ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00701

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 439 del 10/06/2015
Firmatari
Primo firmatario: DI BATTISTA ALESSANDRO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 10/06/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GRANDE MARTA MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
BERNINI PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
FRUSONE LUCA MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
SIBILIA CARLO MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
RIZZO GIANLUCA MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
CORDA EMANUELA MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
SCAGLIUSI EMANUELE MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
TOFALO ANGELO MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
DEL GROSSO DANIELE MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015
BASILIO TATIANA MOVIMENTO 5 STELLE 10/06/2015


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Commissione: IV COMMISSIONE (DIFESA)
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 22/06/2015

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00701
presentato da
DI BATTISTA Alessandro
testo presentato
Mercoledì 10 giugno 2015
modificato
Martedì 30 giugno 2015, seduta n. 451

   La Commissione III e IV,
premesso che:
sul territorio italiano insistono almeno 50 installazioni militari americane (come può evincersi dal «Base Structure Report – Fiscal Year 2014 Baseline – A Summary of the Real Property Inventory» del Dipartimento della Difesa degli Stati) delle quali si possono considerare delle basi vere e proprie solo 7 e cioè Aviano, Ghedi, Vicenza, Livorno, Gaeta, Napoli e Sigonella;
è opinione dominante, della dottrina internazionalistica, quella secondo la quale il fondamento giuridico delle basi USA in Italia derivi dalla conclusione di accordi bilaterali in ambito NATO, e pertanto dovrebbero servire al perseguimento degli scopi del Trattato dell'Atlantico del Nord;
è possibile distinguere tra strutture militari della NATO e strutture USA: nel primo caso è necessario un accordo con lo Stato membro ospitante, nel secondo caso si procede comunque ad accordi bilaterali Italia-USA che sono stati ricondotti sotto la lettera dell'articolo 3 del Trattato Nato («Allo scopo di conseguire con maggiore efficacia gli obiettivi del presente Trattato, le parti, agendo individualmente e congiuntamente, in modo continuo ed effettivo, mediante lo sviluppo delle loro risorse e prestandosi reciproca assistenza, manterranno e accresceranno la loro capacità individuale e collettiva di resistere ad un attacco armato.»);
un autorevole esperto di diritto internazionale, Natalino Ronzitti, ha comunque evidenziato le difficoltà nel distinguere tra basi NATO e basi in uso agli Stati Uniti, sia perché nelle prime possono esistere aree riservate esclusivamente agli USA, sia perché gli accordi istitutivi delle altre installazioni americane in Italia sono coperti da segreto; per quest'ultime, infatti, è stata spesso utilizzata la procedura semplificata con la quale, come è noto, l'accordo entra immediatamente in vigore senza il successivo passaggio in Parlamento per l'autorizzazione alla ratifica del Presidente della Repubblica (articoli 80 e 87 Cost.), come invece avviene per gli accordi cosiddetti a forma solenne (per i quali si rende necessaria un apposita legge di ratifica);
al pari di questi ultimi, anche gli accordi internazionali in forma semplificata – almeno a partire dal 1984 – devono però essere pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale;
difatti, l'articolo 1 della legge 11 dicembre 1984, n. 839 (Norme sulla Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana) prevede che si inseriscono e si pubblicano nel testo integrale: gli accordi ai quali la Repubblica si obbliga nelle relazioni internazionali, ivi compresi quelli in forma semplificata;
risulta, tuttavia, che la predetta disposizione legislativa sia stata regolarmente disattesa;
ad esempio il contenuto dell'Accordo bilaterale sulle infrastrutture (BIA) – anche noto come «Accordo ombrello» – stipulato in forma semplificata tra Italia e USA in data 20.10.1954, non è mai stato reso pubblico;
alcuni accordi bilaterali, proprio come il citato BIA, hanno una elevata classifica di segretezza e non possono essere declassificati unilateralmente;
in sede parlamentare, difatti, stando a quanto riportato dai Ministri della difesa intervenuti in materia, gli accordi bilaterali con i quali installazioni militari italiane sono state messe a disposizione di forze alleate «hanno classifica di segretezza a livello di segreto», che entrambi i contraenti hanno l'obbligo di rispettare. Non è quindi possibile una loro divulgazione senza il preventivo consenso degli organi di sicurezza competenti delle due parti;
secondo l'orientamento della maggioritaria dottrina (Ronzitti, Mortati, Cassese, Barbera, Barile) i Trattati segreti sarebbero illegittimi;
si tratta di tesi che poggiano sulla ricostruzione dei principi costituzionali in materia e su quelli dei rapporti tra organi costituzionali (in particolare tra Governo, Presidenza della Repubblica e Parlamento): se è vero che, da un lato, tra i valori garantiti dalla Carta Costituzionale sono da ricomprendere anche la difesa e la sicurezza, dall'altro lato, questi stessi valori, non potranno mai portare al totale annullamento del principio democratico del controllo parlamentare sulla politica estera del governo;
in ogni caso il numero delle 50 basi, delle altre installazioni presenti sul territorio italiano e del personale militare e civile USA in Italia è altissimo; secondo quanto riportato dal sito Defense Manpower Data Center, alla data del 31 luglio 2013, si trovavano in Italia 11.963 militari statunitensi e 5.631 civili;
la Francia, a partire dal 1966 è fuoriuscita dalla struttura militare integrata, ponendo fine a tutti gli accordi conclusi con gli USA;
va considerato, infine, che le basi e le installazioni hanno, per l'Italia, costi sia diretti che indiretti;
il gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle con l'interrogazione a risposta in commissione 5-01979, a prima firma Paolo Bernini, ha chiesto al Ministro della difesa quali fossero i costi diretti e indiretti a carico del bilancio dello Stato, ma nella risposta fornita dal Sottosegretario di Stato alla Difesa non si fa menzione alcuna dei costi che l'Italia sarebbe costretta a sopportare in forza degli accordi bilaterali istitutivi di basi o installazioni militari USA;
viceversa, da un documento del Dipartimento della difesa USA denominato Allied Contributions to the Common Defense, anche se un po’, datato (2002), emerge come il contributo italiano agli USA, per il mantenimento delle basi sul territorio italiano, ammonterebbe a 366,6 milioni di dollari, importo equivalente al 41 per cento del costo sostenuto dagli Stati Uniti per le basi stesse (contributo ben più alto rispetto al 33 per cento sostenuto dalla Germania ed al 27 per cento a carico del Governo inglese);
la NATO, a partire dal cosiddetto Documento di Washington del 1999, ha mutato e ampliato i propri scopi, con possibile rischio di incompatibilità con l'articolo 11 Cost.;
il predetto Documento del 99 – approvato al vertice di Washington del 23-25 aprile 1999 – e il successivo documento approvato dal vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'Alleanza tenutosi a Lisbona il 19 e il 20 novembre 2010, hanno ampliato i poteri e gli scopi della Nato introducendo la possibilità di effettuare missioni cosiddette, operazioni «non-Articolo 5» che vanno, dunque, oltre quelle di legittima difesa collettiva a favore di uno stato membro;
ciò comporta una proiezione delle azioni NATO verso aree e territori di Paesi terzi rispetto all'Alleanza Atlantica (come è successo, ad esempio, in Kossovo, in Afghanistan e in Libia) con la conseguenza che le basi militari in Italia potrebbero essere utilizzate per scopi non soltanto difensivi con possibili violazioni dell'articolo 11 Cost.;
va considerato, inoltre, che in Italia sembra che siano custodite tra le 70 e le 90 armi nucleari anche se un dato ufficiale non è mai stato fornito; gli ordigni nucleari fanno parte del deterrente nucleare Usa e dell'Alleanza atlantica, e come riportato da più fonti sarebbero site nelle basi di Aviano e Ghedi Torre;
in riscontro all'interrogazione a risposta scritta 4-01188, a prima firma della deputata Basilio, il Ministro della difesa pro-tempore Mauro evidenziava che con riferimento alla questione della presenza di armi nucleari in Europa, si fa rilevare che l'Alleanza, pur mantenendo un atteggiamento assolutamente trasparente sulla propria strategia nucleare e sulla natura del proprio dispositivo in Europa, non può agire, tuttavia, a discapito della sicurezza di questo dispositivo e della riservatezza che è indispensabile avere in relazione ai siti, la loro dislocazione, i quantitativi e la tipologia di armamento in essi contenuti. Una riservatezza che non può essere violata unilateralmente da un singolo paese dell'Alleanza, perché la deterrenza nucleare è un bene ed un onere collettivo che lega collegialmente tutti i paesi alleati. La tipologia e la qualità delle informazioni rilasciabili sugli armamenti nucleari è quindi una decisione politica collettiva ed unanime degli alleati, cui nessun Paese può sottrarsi, pena la violazione del patto di alleanza liberamente sottoscritto e del vincolo di riservatezza che da esso ne discende;
a tal riguardo – a prescindere dai possibili profili di incompatibilità dell'esistenza di armi atomiche in Italia con il TNP (Trattato di non-proliferazione nucleare) – si ritiene che le armi nucleari presenti sul territorio italiano possano rappresentare un pericolo per la salute dei cittadini che vivono nei pressi di una base con armamenti nucleari al suo interno e che, pertanto, i cittadini italiani abbiano il diritto di sapere dove si trovino, in che quantità siano presenti in Italia e con che modalità siano custodite;
già in data 15 maggio 2012, con la mozione n. 1-00971 a prima firma dell'onorevole Federica Mogherini, attuale Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, il Parlamento ha impegnato il Governo a sostenere l'adozione di misure di trasparenza da parte dell'Alleanza Atlantica in materia di arsenali nucleari e l'ulteriore riduzione del numero di armi nucleari tattiche presenti sul territorio europeo,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa necessaria a impedire l'installazione di nuove basi militari NATO e USA in Italia; a rendere di pubblico dominio il numero e l'ubicazione di tutte le installazioni e basi militari NATO e USA in Italia;
a rendere di pubblico dominio tutti i costi diretti e indiretti a carico del bilancio dello Stato in relazione a ogni singola base e installazione sul territorio italiano;
a pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale, ai sensi della legge 839 del 1984, tutti gli accordi bilaterali conclusi a far data dell'entrata in vigore della legge stessa e, comunque, a rendere di pubblico dominio il contenuto di tutti gli accordi bilaterali Italia-USA relativi alle basi e alle installazioni che si trovano sul territorio italiano;
conseguentemente, ad attivarsi, nei confronti del Governo USA, al fine di ottenere il consenso alla declassificazione di tutti gli accordi bilaterali concernenti basi e/o installazioni militari in Italia;
ad attivarsi in ogni sede competente, in primo luogo in ambito NATO, al fine di eliminare la segretezza sulle informazioni relative alle armi nucleari situate in Italia e, conseguentemente, a fornire il loro numero ufficiale e la loro ubicazione nonché a indicare i costi a carico dell'Italia per la detenzione dell'arsenale.
(7-00701) «Di Battista, Frusone, Sibilia, Rizzo, Spadoni, Corda, Scagliusi, Manlio Di Stefano, Tofalo, Grande, Paolo Bernini, Del Grosso, Basilio».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

accordo bilaterale

arma nucleare

NATO