XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 4 maggio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 5 MAGGIO 2010

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per sapere - premesso che:
il giorno 27 gennaio 2009, nel corso dell'annuale relazione sull'amministrazione della Giustizia, il Ministro interrogato dichiarava che: «... attraverso le risorse del fondo giustizia, contiamo di procedere alla nuova configurazione delle aree professionali di appartenenza del personale, con la conseguente doverosa valorizzazione delle specifiche professionalità acquisite. Siamo consapevoli che la riforma della giustizia passa anche per la ritrovata motivazione dei lavoratori del settore»;
il 20 gennaio scorso, in occasione della relazione annuale alle Camere, comunicava che: «oggi sono già confluiti nel FUG oltre 1,59 miliardi di euro, somma nell'ambito della quale si evidenziano 631,4 milioni di euro disponibili per la riassegnazione pro quota al settore Giustizia»;
nell'allegato al Documento di programmazione economico-finanziaria 2010-13, sono stati inseriti gli obiettivi strategici del Ministro della giustizia. Il primo obiettivo generale dichiarato è «la valorizzazione delle risorse umane», così descritta: «riqualificazione del personale amministrativo finalizzato alla valorizzazione delle professionalità esistenti e, contestualmente, piano di nuove assunzioni per sopperire alle gravi carenze di organico degli uffici giudiziari. Costo stimato delle riqualificazioni per i soli passaggi d'area: 40 milioni di euro. Costo stimato delle nuove assunzioni (3.000 unità): 114 milioni di euro»;
l'articolo 10, 6o comma del contratto collettivo nazionale del lavoro comparto Ministeri 2006-2009 prevede che «nel quadro dei processi di razionalizzazione organizzativa e di miglioramento della funzionalità degli uffici e della qualità dei servizi all'utenza, le Amministrazioni, in prima applicazione, possono effettuare, in via prioritaria e con le procedure previste dal presente CCNL per i passaggi di area, la ricomposizione dei processi lavorativi per i profili della medesima tipologia lavorativa articolati su aree diverse»;
l'ipotesi di accordo stralcio del Contratto collettivo nazionale integrativo del personale non dirigenziale della Giustizia del 1 5 dicembre 2009, sottoscritto soltanto da due sindacati e tale da rappresentare una minoranza del personale dell'amministrazione giudiziaria, ignora la problematica della riqualificazione del personale, limitandosi a consentire una mera progressione economica finanziata con il Fondo unico di amministrazione (FUA), in sostituzione del salario accessorio che dal 2000 è destinato a retribuire la produttività individuale e di gruppo;
l'articolo 7, comma 2 del CCNL 2006-2009, per garantire una maggiore flessibilità nell'ambito dei profili, individua il profilo professionale e il lavoro ad esso riconducibile su di un'unica area funzionale. L'articolo 8, comma 2, lettera b) individua all'interno delle aree «profili unici con riferimento ai contenuti delle mansioni, senza possibilità di costituzione di uno stesso profilo professionale articolato su aree diverse». Il nuovo ordinamento proposto con il contratto integrativo, invece, opera una maggiore e più netta divisione dei compiti attribuiti al personale, riducendo le mansioni di talune figure professionali, senza prevedere i passaggi d'area e la ricomposizione delle figure professionali che la riqualificazione avrebbe comportato;
il 15 novembre 2009 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 150 del 2009

in materia di lavoro pubblico, di efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione, il cui articolo 62 comma 1-bis prevede che «le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso;
a differenza di quanto è accaduto nelle altre pubbliche amministrazioni, l'Amministrazione giudiziaria non ha bandito le procedure per la riqualificazione del proprio personale;
molti dipendenti non in possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso dall'esterno non potranno, a differenza di quanto è stato consentito nelle altre amministrazioni dello stato e, in genere, nel pubblico impiego, accedere a qualifiche superiori, valorizzando la professionalità acquisita nel tempo e così ottenendo il riconoscimento delle mansioni effettivamente svolte;
tale situazione introduce una inspiegabile disparità di trattamento tra dipendenti di amministrazioni diverse, che appare particolarmente evidente in regime di mobilità -:
se intenda, e in che modo, assegnare le risorse del FUG (Fondo Unico Giustizia), quantificate in complessivi 631,4 milioni di euro, nella misura necessaria ed adeguata per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli Uffici Giudiziari, come previsto dell'articolo 2 comma 7 lettera b) del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito con modificazioni dalla legge n. 181 del 2008, potenziamento che non può prescindere dalla giusta valorizzazione del personale;
se non ravvisi che la mancata riqualificazione del personale, caso unico nel comparto Ministeri, non contempli un caso di «urgente necessità» previsto dall'articolo 2 comma 7-bis del sopracitato decreto-legge n. 143 del 2008 in base al quale è possibile, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, modificare la percentuale di riparto del Fug in favore del Ministero della giustizia;
se non intenda dare concreta esecuzione a quanto previsto dal Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013, in relazione alle procedure di riqualificazione del personale e di assunzione di 3.000 unità, con reperimento dei fondi ivi indicati;
se intenda rivedere il Contratto collettivo nazionale integrativo accogliendo anche le proposte provenienti dalle altre organizzazioni sindacali non firmatarie, in modo da raggiungere una piattaforma condivisa dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali che rispecchierebbe così la volontà di gran parte dei dipendenti dell'amministrazione giudiziaria.
(2-00696)«Vietti, Rao, Ria».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
secondo informazioni raccolte da organizzazioni non governative internazionali, dall'International Campaign for Tibet, dal Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, dal Governo e dal Parlamento tibetano in esilio e da organi di informazione, valga per tutti il quotidiano «La Repubblica» di mercoledì 28 aprile 2010, che documenta, con un particolareggiato reportage, la situazione reale, il terremoto che il 14 aprile 2010 ha sconvolto la contea di Yushu, nella regione tibetana del Qinghai, avrebbe causato diverse decine di migliaia di morti contro le duemila dichiarate finora dalle autorità cinesi;
secondo alcune organizzazioni non governative umanitarie e secondo quanto riportato dallo stesso reportage «Cina, dentro il terremoto nascosto», a firma Giampaolo Visetti, del quotidiano «La Repubblica», nella strada statale che collega

per 820 chilometri la contea dello Yushu con il capoluogo, ci sarebbero diversi posti di blocco per impedire a centinaia di monaci tibetani di partecipare ai soccorsi, vietando anche l'accesso ai giornalisti internazionali per verificare la reale situazione della regione; in base a tali riscontri decine di villaggi e di quartieri cittadini, dopo due settimane, non sono ancora stati raggiunti dai soccorritori;
il presidente della conferenza consultiva del popolo, Jia Qinglin, ha dichiarato che «forze ostili d'oltremare tentano di sabotare gli sforzi di soccorso». Lo scrittore Tra Gyal, intellettuale di riferimento tra i tibetani del Qinghai, è stato arrestato a Xining dopo aver scritto una lettera aperta in cui denunciava le falsificazioni sulla reale portata della catastrofe umanitaria da parte delle autorità;
secondo il Governo di Pechino il terremoto avrebbe causato 2223 morti, 90 scomparsi, 12 mila feriti e circa 100 mila senzatetto. Tuttavia il conteggio dei monaci e di fonti tibetane, confermato dalle organizzazioni non governative internazionali presenti sul posto, alza il numero dei morti identificati a oltre seimila. Fonti legate ai sopravvissuti della regione, affermano che la cifra reale oscilla tra i 15 i 20 mila morti;
dopo giorni di funerali e di silenzio sulla reale situazione, centinaia di monaci hanno protestato contro i dati ufficiali;
la gravità della situazione e confermata da altre informazioni:
a) Gyegu, la città santa dei tibetani, è rasa al suolo;
b) dei 238 monasteri buddisti della regione, incuneata tra il Sichuan e l'attuale Tibet, 87 sono crollati e il 60 per cento degli altri è pericolante;
c) il Sengze Gyanak Mani, la montagna di pietre sacre buddiste più grande del mondo, è distrutta. Oltre due miliardi di sassi incisi con i mantra, sono franati travolgendo gli otto stupa e le ruote di preghiera alte dieci metri;
d) migliaia di statue antiche delle divinità tibetane, di preziosi testi sutra e di thangka, dipinti e ricamati su seta, sono andati perduti;
e) profonde crepe lacerano il mitico tempio della principessa Wencheng, protetto da una grotta, e la moschea di Jyekundo, il nome tibetano di Gyegu;
tra i 23 mila monaci dell'ordine gelugpa, presenti nella regione, il Governo locale avrebbe indicato 84 vittime. Fonti legate ai lama tibetani sostengono di aver perduto oltre mille confratelli;
tra capoluogo e provincia risultano crollate il 70 per cento delle 192 scuole, mentre le altre sono impraticabili. Secondo le cifre ufficiali, gli studenti morti nella regione sarebbero 207. Monaci e attivisti per i diritti umani, invece, sono in possesso di elenchi che certificano 769 studenti morti, solo nei 67 istituti e collegi di Gyegu. Centinaia di studenti risultano dispersi;
la scossa più violenta del terremoto del 14 aprile 2010, alle 7.49 del mattino, ha sorpreso molti studenti che erano in classe a pulire, o nelle camerate a preparare gli esami. Solo nella scuola primaria numero 3, secondo i dati ufficiali, ci sono state 40 vittime;
secondo quanto riferisce il giornalista di Repubblica, il preside di una delle scuole crollate, Nyima Gyaltsen, sostiene che dei circa 3100 ragazzi che frequentavano i 18 edifici scolastici crollati nell'area i superstiti accertati sarebbero solo 63. Stragi analoghe, smentite dalle autorità, si sarebbero verificate in tutte le altre scuole, nell'istituto professionale femminile, nell'orfanotrofio sbriciolato dove vivevano mille bambini, negli ospedali crollati -:
se il Governo sia a conoscenza delle informazioni raccolte dalle organizzazioni non governative internazionali riguardo alla reale situazione venutasi a creare in Tibet a seguito del grave terremoto, e se le ritenga attendibili;

quali interventi umanitari di aiuto siano stati messi dal Governo italiano a disposizione delle autorità cinesi e se tali aiuti siano stati accettati;
se il Governo non ritenga urgente intervenire, anche promuovendo l'invio di osservatori internazionali, in accordo con l'Unione europea e l'Onu, per verificare la reale situazione determinatasi in Tibet;
se il Governo non ritenga urgente intervenire in tutti gli ambiti internazionali, nonché a livello bilaterale con il Governo cinese, riguardo alla necessità di far giungere nel più breve tempo possibile aiuti e sostegno alla popolazione dell'area tibetana colpita dal terremoto;
se il Governo, considerato che impedire alla stampa internazionale di giungere nei luoghi colpiti dal terremoto viola, ad avviso degli interpellanti, le più elementari regole relative alla libertà di informazione, non ritenga opportuno chiedere alle autorità cinesi di rendere libero l'accesso in tali aree.
(2-00697)
«Mecacci, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Zamparutti, Maran, Evangelisti, Corsini, Delfino, Narducci, Motta, Migliori, Pezzotta, Vernetti, Tempestini, Laratta, Giachetti, Farinone, Ciccioli, Miglioli, Zacchera, D'Antona, Colombo, Berretta, Leoluca Orlando, Calgaro, Arturo Mario Luigi Parisi, Concia, Santagata, Melis, Marrocu, Cavallaro, Touadi, Pisicchio, Baccini, Bucchino, Fedi, Mancuso, Lenzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:

COMAROLI e CROSIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la circolazione delle opere dell'ingegno nelle reti telematiche costituisce ormai un dato acquisito da tempo e produce una serie di questioni alle quali diventa sempre più urgente offrire una soluzione;
i fenomeni dello scaricamento di opere dell'ingegno e del file-sharing, come anche del peer to peer, cioè lo scambio di opere musicali, cinematografiche e altre nella rete, costituiscono oramai attività ordinarie per tutti coloro che utilizzano gli strumenti informatici;
a fronte delle esigenze di diffusione e di fruizione dell'elemento culturale, alle quali la rete internet ha fornito una indiscutibile accelerazione, si pongono le esigenze dei titolari dei diritti sui prodotti frutto della creatività intellettuale, di autori, editori, produttori fonografici, cinematografici, videografici, artisti;
sono note le conseguenze in ordine alla perdita di posti di lavoro e ai danni economici che generalmente derivano dalla mancata retribuzione dei titolari dei diritti d'autore;
alcuni Paesi europei, quali Francia, Spagna e Gran Bretagna, stanno procedendo progressivamente all'elaborazione di discipline giuridiche volte ad un controllo dell'utente della rete, orientandosi, quindi, verso un sistema di protezione efficace soprattutto sul piano sanzionatario, attraverso la progressiva individuazione e l'ammonimento degli utilizzatori illegali di opere dell'ingegno, fino alla definitiva conseguenza del distacco del collegamento alla rete;
risulta che da molti anni la Siae, ente che tutela a livello nazionale ed internazionale gli autori ed editori associati, pratichi delle licenze per l'utilizzo delle opere in rete che consentono la fruizione legale dei repertori da essa amministrati;
ad avviso degli interroganti potrebbe esistere la possibilità di concepire un sistema di più ampio raggio e di maggiore diffusione nelle strutture tecniche della rete per una equa remunerazione dei

titolari dei diritti sulle opere dell'ingegno ed al contempo di legalizzazione dell'utilizzazione delle stesse -:
quali soluzioni tecniche e giuridiche il Governo intenda adottare per risolvere le problematiche sopra enunciate al fine di venire incontro alle esigenze del popolo della rete, tutelando il rispetto dei diritti morali e patrimoniali degli autori, degli editori e dei produttori.
(5-02845)

Interrogazioni a risposta scritta:

SARUBBI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 27 maggio 2010, durante una conferenza stampa rilasciata anche alle testate estere per fare il punto della situazione sui vulcani italiani e sul lavoro della Protezione civile nazionale per le attività di pianificazione e monitoraggio del rischio, il Sottosegretario Bertolaso dichiarò che il vulcano di Ischia «ha un colpo in canna peggiore del Vesuvio e bisogna rivedere i piani di evacuazione» spiegando poi nel dettaglio che «l'ultima eruzione di Ischia risale al 1300 ma il monte Epomeo è cresciuto in altezza di 300 metri (...). Si sta caricando la camera magmatica che potrebbe provocare un'eruzione»;
nei giorni seguenti (Ansa del 28 aprile 2010) il professor Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ha dichiarato che Ischia è controllata costantemente con una rete di sensori sismici, di strumenti che misurano le deformazioni, le emanazioni gassose e che controllano le acque termali in prossimità del vulcano. Quanto al monte Epomeo, nelle cui profondità si troverebbe - secondo Bertolaso - una camera magmatica, a giudizio del professor Boschi «non può essere considerato un vulcano: è un deposito tufaceo che si è formato in seguito alle eruzioni»;
analoga l'opinione di un altro esperto, la professoressa Lucia Civetta, vulcanologa dell'Università di Napoli Federico II, secondo la quale «Ischia è un'isola formata da tanti vulcani e l'ultima eruzione, molto modesta, risale al 1302 e provocò una colata di lava relativamente piccola (...). Negli ultimi decenni il complesso vulcanico non ha dato segni di ripresa e di conseguenza non si può ipotizzare un pericolo immediato (Ansa del 28 aprile 2010)»;
secondo i sindaci dei comuni che insistono sull'isola le dichiarazioni del Sottosegretario hanno immediatamente prodotto danni ingenti al turismo ischitano senza che sia stato peraltro predisposto nessun intervento di allerta coerente con le parole rilasciate. Al momento - inoltre - non risultano essere pervenute precisazioni o smentite da parte della Protezione civile -:
secondo quali dati scientifici il Sottosegretario Bertolaso sia giunto alle conclusioni comunicate alla stampa e che sarebbero state poi smentite dai maggiori esperti di vulcanologia;
se non si ritenga urgente ed opportuno far pervenire, da parte del responsabile della Protezione civile, le dovute precisazioni e smentite in un contesto mediatico altrettanto rilevante, al fine di limitare i danni al turismo dell'isola di Ischia ed attutire l'allarme procurato ai suoi abitanti e frequentatori.
(4-07034)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella puntata del 2 maggio 2010 della trasmissione di Milena Gabanelli «Report» in onda su Rai Tre è stato affermato che sarebbe in corso un'ispezione da parte della Consob presso alcune società di gestione del risparmio che fanno operazioni sul titolo Rcs in relazione a movimenti

anomali sul titolo Rcs nel periodo agosto-ottobre 2009, periodo nel quale la quotazione è raddoppiata -:
se risponda al vero che la Consob ha un'ispezione in corso relativa ai fatti narrati;
se sugli stessi fatti risulti sia stata aperta un'inchiesta giudiziaria.
(4-07043)

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da alcuni mesi nella borgata di Sfaranda, popolosa frazione di circa 1.000 abitanti del comune di Castell'Umberto (Messina), si verificano fenomeni di dissesto idrogeologico con movimenti franosi che coinvolgono le abitazioni di circa 100 nuclei familiari;
allo stato, oltre il plesso delle scuole elementari, la chiesa parrocchiale e l'ufficio satellite-biblioteca comunale, una ventina di nuclei familiari sono stati già sgomberati e a breve si prevede lo sgombero di altre decine di famiglie nonché dell'edificio che ospita il locale ufficio postale;
la Borgata di Sfaranda rappresenta un insediamento rurale storicamente radicato sul territorio, con una forte identità e un patrimonio storico, umano e culturale determinato a trarre dalla "disgrazia" degli eventi che la coinvolgono un'opportunità per risorgere senza disperdere le proprie radici e ciò in sintonia con le indicazioni della Comunità europea volte alla valorizzazione ed al recupero dei territori rurali;
in tale ottica, a salvaguardia del suo territorio, si è costituito un comitato spontaneo di cittadini ivi residenti che si pone come precipuo obiettivo quello di evitarne lo spopolamento e che ha già raccolto l'adesione di oltre 600 persone;
nell'anno 2007 era stato effettuato un primo intervento di consolidamento di parte della zona a rischio con la realizzazione di opere di contenimento e, successivamente, a novembre del 2008, era stato annunciato dall'amministrazione comunale la concessione di un ulteriore finanziamento di 1.760.000 euro che doveva servire al suo completamento;
di tale finanziamento però non si sono avute più notizie ed il mancato completamento del consolidamento ha certamente contribuito al verificarsi degli attuali movimenti franosi ai quali, qualora portato a termine, si sarebbe potuto porre un argine preventivo;
il legame degli «Sfarandini» con il loro territorio è talmente radicato e forte che la quasi totalità delle abitazioni coinvolte dai movimenti franosi sono state realizzate con i risparmi di decenni di loro lavoro all'estero di emigrati che hanno comunque deciso di ritornare a Sfaranda;
dalle prime analisi effettuate dagli enti competenti e da quanto rilevato dal professor Franco Ortolani, ordinario di Geologia e direttore del dipartimento di pianificazione scienza del territorio dell'università di Napoli «Federico II», emerge in maniera inequivocabile come la principale tra le cause del movimento franoso sia da imputare alla mancata regimentazione e conseguente dispersione delle acque meteoriche, sorgentizie, torrentizie e di quelle della rete idrica e fognaria comunale;
da qualche settimana la protezione civile presiede costantemente il territorio con un accurata opera di monitoraggio del movimento franoso;
a tutt'oggi però, alla popolazione, notevolmente preoccupata dagli eventi, tranne le predette certezze in ordine alla mancata raccolta e regimentazione delle acque, non sono state fornite esaurienti notizie circa le cause e lo stato del dissesto né sugli interventi che con immediatezza devono essere realizzati per la messa in sicurezza della popolazione, del territorio e delle abitazioni;

detta scarsa informazione, unitamente alla sottovalutazione e al silenzio che hanno caratterizzato i primi mesi in cui si sono verificati i movimenti franosi, alla lentezza degli interventi e alla precarietà e pericolosità delle abitazioni coinvolte, provocano nella popolazione interessata uno stato d'animo di forte preoccupazione e tensione;
si reputa indispensabile mettere in sicurezza con estrema urgenza il patrimonio edilizio salvabile nell'ottica di un progetto di recupero e rinascita di un borgo rurale che è deciso e determinato a volere rimanere in vita;
un primo intervento, urgentissimo, non dispendioso e di facile realizzazione, che porterebbe serenità nella popolazione e contribuirebbe a rallentare, se non a stabilizzare, il movimento franoso, riguarda la raccolta e la regimentazione delle acque-:
se il Governo sia al corrente di quanto esposto in premessa e se, ad ogni modo, non ritenga di dover intervenire con estrema urgenza, nell'ambito delle sue prerogative, competenze e doveri istituzionali per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio recuperabile ed evitare ulteriori tragici accadimenti;
quale sia l'intendimento del Governo in ordine alla salvaguardia dell'insediamento rurale e del territorio della borgata di Sfaranda, alla sua messa in sicurezza ed al suo recupero e rinascita.
(4-07051)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi gli organi di informazione toscani hanno nuovamente dato notizia, e mostrato immagini, circa la probabile presenza di materiale scaricato illegalmente nei fondati al largo dell'isola d'Elba;
tale ipotesi sempre essere riconducibile alla segnalazione di movimenti compiuti da una nave partita da La Valletta e che, nel mese di luglio 2009, sarebbe stata sorpresa nell'atto di scaricare materiale in mare al largo dell'isola d'Elba;
sull'accaduto, in seguito a testimonianze documentate (la nave tedesca «Thales» ha avvistato e rendicontato con fotografie l'episodio in oggetto) e denunce da parte di associazioni ambientaliste sono state poi intraprese indagini più approfondite;
le istituzioni del territorio si sono interessate e mobilitate per quanto di loro competenza, effettuando approfondimenti, anche alla luce delle vicende che stanno riguardando il nostro Paese circa il possibile ed «illegale smaltimento in mare di rifiuti tossici e nocivi»;
in questo contesto, anche in seguito alle dichiarazioni di un pentito della Ndrangheta, Francesco Fonti, circa l'affondamento di una nave carica di rifiuti tossici nel mare antistante alla costa livornese, il Presidente della regione Toscana pro tempore, Claudio Martini aveva inviato il 24 settembre 2009 una lettera (tra gli altri) al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Capo della Protezione civile, al Ministro delle infrastrutture, per chiedere al Governo «un impegno in tempi rapidi affinché potesse essere verificata la veridicità della notizia ed effettuata una mappatura dei fondali della costa livornese per individuare relitti o depositi che potessero essere ricondotti alle dichiarazioni di Fonti»;
successivamente il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel mese di ottobre 2009, rispondeva

ufficialmente alla regione Toscana che il 12 ottobre era stata costituita una task force con il compito di adottare tutte le misure essenziali per la messa in sicurezza e conseguente bonifica delle aree interessate;
Roberto Menia, Sottosegretario per l'Ambiente, nel corso della seduta alla Camera dei Deputati, in data 11 novembre 2009 e relativa alla discussione di alcune mozioni sullo smaltimento illegale dei rifiuti, ricordava «al largo delle coste di Livorno la nave scuola Scialoja, dotata fra l'altro di apparecchiature per il tracciamento dei fondali, sta verificando quale sia la natura di una massa ferrosa che è presente in profondità; quindi, vi è in questo momento - ha continuato Roberto Menia - uno stretto raccordo fra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le diverse procure e la Direzione nazionale antimafia che svolgono un'opera, lo ripeto, coordinata di indagine al largo delle nostre coste che si riferisce proprio alla vicenda delle cosiddette navi dei veleni»;
lo stesso Parco nazionale dell'Arcipelago toscano (Pnat), attraverso la disponibilità gratuita dei mezzi navali del Nurc (Nato undersea research center), accertato nel mese di novembre 2009 la presenza nei fondali indicati dal «Thales» di un manufatto, secondo la relazione del Pnat, di «fattezze e dimensioni altamente compatibili con un container a circa 120 metri di profondità»;
la Guardia costiera ha iniziato ad indagare sull'episodio del container nei fondali dell'isola d'Elba e nel novembre 2009 anche il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare Stefania Prestigiacomo precisava (secondo fonti di informazione) che erano in corso ricerche con la nave «Scialoja, attrezzata appositamente dal Ministero». «Tali ricerche» però, secondo quanto riportato successivamente da un'agenzia stampa del 5 gennaio 2010, e relative all'attività della nave Sciaioja, «non hanno evidenziato nessuna traccia di container»;
va inoltre segnalato che nei mesi precedenti (novembre 2009) l'Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana), su indicazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (sezione capitaneria di porto di Livorno), ha effettuato analisi su campioni di sedimento e di acqua prelevati «nell'ipotetico punto di getto a mare» del container, non rilevando complessivamente dati allarmanti;
sul container potenzialmente affondato dalla nave maltese la procura della Repubblica di Livorno (procuratore capo Francesco De Leo) ha aperto un fascicolo e nel mese di aprile 2010 ha comunicato, a mezzo stampa, la presenza (documentata anche da un apposito video) di un container nelle acque dell'Isola d'Elba. Notizia confermata dallo stesso procuratore Francesco De Leo, nel corso di una audizione promossa dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo del rifiuti il 21 aprile 2010: il Procuratore ha inoltre escluso che le rivelazioni del pentito Francesco Fonti sul presunto affondamento delle navi del veleni al largo della costa tirrenica possano essere collegate al contenitore individuato al largo dell'Elba ed ha sottolineato la necessità di reperire risorse aggiuntive por recuperare il container -:
quali iniziative concrete abbia condotto, fino ad oggi, il Governo per verificare la presenza dei container presente a largo dell'isola d'Elba;
quali conclusioni abbia prodotto la task force annunciata nella risposta alla richiesta del presidente della Regione Toscana;
quali azioni urgenti intenda mettere in atto per conoscere il contenuto del container attraverso il suo immediato recupero, onde escludere definitivamente qualsiasi rischio per la salute dei cittadini e dell'ambiente;
se e in quale modo intenda assicurare alle autorità competenti le risorse

necessarie per recuperare il suddetto container così come avvenuto in altre situazioni sospette.
(2-00698)
«Cenni, Bratti, Mariani, Velo, Ceccuzzi, Bucchino, Realacci, Servodio, Froner, Graziano, Rugghia, Gatti, Farinone, Mattesini, Marco Carra, Colaninno, Concia, Ventura, Marchi, Motta, Ginoble, Fontanelli, Murer, Corsini, Laganà Fortugno, Pollastrini, Naccarato, Boffa, Ciriello, Sani, Fluvi, Damiano».

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRATTI e MARIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la discarica esaurita Molino Boschetti in località S. Agostino, provincia di Ferrara, risulta essere esaurita;
da varie dichiarazioni di stampa risulta non siano state accantonate le quote per il post mortem della discarica stessa da parte dei gestori;
sono state individuate dagli organi competenti contaminazioni dovuti al percolato della discarica che si è diffuso nel territorio circostante;
le infiltrazioni di percolato avrebbero provocato lo smottamento di una parte verticale di una nuova discarica costruita nelle vicinanze;
l'Arpa sezione di Ferrara effettuando i controlli di acque sotterranee, effettuati in prossimità della discarica ha individuato dei superamenti, in corrispondenza di 6 pozzi, da: alluminio, boro, ferro, manganese, nichel, piombo, solfati (prelievi effettuati in data 27 marzo 2002, 28 marzo 2002, 4 dicembre 2002);
nonostante vari progetti presentati alla provincia allo stato attuale non risulta effettuata alcuna operazione di bonifica;
il 13 maggio 2009 viene presentato un esposto agli enti interessati (provincia, comuni, ATO, ARPA e CMV) dalla consulta civica di Casumaro e Buonacompra sulle problematiche relative alla discarica Molino Boschetti;
il 18 gennaio 2010 viene presentato un esposto in procura da parte del Comitato salute ed ambiente AGD di Casumaro (FE) segnalante la grave situazione igienico sanitaria e l'inquinamento ambientale della discarica di Molino Boschetti;
appaiono numerose le incertezze e le contraddizioni dell'iter autorizzativo e da una forte contaminazione diffusa nel territorio circostante la discarica -:
se non vi siano le condizioni per applicare, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, gli articoli 299 e successivi del testo unico ambientale n. 152 del 2006 riguardanti il danno ambientale.
(5-02846)

Interrogazione a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'introduzione di misure atte a prevenire e combattere l'inquinamento ambientale causato dallo smaltimento abusivo di rifiuti industriali e l'abbandono in natura di materiali pericolosi per la salute dell'uomo e la salubrità dell'ambiente dev'essere una priorità per ogni Governo che si proponga di conseguire il risultato di uno sviluppo sostenibile del Paese nel medio-lungo periodo;
a tal fine il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha, con proprio decreto del 17 dicembre 2009, esplicitato le misure introdotte con il cosiddetto SisTRi (Sistema di tracciabilità dei rifiuti), perfezionando la precedente legge n. 102 del 2009;
tali nuove misure, secondo quanto denunciato dalla presidenza della Confederazione italiana degli agricoltori del

Friuli Venezia Giulia, rischiano di danneggiare i piccoli imprenditori, che sono tradizionalmente uno degli assi portanti dell'economia italiana, e che in questo periodo sono costretti ad una generale situazione di grave difficoltà causata dalla crisi economica, che patiscono più di altri;
la gravosità delle misure previste dal citato decreto ministeriale - quali la necessità di dotarsi di dispositivi Usb per l'archiviazione dei dati sulla movimentazione dei rifiuti e l'obbligatorietà dell'iscrizione al SisTRi (120 euro, oltre ai diritti camerali) - potrebbe indurre, ad avviso dell'interrogante, una certa quota di imprenditori ad aggirarle, suggerendo soluzioni illegali di maggior nocumento all'ambiente di quanto avviene al momento;
la Confederazione italiana agricoltori del Friuli Venezia Giulia suggerisce misure meno onerose, ma a suo parere non meno efficaci, quali l'introduzione della possibilità di conferire i rifiuti direttamente presso i rivenditori o di poterli stoccare presso appositi centri di raccolta, misure che avrebbero anche il vantaggio di ridurre in maniera significativa i costi amministrativi -:
se il Ministro interrogato ritenga fondate le obiezioni della Confederazione italiana agricoltori del Friuli Venezia Giulia sulla disparità di trattamento tra grandi e piccoli imprenditori circa la tracciabilità dei rifiuti e percorribili le soluzioni da essa suggerite.
(4-07046)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, il 14 dicembre 2009 ha scritto una lettera aperta al Ministro per i beni e le attività culturali ponendo la questione della pubblicazione dei decreti ministeriali n. 53 del 30 marzo 2009 e n. 86 del 26 maggio 2009 e del bando di concorso per il conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore di beni culturali e di collaboratore restauratore di beni culturali, che rischiano di escludere dall'accesso alla professione migliaia di operatori del settore, talora con molti anni di esperienza e altamente professionalizzati;
i decreti succitati non garantiscono il riconoscimento dei corsi da restauratore finanziati dalle regioni e mettono così in discussione la competenza esclusiva delle regioni in materia di formazione professionale;
qualora i percorsi formativi non dovessero essere riconosciuti conformi ai nuovi standard fissati, sarebbe in capo agli interessati - al fine di poter partecipare all'esame per la qualifica alle figure professionali di cui sopra - l'onere di dover dimostrare d'aver svolto, al 16 gennaio 2001, almeno quattro anni di «attività di restauro di beni culturali»;
la documentazione richiesta risulta tuttavia di assai difficile reperimento, secondo quanto dichiarato dalla determinazione n. 6 del 3 aprile 2002 dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la quale attesta, per il periodo anteriore all'anno 2000, «diffusa negligenza delle stazioni appaltanti [...] nella redazione dei certificati di esecuzione dei lavori» -:
se ritenga opportuno riaprire i termini del bando riconoscendo agli interessati anche la possibilità di certificare la professionalità acquisita attraverso l'esperienza di lavoro svolto nei cantieri di restauro con oggi mezzo documentale legislativamente e contrattualmente valido, consentendo loro di autodichiarare tali attività ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000;
se il Ministro intenda considerare di riconoscere le qualifiche di restauratore e di collaboratore restauratore a quanti abbiano

frequentato corsi di formazione in materia di restauro autorizzati o promossi dalle regioni o, almeno, di eliminare qualunque vincolo di durata riferita a tali corsi;
se consideri opportuno aprire in tempi brevi un tavolo di consultazione tra il Ministero per i beni e le attività culturali e le regioni e le province autonome per avviare un confronto sui temi qui esposti e più in generale sugli interventi di conservazione del patrimonio artistico-culturale italiano.
(4-07048)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 10 giugno 2010, a Napoli, si svolgeranno le celebrazioni per la Festa della Marina, con l'intervento di numerose autorità civili e militari;
per l'occasione la Forza armata impegnerà un ingente numero di unità navali, di personale, di mezzi di supporto e logistici;
recentemente la stampa nazionale si è occupata della Marina militare con puntuali riferimenti alla mancata corresponsione al personale del compenso forfetario di impiego (C.F.I.) -:
quante unità navali e quanti militari saranno impegnati per le celebrazioni di cui in premessa, per quanto tempo e quale sia la previsione di spesa;
se il Ministro interrogato non ritenga più opportuno destinare le risorse economiche stanziate per detti festeggiamenti per il pagamento del C.F.I. spettante al personale della Marina militare.
(4-07041)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 28 marzo 2010 presso gli enti e i reparti dell'Aeronautica militare si sono svolte le celebrazioni per l'87o anniversario della costituzione della Forza armata;
per l'occasione sono stati impiegati un ingente numero di mezzi aerei, di supporto e logistici, oltre a un rilevante numero di militari e civili dell'Amministrazione della Difesa -:
quanti mezzi aerei e/o di supporto e quanti dipendenti militari e civili siano stati impiegati nelle attività per le celebrazioni di cui in premessa, per quanto tempo e quale sia la spesa complessivamente sostenuta.
(4-07042)

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
nell'interpellanza n. 2-00455, illustrata nella seduta di giovedì 24 settembre 2009, sono state chieste al Governo spiegazioni circa il fatto che, in un momento di grande sofferenza per le casse pubbliche italiane e di assoluta necessità di risorse da destinare a politiche pubbliche in funzione anti-crisi, la società ENI Spa, di cui il Governo è azionista di maggioranza relativa, versa all'erario italiano poco più di 300 milioni di imposte nette annue a fronte di un utile ante-tasse di oltre 7 miliardi di euro, con un'incidenza fiscale inferiore ai 5 per cento;
parallelamente, crescono, invece, le imposte che ENI Spa versa all'estero, erogando dividendi alle società controllate

aventi sede in Stati e territori a regime fiscale privilegiata; in particolare, le principali aziende che hanno provveduto ad erogare dividendi da controllante ENI Spa sono state la ENI International BV, per euro 3 miliardi e 235 milioni, e la ENI Investments plc, per 917 mila euro. La prima società risulta avere sede ad Amsterdam, la seconda a Londra. Tali società controllano, poi, 48 società residenti o con filiali in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, o residenti in Stati o territori elencati nell'articolo 3 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 21 novembre 2001;
ne consegue che ENI, pur realizzando cospicui ricavi sul territorio italiano (a valere sulle bollette di famiglie e imprese italiane), si è strutturata, da un punto di vista fiscale e societario, in modo tale da pagare la maggioranza delle imposte relative ai propri ricavi all'estero, per sfruttare regimi fiscali più favorevoli, con ciò sottraendo di fatto all'erario italiano risorse oggi fondamentali per fronteggiare la difficile congiuntura internazionale, la crisi occupazionale e la connessa e crescente domanda di politiche e tutele sociali;
in risposta a quanto appena rilevato, il sottosegretario Giuseppe Vegas, Vice-ministro dell'economia e delle finanze, ha riferito alla Camera in data 24 settembre 2009 che «Il Ministero dell'economia e delle finanze, azionista della società. ENI Spa, si limita ad esercitare i diritti dell'azionista, non esercitando attività di direzione e coordinamento (d'altronde, questa è la natura dell'azionista)»;
inoltre, l'articolo 6 dello Statuto di Eni Spa attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze una golden share, ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 3, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, come sostituito dall'articolo 4, comma 227, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, in virtù della quale nessun azionista diverso dal Ministero (e dalla cassa depositi e prestiti) «può possedere, a qualsiasi titolo, azioni della Società che comportino una partecipazione superiore al 3 per cento del capitale sociale. Il limite massimo di possesso azionario è calcolato anche tenendo conto delle partecipazioni azionarie complessive facenti capo ai controllante, persona fisica o giuridica o società; a tutte le controllate dirette o indirette nonché alle controllate da uno stesso soggetto controllante; ai soggetti collegati nonché alle persone fisiche legate da rapporti di parentela o di affinità fino al secondo grado o di coniugio, sempre che si tratti di coniuge non legalmente separato», con ciò garantendo che il controllo della società resti nelle mani dell'azionista di maggioranza relativa, che è proprio il Ministero dell'economia e delle finanze; per la stessa finalità, l'articolo 6.2, lettera b), dello Statuto attribuisce al Ministero uno specifico potere speciale, consistente nel diritto di «opporsi alla conclusione di patti parasociali o accordi di cui all'articolo 122 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nel caso in cui - come statuito dai decreto del Ministro del tesoro in data 16 ottobre 1995 - vi sia rappresentato almeno il 3 per cento del capitale sociale costituito da azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria»;
l'articolo 17 dello statuto di Eni Spa - attribuendo la gestione della società ad un consiglio di amministrazione «composto da un numero di membri non inferiore a tre e non superiore a nove», cui l'articolo 23 conferisce «i più ampi poteri per l'amministrazione ordinaria e straordinaria della Società» - prevede che alla elezione degli Amministratori si proceda traendo dalla lista che ottiene la maggioranza dei voti espressi dagli azionisti «i sette decimi degli Amministratori da eleggere», mentre i restanti amministratori vengono scelti dalle altre liste. Coerentemente con ciò, su un totale di nove amministratori - cui lo stesso Statuto conferisce dunque «i più ampi poteri per l'amministrazione ordinaria e straordinaria della Società» - ben sei provengono dalle liste presentate dal Ministero dell'economia e delle finanze, includendo tra

questi presidente ed amministratore delegato della società;
il Ministro dell'economia e delle finanze si è visto recentemente costretto, per recuperare risorse in un momento di grave crisi economica, a varare, all'articolo 1 del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito con modificazioni dalla legge n. 141 del 2009, l'ennesima misura di «scudo», volta a indurre il rientro di capitali sottratti al fisco, anche al prezzo di cancellare con quello che agli interpellanti appare un vero e proprio «colpo di spugna» reati come il falso in bilancio - sancendo secondo gli interroganti una sorta di «accettabilità sociale» della frode nei confronti di azionisti e fisco;
contemporaneamente a ciò, lo stesso Ministero assiste secondo gli interpellanti passivamente (attraverso l'inazione dei suoi stessi rappresentanti) alle manovre fiscali, quanto meno piuttosto spregiudicate, di un soggetto industriale la cui quota di controllo risiede in mano pubblica e che realizza introiti estremamente sostanziosi a spese dei consumatori italiani -:
se il Ministro dell'economia e delle finanze non intenda assumere le necessarie iniziative per porre fine a comportamenti da parte degli amministratori dell'Eni che adottano strategie fiscali le quali, di fatto, sottraggono ingenti risorse allo Stato - che, pure, controlla quella stessa società -, e che, al di là della correttezza giuridico-formale, pongono seri interrogativi in merito all'opportunità che la più grande impresa italiana, a controllo pubblico, applichi sistematicamente pratiche elusive al fine di massimizzare i ricavi per gli azionisti;
se non ritenga doveroso proporre all'assemblea dei soci (nella quale detiene la maggioranza di controllo) provvedimenti nei confronti degli amministratori che tali pratiche hanno deliberato.
(2-00700)
«Vico, Barbi, Beltrandi, Burtone, Cesare Marini, Zucchi, Bocci, Bonavitacola, Carella, Coscia, Cuomo, Giachetti, Graziano, Levi, Lolli, Losacco, Calvisi, Dal Moro, Farina Coscioni, Lovelli, Pierdomenico Martino, Miotto, Verini, Luongo, Mogherini Rebesani, Pompili, Portas, Quartiani, Rigoni, Antonino Russo, Sbrollini, Siragusa, Villecco Calipari, Lulli».

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere costituito da Radicali italiani, associazione Detenuto ignoto, associazione A buon diritto, associazione Antigone; Redazione di Radiocarcere e di Ristretti Orizzonti la mattina del 27 aprile 2010 il detenuto Gianluca Protino, 34enne, si è impiccato nel carcere di Teramo;
Gianluca Protino era originario di San Nicandro Garganico (Foggia) ed era detenuto nella sezione di alta sicurezza dell'istituto peligno. Era stato arrestato nel gennaio 2009, poiché trovato in possesso di 100 grammi di cocaina. Inizialmente assegnato al carcere di Lucera (Foggia) era poi stato trasferito all'alta sicurezza di Teramo in seguito al suo coinvolgimento in un'inchiesta sulla criminalità organizzata (l'operazione «Remake») che portò all'arresto del «boss» Gennaro Giovanditto e di altre 14 persone, tutte ritenute responsabili di traffico di stupefacenti;
dall'inizio dell'anno salgono così a 20 i detenuti che si sono impiccati nelle carceri italiane, mentre altri 3 si sono sicuramente suicidati utilizzando il gas del fornello da camping in uso ai detenuti. In

ulteriori 3 casi non è possibile attribuire con certezza la morte ad un'intenzione suicida (probabilmente l'intenzione era di «sballarsi» inalando del gas e la morte è stata accidentale);
nel carcere di Teramo, che ha una capienza di 231 detenuti, oggi ce ne sono circa 400, il 25 per cento dei quali stranieri. Negli ultimi 5 anni vi sono morti 8 detenuti, di cui 5 per suicidio -:
di quali informazioni disponga il Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare un'indagine amministrativa interna volta a verificare eventuali responsabilità amministrative o disciplinari dell'amministrazione penitenziaria in ordine a quanto avvenuto all'interno del carcere di Teramo, ciò anche alla luce, e tenendo conto, della forte carenza di personale che limita inevitabilmente le possibilità di vigilanza sui detenuti;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
se e quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di aumentare gli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi in servizio presso gli istituti di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
se ritenga necessario assumere iniziative normative volte a modificare il regolamento sull'ordinamento penitenziario al fine di assicurare, attraverso una maggiore personalizzazione del trattamento, una «detenzione giusta», rispettosa del diritto alla vita e degli altri diritti fondamentali degli individui, se del caso, istituendo in ogni carcere degli appositi presidi specializzati per prevenire il rischio delle morti violente e le altre emergenze legate ai disagi psicologici dei detenuti, in specie di quelli tossicodipendenti.
(4-07036)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un comunicato del SAPPE, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, il 34enne Giovanni Palombo si è suicidato nel carcere di Sollicciano, a Firenze, la mattina del 25 aprile 2010;
Giovanni Palombo era stato fermato due giorni prima per aver ideato e realizzato insieme ad altre quattro persone un raid punitivo in una sala giochi di Giugliano e in un bowling di Pozzuoli. L'accusa ai suoi danni era di sequestro di persona, tentato omicidio e danneggiamento;
l'uomo aveva già tentato il suicidio qualche ora dopo l'arresto, ma gli agenti lo avevano fermato. Poi quando il suo compagno di cella è uscito per l'ora d'aria, Palumbo è rimasto da solo, riuscendo così a togliersi la vita;
la mattina del suicidio c'era stata l'udienza che aveva convalidato il suo arresto. Con Giovanni Palumbo salgono a 21 i detenuti suicidi in cella dall'inizio dell'anno;
la Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e i disavanzi sanitari regionali, presieduta dall'onorevole Leoluca Orlando, ha già aperto una indagine sulla vicenda -:
di quali informazioni disponga il Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare un'indagine amministrativa interna volta a verificare eventuali responsabilità amministrative o disciplinari dell'amministrazione penitenziaria in ordine a quanto avvenuto all'interno del carcere di Sollicciano, ciò anche alla luce, e tenendo conto, della

forte carenza di personale che limita inevitabilmente le possibilità di vigilanza sui detenuti;
per quali motivi il detenuto, dopo aver tentato il suicidio la prima volta, non sia stato sottoposto ad una continua e serrata vigilanza;
se il detenuto abbia potuto usufruire di un adeguato sostegno psicologico all'atto del suo ingresso in carcere;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
se e quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di aumentare gli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi in servizio presso gli istituti di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010.
(4-07037)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Tempo del 26 aprile 2010 ha pubblicato un articolo intitolato: «Accusa agenti di averlo pestato, ci sarebbero fotografie»;
nell'articolo si dà conto delle violenze alle quali sarebbe stato sottoposto nel carcere di Regina Coeli il 34enne Marin Romica Ceausu, condannato a 23 anni di galera perché ritenuto responsabile dello stupro di gruppo avvenuto nel settembre del 2007 a Tor Vergata;
le violenze sarebbero avvenute sempre di notte, quando cioè nel carcere di Regina Coeli i detenuti si trovano nelle rispettive celle e gli agenti penitenziari avrebbero dunque la possibilità di compiere atti di violenza;
sulla vicenda è stato lo stesso detenuto a presentare una denuncia, peraltro ora l'uomo è stato trasferito nel carcere di Secondigliano;
nella denuncia il romeno scrive quanto segue: «nei primi giorni di detenzione a Regina Coeli, fui oggetto di un terribile e ripetuto massacro da parte di alcuni agenti di custodia. Alla fine di settembre 2007 riportai ferite al volto per le quali fui ricoverato all'ospedale Sandro Pertini. Successivamente ho appreso dalla lettura della cartella clinica che il ricovero era stato necessario a causa di una mia "caduta dalla branda", cosa assolutamente falsa»;
oltre alla denuncia contro alcuni agenti della polizia penitenziaria che lavorano a Regina Coeli, esistono anche due lettere inviate al detenuto nel carcere di Secondigliano, che sarebbero state scritte da un agente che avrebbe anche scattato fotografie durante il presunto pestaggio dei suoi colleghi. Sulla vicenda l'agente ha scritto quanto segue: «Queste foto le ho fatte di nascosto e documentano il terribile massacro che hai subito, mi dispiace, non ce l'ho fatta più a tenere tutto nascosto, scusa se non l'ho fatto prima. Sono veramente schifato dagli abusi compiuti in carcere contro i detenuti, specialmente stranieri»;
le lettere sono state inviate dal difensore del romeno, l'avvocato Francesca Di Nardo, alla sezione consolare dell'ambasciata della Romania il 31 marzo 2010. Il capo di questa sezione, secondo quanto riportato nella denuncia depositata in procura il 21 aprile, ha inoltrato la pratica al Ministero della giustizia e al Ministero dell'interno sia italiano, sia romeno -:
se intenda aprire un'indagine amministrativa interna al fine di verificare se i fatti denunciati dal detenuto Marin Romica Ceausu corrispondano al vero e, nel

caso, quali eventuali sanzioni disciplinari intenda adottare nei confronti dei responsabili del presunto pestaggio.
(4-07038)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
risulta alla prima firmataria del presente atto che il carcere di Pozzale, che dal 4 marzo 2010 sarebbe dovuto essere il primo per transessuali in Italia, sia rimasto chiuso per più di un anno e che per le misure di sicurezza siano stati spesi oltre 100 mila euro; a fronte di ciò sembra che ora il progetto sia stato bloccato e che per questo motivo forse ora l'istituto diventerà un carcere femminile;
il carcere di Empoli passava da carcere a custodia attenuata ad uno per transessuali, ma tutto è stato bloccato dal Ministro della giustizia. Il dato grave è che in un'epoca di sovraffollamento una struttura venga lasciata chiusa per oltre un anno e ancora non si sa quando verrà aperta;
sulla vicenda Vladimir Luxuria ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Mi auguro che venga smentita l'intenzione del Ministero della giustizia di bloccare il progetto sul carcere specifico per detenute transessuali a Pozzale, vicino Empoli. Sarebbe un atto di crudeltà verso una condizione di estrema sofferenza in cui versano le detenute transgender in Italia. Invito il Ministro a motivare questo rifiuto e a fare una visita nelle sezioni delle carceri per trans. Discriminazione sull'ora d'aria, sospensione del trattamento ormonale, episodi di autolesionismo fino al tentativo di suicidio, sono solo alcuni dei problemi che si registrano in queste sezioni, dove si registrano poca accessibilità ad attività ricreative e rieducative. Il carcere di Pozzale avrebbe consentito uno sconto di pena per il reato commesso senza dover scontare la propria condizione sessuale con un'adeguata preparazione da parte degli agenti penitenziari. Faccio appello alla sensibilità del Ministro per le pari opportunità per far riflettere maggiormente su quando la politica manca di pietas» -:
per quali motivi sia stato bloccato il progetto volto a trasformare il carcere di Pozzale da istituto a custodia attenuata ad uno per transessuali;
per quali motivi la predetta struttura sia stata lasciata chiusa per oltre un anno e quando intenda riaprirla;
quali provvedimenti intendano adottare, sollecitare e/o promuovere, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di assicurare che le detenute transessuali possano scontare la propria pena senza subire alcun tipo di discriminazione circa il trattamento penitenziario al quale sono sottoposte.
(4-07039)

SCILIPOTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è pendente innanzi il tribunale di Bassano del Grappa il procedimento penale nel quale c'è stata la richiesta di rinvio a giudizio di diversi imputati nei confronti dei quali sono stati ipotizzati i «reati p.e.p. dagli articoli 589, commi 1, 2 e 4, 590, commi 1 e 3 e 583 comma 2 n. 1 del c.p. perché per colpa, consistita in negligenza e nella inosservanza dell'articolo 20 decreto del Presidente della Repubblica 303/56 e dell'articolo 2087 c.c., cagionavano la morte di più persone (... segue l'indicazione dei nominativi di 7 lavoratori deceduti) e una lesione personale ad altra persona (...): in particolare lo ... (in qualità di Presidente ed Amministratore Delegato della «Tricom S.p.a.»; datore di lavoro), lo ... (in qualità prima di Amministratore Delegato della Tricom S.p.a. e poi di Amministratore Unico della Industria Galvanica P.M. s.r.l.; datore di lavoro) e il ... (in qualità di responsabile del reparto cromatura della Tricom S.p.a.; dirigente) nello svolgimento dell'attività di cromatura presso lo stabilimento sito in

Via Trecase di Tezze sul Brenta (in cui si succedevano le predette Tricom S.p.a. - dai primi anni 70 al 1995 circa - e Industria Galvanica P.M: s.r.l. - dal 1995 circa al 2003 circa), non adottavano provvedimenti atti ad impedire o a ridurre lo sviluppo e la diffusione di vapori tossici (cromo esavalente aerodisperso) e comunque non adottavano le misure necessarie, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori; in conseguenza di tali condotte colpose i lavoratori addetti all'attività di cromatura venivano esposti all'azione del cromo esavalente e tale esposizione provocava la morte per tumore polmonare del ... (deceduto il ... a Bassano del Grappa), del ... (deceduto il ... a Cittadella), del ... (deceduto il ... a Cittadella) e del ... (deceduto il ... a Bassano del Grappa) nonché una lesione personale al ... («neoplasia polmonare» e «broncopneumopatia cronica ostruttiva con modesto deficit respiratorio» manifestatesi nel 2003); reati aggravati perché commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; reato inoltre aggravato (quanto alle lesioni personali colpose commesse in danno del ...) perché dal fatto derivava una malattia certamente o probabilmente insanabile; condotte avvenute in Tezze sul brenta (località Stroppari) dai primi anni 70 al 2003 circa, morti e lesione personale avvenute in date e luoghi prima indicati; con persone offese indicate in: 1) prossimi congiunti di ...; 2) prossimi congiunti di ...; 3) prossimi congiunti di ...; 4) prossimi congiunti di ...; 5) prossimi congiunti di ...; 6) prossimi congiunti di ...; 7)...;
lo stesso capo d'imputazione fa riferimento al cromo esavalente, potente cancerogeno, ma anche di altri presenti nel ciclo produttivo, in particolare il nichel, il piombo, ed altre sostanze tossico-nocive, patogene e lesive della salute umana;
nei confronti degli imputati non è stata assunta alcuna misura cautelare personale e reale;
inoltre, nel caso citato, ci sono state ben due richieste di archiviazione del Pubblico Ministero, entrambe non accolte dal GIP, che in ultimo ha ordinato al Pubblico Ministero di procedere con la formulazione del capo d'imputazione;
con atto del 29 dicembre 2009 c'è stata la richiesta di rinvio a giudizio, con prossima udienza al 20 aprile 2010 innanzi il GIP del Tribunale di Bassano del Grappa;
questo triste elenco si accompagna all'inquinamento del territorio ed alla lesione dell'ambiente, foriera di grave rischio per l'incolumità pubblica;
fatti che hanno trovato puntuale riscontro nella Sentenza del Tribunale di Padova, Sezione di Cittadella n. 140 del 2006, che si richiama, e che ha portato alla condanna di uno degli imputati perché «colpevole del delitto di avvelenamento colposo, p. e p. dagli artt. 439 e 452, I comma n. 3 c.p., commesso fino al 24 dicembre 2003, e lo condanna alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali»;
è assai grave il fatto che il Pubblico Ministero presso la procura della Repubblica di Bassano del Grappa prima della richiesta di rinvio a giudizio abbia presentato per una seconda volta richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari, per la stessa persona, per lo stesso delitto e per i medesimi fatti oggetto delle denunce, una volta che il giudice per le indagini preliminari, analizzato l'insieme dei fatti accaduti, degli elementi di prova e delle valutazioni extraperitali, abbia rigettato la sua precedente richiesta di archiviazione e lo abbia invitato a formulare il capo d'imputazione per l'identico delitto nei termini di legge;
è, infatti, affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste. L'abnormità dell'atto processuale può riguardare tanto il profilo

strutturale, allorché l'atto per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della Legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo (Suprema Corte di Cassazione, sezione II penale, Sentenza n. 27716 del 5 giugno 2003);
il principio di legalità, così come disegnato dalla Corte costituzionale, e che presuppone la repressione delle condotte violatrici della legge penale e necessita, per la sua concretizzazione, della legalità nel procedere; questa, a sua volta, in un sistema fondato sul principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla Legge, è salvaguardata attraverso l'azione penale. Ciò comporta l'obbligatorietà della stessa e il rigetto dell'opposto principio di opportunità che consente alla pubblica accusa di agire o meno anche in base a valutazioni estranee alla fondatezza della «notizia criminis».
conseguentemente l'archiviazione è destinata solo ad evitare un processo superfluo senza eludere il principio di obbligatorietà, controllando l'attività e l'eventuale inazione del pubblico ministero, e, nei casi dubbi, comporta che l'azione penale vada esercitata e non omessa («favor actionis») (Sentenza Corte Costituzionale n. 478 del 30 dicembre 1993);
il diritto alla tutela giurisdizionale, da annoverarsi tra i Diritti inviolabili dell'uomo, viene sancito nel nostro Paese dall'articolo 24, comma 1, della Carta costituzionale, il quale afferma che «Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi»;
dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che il diritto di azione non può essere concepito in modo formalistico e astratto, quale mera possibilità o libertà di agire in giudizio, e privo di un'incidenza diretta e concreta sulla struttura e sullo svolgimento del processo; al contrario esso deve essere improntato al principio di effettività, garantendo la concreta attuazione della situazione soggettiva bisognosa di tutela. L'effettività della tutela giurisdizionale si esprime attraverso il riconoscimento di una pluralità di poteri, iniziative e facoltà che vanno ben oltre la mera proposizione della domanda giudiziale, e che sono indispensabili per ottenere le tutele effettive e concrete dei diritti degli individui, compreso l'innegabile Diritto alla tempestività della tutela richiesta;
non è stato ipotizzato il reato di cui all'articolo 434 del codice penale e/o il reato di cui all'articolo 437 c.p., nonostante sia evidente il pregiudizio all'incolumità pubblica e il concorso con i reati di cui agli artt. 589 e 590 del codice penale, che richiedono nel primo caso il decesso, nel secondo caso lesioni personali, e costituiscono un titolo autonomo di reato; e la punizione di entrambi non integra una lesione al principio del ne bis in idem (Cass. pen. 28 aprile 1981, KNOPFLER, in Cass. pen. 1982, 1549; contra Cass. pen. 30 giugno 1981, TORELLO, in Cass. pen. 1983, 317; Cass. pen. 27 settembre 1984, SLIMBENE, in Giust. pen. 1985, II, 281; Cass. pen. Sez. IV, 1993/195696; in CRESPI, STELLA, ZUCCALÀ, Commentario al Codice penale, cit.; Cass. pen. Sez. I, 1974/128873, in CRESPI, STELLA, ZUCCALÀ, Commentario al Codice penale, cit.; Cass. pen. Sez. IV, 81/149687, in CRESPI, STELLA, ZUCCALÀ, Commentario al Codice penale, cit.; Cass. 9 aprile 1984 CARONE, in Cass. pen. 1985, 1380);
la condotta degli imputati ha determinato l'inquinamento delle falde acquifere e l'avvelenamento delle acque, ed altri gravissimi danni all'ambiente ed al territorio, che si aggiungono a quelli direttamente sofferti dai lavoratori dello stabilimento, molti dei quali malati e deceduti, per patologie tumorali, come confermato dalla Sentenza di condanna passata in giudicato, e contemplato nel capo d'imputazione -:
se siano a conoscenza del fatto che per ben due volte il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Bassano del Grappa ha richiesto l'archiviazione nonostante ci fossero molti operai deceduti, ed ha disposto

la richiesta il rinvio a giudizio soltanto dopo l'ordinanza del GIP, ai sensi dell'articolo 409, comma 5, c.p.p. e se, vista l'abnormità del provvedimento, il Ministro della giustizia intenda acquisire elementi al fine dell'esercizio dei poteri di competenza;
se siano a conoscenza della grave situazione ambientale conseguente alle condotte ricordate in premessa e quali iniziative di competenza intendano assumere per bonificare il territorio (le falde acquifere) e di tutela dell'incolumità pubblica.
(4-07044)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la prima firmataria del presente atto ha visitato il 19 aprile 2010 il carcere di Salerno assieme a Donato Salzano e Manuela Zambrano, ambedue responsabili dell'associazione radicale «Maurizio Provenza»;
la visita, durata circa quattro ore, è stata guidata dal direttore dell'istituto dottor Alfredo Stendardo;
la situazione dell'istituto penitenziario salernitano è notevolmente critica, addirittura peggiore di quella già drammatica riscontrata nel corso del «ferragosto in carcere dello scorso anno» sia per sovraffollamento che per carenza di personale; di seguito, i dati riscontrati al 19 aprile:
i detenuti presenti erano 501 (470 uomini e 31 donne) a fronte di una capienza regolamentare di 250 posti letto;
le celle, di circa 20 metri quadrati, ospitano nella maggior parte dei casi 7 detenuti che, rinchiusi, passano 20 ore al giorno;
fra gli agenti, la carenza di organico, è pari a 40 unità;
gli educatori in servizio sono 5, a fronte di una pianta organica che ne prevede 8;
di fatto non esiste assistenza dal punto di vista psicologico e psichiatrico;
ad avviso degli interroganti l'assistenza sanitaria, in generale, non è garantita in forma accettabile e ciò è dovuto anche alle difficoltà non risolte del passaggio alle ASL della sanità penitenziaria; il dentista, per esempio, non è stato disponibile nei sei mesi precedenti; a detta dei detenuti aspirine e psicofarmaci sono i medicinali più diffusi; numerosi casi psichiatrici non ricevono cure adeguate tanto che, a giudizio degli interroganti, almeno 6/7 persone sono a serio rischio suicidio; anche i tossicodipendenti sono tanti, ben 91 di cui 13 in trattamento metadonico;
per i pasti dei detenuti si spendono 3,70 euro a testa per colazione, pranzo e cena: il pranzo di quel giorno era costituito da 80 grammi di pasta con una decina di ceci, un piccolo hamburger e una patata; pertanto, le calorie giornaliere, sono assolutamente insufficienti per una popolazione penitenziaria che nella media ha circa 30 anni di età; il direttore ha confermato che rigorosamente vengono rispettate le tabelle caloriche previste dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
in molti casi, nel carcere di Fuorni, ci sono ancora i Water a vista, vietati dall'ordinamento penitenziario;
i detenuti stranieri, comunitari ed extracomunitari, rappresentano circa il 18 per cento della popolazione detenuta; la maggior parte sono poverissimi e lontani dalle loro famiglie che si trovano in Italia a centinaia di chilometri di distanza e che, proprio per mancanza di mezzi economici, sono impossibilitati a visitare i loro congiunti detenuti;
nonostante gli sforzi della direzione dell'istituto, i posti di lavoro disponibili per i detenuti sono solo 35 e pressoché tutti per lavori a bassa qualificazione professionale

svolti all'interno del carcere; tali posti vengono coperti a rotazione fra la popolazione detenuta, per cui passano mesi senza che a un detenuto sia data la possibilità di lavorare per di più per un salario mensile che raramente supera i 100 euro;
la direzione è riuscita ad ottenere uno stanziamento dalla regione Campania di 200.000 euro per laboratori di falegnameria, pelletteria, restauro e pasticceria che consentiranno a circa 90 detenuti di poter lavorare, sempre seguendo il criterio della rotazione;
a margine di questa visita ispettiva, gli interroganti hanno conosciuto la sorella, Alfonsina, di un detenuto che si chiamava Marco Toriello, era tossicodipendente e gravemente malato, che si è suicidato proprio nel carcere di Fuorni nel dicembre del 2009, la signora Alfonsina sostiene che il fratello non sia stato minimamente seguito né dal punto di vista medico né da quello psicologico e che non crede che il fratello si sia suicidato -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Fuorni e, in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà garantita loro un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
cosa si intenda fare per assicurare alle persone recluse nel carcere di Fuorni quantomeno un minimo di attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
quali provvedimenti si intendano adottare per garantire la presenza dei bagni all'interno di tutte le celle e per far sì che non vi siano più i cosiddetti «water a vista»;
se non si intendano immediatamente destinare maggiori fondi per i pasti dei detenuti ristretti nel carcere salernitano;
se non si intendano adottare le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
se e quali urgenti iniziative di carattere normativo e/o amministrativo il Governo intenda adottare al fine di creare i cosiddetti istituti di custodia attenuata per i detenuti tossicodipendenti, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
se ritenga necessario assumere iniziative normative volte a modificare il regolamento sull'ordinamento penitenziario al fine di assicurare, attraverso una maggiore personalizzazione del trattamento, una «detenzione giusta», rispettosa del diritto alla vita e degli altri diritti fondamentali degli individui, se del caso, istituendo in ogni carcere degli appositi presidi specializzati per prevenire il rischio delle morti violente e le altre emergenze legate ai disagi psicologici dei detenuti, in specie di quelli tossicodipendenti;
se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione;

quali notizie il Ministro della giustizia sia in grado di fornire in merito alle circostanze della morte del detenuto Marco Toriello.
(4-07052)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comando dei vigili del fuoco di Siena è sito presso la caserma in via Cavour, di proprietà della provincia di Siena, edificio realizzato negli anni '50;
il comando decise di dotarsi di una nuova caserma, ubicata in zona Ruffolo, per migliorare la propria attività ed efficienza, vista l'inadeguatezza della sede attuale e l'inidoneità strutturale a svolgere le attività operative del comando dei vigili del fuoco, nel 1997;
tra il 1997 ed il 1999 fu redatto ed appaltato il progetto che prevedeva la consegna dell'opera dopo 700 giorni;
nel 2007 come si evince da una interrogazione sull'argomento il Ministero delle infrastrutture, nella persona del Ministro pro tempore Antonio Di Pietro, rileva gravi responsabilità della ditta appaltatrice per ritardi, determinando la risoluzione del contratto e l'indizione di una nuova gara di assegnazione dell'appalto da parte del provveditorato alle opere pubbliche della Toscana in un periodo di 90 giorni;
la nuova caserma dei vigili del fuoco, praticamente ultimata, necessita di essere sottoposta a opere di messa in sicurezza in adeguamento ai vecchi progetti e delle opere di ultimazione;
il provveditorato alle opere pubbliche della Toscana stava provvedendo a redigere un nuovo piano per il completamento dell'opera stimando un costo di 5 milioni di euro, cifra enormemente superiore ad 1 milione di euro indicato nell'anno 2008. Successivamente è stato redatto lo stato di consistenza dei lavori ed è stato sottoposto ad arbitrato per poter procedere a gare d'appalto;
la provincia ha stanziato 450 mila euro per adeguamenti strutturali della vecchia caserma per garantire condizioni di sicurezza ed efficienza lavorativa -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere affinché la nuova caserma dei vigili del fuoco possa essere ultimata in tempi brevi e senza ulteriori aggravi economici, al fine di garantire la massima efficienza e sicurezza dei vigili del fuoco e assicurare a tutta la cittadinanza la certezza di interventi repentini ed efficaci che ne salvaguardino l'incolumità.
(4-07040)

ROSATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
esiste la possibilità di installare, presso gli impianti semaforici posti a regolare le intersezioni stradali maggiormente frequentate, l'intermittenza del segnale verde e/o di contasecondi che preannuncino l'accensione della lanterna rossa;
l'introduzione di tali sistemi in altri Paesi europei ha ridotto significativamente il numero di incidenti, ed è generalmente apprezzata da parte della cittadinanza, specie dai pedoni e dai conducenti di autobus, che vedono notevolmente agevolato lo svolgimento delle loro mansioni, diminuendo le possibilità di infrangere gli articoli 41 e 146 del codice della strada;
la possibilità di introdurre l'intermittenza del verde e i contasecondi è stata fatta presente alle autorità (prefettura, provincia e comune) di Trieste da parte delle rappresentanze sindacali degli autoferrotranvieri, i quali denunciano, illustrando nel dettaglio come e perché, che spesso molti di loro siano quasi costretti ad impegnare gli incroci col semaforo già rosso, a causa della lunghezza dei mezzi

(fino a 18 metri) e perché il trasporto di persone sconsiglia il ricorso a frenate troppo brusche;
a seguito di tali infrazioni infatti alcuni conducenti si sono visti sanzionare, oltre che economicamente, anche con la decurtazione di sei punti-patente, compromettendo la possibilità di continuare a svolgere le proprie mansioni lavorative;
per l'introduzione delle succitate modifiche tecniche agli impianti semaforici è necessaria l'omologazione da parte del Ministero -:
se il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere iniziative volte a modificare la normativa vigente al fine di introdurre in via sperimentale degli impianti semaforici più sicuri e quindi più funzionali alle esigenze di conducenti e pedoni.
(4-07047)

TESTO AGGIORNATO AL 6 MAGGIO 2010

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INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
la Corte di Cassazione, con pronuncia n. 4466 del 25 febbraio 2009, ha riconosciuto lo status di cittadino italiano anche ai figli di donne che hanno perso la cittadinanza a seguito di matrimonio con cittadini stranieri avvenuto prima del 1o gennaio 1948, per effetto delle disposizioni in tal senso contenute nella legge 13 giugno 1912, n. 555;
il pronunciamento della Corte di Cassazione ha formalmente richiamato le sentenze della Corte Costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, che avevano dichiarato l'illegittimità rispettivamente della norma di cui all'articolo 10, comma terzo, della legge n. 555 del 1912, nella parte in cui prevedeva la perdita della cittadinanza da parte della donna che sposava uno straniero indipendentemente dalla sua volontà, e della norma di cui all'articolo 1 della medesima legge n. 555 del 1912, nella parte in cui non prevedeva l'acquisto della cittadinanza italiana da parte del figlio di madre cittadina;
la sentenza della suprema Corte risponde finalmente in modo compiuto alle affermazioni contenute nella Convenzione di New York del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e s'ispira al principio di parità tra uomo e donna contenuto nella nostra Carta costituzionale;
la determinazione della Cassazione, per altro, consente di superare la discriminazione che colpisce i figli nati prima del 1o gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione, finora impossibilitati ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana, rispetto a quelli della stessa madre nati dopo tale data;
la sentenza in questione apre uno scenario applicativo non privo di elementi di complessità, dal momento che essa considera le formalità relative alla dichiarazione di riacquisto della cittadinanza non indispensabili per il riconoscimento giurisdizionale, al contrario di quanto è possibile configurare sul piano amministrativo, visto il dettato dell'articolo 219 della legge n. 151 del 19 maggio 1975;
precisamente un anno fa la Camera, a seguito dell'interpellanza urgente 2/00333 rivolta al Governo dal primo firmatario del presente atto e da altri deputati, ha affrontato la questione, sollecitando l'impegno del Ministero dell'interno, in collaborazione con quello degli affari esteri, a definire nel più breve tempo possibile le procedure opportune e dirette a consentire l'applicazione della sentenza, acquisita sul piano giudiziale, anche sul più agevole e meno costoso terreno amministrativo;
in quell'occasione il Governo ha dichiarato di volere esaminare la situazione

per procedere in tempi ragionevolmente brevi alla delineazione di un percorso applicativo capace di rispondere alle attese e alle richieste degli aventi diritto -:
quali risultati abbia prodotto l'impegno di ricognizione, di preparazione e di regolamentazione assunto un anno addietro dal Governo sulle questioni oggetto della sentenza della Corte di Cassazione del 25 febbraio 2009;
se il Governo ritenga di poter risolvere in via regolamentare le implicazioni connesse alla sentenza della suprema Corte o se si riservi un'iniziativa di ordine normativo per dare ad essa piena attuazione;
entro quali tempi il Governo ritenga che gli interessati possano rivolgersi alla rete consolare e ai comuni di riferimento per ottenere la concreta realizzazione dei loro diritti.
(2-00699)
«Bucchino, Fedi, Porta, Mussolini, Di Biagio, Argentin, Sbrollini, Portas, Miotto, Mario Pepe (PD), Buttiglione, Poli, Boccuzzi, De Micheli, Bratti, Capitanio Santolini, D'Antona, Colombo, Braga, Mattesini, Gianni Farina, Mariani, Lanzillotta, Amici, Concia, Scarpetti, Schirru, Vannucci, Tenaglia, Misiti, Gnecchi, Giovanelli, Veltroni, Merloni, Martella, Di Giuseppe, Favia, Pezzotta».

Interrogazioni a risposta scritta:

MARCHIONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da molti anni il tema degli organici di polizia nel territorio riminese è oggetto di forte attenzione, da parte di istituzioni, enti locali, sindacati degli operatori, tutti concordi nel ritenere gli organici della questura di Rimini fortemente sottodimensionati rispetto alle reali esigenze del territorio. Nei giorni scorsi gli stessi sindacati degli agenti di polizia, Siulp e Sap, in forma congiunta hanno sollecitato l'intervento delle istituzioni locali per fronteggiare quella che ormai non si può più definire un'emergenza;
gli organici di polizia sono il frutto del decreto ministeriale del 1996 concernente l'istituzione delle questure in nuove 8 province, ma, in quell'occasione, non si è tenuto conto delle peculiarità della provincia riminese, la quale, come è noto, a fronte di una popolazione stabile in inverno, si trova a decuplicare il numero degli abitanti in virtù della stagione estiva. Il risultato è una dotazione organica della questura di 220 unità, a fronte di una popolazione residente di oltre 325 mila abitanti. Popolazione recentemente lievitata di 18 mila unità per l'annessione del territorio dell'alta Valmarecchia, sancita dalla legge n. 117 del 3 agosto 2009;
nel mese di agosto 2009, a titolo di esempio, nella provincia di Rimini è stato registrato l'arrivo di oltre 701 mila turisti, che si affiancano ai residenti e alle persone che si trasferiscono in riviera per lavoro. Questi dati, se rapportati ad altre province dimostra il sottodimensionamento degli organici di polizia. La questura di Prato, ad esempio, istituita con lo stesso decreto ministeriale, conta un organico di 285 unità, a fronte di una popolazione provinciale di poco meno 250 mila persone;
nel corso degli anni, ogni estate si è provveduto a rinforzare per il solo periodo estivo gli organici delle Forze dell'ordine, ma da una parte la natura transitoria dell'intervento, dall'altra il progressivo assottigliamento sia delle unità aggregate sia del periodo di aggregazione, hanno mostrato l'inefficacia strategica di una simile impostazione, se non è supportata da un adeguato numero di forze residenti tutto l'anno. A questa dinamica, si deve aggiungere la progressiva evoluzione del turismo riminese che, grazie ad uno sviluppo dell'offerta fieristica e congressuale ha raggiunto una forte destagionalizzazione, spalmando anche sul periodo invernale gli

oltre 2 milioni di arrivi da parte di viaggiatori italiani e stranieri, per oltre i 5 milioni e 500 mila presenze;
a questa realtà turisticamente viva e complessa, per la quale la sicurezza del territorio è un fattore fondamentale per la crescita e lo sviluppo economico, si aggiunge l'oggettiva difficoltà di controllare un territorio contraddistinto da una vera e propria area metropolitana che si snoda lungo decine di chilometri;
sono gli stessi operatori della sicurezza a definire la questura di Rimini sottostimata come organico. Nello stesso tempo, i referenti sindacali sottolineano come a fronte di una formale corrispondenza tra unità presenti e organico designato, ci sia un effettivo sovradimensionamento di diverse decine di unità per i ruoli di ispettore, con conseguenti difficoltà di impiego, ed un grave sottodimensionamento per il ruolo di agenti e assistenti, quantificato in circa 50 unità. A tutt'oggi, rimarcano le organizzazioni sindacali dei poliziotti, dei 136 agenti previsti, se ne contano solo 105. Nella recente immissione in ruolo di 1.700 agenti di polizia al termine dei corsi di formazione, sono stati assegnati a Rimini appena due agenti scelti, numero che non riesce a colmare nemmeno lontanamente le già urgenti necessità operative della questura;
a questa situazione - denunciano le rappresentanze sindacali - si aggiunge la difficoltà a fornire il servizio di controllo del territorio per due e talvolta anche per una volante, mentre il personale del settore operativo si trova da anni di fronte ad uno scarso ricambio. Così come risulta difficoltoso il normale turn over del personale a fronte dei pensionamenti;
alle richieste dei due sindacati di polizia si sono affiancate le legittime preoccupazioni dei sindaci e del presidente della provincia di Rimini, espressi durante la riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, comitato presieduto dal prefetto di Rimini. Nel corso dell'incontro sono state rimarcate tutte le preoccupazioni riguardo all'invio dei rinforzi estivi. Nella stessa sede è stato valutato come per la prossima estate siano necessari circa 440 unità in rinforzo del territorio, rimarcando nello stesso tempo quanto la dotazione organica degli agenti sia strutturalmente sottodimensionata -:
quali iniziative intenda porre in essere per adeguare la pianta organica della questura di Rimini, ampliandola in relazione alle attuali esigenze del territorio, peraltro aumentate con la recente annessione dei sette comuni dell'alta Valmarecchia;
quali atti intenda promuovere presso la Conferenza permanente per l'organizzazione tecnica, perché siano valutate le necessità della questura di Rimini in occasione delle prossime immissioni in ruolo degli agenti, al termine dei corsi di formazione, sopperendo così al notevole sottodimensionamento di personale con ruolo agenti;
se si sia predisposto un congruo numero di rinforzi estivi in risposta alle esigenze del territorio e se, a differenza del 2009, questi saranno impiegati fin dall'inizio della stagione estiva.
(4-07035)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la sentenza n. 183 del 19 gennaio 2010 del Consiglio di Stato ha imposto al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di terminare il procedimento di istruzione contro Silvano Dalla Libera, agricoltore di Pordenone e vicepresidente di Futuragra, e di concedergli l'autorizzazione a seminare mais ogm, senza attendere le decisioni delle Regioni in merito alla coesistenza di diverse colture;
l'allora Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Zaia aveva

annunciato che avrebbe fatto ricorso in tutte le sedi possibili contro questo provvedimento;
il 26 marzo 2010, il Governo Austriaco ha ritirato presso le competenti autorità europee lo studio allegato alla richiesta dell'attivazione della clausola di salvaguardia attivata dal Governo Austriaco per bloccare la coltivazione del mais Ogm sul suo territorio, perché valutato «scientificamente irrilevante»;
a seguito della sentenza, negli scorsi giorni Giorgio Fidenato, agricoltore di Pordenone e presidente della ditta Agricoltori Federati, e Leonardo Facco, editore ed esponente del Movimento Libertario hanno intrapreso un'azione di «disobbedienza civile», seminando sei semi di mais ogm in un'aiuola pubblica di Pordenone, al momento segreta, ed in seguito hanno diffuso via internet il filmato relativo alla loro azione;
in seguito a questa azione, in data 30 aprile 2010, si è verificata un'aggressione alla sede degli Agricoltori Federati di Pordenone dove hanno fatto irruzione una trentina di sedicenti «no-global», «antagonisti», «comunisti», che hanno sporcato la suddetta sede ed hanno lanciato contro Giorgio Fidenato ed i suoi dipendenti alcune manciate di mais non-ogm, a scopo di scherno e intimidazione (filmato disponibile su internet sul sito web http://www.movimentolibertario.it);
sempre in data 30 aprile 2010 si è venuti a conoscenza di minacce nei confronti del signor Giorgio Fidenato da parte di alcuni dei protagonisti della precedente irruzione, che hanno promesso nuove azioni e nuove manifestazioni contro la ditta Agricoltori Federati e contro la persona di Giorgio Fidenato;
nei giorni scorsi il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Giancarlo Galan, è intervenuto sulla questione affermando in una nota: «Credo che la questione degli ogm meriti da parte di tutti, un supplemento di attenzione. Per questo chiedo a chi in queste ore sta meditando di risolvere la questione con azioni dimostrative, di sospendere ogni iniziativa che travalichi i confini della legalità, anche perché troverà in me un interlocutore libero da pregiudizi» -:
quali misure si intendano adottare per garantire la sicurezza personale del cittadino italiano Giorgio Fidenato e degli altri cittadini italiani che hanno espresso, attraverso gesti o affermazioni, il loro appoggio alle coltivazioni ogm, e che recentemente sono stati al centro di campagne di intimidazione pubbliche e private;
quali misure i Ministri interrogati intendano adottare per dare immediato corso alle decisioni del Consiglio di Stato assicurando adeguata informazione sulle motivazioni scientifiche della sentenza;
quali iniziative si intendano intraprendere, in riferimento alle dichiarazioni di cui sopra, per approfondire la questione e sostenere la libera ricerca nel settore.
(4-07050)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

GIANNI FARINA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 17 marzo 2010 l'interrogante ha presentato un'interrogazione a risposta scritta circa l'affaire dell'Istituto parificato Diomede Carafa di Ariano Irpino, al quale non è stata data ancora risposta;
notizia dell'interrogazione è stata data sia da giornali irpini (7 aprile) che nazionali;
quanto riportato tra virgolette è trascritto integralmente e comprensivo, di conseguenza, degli errori;
venerdì 9 aprile, è stata pubblicata una smentita a firma della titolare della

ditta individuale che gestisce l'istituto paritario Diomede Carafa, tale Cecilia Majello. Tratta dal quotidiano Buongiorno Campania edizione dell'Irpinia, la trascrivo integralmente: «La sottoscritta Cecilia Majello nel citato Istituto Scolastico esistente sotto forma di ditta individuale, svolge la funzione di direttrice/gestore senza aver mai ricoperto il ruolo ascrittole giornalisticamente di Preside o Dirigente Scolastico, trattandosi di due figure completamente diverse: già nel gennaio 2010 l'istituto de quo ha subito verifiche Inps e Ispettorato del Lavoro; da entrambe le verifiche non è stata riscontrata alcuna violazione o irregolarità, né sotto il profilo contributivo, né, meno che mai, sotto il profilo della sicurezza degli ambienti di lavoro e della salvaguardia dell'incolumità di coloro i quali frequentano l'istituto; i docenti dell'istituto, debitamente selezionati sulla base dei requisiti di legge, ancorché tale circostanza non competa né a chi ha richiesto l'interpellanza parlamentare né all'articolista, sono regolarmente pagati sulla base dei Contratti Collettivi nazionali di Lavoro; ogni classe è provvista del numero di alunni tassativamente previsto dalla norma per l'espletamento delle attività curriculari e ogni singolo alunno versa regolare retta, debitamente fatturata sulla base delle tariffe dell'istituto; l'Istituto Diomede Carafa è provvisto di coordinatore didattico e non di un dirigente scolastico, essendo l'istituto paritario; l'Istituto Diomede Carafa non ha mai avuto dal MIUR o da altro ente preposto ad erogazione di finanziamento pubblico, alcuna somma o versamento di sorta, ma ha solo partecipato a progetti scolastici, i cui relatori sono stati regolarmente pagati;
l'interrogante rileva che, dopo la pubblicazione della citata interrogazione sui giornali, la signora Cecilia Majello è improvvisamente diventata direttrice-gestore e non più dirigente scolastico o preside;
la «smentita», formulata, ad avviso dell'interrogante, con terminologie leguleie, di fatto non smentisce nulla, se non quanto lo stesso istituto presenta nel piano dell'offerta formativa (P.O.F.), dove a pagina 4, al punto 41, è riportato testualmente: «collaboratori del Dirigente Scolastico», a pagina 5, ultima riga, tra le risorse dell'Istituto è citata «una presidenza», a pagina 21, al punto 37, si legge: «per il corrente anno scolastico le funzioni di segretario del Collegio Docenti sono assunte dalla professoressa Ciano Linda, collaboratrice del Dirigente Scolastico», a pagina 22 par. 41 è riportato: «il Dirigente Scolastico ha scelto come suo collaboratore la professoressa Puzo Raffaella che sarà di supporto alla didattica a all'organizzazione, unitamente ai coordinatori delle classi e i gruppi di lavoro.»: a pagina 25 punto 46, articolo 3 è scritto: «per fatti che turbino il regolare andamento della scuola è inflitta da preside la sospensione da uno a tre giorni con eventuale obbligo di frequenza.», all'articolo 4 è citato: «Per atteggiamento gravemente offensivo nei riguardi dei docenti, compagni del personale della Scuola, il dirigente scolastico, dopo aver sentito dall'alunno le ragioni che hanno determinato il comportamento scorretto, relaziona al Consiglio di Classe che può emanare una sanzione...»;
la signora Majello nella sua «smentita» dichiara di svolgere le funzioni di direttrice-gestore, senza aver mai ricoperto il ruolo ascrittole giornalisticamente di preside o dirigente scolastico e che l'istituto Diomede Carafa è provvisto di coordinatore didattico e non di dirigente scolastico essendo l'istituto paritario;
purtroppo, come si evince da una lettura attenta del P.O.F. oltre agli errori grammaticali e di sintassi, si può notare che la figura di direttrice-gestore non esiste, mentre sono ampiamente citate le figure del dirigente scolastico e del preside;
nella sua «smentita», la direttrice-gestore dichiara: «ogni classe è provvista del numero di alunni tassativamente previsto dalla norma per l'espletamento delle attività curriculari e ogni singolo alunno versa regolare retta debitamente fatturata sulla base delle tariffe dell'Istituto,», ma si

guarda bene dal comunicare quanti siano gli alunni per classe, quante sono le classi e quali siano le tariffe dell'istituto, che per una questione di trasparenza sarebbe opportuno fossero pubblicate sul sito web dell'istituto stesso;
la direttrice-gestore afferma «i Docenti dell'Istituto, debitamente selezionati sulla base dei requisiti di legge ancorché tale circostanza non competa ne a chi ha richiesto l'interpellanza parlamentare, ne all'articolista, sono regolarmente pagati sulla base dei Contratti Collettivi Nazionali di lavoro» queste dichiarazioni dimostrano che la direttrice - gestore non conosce la differenza tra interpellanza e interrogazione a risposta scritta, mentre afferma che le interrogazioni siano formulabili a «gentile richiesta»; la smentita così formulata, ad avviso dell'interrogante, offende il Parlamento e le attività di sindacato ispettivo, prerogativa di ogni parlamentare, nonché i giornalisti a cui nega il diritto di far sapere se i dipendenti della scuola siano inquadrati a norma di legge o meno e se siano regolarmente retribuiti;
sul Corriere del 9 aprile del 2010 la direttrice-gestore dichiara «la scrivente infine, ritiene di avere l'obbligo di precisare che per i fatti indebitamente ascrittele, per tutti i danni che ne deriveranno, ha già dato incarico legale per essere tutelata in ogni sede giurisdizionale»;
l'interrogante si riserva di iniziare pertanto l'interrogazione a risposta scritta del 17 marzo 2010, e la presente al dirigente scolastico regionale della Campania, all'ispettore scolastico provinciale di Avellino, alla procura della Repubblica, ai carabinieri, alla polizia di Stato, alla Guardia di finanza, all'Ispettorato del lavoro, all'INAIL, all'INPS, all'Agenzia delle entrate e alla ASL di competenza;
ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, articolo 1, comma 4, le scuole paritarie devono essere in possesso, tra l'altro, dei seguenti requisiti: attestazione della titolarità della gestione, nonché pubblicità dei bilanci, personale docente fornito del titolo di abilitazione, e contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnanti, che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore -:
se gli studenti siano 14 come da foto pubblicata sul sito web dell'istituto o superino quel numero;
se sia vero che una parte degli studenti iscritti non frequenta la scuola e che tra l'altro soltanto una parte degli iscritti si presenti agli esami;
se gli studenti debbano giustificare le assenze, se queste siano scritte sui registri e quante ce ne siano state dall'inizio dell'anno scolastico;
se sia vero che in questo e nei precedenti anni scolastici si siano iscritti studenti residenti in altre città d'Italia lontane da Ariano Irpino;
se sia vero che studenti iscritti per diversi indirizzi scolastici frequentino la stessa aula e ascoltino la stessa lezione;
se sia vero che studenti di classi diverse frequentino la stessa aula e ascoltino la stessa lezione;
quale sia stata negli ultimi tre anni scolastici la percentuale dei promossi rispetto agli iscritti e ai frequentanti;
se la direttrice-gestore, che nella smentita si firma Cecilia Majello, senza citare l'eventuale titolo di dottore, abbia conseguito un'abilitazione all'insegnamento;
se siano disponibili i principali dati concernenti i bilanci dell'istituto degli ultimi tre anni;
se gli stipendi e i versamenti contributivi dei docenti siano stati erogati in maniera da garantire la tracciabilità dei pagamenti;
se le rette degli studenti siano state pagate attraverso assegni, bonifici bancari o carta di credito;
se sia vero che gli studenti per sostenere gli esami, debbano effettuare ulteriori pagamenti che superano i 1000

euro, mentre la tassa governativa dovuta ammonta soltanto a poche decine di euro;
se la partecipazione a progetti scolastici da parte dell'istituto Diomede Carafa abbia attivato finanziamenti pubblici per la citata scuola;
se ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, articolo 1, comma 6, il Ministero non debba accertare la permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità dell'istituto Diomede Carafa.
(4-07053)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI BIAGIO, ANTONINO FOTI, ANGELI e BERARDI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Per sapere - premesso che:
la legge 26 febbraio 2010, n. 25 di conversione del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 196 - cosiddetto mille proroghe - ha introdotto in seconda lettura alla Camera l'articolo 10-sexies concernente il «Differimento dell'applicazione di disposizioni in materia di contributi all'editoria» disponendo al comma 1, lettera d), una riduzione del 50 per cento del contributo complessivo calcolato per ciascun soggetto per i contributi relativi all'anno 2009, limitatamente ai quotidiani italiani editi e diffusi all'estero per far fronte alla norma - inclusa nel medesimo provvedimento - tesa a ripristinare per il 2010 e al massimo al 100 per cento i contributi dovuti al diritto soggettivo per testate ed emittenti di partito, no profit e cooperative;
pur condividendo l'esigenza e la necessità di ripristinare totalmente i contributi dovuti al diritto soggettivo delle suindicate testate in Italia, si ritiene altrettanto doveroso ed opportuno garantire la salvaguardia dei contributi a sostegno delle realtà editoriali italiane oltre confine, esorcizzando l'ipotesi che per sostenere un comparto si debba inevitabilmente penalizzare l'altro;
la disposizione incide sulle risorse destinate alle circa 150 testate italiane edite all'estero o edite in Italia per essere distribuite oltre confine, applicando una riduzione del contributo relativo all'anno 2009 del 50 per cento - per un ammontare di 5 milioni di euro - mettendo in discussione la sopravvivenza stessa delle realtà editoriali, considerando anche che i costi del 2009 sono già stati sostenuti dalle imprese ed un riassorbimento retroattivo delle risorse risulterebbe difficilmente gestibile, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di queste realtà;
presso le realtà editoriali operanti oltre confine, direttamente coinvolte dalle suindicate disposizioni sono impiegati centinaia di lavoratori, tra giornalisti specializzati e bilingui, amministrativi e distributori i cui profili occupazionali verrebbero inevitabilmente messi a repentaglio dalla riduzione dei contributi, tenendo conto che molte di queste realtà hanno già avviato una procedura di licenziamento;
sono molte le famiglie che rischiano di trovarsi in condizioni disperate a seguito dell'avvio delle procedure di licenziamento da parte delle citate realtà editoriali: i lavoratori sono per lo più cittadini italiani residenti all'estero molti dei quali da diversi anni e che andrebbero incontro a serie difficoltà, capaci di compromettere la sopravvivenza stessa sul territorio straniero, soprattutto in quei Paesi in cui esistono situazioni critiche sotto il profilo occupazionale ed economico;
la riduzione delle risorse destinate all'editoria italiana oltre confine, con eventuale e conseguente chiusura di molte delle realtà editoriali storiche dell'emigrazione, rischierebbe di compromettere l'immagine stessa del nostro Paese, favorendo un percorso di scollamento culturale e sociale delle nostre collettività oltre con

fine dalla Patria e favorendo una inevitabile quanto deleteria dispersione, non più veicolata entro canali informativi riconosciuti, apprezzati e consolidati -:
se sia conoscenza di quanto evidenziato in premessa;
se intenda avviare un monitoraggio della realtà occupazionale afferente al mondo dell'editoria italiana oltre confine;
quali misure intenda predisporre al fine di favorire un sostegno all'occupazione dei lavoratori suindicati o la definizione di strumenti a tutela del reddito in caso di disoccupazione degli stessi.
(5-02843)

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta in Commissione:

AMICI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il Dipartimento delle pari opportunità, per l'esercizio delle proprie funzioni in materia di prevenzione e contrasto di tutte le forme di violenza fisica, sessuale e psicologica di genere, dispone delle risorse stanziate in due distinti capitoli del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri:
a) il capitolo 493 recante il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in cui, ai sensi dell'articolo 1, comma 1261, della legge n. 296 del 2006 confluiscono anche le risorse da destinare alle azioni di contrasto alla violenza sessuale e di genere, in particolare, attraverso l'istituzione di un osservatorio nazionale e la realizzazione di un piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere;
b) il capitolo 496 recante il Fondo per la realizzazione del piano contro la violenza alle donne istituito dall'articolo 2 comma 463 della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007);
il 29 aprile 2009 la Conferenza unificata ha espresso parere favorevole sul decreto di riparto del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, ai sensi dell'articolo 1, comma 1261, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l'anno 2009;
nel citato decreto l'ammontare complessivo a disposizione del Fondo è di euro 102.460.987,36, di cui: 6.000.000 destinati al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere; fino a euro 15.850.000 per campagne nazionali di informazione e sensibilizzazione; fino a euro 700.000 per un servizio di consulenza gestionale al Dipartimento per le pari opportunità, per il biennio 2009 e 2010; fino a euro 79.910.987,00 destinati a:
un sistema di interventi per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
le politiche a favore delle pari opportunità di genere;
le politiche a favore dei diritti delle persone e delle pari opportunità per tutti;
da un'interrogazione effettuata il 26 marzo 2010 alla banca dati della Ragioneria generale dello Stato risulta che alla data del 31 dicembre 2009:
degli oltre 102 milioni di euro stanziati sul capitolo 493 (Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità) per il 2009 ne erano stati utilizzati solo 6 milioni e risultavano ancora disponibili 96 milioni;
dei 20 milioni di euro stanziati per il 2009 sul capitolo 496 (Fondo per la realizzazione del piano contro la violenza alle donne) ne erano stati utilizzati solo 2 milioni e ancora disponibili 18 milioni;
ne consegue che nonostante il parere favorevole della Conferenza unificata sul decreto di riparto, non tutte le azioni in

esso indicate siano state realizzate pur in presenza di finanziamenti allo scopo dedicati sul bilancio 2009;
allo stesso modo il limitato utilizzo delle risorse, 2 milioni su 20 disponibili, per la realizzazione di un piano contro la violenza alle donne lascia presagire che l'attuazione del piano sia stata ancora una volta rimandata;
il non utilizzo delle risorse disponibili risulta ancora più grave alla luce del fatto che, come risultante dalla medesima interrogazione alla banca dati della Ragioneria, lo stanziamento disposto per l'anno 2010 è di soli 3,5 milioni di euro per il capitolo 493 (Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità), mentre nessuno stanziamento di competenza è stato effettuato per il finanziamento del capitolo 496;
la Presidenza del Consiglio dei ministri non ha quindi esercitato, alla data del 26 marzo 2010, l'istituto del «riporto» che consiste nella facoltà di mantenere in bilancio risorse non utilizzate in un determinato anno anche in quello successivo;
le risorse non utilizzate nell'anno 2009 dal Dipartimento delle pari opportunità che potrebbero essere mantenute in bilancio anche nell'anno 2010, in relazione ai capitoli 493 e 496, sono rilevanti in quanto ammontano a 114 milioni di euro -:
quali siano i motivi che hanno determinato l'utilizzo di soli 6 milioni di euro per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità a fronte di uno stanziamento disponibile di oltre 102 milioni di euro per l'anno 2009;
quali siano state le finalità e le attività finanziate con i 6 milioni di euro relativi al capitolo 493 recante il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità;
quali siano state le finalità e le attività finanziate con i 2 milioni di euro relativi al capitolo 496 recante il Fondo per la realizzazione del piano contro la violenza alle donne;
se sia intenzione del Ministro di esercitare l'istituto del riporto per l'anno 2010 delle somme non spese nel 2009 relative ai capitoli 493 e 496, in particolare, per quel che riguarda i 18 milioni di euro non utilizzati nel 2009 per la realizzazione di un piano contro la violenza alle donne.
(5-02844)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il settore lattiero-caseario, dopo i provvedimenti legislativi n. 119 del 2003 e n. 33 del 2009, continua ad essere attraversato da notevoli difficoltà e tensioni anche perché le scelte normative hanno sostanzialmente prodotto disparità tra i produttori del settore;
la problematica è stata già oggetto di una mozione a prima firma dell'interrogante presentata nel novembre 2009, e non ancora svolta;
in particolare, la vicenda relativa all'assegnazione delle quote latte torna ad essere oggi fonte di enormi preoccupazioni per quegli allevatori, che rappresentano oltre il 90 per cento degli addetti, fortemente penalizzati dalla normativa vigente, che ha favorito chi per anni aveva prodotto e commercializzato latte in eccesso al di fuori di ogni regola, rispetto a coloro che si sono sempre adeguati anche con difficoltà alla normativa vigente;
infatti coloro che hanno rispettato il decreto-legge n. 49 del 2003 risultano, ad oggi, svantaggiati rispetto a quelli che avevano continuato a sforare le quote di

produzione e che oggi, pur rientranti nelle modalità di regolarizzazione previste dal decreto-legge n. 5 del 2009, hanno avviato il contenzioso non appena ottenute le quote latte;
al riguardo risulta che, in base ai pronunciamenti del tribunale amministrativo regionale del Lazio del 25 gennaio (16 febbraio) 2010, i ricorsi presentati da alcuni produttori contro l'attivazione delle procedure previste dal decreto-legge n. 5 del 2009, sono stati respinti, ma nonostante ciò la situazione non è chiara a seguito della relazione di approfondimento sui dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare redatta dal Comando carabinieri politiche agricole e alimentari;
considerata la drammatica crisi economica registrata in questi due anni, molti produttori si trovano ad avere enormi problemi di liquidità, e quindi nell'impossibilità di versare la sesta rata relativa al 2009;
appare chiaro che è necessario intervenire con la massima rapidità al fine di garantire a chi ha sempre rispettato le regole, la possibilità di continuare la propria attività, assegnando le risorse previste dal decreto-legge n. 5 del 2009, ai produttori che si erano regolarizzati in applicazione del decreto-legge n. 49 del 2003, ora in grave difficoltà -:
quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di superare il contenzioso avviato dai beneficiari del decreto-legge n. 5 del 2009;
quali concreti riconoscimenti intenda assegnare a quanti hanno rispettato le regole previste dal decreto-legge n. 49 del 2003, così come previsto dal decreto-legge n. 5 del 2009, mantenendo gli impegni annunciati dal Governo di un idoneo ristoro economico alle aziende che avevano acquistato e affittato quote latte;
quali iniziative intenda urgentemente avviare per la revoca delle quote latte e per la loro assegnazione, in base ai criteri previsti dal decreto-legge n. 49 del 2003;
se non intenda assumere iniziative per assicurare una sospensione del versamento della sesta rata, considerato che i produttori hanno già versato le cinque rate precedenti, e in alcuni casi, anche in un'unica soluzione il prelievo supplementare 2002/03, vista la grave crisi economica in atto che ha inciso profondamente nel settore;
quale sia l'orientamento del Ministero sulla possibilità di un ritorno alle priorità di compensazione previste dal decreto-legge n. 49 del 2003;
quale concreta disponibilità sia manifestata dal Ministero in relazione alla proposta di fare in modo che nei criteri di assegnazione delle quote latte di origine comunitaria definiti dal decreto-legge n. 5 del 2009 vengano compresi anche i produttori che, seppure non hanno munto la B tagliata nel 2007/2008, hanno fatto registrare un quantitativo di B tagliata o munto nel quinquennio.
(5-02842)

Interrogazione a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento di Peri (Verona) per la produzione di sementi forestali, nel 2001, con decreto legislativo 18 maggio 2010, n. 227, articolo 10 è stato riconosciuto Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale (CNBF);
nel Centro è attivo l'unico laboratorio in Italia accreditato per le analisi sulle sementi forestali e le sue attività vengono periodicamente verificate da ispettori dell'International Seed Testing Association (ISTA, con sede in Svizzera), che ne certificano il profilo scientifico;
il Centro intrattiene contatti con le maggiori istituzioni internazionali del settore quali, oltre alla già citata ISTA, lo IUFRO (International Union Forest Research Organization),

l'OECD (Organization for Economic Co-operation and Development) e l'ISSS (International Society for Seed Sciences);
il CNBF di Peri opera su sette diversi fronti con un laboratorio per le risorse vegetali, un laboratorio di analisi delle sementi, un laboratorio di genetica, un ufficio sementi, un vivaio di 2 ettari - gestendo anche altri 40 ettari di arboreti da seme sparsi in tutta l'Italia settentrionale - ed un ufficio adibito alla didattica rivolto alle scuole di ogni ordine e grado;
nel Centro vengono prodotte oltre duecentocinquanta specie di interesse forestale e naturalistico provenienti dal bacino padano, appenninico, alpino, mediterraneo, lacustre e lagunare, collegando una rete di collaboratori e comandi stazioni del Corpo forestale dello Stato su tutto il territorio nazionale;
chi vi opera non si vede però riconoscere un inquadramento pari alle qualifiche: personale laureato in agraria, informatica, biologia ed altre discipline scientifiche, in alcuni casi anche iscritto a corsi di dottorato e con pubblicazioni su riviste internazionali, opera con la qualifica di semplice operaio del Corpo forestale dello Stato, a tempo determinato od indeterminato (OTD e OTI), il che porta anche all'assurdo per cui la necessaria partecipazione a seminari e convegni è subordinata all'accompagnamento degli operai da parte di funzionari, con l'inevitabile aumento dei costi di missione -:
se i Ministri interrogati siano al corrente della palese incongruità, economica e professionale, in cui si trova il personale del Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale di Peri, stridente rispetto all'attività scientifica svolta e già riconosciuta dalle maggiori istituzioni internazionali del settore;
se i Ministri interrogati ritengano opportuno e in ultima analisi vantaggioso incentivare l'attività di ricerca del Centro assegnando un finanziamento adeguato e assicurando al personale qualificato il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze, attraverso contratti in linea con gli standard europei, rispettosi delle professionalità e dell'alto profilo della struttura.
(4-07045)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

RUGGHIA, DAMIANO, MADIA e GATTI. - Al Ministro per lo sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il protrarsi della difficile fase congiunturale sta mettendo a dura prova il nostro tessuto produttivo, con pesanti ricadute occupazionali in tutto il Paese. Nonostante le ultime stime OCSE diano segnali del consolidarsi di una lenta ripresa nel primo trimestre dell'anno e, in forma ancor più attenuata, nel secondo trimestre, a tali valori difficilmente si affiancheranno risultati positivi sul lato dell'occupazione;
in tale contesto, appare necessario, pur nei ristretti limiti di bilancio, favorire ogni iniziativa utile per il mantenimento e il consolidamento dei presidi produttivi del nostro paese, soprattutto nei settori tecnologicamente più avanzati, scongiurando, oltre ad un ulteriore peggioramento del dato occupazionale, il disperdersi di competenze e professionalità in grado di far competere il nostro sistema economico con le economie più forti;
tra le aree che più risentono di questa difficoltà, certamente si segnala quella di Rieti dove, con un tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale, da tempo si registra un arretramento della base produttiva proprio nei settori più innovativi dell'elettronica e delle tecnologie della comunicazione. Emblematico, al riguardo, appare il caso della Ritel S.p.A. di Cittaducale, operante nei settori della progettazione e sviluppo di

sistemi software e schede hardware e nella produzione di apparati di trasmissione ottici;
la società, nata nel 2006 quale scorporo dello stabilimento reatino dell'Alcatel, conta attualmente su 212 dipendenti diretti, cui vanno aggiunti quasi 300 addetti operanti all'interno del perimetro industriale ex Alcatel, rappresenta tutt'ora una delle principali strutture produttive della provincia reatina, nonostante il forte ridimensionamento registratosi rispetto ai valori dei primi anni '90 in cui si registravano circa 900 occupati diretti;
come noto, grazie all'impegno governativo, della regione, dell'amministrazione provinciale, delle organizzazioni sindacali e delle imprese a vario titolo coinvolte, nel luglio 2006 venne sottoscritto un protocollo di intesa finalizzato al «mantenimento e la qualificazione della ricerca e sviluppo e delle attività del sito di Rieti», in cui si definirono le linee guida delle azioni che i sottoscrittori si impegnavano a perseguire per assicurare una prospettiva di continuità produttiva e di mantenimento delle competenze tecnologiche sviluppatesi nel sito reatino;
in particolare, Alcatel Italia S.p.A. e Finmeccanica si impegnavano a mantenere o acquisire partecipazioni azionarie di minoranza, a sostegno del socio di maggioranza Industrial Group S.r.L., e al tempo stesso assicuravano accordi pluriennali per la produzione di apparati di trasmissione e attività di sub-fornitura ad alto contenuto tecnologico, in grado di assorbire complessivamente, a regime, circa la metà degli occupati;
il predetto protocollo prevedeva, inoltre, una verifica e una valutazione dell'attuazione del Piano industriale e degli investimenti previsti, così come di tutti gli impegni ivi previsti a carico di diversi sottoscrittori;
il deterioramento del contesto economico e la mancata attuazione integrale delle clausole del protocollo 2006, hanno dato corso a un complesso contenzioso e hanno portato ad un progressivo disimpegno dell'azionista di maggioranza che ha maturato la decisione, recentemente formalizzata dall'assemblea dei soci, di cedere la sua quota azionaria;
come evidenziato nel corso della riunione dell'11 dicembre 2009, presso la sede del Ministero dello sviluppo economico si sono prodotte le condizioni per la delicata fase dell'individuazione di un nuovo socio di maggioranza che, contando sul ruolo di partner azionario e di soggetto committente di Alcatel e Finmeccanica, possa offrire le migliori garanzie imprenditoriali e finanziarie per assicurare continuità, consolidamento e sviluppo degli stabilimenti Ritel;
il ruolo che Finmeccanica potrà svolgere sia sul fronte di un significativo rafforzamento della sua partecipazione azionaria, attualmente assicurata attraverso la controllata Thales-Alenia Space, sia tramite il rispetto dei carichi di lavoro corrispondenti agli impegni del Protocollo 2006, nonché tramite lo sviluppo dei prodotti attraverso il Consorzio di ricerca COREAT, costituiscono la premessa irrinunciabile per le prospettive del complesso industriale ex Alcatel;
la banda larga rappresenta oggi un elemento essenziale per lo sviluppo, la competitività e l'innovazione del Paese. L'ammodernamento e il potenziamento delle infrastrutture a banda larga esistenti e la realizzazione di una rete che permetta l'accesso indiscriminato da parte dei cittadini di tutte le aree del Paese appare oggi un obiettivo ineludibile e indifferibile. Rispetto al notevole ritardo nell'infrastrutturazione di tale tecnologia che caratterizza il nostro Paese, destinato ad aggravarsi in futuro, appare ingiustificabile il rinvio sin qui registratosi nell'utilizzo degli 800 milioni di euro previsti dall'articolo 1 della legge 18 giugno 2009, n. 69, anche tenendo in considerazione le indubbie ricadute positive che un investimento di

questa natura e entità potrebbero rappresentare per il sistema delle imprese operanti in tale settore, come la Ritel di Rieti -:
quali iniziative intenda assumere affinché la ricollocazione del pacchetto azionario, attualmente detenuto dalla Industrial Group S.p.A. sia indirizzato verso investitori industrialmente, tecnologicamente e finanziariamente solidi e intenzionati a mantenere un importante presidio tecnologico sul nostro territorio;
quali azioni intenda intraprendere per sollecitare e verificare l'integrale e tempestivo rispetto degli impegni assunti da Alcatel e Finmeccanica, così come per verificare le condizioni per un loro maggior coinvolgimento azionario;
quali iniziative intenda assumere per favorire, comunque, forme di collaborazioni tra l'impresa in questione e il sistema dei centri di ricerca universitari, come a suo tempo indicato nell'ultimo comma, dell'articolo 1 del Protocollo del 2006, anche in considerazione della soppressione, intervenuta poche settimane orsono, del corso di laurea di Ingegneria delle reti e dei servizi informatici, presso il polo universitario di Rieti;
quali siano le ragioni della mancata utilizzazione delle significative risorse destinate alla realizzazione della rete a banda larga, anche alla luce delle indubbie ricadute che tale investimento avrebbe sul sistema produttivo e su realtà industriali quali la Ritel di Rieti.
(5-02847)

Interrogazioni a risposta scritta:

BINETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal 9 febbraio 2010 la multinazionale LyondellBasell, con una lettera indirizzata alla regione Umbria, al presidente della provincia di Terni e al sindaco della città di Terni, ha annunciato interventi di razionalizzazione relativi ai propri impianti produttivi di polipropilene e polietilene:
il 25 febbraio, LyondellBasell Industries, con un comunicato, ha pubblicamente annunciato la cessazione della produzione di polipropilene nello stabilimento di Terni adducendo a giustificazione della scelta dinamiche negative, indotte dalla crisi globale, relative alla domanda di polipropilene e la circostanza, secondo la multinazionale, che lo stabilimento di Terni non sarebbe più economicamente sostenibile;
lo stabilimento di Terni della multinazionale LyondellBasell ha prodotto, nel 2009, a fronte di una capacità massima di 250mila, 205mila tonnellate di polipropilene, registrando un utile pari a 10 milioni di euro. Unico sito in Italia della multinazionale ad aver registrato un utile; da oltre 10 anni, lo stabilimento di Terni della multinazionale LyondellBasell, risulta essere il più produttivo d'Europa dal punto di vista economico e qualitativo;
la razionalizzazione degli impianti produttivi della multinazionale LyondellBasell, in Italia, interessa gli stabilimenti presenti a Brindisi, a Ferrara e a Terni;
dopo essere stato protagonista dello sviluppo della chimica italiana, il polo chimico temano ha subito numerosi processi di ristrutturazione e dimensionamento ed oggi occupa, tra diretti ed indiretti, oltre mille lavoratori;
la produzione dello stabilimento di Terni della multinazionale LyondellBasell rappresenta il fulcro dell'attuale polo chimico temano fornendo polipropilene ad altre attività produttive. La cessazione di tale produzione provocherebbe conseguenze immediate anche per altre due importanti aziende che dipendono dal polipropilene prodotto dalla Basell: la Treofan (180 dipendenti diretti) e la Meraklon (280 dipendenti diretti);
l'allarme creato dall'ipotesi di chiusura entro il 30 giugno 2010 annunciata dalla multinazionale LyondellBasell, non è

soltanto relativo all'occupazione che, in un periodo come l'attuale e in un territorio come quello ternano subirebbe conseguenze gravissime, ma rappresenta un ulteriore e durissimo colpo per la competitività della chimica italiana, ridimensionando capacità produttiva e quote di mercato del nostro Paese in un settore strategico fondamentale per lo sviluppo;
il direttore dello stabilimento di Terni, Gianluca Gori, ha recentemente affermato che Basell sarebbe pronta a prendere in considerazione offerte di acquisto, fermo restando che la chiusura dell'impianto temano è fissata al prossimo 30 giugno e che l'eventuale acquirente non diventi un concorrente ma si limiti ad una produzione di polipropilene strettamente necessaria a soddisfare il mercato locale (Treofan e Meraklon) che è pari a circa 80 mila tonnellate annue anche se la potenzialità del sito Basell di Terni è tre volte superiore;
il tessuto produttivo temano ha avanzato manifestazioni d'interesse, da valutare nelle sedi opportune, chiedendo l'apertura di un dialogo con l'attuale proprietà, al fine di salvare e rilanciare la produzione;
il gruppo LyondellBasell ha spedito lettere di cassa integrazione straordinaria a zero ore «per cessazione dell'attività» ai 115 dipendenti dello stabilimento ternano, dimostrando, in tal modo, la chiara volontà di accelerare il processo di dimensionamento anche a fronte delle richieste avanzate dal Governo italiano, dalle istituzioni locali, dalle organizzazioni sindacali e da numerosi soggetti privati;
il 22 aprile 2010 si è tenuta, presso lo stabilimento di Terni, la riunione del coordinamento nazionale dei lavoratori della Basell e tale coordinamento ha deciso di organizzare un'assemblea generale di tutti i lavoratori del polo chimico ternano per il giorno 29 aprile, di programmare uno sciopero dell'intero gruppo Basell e di organizzare una manifestazione che si terrà il 4 maggio a Roma e si concluderà in piazza Montecitorio di fronte alla Camera dei deputati -:
quale iniziativa il Ministro abbia, finora, assunto ed intenda ancora assumere per scongiurare la chiusura dello stabilimento di Terni;
se il Governo intenda assumere immediate iniziative volte alla riconvocazione del tavolo nazionale per salvaguardare con forza i livelli occupazionali e il polo chimico ternano.
(4-07033)

VIGNALI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13 della direttiva 2006/32/CE prevede che:
1. Gli Stati membri provvedono affinché, nella misura in cui sia tecnicamente possibile, finanziariamente ragionevole e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali, i clienti finali di energia elettrica, gas naturale, teleriscaldamento e/o raffreddamento e acqua calda per uso domestico, ricevano a prezzi concorrenziali contatori individuali che riflettano con precisione il loro consumo effettivo e forniscano informazioni sul tempo effettivo d'uso (...);
2. Gli Stati membri provvedono affinché, laddove opportuno, le fatture emesse dai distributori di energia, dai gestori del sistema di distribuzione e dalle società di vendita di energia al dettaglio si basino sul consumo effettivo di energia, e si presentino in modo chiaro e comprensibile. Insieme alla fattura sono fornite adeguate informazioni per presentare al cliente finale un resoconto globale dei costi energetici attuali. Le fatture, basate sul consumo effettivo, sono emesse con una frequenza tale da permettere ai clienti di regolare il loro consumo energetico;
il decreto legislativo n. 115 del 2008 che ha recepito la direttiva europea 2006/32/CE, all'articolo 17, comma 1, lettera c), ne ha rafforzato le disposizioni relative all'informazione al cliente finale circa i

propri consumi, stabilendo che «le imprese di distribuzione (omissis) provvedono ad individuare modalità che permettano ai clienti finali di verificare in modo semplice, chiaro e comprensibile le letture dei propri contatori, sia attraverso appositi display da apporre in posizioni facilmente raggiungibili e visibili, sia attraverso la fruizione dei medesimi dati attraverso ulteriori strumenti informatici o elettronici già presenti presso il cliente finale»;
il decreto legislativo n. 22 del 2007 che ha recepito la direttiva europea 2004/22/CE prevede l'applicazione dei requisiti essenziali e dei requisiti specifici ai gruppi di misura del gas destinati ad uso residenziale, commerciale e industria leggera, in particolare:
l'idoneità (punto 7 dell'allegato I al decreto legislativo n. 22 del 2007);
la protezione dall'alterazione (punto 8 dell'allegato I al decreto legislativo n. 22 del 2007);
l'indicazione del risultato (punto 10 dell'allegato I al decreto legislativo n. 22 del 2007),
lo stesso decreto legislativo n. 22 del 2007 ai punti 7 e 8 dell'allegato I:
distingue il software metrologico dal software ad esso collegato; per il software metrologico evidenzia i criteri per la sua identificazione, tenuta in sicurezza e protezione da alterazioni accidentali o intenzionali;
ammette che lo strumento di misura possa essere collegato ad un altro dispositivo purché le caratteristiche metrologiche dello strumento di misura non vengano influenzate in modo inammissibile dal dispositivo remoto che comunica con lo strumento di misura;
ammette che i dati di misurazione possano essere trasmessi a distanza, purché adeguatamente protetti da alterazioni accidentali o intenzionali;
sulla base delle precedenti disposizioni di legge e a seguito dell'emanazione di altri atti e disposizioni in materia, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, il 22 ottobre 2008 emanava la delibera ARG/gas 155/08 - «Direttive per la messa in servizio dei gruppi di misura del gas, caratterizzati da requisiti funzionali minimi e con funzioni di telelettura e telegestione, per i punti di riconsegna delle reti di distribuzione del gas naturale», che ha introdotto l'obbligo di un adeguamento progressivo dei gruppi di misura a nuovi principi e nuove funzionalità;
in particolare la citata delibera ARG/gas 155/08, prevede:
1. «di approvare le direttive per la messa in servizio dei gruppi di misura del gas per i punti di riconsegna delle reti di distribuzione del gas naturale (...);
2. che le attività di normazione funzionali alla diffusione della telegestione e della telelettura dei gruppi di misura del gas siano svolte dal Comitato italiano gas (CIG);
3. che le attività di cui al precedente punto 2 trovino spazio nell'ambito del protocollo d'intesa tra l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il CIG approvato con la deliberazione GOP 9/08; e comprendano:
a) l'aggiornamento della norma UNI/TS 11291 in relazione ai requisiti funzionali e ai protocolli di comunicazione tra il sistema centrale e i concentratori dati previsti dai presente provvedimento, prevedendo nel contempo l'estensione del campo di applicazione della stessa norma fino ai gruppi di misura di classe G10;
b) lo sviluppo dei documenti normativi aventi ad oggetto i requisiti funzionali previsti dal presente provvedimento per i gruppi di misura di classe inferiore a G10 e i protocolli di comunicazione tra i concentratori dati e i gruppi di misura;
c) lo sviluppo di eventuali altre norme correlate alla diffusione della tele

gestione e telelettura dei gruppi di misura del gas della distribuzione del gas naturale»;
come chiaramente indicato nella delibera ARG/gas 155/08, l'emanazione delle norme tecniche spetta al Comitato italiano gas, un ente che ricopre ruoli istituzionali in materia di normazione, prevenzione, formazione e informazione per la sicurezza negli utilizzi dei gas combustibili ed opera nell'elaborazione di norme tecniche per il settore dei gas combustibili su delega UNI in campo europeo (CEN) ed internazionale (ISO);
con la deliberazione GOP 9/08 è stata approvata la stipula di un Protocollo d'intesa tra l'Autorità e il CIG;
i gruppi di misura del gas, per poter essere immessi sul mercato, devono essere omologati e certificati secondo le leggi e le norme vigenti in materia di metrologia legale, immunità elettromagnetica e sicurezza;
delle otto specifiche tecniche in materia di misura oraria e tele gestione, previste dalla delibera ARG/gas 155/08, il CIG, ad oggi, ne ha emanate sei;
nonostante il CIG stia procedendo per dare completa attuazione al mandato ricevuto in ordine alla citata delibera ARG/gas 155/08, la mancanza delle due ultime specifiche tecniche potrebbe porre i fabbricanti dei gruppi di misura del gas nella condizione di non essere in grado di fornire ai propri clienti prodotti conformi alla delibera medesima in tempo utile all'attuazione di quanto in essa previsto e, i clienti, a loro volta, nella condizione di subire le previste sanzioni per non aver rispettato i termini della delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas -:
se il Ministro interrogato intenda, nell'ambito delle proprie prerogative, assumere iniziative affinché le previste specifiche tecniche di cui delibera ARG/gas 155/08, siano emanate dal CIG nel più breve tempo possibile, da un lato per consentire ai fabbricanti dei gruppi di misura del gas di fornire ai propri clienti prodotti conformi alla delibera medesima e dall'altro dare piena attuazione all'articolo 17, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 115 del 2008 che ha recepito la direttiva europea 2006/32/CE.
(4-07049)

...

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Realacci e altri n. 7-00238, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nicolais.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Fadda n. 4-01442, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni;

l'interrogazione a risposta in Commissione Fadda e altri n. 5-02399, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni;

l'interrogazione a risposta scritta Fadda e altri n. 4-05925, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni;

l'interrogazione a risposta scritta Fadda e altri n. 4-05926, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, dove intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni;

l'interrogazione a risposta scritta Fadda e altri n. 4-06187, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni;

l'interrogazione a risposta scritta Fadda e altri n. 4-06633, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Farina Coscioni.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Vico n. 3-00749 del 9 novembre 2009.