituto comprensivo di Uggiate-Trevano, i requisiti minimi di sicurezza e il rispetto delle norme vigenti in materia di aule scolastiche e di laboratorio, sia in riferimento agli indici minimi di funzionalità didattica previsti dalle norme tecniche per l'edilizia scolastica, sia in riferimento alle disposizioni inerenti la prevenzione incendi;
come il Ministero intenda procedere per garantire, sia la prosecuzione del servizio mensa per gli alunni offerto dall'istituto di Uggiate-Trevano senza ulteriori pesanti aggravi sui carichi di spesa delle famiglie del territorio, che la continuità di

esperienze didattiche innovative fondamentali per lo sviluppo di una scuola davvero di qualità in rispetto anche al diritto allo studio.
(5-03017)

GATTI, GHIZZONI e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'informatica studia «i procedimenti effettivi di elaborazione (e memorizzazione, trasmissione, eccetera) dell'informazione. Contribuisce alle scienze con concetti propri, quali la nozione di effettività, quella di complessità computazionale, quella di gerarchia di astrazione. Condivide con altre scienze lo studio delle tecniche risolutive di determinati problemi (il problem solving). Fare problem solving significa decomporre, ristrutturare, risolvere sottoproblemi e ricomporre, poi, le loro soluzioni. L'informatica, e questo è un suo importante contributo originale, mette a disposizione strumenti linguistici progettati affinché ciò sia possibile e, per quanto possibile, semplice. Cioè evocativo, sintetico, economico. Inoltre, studia le somiglianze tra i problemi e le loro soluzioni, dando così gli strumenti utili per la costruzione di soluzioni efficienti e robuste» (Simone Martini, professore ordinario di informatica, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna. Intervento al congresso didamatica, Roma, aprile 2010);
l'importanza dell'apprendimento e la specificità dell'insegnamento dell'informatica sembrano non essere adeguatamente valutate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Miur), poiché sia nel «Regolamento recante l'accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento di istruzione secondaria», approvato dal Consiglio dei Ministri in prima lettura il 12 giugno 2009 e ancora in corso di definizione, il quale entrerà in vigore nell'anno 2011-2012, sia nella fase transitoria prevista per il prossimo anno scolastico, lo stesso Ministero ha effettuato scelte che appaiono gravemente pregiudizievoli per gli abilitati all'insegnamento dell'informatica;
con la nota numero 1348 del 21 aprile 2010, il Miur, ha infatti pubblicato le tabelle per l'assegnazione alle varie classi di concorso degli insegnamenti del primo anno e del biennio, per la prossima stagione scolastica, con la quale si stabilisce che l'insegnamento dell'informatica: nei bienni degli istituti tecnici settore economico indirizzo turismo e degli istituti professionali indirizzo servizi commerciali è attribuito ai soli docenti diplomati di trattamento testi (ex stenografia e dattilografia - classi di concorso A075 e A076); nei bienni degli istituti tecnici settore economico indirizzo finanza e marketing e nei bienni degli istituti professionali, a seconda dei vari indirizzi, è assegnato, oltre che agli abilitati in informatica, anche agli abilitati in elettronica, matematica e fisica e trattamento testi; nel primo anno degli istituti tecnici settore tecnologico, è assegnato, oltre che agli abilitati in informatica, anche agli abilitati in elettronica; nel primo anno dei licei scientifici, opzione scienze applicate, è assegnato, oltre che agli abilitati in informatica, anche agli abilitati in elettronica, matematica, matematica e fisica;
il regolamento predetto, invece, esclude gli abilitati in informatica dall'insegnamento nei licei scientifici (opzione scientifico-tecnologica ora ridenominata «scienze applicate» dai regolamenti relativi alla revisione degli assetti ordinamentali del secondo ciclo) a vantaggio degli abilitati all'insegnamento dell'elettronica e dell'elettrotecnica, e assegna l'insegnamento dell'informatica anche agli abilitati elettronici ed elettrotecnici nel primo anno di tutti gli indirizzi degli istituti tecnici - settore tecnologico e nel biennio degli istituti professionali;
le scelte del Miur, a parere delle interroganti, sembrano frutto di una mancanza di consapevolezza della rilevanza dell'insegnamento dell'informatica, troppo spesso confuso con il semplice insegnamento dell'uso del computer, al punto da danneggiare gli abilitati all'informatica; questi, infatti, oltre a essere esclusi da alcune classi di concorso e a dover condividere

l'insegnamento della «propria» materia con altre classi di concorso, non usufruiscono del trattamento di reciprocità: un'insegnante di matematica o di elettronica potrà infatti insegnare informatica, mentre l'abilitato in informatica per potere insegnare, ad esempio, matematica dovrà prima ottenere la specifica abilitazione, nonostante nel proprio curriculum universitario possa vantare esami di fisica, analisi, algebra e geometria;
si deve aggiungere la preoccupazione riguardante il fatto che nel prossimo anno scolastico, data la riduzione delle ore di matematica, elettronica e telecomunicazioni, attuata dal Miur, molto probabilmente agli insegnanti abilitati in queste materie saranno assegnate le ore di informatica, a scapito degli abilitati in informatica, allo scopo di consentir loro il recupero delle ore perse. Nel piano nazionale d'informatica si era scelto di affidare l'insegnamento della materia ai docenti di matematica, con l'obiettivo di dare ampia diffusione alla cultura informatica. Le scelte che vengono effettuate sembrano non tener conto del fallimento di questa esperienza -:
se non ritenga di rivedere le scelte relative al riordino delle classi di concorso, sia nella fase transitoria prevista per l'anno scolastico 2010-2011, sia nel «Regolamento recante l'accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento di istruzione secondaria», in vigore dall'anno scolastico 2011-2012, che, secondo le interroganti, non riconoscono pienamente la professionalità degli insegnanti abilitati in informatica.
(5-03018)

CICCANTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 26 aprile 2010, con nota motivata indirizzata al direttore generale dell'ufficio scolastico regionale delle Marche ed al dirigente dell'ufficio scolastico provinciale di Ascoli Piceno, è stata data formale comunicazione delle dimissioni dei membri del consiglio d'istituto, nelle rispettive componenti dei docenti, degli ATA e genitori;
le predette dimissioni conseguono ad un tormentato rapporto con la dirigente scolastica della scuola media statale «L. Lucani» di Ascoli Piceno, la quale è accusata di ostacolare una proficua collaborazione con la componente dei genitori degli studenti, in quanto «arroccata su posizioni di totale chiusura al dibattito e, soprattutto, di contrapposizione sprezzante con tutti gli organi collegiali»;
a tale denuncia dell'atteggiamento di chiusura al dialogo ed alla collaborazione della dirigente scolastica, non è stato dato alcun riscontro da parte degli organi scolastici regionali e ministeriali, tanto che le tensioni sono ancora vive, con preoccupanti ricadute sulla serenità di giudizio degli scrutini -:
se siano state previste iniziative ispettive per l'accertamento della reale situazione di disagio della popolazione scolastica interessata;
quali provvedimenti cautelativi siano stati presi o si intendano prendere per la eventuale rimozione della dirigente scolastica, posto che non possono cambiare scuola genitori, docenti e scolari.
(5-03020)

GHIZZONI, DE PASQUALE, COSCIA e ROSSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
negli anni scolastici 2008/09 e 2009/10 i moduli della rilevazione statistica ministeriale degli orari scolastici settimanali frequentati dagli studenti si riferiscono (sezione D1) alle seguenti tipologie di moduli didattici: a 27 ore; da 28 a 30 ore; da 31 a 39 con mensa; da 31 a 39 senza mensa; a 40 ore;
le dette rilevazioni, già raccolte dagli uffici competenti, non sono ancora state rese note ufficialmente, a differenza di quanto accaduto in precedenza;

nel comunicato del 17 maggio 2010 emanato dal Ministero interrogato si legge: «Aumenta il tempo pieno nella scuola italiana. Nel prossimo anno scolastico (2010/2011) saranno attivate nella scuola primaria 782 classi a tempo pieno in più, per un totale di 37.275 classi. Per il secondo anno consecutivo quindi aumentano gli alunni che potranno usufruire di questo quadro orario. Quest'anno (2009/2010) infatti sono state attivate 2.176 classi a tempo pieno in più rispetto all'anno scolastico 2008/2009. Negli ultimi due anni dunque, grazie all'introduzione del maestro unico e all'abolizione delle compresenze, si è registrato un aumento complessivo di 2.958 classi a tempo pieno»;
da fonti giornalistiche e dalle comunicazioni degli uffici scolastici provinciali si evincono dati contrastanti con la dichiarazione sopra richiamata, poiché sono moltissime le richieste di tempo scuola a 40 ore avanzate dalle famiglie e non soddisfatte, così come sono diffuse le situazioni in cui si riduce il numero delle prime classi a tempo pieno. In provincia di Modena delle 50 classi richieste ne verranno concesse solo 12, a Bologna e provincia saranno circa 1600 i bambini esclusi, in Toscana saranno 4 mila mentre in Veneto circa 5mila, a Milano e provincia ci si aggira sui 3.500 esclusi mentre a Torino e provincia saranno circa 1800, a Roma e provincia se ne contano circa 220 e a Trapani e provincia 690;
le cifre, sopra riportate, di bambini esclusi dal tempo pieno, confermano peraltro la denuncia espressa il 4 giugno scorso dalla Commissione Nazionale Istruzione e Scuola dell'Anci, circa la difficoltà determinata «dalla riduzione delle classi a tempo pieno causata dalla riduzione del numero degli insegnanti, con le inevitabili ripercussioni sui Comuni» -:
per quale motivazione non siano ancora stati resi pubblici i dati nazionali e regionali riguardanti gli orari scolastici settimanali effettuati dagli studenti negli anni scolastici 2008/09 e 2009/10, secondo le tipologie descritte nella sezione D1 della rilevazione statistica ministeriale;
quale sia il numero rilevato degli studenti che nell'anno in corso 2009/10, in conseguenza dei provvedimenti governativi, non frequentano più, rispetto al 2008-09, moduli con orari da 31 a 39 ore, con mensa o senza mensa;
sulla base di quali conteggi siano stati divulgati mediante il comunicato ministeriale del 17 maggio 2010 i dati relativi all'aumento delle classi a 40 ore, strumentalmente definite «a tempo pieno», poiché l'incertezza sul doppio organico e l'assenza delle compresenze restituiscono un modello educativo che con il tradizionale tempo pieno condivide solo l'orario scolastico a 40 ore.
(5-03021)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni le scuole sono alle prese con le adozioni dei libri di testo e, in molti casi, stanno scoprendo per la prima volta gli effetti del blocco delle adozioni disposte, a cominciare dallo scorso anno scolastico, in attuazione del decreto-legge n. 137 del 2008, convertito dalla legge n. 169 del 2008;
la prima sgradita scoperta la stanno facendo molti docenti, soprattutto della scuola primaria, che vedono bloccata dalle adozioni dello scorso anno la loro intenzione di scegliere testi diversi, necessari per la propria programmazione didattica (ad esempio, nelle prime classi dove l'adozione dell'anno scorso impedirà per un quinquennio nuove adozioni);
l'unico eventuale beneficio di questa decisione governativa sarebbe quello di salvaguardare le famiglie da un troppo frequente cambio e da insignificanti modifiche dei contenuti dei libri, volte solo a giustificare un aumento dei prezzi di copertina ed il conseguente esborso di nuovo denaro a carico delle famiglie stesse, favorendo il riutilizzo dei volumi, ad esempio dal fratello maggiore a quello minore, e lo stesso mercato dell'usato, in definitiva per favorire economicamente le famiglie;

nessuna giustificazione o beneficio, di contro, è ravvisabile per il blocco dei libri di testo nella scuola primaria, dove il costo dei libri è a carico dello Stato;
ma è proprio dalla scuola secondaria che viene la sorpresa per le famiglie: il blocco dei testi adottati non ferma il tetto di spesa. Infatti, i testi adottati l'anno scorso restano confermati per un sessennio anche se nel frattempo i loro prezzi, fissati dagli editori, aumentano. I testi sono bloccati, ma i loro prezzi possono correre;
ci si chiede come sia possibile. Bisogna consultare il decreto-legge n. 112 del 2008, pubblicato qualche mese prima della legge n. 169 del 2008, per capirlo. All'articolo 15, intitolato «Costo dei libri scolastici», si legge, laddove si parla di versioni on line scaricabili da internet dei libri di testo, che va assicurato «il prezzo dei libri di testo della scuola primaria e i tetti di spesa dell'intera dotazione libraria per ciascun anno della scuola secondaria di I e II grado, nel rispetto dei diritti patrimoniali dell'autore e dell'editore»;
gli editori fanno valere, giustamente dal loro punto di vista, questo diritto. E così, la legge, che come unica eventuale utilità poteva conseguire un risparmio per le famiglie, potrebbe alla fine conseguire il blocco dei testi, che devono essere confermati per anni senza variazione alcuna, ma non quello dei loro prezzi (che devono tener conto dell'aumento dei costi);
in questa maniera, mentre è stata compressa in qualche modo la libertà di insegnamento e sono state sacrificate la ricerca e la qualità della didattica, i genitori continuano a pagare ugualmente l'aumento dei libri di testo -:
se il Ministro, in virtù delle sopra menzionate osservazioni, non ritenga urgente ed indispensabile assumere iniziative volte a modificare la normativa che blocca le adozioni dei libri di testo disposte, a cominciare dallo scorso anno scolastico, in attuazione del decreto-legge n. 137 del 2008;
se il Ministro non ritenga, solo per i libri di inglese della scuola primaria, di consentire la scelta in prima e poi di portare il testo fino alla quinta, considerato che la scelta sarebbe sempre quinquennale e ciò permetterebbe all'insegnante una continuità di metodo, mentre l'applicazione della circolare n. 23 prot. n. 1636 del 4 marzo 2010 fa sì che la classe abbia un testo i primi 3 anni e un altro con approcci e contenuti diversi negli ultimi due, lasciando così gli insegnanti liberi di scegliere;
se intenda chiarire la portata e gli effetti della previsione della stessa circolare n. 23 prot. n. 1636 del 4 marzo 2010 che afferma: «Si ricorda che il "vincolo" di cui al punto a) trova applicazione per le nuove adozioni e non per le conferme dei testi già in adozione. Pertanto nel caso in cui i docenti abbiano effettuato, per il corrente anno scolastico, nuove adozioni, non è consentito procedere, per il 2010-2011 alla scelta di nuovi testi scolastici, in quanto trova applicazione il vincolo quinquennale/sessennale, salvo quanto indicato nel punto b). Qualora, invece, i docenti abbiano effettuato, sempre per il corrente anno, la conferma dei testi adottati nell'anno scolastico precedente, è possibile procedere ad una nuova adozione».
(5-03025)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEHNER. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Accademia Britannica srl, che si occupa tra l'altro delle vacanze di studio in Gran Bretagna e in Irlanda di studenti italiani figli di dipendenti INPDAP, è stata già oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo nei quali si sosteneva l'esistenza di attività che potevano risolversi in danno dell'erario e della qualità dei titoli di studio attribuiti agli studenti;
in relazione alle vicende complessivamente esposte nelle interrogazioni

5-00051, 4-00491, 4-01632, 4-05004, 4-05885, che evidenziavano fatti di evasione fiscale, violazioni delle regole di concorrenza, false attestazioni e falsità in atto pubblico il giudice per le indagini preliminari, in data 20 gennaio 2010 il tribunale di Roma ha richiesto il rinvio a giudizio degli amministratori della società e della consociata Accademia Britannica International House, della quale Accademia britannica è affittuaria di un ramo di azienda, e di taluni funzionari dell'INPDAP;
i capi di imputazione riguardano l'abuso di ufficio e la concussione a carico dei funzionari INPDAP per aver tentato di arrecare ingiusti vantaggi patrimoniali alla società in titolo; la truffa, la falsità ideologica e la falsa attestazione per gli amministratori, in concorso tra loro, rei di aver prodotto documentazioni mendaci o false per ottenere la gestione dei viaggi di studio -:
quali provvedimenti intenda adottare il ministro interrogato per impedire che episodi come quelli descritti in titolo abbiano a ripetersi, in danno della qualità dello studio e dei titoli degli studenti italiani.
(4-07505)

LARATTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per saper - premesso che:
il rettore dell'Università della Calabria, professor Giovanni La Torre, in una conferenza stampa in data 8 giugno 2010, ha affermato:
«Per il 2011 previsto un taglio delle risorse del 19 per cento all'Università della Calabria. Si tratta di 20 milioni di euro in meno».
secondo il professor La Torre: «È a rischio il prossimo anno accademico»;
in dieci anni l'università della Calabria ha raddoppiato il corpo docente e mantenuto i conti in ordine. È stata, ed è tuttora l'università che ha contribuito alla crescita culturale, sociale ed economica di una regione debole come la Calabria; è stata gestita con oculatezza e ha conquistato mete e risultati impensabili, unanimemente riconosciuti a tutti i livelli -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto denunciato dal rettore dell'università della Calabria;
se corrispondano a verità le notizie circa un taglio di 20 milioni di euro per il 2011, nei confronti della suddetta università;
se si a conoscenza che in queste condizioni è a rischio il prossimo anno accademico dell'università della Calabria, per come denunciato dal rettore della stessa.
(4-07513)

MARIO PEPE (PDL). - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in diversi atti di sindacato ispettivo presentati a partire dal 1996 (4-04071 Napoli e 4-33608 Aracu XIII legislatura; 4-01700 Valditara XIV legislatura), il centro destra ha sollevato obiezioni circa le modalità di scelta dell'attuale gruppo dirigente dell'Accademia nazionale di Danza e sui metodi di gestione del prestigioso istituto fondato nel 1940 a Roma grazie alla danzatrice e coreografa, Jia Ruskaja;
dal 1996 direttore della AND è la signora Margherita Parrilla, nominata dal Ministro del Governo di centro sinistra Berlinguer, grazie alla possibilità offerta dalla legislazione allora vigente «... di conferire, eccezionalmente senza concorso, il posto di direttore a persona di chiara fama...», al di fuori di qualsiasi procedura concorsuale o per titoli, e, nel caso in oggetto, ad onta della scelta effettuata dal consiglio di amministrazione e dal collegio dei docenti; appare chiaro, dagli atti presentati dall'opposizione di centro destra in quel periodo, che si trattasse di una nomina politica, a suo tempo oggetto di vasti malumori;
da quella data l'istituzione, un tempo prestigiosa, soffre un lento declino, che si

è esplicitato in forme diverse: culturale, didattico, strutturale, finanziario; dal contrasto permanente tra corpo docente e dirigenza, alla vetustà e ristrettezza delle aree didattiche, dalla crescente fatiscenza delle strutture (chiuse nel 2001 per motivi igienici), all'approssimazione nella gestione amministrativa, contabile e finanziaria; giungono agli interroganti notizie di un'esposizione verso gli istituti di credito tale da compromettere la sopravvivenza stessa dell'Accademia, essendo i mutui garantiti dai prestigiosi immobili (si tratta di un complesso edilizio con annesso parco sull'Aventino) ove essa ha sede;
dal 1963 l'Accademia è divisa in due parti: l'accademia vera e propria (AND) e che si occupa essenzialmente di didattica e delle scuola vera e propria e la Fondazione accademia (FAND), cui sono stati conferiti la restante parte dei beni immobili, tra cui quelli lasciati dalla Ruskaja, e si occupa dell'attività esterna e della diffusione dell'immagine dell'istituto;
per quasi tutto il periodo dal 1996 ad oggi e la signora Parrilla ed il signor Borghi sono stati presidente e vicepresidente sia dell'AND che del FAND;
è proprio la gestione della fondazione (FAND) che desta le maggiori perplessità in quanto questa sembrerebbe essere utilizzata, a quel che pare all'interrogante, più che ai fini statutari, per il discarico di tutte le posizioni debitorie maturate durante la gestione dell'AND e per operazioni immobiliari volte a reperire liquidità, della quale non si riesce a comprendere pienamente la destinazione;
attualmente la FAND ha un'esposizione pari a circa 1,3 milioni-1,5 milioni di euro a garanzia dei quali ha dato la parte di sua competenza degli immobili della storica sede dell'AND, situati sul prestigioso colle Aventino a Roma;
anche la gestione economica e la tenuta dei libri contabili della FAND risulterebbero essere approssimativi; i revisori contabili, non previsti dallo Statuto, sembra siano stati nominati solo a partire nei primi mesi del 2010;
in qualità di depositaria dei lasciti della Ruskaja (morta nel 1970), nel corso della gestione Parrilla-Borghi la FAND non ha rispettato le volontà testamentarie della fondatrice, utilizzando anche secondo quanto risulta da un esposto all'ufficio territoriale del Governo di Roma, in modo difforme dalle condizioni testamentarie sia gli immobili che i terreni;
la Ruskaja aveva stabilito che il museo e la biblioteca specializzati in materia di danza fossero realizzati in un immobile sito in Roma; l'immobile è oggi affittato a prezzo fuori mercato alla signora Parrilla, mentre la biblioteca (senza museo), alla cui realizzazione ha contribuito l'ARCUS con la somma, sicuramente sovradimensionata, di 200.000 euro, si trova in due stanzette sottratte ai già ristretti spazi didattici;
la Ruskaja aveva altresì stabilito che sui terreni di sua proprietà, situati in un'area oggi ad alto valore immobiliare sul Monte Argentario, si sarebbe dovuta realizzare, entro il termine di 10 anni dalla morte, una casa di riposo e di vacanze per artisti non abbienti e per studenti meritevoli dell'accademia, altrimenti il bene, assieme all'immobile di Roma, sarebbe andato al teatro Bolshoi di Mosca;
se può imputarsi alle gestioni precedenti di non aver ottemperato ai legati testamentari, probabilmente per la costante mancanza di risorse, va imputata all'attuale gestione l'aperta violazione del vincolo; il terreno risulta venduto nel 2004 ad un prezzo assai inferiore al valore di mercato;
il teatro Bolshoi di Mosca avrebbe in corso azioni giudiziarie di recupero dei beni ad esso spettanti;
la probabile condizione gravemente deficitaria dell'accademia, nelle sue varie articolazioni legali, è ormai di dominio pubblico -:
se non ritenga opportuno avviare, con i poteri che gli sono propri, un'indagine sulla gestione della Fondazione dell'accademia nazionale di danza (FAND) e

dei rapporti economico-finanziari di questa con la connessa Accademia nazionale di danza (AND), al fine di verificare la legittimità dei comportamenti dell'attuale gruppo dirigente e di impedire che l'esposizione finanziaria possa comportare la perdita di parte rilevante della sua sede storica;
se non ritenga opportuno in ogni caso sostituire quanto prima il gruppo dirigente in carica dei due organismi.
(4-07527)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) con pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale - Concorsi ed esami n. 35 del 4 maggio 2007 indiceva un concorso pubblico per esami a n. 404 posti per l'area C - posizione C1 - profilo delle attività amministrative, da assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
nel mese di giugno 2008, oltre un anno dopo la pubblicazione del bando, visto le numerose domande di partecipazione giunte all'INAIL, sono state svolte in Roma Eur presso il palazzetto Lottomatica in Piazzale Nervi le prove preselettive che constavano in un test articolato in quesiti a risposta multipla vertenti sulle materie poi oggetto delle prove scritte;
a queste prime prove hanno partecipato n. 14.889 candidati e di questi solo 1.304 venivano ammessi alle successive prove scritte che si sono svolte nelle date del 23 e 24 luglio 2008;
alla prova orale tenutasi a partire dal mese di luglio 2009 sono state ammesse circa 700 persone e successivamente sulla Gazzetta Ufficiale IV serie speciale n. 11 del 9 febbraio 2010 veniva pubblicata la graduatoria con i 404 vincitori del concorso e 162 idonei non vincitori -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire quanto prima per verificare quando si intende procedere alla chiamata di queste persone che sono ancora in attesa, pur risultando vincitori del concorso pubblico.
(5-03022)

...

PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle pari opportunità, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 51 del 2009 statuisce, in materia di «tutela delle lavoratrici madri» la possibilità di «esonero, a domanda, per la madre o, alternativamente, per il padre, dal turno notturno sino al compimento del terzo anno di età del figlio»;
tale previsione è mutuata dal disposto dell'articolo 53, comma 2, lettera a) del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il quale, relativamente al «lavoro notturno» rappresenta che «non sono obbligati a prestare lavoro notturno... la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa»;
entrambe le citate disposizioni traggono origine nella consapevolezza che durante le ore notturne prevale l'esigenza del bambino di avere accanto a sé la madre a tutela della sua richiesta di assistenza fisica e psico-fisica. L'esigenza del bambino, quindi, è considerata anche superiore a quelle dell'Amministrazione;

nell'applicazione della suesposta norma, tuttavia, molte volte i rappresentanti delle OO.SS. dei Corpi di polizia si sono trovati a dover disquisire con taluni Dirigenti periferici su cosa si intendesse per «lavoro notturno», e del perché nel Contratto di Lavoro del comparto sicurezza, nel caso dell'esonero in questione, si è inteso fare riferimento non già al «lavoro notturno» (l'applicazione dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 151 del 2001 è comunque fatta salva dal primo comma dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 51 del 2009) ma invece al «turno notturno», atteso che la norma contrattuale è una «condizione di maggior favore» rispetto a quella generale dettata dal decreto legislativo 151/2001;
per la definizione di «lavoro notturno» è necessario fare riferimento al decreto legislativo n. 66 del 2003 e prima ancora al Decreto Legislativo n. 532 del 1999 ed alla legge 532 del 1999, le quali considerano «periodo notturno» l'arco di tempo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino (ad esempio i turni dalle 22 alle 7);
per la definizione di «turno notturno», invece deve farsi riferimento alle previsioni contrattuali, segnatamente alle norme che esplicano gli orari di servizio e di lavoro, e - nondimeno, per ovvie ragioni - a quelle cui si fa riferimento per il pagamento del lavoro straordinario;
l'articolo 8 dell'Accordo nazionale quadro relativo alle Forze di polizia stabilisce due tipologie di turno notturno: 00/07 per i servizi continuativi articolati in 6 turni settimanali e 22/07 per i servizi continuativi articolati su cinque turni settimanali;
l'articolo 6 (lavoro straordinario) del decreto del Presidente della Repubblica n. 69 del 27 aprile 1984 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 15 dicembre 1983 concernente il personale dei ruoli della Polizia di Stato) statuisce invece che «...la misura oraria del compenso relativo al lavoro straordinario... è maggiorata del quindici per cento per il lavoro straordinario diurno e del trenta per cento per quello prestato in orario notturno (dalle ore 22 alle ore 6 del giorno successivo)...» Il «turno notturno», a mente delle suesposte norme, pertanto, non può che coincidere con la fascia oraria del quadrante giornaliero corrispondente, nei servizi articolati in turni continuativi, a quello notturno (22/07);
ad avviso degli interroganti l'esonero sopra indicato è da interpretarsi nel senso che il dipendente che ne ha diritto non può essere impiegato nemmeno in una turnazione di servizio che incida anche solo parzialmente negli orari del «turno notturno», o che pregiudichi in modo anche solo parziale i diritti del minore;
peraltro, al di là delle norme di specifica tutela sopra accennate, è fatto d'obbligo a tutti i dirigenti di valutare coscienziosamente tutte le esigenze personali e familiari poste dal personale, soprattutto quando tali esigenze si riconducono alla tutela di bambini di pochissimi anni di vita;
la salvaguardia dei figli dei poliziotti non sembra però una priorità per tutta l'amministrazione e la Questura di Padova ne è un esempio tangibile;
lo scorso mercoledì 2 giugno una poliziotta in servizio all'Ufficio Immigrazione della suddetta questura, e madre di un bimbo d'età inferiore ai tre anni, è stata obbligata ad effettuare un servizio di ordine pubblico fuori sede, presso il comune di Cittadella, con orario 17.00/23.00; ciò avveniva nonostante la predetta avesse presentato formale richiesta di esonero dal turno notturno in tempo assolutamente congruo;
il convivente della collega, anch'egli in servizio presso l'ufficio Immigrazione, al fine di consentire alla propria compagna di restare a casa con il bambino, si è offerto volontario in sua sostituzione, ma l'amministrazione periferica ha rigettato la richiesta informale, perché - asseriva -

per tale servizio «era necessario e indispensabile che vi fosse un'aliquota sufficiente di personale femminile»;
sulla questione è intervenuta la segreteria provinciale di Padova del COISP, ma a questa veniva risposto che la fascia oraria d'impiego non coincideva con quella interdetta dalla normativa vigente. A nulla serviva neppure che venisse esplicitato che il servizio di ordine pubblico si sarebbe sicuramente protratto anche ben oltre l'orario previsto per la fine del turno, in quanto la partita di calcio tra il Cittadella ed il Brescia (il servizio era inerente a tale incontro) iniziava alle ore 20.30 -:
se i ministri interessati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa, quali siano le cause e quali le immediate azioni per garantire una puntuale e corretta applicazione delle norme vigenti in materia di tutela della maternità e paternità nei confronti del personale in servizio presso la Polizia di Stato.
(4-07528)

TESTO AGGIORNATO AL 10 GIUGNO 2010

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
l'aumento del prezzo del petrolio e del carburante ha fortemente penalizzato il comparto italiano della pesca, determinando un preoccupante stato di crisi del settore, già colpito dall'aumento dei costi di produzione che si ripercuote sul prezzo finale al consumatore, a fronte del prezzo immutato del pescato «alla banchina»;
la politica del risanamento del settore adottata negli ultimi anni ha portato dal 2000 ad oggi ad una flessione degli occupati al 40 per cento, ad una diminuzione della quantità di pescato per imbarcazione, mentre i costi per le imprese sono diventati sempre più onerosi e i redditi sempre più bassi;
il Governo ha confermato le criticità strutturali del settore, con l'istituzione dell'unità di crisi il 24 maggio 2010, ma ad oggi non sembra siano stati adottati provvedimenti in grado di fornire il sostegno necessario al rilancio della categoria;
questa condizione emergenziale per il comparto è destinata ad aggravarsi a causa di norme comunitarie particolarmente rigide e che sembrano minare il reddito di armatori e operatori in maniera incontrovertibile;
dal 1o giugno 2010 è entrato in vigore il regolamento (CE) n. 1967 del 2006 sulla gestione per la pesca nel Mar Mediterraneo, che disciplina la distanza dalla costa ove operare, la composizione delle attrezzature e dei calamenti, tra cui l'ampliamento delle maglie da 4 a 5 centimetri di lato, che certamente riduce il pesce di scarto e rischia seriamente di portare alla bancarotta le imprese;
per dimostrare quanto sia penalizzante l'introduzione della rete a maglia più larga, è stata organizzata a Monopoli una battuta di pesca tra due pescherecci, uno equipaggiato con la rete tradizionale, l'altro con quella nuova;
la prova ha confermato le preoccupazioni della categoria e ha quantificato il danno per gli armatori e i pescatori: in una giornata di lavoro infatti, con le nuove reti, si perderebbero circa 200 euro al giorno e 1.000 euro a settimana per imbarcazione. Ogni armatore rimetterebbe almeno 20 mila euro l'anno;
tale misura apporta un danno agli operatori che, solo per la marineria di Monopoli, supererebbe il milione di euro;
peraltro la nuova dotazione tecnica introdotta dalla normativa comunitaria è difficilmente reperibile sul mercato e i tempi per la messa a norma delle imbarcazioni si prospettano piuttosto lunghi;

tra le dotazioni introdotte recentemente vi è anche una nuova tecnologia denominata blue box, il rilevatore satellitare di posizione che tutte le imbarcazioni sono obbligate ad installare;
per un primo periodo la blue box, introdotta dal 2006, è stata soggetta a contributi statali, ora il canone ed il traffico sono a carico delle imprese, per una spesa aggiuntiva di circa 1300 euro all'anno;
dal 26 aprile 2010 la Tai Sud, società che gestisce il traffico dei rilevatori, sta trasmettendo alle capitanerie di porto la lista con le utenze non in regola con pagamenti e contratti. Alcune motobarche sono rimaste ferme per la sospensione del segnale che ne traccia le rotte;
molte imprese tuttavia hanno fatto ricorso alle vie legali per dimostrare che il rilevatore sarebbe addirittura illecito perché non si può richiedere alle imprese, in quanto semplici comodatarie dell'apparecchio, il pagamento della manutenzione, del canone e del traffico. Anche la sospensione del segnale sarebbe illecita: la categoria contesta il concetto stesso della blue box perché limiterebbe il libero esercizio dell'attività di pesca per cui è stata rilasciata regolare licenza;
di fatto l'introduzione del rilevatore satellitare, alle condizioni sopracitate, sta arrecando lo stallo del sistema, perché per riattivare l'apparecchio e ripartire con l'attività sarebbe necessario il pagamento del pregresso, del riallaccio e l'anticipo del primo semestre. Intanto;ad alcune imbarcazioni è già sopraggiunto il ritiro momentaneo della licenza;
il regolamento comunitario interessa l'Italia, la Spagna, la Francia e la Grecia, ma non anche Paesi come l'Albania, la Croazia, la Tunisia o il Marocco. Pertanto, oltre alla concorrenza del Senegal e Corea, l'Italia dovrà affrontare anche quella dei Paesi frontalieri certamente avvantaggiati da norme meno restrittive;
la categoria è da giorni in stato di agitazione e sono state interessate le marinerie di Moffetta, Mola di Bari e Monopoli. Molti di loro sperano in un rinvio dell'attuazione della normativa comunitaria, entrata in vigore il 1o giugno 2010, in modo da concludere il fermo biologico ed utilizzare le nuove reti almeno dopo il periodo di ripopolamento della fauna ittica;
alcuni armatori di Molfetta sono arrivati persino a riconsegnare le licenze all'autorità portuale in segno di protesta, che significherebbe il primo passo verso il disarmo dei pescherecci e la chiusura dell'attività con conseguenti ricadute negative sull'occupazione -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare a sostegno delle attività ittiche, già vessate dall'aumento del prezzo del petrolio e per fronteggiare le conseguenze sul settore legate all'applicazione del regolamento comunitario (CE) n. 1967 del 2006.
(2-00746)«Zazzera, Di Giuseppe».

Interrogazione a risposta orale:

SERVODIO, BELLANOVA, BORDO, BRANDOLINI, CAPANO, GINEFRA, GRASSI, LOSACCO, MASTROMAURO, OLIVERIO, VICO, MARCO CARRA, CONCIA, TRAPPOLINO, CENNI, SANI e AGOSTINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il settore agricolo cerasicolo di terra di Bari da molti anni attraversa una profonda crisi legata agli alti costi della produzione, alla concorrenza di altri Paesi del Mediterraneo e alla generale caduta dei consumi;
tale situazione in questi mesi è stata aggravata da eventi calamitosi che hanno provocato irreparabili danni alla qualità e quantità del prodotto «ciliegia» - e in particolare - dalla gelata intervenuta nella notte tra 7 e 8 marzo 2010, dalle nebbie verificatesi nel periodo 29 e 30 marzo 2010, dalle piogge verificatesi (intense e continue) nei giorni 18-21 maggio 2010;

le aziende agricole interessate si trovano ad affrontare una pesante situazione dovuta alle conseguenti perdite economiche derivanti dalle suddette calamità e hanno difficoltà a far fronte agli impegni di natura bancaria e previdenziale;
le aziende agricole hanno avviato da tempo un percorso di ristrutturazione, di ricerca, di innovazione al fine di ottenere una qualità del prodotto ciliegia, che, come è noto, è apprezzata anche negli altri Paesi e che per raggiungere questi obiettivi hanno investito;
i premi assicurativi per le piccole e le piccolissime aziende sono eccessivamente onerosi;
i danni al comparto, grande risorsa economica e occupazionale, incideranno pesantemente sulla economia delle comunità interessate e, in particolare, sui settori della commercializzazione e della trasformazione del prodotto;
le imprese agricole sono in attesa di accedere alle misure del piano di sviluppo rurale;
è stato approvato all'unanimità dai consigli comunali di Casamassima, Sammichele di Bari, Conversano, Putignano e Castellana Grotte un'articolata richiesta di interventi, che coinvolgono le competenze della regione Puglia, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e del Governo, e che includono:
a) la dichiarazione da parte della regione Puglia dello stato di calamità per i comuni di Turi, Casamassima, Castellana, Conversano, Putignano e Sammichele di Bari;
b) provvedimenti straordinari con la consequenziale concessione di benefici di cui alla legge 14 febbraio 1992, a 185, attingendo dal fondo di solidarietà nazionale, da ultimo rimpinguato dalla legge finanziaria 2009 per l'anno 2010;
c) la moratoria di tutte le esecuzioni in danno delle aziende agricole per il tempo utile a risolvere la crisi debitorie, assistenziali e contributive;
d) la rideterminazione dei termini della ristrutturazione e modalità della soluzione per i contenziosi pregressi INPS e dei pagamenti attuali in modo da consentire a tutti di fuoriuscire dalle pendenze;
e) iniziative per favorire l'accesso al credito per la ristrutturazione finanziaria e la concessione di mutui a tasso agevolato con garanzie pubbliche per il miglioramento e il ripristino delle colture pesantemente colpite da questi eventi calamitosi;
f) il riconoscimento ai braccianti agricoli delle stesse giornate lavorative del 2009 al fine di tutelarli da un punto di vista contributivo atteso che oggi vivono un grave danno legato al mancato salario;
g) l'esenzione per l'anno 2010, a beneficio di tutte le aziende agricole e commerciali dei paesi colpiti dalla calamità dal primo acconto IRAP con scadenza giugno, dal secondo acconto IRAP con scadenza novembre e dal saldo IRAP con scadenza giugno 2011 -:
quali iniziative intenda adottare il Governo, in raccordo con la regione Puglia, per il comparto cerasicolo e per definire un percorso comune e unitario di interventi urgenti e strutturali - come quelli di cui in premessa - adeguati a far superare al comparto l'attuale grave emergenza, non pregiudicando il proseguimento di un'attività agricola che è fondamentale per l'economia e l'occupazione dei territori interessati della provincia di Bari.
(3-01117)

Interrogazione a risposta scritta:

OLIVERIO e LARATTA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la castanicoltura costituisce una delle principali risorse agricole della regione Calabria, una delle fonti aggiuntive di sostegno al reddito delle popolazioni delle aree interne;

nella regione, ed in particolare nella Presila catanzarese e nel Reventino, insiste una delle più vaste colture di pregio del castagno;
la presenza di un pericolosissimo parassita, denominato cinipide da castagno, costituisce una vera e propria minaccia dei castagneti, in quanto vengono attaccati diffusamente da questo insetto;
questa emergenza parassitaria è stata da tempo denunciata da diverse organizzazioni di categorie ed ora anche dalla Coldiretti regionale che ha chiesto l'intervento immediato delle autorità preposte;
gli enti locali, spinti da moltissimi agricoltori particolarmente preoccupati, hanno convocato le assemblee elettive e gli enti sovracomunali al fine di fronteggiare l'emergenza;
occorre, immediatamente, attivare ogni sinergica ed immediata iniziativa per consentire alle comunità locali di affrontare il pericolo della distruzione dei secolari castagneti calabresi, della Presila catanzarese e del Roventino, oggi attaccati con virulenza inaudita dal cinipide -:
quali urgenti e immediate azioni intenda adottare il Ministro interrogato relativamente allo studio del parassita del castagno, soprattutto in considerazione della velocità con la quale va diffondendosi la patologia e quali strumenti intenda mettere in campo per salvaguardare tale patrimonio boschivo, che rappresenta una vera garanzia per la tutela del territorio, soprattutto in relazione al già precario equilibrio idrogeologico;
quale iniziativa intenda adottare il Ministro interrogato per coordinare, di concerto con la regione Calabria, ogni utile e immediata iniziativa per fronteggiare l'emergenza parassitaria e scongiurare ulteriori e ben più gravi danni alle colture e, conseguentemente, alla già debole economia locale;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per verificare l'avvenuto danno della produzione di castagne e per individuare ogni utile strumento di sostegno al reddito degli agricoltori colpiti da questa calamità.
(4-07506)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

MIOTTO, LIVIA TURCO, FOGLIARDI, RUBINATO, LENZI, DAL MORO, FARINA COSCIONI, MURER, SARUBBI, VIOLA, PEDOTO, SBROLLINI, BOSSA, BUCCHINO, BURTONE e GRASSI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da giorni sui giornali appaiono notizie intorno alla denuncia di alcuni docenti universitari che hanno reso pubblico, su una fra le più note riviste scientifiche internazionali, il caso delle linee guida per i trapianti, approvate nel 2009 dalla regione Veneto;
nel testo della delibera si fa riferimento ad una serie di fattori definiti «controindicazioni assolute al trapianto d'organo» ed altri definiti «controindicazioni relative al trapianto» che hanno determinato sconcerto ed inquietudine: fra i primi compaiono il ritardo mentale (Q.I. inferiore a 50) ed il tentativo di suicidio, fra i secondi, il ritardo mentale (Q.I. inferiore a 70);
sono norme che appaiono discriminatorie verso persone che invece hanno pieno titolo al pari di ogni altra di poter essere accedere ai trapianti: simile orientamento sarebbe stato in questi giorni condiviso dalla giunta regionale che avrebbe diramato apposita circolare applicativa delle linee guida, contenente una sostanziale retromarcia rispetto al contenuto della DGR del 2009;
su tale questione sono già stati presentati presso il consiglio regionale del Veneto numerosi atti ispettivi e anche in

questo ramo del Parlamento in precedenza è già stata presentata un'interrogazione che, a tutt'oggi, non ha ancora avuto riposta -:
quale sia l'orientamento del Governo su una questione che ha implicazione umane ed etiche di straordinaria importanza e se il Ministro non ritenga opportuno adottare linee guida nazionali tali che le controindicazioni ai trapianti siano uguali su tutto il territorio dello Stato italiano.
(5-03023)

BARANI e DI VIRGILIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una corretta alimentazione è fondamentale per il mantenimento di un buono stato di salute e per prevenire molte patologie correlate ad abitudini alimentari scorrette;
l'OMS ha proposto una «strategia globale su dieta, attività fisica e salute» che coinvolga istituzioni pubbliche e private per promuovere stili di vita salutari nelle scuole, per contribuire a ridurre i rischi derivanti da una alimentazione non corretta e da una ridotta attività fisica. Il diffondersi del sovrappeso e dell'obesità anche tra le giovani generazioni assume un significato prognostico assolutamente sfavorevole;
in Italia, negli ultimi dieci anni, la prevalenza dell'obesità è aumentata del 50 per cento, assumendo quindi proporzioni preoccupanti;
l'obesità costituisce un serio fattore di rischio per la salute poiché ad essa sono collegate complicanze di tipo cardiovascolare e respiratorio ed anche numerose patologie come il diabete mellito, l'ipertensione arteriosa, l'iperlipidemia, la calcolosi della colecisti e l'osteoartrosi;
l'obesità colpisce più di un bambino su tre, spesso per uno stile di vita legato a doppio filo con l'obesità e la mancanza di esercizio fisico, abitudini queste che finiscono per far aumentare anche il rischio d'asma e disturbi del respiro più in generale;
da un'indagine del Ministero della salute «Okkio alla salute» è emersa una scarsa consapevolezza delle famiglie su questo problema: quattro mamme su dieci di bambini in sovrappeso non ritengono che il proprio figlio abbia un peso eccessivo rispetto all'altezza;
il problema dell'obesità è in realtà un problema non solo sanitario ma anche educativo e sociale, per questo bisogna essere consapevoli che un bambino sovrappeso oggi è un potenziale adulto obeso di domani -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema ed, in particolare, rendere consapevoli le famiglie in ordine al problema dell'obesità, anche mediante incontri con i medici di famiglia, al fine di creare una campagna capillare sull'obesità, e attraverso campagne informative nelle scuole di ogni ordine e grado, promuovendo nelle stesse scelte dietetiche sane.
(5-03024)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
malgrado il polo di Priolo-Augusta-Melilli sia uno dei più grossi (forse il più grosso) in Europa, oltre che uno dei più vecchi, è strano che lo stesso polo non sia stato interessato dagli atti di indirizzo ministeriali emanati in materia di amianto;
sarebbe auspicabile, anche alla luce delle numerose consulenze tecniche e delle sentenza emesse, un riesame della situazione delle raffinerie e nuove ispezioni;
è strano che, malgrado trattasi di impianti con tecnologia analoga e di concezione tecnologica identica, alcuni poli

abbiano avuto riconosciuti gli atti di indirizzo ed altri no: la concentrazione riguarda soprattutto il nord;
lavoratori con mansioni analoghe sono stati esposti e allo stesso modo ai medesimi rischi;
non è ipotizzabile che ci sia differenza fra italiani del Nord e del Sud nelle ripercussioni sulla salute -:
se il Ministro interrogato ritenga di dover assumere iniziative al fine di contrastare questo fenomeno inquietante di disparità di trattamenti;
se il Ministro interrogato intenda porre in essere misure atte a tutelare dai danni dell'amianto anche i lavoratori del Sud.
(4-07509)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
come hanno riferito il notiziario del Telegiornale-Lazio dell'8 giugno 2010 e numerosi quotidiani e siti di informazione on-line, in località Spinaceto-Roma ha avuto luogo un odioso episodio di violenza ai danni di uno studente autistico ad opera di una maestra elementare;
secondo quanto è dato sapere, la maestra in questione avrebbe addirittura scagliato un banco addosso al ragazzo, con l'intenzione di «farlo stare fermo», e lo avrebbe inoltre percosso;
il genitore del bambino, un ragazzo di otto anni affetto da autismo, ha presentato formale denuncia presso la procura di Roma, lamentando e denunciando «gravi violenze psicologiche e fisiche» subite dal piccolo «durante l'ultimo anno scolastico»;
i problemi per il bambino, spiega l'avvocato Maria Carsana, presidente dell'Associazione per la tutela del Minore e legale della famiglia «sono iniziati quando a dicembre è tornata a scuola l'insegnante titolare di lettere sino ad allora assente per infortunio. Dal suo arrivo il bambino ha iniziato a manifestare disagio, diceva di avere paura dell'insegnante, aveva crisi di pianto, si rifiutava di andare a scuola. I genitori hanno interpellato l'insegnante di sostegno e la terapeuta della Asl Rmc, le quali pensando ad una stanchezza del bambino, hanno consigliato di tenerlo a casa per alcuni giorni;
al rientro a scuola, le cose, tuttavia, non sarebbero cambiate: «Solo verso la fine dell'anno scolastico - prosegue l'avvocato - l'insegnante di sostegno ha rotto l'omertà e ha consigliato di ritirare il bambino da scuola in quanto la situazione in classe, a causa dei comportamenti dell'insegnante di lettere era divenuta insostenibile»;
i genitori hanno quindi effettuato una sorta di indagine tra gli altri docenti e genitori, scoprendo che maestra di lettere infliggeva al piccolo delle vere e proprie violenze, costringendolo per esempio a scrivere pagine del quaderno con frasi del tipo «Non devi dare calci»; e durante le lezioni, poi, gli scagliava il banco contro, per farlo stare fermo si sedeva sulle ginocchia del bambino arrivando a schiaffeggiarlo e a sculacciarlo causandogli forti danni, soprattutto sotto il profilo psicologico»;
è grave, non solo il comportamento dell'insegnante in questione, ma anche di quanti, all'interno dell'edificio scolastico, pur essendo a conoscenza di quanto accadeva, hanno taciuto e di fatto si sono resi complici della ripetuta violenza patita dal ragazzo -:
per sapere se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
in caso affermativo, se non si ritenga di dover disporre un accertamento amministrativo per accertare se e quali responsabilità amministrative o disciplinari vi siano, oltre a quelle sotto il profilo penale che compete alla magistratura accertare, in relazione a quanto accaduto;

come si giustifichi il preside dell'istituto scolastico in questione per quella che appare una grave complicità - sotto forma di acquiescenza e sostanziale indifferenza - in relazione a quanto accaduto;
che tipo di provvedimenti e di iniziative si intendono adottare, promuovere e sollecitare in relazione a quanto sopra esposto.
(4-07533)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla vicenda del piccolo Luca Goffi, rapito poche ore dopo essere venuto alla luce, mentre si trovava ricoverato assieme alla madre all'ospedale di Nocera (Salerno), e fortunatamente ritrovato incolume dopo poche ore, e restituito ai genitori;
secondo le testimonianze raccolte, il rapimento, ad opera di una donna con evidenti e riconosciuti problemi psichici, è avvenuto «alla luce del sole», e in tutta «tranquillità», essendo stato sufficiente che la rapitrice si spacciasse per infermiera, cosicché ha potuto indisturbata allontanarsi con il piccolo, portarlo fuori dalla struttura ospedaliera e nasconderlo nella sua abitazione;
per gli aspetti penali si attende l'accertamento dei fatti e delle eventuali responsabilità, dolose, colpose ed omissive da parte della magistratura;
da quanto è infatti emerso da numerosi servizi giornalistici, e in particolare da quanto documentato anche visivamente dal TG2 delle 20,30 dell'8 giugno 2010 l'impianto di videosorveglianza della struttura ospedaliera è da tempo fuori uso, ed è comunque possibile entrare ed uscire indisturbati nella struttura stessa, anche in locali e reparti solitamente interdetti al pubblico;
appare preoccupante quanto emerso in seguito a questo episodio che fortunatamente si è concluso positivamente, ma che ben altro, e tragico esito poteva avere -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in ordine a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di garantire la sicurezza dei pazienti con ciò definendo una disciplina più stringente per l'accesso alle strutture sanitarie da parte del pubblico e del personale ivi operante.
(4-07536)

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Polledri e altri n. 1-00088, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 dicembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La mozione Tempestini e altri n. 1-00381, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Touadi, Ferrari, Colombo, Sarubbi, Laratta, Baretta, Barbi, Fiano.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza Torazzi e altri n. 2-00641, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Rondini n. 4-02495, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 marzo 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e altri n. 4-05170, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e altri n. 4-06812, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Alessandri e Negro n. 5-02851, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Calearo Ciman.

Ritiro di firme da una mozione.

Alla mozione Mecacci e altri n. 1-00344, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 marzo 2010, sono state ritirate le firme dei deputati: Bachelet, Touadi.