ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/06907

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 516 del 06/11/2015
Firmatari
Primo firmatario: ALBANELLA LUISELLA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 06/11/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MICCOLI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 06/11/2015
DAMIANO CESARE PARTITO DEMOCRATICO 02/02/2016


Commissione assegnataria
Commissione: XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 06/11/2015
Stato iter:
04/02/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 04/02/2016
Resoconto BOBBA LUIGI SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
 
REPLICA 04/02/2016
Resoconto ALBANELLA LUISELLA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 06/11/2015

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 02/02/2016

DISCUSSIONE IL 04/02/2016

SVOLTO IL 04/02/2016

CONCLUSO IL 04/02/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-06907
presentato da
ALBANELLA Luisella
testo presentato
Venerdì 6 novembre 2015
modificato
Martedì 2 febbraio 2016, seduta n. 560

   ALBANELLA, MICCOLI, DAMIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'importanza dell'attività svolta dai call center, utilizzati sia per le attività di assistenza ai clienti e agli utenti di pubblici servizi, sia per quelle dirette all'acquisizione di nuovi clienti, è aumentata negli ultimi anni, grazie alla possibilità di assicurare contestualmente una molteplicità di servizi, il contenimento dei costi e l'immediatezza dei contatti con i consumatori-utenti;
   dai dati forniti nel 2013 il settore dei call center in outsourcing occupava 43 mila operatori in bound, in calo rispetto ai 45 mila del 2012, a fronte di 33.500 operatori out bound, in flessione rispetto ai 35 mila del 2012. Il 63 per cento dei lavoratori è concentrato nelle aree del Sud, il 37 per cento al Centro Nord. Il 62 per cento degli operatori in bound è rappresentato da donne, l'83 per cento con contratto part time;
   nel 2015, la Camera dei deputati ha concluso un'indagine conoscitiva proprio sul settore dei call center; tra le varie criticità emerse, si è osservato come con il sopraggiungere della crisi, talune imprese abbiano cominciato a spostare parte delle proprie attività in aree nelle quali il costo del lavoro è molto più basso rispetto al nostro paese. È stato inoltre sottolineato che le attività delocalizzate risultano quantificabili in misura pari a circa il 10 per cento del mercato e che la quota trasferita in Paesi che non fanno parte dell'Unione europea ammonta a circa la metà del volume di attività delocalizzate, evidenziando un trend di incremento del fenomeno, con particolare riferimento alle imprese che abbiano beneficiato di incentivi in Italia;
   il legislatore, nel tentativo di affrontare tali problemi emersi nel settore dei call center (delocalizzazioni, uso distorto degli incentivi della legge n. 407 del 1990, tutela della privacy), è intervenuto sulla materia con l'articolo 24-bis del decreto- legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, recante «Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell'occupazione nell'attività svolta da call center»;
   tale norma risulta agli interroganti essere totalmente disattesa tanto dalle società committenti quanto da chi è preposto alla sua osservanza;
   il comma 2 del citato articolo 24-bis, stabilisce che, qualora un'azienda decida di spostare l'attività di call center fuori dal territorio nazionale, debba darne comunicazione, almeno centoventi giorni prima del trasferimento, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali indicando i lavoratori coinvolti, e all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, indicando quali misure vengano adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali e del registro delle opposizioni. Analoga informativa deve essere fornita dalle aziende che già operano in Paesi esteri;
   il comma 3 dispone, inoltre, che in attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all'occupazione nel settore dei call center, i benefici previsti dall'articolo 8 della legge 29 dicembre 1990, n. 407, in materia di contratti di formazione e lavoro e assunzioni a tempo indeterminato, non possano essere erogati ad aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri;
   le disposizioni dei commi 4, 5, e 6 del richiamato articolo 24-bis, inoltre, sono volte a garantire la protezione dei dati personali nei casi di contatto con operatori di call center collocati in Paesi esteri. I cittadini che effettuano una chiamata ad un call center, hanno il diritto ad essere informati preliminarmente sul Paese estero in cui è collocato l'operatore contattato e hanno la facoltà di scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale. Specularmente, in caso di chiamata da parte di un call center, i cittadini devono essere preliminarmente informati sul Paese estero in cui è collocato l'operatore. In caso di mancato rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo si stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria di 10 mila euro per ogni giornata di violazione;
   secondo i sindacati, nessun operatore che chiama da altri Paesi, diversamente da quanto prescritto dalla legge, chiede all'utente italiano se accetta o meno una chiamata dall'estero creando così non pochi problemi di privacy e protezione dei dati, visto che in diversi casi l'utente lascia i propri dati personali e gli estremi della carta di credito ad operatori che spesso lavorano in paesi extra Unione europea;
   tale situazione risulta essere non più sostenibile, in quanto a causa delle delocalizzazioni le aziende si trovano a dover fronteggiare migliaia di esuberi strutturali e i lavoratori rischiano quotidianamente di perdere il proprio posto di lavoro –:
   quali siano, fino ad oggi, i dati certi riguardanti le attività di delocalizzazione, gli incentivi sinora riconosciuti, nonché le eventuali sanzioni poste in essere ai sensi del richiamato articolo 24-bis del decreto- legge n. 83 del 2012;
   quali iniziative intendano adottare, nel più breve tempo possibile, al fine di verificare se tali delocalizzazioni siano avvenute nel rispetto della normativa vigente, e se del caso, assicurare, per quanto di competenza, l'applicazione delle relative sanzioni previste dal citato articolo 24-bis;
   se il Governo non intenda, quanto prima, assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire la piena applicazione della normativa vigente in materia di delocalizzazione dei call center, al fine di tutelare i lavoratori di tale settore, con particolare riferimento al rispetto dell'obbligo di comunicazione agli utenti circa la localizzazione territoriale della struttura chiamante. (5-06907)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 4 febbraio 2016
nell'allegato al bollettino in Commissione XI (Lavoro)
5-06907

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Albanella – inerente alle iniziative volte a verificare l'attuazione delle disposizioni legislative vigenti in materia di delocalizzazioni delle attività dei call center – passo ad illustrare quanto segue.
  Com’è noto, l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, ha introdotto misure che vanno a regolamentare alcuni aspetti del settore dei call center con almeno venti dipendenti.
  A tale proposito, il Ministero del lavoro, al fine di fornire istruzioni operative al proprio personale ispettivo, ha adottato la circolare n. 14 del 2013 con la quale ha precisato che le aziende interessate dalle misure sono quelle che svolgono in via assolutamente prevalente (core business aziendale) una attività di call center e che, pertanto, operano in regime di appalto. Restano viceversa escluse quelle attività di call center che vanno semplicemente ad integrare lo svolgimento dell'attività di impresa e che rappresentano, il più delle volte, un mero «sportello di front office». Ne consegue che potrà ritenersi delocalizzata una attività di call center qualora le commesse acquisite da un'impresa con sede legale in Italia e già avviate nel territorio nazionale siano trasferite – prima della naturale scadenza del relativo contratto – a personale operante in Paese extra UE, sia attraverso la successiva apertura di nuove filiali in tali Paesi sia attraverso un meccanismo di subappalto.
  La medesima circolare n. 14 del 2013 ha, inoltre, chiarito che il comma 2 del predetto articolo 24-bis, con l'espressione «lavoratori coinvolti» si riferisce ai lavoratori che (a prescindere dall'inquadramento, subordinato o autonomo), in conseguenza della delocalizzazione della attività di call center, siano ritenuti in esubero dal datore di lavoro e, pertanto, interessati da riduzioni di orario di lavoro o addirittura da procedure di licenziamento. Tenuto conto della ratio della disciplina in parola, evidentemente volta a favorire la tutela dell'occupazione, la circolare precisa che gli obblighi di comunicazione previsti dal medesimo comma 2 non ricorrano nel caso in cui nel corso di svolgimento di uno specifico appalto, l'azienda delocalizzi senza generare esuberi o un minor impiego del personale sino a quel momento impegnato su tale commessa.
  Al fine di fornire riscontro ai rilievi mossi dalla Commissione europea – con il caso EU Pilot 5168/13/MARK – secondo cui le disposizioni dell'articolo 24-bis violerebbero i princìpi comunitari in materia di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, il Ministero che rappresento, con la nota del 17 ottobre 2014, ha chiarito che le disposizioni dell'articolo 24-bis trovano applicazione esclusivamente nei casi in cui la delocalizzazione avvenga verso Paesi extracomunitari.
  Faccio presente che il Ministero dello sviluppo economico, attraverso i propri ispettorati territoriali, ha eseguito un monitoraggio a campione (in tutto 123 verifiche su call center che svolgono attività inbound) al fine di accertare se gli operatori di telecomunicazioni, nel rispondere alle chiamate degli utenti, informassero preventivamente i medesimi sulla collocazione fisica del call center, come previsto dal comma 4 dell'articolo 24-bis. Dalle verifiche condotte è emerso che gli operatori di Telecom Italia, Wind, Vodafone, Sky Italia, H3G, non fornivano in via preventiva tali informazioni.
  Tuttavia il Ministero dello sviluppo economico ha ritenuto corretto il comportamento di tali operatori chiarendo che l'obbligo di informare preventivamente il cliente circa la collocazione fisica del call center, non sussiste quando l'operatore che riceve la chiamata sia collocato in Italia o in un Paese appartenente all'Unione europea.
  Il Ministero dello sviluppo economico, ha reso noto, inoltre, che è stata programmata una campagna straordinaria di verifiche sul rispetto della predetta disposizione, per la cui violazione è prevista, al comma 6, la sanzione amministrativa pecuniaria di 10.000 euro per ogni giornata di violazione. Tale campagna che si svolgerà, nel corso del 2016, su tutto il territorio nazionale prevede almeno 60 verifiche per ciascun Ispettorato territoriale.
  Da ultimo, informo che il Garante per la protezione dei dati personali (cosiddetto Garante della privacy) al fine di applicare, per quanto di propria competenza, l'articolo 24-bis e sanzionare comportamenti difformi dal codice della privacy, ha adottato il provvedimento n. 444 del 10 ottobre 2013. Tale provvedimento prescrive, a tutti i soggetti che svolgono – in qualità di titolare del trattamento di dati – un'attività di call center in Paesi situati al di fuori dell'Unione europea, di specificare preliminarmente agli utenti quale sia l'ubicazione dell'operatore e di effettuare un'apposita comunicazione al Garante prima del trasferimento (o dell'affidamento) dei dati personali al call center sito al di fuori dell'Unione europea. Il Garante della privacy ha altresì reso noto che, allo stato, non risultano procedimenti sanzionatori definiti e che i controlli effettuati finora hanno mostrato un quadro di sostanziale rispetto delle predette prescrizioni.
  Il Garante, che ha ricevuto nel corso del biennio 2014-2015 diverse decine di comunicazioni di delocalizzazioni, prosegue – in collaborazione con il Nucleo speciale privacy della Guardia di finanza – l'attività ispettiva, avviata negli anni passati, che mira a verificare la liceità dei trattamenti posti in essere dai titolari che si avvalgono di call center esteri. Inoltre, il Garante e l'omologa istituzione Albanese, lo scorso 10 febbraio 2015, hanno siglato un accordo di cooperazione allo scopo di assicurare la tutela dei dati personali dei cittadini italiani e albanesi raccolti e utilizzati da soggetti pubblici e privati che operano in Albania, paese dove negli ultimi anni molte aziende italiane hanno fatto richiesta di servizi di call center.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

delocalizzazione

aiuto all'occupazione

conservazione del posto di lavoro