ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06086

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 294 del 19/09/2014
Firmatari
Primo firmatario: BENEDETTI SILVIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 19/09/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DE LORENZIS DIEGO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
BIANCHI NICOLA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
TOFALO ANGELO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
VACCA GIANLUCA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
ROSTELLATO GESSICA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
SPESSOTTO ARIANNA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
DA VILLA MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
L'ABBATE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
GAGNARLI CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
D'AMBROSIO GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
COLLETTI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
MUCCI MARA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
FERRARESI VITTORIO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
SARTI GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
TURCO TANCREDI MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
D'INCA' FEDERICO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
SORIAL GIRGIS GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
PISANO GIROLAMO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
VILLAROSA ALESSIO MATTIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
BARBANTI SEBASTIANO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
BERNINI PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
RIZZO GIANLUCA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
FRUSONE LUCA MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014
BRUGNEROTTO MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 19/09/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 19/09/2014
Stato iter:
02/08/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 02/08/2017
GALLETTI GIAN LUCA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 02/08/2017

CONCLUSO IL 02/08/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-06086
presentato da
BENEDETTI Silvia
testo di
Venerdì 19 settembre 2014, seduta n. 294

   BENEDETTI, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, TOFALO, VACCA, ROSTELLATO, SPESSOTTO, DA VILLA, L'ABBATE, GAGNARLI, D'AMBROSIO, COLLETTI, MUCCI, FERRARESI, SARTI, TURCO, D'INCÀ, SORIAL, PISANO, VILLAROSA, BARBANTI, ALBERTI, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 12 settembre a Vasto (Chieti) si sono spiaggiati 7 capodogli, di cui 3 morti e 4 salvati grazie ai cittadini e alla marineria vastese; la presenza di gas nel sangue dei mammiferi fa supporre che la causa siano le ricerche di idrocarburi nell'Adriatico, la cui tecnica di ispezione air-gun provoca esplosioni che danneggiano i mammiferi;
   con atto n. 4-03492 dell'11 febbraio 2014 si interrogavano i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e degli affari esteri relativamente alle scansioni avviate dal Governo croato in Adriatico, elencando gli studi che dimostrano come le tecniche di prospezione danneggino gli «abitanti del mare» e chiedendo garanzie a difesa del patrimonio marino;
   si prevede che, per valorizzare i non trascurabili giacimenti di idrocarburi presenti sul territorio nazionale, vengano sbloccati investimenti, ipotizzabili in 15 miliardi di euro, vengano semplificate le procedure di rilascio dei titoli minerari, e tolto agli enti locali il potere di veto sulle trivellazioni;
   si tratta di un giro di affari che attirerà gli interessi economici di un considerevole numero di imprese già operanti e di tutte quelle nuove compagnie che faranno presto a essere qualificate come «petrolifere»;
   le nuove procedure di semplificazione che si prospettano potrebbero comportare il diffondersi rapidamente di trivelle in mare che dall'Alto Adriatico (dove ne sono già previste 19) proseguirebbero lungo tutta la dorsale, fino alla Sicilia. In tutto potrebbero essere sbloccate 44 istanze per permesso di ricerca e 9 istanze di coltivazione depositate dalle compagnie, che si andrebbero ad aggiungere alle 105 piattaforme e ai 366 pozzi attivi oggi nell’offshore italiano. Solo nell'Adriatico centro meridionale sono oltre 12.290 i chilometri quadrati interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio che si aggiungono alle 8 piattaforme già attive e da cui nel 2013 sono state estratte 422.758 tonnellate di greggio;
   il rischio per il nostro Paese è il moltiplicarsi incontrollato di nuove piattaforme e nuovi giacimenti, che preoccupa esperti e associazioni ambientaliste. Gli operatori economici, dai proprietari di alberghi ai viticoltori, sono inoltre preoccupati dell'impatto economico negativo su produzioni di qualità e turismo che garantiscono il sostentamento per centinaia di migliaia di lavoratori;
   negli ultimi due anni sono scesi in piazza diocesi, enti locali, regioni, associazioni di categoria dei commercianti ed esercenti, per difendere settori economici che saranno gravemente impattati con conseguenti perdite di posti di lavoro, sacrificati sull'economia del passato che, peraltro, è a bassissima intensità di lavoro;
   è dimostrato infatti che le trivellazioni, per ogni milione di euro investito, portano 0,5-0,8 posti di lavoro, mentre l'agricoltura, il commercio e il turismo hanno moltiplicatori economici 10 volte maggiori; a dimostrazione di ciò si porta l'esempio della Basilicata che dal 1998 è stata trasformata in un distretto petrolifero e a 16 anni da questa scelta gli indicatori economici sono tra i peggiori d'Italia, con un'emigrazione costante di migliaia di persone che evidentemente non traggono beneficio dai pozzi di petrolio e dalle centrali di raffinazione che invece scoraggiano la nascita del turismo e danneggiano le produzioni agricole di qualità;
   il recente rapporto annuale della World Meteorological Organization indica che il 2013 è stato l'anno più inquinato degli ultimi trent'anni facendo registrare un nuovo record nella presenza di anidride carbonica e altri gas effetto serra nell'atmosfera terrestre; si starebbe inoltre verificando un'acidificazione senza precedenti degli oceani e quindi della loro capacità di assorbire la stessa CO2;
   il volume di anidride carbonica, il principale gas a effetto serra emesso dalle attività umane, presente nell'atmosfera terrestre, nel 2013 è stato pari a 396 parti per milione (Ppm), 2,9 Ppm in più rispetto al 2012. Si tratta del più grande aumento dal 1984, ovvero da quando la situazione mondiale è monitorata in maniera affidabile. Il secondo gas serra più importante, il metano (meno diffuso, ma molto più potente) ha continuato a crescere ad un ritmo simile a quello degli ultimi cinque anni, raggiungendo una media mondiale di 1.824 parti per miliardo (Ppb). L'altro principale gas dannoso, il protossido di azoto, ha raggiunto 325,9 Ppb, ma la sua crescita è rimasta stabile e nella media negli ultimi dieci anni;
   il segretario generale del WMO, Michel Jarraud, a proposito del rapporto annuale Greenhouse Gas, ha dichiarato che «senza alcun dubbio il nostro clima sta cambiando, sta diventando sempre più estremo e la causa sono le attività umane, come la combustione di carbone fossile. Le emissioni di CO2 del passato, quelle di oggi e del futuro si accumuleranno e avranno un impatto globale sia sul surriscaldamento che sull'acidificazione degli oceani. Le leggi della fisica non sono negoziabili, sta scadendo il tempo –:
   se alla luce degli studi scientifici, degli obiettivi del «Piano 20-20-20» approvato nel marzo 2007 dai Governi europei e della recente denuncia del WMO, non ritengano in totale controtendenza, anacronistica e antieconomica la direzione intrapresa dal Governo verso lo sfruttamento delle energie fossili, e quali misure intendano adottare a difesa dell'intero ecosistema marino. (4-06086)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 2 agosto 2017
nell'allegato B della seduta n. 847
4-06086
presentata da
BENEDETTI Silvia

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Relativamente alla tecnica dell’air gun si evidenzia che la medesima è utilizzata da decenni e consiste nell'emissione di aria compressa in mare per analizzare la struttura del sottosuolo tramite la tecnica della sismica a riflessione.
  Tale tecnica non rientra nell'elenco dei casi noti di attività antropiche sismogeniche che è possibile rinvenire nel rapporto redatto al riguardo da ISPRA nel 2014. Inoltre, nel dibattito che è seguito all'introduzione della norma che ne vietava l'utilizzo, poi rimossa, si ricorda che la comunità scientifica nazionale si è schierata compatta contro il divieto, manifestando la propria disponibilità a collaborare con il Governo per l'adozione di linee guida avanzate in considerazione della peculiare sensibilità del Mar Mediterraneo. Sul punto rimane la questione delle popolazioni dei cetacei e al riguardo già in precedenza è stata considerata la necessità di assicurare il pieno rispetto delle linee guida ACCOBAMS e JNCC adottate in materia.
  Relativamente alle problematiche attinenti le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi in Italia, si premette che la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) ha ripristinato il limite delle 12 miglia dalla costa per le perforazioni petrolifere in mare. La disposizione stabilisce che i titoli abilitativi già rilasciati siano fatti salvi dall'estensione del limite alle 12 miglia per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. La norma ha vietato nuove attività di trivellazione entro le 12 miglia (20 chilometri) salvaguardando così le vocazioni proprie delle coste italiane e non vanificando gli investimenti messi in atto da soggetti pubblici e privati, a volte molto consistenti, per lo sviluppo e la promozione del turismo.
  Con riferimento alla predetta normativa, il 17 aprile 2017 si è tenuto il referendum per decidere se abrogare o meno la parte della disposizione che permette a chi ha già ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa, di poter rinnovare la concessione fino all'esaurimento del giacimento, che ha avuto esito negativo per il mancato raggiungimento del quorum.
  In ordine alle questioni relative all'impatto ambientale dei progetti e alle possibili criticità segnalate dagli interroganti, si evidenzia preliminarmente che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è l'autorità competente a svolgere le procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) per tutte le attività inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare e a terra su tutto il territorio nazionale. L'autorizzazione finale all'avvio di tali attività spetta invece al Ministero dello sviluppo economico, preposto appunto alla finale valutazione comparativa dei diversi interessi pubblici incisi o comunque interessati da dette attività, comprese le vocazioni territoriali e i modelli di sviluppo di volta in volta da promuovere.
  Si evidenzia altresì che i provvedimenti di compatibilità ambientale relativi alle attività di prospezione geofisica di determinate aree in mare sono preliminari rispetto ad eventuali attività di ricerca e produzione di idrocarburi, che potranno essere realizzate in futuro previe ulteriori e distinte valutazioni di impatto ambientale.
  Nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico, il Ministero dello sviluppo economico coordina la sua attività con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che valuta la compatibilità ambientale di progetti di estrazione degli idrocarburi.
  La verifica dell'impatto ambientale analizza tutte le componenti interessate dal progetto: la valutazione deve comprendere gli effetti sulle componenti dell'ambiente potenzialmente soggette ad un impatto del progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, all'uso del suolo, alla fauna e alla flora, al suolo, all'acqua, all'aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico, al paesaggio e all'interazione tra questi vari fattori.
  Si precisa che ai fini autorizzativi è comunque prevista l'intesa con la regione o le regioni interessate. Difatti, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, nell'ambito della procedura di VIA sono valutate e considerate tutte le osservazioni pervenute sia da parte dei privati cittadini che da parte delle amministrazioni coinvolte: tale valutazione è debitamente riportata nei provvedimenti di compatibilità ambientale del Ministero con le eventuali controdeduzioni e prescrizioni.
  Si evidenzia, infine, che dopo l'incidente del 2010 nel Golfo del Messico, gli Stati membri della Comunità europea hanno dato avvio a una revisione delle politiche dell'Unione europea volte a garantire la sicurezza delle operazioni relative al settore degli idrocarburi.
  Con l'emanazione della direttiva 2013/30/UE è stato avviato un processo per ridurre per quanto possibile il verificarsi di incidenti gravi legati alle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e di limitarne le conseguenze, aumentando così la protezione dell'ambiente marino e delle economie costiere dall'inquinamento, fissando nel contempo le condizioni minime di sicurezza per la ricerca e lo sfruttamento in mare nel settore degli idrocarburi, limitando possibili interruzioni della produzione energetica interna dell'Unione e migliorando i meccanismi di risposta in caso di incidente.
  Riducendo il rischio di inquinamento marino, la direttiva assicurerà la protezione dell'ambiente marino e in particolare il raggiungimento o il mantenimento di un buono stato ecologico al più tardi entro il 2020, obiettivo stabilito nella direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino).
  Al riguardo, peraltro, si segnala che, come recentemente statuito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenza 11 febbraio 2015 nella causa C-531/13), la decisione sul se le trivellazioni esplorative debbano essere sottoposte o meno a VIA spetta ai singoli Stati membri, che possono a tal fine fissare soglie e criteri applicativi oppure decidere di valutare singolarmente i vari progetti. Tanto a comprova del fatto che la normativa italiana sia più restrittiva di quella comunitaria secondo la quale la trivellazione finalizzata ad estrarre gas e petrolio per poter determinare la convenienza commerciale del giacimento, non rientra tra i progetti per i quali è sempre obbligatoria la valutazione d'impatto ambientale.
  Questo dicastero è peraltro attento al processo di transizione energetica verso la decarbonizzazione. L'Italia vanta già il 17 per cento di produzione di energie rinnovabili collocandosi tra i primi paesi al mondo, con punte di eccellenza nel fotovoltaico.
  Proprio il 4 maggio 2017 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ospitato i lavori del Coordinamento Free, realtà che riunisce molte associazioni impegnate in campo ambientale, sul terreno delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. Si è parlato di veicoli elettrici, bike e car-sharing per ridurre traffico e inquinamento, così come di autosufficienza energetica attraverso le fonti alternative. Per questo motivo il ministero, nel solco del percorso tracciato con la legge 28 dicembre 2015, n. 221 (cosiddetta «Collegato ambientale»), vuole essere catalizzatore di un confronto tra livelli istituzionali, per individuare quelle sperimentazioni che possono creare nuove opportunità e insieme rappresentare un modello esportabile a livello nazionale.
  Inoltre, il nostro è tra i Paesi più virtuosi in termini di riduzione delle emissioni: grazie alle politiche e alle misure messe in atto per il periodo 2013-2020, l'Italia si colloca tra i Paesi con emissioni pro capite più basse in Europa, tra i Paesi più efficienti a livello globale, e tra i Paesi con una maggiore percentuale di produzione di energia da fonti rinnovabili in Europa.
  L'accordo di Parigi del dicembre 2015 sui cambiamenti climatici ha costituito un decisivo passo avanti nel percorso della lotta al surriscaldamento globale.
  Il nostro paese, sin dalla conferenza di Lima del 2014 dove l'Italia ha guidato la delegazione europea, e poi a Parigi nel dicembre 2015, ha dato un contributo convinto ed efficace per il raggiungimento di un accordo che si aspettava da anni e che serve a tutelare il pianeta e l'umanità che lo abita.
  Si segnala quanto i tempi di ratifica dell'accordo di Parigi siano stati molto più veloci rispetto a quanto avvenuto in passato per analoghi accordi internazionali: basti pensare che il protocollo di Kyoto è entrato in vigore dopo 8 anni dalla stipula, mentre per quello di Parigi sono stati sufficienti 8 mesi. Tutti i Paesi del mondo si sono mostrati consapevoli dell'urgenza del momento e dell'importanza degli impegni assunti.
  È del resto la prima volta che un accordo multilaterale di tale portata diventa efficace in così breve tempo, grazie al deposito delle ratifiche di così tanti Paesi. Dopo lo storico consenso raggiunto a Parigi per un accordo globale e vincolante, tale impegno senza precedenti per la sua rapida entrata in vigore dimostra la profonda consapevolezza della comunità internazionale della prioritaria emergenza posta dal cambiamento climatico e dalle sfide che solo con un impegno collettivo possono essere efficacemente affrontate per limitare il riscaldamento globale e garantire lo sviluppo sostenibile di tutto il pianeta.
  Si segnala altresì che, adottando una procedura straordinaria, oltre ai singoli paesi, anche l'Unione europea ha ratificato l'accordo di Parigi, con una soluzione inedita, ma fortemente voluta dall'Italia.
  Tale procedura «irrituale», vale a dire il deposito non congiunto di Ue e Stati membri, si è resa necessaria per permettere all'Unione di partecipare alla successiva 22a Conferenza delle parti della convenzione quadro dell'ONU sulla lotta ai cambiamenti climatici (UNFCCC) tenutasi a Marrakech dal 7 al 18 novembre, come attore principale e non come spettatore. Ciò dimostra la forte volontà comune dell'Unione europea di mantenere il ruolo di driver nell'attuazione dell'accordo e di rinnovare il suo più saldo impegno nell'onorare gli impegni presi.
  A Parigi è stato possibile chiudere il primo vero accordo globale legalmente vincolante finalizzato a rafforzare la risposta alla minaccia dei cambiamenti climatici. L'approvazione dell'accordo identifica un momento storico, in cui sono state poste le basi per rendere universale e irreversibile la transizione verso un mondo resiliente ai cambiamenti climatici e neutrale dal punto di vista delle emissioni.
  Sono diversi gli elementi nuovi e rilevanti che sono stati affrontati e regolati con questo nuovo accordo. Tra i più importanti occorre sottolineare la fissazione dell'obiettivo di lungo termine di contenere il riscaldamento entro 2oC rispetto ai livelli pre-industriali, con l'impegno ad operare attivamente per un ulteriore abbassamento della soglia a 1,5oC.
  Il raggiungimento di questo obiettivo non potrà prescindere da una continua verifica delle azioni messe in campo e dai risultati raggiunti dai governi. A tale scopo si è lavorato intensamente perché si stabilisse un unico sistema che assicurasse la trasparenza del nuovo regime e richiedesse a ciascun paese di riportare i rispettivi progressi nella realizzazione dei piani di mitigazione, valutandone regolarmente con cadenza quinquennale la portata collettiva alla luce dell'obiettivo di rimanere al di sotto dei 2oC.
  L'Unione europea, e l'Italia in seno ad essa, sono in una posizione speciale in qualità di pionieri della lotta ai cambiamenti climatici e possiedono tutti gli strumenti e la necessaria ambizione per guidare tale sforzo anche nel prossimo futuro.
  A tale proposito, il contributo nazionale portato dentro l'accordo di Parigi è stato quello sottoscritto dai Paesi europei in occasione del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014, sotto la presidenza italiana, l'INDC (contributo previsto stabilito a livello nazionale) per i successivi negoziati sul clima, con l'impegno da parte dei Paesi europei a ridurre le proprie emissioni di Co2 entro il 2030 di almeno il 40 per cento; al tempo stesso, in quella sede sono stati imposti target sia sul raggiungimento del livello di consumo di energie rinnovabili sia sul miglioramento dell'efficienza energetica, pari in entrambi i casi a valori obiettivo del 27 per cento.
  Peraltro, è da notare che il target di riduzione di almeno il 40 per cento di Co2 è suddiviso in due sotto-obiettivi: il 43 per cento a livello europeo che per i settori soggetti ad emission trading (ETS) che comprende il comparto di produzione elettrica e i settori più energivori; e un 30 per cento per i settori cosiddetti non ETS (quali trasporti, civile, agricoltura, piccola industria) che viene suddiviso tra gli Stati membri.
  Anche gli impegni finanziari richiamati nel testo dell'accordo erano già stati adottati con gli accordi di Copenhagen, vale a dire il raggiungimento dell'obiettivo di 100 miliardi di dollari annui al 2020, con l'impegno a rivedere al rialzo tale impegno nel 2025, anche con diverse modalità di partecipazione, quindi non soltanto a carico dei Paesi attualmente impegnati. L'obiettivo della mobilitazione di queste risorse è aiutare i Paesi più poveri a fronteggiare il cambiamento climatico, richiedendo la definizione di una chiara road map per raggiungere tale obiettivo.
  Alla luce del cruciale ruolo svolto dal nostro Paese in seno all'Unione europea nell'ambito del più complessivo negoziato globale, è risultato particolarmente importante che l'iter di ratifica dell'accordo di Parigi collegato alla convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015, si sia concluso in tempi brevissimi, con la legge 4 novembre 2016 n. 204, ovvero prima dell'inizio della 22a Conferenza delle parti della convenzione quadro dell'ONU sulla lotta ai cambiamenti climatici (UNFCCC) tenutasi a Marrakech dal 7 al 18 novembre.
  Quanto riferito testimonia che le problematiche rappresentate dagli interroganti sono tenute in debita considerazione da parte di questo Ministero, il quale ha provveduto, e provvederà per il futuro, alle attività e valutazioni di competenza in materia con il massimo grado di attenzione, e a svolgere un'attività di monitoraggio e impulso.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

gas a effetto serra

agente inquinante dell'atmosfera

gas naturale