CODURELLI e NACCARATO. -
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
- Per sapere - premesso che:
Fond. Metalli Conveyors è un'azienda che produce nastri-tappeti metallici utilizzati in diversi settori commerciali (alimentare, meccanico, fonderie, e altro) nonché in altre situazioni di automazione industriale di alto contenuto tecnologico e che consta di 67 dipendenti di cui 58 (44 operai, 13 impiegati e 1 dirigente) a Monte Marenzo (Lecco) e 9 a Campodarsego (Padova);
l'azienda, di proprietà di un imprenditore veneto, nonostante la crisi vanta un discreto portafoglio clienti e un numero di commesse non indifferenti;
la produzione è di nicchia e, pur avendo anch'essa avvertito i contraccolpi di un quadro economico complessivamente negativo, mostra una positiva inversione di tendenza nel portafoglio ordini;
nel mese di luglio del 2010 la proprietà ha avviato la mobilità per 22 lavoratori che è stata in seguito bloccata. Attualmente per circa 30 dipendenti è stata attivata la cassa straordinaria e il contratto di solidarietà che scade il 30 ottobre 2011. Inoltre, attraverso un percorso di accompagnamento verso la pensione, entro il prossimo novembre dovrebbero rimanere circa 50 dipendenti;
a quanto consta agli interroganti nel 2011 la proprietà ha intrapreso una serie di operazioni tese alla dismissione dell'azienda: smantellamento di alcuni macchinari sulla base della motivazione che in loco non c'erano le professionalità adatte per innovarli tecnologicamente; dismissione del capannone di Monte Marenzo perché richiede un affitto troppo oneroso, con l'impegno di reperirne un secondo nel raggio di 10 chilometri e perché non è in linea con le altezze previste per alcune lavorazioni. Ad oggi, dunque, il capannone risulta mezzo vuoto, non c'è un posto di lavoro per tutti, quindi gli addetti presenti lavorano su due turni di 5 ore e mezzo;
secondo fonti sindacali, la proprietà ha trasferito i macchinari in Veneto dove ha avviato un'attività analoga utilizzando lavoratori di una cooperativa, pagandoli molto meno e con contratti precari. C'è ragione di ritenere che la proprietà consideri prioritario ridurre i costi del personale e dei processi produttivi, disponendo la dismissione completa dell'unità produttiva, amministrativa e commerciale in Monte Marenzo;
la dismissione dello stabilimento causerebbe:
perdita della quasi totalità dei posti di lavoro, supponendo che il settore commerciale non sia così esposto in quanto meno legato ad un sede operativa;
perdita di un'attività che opera in un settore che potrebbe, in una visione lungimirante, rappresentare l'opportunità di promuovere sinergie in grado di sviluppare innovazione nei processi tecnologici (soprattutto nella robotica e nell'impiego di nuovi materiali), in collaborazione con la locale università e con specifiche realtà dell'imprenditoria territoriale;
perdita di un altro tassello del sistema industriale della provincia di Lecco, nella quale, a detta degli ultimi dati macroeconomici, la ripresa occupazionale e produttiva è più stentata rispetto ad altre aree regionali;
l'aumento della precarietà nel lavoro e le difficoltà registrate dalle attività economiche nel territorio interessato, stanno determinando un crescente peggioramento delle condizioni socio-economiche delle famiglie e dei giovani in cerca di prima occupazione, ai quali la comunità locale non riesce a dare risposte adeguate in termini di servizi e provvidenze, considerati i limiti imposti alla spesa pubblica dalle leggi finanziarie -:
se non reputi urgente un intervento, con tutti i soggetti a vario titolo coinvolti, stante il grave comportamento dell'azienda, che agli interroganti appare lesivo dei più elementari doveri verso le rappresentanze dei lavoratori, e non conformi ai contratti nazionali e alla legislazione vigente in materia di lavoro, considerato che si utilizzerebbero ammortizzatori sociali per i dipendenti in un territorio e contemporaneamente si trasferirebbe in un'altra regione italiana la medesima produzione, impiegando manodopera precaria e sottopagata. (5-04792)