ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13035

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 615 del 28/04/2016
Firmatari
Primo firmatario: PESCO DANIELE
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 28/04/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
TRIPIEDI DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
DELLA VALLE IVAN MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
CANCELLERI AZZURRA PIA MARIA MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
CASTELLI LAURA MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
D'INCA' FEDERICO MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
VILLAROSA ALESSIO MATTIA MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
COLONNESE VEGA MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
D'AMBROSIO GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
CECCONI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
TONINELLI DANILO MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
NUTI RICCARDO MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
SIBILIA CARLO MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
SPESSOTTO ARIANNA MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
COLLETTI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
DIENI FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
BATTELLI SERGIO MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
SCAGLIUSI EMANUELE MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016
ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE 28/04/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 28/04/2016
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 28/04/2016
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 18/05/2016
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-13035
presentato da
PESCO Daniele
testo di
Giovedì 28 aprile 2016, seduta n. 615

   PESCO, TRIPIEDI, TERZONI, DELLA VALLE, CANCELLERI, CASTELLI, D'INCÀ, VILLAROSA, COLONNESE, D'AMBROSIO, CECCONI, TONINELLI, NUTI, BARONI, SIBILIA, SPESSOTTO, COLLETTI, DIENI, BATTELLI, SCAGLIUSI e ALBERTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno . — Per sapere – premesso che:
   il 10 settembre 2015, Aldo Giannuli scriveva post dal titolo «La morte di Claudio Salini. Gli incidenti d'auto succedono, però...» nel quale si apprende «...però è anche vero che l'Italia è paese di strani incidenti d'auto, come quello che costò la vita al generale Ciglieri nel 1969 (anche in quella occasione, come nel rapimento Moro, scomparve una borsa), come quello di Adriano Romualdi (1973), come quello di Eugenio Dugoni, sindaco di Mantova (1964), quello di Giovanni Aricò (1970) che stava indagando sulla strage di Freccia del Sud, quello di Giorgio Tedoldi, capo della base aeronautica di Grosseto, morto due mesi dopo la tragedia di Ustica su cui aveva da raccontare, come quello del Pm napoletano Federico Bisceglia, per restare ai nostri giorni (febbraio 2015) e tanti altri che non stiamo a ricordare. Insomma, in Italia le strade sono pericolose, tanto che a volte questi incidenti succedono anche ad italiani all'estero come Gianni Nardi in Spagna (1976). Certo resta da capire come mai Salini aveva concesso e poi revocato quei lavori a Bergamo ed Arezzo»;
   da un articolo del Corriere.it si apprende: «Tra i 190 e 200 all'ora. È questa la velocità dell'imprenditore Claudio Salini alla guida della sua Porsche 911 la notte in cui ha perso la vita nell'incidente avvenuto lo scorso 31 agosto sulla Cristoforo Colombo. L'auto si è accartocciata su un albero dopo aver sbandato, complice anche un avvallamento del manto stradale. Queste le conclusioni della consulenza dell'ingegner Mario Scipione sulla dinamica della carambola. L'esperto ha anche escluso il sabotaggio dei freni e della centralina della vettura. La relazione è ora all'esame del pubblico ministero Alberto Liguori»: la perizia sembrerebbe escludere pertanto un sabotaggio;
   per non parlare poi negli anni ’60 delle quasi concomitanti morti nella vicenda del tentativo di golpe e del Piano Solo, dove morì di suicidio il colonnello Rocca; il generale Ciglieri morì di incidente automobilistico; il generale Manes mentre deponeva in commissione d'inchiesta morì d'infarto mentre sorseggiava un caffè; muore d'infarto il giudice Pesce che indagava sulla morte del colonnello Rocca;
   il 6 marzo del 2013 David Rossi, capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena da più di un decennio, descritto come il braccio destro dell'ex presidente Mussari, riconfermato dal Consiglio di amministrazione presieduto da Viola, muore sul selciato del vicolo di monte Pio, sotto la finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni, sede della famosa banca senese. Come ricorda Il Fatto Quotidiano con un articolo del 5 luglio 2013, dal titolo «Mps, le ultime mail di Rossi», «L'inchiesta, aperta contro ignoti per istigazione al suicidio, era inizialmente stata affidata al pm Nicola Marini, magistrato di turno la sera di mercoledì sei marzo. Ma gli sviluppi l'hanno intrecciata all'indagine «madre» sul Monte dei Paschi di Siena e a quella per insider trading, ed è divenuta di competenza anche degli inquirenti titolari degli altri fascicoli: Aldo Natalini Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso»; la vicenda sotto la lente delle indagini venne archiviata dal giudice per le indagini preliminari Monica Gaggelli come suicidio, il 5 marzo 2014; si tratta dello stesso giudice Gaggelli che nel maggio 2014 trasferì l'inchiesta sull'acquisizione di Antonveneta, a Milano, «per competenza territoriale accogliendo un'istanza presentata in sede di udienza preliminare da alcuni avvocati dei 9 imputati, 8 persone fisiche e la banca Jp Morgan» (La Nazione, «Mps, i pm lavorano per unificare le inchieste», del 14 gennaio 2015. Solo in seguito al coraggio e alla tenacia dei familiari della vittima, con l'aiuto di alcuni media e di una forza politica di opposizione, nonostante le anomalie evidenti e palesi del caso, il 15 novembre 2016 il procuratore di Siena Salvatore Vitello ha preso la «decisione di procedere alla riapertura dell'indagine sui temi di prova evidenziati», accogliendo l'istanza dell'avvocato Goracci, che ritiene Rossi vittima di omicidio da parte di almeno due persone (http://firenze.repubblica.it);
   dal Corriere della Calabria del 12 aprile 2016, a firma Alessia Candito, un articolo dal titolo «La Procura di Roma indaga sulla scomparsa di Omar Pace, l'investigatore che trovò l'archivio segreto dei coniugi Matacena» si apprende che Omar Pace «Avrebbe dovuto deporre domani a Reggio Calabria al processo che vede imputato l'ex ministro Claudio Scajola, ma poco meno di 48 ore prima di quell'udienza ha scelto di togliersi la vita. Sono indagini a tutto campo quelle che la Mobile di Roma sta conducendo sul suicidio di Omar Pace, quarantasettenne tenente colonnello della Guardia di finanza, in servizio al primo reparto della Direzione investigativa antimafia. Il suo corpo è stato trovato ieri mattina attorno alle 9.30 dal collega che con lui divideva la stanza al centro Dia. Pace si è ucciso con un unico colpo sparato con la pistola d'ordinanza, dopo aver lasciato dei messaggi d'addio ai familiari e ai colleghi che sono stati immediatamente sequestrati dalla Squadra Mobile di Roma, insieme al computer e ai device informatici. Parole che adesso verranno vagliate e riscontrate con attenzione da investigatori ed inquirenti, anche alla luce del delicatissimo ruolo che il finanziere ha rivestito nel corso della sua carriera. Genio dell'informatica, primo del suo corso in accademia e dotato di un bagaglio culturale immenso, Pace viene ricordato dai colleghi come, un investigatore attento e scrupoloso. Forse per questo, anche a lui è stato affidato il compito di perquisire l'abitazione della storica segretaria dei coniugi Matacena, Maria Grazia Fiordelisi. Proprio lì è stato trovato l'archivio segreto della coppia che ha fatto finire sul banco degli imputati l'ex ministro Claudio Scajola, con l'accusa di aver aiutato l'ex compagno di partito Amedeo Matacena a sfuggire a una condanna definitiva per mafia e a gestire il suo immenso patrimonio. Carte, archivi e file che proprio il tenente colonnello Pace ha trovato, catalogato e sequestrato, e sulle quali avrebbe dovuto riferire in aula. Ma quasi alla vigilia di quell'udienza ha deciso di togliersi la vita. Stando alle prime indiscrezioni, il militare sarebbe stato messo a dura prova dalla perdita del padre e della sorella più giovane, morti entrambi di una grave malattia nel giro di pochi mesi. Ma le verifiche percorreranno anche la strada della manifesta insofferenza di Pace nei confronti delle nuove mansioni cui era stato destinato. Dopo anni di impegno sul fronte delle indagini giudiziarie, il tenente colonnello si era ritrovato improvvisamente ad occuparsi di misure di prevenzione. Un incarico così diverso da quello che per anni e con eccellenti risultati aveva svolto, da spingerlo addirittura – secondo alcune voci – a minacciare le dimissioni. Elementi che adesso saranno vagliati con attenzione da investigatori e inquirenti, determinati a capire cosa ci sia dietro il suicidio del testimone diretto di alcune delle più importanti indagini degli ultimi anni;
   sempre sul Corriere della Calabria, sempre a firma Alessia Candito l'articolo dal titolo «Processo Scajola, la lente della Dda sul suicidio del teste – A Reggio si attendono gli atti preliminare sulla morte del tenente colonnello Omar Pace. Ricostruite in aula le fasi delle perquisizioni all'ex ministro e al suo staff» del 12 aprile 2016, si legge «Un teste importante, chiamato a ricostruire passaggi fondamentali per la pubblica accusa, perché a lui era toccato il compito di analizzare l'archivio di Mariagrazia Fiordelisi, impostando i successivi approfondimenti su quei file e quelle carte. Così è stato definito il tenente colonnello della Guardia di Finanza Omar Pace, l'ufficiale in forza alla Dia, che si è tolto la vita lunedì scorso, due giorni prima della sua testimonianza al processo che vede imputato anche l'ex ministro Claudio Scajola. Il politico è accusato di aver aiutato l'ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena a sottrarsi a una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafioso e ad occultare il suo immenso patrimonio, insieme alla moglie dell'ex collega di partito, Chiara Rizzo, al factotum dei coniugi Martino Politi, e alla storica segretaria dei due, Mariagrazia Fiordelisi. Contestazioni rafforzate dal materiale sequestrato anche all'esito della perquisizione affidata anche al tenente colonnello Pace, il giorno dell'esecuzione dell'ordinanza spedito a casa della storica segretaria dei Matacena, dove è stato rinvenuto l'archivio segreto dei due. Materiale che il tenente colonnello aveva analizzato e catalogato e su cui oggi avrebbe dovuto riferire. Un suicidio – per il quale hanno espresso dolore e rammarico anche i legali presenti oggi in aula, che per bocca dell'avvocato Corrado Politi hanno voluto esprimere le proprie condoglianze alla famiglia – su cui anche il pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo vuole vederci chiaro. Per questo motivo, attende la trasmissione degli atti preliminari di indagine che saranno redatti dalla Mobile di Roma, come pure i messaggi d'addio che il finanziere ha redatto prima di spararsi un unico letale colpo con la pistola d'ordinanza. Al sesto piano del Cedir – stando a quanto filtra – c’è l'obbligo di comprendere cosa abbia spinto l‘ufficiale al suicidio per spazzare via qualsiasi eventuale ombra su un'indagine che, come dimostrano anche le integrazioni istruttorie di recente depositate, è lungi dall'essere conclusa. Nel frattempo, continua l'attività dibattimentale di fronte al collegio presieduto da Natina Pratticò. Di fronte ai giudici, oggi hanno sfilato però solo i testi minori che erano stati convocati a corredo della testimonianza principale dell'ufficiale. Sulla perquisizione a casa di Mariagrazia Fiordelisi ha riferito il capitano della Guardia di Finanza Vincenzo Linella, che ha ripercorso le operazioni eseguite l'8 maggio 2014, confermando che proprio nell'archivio della segretaria è stato rinvenuto il fax inviato dall'imprenditore Vincenzo Speziali per confermare l'impegno dell'ex presidente libanese Amin Gemayel a garantire a Matacena un rifugio sicuro in Libano. Nel paese dei Cedri – si assicurava con quella missiva redatta in francese e indirizzata a «mon cher Claudio» Scajola – all'ex deputato latitante, sarebbero stati garantiti appoggi e documenti che ne avrebbero preservato la piena operatività. Sebbene la firma in calce e le conversazioni intercettate dimostrino il contrario, tanto Gemayel come Speziali hanno sempre smentito la paternità di quella lettera. Ma ad incastrare l'imprenditore catanzarese, confermando che il numero di fax da cui è stata spedita è quello usato abitualmente da Speziali, è stato Giorgio Casciani, amministratore delegato della società 3TI Italia S.p.A. In passato – ha spiegato Casciani a inquirenti e investigatori – proprio da quel numero l'imprenditore catanzarese, per circa un anno utilizzato come agente e consulente della 3TI Italia in Libano, ha inviato all'azienda note e fatture per i rimborsi. Un dato, comprovato anche a livello documentale, che conferma il quadro che gli investigatori coordinati dal pm Lombardo hanno costruito nel corso di lunghi anni di indagine. Un mosaico dove è la ‘ndrangheta a cementare tessere pescate dal catino della politica ufficiale e di quella ufficiosa, degli investimenti delle grandi aziende di Stato e degli interessi dei player finanziari internazionali, della massoneria e delle lobbies. Un mosaico che con il passare del tempo diventa sempre più complesso. E inquietante»;
   la scia di incidenti e «suicidi» riguardanti una serie di personaggi chiave di alcune indagai e processi è lunga e costella la storia della Repubblica italiana di interrogativi gravissimi –:
   il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri interrogati conoscano i motivi che hanno portato al demansionamento di fatto del colonnello Pace e se intendano darne notizia in modo da fugare sospetti simili a quelli esposti nella premessa;
   se il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri interrogati per quanto di competenza, con riferimento ai fatti esposti in premessa in casi di morte per presunto suicidio o per incidenti di qualsiasi natura a carico di personaggi indubbiamente «chiave» nell'ambito di inchieste giudiziarie, avviate o in divenire, non intendano adoperarsi per mettere a disposizione dell'autorità giudiziaria ogni elemento utile eventualmente in proprio possesso. (4-13035)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

inchiesta giudiziaria

procedura penale

automobile