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PDL 4254

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4254



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

LORENZIN, SALTAMARTINI, VALDUCCI, SANTELLI, BERTOLINI, CONTENTO, OSVALDO NAPOLI, VENTUCCI, CALABRIA, DE GIROLAMO

Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e altre disposizioni per promuovere la parità di accesso alle cariche elettive e agli organi esecutivi dei comuni, delle province e delle regioni, in attuazione dell'articolo 51 della Costituzione

Presentata il 1o aprile 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge ha l'intenzione di promuovere una maggiore rappresentanza femminile nei luoghi decisionali del Paese e in particolare nelle amministrazioni locali.
      Infatti, le elette sono ancora oggi poco presenti in tutti gli enti; nelle amministrazioni comunali raggiungono solo il 18,7 per cento dei consiglieri e il 19,5 per cento degli assessori. Se andiamo poi a verificare la percentuale di presenza tra i sindaci, ecco che le donne superano di poco il 10 per cento (827 su 8.100).
      Al 2010 nelle province abbiamo solo 13 presidenti donne su 107, 8 presidenti di consiglio (7 per cento), 163 assessori (17 per cento) e 391 consiglieri (13 per cento). Persistono poi province nelle cui giunte non sono presenti donne, così come in alcune mancano del tutto, nonostante la
 

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normativa europea e nazionale, un assessorato o un consigliere delegato alle pari opportunità.
      Nelle regioni le donne rappresentano l'11 per cento degli eletti e il 17,6 per cento degli assessori. Tra i presidenti l'Italia ne conta 2 su 20.
      Appare evidente quindi che il nostro Paese, nonostante gli sforzi compiuti nell'ultimo decennio, è ancora lontano da quel 30 per cento di rappresentanza, considerato la soglia necessaria per poter parlare di piena applicazione dei princìpi di pari opportunità e di rappresentanza di genere.
      Il dato ci spinge a riflessione, anche alla luce della crescita del peso decisionale acquisito dagli enti locali dopo la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e la riforma in atto del cosiddetto federalismo fiscale.
      Come è noto, l'articolo 1, comma 2, della legge n. 42 del 2010 ha modificato e integrato l'articolo 2, commi da 183 a 187, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010) in materia di contenimento delle spese degli enti locali, disponendo, a tal fine, la graduale riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori comunali provinciali. Quindi, a decorrere dal 2011, si applica la riduzione del 20 per cento del numero di consiglieri comunali e provinciali.
      La contrazione del numero degli eletti realisticamente non favorisce l'incremento della rappresentanza femminile tra gli eletti e gli assessori.
      Con questa proposta di legge si intende quindi riequilibrare e incentivare al contempo, in modo graduale e conformemente ai princìpi costituzionali, la presenza di entrambi i generi nelle amministrazioni.
      Ricordiamo che l'Unione europea ha sancito che l'uguaglianza tra donne e uomini rappresenta uno dei princìpi fondamentali del proprio ordinamento. Per questo si pone come obiettivo quello di assicurare le pari opportunità e l'uguaglianza di trattamento tra donne e uomini, nonché di lottare contro ogni discriminazione basata sul sesso.
      In questo settore, l'Unione europea ha agito sia con azioni specifiche, sia con azioni di sistema (gender main streaming). Sul tema il Trattato di Lisbona ha riaffermato il principio di uguaglianza tra donne e uomini inserendolo tra i valori (articolo 2 del trattato istitutivo dell'Unione europea) e tra gli obiettivi (articolo 3, paragrafo 2, del trattato istitutivo dell'Unione europea).
      La carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea riafferma il divieto di qualsiasi forma di discriminazione, in particolare quella fondata sul sesso, e il dovere di garantire la parità tra uomini e donne in tutti i campi, e ciò non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.
      Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la carta dei diritti fondamentali, articolo 6 del trattato istitutivo dell'Unione europea, ha assunto carattere giuridicamente vincolante.
      Il 21 settembre 2010 la Commissione europea ha presentato la nuova strategia 2010-2015 per la promozione della parità tra uomini e donne nell'Unione europea. La strategia si sviluppa attraverso cinque pilastri: pari indipendenza economica; pari retribuzione per lo stesso lavoro e lavoro di pari valore; parità nel processo decisionale; dignità, integrità e fine della violenza nei confronti delle donne; parità tra donne e uomini nelle relazioni esterne. Per quanto riguarda la parità nel processo decisionale, la Commissione rileva che nella maggior parte degli Stati membri le donne continuano ad essere sottorappresentate nei processi e nelle posizioni decisionali, nonostante che costituiscano quasi la metà della forza lavoro e più della metà dei nuovi diplomati universitari dell'Unione europea.
      A proposito della rappresentanza, il 9 giugno 2008 il Consiglio europeo ha adottato conclusioni sulle donne e decisioni politiche nelle quali sottolinea che la partecipazione paritaria tra uomini e donne ai processi decisionali è una condizione preliminare alla promozione della donna, alla realizzazione di una vera parità tra i
 

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sessi, nonché un fondamento necessario per la democrazia.
      Nel nostro ordinamento il principio di parità tra i sessi è sancito dall'articolo 3, primo comma, della Costituzione. Il secondo comma dell'articolo 3 stabilisce un principio di uguaglianza sostanziale che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l'uguaglianza dei cittadini e ne impediscono la piena partecipazione alla vita politica, economica e sociale del Paese. L'articolo 3 è stato il faro grazie al quale sono state adottate le disposizioni di legge che prevedono azioni positive nei confronti dell'uguaglianza di genere.
      Il principio di uguaglianza si ritrova poi nell'articolo 51, primo comma, della Costituzione, così come integrato dalla legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1, che ha stabilito che tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
      Anche l'articolo 117 è stato modificato dalla riforma del 2001, sancendo che le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica, e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
      Successivamente è stato adottato il codice delle pari opportunità tra uomo e donna (decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198), volto a raccogliere e semplificare la normativa statale sull'uguaglianza tra sessi.
      A livello nazionale, oltre alle disposizioni di rango costituzionale, nella legislazione ordinaria il testo unico delle leggi per le elezioni del Senato (decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533) prevede che il sistema elettorale debba favorire l'equilibrio della rappresentanza tra uomini e donne. L'articolo 56 del codice per le pari opportunità, reca una norma volta a promuovere l'accesso delle donne alla carica di membro del Parlamento europeo.
      A tal fine, nelle liste di candidati presentate alle elezioni europee, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi dei candidati presenti nella lista. Per i movimenti e i partiti politici che non abbiano rispettato questa proporzione, viene ridotto il contributo, a titolo di rimborso, per le spese elettorali.
      Dalla modifica dell'articolo 51 della Costituzione discendono le norme della legge n. 244 del 2007: i commi 376 e 377 dell'articolo 1 i quali, in tema di organizzazione del Governo, stabiliscono che la sua composizione deve essere coerente con il principio costituzionale della pari opportunità nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
      Nelle regioni italiane, dopo la modifica degli articoli 122 e 123 della Costituzione, si registrano disposizioni volte a favorire l'accesso femminile alle candidature. Tutte le regioni che hanno adottato norme in materia elettorale hanno avviato un processo per favorire la parità di accesso alle candidature. In particolare le regioni Lazio (legge regionale n. 2 del 2005, articolo 3), Puglia (legge regionale n. 2 del 2005, articolo 3, comma 3), Toscana (legge regionale n. 25 del 2004, articolo 8, comma 4), Marche (legge regionale n. 27 del 2004, articolo 9, comma 6), Campania (legge regionale n. 4 del 2009, articolo 10) e Umbria (legge regionale n. 2 del 2010, articolo 3, comma 3) pongono il limite di due terzi alla presenza di candidati di ciascun sesso in ogni lista provinciale.
      Nella maggior parte dei casi la sanzione, qualora il limite non venga osservato, è l'inammissibilità della lista. Per il Lazio, la Puglia e l'Umbria, è invece causa di sanzione pecuniaria per le liste provinciali. I presentatori delle liste, infatti, sono tenuti a versare alla Giunta regionale l'importo del rimborso per le spese elettorali fino ad un massimo della metà, in misura direttamente proporzionale al numero di candidati eccedenti il numero massimo consentito. Il Lazio si è poi distinto in modo particolare in quanto ha
 

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previsto che il listino proporzionale legato al candidato presidente sia equamente suddiviso tra i rappresentanti di entrambi i sessi e prevede nel suo statuto l'obbligatorietà di un quinto dei membri della Giunta a favore del sesso meno rappresentato.
      Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, nel Friuli Venezia-Giulia ogni lista circoscrizionale deve contenere, pena l'esclusione, non più del 60 per cento di candidati dello stesso sesso. I nomi dei candidati sono alternati per sesso fino all'esaurimento del sesso meno rappresentato. Inoltre sono previste norme di incentivazione anche per le pari opportunità nelle campagne elettorali e nei programmi di comunicazione politica.
      In Valle d'Aosta, in ogni lista di candidati alle elezioni del Consiglio regionale, ogni sesso non può essere rappresentato in misura inferiore al 20 per cento, arrotondato all'unità superiore. Le liste che non corrispondono ai requisiti previsti sono dichiarate non valide.
      In Sicilia tutti i candidati delle liste regionali, dopo il capolista, devono essere inseriti secondo un criterio di alternanza tra uomini e donne; una lista provinciale non può includere un numero di candidati dello stesso sesso superiore a due terzi del numero di candidati da eleggere nel collegio.
      Nella provincia autonoma di Trento in ciascun lista di candidati, a pena di inammissibilità, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi del numero di candidati della lista.
      Il principio di pari opportunità è affermato anche dal testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prevedendo che gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune o della provincia, nonché degli enti, aziende e istituzioni da esse dipendenti.
      Con la presente proposta di legge si stabiliscono disposizioni specifiche per dare attuazione all'articolo 51 della Costituzione valutando la necessità di promuovere il pieno ingresso delle donne sin dagli organi di rappresentanza di base degli enti locali.
      La proposta di legge prevede all'articolo 1 modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. In particolare si prevede, a partire dall'articolo 17, comma 5, e quindi sulle circoscrizioni di decentramento comunale, uno specifico richiamo al principio di parità di ingresso delle donne e degli uomini alle cariche elettive e agli uffici pubblici, così come si prevede, in forma opzionale, la possibilità di esprimere due preferenze, una per genere tassativamente, pena l'annullamento della seconda preferenza. Questo dispositivo è volto a promuovere i processi di formazione del consenso a favore del genere meno rappresentato senza però ledere il diritto di scelta del cittadino.
      La lettera b) modifica l'articolo 46 del testo unico, inserendo un principio di pari opportunità tra donne e uomini nella nomina delle giunte comunali e provinciali. La norma è volta a superare ostacoli concreti alla rappresentanza nei luoghi decisionali per eccellenza come le giunte, dove sono ancora presenti fattori discriminatori. Sono numerose le giunte che vedono l'assenza totale di assessori donne.
      La lettera c) modifica l'articolo 71 del testo unico per quanto riguarda l'elezione dei consigli comunali nei comuni fino a 15.000 abitanti. Questi rappresentano 7.381 comuni nel territorio nazionale, di cui 5.787 al di sotto dei 5.000 abitanti. Tra questi, 47 comuni hanno meno di 100 abitanti, 792 tra i 101 e i 500 abitanti e 1.128 tra i 501 e i 1.000 abitanti.
      Si prevede altresì l'inserimento di un nuovo comma 3-bis nell'articolo 71 del testo unico, il quale prevede nelle liste, a pena di inammissibilità, la rappresentanza di entrambi i sessi. Non si è voluto in questo caso inserire un limite o un massimo di presenza del sesso meno rappresentato avendo considerato l'eterogeneità degli enti presi in considerazione per numero ed estensione territoriale. Si è invece
 

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introdotto lo stesso principio opzionale di doppia preferenza previsto per le circoscrizioni di decentramento comunale.
      All'articolo 73 del testo unico, che disciplina l'elezione del consiglio comunale nei centri con popolazione con più di 15.000 abitanti, la lettera d) inserisce il principio secondo cui, nelle liste dei candidati, nessuno dei due generi possa essere rappresentato in misura superiore a due terzi a pena di inammissibilità della lista. Si ribadisce inoltre che ciascun elettore può esprimere uno o due voti di preferenza, uno per genere, pena l'annullamento della seconda preferenza.
      Al comma 2 poi si disciplina l'elezione dei consigli provinciali. Si dispone che, in ciascun gruppo di candidati, nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, a pena di inammissibilità.
      L'articolo 2 della presente proposta, nel rispetto della competenza regionale per materia prevista dalla Costituzione, predispone un'integrazione al comma 1 dell'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165. Si introduce la nuova lettera b-bis) per l'adozione di specifiche misure per la promozione di parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Parità di accesso alle cariche elettive e agli organi esecutivi dei comuni e delle province).

      1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 17, comma 5, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Le modalità di elezione dei consigli circoscrizionali e la nomina o la designazione dei componenti degli organi esecutivi sono comunque disciplinate in modo da garantire il rispetto del principio della parità di accesso delle donne e degli uomini alle cariche elettive, secondo le disposizioni dell'articolo 73, commi 1 e 3, e agli uffici pubblici»;

          b) all'articolo 46, comma 2, dopo la parola: «nominano» sono inserite le seguenti: «, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi,»;

          c) all'articolo 71:

              1) dopo il comma 3 è inserito il seguente:
      «3-bis. Nelle liste dei candidati, a pena di inammissibilità, è assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi»;

              2) al comma 5, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Può altresì esprimere uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista collegata al candidato prescelto alla carica di sindaco nelle apposite righe stampate sotto il medesimo contrassegno. Nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di sesso maschile e

 

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l'altra un candidato di sesso femminile della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza»;

          d) all'articolo 73:

              1) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nelle liste dei candidati, a pena di inammissibilità, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi»;

              2) al comma 3, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Ciascun elettore può altresì esprimere, nelle apposite righe stampate sotto il medesimo contrassegno, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista collegata al candidato prescelto alla carica di sindaco. Nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di sesso maschile e l'altra un candidato di sesso femminile della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza».

      2. All'articolo 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, dopo il secondo comma è inserito il seguente:
      «In ciascun gruppo di candidati, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, a pena di inammissibilità».

      3. All'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156, dopo la parola: «nomina,» sono inserite le seguenti: «nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi,».

Art. 2.
(Parità di accesso alle cariche elettive delle regioni).

      1. Al comma 1 dell'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, dopo la lettera b) è inserita la seguente:
      «b-bis) adozione di specifiche misure per la promozione della parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive».


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