ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00059

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 144 del 19/03/2019
Abbinamenti
Atto 6/00055 abbinato in data 19/03/2019
Firmatari
Primo firmatario: FORNARO FEDERICO
Gruppo: LIBERI E UGUALI
Data firma: 19/03/2019


Stato iter:
19/03/2019
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 19/03/2019
Resoconto CONTE GIUSEPPE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 19/03/2019
Resoconto FUSACCHIA ALESSANDRO MISTO-+EUROPA-CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto LORENZIN BEATRICE MISTO-CIVICA POPOLARE-AP-PSI-AREA CIVICA
Resoconto TONDO RENZO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI
Resoconto FORNARO FEDERICO LIBERI E UGUALI
Resoconto DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto BERGAMINI DEBORAH FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto SCALFAROTTO IVAN PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto ZOFFILI EUGENIO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto SCERRA FILIPPO MOVIMENTO 5 STELLE
 
PARERE GOVERNO 19/03/2019
Resoconto FRACCARO RICCARDO MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (RAPPORTI PARLAMENTO E DEMOCRAZIA)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 19/03/2019

DISCUSSIONE IL 19/03/2019

NON ACCOLTO IL 19/03/2019

PARERE GOVERNO IL 19/03/2019

RESPINTO IL 19/03/2019

CONCLUSO IL 19/03/2019

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00059
presentato da
FORNARO Federico
testo di
Martedì 19 marzo 2019, seduta n. 144

   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo;
   premesso che:
    all'ordine del giorno del Consiglio europeo sono previsti i seguenti argomenti:
   occupazione, crescita e competitività;
   cambiamenti climatici;
   relazioni esterne;
    i leader dell'UE riesamineranno inoltre i progressi compiuti nella lotta alla disinformazione e la necessità di proteggere l'integrità democratica delle elezioni europee e nazionali in tutta l'UE;
   osservato che:
    risulta evidente che la riunione del Consiglio europeo è il momento finale di un processo politico nel quale pochi margini avanzano per discutere o rimettere in discussione quanto è stato già deciso oppure non accettato;
    non ha un'utilità concreta, quindi, affidare indirizzi su specifici argomenti a risoluzioni approvate dal Parlamento nell'imminenza del Consiglio europeo. Tali indirizzi e orientamenti del Parlamento andrebbero manifestate e approvate in un momento precedente, quando ancora sia possibile vincolare o indirizzare le scelte del Governo in ambito europeo;
   considerato che:
    il Consiglio europeo affronterà le priorità per il semestre europeo 2019 e sarà invitato ad approvare la raccomandazione sulla politica economica della zona euro;
    la Commissione europea ha presentato il 6 dicembre 2017 una proposta di direttiva con le seguenti proposte:
   trasformare il Meccanismo europeo di stabilità (ESM) in un Fondo monetario europeo diventando un organismo comunitario con il compito di intervenire sia a sostegno dei Paesi in difficoltà finanziarie sia degli istituti di credito, ma non per tutelare i depositanti;
   inglobare il Fiscal compact (attualmente trattato intergovernativo) nella legislazione comunitaria, rendendo giuridicamente più stringenti gli impegni per deficit strutturale e debito;
   istituire un Ministro delle finanze e dell'economia europeo trasformando il Presidente dell'Eurogruppo in Vice Presidente dell'Esecutivo comunitario, con nessun compito di rilancio dell'economia e degli investimenti ma come controllore delle politiche di bilancio dell'eurozona;
   inserire all'interno del bilancio comunitario una linea di bilancio dedicata alla zona euro, senza che sia previsto nessun aumento delle risorse;
    tali proposte sono state discusse presso le Aule parlamentari nel momento di transizione tra le due legislature, ed andrebbero dunque riviste con maggiore attenzione data la portata del tema;
    inoltre hanno trascurato un ripensamento dell'attuale funzionamento dell'Unione Economia e Monetaria, che ha determinato diseguaglianze importanti, a livello territoriale, sia sul piano economico che sociale;
   considerato, inoltre, che:
    la Commissione europea ha pubblicato il 27 febbraio 2019 il winter package (pacchetto d'inverno) del Semestre europeo concernente l'analisi della situazione economica e sociale negli Stati membri. Quanto ai principali contenuti, le Relazioni evidenziano che l'Italia rientra tra i paesi che presentano «squilibri eccessivi» (insieme a Cipro e alla Grecia). L'attuale fase di prospettico deterioramento del quadro macroeconomico internazionale e la strutturale debolezza dell'economia italiana richiederebbero l'implementazione di rigorose politiche atte a contrastare la fase depressiva del ciclo e, contestualmente, a sostenere la produttività e la crescita potenziale. I tassi di disoccupazione rimangono superiori alla media UE, e desta preoccupazione la dinamica delle assunzioni guidate principalmente da contratti a tempo determinato con una durata mediana inferiore a 12 mesi;
    il Consiglio europeo ha invitato a intensificare gli sforzi per realizzare progressi in una serie di settori, tra cui il mercato unico digitale. I leader dell'UE hanno inoltre richiesto una valutazione degli ostacoli rimanenti e delle opportunità per la realizzazione di un mercato unico pienamente funzionante; ciò stimolerebbe la competitività, l'innovazione e la sostenibilità;
    nel 2017, nella fascia d'età 30-34 anni la quota di laureati è del 27,9 per cento: dato che vede l'Italia al penultimo posto tra i 34 Paesi Ocse, davanti solo alla Turchia (27,3 per cento). La media UE è del 40,6 per cento. Tale andamento richiederebbe di essere invertito attraverso politiche energiche, la cui assenza compromette occupazione, crescita e competitività. Tra i Paesi membri dell'Unione Europea l'Italia si colloca al terzultimo nella classifica della spesa destinata all'istruzione: il 4 per cento del Pil, sotto di quasi un punto percentuale rispetto alla media della Ue (4,9 per cento) e poco più della metà di quanto investito da Danimarca (7 per cento), Svezia (6,5 per cento) e Belgio (6,4 per cento). Peggio dell'Italia fanno solo la Romania (3,1 per cento) e l'Irlanda (3,7 per cento);
   osservato che:
    l'evidenza crescente dei cambiamenti climatici pone minacce senza precedenti per la biosfera, la disponibilità e l'approvvigionamento di alimenti e di acqua, le condizioni di vita e lo sviluppo economico. Le conseguenze a breve termine possono destabilizzare la comunità internazionale e costituire il movente per la crescita esponenziale dei flussi migratori, nonché contribuire ad alimentare tensioni o conflitti che già si manifestano con evidenza sullo scenario internazionale;
    oltre all'aumento medio globale della temperatura dell'atmosfera desta particolare preoccupazione per il nostro Paese il trend osservato nell'area mediterranea, con un incremento superiore a quello globale, ed un'anomalia registrata nel 2018 dal Consiglio Nazionale delle Ricerche pari a 1,58 gradi centigradi al di sopra della media storica, un evidente incremento dei fenomeni metereologici estremi, dei fenomeni di desertificazione e dei disastri naturali, con costi crescenti per la comunità nazionale;
    l'accordo di Parigi sul clima, raggiunto il 12 dicembre 2015 da 195 Paesi nell'ambito della Cop 21 ed entrato in vigore il 4 novembre 2016, definisce l'obiettivo da raggiungere nel contenere l'aumento della temperatura media globale entro un grado e mezzo rispetto al livello precedente alla rivoluzione industriale, nonché garantire un processo di monitoraggio e revisione periodica degli obiettivi necessario a indirizzare i singoli contributi nazionali verso l'obiettivo condiviso;
    il procedimento attuativo dell'accordo di Parigi ha evidenziato ritardi ed esplicite resistenze di alcuni dei principali Paesi responsabili delle emissioni climalteranti e la più recente Conferenza sul clima (COP24) tenutasi a Katowice nel dicembre 2018 ha purtroppo confermato la scarsa efficacia ad oggi degli impegni assunti, in un contesto normativo non sufficiente vincolante rispetto alla gravità dell'evoluzione climatica in corso;
    attraverso il suo quadro 2030 per il clima e l'energia, l'Unione europea si è impegnata a conseguire entro il 2030 l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 40 per cento al di sotto dei livelli del 1990, migliorare l'efficienza energetica del 27 per cento (obiettivo indicativo da rivedere nel 2020), e aumentare la quota di consumo finale di energia proveniente da fonti rinnovabili del 27 per cento;
    il Parlamento europeo, con una specifica risoluzione legislativa, ha indicato in proposito obiettivi per il 2030 più ambiziosi, con una quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale di energia pari al 30 per cento e un aumento del 40 per cento dell'efficienza energetica;
    l'Italia deve rendersi protagonista di una efficace iniziativa in sede europea finalizzata ad accelerare la transizione energetica e il graduale superamento dei combustibili fossili, con l'obiettivo di adeguare la risposta della comunità internazionale al drammatico livello di rischio che la comunità scientifica, ormai in maniera unanime, ha evidenziato nella progressione del riscaldamento climatico con i ritmi attuali. Sinora, nonostante negli scorsi anni una parte della maggioranza di Governo abbia richiesto a gran voce un cambiamento incisivo nelle politiche ambientali del nostro Paese, l'atteggiamento di massima è risultato piuttosto timido, contraddittorio e, in alcuni casi, del tutto insoddisfacente;
    come ha recentemente ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non è più tempo di proclami o incertezze: sono necessari, invece, «attenta regia e di solidarietà internazionali, per affrontare quei comportamenti che contribuiscono a cambiamenti climatici dalle gravi conseguenze». Nella medesima occasione, il Presidente Mattarella ha altresì riconosciuto come «Gli sforzi compiuti nelle diverse conferenze internazionali, che si sono succedute, hanno, sin qui, conseguito risultati significativi ma parziali e ancora insufficienti. In secondo luogo, sul terreno delle concrete pratiche da parte delle istituzioni locali e nazionali, vanno respinte decisamente tentazioni dirette a riproporre soluzioni già ampiamente sperimentate in passato con esito negativo, talvolta premessa per futuri disastri»;
   rilevato che:
    sulla Brexit, tra il 14 e il 22 novembre 2018 i negoziatori britannici ed europeo Bamier hanno concluso l'intesa - approvata nella riunione del 26 novembre 2018 dal Consiglio dell'UE - che reca un accordo di recesso e una dichiarazione politica per le future relazioni;
    successivamente, il voto sulla nuova mozione governativa (il cosiddetto Plan B), che impegna l'Esecutivo a ricercare con l'Unione europea un accordo di recesso e una dichiarazione politica sulle future relazioni, con la modifica di talune delle condizioni precedentemente pattuite (con particolare riferimento al cosiddetto backstop irlandese), è stato programmato per il 29 gennaio 2019;
    nel pomeriggio del 30 gennaio 2019, tuttavia, in esito alla riunione della Commissione europea, il presidente Junker, ha fatto sapere che non vi sono margini per un nuovo negoziato e che anzi la Commissione ha adottato le «contingency proposals» (misure contingenti) per l'eventualità del No deal, ritenuto ormai assai probabile. Tra le misure indicate, v’è l'assistenza agli Stati membri per affrontare le tematiche amministrative dei loro cittadini nel Regno Unito;
    alla vigilia del voto del 12 marzo si è avuto un nuovo incontro tra Theresa May – da un lato – e – dall'altro – Michel Bamier e Jean-Claude Junker che, all'esito, ha rilasciato una dichiarazione che riferisce che all'accordo del 26 novembre viene allegato uno «strumento interpretativo»;
    la giornata del 12 marzo si è conclusa con il voto, che ha visto soccombere la mozione avanzata dal gabinetto May per 391 voti contrari a 242 (con un leggero incremento in favore del Governo rispetto al 15 gennaio ma pur sempre con il considerevole scarto di 149 voti). Theresa May ha fatto sapere in serata che non intendeva dimettersi e che i voti sarebbero ripresi il 13 marzo con l'opzione del No deal;
    nella serata del 13 marzo Westminster ha approvato una mozione (con 312 deputati contro 308) non vincolante che chiede al Governo di escludere in ogni circostanza e in qualsiasi momento l'ipotesi del No Deal;
    il governo di Theresa May ha visto, in data 14 marzo, un parziale successo alla Camera dei Comuni col via libera - 412 i si, 202 i no – a una mozione che gli consentirà di chiedere all'Unione europea un rinvio «breve» della Brexit, dal 29 marzo al 30 giugno, con l'obiettivo di riproporre intanto per la terza volta al voto di ratifica del Parlamento l'accordo di divorzio raggiunto con Bruxelles a novembre e già bocciato 2 volte. Voto a questo punto in programma per la settimana prossima;
   rilevato, inoltre, che:
    in tema di relazioni esterne, il Consiglio europeo preparerà il vertice UE-Cina, che si terrà il 9 aprile, su cui Bruxelles punta per ottenere da Pechino l'attuazione degli impegni più volte presi in passato ma mai messi in pratica, dallo stop ai trasferimenti forzati di tecnologia all'apertura del mercato cinese alle imprese europee sino alla fine di sussidi a settori industriali strategici come la siderurgia;
    il nodo degli accordi bilaterali con la Cina sulla nuova Via della Seta va sviluppato dentro le regolamentazioni definite dalle conclusioni Ue del luglio 2016 in cui si sottolinea che «accordi di cooperazione bilaterali o regionali devono essere pienamente compatibili con il diritto Unione europea»;
    l'iniziativa della Via della Seta può rappresentare una importante opportunità di lavoro e di occupazione all'interno del piano di azione per il rafforzamento della collaborazione economica, commerciale, culturale e scientifica tra l'Italia e la Cina 2017-2020, stipulato a Pechino nel maggio 2017, per sviluppare le vie di comunicazione per via di terra e di mare, ma vi sono risvolti di politica estera che non possono essere tenuti nascosti dal Governo;
    negli ultimi mesi il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è più volte reso protagonista di azioni unilaterali in materia di politiche commerciali, attraverso l'imposizione di dazi su numerosi prodotti di diversa provenienza, fino al recente annuncio circa nuove imposte doganali per 400 miliardi di dollari, che innescheranno a loro volte decise contromisure da parte della Cina;
    l'Unione europea, che in primo momento sembrava essere stata esentata dall'atteggiamento aggressivo del Presidente Usa, da giugno è sottoposta a dazi del 25 per cento sull'acciaio e del 10 per cento sull'alluminio, che colpiscono quasi 5 milioni di tonnellate di prodotti, di cui 3,4 milioni finiti e 1,5 milioni semi-finiti. Il nostro Paese è attualmente il quinto esportatore verso il mercato statunitense in tal senso, con 212 mila tonnellate di prodotti finiti lo scorso anno;
    la reazione dell'Unione europea non si è fatta attendere, attraverso contromisure volte a imporre dazi per 2,8 miliardi su prodotti americani, anche simbolici, come l'Harley Davidson, il bourbon, il whisky e molti prodotti del tabacco: una vera e propria guerra commerciale, che rischia di colpire il nostro Paese e la filiera del Made in Italy. Tra l'altro, si segnala che il rapporto commerciale tra USA e Cina potrebbe spostare enormi flussi di merci a basso costo in Europa;
    è necessario in questo contesto riconoscere come le scelte dell'amministrazione americana siano strettamente connesse alle politiche mercantiliste della Germania, che hanno provocato negli ultimi anni un surplus commerciale di circa il 9 per cento, a sua volta dipendente da una eccessiva contrazione del proprio mercato interno: un elemento da porre con forza nelle relazioni con gli Stati membri dell'Unione europea, poiché colpisce fortemente il nostro Paese;
    se dunque da un lato il protezionismo di Trump non appare condivisibile, è necessario rispondere con altrettanta forza ai rischi provenienti dai Trattati di Libero scambio, che mettono in pericolo le tutele europee – e nazionali – verso i prodotti, la salute e l'ambiente;

impegna il Governo

  1) sul rapporto tra Presidenza del Consiglio dei ministri e il Parlamento in merito alle riunioni del Consiglio europeo:
    a) a svolgere le comunicazioni del Presidente del Consiglio in Parlamento almeno due o tre settimane prima della data di convocazione di ogni Consiglio europeo;
   2) in materia di occupazione, crescita e competitività:
   a) ad adottare iniziative per velocizzare, innanzitutto, la definizione di un piano di contrasto alla delocalizzazione in ambito Unione europea per ragioni di competizione sleale su tassazione, welfare e costo del lavoro;
   b) a sostenere con forza l'adozione di nuove forme di tassazione dell'industria digitale a livello europeo che comporti anche un ripensamento dei fondamenti dell'imposizione tradizionale e ad attivarsi concretamente affinché, in caso di assenza del consenso generale a livello europeo, i Paesi favorevoli operino comunque in coordinamento tra loro anche con cooperazioni rafforzate;
    3) in materia di innovazione e digitale:
   a) con riguardo al mercato unico digitale, ad assumere iniziative per garantire che anche le piccole e medie imprese possano beneficiare appieno della trasformazione digitale che è presa in considerazione in tutte le proposte, dai trasporti all'energia, dall'agricoltura all'assistenza sanitaria e alla cultura;
   b) con riferimento ai maggiori investimenti nell'intelligenza artificiale, individuata dai leader dell'Unione europea tra i settori essenziali per la competitività futura dell'Unione europea per sviluppare e rafforzare le capacità digitali strategiche dell'Europa, ad assumere iniziative per garantire al contempo che queste tecnologie siano ampiamente accessibili e usate in tutti i settori dell'economia e della società da parte delle imprese e avere attenzione e sostenere queste ultime in tale processo, ma garantire altresì che tali misure abbiano un impatto sul lavoro e sull'occupazione;
   4) in materia di regole di bilancio europee:
    a) a sostenere con forza l'aggiornamento delle regole che disciplinano l'Unione economica e monetaria (UEM) per rafforzare l'efficacia e la capacità di perseguire obiettivi comuni a partire dall'incremento dell'occupazione, al fine di superare le notevoli diseguaglianze territoriali economiche e sociali, determinate dalla, sin qui, colpevole trascuratezza del necessario ripensamento del funzionamento dell'UEM;
    b) a sostenere in sede europea l'opposizione all'incorporazione definitiva del Fiscal compact nell'ordinamento giuridico europeo ed il contestuale avvio di un suo superamento ad iniziare dall'introduzione di una golden rule ovvero la possibilità di ricorrere all'indebitamento per finanziare spese di investimento nazionali, spese per ricerca, sviluppo e innovazione, ad esclusione di quelle militari;
    c) ad adottare iniziative per soprassedere in questa fase all'istituzione di un Ministero del Tesoro unico dell'Eurozona nei termini proposti dalla Commissione e rifiutare la trasformazione del meccanismo europeo di stabilità in Fondo monetario europeo dotato dei poteri di sorveglianza dei bilanci nazionali e dei connessi automatismi per la ristrutturazione dei debiti sovrani;
    d) ad adottare iniziative volte all'introduzione tra gli indicatori utilizzati, ai fini della verifica del rispetto delle regole europee, anche del criterio del saldo commerciale, puntando alla riduzione almeno al 3 per cento del limite massimo per il saldo positivo e negativo di bilancia commerciale di ciascun Paese membro e la contestuale predisposizione di un apparato sanzionatorio analogo a quello già previsto in caso di mancato rispetto per i deficit di bilancio eccessivi e dei vigenti parametri di natura fiscale;
    e) a proporre la ridefinizione del ruolo della Banca centrale europea come prestatrice di ultima istanza;
    f) a proporre una soluzione condivisa per la gestione dei titoli di Stato comprati dalle banche centrali nazionali nell'ambito del QE in una prospettiva di stabilizzazione dei debiti pubblici;
    g) a proporre l'emissione di titoli di debito europei garantiti mutualmente da tutti gli Stati membri ovvero l'introduzione di nuovi strumenti finanziari per l'emissione di titoli garantiti da obbligazioni sovrane (sovereign bond-backed securities);
    h) a promuovere l'adozione di nuove direttive per il raccordo delle normative fiscali nazionali, soprattutto per quanto riguarda l'IVA, al fine di recuperare il gap di evasione attuale, altissimo per l'Italia, pari a oltre 35 miliardi e per scongiurare i meccanismi di elusione;
    i) a sostenere l'armonizzazione delle regole fiscali tra i vari paesi UE, in particolare per quanto concerne la tassazione delle società, e l'abolizione dei paradisi fiscali UE, tra i quali l'Olanda, Lussemburgo, Irlanda, Malta e Cipro, che hanno stretto accordi riservati con le multinazionali, facendo perdere a Italia, Francia, Spagna e Germania, secondo i calcoli di Oxfam, un gettito fiscale pari nel 2015 a 35 miliardi di euro;
    l) a proporre che l'Eurozona si doti di un piano di investimenti pubblici destinato a interventi mediopiccoli, attivabili rapidamente e modulabili in modo coerente con le esigenze del ciclo economico, come progetti di riqualificazione e ripristino del territorio, delle periferie urbane, della sostituzione di edifici sismicamente insicuri ed energivori con edifici sicuri e «verdi»;
    m) a proseguire con forza, in sede europea, l'azione in corsa per l'adozione di nuove forme di tassazione dell'industria digitale a livello europeo e a sostenere l'introduzione di una vera ed incisiva «Tobin tax» che assicuri un gettito rilevante e limiti in modo drastico le speculazioni finanziarie, di una Web tax, anche dopo la bocciatura della proposta avanzata dalla Commissione in seno all'Ecofin, e di un'imposta unica a livello europeo sul reddito delle imprese, in modo da evitare che alcuni Paesi si comportino come paradisi fiscali interni alla Unione europea e, tramite una parte del gettito derivante delle imposte sopra citate, ad adottare iniziative per finanziare l'introduzione di un'indennità europea di disoccupazione;
    n) a rifiutare le proposte di ulteriori vincoli al possesso di titoli di Stato nei bilanci degli istituti di credito e della previsione di ulteriori incrementi dei requisiti minimi di capitale delle banche per la gestione degli NPL, nonché di procedure per il cosiddetto «default ordinato» dei titoli pubblici;
    o) a promuovere il completamento accelerato dell'Unione bancaria europea tramite, in particolare, una garanzia comune europea dei depositi bancari e l'attivazione della garanzia fiscale per il fondo di risoluzione delle banche;
    p) a sostenere l'adozione di un salario minimo europeo come richiesto da diversi leader europei;
   5) in materia di mercato unico:
    a) a promuovere iniziative, affinché non sia solo un mercato di capitali, ma abbia come obiettivo la riduzione del livello di diseguaglianza in modo che i cittadini possano beneficiare appieno della trasformazione digitale, dai trasporti all'energia, dall'agricoltura all'assistenza sanitaria e alla cultura e, con riferimento ai maggiori investimenti nell'intelligenza artificiale, garantire al contempo che queste tecnologie siano ampiamente accessibili e usate in tutti i settori dell'economia e della società da parte delle imprese e sostenere queste ultime in tale processo;
    b) ad adottare iniziative per garantire che tali misure abbiano un impatto sul lavoro e sull'occupazione in modo che l'economia collaborativa non possa andare a discapito dei lavoratori;
   6) in materia di politiche educative, formative e di ricerca:
    a) a ribadire chiaramente la centralità della scuola pubblica gratuita per consentire a tutti e a tutte le stesse opportunità e il successo formativo, riaffermare la necessità di dare a tutti le conoscenze e le competenze chiavi per i diritti di cittadinanza, superare il sistema di canalizzazione precoce delle scelte, presente in alcuni paesi della UE, attraverso una scuola comprensiva e obbligatoria fino ai diciotto anni. Impegnare adeguate risorse per assicurare il diritto all'educazione alle bambine e ai bambini, alle ragazze e ai ragazzi che ancora in Europa non hanno accesso all'istruzione, anche al fine di migliorare le condizioni di vita;
   7) in materia di cambiamenti climatici:
    a) a formalizzare al Consiglio europeo la richiesta di una forte accelerazione degli obiettivi concernenti la riduzione delle emissioni di gas ad affetto serra, l'incremento delle energie rinnovabili e l'aumento dell'efficienza energetica, con l'obiettivo di dimezzare le emissioni climalteranti entro il 2030 ed azzerarle entro il 2050, promuovendo un conseguente investimento crescente delle politiche europee verso un Green New Deal che deve tradursi in obiettivi coerenti di sviluppo costante dell'economia circolare;
    b) ad assumere ogni idonea iniziativa finalizzata all'introduzione in sede europea di una più efficace e stringente regolamentazione delle emissioni derivanti dall'intero parco degli autoveicoli e dal trasporto aereo, nonché procedere quanto prima all'introduzione di una normativa comune finalizzata alla totale eliminazione dei gas fluorurati (gas F) dannosi per il clima;
    c) a procedere congiuntamente con l'obiettivo di eliminare dal quadro normativo dei Paesi membri tutte le attuali sovvenzioni ai combustibili fossili, introducendo contestualmente forme di tariffazione del carbonio finalizzate all'introduzione graduale su scala europea di una carbon tax, unitamente ad una più stringente regolamentazione del sistema di scambio di quote (ETS);
    d) a farsi promotore di una iniziativa comune dei Paesi membri affinché l'Unione europea si appresti ad esercitare un ruolo trainante nell'ambito della Conferenza sul clima (COP25) convocata a New York per il prossimo settembre, ponendo la questione dei cambiamenti climatici come priorità e filo conduttore dei rapporti bilaterali e multilaterali dell'Unione;
   8) sulla Brexit:
    a) a sostenere il proseguimento dei negoziati sulla base delle risoluzioni approvate dalla Camera dei deputati il 27 aprile 2017, con particolare riferimento all'integrazione delle linee guida del Consiglio europeo con gli orientamenti votati dal Parlamento europeo per i negoziati con il Regno Unito;
    b) ad adottare iniziative affinché sia assicurata la tutela dei diritti delle centinaia di migliaia di cittadini italiani residenti nel Regno Unito (circa 600.000) e dei circa tre milioni di cittadini dei Paesi europei, garantendo la reciprocità per i cittadini britannici residenti negli Stati membri dell'Unione europea;
   c) ad adottare iniziative affinché siano altresì garantiti i diritti acquisiti fino ad oggi dai cittadini italiani ed europei residenti nel Regno Unito (diritti sociali e previdenziali, salvaguardia delle famiglie composte da membri di diversa nazionalità, mantenimento delle stesse rette scolastiche e tasse universitarie, libero accesso alle borse di studio e ai sussidi attualmente concessi ai ricercatori italiani ed europei in Gran Bretagna, riconoscimento dei titoli di studio e delle certificazioni professionali validi all'interno dell'Unione europea, diritto di voto attivo e passivo per le elezioni di carattere locale) scongiurando le derive burocratiche e discriminatorie di cui già si registrano molteplici casi.
(6-00059) «Fornaro».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

politica ambientale

mercato unico

protezione dell'ambiente