ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/07196

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 413 del 21/10/2020
Firmatari
Primo firmatario: SAITTA EUGENIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 21/10/2020
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PERANTONI MARIO MOVIMENTO 5 STELLE 21/10/2020


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 21/10/2020
Stato iter:
17/02/2021
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 17/02/2021
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 17/02/2021

CONCLUSO IL 17/02/2021

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-07196
presentato da
SAITTA Eugenio
testo di
Mercoledì 21 ottobre 2020, seduta n. 413

   SAITTA e PERANTONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende dagli organi di stampa, alcuni candidati hanno presentato denuncia per presunte irregolarità nella correzione degli elaborati del concorso per 330 posti di magistrato ordinario, indetto il 10 ottobre del 2018 dal Ministero della giustizia;

   le tre prove scritte del concorso in oggetto sono state sostenute il 4, 5 e 7 giugno del 2019, mentre i risultati sono stati pubblicati il 25 giugno 2020, ad oltre un anno di distanza dallo svolgimento delle prove scritte, con 301 concorsisti risultati idonei su 3.091 candidati che avevano consegnato i relativi elaborati;

   in riferimento a quanto riportato dagli articoli de Il Riformista pubblicati il 25 e il 30 settembre 2020, alcuni candidati risultati «non idonei», dopo aver ottenuto l'accesso agli atti, anche al fine di poter procedere ad un ricorso dinnanzi al T.a.r. del Lazio e aver esaminato i temi dei 301 «idonei» a sostenere la prova orale, hanno segnalato una serie di problematiche ed anomalie attinenti correzione di alcuni temi, valutati positivamente, che presentavano evidenti errori grammaticali giuridici;

   il 21 giugno del 2018 la commissione d'esame, composta da venti magistrati e otto tra docenti e avvocati fissava, tra i criteri di valutazione, quelli di una «forma italiana corretta» e della conoscenza degli istituti giuridici affrontati;

   dal quadro descritto dagli organi di stampa e derivante dall'accesso agli atti e dall'esposto dei candidati, emergerebbero ulteriori presunte anomalie inerenti alla procedura e al metodo di correzione degli elaborati da parte della commissione esaminatrice;

   in particolare, non sarebbe stata rispettata la regola del rigoroso ordine numerico delle buste in quanto le correzioni sarebbero state effettuate in maniera non ordinata, con alcuni compiti lasciati «indietro» e corretti in un momento successivo, oltre alla mancata indicazione nei verbali delle tempistiche delle correzioni;

   dall'accesso agli atti non è stato possibile altresì reperire il calendario dei lavori a cui le sottocommissioni dovevano attenersi;

   dalle segnalazioni rese dai candidati si apprende inoltre che, oltre agli errori sopra menzionati, alcuni compiti presenterebbero dei segni grafici che potrebbero aver reso riconoscibili gli autori da parte della commissione, compromettendo, pertanto, il criterio dell'anonimato nelle prove scritte della procedura di concorso;

   sulle denunce presentate dai candidati, la terza commissione del Consiglio superiore della magistratura ha aperto una pratica per presunte irregolarità;

   tale notizia ha destato preoccupazione nell'opinione pubblica e, in particolare, negli aspiranti futuri magistrati che, dopo anni di studio, sacrifici e spese sostenute per la preparazione, rischiano di vedere compromesso il loro futuro e i loro sogni da procedure anomale e da irregolarità che finirebbero per penalizzare alcuni concorsisti a favore di altri;

   una preoccupazione che, inevitabilmente, si riflette nella serietà delle procedure concorsuali per la selezione dei magistrati e, pertanto, nel sistema giustizia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di fare chiarezza sulla questione sopra prospettata ed evitare che si ripropongano situazioni similari in relazione alle procedure di selezione del personale del sistema giustizia.
(4-07196)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 17 febbraio 2021
nell'allegato B della seduta n. 458
4-07196
presentata da
SAITTA Eugenio

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame il deputato Saitta e il deputato Perantoni chiedono al Ministro della giustizia «...se sia a conoscenza dei fatti descritti...» concernenti gravi irregolarità asseritamente verificatesi nella fase di correzione delle prove scritte del concorso per 330 posti di magistrato ordinario indetto il 10 ottobre 2018, e «...quali iniziative intenda adottare... al fine di fare chiarezza... ed evitare che si ripropongano situazioni similari in relazione alle procedure di selezione del personale del sistema giustizia...».
  In proposito deve essere evidenziato quanto segue.
  Quanto alle affermate anomalie negli elaborati redatti dai candidati giudicati idonei riscontrate dai candidati ritenuti non idonei, a seguito di accesso agli atti, si osserva che nel vigente assetto ordinamentale la nomina a magistrato ordinario si consegue mediante un concorso per esami, regolato dal decreto legislativo n. 160 del 2006, recante «Nuova disciplina dell'accesso in magistratura». Segnatamente, la complessiva disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria è costituita sia dalle disposizioni dettate dal regio decreto n. 1860 del 1925 sia dalle previsioni introdotte dal decreto legislativo n. 160 del 2006, come modificate dall'articolo 1 della legge n. 111 del 2007. Queste ultime hanno stabilito, in particolare, una nuova regolamentazione concernente l'oggetto delle prove scritte e orali, i punteggi minimi per l'ammissione agli orali e il superamento del concorso, nonché la nomina e la composizione della commissione esaminatrice e la disciplina dei suoi lavori. In particolare, la commissione del concorso è nominata nei quindici giorni antecedenti l'inizio della prova scritta con decreto del Ministro della giustizia, adottato a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura. È l'organo di autogoverno, infatti, che delibera in merito ai componenti della commissione esaminatrice, in conformità ai criteri indicati dalla legge, secondo una procedura regolata da specifica normazione secondaria.
  La legge disciplina l'attività di correzione degli elaborati scritti, prevedendo che la commissione definisca i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati e consentendo la formazione di sottocommissioni e l'ulteriore suddivisione in collegi. La commissione o sottocommissione, effettuata la lettura dei temi di ciascun candidato, delibera per ciascuna prova se il candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l'approvazione e in caso affermativo ciascun commissario dichiara quanti punti intende assegnare al candidato. Il Ministro della giustizia, in adempimento dei compiti assegnatigli dalla Carta Costituzionale in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia e in osservanza delle specifiche disposizioni di fonte primaria che regolano la procedura concorsuale di cui si tratta, garantisce il supporto tecnico alla commissione e cura le relative attività di segreteria, mettendo a disposizione proprio personale amministrativo. L'articolo 19 del regio decreto n. 1860 del 1925, recante Modificazioni al regolamento per il concorso di ammissione in magistratura contenuto nel regio decreto n. 1218 del 1924 – disposizione tuttora vigente –, prevede in particolare che il Ministro per la giustizia eserciti l'alta sorveglianza sugli esami.
  Al fine di individuare il contenuto sostanziale della citata previsione, occorre soffermarsi sul vigente sistema di giustiziabilità degli atti amministrativi della commissione e delle sottocommissioni.
  Invero le deliberazioni adottate dalla commissione e dalle sottocommissioni, in sede di scrutinio dei temi, costituiscono provvedimenti amministrativi, sindacabili dagli organi della giurisdizione amministrativa. Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa risulta consolidata nell'affermare che l'attività della commissione esaminatrice del concorso per l'accesso in magistratura è espressione di discrezionalità tecnica. La discrezionalità tecnica ricorre quando l'esame di fatti o situazioni rilevanti per l'azione amministrativa necessiti del ricorso a cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico la cui applicazione non garantisce un risultato univoco e obiettivo connotandosi, al contrario, per l'inevitabile soggettività dell'esito. In particolare, secondo l'orientamento della consolidata giurisprudenza amministrativa, le valutazioni della commissione esaminatrice del concorso in magistratura sono preordinate all'accertamento di un certo tipo di idoneità e del possesso, in capo al candidato, di una complessiva, completa ed equilibrata cultura e preparazione giuridica, anche in virtù del delicato e prestigioso percorso professionale che consegue alla positiva valutazione. Gli atti espressione di discrezionalità tecnica sono sindacabili dal giudice amministrativo, in quanto tali valutazioni sono costitutive del fatto oggetto del giudizio. Ne deriva che l'annullamento in sede giurisdizionale delle relative determinazioni può discendere o dall'accertamento di una violazione di legge, ovvero dall'integrazione di una figura sintomatica di eccesso di potere. Ciò comporta che la valutazione demandata alle commissioni di esame per il concorso in magistratura ordinaria è soggetta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo. Il sindacato di legittimità presuppone che le valutazioni effettuate da una commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati, espressione di una elevata discrezionalità tecnica, siano inficiate
ictu oculi da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell'arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 27 febbraio 2020, n. 5743). All'illegittimo esercizio del potere consegue l'annullamento del provvedimento. La riconosciuta possibilità del giudice di sostituirsi all'Amministrazione nell'apprezzamento tecnico non gli consente di sostituire con una propria determinazione il provvedimento frutto di quell'apprezzamento: la sentenza del giudice amministrativo nell'ambito della giurisdizione di legittimità non può che limitarsi ad annullare il provvedimento.
  Il processo amministrativo nel caso in esame è un processo di tipo impugnatorio o caducatorio. È, dunque, evidente che a fronte dell'esercizio di un potere discrezionale ovvero dell'elevata discrezionalità dei provvedimenti della commissione esaminatrice dei concorso, la posizione del privato ha consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
  A riprova dell'elevata discrezionalità tecnica della commissione va segnalata l'adeguatezza della motivazione riferita a quella peculiare categoria di atti amministrativi rappresentati dai giudizi valutativi delle prove del concorso che, sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato, può esprimersi mediante la mera assegnazione di un punteggio numerico o in una mera declaratoria di non idoneità, quando l'elaborato non raggiunga la soglia della sufficienza. Tale indirizzo interpretativo è stato, proprio con riferimento al concorso in magistratura, positivamente recepito dal legislatore. Invero, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo n. 160 del 2006 (come sostituito dall'articolo 1 della legge n. 111 del 2007) è previsto che: «...sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punto in ciascuna delle materie della prova scritta...»; e che «...agli effetti di cui all'articolo 3 della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l'indicazione del solo punteggio numerico, mentre l'insufficienza è motivata con la sola formula non idoneo...».
  Giova ribadire che il giudizio proprio delle commissioni esaminatrici è dunque caratterizzato da elevata discrezionalità tecnica, discendente dal fatto che le prove di esame in parola si collocano nell'ambito di un procedimento preordinato al l'accertamento di una specifica idoneità, che richiede che il candidato dimostri il possesso di una completa, complessiva ed equilibrata cultura e preparazione giuridica nell'ambito delineato dalla pertinente normativa e che, pertanto, formano oggetto di un giudizio che è frutto della valutazione, da parte della commissione, di una serie di elementi complessi, suscettibili di vario apprezzamento. Ebbene, il delineato ambito funzionale del sindacato giurisdizionale sulle deliberazioni della commissione, nell'esercizio dei suoi poteri riconducibili all'ampia sfera di discrezionalità tecnica che le compete – insindacabile, salvo che per i profili di manifesta e intrinseca illogicità e irrazionalità –, induce di riflesso a rilevare che, nel vigente assetto istituzionale, la funzione di alta vigilanza assegnata al Ministro della giustizia sulla regolarità degli esami si concretizza nella costante verifica della regolarità delle operazioni svolte dalla commissione esaminatrice e dalle sottocommissioni, rispetto alle richiamate modalità procedurali indicate dalla legge, senza potere altrimenti involgere il sindacato sul merito delle singole deliberazioni, relative alle valutazioni dei candidati, soggette come detto al solo sindacato di legittimità del giudice amministrativo, nel ristretto ambito sopra delimitato.
  Quanto lamentato dagli interroganti, sullo specifico punto dei presunti errori riscontrati negli elaborati dei candidati ammessi, con evidenza attiene al merito delle valutazioni espresse dalla commissione esaminatrice del concorso in magistratura. Ne consegue che l'unica strada percorribile è quella di adire la giustizia amministrativa.
  Con specifico riferimento all'asserita presenza di segni di riconoscimento negli elaborati di candidati ritenuti idonei va poi affermato:

   è noto che ogni fase della procedura concorsuale deve essere espletata dalla commissione esaminatrice in modo da garantirne la più completa e assoluta trasparenza, allo scopo di soddisfare l'interesse pubblico all'individuazione del candidato più meritevole;

   durante le fasi concorsuali deve dunque essere garantito il rispetto del principio dell'anonimato, anche al fine di soddisfare il criterio generale di imparzialità che deve sottendere l'azione amministrativa, a salvaguardia della par condicio tra i partecipanti;

   occorre però tenere conto anche di un altro principio, alla stregua del quale la valutazione dell'esistenza o meno di segni di riconoscimento attiene all'esercizio di potestà tecnico discrezionale della commissione esaminatrice;

   logico corollario è che spetta solo alla commissione esaminatrice di accertare la sussistenza di segni di riconoscimento negli elaborati;

   ciò posto, secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, «...gli elementi da cui eventualmente evincere la violazione della regola dell'anonimato delle prove d'esame sono l'idoneità del segno di riconoscimento e il suo utilizzo intenzionale: quanto alla prima, ciò che rileva non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, e ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l'autore dell'elaborato; quanto al secondo, invece, è da escludere un automatismo tra astratta possibilità di riconoscimento e violazione della regola dell'anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare in modo inequivoco l'intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato...»;

   tornando al caso in esame, in base ai consolidati orientamenti giurisprudenziali sinora esposti deve necessariamente concludersi che le particolarità poste in evidenza negli elaborati dei candidati ritenuti idonei non presentano quei caratteri di anomalia sufficienti a comprovare in modo inequivoco l'intenzione degli autori di rendere conoscibili i propri elaborati alla commissione o a un suo componente;

   a questo proposito va segnalato che durante la fase delle prove scritte la commissione non aveva mai dato indicazioni di sorta ai candidati, richiamando unicamente il rispetto delle norme regolamentari;

   del resto è noto che nei concorsi moltissimi candidati, non riuscendo a terminare la prova nel tempo prefissato, inseriscono ad un certo punto del lavoro dei rinvii alla brutta copia, ove sono presenti specchietti, schemi, annotazioni, frecce eccetera;

   piuttosto, diversamente opinando, si dovrebbero allora annullare centinaia e centinaia di prove, con grave pregiudizio del principio di massima partecipazione al concorso. E infatti, come ha ripetutamente sottolineato la giurisprudenza di legittimità, il principio di anonimato (espressione del valore dell'imparzialità) va applicato con intelligenza, proporzionalità e correlazione con l'altro fondamentale principio di massima partecipazione possibile, a sua volta correlato con due valori anch'essi di rango costituzionale: quello del lavoro e quello del buon andamento, sotto l'altro profilo dell'ampliamento della platea dei partecipanti per innalzare la possibilità statistica di scegliere i migliori, sicché non ogni «segno» astrattamente idoneo al riconoscimento può assurgere a causa escludente.

  Quanto alle doglianze attinenti alla fase di correzione delle prove scritte, con particolare riferimento al rispetto della «...regola del rigoroso ordine numerico delle buste...» e «...alla mancata indicazione nei verbali delle tempistiche delle correzioni...», bisogna sottolineare che:

   nessuna norma di legge prescrive che si debbano correggere gli elaborati di 12 candidati al giorno per ogni sottocommissione, a pena di annullamento del concorso (si pensi al caso, tutt'altro che infrequente, di pluralità di elaborati corposi o di complessità della valutazione e conseguente ampliamento della durata della discussione nell'ambito di una stessa seduta);

   nella pratica può accadere che, fermo restando il rispetto dell'ordine numerico, una sottocommissione proceda alla correzione di alcune buste non necessariamente in sequenza e ciò per motivi di ordine oggettivo che nulla hanno a che vedere con la regolarità delle operazioni di correzione. Può accadere infatti che una sottocommissione proceda con maggiore celerità dell'altra perché, ad esempio, qualche elaborato è più breve o, viceversa, qualche elaborato assegnato all'altra sottocommissione si riveli prolisso o presenti una grafia di difficile comprensione che porta un inevitabile allungamento dei tempi di lettura. Ed è evidente che in tali casi, in base al generale principio di efficienza dell'azione amministrativa, la sottocommissione «più veloce» ben può portarsi avanti con le correzioni di altre buste originariamente assegnate all'altra sottocommissione. Del resto, le due sottocommissioni sono assolutamente indipendenti nell'organizzazione del lavoro, tanto è vero che in caso di difformità di giudizi o in caso di annullamento di qualche prova, viene convocata la seduta plenaria con la partecipazione di tutti i componenti delle due sottocommissioni. Ciò rispecchia una regola di organizzazione del lavoro delle sottocommissioni improntata all'efficienza, costantemente seguita anche nei concorsi precedenti;

   anche in relazione ai tempi di correzione, la censura si rivela infondata. È infatti pacifico in giurisprudenza che non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione esaminatrice alla valutazione delle prove d'esame dei candidati: in primo luogo manca una predeterminazione sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamento, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti; in secondo luogo, non è possibile, di regola, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato. In ogni caso, dai verbali risulta che le sedute per le correzioni delle prove scritte di regola avevano inizio tra le 9,15 e le 9,30 e si concludevano tra le 16,40 e le 17, con una pausa pranzo di circa un'ora e mezza; inoltre, ciascuna delle due sottocommissioni ha mediamente valutato ogni giorno 13 buste (contenenti ciascuna tre elaborati). Va detto però che nei giorni di lunedì e venerdì le sottocommissioni, per motivi logistici e secondo consolidata prassi, operavano per mezza giornata e precisamente il lunedì solo nella fase pomeridiana e il venerdì solo in quella antimeridiana. Ora, considerando una media di sette buste aperte nella seduta antimeridiana e gli orari risultanti dai verbali, ciascuno dei tre collegi delle due sottocommissioni – che si badi bene, operava in contemporanea con gli altri due – mediamente ha impiegato circa 15-20 minuti per la lettura e la valutazione preliminare dell'elaborato di competenza (lunghezza media 6 facciate) mentre la sottocommissione circa 10-15 minuti per la valutazione finale del candidato. I tempi di valutazione di ciascun candidato variavano quindi in media tra i 25 e i 35 minuti. Trattasi ovviamente solo di una media perché, come già evidenziato, i tempi di valutazione di ciascun candidato spesso si riducono in presenza di elaborati palesemente errati o brevi (spesso si sono registrati lavori di appena 3-4 facciate) o al contrario si dilatano in presenza di lavori più lunghi, redatti con grafia poco leggibile o dal contenuto tale da determinare approfondimento da parte della sottocommissione. Lo stesso vale anche per la seduta pomeridiana dedicata alla valutazione, di regola, di 5 o 6 candidati.

  Quanto poi alla doglianza relativa all'impossibilità di reperire il calendario dei lavori a cui le sottocommissioni dovevano attenersi, va sottolineato che il calendario dei turni dei componenti ha una valenza organizzativa e contabile che non rileva ai fini delle correzioni e dei giudizi espressi.
  A ciò si aggiunga che questioni del tutto assimilabili a quelle che formano oggetto della presente interrogazione sono state esaminate anche dal Tar Lazio e ritenute infondate in sede cautelare, come da ordinanze di rigetto delle istanze sospensive proposte da due candidati. Si tratta in particolare delle seguenti ordinanze Tar Lazio, sezione Prima
quater, ordinanza 11 novembre 2020 n. 6883/2020 Reg. Prov. Cau e n. 7542/2020 Reg. Ric.; ordinanza 7 dicembre 2020 n. 7520/2020 Reg. Prov. Cau e n. 8855/2020 Reg. Ric. In definitiva, il Tar Lazio ha respinto il 100 per cento delle istanze cautelari avanzate dai candidati non ammessi alle prove orali che hanno proposto ricorso giurisdizionale.
  Da tutto quanto sinora esposto nel dettaglio appare possibile al momento fugare ogni dubbio in ordine alla piena trasparenza delle modalità di correzione degli elaborati e alla sussistenza di irregolarità di carattere procedurale ad opera della commissione esaminatrice. In tale quadro, le iniziative genericamente invocate dall'interrogante appaiono del tutto esulare dai poteri di alta vigilanza attribuiti al Ministro della giustizia.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.