ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00107

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 626 del 26/04/2012
Abbinamenti
Atto 6/00106 abbinato in data 26/04/2012
Atto 6/00108 abbinato in data 26/04/2012
Atto 6/00109 abbinato in data 26/04/2012
Firmatari
Primo firmatario: DOZZO GIANPAOLO
Gruppo: LEGA NORD PADANIA
Data firma: 26/04/2012


Stato iter:
26/04/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 26/04/2012
Resoconto CICCANTI AMEDEO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
 
INTERVENTO GOVERNO 26/04/2012
Resoconto POLILLO GIANFRANCO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 26/04/2012
Resoconto LA MALFA GIORGIO MISTO-LIBERAL DEMOCRATICI-MAIE
Resoconto NICCO ROBERTO ROLANDO MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto IANNACCONE ARTURO MISTO-NOI PER IL PARTITO DEL SUD LEGA SUD AUSONIA
Resoconto COMMERCIO ROBERTO MARIO SERGIO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD
Resoconto OSSORIO GIUSEPPE MISTO-REPUBBLICANI-AZIONISTI
Resoconto TABACCI BRUNO MISTO-ALLEANZA PER L'ITALIA
Resoconto BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI
Resoconto MORONI CHIARA FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Resoconto CICCANTI AMEDEO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
Resoconto SIMONETTI ROBERTO LEGA NORD PADANIA
Resoconto BARETTA PIER PAOLO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto CASERO LUIGI POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto ARGENTIN ILEANA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 26/04/2012

DISCUSSIONE IL 26/04/2012

DICHIARATO PRECLUSO IL 26/04/2012

CONCLUSO IL 26/04/2012

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00107
presentata da
GIANPAOLO DOZZO
testo di
giovedì 26 aprile 2012, seduta n.626

La Camera,
esaminato il Documento di economia e finanza (DEF) 2012;
premesso che:
il Consiglio dei ministri ha recentemente approvato il Documento di economia e finanza (DEF) 2012, il più importante documento di programmazione della politica economica nazionale che delinea, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo;
il quadro aggiornato di finanza pubblica per il periodo 2012-2015 contenuto nel DEF evidenzia come le misure adottate nella seconda metà del 2011 dovrebbero consentire di raggiungere nel 2013 il pareggio di bilancio in termini strutturali, ossia al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum, in conformità con l'obiettivo concordato in sede europea e come il raggiungimento di questo obiettivo, già calendarizzato peraltro dal precedente Governo, passi tuttavia anche attraverso ulteriori operazioni, come l'introduzione del vincolo del pareggio di bilancio nell'ordinamento costituzionale, come la ripresa del surplus, che nel 2013 sarà pari allo 0,6 per cento, parimenti ad un avanzo primario che nel 2015 raggiungerà il 5,7 per cento, in significativo incremento rispetto all'1,0 per cento del 2011 e al 3,6 per cento dell'anno in corso;
lo stesso pareggio di bilancio che il Governo attende raggiungere nel prossimo anno sarà tuttavia parziale, dal momento che con un deficit pari allo -0,5 per cento, vengono soddisfatte le condizioni imposte a livello europeo, che fissano a tale livello il close to balance, mentre il deficit zero, che avrebbe dovuto realizzarsi nel 2013, dovrebbe essere raggiunto solo nel 2015 anche se, secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale (FMI), le stime del Governo italiano sono troppo ottimiste, tanto che il tanto atteso pareggio non arriverebbe prima del 2017;
il pareggio di bilancio, così come conseguito, non appare certamente virtuoso, dal momento che l'equilibrio generato dalle manovre, caratterizzato da una forte asimmetria tra gli effetti restrittivi prodotti dalla manovra di bilancio e l'impatto virtuoso delle misure di sostegno all'economia, appare assolutamente instabile, anche in ragione del fatto che l'elevato livello di entrate e di spese pubbliche, unito all'inflazione, in rapida ascesa, congiuntamente ad una compressione del reddito disponibile delle famiglie e delle imprese, non potrà che determinare una repentina caduta della propensione al consumo, con effetti recessivi sul PIL nazionale;
nel quadro finanziario esposto nel DEF, l'equilibrio dei conti è infatti affidato esclusivamente ad interventi di tipo correttivo, il cui gettito è stimato in 50 miliardi per il 2012, oltre 75 nel 2013 e 81 nel 2014 e affidati quasi esclusivamente alla componente fiscale, costituita da oltre l'82 per cento dei 50 miliardi di euro stimati nel 2012, quasi il 70 per cento nel 2013 e oltre il 65 per cento nel 2014, così da far prevedere come logica conseguenza l'aumento della pressione fiscale per tutto il prossimo triennio;
l'urgenza del riequilibrio dei conti si è perciò tradotta, per il Governo, nel ricorso all'inasprimento del prelievo fiscale, forzando una pressione già fuori linea con il confronto europeo e innescando le condizioni per ulteriori effetti recessivi indotti dalle medesime restrizioni di bilancio, in quanto l'attuale rischio è rappresentato da un impoverimento dei benefici attesi dalle manovre e il conseguente utilizzo di nuovi adeguamenti alle manovre correttive già in atto;
le previsioni contenute all'interno del documento finanziario in merito all'indebitamento stimano come quest'ultimo, nel 2012, dovrebbe scendere al -1,7 per cento, al di sotto dunque del valore di riferimento del 3 per cento, per ridursi poi ulteriormente negli anni successivi fino a stabilizzarsi su una situazione di pareggio nel 2015, anche se il documento presenta un contesto economico generale caratterizzato da un deterioramento delle condizioni economiche laddove, nel 2012, il PIL viene previsto in decrescita di 1,2 per cento, un valore che aggiorna negativamente le previsioni di crescita del prodotto precedentemente previste a dicembre e rivedendo al ribasso di 0,8 punti percentuali le stime sull'andamento dell'economia italiana per il 2012;
la negativa prospettiva del PIL si inserisce all'interno di una marcata contrazione dei consumi privati che segnano un ribasso di 1,7 punti percentuali per l'anno in corso, congiuntamente alla riduzione della domanda interna (-1,8 per cento) e contestualmente ad un andamento congiunturale dei consumi atteso permanere debole per tutto il primo semestre del 2012, in ragione proprio della debolezza della domanda interna;
il documento di finanza pubblica 2012 certifica ancora una volta come il debito pubblico nazionale rappresenti ancora oggi il vero fardello della finanza pubblica italiana, allorché questo indice raggiungerà per l'anno in corso il 120,3 per cento del PIL con una stima di decrescita solo a partire dal 2013, mentre appare molto preoccupante anche il dato sul tasso di disoccupazione, che evidenziano che solo nel 2014 scenderà sotto il 9 per cento (e nell'anno successivo arriverà all'8,6 per cento), dopo esser salito al 9,3 per cento nell'anno in corso ed al 9,2 per cento nel 2013;
non appare chiaro se e in quale misura il DEF tenga conto del presumibile rallentamento dell'economia nazionale, anche in considerazione dell'aumento del carico tributario derivante dalle ultime disposizioni governative come l'introduzione dell'IMU sui proprietari di immobili, e in ragione del fatto che la pressione fiscale viene stimata aumentare dal 42,5 per cento del 2011 al 45,1 per cento del 2012, prima di raggiungere l'apice tra il 2013 e il 2014, quando il carico tributario dovrebbe superare i 45 punti percentuali, un livello di tassazione tanto elevato che, oltre a determinare una logica compressione del reddito disponibile delle famiglie, causerà un effetto recessivo indotto, tanto elevato da erodere larga parte della correzione netta derivante dalle manovre di riequilibrio;
il quadro delineato dal Governo all'interno del DEF appare nettamente più ottimistico rispetto a quello tracciato dal FMI, secondo il quale il 2013 sarà un anno di estrema difficoltà per l'Italia, dove si assisterà, almeno fino alla parte conclusiva dell'anno, ad un decremento del PIL, con la conseguente dilazione temporale del close to balance (dal prospettato 2013 al 2017 ed oltre) ed una ripresa dell'economia nazionale che non potrà aver luogo prima della conclusione dello stesso 2013, evidenziando perciò come, al di là di una ripresa debole e posticipata nel tempo rispetto a quanto preventivato dal Governo, ciò che manchi nel Paese sia una crescita economica sostenibile e duratura;
la situazione dell'economia italiana è particolarmente difficoltosa in ragione del fatto che le stime evidenziano l'esistenza di due aspetti la cui congiunzione è particolarmente negativa, ovvero il debito pubblico molto alto e la crescita zero, e la cui congiunzione, verificatasi anche nella Grecia pre-crisi, obbliga il Governo italiano, sempre secondo FMI, a prospettare delle scelte in materia di tagli alla spesa pubblica, così come operato da Atene qualche mese addietro;
nel paese ellenico la situazione è stata ed è tuttora estremamente preoccupante, anche in ragione del continuo declassamento ad opera delle agenzie di rating che evidenzia la debolezza della governance europea, incapace di adottare strumenti finalizzati ad evitare l'inasprirsi del divario dei differenziali di spread fra i paesi europei, che aggrava la spesa per interessi dei paesi in difficoltà, a proteggere la moneta unica, a limitare la rigidità e l'egemonia tedesca, ma soprattutto a fronteggiare e preservare l'area euro dagli attacchi speculativi, e che dimostra altresì l'incapacità di difendere l'economia europea dalle conseguenze dell'attuale crisi finanziaria, comprovando altresì una lentezza e una strategia economica non adeguata al mutato assetto del mercato finanziario ed economico internazionale;
la difficoltà della situazione è tale per cui il governo ellenico si è visto costretto a raggiungere un accordo con gli investitori privati che possiedono titoli greci al fine di effettuare l'haircut selettivo che tuttavia, nonostante determini perdite per circa il 70 per cento per i privati e una riduzione del debito greco per oltre cento miliardi, non è stato in grado di far riprendere l'economia ellenica, tanto è vero che nel corso dell'ultimo trimestre del 2011 il PIL della Grecia, così come riportato da un recente provvedimento dell'ufficio di statistica nazionale greco, ha evidenziato una contrazione del 7 per cento rispetto al medesimo periodo del 2010 e che tale dato, perfino peggiore dello stimato 6 per cento di qualche mese fa, segna il costante indebolimento dell'economia greca, in recessione ormai da cinque anni consecutivi, così che la possibilità che la Grecia compia un default «disordinato» è una eventualità sempre più concreta che alimenta, a sua volta, il rischio di un contagio verso altri paesi europei in difficoltà e l'inizio di un effetto domino sull'economia europea i cui rischi sarebbero difficilmente preventivabili;
paradossalmente, nell'attuale fase di stagnazione economica, un approccio basato sul rigore e austerità è una peculiarità tipica dell'Europa, dal momento che negli Stati Uniti, per contrastare l'urto di una grave crisi dapprima finanziaria e poi anche economica, sono stati avviati massicci programmi per il sostegno della domanda attraverso il ricorso alla leva della finanza pubblica, mentre analoghe considerazione possano essere fatte per quanto riguarda le differenze nella conduzione delle politiche monetarie da parte delle autorità statunitensi e di quelle europee, laddove si evidenzia una marcata divergenza tra le due impostazioni, per cui l'Europa si caratterizza sempre di più come l'area in costante affanno e sotto pressione per l'attacco sempre più aggressivo della speculazione;
non vi è dubbio alcuno come l'incremento stabile e duraturo dei tassi di crescita non può ottenersi se non affrontando i nodi strutturali del sistema economico, mentre appare auspicabile come si possa avviare a livello europeo, con la massima tempestività, un serio e approfondito confronto che consenta di integrare e arricchire la linea di contrasto alla crisi nell'intento di assumere una più ampia prospettiva diretta ad invertire le attuali tendenze recessive, riconsiderando, specificatamente, la possibilità di utilizzare in modo più attivo gli strumenti della politica economica ed evitare così il continuo ed imperversante depauperamento della popolazione europea;
l'attuale mancanza di margini per interventi di sostegno allo sviluppo, e la contemporanea prospettiva di un aumento considerevole della pressione fiscale, rendono quindi le previsioni per la crescita dei prossimi anni in Italia ed in Europa particolarmente preoccupanti e tali da mettere in discussione il conseguimento degli obiettivi conclamati nel DEF stesso, anche in ragione del fatto che la situazione economica non appare assolutamente stabilizzata e le tendenze dei prossimi mesi, anche alla luce delle nuove imposte gravanti sui contribuenti, restano caratterizzate da estrema incertezza;
l'aspetto cruciale è evidentemente, pertanto, quello relativo alla crescita che, a sua volta, si ripercuote sull'evoluzione dei saldi di finanza pubblica, mentre, per mostrare ottemperanza alle regole europee vengono conclamati obiettivi eccessivamente positivi sui deficit peraltro perseguiti solo attraverso la leva fiscale, rispetto a quanto sarebbe necessario per ricondurre il nostro rapporto debito/Pil sulla via di una riduzione, tanto che nella quasi totale assenza di misure incisive di sostegno allo sviluppo appare assolutamente impensabile che la manovra realizzi i suoi positivi effetti nella sua interezza,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative per riprendere celermente il processo di riforma federalista avviato dal precedente Governo la cui sospensione, oltre a determinare un irrigidimento della struttura della finanza locale, non consente allo Stato di conseguire i positivi effetti derivanti dall'applicazione della riforma che consentirebbe di avere quelle risorse economiche e finanziarie necessarie per ridurre la spesa pubblica e finanziare i nuovi investimenti;
ad impegnarsi presso le opportune sedi europee per avviare una discussione sulla necessità per l'Unione europea di condurre politiche più ambiziose e concrete sul versante della crescita, posto che politiche di risanamento della finanza pubblica, come l'entrata in vigore del cosiddetto fiscal compact, non possono essere le sole misure atte a fronteggiare la crisi finanziaria, tanto più se a queste non si accompagna una crescita economica adeguata, e a promuovere l'attribuzione alla Bce di poteri di intervento sul sistema economico, simili a quelli di cui dispongono la Federal Reserve o la Bank of England, e di cui godeva altresì, prima della nascita della stessa Bce, la Banca d'Italia;
a promuovere adeguate politiche industriali finalizzate allo sviluppo dei settori produttivi a più alta intensità tecnologica, impostando una manovra in grado di ridurre la pressione fiscale per le PMI, prevedendo al contempo una riduzione dell'Irap, sostenendo la riconversione ecologica del nostro sistema produttivo con nuovi contributi alle aziende operanti nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, sorreggendo ulteriormente il made in italy, al fine di valorizzare le eccellenze produttive della nostra economia, promuovendo l'immagine all'estero;
ad assumere iniziative dirette ad ampliare l'accesso al credito alle imprese e alle famiglie, attraverso la separazione tra banche commerciali e d'affari, nonché adottando misure che indirizzino gli istituti di credito che abbiano avuto accesso al rifinanziamento posto in essere dalla Bce a destinare dette risorse al finanziamento del sistema produttivo, in particolare delle piccole e medie imprese;
a sostenere il finanziamento delle opere pubbliche, anche attraverso l'alleggerimento del computo dei saldi riguardanti il rispetto del Patto di stabilità interno, per il quale andrebbe repentinamente finalizzata una concreta riforma, della spese per investimenti per i comuni virtuosi, prevedendo al contempo misure concrete finalizzate a garantire nei tempi legalmente previsti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese, così da attuare nel nostro ordinamento le vigenti indicazioni comunitarie, e adottare le opportune misure finalizzate a favorire la rapida corresponsione dei debiti di fornitura contratti dalle pubbliche amministrazioni, con priorità a favore delle imprese piccole e medie imprese;
a ridurre concretamente la spesa pubblica, in attuazione del principio della spending review inserito nel decreto-legge n. 138 del 2011, tramite opportune e concrete misure finalizzate ad una ripresa dell'economia nazionale, quali una riduzione netta dei consumi intermedi delle pubbliche amministrazioni con un taglio a carico delle amministrazioni centrali, la razionalizzazione delle strutture pubbliche inefficienti e la riduzione delle spese militari, i cui risparmi di spesa potrebbero dare luogo alla riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese, oltre che un contrasto deciso alle inefficienze, soprattutto nella pubblica amministrazione, interrompendo allo stesso tempo quelle politiche governative caratterizzate dall'austerità e dal rigore che si sono dimostrate, laddove attuate come in Grecia, inefficaci al raggiungimento dell'obiettivo proposto, ma che anzi hanno rallentato anche nel paese ellenico il percorso di ripresa economica;
ad adottare misure dirette ad aumentare la capacità di spesa per consumi delle famiglie a basso reddito;
ad assumere iniziative dirette a sostenere l'internazionalizzazione delle imprese di piccola e media dimensione, valorizzando le competenze delle strutture specializzate nel sostegno alle esportazioni e favorendo altresì le aziende operanti nel settore delle energie rinnovabili, riproponendo gli incentivi per il risparmio energetico;
ad impegnarsi a sollevare nell'ambito dell'UEM l'esigenza di introdurre alcune misure di stimolo della ripresa economica attraverso l'utilizzo di strumenti finanziari, impostando al contempo manovre straordinarie rivolte all'abbattimento del debito pubblico, quali discussioni mobiliari e immobiliari e costituzione di fondi di investimento, così da liberare risorse da utilizzare in investimenti aggiuntivi in grado di accelerare il ritmo di crescita dell'economia nazionale, senza pregiudicare gli equilibri-squilibri di finanza pubblica, così da innescare, di fatto, nel sistema economico risorse capaci di dare impulso alla ripresa dell'economia italiana;
considerando, anche alla luce dell'affermazione elettorale in diversi paesi europei di visioni politiche come quella di Hollande in Francia, che mettono in discussione l'impianto europeo così come è oggi configurato, le sue politiche monetarie ed economiche, fino ad arrivare a vera e propria manifestazioni di antieuropeismo e proposte di uscita dell'Unione europea, mentre cresce tra gli economisti, i politici e gli esperti la convinzione che le politiche di rigore a tutti i costi, il dogma del pareggio di bilancio e l'entrata in vigore del fiscal compact avranno inevitabili effetti recessivi che comporteranno un impoverimento devastante dell'economia europea che vanificherebbe anche i risultati in termini di riduzione del debito, bloccando ogni possibilità di investimento, di ripresa dell'economia e della competitività del nostro sistema produttivo, si impegna a valutare a fondo l'opportunità per il nostro Paese di continuare a perseguire la strada delineata attualmente dalle politiche di bilancio imposte dall'Unione europea a scapito di ogni possibilità di ripresa dell'economia, delle dinamiche del mercato del lavoro, degli investimenti per il futuro, fino a considerare anche gli scenari che si aprirebbero nel caso di possibile dissolvimento dell'area economica e monetaria dell'euro.
(6-00107) «Dozzo».