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PDL 2269

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2269



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BORGHESI, MESSINA, ZAZZERA, SCILIPOTI, PALAGIANO, PORCINO, PALOMBA, FAVIA, EVANGELISTI, DI GIUSEPPE, ROTA, CAMBURSANO, CIMADORO, PALADINI, PIFFARI, MONAI, DI STANISLAO, RAZZI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle operazioni di cartolarizzazione denominate SCIP 1 e SCIP 2 effettuate dalla Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l.

Presentata il 9 marzo 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 43-bis del decreto-legge n. 207 del 2008 (cosiddetto «milleproroghe»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, pone in liquidazione il patrimonio separato relativo alla prima operazione di cartolarizzazione effettuata dalla Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l. (SCIP) e il patrimonio separato relativo alla seconda operazione di cartolarizzazione effettuata dalla stessa SCIP, trasferendo la proprietà degli immobili della SCIP ai soggetti originariamente proprietari degli stessi.
      Il trasferimento degli immobili appartenenti al patrimonio separato relativo alla seconda operazione di cartolarizzazione è effettuato per un corrispettivo pari al valore degli immobili stessi, determinato ai sensi delle relative norme, e tale corrispettivo è versato alla SCIP. Gli enti possono procedere alla vendita diretta degli immobili. In particolare, i soggetti originariamente proprietari degli immobili assolvono alla vendita di tutti i beni immobili ad essi trasferiti nel rispetto delle procedure che regolano l'alienazione degli stessi da parte della SCIP per la seconda operazione di cartolarizzazione, per quanto compatibili, in modo da massimizzare gli incassi in relazione alla situazione del mercato immobiliare, e possono modificare le suddette procedure al fine di rendere più efficiente il processo di vendita.
      L'acquisizione degli immobili da parte dei predetti enti previdenziali è operata anche in deroga al comma 488 dell'articolo 2 della legge n. 244 del 2007, ai sensi del quale gli enti previdenziali pubblici possono effettuare investimenti immobiliari esclusivamente in forma indiretta e nel limite del 7 per cento dei fondi disponibili.
      Si opera dunque la liquidazione della società SCIP 2, veicolo della più grande cartolarizzazione in Europa, lanciata dal Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Tremonti, nel 2002. Un monumento alla «finanza creativa»: SCIP 2 incassò 6,7 miliardi di euro grazie a obbligazioni garantite dalla futura vendita di un portafoglio di quasi 63.000 immobili di proprietà degli enti previdenziali.
      Questa operazione si chiude con 1,7 miliardi di obbligazioni da ripagare che finiranno a carico del bilancio pubblico e con poco meno della metà degli immobili (28.000) invenduti.
      Già nel 2005 era stato necessario un prestito-ponte per coprire i mancati incassi delle vendite e, tra ottobre e gennaio, la SCIP non ha onorato le scadenze delle proprie obbligazioni facendo scattare le clausole a tutela dei sottoscrittori, clausole che facevano alzare i rendimenti.
      SCIP 1, lanciata nel 2001, aveva prodotto un utile di 1,2 miliardi di euro che gli stessi enti previdenziali presenti nella seconda operazione utilizzeranno per coprire in parte il buco di SCIP 2.
      Vanno ricordate le tappe salienti della vicenda SCIP: la strada scelta allora dal Governo Berlusconi, tradotta nel decreto-legge n. 351 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001, si prefiggeva un obiettivo condivisibile, ma il tentativo di operare forzature giuridiche e tecniche, capaci di travolgere le regole e la prassi dell'ordinamento italiano, conteneva gli elementi di un pericoloso squilibrio e talvolta di marcata non equità, che si sono puntualmente manifestati nel tortuoso percorso delle dismissioni, soprattutto per ciò che riguarda quelle gestite dalla società SCIP 2.
      L'intera operazione resta ancora contornata da una ridda di interrogativi insoluti che ne evidenziano l'opacità e che determinano, soprattutto per ciò che riguarda la vicenda irrisolta degli immobili di pregio, un'accentuata difformità di trattamento nelle condizioni di vendita, quindi nella possibilità offerta ai cittadini di esercitare in modo congruo ed equilibrato un proprio legittimo diritto.
      A giugno 2001, mentre erano in corso le vendite degli immobili direttamente da parte degli enti, il nuovo Governo Berlusconi blocca le operazioni, accusando le amministrazioni degli enti di ritardi e di inefficienze e di aver avuto nel corso degli anni una redditività del patrimonio immobiliare pari a zero.
      Il Ministro Tremonti - per ridurre il debito pubblico e per rispettare i parametri di Maastricht - sostenendone la necessità, l'urgenza e la convenienza, scommette sulle cartolarizzazioni immobiliari e mette a punto una nuova normativa il cui testo, ad avviso dei presentatori, sembra scritto da un comitato d'affari di banche e di società immobiliari coordinato dal suo Ministero attraverso un gruppo di consulenti e di esperti.
      Per prima cosa, il Governo stabilisce che tutto il patrimonio immobiliare degli enti (anche quello già individuato e pronto per il rogito notarile) deve essere cartolarizzato con operazioni finanziarie delegate completamente al Ministro dell'economia e delle finanze, tagliando fuori il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
      A metà marzo 2003, viene anche soppresso l'Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il coordinamento e il controllo dei programmi di vendita.
      Millantando una convenienza per la finanza pubblica, il Governo ha sottratto di fatto la proprietà immobiliare agli enti per trasferirla alla SCIP.
      La cartolarizzazione consente al Governo di fare subito cassa e alle società immobiliari, riunite in consorzio, di mettere le mani sulla parte commerciabile del patrimonio in vendita. Infatti, per le società immobiliari, che ben conoscono il sistema delle aste, è già interessante partire con la gestione delle vendite di alloggi e di unità commerciali libere.
      Le vendite con procedura d'asta vengono gestite all'interno degli stessi consorzi, che modificando di volta in volta le stesse procedure accumulano ingenti guadagni. Sono gli anni in cui anche i «furbetti del quartierino» accumulano grande liquidità per le successive operazioni che li portano prima alla ribalta e poi ad essere inquisiti.
      Con le cartolarizzazioni lo Stato ha messo sul mercato un patrimonio immobiliare stimato complessivamente in circa 16,5 miliardi di euro. Se una buona fetta è stata comprata dagli inquilini con gli sconti, anche per gli immobiliaristi molti buoni affari non sono mancati; ci si può legittimamente chiedere chi risponderà e quando dei risultati negativi, e se vi sarà mai un giudizio effettivo e serio di responsabilità.
      Le cartolarizzazioni pubbliche, certamente, sono state un grande affare, ma non per lo Stato. Esse sono state gestite in maniera poco trasparente dalle grandi banche d'affari scelte per organizzare tutte le relative procedure di attuazione.
      L'obiettivo di riduzione dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni è stato conseguito in misura molto limitata.
      La gestione delle operazioni di cartolarizzazione è stata affidata al Dipartimento del tesoro che si è avvalso del supporto del consiglio degli esperti, formato anche da persone provenienti da grandi banche d'affari e che sono poi tornate ad assumere incarichi esterni all'amministrazione.
      La pianificazione e la gestione strategica delle operazioni sono state di fatto esternalizzate, affidandole ai super consulenti, e in particolare alle banche d'affari che operano a livello internazionale. Data la loro natura e i loro interessi, tali soggetti, da una parte, non hanno effettuato alcun monitoraggio dei costi e dei benefìci pubblici e, dall'altra, sono stati comunque portati a evidenziare soprattutto i vantaggi delle operazioni.
      Si può dubitare che siano stati fatti gli interessi pubblici, anche perché i processi di cartolarizzazione si sono svolti in condizioni di scarsissima trasparenza.
      Tranne lo Stato, ci hanno guadagnato più o meno tutti: le banche, gli investitori finanziari, le agenzie di rating, gli immobiliaristi, gli studi legali, gli ex inquilini diventati proprietari. Con le operazioni di cartolarizzazione una buona parte del patrimonio immobiliare pubblico (in primis quello degli enti previdenziali, pagati con i contributi dei lavoratori) è stata venduta, con elevatissimi costi di gestione. I proventi - inferiori alle previsioni iniziali, pur scontate - non sono stati reinvestiti, ma utilizzati (con alterne fortune, visti gli interventi di EUROSTAT) per tamponare le voragini dei conti pubblici.
      Rispetto alle attese, SCIP 2 si rivela un fallimento (vedi A. Misiani, «La fine ingloriosa delle cartolarizzazioni immobiliari», NENS). A dicembre 2008, delle 62.880 unità immobiliari iniziali, ne risultano invendute 13.574, pari a un prezzo aggregato di offerta di 2.356 milioni di euro.
      Complessivamente, la società ha incassato 3.595 milioni di euro da vendite e 296 milioni di euro da affitti (in totale: 3.891 milioni di euro), molto meno di quanto previsto (le vendite sono state inferiori del 33,5 per cento rispetto al business plan). Nel solo quarto trimestre 2008, le vendite hanno prodotto incassi per 152 milioni di euro, il 55,3 per cento in meno di quanto previsto dal business plan. Il valore del portafoglio residuo è con tutta probabilità sovrastimato rispetto a quanto realisticamente realizzabile dalla vendita delle unità residue.
      Tra le ragioni dell'inceppamento dei flussi di vendita di SCIP 2 vanno annoverati l'aumento dei prezzi di mercato, lo scontro sociale e politico che si è aperto sulle cartolarizzazioni, il moltiplicarsi dei contenziosi (con particolare riferimento ai ricorsi relativi agli immobili «di pregio»), la confusione legislativa e gli intoppi burocratici.
      Particolarmente elevati risultano i costi dell'operazione, dal 2002 al 2007 pari - secondo i dati riportati dal sito www.scip2pregio.it - a 1.359 milioni di euro, di cui 780 milioni di euro di interessi passivi su titoli emessi (aggravati dall'allungamento dei tempi di rimborso dei titoli), 115 milioni di euro di interessi passivi sul prestito ponte e 348 milioni di euro di interessi su contratti swap.
      Sarebbe stato auspicabile e opportuno che il Governo avesse prodotto una relazione dettagliata sulle operazioni SCIP 1 e SCIP 2 e sul costo effettivo del trasferimento della proprietà degli immobili di SCIP agli enti previdenziali originariamente proprietari degli stessi.
      La liquidazione di SCIP peggiorerà i conti pubblici relativi all'anno 2009 di 1.720 milioni di euro. Soldi che serviranno agli enti previdenziali - e, in ultima istanza, al Tesoro - per rientrare in possesso degli immobili e, per questa via, a rimborsare i prestiti in scadenza. La cifra, naturalmente, potrà poi essere recuperata con la successiva cessione degli immobili, che questa volta verrà gestita direttamente dagli enti previdenziali (ammesso che ci riescano...). Secondo la relazione tecnica trasmessa (in ritardo) al Parlamento «l'impatto sul fabbisogno e l'indebitamento netto, pari alle risorse da assicurare a SCIP 2, è già scontato nei saldi assunti nell'aggiornamento del Patto di stabilità e crescita». E in effetti la Nota informativa 2009-2011 del 6 febbraio 2009 (doc. LVII-bis, n. 1), a pagina 6, evidenzia, in una nota alla Tavola 3 (Conto della pubblica amministrazione a legislazione vigente), che «il dato per il 2009 riflette la revisione della strategia relativa agli investimenti immobiliari adottata in considerazione della crisi economica internazionale e ritenuto che le condizioni del mercato immobiliare non sono favorevoli alla dismissione nel breve periodo di compendi immobiliari. La nuova impostazione porta ad un incremento degli investimenti fissi pari a 1,9 miliardi».
      Peccato che:

          a) alla data del 6 febbraio 2009 non risultava in vigore alcun provvedimento legislativo in tal senso (l'articolo aggiuntivo 43-bis del decreto-legge «milleproroghe» non è ancora norma di legge);

          b) non vi era stato alcun passaggio parlamentare relativamente ai saldi assunti nell'aggiornamento del Patto di stabilità e crescita (di cui alla Nota informativa).

      Tornando ad esaminare analiticamente l'articolo 43-bis, rileviamo come esso è composto da 14 commi. Ovviamente non sono esposte le cifre del dissesto della SCIP S.r.l., ma dal dipanarsi delle regole proposte per la chiusura della società veicolo si può stare certi che il «buco» avrà effetti negativi per l'equilibrio dei conti degli enti previdenziali e dello Stato.
      Innanzitutto, le passività della SCIP S.r.l.: esse sono senz'altro principalmente ascrivibili alla seconda operazione di cartolarizzazione, sono nominalmente elencate al comma 6 e si riferiscono ai titoli emessi, alle obbligazioni, ai costi e ai finanziamenti assunti.

      Al comma 11 si dispone che la seconda operazione di cartolarizzazione è conclusa solo dopo l'avvenuto rimborso delle suddette passività e al comma 14 si richiama anche la necessità di estinguere costi e passività della prima operazione. Si ritiene che questi ultimi siano, comunque, risibili nel contesto considerato (le obbligazioni sono state tutte rimborsate fin dal 2003).
      Così viene stabilito il ripianamento delle passività di cui al comma 6 dell'articolo 43-bis:

          a) si può delineare una prima fase nella quale si dispone che l'Agenzia del territorio valuti il patrimonio invenduto relativo alla seconda operazione di cartolarizzazione entro il 20 marzo 2009 ed a prezzo di mercato «sulla base delle liste contenenti gli elementi identificativi degli immobili in possesso della SCIP» (comma 4);

          b) una seconda fase prevede che a fronte del patrimonio, così come valutato, gli enti previdenziali corrispondano alla SCIP 2 il relativo prezzo entro il 15 aprile 2009 «al netto dell'eventuale maggiore valore (...) rispetto alle passività» di SCIP 2 (comma 6); ma cosa vuol dire questa frase sibillina solo apparentemente chiara?

          c) la terza fase è connessa alle operazioni di raccolta del denaro necessario per pagare il corrispettivo del patrimonio. Questa fase viene gestita dal Ministero dell'economia e delle finanze, in nome e per conto degli enti previdenziali, in quanto si utilizzeranno le disponibilità di cassa della prima operazione di cartolarizzazione, cioè di quello che alcuni hanno definito il «tesoretto» di SCIP 1, che ancora giace sul relativo conto. Come si evince dalla relazione semestrale riferita all'anno 2008, pubblicata sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze, alla data del 30 giugno 2008 il saldo di cassa, al netto delle spese sostenute, risulta pari a euro 1.361.567.277,10. Tali somme devono essere versate, a cura di SCIP, su un capitolo di entrata del bilancio dello Stato. Il Ministero provvederà a ritrasferirle a un capitolo di spesa, per poi versarle entro il 15 aprile 2009 alla SCIP 2;

          d) la quarta fase dispone sull'eventuale differenza scaturente dal raffronto tra il valore del patrimonio e la somma proveniente dalla chiusura del conto SCIP 1 (ipotesi prevista probabilmente non remota). Si dispone che gli enti previdenziali debbano versare la somma a debito anche con riferimento ai beni dello Stato retrocessi, in misura proporzionale al rapporto di conferimento iniziale. «Qualora uno o più tra gli enti previdenziali non dispongano in misura sufficiente della cassa necessaria a corrispondere tale differenza, gli altri enti previdenziali aventi disponibilità di cassa provvedono ad anticipare la suddetta differenza. Gli enti previdenziali provvedono al versamento della differenza in deroga al comma 488 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, fermo restando il limite del 7 per cento ivi previsto. I soggetti originariamente proprietari regolano in via convenzionale tra di loro i rapporti di debito e credito derivanti dall'applicazione del presente comma» (comma 8);

          e) la quinta fase è prevista qualora si verifichi un'eventuale indisponibilità di cassa degli enti (ipotesi prevista probabilmente non remota), per quanto descritto al precedente punto. Il Ministero dell'economia e delle finanze anticipa la somma occorrente residua, che dovrà essere restituita dagli enti utilizzando i proventi derivanti dall'alienazione del patrimonio riconferito, tutto ciò fino a concorrenza della somma corrispondente alla valutazione del patrimonio retrocesso;

          f) la sesta fase si individua nella parte del comma 9 dove si prevede l'ipotesi (prevista probabilmente non remota) che l'eventuale somma ancora mancante sia coperta «mediante la vendita di ulteriori immobili dello Stato effettuata dall'Agenzia del demanio, tenendo conto della situazione del mercato immobiliare» (si tratta dunque di un'ulteriore vendita!);

          g) la settima fase, prevista al comma 10, prevede che, qualora il valore del patrimonio retrocesso sia inferiore alle passività della SCIP 2 e, quindi, le somme versate dagli stessi siano più alte, la differenza sarà restituita «mediante l'utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalla vendita di ulteriori immobili dello Stato da parte dell'Agenzia del demanio» (si tratta ancora di un'ulteriore vendita!);

          h) l'ottava fase, forse, è qui aggiunta per troppo pessimismo; ma si segnala che il comma 14 stabilisce che «l'Agenzia del territorio, nell'ambito delle proprie attività istituzionali, effettua entro dodici mesi una puntuale ricognizione e valutazione di tutti gli immobili di proprietà degli enti previdenziali pubblici». Si tratta del residuo patrimonio strumentale e prosegue, coerentemente, quanto contenuto nella direttiva del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali che, già nel novembre 2008, aveva annunciato ai commissari straordinari degli enti previdenziali pubblici un conferimento in proprietà delle sedi ad altro soggetto giuridico. Ciò non dovrebbe significare, anche se la rubrica dell'articolo 43-bis lo farebbe supporre, che le sedi vengano cartolarizzate, anche perché, attualmente, mancherebbe la norma legittimante. Senz'altro potranno, invece, essere conferite ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare. Non è dato sapere se l'esigenza sia connessa al ripianamento del deficit creato dalla seconda operazione di cartolarizzazione europea.

      Si suppone, peraltro, che tale patrimonio sia già conosciuto e valorizzato in bilancio correttamente; qualora non lo fosse gli enti potrebbero avvalersi, per tale ricognizione, della consulenza tecnico-edilizia già in organico.
      È vero, infatti, che la norma dispone che il peraltro esiguo residuo patrimonio riferito alla prima operazione di cartolarizzazione sia retrocesso agli enti già proprietari senza corresponsione di corrispettivo. Tenendo conto, però, che il prezzo iniziale corrisposto agli enti è stato pari al solo 60 per cento e che l'attivo di cassa attuale, che avrebbe dovuto rappresentare il prezzo differito dell'operazione, verrà utilizzato per ripianare SCIP 2, è facile arguire che, molto probabilmente, agli enti non verrà assegnata più alcuna quota di prezzo differito. Il patrimonio retrocesso, inoltre, non è da considerarsi come il corrispettivo in natura sostitutivo del prezzo differito non corrisposto, visto che dovrà essere alienato per ripianare il deficit di cassa causato agli enti dal versamento del corrispettivo di SCIP 2. Esito semplificato della prima operazione di cartolarizzazione: la vendita del patrimonio al 60 per cento del suo valore nel 2001.
      Il più cospicuo patrimonio immobiliare, di seconda cartolarizzazione, specie non residenziale, invenduto ad oggi, verrà acquistato, invece, ex lege dagli enti a prezzo di mercato. Ma tale patrimonio è stato pagato agli stessi enti nel 2002 per l'85 per cento del suo valore, come già detto, nella fase del conferimento alla società veicolo. La manutenzione ordinaria e straordinaria è stata nel frattempo convenzionalmente accollata agli enti gestori, che ora dovranno ripagarla, considerando che, specie la manutenzione straordinaria, ha senz'altro riposizionato economicamente gli immobili interessati. Anche la manutenzione ordinaria in massima parte non è stata oggetto di ripetizione, stante l'obbligo di non locare le unità residenziali resesi sfitte che, nel frattempo, sono sensibilmente aumentate.
      Il vero punto dolente dell'operazione di «maquillage» è rappresentato, infatti, dall'aspetto della regolazione economica dell'operazione, così come illustrata, nelle sue varie fasi, dell'articolo 43-bis. La regolazione economica non deve essere focalizzata, infatti, solo sul corrispettivo che gli enti gestori devono versare alla SCIP S.r.l. ma, bensì, sulla regolazione economica delle passività della SCIP S.r.l., di cui non si conosce ufficialmente l'entità. Ad oggi la relazione semestrale al Parlamento riferita alla situazione al 31 dicembre 2008 non è stata ancora presentata.
      Purtroppo, nonostante gli errori del passato e l'esito delle indagini della Corte dei conti di seguito richiamate, se pure datate, la storia si ripete.
      Ad esempio, in tema di valutazione del patrimonio che verrà retrocesso ex lege si conosce il contenuto approssimativo delle liste sulla base delle quali l'Agenzia del territorio sta conducendo le valutazioni.
      Quel che è peggio è che tale operazione di valutazione, peraltro a titolo oneroso, è già iniziata in realtà fin dal novembre 2008 e prevede un'attività che ha già coinvolto e coinvolge gli uffici locali dell'Agenzia del territorio, mentre gli enti sono rimasti estranei e non coinvolti, certamente a livello locale, seppure chiamati a esercitare le funzioni di gestore nel senso pieno del termine.
      Infatti, sembrerebbe che le istruzioni impartite dal livello centrale dell'Agenzia del territorio al livello locale prevedano espressamente di non coinvolgere gli enti gestori. Solo qualche tecnico incaricato dell'estimo ha ritenuto, in qualche città, di non riuscire a valutare in pochissimi giorni un elenco di immobili senza nemmeno visionarli e ha chiesto, per buona volontà, qualche chiarimento suppletivo a qualche funzionario di qualche ente gestore che ha ritenuto, pur non comprendendo la genesi della richiesta ufficiosa, di controllare tali liste, nelle quali erano evidenziati immobili già venduti ovvero aggiudicati ovvero dove erano evidenziati immobili locati con dati contrattuali non aderenti alla realtà per durata del contratto per importo del canone.
      Tali liste erano anche incomplete, non comprendendo tutto il patrimonio invenduto.
      Un'altra curiosità: gli enti ricomprano le sedi strumentali cartolarizzate per errore al 100 per cento del loro valore!
      In un Paese «normale», il Parlamento pretenderebbe la massima chiarezza su questa vicenda. In Italia se ne è occupata la Corte dei conti nel marzo 2006 e nel gennaio 2007, con relazioni estremamente critiche nei confronti della cartolarizzazione immobiliare. Ora che questa storia si avvia ad una (ingloriosa) conclusione, è sicuramente tempo di fare piena luce - istituendo una Commissione parlamentare di inchiesta - su una delle operazioni finanziarie più discutibili e controverse degli ultimi decenni.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. È istituita, per un triennio a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle operazioni di cartolarizzazione denominate SCIP 1 e SCIP 2, effettuate dalla Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l., di seguito denominata «Commissione».
      2. La Commissione è composta da quattordici senatori e da quattordici deputati nominati, rispettivamente, dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, su designazione dei presidenti dei rispettivi gruppi parlamentari, proporzionalmente alla consistenza numerica di ciascun gruppo e comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.
      3. Il presidente della Commissione è nominato d'intesa dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

Art. 2.

      1. La Commissione ha il compito di:

          a) effettuare le ricerche e le rilevazioni occorrenti per acquisire informazioni, documenti e ogni altra notizia utile alla conoscenza e alla valutazione degli effetti sulla finanza pubblica delle operazioni di cartolarizzazione di immobili pubblici effettuate dalla Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l., nonché atte a individuare eventuali responsabilità di dirigenti di tale società, di enti, di pubbliche amministrazioni e di esponenti politici coinvolti nella gestione delle operazioni di cartolarizzazione;

          b) promuovere la conoscenza delle ricerche e delle rilevazioni di cui alla lettera a) presso le istituzioni e l'opinione pubblica;

          c) riferire alle Camere i risultati della propria attività e formulare osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente.

Art. 3.

      1. Per l'adempimento dei propri compiti la Commissione può avvalersi della collaborazione di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni, che ritenga necessarie, di soggetti interni ed esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti.
      2. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
      3. La Commissione può altresì stipulare convenzioni con istituti di ricerca ed enti privati specializzati nella materia.
      4. La Commissione può avvalersi anche della collaborazione di esperti, estranei al personale delle Camere, rimettendone la scelta all'ufficio di presidenza di cui all'articolo 4, comma 1.

Art. 4.

      1. La Commissione è convocata per la propria costituzione dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati ed elegge tra i propri componenti due vicepresidenti e due segretari che, con il presidente, formano l'ufficio di presidenza.
      2. Per la validità delle sedute della Commissione è necessaria la presenza di almeno un terzo dei suoi componenti.
      3. La Commissione può deliberare di articolarsi in gruppi di lavoro.

Art. 5.

      1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
      2. La Commissione può acquisire copia di atti e documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari.
      3. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.

Art. 6.

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

Art. 7.

      1. A conclusione dei suoi lavori, la Commissione dà mandato a uno o più dei suoi componenti di redigere la relazione finale, che è sottoposta alla deliberazione della Commissione stessa, ai fini della sua presentazione alle Camere.
      2. Se nella deliberazione di cui al comma 1 non è raggiunta l'unanimità, possono essere presentate più relazioni.
      3. La Commissione, a maggioranza dei suoi componenti, delibera sulla pubblicazione dei verbali delle sedute, del testo di quanto riferito dalle persone convocate, dei documenti e degli atti dell'inchiesta.
      4. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 3, i membri della Commissione, i funzionari addetti all'ufficio di segreteria e ogni altra persona che collabora con la Commissione stessa o compie o concorre a compiere atti di inchiesta o ne ha comunque conoscenza sono obbligati al segreto per tutto ciò che riguarda gli atti medesimi e i documenti acquisiti.
      5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 4 è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
      6. Le stesse pene di cui al comma 5 si applicano a chiunque, al di fuori delle comunicazioni ufficiali della Commissione, pubblica o rende comunque noti, anche per riassunto, atti o documenti dell'inchiesta, salvo che per il fatto siano previste pene più gravi.

Art. 8.

      1. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 500.000 euro per ciascuno degli anni della sua durata e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata d'intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al periodo precedente, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.


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