Primo firmatario: Gruppo: RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI Data firma: 02/10/1996
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario
Gruppo
Data firma
ALLEANZA NAZIONALE
10/02/1996
RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI
10/02/1996
RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI
10/02/1996
Destinatari
Ministero destinatario:
MINISTERO DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI
Stato iter:
10/06/1997
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO
10/06/1997
SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (MINISTERO DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI)
REPLICA
10/06/1997
RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI
Fasi iter:
PRESENTATO IL 02/10/1996
RISPOSTA DEL GOVERNO IL 10/06/1997
ITER CONCLUSO IL 10/06/1997
Al Ministro per i beni culturali e ambientali. - Per sapere - premesso che: la prof. Emilia Alessandrone Perona, direttrice dell'istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea, in una nota indirizzata al Consiglio di amministrazione dell'istituto stesso, che qui si riporta per ampli stralci, denuncia una grave decisione del museo nazionale del Risorgimento di Torino: "credo doveroso richiamare la vostra attenzione sulla recente decisione del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino di rimuovere dall'aula del Parlamento italiano di Palazzo Carignano le 170 bandiere del movimento sindacale e politico italiano, provenienti dal fondo "Mostra della Rivoluzione fascista" dell'Archivio Centrale dello Stato. Mi sono risolta a scrivere in proposito a voi, e a quanti di voi fanno parte anche degli organismi del Museo, perché ritengo che l'Istituto, che insieme al Centro Gobetti realizzò la mostra "Un'altra Italia nelle bandiere dei lavoratori" - inaugurata nel 1981 dal Presidente Pertini e divenuta permanente nel 1986 - e che ha condotto lo studio storico e iconografico sulle bandiere, avrebbe dovuto essere informato tempestivamente, insieme alle istituzioni pubbliche che sostennero finanziariamente l'iniziativa, dei rischi che corre la collezione, ed essere messo in condizione di esprimere un parere meditato. E' noto infatti che essa appartiene all'Archivio Centrale dello Stato, a cui tornerebbe non appena venissero meno gli impegni presi dal Museo per la sua esposizione. Non si pretende con queste osservazioni di interferire nelle decisioni di un altro Istituto, ma si chiede che siano note e chiare a tutti le ragioni che rischiano di privare la Città di una collezione unica nel suo genere e che si possano considerare i possibili interventi per evitarlo. In altri termini, penso che non possa essere considerato come un caso di ordinaria amministrazione, di pertinenza di un Ente privato, il destino di una raccolta che Torino ha acquisito grazie ad un concorso di volontà e di energie e che ha rilevante valore storico per le seguenti ragioni; essa documenta, pezzo per pezzo, le violenze fasciste del 1919-1922, che sono all'origine della costituzione del fondo stesso; il corpus così costituito offre un panorama di eccezionale varietà e ricchezza della cultura politica delle classi lavoratrici del secondo Ottocento e del primo Novecento. La mostra, col relativo apparato di ricostruzione storica e semiologia raccolto nel catalogo, ha costituito infatti un punto di riferimento per ricerche analoghe svolte successivamente (per esempio, in Piemonte, le tante iniziative conservative, espositive, editoriali sulle bandiere delle Società di Mutuo soccorso) e per gli studi italiani e stranieri sulla cultura, la simbologia, la ritualità del movimento operaio; la raccolta esposta a Torino fa parte di un giacimento - la Mostra della Rivoluzione fascista - a sua volta "storico" per ciò che rappresenta rispetto alla mentalità, alla cultura e all'autorappresentazione del fascismo. Su un altro aspetto di questa raccolta, e cioè sul suo valore evocativo di lotte e sconfitte duramente pagate non mi soffermo. L'hanno fatto da loro pari Sandro Pertini, Fran.$$.Accois Mitterand, Gilles Martinet, Norberto Bobbio e molti altri ancora. Nel 1981 la sua collocazione nell'aula del Parlamento Italiano - mai utilizzata per lo scopo per il quale era stata costruita - apparve una sorta di risarcimento morale, una justice de Clio, come scrisse una storica francese; una dare voce a ceux qui n'ont pas eu d'Histoire. Parve anche non improprio che, attraverso quei documenti, un terzo soggetto a sua volta attore della storia d'Italia, entrasse nel Museo Nazionale del Risorgimento, dilatandone l'impostazione dinastica e politico-militare. Ora questo patrimonio rischia di essere perduto per Torino, già particolarmente sguarnita di percorsi museali e didattici dedicati alla storia contemporanea (si pensi alla tormentata e tuttora non risolta questione del Museo della Resistenza e alle improbabili ipotesi di un Museo della Deportazione). Ci si chiede, inoltre, come mai in una città dove le istituzioni culturali sopravvivono faticosamente - come ben sa questo nostro Istituto - si trovino risorse non indifferenti per disfare quello che è stato realizzato, senza che neanche se ne conoscano le ragioni e si discutano le priorità e le possibili alternative -: quali iniziative intenda intraprendere il Ministro, alla luce delle notevoli considerazioni esposte dalla professoressa Alessandrone Perona, per bloccare una simile iniziativa del museo, che oltretutto suonerebbe come un'offesa al movimento operaio sindacale e politico italiano, a meno che non si voglia perseguire un'opera di revisionismo storico che oltretutto vuole considerare anche la messa in "cantina" dei simboli più significativi delle lotte antifasciste quali quelli rappresentati dalle "bandiere", per di più in un momento in cui tale simbolo per l'Italia è sentito in maniera così forte contro ogni attacco secessionista ed autoritario. (3-00273)
Classificazione EUROVOC:
CONCETTUALE:
BANDIERE, BENI CULTURALI ED ARTISTICI, CENTRI ED ISTITUTI DI STUDIO E DOCUMENTAZIONE, FASCISMO E NAZISMO, MUSEI GALLERIE E PINACOTECHE
SIGLA O DENOMINAZIONE:
GEO-POLITICO:
TORINO (TORINO+ PIEMONTE+), MUSEO DEL RISORGIMENTO DI TORINO