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PDL 4984

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4984



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DI PIETRO, MESSINA, DI GIUSEPPE, ROTA

Modifiche alla legge 3 febbraio 2011, n. 4, in materia di indicazione del luogo d'origine dei prodotti alimentari

Presentata il 22 febbraio 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Si è avviato da tempo in Italia e in Europa un processo di revisione e di miglioramento delle normative che riguardano l'etichettatura dei prodotti alimentari e ci sono ottime ragioni per proseguire su questa strada perché è sempre più evidente quanto essa sia uno strumento di tutela e di promozione della qualità che opera a ogni livello della filiera a partire dall'agricoltore, dall'allevatore e dal pescatore fino ad arrivare al consumatore finale.
      L'etichetta è sostanzialmente un documento di civiltà, in cui possiamo leggere non solo la storia del prodotto ma anche quella delle nostre aziende agroalimentari. Ciò significa che, per il consumatore, un'etichetta chiara e trasparente è uno strumento di selezione, mentre per le aziende che premiano la qualità può rivelarsi un ottimo strumento di promozione che raggiunge, a basso costo, una vasta platea di potenziali clienti e può essere un elemento determinante, se non per il successo, quantomeno per un buon posizionamento sui mercati. Prendiamo il caso di una piccola azienda che si riprometta di vendere il suo prodotto di qualità su un mercato «vasto e affollato» come, ad esempio, quello statunitense. Difficilmente questa riuscirà a raggiungere il consumatore americano con un battage pubblicitario adeguato, tale da spiegare la peculiarità e la qualità superiore del suo prodotto e quindi, facilmente, rischia di essere «cannibalizzata» nel mare di offerte. In questi casi, invece, una buona etichetta potrebbe fare la differenza e salvare quell'azienda dal completo fallimento per quella operazione. Nel caso in
 

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esame, dunque, l'etichetta si configura come uno strumento di apertura dei mercati e di promozione di una sana concorrenza tra aziende, basata sulla qualità del prodotto e non sulla «legge del più forte». In particolare, un'etichetta che specifichi in maniera dettagliata il luogo di origine o di provenienza del prodotto apre i mercati a una competizione basata sulla qualità e sulla peculiarità dei prodotti scongiurando l'ipotesi che il mercato unico divenga motivo di omologazione e si presti a operazioni di livellamento al ribasso, secondo un copione che purtroppo in Europa abbiamo più volte visto, ad esempio, con le bibite all'arancia senza succo d'arancia o con i formaggi prodotti dalla caseina o, ancora, con il cioccolato senza burro di cacao e così via, fino ad arrivare a operazioni perfino rischiose per la salute come quella sulla semplificazione dell'etichettatura per i prodotti per soggetti celiaci.
      Parlando di etichettatura non possiamo tralasciare di soffermarci sul problema della contraffazione alimentare del «made in Italy». Essa costituisce, infatti, un serio problema per il nostro Paese che riguarda innanzitutto la tutela della salute, della sicurezza alimentare e dei diritti del consumatore, ma che ha anche un profilo economico rilevante nonché di sicurezza tout court, essendo un business spesso nelle mani della criminalità organizzata.
      Gli ultimi dati forniti dall'Eurispes nel 1° «Rapporto sulle agromafie» diffuso nel 2011, parlano di un danno all'economia da cosiddetto «italian sounding» da 12,5 miliardi euro. La stima sulle frodi alimentari «made in Italy» fornita da Legambiente nel «Rapporto sulle ecomafie 2011» si assesta invece su un giro di affari di 7,5 miliardi di euro l'anno.
      Si tratta in ogni caso di cifre considerevoli e preoccupanti sostenute da dati sulle infrazioni accertate e sui sequestri portati a termine dalle Forze dell'ordine competenti in materia. Nel 2010 il settore delle frodi alimentari ha fatto segnare 4.520 infrazioni accertate e 2.557 denunce e sequestri per oltre 756 milioni di euro. Il maggior numero di reati è stato registrato nei settori delle carni e degli allevamenti (1.244), della ristorazione (1.095), di farine, pasta e pane (605) e di latte e derivati (265), mentre le strutture chiuse e requisite sono state 1.323, con il sequestro di quasi 24 milioni di chili e di litri di merci. Secondo l'VIII rapporto sulla sicurezza alimentare «Italia a tavola 2011» di Legambiente e Movimento di difesa del cittadino, ogni famiglia italiana porta in tavola ogni anno più di 150 euro di prodotti contraffatti o sofisticati.
      Questi dati dimostrano che il controllo delle Forze dell'ordine competenti in materia sulla contraffazione dei prodotti alimentari è prezioso ma non ancora sufficiente. Per contrastare il fenomeno c’è bisogno di un controllo capillare che può essere ottenuto solo favorendo una maggiore attenzione e consapevolezza del consumatore. Un obiettivo che può essere raggiunto anche attraverso etichette sempre più trasparenti e complete di informazioni. Un tale presupposto è indispensabile per aumentare la capacità di autotutelarsi del consumatore e, contemporaneamente, per contribuire a premiare e a favorire l'economia sana e le aziende più meritevoli, trasformandolo in un «soggetto attivo», in grado di selezionare in base al migliore rapporto tra qualità e prezzo o addirittura in un «consumatore-cittadino», in grado di riconoscere e di segnalare all'autorità anomalie riscontrate nei prodotti.
      I consumatori oggi, grazie soprattutto alla stampa e alla televisione, sono infatti sensibilizzati sulle differenze e sull'importanza che rivestono il produttore, le procedure di produzione e lo stesso luogo di coltivazione o di allevamento delle materie prime in merito alla definizione delle proprietà organolettiche e della qualità del prodotto. Sono sensibilizzati, inoltre, sul valore della filiera corta per una maggiore freschezza dei prodotti e per un loro minore impatto ambientale. È necessario dunque, attraverso l'etichetta di un prodotto, permettere ai consumatori di effettuare una valutazione chiara di questi elementi.
 

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      A livello internazionale, poi, il nostro Paese è rinomato come il Paese della buona tavola e del cibo sano, per cui il problema della contraffazione del «made in Italy» è per noi non solo un danno economico immediato ma, andando a intaccare la nostra immagine, può trasformarsi in un danno di proporzioni molto più grandi. Tra gli ultimi episodi ricordiamo, ad esempio, il caso della contraffazione dell'olio d'oliva «made in Italy» su cui le autorità doganali cinesi hanno aperto un'indagine e che ha richiesto un attento intervento di rassicurazione da parte della nostra ambasciata italiana a Pechino.
      Non possiamo poi sottovalutare il problema della crisi economica, che spinge i consumatori ad acquistare prodotti a basso costo, spesso di provenienza al di fuori dell'Unione europea e prodotti in Paesi che non rispettano gli standard imposti dalle normative dell'Unione. L'abbassamento della qualità dell'alimentazione di fronte alla crisi è un rischio reale che colpisce le classi economicamente più deboli, costrette a risparmiare sul cibo, e per le quali è più elevata l'incidenza della spesa alimentare sul totale della spesa. È dunque doveroso da parte del legislatore predisporre in questo particolare frangente storico degli interventi che vadano nella direzione di una sempre maggiore trasparenza a difesa del consumatore.
      Un capitolo a parte meritano poi le emergenze sanitarie alimentari che, a partire dal cosiddetto «morbo della mucca pazza» fino ai più recenti problemi dovuti al cosiddetto «batterio killer» o alle «mozzarelle blu», hanno fatto crescere tra gli italiani e tra i cittadini europei l'attenzione verso l'etichetta e verso la provenienza dei cibi acquistati. Nove italiani su dieci vogliono un'etichetta chiara in cui risulti l'indicazione d'origine. L'Europa, invece, è sempre stata restia a seguire questa strada, celandosi dietro il principio della libera circolazione della merci previsto dall'originario Trattato istitutivo della Comunità economica europea. L'etichettatura d'origine è sostanzialmente considerata in Europa una misura protezionistica di natura non economica, salvo poi trovarsi costretti a varare d'urgenza norme in tal senso in seguito a emergenze sanitarie come quella sulla carne bovina, applicate a partire dal 2002. Qualcosa, però, inizia a muoversi anche sul fronte dell'Unione europea. Il regolamento (UE) n. 29/2012 della Commissione, del 13 gennaio 2012 (relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva), che è entrato in vigore il 3 febbraio 2012, contiene, ad esempio, norme specifiche in materia di etichettatura che sembrano offrire interessanti opportunità di trasparenza utili a valorizzare prodotti di qualità come quelli italiani. Questa attenzione riservata dalla notoriamente restia Unione europea conferma quanto il tema dell'etichettatura stia divenendo fondamentale per garantire la qualità e per combattere le frodi e le mistificazioni alimentari a vantaggio della salute del consumatore.
      Un'adeguata etichetta si è confermata nel corso dell'ultimo decennio non solo come uno strumento di contenimento delle effettive emergenze sanitarie ma anche e soprattutto come uno strumento di rassicurazione e, dunque, come un elemento importante nell'evitare l'effetto psicosi nei consumi con conseguenti danni economici.
      A fronte delle argomentazioni riportate possiamo senz'altro affermare che la nostra legislazione (legge 3 febbraio 2011, n. 4), che ha reso obbligatoria l'indicazione d'origine o di provenienza, è all'avanguardia. L'indicazione d'origine o di provenienza alimentare è un elemento richiesto e ampiamente utilizzato dal consumatore come indizio di qualità. In attesa dei decreti attuativi della legge, con la presente proposta di legge si intende pertanto spingere ancora più avanti il processo di riflessione sull'etichettatura d'origine e di provenienza, affiancando alle informazioni già previste l'indicazione della regione di provenienza. Ci si propone, così, di riportare il dibattito in Europa aprendo la procedura di notifica prevista ai sensi dell'articolo 45 del regolamento (CE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011. Questo regolamento, benché ancora
 

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deludente sotto l'aspetto delle disposizioni sulle indicazioni d'origine, apre però uno spiraglio che ci auguriamo il Governo, forte anche della sua credibilità in seno ai consessi europei, sappia cogliere per abbattere le resistenze. Il regolamento infatti, oltre a prevedere, in base all'articolo 39, per comprovati motivi, la possibilità di disposizioni nazionali particolari sulle indicazioni obbligatorie, accoglie il valore dell'etichettatura d'origine nel contrasto alla contraffazione e in particolare nel contrasto al fenomeno cosiddetto «di sounding» laddove stabilisce l'obbligo dell'etichettatura d'origine nei casi in cui le informazioni che accompagnano l'alimento o l'etichetta possono indurre il consumatore in errore; estende inoltre l'obbligo dell'etichettatura d'origine, già previsto per le carni bovine, alle carni ovine, caprine, suine e dei volatili. Rimane però l'incertezza di un termine di applicazione un po’ troppo ampio (13 dicembre 2013) e complesso, che necessita di atti di esecuzione della Commissione «a seguito di valutazioni d'impatto». Un'apertura ulteriore è disposta verso altri tipi di alimenti in attesa di una relazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo entro il 13 dicembre 2014 ed è in questo dibattito che è necessario inserirsi.
      Dunque, in funzione di migliorare le informazioni obbligatorie previste nell'etichetta, l'articolo 1 della presente proposta di legge prevede di affiancare all'indicazione del Paese di origine e di provenienza anche l'indicazione della regione.
      L'articolo 2 è volto, invece, ad assicurare la chiarezza e la visibilità nell'etichetta dell'indicazione d'origine o di provenienza. Si prevede, in tal senso, che l'indicazione della regione e del Paese siano contigue e che sia data la precedenza all'indicazione del Paese. In funzione della leggibilità, invece, si intende uniformare le dimensioni dell'indicazione d'origine o di provenienza a quelle già previste per gli altri elementi obbligatori dal citato regolamento (CE) n. 1169/2011, ossia almeno 1,2 millimetri (mm) e 0,9 millimetri (mm) per le confezioni inferiori a 80 centimetri quadrati (cm2). L'articolo 3 estende l'obbligo dell'indicazione d'origine o di provenienza di un prodotto alimentare a tutte le forme di pubblicità e ad altre comunicazioni commerciali, diffuse attraverso qualsiasi mezzo (radio e televisione, internet, stampa, cartellonistica stradale). Il principio guida di una corretta informazione pubblicitaria è infatti quello di garantire sempre al consumatore di operare una valutazione basata sul rapporto tra qualità e prezzo. Pertanto tra le informazioni obbligatorie deve rientrare un indicatore di qualità qual è quello dell'origine o della provenienza del prodotto. Tale disposizione è volta a garantire maggiori possibilità di individuazione e di tutela nel contrastare una pratica pubblicitaria aggressiva che si sta diffondendo negli ultimi tempi e che consiste nel pubblicizzare un prodotto promuovendolo esclusivamente per il suo prezzo estremamente basso sul mercato, senza fornire ulteriori indicazioni. Tale pratica può essere infatti agevolmente individuata come una pratica commerciale scorretta e, così come individuata dall'articolo 18 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, volta a «falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori», ossia ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. La presente proposta di legge, pertanto, introduce una modifica volta a introdurre l'indicazione d'origine o di provenienza del prodotto tra le indicazioni obbligatorie nella comunicazione pubblicitaria e a configurare la mancanza di tale indicazione come omissione ingannevole ai sensi dall'articolo 22 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Indicazioni obbligatorie nell'etichettatura dei prodotti alimentari).

      1. Al comma 2 dell'articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo periodo, dopo le parole: «il Paese» sono inserite le seguenti: «e la regione»;

          b) al secondo periodo, le parole: «il luogo», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «il Paese e la regione».

Art. 2.
(Presentazione delle indicazioni obbligatorie dei prodotti alimentari).

      1. All'articolo 5 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
      «1-bis. Al fine di garantire maggiore trasparenza e possibilità di individuazione del prodotto alimentare, l'indicazione del Paese e della regione d'origine o di provenienza del prodotto sono stampate in ordine successivo con le medesime dimensioni, dando precedenza all'indicazione del Paese.
      1-ter. Fatte salve le specifiche disposizioni applicabili a particolari prodotti alimentari, le indicazioni obbligatorie presenti sull'imballaggio o sull'etichetta ad essi apposta sono stampate in modo da assicurare chiara leggibilità, in caratteri la cui parte mediana è pari o superiore a 1,2 millimetri (mm).
      1-quater. Nel caso di imballaggi o di contenitori di prodotti alimentari la cui superficie maggiore misura meno di 80 centimetri quadrati (cm2), l'altezza

 

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della parte mediana della dimensione dei caratteri di cui al comma 1-ter è pari o superiore a 0,9 millimetri (mm)».

Art. 3.
(Indicazione del luogo d'origine o di provenienza dei prodotti alimentari nella pubblicità e nella comunicazione commerciale).

      1. Dopo l'articolo 5 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, come modificato dall'articolo 2 della presente legge, è inserito il seguente:
      «Art. 5-bis.(Pubblicità e comunicazione commerciale dei prodotti alimentari)». – 1. L'origine o la provenienza del prodotto alimentare individuate ai sensi dell'articolo 4, devono essere indicate nella pubblicità e in ogni forma di comunicazione commerciale.
      2. L'origine o la provenienza del prodotto alimentare sono indicate in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato e in caratteri delle stesse dimensioni dell'indicazione del prezzo o, in alternativa, della denominazione legale o merceologica del prodotto.
      3. L'omissione dell'indicazione d'origine o di provenienza si configura come pratica commerciale scorretta e omissione ingannevole ai sensi dell'articolo 22 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni».

      2. Al titolo della legge 3 febbraio 2011, n. 4, le parole: «e di qualità» sono sostituite dalle seguenti: «, di qualità, di pubblicità e di comunicazione commerciale».


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