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PDL 5022

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5022



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CATANOSO GENOESE, ANGELI, BARBIERI, BECCALOSSI, CASTIELLO, CESARO, COLUCCI, COMPAGNON, DIMA, DIVELLA, GIANNI, GIRLANDA, LAMORTE, MARINELLO, MELONI, PALUMBO, SANTORI, SCANDROGLIO, SPECIALE

Disposizioni concernenti l'assunzione di personale da parte delle società partecipate dallo Stato e dagli enti pubblici nonché delle imprese che gestiscono servizi per conto delle medesime

Presentata il 1o marzo 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — La nostra Costituzione prevede al terzo comma dell'articolo 97 che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede esclusivamente mediante concorso salvo i casi espressamente previsti dalla legge.
      Una giurisprudenza costituzionale più che ventennale, inoltre, ha inteso interpretare questo comma in modo restrittivo, nel senso che tutte le forme di accesso e progressione interna nella pubblica amministrazione non tollerano deroghe alla regola del pubblico concorso, pena l'incostituzionalità delle norme che le dispongono, per violazione degli articoli 51 (parità nell'accesso ai pubblici impieghi), 97 (imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione) e 98 (pubblica amministrazione al servizio esclusivo della nazione) della Costituzione. La deroga di cui al comma 3 dell'articolo 97 della Costituzione viene pertanto attualmente interpretata in modo restrittivo, attraverso un rigido controllo di ragionevolezza e non arbitrarietà che spesso, specie negli ultimi anni, si è tradotto nella dichiarazione di
 

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incostituzionalità di innumerevoli leggi sia nazionali che regionali contemplanti forme di accesso e progressione nella pubblica amministrazione direttamente o indirettamente svincolate dal pubblico concorso.
      In tal senso si è espressa la Corte costituzionale secondo cui «l'abnorme diffusione del concorso interno per titoli nel passaggio da un livello all'altro produce una distorsione che, oltre a reintrodurre surrettiziamente il modello delle carriere in una nuova disciplina che ne prevede invece il superamento, si riflette negativamente anche sul buon andamento della pubblica amministrazione» (Corte costituzionale n. 1 del 1999). La stessa Corte, inoltre, ha avuto modo di precisare che il dettato costituzionale relativo all'accesso al pubblico impiego esclusivamente mediante pubblico concorso può dirsi pienamente rispettato "solo qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi» e in particolare ha chiarito che l'eventuale deroga a tale disposizione costituzionale può unicamente operare «in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nell'esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione [...] ed il cui vaglio di costituzionalità non può che passare attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore» (Corte costituzionale n. 159 del 2005) e che dunque tali deroghe «possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico» (Corte costituzionale n. 81 del 2006).
      Il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dal testo unico di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, meglio noto come testo unico sul pubblico impiego, ha attuato nell'ordinamento italiano la cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego.
      Nel corso di quest'ultimo decennio le pubbliche amministrazioni statali e degli enti locali hanno proceduto ad assunzioni a tempo determinato in totale spregio dell'osservanza delle procedure previste per l'assunzione nel pubblico impiego, previste nel nostro ordinamento con buona pace dei princìpi cardine di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, nonché della parità nell'accesso al pubblico impiego.
      Ancora peggiore è la situazione delle aziende municipalizzate e delle società partecipate vale a dire quelle a totale o parziale capitale pubblico.
      Queste società, in quanto soggetti di diritto privato, sfuggono alle regole previste per gli enti pubblici ed hanno quindi la libertà di assumere senza alcuna procedura di selezione pubblica per chiamata diretta, ma i capitali utilizzati da codesti enti provengono dalle casse degli enti, statali e territoriali, che ne posseggono le quote di partecipazione con conseguente sperpero di capitale pubblico.
      Il numero dei dipendenti di queste società, partecipate e controllate, a capitale pubblico è talmente alto che si può e si deve prevedere che per poter esserne assunti si debba passare da una procedura pubblica ed imparziale.
      Se già l'assunzione di personale precario nella pubblica amministrazione risulta intollerabile ed avviene parzialmente grazie alla normativa costituzionale, quella in queste società è fatta anche a prescindere del codice penale.
      Il sistema delle clientele, che abbiamo sempre combattuto e che tanti danni ha fatto e continua a fare alla nostra patria, deve essere combattuto quotidianamente: dalla magistratura quando si verificano casi da codice penale e dalla politica per evitare il malaffare e la malapolitica.
      Queste aziende pubbliche hanno sperperato denaro pubblico con assunzioni amicali e clientelari senza alcun criterio di imparzialità e di efficienza della pubblica amministrazione.
      Con questa proposta di legge intendiamo vanificare tale meccanismo e ricondurre le assunzioni pubbliche al dettato costituzionale, ovvero l'assunzione per pubblico concorso.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. È fatto divieto alle società a totale capitale pubblico, alle partecipate o controllate da capitale pubblico e alle imprese private che gestiscono servizi in nome e per conto delle suddette società o direttamente dagli enti pubblici territoriali e no, di assumere personale dipendente senza procedura pubblica di selezione oppure, ove previsto per legge, senza avere utilizzato le graduatorie degli uffici di collocamento.


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