Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||
Titolo: | Disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione - A.C. 825 e abb. - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Note per la I Commissione affari costituzionali Numero: 143 | ||||
Data: | 02/02/2010 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
2 febbraio 2010 |
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n. 143 |
Disposizioni concernenti il divieto
di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure
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Numero del progetto di legge |
AC 825e abb. – testo unificato |
Titolo |
Disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione. |
Iniziativa |
On. Napoli ed altri |
Iter al Senato |
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Numero di articoli |
2 |
Date: |
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adozione quale testo base |
12 novembre 2009 |
richiesta di parere |
16 dicembre 2009 |
Commissione competente |
II (Giustizia) |
Sede e stato dell’iter |
In corso di esame in Commissione |
Iscrizione nel programma dell’Assemblea |
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Il provvedimento, che consta di due articoli, costituisce il testo
unificato delle abbinate proposte di legge Napoli AC 825, Rossa AC 783,
Oliverio AC
La relazione illustrativa della proposta di legge AC 825, che per prima è stata esaminata dalla Commissione di merito, evidenziava l’obiettivo di “incidere su uno dei nodi cruciali nei delicati rapporti tra politica e malaffare”, impedendo al soggetto sottoposto a misura di sorveglianza speciale di “procedere alla raccolta dei voti, perdendo così il suo potere contrattuale nei confronti del politico e questi, a sua volta, non è più in alcun modo condizionato dal delinquente”.
Il testo unificato, a differenza della proposta di legge da
ultimo richiamata, non interviene direttamente sulla legge 27 dicembre 1956, n.
Le misure di prevenzione sono applicate, in base all’art.1 della legge n. 575 del 1965, agli indiziati di taluni reati e sono previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, che ne stabilisce una durata minima di un anno e massima di cinque.
Tali reati riguardano l’appartenenza ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguano finalità o agiscano con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso nonché ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero del delitto di cui all’articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356. Tale delitto consiste nell’ attribuzione fittizia della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale.
Infatti, l’art. 1 del testo unificato integra l’art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia) che, nei commi 1 e 2 (nella formulazione vigente a seguito della legge 19 marzo 1990, n. 55), prevede, a carico delle persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione, diversi divieti e decadenze relativi ad atti e provvedimenti autorizzativi, concessori, abilitativi di attività d’impresa o relativi a erogazioni di danaro da parte dello Stato, di enti pubblici e dell’Unione europea.
In particolare, l’art. 1 introduce, dopo il comma 5-bis, nel citato art. 10, altri due commi: uno diretto a prevedere l’ulteriore divieto, per le persone cui sia applicata una misura di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai sensi delle disposizioni precedenti – che espressamente richiedono (art. 10 comma 1), come sopra già accennato, la definitività del provvedimento di applicazione della misura - di svolgere, direttamente o indirettamente e con qualsiasi mezzo, attività di propaganda elettorale durante qualsiasi tipo di competizione elettorale, in favore o in pregiudizio di candidati o simboli; l’altro diretto a sanzionare penalmente l’infrazione del divieto con la reclusione da due a cinque anni, pena applicabile anche al candidato che, pur conoscendo la condizione di sorvegliato speciale di una persona, ne richieda o accetti l’attività di propaganda. La stessa pena è prevista per il candidato che, inequivocabilmente a conoscenza della condizione di sottoposto a misura di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza di un soggetto ne richieda o accetti l’attività. Con la sentenza di condanna il Tribunale ordina la pubblicazione della sentenza di condanna ai sensi dell'articolo 36, commi 2, 3 e 4 del codice penale.
L’art. 2 prevede, come effetto della condanna o dell'applicazione della pena su richiesta delle parti per il delitto previsto dall’art. 1, il divieto di candidarsi in qualsiasi competizione elettorale per un periodo di cinque anni. Inoltre, il condannato che ricopre una carica pubblica elettiva decade da essa di diritto alla data del passaggio in giudicato della sentenza di cui al primo periodo. A tal fine la cancelleria del tribunale che ha pronunciato la sentenza trasmette copia dell'estratto esecutivo, chiusa in piego sigillato, all'organo o ente di appartenenza.
Le proposte di legge originarie sono corredate della relazione illustrativa.
Il contenuto del provvedimento in esame è riconducibile alla materie di cui alla lettera f) (organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo) ed l) (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa) dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Nella valutazione della limitazione personale introdotta dall’art. 1 del testo in esame, appare utile considerare da un lato che i commi 1 e 2 dell’art. 10 della legge n. 575 del 1965 stabiliscono che gli effetti delle misure di prevenzione da .essi previsti conseguano dall’applicazione di provvedimenti definitivi recanti misure di prevenzione. Alla definitività del provvedimento che dispone misure di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, l’art. 2, lett.b), del D.P.R. 20-3-1967 n. 223 collega l’effetto di esclusione del diritto di elettorato attivo, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi. D’altro lato, va valutato che l’art. 15, comma 3-bis della legge n. 327 del 1988 prevede che, quando è applicata una misura di prevenzione personale nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, la riabilitazione – che comporta la cessazione dei divieti previsti dall’articolo 10 della citata legge - può essere richiesta dopo cinque anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale.
Pertanto, si potrebbe valutare l’opportunità di specificare nel testo in esame sia che il divieto di svolgimento di attività di propaganda elettorale dovrebbe derivare solo da provvedimenti definitivi di sorveglianza speciale, sia che anche l’effetto conseguente all’applicazione della misura di sorveglianza speciale previsto dal testo in esame dovrebbe venire meno a seguito di riabilitazione.
In relazione al divieto di svolgimento di attività di propaganda elettorale si fa presente che il citato art. 10 è già stato scrutinato positivamente dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 510 del 2000 con riferimento a limitazioni riguardanti un diritto costituzionalmente garantito (limitazioni di attività attraverso le quali si esplica il diritto di iniziativa economica). Tale sentenza - che affrontava la q.l.c. del comma 4 che estende ai conviventi i divieti e le decadenze previsti nei commi 1 e 2 dello stesso articolo non solo in relazione agli artt. 4, 24, e 27, ma anche 41 della Costituzione – ha affermato che, nel valutare la legittimità delle disposizioni in questione occorreva “tenere conto nel suo complesso della ponderazione fatta dal legislatore degli interessi implicati nella disciplina in esame, nella quale entra, come ragione determinante, l’esigenza di contrastare l’attività economica di soggetti colpiti da misure di prevenzione antimafia tramite, in particolare, il reimpiego del danaro proveniente da attività criminosa”.
Quanto all’art. 2 del testo in esame, esso introduce una fattispecie di incandidabilità temporanea per ogni competizione elettorale, conseguente a condanna per il delitto introdotto dal comma 2 dell’art. 1.
Nell’ordinamento italiano l’incandidabilità è prevista
limitatamente alle elezioni regionali e amministrative. L’art. 58 del T.U. enti
locali, DPR 267/2000, (in precedenza
Pertanto, le cause di incandidabilità, a differenza delle cause di ineleggibilità, che possono essere rimosse entro un termine predefinito, precludono in via assoluta la possibilità di esercitare il diritto di elettorato passivo.
In ordine alle disposizioni in questione contenute nel testo in esame, assume rilievo il dettato costituzionale relativo alle elezioni politiche di cui agli art. 56, terzo comma e 58, secondo comma, Cost.. Esso è stato costantemente interpretato dalla dottrina come sintomatico di un’intima connessione tra capacità elettorale attiva – su cui il testo in esame non incide - e capacità elettorale passiva.
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