ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01036

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 634 del 17/05/2012
Abbinamenti
Atto 1/00922 abbinato in data 21/05/2012
Atto 1/01016 abbinato in data 21/05/2012
Atto 1/01038 abbinato in data 21/05/2012
Atto 1/01042 abbinato in data 21/05/2012
Firmatari
Primo firmatario: PALAGIANO ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 17/05/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 17/05/2012
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 17/05/2012
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 17/05/2012


Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 21/05/2012
Resoconto PALAGIANO ANTONIO ITALIA DEI VALORI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 21/05/2012
Resoconto SARUBBI ANDREA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 21/05/2012

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 21/05/2012

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 21/05/2012

Atto Camera

Mozione 1-01036
presentata da
ANTONIO PALAGIANO
testo di
giovedì 17 maggio 2012, seduta n.634

La Camera,

premesso che:
l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, il 7 ottobre 2010, ha approvato la risoluzione n. 1763 in materia di obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche;

nella risoluzione n. 1763 si segnala: a) la necessità che sia garantita l'obiezione di coscienza dell'operatore sanitario; b) la necessità di garantire che le donne possano accedere ai servizi con tempestività; c) la preoccupazione che l'assenza di regolazione dell'obiezione di coscienza possa danneggiare le donne meno abbienti o quelle che vivono in zone rurali; d) come nella grande maggioranza degli Stati dell'Europa, l'obiezione di coscienza sia ben regolamentata;

inoltre, tenendo conto dell'obbligo di garantire l'accesso alle cure mediche e la tutela della salute, così come dell'obbligo di garantire la libertà di coscienza degli operatori sanitari, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa invita gli Stati membri a sviluppare regole chiare e generali che regolino l'obiezione di coscienza circa la salute e l'assistenza sanitaria, e che: a) garantiscano il diritto all'obiezione di coscienza dell'operatore; b) siano tali da assicurare che le pazienti siano informate per tempo di eventuali obiezioni in modo da essere indirizzate a un altro operatore sanitario (non obiettore); c) garantiscano affinché le pazienti ricevano i trattamenti appropriati, in particolare nei casi di emergenza;

nella medesima risoluzione approvata, si conferma il pieno diritto all'obiezione di coscienza dell'operatore sanitario all'interno, però, di un quadro di «bilanciamento» con il diritto del paziente all'assistenza sanitaria. Anzi, in questo «bilanciamento» la medesima risoluzione è esplicitamente preoccupata che si discriminino le donne e le pazienti più deboli e povere e ribadisce la necessaria presenza di regole che garantiscano ai pazienti il trattamento sanitario appropriato, soprattutto nelle emergenze;

per quanto riguarda il nostro Paese, in ambito medico sanitario il diritto all'obiezione di coscienza è espressamente codificato e disciplinato per legge riguardo: all'interruzione della gravidanza, laddove l'obiezione è riconosciuta dall'articolo 9 della legge n. 194 del 1978; alla sperimentazione animale, dove l'obiezione di coscienza è disciplinata dalla legge n. 413 del 1993; alla procreazione medicalmente assistita, dove l'obiezione di coscienza viene prevista e disciplinata dall'articolo 16 della legge n. 40 del 2004;

in questo ambito particolare importanza riveste l'obiezione di coscienza all'interruzione volontaria della gravidanza, per i suoi effetti e ricadute socio-sanitarie e sulla stessa funzionalità del servizio sanitario nazionale;

l'ultima relazione del Ministero della salute presentata al Parlamento, sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 relativa all'interruzione volontaria di gravidanza, è quella trasmessa dall'allora Ministro della salute Fazio il 4 agosto 2011;

la relazione riporta, tra l'altro, i dati definitivi sull'obiezione di coscienza esercitata da ginecologi, anestesisti e personale non medico nel 2009. I dati che emergono sono molto eloquenti e impongono una seria riflessione: in Italia ben il 70,7 per cento dei ginecologi del servizio pubblico è obiettore di coscienza. Percentuale che scende al 51,7 per cento per gli anestesisti, e al 44,4 per cento per il personale non medico;

ad eccezione della Valle d'Aosta dove sono solamente il 18 per cento i ginecologi obiettori, le percentuali non scendono mai al di sotto del 52 per cento. Il dato più elevato di obiettori di coscienza tra i ginecologi riguarda il Sud, con una media di oltre 8 obiettori su 10, e con il Molise che ha il dato più elevato tra tutte le regioni, con l'85,2 per cento di ginecologi obiettori;

la principale conseguenza di un numero così elevato di ginecologi e operatori sanitari obiettori di coscienza è quella di rendere sempre più difficoltosa la stessa applicazione della legge n. 194 del 1978, con effetti negativi sia per la funzionalità dei vari enti ospedalieri e, quindi, del sistema sanitario nazionale, sia per le donne che ricorrono all'interruzione volontaria di gravidanza. La ricerca di un medico non obiettore comporta allungamento dei tempi, interlocutori non sempre disponibili, donne che devono spesso migrare da una regione all'altra e, sopratutto tra le immigrate, il possibile ricorso all'aborto clandestino;

si è di fronte, quindi, a due soggetti, entrambi titolari di diritti soggettivi riconosciuti dalla legge: quello all'interruzione volontaria di gravidanza della donna e quello all'obiezione di coscienza del personale sanitario. Due principi legittimi che idealmente dovrebbero poter convivere affinché nessun soggetto veda negata la propria libertà. Di fatto, tale ipotesi trova difficoltà nel realizzarsi poiché i medici obiettori spesso si rifiutano di segnalare alle pazienti un medico non obiettore o un'altra struttura sanitaria autorizzata all'interruzione volontaria di gravidanza;

il diritto all'obiezione di coscienza in materia di aborto per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie è sancito dall'articolo 9 della legge n. 194 del 1978. Allo stesso tempo, il medesimo articolo prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale;

la legge n. 194 del 1978 prevede, quindi, scelte individuali e responsabilità pubbliche. L'obiezione di coscienza è, infatti, un diritto della persona ma non della struttura. Al medico, o all'infermiere, viene garantito di potersi avvalere dell'obiezione di coscienza. Ma quel che è un diritto del singolo non è diritto della struttura sanitaria nel suo complesso, che ha, anzi, l'obbligo di garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie;

i dati sopra indicati sulle percentuali di obiettori comportano, oltre che evidenti ricadute negative sulla stessa effettiva attuazione della legge sull'interruzione volontaria di gravidanza, anche conseguenze oggettivamente pesanti sui sempre più limitati medici non obiettori, che spesso si ritrovano relegati a occuparsi quasi esclusivamente di interruzioni di gravidanza con il rischio concreto di una dequalificazione professionale e conseguenti effetti penalizzanti sulle loro stesse possibilità di carriera;

peraltro, la crescita in questi anni del numero degli obiettori ha determinato la chiusura dei servizi, con ospedali privi di reparti di interruzione di gravidanza, perché praticamente la totalità di ginecologi, anestesisti e paramedici ha scelto l'obiezione di coscienza,
impegna il Governo:

a garantire il rispetto della legge n. 194 del 1978 su tutto il territorio nazionale, nonché la sua piena applicazione, a tutela dei diritti e della salute delle donne, assumendo anche iniziative, nei limiti delle proprie competenze, finalizzate all'assunzione di personale non obiettore in maniera tale da garantire il servizio;

ad attivarsi, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di assicurare, pur nel rispetto del diritto all'obiezione di coscienza, il pieno ed efficiente espletamento da parte degli enti ospedalieri delle procedure e degli interventi di interruzione della gravidanza;

ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché la gestione organizzativa e del personale delle strutture ospedaliere sia realizzata in modo da evitare che vi siano presidi con oltre il 50 per cento di obiettori.

(1-01036)
«Palagiano, Donadi, Borghesi, Evangelisti».