Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Convenzione con il Governo degli Stati Uniti d'America per evitare le doppie imposizioni - A.C. 1907 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 1907/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 90
Data: 03/12/2008
Descrittori:
DOPPIA IMPOSIZIONE SUI REDDITI   RATIFICA DEI TRATTATI
USA     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

Casella di testo: Progetti di legge
 


3 dicembre 2008

 

n. 90/0

Convenzione con il Governo degli Stati Uniti d'America

per evitare le doppie imposizioni

A.C. 1907

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

Numero del progetto di legge

1907

Titolo

Ratifica ed esecuzione dellaConvenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi o le evasioni fiscali, con Protocollo e Verbale d'intesa, fatta a Washington il 25 agosto 1999, con Scambio di Note effettuato a Roma il 10 aprile 2006 e il 27 febbraio 2007

Iniziativa

governativa

Iter al Senato

No

Numero di articoli

4

Date:

 

presentazione alla Camera

13 novembre 2008

assegnazione

3 dicembre 2008

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

referente

Pareri previsti

Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, X, XI

 


Contenuto dell’accordo

La problematica della doppia imposizione

La legislazione nazionale vigente prevede norme particolari per il trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi dei soggetti non residenti  - artt. 23 e 24 del D.P.R. n. 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi) per le persone fisiche ed artt. 151-154 dello stesso D.P.R. per società ed enti soggetti all'IRES, ossia all’imposta sul reddito delle società -; tali disposizioni si applicano solo se non sono state poste regole a livello internazionale, concordate tra Stati sovrani, quali soggetti primi del diritto internazionale.

Queste regole si concretizzano nella stipula di Trattati bilaterali o multilaterali fra Stati, che vengono poi recepiti nelle singole legislazioni nazionali con strumenti diversi a seconda dei modelli costituzionali, derogando alle leggi interne e prevalendo su di esse.

Pertanto nel caso di soggetti non residenti si applicano le disposizioni previste nella Convenzione contro le doppie imposizioni qualora essa sia stata stipulata con il paese del soggetto non residente, ratificata dai paesi interessati ed entrata in vigore, oppure le disposizioni previste dalla legislazione nazionale se, rispetto a questa, sono più favorevoli.

Infatti l'art. 169 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), riproducendo sostanzialmente il disposto dell'art. 75 del D.P.R. n. 600/1973 con il quale vengono esplicitamente fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia per l'applicazione delle disposizioni relative alle imposte sui redditi, prevede che le disposizioni dello stesso TUIR continuino ad applicarsi qualora siano più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro le doppie imposizioni.

Può anche accadere che l'accordo bilaterale o multilaterale prenda in considerazione solo alcuni dei redditi del non residente: in questo caso si avrà un regime integrato fra la legge nazionale e la Convenzione internazionale.

Nel caso invece di persone fisiche o giuridiche fiscalmente residenti in Italia, si applica il principio della tassazione del reddito mondiale, ovvero dell'attrazione di tutti i redditi, ovunque prodotti, nella base imponibile ai fini delle imposizione in Italia.

Si osserva che la disciplina nazionale non impedisce eventuali doppie imposizioni nel caso in cui la legislazione straniera sottoponga il medesimo reddito a tassazione, in quanto il principio sancito dall'art. 163 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) - che vieta l'applicazione della stessa imposta più volte in dipendenza del medesimo presupposto - vale solo per l'ordinamento italiano e non può vincolare gli Stati esteri. Si ricorda, altresì, che la legge 342/2000 ha introdotto nel TUIR l'attuale art. 167, al fine sostanzialmente di introdurre nel nostro Paese, analogamente a quanto già previsto in altri ordinamenti, una normativa diretta a disciplinare il fenomeno definito comunemente CFC (Controlled Foreign Corporation), mediante l’imputazione al soggetto residente dei redditi prodotti da società controllate residenti in Stati con regime fiscale privilegiato.

Per quanto riguarda la stipula delle Convenzioni sopra menzionate, la principale ragione che spinge gli Stati a ricercare tali intese è quella di evitare una duplicazione di imposizione sugli stessi fenomeni economici e giuridici che, se non limitata, arrecherebbe un notevole aggravio a chi opera su un piano "transnazionale"; bisogna tuttavia tener presente che non esiste alcuna norma di diritto internazionale che limiti le giurisdizioni fiscali di qualsiasi paese o che obblighi gli Stati a stipulare Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Una preoccupazione di tipo opposto all'esigenza di evitare la doppia imposizione internazionale è quella di evitare anche la mancata imposizione, poiché potrebbe verificarsi un eventuale azzeramento dell'imposizione, a causa di un utilizzo improprio dei regimi convenzionali (c.d. "Treaty shopping").

 

La Convenzione tipo dell'OCSE

L'OCSE ha redatto, nel 1963, un primo modello di Convenzione-tipo[1], che è stato più volte aggiornato (l'ultima versione risale al luglio 2005) mentre l'ONU - con il Manuale di negoziazione del 1979 - ha inteso favorire i paesi in via di sviluppo ad accedere ad accordi equi con gli Stati economicamente più forti.

L'art. 1 della Convenzione-tipo dell'OCSE delimita il campo di applicazione soggettivo della Convenzione stessa indicando "le persone che sono residenti di uno od entrambi gli Stati contraenti"; si tratta di una norma che rinvia alle nozioni di "persona" e di "residente" indicate nei successivi artt. 3 e 4.

L'art. 2 sancisce l'applicabilità dell'accordo a tutte le imposte sul reddito e sul patrimonio: in particolare chiarisce che "sono considerate imposte sul reddito e sul capitale, tutte le imposte prelevate sul reddito complessivo o sul capitale complessivo, su elementi del reddito o del capitale comprese le imposte sugli utili derivanti dall'alienazione di beni mobili o immobili, le imposte sull'ammontare dei salari corrisposti dalle imprese nonché le imposte sulle plusvalenze di capitale". Ogni singola Convenzione bilaterale elenca infatti usualmente tutte le varie imposte dei due paesi interessati, e trattasi di una indicazione non solo nominativa bensì tassativa, dato che viene sempre individuato il nome preciso dell'imposta nella lingua d'origine.

Con gli artt. da 3 a 5 vengono date le definizioni generali relative ad una serie di nozioni strumentali all'applicazione sostanziale dell'accordo contro le doppie imposizioni.

In particolare l'art. 3, punto A), chiarisce che il termine "persona" comprende tutte le persone fisiche, le società e qualsiasi altro tipo di associazione di persone, mentre il successivo punto B) definisce le società come qualsiasi persona giuridica od ente considerato persona giuridica ai fini impositivi.

L'art. 4 fornisce i criteri identificativi della residenza fiscale dei soggetti interessati: il principio generale considera residente in uno Stato contraente "...ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio analogo".

L'art. 5 fornisce la definizione della "stabile organizzazione".

Con gli artt. 6-22 viene stabilita la disciplina-guida volta ad evitare le doppie imposizioni sul patrimonio e sui vari tipi di reddito. In particolare si osserva che il criterio adottato per la tassazione dei redditi immobiliari è quello che essi sono soggetti ad imposta solo nello Stato in cui sono fisicamente situati; conseguentemente si applica la lex rei sitae anche per la definizione dei "redditi derivanti da beni immobili", quali canoni enfiteutici, usuari, etc..

Per quanto concerne l'attività d'impresa svolta all'estero, l'art. 7 dispone che qualora l'impresa di uno Stato svolga la sua attività estera senza stabile organizzazione tutti i relativi redditi vengano tassati nello Stato di residenza dell'impresa medesima; in caso contrario, gli utili attribuibili all'impresa vengono sottoposti a tassazione nello Stato in cui è posta la stabile organizzazione.

L'art. 10 disciplina il trattamento dei dividendi societari (con tale termine si indicano non solo i redditi derivanti da azioni, ma anche i redditi percepiti dai titolari di quote sociali fiscalmente assimilabili alle azioni), sui quali è pressoché impossibile eliminare totalmente la doppia imposizione. Il trattamento convenzionale dei dividendi deve essere comunque coordinato con le norme che i singoli Stati possono aver emanato per eliminare o attenuare la doppia imposizione.

Problemi simili al trattamento dei dividendi si pongono relativamente alla tassazione internazionale degli interessi, regolata dall'art. 11 della Convenzione-tipo dell'OCSE.

La regola generale è sempre l'imponibilità nel paese del beneficiario; resta tuttavia la possibilità di una ritenuta nello Stato della fonte che però non dovrebbe eccedere il 10%.

Sono poi applicabili sia la riserva della stabile organizzazione sia il principio dell'arm's length:pertanto se il beneficiario opera nello Stato del debitore mediante una stabile organizzazione, ed il credito cui si ricollegano gli interessi pagati è connesso con tale organizzazione, valgono i criteri già indicati all'art. 7.

Un'ulteriore disposizione indica i criteri per stabilire la provenienza "geografica" degli interessi, che vengono considerati provenienti dallo Stato in cui si trova il debitore; tuttavia se il debitore, residente o meno in uno Stato contraente, ha una stabile organizzazione o una base fissa in uno Stato contraente, e per le necessità dell'organizzazione viene contratto il debito cui fanno capo gli interessi, questi si considerano provenienti dallo Stato in cui è situata tale stabile organizzazione.

L'art. 12 disciplina il trattamento dei canoni ("royalties" e "redevances"), prevedendo in generale la tassazione nello Stato di residenza del beneficiario. Si tratta peraltro di una norma solitamente derogata dai trattati bilaterali che danno la possibilità allo Stato di residenza dell'erogante di effettuare un prelievo alla fonte.

L'art. 13 contiene disposizioni sulla tassazione degli utili di capitale, mentre l’ art. 15[2] disciplina il reddito da lavoro dipendente; i successivi artt. da 16 a 19 prendono in considerazione alcune situazioni particolari che, se non appositamente regolate, ricadrebbero nella disciplina del lavoro autonomo o dipendente con pesanti oneri fiscali (ad esempio i redditi derivanti da attività professionali dello spettacolo, il trattamento delle pensioni, dei compensi e dei gettoni di presenza ricevuti in qualità di membro del consiglio di amministrazione di una società estera).

Con l'art. 20 si dispone in merito all'esenzione da qualsiasi imposizione nello Stato di soggiorno per le somme ricevute da studenti ed apprendisti per far fronte alle spese di mantenimento, istruzione o formazione professionale.

La norma sostanziale di chiusura della Convenzione-tipo dell'OCSE è contenuta nell'art. 21, che indica l'imponibilità nello Stato di residenza per i redditi diversi da quelli disciplinati nei precedenti artt. 6-20. Anche in questo caso, se i redditi sono connessi ad una stabile organizzazione situata in un altro Stato la tassazione avverrà in tale Stato.

L’art. 22 riguarda la tassazione del patrimonio, che – qualora prevista nell’ordinamento - di norma è imposta solo nello Stato di residenza del proprietario, salvo il caso di immobili situati nell’altro Stato contraente, ovvero di beni mobili facenti parte di una stabile organizzazione d’impresa nello Stato contraente diverso da quello di residenza.

Al fine di neutralizzare la doppia imposizione economica, ovvero quella che colpisce la stessa fonte di reddito o patrimonio in capo a soggetti diversi, la Convenzione-tipo dell'OCSE suggerisce due metodi: quello dell'esenzione (art. 23-A) e quello del credito d'imposta (art. 23-B).

L'art. 24 prevede la clausola di non discriminazione, secondo la quale i soggetti "nazionali" di uno Stato contraente non possono subire in un altro Stato un trattamento impositivo diverso o più oneroso di quello a cui sono sottoposti i "nazionali" di detto altro Stato che si trovino nella medesima situazione di fatto e di diritto.

Per soggetti "nazionali" si intendono: a) le persone fisiche in possesso della nazionalità di uno Stato contraente; b) le persone giuridiche, partnerships (ovvero le società di persone e le società ad esse assimilate), le associazioni costituite ai sensi della legislazione vigente di uno Stato contraente.

La disposizione si estende agli apolidi, alle stabili organizzazioni, alle imprese direttamente o indirettamente controllate.

Con l'art. 25 viene introdotta la c.d. "procedura amichevole", ovvero un meccanismo volto ad evitare un possibile contenzioso con le autorità fiscali dei vari Paesi. Viene infatti consentito al residente di uno Stato contraente, che ritenga di aver subito o di poter subire un'imposizione non conforme alle disposizioni pattizie, di attivare una speciale procedura consultiva fra le Amministrazioni degli Stati interessati al fine di trovare una soluzione conciliativa.

L'art. 26 prevede lo scambio di informazioni tra le competenti Autorità fiscali degli Stati contraenti. Tale collaborazione ha la duplice finalità di consentire la puntuale applicazione delle norme convenzionali e di prevenire e reprimere possibili evasioni fiscali.

Completano la convenzione-tipo gli articoli 27-31, rispettivamente concernenti la reciproca assistenza delle Parti nell’esazione dei tributi dovuti, la salvaguardia dei privilegi e immunità fiscali a favore delle Ambasciate e dei Consolati, l’ambito di applicazione della Convenzione, le modalità dell’entrata in vigore di essa e la relativa durata.

 

Il contenuto della Convenzione del 1999 tra Italia e Stati Uniti sulle doppie imposizioni

La Convenzione e l'annesso Protocollo e Verbale d’intesa, firmati a Washington il 25 agosto 1999, con Scambio di Note effettuato a Roma il 10 aprile 2006 e il 27 febbraio 2007 pongono le basi per una più proficua collaborazione economica tra Italia e Stati Uniti, rendendo possibile un'equa distribuzione del prelievofiscale tra lo Stato in cui viene prodotto un reddito e lo Stato di residenza dei beneficiari dello stesso. La Convenzione in esame sostituisce la precedente Convenzione, firmata a Roma il 17 aprile 1984, per tenere conto delle modifiche intervenute nella disciplina fiscale dei due Paesi. Molte disposizioni, tuttavia, ritenute ancora attuali, sono rimaste immutate per accordo delle Parti.

La Convenzione,composta di 29 articoli e da un Protocollo ed un Verbale d’intesa, mantiene in linea di massima la struttura fondamentale del modello elaborato dall'OCSE;essatuttavia si applica alla sola imposizione sui redditi.

Gli articoli 1 e 2 delimitano il campo di applicazione della Convenzione:i soggetti sono i residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti; le imposte considerate sono per gli USA le imposte federali sul reddito, mentre per l'Italia sono quella sul reddito delle persone fisiche, quella sul reddito delle persone giuridiche (IRES) e l'imposta regionale sulle attività produttive. La Convenzione si applicherà anche alle imposte future di natura identica o sostanzialmente analoga che saranno istituite successivamente alla firma del presente Accordo. Rimangono escluse le imposte dovute a vincite su lotterie.

Agli articoli da 3 a 5 si procede alle definizioni: in particolare, è "residente di uno Stato contraente" colui che in base alla legislazione fiscale di tale Stato è considerato ivi residente, mentre l'espressione "stabile organizzazione" designa una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività, che fornisce servizi o relative attrezzature da utilizzare stabilmente nello Stato contraente.

Gli articoli da 6 a 21 trattano dell'imposizione sui redditi: in particolare, i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae da beni immobili situati nell'altro Stato sono imponibili in quest’ultimo Stato (art. 6), mentre gli utili di imprese sono imponibili nello Stato di residenza dell'impresa (art. 7) a meno che questa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente mediante una stabile organizzazione ivi situata, nel qual caso gli utili saranno imponibili in quest’ultimo, ma solo nella misura in cui derivino da detta stabile organizzazione.

A norma dell’art. 8, gli utili da esercizio della navigazione aerea o marittima internazionale sono imponibili solo nel Paese cui fa capo l’effettiva direzione dell’impresa.

I dividendi societari (art. 10) sono imponibili in linea di principio solo nello Stato di residenza del beneficiario (ma sono previste eccezioni in casi determinati), così come gli interessi (art. 11) e i canoni(art. 12). Lo Stato in cui tali redditi sono prodotti potrà comunque prelevare sui dividendi un’imposta, non superiore al 5% dell’ammontare lordo per partecipazioni societarie non inferiori al 25 per cento, e non superiore al 15 per cento nelle altre fattispecie[3]. Nel caso dei canoni il limite è posto al 5 per cento per l’uso di software e brevetti, mentre è posto all’8 per cento negli altri casi. Tali soglie si applicano però solo se chi percepisce i dividendi ne èl'effettivo beneficiario e risiede nell’altro Stato contraente. Inoltre, in tutti e tre i casi, se il beneficiario dei cespiti li ha ottenuti esercitando le proprie attività mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nell'altro Stato, essi ricadranno nella normale tassabilità da parte di detto Stato in accordo alla propria legislazione fiscale.

Anche per ciò che concerne i redditi da professione indipendente (art. 14) o da lavoro subordinato (art. 15), il criterio per l'imputazione della loro tassazione sta nella prevalente esplicazione dell'attività in oggetto, se nello Stato di residenza o nell'altro Stato: i redditi di cui all'art. 14 saranno imponibili nello Stato di produzione degli stessi se il beneficiario dispone in tale Stato di una "base fissa", e solo nella misura in cui siano ad essa imputabili. I redditi di cui all'art. 15, invece, saranno imponibili nello Stato in cui vengono prodotti, a meno che il lavoratore, tra l'altro, non soggiorni in tale Stato per un periodo non eccedente 183 giorni in un anno.

A norma dell'art. 17, poi, i compensi per artisti e sportivi sono tassabili nello Stato di prestazione effettiva dell'attività.

Le pensioni sono imponibili nello Stato di residenza del beneficiario. E’ prevista tuttavia la possibilità che esse siano tassate anche dallo Stato di provenienza (art. 18).

Le remunerazioni e le pensioni corrisposte da uno Stato contraente a fronte di servizi ad esso resi sono imponibili solo in detto Stato. La norma detta inoltre disposizioni che mirano a risolvere le situazioni di incertezza sulla ripartizione del potere impositivo tra i due Stati contraenti derivante dall’elevato numero di unità di personale a contratto avente doppia nazionalità o la sola nazionalità italiana (art. 19). in particolare il paragrafo 2 introduce una disposizione che attribuisce, in tali casi, la potestà impositiva esclusiva allo stato che eroga i compensi (per la retroattività dell’efficacia di tale disposizione si veda l’illustrazione all’articolo 28)

L’articolo 22 riguarda l’imposizione su redditi diversi da quelli trattati agli articoli precedenti, e stabilisce che di norma gli elementi di reddito di un residente di uno dei due Stati contraenti siano imponibili solo nello Stato di residenza: tuttavia fanno eccezione i redditi provenienti da fonti varie situate nell'altro Stato contraente.

All'articolo 23 vengono definiti i metodi per evitare le doppie imposizioni: la scelta cade sul credito d'imposta, in accordo con tutte le altre Convenzioni negoziate dall'Italia nella stessa materia.

All’articolo 24 viene stabilito il principio di non discriminazione nei confronti dei soggetti nazionali di uno Stato contraente, che non possono subire nell'altro Stato un'imposizione più onerosa di quella cui sarebbero sottoposti i soggetti nazionali di detto Stato. L’articolo 26 prevede lo scambio di informazioni tra le rispettive Autorità, per facilitare l'applicazione dell'Accordo, nel rispetto delle proprie legislazioni interne. Vengono fatti salvi i privilegi fiscali di cui beneficiano i funzionari diplomatici o consolari in base alle regole generali del diritto internazionale (art. 27) e viene prevista la soluzione per via amichevole delle future controversie in merito alla corretta applicazione della Convenzione (art. 25).

L’articolo 28 reca disposizioni relative all’entrata in vigore; la norma stabilisce che le disposizioni della Convenzione avranno efficacia a decorrere dal 1° gennaio dell’anno solare in cui si procede allo scambio degli strumenti di ratifica, con l’eccezione delle disposizioni relative alle imposte prelevate alla fonte (che produrranno effetti dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di entrata in vigore della Convenzione). La norma prevede, inoltre, una clausola di cessazione degli effetti della precedente Convenzione, firmata a Roma il 17 aprile 1984, prevedendo altresì una sua efficacia per 12 mesi oltre la data in cui la nuova Convenzione entrerà in vigore, solo a favore di coloro che – aventi diritto a maggiori benefici derivanti dall’applicazione della vecchia Convenzione – chiederanno di poterne usufruire.

Le altre disposizioni finali sono recate dall’art. 29 e riguardano la denuncia e la cessazione degli effetti della Convenzione, la cui durata è illimitata: è prevista tuttavia la facoltà di denuncia da parte di uno Stato contraente - non prima di cinque anni dalla sua entrata in vigore.

 

Contenuto del disegno di legge di ratifica

Il disegno di legge consta di quattro articoli, recanti, il primo, l’autorizzazione alla ratifica della Convenzione, il secondo l’ordine di esecuzione ed il quarto l’entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

L’articolo 3 contiene la clausola di copertura degli oneri finanziari derivanti dall’attuazione dell’Accordo, valutati in 2,5 milioni di euro per il 2009 e in 24,5 milioni di euro annui, a partire dal 2010, reperiti a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’art. 10, co. 5, del D.L. 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica).

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge di ratifica afferma che i tempi tecnici dei processi amministrativi lasciano supporre che le disposizioni della Convenzione avranno effetto solo a partire dall’ultimo mese del 2009; pertanto gli oneri previsti per tale anno sono valutati in circa un decimo del valore degli oneri imputati agli esercizi successivi.

La relazione tecnica riconduce gli oneri derivanti dall’applicazione del provvedimento alla diminuzione di gettito riguardante:

a)       la tassazione di dividendi, interessi e canoni (artt. 10, 11 e 12 della Convenzione);

b)       la tassazione dell’esercizio di libere professioni e dei proventi di artisti e sportivi (artt. 14 e 17).

 

Il disegno di legge è corredato da un’analisi tecnico-normativa (ATN).

L’ATNrileva innanzitutto che scopo della Convenzione in esame è di sostituire la Convenzione tra Italia e USA del 1984, in ragione della necessità di adeguare i rapporti tra i due paesi alle riforme fiscali in essi introdotte successivamente a tale data



[1]  Si deve peraltro tener presente che la Convenzione-tipo dell'OCSE è semplicemente una traccia suggerita agli Stati membri i quali, nella stipula delle diverse Convenzioni, possono discostarsene anche in modo sensibile.

[2]Si segnala che nell’ultima versione della convenzione-tipo dell’OCSE l’art. 14, concernente i redditi da lavoro autonomo, è stato cancellato.

[3]Come evidenziato nelle relazione illustrativa al provvedimento, la nuova Convenzione sopprime l’aliquota intermedia del 10 per cento contenuta nella Convenzione tuttora in vigore e riduce, dal 50 al 25%, la soglia di partecipazione richiesta ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta del 5%.