Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: (C. 4623) Legge Comunitaria
Riferimenti:
AC N. 4623/XVI     
Serie: Note di verifica    Numero: 346
Data: 11/10/2011
Descrittori:
DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA     
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 4623

 

 

 

Legge comunitaria 2011

 

 

 

 

 

 

N. 346 – 11 ottobre 2011

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Estremi del provvedimento

 

A.C.

 

4623

 

Titolo breve:

 

Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2011

 

 

Iniziativa:

 

 

 

 

 

 

Commissione di merito:

 

 

Relatore per la

Commissione di merito:

 

 

Maggioni

Gruppo:

 

 

Relazione tecnica:

 

 

 

 

 

 

Parere richiesto

Destinatario:

 

Oggetto:

 

 

 

 


INDICE

ARTICOLI da 1 a 5. 2

Adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee  2

 


 

 

PREMESSA

 

Il disegno di legge reca disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 2011).

Il testo è corredato di relazione tecnica.

Si esaminano di seguito le norme considerate dalla relazione tecnica, nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

 

ARTICOLI da 1 a 5

Adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee

Le norme ripropongono le procedure di delega generalmente previste nelle precedenti leggi comunitarie.

L’articolo 1 delega il Governo ad adottare i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comunitarie indicate negli appositi allegati A e B[1]. In particolare, gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate nell'allegato B (nonché quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato  A che prevedono il ricorso a sanzioni penali) devono essere trasmessi alla Camera e al Senato per il parere dei competenti organi parlamentari. Nel caso di direttive e di norme di recepimento che comportino conseguenze finanziarie, i relativi schemi di decreto devono essere corredati di relazione tecnica e su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Con le medesime procedure sopra descritte devono essere adottate, dal Governo, le eventuali disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi dell’articolo in esame.

Anche con riferimento alle modalità di quantificazione e di copertura degli eventuali effetti onerosi derivanti dalle norme di recepimento della disciplina comunitaria, il disegno di legge in esame ripropone i meccanismi previsti dalla legge 11/2005[[2]] e generalmente utilizzati nelle precedenti leggi comunitarie.

In particolare:

Ÿ        l'articolo 2, comma 1, lett. a), prevede che le amministrazioni direttamente interessate[3] provvedano con le ordinarie strutture amministrative all’attuazione dei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive;

Ÿ        l'articolo 2, comma 1, lett. d), stabilisce che eventuali spese o minori entrate non contemplate da leggi vigenti - e che non riguardino l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali – possano essere previste nei decreti legislativi nei soli limiti occorrenti per l’adempimento degli obblighi di attuazione delle rispettive direttive. Alla relativa copertura:

-          si provvede, in via principale, con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni;

-          nel caso in cui i predetti oneri non possano essere coperti con le risorse già disponibili a normativa vigente, si provvede a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie.

Le caratteristiche di tale Fondo, istituito con l’articolo 5 della legge 183/1987[[4]], sono l’amministrazione autonoma e la gestione fuori bilancio mediante un apposito conto corrente infruttifero aperto presso la tesoreria centrale dello Stato. Nel Fondo confluiscono, fra l’altro: le somme erogate dalle istituzioni delle Comunità europee per contributi e sovvenzioni a favore dell'Italia; le somme da individuare annualmente in sede di legge finanziaria nell'ambito delle autorizzazioni di spesa recate da disposizioni di legge aventi le stesse finalità di quelle previste dalle norme comunitarie da attuare; le somme annualmente determinate con la legge di approvazione del bilancio dello Stato

Ÿ        l’articolo 4 dispone[5] che gli oneri per le prestazioni e i controlli che gli uffici pubblici sono chiamati a sostenere in applicazione della normativa comunitaria siano posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio; le entrate derivanti dalle tariffe sono attribuite, mediante riassegnazione, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli.

Il testo in esame ripropone, inoltre, la disciplina sanzionatoria generalmente contenuta nelle leggi comunitarie, in base alla quale  per assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi sono previste, fra l’altro, sanzioni penali o amministrative fino a 150.000 euro di ammenda [articolo 2, comma 2, lettera c) e articolo 3][6].

L’articolo 5, infine, reca una delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive dell'Unione europea, da attuare - mediante l’adozione di appositi testi unici o codici di settore - senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La delega è finalizzata al coordinamento delle norme di recepimento delle direttive europee con le altre norme legislative vigenti nell’ordinamento nazionale nelle stesse materie.

 

La relazione tecnica, in ordine agli effetti finanziari derivanti dal provvedimento, afferma che il disegno di legge comunitaria non comporta di per sé nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico del bilancio dello Stato. Ribadisce, inoltre, quanto sostenuto dalle relazioni tecniche riferite alle precedenti leggi comunitarie, ossia che è estremamente difficile, se non impossibile, riuscire a determinare, prima dell'effettiva stesura degli schemi di decreto legislativo di recepimento delle direttive comunitarie, se da alcune delle norme necessarie all'adempimento degli obblighi, contenuti nelle singole direttive, possano o meno derivare maggiori spese o minori entrate a carico del bilancio dello Stato. Ciò ha comportato che, nella quasi generalità dei casi, le leggi comunitarie non contenessero disposizioni volte a prevedere e a quantificare tali eventuali spese.

Per quanto riguarda la necessaria copertura finanziaria, la RT considera la norma contenuta nell'articolo 2, comma 1, lettera d), sufficientemente garantista, sia per una corretta gestione del bilancio dello Stato sia per un puntuale adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.

Si ricorda che con riferimento alle modalità di copertura degli oneri non contemplati da leggi vigenti e che non riguardino l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali [articolo 2, comma 1, lett. d)], nel corso dell’esame parlamentare di precedenti disegni di legge comunitaria è stato richiesto al Governo di valutare l'opportunità di indicare un limite massimo di utilizzo del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, sia per definire con certezza l'eventuale impatto finanziario derivante dall'attuazione delle direttive comunitarie sia per porre un limite all'utilizzo delle risorse presenti Fondo di rotazione[7]. In risposta a tale richiesta, il Governo ha rilevato[8] l’inopportunità di prevedere un limite di spesa, in quanto si renderebbe necessario - nell’eventualità di oneri superiori all’importo stabilito - il ricorso ad apposite norme di legge per la copertura finanziaria della disciplina di attuazione delle direttive. Ciò richiederebbe tempi eccessivi e produrrebbe, di conseguenza, oneri aggiuntivi connessi ad un incremento del contenzioso per ritardato adempimento. Inoltre il Governo ha rilevato che, pure in assenza del predetto limite (con la sola eccezione della legge comunitaria 2006), il Fondo di rotazione è sempre prontamente intervenuto, in caso di necessità, per far fronte agli obblighi derivanti dal recepimento delle direttive. La fissazione di un massimale determinerebbe infine – secondo il Governo – un elemento di rigidità operativa del Fondo e costituirebbe, altresì, un pretesto per le amministrazioni interessate di non utilizzare le ordinarie risorse disponibili nei rispettivi stati di previsione.

 

Al riguardo – preso atto di quanto affermato dalla relazione tecnica circa la difficoltà di determinare, prima della stesura degli schemi di decreto legislativo, gli effetti finanziari connessi all’attuazione delle direttive – si osserva che la verifica dell’impatto finanziario delle relative norme di recepimento dovrà quindi essere effettuata in occasione dell’esame parlamentare degli schemi di decreto.

L’articolo 17, comma 2, della legge 196/2009 (Legge di contabilità e finanza pubblica) dispone fra l’altro che, qualora in sede di conferimento della delega non sia possibile, per la complessità della materia trattata, procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi sarà effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri saranno emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

La predetta verifica parlamentare riguarderà, come indicato dal testo, le direttive suscettibili di determinare effetti finanziari, i cui schemi di decreto dovranno essere accompagnati da relazione tecnica e assegnati anche al parere delle Commissioni competenti per i profili finanziari. Tali direttive rientrano fra quelle elencate nell’allegato B[9].

Quanto alle direttive ricomprese nell’allegato A (i cui schemi di decreto non dovrebbero essere sottoposti all’esame parlamentare[10]), appare opportuno acquisire un chiarimento in ordine agli elementi posti alla base della valutazione del Governo circa l’assenza di effetti finanziari dei relativi decreti legislativi.

Si rileva in proposito che rientrano nell’elenco di cui all’allegato A due direttive:

-          la direttiva 2009/156/CE (Condizioni di polizia sanitaria relative ai movimenti di equidi nei territori della Comunità), che disciplina, fra l’altro, le regole e l’apparato dei controlli pubblici in materia veterinaria e zootecnica;

-          la direttiva 2010/31/UE (Prestazioni energetiche nell’edilizia), che disciplina fra l’altro gli investimenti finalizzati all’accrescimento dell'efficienza energetica degli edifici, le possibili sovvenzioni pubbliche, le prestazioni energetiche richieste per gli edifici occupati da enti pubblici o per gli edifici di proprietà pubblica.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si osserva che l’articolo 2, comma 1, lettera d), riprende testualmente un criterio generale di delega contenuto nelle più recenti leggi comunitarie. Anche in tali occasioni non era, infatti, previsto un limite massimo di utilizzo delle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie. In precedenza, i disegni di legge comunitaria recavano, invece un limite massimo di ricorso al predetto Fondo, stabilito in 50 milioni di euro.

Come già rilevato in occasione dell’esame delle precedenti leggi comunitarie prive del suddetto limite di spesa, la previsione di un limite sembrerebbe corrispondere all’esigenza sia di delineare il quadro finanziario entro il quale dovrebbero trovare attuazione le direttive comunitarie, sia di limitare il ricorso alle risorse del Fondo di rotazione.

Per quanto attiene all’utilizzo del Fondo di rotazione con finalità di copertura di decreti legislativi adottati in attuazione delle deleghe contenute nelle leggi comunitarie, si segnala che il ricorso a tale modalità di copertura residuale è stato estremamente ridotto. Sul punto, nel corso dell’esame della legge comunitaria 2010 (A.C. 4059), il Governo ha chiarito che il predetto limite massimo di ricorso al Fondo di 50 milioni di euro, fissato sino alla legge comunitaria 2006, non era stato mai superato, precisando, inoltre, che l’utilizzo di tale Fondo riveste carattere eccezionale sia in relazione alla percentuale di direttive al cui recepimento è destinata a dare copertura rispetto al totale (inferiore al 5 per cento) sia in relazione alla quantità di risorse del Fondo medesimo impiegato a tale scopo.

Si ricorda che nella corrente legislatura solo due decreti legislativi hanno fatto ricorso a tale modalità di copertura, per oneri sensibilmente inferiori ai limiti indicati[11].

Si osserva, peraltro, che la relazione tecnica allegata al disegno di legge, analogamente a quelle riferite ai precedenti disegni di legge comunitaria, afferma che il provvedimento “non comporta di per sé nuovi o maggiori oneri, né minori entrate a carico del bilancio dello Stato”, osservando tuttavia come sia estremamente difficile, se non impossibile, determinare a priori se l’adempimento degli obblighi contenuti nelle singole direttive possa comportare effetti onerosi.

Alla luce di tale considerazioni, con riferimento all’attuazione delle direttive contenute negli allegati A e B del presente disegno di legge, sembrerebbe che il ricorso alle risorse del citato Fondo di rotazione abbia carattere eccezionale. Su tale aspetto appare opportuno acquisire una conferma da parte del Governo.

Per quanto attiene, invece, al ricorso - in via ordinaria – ai “fondi già assegnati alle competenti amministrazioni” si osserva che nella prassi applicativa delle disposizioni di identico tenore contenute nelle precedenti leggi comunitarie si è ritenuto che tale formulazione consenta anche il ricorso alla riduzione di autorizzazioni legislative di spesa o alla riduzione dei fondi speciali di pertinenza delle rispettive amministrazioni.

 



[1] I decreti legislativi di recepimento delle direttive devono essere adottati entro il termine di 2 mesi antecedenti a quello di recepimento indicato nelle rispettive direttive. Per le direttive il cui termine sia già scaduto ovvero scada nei 3 mesi successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi di attuazione entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Per le direttive elencate negli allegati A e B che non prevedono un termine di recepimento, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o più deleghe non risultino esercitate alla scadenza del termine previsto, trasmette al Parlamento una relazione che dà conto dei motivi a giustificazione del ritardo.

[2] Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[3] Interessate all’esecuzione delle norme della disciplina comunitaria oggetto di recepimento.

[4] Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[5] Rinviando espressamente a quanto disposto dall’articolo 9, commi 2 e 2-bis, della legge 11/2005.

[6] L’articolo 3, in particolare, delega il Governo ad adottare norme recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa.

[7] Di recente, solo la legge comunitaria 2006 (legge n. 13 del 2007) ha previsto un limite di spesa per il ricorso al Fondo (limite pari a 50 milioni di euro).

[8] Nota MEF-RGS del 15 ottobre 2010.

[9] Ossia nell’allegato che include tutte le direttive i cui schemi di decreto legislativo dovranno essere sottoposti al parere delle competenti commissioni parlamentari.

[10] Se non nel caso di direttive che prevedano sanzioni penali.

[11]  Il decreto legislativo n. 16 del 2010 prevede un utilizzo, in via permanente, di 1,08 milioni di euro annui a decorrere dal 2010, mentre il decreto legislativo n. 190 del 2010 dispone l’utilizzo di 9,1 milioni di euro per il 2011 e di 9 milioni di euro per il 2012.