ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/01102

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 458 del 17/02/2021
Firmatari
Primo firmatario: PORCHIETTO CLAUDIA
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 17/02/2021
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GIACOMETTO CARLO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 17/02/2021
BARATTO RAFFAELE FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 17/02/2021


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 17/02/2021
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interpellanza 2-01102
presentato da
PORCHIETTO Claudia
testo di
Mercoledì 17 febbraio 2021, seduta n. 458

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   prima della riforma del contenzioso tributario spettava alle Commissioni tributarie la scelta di condannare la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio oppure di prevedere la compensazione delle spese anche in caso di rigetto del ricorso del contribuente. Le Commissioni applicavano ampiamente tale ultima possibilità;

   con la riforma del contenzioso tributario (decreto legislativo n. 156 del 2015, in vigore dal 1° gennaio 2016, di modifica al decreto legislativo n. 546 del 1992) è stato imposto al giudice tributario il dovere di condannare la parte soccombente al pagamento delle spese sostenute (articolo 15, comma 1, decreto legislativo n. 546 del 1992), salvo casi di compensazione adeguatamente motivati (Cassazione sentenza n. 592 del gennaio 2017);

   in pratica se il contribuente perde in giudizio, si trova a sostenere sia le spese per la propria difesa sia quelle per la difesa del fisco, oltre a dover pagare le imposte, le sanzioni e gli interessi relativi all'atto impugnato. Le spese legali sostenute dal fisco sono calcolate in base alle tariffe relative ai compensi degli avvocati, previste dal decreto ministeriale n. 55 del 2014, ridotte del 20 per cento (articolo 15, comma 2-sexies, del decreto legislativo n. 546 del 1992);

   per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo, per cui le spese di giudizio sono maggiorate del 50 per cento a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento (articolo 15 comma 2-septies, e articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992);

   l'Agenzia delle entrate può inoltre chiedere al giudice di condannare il contribuente a un pagamento supplementare per lite temeraria, qualora si accerti che egli ha agito in giudizio con mala fede o colpa grave. Tuttavia, il legislatore, in sede di riforma, ha escluso la previsione opposta e, cioè, la responsabilità aggravata del fisco e, quindi, la sua condanna al risarcimento dei danni per i casi in cui, sulla base di una pretesa dichiarata inesistente, questi abbia eseguito un provvedimento cautelare o iniziato o compiuto una esecuzione forzata, senza adoperare la normale prudenza;

   dalla relazione sul monitoraggio dello stato del contenzioso tributario e sull'attività delle commissioni tributarie diffusa nel giugno 2020 (dati 2019) si apprende (pag. 25) che il numero dei, ricorsi favorevoli al contribuente in cui le spese vengono compensate è decisamente più alto rispetto ai casi in cui l'Agenzia delle entrate è vincente. Molto spesso quando è l'Agenzia a essere soccombente, viene adottata la compensazione delle spese, motivando la decisione con l'incertezza del diritto. Ciò rappresenta una ulteriore stortura, in quanto per il contribuente le spese giudiziali sono un costo vivo, mentre per l'Ade praticamente un costo fisso;

   il decreto legislativo n. 156 del 2015, con cui sono state introdotte tutte le modifiche sopra descritte, è stato adottato ai sensi della legge 11 marzo 2014, n. 23, con la quale è stata conferita una delega al Governo per un sistema fiscale più equo, trasparente; in particolare, l'articolo 10 sulla revisione del contenzioso tributario prevedeva (comma 1, lettera e)) il «contemperamento delle esigenze di efficacia della riscossione con i diritti del contribuente»;

   viceversa il decreto legislativo n. 156 ha spostato la bilancia in favore dell'Ade, in particolare, a scopo deflattivo, per le controversie di minore importo. Le prassi adottate dall'Ade stanno ulteriormente aggravando questa impostazione. Può capitare al contribuente che abbia vinto il ricorso in commissione di primo grado (rispetto al quale l'Ade propone in automatico appello), di vedersi recapitare una nota spese legali in caso di soccombenza in appello, spesso di gran lunga superiore al valore della lite, di fatto inducendolo a pagare la contestazione e chiudere –:

   quale sia il fondamento della prassi posta in essere dall'Ade, basata su ipotetiche spese future in caso di soccombenza, chiaramente ostile al contribuente, come quella descritta in premessa;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative normative volte a garantire una maggiore aderenza delle disposizioni sul contenzioso tributario allo spirito della riforma fiscale e dello Statuto del contribuente, in particolare prevedendo:

   a) che gli oneri delle spese legali siano commisurati, per le controversie al di sotto di una certa soglia, al valore della lite, anche in considerazione del fatto che i legali dell'Ade sono dipendenti dell'Agenzia medesima;

   b) che in caso di esito favorevole per il contribuente, gli siano in ogni caso rimborsate le spese legali;

   c) che il concetto di «temerarietà» sia introdotto anche a carico dell'Ade con riferimento all'emissione degli avvisi di accertamento, nei casi in cui, per una pretesa rivelatesi inesistente, la stessa abbia adottato provvedimenti con i quali si crei un danno emergente o un lucro cessante al contribuente, come segnalato anche in occasione dell'esame dello schema di decreto legislativo applicativo dell'articolo 10 della suddetta legge di riforma fiscale;

   d) che sia esclusa dal computo delle spese legali l'automatica applicazione degli effetti del reclamo che comporta una maggiorazione del 50 per cento delle spese legali, non sempre giustificata.
(2-01102) «Porchietto, Giacometto, Baratto».