Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Legge comunitaria 2011 - A.C. 4623 - Shede di lettura
Riferimenti:
AC N. 4623/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 549
Data: 04/10/2011
Descrittori:
DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA     
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Legge comunitaria 2011

A.C. 4623

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 549

 

 

 

4 ottobre 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari comunitari

( 066760-4510/ 066760-9409 – * st_affari_comunitari@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§       L’introduzione e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§       Le parti relative ai documenti all’esame delle Istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ID0020.doc

 


INDICE

Introduzione

Il disegno di legge comunitaria 2011                                                               3

La legge comunitaria annuale e la c.d. fase discendente                            5

I dati contenuti nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria     11

Lo stato di attuazione delle direttive comunitarie in Italia                         17

Le leggi comunitarie regionali                                                                       19

Schede di lettura sugli articoli

§      Art. 1 (Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie)              25

§      Art. 2 (Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa)                  31

§      Art. 3 (Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni dell'Unione europea)                                                                                                        39

§      Art. 4 (Oneri relativi a prestazioni e a controlli)                                             41

§      Art. 5 (Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive dell'Unione europea)                                                                                                        43

Schede sulle direttive contenute negli allegati

Allegato A

§      2009/156/CE (Condizioni di polizia sanitaria per i movimenti degli equidi)   51

§      2010/31/CE (Prestazione energetica nell’edilizia)                                        53

Allegato B

§      2006/112/CE (Rettifica della direttiva 2006/112/CE: IVA (pubblicata nella GUUE L n./74/3 del 19/3/2011))                                                                                                    61

§      2009/101/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'articolo 48, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (versione codificata)63

§      2009/102/CE (Diritto delle società (S.r.l. con un unico socio) (versione codificata))            65

§      2009/126/CE (Recupero dei vapori di benzina durante il rifornimento nelle stazioni di servizio)     67

§      2009/158/CE (Polizia sanitaria per le importazioni di pollame e uova da cova)        69

§      2010/18/CE (Attuazione dell’accordo quadro sul congedo parentale)          71

§      2010/23/CE (IVA (meccanismo dell’inversione contabile) )                          73

§      2010/32/CE (Prevenzione delle ferite da taglio nel settore ospedaliero)      75

§      2010/40/CE (Diffusione dei sistemi di trasporto intelligente)                        77

§      2010/41/CE (Parità di trattamento dei lavoratori autonomi)                          79

§      2010/45/CE (Modifica direttiva 2006/112/CE (fatturazione ai fini IVA))         81

§      2010/53/CE (Qualità organi umani destinati ai trapianti)                               83

§      2010/63/CE (Protezione degli animali utilizzati a fini scientifici)                   85

§      2010/64/CE (Diritto all’interpretazione e traduzione nei processi penali)     89

§      2010/65/CE (Formalità di dichiarazioni delle navi)                                        93

§      2010/73/CE (OPA e obblighi di trasparenza)                                                95

§      2010/75/CE (Emissioni industriali)                                                                99

§      2010/84/CE (Codice comunitario dei medicinali per uso umano)              103

§      2011/7/CE (Ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali)              109

§      2011/16/CE (Cooperazione amministrativa nel settore fiscale)                 113

§      2011/36/CE (Tratta degli esseri umani)                                                      117

Direttive da attuare in via amministrativa

§      2010/42/UE e 2010/43/UE (Modalità di esecuzione della direttiva 2009/65/CE per quanto riguarda i requisiti organizzativi, i conflitti di interesse, le regole di condotta, la gestione del rischio e il contenuto dell’accordo tra il depositario e la società di gestione, nonché le fusioni di fondi, le strutture master-feeder e la procedura di notifica)                                                                 123

Tabelle riepilogative (aggiornamento al 3 ottobre 2011)

Tabella 1 DIRETTIVE CONTENUTE NEL DDL COMUNITARIA 2011 DA ATTUARE PER DELEGA E IN VIA AMMINISTRATIVA                                                                           129

Tabella 2 STATO DI ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE IN CIASCUNO STATO MEMBRO (dati aggiornati al 24/11/2009)                                                                                  137

Tabella 3 DIRETTIVE CONTENUTE IN PRECEDENTI LEGGI COMUNITARIE E NON ANCORA RECEPITE                                                                                                       138

Tabella 4 DIRETTIVE SCADUTE ENTRO IL 31/8/2011 NON RECEPITE E NON INSERITE IN LEGGI COMUNITARIE E NEL DDL COMUNITARIA 2011                         153

 


Introduzione

 


Il disegno di legge comunitaria 2011

Il disegno di legge comunitaria 2011 (C. 4623), presentato in prima lettura alla Camera, reca norme volte ad assicurare l’osservanza degli obblighi derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea nonché a recepire ed attuare nell’ordinamento nazionale la normativa adottata a livello comunitario.

Il provvedimento, che è esaminato congiuntamente alla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea riferita all’anno 2010, consta di 5 articoli, nonché degli allegati A e B, che elencano le direttive da recepire mediante decreti legislativi (recanti rispettivamente 2 e 21 direttive).

Il disegno di legge interviene in diversi settori, ora delegando il Governo all’adeguamento dell’ordinamento nazionale mediante l’adozione di decreti legislativi, ora modificando direttamente la legislazione vigente per assicurarne la conformità all’ordinamento comunitario.

Esso è corredato sia di un’ampia relazione illustrativa, sia dell’analisi tecnico-normativa e di una sintetica analisi dell’impatto della regolamentazione.

 

 


La legge comunitaria annuale e la c.d. fase discendente

Il raccordo tra l’ordinamento italiano e i processi normativi dell’UE concerne, in linea generale, due aspetti distinti sebbene complementari: per un verso, la partecipazione delle istituzioni nazionali, e in particolare del Parlamento, alla formazione delle politiche e delle decisioni dell’UE (c.d fase ascendente) e, per altro verso, l’attuazione della normativa europea sul piano interno (c.d. fase discendente).

In relazione al primo aspetto, la legge e i regolamenti parlamentari prevedono procedure volte alla definizione della posizione italiana nelle sedi decisionali dell’UE stabilendo, tra l’altro, specifici strumenti per l’informazione delle Camere in merito, anche ai fini dell’espressione di indirizzi al Governo.

Con riguardo al secondo profilo, sono previsti appositi strumenti e procedure volte ad assicurare la piena e tempestiva attuazione degli obblighi discendenti da atti giuridici dell’UE, oltre che da pronunce giurisdizionali. Il principale di questi strumenti è rappresentato dalla legge comunitaria annuale.

La legge comunitaria

La legge comunitaria annuale, introdotta per la prima volta dalla legge 9 marzo 1989, n. 86 (c.d. legge “La Pergola”) assume una funzione cruciale nel processo di adeguamento dell’ordinamento interno al diritto comunitario, soprattutto a seguito dell’approvazione della legge 4 febbraio 2005, n. 11[1], che ha riscritto e rafforzato le procedure relative alla partecipazione dell’Italia al processo di formazione, trasposizione e attuazione della normativa comunitaria.

In base all’articolo 9 della legge n. 11 del 2005, il disegno di legge comunitaria deve essere presentato entro il 31 gennaio di ogni anno. Il contenuto proprio della legge comunitaria  è rappresentato da disposizioni:

§      modificative o abrogative di norme statali vigenti in contrasto con gli obblighi di attuazione degli atti comunitari, ovvero oggetto di procedure di infrazione;

§      volte a dare attuazione al diritto comunitario, anche mediante il conferimento al Governo di delega legislativa;

§      recanti autorizzazione al Governo per l’attuazione in via regolamentare e amministrativa delle direttive;

§      volte a dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione europea;

§      di individuazione dei princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o assicurare l’applicazione di atti comunitari nelle materie di competenza concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione;

§      recanti delega al Governo, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, per l’adozione di decreti legislativi concernenti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni comunitarie recepite dalle regioni e dalle province autonome;

§      emanate nell’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, in conformità ai princìpi e nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 16, comma 3.

 

La legge n. 11 del 2005 prevedeva la presentazione, contestualmente al disegno di legge comunitaria, della relazione sulla partecipazione italiana all’Unione europea. A seguito delle modifiche apportate alla legge n. 11 del 2005 con la legge comunitaria 2009 (legge n. 96 del 2010), viene ora prevista la presentazione, entro termini temporali diversi di due relazioni: la prima, da presentarsi entro il 31 dicembre di ciascun anno, di carattere “previsionale” sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno successivo; la seconda, entro il 31 gennaio di ciascun anno (e quindi in coincidenza con la presentazione del disegno di legge comunitaria) di carattere “consuntivo” sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea nell’anno precedente.

 

I regolamenti parlamentari  prevedono una procedura ad hoc per l’esame del disegno di legge comunitaria (cfr. box  sotto per la procedura prevista dal regolamento della Camera)

 

La procedura di esame della legge comunitaria

L’esame parlamentare del disegno di legge comunitaria è disciplinato dall’articolo 126-ter  del regolamento della Camera. Questo prevede che l’esame avvenga contestualmente a quello della relazione sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell'Unione europea, al fine di compiere una verifica complessiva in ordine all’adempimento degli obblighi comunitari. In particolare, sui due atti si svolge un esame congiunto fino alla conclusione dell'esame preliminare; successivamente, l’esame dei due provvedimenti segue un iter autonomo, avendo l'uno natura legislativa e l'altro finalità di indirizzo e controllo.

A seguito delle modifiche introdotte alla legge n. 11 del 2005 con la legge comunitaria 2009 (legge n. 96/2010, cfr. supra), la Giunta del Regolamento della Camera, con il parere del 14 luglio 2010 ha stabilito che la relazione previsionale sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea venga esaminata congiuntamente al programma di lavoro annuale della Commissione europea e al programma di diciotto mesi della Presidenza del Consiglio dell’Unione e che la relazione consuntiva venga esaminata congiuntamente al disegno di legge comunitaria.

 

Il disegno di legge comunitaria e la relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea (ora relazione consuntiva) sono assegnati:

§       per l'esame generale in sede referente, alla Commissione politiche dell'Unione europea;

§       per l'esame delle parti di rispettiva competenza, alle Commissioni competenti per materia.

Le Commissioni sono tenute a esaminare le parti del disegno di legge di propria competenza entro 15 giorni dall'assegnazione, approvando una relazione e nominando un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione politiche dell’Unione europea. Nello stesso termine sono trasmesse le eventuali relazioni di minoranza presentate in Commissione. Un proponente per ciascuna relazione di minoranza può partecipare alle sedute della Commissione politiche dell’Unione europea per riferire in merito. Le eventuali relazioni di minoranza non possono contenere in allegato emendamenti, che devono necessariamente essere approvati dalle Commissioni di settore.

Analogamente, sempre entro 15 giorni, le Commissioni competenti per materia esaminano anche le parti di competenza della relazione annuale, approvando un parere.

Decorso il termine indicato, la Commissione politiche dell'Unione europea, entro i successivi 30 giorni, conclude l'esame in sede referente del disegno di legge comunitaria e della relazione annuale, predisponendo per ciascun atto una relazione generale per l'Assemblea, alla quale sono allegate, rispettivamente, le relazioni e i pareri approvati dalle Commissioni.

Le Commissioni competenti per materia, nel corso dell’esame, votano anche gli emendamenti al disegno di legge comunitaria, che allegano alla relazione per la Commissione politiche dell'Unione europea. Gli emendamenti approvati dalle singole Commissioni si ritengono accolti, salvo che la Commissione politiche dell'Unione europea non li respinga per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria ovvero per esigenze di coordinamento generale. Di norma gli emendamenti attinenti al merito sono presentati presso le Commissioni di settore; presso la XIV Commissione sono presentati possibilmente solo gli emendamenti inerenti a profili ordinamentali. Qualora presso la XIV Commissione siano presentati direttamente emendamenti attinenti a profili di merito di competenza delle Commissioni di settore, queste devono esprimere il proprio parere.

Criteri particolari riguardano l’ammissibilità degli emendamenti: oltre ai princìpi generali contenuti all'articolo 89 del Regolamento della Camera, sono considerati inammissibili dai Presidenti delle Commissioni di settore e dal Presidente della Commissione politiche dell'Unione europea gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio della legge comunitaria, come definito dalla legislazione vigente. Nel caso in cui sorga questione sulle valutazioni di ammissibilità svolte dal Presidente della Commissione, la decisione è rimessa al Presidente della Camera. Gli emendamenti dichiarati inammissibili in Commissione non possono essere ripresentati in Assemblea.

Terminata la fase in Commissione, il disegno di legge comunitaria e la relazione (ora consuntiva) sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea approdano in Assemblea, dove la discussione sulle linee generali del disegno di legge comunitaria si svolge congiuntamente alla discussione sulla citata relazione annuale. Entro il termine di tale discussione possono essere presentate risoluzioni sulla relazione annuale, che si votano dopo la votazione finale sul disegno di legge comunitaria, partendo dalla risoluzione accettata dal Governo.

Si ricorda, infine, che sul disegno di legge comunitaria si esprime anche il Comitato per la legislazione, ai sensi dell’articolo 16-bis, comma 6-bis, del Regolamento della Camera, dal momento che di norma contiene deleghe legislative.

 

Si segnala altresì che è in corso un processo di riforma della legge n. 11 del 2005: la Camera ha approvato in prima lettura nella seduta del 23 marzo 2011, il progetto di legge di riforma C. 2854 e abb., ora all’esame del Senato (A.S. 2646).

Tra le finalità che il progetto di riforma si pone vi è quella di accelerare i tempi di approvazione della legge comunitaria. La tabella sottostante riporta la serie storica dei tempi di esame parlamentare del provvedimento.

 

Al riguardo, si ricorda che, da ultimo, il disegno di legge comunitaria 2010, presentato in prima lettura al Senato il 5 agosto 2010 (S. 2322), è stato approvato da quel ramo del Parlamento il 5 febbraio 2011, modificato dalla Camera e tornato per l’esame in seconda lettura al Senato, esame avviato dalla 14ª Commissione di quel ramo del Parlamento il 14 settembre 2011.

 

Per il contenuto del progetto di riforma si rinvia al box sottostante.

 

La riforma della legge n. 11 del 2005.

Il progetto di legge S. 2646, già approvato in prima lettura dalla Camera (C. 2854 e abb.) innova, sostituendola integralmente, la legge 11 del 2005, adeguandola alle modifiche intervenute nell’assetto dell’Unione europea a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della crescente importanza delle politiche di origine europea.

Si compone di 58 articoli divisi in nove capi che recano, in  particolare, le seguenti novità rispetto al quadro vigente:

• si rafforza il raccordo tra Parlamento e Governo nella formazione della posizione italiana nei processi decisionali dell’UE, prevedendo nuovi o più articolati obblighi di informazione del Governo alle Camere, ribadendo l’obbligo del Governo di assicurare la coerenza delle posizioni assunte in sede europea con gli atti di indirizzo delle Camere e precisando meglio i presupposti per l’attivazione della riserva di esame parlamentare. Infine si conferma la presentazione alle Camere da parte del Governo di due distinte relazioni annuali sulla partecipazione all’UE, una programmatica e l’altra di rendiconto;

• si assicura una più efficace applicazione delle prerogative attribuite alle Camere dal Trattato di Lisbona, tenendo conto di alcune novità introdotte dal medesimo Trattato. In particolare, si richiamano i poteri delle Camere sul rispetto del principio di sussidiarietà, stabilendo che le decisioni per la revisione semplificata dei trattati nonché per il passaggio alla difesa comune siano approvate con legge, mentre per le decisioni del Consiglio europeo o del Consiglio dell'UE la cui entrata in vigore è subordinata dai Trattati alla preventiva approvazione degli Stati membri, è richiesta la previa deliberazione delle Camere; si prevede inoltre l’intervento parlamentare per l’attivazione del cd. meccanismo del freno d’emergenza, stabilendo che il Governo, ove entrambe le Camere adottino un atto di indirizzo in tal senso, debba chiedere in seno al Consiglio la remissione al Consiglio europeo di talune decisioni in materia di libera circolazione dei lavoratori, di cooperazione in materia penale e di politica estera e di difesa comune;

• si rafforzano le prerogative di informazione e controllo parlamentare sulle procedure giurisdizionali e di contenzioso riguardanti l’Italia e si prevede la previa informazione delle Camere sulle proposte di nomina e designazioni da parte del Governo dei componenti di talune Istituzioni dell’UE;

• si aggiornano le disposizioni relative agli organismi deputati al coordinamento della partecipazione dell’Italia al processo normativo europeo, tra i quali il Dipartimento per le politiche europee, il Comitato tecnico per gli affari europei e la segreteria per gli affari europei;

• vengono istituiti in ciascun Ministero i nuclei europei, deputati a coordinare all’interno di ciascuna amministrazione la politica europea, e viene riformata la figura degli esperti nazionali distaccati;

• si rafforza la partecipazione delle regioni, delle province autonome e delle autonomie locali al processo di formazione degli atti dell’UE, dando la possibilità ai Presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano di far pervenire ai presidenti delle Camere le osservazioni delle rispettive Assemblee in ordine al rispetto del principio di sussidiarietà e modificando le norme in materia di nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni, in conseguenza del Trattato di Lisbona;

• si definisce meglio la partecipazione delle parti sociali e delle categorie produttive alle decisioni relative alla formazione di atti dell’Unione europea;

• si riorganizza il processo di recepimento della normativa europea, prevedendo, in particolare, lo sdoppiamento dell’attuale legge comunitaria, in due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europea, il cui contenuto sarà limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive comunitarie; la legge europea che, più in generale, conterrà disposizioni volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento interno all’ordinamento europeo. Con specifico riguardo alla legge di delegazione, vengono disciplinati alcuni aspetti della procedura per l’esercizio delle deleghe e vengono definiti i princìpi e criteri generali di delega attualmente regolati, di anno in anno, in ciascuna legge comunitaria. Si conferma inoltre la possibilità per il Governo di adottare provvedimenti anche urgenti diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari per far fronte ad obblighi europei qualora il termine per provvedervi sia anteriore alla data di entrata in vigore dei provvedimenti prima richiamati;

• si ridefiniscono le disposizioni in materia di contenzioso, disciplinando i ricorsi alla Corte di Giustizia ed il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle regioni e degli altri enti pubblici responsabili di violazioni;

• si disciplina per la prima volta in maniera organica la materia degli aiuti di Stato prevedendo, tra l’altro, un divieto di concessione degli aiuti alle imprese che hanno beneficiato di aiuti giudicati illegali e che non sono stati rimborsati, nonché la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sull’esecuzione della decisione di recupero.

 


I dati contenuti nella relazione governativa al disegno
di legge comunitaria

La relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2011 (A.C. 4623), come stabilito dell’articolo 8, comma 5, della legge n. 11 del 2005, contiene le seguenti informazioni:

a)    i dati sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto comunitario e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari da parte della Repubblica italiana.

La relazione presentata dal Governo al disegno di legge comunitaria 2011 riferisce che, alla data del 31 dicembre 2010, risultavano complessivamente aperte contro l’Italia 131 procedure, di cui 97 per violazione del diritto europeo (VDUE) e 34 per mancata trasposizione di direttive (MA).

Viene poi fornita la classificazione per livello delle procedure. Da questa si evince che, per quanto riguarda le 131 procedure, 59 di queste sono lettere di costituzione in mora (primo stadio del contenzioso comunitario) ex art. 258 TFUE, altre 82 sono relative a stadi più avanzati del contenzioso: 8 messe in mora complementare, 35 pareri motivati, 5 ricorsi e 13 sentenze per inadempimento. A queste si aggiungono 10 procedure di cui all’art. 260 TFUE in base al quale la Commissione europea, in caso di mancata esecuzione del giudicato, può adire la Corte di Giustizia per chiedere l’irrogazione di sanzioni pecuniarie per lo Stato membro inadempiente.

Per quanto riguarda la mancata trasposizione di direttive risultano aperte 34 procedure, di cui 27 lettere di messa in mora e 7 pareri motivati.

Nella Relazione il Governo fornisce, altresì, la classificazione per amministrazioni competenti. Il maggior numero di procedure riguarda i seguenti ministeri: Ambiente (31 procedure), Economia e finanze (26),  Infrastrutture e trasporti (17) Salute (15), Sviluppo economico (14), Lavoro (12), Politiche agricole (5), Interno (4), Giustizia e Istruzione (3 procedure per ciascun settore) Affari esteri (1).

In considerazione del ritardo nella presentazione del ddl comunitaria 2011, il Governo ha ritenuto opportuno fornire un aggiornamento dei dati relativi alle procedure di infrazione, pertanto alla data del 15 luglio 2011, risultano ancora aperte 130 procedure, di cui 92 per violazione del diritto europeo e 38 per mancata trasposizione di direttive.

I settori nei quali si è registrato un maggior numero di procedure risultano essere: ambiente (32), fiscalità e dogane (18), salute (17), trasporti (11), lavoro e affari sociali (10), libera circolazione delle merci (8), affari economici e finanziari (6), appalti e libera prestazione di servizi (5 procedure per ciascun settore).

 

Si rileva che, per quanto riguarda lo stato delle procedure di infrazione relative al solo mercato interno, la Commissione europea, nella Strategia per il mercato interno 2003-2006[2], chiedeva agli Stati membri una riduzione del numero delle procedure di infrazione di almeno il 50 per cento entro il 2006.

La Commissione europea, già a partire dalla “Comunicazione sul miglioramento del controllo dell’applicazione del diritto comunitario” (COM(2002)725def.) ha optato per un approccio differenziato al trattamento delle procedure d’infrazione, a causa della loro costante crescita e alla prospettiva di un ulteriore forte aumento delle stesse dopo l’allargamento dell’Unione. In pratica la Commissione, secondo la gravità della presunta infrazione, decide caso per caso se avviare la procedura d’infrazione ovvero ricorrere a meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie: si tratta principalmente delle c.d. “riunioni pacchetto o cumulative”, che mirano a risolvere politicamente le questioni evitando azioni legali, nonché del meccanismo c.d. SOLVIT.

Il SOLVIT è una rete on-line in funzione dal luglio 2002 che permette di trovare una risoluzione extragiudiziale (informale) alle denunce dei consumatori e delle imprese relative ad una scorretta applicazione delle norme sul mercato interno da parte delle autorità amministrative pubbliche. In ciascuno Stato membro le vittime di un’applicazione erronea del diritto dell’Unione, da parte di autorità locali o nazionali di un altro Stato membro, possono rivolgersi al centro SOLVIT per ottenere che la questione sia rapidamente risolta: i tempi medi sono di 10 settimane per risolvere i reclami. Le soluzioni proposte non sono vincolanti. In ogni caso, se il cliente considera la proposta inaccettabile, può raccomandare di risolvere la controversia per via giudiziaria.

Nell’ottobre 2010 il Dipartimento per le politiche comunitarie ha comunicato che la Direzione generale UE del mercato interno e dei servizi ha trasmesso al Dipartimento una relazione[3] sull'attività del centro SOLVIT italiano sulla base dei casi trattati nel 2009.

La relazione evidenzia come l'Italia abbia registrato un sensibile incremento dei casi aperti "probabilmente - spiega la Commissione - grazie alle attività di sensibilizzazione realizzate". I casi trattati da SOLVIT Italia sono stati 368 (contro i 233 del 2008), di cui 107 riguardanti problemi causati da amministrazioni italiane (erano 105 nel 2008) e 119 relativi a problemi sorti in altri Stati membri (erano 48 nel 2008).

La relazione evidenzia anche un aumento dei casi "non SOLVIT", dagli 80 del 2008 ai 142 del 2009. Si tratta, per lo più, sia di richieste di informazioni di cittadini che non rientrano nelle competenze dei centri SOLVIT oppure di reclami su cui non viene aperto un caso formale perché non viene riscontrata una violazione del diritto comunitario.

 

Di recente la Commissione europea ha approvato il progetto EU Pilot (COM (2007) 502 def.) con l'obiettivo di fornire risposte e soluzioni più rapide e complete ai problemi che emergono nell'attuazione del diritto dell'Unione, in particolare quelli sollevati dai cittadini e dalle imprese, e che richiedono informazioni supplementari sulla situazione di fatto o di diritto in un determinato Stato membro.

Il progetto, operativo dalla metà di aprile 2008, è stato concepito al fine di migliorare la comunicazione e la cooperazione tra i servizi della Commissione e le autorità degli Stati membri al fine diconseguire risultati su questioni riguardanti l'applicazione del diritto dell'Unione europea entro termini ragionevoli, in modo da poter utilizzare questo metodo di lavoro per riparare tempestivamente, ogniqualvolta possibile, alle violazioni del diritto senza ricorrere al procedimento d'infrazione. Il progetto non è pertanto volto a gestire questioni per le quali è stato avviato un procedimento d'infrazione o a dare seguito a una sentenza della Corte di giustizia che accerta l'esistenza di un'infrazione.

EU Pilot funziona in 15 paesi volontari: Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.

Nella prima Relazione di valutazione sul progetto[4], presentata dalla Commissione nel marzo 2010, viene evidenziato che fino a inizio febbraio 2010 sono stati sottoposti all'EU Pilot 723 casi, di cui 424 hanno concluso l'iter.Oltre il 60% dei casi sono denunce, più del 20% sono domande e quasi il 20% sono casi inseriti su iniziativa della Commissione stessa. Fra le denunce e le domande, il 43% proviene dai cittadini e il 36% dalle imprese o dalla società civile organizzata. I casi hanno riguardato i seguenti settori del diritto dell'Unione europea interessa: ambiente (36% dei casi), mercato interno (21%), fiscalità (8%), occupazione (7%), mercato del lavoro e la sicurezza sociale (6%), giustizia, libertà e sicurezza (6%), imprese (5%), salute e tutela dei consumatori (4%) e agricoltura (4%).

Nelle sue Conclusioni generali, la Commissione europea sottolinea come:

la fase d'avvio dell'EU Pilot si sia conclusa felicemente e il progetto cominci a dare un contributo positivo alla collaborazione fra la Commissione e gli Stati membri partecipanti volta a rispondere alle domande e risolvere i problemi dei cittadini, delle imprese e della società civile organizzata;

– un risultato importante raggiunto dall'EU Pilot è stata la creazione di una rete attiva di contatti presso i servizi della Commissione e le autorità nazionali, che rafforza la supervisione della gestione delle domande e delle denunce e aumenta il coordinamento e la collaborazione fra la Commissione e gli Stati membri.

La Commissione pertanto intende invitare gli Stati membri che ancora non partecipano all'EU Pilot ad aderire al progetto per ampliarne l'applicazione, estenderne l'impatto e rafforzarne l'ulteriore sviluppo.

b)    l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa.

Si tratta di 41 direttive (riportate nella tabella 1 allegata al presente dossier) pubblicate nel corso del 2010, non ancora attuate alla data del 31 dicembre 2010, alla cui attuazione provvedono lo Stato ovvero le regioni o le province autonome, nell’ambito del riparto costituzionale di competenze e fermi restando i poteri sostitutivi dello Stato.

Di questa 41 direttive, alla data del 3 ottobre 2011, ne risultano già recepite 28.

Il Governo ha inoltre fornito l’elenco di 49 direttive – pubblicate nell’anno 2010 – che alla data del 15 luglio 2011 risultavano essere già attuate in via amministrativa.

c)  l’indicazione dell’eventuale omissione dell’inserimento di direttive il cui termine di recepimento sia scaduto o scada nel periodo di riferimento: Il Governo indica che sono omesse, in quanto non comportano obblighi di recepimento, 2 direttive:

-    direttiva 2010/33/UE, che rettifica la direttiva 2001/112/CE, concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all’alimentazione umana,

-    direttiva 2010/66/CE, recante modifica della direttiva 2008/9/CE che stabilisce norme dettagliate per il rimborso IVA, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti bello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro.

 

Si segnala, in proposito, che risultano essere 6 (cfr. la tabella 4 allegata) le direttive, già scadute al 31 dicembre 2010, non recepite e non inserite nel disegno di legge comunitaria 2011, oltre a 19 direttive di rifusione o di codifica per le quali non è indicato un termine preciso ai fini del recepimento.

d)    l’elenco delle direttive attuate con regolamento, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 11/2005, nonché gli estremi degli eventuali regolamenti d’attuazione già adottati.

La relazione al disegno di legge comunitaria 2011 indica che, nell’anno 2010, non risultano essere state attuate direttive con regolamento.

e)    l’elenco degli atti normativi regionali e delle province autonome attuativi delle direttive comunitarie, anche con riferimento alle leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni o dalle province autonome.

Si tratta di dati che devono essere comunicati annualmente (entro il 25 gennaio 2011) al Dipartimento per le politiche comunitarie da parte della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Il disegno di legge comunitaria per il 2011 evidenzia che sono pervenuti i dati delle seguenti regioni:

Ø      Abruzzo (8 direttive recepite);

Ø      Emilia-Romagna (12 direttive e 3 regolamenti[5]);

Ø      Friuli Venezia Giulia (4 regolamenti);

Ø      Lazio (2 regolamenti);

Ø      Liguria (1 direttiva recepita);

Ø      Lombardia (2 direttive recepite);

Ø      Marche (1 direttiva recepita);

Ø      Umbria (1 direttiva recepita);

Ø      Valle d’Aosta (1 direttiva recepita e un regolamento);

Ø      Veneto (2 direttive).

 


Lo stato di attuazione delle direttive comunitarie in Italia

Profili generali

Nella tabella 2 allegata al presente dossier è indicato,per ciascuno Stato membro dell’Unione europea, lo stato di attuazione di tutte le direttive comunitarie già scadute alla data del 24 novembre 2009[6]. A tale data risultavano scadute e applicabili in Italia 3.088 direttive. L’Italia si è collocata al 26° posto nella graduatoria del recepimento a 27 Paesi, avendo comunicato i provvedimenti di attuazione relativi a 3.050 di queste, pari al 98,77 per cento delle direttive da recepire (la media CE a 27 Stati è pari al 99,25 per cento). Alla data del 24 novembre 2009 risultava quindi un deficit di attuazione dell’Italia pari a 38 direttive.

Nella tabella 3, allegata al dossier[7], sono riportate le direttive il cui recepimento è stato previsto da leggi comunitarie precedenti a quella del 2011 e che non risultano ancora attuate.Complessivamente, risultano ancora da recepire 69 direttive contenute nelle precedenti leggi comunitarie, a prescindere dal termine di recepimento[8],e, tra queste, 24 direttivesono da attuare in base alla legge comunitaria 2009 (legge n. 96 del 2010).Per 5 direttive risultano già presentati alle Camere per il parere gli schemi di decreto legislativo di recepimento.

Infine, come si desume dalla tabella 4, le direttive già scadute o in scadenza nell’anno 2011, non recepite e non inserite in leggi comunitarie, risultano essere 29: di queste, 17 sono direttive di rifusione o di codifica.

Le direttive comunitarie relative al solo “Mercato interno”

La Commissione europea ritiene che il mercato interno svolga un ruolo fondamentale nella realizzazione dell’obiettivo che l’Unione europea si è fissata in materia di crescita e occupazione e che tuttavia esso non possa realizzare pienamente il suo potenziale se la legislazione concordata a livello europeo non viene effettivamente recepita e applicata da tutti gli Stati membri.

In base ai dati dello Scoreboard della Commissione europea pubblicato nel settembre 2011[9], il tasso di mancato recepimento dell’UE a 27 Paesi,che indica la percentuale media delle direttive relative al mercato interno in vigore non trasposte alla scadenza, è pari allo 1,2 per cento (il dato registrato nel mese di novembre 2010 era pari allo 0,9 per cento).

La Commissione sottolinea come per la prima volta dal 2007 gli Stati membri non abbiano rispettato l’obiettivo di contenere al di sotto dell’1 per cento il ritardo di recepimento della normativa europea[10]. Gli Stati devono pertanto intensificare con urgenza gli sforzi per il recepimento delle norme UE, “particolarmente in questo momento critico nel quale il mercato unico deve svolgere un ruolo fondamentale per portare l’Europa fuori dalla stagnazione economica.”

Per quanto riguarda la graduatoria dei 27 Stati dell’Unione, solo 11 Stati membri hanno raggiunto l’obiettivo. Si tratta, nell’ordine, di: Bulgaria, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Malta, Spagna e Slovacchia. Il risultato migliore è stato conseguito da Malta.

Austria, Repubblica ceca, Estonia, Cipro, Ungheria, Polonia e Italia sono rimasti al di sopra della soglia dell'1%.

Attualmente il ritardo di recepimento più grave è quello della Repubblica ceca (2%).

Per quanto concerne le procedure di infrazione, nello Scoreboard si evidenzia come il numero complessivo delle procedure sia diminuito di un quarto rispetti al 2007: a settembre 2011 la media dei procedimenti di infrazione aperti è di 37 per Stato membro. La maggior parte dei procedimenti in sospeso riguarda il Belgio, seguito da Grecia e Italia.

Ai fini dell’adeguamento alle sentenze della Corte di giustizia dell’UE, si registra un ritardo medio di circa 17 mesi: il ritardo maggiore viene fatto registrare dalla Francia.

 

 


Le leggi comunitarie regionali

La partecipazione delle regioni alla fase ascendente e discendente del diritto comunitario ha assunto sempre maggior rilievo a partire dalla riforma costituzionale del 2001 e dalla legge 131/2003 (cosiddetta “La Loggia”) che ne disciplina gli aspetti generali. Con la legge 11 del 2005, come già illustrato, sono state emanate norme più specifiche sulla partecipazione delle regioni alla formazione degli atti comunitari (articolo 5) e sui rapporti istituzionali tra Governo e Regioni, con riferimento, in particolare, al ruolo e alle funzioni della Conferenza Stato-Regioni, per la quale viene istituita una sessione comunitaria, e degli organismi rappresentativi dei Governi regionali (Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome) e delle Assemblee legislative (Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome)[11].

Le regioni hanno adottato a riguardo sia norme di principio (per le regioni a statuto ordinario, principalmente attraverso i nuovi statuti regionali[12]) sia norme organiche che disciplinano, tra l'altro, l'adozione della legge comunitaria regionale[13]; così le regioni Friuli Venezia Giulia (L.R. n. 10/2004 e L.R. n. 17/2007, artt. 17 e 18), Valle d’Aosta (L.R. n. 8/2006), Marche (L.R. n. 14/2006), Calabria (L.R. n. 3/2007), Umbria (L.R. n. 23/2007, artt. 29-35), Emilia-Romagna (L.R. n. 16/2008), Molise (L.R. n. 32/2008), Campania (L.R. n. 18/2008),Toscana (L.R. 26/2009), Basilicata (L.R. 31/2009), Abruzzo (L.R. 22/2009) Sicilia (L.R. 10/2010) e Sardegna (L.R. 13/2010).

Le norme regionali disciplinano:

§      la partecipazione della Regione alla formazione degli atti comunitari, in particolare le forme istituzionali di informazione e raccordo tra Giunta e Consiglio, nonché le funzioni di ciascun organo in relazione alla formazione della posizione italiana sui progetti di atti comunitari e i documenti di consultazione (libri verdi, libri bianchi, comunicazioni);

§      la legge comunitaria regionale (in Sicilia si chiama 'Legge sulla partecipazione della Regione all'Unione europea', in Sardegna 'Legge europea regionale') quale strumento principale – ma non esclusivo – per dare attuazione agli atti normativi comunitari e alle sentenze della Corte di giustizia nelle materie di competenza della regione. Fa eccezione la legge della Campania secondo cui la regione adempie agli obblighi comunitari con i consueti strumenti normativi (regolamento, provvedimento amministrativo, legge).

 

Il disegno di legge comunitaria regionale, presentato annualmente dalla Giunta al Consiglio entro una specifica data (che varia dal 31 marzo in Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta al 31 luglio in Abruzzo), in molte regioni viene esaminato nell’ambito di una sessione comunitaria del Consiglio regionale e, in alcuni casi, insieme al rapporto sullo stato di attuazione delle politiche comunitarie; solo le regioni Umbria e Molise pongono un termine per l’approvazione della legge comunitaria regionale[14].

La legge comunitaria regionale ha un contenuto obbligatorio condiviso dalle regioni che l’hanno disciplinata. Essa, in analogia con quanto disposto per la legge comunitaria nazionale, deve contenere:

§       disposizioni modificative o abrogative di norme legislative in contrasto con gli obblighi comunitari;

§       disposizioni per dare attuazione ad atti comunitari ed anche alle sentenze della Corte di giustizia;

§       disposizioni che autorizzano la Giunta ad attuare le direttive in via regolamentare e/o amministrativa.

Alcune regioni aggiungono inoltre:

§       disposizioni per l’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea (Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Abruzzo);

§       indicazione del termine per l’adozione di ogni ulteriore atto regionale di attuazione cui la legge eventualmente rimandi (Emilia-Romagna);

§       elenchi allegati degli atti normativi comunitari che non necessitano di recepimento, in quanto l’ordinamento regionale risulta già conforme (Calabria, Sicilia, Sardegna) e degli atti normativi comunitari attuati in via amministrativa e/o regolamentare dalla Giunta (Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Basilicata, Sicilia, nella regione Toscana l’elenco è inserito nella relazione che accompagna il disegno di legge).

Ancora in analogia con quanto disposto per la legge comunitaria nazionale, nella relazione che accompagna il disegno di legge la Giunta riferisce sullo stato di uniformità dell’ordinamento regionale al diritto comunitario[15] e sulle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato per inadempienze regionali.

Le regioni che hanno dato seguito alle norme generali e che hanno adottato la legge comunitaria regionale sono:

§      la regione Friuli Venezia Giulia che ha adottato annualmente la legge comunitaria regionale ad iniziare dal 2004 fino all’ultima relativa al 2008, legge regionale 30 luglio 2009 n. 13[16];

§      la regione Valle d’Aosta che ha approvato la prima legge comunitaria nel 2007 fino all'ultima relativa al 2011, legge regionale 23 maggio 2011, n. 12[17];

§      la regione Marche che ha adottato due leggi comunitarie regionali, una riferita al 2008 e l'ultima riferita al 2011, legge regionale 29 aprile 2011, n. 7[18];

§      le regioni Emilia-Romagna (L.R. 12 febbraio 2010, n. 4[19]) e Abruzzo (L.R. 22-12-2010, n. 59[20]) che hanno adottato la prima legge comunitaria regionale riferita all'anno 2010.

Si ricorda infine che le regioni adottano atti normativi (legislativi e non) per l'attuazione di specifiche direttive comunitarie. Ad esempio, è stata data attuazione alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo relativa ai servizi nel mercato interno, con norme regionali specifiche, da parte delle regioni Piemonte (L.R. 38/2009), Umbria (L.R. 15/2010), Abruzzo (L.R. 5/2010), Liguria (L.R. 14/2011) e Campania (Delib.G.R. 22 gennaio 2010 n. 18). Le regioni Friuli Venezia Giulia (L.R. 13/2009) Emilia Romagna, Marche, Valle d'Aosta, invece, ne hanno dato attuazione attraverso lo strumento della legge comunitaria regionale.

 

 

 


Schede di lettura sugli articoli

 


Art. 1

 

(Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie)

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive contenute negli allegati A e B annessi alla presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive medesime. Per le direttive contenute negli allegati A e B il cui termine così determinato sia già scaduto ovvero scada nei tre mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi di attuazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Per le direttive contenute negli allegati A e B che non prevedono un termine di recepimento, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.

3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive contenute nell'allegato B, nonché quelli relativi all'attuazione delle direttive contenute nell'allegato A che prevedono il ricorso a sanzioni penali, sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.

5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può adottare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del citato comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 6.

6. I decreti legislativi, relativi alle direttive elencate negli allegati A e B, adottati, ai sensi dell'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, si applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

7. I decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 3 della presente legge, se attengono a materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sono emanati alle condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

8. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o più deleghe di cui al comma 1 non risultino esercitate alla scadenza del termine previsto, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti a giustificazione del ritardo dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia. Il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di loro competenza, secondo modalità di individuazione delle stesse, da definire con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

9. Il Governo, ove non intenda conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive contenute negli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.

 

 


 

 

L’articolo 1 conferisce una delega al Governo per l’attuazione delle direttive comunitarie riportate in allegato alla legge comunitaria e stabilisce i termini e le modalità di emanazione dei decreti legislativi attuativi.

L’attuazione delle direttive comunitarie mediante delega legislativa, già contemplata dall’art. 3 della L. 86/1989[21] è ora espressamente prevista, in via generale, dalla L. 11/2005[22] il cui art. 9, nel fissare i contenuti della legge comunitaria annuale, prevede che l’adeguamento dell’ordinamento nazionale a quello comunitario venga assicurato, oltre che con disposizioni modificative o abrogative di norme statali vigenti e con autorizzazione al Governo ad intervenire in via regolamentare, anche mediante conferimento al Governo di delega legislativa.

 

Il termine generale per l’esercizio della delega non è determinato mediante indicazione di una data fissa o di un periodo uniforme per tutte le direttive, ma viene fatto coincidere entro il termine dei due mesi antecedenti a quello di recepimento di ciascuna delle direttive medesime, che viene riportato negli allegati A e B (mentre la legge comunitaria per il 2006, in linea con le precedenti leggi comunitarie, fissava un termine generale pari a dodici mesi dall’entrata in vigore della legge: cfr. art. 1, co. 1, della legge n. 13/2007).

Accanto al termine generale “flessibile”, dianzi illustrato, il comma 1 dispone anche, specificamente, in ordine:

§         alle direttive comprese negli allegati il cui termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada nei tre mesi successivi all’entrata in vigore della legge comunitaria: in questo caso il termine della delega è di tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge;

§         alle direttive comprese negli allegati che non prevedono un termine di recepimento: in questo caso il termine della delega è di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria.

 

Si segnala, in proposito, che una delle due direttive contenute nell’allegato A (la direttiva 2009/156/CE) e cinque delle ventuno direttive contenute nell’allegato B (le direttive 20067112/CE; 2009/101/CE; 2009/102/CE; 2009/158/CE e 2010/23/UE) non indicano espressamente un termine per il loro recepimento e dovranno pertanto essere attuate entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Inoltre, altre cinque direttive (la 2009/126/CE, la 2010/18/UE, la 2010/40/UE, la 2010/65/UE e la 2010/73/UE) hanno termini di recepimento compresi tra il 1° gennaio e il 1° luglio 2012.

 

Ovviamente, la congruità della scadenza dei termini di delega potrà essere valutata soltanto in uno stadio più avanzato del procedimento di approvazione della legge comunitaria, anche in connessione con i procedimenti previsti per l’adozione dei relativi decreti legislativi (parere e, in qualche caso, doppio parere parlamentare e coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni).

 

La distinzione tra i due allegati risiede nel fatto che (comma 3) il procedimento per l’attuazione delle direttive incluse nell’allegato B prevede l’espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari; decorsi 40 giorni dalla data di trasmissione, i decreti possono comunque essere emanati anche in assenza del parere. Tale procedura – che riproduce quella già prevista nelle ultime leggi comunitarie – è estesa anche ai decreti di attuazione delle direttive di cui all’allegato A, qualora in essi sia previsto il ricorso a sanzioni penali.

È inoltre previsto che, qualora il termine fissato per l’espressione del parere parlamentare venga a spirare nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, il termine per la delega sia prorogato di tre mesi. Si intende in tal modo permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l’eventuale recepimento nei decreti legislativi delle indicazioni emerse in sede parlamentare.

Tale ultima previsione normativa si applica anche ai decreti legislativi integrativi o correttivi previsti dal successivo comma 5, nonché alle ipotesi di eventuale “doppio parere” previste dai commi 4 e 8, di cui si dirà tra breve.

Il comma 3 prevede altresì che il parere parlamentare debba essere richiesto dopo aver già acquisito tutti gli altri pareri previsti dalla legge, in linea con la prassi affermatasi nelle scorse legislature, soprattutto a partire dal 1998, a seguito dei reiterati interventi dei Presidenti delle Camere nei confronti del Governo, volti ad ottenere che il testo trasmesso per il parere parlamentare avesse completato la fase procedimentale interna all’esecutivo.

Il comma 2 richiama la procedura prevista dall’art. 14 della L. 400/1988[23] per l’adozione dei decreti legislativi, i quali sono emanati dal Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche europee e del ministro con competenza istituzionale prevalente per materia, di concerto con i ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze e con gli altri ministri interessati in relazione all’oggetto della direttiva.

Il comma 4 reca una disposizione (già contenuta nelle leggi comunitarie a partire dal 2004), che prevede modalità procedurali specifiche per il recepimento delle direttive che comportino conseguenze finanziarie. I relativi schemi di decreto legislativo:

§         dovranno essere corredati della relazione tecnica prevista dalla L. 196/2009[24] (art. 17, co. 3);

§         saranno oggetto del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari (cioè le Commissioni bilancio di Camera e Senato).

Per quanto riguarda la prima condizione, va segnalato che l’obbligo di accompagnare con la relazione tecnica gli schemi di decreto legislativo comportanti conseguenze finanziarie è già contemplato in via generale dal citato art. 17, co. 3, della legge 196/2009.

Il comma prevede, altresì, che il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate al fine di garantire il rispetto dell’art. 81, quarto comma, Cost.[25], deve sottoporre i testi (corredati delle necessarie informazioni integrative) a un nuovo parere delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che si esprimono entro 20 giorni. Viene così introdotto il cosiddetto “doppio parere”, limitatamente ai provvedimenti di recepimento delle direttive sopra indicate. Una misura analoga è prevista, come si vedrà, per gli schemi di decreto che prevedono sanzioni penali (comma 8).

Il comma 5 autorizza il Governo ad adottare con la medesima procedura di cui ai commi 2, 3 e 4, entro 24 mesi dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dal testo in commento.

Il comma 6 prevede che per i decreti legislativi emanati dal Governo al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie comprese negli allegati, in materie di competenza legislativa regionale, valgano le condizioni e le procedure di cui all’art. 11, co. 8, della L. 11/2005. Tale ultima norma prevede – in attuazione del quinto comma dell’art. 117 della Costituzione – un intervento suppletivo anticipato e cedevole da parte dello Stato, in caso di inadempienza delle Regioni nell’attuazione delle direttive nelle materie di loro competenza.

 

In base all’articolo 11, comma 8, della legge 11/2005, spetta allo Stato, secondo modalità da stabilirsi con legge, un potere sostitutivo delle regioni e province autonome per i casi di loro inadempienza agli obblighi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea. La norma prevede un’articolata garanzia per le Regioni e Province autonome, in forza della quale gli atti statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome:

§         entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria, per le regioni e le province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§         perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma e devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole del potere esercitato e delle disposizioni in essi contenute;

§         sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il comma 7 prevede l’applicazione delle medesime disposizioni di cui all’articolo 11, comma 8, della legge n. 11 del 2005, in materia di potere sostitutivo statale nei casi di inadempienza delle regioni o delle province autonome, per i decreti legislativi di cui all’articolo 3 del disegno di legge, vale a dire, come si vedrà meglio infra, per quei decreti legislativi chiamati a definire le sanzioni penali o amministrative per violazioni di obblighi contenuti in direttive dell’Unione europea attuate in via regolamentare o amministrativa o in regolamenti dell’Unione europea.

 

Al riguardo, appare opportuno un chiarimento sulla portata della disposizione, al fine di circoscriverne meglio l’ambito di applicazione. Infatti la ratio della norma appare chiara per quel che concerne le sanzioni amministrative, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale[26] che ha precisato che le regioni e le province autonome hanno potestà normativa in materia di sanzioni amministrative per violazioni di disposizioni regionali. In tal senso si può quindi ipotizzare l’esercizio del potere sostitutivo statale in caso di inerzia regionale nell’adozione di tali sanzioni. Di contro, la materia della definizione delle sanzioni penali risulta di competenza esclusiva statale (art. 117, terzo comma, lettera l) ), appare pertanto incongrua la previsione di un potere sostitutivo statale rispetto ad una materia nella quale regioni e province autonome non appaiono poter in alcun modo intervenire.

 

Il comma 8 prevede l’obbligo per il Ministro per le politiche europee di trasmettere:

§      una relazione a ciascuna delle Camere qualora una o più deleghe conferite dal comma 1 non risultino esercitate entro il termine previsto (termine che in base al testo in esame coincide – generalmente – con quello per il recepimento della singola direttiva);

§      un’informativa periodica (con cadenza semestrale) sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e province autonome nelle materie di loro competenza, secondo “modalità di individuazione” delle stesse da definire con accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni (una previsione di questo tenore è stata inserita, per la prima volta, nella legge comunitaria 2007).

 

Si ricorda che il quadro delle competenze regionali è definito a livello costituzionale. Per quanto in particolare concerne l’attuazione della normativa comunitaria, l’art. 117 Cost. stabilisce che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite dalla legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

 

Il comma 9 concerne i pareri parlamentari aventi ad oggetto le disposizioni penali introdotte negli schemi di decreti legislativi e prevede che, qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri, debba ritrasmettere alle Camere gli schemi con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni. Le Commissioni competenti esprimono il parere definitivo entro 20 giorni, decorsi i quali i decreti sono comunque emanati.

 

 

 


 

Art. 2

 

(Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa)

 

 


1. In aggiunta ai princìpi e criteri direttivi contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi;

b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;

c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono o espongono a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o danneggiano l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati nei periodi precedenti. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate nella presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste inoltre sanzioni amministrative accessorie della sospensione fino a sei mesi e, nei casi più gravi, della privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, nonché sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Al medesimo fine è prevista la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere l'illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 240, terzo e quarto comma, del codice penale e dall'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni anche accessorie identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni;

d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183;

e) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;

f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive dell'Unione europea comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

g) quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque sono coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili;

h) quando non sono d'ostacolo i diversi termini di recepimento, sono attuate con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi.

 

 


 

 

L’articolo 2 detta i princìpi ed i criteri direttivi di carattere generale per l’esercizio delle deleghe ai fini dell’attuazione delle direttive comunitarie; si tratta di princìpi e criteri in gran parte già contenuti, come rileva la relazione illustrativa, nelle precedenti leggi comunitarie.

La disposizione, prima di elencare tali princìpi generali, richiama come ulteriori princìpi e criteri direttivi per l’esercizio delle deleghe, quelli contenuti nelle singole direttive comunitarie da attuare;

Venendo ai criteri generali di delega, quello di cui alla lettera a) prevede che le amministrazioni interessate provvedano all’attuazione dei decreti legislativi avvalendosi delle loro strutture ordinarie, seguendo il principio della massima semplificazione procedimentale ed organizzativa: si ripropone così un principio introdotto nel disegno di legge comunitaria 2008 in coerenza – rileva la relazione illustrativa al disegno di legge – con gli obiettivi di riduzione degli oneri amministrativi posti anche dalla Commissione europea.

La lettera b) dispone l’introduzione delle modifiche necessarie per un migliore coordinamento con le discipline vigenti nei singoli settori interessati dall’attuazione delle direttive comunitarie. Analogamente alle ultime leggi comunitarie, la norma in esame fa salve “le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa”.

Norme specifiche per l’introduzione nei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie di sanzioni penali e amministrative, per il caso di violazioni delle disposizioni contenute nei decreti legislativi stessi, sono previste nella lettera c). La scelta che il Governo è autorizzato ad operare, in sede di attuazione della delega, tra la configurazione delle violazioni come reati o come illeciti amministrativi, è ancorata ai seguenti princìpi e criteri direttivi[27]:

§         introduzione di nuove fattispecie al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti;

§         introduzione di nuove fattispecie di reati contravvenzionali, sanzionate – in via alternativa o congiunta – con la pena pecuniaria dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto sino a 3 anni, nei casi in cui siano lesi o esposti a pericolo “interessi costituzionalmente protetti”. Quest’ultima formula è stata per la prima volta introdotta nella legge comunitaria per il 2002 (L. 14/2003). Le leggi comunitarie precedenti facevano, invece, riferimento ad “interessi generali dell’ordinamento interno, compreso l’ecosistema”. In particolare, le pene citate dovranno essere previste come alternative per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; viceversa, si applicherà la pena congiunta dell’ammenda e dell’arresto per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità[28];

§         irrogabilità, nelle ipotesi testé dette, delle sanzioni alternative di cui agli artt. 53 ss. del D.lgs. 274/2000[29], applicandosi la relativa competenza del giudice di pace; tali sanzioni sono quelle consistenti nell’obbligo di permanenza domiciliare (il sabato e la domenica), nel divieto di accesso a determinati luoghi e nello svolgimento di lavori di pubblica utilità (solo su richiesta del contravventore);

§         introduzione di nuove fattispecie di illeciti amministrativi puniti con la sanzione pecuniaria di importo non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro, per le violazioni che ledano o espongano a pericolo beni giuridici diversi da quelli sopra indicati;

§         nell’ambito del minimo e del massimo previsti, determinazione della pena edittale in ragione delle diverse potenzialità lesive dell’interesse protetto che le infrazioni presentano in astratto, delle specifiche qualità personali del colpevole – con particolare riferimento a quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza – e del vantaggio patrimoniale che l’infrazione può recare al colpevole (o all’ente o alla persona nel cui interesse agisce);

§         possibilità, ove necessario per assicurare l’osservanza dei decreti legislativi, di sanzioni amministrative accessorie quali la sospensione fino a sei mesi ovvero la privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione, nonché sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale;

 

Le pene accessorie, che conseguono di diritto alla condanna come effetti penali di essa (art. 20 c.p.), comportano una limitazione di capacità, attività e funzioni oppure rendono maggiormente afflittiva la pena principale.

L’elenco tassativo di tali pene è contenuto nell’art. 19 del codice, fermo restando che la riserva di legge non esclude ulteriori sanzioni di tale natura dettate da leggi speciali (come il ritiro o sospensione della patente di guida, ex Codice della strada).

L’art.19 c.p. distingue dette pene in riferimento ai delitti e alle contravvenzioni. Sono pene accessorie per i delitti

             l'interdizione dai pubblici uffici;

             l'interdizione da una professione o da un'arte;

             l'interdizione legale;

             l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;

             l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;

             l'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro;

             la decadenza o la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori.

Le pene accessorie per le contravvenzioni sono:

             la sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte [c.p. 35];

             la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.

Pena accessoria comune ai delitti e alle contravvenzioni è la pubblicazione della sentenza penale di condanna.

 

 

Tale previsione non risulta presente né nella legge comunitaria 2009 (legge n. 96 del 2010) né nella legge comunitaria 2008 (legge n. 88 del 2009); la previsione era invece contenuta nel testo dell’articolo 2 del disegno di legge comunitaria 2010 presentato al Senato (S. 2322). L’articolo 2 è stato successivamente soppresso nel corso dell’esame della Camera.

§         possibilità, ove necessario per assicurare l’osservanza dei decreti legislativi, della confisca obbligatoria delle cose utilizzate per commettere l’illecito amministrativo o il reato previsto dai decreti legislativi, fermi restando i limiti del terzo e del quarto comma dell’articolo 240 del codice penale e dall’articolo 20 della legge n. 689 del 1981 (recante modifiche al codice penale); entrambe le disposizioni richiamate fanno riferimento al divieto di procedere alla confisca se le cose interessate appartengono a persona estranea al reato (articolo 240 del codice penale) ovvero alla violazione amministrativa (art. 20 della legge 689/1981)

 

Tale previsione non risulta presente né nella legge comunitaria 2009 (legge n. 96 del 2010) né nella legge comunitaria 2008 (legge n. 88 del 2009); la previsione era invece contenuta nel testo dell’articolo 2 del disegno di legge comunitaria 2010 presentato al Senato (S. 2322). L’articolo 2 è stato successivamente soppresso nel corso dell’esame della Camera.

 

§         entro i limiti di pena sopra indicati, previsione di sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate da leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività (la previsione dei limiti rende pertanto astrattamente possibile la differenziazione punitiva fra fattispecie omogenee e di pari offensività);

§         riserva di determinazione regionale delle sanzioni amministrative, nelle materie di cui all’articolo 117, quarto comma, della Costituzione, ossia nelle materie rimesse alla potestà legislativa “residuale” delle regioni (si tratta di un principio innovativo rispetto a quanto previsto dalla legge comunitaria 2007, e già introdotto nel disegno di legge comunitaria 2008).

 

 

Il principio di delega di cui alla lettera d) fa riferimento alla copertura finanziaria delle norme delegate. Al riguardo, si stabilisce che le spese derivanti dall’attuazione delle direttive, ove non contemplate dalle leggi vigenti e non riguardanti l’attività ordinaria delle amministrazioni interessate, possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive nei soli limiti occorrenti per l’adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse.

Per la relativa copertura (anche con riferimento alle eventuali minori entrate derivanti dall’attuazione) si farà ricorso alle disponibilità sussistenti sul fondo di rotazione di cui all’art. 5 della L. 183/1987 (vedi infra), ove non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni. Analoghe disposizioni sono contenute nelle più recenti leggi comunitarie.

 

La citata L. 183/1987[30] istituisce, tra gli organi del coordinamento delle politiche comunitarie, il Fondo di rotazione. Ai sensi dell’art. 5 della legge, confluiscono nel fondo le somme erogate dalle istituzioni comunitarie, le somme individuate annualmente in sede di legge finanziaria (ora legge di stabilità) e altre somme determinate con la legge di bilancio (nonché altre somme specifiche). Le risorse presenti sul fondo vengono erogate, su richiesta e secondo limiti di quote determinate dal CIPE, alle amministrazioni pubbliche e ad altri operatori pubblici e privati per l’attuazione dei programmi di politica comunitaria.

Il Fondo fornisce un quadro complessivo degli interventi cofinanziati dall’UE: ad esso infatti affluiscono disponibilità provenienti sia dal bilancio comunitario sia dal bilancio nazionale. Il Fondo è dotato di amministrazione autonoma e di gestione fuori bilancio e si avvale di due conti correnti infruttiferi presso la Tesoreria centrale dello Stato:

-      c/c 23211, che registra i movimenti di entrata e uscita che fanno capo ai versamenti comunitari, denominato “Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti UE”;

-      c/c 23209, che registra le analoghe operazioni a carico dei finanziamenti nazionali, denominato “Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti nazionali”.

Il Fondo di rotazione presenta annualmente il proprio rendiconto alla Corte dei Conti.

Al Fondo di rotazione, nel corso del 2010, sono confluite somme per circa 10.625,4 milioni di euro, di cui 3.546,8 milioni di euro provenienti dal bilancio comunitario e 7.078,6 milioni dal bilancio nazionale.

A fronte di queste risorse, integrate dalle giacenze risultanti all’inizio dell’esercizio, il Fondo ha effettuato nel 2010 trasferimenti per finanziare interventi relativi alle finalità individuate in sede comunitaria per 3.548,7 milioni di euro dal c/c 23211, e per 3.917,5 milioni di euro dal c/c 23209.

 

Criteri legati all’armonizzazione delle deleghe legislative sono contenuti nelle lettere e) ed f). In particolare, si dispone che l’attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate avvenga per mezzo di modifiche apportate ai testi legislativi di attuazione di tali direttive (ove ciò non determini ampliamento della materia regolata), e che nella stesura dei decreti legislativi di attuazione si tenga conto delle eventuali modifiche delle direttive intervenute fino al momento del concreto esercizio della delega.

Criteri connessi all’univocità dei processi decisionali, quando i decreti legislativi investano trasversalmente diverse competenze ed amministrazioni, sono contenuti nella lettera g), che si pone inoltre l’obiettivo di garantire, attraverso specifiche forme di coordinamento, anche la trasparenza nell’azione amministrativa e la chiarezza nell’attribuzione di responsabilità. Sono espressamente richiamati il rispetto delle competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, nonché l’osservanza dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione.

 

Si ricorda che i primi tre princìpi qui menzionati (sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza), già posti dalla L. 59/1997[31] a fondamento della ripartizione delle funzioni e dei compiti amministrativi tra i vari livelli di governo, hanno assunto rilievo costituzionale in virtù della L. Cost. 3/2001, di riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione. Quest’ultima, nel novellare l’art. 118 Cost., ha infatti posto i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza alla base della ripartizione delle funzioni amministrative tra Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato. Il principio di leale collaborazione, pur non espressamente menzionato dall’art. 118 Cost., è tuttavia riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale quale principio essenziale informatore dei rapporti tra Stato ed autonomie territoriali (v. per tutte la sent. C. Cost. 303/2003).

 

La lettera h) fissa il principio secondo cui deve darsi attuazione con un unico decreto legislativo alle direttive che:

§         riguardino le stesse materie;

§         pur riguardando materie diverse, comportino modifiche degli stessi atti normativi.

Tale principio di “attuazione unitaria” è destinato a operare qualora non siano “di ostacolo” i diversi termini di recepimento delle direttive.

 

 


 

Art. 3

 

(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni dell'Unione europea)

 

 


1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale, il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive dell'Unione europea attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, o in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.

2. La delega di cui al comma 1 è esercitata con decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia. I decreti legislativi si informano ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della presente legge.

3. Gli schemi di decreto legislativo di cui al presente articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari con le modalità e nei termini previsti dai commi 3 e 9 dell'articolo 1.

 

 

 


 

 

L’articolo 3 prevede, analogamente a quanto disposto dalle ultime leggi comunitarie, l’introduzione di un trattamento sanzionatorio per le violazioni di obblighi discendenti da direttive attuate, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, in via regolamentare o amministrativa (ossia per via non legislativa) e per le violazioni di regolamenti comunitari già pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria.

La necessità della disposizione risiede nel fatto che, sia nel caso dell’attuazione di direttive in via regolamentare o amministrativa, sia nel caso di regolamenti comunitari (che, come è noto, non necessitano di leggi di recepimento, essendo direttamente applicabili nell’ordinamento nazionale), è necessaria una fonte normativa di rango primario atta ad introdurre norme sanzionatorie di natura penale nell’ordinamento nazionale.

La finalità dell’articolo è, pertanto, quella di consentire al Governo di introdurre sanzioni volte a punire le trasgressioni commesse in violazione dei precetti contenuti nelle disposizioni normative comunitarie, garantendo il rispetto degli atti regolamentari o amministrativi con cui tali disposizioni comunitarie vengono trasposte nell’ordinamento interno.

A tal fine, il comma 1 contiene una delega al Governo per l’adozione, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge e fatte salve le norme penali vigenti, di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per la violazione di obblighi contenuti in direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa ai sensi delle leggi comunitarie vigenti (non solo, pertanto, ai sensi della legge comunitaria in commento) nonché di regolamenti comunitari pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria e per i quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative.

Il comma 2 stabilisce che i decreti legislativi siano adottati, ai sensi dell'art. 14 della L. 400/1988[32], su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche europee e del ministro della giustizia, di concerto con i ministri competenti per materia.

La tipologia e la scelta delle sanzioni deve essere effettuata secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c) (vedi supra).

Il comma 3 prevede l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari sugli schemi di decreto legislativo. I pareri sono espressi con le modalità previste dai commi 3 e 9 dell’articolo 1 (vedi supra).

 

 

 

 


 

Art. 4

 

(Oneri relativi a prestazioni e a controlli)

 

 


1. In relazione agli oneri per prestazioni e per controlli, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 9, commi 2 e 2-bis, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.


 

 

L’articolo 4 detta disposizioni circa gli oneri derivanti dalle prestazioni e dai controlli che gli uffici pubblici sono chiamati a sostenere in applicazione della normativa comunitaria.

A tal fine viene richiamato il disposto dell’articolo 9, commi 2 e 2-bis, della Legge 11 del 2005, che:

•    pone a carico dei soggetti interessati i predetti oneri, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio, purché ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria (articolo 9, comma 2);

•    dispone che le entrate derivanti dalle tariffe siano attribuite, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione alle unità previsionali di base del bilancio statale ai sensi del regolamento di cui al DPR 10 novembre 1999, n. 469 (articolo 9, comma 2-bis).

 

 

 


 

Art. 5

 

(Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive dell'Unione europea)

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dalla presente legge per il recepimento di direttive dell'Unione europea, al fine di coordinare le medesime con le altre norme legislative vigenti nelle stesse materie. Qualora i testi unici o i codici di settore riguardino i princìpi fondamentali delle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione o di altre materie di interesse delle regioni, i relativi schemi di decreto legislativo sono sottoposti al parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nonché al parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

2. I testi unici e i codici di settore di cui al comma 1 riguardano materie o settori omogenei. Le disposizioni contenute nei testi unici o nei codici di settore non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate, se non in modo esplicito mediante l'indicazione puntuale delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare.


 

 

L’articolo 5 conferisce, al comma 1, una delega al Governo – da esercitare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati in attuazione delle deleghe contenute nel provvedimento – per l’adozione di testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dal disegno di legge in esame per il recepimento di direttive comunitarie, con lo scopo di coordinare tali disposizioni con quelle vigenti nelle stesse materie.

 

I decreti legislativi di riordino sono adottati secondo le modalità e in conformità ai princìpi e criteri direttivi posti dall’art. 20 della L. 59/1997[33] e successive modificazioni, richiamato dal comma in commento.

 

Si ricorda che l’art. 20 richiamato reca una pluralità di princìpi e criteri direttivi volti a conformare l’opera del legislatore delegato alla razionalizzazione normativa, in aggiunta ai princìpi e criteri previsti dalle singole leggi annuali di semplificazione.

 

Il comma precisa che l’esercizio della delega volta al riordino normativo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La previsione di riordino mediante codici di settore – oltre che tramite testi unici – è stata inserita per la prima volta nella legge comunitaria 2007. Tale scelta, innovativa rispetto ai contenuti delle precedenti leggi comunitarie, appare volta a prefigurare un “assestamento normativo”, dando luogo nelle singole materie ad un complesso di norme stabili e armonizzate, in virtù della maggiore portata innovativa del codice di settore rispetto a quella del testo unico.

 

Si può ricordare che, nell’evoluzione delle politiche di semplificazione, in materia di testi unici era intervenuta la disciplina generale di cui all’art. 7 della L. 50/1999[34], che prevedeva il riordino della normativa attraverso lo strumento dei testi unici cosiddetti “misti”, ossia recanti sia disposizioni di rango legislativo, che regolamentari.

È in seguito intervenuta la legge di semplificazione per il 2001 (legge n. 229/2003)[35], che ha innovato profondamente le metodologie di razionalizzazione normativa, modificando il contenuto della legge annuale di semplificazione (così come disciplinato dall’art. 20 della L. 59/1997), privilegiando il ricorso alla delegazione legislativa ed alla delegificazione e sancendo l’abbandono dei testi unici misti, con l’abrogazione del citato art. 7 della L. 50/1999, che li aveva introdotti.

La differenza fra testo unico e codice – fermo restando che entrambe le tipologie sono volte alla “riorganizzazione” (termine che ricomprende sia il “riordino” che il “riassetto”) delle fonti di regolazione e a una drastica riduzione del loro numero, in modo da permettere ai cittadini di avere un quadro ben preciso e unitario delle regole che disciplinano un settore della vita sociale – è stata individuata nel fatto che il secondo strumento di semplificazione autorizza il legislatore delegato non soltanto ad apportare modifiche di “coordinamento formale” alla disciplina di rango legislativo, ma anche consistenti innovazioni del merito della disciplina codificata. In altri termini, il codice, rispetto al testo unico, è connotato da una maggiore capacità innovativa dell’ordinamento (si veda, in tal senso, il parere reso dall’Adunanza generale del Consiglio di Stato in data 24 ottobre 2004, sullo schema di Codice dei diritti di proprietà industriale).

 

Il secondo periodo del comma 1 dispone che gli schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere della Conferenza Stato-regioni e al parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali qualora la relativa disciplina riguardi la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di competenza concorrente tra Stato e regioni (ai sensi del terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione) o, più generalmente, “altre materie di interesse delle regioni”.

Si osserva che l’art. 20 della L. 59/1997, al quale il comma in esame come si è detto fa rinvio, al comma 5 prevede l’acquisizione del parere della Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali su tutti gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi dell’art. 20 medesimo.

Il comma 2 stabilisce che i testi unici e i codici di settore debbano riguardare materie o settori omogenei. Inoltre, esso precisa che le disposizioni contenute nei predetti provvedimenti di riordino possono essere oggetto di interventi di abrogazione, deroga, sospensione o modificazione solo in via esplicita e con indicazione puntuale della disposizione su cui si interviene. Si tratta di una disposizione che ha ovviamente una valenza solo monitoria nei confronti del legislatore, non potendo una norma di legge vincolare giuridicamente una norma successiva di grado gerarchico equivalente.

 

Il comma ripropone una norma analoga a quelle recate da diverse tra le precedenti leggi comunitarie, a partire dal 1994[36], in tema di riordino normativo nei settori interessati da direttive comunitarie. L’emanazione del testo unico in materia di intermediazione finanziaria costituisce – a tutt’oggi – l’unico esempio di riordino normativo effettuato sulla base delle prescrizioni della legge comunitaria annuale (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, adottato ai sensi degli artt. 8 e 21 della legge comunitaria per il 1994[37]).

 

 

 


 

Schede sulle direttive contenute negli allegati

 


Allegato A

 


 

Direttiva 2009/156/CE

 

(Condizioni di polizia sanitaria per i movimenti degli equidi)

(Direttiva di codifica)

 

 

La direttiva del 30 novembre 2009, n. 2009/156/CE, introdotta al Senato durante l’esame della legge Comunitaria 2010 e successivamente stralciata,  riguarda  le condizioni di polizia sanitaria che disciplinano i movimenti e le importazioni di equidi in provenienza dai paesi terzi. La direttiva, entrata in vigore il 12 agosto 2010, è composta di 24 articoli e sei allegati.

In particolare, la direttiva in esame codifica la direttiva 90/426/CEE, e, conseguentemente, costituisce un provvedimento che integra ed abroga gli atti oggetto della codificazione medesima, senza cambiarne la sostanza.

 

La materia in esame è stata disciplinata dalla citata direttiva 26 giugno 1990, n. 90/426/CEE, recepita in Italia con il D.P.R. 11 febbraio 1994, n. 243, e successivamente attuata dal regolamento comunitario del 6 giugno 2008 n. 504/2008, applicato a decorrere dal 1° luglio 2009.

L’articolo 22 della presente direttiva abroga la citata direttiva 90/426/CEE, modificata dagli atti elencati nell'allegato V, parte A, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato V, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla direttiva in esame e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato VI.

 

L’adozione della direttiva 2009/156 è volta ad aggiornare e razionalizzare la disciplina recata dalla direttiva 90/426/CEE, che ha subito nel tempo, diverse e sostanziali, modificazioni, al fine di stabilire norme comuni, in materia di polizia sanitaria, per favorire uno sviluppo razionale della produzione di equidi ed aumentare la produttività del settore. In particolare, la direttiva in esame fissa le regole per i movimenti di equidi tra gli Stati membri (artt. 3-10) e quelle per le importazioni di equidi da Paesi terzi (artt. 11-19), prevedendo inoltre una possibile regionalizzazione delle misure restrittive, per le importazioni da Paesi terzi (artt. 12, 13 e 14).

Di seguito, sono descritti i principali articoli.

L’articolo 3 stabilisce che uno Stato membro autorizza il movimento nel proprio territorio di equidi registrati e spedisce equidi verso un altro Stato membro, soltanto se soddisfatte determinate condizioni di polizia sanitaria, al fine di evitare la propagazione di malattie infettive o contagiose (articoli 4 e 5), consentendo, tuttavia, specifiche deroghe.

L’articolo 7 prevede che il trasporto degli animali sia effettuato assicurando una protezione sanitaria efficace e il benessere degli equidi, secondo quanto stabilito dal regolamento (CE) n. 1/2005[38].

L’articolo 9 applica le norme della direttiva 90/425/CEE[39] segnatamente per quanto riguarda i controlli all'origine, l'organizzazione e gli esiti dei controlli da effettuare da parte dello Stato membro destinatario e le misure di salvaguardia da attuare.

Gli articoli 8 e 16 prevedono che gli equidi siano scortati da un certificato sanitario compilato da un veterinario ufficiale.

L’articolo 10 consente agli esperti veterinari della Commissione di procedere a controlli in loco.

L’articolo 12 autorizza l'importazione di equidi unicamente da un elenco di paesi terzi, la cui scelta deve rispettare criteri di ordine generale, come lo stato sanitario del patrimonio zootecnico, l'organizzazione e i poteri dei servizi veterinari e la regolamentazione sanitaria vigente.

L’articolo 18 affida ad esperti veterinari degli Stati membri e della Commissione controlli in loco, per verificare l’applicazione della presente direttiva.

Per quanto riguarda i sei allegati alla direttiva, l’Allegato I reca l’elenco delle malattie soggette a obbligo di denuncia, gli Allegati II e III presentano i modelli dell’attestato sanitario e del certificato medico che accompagnano i movimenti degli equidi. Infine, l’Allegato IV reca le procedure di diagnosi riguardante la peste equina.

 

 

 

 

 


 

 

Direttiva 2010/31/CE

 

(Prestazione energetica nell’edilizia)

 

 

L’allegato A al disegno di legge Comunitaria 2011 prevede il recepimento della direttiva 2010/31/UE. L’articolo 28 della direttiva fissa il termine per il recepimento al 9 luglio 2012.

La direttiva 2010/31/UE è volta a promuovere il miglioramento della prestazione energetica degli edifici, delle loro parti e delle unità immobiliari[40], ai fini della riduzione dei consumi energetici che nel settore edilizio rappresentano il 40% del consumo totale di energia nell'Unione europea (UE). La loro riduzione costituisce, pertanto, una priorità nell'ambito degli obiettivi “20-20-20” in materia di efficienza energetica.

Le disposizioni della direttiva, con la quale si provvede ad una rifusione della direttiva 2002/91/CE – che è stata modificata più volte e che necessita di ulteriori modifiche sostanziali (considerando 1) - riguardano in particolare: il quadro comune generale di una metodologia di calcolo della prestazione energetica; l’applicazione di requisiti minimi alla suddetta prestazione energetica; i piani nazionali per l’aumento di edifici ad energia zero; la certificazione energetica; l’ispezione periodica degli impianti di riscaldamento; i sistemi di controllo indipendenti per gli attestati di prestazione energetica.

Metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici

Gli Stati membri sono tenuti ad adottare, a livello nazionale o regionale, una metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici che dovrà tener conto di determinati aspetti (cfr. All. I), tra cui:

§         le caratteristiche termiche dell'edificio e delle sue divisioni interne (capacità termica, isolamento, riscaldamento passivo ecc.);

§         l'impianto di riscaldamento e di produzione di acqua calda;

§         gli impianti di condizionamento d’aria;

§         l'impianto di illuminazione incorporato;

§         le condizioni climatiche interne.

Va anche tenuto conto di altri aspetti come le condizioni locali di esposizione al sole, l'illuminazione naturale, i sistemi di cogenerazione dell'elettricità e gli impianti di teleriscaldamento o teleraffrescamento urbano o collettivo. Inoltre, il calcolo della prestazione energetica deve essere differenziato a seconda della categoria di edificio (abitazioni monofamiliari, condomini, uffici, scuole, ospedali, alberghi e ristoranti, impianti sportivi, esercizi commerciali).

Requisiti minimi

Compete agli Stati membri fissare, in conformità alla citata metodologia di calcolo, i requisiti minimi di prestazione energetica per edifici o unità immobiliari, in modo da conseguire livelli ottimali in funzione dei costi. I requisiti minimi di prestazione energetica dovranno essere rivisti a scadenze regolari non superiori a cinque anni e se necessario aggiornati in funzione dei progressi tecnici nel settore edile.

Gli elementi edilizi che fanno parte dell’involucro dell’edificio e hanno un impatto significativo sulla prestazione energetica di tale involucro (gli infissi, ad esempio) devono anch'essi rispettare i requisiti minimi in materia di prestazione energetica quando sono rinnovati o sostituiti, in modo da raggiungere livelli ottimali in funzione dei costi.

Nel fissare i requisiti minimi, gli Stati membri possono distinguere tra gli edifici già esistenti e quelli di nuova costruzione, nonché tra diverse tipologie edilizie.

Gli Stati possono escludere dall'applicazione dei requisiti minimi:

§         gli edifici ufficialmente protetti (ad esempio gli edifici storici);

§         gli edifici adibiti a luoghi di culto;

§         i fabbricati temporanei;

§         gli edifici residenziali destinati ad essere utilizzati per un periodo limitato dell’anno (meno di 4 mesi);

§         i fabbricati indipendenti con una metratura utile totale inferiore a 50 m2.

 

Entro il 30 giugno 2011 la Commissione europea provvede a stabilire un quadro metodologico comparativo per il calcolo dei livelli ottimali, in funzione dei costi, dei requisiti di prestazione energetica degli edifici ed elementi edilizi. Il quadro metodologico distinguerà tra edifici nuovi ed esistenti e tra diverse tipologie edilizie. Gli Stati membri calcoleranno i livelli ottimali avvalendosi del quadro comparativo e di altri parametri - condizioni climatiche, accessibilità delle infrastrutture energetiche - e compareranno i risultati di tale calcolo con i requisiti minimi di prestazione energetica in vigore. Entro il 30 giugno 2012, gli Stati trasmetteranno alla Commissione la prima relazione contenente tutti i dati e le ipotesi utilizzati per il calcolo, con i relativi risultati. Se i requisiti minimi vigenti risulteranno sensibilmente meno efficienti dei livelli ottimali, gli Stati dovranno giustificare tale differenza per iscritto alla Commissione e ridurre il divario.

 

Sarà cura degli Stati membri adottare le misure necessarie affinché gli edifici nuovi rispettino i requisiti, garantendo che prima dell'inizio dei lavori di costruzione sia valutata la fattibilità tecnica, ambientale ed economica di sistemi alternativi ad alta efficienza basati su: fonti rinnovabili; cogenerazione; teleriscaldamento o teleraffrescamento; pompe di calore.

Gli edifici esistenti, destinati a subire ristrutturazioni importanti, dovranno beneficiare di un miglioramento della loro prestazione energetica in modo da poter soddisfare i requisiti minimi.

In caso di nuova installazione, sostituzione o miglioramento, i sistemi tecnici per l'edilizia, quali gli impianti di riscaldamento, gli impianti di produzione di acqua calda, gli impianti di condizionamento d’aria e i grandi impianti di ventilazione, devono anch'essi rispettare i requisiti in materia di prestazione energetica.

In caso di costruzione o rinnovamento di un edificio, la direttiva in esame incoraggia fortemente l'introduzione di sistemi intelligenti per la misurazione del consumo energetico, conformemente alla direttiva relativa alle norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica 2009/72/CE.

Si ricorda che tale direttiva è stata recepita nel nostro Paese con il D.Lgs. 1 giugno 2011, n. 93[41].

Edifici a energia quasi zero

Entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a energia quasi zero. Gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi dovranno rispettare gli stessi criteri a partire dal 31 dicembre 2018.

La Commissione promuove l'incremento degli edifici di questo tipo tramite l'attuazione di piani nazionali, elaborati dagli Stati membri, che comprendono i seguenti elementi:

§         l’indicazione del modo in cui lo Stato membro applica la definizione di edifici a energia quasi zero;

§         gli obiettivi intermedi di miglioramento della prestazione energetica degli edifici di nuova costruzione entro il 2015;

§         informazioni sulle politiche e sulle misure finanziarie o di altro tipo adottate per promuovere il miglioramento della prestazione energetica degli edifici.

Alla Commissione compete la valutazione dei piani nazionali entro il 31 dicembre 2012 (e successivamente ogni 3 anni) e la pubblicazione di una relazione sui progressi realizzati.

Incentivi finanziari e barriere di mercato

La direttiva sottolinea l’importanza di mettere a disposizione adeguati strumenti di finanziamento e incentivi per favorire l’efficienza energetica degli edifici e il passaggio a edifici a energia quasi zero. Pertanto gli Stati membri devono adottare gli strumenti più pertinenti sulla base delle circostanze nazionali ed entro il 30 giugno 2011 devono redigere un elenco degli strumenti esistenti ed eventualmente proposti - compresi quelli finanziari - che promuovono il miglioramento della prestazione energetica degli edifici. Tale elenco è aggiornato ogni tre anni.

La Commissione valuta l’efficacia delle misure esistenti o proposte. Sulla base della valutazione essa può fornire consulenza o raccomandazioni e su richiesta anche assistenza agli Stati membri nell’elaborazione di programmi di sostegno  finanziario .

Attestati di prestazione energetica

Gli Stati membri adottano un sistema di certificazione energetica degli edifici. L'attestato può comprendere informazioni sul consumo energetico degli edifici, nonché raccomandazioni per il miglioramento in funzione dei costi.

In caso di vendita o locazione di un edificio o di un'unità immobiliare, l’indicatore di prestazione energetica che figura nell’attestato di prestazione energetica va riportato in tutti gli annunci dei mezzi di comunicazione commerciali.

In caso di costruzione, vendita o locazione di un edificio o di un'unità immobiliare, l'attestato va mostrato al potenziale acquirente o nuovo locatario e consegnato all’acquirente o al nuovo locatario.

Per gli edifici in cui una metratura utile totale di oltre 500 m² è occupata da enti pubblici e per gli edifici con una superficie totale di oltre 500 m² abitualmente frequentati dal pubblico, l'attestato di prestazione energetica va affisso in un luogo chiaramente visibile per il pubblico (il 9 luglio 2015 la soglia sarà abbassata a 250 m²).

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per prescrivere ispezioni periodiche degli impianti di riscaldamento e climatizzazione degli edifici (artt. 11-15).

La direttiva in esame abroga la direttiva 2002/91/CE con effetto dal 1° febbraio 2012.

Il termine di recepimento della direttiva in esame è fissato al 9 luglio 2012, mentre il termine di applicazione delle relative disposizioni è fissato al 9 gennaio 2013. In relazione al termine di applicazione sono previste alcune eccezioni: al 9 luglio 2013 è fissato il termine per l'applicazione agli edifici che non sono pubblici delle norme sui requisiti minimi, sul calcolo dei livelli ottimali e sull'ispezione dei sistemi di riscaldamento e condizionamento d'aria; al 31 dicembre 2015 è fissato il termine per l'applicazione delle norme sul rilascio dell'attestato di prestazione energetica in riferimento a singole unità immobiliari in locazione.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 22 giugno 2011 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2011)370) in materia di efficienza energetica nella quale si propone che gli Stati membri, tenendo conto dei requisiti minimi di prestazione energetica stabiliti dalla direttiva 2010/31/UE garantiscano ogni anno la ristrutturazione di almeno il 3% della superficie totale degli immobili di proprietà di enti pubblici, a partire dal 2014.

 

Procedure di contenzioso

Il 29 settembre 2011 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato complementare (procedura di infrazione n. 2006/2378) contestandole la non completa attuazione delle disposizioni contenute nella direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico degli edificientro il termine massimo consentito del 4 gennaio 2009.

Si ricorda che la direttiva 2010/31/CE provvede allarifusione della sopracitata direttiva 2002/91/CE con il regolamento CE n. 1137/2008, facendo salvi gli obblighi degli Stati membri per ciò che concerne i termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione della direttiva 2002/91/CE.

In particolare, la Commissione contesta all’Italia di non aver soddisfatto nel proprio ordinamento quanto previsto dall’articolo 7 della direttiva - concernente l’obbligo di presentare un attestato di certificazione energetica in caso di vendita o locazione di un immobile - né l’obbligo di garantire l’indipendenza degli esperti certificatori (art. 10). Inoltre, nell’avviso della Commissione, l’Italia non avrebbe finora adottato alcuna misura relativa all'obbligo di ispezioni periodiche degli impianti di condizionamento dell'aria la cui potenza nominale sia superiore a 12 kW per valutarne il rendimento, previsto dall’articolo 9 della medesima direttiva.

 


Allegato B

 


Direttiva 2006/112/CE

 

(Rettifica della direttiva 2006/112/CE: IVA (pubblicata nella GUUE L n. 74/3 del 19/3/2011)

 

 

La rettifica della direttiva 2006/112/CE, in materia di IVA, consiste in un intervento di natura lessicale volto a modificare il concetto di "domicilio" ai fini IVA in "indirizzo permanente", adeguando così il testo delle disposizioni della direttiva 2006/112/CE a quelle del Regolamento UE n. 282/2011 (in vigore dal 1° luglio 2011).

 

In particolare l'articolo 12 del Regolamento n. 282/2011 (Regolamento di esecuzione del Consiglio recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto) prevede che ai fini dell'applicazione della direttiva 2006/112/CE, per "indirizzo permanente" di una persona fisica, sia essa soggetto passivo o meno, si intende l'indirizzo figurante nel registro della popolazione o in un registro analogo, oppure l'indirizzo indicato da tale persona alle autorità fiscali competenti, tranne qualora esistano prove che tale indirizzo non corrisponde alla realtà.

 

A tal fine la rettifica sostituisce ove presente nel testo della direttiva 2006/112/CE l’espressione “domicilio” con quella di “indirizzo permanente”.

 

La direttiva 2006/112/CE ha proceduto alla rifusione delle norme che costituiscono il sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, contenute principalmente nella direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (cosiddetta “sesta direttiva IVA”), più volte modificata nel corso degli anni da numerose direttive. La direttiva 2006/112/CE costituisce pertanto una sorta di testo unico di tutte le norme sul sistema comune di IVA, razionalizzando e coordinando le numerose e sostanziali modifiche intervenute nel tempo.

Il nuovo testo è entrato in vigore dal 1° gennaio 2007 in tutti i Paesi dell’Unione europea.

 

 

 

 


 

Direttiva 2009/101/CE

 

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'articolo 48, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (versione codificata))

 

 

La direttiva 2009/101/CE abroga la direttiva 68/151/CEE del Consiglio codificando la materia da essa trattata in ordine alle garanzie richieste negli Stati membri alle società di capitali (società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita per azioni) per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi. La direttiva, in particolare, è volta al coordinamento delle disposizioni nazionali concernenti le società in merito a:

·         la pubblicità degli atti e dei dati più rilevanti;

·         la validità degli obblighi della società;

·         le ipotesi di nullità della società.

 

Per quanto concerne il profilo della pubblicità, la direttiva prescrive che le società debbano rendere pubblici determinati atti e indicazioni, vertenti in particolare su: l’atto costitutivo e lo statuto e le loro modifiche; la nomina, la cessazione dalle funzioni nonché le generalità delle persone che hanno il potere di rappresentare la società in giudizio e che partecipano all’amministrazione, alla vigilanza o al controllo della società; l’importo del capitale sottoscritto; il trasferimento della sede sociale; lo scioglimento della società; la liquidazione della società. Tali elementi sono registrati in un fascicolo costituito presso un registro centrale o presso un registro di commercio o un registro delle imprese. Tale dossier può essere disponibile in formato elettronico o su supporto cartaceo.

 

Sotto il profilo della validità degli obblighi della società si prevede che qualora una società in formazione compia degli atti prima di acquistare la personalità giuridica, la responsabilità di tali atti grava sulle persone che li hanno compiuti e non sulla società stessa. Quando la società acquisisce la personalità giuridica gli atti compiuti dai suoi organi, ciò costituisce obbligo nei confronti dei terzi, anche qualora i predetti atti oltrepassino i limiti dell’oggetto sociale, a meno che essi eccedano i poteri conferiti ai predetti organi. Anche in caso di adempimento delle formalità di pubblicità relative ai soggetti dotati del potere di obbligare la società, le irregolarità riguardanti la nomina di tali persone non sono opponibili ai terzi. La società potrà far valere tale pubblicità esclusivamente fornendo la prova che i terzi erano a conoscenza di tali irregolarità.

La nullità di una società può essere dichiarata unicamente nei casi indicati, vale a dire:

Dopo il riconoscimento ufficiale della nullità, la società è liquidata. Tuttavia, i possessori di quote o di azioni devono versare il capitale sottoscritto o non versato nei confronti dei creditori.

La direttiva non prevede un termine di recepimento. In tali casi, l'articolo 1, comma 1, ultimo periodo, del disegno di legge comunitaria in esame, fissa il termine di recepimento in dodici mesi dall'entrata in vigore della legge stessa.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 24 febbraio 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva riguardante l’interconnessione dei registri centrali, commerciali e delle imprese (COM(2011)79).La proposta, che modifica tra l’altro la direttiva 2009/101/CE, è intesa a facilitare l’accesso alle informazioni ufficiali sulle imprese che operano in un contesto transfrontaliero attraverso l’interconnessione elettronica dei registri. Tale iniziativa è destinata ad integrare il portale europeo sulla giustizia elettronica che costituirà il principale punto di accesso alle informazioni di tipo legale, alle istituzioni giuridico-amministrative, ai registri, alle banche dati e ad altri servizi esistenti all’interno dell’Unione europea.

La proposta, che segue la procedura legislativa ordinaria, è in attesa di essere esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

 


 

Direttiva 2009/102/CE

 

(Diritto delle società (S.r.l. con un unico socio)
(versione codificata)

 

 

La direttiva 2009/102/CE abroga la dodicesima direttiva 89/667/CEE del Consiglio codificando, in materia di diritto delle società, le disposizioni relative alle società a responsabilità limitata con un unico socio. Come emerge dai considerando della direttiva, l’obiettivo della direttiva è di coordinare, al fine di rendere equivalenti in tutta la Comunità, alcune garanzie che sono richieste negli Stati membri, al fine di proteggere gli interessi tanto dei soci quanto dei terzi.

Una società a responsabilità limitata può avere un socio unico all'atto della sua costituzione o in seguito alla riunione di tutte le sue quote in capo a un unico socio (società unipersonale). In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, agli Stati membri è attribuita la facoltà di prevedere disposizioni speciali o sanzioni qualora:

a)      una persona fisica sia il socio unico di più società;

b)      il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica.

L’obiettivo di tale facoltà è di tener conto delle particolarità esistenti in talune legislazioni nazionali.

Gli Stati membri possono, per casi specifici, prevedere limitazioni all'accesso alla società unipersonale oppure una responsabilità illimitata per il socio unico. Gli Stati membri sono liberi di elaborare norme per far fronte ai rischi che una società unipersonale può presentare data l'esistenza di un unico socio, in particolare per assicurare la liberazione del capitale sottoscritto.

La riunione di tutte le quote in capo a un unico socio e l'identità del socio unico devono essere oggetto di pubblicità in un registro accessibile al pubblico. È necessario che tutte le decisioni prese dal socio unico in qualità di assemblea dei soci rivestano la forma scritta. Anche i contratti tra il socio unico e la società da lui rappresentata devono essere redatti per iscritto, sempreché non riguardino operazioni correnti concluse a condizioni normali.

La direttiva non prevede un termine di recepimento. In tali casi, l'articolo 1, comma 1, ultimo periodo, del disegno di legge in esame, fissa il termine di recepimento in dodici mesi dall'entrata in vigore della legge stessa.


 

Direttiva 2009/126/CE

 

(Recupero dei vapori di benzina durante il rifornimento nelle stazioni di servizio)

 

La direttiva stabilisce misure intesea ridurre la quantità di vapori di benzina che fuoriescono dal serbatoio dei veicoli a motore durante il rifornimento nelle stazioni di servizio (art. 1).

La direttiva era già presente nel disegno di legge comunitaria 2010, approvato dalla Camera ed il cui iter è ancora in corso presso il Senato della Repubblica (AS.2322-B).

Già la direttiva 94/63/CE, relativa al controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio, ha disposto misure finalizzate al recupero dei vapori di benzina emessi dal deposito e dalla distribuzione della benzina dai terminali petroliferi alle stazioni di servizio (la cosiddetta "fase I" del recupero dei vapori di benzina).

La nuova direttiva avvia, pertanto, la fase II del recupero dei vapori di benzina, cd. «PVR – phase II» (Petrol Vapour Recovery), disponendo l'utilizzo di una idonea attrezzatura volta a recuperare i vapori di benzina da parte dei distributori delle stazioni di servizio.

Le stazioni di servizio

L'articolo 3 stabilisce che gli Stati membri dovranno assicurare che le nuove stazioni di servizio o quelle esistenti oggetto di una ristrutturazione completa siano equipaggiate con il sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina se il flusso effettivo/previsto è superiore a 500 m3 all’anno, o se quello effettivo/previsto è superiore a 100 m3 all’anno e sono situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro.

Le stazioni di servizio esistenti più grandi, il cui flusso è superiore a 3.000 m3 all’anno, dovranno applicare i sistemi della fase II entro il 2018.

Sono, invece, escluse dall'obbligo le stazioni di servizio utilizzate esclusivamente in associazione alla produzione e alla consegna di nuovi veicoli a motore.

Nel considerando n. 9 si sottolinea che per le stazioni di servizio esistenti è preferibile installare attrezzature di recupero dei vapori di benzina in caso di ristrutturazioni complete del sistema di alimentazione, poiché ciò ridurrebbe notevolmente il costo dei necessari adeguamenti, mentre per le nuove stazioni le installazioni potrebbero essere immediate inserendole già in fase di progettazione/costruzione della stazione di servizio. Infine, per le stazioni di servizio di dimensioni maggiori viene auspicata una loro più rapida installazione a causa delle maggiori emissioni prodotte.

 

Livello minimo di recupero dei vapori di benzina

Ai sensi dell’art. 4 della direttiva, i sistemi della fase II di cui saranno equipaggiati i distributori di benzina delle stazioni di servizio dovranno catturare almeno l'85% dei vapori di benzina. L’efficienza della cattura dei vapori di benzina di tali sistemi dovrà essere certificata dal costruttore conformemente alle pertinenti norme tecniche o secondo le relative procedure di omologazione europee o, in mancanza di tali norme o procedure, di qualsiasi norma nazionale.

I sistemi della fase II aspirano i vapori di benzina che vengono quindi trasferiti in una cisterna di stoccaggio nella stazione di servizio.

I controlli periodici e informativa per il consumatore

Ai sensi dell’art. 5, l'efficienza della cattura dei vapori di benzina dei sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina dovrà essere verificata almeno una volta l’anno, controllando che il rapporto vapori/benzina, in condizioni di simulazione di flusso di benzina, rispetti le disposizioni già definite, o utilizzando qualsiasi altro metodo adeguato.

In caso di installazione di un sistema di controllo automatico, l'efficienza della cattura sarà verificata almeno una volta ogni tre anni. Un tale sistema di controllo automatico indica i guasti al gestore della stazione di servizio e arresta automaticamente il flusso di benzina dal distributore difettoso se il guasto non è riparato entro sette giorni.

L'art. 5 stabilisce inoltre l'obbligo per le stazioni di servizio che abbiano installato un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina di informarne i consumatori, attraverso l'esposizione di un cartello, un adesivo o qualsiasi altra forma di notifica.

Le sanzioni

Gli Stati membri dovranno infine determinare le relative sanzioni che dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive, nonché definire le misure necessarie per assicurarne l’applicazione (art. 6).

Riesame e adeguamenti tecnici

La Commissione riesamina, entro il 31 dicembre 2014, l'attuazione della direttiva e, se necessario, ai fini della coerenza con le pertinenti norme elaborate dal comitato europeo di normalizzazione (CEN), può adattare al progresso tecnico alcune disposizioni della direttiva (artt. 7 e 8).

Termine per il recepimento

Gli Stati membri dovranno recepire la direttiva entro il 1° gennaio 2012 (art. 10).

 


 

Direttiva 2009/158/CE

 

(Polizia sanitaria per le importazioni di pollame e uova
da cova)

 

(Direttiva di codifica)

 

La direttiva 2009/158/CE, composta da tre Capi, 38 articoli e sette Allegati, provvede alla codificazione della direttiva 90/539/CE[42] del Consiglio, del 15 ottobre 1990, relativa alle norme di polizia sanitaria che disciplinano gli scambi intracomunitari e le importazioni in provenienza dai paesi terzi di pollame e uova di cova, che ha subito numerose e sostanziali modificazioni al fine di garantire chiarezza e razionalizzazione della disciplina. La direttiva in esame è entrata in vigore l'11 gennaio 2010.

L'interesse e la necessità nello stabilire a livello comunitario delle norme di polizia sanitaria per la commercializzazione di tali prodotti (volatili e uova destinate all'incubazione) ha come finalità ultima la garanzia di uno sviluppo razionale della produzione di pollame, rientrante nel quadro delle attività agricole come fonte di reddito per parte della popolazione rurale, e l'aumento in tal modo della produttività del settore. Ulteriore finalità nel predisporre una normativa comune applicabile anche alle importazioni in provenienza dai paesi terzi è la riduzione delle disparità di disciplina esistenti negli Stati membri con conseguente miglioramento e sviluppo armonioso degli scambi intracomunitari.

La direttiva in esame stabilisce dei criteri per l'accreditamento degli stabilimenti di produzione volti a garantire la sicurezza sanitaria delle strutture attraverso la predisposizione di controlli restrittivi finalizzati ad evitare  rischi di contagio da malattie alle quali il pollame è sensibile. La facoltà di riconoscere e contrassegnare da un numero distintivo e riconoscibile gli stabilimenti che soddisfano le norme tecniche della presente direttiva e di vigilare sul rispetto della loro corretta applicazione è lasciata alle autorità competenti degli Stati membri. Ogni Stato deve redigere e tenere aggiornato un elenco di tali enti riconosciuti e dei loro numeri di registrazione al fine di metterlo a disposizione degli altri Stati e del pubblico. La Commissione si riserva comunque la possibilità di controlli in collaborazione con le competenti autorità statali.

Requisiti di polizia sanitaria sono previsti nello specifico anche per il pollame stesso e le uova sul presupposto che gli stessi prodotti possono essere veicolo principale per la diffusione di malattie contagiose, nonché vengono fissate delle norme anche per il trasporto. A tal proposito possono essere oggetto di scambio solo i volatili e le uova da cova accompagnati da un certificato sanitario rilasciato da un veterinario ufficiale e destinato ad accompagnare i prodotti fino al luogo di destinazione

Per quanto riguarda le disposizioni comunitarie per la definizione di un regime applicabile alle importazioni provenienti dai paesi terzi, la direttiva delinea la necessità di compilare un elenco di paesi terzi legittimati alle importazioni sulla base di una verifica dello stato sanitario del pollame e degli altri animali, l'organizzazione e i poteri dei servizi veterinari e la normativa sanitaria vigente, escludendo per prevenzione i paesi contaminati o indenni da troppo poco tempo da malattie contagiose del pollame. Anche i prodotti provenienti da paesi terzi devono essere accompagnati da un certificato sanitario conforme ad un determinato modello come garanzia di applicazione e di adeguamento alla normativa comunitaria. Al fine di porre gli Stati membri nelle condizioni di tutelare la salute degli uomini e degli animali, la direttiva consente di adottare tutte le misure appropriate, comprese la macellazione e la distruzione, al momento dell'arrivo del pollame o delle uova sul territorio della Comunità.

Al fine di garantire l'attualità della disciplina, la direttiva obbliga gli Stati destinatari ad un periodico adattamento dei metodi di lotta contro le malattie del pollame in linea con la costante evoluzione delle tecniche avicole.

Essendo una direttiva di codificazione (un atto, cioè, che integra e abroga gli atti oggetto della codificazione, costituiti dalla direttiva 90/539/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato VI), non è previsto un termine di recepimento espresso.

Da ultimo si ricorda che, con la decisione della Commissione del 1 aprile 2011, sono stati modificati gli allegati da II a IV della direttiva in esame.

 

 


Direttiva 2010/18/CE

 

(Attuazione dell’accordo quadro sul congedo parentale)

 

 

La direttiva 2010/18/UE dell’8 marzo 2010, del Consiglio, attua l'accordo-quadro riveduto sul congedo parentale (di seguito Accordo), concluso il 18 giugno 2009 dalle tre organizzazioni generali europee interprofessionali delle parti sociali (CES, CEEP e BUSINESSEUROPE) e dall'organizzazione europea interprofessionale delle parti sociali che rappresenta una determinata categoria di imprese (UEAPME). L'accordo è posto in allegato alla direttiva stessa.

Esso costituisce la revisione dell'accordo quadro del 14 dicembre 1995. Di conseguenza, la nuova direttiva provvede anche ad abrogare - a decorrere dall'8 marzo 2012 - la direttiva 96/34/CE, la quale ha attuato il richiamato accordo-quadro del 1995.

 

La direttiva risponde alla necessità (considerando n. 4) di “migliorare ulteriormente la conciliazione di vita professionale, vita privata e vita familiare e, in particolare, la legislazione comunitaria vigente in tema di protezione della maternità e congedo parentale, nonché alla possibilità di introdurre nuove forme di congedo per ragioni familiari”.

 

La direttiva deve essere recepita, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, entro l'8 marzo 2012. In alternativa, i Paesi membri possono accertarsi che, entro tale data, le parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante accordo. Gli Stati membri possono inoltre fruire (articolo 3, paragrafo 2) di un periodo supplementare non superiore a un anno, ove sia necessario in considerazione di difficoltà particolari o dell'attuazione tramite contratto collettivo.

 

L'Accordo si applica a parità di condizioni a tutti i lavoratori di ambo i sessi, aventi un contratto o rapporto di lavoro definito dalla legge, dalla contrattazione collettiva e/o dalle prassi vigenti negli Stati membri; non sono inoltre previste esclusioni dall’applicazione in ordine a particolari fattispecie lavorative (es. lavoro a tempo parziale o a tempo determinato (clausola 1, punti 1 e 2).

In particolare, ai lavoratori è riconosciuto il diritto individuale ad un congedo parentale per la nascita o l'adozione di un figlio, affinché possano averne cura fino a un'età stabilita dalla normativa nazionale e/o dai contratti collettivi, ma non superiore a otto anni (clausola 2, punto 1). Il congedo parentale è riconosciuto per un periodo minimo di quattro mesi. Secondo l'accordo, andrebbe prevista, in linea di principio, la non trasferibilità da un genitore all'altro; in ogni caso, almeno uno dei quattro mesi è attribuito in forma non trasferibile (clausola 2, punto 2).

La definizione delle condizioni di accesso e delle modalità di applicazione del congedo è operata dalle legislazioni nazionali e/o dai contratti collettivi (Clausola 3, punto 1).In particolare, gli Stati membri e/o le parti sociali possono:

·       prevedere che il congedo parentale sia accordato a tempo pieno, a tempo parziale, in modo frammentato o nella forma di un credito di tempo, al fine di tener conto delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori;

·       subordinare il diritto ad una determinata anzianità, la quale non può superare un anno (in caso di più contratti a tempo determinato, il periodo deve essere calcolato tenendo conto di tutti i successivi contratti a termine intercorsi con lo stesso datore di lavoro);

·       definire le circostanze in base alle quali un datore di lavoro sia autorizzato a differire la concessione del congedo, per ragioni giustificabili connesse al funzionamento dell'organizzazione;

·       consentire accordi particolari, intesi a soddisfare le esigenze operative e organizzative delle piccole imprese.

Spetta agli Stati membri definire i termini di preavviso per l'esercizio del diritto di congedo parentale (clausola 3, punto 2), nonché la valutazione della necessità di adeguare l’accesso e l’applicazione del congedo parentale alle esigenze dei genitori di figli con disabilità o malattie a lungo decorso (clausola 3, punto 3), e di adottare ulteriori misure per rispondere alle esigenze specifiche dei genitori adottivi (clausola 3, punto 4).

Al termine del congedo parentale, il lavoratore ha diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro o, qualora ciò non sia possibile, a un lavoro equivalente o analogo (clausola 5, punto 1).Restano immutati i diritti acquisiti, o in via di acquisizione, da parte del lavoratore, alla data di inizio del congedo parentale, e, dopo la conclusione del periodo di congedo, essi si applicano con le eventuali modifiche derivanti dalle leggi, dai contratti collettivi e/o dalle prassi nazionali (clausola 5, punto 2).

Gli Stati membri e/o le parti sociali definiscono il regime del contratto e del rapporto di lavoro durante il periodo di congedo parentale (clausola 5, punto 3). La disciplina deve in ogni caso assicurare:

·       l'esclusione di un trattamento meno favorevole - per il lavoratore - o del licenziamento, causati dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale (clausola 5, punto 4);

·       la possibilità per i lavoratori, al termine del periodo di congedo, di richiedere modifiche dell'orario lavorativo e/o dell'organizzazione della vita professionale per un periodo determinato (clausola 6, punto 1);

·       garantire adeguate misure di reintegrazione, decise tra le parti interessate (clausola 6, punto 2).

Infine, Gli Stati membri e/o le parti sociali sono obbligati ad autorizzare i lavoratori ad assentarsi per cause di forza maggiore (clausola 7, punto 1).

 


 

Direttiva 2010/23/CE

 

(IVA (meccanismo dell’inversione contabile))

 

 

La direttiva 2010/23/UE introduce un nuovo articolo 199-bis alla direttiva 2006/112/CE, in materia di imposta sul valore aggiunto, al fine di consentire agli Stati membri di prevedere, per un periodo limitato di tempo, l’applicazione del meccanismo di inversione contabile (cosiddetto reverse charge) alle operazioni che comportano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili effettuate nell'ambito del sistema per lo scambio di quote ed emissioni di gas a effetto serra (come disciplinato dalla Direttiva 2003/87/CE). In sostanza, l'obbligo di versare l'IVA spetta al soggetto al quale sono trasferite le quote di emissioni e non, come di norma previsto, al soggetto passivo che effettua l'operazione. Come emerge dai considerando della direttiva, l’obiettivo della norma è di combattere le frodi ai danni dell’IVA tramite una misura temporanea, che deroga alle norme vigenti nell’Unione.

 

Il nuovo articolo 199-bis della direttiva 2006/112/CE, già in vigore dal 9 aprile 2010, stabilisce che fino al 30 giugno 2015 e per un periodo minimo di due anni gli Stati membri possono stabilire che il soggetto tenuto al pagamento dell'IVA sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le seguenti operazioni:

a)   trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra, come definiti all'articolo 3 della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003;

b)   trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla stessa direttiva.

 

Una volta introdotto il meccanismo del reverse charge gli Stati membri informano la Commissione in merito alla sua applicazione, presentando inoltre una relazione con una valutazione dettagliata dell'efficacia e dell'efficienza globali della misura. Ogni Stato membro che, a decorrere dal 9 aprile 2010, ha individuato un trasferimento di attività fraudolente nel proprio territorio presenta alla Commissione una relazione al riguardo entro il 30 giugno 2014.

Gli Stati membri che scelgono di applicare il meccanismo di cui all'articolo 199-bis della direttiva 2006/112/CE comunicano alla Commissione le disposizioni della misura di applicazione del meccanismo al momento dell'avvio di quest'ultimo.

La direttiva, dal momento che autorizza (senza obbligarli) gli Stati membri a prevedere il meccanismo dell'inversione contabile limitatamente ad alcune operazioni, non prevede un termine di recepimento.

In tali casi, l'articolo 1, comma 1, ultimo periodo, del disegno di legge in esame, fissa il termine di recepimento in dodici mesi dall'entrata in vigore della legge stessa.

 


Direttiva 2010/32/CE

 

(In attuazione dell’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario)

 

 

La direttiva 2010/32/UE del 10 maggio 2010 attua l’accordo quadro firmato il 17 luglio 2009 dalle parti sociali HOSPEEM[43] e FSESP[44], in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.

L’obiettivo della direttiva è di garantire la massima sicurezza possibile dell’ambiente di lavoro tramite la prevenzione delle ferite provocate da tutti i tipi di dispositivi medici taglienti (punture di ago comprese) e tramite la protezione dei lavoratori a rischio nel settore ospedaliero e sanitario.

In particolare, l’Accordo allegato alla direttiva prevede a tal fine le seguenti misure preventive e di protezione:

Ø    definizione e attuazione di procedure di utilizzo e di eliminazione di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati;

Ø    prevenzione del rischio di infezione grazie all’applicazione di sistemi di lavoro sicuri;

Ø    messa in atto di procedure efficaci di eliminazione dei rifiuti e installazione di contenitori debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti e di materiale d’iniezione usa e getta;

Ø    divieto della pratica di reincappucciamento degli aghi;

Ø    utilizzo di dispositivi di protezione individuale;

Ø    vaccinazione;

Ø    informazione e formazione.

 

L’articolo 2 prevede che gli Stati membri stabiliscano sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, da applicarsi in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della direttiva in esame.

 

L’articolo 3 indica come limite temporale per il recepimento l'11 maggio 2013; termine entro il quale gli Stati membri pongono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva o si accertano che le parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante accordo.

 


 

Direttiva 2010/40/CE

 

(Diffusione dei sistemi di trasporto intelligente)

 

 

La direttiva 2010/40/CE - che si compone di 20 articoli e 2 allegati – istituisce un quadro a sostegno della diffusione e dell'utilizzo di sistemi di trasporto intelligenti (ITS) nell’ambito dell’Unione europea, mediante azioni specifiche all’interno di settori prioritari, illustrati all’interno della direttiva stessa (articolo 1).

I sistemi di trasporto intelligenti sono definiti dall’art. 4 quali sistemi in cui sono applicate tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nel settore del trasporto stradale, infrastrutture, veicoli e utenti compresi, e nella gestione del traffico e della mobilità.

 

I settori prioritari ai quali dovranno applicarsi le azioni specifiche, e indicati dall’articolo 2, sono:

·       l'uso ottimale dei dati relativi alle strade, al traffico e alla mobilità;

·       la continuità dei servizi ITS di gestione del traffico e del trasporto merci;

·       le applicazioni ITS per la sicurezza stradale e per la sicurezza (security) del trasporto;

·       il collegamento tra i veicoli e l'infrastruttura di trasporto.

 

In tale ambito, costituiscono azioni prioritarie ai sensi dell’articolo 3:

·       la predisposizione di servizi di informazione sulla mobilità multimodale;

·       la predisposizione di servizi di informazione sul traffico in tempo reale;

·       i dati e le procedure per la comunicazione gratuita agli utenti, ove possibile, di informazioni minime universali sul traffico connesse alla sicurezza stradale;

·       la predisposizione armonizzata di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile;

·       la predisposizione di servizi d'informazione per aree di parcheggio sicure per gli automezzi pesanti e i veicoli commerciali;

·       la predisposizione di servizi di prenotazione per aree di parcheggio sicure per gli automezzi pesanti e i veicoli commerciali.

 

L’articolo 5 prevede che gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le specifiche, adottate dalla Commissione ai sensi dell'articolo 6, siano applicate agli ITS all'atto della loro diffusione, conformemente ai principi di cui all'Allegato II, fermo restando il diritto di ciascuno Stato membro di decidere sulla diffusione delle applicazioni e dei servizi ITS nel suo territorio.

Secondo l’art. 6, la Commissione adotta, entro il 27 febbraio 2013, le specifiche necessarie ad assicurare la compatibilità, l'interoperabilità e la continuità per la diffusione e l'utilizzo operativo degli ITS inizialmente per le azioni prioritarie.

La direttiva prevede inoltre - articolo 7 – che la Commissione possa adottare atti delegati, per quanto riguarda le specifiche, in conformità alle disposizioni della direttiva.

E’ ancora da segnalare l’articolo 10, in base al quale gli Stati membri assicurano che il trattamento dei dati personali nel quadro del funzionamento delle applicazioni e dei servizi ITS avvenga nel rispetto delle norme dell'Unione in materia di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone, assicurando che i dati personali siano protetti contro utilizzi impropri.

Entro il 27 agosto 2011 – termine peraltro già scaduto- gli Stati membri devono trasmettere alla Commissione una relazione sulle attività e sui progetti nazionali riguardanti i settori prioritari, ed entro il 27 agosto 2012 dovranno comunicare alla Commissione stessa informazioni sulle azioni nazionali previste in materia di ITS per i successivi cinque anni (art. 17).

Il termine di recepimento della direttiva è stabilito al 27 febbraio 2012 (art. 18).

 

Gli Allegati I e II dettagliano, rispettivamente, la normativa contenuta nella direttiva sulle Azioni e settori prioritari e quella sui Principi per le specifiche e la diffusione degli ITS.

 

Va ricordato che la IX Commissione della Camera ha esaminato la proposta di direttiva istitutiva del quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale, unitamente al Piano d'azione per la diffusione di sistemi di trasporto intelligenti in Europa. L’esame si è concluso il 25 marzo 2009 con l’approvazione di un documento nel quale si sottolineava con favore la scelta di affrontare in termini sistematici e originali temi di assoluta priorità, quali sono il decongestionamento e la sicurezza nei trasporti, e si valutavano positivamente le iniziative adottate in sede europea, anche in quanto rispettose del principio di sussidiarietà, laddove investono profili transnazionali che non possono essere disciplinati in maniera soddisfacente dai singoli Stati membri. Il documento formulava inoltre alcune raccomandazioni, volte a:

- sollecitare la rapida definizione dell'iter delle proposte adottate a livello europeo in modo da consentire la tempestiva adozione di eventuali atti legislativi;

- privilegiare, nella scansione temporale delle fasi di attuazione dei programmi, i sistemi in grado di assicurare più rapidi e consistenti vantaggi, in primo luogo in termini di sicurezza della circolazione e in secondo luogo in termini di decongestionamento delle reti di trasporto e di riduzione delle emissioni inquinanti;

- valorizzare le iniziative già avviate a livello europeo concernenti l'applicazione dei sistemi di trasporto intelligenti alle varie tipologie di trasporto;

- definire un quadro finanziario adeguato all'obiettivo di assicurare la più rapida e diffusa applicazione dei sistemi di trasporto intelligenti;

- prevedere un periodico monitoraggio dei risultati conseguiti da ciascuno degli Stati membri nell'attuazione dei programmi prospettati.


Direttiva 2010/41/CE

 

(Parità di trattamento dei lavoratori autonomi)

 

 

La direttiva 2010/41/UE del 7 luglio 2010, del Parlamento europeo e del Consiglio, ha lo scopo di applicare il principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma.

Contestualmente, la direttiva in esame abroga la direttiva 86/613/CEE, relativa all’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità, che, secondo quanto affermato nel considerando n. 1, non si è dimostrata molto efficace ai fini del riconoscimento del principio richiamato.

In particolare, la direttiva in esame vuole salvaguardare i diritti relativi alla condizione di madre o padre dei lavoratori autonomi e dei coniugi che li assistono (considerando n. 3) nonché rafforzare la protezione della maternità delle lavoratrici autonome e di migliorare la situazione dei coniugi dei lavoratori autonomi (considerando n. 4).

Inoltre, si specifica che la direttiva non dovrebbe applicarsi a settori già disciplinati da altre direttive in materia (considerando nn. 7 e 10).

In relazione a ciò, l’articolo 1 stabilisce che la direttiva in esame stabilisce un quadro per l’attuazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne che svolgono un’attività autonoma o che contribuiscono all’esercizio di un’attività autonoma, per gli aspetti che non sono disciplinati dalle direttive 2006/54/CE e 79/7/CEE[45]. Inoltre, l’attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura resta disciplinata dalla direttiva 2004/113/CE.

La direttiva, ai sensi dell’articolo 16, deve essere attuata entro il 5 agosto 2012. Lo stesso articolo dispone altresì che gli Stati membri, per particolari difficoltà, possano usufruire di un periodo supplementare di due anni – e quindi fino al 5 agosto 2014 – per conformarsi alle disposizioni di protezione sociale (articolo 7) e per la prestazioni di maternità relativamente ai conviventi di lavoratori autonomi.

L’articolo 2 definisce l’ambito soggettivo di applicazione precisando che la direttiva si applica ai lavoratori autonomi, ai coniugi di lavoratori autonomi o, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, i conviventi di lavoratori autonomi non salariati né soci, che partecipino abitualmente, alle condizioni previste dalla legislazione nazionale, all’attività del lavoratore autonomo, svolgendo compiti identici o complementari.

L’articolo 4 reca il principio di parità di trattamento, consistente nel divieto di porre in atto qualsiasi discriminazione fondata sul sesso nei settori pubblico o privato, né direttamente né indirettamente, “ad esempio per quanto riguarda la creazione, la fornitura di attrezzature o l’ampliamento di un’impresa o l’avvio o l’ampliamento di ogni altra forma di attività autonoma”.

Il successivo articolo 6 prevede specifiche misure da parte degli Stati membri volte a rendere identiche - e non più restrittive - le condizioni per la costituzione di una società tra coniugi, o tra conviventi a quelle per la costituzione di una società tra altre persone.

L’articolo 7 estende il sistema di protezione sociale per i lavoratori autonomi ai coniugi e conviventi, riconoscendo tuttavia la facoltà, per gli stessi Stati, di applicare la protezione sociale su base obbligatoria o volontaria.

L’articolo 8 disciplina le prestazioni di maternità, disponendo la concessione, alle lavoratrici autonome e alle coniugi o conviventi, di un’indennità di maternità sufficiente, tale da consentire “interruzioni nella loro attività lavorativa in caso di gravidanza o per maternità per almeno 14 settimane”.

Tale indennità, che può essere concessa su base obbligatoria o volontaria, è ritenuta sufficiente se assicura redditi almeno equivalenti a:

·         l’indennità che la persona interessata otterrebbe in caso di interruzione delle sue attività per motivi connessi al suo stato di salute; e/o

·         la perdita media di reddito o di profitto in relazione ad un periodo precedente comparabile, entro i limiti di un’eventuale massimale stabilito dalla legislazione nazionale; e/o

·         qualsiasi altra indennità connessa alla famiglia prevista dalla legislazione nazionale, entro i limiti di un eventuale massimale stabilito dalla legislazione nazionale.

Si prevede, inoltre, un sistema di indennizzo in caso di discriminazione (articolo 10), nonché la competenza degli organismi per la parità, di cui alla direttiva 2006/54/CE, in relazione alla parità di trattamento delle persone contemplate nella direttiva in esame (articolo 11). Infine, gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alla tutela del principio della parità di trattamento tra uomini e donne rispetto a quelle contenute nella presente direttiva (articolo 13).

 


Direttiva 2010/45/CE

 

(Modifica direttiva 2006/112/CE (fatturazione ai fini IVA))

 

 

La direttiva 2010/45/CE modifica la direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione. In particolare sono introdotte modifiche in tema di esigibilità dell’IVA e di semplificazione della fatturazione.

Sotto il primo profilo, gli Stati membri, entro il 31 dicembre 2012, potranno introdurre un regime di contabilità di cassa che consente di pagare l'IVA solo quando il pagamento ad essa relativo viene effettivamente incassato.

Come emerge dai considerando della direttiva, tale regime ha lo scopo di aiutare le piccole e medie imprese che hanno difficoltà a versare l’IVA prima di aver ricevuto i pagamenti dai loro acquirenti. In tal modo, si afferma, gli Stati membri potranno introdurre un regime facoltativo di contabilità di cassa che non andrà ad incidere negativamente sui flussi di cassa legati alle loro entrate IVA.

 

Sarà inoltre possibile emettere “fatture semplificate” per importi inferiori ai 100 euro. Dal 1° gennaio 2013 sono introdotte disposizioni di omologazione a livello europeo del contenuto della fattura, sia cartacea che in forma elettronica, con l'obiettivo di renderne uniforme l'utilizzo e la comprensione da parte dell'emittente e del destinatario, ancorché identificati ai fini IVA in Stati membri diversi dell'Unione.

La direttiva prende spunto da una relazione della Commissione Europea che ha evidenziato alcune difficoltà inerenti la fatturazione elettronica e ha richiamato l'attenzione su altri settori in cui occorre semplificare le norme IVA al fine di migliorare il funzionamento del mercato interno. Al fine di armonizzare e garantire la certezza del diritto, sono stabilite regole più precise per individuare gli obblighi che le imprese devono seguire in tema di fatturazione: normalmente si applicheranno le norme dello Stato membro in cui si considera effettuata la cessione di un bene o la prestazione di un servizio.

Le disposizioni incoraggiano, inoltre, il ricorso alla fatturazione elettronica mediante la soppressione degli ostacoli giuridici alla trasmissione e all’archiviazione dei documenti dematerializzati. La direttiva introduce un principio in base al quale ogni soggetto passivo stabilisce il modo in cui assicurare l'autenticità dell'origine, l'integrità del contenuto e la leggibilità della fattura: i soggetti passivi, pertanto, non saranno obbligati a ricorrere ad una particolare tecnologia di fatturazione elettronica. Per motivi di certezza, viene riconosciuta agli Stati membri la possibilità di richiedere che la conservazione elettronica delle fatture sia obbligatoriamente accompagnata dalla conservazione di quei dati che garantiscono l'autenticità dell'origine e l'integrità del contenuto di ciascuna fattura.

Viene introdotta una diversa definizione di fattura elettronica. La precedente definizione (“trasmissione o messa a disposizione per via elettronica dei dati di fatturazione”) è sostituita con “fattura emessa e ricevuta in formato elettronico”. Si afferma dunque la piena parificazione tra le fatture cartacee e quelle elettroniche.

 

Vengono inoltre stabilite regole più precise per determinare gli obblighi per le imprese in tema di fatturazione: normalmente si applicheranno le norme dello Stato membro in cui si considera effettuata la cessione di un bene o la prestazione di un servizio.

Sono modificati gli obblighi relativi alle informazioni che devono figurare sulle fatture per permettere un miglior controllo dell'imposta, garantire un trattamento più uniforme alle cessioni di beni/prestazioni di servizi e contribuire a promuovere la fatturazione elettronica.

 

Le norme dovranno essere recepite dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2012 per rendere applicabili le nuove disposizioni dal successivo 1° gennaio 2013.

 

 

 


Direttiva 2010/53/CE

 

(Qualità organi umani destinati ai trapianti)

 

La direttiva 2010/53/CE, composta da sette Capi, 33 articoli, un allegato e due Dichiarazioni comunitarie, si inserisce nel processo di rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri, previsto dal Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015) (COM (2008) 819).

Essa delimita un quadro comune relativo alle norme di qualità e sicurezza degli organi di origine umana destinati al trapianto nel corpo umano. Non si applica al sangue, ai componenti sanguigni, alle cellule e ai tessuti umani, agli organi, ai tessuti e alle cellule di origine animale.

La direttiva mira inoltre a proteggere i donatori e a ottimizzare gli scambi tra Paesi membri e Paesi terzi, contribuendo indirettamente anche alla lotta contro il traffico di organi tramite l’istituzione di autorità competenti, l’autorizzazione di centri per i trapianti e la fissazione di condizioni in materia di reperimento e di sistemi di tracciabilità.

La direttiva si applica a tutte le fasi del processo, ovvero la donazione, il reperimento, l'analisi, la caratterizzazione, il trasporto e l'utilizzo di organi. Essa non si applica ad organi destinati alla ricerca a meno che essi siano destinati al trapianto nel corpo umano.

 

In particolare, la direttiva mira a migliorare le attività svolte dalle varie organizzazioni operanti in materia di trapianti, mediante l'introduzione di programmi nazionali di qualità che definiscono le procedure operative in materia di identità di donatori, di consenso, di caratterizzazione (ovvero raccolta di informazioni sulle caratteristiche dell'organo), di reperimento, di conservazione, di etichettatura degli organi e trasporto degli stessi, nonché di formazione del personale incaricato di tali attività.

Per quanto riguarda il reperimento, gli Stati membri dovranno provvedere affinché questo avvenga attraverso appositi organismi, in luoghi idonei e sotto la supervisione di un medico. La caratterizzazione degli organi e dei donatori dovrà fornire le informazioni e i dati più puntuali possibile, mentre il trasporto degli organi dovrà garantire l'integrità degli stessi e la minima durata. La direttiva prevede norme in materia di etichettatura degli organi trasportati, in base alle quali sui contenitori utilizzati dovranno essere indicati i dati dell'organismo di reperimento, le condizioni di trasporto, eventuali istruzioni di sicurezza, nonché i dati del centro di trapianti destinatario. Spetterà a quest'ultimo verificare la caratterizzazione dell’organo e il rispetto delle condizioni di trasporto. Al fine di salvaguardare la salute dei riceventi e dei donatori, gli Stati membri dovranno adottare dei sistemi che garantiscano la tracciabilità degli organi dal donatore al ricevente e viceversa,  pur nel rispetto del principio dell'anonimato dei donatori.

La direttiva contiene anche misure specifiche volte a proteggere i donatori e i riceventi, stabilendo innanzitutto i principi che regolano le donazioni, in base ai quali esse dovranno essere volontarie, non remunerate ed effettuate da organismi senza fini di lucro. Un indennizzo può, tuttavia, essere concesso per coprire le spese e le perdite di reddito connesse alla donazione, purché sia escluso qualsiasi incentivo finanziario. E' inoltre vietata qualsiasi pubblicità riguardante la disponibilità di organi. Per quanto riguarda i donatori viventi, si stabilisce che essi vengano adeguatamente informati e che si tenga un registro dei donatori viventi, al fine di raccogliere le informazioni su eventuali possibili complicazioni a breve, medio e lungo termine. Agli Stati membri è lasciata invece competenza sul consenso al prelievo, nel rispetto delle differenze esistenti. E' inoltre garantito il rispetto dei dati personali , nonché l'anonimato sia dei donatori che dei riceventi.

Gli Stati membri devono poi designare una o più autorità competenti, responsabili, tra l'altro, dell'attuazione della direttiva, dell'aggiornamento del programma nazionale di qualità e del controllo periodico dei centri di trapianto. Tali autorità dovranno inoltre tenere un registro degli organismi di reperimento e dei centri per i trapianti, nonché delle loro attività, pubblicando una relazione annuale. Al fine di favorire la cooperazione europea in questo settore, la Commissione europea istituisce altresì autorità competenti per la condivisione delle informazioni riguardanti le esperienze in merito all'attuazione della direttiva. Per quanto riguarda gli scambi di organi da o verso i paesi terzi, gli Stati membri provvedono affinché lo scambio di organi con paesi terzi sia controllato sia per quanto riguarda la loro tracciabilità sia per il rispetto dei parametri di qualità e sicurezza stabiliti dalla direttiva stessa. A tal fine, l’autorità competente e le organizzazioni europee per lo scambio di organi possono stipulare accordi con le controparti nei paesi terzi.

La direttiva lascia infine agli Stati membri il compito di determinare il sistema sanzionatorio da applicare in caso di mancato rispetto delle norme nazionali di attuazione della direttiva, asserendo che esse dovranno essere efficaci, proporzionate e dissuasive.

 

La direttiva, entrata in vigore il 26 agosto 2010, reca, come termine ultimo per il recepimento negli Stati membri, il 27 agosto 2012.

 


Direttiva 2010/63/CE

 

(Protezione degli animali utilizzati a fini scientifici)

 

 

La direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, composta da sei Capi, 66 articoli, e otto Allegati, è entrata in vigore il 9 novembre 2010, al fine migliorare il benessere degli animali utilizzati nelle procedure scientifiche, rafforzando le norme minime per la loro tutela, in linea con i più recenti sviluppi scientifici.

La direttiva 86/609/CEE[46], che disciplinava precedentemente la materia, è stata adottata per eliminare le disparità tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici. Essendo emerse divergenze tra gli Stati membri nell’applicazione della suddetta disciplina - alcuni Stati membri hanno adottato misure nazionali di attuazione che garantiscono un elevato livello di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, mentre altri si limitano ad applicare i requisiti minimi stabiliti dalla direttiva 86/609/CEE – la Comunità europea ha ritenuto opportuno emanare norme più dettagliate, al fine di ridurre le disparità, ravvicinando le norme applicabili in tale settore, anche al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno dei prodotti e delle sostanze ottenuti attraverso la sperimentazione animale.

Di seguito, sono descritte le norme principali presentinella direttiva.

Nel Capo I (articolo 1-6), riguardante le disposizioni generali, l’articolo 1 stabilisce, in particolare, la sostituzione e la riduzione dell'uso di animali e la valutazione e l'autorizzazione dei progetti che ne prevedono l'uso. La normativa si applica ai seguenti animali: a) vertebrati vivi non umani; b)   cefalopodi vivi[47], escludendo dall’applicazione della disciplina determinate pratiche, veterinarie ed effettuate negli allevamenti[48]. L’articolo 2 consente di mantenere nella disciplina nazionale misure nazionali più rigorose, informandone la Commissione prima del 1° gennaio 2013; tuttavia,lo Statoin questione,non puòvietare/ostacolare la fornitura, l'uso di animali allevati/tenuti o l'immissione sul mercato di prodotti derivanti da un altro Stato membro che agisce in conformità della presente direttiva. L’articolo 4 stabilisce il principio della sostituzione della procedura di sperimentazione sugli animali, della riduzione del loro uso e del perfezionamento dell'allevamento, della sistemazione e della cura, e dei metodi usati nelle procedure[49]. L’articolo 5  recale finalità delle procedure:

a) la ricerca di base;

b) la ricerca applicata o traslazionale che persegue uno dei seguenti scopi:

i) la profilassi, la prevenzione, la diagnosi o la cura delle malattie, del cattivo stato di salute o di altre anomalie, o dei loro effetti sugli esseri umani, sugli animali o sulle piante;

ii) la valutazione, la rilevazione, il controllo o le modificazioni delle condizioni fisiologiche negli esseri umani, negli animali o nelle piante; oppure

iii) il benessere degli animali ed il miglioramento delle condizioni di produzione per gli animali allevati a fini agronomici;

c) per realizzare uno degli scopi di cui alla lettera b) nell'ambito dello sviluppo, della produzione o delle prove di qualità, di efficacia e di innocuità dei farmaci, dei prodotti alimentari, dei mangimi e di altre sostanze o prodotti;

d) la protezione dell'ambiente naturale, nell'interesse della salute o del benessere degli esseri umani o degli animali;

e) la ricerca finalizzata alla conservazione delle specie;

f) l'insegnamento superiore o la formazione ai fini dell'acquisizione, del mantenimento o del miglioramento di competenze professionali;

g) le indagini medico-legali.

Infine, l’articolo 6 disciplina i metodi di soppressione, elencati nell’allegato IV, assicurando che gli animali siano soppressi negli stabilimenti di un allevatore, fornitore o utilizzatore, da personale competente.

 

Il Capo II (articoli 7-11) reca disposizioni sull'uso di taluni animali nelle procedure. L’articolo 8 restringe l’uso dei Primati non umani a procedure adottate per determinati scopi previsti, o quando è impossibile raggiungere lo scopo della procedura, utilizzando specie diverse dai primati non umani. Le scimmie antropomorfe non sono utilizzate nelle procedure, ad eccezione dei casi riguardanti la preservazione della specie, o in relazione alla comparsa improvvisa nell'uomo di un'affezione debilitante o potenzialmente letale[50].

Il Capo III disciplina le procedure (articoli 12-19). L’articolo 12 prevede che le procedure possono essere effettuate unicamente nel progetto. L’articolo 15  reca la classificazione della gravità delle procedure, secondo i criteri di assegnazione di cui all'allegato VIII. L’articolo 14 disciplina l’uso dell’anestesia nelle procedure, prevedendo, salvo determinati casi, l’anestesia totale o locale o altro metodo. L’articolo 13 stabilisce che nelle procedure occorre evitare la morte, preferendo punti finali più precoci e più umanitari, e comportando, come conseguenza, la morte del minor numero possibile di animali, la riduzione al minimo possibile della durata e dell'intensità della sofferenza dell'animale, e garantendo, per quanto possibile, una morte senza dolore. L’articolo 16 prevedeil riutilizzo di un animale,come mezzo per ridurre l’uso di animali da laboratorio, e la sua regolamentazione,per una nuova procedura, considerandola gravità delle procedure combinate, la salute dell'animale e il parere del veterinario. L’articolo 17 disciplina la fine della procedura. Conclusa una procedura, il veterinario o una persona competente decide se l'animale può essere mantenuto in vita. Gli animali tenuti in vita ricevono cure adeguate e una sistemazione adeguata[51].

Il Capo IV disciplina la materia dell’autorizzazione (articoli 20-45), stabilendo i requisiti per gli allevatori, i fornitori e gli utilizzatori (Sezione 1 – articoli 20-33), le ispezioni (Sezione 2 – articoli 34-35) e i requisiti relativi ai progetti (Sezione 3 – articoli 36-45). L’articolo 20 prevede che gli allevatori, fornitori ed utilizzatori devono essere autorizzati e registrati presso l'autorità competente. L’articolo 22 stabilisce che tutti gli stabilimenti autorizzati devono disporre di impianti e attrezzature adeguati. L’articolo 32 indica che cani, gatti e primati non umani, sono contrassegnati, con un marchio permanente di identificazione individuale. L’articolo 30 stabilisce che gli animali introdotti sono segnati in registri, contenenti specifiche informazioni (quantità, origine, date, allevamenti, decessi) e tenuti per un minimo di cinque anni. L’articolo 31 prevede che cani, gatti e primati non umani, abbiano un fascicolo personale, riguardante la situazione riproduttiva, veterinaria e sociale del singolo animale e i progetti nei quali è utilizzato. L’articolo 26 obbliga ciascun allevatore, fornitore e utilizzatore a costituire un organismo preposto al benessere degli animali.L’articolo 34 prevede ispezioni regolari per i diversi stabilimenti, al fine di verificare la loro conformità, con frequenza adattata in base a determinati criteri di rischio. Gli allevatori, i fornitori e gli utilizzatori di primati non umani sono sottoposti a ispezione almeno una volta l'anno ed una percentuale di ispezioni è effettuata senza preavviso. L’articolo 36 stabiliscel’obbligo per la realizzazione dei progetti dell’autorizzazione da parte dell'autorità competente che compie la valutazione, a priori e a posteriori, del progetto (articoli 37-38).

Il Capo V reca le misure per evitare duplicazioni e approcci alternativi (articoli 46-49). L’articolo 49 istituiscei Comitati nazionali per la protezione degli animali usati a fini scientifici, consulenti per le autorità competenti e per gli organismi preposti al benessere degli animali su questioni relative all'acquisizione, all'allevamento, alla sistemazione, alla cura e all'uso degli animali nelle procedure e assicura la condivisione delle migliori pratiche.

Il Capo VI reca le disposizioni finali (articoli 50-66). L’articolo 57 prevedeuna Relazione della Commissione sull'attuazione della presente direttiva, presentata al Parlamento europeo e al Consiglio,entro il 10 novembre 2019, e successivamente ogni cinque anni.

L’articolo 60 prevede l’adozione di sanzioni da parte degli Stati membri che notificano alla Commissione entro il 10 febbraio 2013.

L’articolo 62 abroga la direttiva 86/609/CEE è abrogata a decorrere dal 1° gennaio 2013, ad eccezione dell'articolo 13 che è abrogato a decorrere dal 10 maggio 2013.

L’articolo 61 reca la disciplina per l’attuazione delle norme in esame. Gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 10 novembre 2012 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1° gennaio 2013.

 

 


Direttiva 2010/64/CE

 

(Diritto all’interpretazione e traduzione nei processi penali)

 

 

La direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, individua norme minime comuni relative all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, con l’obiettivo di rafforzare la fiducia reciproca tra i paesi dell’Unione europea e di garantire il diritto ad un processo equo[52].

 

Il diritto a un processo equo è affermato dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberà fondamentali (CEDU) e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea. Inoltre, l’art. 48, paragrafo 2, della stessa Carta garantisce il rispetto dei diritti della difesa.

La direttiva in esame si inserisce in questo contesto ed è riconducibile ad un pacchetto più ampio di misure volte a rafforzare i diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali in ambito europeo[53].

Si rammenta peraltro che il testo della direttiva riprende in gran parte la proposta della Commissione di decisione-quadro del Consiglio sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, dell’8 luglio 2009. Si ricorda, infatti, che con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e il venir meno del c.d. terzo pilastro, anche la cooperazione giudiziaria penale deve essere ora disciplinata a livello europeo con l’ordinaria procedura legislativa e dunque con l’approvazione di direttive (in luogo delle precedenti decisioni-quadro).

 

Per quanto riguarda il campo d’applicazione, la direttiva stabilisce le norme minime comuni per i paesi dell’Unione europea sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali e nei procedimenti per l’esecuzione del mandato di arresto europeo (art. 1).

Le disposizioni si applicano dunque a coloro che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale cui sono sottoposti: il diritto matura allorquando la persona è avvisata di essere indagata per un reato e permane sino alla conclusione del procedimento (ovvero fino alla decisione definitiva).

Il diritto all’interpretazione e alla traduzione non si estende dunque alla fase successiva alla conclusione del procedimento, ovvero all’esecuzione della pena.

 

In particolare, il diritto all’interpretazione comporta per i paesi dell’UE l’obbligo di rendere disponibile agli interessati un interprete per le comunicazioni con il loro avvocato, nonché per qualsiasi interrogatorio o audizione (es. davanti alla polizia) durante il procedimento o all’atto della presentazione di un ricorso e in ogni fase del procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo. Lo stesso diritto dovrà essere garantito alle persone con problemi di udito o difficoltà di linguaggio (art. 2).

Gli Stati dovranno inoltre individuare apposite procedure per accertare se l’interessato abbia davvero bisogno dell’interpretazione e dovranno consentirgli – a fronte del diniego del diritto – di impugnare la relativa decisione; l’interessato potrà altresì contestare la qualità dell’interpretazione qualora la ritenga insufficiente a tutelare l’equità del procedimento.

 

Il diritto alla traduzione scritta di tutti i documenti del procedimento è inoltre affermato dall’art. 3 della direttiva, che lo prevede in particolare per i seguenti atti:

§         le decisioni che privano una persona della propria libertà;

§         gli atti contenenti i capi d’imputazione;

§         le sentenze.

La traduzione dovrà essere effettuata «entro un periodo di tempo ragionevole». Caso per caso, le autorità competenti potranno decidere di tradurre altri documenti, anche previa istanza di parte. In casi eccezionali è possibile fornire una traduzione orale o un riassunto orale di documenti fondamentali, anziché una traduzione scritta, a condizione che tale traduzione orale o riassunto orale non pregiudichi l’equità del procedimento.

 

L’art. 4 della direttiva stabilisce che - indipendentemente dall’esito del procedimento - gli Stati membri sostengono i costi di interpretazione e di traduzione.

 

I paesi dell’Unione dovranno garantire che la qualità dell’interpretazione e della traduzione sia sufficiente per permettere agli interessati di capire i capi di imputazione loro contestati e di esercitare il proprio diritto alla difesa. A tale scopo, gli Stati membri devono prendere misure concrete e in particolare si impegnano a istituire un registro o dei registri di traduttori e interpreti indipendenti e debitamente qualificati (art. 5).

 

In base all’art. 7 gli Stati dovranno far sì che, attraverso la verbalizzazione, si prenda nota del fatto che la persona interessata:

§         è stata sottoposta ad interrogatori o ad udienze con l’assistenza di un interprete;

§         ha ricevuto una traduzione orale o un riassunto orale dei documenti fondamentali;

§         ha rinunciato al diritto alla traduzione di documenti.

 

La direttiva, entrata in vigore il 15 novembre 2010, dovrà essere recepita dagli Stati entro il 27 ottobre 2013. Come specificato dall’art. 8, l’attuazione della direttiva non dovrà comportare in nessun modo un arretramento nelle tutele già attualmente previste dai singoli ordinamenti.

 

 

Per quanto concerne il recepimento di questa direttiva nell’ordinamento italiano si ricorda che già attualmente l’art. 111, terzo comma, della Costituzione afferma che nel processo penale la legge assicura che la persona accusata di un reato sia «assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo».

Inoltre, il codice di procedura penale, agli articoli 143-147 riconosce il diritto per l’imputato (e l’indagato) che non conosce la lingua italiana di «farsi assistere gratuitamente da un interprete al fine di potere comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa». Sarà l’autorità procedente a provvedere alla nomina dell’interprete – attraverso il ricorso ad appositi albi tenuti presso il tribunale – ed a conferirgli anche il compito di procedere a traduzione di atti.

Il diritto all’interprete nell’ambito di un processo penale costituisce quindi una condizione indispensabile per porre in essere un diritto fondamentale dell’imputato, quello alla difesa e alla «parità fra le parti».

 

Rispetto alle disposizioni della direttiva, peraltro, la normativa statale vigente può presentare profili di lacunosità per quanto concerne:

-          la distinzione tra le figure e le competenze dell’interprete e del traduttore;

L’art. 143, comma 2, prevede infatti la nomina di un interprete laddove si renda necessaria la traduzione di uno scritto in lingua straniera. L’art. 147 c.p.p. conferma la confusione tra le due figure ove tratta dei termini che l’interprete deve rispettare per la consegna di traduzioni scritte. Nemmeno l’art. 242 c.p.p., che regolamenta la traduzione di documenti e nastri magnetofonici, fa riferimento alla figura del traduttore, limitandosi a rimandare all’art. 143 c.p.p. La legge richiama dunque sempre ed esclusivamente la figura dell’interprete, affidandogli entrambi i compiti, ossia l’attività prettamente traduttiva e quella interpretativa in senso stretto.

-          i criteri per valutare il grado di conoscenza della lingua italiana da parte dell’indagato/imputato;

La normativa vigente non fornisce indicazioni precise né circa il grado minimo di competenza linguistica richiesto a un imputato, né circa la soglia oltre la quale si riveli necessaria un’assistenza linguistica in suo favore. Va infatti precisato che, contrariamente a quanto avviene per i cittadini italiani appartenenti a minoranze etnico-linguistiche riconosciute, i quali usufruiscono della tutela linguistica a prescindere dalla loro conoscenza della lingua italiana, il solo fatto che un imputato straniero non possegga la cittadinanza italiana non è di per sé presupposto unico e sufficiente per l’assegnazione di un interprete. Il cittadino straniero, infatti, ha diritto a tale assistenza previa dimostrazione della sua insufficiente conoscenza dell’italiano. Al contempo, però, la normativa non suggerisce procedure specifiche volte a verificare la sua competenza linguistica, né tanto meno fissa parametri di riferimento per la valutazione delle stesse, con questo attribuendo all’autorità procedente un ampio potere discrezionale.

 

-          i criteri per accertare l’idoneità e le competenze dell’interprete.

La normativa vigente non fornisce indicazioni circa i criteri di scelta e di nomina dell’interprete, al di là dell’art. 143 c.p.p., che tuttavia si limita a definire le caratteristiche che rendono un candidato interprete non idoneo piuttosto che stabilire i prerequisiti che questi dovrebbe possedere per fornire un servizio di qualità. L’interprete viene generalmente scelto tra coloro che si sono iscritti nell’albo dei periti del tribunale ma i requisiti di iscrizione variano da un ufficio giudiziario ad un altro.

 

 

 


Direttiva 2010/65/CE

 

(Formalità di dichiarazioni delle navi)

 

 

La direttiva 2010/65/CE è finalizzata alla semplificazione e all’armonizzazione delle procedure amministrative applicate ai trasporti marittimi, attraverso l’uso generalizzato della trasmissione elettronica delle informazioni e la razionalizzazione delle formalità di dichiarazione.

Ai fini della direttiva, per formalità di dichiarazione si intendono le informazioni, elencate nell’allegato, che devono essere fornite, per fini amministrativi e procedurali, dai comandati (o da altre persone abilitate dall’armatore) alle autorità competenti, designate dai singoli Stati membri.

Le informazioni sono fornite su formulari standard (denominati nella direttiva formulari FAL), conformi alla Convenzione sulla facilitazione del traffico marittimo internazionale dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO), adottata il 9 aprile 1965 (c.d. Convenzione FAL)

Per l’adempimento delle formalità di dichiarazione si dovrà adottare il formato elettronico, al più tardi entro il 1° giugno 2015. Entro il medesimo termine la trasmissione delle formalità dovrà avvenire attraverso un’interfaccia unica che collega anche SafeSeaNet[54], la dogana elettronica e altri sistemi elettronici, in modo tale che le informazioni siano dichiarate una solo volta e messe a disposizione delle diverse autorità competenti (articolo 5). Si prevede inoltre lo scambio di informazioni tra Stati membri, da realizzare attraverso il sistema SafeSeaNet (articolo 6).

 

La direttiva si applica alle formalità di dichiarazione alle quali sono tenute le navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri. Sono esentate le navi che:

§      rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/59/CE[55];

e

§      operano tra porti situati sul territorio doganale dell’Unione;

e

§      non provengono, non fanno scalo o non si recano in un porto situato al di fuori dell’Unione o in una zona franca (articolo 9).

L’articolo 8 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per garantire la riservatezza delle informazioni commerciali e riservate che siano state fornite in conformità alla direttiva.

Gli articoli da 10 a 13 disciplinano le procedure di modifica dell’allegato della direttiva, attribuendo alla Commissione il potere di adottare atti delegati, per garantire che si tenga conto delle eventuali modifiche ai formulari FAL, che dovessero essere introdotte dall’Organizzazione marittima internazionale (IMO)

 

La direttiva 2010/65/CE abroga la direttiva 2002/6/CE[56], anch’essa relativa alle formalità di dichiarazione delle navi. La nuova direttiva si differenzia dalla precedente per la previsione dell’uso generalizzato della trasmissione elettronica delle informazioni.

 

Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 19 maggio 2012.

 

 

 


Direttiva 2010/73/CE

 

(OPA e obblighi di trasparenza)

 

 

La direttiva 2010/73/UE detta misure di maggiore trasparenza delle negoziazioni di strumenti finanziari, puntando, attraverso la modifica di norme comunitarie previgenti, a ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese senza compromettere la tutela degli investitori ed il corretto funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari dell'Unione.

 

In particolare, gli articoli 1 e 2 modificano estesamente la direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003 relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari[57], nonché la direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004 sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato[58].

 

Le principali novità introdotte dalla direttiva 2010/73/UE riguardano:

-          la ridefinizione degli "investitori qualificati", per un riallineamento con le definizioni di clienti professionali e delle controparti qualificate contenute nella direttiva 2004/39/CE, e delle "informazioni chiave" ("nota di sintesi del prospetto") che devono essere rese all'investitore in sede di investimento a garanzia della trasparenza dell'operazione e che includono una descrizione dei rischi connessi all'emittente e agli eventuali garanti, delle caratteristiche essenziali dell'investimento, delle condizioni generali, dei dettagli dell'ammissione alla negoziazione e delle ragioni dell'offerta; 

-          l'innalzamento della soglia di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettere c) e d), della direttiva 2003/71/CE - che si fondava su di una distinzione tra investitori al dettaglio e investitori professionali in termini di capacità di investimento - da 50.000 a 100.000 euro;

-          l'esenzione dagli obblighi della direttiva per gli strumenti finanziari inclusi in un’offerta qualora il corrispettivo totale dell’offerta nell’Unione, calcolato su un periodo di dodici mesi, sia inferiore a 5 milioni di euro e non più a soli 2,5 milioni di euro;

-          l'esenzione dagli obblighi della direttiva per gli strumenti finanziari diversi dai titoli di capitale emessi in modo continuo o ripetuto da enti creditizi qualora il corrispettivo totale dell’offerta nell’Unione, calcolato su un periodo di dodici mesi, sia inferiore a 75 milioni di euro, e non più a 50 milioni, a condizione che tali strumenti finanziari non siano subordinati, convertibili o scambiabili e che non conferiscano il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non siano collegati ad uno strumento derivato;

-          la validità annuale del prospetto informativo a partire dalla sua approvazione e non dalla sua pubblicazione;

-          l'abolizione dell'obbligo annuale di aggiornamento del prospetto informativo contenente tutte le informazioni utili sull'investimento;

-          l'innalzamento della soglia (da 100 a 150 persone fisiche o giuridiche per Stato membro, diverse dagli investitori qualificati), per l'offerta di strumenti finanziari senza obbligo di pubblicazione del prospetto;

-          la riduzione dei requisiti di validità della pubblicità del prospetto al solo strumento di internet.

 

La direttiva prevede infine un meccanismo di valutazione degli effetti introdotti dalle modifiche alle normative comunitarie, da effettuarsi entro il 1° gennaio 2016.

 

Il termine per il recepimento della direttiva in oggetto è fissato al 1° luglio 2012.

 

Si ricorda che nel corso dell’esame del disegno di legge comunitaria 2010 (A.C. 4059-A/R) l’Assemblea della Camera dei deputati ha approvato un articolo aggiuntivo (articolo 7 dell’A.S. 2322-B) recante delega al Governo ad attuare la direttiva 2010/73/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010.

 

La norma in oggetto prevede che il recepimento della direttiva avvenga, oltre che nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali recati dall’articolo 2 della legge n. 96 del 2010 (legge comunitaria 2009), secondo ulteriori specifici criteri direttivi: in particolare:

§      la lettera a) prevede che il decreto attuativo intervenga con modifiche e integrazioni al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF), con particolare riferimento alla disciplina degli emittenti, del prospetto e dell’ammissione a negoziazione nei mercati regolamentati, nonché confermando il ricorso alla disciplina secondaria. In tale ambito si prevede peraltro che debbano restare invariate le competenze in materia attribuite alla CONSOB dal TUF;

§      ai sensi della lettera b) il decreto di attuazione dovrà intervenire sulla normativa vigente nei vari settori interessati in un'ottica di coordinamento con le altre disposizioni, al fine di contribuire alla riduzione degli oneri gravanti sugli emittenti. Tale semplificazione non deve tuttavia compromettere né la tutela degli investitori né il corretto funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari; è altresì prevista l'armonizzazione della disciplina delle responsabilità sull’informativa da prospetto con quanto previsto dagli altri Stati membri dell’UE ai sensi della direttiva;

§      la lettera c) stabilisce invece di modificare la disciplina vigente al fine di semplificare le procedure e ridurre i tempi di approvazione dei prospetti, differenziando l’applicazione degli obblighi informativi in base ai mercati e agli strumenti finanziari, e prevedendo altresì di escludere la pubblicazione del prospetto (o limitare gli obblighi di informativa) nei casi meno rilevanti.

 

La normativa delegata dovrà altresì intervenire sulla disciplina delle procedure decisionali delle istituzioni competenti, nonché adeguare la disciplina dei controlli, della vigilanza e della responsabilità dei soggetti preposti, nel rispetto comunque del principio di proporzionalità e con riferimento a modelli normativi nazionali o comunitari analoghi.

Le modifiche dovranno coordinare la disciplina vigente con quella dei titoli diffusi, affinché gli emittenti esteri non siano disincentivati né penalizzati nel richiedere l’ammissione sui mercati nazionali; si dovrà, infine, tenere conto dell’impatto della disciplina sui piccoli intermediari che negoziano le proprie obbligazioni sui tali mercati.

 

 

 


Direttiva 2010/75/CE

 

(Emissioni industriali)

 

La direttiva 2010/75/CE integra la direttiva 2008/1/CE (cd. direttiva IPPC), la cui corrispondente disciplina nazionale è contenuta nel Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), e sei altre direttive sulle emissioni industriali in una sola direttiva.

Il campo di applicazione della direttiva 2010/75/CE (ai sensi dell’art. 2) riguarda le attività industriali ad elevato potenziale inquinante, elencate nei Capi da II a VI della direttiva (attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industria dei prodotti minerali, industria chimica, gestione dei rifiuti, allevamento di animali, ecc.). Nel novero delle esclusioni dal campo di applicazione rientrano le attività di ricerca e sviluppo nonché le sperimentazioni di nuovi prodotti e processi.

 

La direttiva prevede (all’art. 11) il rispetto dei seguenti obblighi fondamentali per le installazioni industriali che svolgono attività enumerate nell’allegato I:

§         adottare tutte le misure di prevenzione dell’inquinamento;

§         applicare le migliori tecniche disponibili (BAT);

§         non causare alcun fenomeno di inquinamento significativo;

§         recuperare, riciclare o smaltire i rifiuti nella maniera meno inquinante possibile;

§         massimizzare l’efficienza energetica;

§         prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;

§         ripristinare i siti al momento della cessazione definitiva delle attività.

 

La direttiva prevede inoltre (all’art. 4) l’obbligo di autorizzazione di ogniinstallazione[59] e di ogni impianto di combustione, di incenerimento dei rifiuti o di coincenerimento dei rifiuti. Tale autorizzazione deve prevedere le misure necessarie per garantire il rispetto dei citati obblighi fondamentali da parte dell’esercente e le norme di qualità ambientale. Tali misure includono almeno (ai sensi dell’art. 14):

§         valori limite di emissione per le sostanze inquinanti;

§         disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterrane;

§         disposizioni per il controllo e la gestione dei rifiuti;

§         requisiti di controllo delle emissioni che specificano la metodologia di misurazione, la frequenza, la procedura di valutazione;

§         l’obbligo di comunicare all’autorità competente periodicamente ed almeno una volta l’anno i risultati del controllo;

§         disposizioni per la manutenzione e la verifica del suolo e delle acque sotterranee;

§         misure relative a talune circostanze (perdite, disfunzioni, arresti temporanei e arresto definitivo, ecc.);

§         disposizioni per ridurre al minimo l’inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere;

§         condizioni per valutare la conformità con i valori limite di emissione.

 

La direttiva contiene inoltre, nei Capi III, IV, V e VI (artt. 28-70) disposizioni particolari per alcune tipologie di impianti (grandi impianti di combustione, aventi potenza non inferiore a 50 MW; impianti di incenerimento o di coincenerimento dei rifiuti; taluni impianti e talune attività che utilizzano solventi organici; installazioni che producono biossido di titanio). I valori limite di emissione per i grandi impianti di combustione di cui all'allegato V della direttiva sono generalmente più severi rispetto a quelli della direttiva 2001/80/CE. Una certa flessibilità (piano nazionale transitorio, deroga limitata nel tempo) è introdotta per gli impianti esistenti.

La direttiva prevede (art. 23) che gli Stati membri organizzino un sistema di ispezioni ambientali delle installazioni interessate. Tutte le installazioni devono essere considerate in un piano di ispezione ambientale che va periodicamente riveduto e aggiornato. Sulla base dei piani d’ispezione, l’autorità competente dovrà redigere periodicamente i programmi delle ispezioni ordinarie comprendenti la frequenza delle visite in loco per i vari tipi di installazioni. Il periodo tra due visite in loco è basato su una valutazione sistematica dei rischi ambientali delle installazioni interessate e non supera un anno per le installazioni che presentano i rischi più elevati e tre anni per le installazioni che presentano i rischi meno elevati.

Le direttive sostituite in via definitiva dalla direttiva 2010/75/UE sono (a decorrere dal 7 gennaio 2014) le direttive 78/176/CEE, 82/883/CEE e 92/112/CEE (relative all'industria del biossido di titanio e di carbonio), nonché la direttiva 1999/13/CE sulle emissioni di composti organici volatili (COV), la direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti e la direttiva 2008/1/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC). La direttiva (art. 81) sostituisce, inoltre, a partire dal 1° gennaio 2016, anche la direttiva 2001/80/CE concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione.

Il termine per il recepimento delle disposizioni indicate dall’art. 80 della direttiva è fissato al 7 gennaio 2013.

Procedure di contenzioso

La direttiva 2010/75/UE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento da fonti industriali rifonde in un unico testo numerose norme in materia, tra le quali la direttiva 2008/1/CE (c.d. direttiva IPPC). In relazione a quest’ultima, il 31 marzo 2011 la Corte di giustizia dell’UE ha emesso una sentenza che riconosce l’Italia responsabile di non aver adottato, entro i termini previsti dalla direttiva, le misure necessarie affinché le autorità competenti controllassero, attraverso autorizzazioni rilasciate a norma della direttiva IPPC - ovvero mediante il riesame aggiornato delle prescrizioni - che gli impianti esistenti funzionassero secondo i requisiti imposti dalla normativa UE.

La Corte ha rilevato il mancato rispetto del termine del 30 ottobre 2007, entro il quale gli Stati membri avrebbero dovuto assicurare che gli impianti industriali potenzialmente molto inquinanti fossero soggetti al controllo e all’autorizzazione al funzionamento in conformità ai requisiti stabiliti dalla direttiva stessa. In base alle informazioni comunicate dall’Italia, inoltre, la Corte ha rilevato che nell’aprile 2009 molti degli impianti esistenti erano in funzione senza essere dotati dell’autorizzazione prevista dalla direttiva, dal momento che soltanto una parte delle autorizzazioni preesistenti era stata riesaminata e aggiornata, e che per 608 impianti preesistenti le autorità non avevano ritenuto necessario riesaminarne le autorizzazioni.

 


 

Direttiva 2010/84/CE

 

(Codice comunitario dei medicinali per uso umano)

 

 

La direttiva 2010/84/CE, composta di 5 articoli, modifica, per quanto concerne la farmacovigilanza, la direttiva 2001/83/CE[60], recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, che stabilisce norme armonizzate per l'autorizzazione, il controllo e la farmacovigilanza dei medicinali per uso umano all'interno dell'Unione, ed ha i seguenti principali obbiettivi: impedire l'ingresso di farmaci contraffatti nella filiera farmaceutica legale, regolamentare le vendite via Internet, introdurre nuovi dispositivi di sicurezza e misure di tracciabilità e loro armonizzazione in ambito comunitario.

Gli Stati membri adottano, pubblicano e applicano, entro il 21 luglio 2012, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie a conformarsi alla direttiva. La direttiva è entrata in vigore il 20 gennaio 2011.

Le principali novità riguardanole disposizioni introdotte dall’articolo 1 della direttiva in esame nella direttiva 2001/83/CE:

-             le definizioni (articolo 1). In particolare: l’effetto collaterale negativo, che comporta obbligo di segnalazione, è considerata reazione nociva e non voluta ad un medicinale, al fine di garantire che copra effetti nocivi e non voluti conseguenti non solo all'uso autorizzato di un medicinale a dosi normali, ma anche agli errori terapeutici e agli usi non conformi alle indicazioni contenute nell'autorizzazione all'immissione in commercio, incluso l'uso improprio e l'abuso del medicinale; il sistema di gestione del rischio, considerato l’insieme delle attività di farmacovigilanza e degli interventi mirati ad individuare, caratterizzare, prevenire o minimizzare i rischi connessi ad un medicinale, inclusa la valutazione dell’efficacia di tali attività ed interventi; il piano di gestione del rischio, descrizione dettagliata del sistema di gestione dei rischi; il sistema di farmacovigilanza, quale sistema di controllo e di segnalazione usato dal titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio e dagli Stati membri, volto a monitorare la sicurezza dei medicinali autorizzati e a rilevare eventuali cambiamenti del loro rapporto rischio/beneficio; il documento di riferimento del sistema di farmacovigilanza, che rappresenta una descrizione dettagliata del sistema di farmacovigilanza usato dal titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio in relazione ad uno o più medicinali autorizzati;

-             la domanda di autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale, che deve contenere tra l’altro: la certificazione che il richiedente dispone di un responsabile qualificato per la farmacovigilanza e di un piano di gestione dei rischi (articolo 8);

-             le disposizioni speciali relative ai medicinali vegetali tradizionali (articoli 16 bis-decies). L'etichettatura e il foglietto illustrativo (articolo 16-octies) devono, inoltre, indicare che: a) il prodotto è un medicinale vegetale d'uso tradizionale da utilizzare per una o più indicazioni specifiche fondate esclusivamente sull'impiego di lunga data; b) l'utilizzatore dovrebbe consultare un medico o un operatore sanitario qualificato nel caso di persistenza dei sintomi durante l'impiego del medicinale in questione o qualora insorgano effetti collaterali negativi non riportati nel foglietto illustrativo;

-             l'autorizzazione all'immissione in commercio per un medicinale (articoli 17-26). In particolare, le autorità nazionali competenti rendono pubbliche:l’autorizzazione all’immissione in commercio unitamente al foglio illustrativo, il riassunto delle caratteristiche del prodotto, la relazione di valutazione con la motivazione del loro parere e con una sintesi, comprensibile per il pubblico, e con una sezione relativa alle condizioni di utilizzazione del medicinale (articolo 21). Un’autorizzazione all’immissione in commercio è rilasciata a condizione di: a) garantire l’utilizzo sicuro del medicinale; b) svolgere studi sulla sicurezza dopo l’autorizzazione; c) rispettare gli obblighi sulla registrazione o sulla comunicazione dei sospetti effetti collaterali negativi, e) adeguato sistema di farmacovigilanza; f) effettuare studi sull’efficacia dopo l’autorizzazione (articolo 21-bis) e, scaduti i primi cinque anni, il rinnovo dell’autorizzazione presentato da parte del titolare all’autorità nazionale prevede: un profilo di qualità, di sicurezza e di efficacia, valutazione dei dati contenuti nei rapporti sui sospetti effetti collaterali negativi e informazioni su tutte le variazioni. Dopo il rinnovo, l’autorizzazione all’immissione in commercio ha validità illimitata, salvo disposizioni contrarie dell’autorità competente di procedere ad una proroga ulteriore di durata quinquennale (articolo 24). Il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio deve, inoltre, comunicare i divieti o le restrizioni imposti dalle autorità competenti di qualsiasi paese e qualsiasi altro nuovo dato, aggiornare le informazioni relative al medicinale, incluse le conclusioni valutative e le raccomandazioni pubblicate tramite il portale web europeo dei medicinali (articolo 23);

-             l’etichettatura e foglietto illustrativo (articoli 54-69). In particolare, è previsto: una descrizione degli effetti collaterali negativi nel corso dell’uso normale del medicinale; per i medicinali sottoposti a monitoraggio addizionale è inserito un simbolo nero ed una specifica nota esplicativa standard; mentre, per tutti i medicinali, è inserito un testo standard che invita espressamente i pazienti a riferire eventuali sospetti effetti collaterali negativi (attraverso segnalazione elettronica, recapito postale e/o altri). Entro il 1° gennaio 2013, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione sulle attuali carenze del riassunto delle caratteristiche del prodotto e del foglietto illustrativo  (articolo 59);

-             la farmacovigilanza (articoli 101-108-ter) risulta interamente modificata. In particolare, il sistema di farmacovigilanza, gestito dallo Stato, raccoglie informazioni sui rischi dei medicinali, con particolare riferimento agli effetti collaterali negativi, derivanti dall’utilizzo del medicinale conformemente all’autorizzazione all’immissione in commercio e dall’uso al di fuori delle indicazioni in questione, e agli effetti collaterali negativi associati all’esposizione per motivi professionali. Gli Stati sottopongono il loro sistema di farmacovigilanza a revisioni regolari e riferiscono i risultati alla Commissione entro il 21 settembre 2013 e, in seguito, ogni due anni (articolo 101). Gli Stati membri devono adottare tutte le misure adeguate per incoraggiare pazienti, medici, farmacisti ed altri professionisti del settore sanitario a segnalare sospetti effetti collaterali negativi alle autorità nazionali competenti, e, in particolare, adottano tutte le misure adeguate per ottenere dati esatti e verificabili ai fini della valutazione scientifica dei rapporti sui sospetti effetti collaterali negativi, garantendo al pubblico informazioni importanti sui problemi di farmacovigilanza attinenti all’uso di un medicinale, mediante la pubblicazione sul portale web e attraverso altri mezzi di informazione disponibili al pubblico (articolo 102). Ogni Stato membro istituisce e mantiene un portale web nazionale dei medicinali, collegato al portale web europeo dei medicinali (articolo 106). I titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio trasmettono, alla banca dati Eudravigilance, le  informazioni su tutti i sospetti effetti collaterali negativi gravi entro i quindici giorni successivi all’evento (articoli 107-107 bis). Ogni Stato membro nomina un’autorità competente per lo svolgimento delle attività di farmacovigilanza e ciascuno Stato registra tutti i sospetti effetti collaterali negativi che si verificano nel suo territorio, curandone la pubblicazione attraverso i portali web nazionali dei medicinali (articolo 107-bis);

-             i rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza (articoli 107 ter-octies). In particolare, i titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio trasmettono all’agenzia europea[61] i rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza (articolo 107-ter). La frequenza di presentazione dei rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza è specificata nell’autorizzazione all’immissione in commercio, e, comunque, vanno presentati alle autorità competenti immediatamente se richiesti oppure: a) se il medicinale non è ancora stato immesso in commercio, almeno ogni sei mesi dopo l’autorizzazione e fino all’immissione in commercio; b) se il medicinale è stato immesso in commercio, almeno ogni sei mesi nei primi due anni successivi alla prima immissione in commercio, una volta all’anno per i due anni seguenti e poi ogni tre anni (articolo 107-quater). Per i medicinali autorizzati in più Stati membri e, in specifici casi, per tutti i medicinali contenenti la stessa sostanza attiva o la stessa associazione di sostanze attive e per i quali è stata fissata una data di riferimento per l’Unione nonché la frequenza dei rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza, va effettuata una valutazione unica di detti rapporti da parte dell’autorità nazionale, trasmessa all’agenzia europea per i medicinali e agli Stati membri interessati. Dopodiché, l’agenzia trasmette la relazione al titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio (articolo107-sexies);

-             la procedura d’urgenza dell’Unione (articoli 107 decies-duodecies). In particolare, lo Stato membro o la Commissione avviano la procedura d’urgenza, a seguito della valutazione dei dati connessi alle attività di farmacovigilanza, per i seguenti casi: a) se intende sospendere o revocare un’autorizzazione all’immissione in commercio; b) se intende vietare la fornitura di un medicinale; c) se intende rifiutare il rinnovo di un’autorizzazione all’immissione in commercio; d) se il titolare dell’autorizzazione gli comunica che, per motivi di sicurezza, ha interrotto l’immissione in commercio di un medicinale o ha avviato un’azione di ritiro di un’autorizzazione o intende farlo; e) se ritiene che sia necessaria una nuova controindicazione, una riduzione della dose raccomandata o una restrizione delle indicazioni (articolo 107-decies).

 

Dal citato articolo 1 della direttiva 2010/84 in esame viene introdotta inoltre una disposizione alla direttiva 2001/83 (articolo 108-ter) riguardante la pubblicazione da parte della Commissione di una relazione sullo svolgimento delle attività di farmacovigilanza da parte degli Stati membri, entro il 21 luglio 2015 e, in seguito, ogni tre anni.

Infine, l’articolo 2 della direttiva in esame, prevede una disciplina transitoria. In particolare,  per quanto riguarda l'obbligo del titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio di tenere aggiornato e mettere a disposizione su richiesta un documento di riferimento del sistema di farmacovigilanza per uno o più medicinali di cui all'articolo 104, paragrafo 3, lettera b) della direttiva 2001/83/CE, nella versione modificata dalla presente direttiva, si applica alle autorizzazioni all'immissione in commercio rilasciate prima del 21 luglio 2012 o a decorrere:

a) dalla data in cui sono rinnovate tali autorizzazioni all'immissione in commercio; o

b) 21 luglio 2015,

a seconda della prima data utile.

Per quanto riguarda l'obbligo di trasmissione da parte del titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio delle informazioni sui sospetti effetti collaterali negativi in formato elettronico alla banca dati Eudravigilance, di cui all'articolo 107, paragrafo 3 della direttiva 2001/83/CE, modificata dalla presente direttiva, gli Stati membri provvedono affinché tale obbligo si applichi a decorrere da sei mesi dopo che l'agenzia ha stabilito e annunciato le funzionalità della banca dati.

 


Direttiva 2011/7/CE

 

(Ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali)

 

La direttiva 2011/7/CE è finalizzata a contrastare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Essa reca nuove e più dettagliate disposizioni sulla materia, abrogando, con decorrenza dal 16 marzo 2013, la precedente normativa contenuta nella direttiva 2000/35/CE (articolo 13).

 

L’ambito di applicazione della direttiva 2011/7/CE è “ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale”, per essa intendendosi una “transazione tra imprese, ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni[62] che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo” (articolo 1 e articolo 2).

E’ consentito agli Stati membri di escludere i debiti che formano oggetto di procedure concorsuali aperte, comprese le procedure per la ristrutturazione del debito (articolo 1)[63].

 

Per ritardo di pagamento la direttiva intende il pagamento non effettuato  durante periodo contrattuale o legale (articolo 2).

 

Relativamente alle transazioni commerciali tra imprese, la direttiva prevede che gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che il creditore abbia diritto agli interessi di mora, senza che sia necessario un sollecito, laddove:

-       il creditore abbia adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge,

-       l’importo non sia stato da esso ricevuto nei termini e il ritardo è imputabile al debitore.

In presenza di tali condizioni, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che il creditore abbia diritto agli interessi di mora a decorrere dal giorno successivo alla scadenza o alla fine del periodo di pagamento stabiliti nel contratto (articolo 3).

Il periodo di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese non deve superare sessanta giorni, se non è espressamente diversamente concordato nel contratto e se ciò non è gravemente iniquo per il creditore (articolo 3).

 

Per quanto riguarda le transazioni fra imprese e pubbliche amministrazioni, in cui parte debitrice è una pubblica amministrazione, le imprese creditrici hanno diritto agli interessi legali di mora, senza che sia necessario un sollecito, laddove:

-       il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge,

-       l’importo non è stato ricevuto nei termini e il ritardo è imputabile al debitore (articolo 3).

 

I termini per il pagamento previsti per tali transazioni commerciali, in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione, sono di trenta giorni.

In particolare, i termini sono di:

§       trenta giorni dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento;

§       se non vi è certezza sulla data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, ovvero, se la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, trenta giorni dal ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi;

§       nel caso in cui sia prevista una procedura di accettazione o di verifica di conformità delle merci o dei servizi, trenta giorni dalla data di accettazione o verifica.

La durata massima della procedura di accettazione o di verifica non deve superare trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, a meno che non sia diversamente concordato dalle parti e nella documentazione di gara, e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore.

§       la data di ricevimento della fattura non soggetta a un accordo contrattuale tra debitore e creditore (articolo 4, par. 3).

 

I suddetti termini possono essere prorogati fino ad un massimo di sessanta giorni per:

a) qualsiasi amministrazione pubblica che svolga attività economiche di natura industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato e che sia soggetta, come impresa pubblica, ai requisiti di trasparenza previsti dalla direttiva 2006/111/CE sulla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche;

b) enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria[64] e che siano stati debitamente riconosciuti a tal fine (articolo 4, par. 4).

Se uno Stato membro decide la proroga dei termini dei pagamenti, esso deve trasmettere alla Commissione una relazione su tale proroga entro il 16 marzo 2018.

Su tale base, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione che indica gli Stati membri che hanno prorogato i termini e che tiene conto dell'impatto di tale proroga sul funzionamento del mercato interno, in particolare sulle PMI. Alla relazione sono accluse eventuali proposte (articolo 4, par. 4).

 

Gli Stati membri devono assicurare che il termine per il pagamento stabilito nel contratto non superi i trenta giorni, a meno che un diverso termine sia espressamente concordato tra le parti e giustificato dalla particolare natura del contratto. Il termine non potrà comunque superare i sessanta giorni (articolo 4, par. 6).

 

La direttiva reca poi norme valevoli sia per le transazioni commerciali tra imprese, sia per le transazioni tra imprese e pubblica amministrazione, prevedendo:

§      la facoltà delle parti di concordare, fatta salva la pertinente normativa interna, forme di pagamento a rate (articolo 5);

§      che il creditore abbia diritto, nell’ipotesi di interessi di mora esigibili, ad un importo forfetario minimo di 40 euro nonché ad un risarcimento ragionevole per ogni costo - eccedente l’importo forfetario - sostenuto a causa del ritardo (articolo 6);

§      l’obbligo per gli Stati membri di prevedere l’impossibilità per il debitore di far valere clausole contrattuali o prassi - sul periodo di pagamento, sul tasso di interesse di mora o sul risarcimento per i costi di recupero – che risultino gravemente inique per il creditore (articolo 7).

La direttiva indica esplicitamente come gravemente iniqua una clausola contrattuale o una prassi che escluda l'applicazione degli interessi di mora o il risarcimento per i costi di recupero.

Essa inoltre elenca specifiche circostanze (violazione del principio della buona fede e della correttezza; natura del prodotto o del servizio e motivi oggettivi) da valutare ai fini dell’esistenza di clausole gravemente inique.

In particolare, nel caso di clausole contrattuali o prassi gravemente inique, la normativa nazionale deve approntare strumenti che attribuiscano la legittimazione ad agire dinnanzi agli organi giurisdizionali alle organizzazioni ufficialmente riconosciute per la rappresentanza delle imprese o titolari di un legittimo interesse a rappresentarle;

§      l’obbligo per gli Stati membri di rendere trasparenti i diritti e gli obblighi derivanti dalla direttiva, anche rendendo pubblico il tasso d'interesse legale di mora, utilizzando pubblicazioni specialistiche e campagne promozionali, o incoraggiando la creazione di codici di pagamento rapido (articolo 8);

§      l’obbligo per gli Stati membri di prevedere che il venditore conservi il diritto di proprietà sulle merci fintanto che non siano state totalmente pagate, qualora sia stata esplicitamente concordata una clausola di riserva di proprietà, e la possibilità di adottare o mantenere disposizioni relative ad anticipi già versati dal debitore (articolo 9);

§      l’obbligo per gli Stati membri, relativamente alle procedure di recupero di crediti non contestati, di assicurare che un titolo esecutivo possa essere ottenuto, anche mediante procedure accelerate e indipendentemente dall'importo del debito, di norma entro novanta giorni dalla data in cui il creditore ha presentato un ricorso o ha proposto una domanda dinanzi all'autorità giurisdizionale o un'altra autorità competente (articolo 10).

 

Entro il 16 marzo 2016, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione della presente direttiva, corredata di eventuali proposte (articolo 11).

 

La direttiva, entrata in vigore il 15 marzo 2011, stabilisce - quale termine per il suo recepimento nel diritto interno degli Stati membri - il 16 marzo 2013 (articoli 12 e 14).


 

Direttiva 2011/16/CE

 

(Cooperazione amministrativa nel settore fiscale)

 

 

Con la direttiva 2011/16/CE del 15 febbraio 2011 sono state adottate nuove disposizioni in merito alla cooperazione tra le amministrazioni fiscali dei diversi Stati membri, al fine di contrastare maggiormente l’evasione e l’elusione fiscale . In particolare, la nuova direttiva Ue mira a rendere possibile la copertura di tutte le persone fisiche e giuridiche nell'Unione, tenendo conto della gamma sempre crescente di istituti giuridici, inclusi non soltanto gli istituti tradizionali come trust, fondazioni e fondi di investimento ma anche eventuali nuovi strumenti che possano essere creati dai contribuenti negli Stati membri.

L’assistenza reciproca tra amministrazioni tributarie degli Stati membri comunitari è attualmente regolata dalla direttiva 77/799/CEE, che tuttavia non è più in grado di rispondere alle nuove esigenze in materia di cooperazione amministrativa e, pertanto, viene abrogata a decorrere dal 1° gennaio 2013.

 

La direttiva 2011/16/CE, composta di 29 articoli, stabilisce norme e procedure per consentire la cooperazione reciproca tra Stati comunitari in relazione alle imposte dirette e indirette. Ai sensi dell’articolo 2, essa si applica alle imposte di qualsiasi tipo riscosse da, o per conto di, uno Stato membro o di un ente locale, ad eccezione dell’IVA e dei dazi doganali, nonché dei contributi previdenziali obbligatori dovuti allo Stato membro o agli organismi di previdenza sociale.

 

Ai sensi dell’articolo 4 l’Italia ha comunicato alla Commissione che l'autorità competente ai fini della presente direttiva è individuata nella persona del Direttore generale delle finanze (vedi GU C 177 del 17.6.2011).

 

Lo scambio di informazioni può essere su richiesta (artt. 5-7), automatico (art 8) o spontaneo (artt. 9 e 10).

 

Nel caso di scambio su richiesta, l’autorità interpellata trasmette all’autorità richiedente le informazioni pertinenti richieste in materia di imposte di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa, al più tardi entro sei mesi dalla data di ricevimento della richiesta.

 

Nell’ipotesi di scambio automatico obbligatorio di informazioni, l’autorità competente di ciascuno Stato membro comunica all’autorità competente di qualsiasi altro Strato membro le informazioni disponibili sui periodi d’imposta dal 1° gennaio 2014 riguardanti i residenti in tale altro Stato membro su determinate categorie di reddito e di capitale:

a) redditi da lavoro;

b) compensi per dirigenti;

c) prodotti di assicurazione sulla vita non contemplati in altri strumenti giuridici dell'Unione sullo scambio di informazioni e misure analoghe;

d) pensioni;

e) proprietà e redditi immobiliari.

 

L’autorità competente di uno Stato membro può, tuttavia, indicare all’autorità competente di qualsiasi altro Stato membro che non desidera ricevere informazioni su tali categorie di reddito e di capitale o che non desidera ricevere informazioni su redditi o capitali che non superano un importo minimo.

 

Da ultimo, lo scambio spontaneo di informazioni ha luogo quando, ad esempio, l’autorità di uno Stato membro ha fondati motivi di presumere che esista una perdita di gettito fiscale nell’altro Stato membro, oppure quando un contribuente ottiene in uno Stato membro una riduzione o un esonero d’imposta che dovrebbe comportare per esso un aumento d’imposta o un assoggettamento ad imposta nell’altro Stato membro. Stessa possibilità è prevista, inoltre, qualora l'autorità competente di uno Stato membro abbia fondati motivi di presumere che esista una riduzione d'imposta, che risulta da trasferimenti fittizi di utili all'interno di gruppi d'imprese, ovvero nel caso che in uno Stato membro, a seguito delle informazioni comunicate dall'autorità competente di altro Stato membro, siano raccolte informazioni che possano essere utili per l'accertamento dell'imposta in altro Stato membro.

 

Si prevede infine, la possibilità di scambio di informazioni con i Paesi terzi. L'articolo 24 dispone al riguardo, che l'autorità competente di uno Stato membro che riceve da un Paese terzo informazioni, prevedibilmente pertinenti per l'amministrazione e relative alle imposte oggetto della direttiva, possa, a condizione che ciò sia consentito ai sensi di un accordo con tale Paese terzo, trasmettere tali informazioni alle autorità competenti degli Stati membri, per le quali tali informazioni possano essere utili e ad ogni autorità richiedente. A loro volta, le autorità competenti potranno trasmettere a un Paese terzo, in conformità alle disposizioni di diritto interno applicabili alla comunicazione di dati personali a Paesi terzi, informazioni ottenute in virtù della direttiva, purché sia soddisfatta  una duplice condizione: l'autorità competente dello Stato membro da cui proviene l'informazione abbia consentito tale comunicazione e il Paese terzo interessato si sia impegnato a fornire la cooperazione necessaria per raccogliere gli elementi che comprovano l'irregolarità o l'illegalità di operazioni che sembrino essere contrarie.

 

Importanti novità sono le altre forme di cooperazione amministrativa contemplate nella direttiva. La normativa comunitaria, infatti, disciplina: la presenza negli uffici amministrativi dell’autorità interpellata e la partecipazione alle sue indagini amministrative di funzionari designati dall’autorità richiedente (art. 11), i controlli simultanei (art. 12), la condivisione delle migliori pratiche e delle esperienze al fine di migliorare la cooperazione.

Le informazioni scambiate sono coperte dal segreto (art. 16) e soggette alle norme in materia di protezione dei dati (art. 25). Possono essere utilizzate anche per l’accertamento e l’applicazione di altre imposte e dazi, per l’accertamento e l’applicazione dei contributi previdenziali obbligatori, oltre che in occasione di procedimenti giudiziari o amministrativi in ambito tributario che implicano l’eventuale irrogazione di sanzioni.

La trasmissione delle informazioni avverrà mediante dei formulari predisposti dalla Commissione (art. 20) e sarà possibile allegare relazioni, attestati o altri documenti. Ai sensi dell’articolo 21 la comunicazione avverrà in via elettronica per il tramite della “rete CCN”, ossia una piattaforma comune basata sulla rete comune di comunicazione (CCN) e sull’interfaccia comune di sistema (CSI), sviluppata dall’Unione europea per la trasmissione elettronica delle informazioni tra le autorità competenti nel settore delle dogane e della fiscalità.

Infine l’articolo 29 fissa al 1° gennaio 2013 il termine per gli Stati membri per recepire la direttiva. Per il solo scambio automatico obbligatorio di informazioni il termine di attuazione è fissato al 1° gennaio 2015.

 


Direttiva 2011/36/CE

 

(Tratta degli esseri umani)

 

 

La direttiva 2011/36/UE si inserisce nell’azione globale a livello comunitario contro la tratta di esseri umani. La nuova disciplina, che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI recepita dall’Italia con la legge n. 228 del 2003 (Misure contro la tratta di persone)[65] prevede norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di tratta, nonché disposizioni volte a rafforzare notevolmente la prevenzione di tale reato e la protezione delle vittime, in particolare minori (art. 1).

Rispetto alla previgente disciplina, la direttiva provvede a riordinare la materia in maniera più organica proponendo, in particolare, una nuova e più ampia definizione del delitto di tratta di esseri umani, attualmente previsto dall’art. 601 del nostro codice penale.In quest'ultima nozione rientrano ora il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'alloggio o l'accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell'autorità sulle vittime, con la minaccia dell'uso o con l'uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l'inganno, l'abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l'offerta o l'accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra, a fini di sfruttamento (art. 2, par. 2). In presenza di tali mezzi di coercizione, il consenso della vittima è irrilevante (art. 2, par. 4). Tuttavia, se le condotte di cui sopra coinvolgono dei minori di anni 18 (art. 2, par. 6), le stesse condotte devono essere punite come reato di tratta di esseri umani pur in assenza dei mezzi di coercizione elencati (art. 2, par. 5). La direttiva precisa che la cd. “posizione di vulnerabilità”presuppone una situazione in cui la persona in questione non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all'abuso di cui è vittima (tale posizione era più dettagliatamente definita dall’art. 3, par. b), della decisione quadro 629/2002 ; un altro elemento di novità rispetto alla citata decisione quadro riguarda lo“sfruttamento”, di cui è più specificamente definito l’ambito minimo, ovvero lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, compreso l'accattonaggio, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù, lo sfruttamento di attività illecite o il prelievo di organi (art. 2, par. 3). L’art. 3 prevede la punibilità con pene effettive, proporzionate e dissuasive dei reati di istigazione, favoreggiamento e concorso o tentativo nella commissione dei reati di tratta di cui all’art. 2.

Dal punto di vista sanzionatorio la direttiva (art. 4) impone agli Stati membri di prevedere che i reati di tratta (art. 2) siano punibili con la reclusione della durata massima di almeno 5 anni (la decisione quadro del 2002 non prevedeva alcuna soglia). Tale limite aumenta a 10 anni quando il reato: a) sia stato commesso nei confronti di una vittima particolarmente vulnerabile, con particolare riferimento ai minori; b) sia stato commesso nel contesto di un'organizzazione criminale; c) abbia messo in pericolo la vita della vittima intenzionalmente o per colpa grave;d) sia stato commesso ricorrendo a violenze gravi o abbia causato alla vittima un pregiudizio particolarmente grave.

Disposizioni specifiche, analoghe a quelle della decisione quadro 629, riguardano la responsabilità delle persone giuridiche per i reati di tratta di esseri umani e le pene ad esse applicabili (v. artt. 5 e 6). Nuova previsione è quella che prevede l’adozione di sequestro e confisca di strumenti e proventi del reato di tratta (art. 7)

Sotto il profilo procedurale, la novità della direttiva consiste nella previsione che gli Stati membri adottino le misure necessarie per garantire la non perseguibilità dei reati che le vittime della tratta fossero costrette a compiere come conseguenza diretta di uno degli atti di cui all’articolo 2 (art. 8). Parimenti, devono essere adottate, a livello nazionale, le misure necessarie affinché le indagini o l’azione penale relative ai reati di cui agli articoli 2 e 3 non siano subordinate alla querela, alla denuncia o all’accusa formulate da una vittima e il procedimento penale possa continuare anche se la vittima ritratta una propria dichiarazione (art. 9). Per quanto riguarda la giurisdizione sui reati di tratta, l'art. 10 prevede che gli Stati membri devono adottare le misure necessarie a stabilire la propria giurisdizione per i reati di cui agli articoli 2 e 3 quando il reato è stato commesso interamente o parzialmente sul suo territorio oppure l’autore del reato è un cittadino dello Stato in questione. Novità rispetto alla decisione quadro 629/2002 la possibilità di stabilire la giurisdizione in casi ulteriori, pur se di tale estensione deve essere informata la Commissione Europea.

Infine, sono previste alcune disposizioni in materia di assistenza e sostegno alle vittime di reati di tratta di esseri umani (art. 11), nonché di tutela delle stesse nelle indagini e nei procedimenti penali (art. 12). Queste ultime si aggiungono alle garanzie previste in favore delle vittime vulnerabili all'interno dei procedimenti penali dalla decisione quadro 2001/220/CE. Disposizioni specifiche e di particolare ampiezza riguardano l'assistenza, il sostegno e la tutela dei minori (v. artt. 13-16), anche in sede processuale.

In relazione ai principali profili di adeguamento dell’ordinamento nazionale alla nuova direttiva comunitaria va anzitutto valutata la necessità di adeguare la fattispecie dell’attuale art. 601 c.p. alla nuova, più ampia nozione del reato di tratta previsto dalla direttiva. Sul punto, si ricorda come il parere della Commissione giustizia sulla proposta di direttiva approvato il 2 febbraio scorso (DOC XVVI, n. 36) rilevava, in particolare, la necessità di meglio descrivere la fattispecie in riferimento al concetto di “passaggio o trasferimento dell’autorità” sulle vittime sia in riferimento alla necessità della determinatezza della norma penale che per impedire un eccessivo ampliamento della sfera della punibilità.

Va tuttavia ricordato come già la decisione quadro del 2002 prevedesse tra le fattispecie del reato anche “il passaggio o trasferimento il del potere di disporre” della vittima della tratta.

La direttiva prevede poi, come novità, che possa essere concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari alla vittima della tratta anche indipendentemente dalla sua collaborazione con la giustizia (art. 11)[66].

Più in generale la direttiva introduce una serie di nuove misure finalizzate a rafforzare è completare la rete di sostegno ed assistenza, anche psicologica, alle vittime della tratta, con particolare riferimento ai minori di 18 anni (artt. 11-16); sul punto, va segnalata tra le altre la previsione di una nomina di un tutore del minore non accompagnato (art. 16).

 

Il termine di recepimento della direttiva per gli Stati membri è il 6 aprile 2013.

 


Direttive da attuare in via amministrativa[67]

 


Direttiva 2010/42/UE e 2010/43/UE

 

(Modalità di esecuzione della direttiva 2009/65/CE per quanto riguarda i requisiti organizzativi, i conflitti di interesse, le regole di condotta, la gestione del rischio e il contenuto dell’accordo tra il depositario e la società di gestione, nonché le fusioni di fondi, le strutture master-feeder e la procedura di notifica)

 

 

Le direttive 2010/43/UE e 2010/44/UE dispongono in merito alle modalità di esecuzione della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda, rispettivamente, i requisiti organizzativi, i conflitti di interesse, le regole di condotta, la gestione del rischio e il contenuto dell'accordo tra il depositario e la società di gestione (2010/43/UE) e talune disposizioni inerenti alle fusioni di fondi, alle strutture master-feeder e alla procedura di notifica (2010/44/UE).

 

Si ricorda che la direttiva 13 luglio 2009 n. 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concerne il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM). La direttiva, composta di 119 articoli è entrata in vigore il 7 dicembre 2009.

In particolare la direttiva (articolo 1, n. 2) qualifica come organismi di investimento collettivo in valori mobiliari - OICVM - gli organismi il cui oggetto esclusivo è l'investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari o in altre attività finanziarie liquide e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei detentori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a valere sul patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un OICVM agisca per impedire che il valore delle sue quote sul mercato si allontani sensibilmente dal valore patrimoniale netto.

Nell'ordinamento interno, (l'articolo 1, comma 1, lettera m) del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 recante Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF) gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) sono i fondi comuni di investimento e le società di investimento a capitale variabile - SICAV.

 

Per quanto riguarda la direttiva 2010/43/UE, si osserva che vengono fissate norme di esecuzione:

§      che specificano le procedure e i meccanismi, nonché le strutture e i requisiti organizzativi per ridurre al minimo i conflitti di interesse conformemente all'articolo 12, della direttiva 2009/65/CE;

§      che fissano i criteri per agire con correttezza ed equità e con la competenza, la cura e la diligenza necessarie, nel migliore interesse degli OICVM, e i criteri per determinare le tipologie di conflitti di interesse specificando i principi richiesti per assicurare che le risorse siano utilizzate in modo efficace e definendo le misure da adottare per individuare, prevenire, gestire o rendere noti conflitti di interesse;

§      relative ai dettagli da includere nell'accordo tra il depositario e la società di gestione, di cui all'articolo 23, paragrafo 5, e all'articolo 33, paragrafo 5 della direttiva 2009/65/CE;

§      relative alla procedura di gestione dei rischi di cui all'articolo 51, paragrafo 1, in particolare i criteri per valutare l'adeguatezza della procedura di gestione dei rischi utilizzata dalla società di gestione e la politica e le procedure di gestione dei rischi e i meccanismi, le procedure e le tecniche di misurazione e di gestione dei rischi connesse a detti criteri.

 

L’articolo 46 della direttiva 2010/43/UE stabilisce che gli Stati membri mettano in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 30 giugno 2011.

 

La direttiva 2010/44/UE stabilisce invece norme dettagliate per l'esecuzione di specifiche disposizioni della direttiva 2009/65/CE, relative, in particolare:

§      alle informazioni da fornire ai detentori di quote (art. 43);

§      all’accordo tra l'OICVM master e l'OICVM feeder (artt. 60, 61, 62 e 64);

§      alla possibilità per gli OICVM di commercializzare le proprie quote nel loro territorio previa notifica (art. 95).

 

La direttiva 2009/65/CE reca disposizioni in ordine alle strutture master-feeder al Capo VIII (articoli da 58 a 67) . In particolare, ai sensi dell'articolo 58 (n. 1) un OICVM feeder è un OICVM o un suo comparto di investimento che ha ricevuto l'approvazione per investire almeno l'85% del proprio patrimonio in quote di un altro OICVM o in comparti di investimento di quest'ultimo (detto OICVM master).

Un OICVM feeder può detenere fino al 15% del suo patrimonio in liquidità detenute a titolo accessorio, strumenti finanziari derivati (utilizzabili solo a fini di copertura) e beni mobili e immobili indispensabili all'esercizio diretto delle attività (se l'OICVM feeder è una società di investimento).

Un OICVM master (articolo 58, n. 3) è invece un OICVM o un suo comparto di investimento che:

a) ha fra i suoi detentori di quote almeno un OICVM feeder;

b) non è esso stesso un OICVM feeder; e

c) non detiene quote di un OICVM feeder.

L’articolo 34 della direttiva 2010/44/UE stabilisce che gli Stati membri mettano in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 30 giugno 2011, salvo che quelle necessarie per conformarsi agli articoli 7 (Metodo per fornire le informazioni ai detentori di quote) e 29 (Metodo per fornire le informazioni ai detentori di quote) entro il 31 dicembre 2013.

 

Si osserva che le direttive in oggetto sono direttive di esecuzione di una direttiva (2009/65) non ancora recepita nell'ordinamento nazionale in quanto contenuta nel disegno di legge comunitaria 2010 attualmente all’esame del Senato.

 

Il disegno di legge comunitaria 2010, attualmente all’esame del Senato (A.S. 2322-B) reca, all’articolo 6, delega al Governo ad attuare la direttiva 2009/65/CE.

In particolare il comma 2reca principi e criteri direttivi specifici per il recepimento della citata direttiva 2009/65/CE. Tale disposizione esplicitamente prescrive, tra i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega, (lettera a) che siano apportate al TUF le opportune modifiche e le integrazioni necessarie al corretto ed integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione, confermando, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria e attribuendo alla Banca d’Italia e alla Commissione nazionale per la società e la borsa (CONSOB) le competenze e i poteri di vigilanza, secondo quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del TUF.

Con regolamento della Consob, sentita la Banca d'Italia, sono disciplinati gli obblighi dei soggetti abilitati in materia di trasparenza e di correttezza dei comportamenti.

La Banca d'Italia e la Consob disciplinano poi congiuntamente con regolamento, con riferimento alla prestazione dei servizi e delle attività di investimento, nonché alla gestione collettiva del risparmio, una serie di obblighi relativi ai soggetti abilitati.

La successiva lettera b) prescrive che nell'esercizio della delega si prevedano, in conformità alla disciplina della direttiva in esame, le necessarie modifiche al TUF atte a consentire che una società di gestione del risparmio possa istituire e gestire fondi comuni di investimento armonizzati in altri Stati membri e che una società di gestione armonizzata possa istituire e gestire fondi comuni di investimento armonizzati in Italia.

La lettera c) dispone siano recate le opportune modifiche al TUF in tema di libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento delle società di gestione armonizzate recate dalla direttiva 2009/65/CE, anche al fine di garantire che una società di gestione armonizzata operante in Italia sia tenuta a rispettare le norme italiane in materia di costituzione e di funzionamento dei fondi comuni di investimento armonizzati, e che la prestazione in Italia del servizio di gestione collettiva del risparmio da parte di succursali delle società di gestione armonizzate avvenga nel rispetto delle regole di comportamento stabilite nel citato testo unico.

La successiva lettera d) dispone che alla Banca d’Italia e alla CONSOB, siano attribuiti alcuni poteri di vigilanza e di indagine previsti dall’articolo 98 della citata direttiva 2009/65/CE, secondo i criteri e le modalità previsti dall’articolo 187-octies del citato TUF.

Ai sensi della lettera e) del comma 2, il legislatore delegato è tenuto a recepire le disposizioni della direttiva in materia di fusioni transfrontaliere di OICVM e di strutture master-feeder.

La lettera f) prescrive l'introduzione di norme di coordinamento con la disciplina fiscale vigente in materia di OICVM, mentre la lettera g) impone,in coerenza con le definizioni e alla disciplina della direttiva 2009/65/CE, di modificare le norme del TUF concernenti l’offerta in Italia di quote di fondi comuni di investimento armonizzati.

La lettera h) prescrive, nell'esercizio della delega, di attuare le misure di tutela dell’investitore previste dalla direttiva, in particolare con riferimento alle informazioni per gli investitori, adeguando la disciplina dell’offerta al pubblico delle quote o azioni di OICVM aperti.

La lettera i) impone al legislatore delegato di applicare sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni delle regole dettate nei confronti delle società di gestione del risparmio armonizzate in attuazione della direttiva, in linea con quelle già stabilite dal TUF, e nei limiti massimi ivi previsti, in tema di disciplina degli intermediari.

La lettera l)prevede di apportare alla disciplina complessivamente vigente in materia sanzionatoria, ai sensi del più volte richiamato TUF, le modificazioni occorrenti per assicurare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, l’armonizzazione dei criteri applicativi e delle relative procedure, l'introduzione di efficaci misure di deflazione del contenzioso, nonché l’adeguamento della disciplina dei controlli e della vigilanza e delle forme e dei limiti della responsabilità dei soggetti preposti, comunque nel rispetto del principio di proporzionalità e anche avendo riguardo agli analoghi modelli normativi nazionali o dell’Unione europea, individuando a tal fine gli specifici principi e criteri direttivi indicati nei nn. da 1)  a 6) della medesima lettera.

La lettera m)reca una disposizione di chiusura, volta - in conformità alle definizioni, alla disciplina della citata direttiva 2009/65/CE e ai criteri direttivi previsti dal disegno di legge comunitaria – ad arrecare le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione comunitaria, per i settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti.

La lettera n) prescrive al legislatore delegato di apportare le necessarie modifiche al TUF al fine di definire la disciplina applicabile ai fondi gestiti da una società di gestione del risparmio (SGR) in liquidazione coatta amministrativa; dovranno inoltre essere previsti, anche nei casi in cui la SGR non sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, meccanismi di adeguata tutela dei creditori se le attività del fondo dovessero essere insufficienti.

 

Si ricorda, infine, che l’articolo 2, commi da 62 a 84, del D.L. n. 225 del 2010, convertito con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011, reca disposizioni sul regime fiscale dei fondi comuni di investimento, prevedendo ai commi da 73 a 77 specifiche disposizioni per gli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).

 


Tabelle riepilogative
(aggiornamento al 3 ottobre 2011)

 


Avvertenza: nella colonna “TERMINE DI RECEPIMENTO” di ciascuna delle tabelle che seguono sono evidenziati in grassetto i termini scaduti al 3 ottobre 2011.

 

 

 

 

 

Tabella 1
DIRETTIVE CONTENUTE NEL DDL COMUNITARIA 2011
DA ATTUARE PER DELEGA E IN VIA AMMINISTRATIVA

 

 

Direttive da attuare con decreti legislativi

(Direttive indicate negli Allegati A e B del ddl comunitaria 2011 – A.C. 4623)

 

Allegato A

 

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2009/156/CE

del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa alle condizioni di polizia sanitaria che disciplinano i movimenti degli equidi e le importazioni di equidi in provenienza dai paesi terzi

Non c’è termine espresso

No

2010/31/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia

9/7/2012

No

 

 


Allegato B

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2009/101/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'articolo 48, secondo comma, del trattato per proteggere gli interessi del soci e dei terzi (versione codificata)

Non c’è termine espresso

 

2009/102/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (versione codificata)

Non c’è termine espresso

 

2009/126/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio

1/1/2012

2009/158/CE

del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa alle norme di polizia sanitaria per gli scambi intracomunitari e le importazioni in provenienza da paesi terzi di pollame e uova da cova (versione codificata)

Non c’è termine espresso

2010/18/UE

del Consiglio, dell'8 marzo 2010, che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE

8/3/2012

2010/23/UE

del Consiglio, del 16 marzo 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto per quanto concerne l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi

Non c’è termine espresso (si applica fino al 30/6/2015)

2010/32/UE

del Consiglio, del 10 maggio 2010, che attua l'accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario

11/5/2013

2010/40/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modo di trasporto

27/2/2012

2010/41/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sull'applicazione del principio di parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio

5/8/2010

2010/45/UE

del Consiglio, del 13 luglio 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione

31/12/2012

2010/53/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti

27/8/2012

2010/63/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici

10/11/2012

2010/64/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritti all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali

27/10/2013

2010/65/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010, relativa alle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri e che abroga la direttiva 2002/6/CE

19/5/2012

2010/73/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica della direttive 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato

1/7/2012

2010/75/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento)

7/1/2013

2010/84/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, che modifica, per quanto concerne la farmacovigilanza, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano

21/7/2012

2011/7/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali

16/3/2013

 

2011/16/UE

del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE

1/1/2013

2011/36/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI

6/4/2013


Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2011 - AC 4623)

N.B.: A sfondo grigio sono evidenziate le direttive che risultano già attuate alla data del 3 ottobre 2011

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2010/27/UE

della Commissione, del 23 aprile 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva triflumizolo

30/11/2010[68]

2010/28/UE

della Commissione, del 23 aprile 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva metalaxil

31/12/2010[69]

2010/29/UE

della Commissione, del 27 aprile 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva flonicamid (IKI-220)

28/2/2011[70]

2010/38/UE

della Commissione, del 18 giugno 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva fluoruro di solforile

28/2/2011[71]

2010/39/UE

della Commissione, del 10 giugno 2010, che modifica l'allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio per quanto riguarda  le disposizioni specifiche relative alle sostanze attive clofentezina, diflubenzurone, lenacil, ossadiazone, picloram e piriprossifen

31/12/2010[72]

2010/42/UE

della Commissione, del 28 giugno 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva FEN 560 (semi di fieno greco in polvere)

30/4/2011[73]

2010/43/UE

della Commissione del 1° luglio 2010 recante modalità di esecuzione della direttiva 2009/65/CE del parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti organizzativi, i conflitti di interesse, le regole di condotta, la gestione del rischio e il contenuto dell'accordo tra il depositario e la società di gestione

30/6/2011

2010/44/UE

della Commissione del 1° luglio 2010 recante modalità di esecuzione della direttiva 2009/65/CE del parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda talune disposizioni inerenti alle fusioni di fondi, alle strutture masterfeeder e alla procedura di notifica

30/6/2011

2010/47/UE

della Commissione, del 5 luglio 2010, recante adeguamento al progresso tecnico della direttiva 2000/30/CE del parlamento europeo e del Consiglio relativa ai controlli tecnici su strada dei veicoli commerciali circolanti nella Comunità

1/1/2012

2010/48/UE

della Commissione, del 5 luglio 2010, che adegua al progresso tecnico la direttiva 2009/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il controllo tecnico su strada dei veicoli a motore e dei loro rimorchi

31/12/2011

2010/50/UE

della Commissione, del 10 agosto 2010, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il dazomet come principio attivo nell'allegato I della direttiva

31/7/2011

2010/51/UE

della Commissione, dell'11 agosto 2010, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di includere il N,N-dietil-m-toluammide come principio attivo nell'allegato I di tale direttiva

31/7/2011

2010/52/UE

della Commissione, dell'11 agosto 2010, che modifica, ai fini dell'adattamento delle rispettive disposizioni tecniche, la direttiva 76/763/CEE del Consiglio relativa ai sedili per accompagnatori dei trattori agricoli o forestali a ruote e la direttiva 2009/144/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni elementi e caratteristiche dei trattori agricoli o forestali a ruote

1/3/2011[74]

2010/54/UE

della Commissione, del 20 agosto 2010, che modifica l'allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio per rinnovare l'iscrizione dell'azimsulfuron come sostanza attiva

31/1/2012[75]

2010/55/UE

della Commissione, del 20 agosto 2010, che modifica l'allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio per rinnovare l'iscrizione della sostanza attiva azossistrobina

31/1/2012[76]

2010/56/UE

della Commissione, del 20 agosto 2010, che modifica l'allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio per rinnovare l'iscrizione della sostanza attiva proesadione

31/1/2012

2010/57/UE

della Commissione, del 26 agosto 2010, che modifica l'allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio per rinnovare l'iscrizione della sostanza attiva imazalil

31/1/2012

2010/58/UE

della Commissione, del 23 agosto 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per quanto riguarda l'estensione dell'utilizzo della sostanza attiva iprodione

24/12/2012[77]

2010/59/UE

della Commissione, del 26 agosto 2010, che modifica la direttiva 2009/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti

15/9/2011[78]

2010/62/UE

della Commissione, del 30 agosto 2010, che dispone deroghe per la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate a essere utilizzate per la preservazione dell'ambiente naturale

30/11/2011

2010/67/UE

della Commissione, del 20 ottobre 2010, che modifica la direttiva 2008/84/CE che stabilisce i requisiti di purezza specifici negli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti

31/3/2011[79]

2010/68/UE

della Commissione, del 22 ottobre 2010, recante modifica della direttiva 96/98/CE del Consiglio sull'equipaggiamento marittimo

10/12/2011

2010/69/UE

della Commissione, del 22 ottobre 2010, che modifica gli allegati della direttiva 95/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti

31/3/2011[80]

2010/70/UE

della Commissione, del 28 ottobre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per quanto riguarda la data di scadenza dell'iscrizione della sostanza attiva carbendazim nell'allegato I e che modifica la decisione 2008/934/CE

31/12/2010[81]

2010/71/UE

della Commissione, del 4 novembre 2010, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il metofluthrin come principio attivo nel relativo allegato I

1/5/2011

2010/72/UE

della Commissione, del 4 novembre 2010, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere lo spinosad come principio attivo nell'allegato I della direttiva

30/11/2011

2010/74/UE

della Commissione, del 9 novembre 2010, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per estendere l'iscrizione del principio attivo biossido di carbonio nell'allegato I al tipo di prodotto 18

31/10/2011

2010/77/UE

della Commissione, del 10 novembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per scadenze dell'iscrizione di determinate sostanze attive nell'allegato I

31/03/2011[82]

2010/79/UE

della Commissione, del 19 novembre 2010, sull'adeguamento al progresso tecnico dell'allegato III della direttiva 2004/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili

10/6/2012

2010/80/UE

della Commissione, del 22 novembre 2010, che modifica la direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'elenco di prodotti per la difesa

30/6/2011

2010/81/UE

della Commissione, del 25 novembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per quanto riguarda l'estensione dell'utilizzo della sostanza attiva 2-Fenilfenol

1/1/2011[83]

2010/82/UE

della Commissione, del 29 novembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per quanto riguarda l'estensione dell'impiego della sostanza attiva tetraconazolo

31/3/2011[84]

2010/83/UE

della Commissione, del 30 novembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva napropamide

30/6/2011[85]

2010/85/UE

della Commissione, del 30 novembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per includere il fosfuro di zinco come sostanza attiva e che modifica la decisione 2008/941/CE

31/10/2011[86]

2010/86/UE

della Commissione, del 2 dicembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva haloxyfop-P

30/6/2011[87]

2010/87/UE

della Commissione, del 3 dicembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per includere il fenbuconazolo come sostanza attiva e che modifica la decisione 2008/934/CE

31/10/2011[88]

2010/89/UE

della Commissione, del 6 novembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva quinmerac e che modifica la decisione 2008/934/CE

31/10/2011[89]

2010/90/UE

della Commissione, del 10 dicembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva piridaben e che modifica la decisione 2008/934/CE

31/10/2011[90]

2010/91/UE

della Commissione, del 10 dicembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva metosulam e che modifica la decisione 2008/934/CE

31/10/2011[91]

2010/92/UE

della Commissione, del 21 dicembre 2010, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva bromuconazolo

30/6/2011[92]

 

 

 


 

Tabella 2
STATO DI ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE
IN
CIASCUNO STATO MEMBRO
(dati aggiornati al 24/11/2009)

 

 

Graduatoria

Stato membro

Direttive con termine di recepimento scaduto al 24/11/2009

Direttive per le quali sono state comunicate misure di attuazione

Percentuale di direttive attuate

 

1

Germania

3078

3064

99,55%

2

Lettonia

3134

3119

99,52%

3

Lituania

3136

3119

99,46%

4

Slovacchia

3136

3118

99,43%

5

Malta

3125

3107

99,42%

6

Spagna

3097

3079

99,42%

7

Svezia

3078

3060

99,42

8

Paesi Bassi

3237

3217

99,38%

9

Svezia

3063

3044

99,38%

10

Belgio

3132

3112

99,36%

11

Bulgaria

3237

3216

99,35

12

Repubblica ceca

3136

3114

99,30%

13

Danimarca

3077

3055

99,29%

14

Estonia

3123

3100

99,26%

15

Francia

3080

3057

99,25%

16

Regno Unito

3073

3050

99,25%

17

Slovenia

3133

3109

99,23%

18

Finlandia

3075

3051

99,22%

19

Ungheria

3129

3104

99,20%

20

Irlanda

3091

2065

99,16%

21

Austria

3083

3057

99,16%

22

Portogallo

3118

3091

99,13%

23

Cipro

3126

3096

99,04%

24

Polonia

3135

3104

99,01%

25

Lussemburgo

3083

3052

98,99%

26

Italia

3088

3050

98,77%

27

Grecia

3082

3042

98,70%

 

Media CE

3114

3091

99,25%

Fonte: Commissione europea- Segretariato Generale

 


 


Tabella 3
DIRETTIVE CONTENUTE IN PRECEDENTI LEGGI COMUNITARIE
E NON ANCORA RECEPITE

Legge comunitaria 1999

(Legge 21 dicembre 1999, n. 526)

Direttive da recepire con decreto legislativo

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

98/49/CE

del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione integrativa dei lavoratori subordinati e autonomi che si spostano all'interno della Comunità.

25/07/2001

Non previsto

Legge comunitaria 2000

(Legge 29 dicembre 2000, n. 422)

Direttive da attuare in via amministrativa


DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

1999/17/CE

della Commissione, del 18 marzo 1999, che adegua al progresso tecnico la direttiva 76/761/CEE del Consiglio relativa ai proiettori dei veicoli a motore con funzione di fari abbaglianti e/o anabbaglianti nonché alle lampade ad incandescenza per tali proiettori

1/10/1999

al più tardi 6 mesi dopo la pubbl. dei regolamenti ECE/ONU della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (nov.-dic. 2001)

1999/18/CE

direttiva 1999/18/CE della Commissione, del 18 marzo 1999, che adegua al progresso tecnico la direttiva 76/762/CEE del Consiglio relativa ai proiettori fendinebbia anteriori dei veicoli a motore, nonché alle lampade ad incandescenza per tali proiettori

1/10/1999

al più tardi 6 mesi dopo la pubbl. del regolamento (ECE/ONU) n. 19 della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (nov.-dic. 2001)

1999/81/CE

del Consiglio, del 29 luglio 1999, che modifica la direttiva 92/79/CEE relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette, la direttiva 92/80/CEE relativa al ravvicinamento delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette e la direttiva 95/59/CE relativa alle imposte diverse dall'imposta sul volume d'affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati

1/1/1999

 

Legge comunitaria 2001

(Legge 1° marzo 2002, n. 39)

Tutte le direttive indicate negli articoli e negli Allegati A e B sono state recepite

 

Legge comunitaria 2002

(Legge 3 febbraio 2003, n. 14)

Tutte le direttive indicate negli articoli e negli Allegati A e B sono state recepite

 

Legge comunitaria 2003

(Legge 31 ottobre 2003, n. 306)

Direttive contenute negli articoli e negli Allegati A e B (da recepire con decreto legislativo)

Il termine per l’attuazione delle deleghe è scaduto il 30 maggio 2005

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2002/83/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativa all’assicurazione sulla vita

17/11/2002 20/9/2003 19/6/2004

No

2002/86/CE

della Commissione del 6 novembre 2002 recante modifica della direttiva 2001/101/CE per quanto concerne il termine a partire da cui sono vietati gli scambi di prodotti non conformi alla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

non definito (modifica termine di precedente direttiva)

No

 


Legge comunitaria 2004

(Legge 18 aprile 2005, n. 62)

Tutte le direttive indicate negli articoli e negli Allegati A e B sono state recepite

Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2004 - A.S. 2742 - XIV legislatura)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2003/65/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2003, che modifica la direttiva 86/609/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici

16/9/2004

 

 

 

 

 

Legge comunitaria 2005

(Legge 25 gennaio 2006, n. 29)

Direttive indicate negli articoli e negli Allegati A e B (direttive da recepire con decreto legislativo)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI

2005/1/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2005, che modifica le direttive 73/239/CEE, 85/611/CEE, 91/675/CEE, 92/49/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e le direttive 94/19/CE, 98/78/CE, 2000/12/CE, 2001/34/CE, 2002/83/CE e 2002/87/CE al fine di istituire una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari

13/5/2005

No

 


Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2005 A.C. 5767 – XIV legislatura)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2003/107/CE

che modifica la direttiva 96/16/CE del Consiglio relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

31/3/2004

2004/63/CE

del 26 aprile 2004, che modifica la direttiva 2003/79/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione

eventuale revoca autorizzazioni entro il 30/6/2005

2004/97/CE

modifica la direttiva 2004/60/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione

eventuale revoca autorizzazioni entro il 28/2/2006

 

 

Legge comunitaria 2006

(Legge 6 febbraio 2007, n. 13)

Tutte le direttive indicate negli articoli e negli Allegati A, B e C sono state recepite

Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella Relazione governativa al ddl comunitaria 2006 – AC 1042 – XV Legislatura)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2005/38/CE

della Commissione, del 6 giugno 2005, relativa ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale del tenore di tossine di Fusarium nei prodotti alimentari

1/7/2006


Legge comunitaria 2007

(Legge 25 febbraio 2008, n. 34)

 

 

Direttive indicate negli articoli e negli Allegati A e B (direttive da recepire con decreto legislativo)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2006/69/CE

del Consiglio, del 24 luglio 2006, che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare la frode o l'evasione fiscale e che abroga talune decisioni che autorizzano misure derogatorie

1/1/2008

2006/112/CE

del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto

1/1/2008

 

 

 

 

 

 

Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2007 - AS 1448 XV Legislatura)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2006/91/CE

del Consiglio, del 7 novembre 2006, concernente la lotta contro la cocciniglia di San Josè (versione codificata)

Non presente
(versione codificata)

2006/125/CE

della Commissione, del 5 dicembre 2006, sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini

Non presente
(versione codificata)

 


Legge comunitaria 2008

(Legge 7 luglio 2009, n. 88)

Direttive indicate negli articoli e negli Allegati A e B (direttive da recepire con decreto legislativo)

Articoli

 

ARTICOLO

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

20

2008/13/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che abroga la direttiva 84/539/CE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi elettrici utilizzati in medicina veterinaria

31/12/2008

27

2007/68/CE

della Commissione, del 27 novembre 2007, che modifica l'allegato III bis della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne l'inclusione di alcuni ingredienti alimentari

31/5/2008

 

 

 

Allegato A

Le direttive indicate nell’Allegato A sono state tutte recepite.

 

Allegato B

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

2005/47/CE

del Consiglio, del 18 luglio 2005, concernente l’accordo tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario

27/7/2008[93]

2006/112/CE

del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto

1/1/2008

2007/30/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, che modifica la direttiva 89/391/CEE del Consiglio, le sue direttive particolari e le direttive del Consiglio 83/477/CEE, 91/383/CEE, 92/29/CEE, e 94/33/CE ai fini della semplificazione e della razionalizzazione delle relazioni sull'attuazione pratica

31/12/2007

2008/5/CE

della Commissione, del 30 gennaio 2008, relativa alla specificazione sull'etichetta di alcuni prodotti alimentari di altre indicazioni obbligatorie oltre a quelle previste dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (versione codificata)

20/2/2008

 

Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2008 - AS 1078- XVI Legislatura)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2007/61/CE

del Consiglio, del 26 settembre 2007, che modifica la direttiva 2001/114/CE relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana

31/08/2008

2008/47/CE

della Commissione, dell'8 aprile 2008, che modifica, per adeguarla al progresso tecnico, la direttiva 75/324/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli aerosol

29/10/2009

 


Legge comunitaria 2009

(Legge 4 giugno 2010, n. 96)

Direttive indicate negli articoli e negli allegati A e B (direttive da recepire con decreto legislativo)

Direttive indicate solo negli articoli

 

ARTICOLO

DIRETTIVA

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

26

Direttiva 2007/61/CE del Consiglio, del 26 settembre 2007, che modifica la direttiva 2001/114/CE relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana

31/8/2008

[94]

37

Direttiva 2008/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica della direttiva 67/97/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari

31/12/2010

42

Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata)

non è previsto termine espresso

 

Allegato A

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2008/124/CE

della Commissione, del 18 dicembre 2008, che limita la commercializzazione delle sementi di talune specie di piante foraggere, oleaginose e da fibra alle sementi ufficialmente certificate "sementi di base" o "sementi certificate" (versione codificata)

non è previsto termine espresso

NO

2009/41/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (rifusione)

non è previsto termine espresso

NO

 

 

 

Allegato B

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2008/95/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (Versione codificata)

non è previsto termine espresso

2008/104/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale

5/12/2011

2009/12/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali

15/03/2011

[95]

2009/13/CE

del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE

non è previsto termine espresso

2009/18/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che stabilisce i prìncipi fondamentali in materia di inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo e che modifica la direttiva 1999/35/CE del Consiglio e la direttiva 2002/59/CE del parlamento europeo e del Consiglio

17/6/2011

[96]

2009/21/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera

17/6/2011

[97]

2009/29/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra

31/12/2012

2009/31/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio e recante modifica della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, delle direttive del parlamento europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2008/1/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio

25/6/2011

[98]

2009/54/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (rifusione)

non è previsto termine espresso

2009/69/CE

del Consiglio, del 25 giugno 2009, che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto in relazione all'evasione fiscale connessa all'importazione

1/1/2011

2009/71/EURATOM

del Consiglio, del 25 giugno 2009, che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari

22/7/2011

2009/81/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 relativa al coordinamento delle procedure per l'aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE

21/8/2011

2009/102/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/107/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, recante modifica della direttiva 98/8/CE, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi, per quanto riguarda l'estensione di determinati periodi di tempo

14/5/2010

2009/119/CE

del Consiglio, del 14 settembre 2009, che stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi

31/12/2012

 

2009/138/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II)

31/10/2012

2009/148/CE

del parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro (versione codificata)

non è previsto termine espresso


Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2009 - AC 2449)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2008/1/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e riduzione integrate dall’inquinamento (VERSIONE CODIFICATA)

non è previsto termine espresso

2008/2/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente il campo di visibilità e i tergicristalli dei trattori agricoli o forestali a ruote (VERSIONE CODIFICATA)

1/5/2008

 

 

 

Ddl comunitaria 2010 (A.S. 2322-B)

(attualmente all’esame della 14° Commissione del Senato)

Direttive indicate negli articoli

Articolo 6

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2009/65/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM)

30/6/2011

2009/109/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica le direttive del Consiglio 77/91\/CEE, 78/855/CEE e 82/891/CEE e la direttiva 2005/56/CE per quanto riguarda gli obblighi in materia di relazione e di documentazione in caso di fusioni e scissioni

30/6/2011

2009/110/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE

30/4/2011

 

 

Articolo 7

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2010/73/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica della direttive 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato

1/7/2012

 

 

Articolo 8

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2010/24/UE

del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure

31/12/2011

 

 

Articolo 9

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2009/127/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che modifica la direttiva 2006/42/CE relativa alle macchine per l’applicazione di pesticidi

15/6/2011

2009/136/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 recante modifica della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti ed i servizi di comunicazione elettronica, della direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e del regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa a tutela dei consumatori

25/5/11

2009/140/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica delle direttive 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime e 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica

25/5/2011

2010/30/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, concernente l'indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi all'energia, mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti

20/6/2011 (applicazione 20/7/2011)

2011/17/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che abroga le direttive 71/317/CEE, 71/347/CEE, 71/349/CEE, 74/148/CEE, 75/33/CEE, 76/765/CEE, 76/766/CEE e 86/217/CEE del Consiglio relative alla metrologia

30/6/2011

 

Articolo 14

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2009/43/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all'interno della Comunità di prodotti per la difesa

30/6/2011 (applicazione 30/6/2012)

 

Articolo 15

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2010/78/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati)

31/12/11

Articolo 18

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2009/20/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull'assicurazione degli armatori per i crediti marittimi

1/4/2010 (applicazione 1/6/2010)

2010/36/UE

della Commissione, del 1° giugno 2010, che modifica la direttiva 2009/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri

31/5/2011

2010/35/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2010, in materia di attrezzature a pressione trasportabili e che abroga le direttive del Consiglio 76/767/CEE, 84/525/CEE, 84/526/CEE, 84/527/CEE e 1999/36/CE

30/6/2011

 

 

 

 

Articolo 19

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2010/60/UE

della Commissione, del 30 agosto 2010, che dispone deroghe per la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate a essere utilizzate per la preservazione dell'ambiente naturale

30/11/11

 

 

 

 

Articolo 20

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2009/128/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi

14/12/2011

 

Articolo 21

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2009/38/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (rifusione)

5/6/2011

2009/50/CE

del Consiglio, del 25 maggio 2009, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati

19/6/2011

2009/52/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare

20/7/2011

 

 

 

Articolo 22

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2010/76/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda i requisiti patrimoniali per il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni e il riesame delle politiche remunerative da parte delle autorità di vigilanza

art. 3 lett. a): 1/1/2011 altre disposizioni: 31/12/2011


 


Tabella 4
DIRETTIVE SCADUTE ENTRO IL 31/8/2011
NON RECEPITE E NON INSERITE IN LEGGI COMUNITARIE E NEL DDL COMUNITARIA 20
11

In grassetto sono evidenziate le direttive già scadute alla data del 3/10/2011

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

2000/64/CE

del 7 novembre 2000, che modifica le direttive 85/611/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE e 93/22/CEE del Consiglio per quanto riguarda lo scambio d'informazioni con i paesi terzi

17/11/2002
abrogata parzialmente dalla direttiva 2002/83/CE

2005/75/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2005, che rettifica la direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi

31/01/2006

2006/29/CE

della Commissione, dell’8 marzo 2006, che modifica la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’inclusione di taluni enti nel campo di applicazione di tale direttiva o la loro esclusione da esso

30/06/2006

2007/42/CE

della Commissione, del 29 giugno 2007, relativa ai materiali e agli oggetti di pellicola di cellulosa rigenerata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2008/55/CE

del Consiglio, del 26 maggio 2008, sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2008/94/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in casi d'insolvenza del datore di lavoro (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2008/95/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/2/CE

della Commissione, del 15 gennaio 2009, recante trentunesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose

1/6/2009

2009/22/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/23/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa agli strumenti per pesare a funzionamento non automatico (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/32/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti (rifusione)

non è previsto termine espresso

2009/40/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, concernente il controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (rifusione)

non è previsto termine espresso

2009/55/CE

del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativa alle esenzioni fiscali applicabili all'introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/57/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa ai dispositivi di protezione in caso di capovolgiomento dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/66/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa al dispositivo di sterzo dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/75/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa ai dispositivi di protezione in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote (prove statiche) (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/79/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa ai cavalletti dei veicoli a motore a due ruote

non è previsto termine espresso

2009/100/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità rilasciati per le navi della navigazione interna

non è previsto termine espresso

2009/105/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativa ai recipienti semplici a pressione (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/132/CE

del Consiglio, del 19 ottobre 2009, che determina l'ambito d'applicazione dell'articolo 143, lettere b) e c), della direttiva 2006/112/CE per quanto concerne l'esenzione dell'imposta sul valore aggiunto di talune importazioni definitive di beni (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/133/CE

del Consiglio, del 19 ottobre 2009, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una SE e di una SCE tra Stati membri (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2009/147/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2010/13/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (versione codificata)

non è previsto termine espresso

2010/16/UE

della Commissione, del 9 marzo 2010, che modifica la direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'esclusione di un determinato ente dall'ambito di applicazione

30/6/2010

2010/35/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2010, in materia di attrezzature a pressione trasportabili e che abroga le direttive del Consiglio 76/767/CEE, 84/525/CEE, 84/526/CEE, 84/527/CEE e 1999/36/CE

30/6/2011

2010/37/UE

della Commissione del 17 giugno 2010, che modifica la direttiva 2008/60/CE che stabilisce i requisiti di purezza specifici per gli edulcoranti

31/3/2011

2010/88/UE

del Consiglio, del 7 dicembre 2010, che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, in relazione alla durata dell'obbligo di applicazione di un'aliquota normale minima

31/12/2010

2011/38/UE

Direttiva di esecuzione 2011/38/UE della Commissione, dell'11 aprile 2011, che modifica l'allegato V della direttiva 2004/33/CE per quanto riguarda i valori massimi del pH per i concentrati piastrinici alla fine del periodo massimo di conservazione

30/6/2011

2011/72/UE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2011, che modifica la direttiva 2000/25/CE per quanto riguarda disposizioni per i trattori immessi sul mercato in regime di flessibilità

24/9/2011

 

 



[1]    Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[2]    COM(2003)238 final del 7 maggio 2003.

[3]    La relazione "individuale" viene inviata ogni anno ad ogni Stato membro e approfondisce i dati già esaminati nel Rapporto annuale che esamina complessivamente il lavoro del SOLVIT e viene presentato in primavera.

[4] COM(2010) 70 def.

[5]    La Relazione indica un numero maggiore di direttive, ma alcune di queste risultano essere state abrogate da disposizioni successive.

[6]     I dati della tabella 2 sono forniti dal Segretariato generale della Commissione europea. Alla data del 3 ottobre 2011 non risulta pubblicato un aggiornamento dei dati.

[7]    I dati della tabella 3 sono elaborati dal Servizio Studi della Camera.

[8]     Tale dato comprende quindi anche le direttive il cui termine di recepimento non è ancora scaduto.

[9]    Dati pubblicati il 29 settembre 2011.

[10]   Il tasso medio dell’1% era stato concordato dai Capi di Stato e di Governo dell’Unione nel Consiglio europeo di marzo 2007.

[11]   Cfr. gli articoli 8 e 17.

[12]   Le regioni che hanno adottato il nuovo statuto ai sensi dell'art. 123 Cost. (tutte, ad eccezione di Basilicata, Molise e Veneto) hanno inserito norme di principio sulla partecipazione della regione  alla formazione e attuazione del diritto comunitario; altre norme; inoltre, sono inserite nel regolamento interno del Consiglio regionale (così, ad esempio, in Piemonte dove è disciplinata la "Sessione per la legge comunitaria regionale" art. 42 Regolamento interno del Consiglio regionale).

[13]   Si ricorda che alcune regioni avevano adottato norme di procedura per l’adeguamento della normativa regionale alle direttive comunitarie e per la partecipazione della regione alla formazione del diritto comunitario anche prima della riforma del Titolo V della Costituzione; sono le regioni Toscana (L.R. 37/1994), Liguria (L.R. 44/1995), Veneto (L.R. 30/1996) Basilicata (L.R. 30/1997 art. 10) e Sardegna (L.R. 20/1998).

[14]   In Umbria il disegno di legge deve essere presentato entro il 30 giugno e approvato in tempo utile per la predisposizione dell'elenco degli atti normativi con i quali nelle singole regioni e province autonome si è provveduto a dare attuazione alle direttive nelle materie di loro competenza. Il riferimento della legge umbra è all’elenco di cui all’art. 8, comma 5, lett. e) della legge n. 11 del 2005, che deve essere predisposto dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano e trasmesso alla Presidenza del Consiglio non oltre il 25 gennaio di ogni anno. Per la regione Molise invece il termine per l’approvazione è entro l’anno di riferimento.

[15]   Il regolamento interno del Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna prevede invece che la relazione sullo stato di conformità dell’ordinamento regionale all’ordinamento comunitario sia esaminata congiuntamente al programma legislativo della Commissione europea.

[16]   Regione Friuli Venezia Giulia, L.R. 30 luglio 2009 n. 13 Disposizioni per l'adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2006/123/CE. Attuazione dell'articolo 7 della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Attuazione del Regolamento (CE) n. 853/2004 in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Modifiche a leggi regionali in materia di sportello unico per le attività produttive, di interventi sociali e artigianato, di valutazione ambientale strategica (VAS), di concessioni del demanio pubblico marittimo, di cooperazione allo sviluppo, partenariato internazionale e programmazione comunitaria, di gestione faunistico-venatoria e tutela dell'ambiente naturale, di innovazione (Legge comunitaria 2008).

[17]   Regione Valle d'Aosta, L.R. 23 maggio 2011 n. 12 Disposizioni per l'adempimento degli obblighi della Regione autonoma Valle d'Aosta derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee e attuazione della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno (direttiva servizi). Modificazioni alla legge regionale 6 agosto 2007, n. 19 (Nuove disposizioni in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), e alla legge regionale 17 gennaio 2008, n. 1 (Nuova disciplina delle quote latte). Legge comunitaria regionale 2011.

[18]   Regione Marche, L.R. 29 aprile 2011 n. 7 Attuazione della Direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno e altre disposizioni per l'applicazione di norme dell'Unione Europea e per la semplificazione dell'azione amministrativa. Legge comunitaria regionale 2011.

[19]   Regione Emilia-Romagna, L.R. 12 febbraio 2010, n. 4 Norme per l’attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno e altre norme per l’adeguamento all’ordinamento comunitario – legge comunitaria regionale per il 2010.

[20]   Regione Abruzzo L.R. 22 dicembre 2010, n. 59, Disposizioni per l'adempimento degli obblighi della Regione Abruzzo derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea. Attuazione della direttiva 2006/123/CE, della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2006/7/CE (Legge comunitaria regionale 2010).

[21]    Legge 9 marzo 1989, n. 86, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[22]    Legge 4 febbraio 2005, n. 11, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[23]    Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

[24]    Legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica).

[25]    L’art. 81, co. 4°, Cost. stabilisce che ogni legge che importi nuove o maggiori spese, rispetto alla legge di bilancio, deve indicare i mezzi per farvi fronte.

[26]   Sentenze n. 12/2004; n. 428/2004; n. 106/2006 e n. 246/2009.

[27]    Al riguardo si ricorda che la Corte costituzionale, con la sent. 53/1997, confermata dalla successiva sent. 456/1998, ha avuto modo di pronunciarsi criticamente sulla scarsa precisione dei princìpi e criteri direttivi relativi alle sanzioni penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi delegati. La Corte ha infatti affermato, in relazione alla disposizione dell’art. 2, lett. d), della L. 146/1994 – legge comunitaria per il 1993 – analoga a quella contenuta nella lett. c) in esame, che la disposizione, che stabilisce i criteri e princìpi direttivi della delega conferita al Governo, in ordine alle sanzioni per le infrazioni alle norme delegate “non appare certo perspicua. […] La Corte esprime dunque l’auspicio che il Legislatore, ove conferisca deleghe ampie di questo tipo, adotti, per quanto riguarda il ricorso alla sanzione penale, al cui proposito è opportuno il massimo di chiarezza e certezza, criteri configurati in modo più preciso”.

[28]   Le infrazioni lesive di determinati interessi generali dell’ordinamento interno, in quanto ritenuti meritevoli di tutela penale, erano state escluse dalla depenalizzazione effettuata dalla L. 689/1981 e, da ultimo, dalla ulteriore depenalizzazione prevista dalla L. 205/1999, e dal D.Lgs. 507/1999, emanato in base alla delega ivi prevista.

[29]    D.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468.

[30]    Legge 16 aprile 1987, n. 183, Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[31]   Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

[32]    Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[33]    Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (c.d. “Bassanini 1”). L’art. 20, norma base delle leggi di semplificazione, è stato più volte modificato, da ultimo dalla L. 246/2005 (legge di semplificazione 2005).

[34]   Legge 8 marzo 1999, n. 50, Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1998.

[35]   Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001.

[36]   Legge 22 febbraio 1994, n. 146, art. 8.

[37]   Legge 6 febbraio 1996, n. 52, art. 8.

[38]   Regolamento del Consiglio sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate.

[39]   Direttiva del Consiglio relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno.

[40]   Ai sensi della definizione recata dall'articolo 2, per "prestazione energetica di un edificio" dovrà intendersi la "quantità di energia, calcolata o misurata, necessaria per soddisfare il fabbisogno energetico connesso ad un uso normale dell'edificio, compresa, in particolare, l'energia utilizzata per il riscaldamento, il rinfrescamento, la ventilazione, la produzione di acqua calda e l'illuminazione".

[41]   Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE.

[42]   Direttiva recepita con D.P.R. 3 marzo 1993, n. 587.

[43]   Associazione europea datori di lavoro del settore ospedaliero e sanitario.

[44]   Federazione sindacale europea dei servizi pubblici.

[45]   Riguardanti, rispettivamente, l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) ed alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale.

[46]   Direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici, recepita con D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 116.

[47]   Seppie, calamari, totani, polpi e i moscardini.

[48]   E’ fatta salva dall’applicazione delle norme in esame, la direttiva 76/768/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici, oggetto di rifusione ad opera del regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009.

[49]   L’articolo 13 della direttiva in esame riguarda la scelta dei metodi:

a)  usano il minor numero possibile di animali;

b)  prevedono l'utilizzo di animali con la minore capacità di provare dolore, angoscia sofferenza o danno prolungato;

c)  causano il meno possibile di dolore,

sofferenza, angoscia o danno prolungato e offrono le maggiori probabilità di risultati soddisfacenti.

Per quanto possibile occorre evitare la morte come punto finale di una procedura, preferendo punti finali più precoci e più umanitari. Laddove la morte come punto finale è inevitabile, la procedura è concepita in modo tale da:

a)  comportare la morte del minor numero possibile di animali; e

b)  ridurre al minimo possibile la durata e l'intensità della sofferenza dell'animale, garantendo per quanto possibile una morte senza dolore.

[50]   Clausola di salvaguardia di cui all'articolo 55, paragrafo 2.

[51]   Vedi l'Allegato III.

[52]   Si ricorda che la proposta di direttiva (PE-CONS 1/10) è stata sottoposta in fase ascendente all’esame delle competenti Commissioni parlamentari. In particolare, la 14° Commissione permanente del Senato ha approvato il 23 aprile 2010 una risoluzione (doc. XVIII-bis, n. 1) con osservazioni favorevoli e alcuni rilievi.

[53]   In particolare, il 30 novembre 2009 il Consiglio ha adottato una risoluzione relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali; seguendo un approccio in varie tappe, la tabella di marcia ha invitato ad adottare misure concernenti il diritto alla traduzione e all’interpretazione (misura A), il diritto a informazioni relative ai diritti e all’accusa (misura B), il diritto alla consulenza legale e all’assistenza legale gratuita (misura C), il diritto alla comunicazione con familiari, datori di lavoro e autorità consolari (misura D), nonché le garanzie speciali per indagati o imputati vulnerabili (misura E). La tabella, valutata positivamente dal Consiglio europeo, è stata integrata nel programma di Stoccolma (punto 2.4), adottato il 10 dicembre 2009. Peraltro, nella stessa sede, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a esaminare ulteriori elementi in materia di diritti procedurali minimi per gli indagati e gli imputati, nonché a valutare la necessità di affrontare altre questioni, ad esempio la presunzione d’innocenza, in modo da promuovere una migliore cooperazione in tale settore.

[54]    SafeSeaNet è un sistema per lo scambio in formato elettronico di informazioni relative alla sicurezza portuale e marittima, alla protezione dell’ambiente marino e all’efficienza del traffico e del trasporto marittimi.

[55]    La direttiva 2002/59/CE si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate, ad esclusione delle navi da guerra, delle navi da pesca e dei bunker, fino a 1.000 tonnellate di stazza lorda.

[56]    La direttiva 2002/6/CE è stata recepita in Italia con il D.Lgs. 24 dicembre 2004, n. 335, recante “Attuazione della direttiva 2002/6/CE sulle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri della Comunità”.

[57]   La direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003 relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE ha l'obiettivo di migliorare la qualità dell'informazione fornita agli investitori dalle società che desiderino raccogliere capitali nell'Unione europea, rafforzando l'armonizzazione delle disposizioni riguardanti la preparazione e il contenuto dei prospetti ed introducendo un sistema di autorizzazione unica per i prospetti utilizzabile in tutti gli Stati dell'Unione europea (passaporto unico per gli emittenti).

[58]   La direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE, rafforza la trasparenza imponendo agli emittenti di valori mobiliari obblighi di informazione precisi e regolari e ciò per garantire un elevato livello di protezione degli investitori e l’efficacia dei mercati dei valori mobiliari  ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato.

[59] L’art. 3 della direttiva definisce “installazione” l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I o nell'allegato VII, parte I (attività che utilizzano solventi organici), e qualsiasi altra attività accessoria presso lo stesso luogo, che sono tecnicamente connesse con le attività elencate nei suddetti allegati e possono influire sulle emissioni e sull'inquinamento.

[60]   Recepita con D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219. Si ricorda che la direttiva citata è stata modificata recentemente dalla direttiva 2011/62, che ha regolamentato tra l’altro la vendita a distanza al pubblico dei medicinali (articoli 85 quater e quinquies).

[61]   Istituita dal Reg. (CE) 31-3-2004 n. 726/2004, Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali.

[62]   Per «pubblica amministrazione» la direttiva in esame qualsiasi amministrazione aggiudicatrice secondo la disciplina sulle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (direttiva 2004/17/CE), e secondo la disciplina sul coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (direttiva 2004/18/CE).

[63]   Come si afferma nei considerando della direttiva, essa non dovrebbe disciplinare le transazioni con i consumatori, gli interessi relativi ad altri pagamenti (ad es, pagamenti a norma di legge per assegni o titoli di credito o pagamenti a titolo risarcimento danni, compresi i pagamenti effettuati da un assicuratore). Inoltre, gli Stati membri dovrebbero poter escludere i debiti oggetto di procedure concorsuali, comprese le procedure per la ristrutturazione del debito.

[64]   Nel considerando n. 25 della direttiva si afferma che per i sistemi di assistenza sanitaria si pone il problema bilanciare le esigenze dei singoli pazienti con le risorse finanziarie disponibili. Gli Stati membri dovrebbero quindi poter concedere agli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria una certa flessibilità nell'onorare i loro impegni. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati, a determinate condizioni, a prorogare il periodo legale di pagamento fino ad un massimo di sessanta giorni.

[65]   La disciplina legislativa è completata dalla più recente legge n. 108 del 2010, Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.

[66]   Cfr. TU immigrazione (D.Lgs 286/1998, art. 18 (Soggiorno per motivi di protezione sociale).

[67]   Si dà conto unicamente delle direttive di maggiore rilevanza.

[68]   DM Salute 30/12/2010.

[69]   DM Salute 30/12/2010.

[70]   DM Salute 30/12/2010.

[71]   DM Salute 30/12/2010.

[72]   DM Salute 30/12/2010.

[73]   DM Salute 30/12/2010.

[74]   DM Infrastrutture e trasporti 7/4/2011.

[75]   DM Salute 18/3/2011.

[76]   DM Salute 18/3/2011.

[77]   DM Salute 24/2/2011.

[78]   DM Salute 4/8/2011.

[79]   DM Salute 7/4/2011.

[80]   DM Salute 7/4/2011.

[81]   DM Salute 30/12/2010.

[82]   DM Salute 30/12/2010.

[83]   DM Salute 30/12/2010.

[84]   DM Salute 30/12/2010.

[85]   DM Salute 14/4/2011.

[86]   DM Salute 16/2/2011.

[87]   DM Salute 16/2/2011.

[88]   DM Salute 16/2/2011.

[89]   DM Salute 24/2/201.

[90]   DM Salute 16/2/2011.

[91]   DM Salute 16/2/2011.

[92]   DM Salute 24/2/2011.

 

[93]   Il decreto attuativo, sul quale le Commissioni parlamentari hanno espresso il parere (atto n. 277) non è stato ancora pubblicato nella G.U.

[94]   Lo schema del decreto attuativo è in corso d’esame da parte delle competenti Commissioni parlamentari (atto n. 378).

 

[95]   Il decreto attuativo, sul quale le Commissioni parlamentari hanno espresso il parere (atto n. 380), non è stato ancora pubblicato nella G.U..

[96]   Il decreto attuativo, sul quale le Commissioni parlamentari hanno espresso il parere (atto n. 375), non è stato ancora pubblicato nella G.U..

[97]   Il decreto attuativo, sul quale le Commissioni parlamentari hanno espresso il parere (atto n. 374), non è stato ancora pubblicato nella G.U..

[98]   Il decreto attuativo, sul quale le Commissioni parlamentari hanno espresso il parere (atto n. 367), non è stato ancora pubblicato nella G.U..