Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Adeguamento dell'ordinamento interno allo Statuto della Corte penale internazionale - A.C. 1439-B - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 1439-B/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 171    Progressivo: 2
Data: 07/11/2012
Descrittori:
DIRITTO PENALE INTERNAZIONALE   TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Adeguamento dell’ordinamento interno allo Statuto della Corte penale internazionale

A.C. 1439-B

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 171/2

 

 

 

7 novembre 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: GI0197b.doc

 


INDICE

Schede di lettura

La Corte penale internazionale:  profili giuridico-internazionali                3

§      La progressiva affermazione della responsabilità penale personale nel diritto internazionale         4

§      La preparazione e lo svolgimento della Conferenza di Roma                        6

§      Lo Statuto della Corte                                                                                      7

§      Vicende successive all’entrata in vigore dello Statuto                                  11

§      Precedenti iniziative governative e parlamentari per l’adeguamento dell’ordinamento interno allo Statuto                                                                                                           16

Il contenuto del provvedimento                                                                    19

Documentazione

§      Statuto di Roma della Corte penale internazionale                                       35

 

 


Schede di lettura

 


La Corte penale internazionale:
profili giuridico-internazionali

Premessa

La Corte penale internazionale (CPI) è un’“istituzione permanente che può esercitare la giurisdizione sulle persone fisiche per i più gravi crimini di portata internazionale”, come recita l’articolo 1 dello Statuto istitutivo della Corte (Statuto di Roma).

Lo Statuto è stato adottato a Roma il 17 luglio 1998 dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite ed è entrato in vigore il 1° luglio 2002, in conformità a quanto disposto dall’articolo 126 dello Statuto stesso, che ha fissato la condizione del deposito di almeno 60 strumenti di ratifica, adesione o accettazione dello Statuto di Roma. L’Italia ha ratificato lo Statuto mediante la legge 12 luglio 1999, n. 232.

 

Gli Stati che attualmente hanno ratificato lo Statuto della Corte penale internazionale sono 121: tra questi non figurano gli Stati Uniti, Israele, il Sudan, la Cina, la Russia e tutti i Paesi arabi – anche se alcuni degli Stati menzionati hanno a suo tempo firmato lo Statuto, senza però dar seguito a quell’atto, e anzi sconfessando in un secondo momento la stessa firma.

 

Successivamente, con la legge 6 ottobre 2005, n. 213, il nostro Paese ha innalzato il contributo obbligatorio alla CPI, in relazione all’incremento delle spese amministrative e per le attività operative della Corte medesima, nella misura di 3.241.000 euro annui.

Come strutturata in base allo Statuto, la Corte – che non è organo dell’ONU[1] ma un’istanza giurisdizionale istituita per via pattizia - potrà:

§         giudicare singoli individui accusati di genocidio, di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra[2];

§         emettere sentenze di condanna alla reclusione fino a trenta anni o anche di ergastolo (in questo caso sulla base dell’estrema gravità del crimine e della situazione personale del condannato);

§         esercitare la sua giurisdizione in modo complementare rispetto a quella degli Stati.

La Conferenza diplomatica di Roma ha poi istituito, con propria risoluzione, una Commissione preparatoria per l’elaborazione dei progetti degli strumenti internazionali necessari al funzionamento della Corte (regole di procedura e prova; elementi dei reati; accordo relativo ai rapporti tra la Corte e le Nazioni Unite; accordo di sede con il Paese ospitante; accordo sui privilegi e le immunità della Corte; regole finanziarie e di bilancio della Corte; regole di procedura per l’Assemblea degli Stati Parti). Inoltre, è stato assegnato alla Commissione il compito di formulare proposte per definire gli elementi del crimine di aggressione e le condizioni per l’esercizio della giurisdizione della Corte in questi casi.

 

La Commissione preparatoria ha iniziato i propri lavori il 16 febbraio 1999, svolgendo dieci sessioni. I rapporti elaborati dalla Commissione sono stati sottoposti all’esame della prima Assemblea degli Stati Parti[3], svoltasi nella sede generale delle Nazioni Unite a New York dal 3 al 10 settembre 2002.

 

Tra gli strumenti che sono stati poi formalmente adottati dall’Assemblea figurano le Regole procedurali e quelle finanziarie, il documento relativo alle fattispecie di reato, l’Accordo sulle relazioni tra la Corte e le Nazioni Unite, i Principi di base che regolano un accordo di sede, e la Procedura per la nomina e l’elezione dei giudici e del Procuratore. Infine, alcune modifiche sono state apportate al testo dell’Accordo sui privilegi e le immunità, che è stato ufficialmente adottato il 9 settembre 2002[4].

La progressiva affermazione della responsabilità penale personale nel diritto internazionale

L'idea di istituire una corte penale internazionale per giudicare i crimini di guerra e contro l'umanità può essere fatta risalire alla fine della prima guerra mondiale. Il Trattato di Versailles (1920) dichiarò infatti responsabile il Reich germanico ed i suoi alleati per tutti i danni causati dal conflitto, e accusò l'imperatore Guglielmo II di offesa alla morale internazionale e all'autorità dei trattati.

Tuttavia, fu solo in seguito agli inauditi crimini ed alle atrocità perpetrati durante la Seconda Guerra Mondiale che si pervenne all'istituzione, nel 1945 e 1946, dei Tribunali internazionali di Norimberga e di Tokyo.

La celebrazione dei due processi consentì, tra l’altro, l’enucleazione delle fattispecie dei crimini contro la pace, di guerra, e contro l'umanità (art. 6 della Carta del Tribunale di Norimberga) e l’affermazione del principio secondo il quale tali reati sono perseguibili in base al diritto internazionale (nella sentenza di Norimberga si legge che la Carta istitutiva del Tribunale “è l’espressione del diritto internazionale esistente al tempo della sua creazione”) e che la sovranità dello Stato non può eliminare la responsabilità personale degli agenti (la citata sentenza afferma che “i crimini contro il diritto internazionale sono commessi da uomini, e non da entità astratte, e le norme di diritto internazionale possono venire applicate soltanto punendo gli individui che commettono tali crimini”).

I Tribunali di Norimberga e Tokyo, tuttavia, non rappresentavano istanze giurisdizionali dotate di competenza generale in materia, ma esclusivamente chiamati a giudicare delle violazioni del diritto internazionale compiute da determinate categorie di soggetti in un certo periodo.

 

Il 9 dicembre 1948, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la risoluzione n. 260, con la quale adottò la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio. L’articolo VI della Convenzione dispone che le persone imputate di genocidio "saranno tradotte innanzi ai competenti Tribunali dello Stato nel territorio del quale è stato commesso il fatto o a un Tribunale penale internazionale che avrà competenza nei confronti di quelle Parti (della Convenzione in oggetto) che ne avranno riconosciuto la giurisdizione”.

Sempre con la citata Risoluzione n. 260/1948, l’Assemblea invitava la Commissione giuridica internazionale a “studiare l’opportunità e la possibilità di istituire un organo giudiziario internazionale per il processo di persone accusate di genocidio”. Negli Anni Cinquanta, tuttavia, il progetto di istituire un tribunale internazionale si scontrò con la divisione in blocchi della guerra fredda che impediva ogni possibile convergenza su una visione comune di giustizia penale internazionale.

 

L'idea della giustizia penale internazionale, infine, ha trovato concreta attuazione con l'istituzione, ad opera del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, del Tribunale internazionale per i crimini commessi nei territori della ex Jugoslavia (risoluzione 808 del 22 febbraio 1993) e, successivamente, dell’omologo Tribunale per i crimini commessi in Ruanda (risoluzione 955 dell'8 novembre 1994).

Anche in questo caso si tratta di Tribunali costituiti ad hoc, per giudicare e reprimere gravissime violazioni del diritto umanitario internazionale, circoscritte nello spazio e nel tempo.

La creazione dei due citati tribunali internazionali[5], oltre allE polemiche circa il loro funzionamento e la loro utilità concreta, ha suscitato forti critiche sotto il profilo giuridico. Si è cioè contestato che il Consiglio di sicurezza, esercitando i poteri attribuitigli dall'articolo 41 della Carta delle Nazioni Unite, che è inserito nel capitolo VII relativo alle minacce alla pace e alla sicurezza internazionali e alle misure che il Consiglio può adottare in tali casi, potesse istituire dei tribunali internazionali.

Al di là delle controversie giuridiche e di merito, l'istituzione dei tribunali ha tuttavia dato un ulteriore e forte impulso verso la creazione di una Corte penale internazionale permanente, dotata di competenza generale in materia di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità.

La preparazione e lo svolgimento della Conferenza di Roma

Il cammino di graduale preparazione della Conferenza di Roma è stato avviato con la risoluzione dell'Assemblea Generale dell'ONU 49/53 del 9 dicembre 1994. Tale atto ha infatti istituito un Comitato ad hoc, aperto a tutti gli Stati membri, per riesaminare le maggiori questioni emerse dalla stesura del progetto di Statuto della Corte permanente, elaborato dalla Commissione giuridica internazionale, e per studiare i preparativi per la convocazione di una Conferenza internazionale plenipotenziaria in materia.

Con la risoluzione 50/46 dell'11 dicembre 1995, vista la relazione presentata dal Comitato citato, è stato istituito un Comitato Preparatorio ad hoc per continuare ad esaminare le questioni emerse nella stesura dello Statuto della Corte e redigere un testo unificato; mentre con la risoluzione 51/207 del 17 dicembre 1997, l'Assemblea Generale ha riconfermato il mandato al Comitato Preparatorio, stabilendo il calendario delle sue successive riunioni e decidendo che la Conferenza diplomatica avesse luogo nel 1998.

Nella riunione tenutasi a New York dall'11 al 21 febbraio 1997, il Comitato Preparatorio ha raccomandato all'Assemblea Generale dell'ONU di adottare una decisione favorevole affinché detta Conferenza si tenesse a Roma, come proposto dal Governo italiano. Infine, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 15 dicembre 1997, ha adottato la risoluzione 52/160, con la quale ha deciso di tenere la Conferenza diplomatica per l'istituzione della Corte penale internazionale nella sede della FAO, a Roma, dal 15 giugno al 17 luglio 1998.

L'Italia, come accennato, è tra i paesi che hanno sostenuto l'iniziativa di convocare una Conferenza per la costituzione della Corte penale permanente, offrendosi fin dal 1994 come sede dei lavori[6].

Il 17 luglio 1998, a Roma, presso la sede della FAO, è stato adottato dalla Conferenza Diplomatica delle Nazioni Unite lo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale: l’Italia è stata la prima firmataria, e l’autorizzazione alla ratifica è giunta, come già accennato, con legge 12 luglio 1999, n. 232.

 

L’approvazione dello Statuto da parte della Conferenza diplomatica, cui hanno preso parte delegazioni in rappresentanza di 160 paesi, è stato oggetto di lavori preparatori estremamente complessi e laboriosi, sia per la molteplicità e delicatezza dei vari interessi politici nazionali coinvolti, sia per gli orientamenti non favorevoli di alcuni paesi, che hanno giudicato non sempre positivamente la cessione di una quota della propria giurisdizione penale a favore della nuova istituzione internazionale. Basti rammentare, al riguardo, che l’adozione dello Statuto, pur avvenuta a grande maggioranza, ha registrato il voto negativo di Stati Uniti d’America, Cina, India e Israele.

 

Il 31 dicembre 2002 sia gli Stati Uniti d’America che Israele hanno firmato il Trattato. Il 6 maggio 2002, tuttavia, il governo degli Stati Uniti d’America ha comunicato al Segretario Generale delle Nazioni Unite che “gli Stati Uniti non intendono diventare parte del Trattato. Conseguentemente – prosegue la comunicazione statunitense - gli Stati Uniti non hanno obblighi legali derivanti dalla firma del 31 dicembre 2000. Gli Stati Uniti chiedono che la loro intenzione di non diventare parte del Trattato …sia riportata negli elenchi depositati relativi al Trattato”. Del pari, il 12 giugno 2002, il Ministero della giustizia israeliano ha reso nota la decisione di Israele di non ratificare il Trattato.

Lo Statuto della Corte

I principi

Lo Statuto - ossia lo strumento normativo primario per disciplinare le finalità, la struttura ed il funzionamento della Corte penale internazionale - individua i principi posti a base dell’attività giurisdizionale in materia, ravvisati essenzialmente nell’indipendenza dei giudici, nella cooperazione della Corte con gli Stati, nei presupposti normativi della nuova funzione giudiziaria internazionale, nonché nell’automaticità dell’attivazione della giurisdizione stessa.

 

Lo Statuto si compone di 128 articoli, preceduti da un preambolo, ed è diviso nei seguenti 13 capitoli: 1) istituzione della Corte; 2) giurisdizione, ricevibilità, legge applicabile; 3) principi generali di diritto penale; 4) composizione ed amministrazione della Corte; 5) indagini e incriminazione; 6) processo; 7) pene; 8) appello e revisione; 9) cooperazione ed assistenza giudiziaria internazionali; 10) esecuzione; 11) Assemblea degli Stati parti, 12) finanziamento; 13) clausole finali.

 

La Corte penale internazionale, come accennato, nasce in quanto “istituzione permanente che può esercitare la giurisdizione sulle persone fisiche per i più gravi crimini di portata internazionale” ai sensi dello Statuto. Essa avrà sede a L’Aja, in Olanda[7], e suoi organi saranno la Presidenza, le sezioni preliminari, dibattimentale e d’appello, l’ufficio del Prosecutor (ovvero il Procuratore) e la Cancelleria.

La Corte sarà composta da 18 giudici, scelti tra persone che, nei diversi Paesi, risultino in possesso dei relativi requisiti di nomina ai più alti uffici giudiziari. I giudici della Corte, eletti per nove anni dall’Assemblea degli Stati parti - con equa rappresentanza dei vari sistemi giuridici, distribuzione delle provenienze geografiche e proporzione tra i sessi - dovranno avere esperienza in diritto e procedura penale o in diritto internazionale umanitario e tutela dei diritti umani. Requisiti analoghi saranno richiesti, con specifica competenza nel campo dell’investigazione ed istruzione penale, per il Procuratore ed il Viceprocuratore.

Di particolare rilievo appare anzitutto l’acquisizione nello Statuto della Corte dei più significativi – e condivisi - principi in materia di diritto e procedura penale. Si tratta, in particolare, dei principi della responsabilità penale personale, del “nullum crimen, nulla poena sine lege”, della irretroattività della legge penale, del ne bis in idem, del giudice naturale, del contraddittorio e dell’equo processo.

I reati rientranti nella giurisdizione della Corte

La Corte potrà giudicare solo i crimini commessi dopo l’entrata in vigore dello Statuto. La Corteavrà, inizialmente, competenza sui cosiddetti core-crimes ossia sul genocidio, sui crimini contro l’umanità e di guerra.

La Corte potrà esercitare il proprio potere giurisdizionale anche sul crimine di aggressione, ma solo successivamente all’adozione della disposizione che, in accordo con le relative norme della Carta dell’ONU, definirà il crimine stesso, stabilendone le condizioni di perseguibilità. Tale definizione dovrebbe essere adottata con la Conferenza di revisione dello Statuto, la prima delle quali si prevede dopo almeno sette anni dalla data di vigenza dello stesso.

Il crimine di genocidio viene definito secondo quanto già previsto dalla convenzione ONU del 1948; nei crimini contro l’umanità rientrano diverse fattispecie criminose commesse contro le popolazioni civili, nonché numerosi reati a sfondo sessuale come lo stupro, la schiavitù sessuale, la costrizione alla prostituzione e alla sterilizzazione, la gravidanza forzata. Per la configurazione dei crimini di guerra rientranti nella giurisdizione della Corte è necessario l’inserimento di tali atti in un piano o disegno politico, mentre per l’individuazione dei relativi comportamenti illeciti si fa riferimento alle violazioni della Convenzione di Ginevra del 1949 ed alle regole ed usi applicabili nei conflitti armati. Ricadono nell’ambito dei crimini di guerra anche gli atti commessi in conflitti armati interni (“conflitti armati non di carattere internazionale”), escluse le rivolte e i disordini isolati.

La Corte è poi competente per la perseguibilità di una serie di reati contro l’amministrazione della giustizia come la falsa testimonianza resa innanzi alla stessa Corte, la subornazione di testimoni, la presentazione volontaria di prove false, l’intimidazione o la ritorsione, la corruzione attiva o passiva nei confronti di un funzionario della Corte.

I limiti della giurisdizione della Corte

Uno dei principi fondamentali previsti dallo Statuto è la complementarità della giurisdizione della Corte penale internazionale rispetto a quelle degli Stati parte. In ragione di tale principio, gli Stati parte si impegnano ad inserire nei rispettivi ordinamenti nazionali le norme incriminatrici di cui all’art. 5 dello Statuto precisando la giurisdizione anche della Corte per la cognizione delle stesse.

La Corte, pertanto, potrà procedere per uno dei crimini indicati nello Statuto soltanto se per tale fatto gli Stati che avrebbero giurisdizione primaria non procedano, ovvero abbiano proceduto in maniera negligente.

L’articolo 20 sancisce il basilare principio del ne bis in idem in ordine ai reati perseguiti dalla Corte, prevedendo altresì l’eccezione di una giurisdizione concorrente in caso di inefficienza dei sistemi giudiziari nazionali.

Una delle questioni sulle quali nel corso della Conferenza di Roma si è maggiormente discusso è stata quella relativa all’estensione della giurisdizione della Corte stessa, ossia la precisazione di criteri di collegamento tra i fatti qualificati come reati dallo Statuto e la relativa attribuzione della cognizione sugli stessi. La Corte, infatti, al contrario del Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia, nato in virtù di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, viene istituita in seguito a trattato internazionale che obbliga soltanto gli Stati che ne sono parte (ovvero che lo abbiano ratificato). Nello stesso tempo, lo Statuto affida un preciso ruolo al Consiglio di Sicurezza in materia di procedibilità per i reati di competenza della Corte che abbiano comportato, in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale.

La soluzione adottata in relazione ai meccanismi di attribuzione della competenza della Corte ha da più parti suscitato critiche e riserve. E’ infatti previsto che la Corte avrà giurisdizione circa i reati di sua competenza quando siano avvenuti nel territorio di uno Stato aderente allo Statuto o che, in base ad un apposito accordo, abbia accettato la giurisdizione della Corte, oppure quando l’autore del crimine sia cittadino di uno di tali Stati. La Corte dovrà quindi ottenere, verosimilmente nella grande maggioranza dei casi, il consenso dello Stato di nazionalità dell’imputato o dello Stato sul cui territorio è stato perpetrato il crimine prima di poter esercitare la propria giurisdizione. Come è stato osservato, tale criterio potrebbe essere ancor più penalizzante se si pensa che molto spesso i crimini vengono commessi nel contesto di conflitti interni dove la nazionalità dell’autore del crimine e quella della vittima coincidono.

Tali criteri non saranno invece vincolanti - e la giurisdizione della Corte non sarà quindi soggetta a limiti - nel caso in cui sia lo stesso Consiglio di sicurezza dell’ONU a sottoporre al Procuratore presso la Corte uno o più dei fatti criminosi previsti dall’art. 5 dello Statuto, che abbiano comportato una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali.

Un ulteriore limite alla giurisdizione della Corte è poi quello relativo al contenuto della disposizione transitoria introdotta dall’articolo 124dello Statuto (che recepisce la cosiddetta clausola opt-out), che consente ad uno Stato, al momento della ratifica del Trattato, di non accettare, per un periodo di sette anni successivo all’entrata in vigore dello Statuto, la giurisdizione della Corte sui crimini di guerra se commessi da un suo cittadino o sul suo territorio.

Altra norma che limita in qualche modo l’indipendenza della Corte penale internazionale è quella prevista dall’art. 16 dello Statuto, per effetto della quale al Consiglio di sicurezza dell’ONU è consentito, con risoluzione, di chiedere la sospensione delle indagini o del proseguimento dell’azione penale per un anno, con facoltà di rinnovare la richiesta.

La cooperazione internazionale tra la Corte e gli Stati

Apposite procedure di cooperazione tra la Corte e gli Stati dovranno disciplinare lo svolgimento di atti di indagine sul territorio di uno Stato. La richiesta di assistenza giudiziaria costituirà modalità necessaria di acquisizione delle prove nel corso delle indagini e l’esclusione della celebrazione del processo in contumacia renderà necessaria la consegna dell’imputato da parte dello Stato ove verrà localizzato e arrestato.

Uno degli aspetti più discussi durante la Conferenza è stato quello della possibilità o meno dello svolgimento di indagini in loco da parte del Procuratore presso la Corte sul territorio di uno Stato: sul punto, lo Statuto si limita a prevedere l’ipotesi in cui lo Stato parte, per manifesta incapacità del proprio sistema giudiziario nazionale, non sia in grado di cooperare con la Corte ai sensi delle norme dello Statuto: in tal caso, la Camera preliminare potrà autorizzare il Procuratore a svolgere indagini direttamente in loco sul territorio dello Stato parte.

Vicende successive all’entrata in vigore dello Statuto

Gli Stati Uniti d’America hanno comunicato al Segretario Generale delle Nazioni Unite il 6 maggio 2002 l’intenzione di non volere diventare Parte del Trattato. La posizione statunitense, determinata dal timore che l’attività della Corte possa essere strumentalizzata a fini politici e compromettere la posizione dei militari americani impegnati in missioni all’estero, ha avuto un primo effetto sulle decisioni relative alla prosecuzione della missione di pace ONU in Bosnia. Gli Stati Uniti hanno infatti prospettato la possibilità di porre il veto sulla prosecuzione qualora non fosse stato possibile raggiungere un accordo sull’estensione dell’ambito di operatività della Corte. La vicenda si è conclusa il 12 luglio 2002, quando il Consiglio di sicurezza ha raggiunto un compromesso approvando all’unanimità la Risoluzione n. 1422, che, invocando l’art. 16 dello Statuto, esclude per un anno dalla giurisdizione della Corte i cittadini degli Stati che non sono Parte dello Statuto e che partecipano alle operazioni di peace-keeping dell’ONU. Il Consiglio di sicurezza si è nuovamente riunito per discutere della questione il 12 giugno 2003 e ha adottato la Risoluzione n. 1487, con la quale il termine previsto dalla precedente risoluzione è stato ulteriormente prorogato di 12 mesi a partire dal 1° luglio 2003. L’Amministrazione statunitense avrebbe desiderato altre proroghe, ma l’emergere in Iraq della grave situazione del carcere di Abu Ghraib – gestito dalle autorità USA -, con documentate accuse di ripetuti maltrattamenti e sevizie sui prigionieri iracheni catturati dopo l’invasione del Paese mediorientale, non ha reso possibile nel 2004 continuare a posticipare l’avvio della piena applicazione dello Statuto di Roma. Invocando l’art. 98 dello Statuto - che limita la possibilità della Corte di richiedere ad un Paese la consegna di una persona sospetta se lo Stato richiesto fosse costretto ad agire in contrasto ad obblighi derivanti da accordi internazionali - il Governo statunitense ha inoltre proposto la conclusione di intese bilaterali per impedire che militari americani potessero essere estradati per essere giudicati dalla nuova Corte. L’iniziativa statunitense ha avuto una notevole rispondenza, e alla metà del 2005 risultavano stipulati almeno cento accordi di questo genere con altrettanti Paesi – senza dimenticare che non tutti gli accordi sono stati resi noti. Tra i firmatari figurano diversi Stati dell’Europa orientale, dell’Asia, dell’Africa, e dell’America centrale, nonché Paesi arabi come Egitto, Mauritania e Tunisia. Con una legge approvata dal Congresso nel 2003 (n.107/206 “American Service-members’ Protection Act) gli Stati Uniti hanno deciso di sospendere l’assistenza militare a quei Paesi che si sono rifiutati di stipulare un’intesa bilaterale per esentare i militari americani da eventuali processi dinanzi alla Corte penale internazionale.

Le proposte americane erano state rivolte anche ai partner europei e su questo tema il Parlamento europeo il 26 settembre 2002 adottava una risoluzione in merito, nella quale si pronunciava contro la conclusione di accordi bilaterali con gli USA “che possano pregiudicare l’efficace attuazione dello Statuto di Roma che ha istituito la Corte penale internazionale”, precisando che la firma di tali accordi sarebbe risultata incompatibile con l’appartenenza all’Unione europea. La questione è stata successivamente dibattuta nel Consiglio dei Ministri degli esteri dei Paesi UE, riunitosi a Bruxelles il 30 settembre 2002, dove è stato raggiunto un accordo. La soluzione concordata dai Quindici ha evitato una rottura del fronte europeo nel contenzioso con gli USA. Sono stati quindi fissati alcuni principi-guida cui dovranno attenersi i Paesi UE nel concludere intese con gli Stati Uniti, al fine di tutelare la credibilità e l’integrità della Corte stessa. Si tratta di principi “irrinunciabili”, come il rispetto degli accordi esistenti, la garanzia di non impunità, nonché il fatto che qualsiasi soluzione debba riguardare cittadini di uno Stato che non è Parte dello Statuto e che si trovino sul territorio di un Paese europeo nello svolgimento di una missione o di un compito ufficiale per conto della propria Amministrazione. Tali princìpi sono stati riaffermati dal Consiglio dell’Unione europea riunito a Lussemburgo il 16 giugno 2003: in tale occasione è stata adottata una nuova posizione comune sulla Corte penale internazionale, che mirava a promuovere un appoggio universale a quest’ultima, incoraggiando una partecipazione quanto più ampia possibile allo Statuto di Roma. Il 25 giugno 2003, inoltre, i dieci Paesi che nel 2004 sarebbero entrati a far parte della UE, nonché la Bulgaria e la Romania, hanno sottoscritto una dichiarazione nella quale si impegnavano ad uniformarsi alla posizione comune europea definita dal Consiglio affari generali. Nessun Paese membro ha concluso accordi bilaterali in materia di immunità con gli Stati Uniti. A sostegno della Corte e in contrapposizione agli accordi di esenzione proposti dagli Stati Uniti d’America si era espressa anche l’Assemblea parlamentare congiunta UE-ACP riunitasi a Brazzaville dal 31 marzo al 3 aprile 2003.

Il 25 settembre 2002 l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa  adottava una risoluzione nella quale si esprimeva preoccupazione per il fatto che alcuni Stati attentavano all’integrità dello Statuto della Corte penale internazionale sottoscrivendo accordi bilaterali diretti ad esentare il loro personale militare dalla giurisdizione della Corte. L’Assemblea ha ritenuto che tali accordi (c.d. exemption agreements) fossero inammissibili secondo il diritto internazionale, in particolare secondo la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, che impone agli Stati membri di astenersi dal compiere atti incompatibili con l’oggetto e lo scopo di un trattato anche solo firmato. Dopo aver sollecitato l’adesione di tutti i Paesi membri del Consiglio d’Europa allo Statuto della Corte, l’Assemblea ha rivolto un appello diretto a Giappone, Israele e in particolare agli Stati Uniti (Paesi con status di osservatore), affinché procedessero alla ratifica dello Statuto. Nove mesi dopo, il 25 giugno 2003, è stata adottata una nuova risoluzione di condanna delle pressioni esercitate dagli USA per ottenere la firma di accordi di immunità nei confronti del personale impegnato in missioni militari all’estero.

L’11 marzo 2003 si è svolta all’Aja la cerimonia inaugurale della Corte, con l’insediamento ufficiale dei diciotto giudici, eletti dall’Assemblea delle Parti nella precedente sessione del 3-7 febbraio, tra cui l’italiano Mauro Politi. Presidente della Corte è stato nominato il giudice canadese Philippe Kirsch. L’avvocato argentino Luis Moreno Ocampo, nominato Procuratore Generale, ha prestato giuramento dinanzi alla Corte il 16 giugno 2003, all’inizio della seconda sessione plenaria conclusasi il 27 giugno.

I giudici si sono poi organizzati in Gruppi di lavoro per discutere varie questioni inerenti le loro funzioni, come le regole procedurali da seguire nelle diverse Camere della Corte e la predisposizione di un Codice deontologico (Code of Ethics). Particolare attenzione è stata dedicata anche al tema delle vittime dei reati e al loro ruolo nel procedimento.

Completate tutte le procedure relative alla nomina dei vari organismi in cui è strutturata, la Corte ha potuto quindi dirsi operativa, così come il suo staff permanente, inizialmente composto da 323 persone provenienti da 58 Paesi.

 

L’avvio dell’attività della Corte è stato lento, ma il profilo dell’Istituzione è venuto sempre più chiaramente in primo piano.

 

Nel periodo 2003-2005 tre Stati Parte (Uganda, Repubblica democratica del Congo e Repubblica Centrafricana) hanno deciso di rivolgersi al Procuratore generale della Corte in ordine a gravi crimini commessi sul proprio territorio. Il Consiglio di Sicurezza  dell’ONU, inoltre, ha deferito alla Corte la grave situazione del Darfur.

Nell’ottobre 2005 la Corte ha emesso cinque mandati di arresto contro altrettanti capi del Lord Resistance Army, da un ventennio impegnato nella guerriglia contro il governo ugandese nel nord del Paese, utilizzando metodi sanguinosi e ripugnanti: i mandati di arresto sono infatti stati basati su accuse di omicidio, mutilazioni, torture, stupri e rapimento di bambini per ridurli in schiavitù o indurli a combattere. I destinatari dei mandati di arresto erano anzitutto Joseph Kony, il fanatico leader del movimento di guerriglia, unitamente ad altri quattro dirigenti, tra i quali il vice di Kony, Vincent Otti. L’emissione dei mandati, tuttavia, non ha incontrato l’atteso unanime favore – ed è questo un profilo dell’attività della Corte che tornerà ancor più prepotentemente nelle vicende più recenti -, in quanto suscettibile di inasprire il conflitto proprio in un momento in cui sembrava imminente la resa di una parte dei guerriglieri, mentre esponenti religiosi nord-ugandesi, sia cristiani che musulmani, avevano in corso trattative per porre fine al sanguinoso contrasto politico.

Il 27 febbraio 2007 il procuratore della CPI, Luis Moreno Ocampo, ha chiesto alla Corte di emettere un mandato di comparizione per l’ex ministro dell’interno sudanese Haroun e per il comandante di una milizia conosciuto come Ali Kushayb, in relazione al conflitto nel Darfur, che da quattro anni provocava eccidi tra i civili e una catastrofe umanitaria di enormi proporzioni. i due esponenti sudanesi sono stati accusati di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità. La reazione del governo di Khartoum ha evidenziato come la CPI non abbia giurisdizione su cittadini sudanesi, non avendo il Paese ratificato lo Statuto di Roma, e ha altresì minimizzato il bilancio delle vittime nel Darfur, che secondo Khartoum non avrebbe superato a quel momento la cifra di novemila persone – le principali fonti internazionali parlavano invece di circa duecentomila morti e di due milioni di profughi.

Il 24 maggio 2008 è stato imprigionato l’ex vicepresidente della Repubblica democratica del Congo Jean Pierre Bemba: questi tra il 2002 e il 2003 aveva fatto intervenire il proprio gruppo armato, Il Movimento di liberazione del Congo, nel conflitto allora in corso nella Repubblica centrafricana. Nel corso dell’intervento appartenenti al MLC avevano commesso crimini contro l’umanità, consistenti soprattutto nell’organizzazione e nell’esecuzione di stupri di massa: dopo che la Repubblica centrafricana aveva riconosciuto l’impossibilità di perseguire gli autori degli stupri, era stata investita del caso la CPI, e di qui l’accusa contro Bemba e il suo arresto, avvenuto quando già si trovava in esilio dopo lo scontro politico e militare del 2007 con le fazioni congolesi legate al presidente Joseph Kabila.

Con l’arresto di Bemba il numero totale dei detenuti in base ad accuse formulate dal procuratore della CPI saliva a quattro, mentre dodici erano fino a quel momento i mandati di cattura emessi. Oltre a Bemba, tra gli arrestati figurava Thomas Lubanga Dyilo[8], presunto leader dell’Unione dei patrioti congolese, accusato di crimini di guerra in relazione all’arruolamento di bambini-soldato nel conflitto che aveva interessato nel 2002-2003 la Repubblica democratica del Congo. Completavano l’elenco degli arrestati altri due congolesi a capo di fazioni armate ribelli, incolpati di analoghi crimini perpetrati nel 2003 nella provincia nord-orientale dell’Ituri.

Senza alcun dubbio, tuttavia, l’iniziativa più clamorosa dall’inizio dell’attività della CPI è stata, alla metà di luglio del 2008, la richiesta di arresto del presidente sudanese Bashir con le accuse di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Secondo il procuratore Ocampo, infatti, con il pretesto di combattere i movimenti di guerriglia nati nel Darfur dal malcontento per la posizione sempre più marginale del territorio e dei suoi abitanti, Bashir avrebbe pianificato e in buona parte realizzato un piano per l’annientamento quasi totale dei tre gruppi etnici darfuriani (Fur, Masalit e Zaghawa). In una prima fase le azioni degli emissari di Bashir, tanto regolari quanto miliziani, contro i civili del Darfur avrebbero condotto alla morte di decine di migliaia di persone, causando altresì la fuga di un gran numero di quelle risparmiate dalle scorrerie dei filogovernativi. La prova più consistente per l’accusa di genocidio è stata tuttavia fornita da quanto verificatosi nella seconda fase del conflitto, quando gli sfollati sono stati sistematicamente attaccati persino nei campi profughi, ove del resto le condizioni miserrime di vita già si incaricavano di compiere una parte del massacro. La Procura della CPI ha messo al centro Bashir proprio in considerazione del carattere pervasivo e indiscusso del suo potere a tutti i livelli, che riconduceva a lui ogni responsabilità, non ultima quella di aver garantito l’impunità dei suoi agenti per assicurarsi della loro efficacia e fedeltà. La reazione di Khartoum è stata ancora una volta assai dura, misconoscendo qualsiasi atto della CPI: inoltre il Sudan ha espresso velate minacce sulla prosecuzione dei processi di pacificazione in corso nel Paese e sulle connesse presenze internazionali. A queste affermazioni ha replicato il Segretario generale dell’ONU Ban-Ki Moon,  chiedendo al Sudan di continuare a garantire la sicurezza del personale delle Nazioni Unite presente nel Paese. Il presidente Bashir ha inoltre compiuto con grande spiegamento di mezzi un viaggio proprio nel Darfur, come a smentire il quadro tracciato dai media internazionali e confermato dalle accuse della CPI. Bashir riceveva inoltre l’appoggio della Lega araba, insieme all’ipotesi – peraltro non accettata da Khartoum con entusiasmo - di istituire autonomamente, da parte del Sudan, speciali giurisdizioni per indagare su eventuali crimini nel Darfur, la cui attività potrebbe di per sé escludere la successiva competenza della CPI. Il 4 marzo 2009 la CPI ha emesso un mandato di cattura per Bashir per i soli crimini di guerra e contro l’umanità, escludendo il genocidio. Conformemente allo Statuto di Roma, la Corte ha fatto appello alla Comunità internazionale – incluse le autorità sudanesi – per una pronta esecuzione del mandato. La reazione di Bashir si è concretizzata in accuse, rivolte da suoi stretti collaboratori, di neocolonialismo da parte degli Stati occidentali, contrari a loro dire alla stabilità del Sudan: la Lega araba ha del pari espresso preoccupazione per la portata dell’iniziativa, preannunciando passi presso le Nazioni Unite per un posponimento di essa. Il 5 marzo dieci organizzazioni internazionali non governative presenti in Sudan, e accusate di cooperare con il presunto progetto occidentale neocolonialista, sono state espulse, mentre Bashir ha rigettato le accuse di crimini contro l’umanità nel campo occidentale e sionista (con riferimento all’operazione israeliana nella striscia di Gaza dell’inizio del 2009), durante una manifestazione di solidarietà nei suoi confronti. Nei giorni successivi il presidente sudanese si è impegnato in una serie di visite ufficiali in paesi amici, per rinsaldare la propria immagine internazionale.

In questa circostanza, l’iniziativa della CPI è apparsa ad alcuni analisti fortemente condizionata dal potenziale di ricatto di cui si avvale il governo del Sudan, un paese nel quale agiscono numerose organizzazioni internazionali impegnate nel consolidamento dei processi di pace e, soprattutto, nella attività vitali di assistenza a milioni di profughi. Tale analisi è inoltre rafforzata dall’atteggiamento, ad esempio, della Lega araba che nel corso del suo XXI vertice svoltosi a Doha il 30 e 31 marzo 2009 ha reiterato in pieno l’appoggio a Bashir.

In relazione al caso del presidente sudanese Bashir, il 3 febbraio 2010 la Camera d'appello della CPI accoglieva il ricorso del procuratore Luis Moreno-Ocampo, annullando la sentenza di assoluzione per il genocidio nel Darfur, e ordinando ai giudici di riesaminare le prove portate dalla Procura contro Bashir. Il 12 luglio la Corte penale internazionale estendeva il mandato di cattura contro Bashir fino a ricomprendere anche il crimine di genocidio, precedentemente accantonato.

Il 22 novembre 2010 si è aperto all'Aja il processo contro Jean Pierre Bemba per crimini di guerra e crimini contro l'umanità: la difesa di Bemba ha cercato di rigettare le gravissime accuse del procuratore Moreno-Ocampo asserendo che il comando effettivo dei 1.500 miliziani congolesi autori di ogni tipo di atrocità nella Repubblica centrafricana era in capo al presidente di quel paese, Ange-Felix Patassé, in aiuto del quale Bemba era accorso con le proprie milizie.

Successivamente il ruolo della Corte penale internazionale è venuto in primo piano nel 2011 in relazione alla repressione messa in atto in Libia dal regime di Gheddafi contro la rivolta iniziata alla metà di febbraio del 2011: il 16 maggio il procuratore Moreno-Ocampo chiedeva ai giudici della Corte di spiccare un ordine di arresto per Gheddafi, per il figlio Saif al-Islam e per il capo dei servizi segreti libici al-Senussi, per crimini contro l'umanità perpetrati nelle prime fasi della ribellione libica con l'ordine di colpire civili disarmati nelle loro case, in luoghi pubblici e perfino in uscita dalle moschee. Nei confronti di Gheddafi, in particolare, le accuse comprendevano anche la redazione di liste di presunti colpevoli arrestati, imprigionati, torturati e poi scomparsi. La reazione del regime libico nell'immediato è stata quella di ignorare l'iniziativa del procuratore Moreno-Ocampo, anche perché la Libia non risultava tra gli Stati Parte dello Statuto della Corte penale internazionale.

Il 27 giugno 2011 la Corte penale internazionale ha accolto la richiesta del Procuratore Moreno-Ocampo, spiccando mandati di cattura per Gheddafi, per Saif al-Islam e per al-Senussi, accolti da manifestazioni di giubilo a Bengasi, mentre a Tripoli si commentava attaccandola la Corte quale strumento dell'Occidente per una persecuzione contro i leader del Terzo Mondo e a copertura delle iniziative della NATO per colpire Gheddafi.

In ogni modo, dopo l'uccisione di Gheddafi a Sirte il 20 ottobre 2011, la fuga di Saif al-Islam e di al-Senussi, che secondo alcune voci avrebbero voluto consegnarsi alla Corte penale internazionale, finiva tra il 19 e il 20 novembre, con la cattura di entrambi da parte delle autorità libiche, intenzionate in modo assoluto a sottoporli a processo nel paese.

L'attività della Corte ha continuato  dispiegarsi già alla fine di novembre del 2011, quando è stato trasportato all'Aja il deposto presidente della Costa d'Avorio Laurent Gbagbo, protagonista sin dal 2002 dell'instabilità politica del suo paese, dopo che aveva vinto delle elezioni presidenziali molto contestate. La non accettazione da parte di Gbagbo del verdetto delle presidenziali del novembre 2010, che avevano visto la vittoria del suo storico rivale Ouattara, riaccendeva mesi di scontri nel paese, e proprio su questi episodi la Procura della Corte penale internazionale aveva emesso un mandato d'arresto nei confronti di Gbagbo, imputandogli la responsabilità dell'uccisione di oltre 3.000 persone.

 

Precedenti iniziative governative e parlamentari per l’adeguamento dell’ordinamento interno allo Statuto

Sin dalla XIV legislatura sono stati presentate, ma mai esaminate, proposte di legge di iniziativa parlamentare per adeguare l’ordinamento allo Statuto della Corte penale internazionale[9].

Sul versante governativo, già in XIII legislatura il Ministero della giustizia aveva insediato una «Commissione di studio per la redazione di schemi di testi normativi per l'adeguamento della vigente normativa in materia processuale penale agli atti internazionali stipulati dall'Italia, nonché per gli aggiornamenti del Libro XI del codice di procedura penale» (Pres. La Greca), incaricata anche dell'attuazione delle norme di cooperazione dello Statuto di Roma. Con l’avvento della XIV legislatura tale commissione mutò presidenza (Pres. F. Lattanzi) e condusse ad una elaborata bozza di disegno di legge-delega, anche avvalendosi dei lavori di una parallela commissione istituita dal ministero degli Esteri[10].

Nel giugno 2002 il Ministero della Giustizia istituì la «Commissione per l'attuazione dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale», presieduta dal Prof. Conforti (d.m. 27 giugno 2002) che ha concluso il suo mandato nel dicembre 2003 orientandosi verso la formulazione di articolati normativi esaustivi (anziché verso un nuovo testo di legge delega), l'uno per gli obblighi di cooperazione e, l'altro, per le norme di diritto penale sostanziale.

 

Il progetto di legge AC. 1439 (Melchiorre) afferma di far proprio il progetto della commissione Conforti relativo alla cooperazione giudiziaria.

 

Per quanto riguarda l’attuale legislatura, si segnala che la III Commissione della Camera, nella seduta del 29 aprile 2009, ha approvato una risoluzione, a firma Pianetta, che, nel più generale quadro dell’azione internazionale dell’Italia per la tutela e la promozione dei diritti umani, impegna il Governo a promuovere la presentazione di specifiche iniziative legislative riguardanti, tra l’altro, l'introduzione di una disciplina che perfezioni l'adeguamento del nostro ordinamento allo Statuto della Corte penale internazionale.

Un’altra risoluzione in materia (a prima firma Bernardini) era stata approvata dalla II Commissione il 4 febbraio 2009; con tale atto di indirizzo si impegnava il Governo “a predisporre con la massima urgenza un disegno di legge di adeguamento interno delle norme dello Statuto di Roma, al fine di giungere al più presto all'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano e sanare così un'inadempienza politicamente e giuridicamente molto rilevante che mette a rischio la credibilità del nostro paese e le aspirazioni dei candidati italiani a far parte della Corte”.

Con riferimento a tale atto di indirizzo, in una lettera trasmessa alla Camera il 22 aprile 2009 da parte del Ministero della giustizia, il Governo condivide l’esigenza di un sollecito adeguamento dell’ordinamento italiano allo Statuto della Corte penale internazionale e informa che il disegno di legge auspicato, i cui tempi di predisposizione si sono rivelati più lunghi di quanto previsto, è stato ultimato e trasmesso per la calendarizzazione al Consiglio dei ministri.

Nel maggio 2009 la Commissione giustizia della Camera avviava l’iter delle proposte di legge poi confluite nel testo unificato approvato l’8 giugno 2011. A partire da quella data, in risposta a successivi atti di sindacato ispettivo, il Governo non ha più dichiarato di voler presentare un proprio disegno di legge ma ha auspicato il buon esito dell’iniziativa parlamentare in corso (cfr. la risposta scritta del 17 novembre 2011 del Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti all'interrogazione 4-10520 presentata alla Camera dall’On. Jannone).

 


Il contenuto del provvedimento

Il provvedimento che torna all’esame della Commissione giustizia nasce alla Camera dei deputati dal testo unificato delle proposte di legge C. 1439 Melchiorre, C. 1782 Di Pietro, C. 2445 Bernardini e C. 1695 Gozi, approvato dall’Assemblea l’8 giugno 2011. Nel corso dell’esame in Senato, conclusosi il 19 settembre 2012, il testo è stato in parte modificato.

Le modifiche apportate dal Senato riguardano in particolare i seguenti profili:

§         valorizzazione del ruolo del Ministro della giustizia come autorità nazionale competente a curare i rapporti con la Corte penale internazionale (art. 2);

§         interventi di natura penale sostanziale volti ad equiparare il procedimento penale nazionale con il procedimento presso la Corte penale internazionale, al fine di consentire l’applicazione delle fattispecie penali a tutela della pubblica amministrazione e dell’amministrazione della giustizia (nuovo art. 10);

§         disciplina della procedura da seguire in caso di richiesta di libertà provvisoria da parte del soggetto sottoposto a misura cautelare in Italia (art. 11).

 

In generale, la proposta di legge reca disposizioni volte all’adeguamento dell’ordinamento interno allo Statuto della Corte penale internazionale, ratificato dall’Italia con legge 12 luglio 1999, n. 232, ed entrato in vigore il 1° luglio 2002.

 

Lo Statuto costituisce lo strumento normativo primario per disciplinare le finalità, la struttura ed il funzionamento della Corte penale internazionale; esso individua i principi posti alla base dell’attività giurisdizionale in materia e disciplina, in particolare, le procedure di cooperazione tra la Corte e gli Stati ai fini dello svolgimento di atti di indagine sul territorio di uno Stato nonché il ruolo degli Stati nell’esecuzione delle pene irrogate dalla Corte.

 

Il Capo I del provvedimento (articoli da 1 a 10) contiene le disposizioni generali, individuando le autorità competenti e le modalità di cooperazione con la Corte penale internazionale.

 

In particolare, l'articolo 1 – non modificato nel corso dell’esame in Senato - sancisce l'obbligo di cooperazione, ovvero afferma che la cooperazione dello Stato italiano con la Corte penale internazionale avviene sulla base delle disposizioni contenute nello Statuto della Corte stessa, nel limite del rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano. Tale principio viene ripreso anche in altri articoli del provvedimento (v. infra, artt. 3 e 13).

 

La compatibilità con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato costituisce un limite all'attività di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale tradizionalmente previsto dalle disposizioni codicistiche (si vedano in particolare gli articoli 705, 720, 723 e 733 del codice di procedura penale). Con riferimento ai profili della cooperazione internazionale in materia penale, la rilevanza del limite della compatibilità con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato è stata specificamente riconosciuta dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 379 del 1995, in relazione ad un caso di rogatoria testimoniale all'estero.

 

L'articolo 2 attribuisce al Ministro della giustizia il ruolo di autorità centrale per la cooperazione con la Corte penale internazionale.

Ai sensi del comma 1, modificato dal Senato, spetta quindi al Ministro in via esclusiva la cura dei rapporti di cooperazione con la Corte previo accordo, ove ritenga che ne ricorra la necessità, con i Ministri interessati (in particolare, in base all’articolo 23, con il Ministro della difesa per i reati commessi da militari italiani o in loro danno), altre istituzioni o altri organi dello Stato. Spetta, altresì, al Ministro ricevere le richieste di cooperazione provenienti dalla Corte e presentare ad essa atti e richieste.

In base a quanto disposto dal comma 2, compete allo stesso Ministro stabilire l’ordine di precedenza, nel caso di concorso di più domande di cooperazione provenienti dalla Corte penale internazionale e da uno o più Stati esteri. Il successivo comma 3 specifica che è parimenti compito del Ministro della giustizia, nel dare seguito alla richieste di cooperazione, assicurare il rispetto del carattere riservato delle stesse e che l'esecuzione avvenga in tempi rapidi e con le modalità dovute (nel testo approvato dalla Camera: “nei tempi e con le modalità dovuti”).

 

L'articolo 3, non modificato dal Senato, stabilisce che (comma 1), in materia di consegna, cooperazione ed esecuzione di pene, si osservano - salvo che non sia diversamente disposto dal disegno di legge e dallo Statuto della Corte penale internazionale - le norme contenute nel Libro XI del codice di procedura penale, relativo ai rapporti giurisdizionali con autorità straniere, titoli II (Estradizione), III (Rogatorie internazionali) e IV (Effetti delle sentenze penali straniere e esecuzione all’estero di sentenze penali italiane). Il comma 2 del medesimo articolo 3 specifica poi che per il compimento degli atti di cooperazione richiesti si applicano le norme del codice di procedura penale, fatta salva l'osservanza delle forme espressamente richieste dalla Corte penale internazionale non contrarie ai princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano.

 

L'articolo 4, modificato dal Senato, disciplina le modalità di esecuzione della cooperazione giudiziaria con la Corte penale internazionale. Al riguardo, se il Ministro della giustizia si configura come l’autorità di riferimento dal punto di vista politico e amministrativo, la corte d’appello di Roma concentra su di sé le competenze giudiziarie. A tali autorità giudiziarie vanno sostituite le corrispondenti autorità giudiziarie militari (il PG presso la corte d’appello militare di Roma e la corte d’appello militare di Roma) se la richiesta di collaborazione riguarda reati commessi da militari italiani in servizio o considerati tali ai sensi del codice penale militare di pace (art. 23).

Ai sensi del comma 1 (in cui è confluito anche l’originario comma 6 del testo approvato dalla Camera), infatti, le richieste formulate dalla Corte penale internazionale sono trasmesse dal Ministro al procuratore generale presso la corte d’appello di Roma perché vi dia esecuzione ovvero assista il Procuratore della Corte penale internazionale nel compimento di attività da eseguire nel territorio italiano (ai sensi dell’art. 99, par. 4 dello Statuto[11]).

Il comma 2 dispone che, qualora la richiesta della Corte penale internazionale abbia per oggetto un'attività di indagine o acquisizione di prove, il Procuratore generale chieda alla corte d'appello di Roma di dare esecuzione alla richiesta. Il successivo comma 3 stabilisce che - qualora ne ricorrano le condizioni - la corte d'appello di Roma da esecuzione alla richiesta con decreto con il quale delega - all'attuazione – un proprio componente o il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui gli atti devono essere compiuti. Il comma 4 sancisce che, se la Corte penale internazionale ne ha fatto domanda, l’autorità giudiziaria comunica la data e il luogo di esecuzione degli atti richiesti, precisando che i giudici e il Procuratore della Corte penale internazionale sono ammessi ad assistere all’esecuzione degli atti e possono proporre domande, nonché suggerire modalità esecutive. Ai sensi del comma 5, il testo modificato dal Senato prevede che le citazioni e le altre notificazioni richieste dalla Corte penale internazionale sono direttamente eseguite dal procuratore generale presso la corte d’appello di Roma; solo qualora sussistano motivate ragioni, debbono essere trasmesse al PM presso il tribunale del luogo in cui devono essere eseguite, che ad ogni modo deve provvedere senza ritardo.

Il comma 6, introdotto dal Senato, prevede che possano essere accompagnati coattivamente davanti alla Corte penale internazionale coloro che – testimoni, periti, persone sottoposte ad esame dal perito, consulente tecnico, interprete o custode di cose sequestrate – sebbene citati, non siano spontaneamente comparsi davanti alla Corte.

 

L'articolo 5, modificato dal Senato, nel disciplinare la trasmissione di atti e documenti, al comma 1, vieta la trasmissione alla Corte penale internazionale di atti e documenti acquisiti all'estero e dichiarati riservati al momento dell’acquisizione senza il necessario consenso dello Stato da cui provengono, facendo salva l'applicazione dell'articolo 73 dello Statuto della Corte[12]. Il testo approvato dalla Camera faceva riferimento agli atti o documenti riservati, senza la precisazione relativa alla dichiarazione di riservatezza.

Il comma 2 consente al Ministro della giustizia, previa intesa con i Ministri interessati, di sospendere la trasmissione di atti e documenti alla Corte penale internazionale ovvero l’espletamento di atti di indagine o di acquisizione di prove, quando ritenga che tali attività possano compromettere la sicurezza nazionale; in tal caso si procede alle consultazioni stabilite dall'articolo 72 dello Statuto della Corte penale internazionale[13]. Il Senato ha inserito l’espresso riferimento alle attività di indagine o di acquisizione delle prove.

Il successivo comma 3 prevede che, fermo restando il disposto del comma 2, l’autorità giudiziaria italiana cooperi con la Corte internazionale anche trasmettendo – attraverso il Ministro della giustizia – copie di atti di procedimenti penali (e informazioni scritte sul loro contenuto) anche in deroga all’obbligo del segreto sugli atti d’indagine previsto dall’art. 329 c.p.p.

Da ultimo, il comma 4 vieta l'utilizzo dei documenti inviati a sostegno della richiesta di cooperazione nell'ambito di altri procedimenti in difetto del necessario consenso della Corte penale internazionale.

 

L'articolo 6, modificato nel corso dell’esame in Senato, disciplina il caso in cui, in esecuzione di una richiesta di assistenza della Corte penale internazionale, sia necessario citare in Italia una persona che si trova all’estero. In tale evenienza, per garantire il buon esito della cooperazione, il comma 1 stabilisce che la persona (imputato, ma anche eventualmente testimone, perito, consulente o custode) che entra nel nostro territorio non potrà essere sottoposta a qualsivoglia restrizione della libertà personale per fatti antecedenti la notifica della citazione. Il Senato ha modificato la disposizione introducendo il riferimento agli altri soggetti oltre al testimone o imputato e prevedendo che il discrimine temporale riguardi i fatti anteriori alla notifica della citazione e non più all’ingresso nel territorio dello Stato.

In base al comma 2 tale immunità temporanea cessa se la persona permane in Italia trascorsi 5 giorni (e non più 15, come previsto dal testo approvato dalla Camera) dal momento in cui sono venute meno le ragioni per le quali era richiesta la sua presenza, ovvero da quando egli, pur uscito dal paese, vi abbia fatto volontario ritorno.

 

L'articolo 7, non modificato dal Senato, disciplina il patrocinio a spese dello Stato, disponendo l'applicabilità delle relative disposizioni anche alle procedure di esecuzione di richieste della Corte penale internazionale da adempiere nel territorio italiano e consentendo quindi l'accesso al gratuito patrocinio della persona nei cui confronti la Corte procede.

 

L’articolo 8, non modificato dal Senato, disciplina invece l’ipotesi di richieste da parte dell’autorità giudiziaria italiana alla Corte internazionale (ex art. 93, par. 10 dello statuto): la richiesta è formulata per il tramite del procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, che si rivolgerà a sua volta al Ministro della giustizia il quale provvederà ad inoltrare la richiesta alla Corte internazionale (comma 1). Al riguardo, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni sulle rogatorie all’estero (Libro XI, titolo III, capo II, c.p.p.). In particolare, il comma 2 precisa che se il Ministro non provvede ad inoltrare la richiesta entro 30 giorni, il PG presso la corte d’appello può trasmettere direttamente la richiesta alla Corte internazionale, informando il Ministro (ex art. 727, comma 4, c.p.p.).

 

L'articolo 9, non modificato dal Senato, prevede che il procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, e il procuratore generale militare presso la corte militare d'appello, assistano - se richiesti - alle consultazioni con la Corte penale internazionale previste dallo Statuto.

 

Si ricorda, infatti, che in può occasioni lo Statuto prevede “consultazioni” tra la Corte penale internazionale ed i singoli Stati: ciò accade, ad esempio, quando lo Stato esiga di proteggere informazioni attinenti la sicurezza nazionale (art. 72) ovvero in presenza di una specifica richiesta di arresto o di consegna (art. 91) o, più in generale, quando si tratti di fornire alcune misure di assistenza (art. 93).

 

 

L’articolo 10, introdotto nel corso dell’esame al Senato, novella il codice penale

 

Si osserva che il testo approvato dalla Camera dei deputati l’8 giugno 2011 si limitava a disciplinare i due aspetti essenziali dei rapporti tra l'Italia e la Corte penale internazionale, e cioè quelli relativi alla cooperazione giudiziaria ed all'esecuzione dei provvedimenti della Corte, tralasciando la parte relativa al diritto penale sostanziale, presente nella prima proposta di testo unificato elaborata in Commissione, nonché in alcune delle proposte abbinate.

A questo proposito, nel corso della discussione in Assemblea il relatore aveva ricordato il rilievo delle audizioni svolte nel corso dell'esame, che avrebbero indotto la Commissione ad adottare un testo unificato che non contenesse anche la parte di diritto penale sostanziale. In particolare, il relatore aveva evidenziato come l'esigenza improcrastinabile alla quale far fronte fosse quella di introdurre norme interne di adattamento allo Statuto della Corte con riferimento alle disposizioni relative all'obbligo di corrispondere ad una richiesta di consegna sulla base di un mandato di cattura emesso dalla medesima e, in via secondaria, all'obbligo di corrispondere a richieste di assistenza giudiziaria[14]. All'esito dell'esame presso la Camera dei deputati è stata conclusivamente condivisa la scelta di limitare la portata del disegno di legge in commento a tale prioritaria esigenza.

Tale impostazione non è stata condivisa dal Senato, che ha introdotto nel provvedimento l’articolo 10, che contiene disposizioni di diritto penale sostanziale, pur senza risolvere il problema della c.d. doppia incriminazione, ovvero l’esigenza di introdurre nel nostro ordinamento un catalogo di delitti speculare a quello per il quale ha giurisdizione le Corte penale internazionale. Si ricorda, infatti, che una eventuale sentenza della Corte potrebbe non essere riconosciuta nel nostro Paese perché il nostro ordinamento non punisce penalmente alcune condotte (si pensi ai reati di mercenari, di arruolamento forzato, di sterilizzazione forzata, di diniego del giusto processo, di uso di scudi umani, nonché di danni ambientali e dispersione dei beni culturali).

 

Il comma 1 novella l’art. 322-bis del codice penale, in tema di peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi e funzionari dell’Unione europea e di Stati esteri.

Si ricorda che l’art. 322-bis è stato recentemente novellato dall’AC 4434-B (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), definitivamente approvato dalla Camera il 31 ottobre 2012.

 

Si è tradizionalmente ritenuto che la P.A., complessivamente tutelata mediante le norme incriminatrici contenute nel Titolo II del Libro secondo del codice penale, sia da intendersi come P.A. nazionale, e che, correlativamente, anche quelli descritti agli artt. 357 e 358 quali possibili soggetti dei reati ivi previsti debbano intendersi come pubblici agenti (pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio) nazionali, esercenti, cioè, funzioni riconducibili alla P.A. interna. Per questo, con la legge n. 300 del 2000 è stato inserito nel codice penale l’art. 322-bis, volto a far sì che, rispetto a talune tipologie di reati, il novero dei pubblici agenti si estenda a ricomprendere pubblici agenti stranieri, comunitari e internazionali. In particolare, il primo comma dispone che il peculato ordinario e il peculato d'uso (art. 314), il peculato mediante profitto dell'errore altrui (art. 316), la concussione (art. 317) e le varie forme di corruzione passiva (artt. 318-320), istigazione passiva alla corruzione attiva (art. 322, 3° e 4° co.) e la nuova fattispecie di Induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p., introdotto dalla c.d. legge anticorruzione), siano puniti anche quando a realizzarne la condotta siano certe figure di pubblico agente comunitario o straniero. La disposizione elenca, in particolare, cinque categorie di soggetti. Le prime quattro rappresentano altrettante categorie di pubblici agenti comunitari; il n. 5 prevede poi che dei reati ivi indicati possano rispondere anche «coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio». È, questa, una categoria soggettiva in espansione, in parallelo con l'allargamento, in parte già avvenuto, del novero degli Stati membri dell'UE.

In base all'art. 322 bis, secondo comma, commette il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater), corruzione attiva (art. 321), o istigazione attiva alla corruzione passiva (art. 322, 1° e 2° co.), anche il privato che corrompe, o tenta di corrompere: a) uno dei soggetti (pubblici agenti comunitari o stranieri) indicati al 1° comma; b) un soggetto che eserciti «funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali».

Qui l'estensione dell'ambito applicativo delle norme richiamate avviene mediante una estensione, non già del novero dei soggetti attivi (il che sarebbe stato impossibile, trattandosi, in questi casi, di reati comuni, e quindi realizzabili da "chiunque"), ma del novero dei possibili destinatari dell'esborso corruttivo.

 

Il disegno di legge, inserendo il n. 5-bis), inserisce tra coloro che possono compiere i delitti di peculato, peculato mediante profitto dell'errore altrui, concussione e corruzione anche i membri della Corte internazionale di giustizia, i suoi funzionari e i soggetti equiparati. Conseguentemente, si allargano anche i possibili destinatari dell’esborso corruttivo previsto dal secondo comma dell’art. 322-bis.

 

Il comma 2 della disposizione in commento introduce nel codice penale l’articolo 343-bis, che estende ai membri della Corte penale internazionale (nonché ai suoi funzionari e soggetti equiparati) l’applicabilità delle disposizioni di cui agli articoli 336 (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale) e 338 (Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario), con le relative circostanze aggravanti (art. 339), nonché dei delitti di interdizione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità (art. 340), oltraggio a un corpo politico, amministrativo e giudiziario (art. 342) e oltraggio a un magistrato in udienza (art. 343).

 

I commi da 3 a 10 novellano varie disposizioni del codice penale con l’obiettivo di equiparare al nostro procedimento penale il procedimento che si svolge presso la Corte penale internazionale, così da consentire l’applicazione di alcuni delitti. Si tratta, in particolare, delle seguenti novelle:

§         all’articolo 368, relativo alla fattispecie di calunnia, per inserire tra le autorità che ricevono le informazioni volte ad incolpare di un reato un innocente ovvero a simulare a carico dell’innocente le tracce di un reato anche la Corte penale internazionale (comma 3);

§         all’articolo 371-bis, in tema di false informazioni al pubblico ministero, per equiparare al nostro pubblico ministero il procuratore della Corte penale internazionale (comma 4);

§         all’articolo 372, in tema di falsa testimonianza, per prevedere che il delitto possa essere commesso anche da colui che depone dinanzi alla Corte penale internazionale (comma 5);

§         all’articolo 374, secondo comma, in tema di frode processuale, per consentirne l’applicazione anche in caso di procedimento penale dinanzi alla Corte penale internazionale (comma 6);

§         all’articolo 374-bis, relativo alla fattispecie di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, per estenderne l’applicazione agli atti destinati ad essere prodotti alla Corte penale internazionale (comma 7);

§         all’articolo 377, in tema di intralcio alla giustizia, per consentire l’applicazione della fattispecie anche laddove le dichiarazioni debbano essere rese dinanzi alla Corte penale internazionale (comma 8);

§         all’articolo 378, in tema di favoreggiamento personale, per estendere la fattispecie anche a colui che aiuta taluno a eludere le investigazioni svolte da organi della Corte penale internazionale ovvero a sottrarsi alle ricerche effettuate dagli stessi soggetti (comma 9);

§         all’articolo 380, primo comma, in merito al delitto di patrocinio o consulenza infedele, per consentirne l’applicazione anche quando l’attività sia svolta  dinanzi alla Corte penale internazionale (comma 10).

 

 

Il Capo II (articoli da 11 a 14) disciplina la consegna alla Corte penale internazionale di persone che si trovino sul territorio italiano.

 

In base all’articolo 11, modificato dal Senato, se la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto ovvero una sentenza di condanna a pena detentiva a carico di una persona che si trovi sul territorio italiano, il procuratore generale presso la Corte di appello di Roma chiede alla stessa Corte d’appello l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere (comma 1).

La Corte d’appello provvede con ordinanza ricorribile in Cassazione in base all’art. 719 c.p.p. La presentazione del ricorso non sospende l’esecuzione della misura cautelare (comma 2). Il testo approvato dalla Camera prevedeva solamente che la corte d’appello decide con ordinanza ricorribile per cassazione anche per il merito.

Il comma 3, ampiamente modificato dal Senato, disciplina la possibile richiesta, da parte di colui che è sottoposto alla custodia cautelare in carcere, di libertà provvisoria, ai sensi dell’art. 59 dello Statuto[15], delineando il seguente iter:

-          richiesta di libertà provvisoria;

-          trasmissione della richiesta dal procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma al Ministro della Giustizia e da quest’ultimo alla Corte penale internazionale;

-          decisione sulla richiesta da parte della Corte d’appello di Roma con ordinanza ricorribile in Cassazione ai sensi dell’art. 719 c.p.p.;

-          in caso di concessione della libertà provvisoria, la Corte d’appello di Roma può imporre prescrizioni (divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, divieto e obbligo di dimora) per evitare il pericolo di fuga;

-          possibile sostituzione della custodia in carcere con altre misure cautelari in presenza di gravi motivi di salute.

Eseguita la misura della custodia cautelare in carcere, entro tre giorni (nel testo approvato dalla Camera erano cinque) il presidente della Corte di appello identifica la persona e verifica il suo eventuale consenso alla consegna alla Corte penale internazionale (si applicano le disposizioni previste dal codice di procedura penale per l’estradizione).

 

In base all’articolo 12, la misura della custodia cautelare è revocata se:

§         dall’inizio dell’esecuzione è trascorso un anno senza che la Corte di appello si sia pronunciata sulla richiesta di consegna (termini previsti dall'art. 714, co. 4, c.p.p.[16]);

§         la Corte d’appello si è pronunciata negando la consegna;

§         sono trascorsi 20 giorni dal consenso dell’interessato alla consegna e il Ministro della giustizia non ha ancora emesso il decreto per realizzare la consegna;

§         sono trascorsi 15 giorni dalla data fissata per la presa in consegna da parte della Corte penale internazionale ed essa non è avvenuta; il termine per la consegna può peraltro essere prorogato su richiesta della medesima Corte, senza oltrepassare il limite dell’anno dall’inizio dell’esecuzione della misura.

 

L’articolo 13, modificato dal Senato, riguarda la procedura per la consegna.

Il comma 1 disciplina la fase delle conclusioni del procuratore generale presso la corte d’appello di Roma prevedendo che questi depositi la sua requisitoria nella cancelleria della Corte, che dovrà comunicare il deposito e la data dell’udienza alle parti.

Il comma 2 stabilisce che la corte d’appello decide con il procedimento in camera di consiglio e – in base ad una modifica introdotta dal Senato - con la partecipazione necessaria del difensore.

Il giudice italiano può negare la consegna solo nelle seguenti ipotesi (comma 3):

§         la Corte penale internazionale non ha emesso una sentenza irrevocabile di condanna o un provvedimento restrittivo della libertà personale;

§         non vi è corrispondenza tra l’identità della persona richiesta e di quella oggetto della procedura di consegna;

§         la richiesta della Corte penale internazionale contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico. Si ricorda che questo limite – introdotto dal Senato – ricorre frequentemente in relazione ai rapporti con le autorità straniere, si pensi agli articoli 723 e 733 c.p.p. in relazione alle rogatorie internazionali ed al riconoscimento delle sentenze straniere;

§         per lo stesso fatto e la stessa persona è stata pronunciata in Italia una sentenza irrevocabile, fatto salvo quanto stabilito nell’art. 89, par. 2, dello statuto[17].

Il Senato ha soppresso l’ipotesi di diniego della consegna in quanto il fatto in relazione a cui la consegna è richiesta non è compreso nella giurisdizione della Corte penale internazionale.

Nel caso in cui venga eccepito il difetto di giurisdizione della Corte penale internazionale, la Corte d’appello di Roma dovrà sospendere – salva la manifesta infondatezza – “con ordinanza” il procedimento, in attesa di una pronuncia della medesima Corte penale (comma 4).

Il comma 5 stabilisce che il ricorso per cassazione può essere proposto anche in riferimento alle condizioni precisate dal comma 3 (il testo approvato dalla Camera prevedeva che il ricorso può essere proposto anche per il merito) ed ha effetto sospensivo.

In base al comma 6 la Corte penale internazionale può assistere all’udienza per mezzo di un proprio rappresentante.

Sia nell’ipotesi di consenso dell’interessato, sia in quella di favorevole pronuncia della Corte d’appello di Roma, spetta al Ministro della giustizia – con proprio decreto - provvedere entro 20 giorni (nel testo approvato dalla Camera erano 45) alla consegna, prendendo accordi con la Corte penale internazionale sul tempo, il luogo e le concrete modalità.

 

L’articolo 14 stabilisce che la misura della custodia cautelare in carcere può essere disposta provvisoriamente, anche prima che pervenga dalla Corte internazionale la richiesta di consegna, purché la stessa Corte abbia dichiarato di avere emesso un provvedimento restrittivo della libertà personale, abbia altresì dichiarato che intende presentare richiesta di consegna e abbia fornito la descrizione dei fatti nonché elementi idonei a identificare con certezza la persona, annunciando l’intenzione di richiederne la consegna.

Anche per l’applicazione provvisoria della misura della custodia cautelare si osserva l’art. 11 (v. sopra).

In tal caso, la custodia cautelare sarà revocata se entro 30 giorni (nel testo approvato dalla Camera erano 60) la Corte internazionale non richiede la consegna.

 

 

Il Capo III (articoli da 15 a 24) del provvedimento approvato dal Senato disciplina il profilo dell’esecuzione dei provvedimenti della Corte penale internazionale.

 

La competenza a conoscere dell’esecuzione del provvedimento ai sensi dell’art. 665, comma 1, c.p.p. è attribuita alla Corte d’appello di Roma (articolo 15).

 

Nel caso in cui l’Italia - a seguito di sentenza definitiva - sia individuata dalla Corte internazionale come Stato di espiazione di una pena detentiva, in base all’articolo 16 il Ministro della Giustizia deve:

§         chiedere alla Corte d’appello il riconoscimento della sentenza della Corte penale internazionale. Il comma 3 dell’articolo 16 elenca le ipotesi in presenza delle quali la sentenza della Corte penale internazionale non può essere riconosciuta: la sentenza non è irrevocabile; contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico; per lo stesso fatto e nei confronti del medesimo soggetto è stata pronunciata in Italia una sentenza irrevocabile. Il Senato ha invece soppresso l’ipotesi del divieto di riconoscimento per il caso in cui il fatto non sia previsto come reato dalla legge italiana. Il comma 4 specifica che la corte di appello di Roma, previo procedimento in camera di consiglio, delibera con sentenza in ordine al riconoscimento: tale sentenza è soggetta a ricorso per cassazione da parte del procuratore generale presso la corte di appello e dell'interessato, ai sensi dell’art. 734, co. 2, c.p.p.;

§         in caso di riconoscimento, comunicare alla Corte penale internazionale che la designazione è stata accettata e trasmettere gli atti al procuratore generale presso la Corte di appello.

 

L’articolo 17 dispone che l’esecuzione della pena avverrà in base all’ordinamento penitenziario italiano (L. n. 354 del 1975) e in conformità allo statuto e al regolamento di procedura e prova della Corte penale internazionale.

 

Si ricorda che l'art. 51, paragrafo 1, dello Statuto della Corte penale internazionale prevede che «Il Regolamento di procedura e di prova entra in vigore al momento della sua adozione da parte dell’Assemblea degli Stati Parti a maggioranza di due terzi dei suoi membri». Il regolamento è in vigore dal 9 settembre 2002, il giorno stesso in cui è stato adottato. Non sono necessarie procedure di ratifica.

 

Il Ministro della giustizia, previa informazione (nel testo approvato dalla Camera: previa consultazione) alla Corte penale internazionale, potrà disporre che il trattamento penitenziario del detenuto per i delitti previsti dalla legge in commento avvenga secondo il regime carcerario speciale di cui all’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario. L’esame di tali detenuti può avvenire in aule protette o a distanza, in base alle norme di attuazione del c.p.p. (comma 3).

Come da Statuto della Corte penale, spetta a quest’ultima – con le modalità da concordare col Ministro della giustizia - il controllo sull’esecuzione carceraria, fermo restando, comunque, l’adozione dei provvedimenti necessari ad assicurare la libertà e la riservatezza delle comunicazioni tra il detenuto e la stessa Corte (articolo 18). Il Ministro della giustizia dovrà inoltre trasmettere immediatamente alla Corte penale internazionale ogni richiesta del detenuto di accesso a qualsivoglia beneficio penitenziario o misura alternativa alla detenzione; se la Corte internazionale ritiene di non consentire l’accesso ad una misura prevista dal nostro ordinamento, il Ministro può chiedere alla Corte di disporre il trasferimento del condannato in altro Stato.

 

L’articolo 19 disciplina gli ulteriori obblighi di tempestiva informazione alla Corte penale internazionale a carico del Ministro della Giustizia. In particolare, l’autorità italiana dovrà comunicare:

-          il decesso o l’evasione del condannato (obbligo di informazione immediata);

-          la scarcerazione per avvenuta espiazione della pena (con due mesi di anticipo);

-          i procedimenti penali e ogni altra circostanza rilevante che concerne il condannato (obbligo di comunicazione tempestiva).

 

Con riferimento al luogo di espiazione della pena, questa potrà avvenire in base all’articolo 20 in una sezione speciale di un istituto penitenziario ovvero in un carcere militare, secondo la normativa vigente.

 

L’articolo 21 del provvedimento, modificato dal Senato, dispone in ordine all’esecuzione delle pene pecuniarie: su richiesta del procuratore generale, la Corte d’appello di Roma può provvedere all’esecuzione della confisca dei profitti e dei beni disposta dalla Corte internazionale (compresa, se del caso, la cd. “confisca per equivalente”); i beni confiscati – fatti salvi i diritti dei terzi di buona fede - vengono messi a disposizione della Corte penale internazionale per il tramite del Ministero della giustizia, che agirà in base a modalità da individuare con decreto (comma 5; il rinvio al decreto ministeriale è stato introdotto dal Senato). Il medesimo articolo 21 dispone anche in merito all’esecuzione degli ordini di riparazione a favore delle vittime (art. 75 Statuto), o per il risarcimento delle persone illegalmente arrestate o ingiustamente condannate (art. 85 Statuto); in tal caso, l’esecuzione avviene secondo le forme e i contenuti stabiliti dalla Corte penale internazionale.

 

Nel caso di difficoltà nell’esecuzione di provvedimenti sopra indicati, l’articolo 22 disciplina la procedura di consultazione con la Corte penale internazionale, la cui finalità è anche la conservazione dei mezzi di prova.

 

L'articolo 23 reca una serie di disposizioni in materia di giurisdizione. Il comma 1 specifica che, per i fini di cui al presente provvedimento, si applicano le disposizioni vigenti in materia di riparto tra la giurisdizione ordinaria e quella penale militare. Il comma 2 stabilisce che, per i fatti rientranti nella giurisdizione penale militare, le funzioni degli uffici giudiziari previste dalla presente legge siano esercitate dai corrispondenti uffici giudiziari militari. Il comma 3 dispone che, limitatamente ai fatti di cui al comma precedente, le funzioni attribuite dal presente provvedimento al Ministro della giustizia siano esercitate d’intesa con il Ministro della difesa, restando salva la competenza esclusiva del Ministero della difesa per quanto attiene all’ordinamento penitenziario militare.

 

L'articolo 24 reca la consueta clausola di invarianza finanziaria.

 

 


Documentazione

 


 

Statuto di Roma della Corte penale internazionale

 

Lo Statuto è allegato alla legge 12 luglio 1999, n. 232, Ratifica ed esecuzione dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, con atto finale ed allegati, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma, il 17 luglio 1998.

 

 

Preambolo

 

Traduzione non ufficiale

 

Gli Stati Parti del presente Statuto;

 

Consapevoli che tutti i popoli sono uniti da stretti vincoli e che le loro culture formano un patrimonio da tutti condiviso, un delicato mosaico che rischia in ogni momento di essere distrutto;

 

Memori che nel corso di questo secolo, milioni di bambini, donne e uomini sono stati vittime di atrocità inimmaginabili che turbano profondamente la coscienza dell'umanità;

 

Riconoscendo che crimini di tale gravità minacciano la pace, la sicurezza ed il benessere del mondo;

 

Affermando che i delitti più gravi che riguardano l'insieme della comunità internazionale non possono rimanere impuniti e che la loro repressione deve essere efficacemente garantita mediante provvedimenti adottati in ambito nazionale ed attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale;

 

Determinati a porre termine all'impunità degli autori di tali crimini contribuendo in tal modo alla prevenzione di nuovi crimini;

 

Rammentando che è dovere di ciascun Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di crimini internazionali;

 

Ribadendo gli scopi ed i princìpi della Carta delle Nazioni Unite ed in modo particolare il dovere di tutti gli Stati di astenersi dal ricorrere all'uso della minaccia o della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica degli altri Stati o in contrasto, in qualsiasi altro modo, con gli scopi delle Nazioni Unite;

 

Evidenziando a tale riguardo che nessuna disposizione del presente Statuto può essere interpretata nel senso di autorizzare uno Stato Parte ad intervenire in un conflitto armato di competenza degli affari interni di un altro Stato;

 

Determinati ad istituire, a tali fini e nell'interesse delle generazioni presenti e future, una Corte penale internazionale permanente e indipendente, collegata con il sistema delle Nazioni Unite competente a giudicare sui crimini più gravi di allarme per l'intera comunità internazionale;

 

Evidenziando che la Corte penale internazionale istituita ai sensi del presente Statuto è complementare alle giurisdizioni penali nazionali;

 

Risoluti a garantire duraturo rispetto all'applicazione della giustizia internazionale;

 

Hanno convenuto quanto segue:

 

Capitolo I

Istituzione della Corte

 

Articolo 1 - La Corte

È istituita una Corte penale internazionale («la Corte») in quanto istituzione permanente che può esercitare il suo potere giurisdizionale sulle persone fisiche per i più gravi crimini di portata internazionale, ai sensi del presente Statuto. Essa è complementare alle giurisdizioni penali nazionali. La sua giurisdizione ed il suo funzionamento sono regolati dalle norme del presente Statuto.

 

 

Articolo 2 - Rapporti della Corte con le Nazioni Unite

La Corte instaura rapporti con le Nazioni Unite attraverso un accordo che dovrà essere approvato dall'Assemblea degli Stati Parti al presente Statuto e successivamente concluso dal Presidente della Corte a nome di quest'ultima.

 

 

Articolo 3 - Sede della Corte

1. La sede della Corte è all'Aia, nei Paesi-Bassi («Stato ospitante»).

 

2. La Corte e lo Stato ospitante stabiliscono un accordo di sede che sarà in seguito approvato dall'Assemblea degli Stati Parte, successivamente concluso dal Presidente della Corte a nome di quest'ultima.

 

3. Quando lo ritiene opportuno, la Corte può riunirsi in qualsiasi altro luogo, secondo le norme del presente Statuto.

 

 

Articolo 4 - Status giuridico e poteri della Corte.

1. La Corte possiede personalità giuridica internazionale. Essa ha anche la capacità giuridica necessaria per l'esercizio delle sue funzioni ed il conseguimento dei suoi obiettivi.

 

2. La Corte può esercitare le proprie funzioni ed i propri poteri, quali preveduti nel presente Statuto, sul territorio di qualsiasi Stato Parte e, mediante una convenzione a tal fine, sul territorio di ogni altro Stato.

 

 

Capitolo II

Giurisdizione, procedibilità e normativa applicabile

 

Articolo 5 - Crimini di competenza della Corte.

1. La competenza della Corte è limitata ai crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale. La Corte ha competenza, in forza del presente Statuto, per i crimini seguenti:

 

a) crimine di genocidio;

 

b) crimini contro l'umanità;

 

c) crimini di guerra;

 

d) crimine di aggressione.

 

2. La Corte eserciterà il proprio potere giurisdizionale sul crimine di aggressione successivamente all'adozione, in conformità agli articoli 121 e 123, della disposizione che definirà tale crimine e stabilirà le condizioni alle quali la Corte potrà esercitare il proprio potere giurisdizionale su tale crimine. Tale norma dovrà essere compatibile con le disposizioni in materia della Carta delle Nazioni Unite.

 

 

Articolo 6 - Crimine di genocidio.

Ai fini del presente Statuto, per crimine di genocidio s'intende uno dei seguenti atti commessi nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, e precisamente:

 

a) uccidere membri del gruppo;

 

b) cagionare gravi lesioni all'integrità fisica o psichica di persone appartenenti al gruppo;

 

c) sottoporre deliberatamente persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da comportare la distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo stesso;

 

d) imporre misure volte ad impedire le nascite in seno al gruppo;

 

e) trasferire con la forza bambini appartenenti al gruppo ad un gruppo diverso.

 

 

Articolo 7 - Crimini contro l'umanità.

1. Ai fini del presente Statuto, per crimine contro l'umanità s'intende uno degli atti di seguito elencati, se commesso nell'ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell'attacco:

 

a) omicidio;

 

b) sterminio;

 

c) riduzione in schiavitù;

 

d) deportazione o trasferimento forzato della popolazione;

 

e) imprigionamento o altre gravi forme di privazione della libertà personale in violazione di norme fondamentali di diritto internazionale;

 

f) tortura;

 

g) stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata e altre forme di violenza sessuale di analoga gravità;

 

h) persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità, inspirata da ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di genere sessuale ai sensi del paragrafo 3, o da altre ragioni universalmente riconosciute come non permissibili ai sensi del diritto internazionale, collegate ad atti preveduti dalle disposizioni del presente paragrafo o a crimini di competenza della Corte;

 

i) sparizione forzata delle persone;

 

j) apartheid;

 

k) altri atti inumani di analogo carattere diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all'integrità fisica o alla salute fisica o mentale.

 

2. Agli effetti del paragrafo 1:

 

a) si intende per «attacco diretto contro popolazioni civili» condotte che implicano la reiterata commissione di talune degli atti preveduti al paragrafo 1 contro popolazioni civili, in attuazione o in esecuzione del disegno politico di uno Stato o di una organizzazione, diretto a realizzare l'attacco;

 

b) per «sterminio» s'intende, in modo particolare, il sottoporre intenzionalmente le persone a condizioni di vita dirette a cagionare la distruzione di parte della popolazione, quali impedire l'accesso al vitto ed alle medicine;

 

c) per «riduzione in schiavitù» s'intende l'esercizio su una persona di uno o dell'insieme dei poteri inerenti al diritto di proprietà, anche nel corso del traffico di persone, in particolare di donne e bambini a fini di sfruttamento sessuale;

 

d) per «deportazione o trasferimento forzato della popolazione» s'intende la rimozione delle persone, per mezzo di espulsione o con altri mezzi coercitivi, dalla regione nella quale le stesse si trovano legittimamente, in assenza di ragione prevedute dal diritto internazionale che lo consentano;

 

e) per «tortura» s'intende l'infliggere intenzionalmente gravi dolori o sofferenze, fisiche o mentali, ad una persona di cui si abbia la custodia o il controllo; in tale termine non rientrano i dolori o le sofferenze derivanti esclusivamente da sanzioni legittime, che siano inscindibilmente connessi a tali sanzioni o dalle stesse incidentalmente occasionati;

 

f) per «gravidanza forzata» s'intende la detenzione illegale di una donna resa gravida con la forza, nell'intento di modificare la composizione etnica di una popolazione o di commettere altre gravi violazioni del diritto internazionale. La presente definizione non può essere in alcun modo interpretata in maniera tale da pregiudicare l'applicazione delle normative nazionali in materia di interruzione della gravidanza;

 

g) per «persecuzione» s'intende la intenzionale e grave privazione dei diritti fondamentali in violazione del diritto internazionale, per ragioni connesse all'identità del gruppo o della collettività;

 

h) per «apartheid» s'intendono gli atti inumani di carattere analogo a quelli indicati nelle disposizioni del paragrafo 1, commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziali, ed al fine di perpetuare tale regime;

 

i) per «sparizione forzata delle persone» s'intende l'arresto, la detenzione o il rapimento delle persone da parte o con l'autorizzazione, il supporto o l'acquiescenza di uno Stato o organizzazione politica, che in seguito rifiutino di riconoscere la privazione della libertà o di dare informazioni sulla sorte di tali persone o sul luogo ove le stesse si trovano, nell'intento di sottrarle alla protezione della legge per un prolungato periodo di tempo.

 

3. Agli effetti del presente Statuto con il termine «genere sessuale» si fa riferimento ai due sessi, maschile e femminile, nel contesto sociale. Tale termine non implica alcun altro significato di quello sopra menzionato.

 

 

Articolo 8 - Crimini di guerra.

1. La Corte ha competenza a giudicare sui crimini di guerra, in particolare quando commessi come parte di un piano o di un disegno politico, o come parte di una serie di crimini analoghi commessi su larga scala.

 

2. Agli effetti dello Statuto, si intende per «crimini di guerra»:

 

a) gravi violazioni della Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949, vale a dire uno dei seguenti atti posti in essere contro persone o beni protetti dalle norme delle Convenzioni di Ginevra:

 

i) omicidio volontario;

 

ii) tortura o trattamenti inumani, compresi gli esperimenti biologici;

 

iii) cagionare volontariamente grandi sofferenze o gravi lesioni all'integrità fisica o alla salute;

 

iv) distruzione ed appropriazione di beni, non giustificate da necessità militari e compiute su larga scala illegalmente ed arbitrariamente;

 

v) costringere un prigioniero di guerra o altra persona protetta a prestare servizio nelle forze armate di una potenza nemica;

 

vi) privare volontariamente un prigioniero di guerra o altra persona protetta del suo diritto ad un equo e regolare processo;

 

vii) deportazione, trasferimento o detenzione illegale;

 

viii) cattura di ostaggi;

 

b) altre gravi violazioni delle leggi e degli usi applicabili, all'interno del quadro consolidato del diritto internazionale, nei conflitti armati internazionali, vale a dire uno dei seguenti atti:

 

i) dirigere deliberatamente attacchi contro popolazione civili in quanto tali o contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità;

 

ii) dirigere deliberatamente attacchi contro proprietà civili, e cioè proprietà che non siano obiettivi militari;

 

iii) dirigere deliberatamente attacchi contro personale, installazioni, materiale, unità o veicoli utilizzati nell'ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili prevedute dal diritto internazionale dei conflitti armati;

 

iv) lanciare deliberatamente attacchi nella consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, e lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all'ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all'insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti;

 

v) attaccare o bombardare con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi, e che non costituiscano obiettivi militari;

 

vi) uccidere o ferire combattenti che, avendo deposto le armi o non avendo ulteriori mezzi di difesa, si siano arresi senza condizioni;

 

vii) fare uso improprio della bandiera bianca, della bandiera o delle insegne militari e dell'uniforme del nemico o delle Nazioni Unite nonché degli emblemi distintivi della Convenzione di Ginevra, cagionando in tal modo la perdita di vite umane o gravi lesioni personali;

 

viii) il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione o il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all'interno o all'esterno di tale territorio;

 

ix) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all'educazione, all'arte, alla scienza o a scopi umanitari, a monumenti storici, a ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti, purché tali edifici non siano utilizzati per fini militari;

 

x) assoggettare coloro che si trovano in potere del nemico a mutilazioni fisiche o ad esperimenti medici o scientifici di qualsiasi tipo, non giustificati da trattamenti medici delle persone coinvolte né compiuti nel loro interesse, che cagionano la morte di tali persone o ne danneggiano gravemente la salute;

 

xi) uccidere o ferire a tradimento individui appartenenti alla nazionale o all'esercito nemico;

 

xii) dichiarare che nessuno avrà salva la vita;

 

xiii) distruggere o confiscare beni del nemico, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità della guerra;

 

xiv) dichiarare aboliti, sospesi od improcedibili in giudizio diritti ed azioni dei cittadini della nazione nemica;

 

xv) costringere i cittadini della nazione nemica, anche se al servizio del belligerante prima dell'inizio della guerra, a prendere parte ad operazioni di guerra dirette contro il proprio paese;

 

xvi) saccheggiare città o località, ancorché prese d'assalto;

 

xvii) utilizzare veleno o armi velenose;

 

xviii) utilizzare gas asfissianti, tossici o altri gas simili e tutti i liquidi, materiali e strumenti analoghi;

 

xix) utilizzare proiettili che si espandono o si appiattiscono facilmente all'interno del corpo umano, quali i proiettili con l'involucro duro che non ricopre interamente la parte centrale o quelli perforati ad intaglio;

 

xx) utilizzare armi, proiettili, materiali e metodi di combattimento con caratteristiche tali da cagionare lesioni superflue o sofferenze non necessarie, o che colpiscano per loro natura in modo indiscriminato in violazione del diritto internazionale dei conflitti armati, a condizione che tali mezzi siano oggetto di un divieto d'uso generalizzato e rientrino tra quelli elencati in un allegato al annesso al presente Statuto, a mezzo di un emendamento adottato in conformità delle disposizioni in materia contenute negli articoli 121 e 123;

 

xxi) violare la dignità della persona, in particolare utilizzando trattamenti umilianti e degradanti;

 

xxii) stuprare, ridurre in schiavitù sessuale, costringere alla prostituzione o alla gravidanza, imporre la sterilizzazione e commettere qualsiasi altra forma di violenza sessuale costituente violazione grave delle Convenzioni di Ginevra;

 

xxiii) utilizzare la presenza di un civile o di altra persona protetta per evitare che taluni siti, zone o forze militari divengano il bersaglio di operazioni militari;

 

xxiv) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici, materiali, personale ed unità e mezzi di trasporto sanitari che usino, in conformità con il diritto internazionale, gli emblemi distintivi preveduti dalle Convenzioni di Ginevra;

 

xxv) affamare intenzionalmente, come metodo di guerra, i civili privandoli dei beni indispensabili alla loro sopravvivenza, ed in particolare impedire volontariamente l'arrivo dei soccorsi preveduti dalle Convenzioni di Ginevra;

 

xxvi) reclutare o arruolare fanciulli di età inferiore ai quindici anni nelle forze armate nazionali o farli partecipare attivamente alle ostilità;

 

c) in ipotesi di conflitto armato non di carattere internazionale, gravi violazioni dell'articolo 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, vale a dire uno degli atti di seguito enumerati, commessi contro coloro che non partecipano direttamente alle ostilità, ivi compresi i membri delle Forze Armate che hanno deposto le armi e coloro persone che non sono in grado di combattere per malattia, ferite, stato di detenzione o per qualsiasi altra causa:

 

i) atti di violenza contro la vita e l'integrità della persona, in particolare tutte le forme di omicidio, le mutilazioni, i trattamenti crudeli e la tortura;

 

ii) violare la dignità personale, in particolare trattamenti umilianti e degradanti;

 

iii) prendere ostaggi;

 

iv) emettere sentenze ed eseguirle senza un preventivo giudizio, svolto avanti un tribunale regolarmente costituito che offre tutte le garanzie giudiziarie generalmente riconosciute come indispensabili;

 

d) il capoverso c) del paragrafo 2 si applica ai conflitti armati non di carattere internazionale e non si applica quindi a situazioni interne di disordine e tensione quali sommosse o atti di violenza sporadici o isolati di natura analoga;

 

e) altre gravi violazioni gravi delle leggi e degli usi applicabili, all'interno del quadro consolidato del diritto internazionale, nei conflitti armati non di carattere internazionale, vale a dire uno dei seguenti atti:

 

i) dirigere deliberatamente attacchi contro popolazioni civili in quanto tali o contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità;

 

ii) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici, materiali, personale ed unità e mezzi di trasporto sanitari, che usino in conformità con il diritto internazionale gli emblemi distintivi preveduti dalle Convenzioni di Ginevra;

 

iii) dirigere deliberatamente attacchi contro personale, installazioni, materiale, unità o veicoli utilizzati nell'ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili prevedute dal diritto internazionale dei conflitti armati;

 

iv) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all'educazione, all'arte, alla scienza o a scopi umanitari, monumenti storici, ospedali o luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti, purché tali edifici non siano utilizzati per fini militari;

 

v) saccheggiare città o località, ancorché prese d'assalto;

 

vi) stuprare, ridurre in schiavitù sessuale, costringere alla prostituzione o alla gravidanza, imporre la sterilizzazione e commettere qualsiasi altra forma di violenza sessuale costituente violazione grave delle Convenzioni di Ginevra;

 

vii) reclutare o arruolare fanciulli di età inferiore ai quindici anni nelle forze armate nazionali o farli partecipare attivamente alle ostilità;

 

viii) disporre un diverso dislocamento della popolazione civile per ragioni correlate al conflitto, se non lo richiedano la sicurezza dei civili coinvolti o inderogabili ragioni militari;

 

ix) uccidere o ferire a tradimento un combattente avversario;

 

x) dichiarare che nessuno avrà salva la vita;

 

xi) assoggettare coloro che si trovano in potere dell'avversario a mutilazioni fisiche o ad esperimenti medici o scientifici di qualsiasi tipo, non giustificati da trattamenti medici delle persone interessate né compiuti nel loro interesse, che cagionano la morte di tali persone o ne danneggiano gravemente la salute;

 

xii) distruggere o confiscare beni dell'avversario, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità del conflitto;

 

f) il capoverso e) del paragrafo 2 si applica ai conflitti armati non di carattere internazionale e pertanto non si applica alle situazioni di tensione e di disordine interne, quali sommosse o atti di violenza isolati e sporadici ed altri atti analoghi. Si applica ai conflitti armati che si verificano nel territorio di uno Stato ove si svolga un prolungato conflitto armato tra le forze armate governative e gruppi armati organizzati, o tra tali gruppi.

 

3. Nulla di quanto contenuto nelle disposizioni del paragrafo 2, capoversi c) e d) può avere incidenza sulle responsabilità dei governi di mantenere o ristabilire l'ordine pubblico all'interno dello Stato o di difendere l'unità e l'integrità territoriale dello Stato con ogni mezzo legittimo.

 

 

Articolo 9 - Elementi costitutivi dei crimini.

1. Gli elementi costitutivi dei crimini sono di ausilio per la Corte nell'interpretazione e nell'applicazione degli articoli 6, 7 ed 8 del presente Statuto, che devono essere adottati dall'Assemblea degli Stati Parte a maggioranza di due terzi dei membri.

 

2. Modifiche agli elementi costitutivi dei crimini possono essere proposte da:

 

a) uno Stato Parte;

 

b) i giudici, con decisione a maggioranza assoluta;

 

c) il Procuratore.

 

Le modifiche sono approvate dall'Assemblea degli Stati Parte a maggioranza di due terzi dei membri.

 

3. Gli elementi costitutivi dei crimini e le modifiche allo stesso devono essere compatibili con il presente Statuto.

 

 

Articolo 10

Nessuna disposizione del presente capitolo può essere interpretata nel senso di limitare o pregiudicare in qualsiasi modo, per effetti diversi da quelli del presente Statuto, le norme del diritto internazionale esistenti o in formazione.

 

 

Articolo 11 - Competenza ratione temporis.

1. La corte ha competenza solo sui crimini di sua competenza, commessi dopo l'entrata in vigore del presente Statuto.

 

2. Quando uno Stato diviene Parte al presente Statuto successivamente alla sua l'entrata in vigore, la Corte può esercitare il proprio potere giurisdizionale solo sui crimini commessi dopo l'entrata in vigore del presente Statuto nei confronti di tale Stato, a meno che lo Stato stesso abbia reso una dichiarazione ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 3.

 

 

Articolo 12

1. Lo Stato che diviene parte del presente Statuto accetta con tale atto la competenza della Corte sui crimini di cui all'articolo 5.

 

2. Nell'ipotesi preveduta dall'articolo 13, lettere a) o c) la Corte può esercitare il proprio potere giurisdizionale se uno dei seguenti Stati, o entrambi, sono Parti del presente Statuto o hanno accettato la competenza della Corte in conformità delle disposizioni del paragrafo 3:

 

a) lo Stato nel cui territorio hanno avuto luogo l'atto o l'omissione in oggetto o, se il crimine è stato commesso a bordo di una nave o di un aeromobile, lo Stato della bandiera o di immatricolazione di tale nave o aeromobile;

 

b) lo Stato del quale la persona accusata ha la nazionalità.

 

3. Se è necessaria, a norma delle disposizioni del paragrafo 2, l'accettazione di uno Stato non Parte del presente Statuto, tale Stato può, con dichiarazione depositata in Cancelleria, accettare la competenza della Corte sul crimine di cui trattasi. Lo Stato accettante Corte coopera con la Corte senza ritardo e senza eccezioni, in conformità al capitolo IX.

 

 

Articolo 13 - Condizioni di procedibilità.

La Corte può esercitare il proprio potere giurisdizionale su uno dei crimini di cui all'articolo 5, secondo le disposizioni del presente Statuto, se:

 

a) uno Stato Parte, in conformità dell'articolo 14, segnala al Procuratore una situazione nella quale uno o più di tali crimini appaiono essere stati commessi;

 

b) il Consiglio di Sicurezza, nell'ambito delle azioni prevedute dal capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, segnala al Procuratore una situazione nella quale uno o più di tali crimini appaiono essere stati commessi; oppure

 

c) il Procuratore ha aperto un'indagine su uno o più di tali crimini, in forza dell'articolo 15.

 

 

Articolo 14 - Segnalazione di una situazione ad opera di uno Stato Parte.

1. Uno Stato Parte può segnalare al Procuratore una situazione nella quale uno o più crimini di competenza della Corte appaiono essere stati commessi, richiedendo al Procuratore di effettuare indagini su questa situazione al fine di determinare se una o più persone particolari debbano essere accusate di tali crimini.

 

2. Lo Stato che sottopone il caso, indica per quanto possibile le circostanze rilevanti e presenta la documentazione di supporto di cui dispone.

 

 

Articolo 15 - Il Procuratore.

1. Il Procuratore può iniziare le indagini di propria iniziativa sulla base di informazioni relative ai crimini di competenza della Corte.

 

2. Il Procuratore valuta la serietà delle informazioni ricevute. A tal fine può richiedere ulteriori informazioni agli Stati, agli organi delle Nazioni Unite, alle organizzazioni intergovernative e non governative o alle altre fonti affidabili che gli appaiono appropriate, e può ricevere deposizioni scritte o orali presso la sede della Corte.

 

3. Se il Procuratore conclude che vi sono elementi che giustificano l'inizio delle indagini, presenta alla Camera Preliminare una richiesta di autorizzazione alle indagini, unitamente ad ogni elemento di supporto raccolto. Le vittime possono essere rappresentate di fronte alla Camera Preliminare, in conformità al Regolamento di Procedura e di Prova.

 

4. Se la Camera Preliminare dopo aver esaminato la richiesta e gli elementi giustificativi che l'accompagnano, ritiene che l'inizio delle indagini è giustificato e che il caso appare ricadere nella competenza della Corte, essa dà la sua autorizzazione senza pregiudizio per le successive decisioni della Corte in materia di competenza e di procedibilità.

 

5. Una risposta negativa ella Camera Preliminare non vieta al Procuratore di presentare una successiva richiesta fondata su fatti o elementi di prova nuovi, riferiti alla stessa situazione.

 

6. Se dopo la valutazione preliminare di cui ai paragrafi 1 e 2, il Procuratore conclude che le informazioni fornite non giustificano l'inizio delle indagini, ne informa coloro che le hanno fornite. Ciò non preclude al Procuratore la possibilità la facoltà di prendere in esame, alla luce di fatti o elementi di prova nuovi, ulteriori informazioni a lui eventualmente sottoposte relative alla stessa situazione.

 

 

Articolo 16 - Sospensione delle indagini o dell'esercizio dell'azione penale.

Nessuna indagine e nessun procedimento penale possono essere iniziati o proseguiti ai sensi del presente Statuto per il periodo di dodici mesi successivo alla data in cui il Consiglio di Sicurezza, con risoluzione adottata ai sensi del Capitolo VIII della Carta delle Nazioni Unite, ne abbia fatto richiesta alla Corte; tale richiesta può essere rinnovata dal Consiglio con le stesse modalità.

 

 

Articolo 17 - Questioni relative alla procedibilità.

1. Con riferimento al decimo comma del preambolo ed all'articolo primo del presente Statuto, la Corte dichiara improcedibile il caso se:

 

a) sullo stesso sono in corso di svolgimento indagini o procedimenti penali condotti da uno Stato che ha su di esso giurisdizione, a meno che tale Stato non intenda iniziare le indagini ovvero non abbia la capacità di svolgerle correttamente o di intentare un procedimento;

 

b) lo stesso è stato oggetto di indagini condotte da uno Stato che ha su di esso giurisdizione e tale Stato ha deciso di non procedere nei confronti della persona interessata, a meno che la decisione non costituisca il risultato del rifiuto o dell'incapacità dello Stato di procedere correttamente;

 

c) la persona interessata è già stata giudicata per la condotta oggetto della denunzia e non può essere giudicata dalla Corte a norma dell'articolo 20, paragrafo 3;

 

d) il fatto non è di gravità sufficiente da giustificare ulteriori azioni da parte della Corte.

 

2. Al fine di decidere se ricorre in specifiche fattispecie il difetto di volontà dello Stato, la Corte valuta se, avuto riguardo alle garanzie giudiziarie riconosciute dal diritto internazionale sussistono una o più delle seguenti circostanze:

 

a) il procedimento è o è stato condotto, ovvero la decisione dello Stato è stata adottata, nell'intento di proteggere la persona interessata dalla responsabilità penale per i crimini di competenza della Corte indicati nell'articolo 5;

 

 

b) il procedimento ha subìto un ritardo ingiustificato che, date le circostanze, è incompatibile con il fine di assicurare la persona interessata alla giustizia;

 

c) il procedimento non è stato, o non è condotto in modo indipendente o imparziale, ed è stato, o è condotto in modo tale da essere - date le circostanze - incompatibile con il fine di assicurare la persona interessata alla giustizia.

 

3. Al fine di decidere se ricorre in specifiche fattispecie l'incapacità dello Stato, la Corte valuta se, a causa di un totale o sostanziale collasso ovvero della indisponibilità del proprio sistema giudiziario interno, lo Stato non abbia la capacità di ottenere la presenza dell'imputato o le prove e testimonianze necessarie, ovvero sia in qualunque altro modo incapace a svolgere il procedimento instaurato.

 

 

Articolo 18 - Decisione preliminare in ordine alla procedibilità.

1. Quando alla Corte è stata segnalata una situazione ai sensi dell'articolo 13, capoverso a) ed il Procuratore ha determinato che vi sono elementi che giustificano l'inizio delle indagini ovvero quanto il procuratore inizia le indagini sulla base degli articoli 13 lettera c) e 15, lo stesso procuratore ne dà notifica a tutti gli Stati Parte ed a quegli Stati che, in considerazione delle informazioni disponibili, sarebbero ordinariamente forniti di giurisdizione sui crimini in oggetto. Il Procuratore può informare a tali Stati in via riservata, e, se lo ritiene necessario per la protezione delle persone, per prevenire la distruzione delle prove o per impedire che le persone si rendano latitanti, può limitare l'ampiezza delle informazioni fornite agli Stati.

 

2. Entro un mese dalla ricezione di tale notifica, lo Stato può informare la Corte del fatto che sta conducendo o che ha condotto indagini su propri cittadini o su altri soggetti rientranti nella propria giurisdizione in relazione ad atti criminali che possono essere costitutivi dei crimini indicati nell'articolo 5 e che sono in rapporto con le informazioni notificate agli Stati. Su richiesta di tale Stato, il Procuratore sospende le proprie indagini in favore di quelle condotte dallo Stato, a meno che la Camera Preliminare, su richiesta del Procuratore, non decida di autorizzare le indagini.

 

3. La sospensione delle indagini del Procuratore in favore di quelle condotte dallo Stato può essere riesaminata dal Procuratore stesso trascorsi sei mesi dalla data della sua adozione, o in qualunque momento, qualora si sia verificato un rilevante mutamento delle circostanze per motivi attinenti al rifiuto o all'incapacità dello Stato di condurre le indagini.

 

4. Lo Stato interessato o il Procuratore possono proporre impugnazione avanti la Camera d'appello contro la decisione adottata dalla Camera Preliminare, in conformità dell'articolo 82, paragrafo 2. L'appello può essere trattato con procedura d'urgenza.

 

5. Quando ha sospeso le indagini come previsto al paragrafo 2, il Procuratore può richiedere che lo Stato interessato lo informi periodicamente dei progressi delle proprie indagini e di ogni procedimento penale che ne sia derivato. Lo Stato Parte risponde a tali richieste senza indebito ritardo.

 

6. Durante l'attesa di una decisione della Camera Preliminare o in qualsiasi momento quando le indagini sono sospese ai sensi del presente articolo, il Procuratore può, eccezionalmente richiedere alla Camera Preliminare l'autorizzazione a compiere gli atti di indagine necessari allo scopo di preservare le prove, qualora si presenti una opportunità irripetibile di raccogliere importanti d'elementi di prova o sussista un rilevante rischio che tali elementi di prova possano successivamente non essere disponibili.

 

7. Lo Stato che ha proposto impugnazione ai sensi del presente articolo contro una decisione della Camera Preliminare, può eccepire l'improcedibilità del caso ai sensi dell'articolo 19, sulla base di ulteriori fatti significativi o di un rilevante mutamento delle circostanze.

 

 

Articolo 19 - Questioni pregiudiziali sulla competenza della Corte e la procedibilità del caso.

1. La Corte accerta la propria competenza su qualsiasi caso portato dinanzi ad essa.

 

La Corte può d'ufficio pronunziarsi sulla procedibilità del caso in conformità all'articolo 17.

 

2. Eccezioni in ordine alla procedibilità del caso, fondate sui motivi indicati nell'articolo 17, ovvero eccezioni in ordine alla competenza della Corte possono essere proposte da:

 

a) l'imputato o colui nei confronti del quale è stato emesso ai sensi dell'articolo 58 un mandato d'arresto o di comparizione;

 

b) lo Stato che ha giurisdizione riguardo al crimine in esame, per via del fatto che su tale caso sta conducendo o ha già condotto indagini o procedimenti penali; o

 

c) lo Stato del quale sia richiesta, ai sensi dell'articolo 12, l'accettazione della competenza.

 

3. Il Procuratore può richiedere alla Corte di pronunziarsi sulla questione di competenza o di procedibilità. Nei procedimenti relativi alla competenza o alla procedibilità, anche coloro che hanno segnalato la situazione ai sensi dell'articolo 13 e le vittime del crimine possono presentare osservazioni alla Corte.

 

4. L'improcedibilità di un caso o l'incompetenza della Corte possono essere eccepite per una sola volta dalle persone o dagli Stati indicati nelle disposizioni del paragrafo 2. L'eccezione deve essere proposta prima o nel momento iniziale del processo. In circostanze eccezionali, la Corte può autorizzare che l'eccezione sia proposta più di una volta o in momento successivo alla fase di apertura del processo. Le eccezioni di improcedibilità proposte nella fase di apertura del processo o successivamente con l'autorizzazione della Corte possono essere fondate esclusivamente sull'articolo 17, paragrafo 1, lettera c).

 

5. Gli Stati indicati alle disposizioni del paragrafo 2, capoversi b) e c) devono proporre l'eccezione il prima possibile.

 

6. Prima della conferma delle imputazioni, le eccezioni sulla procedibilità del caso e sulla competenza della Corte devono essere proposte alla Camera Preliminare. Dopo la convalida delle imputazioni, le stesse devono essere proposte alla Camera di primo grado. Le decisioni sulla competenza o la procedibilità possono essere impugnate avanti la Camera d'Appello in conformità all'articolo 82.

 

7. Se lo Stato di cui al paragrafo 2, capoversi b) o c) propone un'eccezione, il Procuratore sospende le indagine sino a che la Corte non abbia adottato una decisione in conformità dell'articolo 17.

 

8. Pendente la decisione della Corte, il Procuratore può richiedere alla stessa l'autorizzazione:

 

a) a compiere gli atti di indagine necessari indicati nell'articolo 18 paragrafo 6;

 

b) ad assumere dichiarazioni o deposizioni o testimonianze da testimoni, o a completare la raccolta e l'esame degli elementi di prova che abbiano avuto inizio prima della proposizione dell'eccezione; e

 

c) ad impedire, in cooperazione con gli Stati interessati, che coloro nei cui confronti il Procuratore ha già richiesto un mandato d'arresto ai sensi dell'articolo 58 si rendano latitanti.

 

9. La proposizione dell'eccezione non incide sulla validità degli atti compiuti in precedenza dal Procuratore, o degli ordini o dei mandati emessi in precedenza dalla Corte.

 

10. Se la Corte ha dichiarato l'improcedibilità del caso ai sensi dell'articolo 17, il Procuratore può avanzare richiesta per la revisione della decisione qualora accerti pienamente il verificarsi di fatti nuovi che abbiano fatto venire meno le ragioni sulle quali si fondava la precedente dichiarazione di improcedibilità del caso adottata ai sensi dell'articolo 17.

 

11. Se il Procuratore, con riferimento a quanto indicato nell'articolo 17, sospende le indagini può richiedere che lo Stato interessato lo informi sullo svolgimento della procedura. Tali notizie devono essere, a richiesta dello Stato in oggetto, tenute riservate. Se successivamente il Procuratore decide di procedere alle indagini deve darne formale notizia allo Stato la cui procedura era all'origine della sospensione.

 

 

Articolo 20 - Ne bis in idem.

1. Se non diversamente preveduto dal presente Statuto, nessuno può essere giudicato dalla Corte per atti costitutivi di crimini per i quali è stato precedentemente condannato o assolto dalla Corte stessa.

 

2. Nessuno può essere giudicato da una diversa giurisdizione per un crimine indicato nell'articolo 5 per il quale è già stato condannato o assolto dalla Corte.

 

3. Chiunque sia stato precedentemente giudicato da una diversa giurisdizione per condotte punibili anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 8, può essere giudicato dalla Corte solo se il procedimento di fronte all'altra giurisdizione:

 

a) mirava a sottrarre la persona interessata alla sua responsabilità penale per crimini di competenza della Corte; o

 

b) in ogni caso non era stato condotto in modo indipendente ed imparziale, nel rispetto delle garanzie previste dal diritto internazionale, ma invece era stato condotto in modo da essere incompatibile, date le circostanze, con il fine di assicurare la persona interessata alla giustizia.

 

 

Articolo 21 - Normativa applicabile.

1. La Corte applica:

 

a) in primo luogo, il presente Statuto ed il Regolamento di procedura e di prova;

 

b) in secondo luogo, ove occorra, i trattati applicabili ed i princìpi e le regole di diritto internazionale, ivi compresi i princìpi consolidati del diritto internazionale dei conflitti armati;

 

c) in mancanza, i princìpi generali di diritto ricavati dalla Corte in base alla normativa interna dei sistemi giuridici del mondo, compresa, ove occorra, la normativa interna degli Stati che avrebbero avuto giurisdizione sul crimine, purché tali princìpi non siano in contrasto con il presente Statuto, con il diritto internazionale e con le norme ed i criteri internazionalmente riconosciuti.

 

2. La Corte può applicare i princìpi di diritto e le norme giuridiche quali risultano dall'interpretazione fornitane nelle proprie precedenti decisioni.

 

3. L'applicazione e l'interpretazione del diritto ai sensi del presente articolo devono essere compatibili coni diritti dell'uomo internazionalmente riconosciuti e devono essere effettuate senza alcuna discriminazione fondata su ragioni quali il genere sessuale come definito nell'articolo 7, paragrafo 3, l'età, la razza, il colore, la lingua, la religione o il credo, le opinioni politiche o le altre opinioni, la nazionalità, l'origine etnica o sociale, le condizioni economiche, la nascita o le altre condizioni personali.

 

 

Capitolo III

Princìpi generali del diritto penale

 

Articolo 22 - Nullum crimen sine lege.

1. Una persona è penalmente responsabile in forza del presente Statuto solo se la sua condotta, nel moneto in cui viene realizzata, costituisce un crimine di competenza della Corte.

 

2. La definizione dei crimini è interpretata tassativamente e non può essere estesa per analogia. Nel dubbio, deve essere interpretata a favore della persona che è oggetto di un'inchiesta, di azioni giudiziarie o di una condanna.

 

3. Il presente articolo non impedisce che un comportamento sia qualificato come crimine secondo il diritto internazionale, indipendentemente dal presente Statuto.

 

 

Articolo 23 - Nulla poena sine lege.

Una persona che è stata condannata dalla Corte può essere punita solo in conformità alle disposizioni del presente Statuto.

 

 

Articolo 24 - Non retroattività ratione personae.

1. Nessuno è penalmente responsabile in forza del presente Statuto per un comportamento precedente all'entrata in vigore dello Statuto.

 

Se il diritto applicabile ad un caso è modificato prima della sentenza definitiva, alla persona che è oggetto d'inchiesta, di un procedimento giudiziario o di una condanna sarà applicato il diritto più favorevole.

 

 

Articolo 25 - Responsabilità penale individuale.

1. La Corte è competente per le persone fisiche in conformità al presente Statuto.

 

2. Chiunque commette un reato sottoposto alla giurisdizione della Corte è individualmente responsabile e può essere punito secondo il presente Statuto.

 

3. In conformità del presente Statuto, una persona è penalmente responsabile e può essere punita per un reato di competenza della Corte:

 

a) quando commette tale reato a titolo individuale o insieme ad un'altra persona o tramite un'altra persona, a prescindere se quest'ultima è o meno penalmente responsabile;

 

b) quando ordina, sollecita o incoraggia la perpetrazione di tale reato, nella misura in cui vi è perpetrazione o tentativo di perpetrazione di reato;

 

c) quando, in vista di agevolare la perpetrazione di tale reato, essa fornisce il suo aiuto, la sua partecipazione o ogni altra forma di assistenza alla perpetrazione o al tentativo di perpetrazione di tale reato, ivi compresi i mezzi per farlo;

 

d) contribuisce in ogni altra maniera alla perpetrazione o al tentativo di perpetrazione di tale reato da parte di un gruppo di persone che agiscono di comune accordo. Tale contributo deve essere intenzionale e, a seconda dei casi:

 

i) mirare a facilitare l'attività criminale o il progetto criminale del gruppo, nella misura in cui tale attività o progetto comportano l'esecuzione di un delitto sottoposto alla giurisdizione della Corte; oppure

 

ii) essere fornito in piena consapevolezza dell'intento del gruppo di commettere il reato;

 

e) trattandosi di un crimine di genocidio, incita direttamente e pubblicamente altrui a commetterlo;

 

f) tenta di commettere il reato mediante atti che per via del loro carattere sostanziale rappresentano un inizio di esecuzione, senza tuttavia portare a termine il reato per via di circostanze indipendenti dalla sua volontà. Tuttavia la persona che desiste dallo sforzo volto a commettere il reato o ne impedisce in qualche modo l'espletamento, non può essere punita in forza del presente Statuto per il suo tentativo, qualora abbia completamente e volontariamente desistito dal suo progetto criminale.

 

4. Nessuna disposizione del presente Statuto relativa alla responsabilità penale degli individui pregiudica la responsabilità degli Stati nel diritto internazionale.

 

 

Articolo 26 - Esclusione di giurisdizione per persone di età inferiore a 18 anni.

La Corte non ha competenza nei confronti di una persona minore di 18 anni al momento della pretesa perpetrazione di un crimine.

 

 

Articolo 27 - Irrilevanza della qualifica ufficiale.

1. Il presente Statuto si applica a tutti in modo uguale senza qualsivoglia distinzione basata sulla qualifica ufficiale. In modo particolare la qualifica ufficiale di capo di Stato o di governo, di membro di un governo o di un parlamento, di rappresentante eletto o di agente di uno Stato non esonera in alcun caso una persona dalla sua responsabilità penale per quanto concerne il presente Statuto e non costituisce in quanto tale motivo di riduzione della pena.

 

2. Le immunità o regole di procedura speciale eventualmente inerenti alla qualifica ufficiale di una persona in forza del diritto interno o del diritto internazionale non vietano alla Corte di esercitare la sua competenza nei confronti di questa persona.

 

Articolo 28 - Responsabilità dei capi militari e di altri superiori gerarchici.

Oltre agli altri motivi di responsabilità penale secondo il presente Statuto per reati di competenza della Corte:

 

1. Un comandante militare o persona facente effettivamente funzione di comandante militare è penalmente responsabile dei crimini di competenza della Corte commessi da forze poste sotto il suo effettivo comando o controllo o sotto la sua effettiva autorità e controllo, a seconda dei casi, quando non abbia esercitato un opportuno controllo su queste forze nei seguenti casi:

 

a) questo capo militare o persona sapeva o, date le circostanze, avrebbe dovuto sapere che le forze commettevano o stavano per commettere tali crimini; e

 

b) questo capo militare o persona non ha preso tutte le misure necessarie e ragionevoli in suo potere per impedire o reprimere l'esecuzione o per sottoporre la questione alle autorità competenti a fini d'inchiesta e di azioni giudiziarie.

 

2. Per quanto concerne le relazioni fra superiore gerarchico e sottoposti, non descritte alla lettera a), il superiore gerarchico è penalmente responsabile per i reati di competenza della Corte commessi da sottoposti sotto la sua effettiva autorità o controllo, qualora egli non abbia esercitato un opportuno controllo su tali sottoposti nelle seguenti circostanze:

 

a) essendo a conoscenza, o trascurando deliberatamente di tenere conto di informazioni che indicavano chiaramente che tali subordinati commettevano o stavano per commettere tali crimini;

 

b) i crimini erano inerenti ad attività sotto la sua effettiva autorità e responsabilità;

 

c) non ha preso tutte le misure necessarie e ragionevoli in suo potere per impedirne o reprimerne l'esecuzione o per sottoporre la questione alle autorità competenti ai fini d'inchiesta e di esercizio dell'azione penale.

 

 

Articolo 29 - Imprescrittibilità.

I crimini di competenza della Corte non sono soggetti ad alcun termine di prescrizione.

 

 

 

 

Articolo 30 - Elementi psicologici.

1. Salvo diversa disposizione, una persona non è penalmente responsabile e può essere punita per un crimine di competenza della Corte solo se l'elemento materiale è accompagnato da intenzione e consapevolezza.

 

2. Ai sensi del presente articolo, vi è intenzione quando:

 

a) trattandosi di un comportamento, una persona intende adottare tale comportamento;

 

b) trattandosi di una conseguenza, una persona intende causare tale conseguenza o è consapevole che quest'ultima avverrà nel corso normale degli eventi.

 

3. Vi è consapevolezza ai sensi del presente articolo quando una persona è cosciente dell'esistenza di una determinata circostanza o che una conseguenza avverrà nel corso normale degli eventi. «Intenzionalmente» e «con cognizione di causa» vanno interpretati di conseguenza.

 

 

Articolo 31 - Motivi di esclusione dalle responsabilità penali.

1. Oltre agli altri motivi di esclusione della responsabilità penale previsti dal presente Statuto, una persona non è penalmente responsabile se al momento del suo comportamento:

 

a) essa soffriva di una malattia o deficienza mentale che le precludeva la facoltà di comprendere il carattere delittuoso o la natura del suo comportamento, o di controllarlo per renderlo conforme alle norme di legge;

 

b) era in uno stato d'intossicazione che le precludeva la facoltà di comprendere il carattere delittuoso o la natura del suo comportamento, o di controllarlo per renderlo conforme alle norme di legge; a meno che non si fosse volontariamente intossicata pur sapendo, come risulta dalle circostanze, che per via della sua intossicazione, essa avrebbe con ogni probabilità adottato un comportamento costituente un crimine di competenza della Corte e non abbia tenuto conto di tale probabilità;

 

c) essa ha agito in modo ragionevole per difendere sé stessa, per difendere un'altra persona o, in caso di crimini di guerra, per difendere beni essenziali alla propria sopravvivenza o a quella di terzi, o essenziali per l'adempimento di una missione militare contro un ricorso imminente ed illecito alla forza, proporzionalmente all'ampiezza del pericolo da essa incorsa o dall'altra persona o dai beni protetti. Il fatto che la persona abbia partecipato ad un'operazione difensiva svolta da forze armate non costituisce di per sé motivo di esonero dalla responsabilità penale a titolo del presente capoverso;

 

d) il comportamento qualificato come sottoposto alla giurisdizione della Corte è stato adottato sotto una coercizione risultante da una minaccia di morte imminente o da un grave pericolo continuo o imminente per l'integrità di tale persona o di un'altra persona e la persona ha agito spinta dal bisogno ed in modo ragionevole per allontanare tale minaccia, a patto che non abbia inteso causare un danno maggiore di quello che cercava di evitare. Tale minaccia può essere stata:

 

i) sia esercitata da altre persone, o

 

ii) costituita da altre circostanze indipendenti dalla sua volontà.

 

2. La Corte si pronuncia sul fatto di sapere se i motivi, di esclusione dalla responsabilità penale previsti nel presente Statuto sono applicabili al caso di cui è investita.

 

3. Durante il processo la Corte può tenere conto di un motivo di esonero diverso da quelli previsti al paragrafo 1, se tale motivo discende dal diritto applicabile enunciato all'articolo 21. Le procedure di esame di tale motivo di esclusione sono previste nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

 

Articolo 32 - Errore di fatto o di diritto.

1. Un errore di fatto è motivo di esclusione dalla responsabilità penale solo se annulla l'elemento psicologico del reato.

 

2. Un errore di diritto concernente la questione di sapere se un determinato tipo di comportamento costituisce un reato passibile della giurisdizione della Corte non è motivo di esclusione dalla responsabilità penale. Tuttavia, un errore di diritto può essere motivo di esclusione dalla responsabilità penale quando annulla l'elemento psicologico del reato, o sulla base di quanto preveduto dall'articolo 33.

 

 

Articolo 33 - Ordini del superiore gerarchico e ordine di legge.

1. Il fatto che un reato passibile di giurisdizione della Corte sia stato commesso da una persona in esecuzione di un ordine di un governo o di un superiore militare o civile non esonera tale persona dalla sua responsabilità penale, salvo se:

 

a) la persona aveva l'obbligo legale di ubbidire agli ordini del governo o del superiore in questione;

 

b) la persona non sapeva che l'ordine era illegale;

 

c) l'ordine non era manifestamente illegale.

 

2. Ai fini del presente articolo, gli ordini di commettere un genocidio o crimini contro l'umanità sono manifestamente illegali.

 


 

Capitolo IV

Composizione ed amministrazione della Corte

 

Articolo 34 - Organi della Corte.

Gli organi della Corte sono i seguenti:

 

a) Presidenza;

 

b) Sezione degli appelli, Sezioni di primo grado e Sezione preliminare;

 

c) Ufficio del Procuratore;

 

d) Cancelleria.

 

 

Articolo 35 - Esercizio delle funzioni da parte dei giudici.

1. Tutti i giudici sono eletti come membri a tempo pieno della Corte e sono disponibili per esercitare le loro funzioni a tempo pieno non appena ha inizio il loro mandato.

 

2. I giudici che compongono la Presidenza esercitano le loro funzioni a tempo pieno dal momento in cui sono eletti.

 

3. La Presidenza può, in funzione del carico di lavoro della Corte ed in consultazione con gli altri giudici decidere periodicamente in che misura questi ultimi sono tenuti ad esercitare le loro funzioni a tempo pieno. Le decisioni adottate a tale riguardo non pregiudicano le disposizioni dell'articolo 40.

 

4. Le intese finanziarie concernenti i giudici che non sono tenuti ad esercitare le loro funzioni a tempo pieno sono stabilite secondo l'articolo 49.

 

 

Articolo 36 - Qualificazioni, candidatura ed elezione dei giudici.

1. Subordinatamente alle disposizioni del paragrafo 2, la Corte si compone di 18 giudici.

 

2. a) La Presidenza, agente in nome della Corte, può proporre di aumentare il numero dei giudici fissato al paragrafo 1, motivando debitamente la sua proposta. Questa è comunicata senza indugio a tutte le parti dall'ufficio di Cancelleria;

 

b) successivamente la proposta è esaminata in una riunione dell'Assemblea degli Stati parti, convocata conformemente all'articolo 112. Essa è considerata adottata se è approvata in questa riunione a maggioranza di due terzi dei membri dell'Assemblea degli Stati Parte. Essa entra in vigore alla data stabilita dall'Assemblea degli Stati parti;

 

c) i) quando una proposta di aumentare il numero dei giudici è stata adottata secondo il capoverso b), l'elezione dei giudici supplementari avviene alla successiva riunione dell'Assemblea degli Stati parti secondo i paragrafi 3 a 8 e all'articolo 37, paragrafo 2;

 

ii) quando una proposta di aumentare il numero dei giudici è stata adottata ed è divenuta effettiva secondo i capoversi b) e c) sotto-capoverso i), la Presidenza può proporre in qualsiasi momento in seguito, qualora il carico di lavoro della Corte lo giustifichi, di ridurre il numero dei giudici purché tale numero non scenda al di sotto di quello stabilito al paragrafo 1. La proposta è esaminata secondo la procedura stabilita ai capoversi a) e b). Se è adottata, il numero dei giudici diminuisce gradualmente mano a mano che il mandato dei giudici in esercizio giunge a scadenza, fino a quando non venga raggiunto il numero richiesto.

 

3. a) i giudici sono selezionati fra persone che godono di un'elevata considerazione morale, conosciute per la loro imparzialità ed integrità e che presentano tutti i requisiti richiesti nei loro rispettivi Stati per l'esercizio delle massime cariche giudiziarie;

 

b) ogni candidato ad un seggio alla Corte deve:

 

i) avere una competenza riconosciuta in diritto e procedura penale, nonché la necessaria esperienza di processo penale, sia in qualità di giudice, di procuratore, di avvocato o in ogni altra qualità analoga; oppure

 

ii) avere una competenza riconosciuta in settori pertinenti del diritto internazionale, come il diritto internazionale umanitario ed i diritti dell'uomo, nonché una vasta esperienza in una professione giuridica particolarmente significativa ai fini dell'attività giudiziaria della Corte;

 

c) ogni candidato ad un seggio alla Corte deve avere un'ottima conoscenza ed una pratica corrente di almeno una delle lingue di lavoro della Corte.

 

4. a) i candidati ad un seggio alla Corte possono essere presentati da ogni Stato Parte al presente Statuto:

 

i) secondo la procedura di presentazione di candidature alle massime cariche giudiziarie nello Stato in questione; oppure

 

ii) secondo la procedura di presentazione di candidature alla Corte Internazionale di Giustizia prevista nello Statuto di quest'ultima.

 

Le candidature sono accompagnate da una dichiarazione dettagliata che dimostra che il candidato presenta i requisiti previsti al paragrafo 3;

 

b) ciascuno Stato parte può presentare la candidatura di una persona per una determinata elezione. Tale persona non deve necessariamente averne la nazionalità, ma in ogni caso deve essere in possesso di quella di uno Stato Parte;

 

c) l'Assemblea degli Stati parti può decidere di costituire, come opportuno, una commissione consultiva per l'esame delle candidature. La composizione ed il mandato di tale Commissione sono definite dall'Assemblea degli Stati parti.

 

5. Ai fini dell'elezione, vengono predisposte due liste di candidati:

 

La lista A, contenente i nomi dei candidati in possesso dei requisiti di cui al paragrafo 3, capoverso b), sotto-capoverso i).

 

La lista B, contenente i nomi dei candidati in possesso dei requisiti di cui al paragrafo 3, capoverso b), sotto-capoverso ii).

 

Ogni candidato in possesso delle competenze richieste per figurare sulle due liste può scegliere quella su cui presentarsi. alla prima elezione, almeno nove giudici saranno eletti fra i candidati della lista A ed almeno cinque giudici fra quelli della lista B. Le elezioni successive saranno organizzate in modo da mantenere una proporzione analoga fra i giudici qualificati eletti fra i candidati delle due liste.

 

6. a) I giudici sono eletti a scrutinio segreto in una riunione dell'Assemblea degli Stati parti convocata a tal fine in forza dell'articolo 112. Subordinatamente al paragrafo 7 sono eletti i 18 candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voto e la maggioranza di due terzi degli Stati parti presenti e votanti;

 

b) se rimangono seggi da destinare alla fine del primo turno di scrutinio si procederà a scrutini ulteriori secondo la procedura stabilita al capoverso a) fino a quando i rimanenti seggi siano stati ricoperti.

 

7. La Corte non può annoverare più di un cittadino dello stesso Stato. A tale riguardo una persona che può essere considerata come cittadina di più di uno Stato sarà considerata cittadino dello Stato in cui esercita abitualmente i suoi diritti civili e politici.

 

8. a) Nella scelta dei giudici gli Stati parti tengono conto della necessità di assicurare nella composizione della Corte:

 

i) la rappresentanza dei principali ordinamenti giuridici del mondo;

 

ii) un'equa rappresentanza geografica;

 

iii) un'equa rappresentanza di uomini e donne;

 

b) gli Stati Parti tengono altresì conto del bisogno di assicurare la presenza di giudici specializzati in talune questioni, in modo particolare per le questioni relative alla violenza contro donne o bambini.

 

9. a) Subordinatamente al capoverso b), i giudici sono eletti per un mandato di nove anni e, fatto salvo il capoverso c) e l'articolo 37, paragrafo 2, essi non sono rieleggibili;

 

b) nella prima elezione, un terzo dei giudici eletti designati mediante sorteggio, sono nominati per un mandato di tre anni; un terzo dei giudici eletti designati mediante sorteggio sono nominati per un mandato di sei anni; gli altri giudici sono nominati per un mandato di nove anni;

 

c) un giudice nominato per un mandato di tre anni in applicazione del sotto-paragrafo b) è rieleggibile per un mandato completo.

 

10. Nonostante le disposizioni del paragrafo 9, un giudice applicato alla Camera di primo grado o alla Camera d'Appello secondo l'articolo 39, che ha iniziato dinanzi a questa Sezione la trattazione di una causa di primo grado o d'appello rimane in funzione fino a quando la causa non è risolta.

 

 

Articolo 37 - Seggi vacanti.

1. I seggi divenuti vacanti sono ricoperti mediante elezione in conformità all'articolo 36.

 

2. Un giudice eletto ad un seggio divenuto vacante completa il mandato del suo predecessore; se la durata del mandato da portare a termine è inferiore o pari a tre anni, egli è rieleggibile per un intero mandato secondo l'articolo 36.

 

 

Articolo 38 - Presidenza.

1. Il Presidente ed il Primo e Secondo vicepresidente sono eletti a maggioranza assoluta dei giudici. Essi sono eletti per tre anni o fino alla scadenza del loro mandato di giudice se quest'ultimo termina prima di tre anni. Sono rieleggibili una sola volta.

 

2. Il Primo Vicepresidente sostituisce il Presidente quando quest'ultimo è impedito o ricusato. Il secondo Vicepresidente sostituisce il Presidente quando quest'ultimo ed il Primo Vicepresidente sono entrambi impediti o ricusati.

 

3. Il Presidente, il primo Vicepresidente ed il Secondo Vicepresidente compongono la Presidenza la quale è incaricata:

 

a) di una corretta amministrazione della Corte, ad eccezione dell'ufficio del Procuratore;

 

e

 

b) delle altre funzioni conferitele secondo il presente Statuto.

 

4. Nell'esercizio delle competenze di cui al paragrafo 3, capoverso a), la Presidenza agisce di comune accordo con il Procuratore, al quale chiede il suo consenso per tutte le questioni d'interesse comune.

 

 

 

Articolo 39 - Sezioni.

1. Il prima possibile dopo l'elezione dei giudici, la Corte si organizza in sezioni come previsto dall'articolo 34, paragrafo b). La Sezione degli appelli è composta dal Presidente e da altri quattro giudici; la Sezione di primo grado e la Sezione preliminare sono ciascuna composte da almeno sei giudici. L'applicazione dei giudici alle Sezioni è fondata sulla natura delle funzioni attribuite a ciascuna di esse e sulle competenze ed esperienza dei giudici eletti alla Corte, in modo tale che ciascuna sezione includa in misura adeguata membri con competenze specializzate in diritto e procedura penale, ed in diritto internazionale. La Sezione preliminare e la Sezione di primo grado sono compose in prevalenza da giudici aventi esperienza in materia di procedimenti penali.

 

2. a) Le funzioni giudiziarie della Corte sono esercitate in ciascuna sezione dalle Camere;

 

b) i) la Camera di appello è composta da tutti i giudici della Sezione degli appelli;

 

ii) le funzioni della Camera di primo grado sono esercitate da tre giudici della sezione di primo grado;

 

iii) le funzioni della Camera preliminare sono esercitate sia da tre giudici della Sezione prrliminare sia da un solo giudice di tale Sezione secondo le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove;

 

c) nessuna disposizione del presente paragrafo vieta la costituzione concomitante di più di una camera di primo grado o camera preliminare quando il carico di lavoro della Corte lo esiga.

 

3. a) I giudici applicati alla Sezione preliminare ed alla Sezione di primo grado vi siedono per tre anni; essi continuano a sedervi oltre questo termine fino ala soluzione di qualsiasi caso da essi trattato in tali sezioni;

 

b) i giudici applicati alla Sezione degli appelli vi siedono per tutta la durata del loro mandato.

 

4. I giudici applicati alla Sezione degli appelli siedono esclusivamente in questa Sezione. Tuttavia, nessuna disposizione del presente articolo vieta l'applicazione provvisoria di giudici della Sezione di primo grado alla Sezione preliminare o viceversa, se la Presidenza ritiene che ciò è necessario in considerazione del carico di lavoro della Corte, rimanendo inteso che un giudice che ha partecipato alla fase preliminare di una questione non è in alcun caso autorizzato a sedere nella Camera di primo grado investita della stessa questione.

 

 

Articolo 40 - Indipendenza dei giudici.

1. I giudici esercitano le loro funzioni in completa indipendenza.

 

2. I giudici non esercitano alcuna attività che potrebbe essere incompatibile con le loro funzioni giudiziarie o far dubitare della loro indipendenza.

 

3. I giudici tenuti ad esercitare le loro funzioni a tempo pieno preso la sede della Corte non devono esercitare alcuna altra attività di carattere professionale.

 

4. Ogni questione che potrebbe sorgere a proposito dei paragrafi 2 e 3 è decisa a maggioranza assoluta dei giudici. Quando una questione concerne un giudice, tale giudice non parteciperà all'adozione della decisione.

 

 

Articolo 41 - Esonero e ricusazione dei giudici.

1. La Presidenza può esonerare un giudice, a sua richiesta, dalle funzioni che gli sono attribuite in forza del presente Statuto secondo il Regolamento di procedura e di prova.

 

2. a) Un giudice non può partecipare alla soluzione di qualsiasi causa in cui la sua imparzialità potrebbe ragionevolmente essere messa in dubbio per qualsivoglia ragione. Un giudice può essere ricusato per un determinato caso, secondo il presente paragrafo, in modo particolare se è già intervenuto in precedenza, a qualsiasi titolo, nella stessa questione dinanzi alla Corte o in una causa penale connessa, a livello nazionale, in cui la persona che è ora oggetto di inchiesta o di azione giudiziaria era implicata. Un giudice può altresì essere ricusato per altri motivi previsti dal Regolamento di procedura e di prova;

 

b) il procuratore o la persona oggetto di un'inchiesta o di azioni giudiziarie può chiedere la ricusazione di un giudice in forza del presente paragrafo;

 

c) ogni questione relativa alla ricusazione di un giudice è decisa a maggioranza assoluta dei giudici. Il giudice di cui si domanda la ricusazione, può presentare le sue osservazioni in merito, ma non partecipa alla decisione.

 

 

Articolo 42 - Ufficio del Procuratore.

1. L'Ufficio del Procuratore opera indipendentemente in quanto organo distinto nell'ambito della Corte. Esso è incaricato di ricevere le comunicazioni ed ogni informazione debitamente valutata relativa ai reati di competenza della Corte, di esaminarle, di condurre le inchieste e di sostenere l'accusa dinanzi alla Corte. I membri di questo Ufficio non sollecitano né agiscono su istruzioni provenienti da fonti esterne.

 

2. L'Ufficio è diretto dal Procuratore. Quest'ultimo ha piena autorità per quanto concerne la gestione amministrativa dell'Ufficio ivi compreso il personale, le installazioni ed altre risorse. Il Procuratore è assistito da uno o più vice-procuratori, abilitati ad effettuare tutti gli atti richiesti dal Procuratore secondo il presente Statuto. Il procuratore ed i vice-procuratori sono di nazionalità diverse. Essi esercitano le loro funzioni a tempo pieno.

 

3. Il procuratore ed i vice-procuratori devono godere di un'elevata considerazione morale ed avere solide competenze ed una vasta esperienza pratica in materia di azioni giudiziarie o di processi in affari penali. Essi debbono avere un'ottima conoscenza e pratica corrente di almeno una delle lingue di lavoro della Corte.

 

4. Il Procuratore è eletto a scrutinio segreto dall'Assemblea degli Stati parti ed a maggioranza assoluta dei suoi membri. I Vice-Procuratori sono eletti allo stesso modo da una lista di candidati presentata dal Procuratore. Il Procuratore presenta tre candidati per ciascun incarico di Vice-procuratore da ricoprire. Salvo se viene deciso un mandato più breve, al momento della loro elezione il Procuratore ed i Vice-Procuratori esercitano le loro funzioni per nove anni e non sono rieleggibili.

 

5. Né il Procuratore né i Vice-Procuratori esercitano attività che rischiano di essere incompatibili con le loro funzioni in materia di azioni giudiziarie o di far dubitare della loro indipendenza. Essi non esercitano alcuna altra attività di carattere professionale.

 

6. La Presidenza può esonerare il Procuratore o un Vice-Procuratore, a sua richiesta, dalle sue funzioni in un determinato caso.

 

7. Né il Procuratore né i Vice-Procuratori possono partecipare alla soluzione di una questione in cui la loro imparzialità potrebbe ragionevolmente essere contestata per un motivo qualsiasi. Essi possono essere ricusati nell'ambito di una causa, secondo il presente paragrafo, se in precedenza erano già intervenuti a qualsiasi titolo in tale causa dinanzi alla Corte o in una causa penale connessa a livello nazionale, nella quale la persona oggetto d'inchiesta o di azioni giudiziarie era implicata.

 

8. Ogni questione relativa alla ricusazione del Procuratore o di un Vice-procuratore è decisa dalla Camera di appello:

 

a) la persona oggetto di un'inchiesta o di azioni giudiziarie può in qualsiasi momento chiedere la ricusazione del Procuratore o di un Vice-Procuratore per i motivi enunciati nel presente articolo;

 

b) il Procuratore o il Vice-procuratore interessato, a seconda dei casi può presentare le sue osservazioni in merito.

 

9. Il Procuratore nomina consiglieri che sono specialisti in diritto per talune questioni, in modo particolare violenze sessuali, violenze per motivazioni sessiste e violenze contro bambini.

 

 

Articolo 43 - Ufficio di Cancelleria.

1. L'Ufficio di Cancelleria è responsabile degli aspetti non giudiziari dell'amministrazione e dei servizi della Corte, fatte salve le funzioni e le competenze del Procuratore definite all'articolo 42.

 

2. L'Ufficio di Cancelleria è diretto dal Cancelliere che è il principale funzionario amministrativo della Corte. Il Cancelliere esercita le sue funzioni sotto l'autorità del Presidente della Corte.

 

3. Il Cancelliere ed il Vice-Cancelliere devono essere persone di comprovata moralità e di vasta competenza, con un'ottima conoscenza ed una pratica corrente di almeno una delle lingue di lavoro della Corte.

 

4. I giudici eleggono il Cancelliere a maggioranza assoluta e a scrutinio segreto, in considerazione di eventuali raccomandazioni dell'Assemblea degli Stati parti. Ove necessario, essi eleggono allo stesso modo un Vice-cancelliere su raccomandazione del Cancelliere.

 

5. Il Cancelliere è eletto per cinque anni, è rieleggibile una volta ed esercita le sue funzioni a tempo pieno. Il Vice-Cancelliere è eletto per cinque anni o per un mandato più breve, secondo quanto può essere deciso a maggioranza assoluta dei giudici; esso è chiamato ad esercitare le sue funzioni secondo le esigenze del servizio.

 

6. Il Cancelliere istituisce nell'ambito dell'Ufficio di cancelleria, una divisione di assistenza per le vittime ed i testimoni. Tale Divisione è incaricata, in consultazione con l'ufficio del procuratore, di consigliare e di aiutare in ogni altro modo appropriato i testimoni le vittime che compaiono dinanzi alla Corte e le altre persone che potrebbero essere messe in pericolo dalle deposizioni di tali testimoni, nonché di prevedere le misure e disposizioni da prendere per garantire la loro protezione e sicurezza. Il personale della Divisione include specialisti dell'aiuto alle vittime di traumi, in modo particolare traumi susseguenti a violenze sessuali.

 

 

Articolo 44 - Il personale.

1. Il procuratore ed il Cancelliere nominato il personale qualificato necessario nei loro rispettivi servizi compresi, per quanto riguarda il Procuratore, gli inquirenti.

 

2. Nel reclutare il personale, il Procuratore ed il Cancelliere, provvedono ad assicurarsi i servizi di persone presentando al più alto grado competenza, integrità ed efficienza, tenuto conto, mutatis mutandis, dei criteri enunciati all'articolo 36, paragrafo 8.

 

3. Il Cancelliere, di comune accordo con la Presidenza ed il Procuratore, propone lo Statuto del personale con le norme per la nomina, la remunerazione e la cessazione dalle funzioni. Lo Statuto del personale è approvato dall'Assemblea degli Stati parti.

4. La Corte può, in circostanze eccezionali, impiegare del personale messo gratuitamente a disposizione da Stati parti, organizzazioni intergovernative o organizzazioni non governative, per aiutare qualsiasi organo della Corte nei suoi lavori. Il Procuratore può accettare questa offerta per quanto riguarda l'Ufficio del Procuratore. Tali persone messe gratuitamente a disposizione sono impiegate in conformità alle direttive che saranno stabilite dall'Assemblea degli Stati parti.

 

 

Articolo 45 - Impegno solenne.

Prima di entrare in funzione secondo il presente Statuto, i giudici, il procuratore i Vice-Procuratori, il Cancelliere ed il Vice-Cancelliere assumono, in sessione pubblica, l'impegno solenne di esercitare le loro competenze incompleta imparzialità e coscienza.

 

 

Articolo 46 - Perdita di funzioni.

1. Un giudice, il Procuratore, un Vice-Procuratore il Cancelliere o il Vice Cancelliere è sollevato dalle sue funzioni in base ad una decisione adottata secondo il paragrafo 2, nei casi in cui:

 

a) venga accertato che ha commesso un errore grave o un'inadempienza grave ai doveri che gli sono imposti dal presente Statuto come previsto nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, oppure

 

b) lo stesso si trova nell'incapacità di esercitare le sue funzioni come definite dal presente Statuto.

 

2. La decisione relativa alla perdita di funzioni di un giudice, del Procuratore, di un vice-procuratore in applicazione del paragrafo 1 è adottata dall'Assemblea degli Stati parti a scrutinio segreto:

 

a) nel caso di un giudice, a maggioranza di due terzi degli Stati parti su raccomandazione adottata a maggioranza di due terzi degli altri giudici;

 

b) nel caso del Procuratore, a maggioranza assoluta degli Stati parti;

 

c) nel caso di un Vice-procuratore, a maggioranza assoluta degli Stati parti su raccomandazione del procuratore;

 

3. La decisione relativa alla perdita di funzione del Cancelliere o del Vice-Cancelliere è adottata a maggioranza assoluta dei giudici.

 

4. Un giudice, un Procuratore, un Vice-procuratore, un Cancelliere o vice-Cancelliere il cui comportamento o attitudine ad esercitare le funzioni previste dal presente Statuto sono contestati in forza del presente articolo ha ogni facoltà di produrre e ricevere elementi di prova e di far valere i suoi argomenti secondo il Regolamento di procedura e di prova. Non è prevista in altro modo la sua partecipazione all'esame della questione.

 

 

Articolo 47 - Misure disciplinari.

Un giudice, un Procuratore, un Vice-procuratore, un Cancelliere o un Vice-Cancelliere che abbia commesso una colpa di gravità minore di quella menzionata all'articolo 46, paragrafo 1, è oggetto di misure disciplinari secondo le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

 

Articolo 48 - Privilegi ed immunità.

1. La Corte gode suo territorio di ciascuno Stato Parte dei privilegi e delle immunità necessari per l'adempimento del suo mandato.

 

2. I giudici, il Procuratore, i Vice-procuratori ed il Cancelliere beneficiano nell'esercizio delle loro funzioni e relativamente a tali funzioni dei privilegi ed immunità concessi ai capi delle missioni diplomatiche. Dopo la scadenza del loro mandato essi continuano a beneficiare dell'immunità da qualsiasi giurisdizione per parole, scritti ed atti inerenti all'esercizio delle loro funzioni ufficiali.

 

3. Il vice-Cancelliere, il personale dell'ufficio del Procuratore ed il personale dell'Ufficio di Cancelleria godono dei privilegi, immunità ed agevolazioni necessarie per l'esercizio delle loro funzioni in conformità all'accordo sui privilegi e le immunità della Corte.

 

4. Gli avvocati, esperti, testimoni o altre persone la cui presenza è richiesta presso la sede della Corte beneficiano del trattamento necessario per il buon funzionamento della Corte secondo l'accordo sui privilegi e le immunità della Corte.

 

5. I privilegi e le immunità possono essere aboliti:

 

a) nel caso di un giudice o di un Procuratore, mediante decisione presa a maggioranza assoluta dei giudici;

 

b) nel caso del Cancelliere, dalla Presidenza;

 

c) nel caso dei Vice-Procuratori e del personale dell'Ufficio del Procuratore, dal Procuratore;

 

d) nel caso del Vice-Cancelliere e del personale dell'Ufficio di Cancelleria, dal Cancelliere (3).

 

 

----------------------------------------------

 

(3)  Vedi, anche, l'Accordo sui privilegi e le immunità della Corte penale internazionale ratificato con L. 6 marzo 2006, n. 130.

 

 

Articolo 49 - Retribuzioni, indennità e rimborso spese.

I giudici, il Procuratore, i Vice-Procuratori, il Cancelliere ed il Vice-Cancelliere percepiscono le retribuzioni, indennità e rimborsi stabilite dall'Assemblea degli Stati Parti. Tali retribuzioni ed indennità non saranno ridotte nel corso del mandato.

 

 

Articolo 50 - Lingue ufficiali e lingue di lavoro.

1. Le lingue ufficiali della Corte sono l'inglese, l'arabo, il cinese, il spagnolo, il francese ed il russo. Le decisioni della Corte nonché altre decisioni che risolvono questioni fondamentali sottoposte alla Corte sono pubblicate nelle lingue ufficiali. La Presidenza determina, secondo i criteri stabiliti dal Regolamento di procedura e di prova, quali decisioni possono essere considerate ai fini del presente paragrafo come risolutive di questioni fondamentali.

 

2. Le lingue di lavoro della Corte sono l'inglese ed il francese. Il Regolamento di procedura e di prova definisce i casi in cui altre lingue ufficiali possono essere utilizzate come lingue di lavoro.

 

3. Su richiesta di ogni parte ad una procedura, o di ogni Stato autorizzato ad intervenire in una procedura la Corte autorizza l'impiego, per tale parte o Stato, di una lingua diversa dall'inglese o dal francese qualora lo ritenga giustificato.

 

 

Articolo 51 - Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

1. Le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove entrano in vigore al momento della loro adozione da parte dell'Assemblea di Stati Parti a maggioranza di due terzi dei suoi membri.

 

2. Possono essere proposti emendamenti alle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove da parte di:

 

a) ogni Stato Parte;

 

b) i giudici agenti a maggioranza assoluta;

 

c) il Procuratore.

 

Tali emendamenti entrano in vigore al momento della loro adozione a maggioranza di due terzi dei membri dell'Assemblea degli Stati parti.

 

3. Dopo l'adozione delle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, nei casi di emergenza in cui una determinata situazione sottoposta alla Corte non è prevista da dette Regole i giudici possono a maggioranza di due terzi stabilire regole provvisorie che si applicheranno fino a quando l'Assemblea degli Stati parti nella sua riunione ordinaria o straordinaria successiva non le adotti, le modifichi o le respinga.

 

4. Le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, le relative modifiche e le regole provvisorie sono conformi alle norme del presente Statuto. Gli emendamenti alle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, nonché le regole provvisorie non si applicano retroattivamente a scapito della persona oggetto di un'inchiesta di azioni giudiziarie o di condanna.

 

5. In caso di conflitto fra lo Statuto ed il regolamento di procedura e di prova, prevale lo Statuto.

 

 

Articolo 52 - Regolamento della Corte.

1. I giudici adottano a maggioranza assoluta, secondo il presente Statuto ed il Regolamento di procedura e di prova, il Regolamento della Corte necessario per garantire il funzionamento quotidiano della stessa. Questo regolamento deve essere compatibile con lo Statuto e con le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

2. Il Procuratore ed il Cancelliere sono consultati per l'elaborazione del Regolamento della Corte e di ogni emendamento relativo.

 

3. Il Regolamento della Corte ed ogni emendamento relativo acquisiscono effetto sin dal momento della loro adozione, a meno che i giudici non decidano diversamente. Immediatamente dopo essere stati adottati, essi saranno comunicati agli Stati Parti, per osservazioni. Essi rimangono in vigore se la maggioranza degli Stati Parti non formula obiezioni al riguardo entro sei mesi.

 

Capitolo V

Indagini ed esercizio dell'azione penale

 

Articolo 53 - Apertura di un'indagine.

1. Il Procuratore, dopo aver valutato le informazioni sottoposte alla sua conoscenza, apre un'inchiesta a meno che non determini la mancanza di un ragionevole fondamento per un'azione giudiziaria in forza del presente Statuto. Per decidere di aprire un'inchiesta, il Procuratore esamina:

 

a) se le informazioni in suo possesso lasciano supporre che un reato di competenza della Corte è stato o sta per essere commesso;

 

b) se il caso è o sarebbe procedibile secondo l'articolo 17;

 

c) se, in considerazione della gravità del reato e degli interessi delle vittime, vi sono motivi gravi di ritenere che un'inchiesta non favorirebbe gli interessi della giustizia.

 

Se determina che non vi sono motivi gravi per un'azione giudiziaria e che la sua determinazione è unicamente fondata sul capoverso c), il Procuratore ne informa la Camera preliminare.

 

2. Se, successivamente all'inchiesta, il Procuratore conclude che non vi sono motivi sufficienti per intentare un'azione giudiziaria:

 

a) in quanto manca una base sufficiente di fatto o di diritto per chiedere un mandato d'arresto o una citazione di comparizione in applicazione dell'articolo 58;

 

b) in quanto il caso è improcedibile in forza dell'articolo 17; oppure

 

c) in quanto un'azione giudiziaria non sarebbe nell'interesse della giustizia in considerazione di tutte le circostanze, ivi compresa la gravità del reato, gli interessi delle vittime, l'età o la deficienza del presunto autore ed il suo ruolo nel reato allegato,

 

egli informa della sua conclusione e delle ragioni che l'hanno motivata la Camera preliminare e lo Stato ce ha adito secondo l'articolo 14, oppure il Consiglio di sicurezza in un caso di cui all'articolo 13, paragrafo b).

 

3. a) Su richiesta dello Stato che l'ha adita secondo l'articolo 14 (o del consiglio di sicurezza se si tratta di un caso di cui all'articolo 13, paragrafo b) la Camera preliminare può prendere in esame la decisione di non intentare un'azione giudiziaria adottata dal Procuratore in attuazione dei paragrafi 1 e 2, e chiedere al procuratore di riconsiderarla;

 

b) inoltre la Camera preliminare può, di sua iniziativa, esaminare la decisione del Procuratore di non intentare un'azione giudiziaria qualora tale decisione sia esclusivamente fondata sulle considerazioni di cui al paragrafo 1, capoverso c) e al paragrafo 2, capoverso c). In tal caso, la decisione del Procuratore ha effetto solo se convalidata dalla Camera di primo grado.

 

4. Il Procuratore può in ogni momento riconsiderare la sua decisione di aprire o meno un'inchiesta o d'intentare o meno un'azione giudiziaria sulla base di nuovi fatti o informazioni.

 

 

Articolo 54 - Doveri e poteri del Procuratore in materia d'inchieste.

1. Il Procuratore:

 

a) per determinare la verità, estende l'inchiesta a tutti i fatti ed elementi probatori eventualmente utili per determinare se vi è responsabilità penale secondo il presente Statuto, e, ciò facendo indaga sia a carico che a discarico;

 

b) adotta le misure atte a garantire l'efficacia delle inchieste e delle azioni giudiziarie vertenti su reati di competenza della Corte, tenendo conto degli interessi e della situazione personale delle vittime e dei testimoni, ivi compreso la loro età, sesso e stato di salute, nonché della natura del reato, in modo particolare se quest'ultimo comporta violenze sessuali, violenze con motivazione sessista quali definite all'articolo 7 par. 3 o violenze commesse contro bambini;

 

c) rispetta pienamente i diritti delle persone enunciate nel presente Statuto.

 

2. Il Procuratore può effettuare inchieste sul territorio di uno Stato:

 

a) in conformità alle disposizioni del capitolo IX; oppure

 

b) con l'autorizzazione della Camera preliminare in forza dell'articolo 57, paragrafo 3, capoverso d).

 

3. Il Procuratore può:

 

a) raccogliere ed esaminare elementi probatori;

 

b) convocare ed interrogare persone indagate, vittime e testimoni;

 

c) chiedere la cooperazione di qualsiasi Stato o organizzazione, o organo governativo in conformità alle loro competenze o al loro rispettivo mandato;

 

d) concludere ogni intesa o accordo che non sia contrario alle disposizioni del presente Statuto e che può essere necessario per facilitare la cooperazione di uno Stato, di un'organizzazione intergovernativa o di una persona;

 

e) impegnarsi a non divulgare, in nessuna fase della procedura, i documenti o informazioni che il Procuratore ha ottenuto in via confidenziale al solo scopo di ottenere nuovi elementi di prova, a meno che l'informatore non consenta alla loro divulgazione; e

 

f) prendere o chiedere che siano prese misure atte a garantire la confidenzialità delle informazioni raccolte, la protezione delle persone o la preservazione degli elementi probatori.

Articolo 55 - Diritti delle persone durante l'indagine.

1. Nell'ambito di un'inchiesta aperta in applicazione del presente Statuto una persona:

 

a) non è obbligata a testimoniare contro di sé, né a dichiararsi colpevole;

 

b) non è sottoposta ad alcuna forma di coercizione, costrizione o minaccia né a tortura o altra forma di pena o di trattamento crudele, inumano o degradante;

 

c) beneficia a titolo gratuito, se non è interrogata in una lingua che comprende e parla senza difficoltà, dell'assistenza di un'interprete competente e di tutte le traduzioni rese necessarie da esigenze di equità; e

 

d) non può essere arrestata o detenuta arbitrariamente, non può essere privata di libertà se non per i motivi previsti e secondo le procedure stabilite nel presente Statuto.

 

2. Qualora vi sia motivo di ritenere che una persona abbia commesso un reato sottoposto alla giurisdizione della Corte e che questa persona deve essere interrogata sia dal Procuratore sia dalle autorità nazionali in forza di una domanda fatta in applicazione delle disposizioni del capitolo IX del presente Statuto, questa persona ha inoltre i seguenti diritti, di cui è informata prima di essere interrogata:

 

a) essere informata, prima di essere interrogata, che vi è motivo di ritenere che essa ha commesso un reato rientrante nella giurisdizione della Corte;

 

b) rimanere in silenzio, senza che di questo silenzio si tenga conto per determinare la sua colpevolezza o innocenza;

 

c) essere assistita da un difensore di sua scelta oppure, se ne è sprovvista, da un difensore assegnato d'ufficio ogni qualvolta gli interessi della giustizia lo esigano, senza dovere in questo caso pagare una retribuzione qualora non ne abbia i mezzi;

 

d) essere interrogata in presenza del suo avvocato, a meno che non abbia rinunciato al suo diritto ad essere assistita da un avvocato.

 

 

Articolo 56 - Ruolo della Camera preliminare in relazione ad un'opportunità d'indagine irripetibile.

1.a) Se il Procuratore considera che un'inchiesta costituisce un'occasione unica, che non si presenterà più in seguito, di raccogliere una testimonianza o una deposizione, o di esaminare, raccogliere o verificare elementi probatori ai fini di un processo, egli ne avvisa la Camera preliminare;

 

b) la Camera preliminare può in tal caso, su richiesta del Procuratore, prendere tutte le misure necessarie per garantire l'efficacia e l'integrità della procedura ed in modo particolare proteggere i diritti della difesa;

 

c) salvo diversa ordinanza della Camera preliminare, il Procuratore fornirà le informazioni del caso alla persona che è stata arrestata o che è comparsa in base ad una citazione rilasciata nell'ambito dell'inchiesta di cui al capoverso a), affinché tale persona possa essere ascoltata sulla questione.

 

2. Le misure di cui al paragrafo 1, capoverso b) possono consistere nel:

 

a) effettuare raccomandazioni o promulgare ordinanze relative alla conduzione della procedura;

 

b) ordinare che sia stilato un processo-verbale della procedura;

 

c) nominare un esperto;

 

d) autorizzare l'avvocato di una persona arrestata o comparsa davanti ala Corte in base ad una citazione, a partecipare alla procedura oppure, se l'arresto o la comparizione non hanno ancora avuto luogo o l'avvocato non è ancora stato prescelto, designare un avvocato che rappresenterà gli interessi della difesa;

 

e) incaricare uno dei suoi membri o se del caso uno dei giudici disponibili della Corte di formulare raccomandazioni o promulgare ordinanze a sua discrezione relativamente alla raccolta e preservazione degli elementi probatori, o agli interrogatori;

 

f) prendere ogni altra misura necessaria per raccogliere o preservare gli elementi di prova.

 

3. a) Quando il Procuratore non ha chiesto le misure di cui al presente articolo ma la Camera preliminare è d'avviso che tali misure sono necessarie per preservare elementi di prova che ritiene essenziali per la difesa nel corso del processo, essa consulta il Procuratore per sapere se quest'ultimo aveva buone ragioni per non chiedere tali misure. Se, a seguito della consultazione la Camera conclude che il fatto di non aver richiesto tali misure non è giustificato essa può prendere misure di sua iniziativa;

 

b) il procuratore può impugnare la decisione della Camera preliminare di agire di propria iniziativa in forza del presente paragrafo. L'appello è trattato con procedura d'urgenza.

 

4. L'ammissibilità degli elementi di prova preservati o raccolti ai fini del processo, in attuazione del presente articolo, o la loro registrazione, è regolata dall'articolo 69, il loro valore essendo quello attribuito alle stesse dalla Camera di primo grado.

 

 

Articolo 57 - Funzioni e poteri della Camera preliminare.

1. A meno che il presente Statuto non disponga diversamente, la Camera preliminare esercita le sue funzioni secondo le disposizioni del presente articolo.

 

2. a) Le decisioni rese dalla Camera preliminare in forza degli articoli 15, 18, 19, 54 par. 2, 61 par. 7 e 72, sono prese a maggioranza dei giudici che la compongono;

 

b) in tutti gli altri casi, un solo giudice della Camera preliminare può esercitare le funzioni previste dal presente Statuto, salvo diversa disposizione delle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove o salvo decisione opposta della Camera preliminare presa a maggioranza.

 

3. Oltre alle altre funzioni che le sono conferite in forza del presente Statuto, la Camera dei giudizi preliminari può:

 

a) su richiesta del Procuratore, promulgare ordinanze e decretare i mandati eventualmente necessari ai fini di un'inchiesta;

 

b) su richiesta di una persona arrestata o comparsa in base ad una citazione secondo l'articolo 58, pronunciare ogni ordinanza comprese le misure di cui all'articolo 56 o sollecitare ogni partecipazione a titolo del capitolo IX eventualmente necessaria per aiutare la parte a predisporre la sua difesa;

 

c) ove necessario, garantire la protezione e la riservatezza della vittima e dei testimoni, la preservazione delle prove, la protezione delle persone arrestate o comparse a seguito di una citazione, nonché la protezione delle informazioni relative alla sicurezza nazionale;

 

d) autorizzare il Procuratore a prendere alcune misure in materia d'inchiesta sul territorio di uno Stato Parte senza essersi assicurato la cooperazione di questo Stato in applicazione del capitolo IX, nel caso in cui, pur tenendo conto per quanto possibile delle opinioni di questo Stato, la Camera preliminare abbia determinato, nel caso di specie, che tale Stato è manifestamente incapace di dar seguito ad una richiesta di cooperazione, nessuna autorità, o componente competente del suo ordinamento giudiziario nazionale essendo disponibile per dar seguito alla richiesta di cooperazione secondo il capitolo IX;

 

e) quando un mandato d'arresto o citazione di comparizione è stato rilasciato in forza dell'articolo 58, sollecitare la cooperazione degli Stati in forza dell'articolo 93, paragrafo 1 capoverso j), tenendo debitamente conto della consistenza degli elementi probatori e dei diritti delle parti interessate, come previsto nel presente Statuto e nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, per prendere misure cautelari a fini di confisca, soprattutto nell'interesse superiore delle vittime.

 

 

Articolo 58 - Rilascio da parte della Camera preliminare di un mandato d'arresto o di un ordine di comparizione.

 

1. In qualsiasi momento dopo l'apertura di un'inchiesta, la Camera preliminare, su richiesta del Procuratore, emette un mandato d'arresto contro una persona se, dopo aver esaminato la richiesta e gli elementi probatori o altre informazioni fornite dal procuratore, essa è convinta:

 

a) che vi sono fondati motivi di ritenere che tale persona ha commesso un reato di competenza della Corte; e

 

b) che l'arresto di tale persona sembra necessario per garantire:

 

i) la comparizione della persona al processo;

 

ii) che la persona non ostacoli o metta a repentaglio le indagini o il procedimento dinanzi alla Corte, oppure

 

iii) se del caso, impedire che la persona continui in quel crimine o in un crimine connesso che ricade sotto la giurisdizione della Corte o che avviene nelle stesse circostanze.

 

2. La richiesta del procuratore contiene i seguenti elementi:

 

a) il nome della persona in questione ed ogni altro elemento d'identificazione utile;

 

b) un riferimento preciso al reato di competenza della Corte che si presuppone la persona abbia commesso;

 

c) un breve esposto dei fatti che si presume costituiscano il reato in oggetto;

 

d) un prospetto degli elementi di prova e di ogni altra informazione che forniscono motivi ragionevoli di ritenere che la persona ha commesso tale reato; e

 

e) i motivi per i quali il Procuratore giudica necessario procedere all'arresto di tale persona.

 

3. Il mandato d'arresto contiene i seguenti elementi:

 

a) il nome della persona in oggetto ed ogni altro elemento utile d'identificazione;

 

b) un preciso riferimento al reato di competenza della Corte che giustifica l'arresto; e

 

c) un breve esposto dei fatti che si presume costituiscano il reato in oggetto.

 

4. Il mandato d'arresto rimane in vigore fino a quando la Corte non abbia deciso diversamente.

 

5. Sulla base del mandato d'arresto, la Corte può chiedere la detenzione provvisoria o l'arresto e la consegna della persona secondo il capitolo IX.

 

6. Il procuratore può chiedere alla Camera preliminare di modificare il mandato d'arresto riqualificando i reati che vi sono menzionati o aggiungendo nuovi reati. La Camera preliminare modifica il mandato d'arresto quando ha motivi ragionevoli di ritenere che la persona ha commesso i reati riqualificati o nuovi reati.

 

7. Il Procuratore può chiedere alla Camera preliminare di rilasciare una citazione di comparizione in luogo di un mandato d'arresto. Se la Camera preliminare è convinta che vi sono fondati motivi di ritenere che la persona ha commesso il reato di cui è imputata, e che una citazione di comparizione è sufficiente a garantire che si presenterà dinanzi alla Corte, essa rilascia la citazione con o senza condizioni restrittive di libertà (diverse dalla detenzione) se la legislazione nazionale lo prevede. La citazione contiene i seguenti elementi:

 

a) il nome della persona in oggetto ed ogni altro elemento utile d'identificazione;

 

b) la data di comparizione;

 

c) un preciso riferimento al reato di competenza della Corte che si presume la persona abbia commesso;

 

e

 

d) un breve esposto dei fatti che si presume costituiscano reato.

 

La citazione è notificata alla persona.

 

 

Articolo 59 - Procedura di arresto nello Stato di detenzione preventiva.

1. Lo Stato Parte che ha ricevuto una richiesta di fermo, o di arresto e di consegna prende immediatamente provvedimenti per fare arrestare la persona di cui trattasi, secondo la sua legislazione e le disposizioni del capitolo IX del presente Statuto.

 

2. Ogni persona arrestata è senza indugio deferita giudiziaria competente dello Stato di detenzione, che accerta, secondo la legislazione di tale Stato:

 

a) che il mandato concerne effettivamente tale persona;

 

b) che questa persona è stata arrestata secondo una procedura regolare;

 

c) che i suoi diritti sono stati rispettati.

 

3. La persona arrestata ha diritto di chiedere all'autorità competente dello Stato di detenzione preventiva la libertà provvisoria, in attesa di essere consegnata.

 

4. Nel pronunciarsi su questa domanda, l'autorità competente dello Stato di detenzione preventiva esamina se, in considerazione della gravità dei reati allegati, sussistano circostanze urgenti ed eccezionali tali da giustificare la libertà provvisoria e se sussistono le garanzie che permettono allo Stato di detenzione di adempiere al suo obbligo di consegnare la persona alla Corte. L'autorità competente dello Stato di detenzione non è abilitata a verificare se il mandato d'arresto è stato regolarmente rilasciato secondo i capoversi a) e b) del paragrafo 1 dell'articolo 58.

 

5. La Camera preliminare è informata di qualsiasi richiesta di libertà provvisoria e formula raccomandazioni all'autorità competente dello Stato di detenzione. Prima di pronunciare la sua decisione, quest'ultima tiene pienamente conto di tali raccomandazioni, comprese, se del caso, quelle vertenti sulle misure atte ad impedire l'evasione della persona.

 

6. Se è concessa la libertà provvisoria, la Camera preliminare può chiedere rapporti periodici sul regime di libertà provvisoria.

 

7. Dopo l'ordine di consegna da parte dello Stato di detenzione, la persona è al più presto consegnata alla Corte.

 

 

Articolo 60 - Procedura iniziale dinanzi alla Corte.

1. Non appena la persona è consegnata alla Corte o compare dinanzi ad essa volontariamente, o in base ad una citazione, la Camera dei giudizi preliminari accerta che essa sia stata informata dei reati di cui è accusata e dei diritti che le sono riconosciuti dal presente Statuto, compreso il diritto di chiedere la libertà provvisoria in attesa di essere giudicata.

 

2. Una persona colpita da un mandato d'arresto può chiedere la libertà provvisoria in attesa di essere giudicata. Se la Camera preliminare accerta la sussistenza delle condizioni enunciate all'articolo 58, paragrafo 1, la persona è mantenuta in detenzione. Diversamente la Camera preliminare dispone la libertà provvisoria con o senza condizioni.

 

3. La Camera preliminare riesamina periodicamente la sua decisione relativa alla libertà provvisoria o al mantenimento in detenzione. Essa può farlo in qualsiasi momento su richiesta del procuratore o della persona. Essa può inoltre modificare la sua decisione relativa alla detenzione, alla libertà provvisoria o alle condizioni di quest'ultima, se giudica che l'andamento della situazione lo giustifica.

 

4. La Camera preliminare si accerta che la detenzione prima del processo non si prolunghi in modo eccessivo a causa di un ritardo ingiustificabile imputabile al Procuratore. Se tale ritardo avviene la Corte esamina la possibilità di concedere la libertà provvisoria con o senza condizioni.

 

5. Se del caso la Camera preliminare emette un mandato d'arresto per garantire la comparizione di una persona posta in libertà.

 

 

Articolo 61 - Convalida delle accuse prima del processo.

1. Fatto salvo il paragrafo 2, entro un termine ragionevole dopo la consegna della persona alla Corte o la sua comparizione volontaria, la Camera preliminare tiene un'udienza per convalidare le accuse sulle quali il Procuratore intende basarsi per chiedere il rinvio a giudizio. L'udienza si svolge in presenza del Procuratore e della persona oggetto d'inchiesta o azione giudiziaria, nonché dell'avvocato di quest'ultima.

 

2. La Camera preliminare, s richiesta del Procuratore o di sua iniziativa, può tenere un'udienza in assenza della persona accusata per convalidare le accuse sulle quali il Procuratore intende basarsi per chiedere il rinvio a giudizio, allorché la persona:

 

a) ha rinunciato al suo diritto di essere presente; oppure

 

b) si è data alla fuga o è introvabile, e tutto quanto era ragionevolmente possibile fare è stato fatto per garantire la sua comparizione ed informarla delle accuse a carico contro di essa e della prossima tenuta di un'udienza per convalidare tali accuse.

 

In questo caso la persona è rappresentata da un avvocato se la Camera di giudizio preliminare decide che ciò è nell'interesse della giustizia.

 

3. In un ragionevole periodo di tempo prima dell'udienza, la persona:

 

a) riceve una notifica scritta delle imputazioni sulle quali il Procuratore intende basarsi per chiedere il rinvio a giudizio; e

 

b) è informata degli elementi probatori sui quali il Procuratore intende basarsi in udienza.

 

La Camera preliminare può emettere ordinanze concernenti la comunicazione di informazioni ai fini dell'udienza.

 

4. Prima dell'udienza, il procuratore può proseguire l'inchiesta e può modificare o ritirare talune imputazioni. La persona in questione riceve notifica di qualsiasi emendamento o ritiro delle accuse entro un ragionevole periodo di tempo prima dell'udienza. In caso di ritiro delle accuse il Procuratore informa al Camera preliminare dei motivi di tale ritiro.

 

5. All'udienza, il Procuratore sostiene ciascuna delle accuse con elementi probatori sufficienti a comprovare l'esistenza di motivi validi per ritenere che la persona ha commesso il reato d cui è imputata. Il Procuratore può basarsi su elementi probatori quali documenti o brevi resoconti, e non è tenuto a far comparire i testimoni che devono fornire una deposizione al processo.

 

6. All'udienza la persona può:

 

a) contestare le accuse;

 

b) contestare gli elementi di prova prodotti dal procuratore; e

 

c) presentare elementi di prova.

 

7. Al termine dell'udienza, la Camera preliminare determina se esistono prove sufficienti che forniscono motivi validi per ritenere che la persona ha commesso ciascuno dei reati di cui è accusata. In base alla sua determinazione, la Camera preliminare:

 

a) convalida le accuse per le quali ha concluso che sussistono prove sufficienti, e rinvia la persona dinanzi ad una Camera di primo grado perché vi sia giudicata sulla base delle accuse convalidate;

 

 

b) rifiuta di convalidare le accuse per le quali ha concluso che non vi sono prove sufficienti;

 

c) rinvia l'udienza e chiede al Procuratore di considerare:

 

i) di fornire elementi di prova supplementari, o di procedere a nuove inchieste relativamente ad una particolare accusa; oppure

 

ii) di modificare un'accusa se gli elementi probatori prodotti sembrano indicare che è stato commesso un altro tipo di reato, passibile della giurisdizione della Corte.

 

8. Anche se la Camera preliminare rifiuta di convalidare un'imputazione, nulla vieta al Procuratore di richiederne nuovamente la convalida, se fornisce elementi probatori supplementari a sostegno della sua domanda.

 

9. Dopo la convalida delle accuse e prima che il processo abbia inizio, il Procuratore può modificare le accuse con l'autorizzazione della Camera preliminare e dopo che l'imputato ne sia stato informato. Se il procuratore intende aggiungere capi d'imputazione supplementari o sostituire le accuse con altre più gravi, un'udienza dovrà essere tenuta in conformità al presente articolo per convalidare le nuove accuse. Dopo l'inizio del processo, il Procuratore può ritirare le accuse con l'autorizzazione della Camera preliminare.

 

10. Ogni mandato già rilasciato cessa di avere effetto per qualsiasi accusa non convalidata dalla Camera preliminare, o ritirata dal Procuratore.

 

11. Dopo che le accuse sono state convalidate in conformità al presente articolo, la Presidenza istituisce una Camera di primo grado la quale, subordinatamente al paragrafo 8 dell'articolo 64, s'incarica della successiva fase procedurale e può esercitare ogni funzione di competenza della Camera preliminare, che risulti appropriata nella fattispecie.

 

 

Capitolo VI

Il processo

 

Articolo 62 - Luogo del processo.

Se non diversamente stabilito, il luogo del processo è la sede della Corte.

 

 

Articolo 63 - Processo in presenza dell'imputato.

1. L'imputato è presente nel corso del processo.

 

2. Qualora l'imputato, presente dinanzi alla Corte, disturbi in modo persistente lo svolgimento del processo, la Camera di primo grado può ordinare che sia espulso dall'aula dell'udienza, e decidere che segua il processo e fornisca istruzioni al suo legale dall'esterno dell'aula, se del caso usando mezzi tecnologici di comunicazione. Tali provvedimenti verranno adottati solo in circostanze eccezionali, dopo che altre alternative ragionevoli si saranno dimostrate inadeguate, e solo per la durata strettamente necessaria.

 

 

Articolo 64 - Funzioni e poteri della Camera di primo grado.

1. Le funzioni ed i poteri della Camera di primo grado delineate nel presente articolo saranno esercitate in conformità con il presente Statuto e con le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

2. La Camera di primo grado garantirà che il processo sia equo e celere, e che si svolga nel pieno rispetto dei diritti dell'imputato ed avendo il debito riguardo per la protezione delle vittime e dei testimoni.

 

3. Nel momento in cui un caso verrà sottoposto a processo in conformità del presente Statuto, la Camera di primo grado incaricata del caso:

 

a) conferisce con le parti e adotta le procedure necessarie a facilitare lo svolgimento equo e celere dei procedimenti;

 

b) decide la lingua o le lingue da usare durante il processo;

 

c) ferme restando tutte le altre disposizioni del presente Statuto, provvede a divulgare i documenti e le informazioni precedentemente non divulgati, con sufficiente anticipo rispetto all'inizio del processo, al fine di consentire un'adeguata preparazione dello stesso.

 

4. La Camera di primo grado, qualora necessario per l suo efficace ed equo funzionamento, può rinviare le questioni preliminari alla Camera preliminare, o, in caso di necessità, ad un altro giudice disponibile di quest'ultima.

 

5. Previa notifica alle parti, la Camera preliminare, qualora opportuno, può ordinare di unire o separare i capi d'accusa a carico di più di un imputato.

 

6. Nell'espletare le sue funzioni precedentemente al processo o nel corso dello stesso, la Camera di primo grado, qualora necessario, può:

 

a) esercitare le funzioni della Camera preliminare di cui all'Articolo 61, paragrafo 11;

 

b) chiedere la comparizione e la testimonianza dei testi e la produzione di documenti e di altre prove avvalendosi, ove necessario, dell'assistenza degli Stati, come previsto nel presente Statuto;

 

c) provvedere a proteggere le informazioni riservate;

 

d) ordinare che vengano prodotti elementi di prova, oltre a quelli già raccolti precedentemente al processo o presentati dalle parti durante il processo;

 

e) provvedere a proteggere gli imputati, i testimoni e le vittime;

 

f) deliberare su qualunque altra questione pertinente.

 

7. Il processo è pubblico. Tuttavia, la Camera di primo grado può stabilire che, in determinate circostanze, alcune udienze si svolgano a porte chiuse, ai fini indicati all'Articolo 68, ovvero per proteggere informazioni riservate o delicate che vengono fornite nelle deposizioni.

 

8. a) All'inizio del processo, la Camera di primo grado fa dare lettura all'imputato delle accuse convalidate in precedenza dalla Camera preliminare. La Camera di primo grado verifica che l'imputato comprenda la natura delle imputazioni e gli concede la possibilità di ammettere la propria colpevolezza, in conformità con l'Articolo 65, o di dichiararsi innocente;

 

b) durante il processo, il giudice che presiede può impartire istruzioni su come condurre i lavori, anche al fine di garantirne l'equo ed imparziale svolgimento. Ferme restando eventuali direttive del presidente, le parti possono presentare elementi di prova, come previsto dalle disposizioni del presente Statuto.

 

9. La Camera di primo grado, su richiesta di una parte o d'ufficio, ha fra l'altro, facoltà di:

 

a) decidere sull'ammissibilità o la rilevanza delle prove;

 

b) adottare tutti i provvedimenti necessari per mantenere l'ordine durante l'udienza.

 

10. La Camera di primo grado si assicura che vengano redatti e conservati a cura del Cancelliere i verbali integrali del processo, riflettenti in modo accurato i lavori.

 

 

Articolo 65 - Procedure in caso di ammissione di colpevolezza.

 

1. Nel caso in cui l'imputato ammetta la sua colpevolezza, in conformità con l'Articolo 64, paragrafo 8 (a), la Camera di primo grado deciderà se:

 

a) l'imputato comprende la natura e le conseguenze dell'ammissione di colpevolezza;

 

b) l'ammissione sia resa volontariamente dall'imputato dopo essersi sufficientemente consultato con il proprio difensore;

 

c) l'ammissione di colpevolezza sia avvalorata dagli elementi del caso, contenuti:

 

i) nelle accuse formulate dal Procuratore ed ammessi dall'imputato;

 

ii) nel materiale prodotto dal Procuratore a supporto delle accuse, ed accettato dall'imputato;

 

iii) in qualunque altra prova, quale le deposizioni di testimoni prodotte dal Procuratore o dall'imputato.

 

2. Quando la Camera di primo grado avrà verificato le questioni di cui al paragrafo 1 e considera che l'ammissione di colpevolezza, insieme con qualsiasi altra prova aggiuntiva prodotta, costituisce gli elementi costitutivi del crimine a cui si riferisce l'ammissione di colpevolezza, può riconoscere l'imputato colpevole per tale crimine.

 

3. Nel caso in cui la Camera di primo grado non sia convinta che sussistono le condizioni di cui al paragrafo 1, essa considera che l'ammissione di colpa non è stata resa, nel qual caso ordina che il processo continui seguendo le procedure processuali ordinarie previste dal presente Statuto e può rinviare il caso ad un'altra camera di primo grado.

 

4. Nel caso in cui la Camera di primo grado ritenga che, nell'interesse della giustizia, ed in particolare nell'interesse delle vittime, sia necessaria un'esposizione più completa dei fatti, la Camera di primo grado può:

 

a) chiedere al Procuratore di produrre ulteriori elementi di prova, comprese le deposizioni di testimoni; oppure

 

b) ordinare che il processo continui seguendo le procedure ordinarie previste dal presente Statuto, nel qual caso riterrà la dichiarazione di colpevolezza non avvenuta e potrà rinviare il caso ad un'altra camera di primo grado.

 

5. Le consultazioni fra il Procuratore e la difesa su eventuali modifiche dei capi d'accusa, sull'ammissione di colpevolezza o la pena da pronunziare non saranno vincolanti per la Corte.

 

 

Articolo 66 - Presunzione d'innocenza.

1. Chiunque è presunto innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia dimostrata dinanzi alla Corte, in conformità con la legislazione applicabile.

 

2. Al Procuratore spetta l'onere di provare la colpevolezza dell'imputato.

 

3. Per condannare l'imputato, la Corte deve accertare la colpevolezza dell'imputato al di là di ogni ragionevole dubbio.

 

 

Articolo 67 - Diritti dell'imputato.

1. Nell'accertamento delle accuse, l'imputato ha diritto ad una pubblica ed equa udienza condotta in modo imparziale, tenendo conto delle disposizioni del presente Statuto e ha diritto almeno alle seguenti garanzie minime, in piena uguaglianza:

 

a) essere informato prontamente e dettagliatamente dei motivi e del contenuto delle accuse, in una lingua che l'imputato comprende e parla correttamente;

 

 

b) avere il tempo e le facilitazioni adeguate per preparare la sua difesa e comunicare liberamente e riservatamente con il legale di sua scelta;

 

c) essere giudicato senza indebito ritardo;

 

d) fermo restando l'Articolo 63, paragrafo 2, essere presente al processo, condurre la difesa personalmente o attraverso il suo legale di fiducia, essere informato, nel caso in cui non disponga di un difensore, del suo diritto di averne uno e, ogni qualvolta l'interesse della giustizia lo richieda, vedersi assegnate d'ufficio un difensore dalla Corte senza oneri economici se non ha i mezzi per rimunerarlo;

 

e) esaminare, o fare esaminare i testimoni a carico ed ottenere la presenza e l'esame dei testimoni a discarico alle stesse condizioni di quelli a carico. L'imputato ha inoltre diritto di far valere mezzi di difesa e di presentare altri elementi di prova ammissibili ai sensi del presente Statuto;

 

f) avere gratuitamente l'assistenza di un interprete qualificato e delle traduzioni necessarie per soddisfare i requisiti di equità, se non è in grado di comprendere perfettamente o di parlare la lingua utilizzata in una delle udienze della Corte o in un documento presentato alla Corte;

 

g) non essere costretto a testimoniare contro se stesso o a confessare la propria colpevolezza, e rimanere in silenzio, senza che il silenzio venga valutato nel determinare la colpevolezza o l'innocenza;

 

h) senza dover prestare giuramento, fare una dichiarazione scritta o orale in propria difesa;

 

i) non subire l'imposizione dell'inversione dell'onere della prova o dell'onere della confutazione della prova.

 

2. In aggiunta ad ogni altra comunicazione prevista dal presente Statuto, il Procuratore, non appena possibile, porta a conoscenza della difesa gli elementi di prova in suo possesso o a sua disposizione, che egli ritiene dimostrino o tendano a dimostrare l'innocenza dell'imputato, o ad attenuare la sua colpevolezza, o che siano tali da compromettere la credibilità degli elementi di prova a carico. In caso di dubbio sull'applicazione del presente paragrafo, decide la Corte.

 

 

Articolo 68 - Protezione delle vittime e dei testimoni e loro partecipazione al processo.

1. La Corte adotta provvedimenti atti a proteggere la sicurezza, il benessere fisico e psicologico, la dignità e la riservatezza delle vittime e dei testimoni. Nel fare ciò, la Corte terrà conto di tutti i fattori rilevanti, compresi l'età, il sesso come definito all'Articolo 2, paragrafo 3, la salute, e la natura del reato, in particolare, man non esclusivamente, quando il crimine comporta violenza sessuale o sessista ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, o violenza contro i bambini. Il Procuratore adotterà tali provvedimenti, in particolare durante l'indagine e nel corso dell'azione penale. Detti provvedimenti non pregiudicheranno, né saranno contrari ai diritti della difesa e alle esigenze di un processo equo e imparziale.

 

2. Come eccezione al princìpio della pubblicità dei dibattimenti di cui all'Articolo 67, le Camere della Corte, per proteggere le vittime ed i testimoni o un imputato, possono svolgere una parte qualsiasi dei procedimenti a porte chiuse, ovvero consentire che le deposizioni siano rese con mezzi elettronici o con altri mezzi speciali. In particolare, tali misure saranno applicate nel caso di vittime di violenza sessuale o di bambini che sono vittime o testimoni, tranne nei casi in cui la Corte decida diversamente, tenuto conto di tutte le circostanze, ed in particolare delle opinioni della vittima o del testimone.

 

3. Nel caso in cui siano coinvolti interessi personali delle vittime, la Corte consente che siano manifestate ed esaminate le loro opinioni e preoccupazioni, in una fase dei lavori che la Corte considererà appropriata ed in modo da non pregiudicare né contrastare i diritti dell'imputato ed un processo equo e imparziale. Tali opinioni e preoccupazioni possono essere presentate dal rappresentante legale delle vittime, quando la Corte lo ritenga opportuno, in base alle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

4. La Divisione per le vittime ed i Testimoni può consigliare il Procuratore e la Corte su opportuni provvedimenti protettivi, disposizioni in materia di sicurezza, consulenza ed assistenza, come previsto all'Articolo 43, paragrafo 6.

 

5. Nel caso in cui la divulgazione di elementi di prova e di informazioni ai sensi del presente Statuto, possa mettere gravemente in pericolo la sicurezza di un testimone o di componenti della sua famiglia, il Procuratore, in qualsiasi procedura intrapresa prima dell'inizio del processo, può astenersi dal divulgare tali elementi di prova e informazioni, presentandone una sintesi. Tali provvedimenti saranno attuati in modo da non pregiudicare né contrastare i diritti dell'imputato e le esigenze di un processo equo e imparziale.

 

6. Gli Stati possono chiedere l'adozione delle misure di protezione necessarie per i loro funzionari o agenti e per la protezione di informazioni riservate o delicate.

 

 

Articolo 69 - Prove.

1. Prima di testimoniare, ogni teste, in conformità con le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, si impegna a dire tutta la verità.

 

2. La testimonianza di un teste in udienza sarà resa di persona, fatte salve le misure enunciate all'Articolo 68 o nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove. La Corte può altresì autorizzare un teste a fornire una deposizione orale o una registrazione con l'ausilio di tecnologia video o audio, ed a presentare documenti o trascrizioni scritte, fermo restando il presente Statuto ed n conformità con le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove. Tali provvedimenti non pregiudicheranno, né contrasteranno con i diritti della difesa.

 

3. Le parti potranno presentare elementi di prova rilevanti per il caso, in conformità con l'Articolo 64. La Corte ha facoltà di chiedere che vengano presentate tutti gli elementi di prova che riterrà necessari per stabilire la verità.

 

4. La Corte può pronunciarsi sulla rilevanza e l'ammissibilità di ogni elemento di prova, in conformità con il Regolamento di procedura e di prova, in considerazione, fra l'altro, del valore probante dell'elemento di prova e se essa possa compromettere lo svolgimento di un processo equo o l'equa valutazione della testimonianza di un teste.

 

5. La Corte rispetta le regole sulla riservatezza previste nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

6. La Corte non richiede la prova dei fatti notori, ma può farne oggetto di constatazione giudiziale.

 

7. Gli elementi di prova ottenuti in violazione del presente Statuto o dei diritti dell'uomo internazionalmente riconosciuti non sono ammissibili nel caso in cui:

 

a) la violazione metta seriamente n dubbio la credibilità degli elementi di prova; oppure

 

b) l'ammissione della prova comprometterebbe e pregiudicherebbe gravemente l'integrità del procedimento.

 

8. Nel decidere sulla rilevanza o l'ammissibilità degli elementi di prova raccolti da uno Stato, la Corte non si pronuncia sull'applicazione della legislazione nazionale di questo Stato.

 

 

Articolo 70 - Reati contro l'amministrazione della giustizia.

1. La Corte eserciterà la propria giurisdizione sui seguenti reati commessi ai danni della amministrazione della giustizia se sono perpetrati intenzionalmente:

 

a) fornire falsa testimonianza malgrado l'obbligo assunto di dire la verità in applicazione dell'articolo 69, paragrafo 1;

 

b) presentare elementi di prova che le parti conoscono essere falsi o falsificati;

 

c) subornare testi, ostacolare o intralciare la libera presenza o testimonianza di un teste, attuare misure di ritorsione nei confronti di un teste per la sua testimonianza, o distruggere o falsificare elementi di prova o intralciare la raccolta di tali elementi;

 

d) ostacolare, intimidire o corrompere un funzionario della Corte allo scopo di obbligarlo o persuaderlo a non ottemperare, o ad ottemperare impropriamente ai suoi obblighi;

 

e) attuare misure di ritorsione nei confronti di un funzionario della Corte per il dovere espletato da questi o da un altro funzionario;

 

f) sollecitare o accettare retribuzioni illecite in qualità di funzionario o agente della Corte, in relazione alle proprie mansioni ufficiali.

 

2. I princìpi e le procedure che disciplinano l'esercizio della giurisdizione della Corte sulle violazioni di cui al presente Articolo saranno quelli previsti nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove. Per fornire cooperazione internazionale alla Corte in relazione ai procedimenti di cui al presente Articolo ci si atterrà alla legislazione interna dello Stato a cui ci si rivolge.

 

3. In caso di condanna, la Corte può comminare una pena detentiva non superiore a cinque anni, o un'ammenda, in conformità con le Regole Procedurali e di ammissibilità delle Prove, oppure entrambe.

 

4. a) Gli Stati Parte estendono le norme del loro diritto penale che sanzionano i reati contro l'integrità dei propri procedimenti investigativi e giudiziari ai reati contro l'amministrazione della giustizia indicati nel presente Articolo commessi nel proprio territorio o da loro cittadini;

 

b) su richiesta della Corte, ogni qualvolta lo riterrà opportuno lo Stato Parte sottoporrà il caso alle sue autorità competenti ai fini del procedimento. Dette autorità competenti tratteranno tali casi con diligenza e mobiliteranno risorse sufficienti perché si possano svolgere con efficienza.

 

 

Articolo 71 - Sanzioni per comportamento scorretto dinanzi alla Corte.

1. La Corte può sanzionare le persone che, dinanzi alla stessa, assumono comportamenti scorretti anche disturbano i lavori o rifiutando deliberatamente di osservarne gli ordini, con provvedimenti amministrativi diversi dalla detenzione, quali ad esempio l'allontanamento temporaneo o definitivo dall'aula, un'ammenda o altri provvedimenti analoghi previsti nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

2. Il regime delle sanzioni indicate al paragrafo 1 è stabilito nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

 

Articolo 72 - Protezione delle informazioni attinenti la sicurezza nazionale.

1. Il presente Articolo si applica in tutti i casi in cui, rivelando informazioni o documenti di uno Stato, a parere di tale Stato, si pregiudicherebbero i suoi interessi di sicurezza nazionale. Tali casi comprendono quelli che rientrano nell'ambito dell'Articolo 56, paragrafi 2 e 3, dell'Articolo 61 paragrafo 3, dell'Articolo 64 paragrafo 3, dell'Articolo 67 paragrafo 2, dell'Articolo 68 paragrafo 6, dell'Articolo 87 paragrafo 6, e dell'Articolo 93, nonché i casi che potrebbero presentarsi in qualunque altra fase del procedimento nel quale tale divulgazione di notizie può venire in rilievo.

 

2. Il presente Articolo si applicherà altresì nei casi in cui una persona, a cui è stato chiesto di fornire informazioni o elementi di prova, si è rifiutata di farlo, o ha rinviato la questione allo Stato, affermando che la divulgazione avrebbe pregiudicato gli interessi di sicurezza nazionale di uno Stato e lo Stato in questione confermi che, a suo parere, la divulgazione pregiudicherebbe i suoi interessi attinenti la sicurezza nazionale.

 

3. Nulla nel presente Articolo compromette i requisiti di riservatezza applicabili ai sensi dell'Articolo 54, paragrafo 3 e) ed f), ovvero l'applicazione dell'Articolo 73.

 

4. Qualora uno Stato venga a sapere che le informazioni o i documenti di Stato stanno per essere o potrebbero essere divulgati in qualunque fase dei procedimenti, e ritenga che la loro rivelazione comprometterebbe i suoi interessi di sicurezza nazionale, tale Stato avrà il diritto di intervenire perché la questione venga risolta in conformità con il presente Articolo.

 

5. Qualora, a parere di uno Stato, divulgare informazioni comprometterebbe i suoi interessi di sicurezza nazionale, lo Stato adotterà tutti i provvedimenti del caso, agendo di concerto con il Procuratore, la difesa, la Camera preliminare o la Camera di primo grado, a seconda dei casi, per cercare di risolvere la questione in maniera cooperativa. Tali provvedimenti possono comprendere:

 

a) la modifica o il chiarimento della richiesta;

 

b) una decisione della Corte in merito alla pertinenza delle informazioni o delle prove richieste, ovvero una decisione relativa alla possibilità di ottenere la prova, sebbene pertinente, da fonte diversa dallo stato a cui è stata richiesta;

 

c) ricevere le informazioni o le prove da una fonte diversa o in forma diversa;

 

d) un accordo sulle condizioni alle quali potrebbe essere fornita assistenza, compresi, fra l'altro, presentazione di sintesi o redazioni rettificate, limiti alla divulgazione, uso di procedimenti a porte chiuse o ex parte, o applicazione di altre misure di protezione autorizza dallo Statuto o dal Regolamento della Corte.

 

6. Quando saranno stati adottati tutti i ragionevoli provvedimenti per risolvere la questione in maniera cooperativa, e lo Stato ritenga che non vi siano modi o condizioni alle quali le informazioni o i documenti potrebbero essere presentati o divulgati senza compromettere i suoi interessi di sicurezza nazionale, esso ne informerà il Procuratore o la Corte indicando i motivi specifici della sua decisione, a meno che la descrizione stessa dei suoi motivi non pregiudichi necessariamente gli interessi di sicurezza nazionale dello Stato.

 

7. In seguito, se la Corte decide che gli elementi di prova sono rilevanti e necessari per stabilire la colpevolezza o l'innocenza dell'imputato, la Corte può agire come segue:

 

a) se la divulgazione di informazioni o dei documenti è sollecitata nell'ambito di una richiesta di cooperazione secondo il capitolo IX, o nelle circostanze descritte al paragrafo 2, e lo Stato abbia invocato le motivazioni di rifiuto di cui all'Articolo 93, paragrafo 4:

 

i) la Corte, prima di giungere alle conclusioni di cui al paragrafo 7 a) ii), può chiedere ulteriori consultazioni, onde esaminare le considerazioni dello Stato, che possono comprendere, ove necessario, udienze a porte chiuse ed ex parte, se lo Stato lo richiede;

 

ii) qualora la Corte concluda che, adducendo le motivazioni di rifiuto di cui all'Articolo 93, paragrafo 4, nella fattispecie lo Stato a cui è stata rivolta la richiesta non stia agendo in ottemperanza degli obblighi che gli incombono in forza dello Statuto, la Corte può rinviare la questione, in conformità con l'Articolo 87, paragrafo 7, specificando i motivi in base ai quali è giunta a tale conclusione;

 

iii) la Corte può trarre nel giudicare l'imputato tutte le conclusioni che ritiene appropriate nella fattispecie, circa l'esistenza o l'inesistenza del fatto;

 

b) in tutte le altre circostanze:

 

i) ordinare la divulgazione; oppure

 

ii) diversamente, trarre ogni conclusione che ritenga appropriata nella fattispecie, nel giudicare l'imputato, circa l'esistenza o l'inesistenza di un fatto.

 

 

Articolo 73 - Informazioni o documenti provenienti da terzi.

Qualora la Corte chieda ad uno Stato Parte di produrre un documento o informazioni in sua custodia, in suo possesso o sotto il suo controllo, ad esso rivelati da uno Stato, un'organizzazione intergovernativa o un'organizzazione internazionale in maniera riservata, lo Stato Parte cercherà di ottenere dalla fonte il consenso a divulgare tale documento o informazione. Qualora la fonte sia uno Stato Parte, questo acconsentirà alla divulgazione del documento o dell'informazione, oppure si impegnerà a risolvere la questione della sua divulgazione con la Corte, ferme restando le disposizioni dell'Articolo 72. Nel caso in cui la fonte non sia uno Stato Parte e neghi il consenso alla divulgazione, lo Stato a cui è stata rivolta la richiesta informerà la Corte di non essere in grado di presentare il documento o l'informazione, a causa di un obbligo pregresso di riservatezza assunto con la fonte.

 

 

Articolo 74 - Requisiti per la sentenza.

1. Tutti i giudici della Camera di primo grado saranno presenti in ogni fase del processo e nel corso delle delibere. La Presidenza, caso per caso, può designare, in base alla disponibilità, uno o più giudici supplenti che dovranno essere presenti in ogni fase del processo e sostituire un membro della Camera di primo grado nel caso in cui questi non possa più presenziare.

 

2. La decisione della Camera di primo grado sarà adottata in base alle sue valutazioni delle prove ed a tutto il procedimento. La decisione non andrà al di là dei fatti e delle circostanze descritte nei capi d'accusa e relativi emendamenti. La Corte può basare la sua decisione solo sulle prove ad essa presentate e discusse al processo.

 

3. I giudici si sforzano di esprimere una decisione all'unanimità, in mancanza della quale la decisione sarà presa dalla maggioranza dei giudici.

 

4. Le delibere della Camera di primo grado rimarranno riservate.

 

5. La decisione sarà messa per iscritto e conterrà un rendiconto completo e ragionato delle risultanze della Camera di primo grado sulle prove e le conclusioni. La Camera di primo grado emanerà una sola sentenza. Nel caso in cui non vi sia unanimità, la sentenza della Camera di primo grado conterrà i pareri della maggioranza e quelli della minoranza. La sentenza o una sintesi della stessa sarà letta in pubblica udienza.

 

 

 

Articolo 75 - Riparazioni a favore delle vittime.

1. La Corte stabilisce i princìpi applicabili a forme di riparazione come la restituzione, l'indennizzo o la riabilitazione da concedere alle riparazioni alle vittime o ai loro aventi diritto. Su tale base la Corte, può, su richiesta o di sua spontanea volontà in circostanze eccezionali, determinare nella sua decisione l'entità e la portata di ogni danno, perdita o pregiudizio cagionato alle vittime o ai loro aventi diritto, indicando i princìpi che guidano la sua decisione.

 

2. La Corte può emanare contro una persona condannata un'ordinanza che indica la riparazione dovuta alle vittime o ai loro aventi diritto. Tale riparazione può avere forma, in modo particolare, di restituzione, d'indennizzo o di riabilitazione. Se del caso, la Corte può decidere che l'indennizzo concesso a titolo di riparazione sia versato tramite il Fondo di garanzia di cui all'Articolo 79.

 

3. Prima di emanare un ordine ai sensi del presente articolo, la Corte può sollecitare e terrà conto delle osservazioni della persona condannata, delle vittime, delle altre persone interessate o degli Stati interessati, e delle osservazioni formulate a nome di tali persone o dei loro aventi diritto.

 

4. Nell'esercizio dei poteri che gli sono conferiti dal presente Articolo, dopo che una persona è stata condannata per un reato che rientra nella giurisdizione della Corte, quest'ultima può stabilire se, per dare effetto ad un ordine che può emanare ai sensi del presente Articolo, sia necessario ricorrere ai provvedimenti di cui all'Articolo 93, paragrafo 1.

 

5. Gli Stati Parte fanno applicare le decisioni ai sensi del presente articolo come se le disposizioni dell'Articolo 109 fossero applicabili al presente Articolo.

 

6. Nulla del presente Articolo sarà interpretato come lesivo dei diritti che la legislazione nazionale o internazionale riconoscono alle vittime.

 

 

Articolo 76 - Condanne.

1. In caso di verdetto di condanna, la Camera di primo grado stabilisce la pena da applicare in considerazione delle conclusioni e degli elementi di prova rilevanti presentati al processo.

 

2. Fatti salvi i casi in cui si applica l'Articolo 65, e prima della fine del processo, la Camera di primo grado può tenere d'ufficio, e su richiesta del Procuratore o dell'imputato, un'ulteriore udienza per prendere conoscenza di ogni nuova conclusione e di ogni nuovo elemento di prova rilevante ai fini della definizione della pena, in conformità con le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

3. Nei casi in cui si applica il paragrafo 2, la Camera di primo grado ascolta le osservazioni previste all'Articolo 75 nel corso dell'udienza supplementare di cui al paragrafo 2 e, ove necessario, nel caso di una nuova udienza.

 

4. La sentenza è pronunziata in udienza pubblica e, ove possibile, in presenza dell'imputato.

 

Capitolo VII

Pene

 

Articolo 77 - Pene applicabili.

1. Fatto salvo l'articolo 110, la Corte può pronunciare contro una persona dichiarata colpevole dei reati di cui all'articolo 5 del presente Statuto, una delle seguenti pene:

 

a) reclusione per un periodo di tempo determinato non superiore nel massimo a 30 anni;

 

b) ergastolo, se giustificato dall'estrema gravità del crimine e dalla situazione personale del condannato.

 

2. Alla pena della reclusione la Corte può aggiungere:

 

a) un'ammenda fissata secondo i criteri previsti dalle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove;

 

b) la confisca di profitti, beni ed averi ricavati direttamente o indirettamente dal crimine fatti salvi i diritti di terzi in buona fede.

 

 

Articolo 78 - Determinazione della pena.

1. Nel determinare la pena, la Corte tiene conto, secondo le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, di elementi quali la gravità del reato e la situazione personale del condannato.

 

2. Nel pronunziare una pena di reclusione, la Corte detrae il tempo trascorso, su suo ordine, in detenzione. La Corte può inoltre detrarre ogni altro periodo trascorso in detenzione per condotte collegate al crimine.

 

3. Se una persona è riconosciuta colpevole di più reati, la Corte quantifica sia la pena per ciascun reato che quella cumulativa, specificando la durata totale dell'imprigionamento. Tale durata non può essere inferiore a quella della pena più alta applicata per un singolo crimine e non può superare i 30 anni di reclusione o l'ergastolo previsto all'articolo 77, paragrafo 1, capoverso b).

 

 

Articolo 79 - Fondo di garanzia per le vittime.

1. È istituito, con decisione dell'Assemblea degli Stati Parte, un Fondo a beneficio delle vittime dei reati di competenza della Corte e delle loro famiglie.

 

2. La Corte può ordinare che il ricavato delle ammende e dei beni confiscati sia versato al Fondo.

 

3. Il Fondo è gestito in conformità ai criteri stabiliti dall'Assemblea degli Stati Parte.

Articolo 80 - Autonomia dell'applicazione delle pene ad opera degli Stati e della legislazione nazionale.

Nessuna disposizione del presente capitolo vieta l'applicazione ad opera degli Stati di pene previste dal loro diritto interno, ne l'applicazione della normativa di Stati che non prevedono le pene stabilite nel presente capitolo.

 

 

Capitolo VIII

Appello e revisione

 

Articolo 81 - Appello contro la sentenza di condanna o la determinazione della pena.

1. Può essere proposto appello, secondo le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, contro una decisione resa in forza dell'articolo 74, secondo le seguenti modalità:

 

a) il Procuratore può proporre appello per uno dei seguenti motivi:

 

i) vizio di procedura;

 

ii) errore di fatto;

 

iii) errore di diritto;

 

b) la persona dichiarata colpevole o il Procuratore a nome di questa persona, possono proporre appello per uno dei seguenti motivi:

 

i) vizio di procedura;

 

ii) errore di fatto;

 

iii) errore di diritto;

 

iv) qualunque altro motivo che pregiudica l'equità o la regolarità della procedura o della decisione.

 

2. a) Il Procuratore o il condannato possono, secondo le Regole Procedurali e di ammissibilità delle Prove, impugnare la pena pronunziata, per via di mancanza di proporzione fra la stessa ed il crimine;

 

b) se, in occasione dell'appello proposto contro la pena pronunciata, la Corte ritiene che esistono motivi tali da giustificare l'annullamento, in tutto o in parte, della decisione sulla colpevolezza, essa può invitare il procuratore o il condannato ad invocare i motivi enunciati all'articolo 82, paragrafo 1, capoversi a) o b) e pronunziarsi sulla decisione sulla colpevolezza secondo l'articolo 83;

 

c) la stessa procedura si applica se, in occasione di un appello concernente unicamente la decisione sulla colpevolezza, la Corte giudica che vi sono motivi che giustificano una riduzione della pena in forza del paragrafo 2, capoverso a).

 

3. a) A meno che la Camera di primo grado non decida diversamente, la persona riconosciuta colpevole rimane in stato di detenzione durante la procedura di appello;

 

b) se la durata della detenzione supera la durata della pena pronunciata, la persona riconosciuta colpevole è rimessa in libertà; tuttavia, se anche il Procuratore propone appello, la liberazione può essere subordinata alle condizioni enunciate al capoverso c) seguente;

 

c) in caso di assoluzione, l'accusato è immediatamente rimesso in libertà, fatte salve tuttavia le seguenti condizioni:

 

i) in circostanze eccezionali valutati tra l'altro il rischio di evasione, la gravità del reato e la probabilità di successo dell'appello, la Camera di primo grado su richiesta del Procuratore può ordinare che l'imputato rimanga in detenzione durante la procedura di appello;

 

ii) contro un'ordinanza della Camera di primo grado preveduta dal capoverso i) può essere proposto appello secondo le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

4. Subordinatamente alle disposizioni del paragrafo 3, capoversi a) e b) l'esecuzione della decisione sulla colpevolezza o della sentenza è sospesa durante il periodo utile per proporre appello e durante il corso del giudizio di appello.

 

 

Articolo 82 - Appello contro altre decisioni.

1. Ciascuna Parte può proporre appello contro una delle seguenti decisioni, secondo le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle prove:

 

a) decisione sulla competenza o la procedibilità;

 

b) ordinanza che concede o nega la liberazione della persona oggetto d'inchiesta o di azioni giudiziarie;

 

c) decisione della Camera preliminare di agire di sua iniziativa in forza dell'articolo 56, paragrafo 3;

 

d) decisione che solleva una questione di natura tale da incidere in maniera significativa sullo svolgimento equo e rapido della procedura o sull'esito del processo e la cui soluzione immediata potrebbe secondo il parere della Camera preliminare o della Camera di primo grado far progredire notevolmente la procedura.

 

2. Una decisione della Camera preliminare, fondata sull'articolo 57, paragrafo 3, d) può essere impugnata dallo Stato interessato o dal Procuratore con l'autorizzazione della Camera preliminari. L'appello in questione sarà trattato mediante una procedura d'urgenza.

 

3. L'appello ha effetto sospensivo solo se la Camera lo ordina, sulla base di una domanda presentata secondo le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

4. Il rappresentante legale delle vittime, la persona condannata o il proprietario in buona fede di un bene pregiudicato da un'ordinanza emessa in forza dell'articolo 73, possono presentare appello contro tale ordinanza, come previsto nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

 

Articolo 83 - Procedura d'appello.

1. Ai fini delle procedure previste all'articolo 81 e nel presente articolo, la Camera d'appello ha tutti i poteri della Camera di primo grado.

 

2. Se la Camera d'appello conclude che la procedura oggetto di appello è affetta da vizi tali da pregiudicare la regolarità della decisione o della condanna, o che la decisione o la condanna oggetto di appello sono gravemente viziate da un errore di fatto o di diritto essa può:

 

a) annullare o modificare la decisione o la condanna; oppure

 

b) ordinare un nuovo processo dinanzi una altra camera di primo grado.

 

A tal fine, la Camera d'appello può rinviare una questione di fatto dinanzi alla Camera di primo grado inizialmente adita affinché quest'ultima decida la questione e le faccia rapporto, oppure può essa stessa chiedere elementi di prova per essere in grado di decidere. Quando la sola persona condannata, o il Procuratore a suo nome, hanno presentato appello contro la decisione o la condanna, quest'ultima non può essere modificata a scapito della persona condannata.

 

3. Se, nell'ambito di un appello contro una condanna, la Camera d'appello constata che la pena è sproporzionata rispetto al crimine, essa può modificarla secondo il capitolo VII.

 

4. La sentenza della Camera d'appello è adottata a maggioranza dei giudici e pronunciata in udienza pubblica. La sentenza è motivata. Se non vi è unanimità, la sentenza deve contenere i pareri della maggioranza e della minoranza, ma un giudice può far valere un'opinione individuale o un'opinione dissidente su una questione di diritto.

 

5. La Camera di appello può pronunciare la sua sentenza in assenza della persona prosciolta o condannata.

 

 

Articolo 84 - Revisione della condanna o della pena.

1. La persona dichiarata colpevole oppure, se è deceduta, il coniuge, i figli, i genitori o ogni persona vivente al momento del suo decesso, che essa ha espressamente designato per iscritto a tal fine, o il Procuratore a nome di questa persona, possono adire la Camera d'appello con una domanda di revisione della decisione definitiva sulla colpevolezza o la pena per i seguenti motivi:

 

a) è emerso un fatto nuovo che:

 

i) non era conosciuto al momento del processo, senza che ciò possa essere imputato, in tutto o in parte, al ricorrente; e

 

ii) se fosse stato constatato al momento del processo avrebbe probabilmente comportato un diverso verdetto;

 

b) risulta che un elemento probatorio decisivo stabilito durante il processo e sulla base del quale si è stabilita la colpevolezza era falso, contraffatto o falsificato;

 

c) uno o più giudici che hanno concorso alla decisione sulla colpevolezza o che hanno convalidato le imputazioni hanno commesso nel caso in oggetto un atto costituente errore grave o inadempimento ai loro doveri, di gravità sufficiente da far sì che siano esonerati dalle loro funzioni in attuazione dell'articolo 46.

 

2. La Camera d'appello respinge la domanda se la ritiene infondata. Se giudica che la domanda si basa su validi motivi essa può, a seconda di come convenga:

 

a) convocare nuovamente la Camera di primo grado che ha pronunciato la sentenza iniziale;

 

b) istituire una nuova Camera di primo grado;

 

c) rimanere investita del caso;

 

in vista di determinare, dopo aver inteso le parti secondo le modalità previste nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, se la sentenza debba essere riveduta.

 

 

Articolo 85 - Risarcimento alle persone arrestate o condannate.

1. Chiunque sia stato vittima di un arresto o di una detenzione illegale ha diritto a riparazione.

 

2. Se una condanna definitiva è in seguito annullata in quanto un fatto nuovo, o recentemente rivelato, dimostra che è stato commesso un errore giudiziario, la persona che ha subìto una pena in ragione di detta condanna è indennizzata in conformità alle leggi, a meno che non sia provato che il non aver rivelato il fatto in tempo utile è imputabile alla stessa persona, in tutto o in parte.

 

3. In circostanze eccezionali, qualora la Corte scopra sulla base di elementi affidabili che è stato commesso un errore giudiziario grave e manifesto essa può, a sua discrezione concedere un risarcimento secondo i criteri enunciati nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove, ad una persona che era stata liberata a seguito di un proscioglimento definitivo o in quanto il procedimento giudiziario aveva cessato per via di questo fatto.

 

Capitolo IX

Cooperazione internazionale ed assistenza giudiziaria

 

Articolo 86 - Obbligo generale di cooperare.

Secondo le disposizioni del presente Statuto, gli Stati parti cooperano pienamente con la Corte nelle inchieste ed azioni giudiziarie che la stessa svolge per reati di sua competenza.

 

 

Articolo 87 - Richieste di cooperazione: disposizioni generali.

1. a) La Corte è abilitata a rivolgere richieste di cooperazione agli Stati parti. Tali richieste sono trasmesse per via diplomatica o mediante ogni altro canale appropriato che ciascuno Stato parte può scegliere al momento della ratifica, accettazione o approvazione del presente Statuto o dell'adesione allo stesso.

 

Ogni ulteriore modifica di tale scelta deve essere effettuata da ciascun Stato parte in conformità al Regolamento di procedura e di prova;

 

b) se del caso, e fatte salve le disposizioni del capoverso a), le richieste possono altresì essere trasmesse attraverso l'Organizzazione internazionale di polizia criminale (INTERPOL) o ogni organizzazione regionale competente.

 

2. Le richieste di cooperazione ed i documenti giustificativi afferenti sono sia redatti in una lingua ufficiale dello Stato richiesto, o accompagnati da una traduzione in detta lingua, sia redatte in una delle lingue di lavoro della Corte o accompagnate da una traduzione in questa lingua a seconda della scelta fatta dallo Stato richiesto al momento della ratifica accettazione o approvazione del presente Statuto o dell'adesione allo stesso.

 

Ogni ulteriore modifica di tale scelta sarà effettuata in conformità delle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

3. Lo Stato richiesto rispetta il carattere riservato delle richieste di cooperazione e dei documenti a sostegno della richiesta, salvo nella misura in cui la loro divulgazione è necessaria per dar seguito alla richiesta.

 

4. Per quanto concerne le richieste di assistenza presentate ai sensi del capitolo IX, soprattutto in materia di protezione delle informazioni, la Corte può prendere i provvedimenti necessari per garantire la sicurezza e di benessere fisico o psicologico delle vittime dei potenziali testimoni e dei loro familiari. La Corte può chiedere che ogni informazione fornita a titolo del presente capitolo sia comunicata ed elaborata in modo tale da preservare la sicurezza ed il benessere fisico o psicologico delle vittime, dei potenziali testimoni e dei loro familiari.

 

5. La Corte può invitare ogni Stato non parte del presente Statuto a prestare assistenza a titolo del presente capitolo sulla base di un'intesa ad hoc o di un accordo concluso con tale Stato o su ogni altra base appropriata.

 

Se, avendo concluso con la Corte un'intesa ad hoc o un accordo, lo Stato non parte al presente Statuto non fornisce la partecipazione che gli viene richiesta in forza di tale intesa o accordo, la Corte può informarne l'Assemblea degli Stati parti, o il Consiglio di Sicurezza se è stata adita da quest'ultimo.

 

6. La Corte può chiedere informazioni o documenti ad ogni organizzazione intergovernativa. Essa può inoltre sollecitare altre forme di cooperazione e di assistenza di cui abbia convenuto con tale organizzazione e che sono conformi alle competenze o al mandato di quest'ultima.

 

7. Se uno Stato Parte non aderisce ad una richiesta di cooperazione della Corte, diversamente da come previsto dal presente Statuto, impedendole in tal modo di esercitare le sue funzioni ed i suoi poteri in forza del presente Statuto, la Corte può prenderne atto ed investire del caso l'Assemblea degli Stati parti, o il Consiglio di sicurezza se è stata adita da quest'ultimo.

 

 

Articolo 88 - Procedure disponibili secondo la legislazione nazionale.

Gli Stati parti si adoperano per predisporre nel loro ordinamento nazionale, procedure appropriate per realizzare tutte le forme di cooperazione indicate nel presente capitolo.

 

 

Articolo 89 - Consegna di determinate persone alla Corte.

1. La Corte può presentare a qualsiasi Stato nel cui territorio è suscettibile di trovarsi la persona ricercata, una richiesta di arresto e consegna, unitamente alla documentazione giustificativa indicata all'articolo 91, e potrà richiedere cooperazione di questo Stato per l'arresto e la consegna di tale persona. Gli Stati parti rispondono ad ogni richiesta di arresto e di consegna secondo le disposizioni del presente capitolo e le procedure previste dalla loro legislazione nazionale.

 

2. Se le persone di cui si sollecita la consegna ricorre dinanzi ad una giurisdizione nazionale mediante un'impugnazione fondata sul principio non bis in idem, come previsto all'articolo 20. Lo Stato richiesto consulta immediatamente la Corte per sapere se vi è stata nella fattispecie una decisione sull'ammissibilità. Se è stato deciso che il caso era ammissibile, lo Stato richiesto dà seguito alla domanda. Se la decisione sull'ammissibilità è pendente, lo Stato richiesto può rinviare l'esecuzione della domanda fino a quando la Corte non abbia deliberato.

 

3. a) gli Stati parti autorizzano il trasporto attraverso il loro territorio, conformemente alle procedure previste dalla loro legislazione nazionale, di ogni persona trasferita alla Corte da un altro Stato, salvo nel caso in cui il transito attraverso il loro territorio ritarderebbe la consegna;

 

b) una richiesta di transito è trasmessa dalla Corte secondo l'articolo 87. Essa contiene:

 

i) i dati segnaletici della persona trasportata;

 

ii) un breve esposto dei fatti e della loro qualificazione giuridica;

 

iii) il mandato d'arresto e l'ordinanza di consegna;

 

c) la persona trasportata è in stato di detenzione durante il transito;

 

d) non è necessaria alcuna autorizzazione se la persona è trasportata per via aerea e se nessun atterraggio è previsto sul territorio dello stato di transito;

 

e) se un atterraggio imprevisto ha luogo sul territorio dello stato di transito quest'ultimo può esigere dalla Corte la presentazione di una domanda di transito nelle forme stabilite al capoverso b). Lo stato di transito pone la persona trasportata in detenzione, in pendenza di tale domanda e dell'effettivo passaggio in transito. Tuttavia la detenzione ai sensi del presente capoverso non può prolungarsi oltre 96 ore dopo l'atterraggio imprevisto se la domanda non è stata ricevuta nel frattempo.

 

4. Se la persona reclamata è oggetto di un'azione giudiziaria o sconta una pena nello Stato richiesto per un reato diverso da quello per il quale si richiede la sua consegna alla Corte lo Stato richiesto che ha deciso di aderire alla domanda si consulta con la Corte.

 

 

Articolo 90 - Richieste concorrenti.

1. Se uno Stato parte riceve dalla Corte, secondo l'articolo 89, una richiesta di consegna e peraltro riceve da un altro Stato una richiesta di estradizione della stessa persona per lo stesso comportamento che costituisce la base del reato per il quale la Corte domanda la consegna della persona, tale Stato ne informa la Corte e lo Stato richiedente.

 

2. Se lo Stato richiedente è uno Stato parte, lo Stato richiesto dà la precedenza alla domanda della Corte:

 

a) se la Corte ha deciso, in applicazione degli articoli 18 e 19, che il caso oggetto della richiesta di consegna è ammissibile, in considerazione dell'inchiesta svolta o di un'azione giudiziaria intentata dallo Stato richiedente, rispetto alla domanda di estradizione di quest'ultimo, oppure

 

b) se la Corte non ha preso la decisione di cui al capoverso a), a seguito della notifica dello Stato richiesto di cui al paragrafo 1.

 

3. Quando la Corte non ha preso la decisione di cui al paragrafo 2 capoverso a), lo Stato richiesto può, se lo desidera, incominciare ad istruire la richiesta di estradizione dello Stato richiesto in attesa che la Corte si pronunci come previsto al capoverso b). Esso non estrada la persona fino a quando la Corte non ha giudicato che il caso non è ammissibile. La Corte si pronuncia con giudizio direttissimo.

 

4. Se lo Stato richiedente è uno Stato non parte al presente Statuto lo Stato richiesto, se non è tenuto, per via di un obbligo internazionale ad estradare l'interessato verso lo Stato richiedente dà la precedenza alla richiesta di consegna della Corte se quest'ultima ha giudicato che il caso era ammissibile.

 

5. Quando un caso di competenza del paragrafo 4 non è stato giudicato ammissibile dalla Corte, lo Stato richiesto può, se lo desidera, incominciare ad istruire la richiesta di estradizione dello Stato richiedente.

 

6. Nei casi in cui si applica il paragrafo 4, ed a meno che lo Stato richiesto non sia tenuto, per via di un obbligo internazionale, ad estradare la persona verso lo Stato non parte richiedente, lo Stato richiesto decide se sia il caso di consegnare la persona alla Corte o di estradarla verso lo Stato richiedente. Nella sua decisione, lo Stato richiesto tiene conto di tutte le considerazioni rilevanti, in modo particolare:

 

a) dell'ordine cronologico delle richieste;

 

b) degli interessi dello Stato richiedente, in modo particolare, se del caso, del fatto che il reato è stato commesso sul suo territorio e della nazionalità delle vittime e della persona reclamata;

 

c) della possibilità che lo Stato richiedente proceda in un secondo tempo a consegnare la persona alla Corte.

 

7. Se uno Stato parte riceve dalla Corte una richiesta di consegna di una persona e riceve peraltro da un altro Stato una richiesta di estradizione della stessa persona per lo stesso comportamento diverso da quello che costituisce il reato per il quale la Corte domanda la consegna della persona:

 

a) lo Stato richiesto dà la precedenza alla domanda della Corte, se non è tenuto, per via di un obbligo internazionale, ad estradare l'interessato verso lo Stato richiedente;

 

b) se è tenuto, per via di un obbligo internazionale, ad estradare la persona verso lo Stato richiedente, lo Stato richiesto decide sia di consegnarla alla Corte sia di estradarla verso lo Stato richiedente. Nella sua decisione, esso tiene conto di tutte le considerazioni pertinenti, in modo particolare quelle enunciate al paragrafo 6, pur concedendo una particolare attenzione alla natura ed alla relativa gravità del comportamento in causa.

 

8. Se, a seguito di una notifica ricevuta in applicazione del presente articolo, la Corte ha giudicato un caso come inammissibile e l'estradizione verso lo Stato richiedente è ulteriormente rifiutata, lo Stato richiesto notifica la decisione della Corte.

 

Articolo 91 - Contenuto della richiesta di arresto e di consegna.

1. Una richiesta di arresto e di consegna deve essere effettuata per iscritto. In caso di emergenza essa può essere effettuata con ogni mezzo che lasci un'impronta scritta, a condizione di essere convalidata secondo le modalità previste all'articolo 87, paragrafo 1, capoverso a).

 

2. Se la domanda concerne l'arresto e la consegna di una persona oggetto di un mandato d'arresto rilasciato dalla Camera di giudizio preliminare in forza dell'articolo 58, essa deve contenere o essere accompagnata da un fascicolo contenente i seguenti documenti giustificativi:

 

a) dati segnaletici della persona ricercata, sufficienti ad identificarla e le informazioni relative al luogo dove probabilmente si trova;

 

b) una copia del mandato d'arresto;

 

c) i documenti, dichiarazioni ed informazioni che possono essere pretesi nello Stato richiesto per procedere alla consegna; tuttavia le esigenze dello Stato richiesto non devono essere più onerose in questo caso rispetto alle richieste d'estradizione presentate in applicazione di trattati o di intese concluse fra lo Stato richiesto ed altri Stati e dovrebbero anzi, se possibile, esserlo di meno, in considerazione del carattere particolare della Corte.

 

3. Se la richiesta concerne l'arresto e la consegna di una persona che è già stata riconosciuta colpevole, essa contiene o è accompagnata da un fascicolo contenente i seguenti documenti giustificativi:

 

a) una copia di qualsiasi mandato d'arresto relativo a tale persona;

 

b) una copia della sentenza;

 

c) informazioni attestanti che la persona ricercata è effettivamente quella indicata nella sentenza;

 

d) se la persona ricercata è stata condannata ad una pena, una copia della condanna assieme a, nel caso di una pena di detenzione, l'indicazione della parte di pena che è già stata scontata e della parte che resta da scontare.

 

4. Su richiesta della Corte, uno Stato parte intrattiene con quest'ultima, sia in generale, sia a proposito di una particolare questione, consultazioni sulle condizioni previste dalla sua legislazione interna che potrebbero applicarsi secondo il paragrafo 2, capoverso c). Nell'ambito di tali consultazioni lo Stato parte informa la Corte delle particolari esigenze della sua legislazione.

 

 

Articolo 92 - Fermo.

1. In caso di emergenza, la Corte può chiedere il fermo della persona ricercata in attesa che siano presentate la richiesta di consegna ed i documenti giustificativi di cui all'articolo 91.

 

2. La richiesta di fermo può essere effettuata con ogni mezzo che lascia un'impronta scritta e deve contenere:

 

a) i dati segnaletici della persona ricercata, sufficienti ad identificarla e le informazioni relative al luogo dove probabilmente si trova;

 

b) un breve esposto dei reati per i quali la persona è ricercata e dei fatti che sarebbero costitutivi di tali reati, ivi compreso, se possibile, la data ed il luogo dove sarebbero avvenuti;

 

c) una dichiarazione attestante l'esistenza, a carico della persona ricercata, di un mandato d'arresto o di un verdetto di colpevolezza;

 

d) una dichiarazione indicante che farà seguito una richiesta di consegna della persona ricercata.

 

3. Una persona in stato di fermo può essere rimessa in libertà se lo Stato richiesto non ha ricevuto la richiesta di consegna ed i documenti giustificativi di cui all'articolo 91 nel termine stabilito dalle Regole Procedurali ed i Ammissibilità delle Prove. Tuttavia questa persona può consentire ad essere consegnata prima della scadenza di detto termine se la legislazione dello Stato richiesto lo consente. In questo caso, lo Stato richiesto procede al più presto a consegnarla alla Corte.

 

4. La rimessa in libertà della persona ricercata prevista al paragrafo 3 non pregiudica il suo successivo arresto e la sua consegna, se la richiesta di consegna accompagnata dai documenti giustificativi viene presentata in seguito.

 

 

Articolo 93 - Altre forme di cooperazione.

1. Gli Stati Parti ricevono secondo le disposizioni del presente capitolo e le procure previste dalla loro legislazione nazionale, le richieste di assistenza della Corte connesse ad un'inchiesta o azione giudiziaria, e concernenti:

 

a) l'identificazione di una persona, il luogo dove si trova o la localizzazione dei beni;

 

b) la raccolta di elementi di prova comprese le deposizioni fatte sotto giuramento e la produzione di elementi probatori comprese le perizie ed i rapporti di cui la Corte necessita;

 

c) l'interrogatorio di persone che sono oggetto di un'inchiesta o di azioni giudiziarie;

 

d) il significato di documenti, compresi gli atti di procedura;

 

e) le misure atte a facilitare la comparizione volontaria dinanzi alla Corte di persone che depositano in quanto testimoni o esperti;

 

f) l trasferimento temporaneo di persone in forza del paragrafo 7;

 

g) l'esame di località o di siti, in modo particolare la riesumazione e l'esame di cadaveri sotterrati in fosse comuni;

 

h) l'esecuzione di perquisizioni e confische;

 

i) la trasmissione di fascicoli e documenti compresi i fascicoli ed i documenti ufficiali;

 

j) la protezione di vittime e di testimoni e la preservazione di elementi di prova;

 

k) l'identificazione, la localizzazione, il congelamento o la confisca del prodotto di reati, di beni, averi ed strumenti connessi ai reati, per eventualmente confiscarli, fatti salvi i diritti di terzi in buona fede;

 

l) ogni altra forma di assistenza non vietata dalla legislazione dello Stato richiesto volta ad agevolare l'inchiesta e l'azione giudiziaria relative ai reati di competenza della Corte.

 

2. La Corte è abilitata a garantire ad un teste o esperto che compare in sua presenza, che non sarà né perseguito, né detenuto, né da essa sottoposto a qualsiasi restrizione della sua libertà personale per un atto od omissione precedenti alla sua partenza dallo Stato richiesto.

 

3. Se l'esecuzione di una particolare misura di assistenza descritta in una richiesta presentata in forza del paragrafo 1 è vietata nello Stato richiesto in forza di un principio giuridico fondamentale di applicazione generale, lo Stato richiesto intraprende senza indugio consultazioni con la Corte per tentare di risolvere la questione. Durante tali consultazioni, si esamina se l'assistenza può essere fornita in altro modo o accompagnata da determinate condizioni. Se la questione non è risolta all'esito delle consultazioni la Corte modifica la domanda.

 

4. In conformità con l'articolo 72, uno Stato parte può respingere totalmente o parzialmente una richiesta di assistenza solo se tale richiesta verte sulla produzione di documenti o la divulgazione di elementi probatori relativi alla sua sicurezza o difesa nazionale.

 

5. Prima di respingere una richiesta di assistenza di cui al paragrafo 1 [T], lo Stato richiesto determina se l'assistenza può essere fornita a determinate condizioni o potrebbe essere fornita in seguito, o in forma diversa, rimanendo inteso che se la Corte o il Procuratore accettano queste condizioni, essi saranno tenuti ad osservarle.

 

6. Lo Stato richiesto che respinge una richiesta di assistenza fa conoscere senza indugio le sue ragioni alla Corte o al Procuratore.

 

7. a) La Corte può chiedere il trasferimento temporaneo di una persona detenuta a fini d'identificazione o per ottenere una testimonianza o altre forme di assistenza. Tale persona può essere trasferita se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

 

i) la persona acconsente, liberamente e con cognizione di causa, ad essere trasferita; e

 

ii) lo Stato richiesto acconsente al trasferimento subordinatamente alle condizioni eventualmente concordate tra detto Stato e la Corte;

 

b) la persona trasferita continua ad essere sotto controllo cautelare. Dopo che la finalità del trasferimento è stata conseguita, la Corte rinvia senza indugio questa persona nello Stato richiesto.

 

8. a) La Corte preserva il carattere confidenziale dei documenti e elle informazioni raccolte salvo nella misura necessaria all'inchiesta ed alle procedure descritte nella richiesta;

 

b) lo Stato richiesto può se del caso comunicare documenti o informazioni al Procuratore a titolo confidenziale. Il Procuratore può utilizzarli solo per raccogliere nuovi elementi probatori;

 

c) lo Stato richiesto può, sia d'ufficio sia su richiesta del Procuratore autorizzato, acconsentire in un secondo tempo alla divulgazione di tali documenti o informazioni. Questi possono in tal caso essere utilizzati come mezzo di prova secondo le disposizioni dei capitoli V e VI e delle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

9. a) i) Se uno Stato Parte riceve dalla Corte e da un altro Stato, a seguito di un obbligo internazionale, richieste concorrenti aventi un oggetto diverso dalla consegna o estradizione, esso farà il possibile, in consultazione con la Corte e questo altro Stato, per dar seguito alle due richieste, se del caso differendo l'una o l'altra o assoggettandola a condizioni;

 

ii) in mancanza di quanto sopra, la concorrenza delle richieste è risolta secondo i princìpi stabiliti all'articolo 90;

 

b) tuttavia, quando la richiesta della Corte concerne informazioni, beni o persone sotto il controllo di uno Stato terzo o di un'organizzazione internazionale in virtù di un accordo internazionale, lo Stato richiesto ne informa la Corte e quest'ultima indirizza la sua domanda allo Stato terzo o all'Organizzazione internazionale.

 

10. a) Se riceve una richiesta in tal senso, la Corte può cooperare con lo Stato parte che svolge un'inchiesta o un processo vertente su un comportamento che costituisce reato sottoposto alla giurisdizione della Corte, o un reato grave secondo il diritto interno di tale Stato e prestargli assistenza;

 

b) i) l'assistenza comprende, tra l'altro:

 

1) la trasmissione di deposizioni, documenti ed altri elementi di prova raccolti nel corso di un'inchiesta o processo svolti dalla Corte; e

 

2) l'interrogatorio di ogni persona detenuta per ordine della Corte;

 

ii) nel caso di cui al sotto-capoverso b), i) 1):

 

1) la trasmissione di documenti ed altri elementi di prova ottenuti con l'assistenza di un Stato esige il consenso di detto Stato;

 

2) la trasmissione di deposizioni, documenti ed altri elementi probatori forniti da un teste o da un esperto avviene secondo le disposizioni dell'articolo 68;

 

c) la Corte può, alle condizioni enunciate al presente paragrafo, dar seguito ad una richiesta di assistenza emanate da uno Stato che non è parte al presente Statuto.

 

Articolo 94 - Differimento della messa in opera di una richiesta per via di inchieste o procedimenti giudiziari in corso.

1. Se l'esecuzione immediata di una richiesta può nuocere al corretto svolgimento dell'inchiesta o dei procedimenti giudiziari in corso, in caso diverso da quello cui si riferisca la domanda, lo Stato richiesto può ritardare l'esecuzione della richiesta per un periodo di tempo stabilito di comune accordo con la Corte. Tuttavia il rinvio non dovrà prolungarsi oltre quanto sia necessario per portare a termine l'inchiesta o i procedimenti giudiziari in oggetto nello Stato richiesto. Prima di decidere di ritardare l'esecuzione della richiesta, lo Stato richiesto considera se l'assistenza può essere fornita immediatamente a determinate condizioni.

 

2. Se viene presa la decisione di soprassedere all'esecuzione della richiesta in applicazione del paragrafo 1, il Procuratore può tuttavia chiedere l'adozione di provvedimenti per preservare gli elementi di prova, come previsto all'articolo 93, paragrafo 1, capoverso j).

 

 

Articolo 95 - Differimento dell'esecuzione di una richiesta per via di un'eccezione d'inammissibilità.

Fatto salvo l'articolo 53, paragrafo 2, se la Corte esamina un'eccezione d'inammissibilità in applicazione degli articoli 18 e 19, lo Stato richiesto può soprassedere all'esecuzione di una richiesta presentata in forza del presente capitolo fino a quando la Corte non abbia specificatamente ordinato che il Procuratore può continuare a raccogliere elementi di prova in applicazione degli articoli 18 e 19.

 

 

Articolo 96 - Contenuto di una richiesta vertente su altre forme di cooperazione previste dall'articolo 93.

1. Una domanda vertente su altre forme di cooperazione di cui all'articolo 93 deve essere effettuata per iscritto. In caso di emergenza, essa può essere effettuata con ogni altro mezzo che lascia un'impronta scritta, a condizione di essere convalidata secondo modalità indicate all'articolo 87, paragrafo 1 a).

 

2. La richiesta contiene o è accompagnata, sede nel caso, da un fascicolo contenente i seguenti elementi:

 

a) un breve esposto dell'oggetto della richiesta e della natura dell'assistenza richiesta comprese le basi giuridiche ed i motivi della richiesta;

 

b) informazioni il più dettagliate possibile sulla persona o il luogo che devono essere individuati o localizzati in modo che l'assistenza possa essere fornita;

 

c) un breve esposto dei fatti essenziali che giustificano la domanda;

 

d) l'esposto dei motivi e la spiegazione dettagliata delle procedure o condizioni da rispettare;

 

e) ogni informazione che può essere pretesa dalla legislazione dello Stato richiesto per dar seguito alla richiesta;

 

f) ogni altra informazione utile affinché l'assistenza richiesta possa essere fornita.

 

3. Se la Corte lo domanda, uno Stato parte intrattiene con essa, sia in generale sia a proposito di una particolare questione, consultazioni sulle condizioni previste dalla sua legislazione che potrebbero applicarsi come previsto al paragrafo 2, capoverso e) nell'ambito di tali consultazioni lo Stato parte informa la Corte di particolari esigenze della sua legislazione.

 

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì, se del caso, ad una richiesta d'assistenza indirizzata alla Corte.

 

 

Articolo 97 - Consultazioni.

Quando uno Stato parte, investito di una richiesta ai sensi del presente capitolo, constata che la stessa solleva difficoltà che potrebbero intralciarne o impedirne l'esecuzione, esso consulta senza indugio la Corte per risolvere il problema. Tali difficoltà potrebbero, in modo particolare, essere le seguenti:

 

a) le informazioni non sono sufficienti per dar seguito alla richiesta;

 

b) nel caso di una richiesta di consegna, la persona reclamata rimane introvabile malgrado ogni sforzo dispiegato, oppure l'inchiesta svolta ha permesso di determinare che la persona che si trova nello Stato di detenzione non è manifestamente quella indicata dal mandato;

 

c) il fatto che lo Stato richiesto sarebbe costretto, per dar seguito alla richiesta nella forma in cui si trova, di infrangere un obbligo convenzionale che già ha nei confronti di un altro Stato.

 

 

Articolo 98 - Cooperazione in relazione a rinuncia ad immunità e consenso alla consegna.

1. La Corte non può presentare una richiesta di assistenza che costringerebbe lo Stato richiesto ad agire in modo incompatibile con gli obblighi che le incombono in diritto internazionale in materia d'immunità degli Stati o d'immunità diplomatica di una persona o di beni di uno Stato terzo a meno di ottenere preliminarmente la cooperazione di tale Stato terzo in vista dell'abolizione dell'immunità.

 

2. La Corte non può presentare una richiesta di consegna che costringerebbe lo Stato richiesto ad agire in modo incompatibile con gli obblighi che gli incombono in forza di accordi internazionali secondo i quali il consenso dello Stato d'invio è necessario per poter consegnare alla Corte una persona dipendente da detto Stato, a meno che la Corte non sia in grado di ottenere preliminarmente la cooperazione dello Stato d'invio ed il suo consenso alla consegna.

 

 

 

Articolo 99 - Seguito dato alle richieste presentate a titolo degli articoli 93 e 96.

1. Lo Stato richiesto dà seguito alle richieste di assistenza secondo la procedura prevista dalla sua legislazione e, a meno che tale legislazione non lo vieti, nel modo indicato nella richiesta. In particolare, esso applica la procedura indicata nella richiesta o autorizza le persone che vi sono designate ad essere presenti ed a partecipare alla messa in opera della richiesta.

 

2. Se la richiesta è urgente i documenti o elementi probatori prodotti in risposta alla richiesta sono a domanda della Corte inviati con urgenza.

 

3. Le risposte dello Stato richiesto sono comunicate nella loro lingua e forma originali.

 

4. Fatti salvi gli altri articoli del presente capitolo, qualora ciò sia necessario per eseguire efficacemente una richiesta alla quale può essere dato seguito senza dover ricorrere a misure di costrizione, in modo particolare quando si tratta di sentire una persona o di raccogliere la sua deposizione a titolo volontario, anche senza che le autorità dello Stato richiesto siano presenti, se ciò è determinante per una efficace esecuzione della richiesta, o d'ispezionare un sito pubblico o altro luogo pubblico senza modificarlo, il Procuratore può attuare l'oggetto della domanda direttamente sul territorio dello Stato secondo le seguenti modalità:

 

a) quando lo Stato richiesto è lo Stato sul cui territorio si presume che il reato sia stato commesso e vi è stata una decisione sull'ammissibilità in conformità agli articoli 18 o 19, il Procuratore può mettere direttamente in opera la richiesta dopo aver avuto con lo Stato richiesto le consultazioni più ampie possibili;

 

b) negli altri casi, il Procuratore può eseguire la richiesta, previa consultazione con lo Stato parte richiesto ed in considerazione di condizioni o ragionevoli preoccupazioni che tale Stato può aver fatto valere. Se lo Stato richiesto accetta che l'esecuzione di una richiesta ai sensi del presente sotto-paragrafo presenta difficoltà, esso consulta immediatamente la Corte per porvi rimedio.

 

5. Le disposizioni che autorizzano la persona sentita o interrogata dalla Corte ai sensi dell'articolo 72, ad invocare le limitazioni previste, al fine d'impedire la divulgazione d'informazioni confidenziali connesse alla difesa o alla sicurezza nazionale, si applicano altresì all'esecuzione delle richieste di assistenza ai sensi del presente articolo.

 

 

Articolo 100 - Spese.

1. Le spese ordinarie afferenti alla messa in opera della richiesta sul territorio dello Stato richiesto sono a carico di detto Stato ad eccezione delle seguenti spese, che sono a carico della Corte:

 

a) spese connesse ai viaggi ed alla protezione dei testimoni e degli esperti o al trasferimento, in forza dell'articolo 93, di persone detenute;

 

b) spese di traduzione, d'interpretazione e di trascrizione;

 

 

c) spese di viaggio e di soggiorno dei giudici, del Procuratore, dei vice-procuratori, dell'Ufficio del Cancelliere, del vice-cancelliere e dei membri del personale di tutti gli organi della Corte;

 

d) costo di ogni perizia o rapporto chiesto dalla Corte;

 

e) spese connesse al trasporto di una persona consegnata da uno Stato di detenzione;

 

f) previa consultazione, tutte le spese straordinarie che la messa in opera di una richiesta può comportare.

 

2. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano, se del caso, alle richieste indirizzate alla Corte dagli Stati parti. In questo caso, la Corte si assume a carico le spese ordinarie di messa in opera.

 

 

Articolo 101 - Regola della specialità.

1. Una persona consegnata alla Corte in applicazione del presente statuto non può essere perseguita, punita o detenuta in ragione di comportamenti precedenti alla sua consegna, a meno che questi ultimi non costituiscano la base dei reati per i quali la persona è stata consegnata.

 

2. La Corte può sollecitare allo Stato che le ha consegnato una persona, una deroga alle condizioni di cui al paragrafo 1. Essa fornisce se del caso, informazioni supplementari secondo l'articolo 91. Gli Stati parti sono abilitati a concedere una deroga alla Corte e non devono lesinare sforzi a tal fine.

 

 

Articolo 102 - Uso dei termini.

Ai fini del presente Statuto:

 

a) «consegna» significa per uno Stato il fatto di consegnare una persona alla Corte in applicazione del presente Statuto;

 

b) «estradizione» significa per uno Stato consegnare una persona ad un altro Stato in applicazione di un trattato, di una convenzione o della sua legislazione nazionale.

 

 

Capitolo X

Esecuzione

 

Articolo 103 - Ruolo degli Stati nell'esecuzione delle pene detentive.

1. a) Le pene detentive sono scontate in uno Stato designato dalla Corte, da una lista di Stati che hanno informato la Corte della loro disponibilità a ricevere persone condannate;

 

b) nel dichiarare la propria disponibilità a ricevere persone condannate, uno Stato può annettere alla sua accettazione condizioni che devono essere approvate dalla Corte ed essere conformi alle disposizioni del presente capitolo;

 

c) lo Stato designato in un determinato caso fa sapere rapidamente alla Corte se accetta o meno la designazione.

 

2. a) Lo Stato incarico dell'esecuzione avverte la Corte di ogni circostanza, ivi compresa la realizzazione di ogni condizione concordata in applicazione del paragrafo 1, suscettibile di modificare sensibilmente le condizioni o la durata della detenzione. La Corte deve essere avvisata con un anticipo di almeno 45 giorni di ogni circostanza di questo tipo, conosciuta o prevedibile. Durante questo periodo di tempo, lo Stato incaricato dell'esecuzione non prende alcuna misura che potrebbe essere contraria alle disposizioni dell'articolo 110;

 

b) se la Corte non può accettare le circostanze di cui al capoverso a), essa ne informa lo Stato incaricato dell'esecuzione e procede in conformità all'articolo 104, paragrafo 1.

 

3. Quando esercita il suo potere di designazione secondo il paragrafo 1, la Corte può tener conto:

 

a) del principio secondo il quale gli Stati parti devono condividere la responsabilità dell'esecuzione delle pene detentive secondo i princìpi di equa ripartizione enunciati nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove;

 

b) delle regole convenzionali del diritto internazionale generalmente accettate che disciplinano il trattamento dei detenuti;

 

c) delle opinioni della persona condannata;

 

d) della nazionalità della persona condannata; e

 

e) di ogni altro fattore relativo alle circostanze del reato, alla situazione della persona condannata o all'esecuzione effettiva della pena che possono guidare la scelta dello Stato incaricato.

 

4. Se nessun Stato è designato come previsto al paragrafo 1, la pena detentiva è scontata in un istituto penitenziario messo a disposizione dallo Stato ospitante, in condizioni definite nell'accordo di sede di cui all'articolo 3, paragrafo 2. In questo caso, le spese relative all'esecuzione della pena sono a carico della Corte.

 

 

Articolo 104 - Modifica della designazione dello Stato incaricato dell'esecuzione.

1. La Corte può decidere in qualsiasi momento di trasferire il condannato nella prigione di un altro Stato.

 

2. La persona condannata può in qualsiasi momento chiedere alla Corte di essere trasferita fuori dallo Stato incaricato dell'esecuzione.

 

 

Articolo 105 - Esecuzione della pena.

1. Fatte salve le condizioni che uno Stato avrà potuto stabilire secondo l'articolo 103 paragrafo 1, capoverso b), la detentiva è vincolante per tutti gli Stati Parte che non possono in alcun caso modificarla.

 

2. La Corte ha solo il diritto di pronunziarsi su una richiesta di revisione della sua decisione di colpevolezza o sulla pena. Lo Stato incaricato dell'esecuzione non impedisce al condannato di presentare tale domanda.

 

 

Articolo 106 - Controllo dell'esecuzione della pena e condizioni di detenzione.

1. L'esecuzione di una pena di reclusione è soggetta al controllo della Corte. Essa è conforme alle regole convenzionali internazionali ampiamente accettate che regolano il trattamento dei detenuti.

 

2. Le condizioni di detenzione sono disciplinate dalla legislazione dello Stato incaricato dell'esecuzione. Esse sono conformi alle regole convenzionali internazionali ampiamente accettate che disciplinano il trattamento dei detenuti. In nessun caso possono essere più o meno favorevoli di quelle che lo Stato incaricato dell'esecuzione applica ai condannati detenuti per crimini simili.

 

3. Le comunicazioni fra i condannati e la Corte sono riservate e senza impedimenti.

 

 

Articolo 107 - Trasferimento del condannato che ha terminato di scontare la pena.

1. Dopo avere scontato la pena, una persona che non è cittadina dello Stato incaricato dell'esecuzione può essere trasferita secondo la legislazione dello Stato incaricato dell'esecuzione, in uno Stato che è tenuto ad accoglierla, o in altro Stato che accetta di accoglierla, tenendo conto di qualsiasi desiderio espresso dalla persona di essere trasferita in detto Stato, salvo se lo Stato incaricato dell'esecuzione autorizza tale persona a rimanere sul suo territorio.

 

2. Le spese afferenti al trasferimento del condannato in un altro Stato in applicazione del paragrafo 1 sono a carico della Corte se nessun Stato le prende a carico.

 

3. Subordinatamente alle disposizioni dell'articolo 108, lo Stato di detenzione può altresì, in applicazione della sua legislazione, estradarle o consegnare in altra maniera la persona allo Stato che ha chiesto la sua estradizione, o la sua consegna, a fini di giudizio o di esecuzione di una pena.

 

 

Articolo 108 - Limiti in materia di procedimenti giudiziari o di condanne per altre infrazioni.

1. Il condannato detenuto dallo Stato incaricato dell'esecuzione non può essere né perseguito, né condannato o estradato verso uno Stato terzo per un comportamento anteriore al suo trasferimento nello Stato incaricato dell'esecuzione, salvo se la Corte ha approvato tale azione giudiziaria, condanna o estradizione a richiesta dello Stato incaricato dell'esecuzione.

 

2. La Corte delibera sulla questione dopo aver sentito il condannato.

 

3. Il paragrafo 1 cessa di applicarsi se il condannato risiede volontariamente per più di 30 giorni sul territorio dello Stato incaricato dell'esecuzione dopo aver scontato la totalità della pena pronunciata dalla Corte o ritorna sul territorio dello Stato dopo averlo lasciato.

 

 

Articolo 109 - Pagamento di sanzioni pecuniarie ed esecuzione di misure di confisca.

1. Gli Stati parti fanno eseguire le sanzioni pecuniarie e le misure di confisca ordinate dalla Corte in forza del capitolo VII, fatti salvi i diritti dei terzi in buona fede e seconda la procedura prevista dalla loro legislazione interna.

 

2. Se uno Stato parte non è in grado di attuare l'ordinanza di confisca, dovrà prendere misure per ricuperare il valore del prodotto, dei beni o degli averi di cui la Corte ha ordinato la confisca, fatti salvi i diritti dei terzi in buona fede.

 

3. I beni o i proventi della vendita di beni immobiliari o, se del caso, di altri beni ottenuti da uno Stato parte in esecuzione di una sentenza della Corte, sono trasferiti alla Corte.

 

 

Articolo 110 - Esame da parte della Corte della questione di una riduzione di pena.

1. Lo Stato incaricato dell'esecuzione non può liberare la persona detenuta prima della espiazione della pena pronunciata dalla Corte.

 

2. La Corte ha solo il diritto di decidere una riduzione di pena. Essa si pronuncia dopo aver sentito la persona.

 

3. Se la persona ha scontato i due terzi della pena, o venticinque anni di reclusione nel caso di una condanna all'ergastolo, la Corte riesamina la pena per decidere se sia il caso di ridurla. La Corte non procede a questo riesame prima di detto termine.

4. Al momento del riesame di ci al paragrafo 3, la Corte può ridurre la pena qualora essa constati che una o più delle seguenti condizioni sono realizzate:

 

a) la persona ha, sin dall'inizio ed in modo costante, manifestato la sua volontà di cooperare con la Corte nelle sue inchieste e durante il procedimento;

 

b) la persona ha facilitato spontaneamente l'esecuzione di decisioni ed ordinanze della Corte in altri casi, in modo particolare aiutandola a localizzare e fornendo assistenza per i beni oggetto di decisioni che ne ordinano la confisca, per il pagamento di una sanzione pecuniaria o di un risarcimento che possono essere utilizzati a vantaggio delle vittime; oppure

 

c) altri fattori previsti nelle Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove attestano un cambiamento di circostanze evidente, con conseguenze degne di nota e tali da giustificare la riduzione della pena.

 

5. Se, in occasione del suo riesame di cui al paragrafo 3 la Corte decide che non è il caso di ridurre la pena, essa in seguito rivedrà la questione della riduzione di pena negli intervalli previsti nel Regolamento di procedura e di prova, ed applicando i criteri che vi sono enunciati.

 

 

Articolo 111 - Evasione.

Se una persona condannata evade dal luogo di detenzione e fugge dallo Stato incaricato dell'esecuzione della pena, tale Stato può, dopo aver consultato la Corte, chiedere allo Stato in cui la persona si trova, la consegna di tale persona in applicazione di accordi bilaterali o multilaterali in vigore, oppure chiedere alla Corte di sollecitare la consegna di detta persona secondo il capitolo IX. Quando la Corte sollecita la consegna di una persona, può ordinare che sia consegnata allo Stato nel quale scontava la pena o altro Stato da essa designato.

 

 

Capitolo XI

Assemblea degli Stati parte

 

Articolo 112 - Assemblea degli Stati parti.

1. È istituita un'Assemblea di Stati parti del presente Statuto. Ciascuno Stato parte dispone di un rappresentante che può essere assistito da supplenti e consiglieri. Gli altri Stati che hanno firmato lo Statuto o l'Atto finale possono partecipare all'Assemblea a titolo di osservatori.

 

2. L'Assemblea:

 

a) esamina ed adotta, se del caso, le raccomandazioni della Commissione preparatoria;

 

b) impartisce alla Presidenza, al Procuratore ed al Cancelliere orientamenti generali per l'amministrazione della Corte;

 

c) esamina i rapporti e le attività dell'Ufficio di Presidenza istituito in forza del paragrafo 3 e prende provvedimenti appropriati;

 

d) esamina ed approva il bilancio preventivo della Corte;

 

e) decide in conformità con l'articolo 36 se sia opportuno modificare, se del caso, il numero dei giudici;

 

f) esamina in conformità con l'articolo 87, paragrafi 5 e 7 ogni questione relativa alla mancanza di cooperazione;

 

 

g) espleta ogni altra funzione compatibile con le disposizioni del presente Statuto e con le Regole Procedurali e di Ammissibilità delle Prove.

 

3. a) L'Assemblea avrà un Ufficio di Presidenza composto da un presidente, due vicepresidenti e 18 membri da essa eletti con mandati triennali;

 

b) l'Ufficio di Presidenza avrà carattere rappresentativo, in considerazione, fra l'altro, di un'equa distribuzione geografica e di un'adeguata rappresentanza dei principali ordinamenti giuridici del mondo;

 

c) l'Ufficio di Presidenza si riunisce ogni qualvolta sia necessario, ma almeno una volta l'anno. Esso assiste l'Assemblea nell'espletamento delle sue responsabilità.

 

4. L'assemblea può istituire tutti gli organi sussidiari che giudica necessari, ivi compreso un organo di sovraintendenza per l'ispezione, la valutazione e l'investigazione della Corte, al fine di migliorare la sua efficienza ed il suo rendimento.

 

5. Il presidente della Corte, il Procuratore ed il Segretario o loro rappresentanti possono partecipare, come opportuno, alle riunioni dell'Assemblea e dell'Ufficio di Presidenza.

 

6. L'assemblea si riunisce una volta l'anno e, se le circostanze lo esigono tiene sessioni straordinarie, presso la sede della Corte o presso la sede principale delle Nazioni Unite. Salvo se diversamente specificato nel presente Statuto, le sessioni straordinarie possono essere convocate dall'Ufficio di Presidenza d'Ufficio o a domanda di un terzo degli Stati Parti.

 

7. Ciascuno Stato Parte dispone di un voto. Ogni sforzo dovrà essere fatto per pervenire a decisioni mediante consenso nell'Assemblea e nell'Ufficio di Presidenza. Se non si raggiunge il consenso, e salvo se diversamente stabilito nello Statuto:

 

a) le decisioni su questioni di merito devono essere approvate da una maggioranza di due terzi dei presenti e votanti a condizione che una maggioranza assoluta di Stati parti costituisca il quorum per la votazione;

 

b) le decisioni su questioni di procedura devono essere adottate mediante una maggioranza semplice degli Stati parti presenti e votanti.

 

8. Uno Stato parte, che è in ritardo con il pagamento dei suoi contributi finanziari alle spese della Corte non dispone di voto in Assemblea e nell'Ufficio di Presidenza, se l'ammontare dei suoi versamenti non pagati è pari o superiore all'ammontare dei contributi dovuti dallo stesso per i due anni precedenti. Tuttavia, l'Assemblea può autorizzare tale Stato parte a votare in Assemblea e nell'Ufficio di Presidenza quando accerti che l'inadempienza di pagamento è dovuta a condizioni che non dipendono dal controllo dello Stato Parte.

 

9. L'Assemblea adotta le sue regole di procedura.

 

10. Le lingue ufficiali e di lavoro dell'Assemblea sono quelle dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

 

Capitolo XII

Finanziamento

 

Articolo 113 - Disposizioni finanziarie.

Salvo diversa disposizione formale, tutte le questioni finanziarie relative alla Corte ed alle riunioni dell'Assemblea degli Stati parti, ivi compreso l'Ufficio di Presidenza e gli organi sussidiari della stessa sono disciplinate dal presente Statuto, dal Regolamento finanziario e dalle Regole di gestione finanziaria adottate dall'Assemblea degli Stati parti.

 

 

Articolo 114 - Pagamento delle spese.

Le spese della Corte e dell'Assemblea degli Stati parti, nonché dell'Ufficio di Presidenza e degli organi sussidiari della stessa, sono pagate mediante le risorse finanziarie della Corte.

 

 

Articolo 115 - Risorse finanziarie della Corte e dell'Assemblea degli Stati parti.

Le risorse finanziarie della Corte e dell'Assemblea degli Stati parti includendo l'Ufficio di Presidenza e gli organi sussidiari, provengono, secondo quanto previsto nel bilancio preventivo deciso dall'Assemblea degli Stati Parti, dalle seguenti fonti:

 

a) contributi degli Stati parti;

 

b) risorse finanziarie fornite dell'Organizzazione delle Nazioni Unite subordinatamente all'approvazione dell'Assemblea generale, in modo particolare per quanto concerne le spese effettuate per le rimessioni decise dal Consiglio di sicurezza.

 

 

Articolo 116 - Contributi volontari.

Fermo restando l'articolo 115, la Corte può ricevere ed utilizzare a titolo di risorse supplementari, i contributi volontari di Governi, Organizzazioni internazionali, privati, società ed altri enti, secondo i criteri stabiliti in materia dall'Assemblea degli Stati parti.

 

 

Articolo 117 - Calcolo dei contributi.

I contributi degli Stati parti sono calcolati sulla base di un tariffario per le rispettive quote, stabilito di comune accordo, basato sul tariffario adottato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per il suo bilancio preventivo ordinario, ed adeguato in conformità ai princìpi di quest'ultimo tariffario si fonda.

 

 

 

 

Articolo 118 - Revisione annuale dei conti.

I registri, i libri ed i conti della Corte, compresi i suoi stati patrimoniali annuali, sono oggetto ogni anno di un controllo da parte di un revisore dei conti indipendente.

 

 

Capitolo XIII

Clausole finali

 

Articolo 119 - Soluzione delle controversie.

1. Ogni controversia relativa alle funzioni giudiziarie della Corte è risolta mediante un decisione della Corte.

 

2. Ogni altra controversia fra due o più Stati Parti relativa all'interpretazione o applicazione del presente Statuto che non è risolta per via negoziale entro tre mesi dopo il suo inizio, è rinviata all'Assemblea degli Stati parti. L'Assemblea può adoperarsi per risolvere essa stessa la controversia, oppure formulare raccomandazioni su altri mezzi processuali per risolverla, ivi compreso mediante il deferimento alla Corte internazionale di giustizia in conformità allo Statuto di quest'ultima.

 

 

Articolo 120 - Riserve.

Nessuna riserva può essere apportata al presente Statuto.

 

 

Articolo 121 - Emendamenti.

1. Alla scadenza di un periodo di sette anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente Statuto, ogni Stato parte potrà esprimere proposte di emendamento allo stesso. Il testo di ogni proposta di emendamento è sottoposta al Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che lo comunica senza indugio a tutti gli Stati parti.

 

2. Non prima di tre mesi dopo la data di tale comunicazione, la successiva Assemblea di Stati parti decide, a maggioranza dei presenti e votanti, se ricevere o meno la proposta. L'Assemblea può trattare tale proposta direttamente o convocare una Conferenza di revisione se la questione in oggetto lo giustifica.

 

3. L'adozione di un emendamento, in una riunione dell'Assemblea degli Stati parti o ad una Conferenza di revisione esige, qualora non sia possibile pervenire ad un consenso, una maggioranza di due terzi di Stati parti.

 

4. Subordinatamente alle disposizioni del paragrafo 5, un emendamento entra in vigore nei confronti di tutti gli Stati parti un anno dopo che sette ottavi di tali Stati hanno depositato i loro strumenti di ratifica o di accettazione presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

 

5. Un emendamento all'articolo 5 dello Statuto entra in vigore nei confronti degli Stati parti che lo hanno accettato un anno dopo il deposito dei loro strumenti di ratifica o di accettazione. Nel caso di uno Stato parte che non ha accettato l'emendamento, la Corte non esercita la sua competenza per un reato oggetto di un emendamento, se tale reato è stato commesso da cittadini di tale Stato parte, o sul territorio dello stesso.

 

6. Se un emendamento è stato accettato da sette ottavi degli Stati parti in conformità al paragrafo 4, ogni Stato parte che non ha accettato l'emendamento può recedere dallo Statuto con effetto immediato, nonostante il paragrafo 1 dell'articolo 127, ma subordinatamente alle disposizioni del paragrafo 2 dell'articolo 127, dando notifica del suo recesso non più tardi di un anno dopo l'entrata in vigore di tale emendamento.

 

7. Il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite comunica a tutti gli Stati parti gli emendamenti adottati n una riunione dell'Assemblea degli Stati parti o ad una Conferenza di revisione.

 

 

Articolo 122 - Emendamenti alle disposizioni di carattere istituzionale.

1. Ogni Stato parte può proporre, in qualsiasi momento, nonostante la norma del paragrafo 1 dell'articolo 121, emendamenti alle disposizioni dello Statuto di carattere esclusivamente istituzionale, vale a dire gli articoli 35, 36 paragrafi 8 e 9, 37, 38, 39 paragrafi 1 (prime due frasi), 2 e 4, 42 paragrafi 4 a 9, 43 paragrafi 2 e 3, 44, 46, 47 e 49. Il testo di ogni proposta di emendamento sarà sottoposto al Segretario Generale delle Nazioni Unite o ad ogni altra persona designata dall'Assemblea degli Stati parti, che lo farà rapidamente circolare a tutti gli Stati parti e ad altri partecipanti all'Assemblea.

 

2. Gli emendamenti presentati in attuazione del presente articolo, per i quali non è possibile pervenire ad un consenso, sono adottati dall'Assemblea degli Stati parti o da una Conferenza di revisione a maggioranza di due terzi degli Stati parti. Tali emendamenti entrano in vigore nei confronti di tutti gli Stati parti, sei mesi dopo la loro adozione da parte dell'Assemblea o della Conferenza, a seconda dei casi.

 

 

Articolo 123 - Revisione dello Statuto.

1. Sette anni dopo l'entrata in vigore del presente Statuto, il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite convocherà una Conferenza di revisione per esaminare ogni emendamento al presente Statuto. L'esame potrà concernere in modo particolare, senza tuttavia che ciò sia limitativo, la lista dei reati di cui all'articolo 5. La Conferenza sarà aperta a coloro che partecipano all'Assemblea degli Stati parti, alle stesse condizioni.

 

2. In qualsiasi momento successivo, su richiesta di uno Stato parte ed ai fini enunciati al paragrafo 1, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, con l'approvazione della maggioranza degli Stati parti, convocherà una Conferenza di revisione.

 

3. L'adozione e l'entrata in vigore di ogni emendamento al presente Statuto, esaminato ad una Conferenza di revisione, sono regolate dalle disposizioni dell'articolo 121, paragrafi 3 a 7.

 

 

Articolo 124 - Disposizione transitoria.

Nonostante le disposizioni dell'articolo 12, paragrafo 1, uno Stato che diviene parte al presente Statuto può, nei sette anni successivi all'entrata in vigore dello Statuto nei suoi confronti, dichiarare di non accettare la competenza della Corte per quanto riguarda la categoria di reati di cui all'articolo 8 quando sia allegato che un reato è stato commesso sul suo territorio o dai suoi cittadini. Tale dichiarazione può essere ritirata in qualsiasi momento. Le disposizioni del presente articolo saranno riesaminate nella Conferenza di revisione prevista all'articolo 123, paragrafo 1.

 

 

Articolo 125 - Firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione.

1. Il presente Statuto sarà aperto alla firma degli Stati, in Roma, presso la sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione nell'Agricoltura, il 17 luglio 1998. Successivamente a tale data, rimarrà aperto alla firma in Roma presso il Ministero degli Affari esteri della Repubblica italiana fino al 17 ottobre 1996. Dopo tale data, lo Statuto rimarrà aperto alla firma in New York, presso la sede delle Nazioni Unite, fino al 31 dicembre 2000.

 

2. Il presente Statuto è sottoposto alla ratifica, accettazione o approvazione degli Stati firmatari. Gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

 

3. Il presente Statuto sarà aperto all'adesione di tutti gli Stati. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

 

 

Articolo 126 - Entrata in vigore.

1. Il presente Statuto entra in vigore il primo giorno del mese dopo il sessantesimo giorno successivo alla data di deposito del sessantesimo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

 

2. Nei confronti di ciascun Stato che ratifica accetta o approva lo Statuto o vi aderisce dopo il deposito del sessantesimo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione lo Statuto entra in vigore il primo giorno del mese dopo il sessantesimo giorno successivo al deposito da parte di questo Stato del suo strumento di ratifica accettazione, approvazione o adesione.

 

 

Articolo 127 - Recesso.

1. Ogni Stato Parte, può, mediante notifica scritta indirizzata la Segretario generale delle Nazioni Unite recedere dal presente Statuto. Il recesso ha effetto un anno dopo la data in cui la notifica è stata ricevuta, a meno che la notifica non specifichi una data posteriore.

 

2. Il recesso di uno Stato non lo esonera dagli obblighi posti a suo carico dal presente Statuto quando ne era parte, compresi tutti gli obblighi finanziari derivanti, né pregiudica ogni cooperazione concordata con la Corte in occasione di inchieste e procedure penali alle quali lo Stato che recede aveva il dovere di cooperare, ed iniziate prima della data in cui il recesso è divenuto effettivo; tale recesso non impedisce neppure di continuare ad esaminare qualsiasi questione di cui la Corte era già investita prima della data in cui il recesso è divenuto effettivo.

 

 

Articolo 128 - Testi autentici.

L'originale del presente Statuto i cui testi in arabo, cinese, francese, inglese, russo e spagnolo fanno ugualmente fede, sarà depositato presso il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che ne farà avere una copia certificata conforme a tutti gli Stati.

 

In fede di che, i sottoscritti a tal fine debitamente autorizzati dai loro rispettivi governi hanno firmato il presente Statuto.

 

Fatto a Roma, il diciassette luglio millenovecentonovantotto.

 

 

Atto finale della conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite per l'istituzione di una Corte penale internazionale

 

 

1. Con risoluzione 51/207 del 17 dicembre 1996 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite decise che una conferenza diplomatica di plenipotenziari si sarebbe tenuta nel 1998 per formalizzare ed adottare la Convenzione sull'istituzione di una Corte penale internazionale.

 

2. Con risoluzione 52/160 del 15 dicembre 1997, l'Assemblea Generale ha accettato con profonda gratitudine la generosa offerta del Governo italiano di accogliere la Conferenza ed ha deciso che la Conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite per la l'istituzione di una Corte penale internazionale avrebbe luogo a Roma dal 15 giugno al 17 luglio 1998.

 

3. Già precedentemente, mediante la sua risoluzione n. 44 del 1939 del 4 dicembre 1989, l'Assemblea generale aveva chiesto alla Commissione di diritto internazionale di esaminare la questione dell'istituzione di una Corte di giustizia penale internazionale; con risoluzioni n. 45/41 del 28 novembre 1990 et n. 46/54 del 9 dicembre 1991 essa aveva invitato la Commissione ad esaminare in maniera approfondita e ad analizzare le questioni relative ad una giurisdizione penale internazionale, ivi compresa la possibilità d'istituire un tribunale penale internazionale; e con risoluzioni n. 47 del 1933 del 25 novembre 1992 e n. 48 del 1931 del 9 dicembre 1993 essa aveva chiesto alla Commissione di elaborare a titolo prioritario un progetto di statuto per tale giurisdizione.

 

4. La Commissione di diritto internazionale esaminò la questione dell'istituzione di una Corte penale internazionale dalla sua quarantaduesima sessione tenuta nel 1990 fino alla quarantaseiesima, nel 1994. In quest'ultima occasione, essa completò l'elaborazione di un progetto di statuto per una Corte penale internazionale che venne sottoposto all'Assemblea generale.

 

5. Con risoluzione n. 49 del 1953 del 9 dicembre 1994, l'Assemblea Generale decise di creare un comitato ad hoc incaricato di esaminare le principali questioni di merito e di natura amministrativa sollevate dal progetto di statuto elaborato dalla Commissione di diritto internazionale e, alla luce di tale esame, di considerare i provvedimenti da prendere per la convocazione di una conferenza internazionale di plenipotenziari.

 

6. Il Comitato ad hoc sulla creazione di una Corte penale internazionale si è riunito dal 3 al 13 aprile e dal 14 al 25 agosto 1995 per esaminare le questioni sollevate dal progetto di statuto elaborato dalla Commissione di diritto internazionale e, alla luce di tale esame, considerare i provvedimenti da prendere per la convocazione di una conferenza internazionale.

 

7. Con risoluzione n. 50 del 1946 dell'11 dicembre 1995, l'Assemblea Generale decise di creare un comitato preparatorio incaricato di esaminare in maniera più approfondita le principali questioni di merito e di natura amministrativa sollevate dal progetto di statuto elaborato dalla Commissione di diritto internazionale e, in considerazione delle varie opinioni espresse durante le riunioni del Comitato, di elaborare dei testi in vista della redazione di un testo di sintesi accettabile su larga scala per una convenzione istitutiva di una corte penale internazionale, che avrebbe costituito la prossima tappa sulla via dell'esame della questione da parte di una conferenza di plenipotenziari.

 

8. Il Comitato preparatorio per la creazione di una corte penale internazionale si é riunito dal 25 marzo al 12 aprile e dal 12 al 20 agosto 1996, per esaminare in maniera più approfondita le questioni derivanti dal progetto di statuto, ed iniziare l'elaborazione di un testo di sintesi accettabile su larga scala per una convenzione istitutiva di una corte penale internazionale.

 

9. Con risoluzione 51/207 del 17 dicembre 1996, l'Assemblea generale decise che il Comitato preparatorio si sarebbe riunito nel 1997 e nel 1998 per terminare la redazione del progetto di testo in visto di sottoporlo alla Conferenza.

 

10. Il Comitato preparatorio si é riunito dall'11 al 21 febbraio, dal 4 al 15 agosto e dall'1 al 12 dicembre 1997 per continuare ad elaborare un testo di sintesi accettabile su larga scala per una Convenzione istitutiva di una Corte penale internazionale.

 

11. Con risoluzione 52/160 del 15 dicembre 1997, l'Assemblea Generale ha pregato il Comitato preparatorio di proseguire i suoi lavori secondo la risoluzione 51/207 dell'Assemblea e alla fine delle sue sessioni, di comunicare alla Conferenza il testo di un progetto di convenzione istitutivo di una Corte penale internazionale redatto in conformità al suo mandato.

 

12. Il Comitato preparatorio si è riunito dal 16 marzo al 3 aprile 1998 e, durante questa sessione ha terminato l'elaborazione di un progetto di convenzione istitutiva di una Corte penale internazionale, che é stato trasmesso alla Conferenza.

 

13. La Conferenza si è riunita presso la sede della FAO a Roma dal 15 giugno al 17 luglio 1998.

 

14. Nella sua risoluzione 52/160 l'Assemblea generale aveva chiesto al Segretario generale d'invitare tutti gli Stati membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite o membri d'istituzioni specializzate o dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica a partecipare alla Conferenza. Vi hanno partecipato i rappresentanti di 160 Stati la cui lista figura all'annesso II.

 

15. Nella stessa risoluzione, l'Assemblea generale aveva inoltre pregato il Segretario generale d'invitare alla Conferenza i rappresentanti delle organizzazioni e di altri enti a cui aveva indirizzato, nelle sue risoluzioni pertinenti, un invito permanente a partecipare in qualità di osservatori alle sue sessioni ed ai suoi lavori, rimanendo inteso che tali rappresentanti parteciperebbero alla Conferenza in tale qualità e lo aveva altresì pregato d'invitare in qualità di osservatori alla Conferenza, i rappresentanti delle organizzazioni intergovernative regionali interessate e di altri organi internazionali interessati, in modo particolare i Tribunali internazionali per l'ex-Iugoslavia e per il Ruanda. La lista delle organizzazioni di questo tipo che erano rappresentate alla Conferenza da un osservatore figura all'annesso III.

 

16. In attuazione della stessa risoluzione il Segretario generale ha invitato le organizzazioni non governative accreditate dal Comitato preparatorio, tenendo conto delle disposizioni della sezione VII della risoluzione 1996/31 del Consiglio economico e sociale del 25 luglio 1996 ed in modo particolare dell'interesse offerto dalle loro attività per i lavori della Conferenza, a partecipare a quest'ultima secondo modalità analoghe a quelle adottate per il Comitato preparatorio e in conformità alle risoluzioni ed al regolamento interno che la Conferenza avrebbe adottato. La lista delle organizzazioni non governative rappresentate alla Conferenza da un osservatore figura all'annesso IV.

 

17. La Conferenza ha eletto il Sig. Giovanni Conso (Italia) alla carica di presidente.

 

18. La Conferenza ha eletto alle cariche di vicepresidenti i rappresentanti dei seguenti Stati: Algeria, Austria, Bangladesh Burkina Faso, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Egitto, ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, Federazione di Russia, Francia, Gabon, Germania, Giappone, India, Iran (Repubblica islamica dell'), Kenya, Lettonia, Malawi, Nepal, Nigeria, Pakistan, Repubblica Unita di Tanzania, Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord, Samoa, Slovacchia, Stati Uniti d'America, Svezia, Trinità e Tobago, e Uruguay.

 

19. I seguenti organi sono stati istituiti dalla Conferenza

 

Ufficio di Presidenza (Bureau)

 

Ufficio di Presidenza (Bureau)

Presidente:

Il Presidente della Conferenza

Membri:

Il Presidente ed i Vicepresidenti della Conferenza, il Presidente della Commissione plenaria ed il Presidente del Comitato di redazione

Commissione plenaria

Presidente:

Sig. Philippe Kirsch (Canada)

Vicepresidenti:

Sig.ra Silvia Fernandez de Gurmendi (Argentina)

 

Sig. Constantin Virgil Ivan (Romania)

 

e Sig. Phakiso Mochochoko (Lesotho)

Relatore:

Sig. Yasumasa Nagamine (Giappone)

Comitato di redazione

Presidente:

Sig. Cherif Bassiouni (Egitto)

Membri:

Africa del Sud, Camerun, Cina, Federazione di Russia, Filippine, Francia, Germania, Ghana, Giamaica, India, Libano, Marocco, Messico, Polonia, Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord, Repubblica Araba Siriana, Repubblica di Corea, Repubblica Dominicana, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d'America, Sudan, Svizzera e Venezuela

Il Relatore della Commissione plenaria ha partecipato di diritto ai lavori del Comitato di redazione conformemente all'articolo 49 del regolamento interno della Conferenza

Commissione di verifica delle credenziali

Presidente:

Sig.ra Hannelore Benjamin (Dominica)

Membri:

Argentina, Cina, Costa d'Avorio, Dominica, Federazione di Russia, Nepal, Norvegia, Stati Uniti d'America e Zambia

 

 

20. Il Segretario Generale era rappresentato dal Segretario generale aggiunto e consigliere giuridico Hans Corell. Il Signor Roy S. Lee, Direttore della Divisione di codificazione dell'Ufficio degli affari giuridici ha esercitato le funzioni di segretario della Conferenza. Il segretariato era inoltre composto dalle seguenti persone:

 

Sig. Manuel Rama-Montaldo, Segretario, Comitato di redazione; Sig.ra Mahnoush H. Arsanjani, Segretario della Commissione plenaria; Sig. Mpazi Sinjéla, Segretario della Commissione di verifica delle credenziali; Sig.ra Christiane Bourloyannis-Vrailas, Sig.ra Virginia Morris, Sig. Vladimiro Rudnitsky et Sig. Renan Villacis, Segretari aggiunti della Conferenza.

 

21. La Conferenza é stata investita di un progetto di Statuto istitutivo di una Corte penale internazionale sottoposto dal Comitato preparatorio conformemente al suo mandato (A/CONF. 183/2/Add. l).

 

22. La Conferenza ha incaricato la Commissione plenaria di esaminare il progetto di Convenzione istitutivo di una Corte penale internazionale adottato dal Comitato preparatorio. Essa ha incaricato il Comitato di reazione, senza riaprire un dibattito di merito su qualsiasi punto, di coordinare e di rifinire la redazione di tutti i testi che gli fossero rinviati, senza modificarli riguardo al merito, nonché di redigere progetti di testo e di fornire pareri su questioni redazionali se ciò fosse richiesto dalla Conferenza o dalla Commissione plenaria, e di resocontare i suoi lavori alla Conferenza o alla Commissione plenaria, come opportuno.

 

23. Sulla base di tali deliberazioni, come registrate nei resoconti della Conferenza (A/CONF. 183/SR.1 a SR.9) e della Commissione plenaria (A/CONF. 183/C. 1/SR.1 a SR 42) nonché dei rapporti della Commissione plenaria (A/CONF. 183/8) e del Comitato di redazione (A/CONF. 183/C. 1/L.64, L.65/Rev.1, L.66 e Add.1, L.67/Rev.l, L.68/Rev.2, L.82-L.88 e L.91), la Conferenza ha elaborato lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale.

 

24. Lo Statuto, che é sottoposto a ratifica, accettazione o approvazione è stato adottato dalla Conferenza il 17 luglio 1998. È stato aperto alla firma il 17 luglio 1998 e conformemente alle sue disposizioni rimarrà aperto fino al 17 ottobre 1998 presso il Ministero degli Affari Esteri italiano ed in seguito, fino al 31 dicembre 2000, presso la sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York. Anche lo Statuto é aperto per l'adesione conformemente alle sue disposizioni.

 

25. Dopo il 17 ottobre 1998, data di chiusura della firma al Ministero degli Affari Esteri italiano, lo Statuto sarà depositato presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.

 

26. La Conferenza ha inoltre adottato le seguenti risoluzioni che sono allegate al presente Atto finale:

 

- omaggio alla Commissione di diritto internazionale;

 

- omaggio ai partecipanti al Comitato preparatorio per l'istituzione di una Corte penale internazionale ed al suo Presidente;

 

- omaggio al Presidente della Conferenza al Presidente della Commissione plenaria ed al presidente del Comitato di redazione;

 

- omaggio al popolo ed al Governo italiano;

 

- risoluzione su reati definiti da trattato;

 

- risoluzione istitutiva della Commissione preparatoria per la Corte penale internazionale.

 

In fede di che i rappresentanti hanno firmato il presente Atto finale.

 

Fatto a Roma, il 17 luglio millenovecentonovantotto, in un unico esemplare in lingua araba, cinese, francese, inglese, russa e spagnola, ciascun testo essendo ugualmente autentico.

 

La Conferenza ha deciso all'unanimità che l'originale del presente Atto finale sarà depositato presso gli archivi del Ministero degli Affari Esteri italiano.

 

Il Presidente della Conferenza:                      Giovanni Conso

 

Il Rappresentante del Segretario generale:     Hans Corell

 

Il Segretario Esecutivo della Conferenza:        Roy S. Lee

 

 

 

Risoluzioni adottate dalla Conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di una Corte penale internazionale.

 

A

La Conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di una Corte penale internazionale.

 

Decide di esprimere la sua profonda gratitudine alla Commissione di diritto internazionale per il suo significativo contributo alla formazione del progetto di Statuto originale che ha costituito la base dei lavori del Comitato preparatorio.

 

B

La Conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di una Corte penale internazionale.

 

Rende omaggio ai partecipanti al Comitato preparatorio per l'istituzione di una Corte penale internazionale ed al suo Presidente, Sig. Adriaan Bos, per l'eccellente e notevole lavoro da essi compiuto, e per la loro diligenza e dedizione.

 

C

La Conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di una Corte penale internazionale.

 

Esprime il suo vivo ringraziamento e la profonda gratitudine al popolo ed al Governo italiano che hanno preso i provvedimenti necessari per lo svolgimento della Conferenza a Roma, per la loro generosa ospitalità e il loro contributo ad un buon esito dei lavori della Conferenza.

 

D

La Conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di una Corte penale internazionale.

 

Esprime la sua soddisfazione ed il suo ringraziamento ai Sigg. Giovanni Conso, Presidente della Conferenza, Philippe Kirsch, Presidente della Commissione plenaria e Cherif Bassiouni, Presidente del Comitato di redazione, i quali grazie all'esperienza, abilità e saggezza di cui hanno dato prova nel guidare i lavori della Conferenza, hanno in gran parte contribuito al suo successo.

 

E

La Conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di una Corte penale internazionale.

 

Avendo adottato lo Statuto della Corte penale internazionale;

 

Riconoscendo che gli atti di terrorismo, da chiunque commessi e ovunque perpetrati, a prescindere dal luogo in cui sono commessi e dalle loro forme, metodi o motivazioni, sono crimini gravi che investono la comunità internazionale;

 

Riconoscendo che il traffico internazionale di sostanze stupefacenti illecite é reato grave tale da indebolire l'ordine politico sociale ed economico degli Stati;

 

Profondamente allarmata dalla persistenza di tali flagelli che rappresentano una grave minaccia per la pace e la sicurezza internazionale;

 

Rammaricandosi per il fatto di non aver potuto concordare una definizione accettabile in linea di massima per i crimini di terrorismo ed i reati connessi alla droga, da includere nella giurisdizione della Corte;

 

Rilevando che lo Statuto della Corte penale internazionale prevede un sistema di riesame che consentirà di ampliare in futuro la competenza della Corte;

 

Raccomanda che una Conferenza di riesame organizzata secondo l'articolo 123 dello Statuto della Corte penale internazionale esamini il caso dei crimini di terrorismo e dei reati in materia di stupefacenti, al fine di elaborare una loro definizione accettabile ed includerli nella lista dei reati di competenza della Corte.

 

F

La Conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di una Corte penale internazionale.

 

Avendo adottato lo Statuto della Corte penale internazionale;

 

Avendo deciso di prendere ogni possibile misura affinché la Corte penale internazionale divenga operativa senza indebiti ritardi, e di prendere i necessari provvedimenti per l'inizio delle sue funzioni;

 

Avendo deciso a tal fine di istituire una commissione preparatoria;

 

Decide quanto segue:

 

1. È istituita una Commissione preparatoria per la Corte penale internazionale. Il Segretario generale delle Nazioni Unite convocherà al più presto la Commissione ad una data da stabilirsi dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

2. La Commissione sarà composta dai rappresentanti degli Stati che hanno firmato l'Atto finale della Conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di una Corte penale internazionale e di altri Stati invitati a partecipare alla Conferenza.

 

3. La Commissione elegge il suo presidente ed altri alti funzionari, adotta il suo regolamento interno e stabilisce il suo programma di lavoro. Queste elezioni si svolgeranno nella prima riunione della Commissione.

 

4. Le lingue ufficiali e di lavoro della Commissione preparatoria saranno quelle dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

5. La Commissione elabora proposte relative ai provvedimenti da adottare all'atto pratico relativamente all'istituzione ed al funzionamento operativo della Corte, compresi i seguenti progetti di testi:

 

a) regole procedurali e di ammissibilità delle prove;

 

b) elementi costitutivi dei reati;

 

c) accordo per disciplinare le relazioni fra la Corte e le Nazioni Unite;

 

d) princìpi di base per disciplinare l'Accordo di sede che sarà negoziato fra la Corte ed il paese ospite;

 

e) regole e regolamenti finanziari;

 

f) accordo sui privilegi e le immunità della Corte;

 

g) bilancio preventivo del primo anno finanziario;

 

h) regolamento procedurale interno dell'Assemblea degli Stati parti.

 

6. I progetti di testo relativi alle Regole procedurali e di ammissibilità delle prove ed agli Elementi costitutivi dei reati dovranno essere resi definitivi prima del 30 giugno 2000.

 

7. La Commissione formulerà proposte per una disposizione relativa all'aggressione, comprendente la definizione e gli elementi del crimine di aggressione nonché le condizioni in cui la Corte penale internazionale eserciterà la sua competenza per questo crimine. La Commissione sottoporrà tali proposte all'Assemblea degli Stati parte in occasione di una Conferenza di riesame in vista di pervenire ad una disposizione accettabile sul crimine di aggressione, da includere nel presente Statuto. Le disposizioni relative al crimine di aggressione entrano in vigore per gli Stati parte, in conformità alle disposizioni pertinenti del presente Statuto.

 

8. La Commissione rimane in esercizio fino alla conclusione della prima riunione dell'Assemblea di Stati parte.

 

9. La Commissione elabora un rapporto su tutte le questioni di competenza del suo mandato, e lo sottopone alla prima riunione dell'Assemblea degli Stati parte.

 

10. La Commissione si riunirà presso la sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite è richiesto di fornire alla Commissione tutti i necessari servizi di segretariato, fatta salva l'approvazione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

11. Il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite sottoporrà la presente risoluzione all'attenzione dell'Assemblea generale ai fini di ogni eventuale provvedimento.

 

 

Lista dei Paesi partecipanti alla conferenza diplomatica di plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di una Corte penale internazionale

 

Afghanistan

Africa del Sud

Albania

Algeria

Andorra

Angola

Arabia Saudita

Argentina

Armenia

Australia

Austria

Azerbaijan

Bahrein

Bangladesh

Barbados

Bielorussia

Belgio

Benin

Bolivia

Bosnia Erzegovina

Botswana

Brasile

Brunei Darussalam

Bulgaria

Burkina Faso

Burundi

Camerun

Canada

Capoverde

Ciad

Cile

Cina

Cipro

Colombia

Comore

Congo

Costa d'Avorio

Costa Rica

Croazia

Cuba

Dominica

Ecuador

Egitto

El Salvador

Emirati arabi uniti

Eritrea

Estonia

Etiopia

Ex-Repubblica iugoslava di Macedonia

Federazione di Russia

Filippine

Finlandia

Francia

Gabon

Germania

Georgia

Ghana

Giamaica

Giappone

Giordania

Gibuti

Grecia

Guatemala

Guinea

Guinea Bissau

Haiti

Honduras

Isole Salomon

India

Indonesia

Irlanda

Iran

Iraq (Repubblica islamica d')

Islanda

Israele

Italia

Jamahiriya araba libica

Kazakhstan

Kenya

Kuwait

Kyrgyzstan

Lesotho

Lettonia

Liberia

Liechtenstein

Lituania

Lussemburgo

Madagascar

Malawi

Malesia

Mali

Malta

Marocco

Mauritania

Mauritius

Messico

Monaco

Mozambico

Namibia

Nepal

Nicaragua

Niger

Nigeria

Nuova Zelanda

Norvegia

Oman

Paesi Bassi

Pakistan

Panama

Paraguay

Perù

Polonia

Portogallo

Qatar

Repubblica araba siriana

Repubblica centroafricana

Repubblica di Corea

Repubblica di Moldova

Repubblica democratica del Congo

Repubblica dominicana

Repubblica popolare democratica lao

Repubblica ceca

Repubblica Unita di Tanzania

Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord

Romania

Ruanda

Santa Sede

Samoa

San Marino

Sao Tomé e Principe

Senegal

Sierra Leone

Singapore

Slovacchia

Slovenia

Spagna

Sri Lanka

Stati Uniti d'America

Sudan

Svezia

Svizzera

Swaziland

Tailandia

Tajikistan

Togo

Trinità e Tobago

Turchia

Ucraina

Uganda

Ungheria

Uruguay

Uzbekistan

Venezuela

Vietnam

Yemen

Zambia

Zimbabwe

 

 

Lista delle organizzazioni ed altri enti rappresentati alla conferenza da un osservatore

 

Organizzazioni.

Palestina.

Organizzazioni intergoernative ed altri enti.

Agenzia di cooperazione culturale e tecnica (A.C.C.T)

Comitato giuridico consultivo africano-asiatico

Comunità europea

Corte europea dei diritti dell'uomo

Federazione internazionale delle Società della Croce Rossa e delle Mezzaluna

Humanitarian Fact - finding Commission

Istituto interamericano dei diritti dell'uomo

Lega degli Stati arabi

Organizzazione della Conferenza islamica

Organizzazione dell'unità africana

Organizzazione degli Stati americani

Organizzazione internazionale di polizia criminale (INTERPOL)

Ordine militare sovrano di Malta

Unione interparlamentare

Istituzioni specializzate ed organizzazioni correlate.

Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL)

Organizzazione delle Nazione Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO)

Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO)

Fondo internazionale di sviluppo agricolo (FISA)

Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA)

Programmi ed organismi delle Nazioni Unite.

Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (HCR)

Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo

Commissione delle Nazioni Unite per la prevenzione dei reati e la giustizia penale

Commissione di diritto intemazionale (CDI)

Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF)

Programma alimentare mondiale

Ufficio delle Nazioni Unite a Vienna (Lotta contro a droga e la prevenzione dei crimini)

Tribunale internazionale per l'ex-Iugoslavia

Tribunale penale internazionale per il Ruanda

 

 

Lista delle organizzazioni non governative presenti alla conferenza tramite osservatori

 

Action mondiale des parlementaires

Agir ensemble pour les droits de l'homme

American Association for the International Commission of Jurists

American Association of Jurists

American Bar Association

Amnesty International

Arab Lawyers Union

Asia Pacific Forum on Women, Law and Development

Asian Center for Women's Human Rights

Asian Women's Human Rights Council

Asssociaciòn pro Derechos Humanos

Associazione internazionale di diritto penale

Associazione internazionale degli avvocati della difesa

Associazione internazionale dei giuristi democratici

Australian Lawyers for Human Rights

Avocats sans frontières

Baha'i International Community

Bangladesh Legal Aid and Services Trust

Bar Human Rights Committee of England and Wales

Bureau international de la paix

Cairo Institute for Human Rights Studies

Canadian Network for an ICC/World Federalists of Canada

Carter Center

Center for Civil Human Rights

Center for Development of International Law

Center for Human Rights and Rehabilitation

Center for Reproductive Law and Policy

Centro internazionale dei diritti della persona e dello sviluppo democratico

Centro internazionale per la riforma del diritto penale e la politica in materia di giustizia penale

Childrens's Fund of Canada, Inc.

Colombian Commission of Jurists

Comite de defense de los Derechos Humanos y del Pueblo

Coalition for International Justice

Comite latino americano y del Caribe para la Defensa de los Derechos de la Mujer (CLADEM)

Commission of Churches on International Affairs of the World

Council of Churches

Commissione internazionale di giuristi

Committee of Former Nuremberg Prosecutors

Comunity Law Centre

Conseil national des barreaux

Coordinating Board of Jewish Organizations

Corporaciòn colectivo de Abogados «José Alvear Restrepoo»

Corporaciòn de Desarollo de la Mujer

Croatian Law Centre

Deutscher Juristinnenbund

Droits et devoirs en démocratie (3D)

Egyptian Organization for Human Rights

European Law Students Association

Federaciòn de Asociaciones de Defensa y promocion de los Derechos Humanos

Fédération internationale de l'action des Chrétiens pour l'abolition de la torture (FIACAT)

Federazione internazionale delle donne giuriste (Kenya)

Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell'uomo

Federazione luterana mondiale

Foundation for Human Rights Initiative

Foundation for the Establisllment of an International Criminal Court and International Law Commission

Friends World Committee for Consultation

Fundaciòn Ecumenica para el Desarollo y la Paz (FEDEPAZ)

General Board of Church and Society of the United Methodist Church

Human Rights Advocates

Human Rights Watch

ICAR Foundation

Information Workers for Peace

Istituto superiore internazionale delle scienze penali

Istituto Latinoamericano de Servicios legales Alternativos (ILSA)

Inter Press Service

Inter american Concertation of Women's Human Rights Activits (CIMA)

Inter-American Legal Services Association

Interights

Intermedia

International Association for Religious Freedom

International Association of lawyers against Nuclear Arms (IALANA)

International Bar Association

International Court of the Environment

International Human Rights, Law Group

International Law Association Committee on a Permanent ICC

International Right to Life Federation

International Scientific and Professional Advisory Council of the United Nations

Crime Prevention and Criminal Justice Programme

International Service for Human Rights

International Society for Human Rights, Germany

International Society for Traumatic Stress Studies

Japan Federation of Bar Associations

Jeunesse européenne fédéraliste

Juristes sans frontières

Lama Gangchen World Peace Foundation

Law Projects Center, Iugoslavia

Lawyers Committee on Nuclear Policy

Legal Research and Resource Development Centre

Leo Kuper Foundation

Lega internazionale dei diritti dell'uomo

Médecins du monde

Médecins sans frontières

Minnesota Advocates for Human Rights

Movimiento Nacional de Direitos Humanos

Movimiento por la Paz, Desarme y Libertad

MOVIMONDO

National Institute for Public Interest Law and Research

Netherlands Institute of Human Rights

No Peace without Justice

Norwegian Helsinki Committee

Observatoire international des prisons, section du Cameroun

Observatorio para la Paz

One World Trust

OXFAM (Regno Unito e Irlanda)

Pace Peace center

Plural- Centro de Estudio Constitutionales

Real Women of Canada

Redress

Rencontre africaine pour la défense des droits de l'homme (RADDHO)

Save the Children Fund

Société internationale pour les droits de l'homme (Gambia)

South Asia Human Rights Documentation Centre

Tamilandu United Nations Association

Terre des Hommes Foundation

Terre des Hommes, Germania

Transnational Radical Party

Union interafricaine des droits de l'homme

Union internationale des avocats

Union Nacional de Juristas de Cuba

Unitarian Universalist Association

United Nations Association, USA

Volunteers for Prison Inmates

Washington Working Group on the ICC/World Federalist Association

Women and Men engaged in Advocacy, Research and Education (WEARE) for Human Rights

Women's Caucus for Gender Justice and the ICC/MADRE

Women's Consortium of Nigeria

Women's Information Consultative Center

Women's International League for Peace and Freedom

Women's League of Lithuania

World Conference on Religion and Peace

World Federalist Association

World Federalist Movement/IGP

ZIMRIGHTS (Zimbabwe Human Rights Association)



[1]     Per i rapporti con le Nazioni Unite e, in particolare, con il Consiglio di sicurezza, v. oltre.

[2]    La competenza per i crimini di aggressione è subordinata alla previa definizione della fattispecie de qua da parte di una Conferenza per la revisione dello Statuto. In base all’articolo 124 del Trattato, una prima Conferenza sarà convocata sette anni dopo l’entrata in vigore dello Statuto per esaminare ogni emendamento allo stesso. In qualsiasi momento successivo e per i medesimi fini, su richiesta di uno Stato parte e con l’approvazione della maggioranza delle Parti, sarà convocata una Conferenza di revisione.

[3]    V. articolo 112 dello Statuto.

[4] L’Accordo, del quale sono Parti 59 Paesi, è in vigore dal 22 luglio 2004; l’Italia lo ha ratificato con legge 6 marzo 2006, n. 130.

[5]    Si rammenta che il 16 gennaio 2002 il governo della Sierra Leone e l’ONU hanno raggiunto un accordo per l’istituzione di un Tribunale ad hoc per giudicare le gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e delle leggi nazionali durante la guerra civile.

[6]     Con la legge 8 maggio 1998, n. 136, si è provveduto al finanziamento della Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite.

[7]    Nella riunione del 29 giugno 2002 il Governo olandese ha approvato formalmente la designazione della Caserma Alexander come sede permanente della Corte penale internazionale.

[8]    Proprio contro Lubanga Dyilo avrebbe dovuto aprirsi il 23 giugno 2008 il primo processo della CPI, ma proprio pochi giorni prima ne era stata ordinata la derubricazione per gravi vizi procedurali – mancata fornitura alla Corte di materiali a discolpa da parte della Procura, che avrebbe inficiato l’equità del dibattimento. Solo l’appello interposto dalla Procura impediva in luglio la scarcerazione dell’imputato, che era stata nel frattempo disposta dalla Corte.

      Il processo contro Lubanga è successivamente iniziato nel gennaio 2009: alla metà di luglio del 2010, tuttavia, la Camera della CPI, dopo una nuova sospensione del processo una settimana prima per ulteriori inadempienze della Procura, ordinava la liberazione di Lubanga senza condizioni.

[9]    In XIV legislatura si segnalano, tra le prime, gli A.C. 2724, Kessler ed altri; A.S. 1638, Iovene ed altri, che non hanno mai avviato l’esame. In XV legislatura sono stati presentati gli A.S. 893 (Pianetta) e A.S.1089 (Martone e altri) che, al pari dei precedenti, non sono stati esaminati.

[10]   Si tratta della «Commissione di studio per l'adeguamento dell'ordinamento giuridico agli accordi e alle regole del diritto internazionale umanitario» (Pres. A. Pranzetti).

[11]   Il paragrafo 4 dell’art. 99 dello Statuto dispone che «Fatti salvi gli altri articoli del presente capitolo, qualora ciò sia necessario per eseguire efficacemente una richiesta alla quale può essere dato seguito senza dover ricorrere a misure di costrizione, in modo particolare quando si tratta di sentire una persona o di raccogliere la sua deposizione a titolo volontario, anche senza che le autorità dello Stato richiesto siano presenti se ciò è determinante per una efficace esecuzione della richiesta, o d'ispezionare un sito pubblico o altro luogo pubblico senza modificarlo, il Procuratore può attuare l'oggetto della domanda direttamente sul territorio dello Stato secondo le seguenti modalità:

a) quando lo Stato richiesto e lo Stato sul cui territorio si presume che il reato sia stato commesso e vi é stata una decisione sull'ammissibilità in conformità agli articoli 18 o 19, il Procuratore può mettere direttamente in opera la richiesta dopo aver avuto con lo Stato richiesto le consultazioni più ampie possibili;

b) negli altri casi, il Procuratore può eseguire la richiesta, previa consultazione con lo Stato parte richiesto ed in considerazione di condizioni o ragionevoli preoccupazioni che tale Stato può aver fatto valere. Se lo Stato richiesto accerta che l'esecuzione di una richiesta ai sensi del presente sotto- paragrafo presenta difficoltà, esso consulta immediatamente la Corte per porvi rimedio».

[12]   L’articolo 73 dello Statuto, rubricato Informazioni o documenti provenienti da terzi, dispone che «Qualora la Corte chieda ad uno Stato Parte di produrre un documento o informazioni in sua custodia, in suo possesso o sotto il suo controllo, ad esso rivelati da uno Stato, un'organizzazione intergovernativa o un'organizzazione internazionale in maniera riservata, lo Stato Parte cercherà di ottenere dalla fonte il consenso a divulgare tale documento o informazione. Qualora la fonte sia uno Stato Parte, questo acconsentirà alla divulgazione del documento o dell'informazione, oppure si impegnerà a risolvere la questione della sua divulgazione con la Corte, ferme restando le disposizioni dell'Articolo 72. Nel caso in cui la fonte non sia uno Stato Parte e neghi il consenso alla divulgazione, lo Stato a cui è stata rivolta la richiesta informerà la Corte di non essere in grado di presentare il documento o l'informazione, a causa di un obbligo pregresso di riservatezza assunto con la fonte».

[13]   I paragrafi 5 e 6 dell’articolo 72 dello Statuto prevedono che «Qualora, a parere di uno Stato, divulgare informazioni comprometterebbe i suoi interessi di sicurezza nazionale, lo Stato adotterà tutti i provvedimenti del caso, agendo di concerto con il Procuratore, la difesa, la Camera preliminare o la Camera di primo grado, a seconda dei casi per cercare di risolvere la questione in maniera cooperativa. Tali provvedimenti possono comprendere:

(a) la modifica o il chiarimento della richiesta;

(b) una decisione della Corte in merito alla pertinenza delle informazioni o delle prove richieste, ovvero una decisione relativa alla possibilità di ottenere la prova, sebbene pertinente, da fonte diversa dallo Stato a cui è stata richiesta;

(c) ricevere le informazioni o le prove da una fonte diversa o in forma diversa;

(d) un accordo sulle condizioni alle quali potrebbe essere fornita assistenza, compresi tra l'altro, presentazione di sintesi o redazioni rettificate, limiti alla divulgazione, uso di procedimenti a porte chiuse o ex parte, o applicazione di altre misure di protezione autorizza dallo Statuto o dal Regolamento della Corte.

Quando saranno stati adottati tutti i ragionevoli provvedimenti per risolvere la questione in maniera cooperativa, e lo Stato ritenga che non vi siano modi o condizioni alle quali le informazioni o i documenti potrebbero essere presentati o divulgati senza compromettere i suoi interessi di sicurezza nazionale, esso ne informerà il Procuratore o la Corte indicando i motivi specifici della sua decisione, a meno che la descrizione stessa dei suoi motivi non pregiudichi necessariamente gli interessi di sicurezza nazionale dello Stato».

[14]   Cfr. Resoconto stenografico dell'Assemblea, Seduta n. 468 di mercoledì 27 aprile 2011.

[15]   I paragrafi da 3 a 6 dell’art. 59 dello Statuto dispongono che «3. La persona arrestata ha diritto di chiedere all'autorità competente dello Stato di detenzione preventiva la libertà provvisoria, in attesa di essere consegnata.

4. Nel pronunciarsi su questa domanda, l'autorità competente dello Stato di detenzione preventiva esamina se, in considerazione della gravità dei reati allegati, sussistano circostanze urgenti ed eccezionali tali da giustificare la libertà provvisoria e se sussistono le garanzie che permettono allo Stato di detenzione di adempiere al suo obbligo di consegnare la persona alla Corte. L'autorità competente dello Stato di detenzione non é abilitata a verificare se il mandato d'arresto é stato regolarmente rilasciato secondo i capoversi a) e b) del paragrafo 1 dell'articolo 58.

5. La Camera preliminare é informata di qualsiasi richiesta di libertà provvisoria e formula raccomandazioni all'autorità competente dello Stato di detenzione. Prima di pronunciare la sua decisione, quest'ultima tiene pienamente conto di tali raccomandazioni, comprese, se del caso, quelle vertenti sulle misure atte ad impedire l'evasione della persona.

6. Se è concessa la libertà provvisoria, la Camera preliminare può chiedere rapporti periodici sul regime di libertà provvisoria».

[16]   L'articolo 714 (Misure coercitive e sequestro), comma 4, c.p.p., così recita: «Le misure coercitive sono revocate se dall'inizio della loro esecuzione è trascorso un anno senza che la corte di appello abbia pronunciato la sentenza favorevole all'estradizione ovvero, in caso di ricorso per cassazione contro tale sentenza, un anno e sei mesi senza che sia stato esaurito il procedimento davanti all'autorità giudiziaria. A richiesta del procuratore generale, detti termini possono essere prorogati, anche più volte, per un periodo complessivamente non superiore a tre mesi, quando è necessario procedere ad accertamenti di particolare complessità».

[17]   L’art. 89 dello Statuto (Consegna di determinate persone alla Corte) prevede che la Corte possa presentare a qualsiasi Stato nel cui territorio è suscettibile di trovarsi la persona ricercata, una richiesta di arresto e consegna, unitamente alla documentazione giustificativa indicata all'articolo 91, e possa richiedere la cooperazione dello Stato per l'arresto e la consegna. Il paragrafo 2, in particolare, dispone che se la persona di cui si sollecita la consegna ricorre dinanzi ad una giurisdizione nazionale mediante un'impugnazione fondata sul principio non bis in idem, lo Stato richiesto consulta immediatamente la Corte per sapere se vi è stata nella fattispecie una decisione sull'ammissibilità. Se è stato deciso che il caso era ammissibile, lo Stato richiesto dà seguito alla domanda. Se la decisione sull'ammissibilità è pendente, lo Stato richiesto può rinviare l'esecuzione della domanda fino a quando la Corte non abbia deliberato.