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PDL 3267

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3267



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GNECCHI, DAMIANO, SANTAGATA, BARETTA, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, LENZI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SCHIRRU

Modifiche all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, in materia di perequazione automatica delle pensioni, e all'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, in materia di integrazione al trattamento minimo

Presentata il 3 marzo 2010


      

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Onorevoli Colleghi! - Pensiamo si debba prevedere un sistema di perequazione delle pensioni che eviti il progressivo impoverimento dei pensionati. Purtroppo siamo tornati a una situazione di continua perdita del potere d'acquisto e non ci sono misure compensative per i pensionati che tengano conto della situazione economica generale e dello sviluppo o del mancato sviluppo del Paese: è giusto tenere conto, a tali fini, dell'aspettativa di vita, ma è altrettanto necessario tenere conto del lavoro svolto e delle condizioni socio-ambientali in cui si opera. La modifica del meccanismo di perequazione delle pensioni già in essere non garantisce a sufficienza il potere d'acquisto delle pensioni. Lo stesso dicasi per il meccanismo che regolamenta la fruizione dell'integrazione al trattamento minimo, che necessita di una modifica al fine di consentirne l'accesso a una platea più ampia di beneficiari. Lo Stato integra al minimo ogni anno 4,5 milioni di pensioni, con un importo medio di integrazione di circa 3.100 euro annui, per una spesa complessiva
 

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di circa 13,9 miliardi di euro (dati del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anno 2005). Questo dimostra che le pensioni sono basse e che l'integrazione al trattamento minimo è una misura indispensabile per la sopravvivenza di chi lo percepisce.
      È utile ricordare, inoltre, che quando non è sufficiente la pensione per fare fronte ai bisogni essenziali, lo Stato deve comunque intervenire, attraverso i comuni, destinando risorse aggiuntive della fiscalità generale alle politiche assistenziali; si pensi, ad esempio, alle rette delle case di riposo, per le quali, qualora il reddito personale o familiare non sia sufficiente, interviene il sostegno pubblico.
      L'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) rende noto (11 gennaio 2010) che la crisi economica incide fortemente sul reddito reale delle famiglie e che il potere d'acquisto è in calo dell'1,6 per cento in soli dodici mesi (nel periodo tra ottobre 2008 e settembre 2009). Rispetto alla problematica in esame, va anche segnalato che da anni non è più garantita la restituzione del fiscal drag e ciò ha ridotto ulteriormente il reddito a disposizione dei pensionati e dei lavoratori. Secondo l'ultimo rapporto dell'ISTAT, in Italia, nel 2008, le famiglie che si trovano in condizioni di povertà relativa sono stimate in 2.737.000 e rappresentano l'11,3 per cento delle famiglie residenti. Nel complesso sono 8.078.000 gli individui poveri, il 13,6 per cento dell'intera popolazione. Nel 2008, in Italia, 1.126.000 famiglie (il 4,6 per cento delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 2.893.000 individui, ossia il 4,9 per cento dell'intera popolazione. Anche nell'anno 2009, con un -1,9 per cento, i consumi sono stati in calo, mentre per l'anno corrente è atteso un rimbalzo con un modesto +0,6 per cento; le stime sono state fatte dall'ufficio studi della Confcommercio, il quale, tra l'altro, prevedeva per l'anno 2009 una caduta in Italia del prodotto interno lordo del 4,9 per cento, cui dovrebbe seguire nel 2010 un rimbalzo dello 0,6 per cento, e dello 0,8 per cento nel 2011. Questo dato è ancora più allarmante quando si consideri che il 2009 ha registrato uno dei tassi di inflazione più basso degli ultimi decenni. L'incidenza della spesa alimentare (dati 2008) sul totale della spesa delle famiglie è del 18,8 per cento (2 punti in meno rispetto al 1990) e ammonta in media a 466 euro mensili, ovvero a 5.592 euro l'anno.
      Mentre per i lavoratori questa perdita è recuperata, seppur in parte, attraverso i rinnovi contrattuali, per i pensionati l'attuale sistema di perequazione delle pensioni si sta dimostrando sempre più inadeguato a garantire un'effettiva perequazione e pertanto si propone che in aggiunta all'attuale sistema di calcolo per l'adeguamento delle pensioni si riconosca, almeno in parte, anche un aumento automatico che recuperi la perdita del potere d'acquisto delle pensioni calcolato dall'ISTAT.
      Nello specifico si propone che la perequazione sia calcolata, oltre che con il sistema attuale rapportato all'adeguamento del costo della vita, anche in base alla perdita del potere d'acquisto reale delle pensioni calcolato annualmente dall'ISTAT. A tale fine si applicano i criteri e le modalità di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 24 della legge 28 febbraio 1986, n. 41.
      Il decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, prevede, all'articolo 6, comma 1, che l'integrazione al trattamento minimo delle pensioni, con il sistema retributivo, non spetta ai soggetti che posseggano:

          «a) nel caso di persona non coniugata, ovvero coniugata ma legalmente ed effettivamente separata, redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un importo superiore a due volte l'ammontare annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti calcolato in misura pari a tredici volte l'importo mensile in vigore al 1o gennaio di ciascun anno;

          b) nel caso di persona coniugata, non legalmente ed effettivamente separata, redditi propri per un importo superiore a

 

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quello richiamato al punto a), ovvero redditi cumulati con quelli del coniuge per un importo superiore a quattro volte il trattamento minimo medesimo (...)».

      La presente proposta di legge prevede di aumentare il limite di reddito per le persone non coniugate o legalmente separate, da due a tre volte l'ammontare annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti calcolato in misura pari a tredici volte l'importo mensile in vigore al 1o gennaio di ciascun anno, mentre per le persone coniugate si propone l'aumento del limite di reddito da quattro a cinque volte il trattamento minimo medesimo, esclusa la rendita catastale della prima casa.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Perequazione automatica delle pensioni).

      1. Il comma 1 dell'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, è sostituito dal seguente:

      «1. Gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali e assistenziali si applicano, a decorrere dal 1o gennaio 2011, sulla base dell'adeguamento al costo della vita e della perdita del potere di acquisto reale delle pensioni, calcolato annualmente dall'ISTAT, con cadenza annuale e con effetto dal 1o novembre di ogni anno. Tali aumenti sono calcolati applicando all'importo della pensione spettante alla fine di ciascun periodo la percentuale di variazione che si determina rapportando il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai e di impiegati e dell'indice ISTAT di parità del potere d'acquisto (PPA), relativo all'anno precedente il mese di decorrenza dell'aumento, all'analogo valore medio relativo all'anno precedente. Si applicano i criteri e le modalità di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 24 della legge 28 febbraio 1986, n. 41».

Art. 2.
(Diritto al trattamento minimo nel sistema retributivo).

      1. Le lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, sono sostituite dalle seguenti:

          «a) nel caso di persona non coniugata, ovvero coniugata ma legalmente ed effettivamente separata, redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un importo superiore

 

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a tre volte l'ammontare annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti calcolato in misura pari a tredici volte l'importo mensile in vigore al 1o gennaio di ciascun anno;

          b) nel caso di persona coniugata e convivente, non legalmente ed effettivamente separata, redditi propri per un importo superiore a quello richiamato alla lettera a), ovvero redditi cumulati con quelli del coniuge per un importo superiore a cinque volte il trattamento minimo medesimo, esclusa la rendita catastale della prima casa».

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

      1. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede mediante l'incremento al 20 per cento delle aliquote relative ai redditi di capitale di cui alle seguenti disposizioni:

          a) articoli 26, 26-ter e 27 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;

          b) articolo 1 del decreto-legge 2 ottobre 1981, n. 546, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 1981, n. 692, e successive modificazioni;

          c) articolo 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77, e successive modificazioni;

          d) articoli 5 e 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, e successive modificazioni;

          e) articolo 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, e successive modificazioni;

          f) articolo 2 del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni;

          g) articoli 5 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, e successive modificazioni.    


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