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PDL 1367

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1367



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CAZZOLA, BALDELLI, DI BIAGIO, ANTONINO FOTI, PELINO, RAISI, VERSACE, VIGNALI

Delega al Governo per la tutela previdenziale dei lavoratori occupati in attività usuranti

Presentata il 24 giugno 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - La legge n. 247 del 2007, che ha attuato il protocollo del 23 luglio 2007, ha disciplinato, tra le altre materie, anche la tutela previdenziale dei lavori usuranti. Dei 10 miliardi di euro di maggiori oneri, oltre ai 7,48 miliardi di euro che sono attribuiti alla revisione dello scalone (mediante un sistema che agisce sulle cosiddette «quote» ovvero sulla somma del requisito contributivo e di quello anagrafico e su di una serie di scalini consistenti in un requisito minimo di età), 2,52 miliardi di euro (poi aumentati di altri 300 miliardi di euro circa) servono invece per finanziare il Fondo per i lavori usuranti. Si tratta del problema del se e del come riconoscere requisiti più favorevoli, per il conseguimento della pensione, a quei lavoratori adibiti a mansioni di particolare disagio, consentendo agli interessati di anticipare, in modo ragionevolmente congruo, i limiti della quiescenza. Tutte le misure di riforma degli ultimi quindici anni hanno sempre previsto delle norme rivolte a disciplinare tale fattispecie, la quale è entrata, quindi, a fare parte, da tempo e a pieno titolo, dell'ordinamento previdenziale. Fin dalla cosiddetta «legge Amato» del 1992 (decreto legislativo n. 503 del 1992), inoltre, sono salvaguardati dei limiti di età pensionabile più ridotti (rispetto a quelli canonici di vecchiaia: 65 anni per gli uomini e 60 per le donne) in ragione dell'attività svolta per gli appartenenti alle Forze armate e di polizia nonché per i vigili del fuoco, gli iscritti al Fondo volo, il personale viaggiante delle Ferrovie dello Stato Spa e gli autoferrotranvieri, i lavoratori dello spettacolo, gli sportivi e gli allenatori professionisti. Nel caso di lavorazioni esposte all'amianto si è applicato - con riferimento agli aspetti pensionistici - una disciplina specifica (che riduce il requisito contributivo con criteri di proporzionalità rispetto agli anni di esposizione) operante anch'essa dal 1992 (legge n. 257 del 1992) e recentemente rivisitata in termini più restrittivi. Quanto ai lavori usuranti, la materia è stata regolata - si citano solo gli atti principali - dal decreto legislativo n. 374 del 1993 e dal decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 19 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 4 settembre 1999 (che aveva recepito le indicazioni di una commissione tecnico-scientifica istituita dalla legge n. 449 del 1997), e dall'articolo 78 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001). La relativa tutela prevista (ampiamente rivisitata dalla legge n. 335 del 1995) era disposta tanto per i dipendenti, privati e pubblici, quanto per gli autonomi e consisteva nell'anticipo dell'età pensionabile in ragione di un anno ogni dieci di occupazione in attività usuranti fino ad un massimo di 24 mesi. Per le pensioni liquidate solo con il metodo contributivo, i vantaggi previsti erano ancora maggiori: il lavoratore poteva scegliere l'applicazione del coefficiente di trasformazione corrispondente all'età anagrafica all'atto del pensionamento, aumentato di un anno ogni sei anni di lavoro usurante; oppure poteva utilizzare tale periodo per l'anticipazione dell'età pensionabile fino al massimo di un anno rispetto al normale accesso. Nel caso di lavori particolarmente usuranti (già individuati dal decreto legislativo n. 374 del 1993 nel lavoro notturno continuativo, alle linee di montaggio, con ritmi vincolati, in cave, galleria, serra, spazi ristretti eccetera) erano ridotti fino ad un anno anche i requisiti di età anagrafica della pensione di anzianità. Per questi ultimi casi, contraddistinti da particolari condizioni di disagio, è intervenuta - una tantum e nei limiti di uno stanziamento di 250 miliardi di vecchie lire - la citata legge finanziaria 2001, permettendo ad oltre 6.000 lavoratori, adibiti a mansioni particolarmente usuranti, di avvalersi degli sconti previsti (si veda la circolare dell'Istituto nazionale della previdenza sociale n. 115 del 25 maggio 2001). L'unica «zona grigia» rimasta, dunque, era quella relativa alla definizione dei lavori (non particolarmente) usuranti. Nel Memorandum del settembre 2006 sottoscritto da sindacati e Governo, che ha preceduto, tracciandone il perimetro, il citato Protocollo del 23 luglio 2007, all'argomento era stato dedicato solo un cenno, laddove si parlava del prolungamento della vita attiva «tenendo conto delle attività maggiormente usuranti» (la scelta dell'avverbio presupponeva un preciso indirizzo politico). Queste norme sono sempre rimaste inapplicate. La spiegazione va cercata nelle modalità di copertura (indicate dalla normativa), consistente nell'individuazione di un'aliquota contributiva aggiuntiva, definita secondo criteri attuariali e raccordati all'anticipo di età pensionabile. Si poneva, pertanto, un problema di maggiore costo del lavoro, un problema cioè che le parti sociali hanno sempre preferito evitare. Dopo quindici anni di prediche inutili e di norme rimaste sulla carta, questa problematica è venuta in evidenza durante il negoziato di luglio 2007, in pratica come contrappeso all'elevazione dell'età pensionabile di anzianità (che pur veniva rimodulata in termini di maggiore gradualità rispetto alle regole vigenti). Inoltre, nella trasformazione del testo del Protocollo del 23 luglio 2007 in norma del disegno di legge atto Camera n. 3178, XV legislatura, era «saltato» il riferimento, contenuto nel Protocollo, a 5.000 pensioni all'anno (su cui veniva stanziata la relativa copertura finanziaria), rendendo ancora più inconsistenti gli strumenti di difesa del sistema contro l'assalto dei prepensionamenti di massa «sospinto» da una disciplina troppo generosa del lavoro usurante. Il Governo Prodi aveva ampliato la platea dei soggetti che possono avvalersi del pensionamento anticipato indicandoli tra quelli appartenenti alle seguenti categorie:

          a) lavoratori che svolgono le attività particolarmente usuranti previste dal citato decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 19 maggio 1999 (ovvero le tipologie già individuate in precedenza e che esaurivano la platea dei possibili aventi diritto);

          b) lavoratori notturni come definiti dall'articolo 1, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 66 del 2003 (sulla riforma dell'orario di lavoro);

          c) lavoratori addetti alla catena di montaggio;

          d) conducenti di mezzi pubblici pesanti per trasporto di persone.

      La misura derogatoria, spiegava la relazione al disegno di legge (atto Camera n. 3178), aveva efficacia contenuta nel limite delle risorse che erano state allo scopo stanziate in apposito fondo (945 milioni di euro per il periodo dal 2009 al 2012 e 383 milioni di euro a partire dal 2013). Poiché il limite numerico, tuttavia, non era stato tradotto in norma di legge, restava aperta la possibilità di superare annualmente i 5.000 (diritti a) prepensionamenti. Persino la relazione tecnica al provvedimento esprimeva una visibile preoccupazione. In ogni passaggio illustrativo del provvedimento, infatti, si ribadiva la necessità «del rispetto dei programmati flussi numerici e dei limiti finanziari previsti». Ciò accadeva, in particolare, nel momento in cui erano illustrate le condizioni che i lavoratori dovevano soddisfare per poter avere accesso al beneficio del prepensionamento: a) le attività usuranti devono essere svolte per l'intero ultimo anno precedente la decorrenza della pensione; b) le attività devono essere state svolte durante sette degli ultimi dieci anni di attività nel periodo transitorio e per metà del periodo lavorativo a regime. Il concreto realizzarsi delle ipotesi (numeriche e finanziarie) prese a riferimento per la copertura del fabbisogno costituiva il presupposto necessario affinché non fossero alterati in modo sostanziale gli andamenti di breve e medio-lungo periodo della spesa pensionistica e la sostenibilità di medio-lungo periodo della finanza pubblica, soprattutto in relazione al percorso di rientro del debito pubblico. Del resto, precisava infine la citata relazione, le stesse valutazioni di breve e medio-lungo periodo scontavano l'ipotesi di una rigorosa definizione dei criteri selettivi per l'accesso al beneficio, tali da rendere plausibili sia le risorse sia i flussi numerici programmati.
      Per stessa ammissione del Governo Prodi, poi, gli stanziamenti previsti non sono stati rispettati, in quanto la previsione superava di 340 milioni di euro l'importo indicato nel Protocollo del 23 luglio 2007. Ma in realtà la normativa sui lavori usuranti (la cui attuazione è affidata alla decretazione attuativa di una norma di delega) evoca la classica quadratura del cerchio, in quanto la legge non può non riconoscere - per giunta ad ampio spettro - un diritto soggettivo al pensionamento anticipato per quei lavoratori che risultano adibiti a mansioni considerate usuranti, condizionandone l'esercizio ai vincoli di bilancio. Il fatto di aver indicato uno stanziamento (mentre il numero delle possibili pensioni agevolate non ha trovato conferma nel citato disegno di legge) produrrà solamente l'esigenza di dover rifinanziare l'operazione-esodo anticipato nel caso in cui l'onere dei trattamenti erogati superasse i finanziamenti previsti. Ma il problema di fondo non sta nei vincoli finanziari escogitati per tenere sotto controllo una spesa a rischio di eccessiva dilatazione. È la nuova normativa in sé a determinare gravissimi rischi per i conti pubblici. Essa, infatti, oltre a riconoscere a troppe condizioni lavorative la fattispecie di lavori usuranti, non si limita a intervenire sugli anni di effettivo svolgimento di attività disagiate (come è avvenuto, ad esempio, nel caso dell'esposizione ad amianto e come prevedevano fino ad oggi i provvedimenti in materia), ma riconosce una sorta di status di lavoratore usurato, che è possibile acquisire - e non perdere più neppure se cambiasse profondamente il tipo di lavoro - in relazione al tempo in cui la persona - semel usuratus semper usuratus - è stata adibita alle fatidiche mansioni usuranti. Il requisito anagrafico è ridotto di tre anni rispetto a quello previsto (con un minimo di 57 anni di età) purché i richiedenti «abbiano svolto tale attività a regime per almeno la metà del periodo di lavoro complessivo o (nel periodo transitorio) almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa». È in quest'ultima parte l'aspetto più critico dell'operazione consumata dall'esecutivo e dai sindacati, con la regia delle frazioni comuniste. Grazie alle maggiori facilitazioni concesse, appunto, nel periodo transitorio, molti lavoratori avranno la possibilità di aggirare nei prossimi anni il pur graduale innalzamento del requisito anagrafico per la pensione di anzianità. Peraltro, ad essere onesti, occorre riconoscere che tutta la materia dei lavori usuranti - per come è stata definita - è una trappola da cui è difficile liberarsi, anche se venisse reintrodotto il riferimento di 5.000 casi all'anno. Nei casi in cui fosse riconosciuto - sulla base di requisiti accertati - che un lavoratore è adibito a un lavoro usurante, ma è stato superato il tetto prestabilito dalla legge, si svilupperebbe un contenzioso a esito molto incerto ma tendenzialmente favorevole a riconoscere il diritto ad avvalersi del beneficio. Come se non bastasse, in modo del tutto improprio rispetto ai contenuti del Protocollo, il Governo Prodi, nella legge n. 247 del 2007, ha riaperto i termini (prevedendo un onere di 300 milioni di euro circa in dieci anni, per le domande di trattamento agevolato per esposizione all'amianto, che è già costato al sistema la bellezza di 100.000 prepensionamenti con proiezioni economiche future preoccupanti: 13,5 miliardi di euro nel 2015). Della complessa esperienza dell'esposizione all'amianto - riguardante una platea più ridotta e tardivamente ridimensionata - il Governo Prodi non ha tenuto conto per nulla nel definire la nuova normativa. In sostanza, lo stesso Governo non è stato in grado di fare delle previsioni sugli effetti economici della nuova normativa sui lavori usuranti e si è limitato a circoscriverli attraverso stanziamenti definiti, la caratteristica dei quali è quella di non fare riferimento al numero effettivo di trattamenti che le norme consentiranno. Le previsioni di spesa effettiva sono altresì rese difficili per il fatto che si tratta di norme di delega e che non sono ancora definiti, pertanto, aspetti operativi importanti a partire da quello - fondamentale in quanto è previsto un sostanziale cambio dei requisiti - della data del passaggio dal regime transitorio a quello definitivo.
      Quanto allo schema del decreto legislativo sui lavori usuranti (a norma dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 247 del 2007) presentato dal Governo Prodi, poi caduto con la scadenza della delega lo scorso 31 maggio, bisogna riconoscere che la Ragioneria generale dello Stato ha fatto il possibile - riuscendoci solo in parte - per contenere i danni e impedire quell'«assalto alla diligenza» insito nelle ambiguità delle deleghe. Il fatto di aver indicato soltanto lo stanziamento (espungendo il numero delle possibili pensioni agevolate) avrebbe prodotto - sostenevano alcuni commentatori - l'esigenza di dover rifinanziare l'operazione-esodo anticipato nel caso in cui l'onere dei trattamenti erogati superasse i finanziamenti previsti. A tale proposito nello schema del decreto legislativo era stata inserita una clausola di salvaguardia, consistente (si veda l'articolo 5) nel differimento della decorrenza dei trattamenti «con criteri di priorità in ragione della maturazione dei requisiti agevolati». In sostanza le domande presentate e accolte (per le quali era accertato il verificarsi di scostamenti rispetto alle risorse stanziate) sarebbero state inserite in una lista di attesa. La norma avrebbe peraltro suscitato un contenzioso molto ampio, dall'esito incerto, anche se - visto lo strabismo della delega - era difficile indicare soluzioni diverse. Un altro aspetto delicato è quello del lavoro notturno. Nello schema di decreto la riduzione del requisito di età anagrafica non poteva comunque superare i 12 mesi per coloro che lavorano per un numero di notti (anzi di giorni lavorativi notturni) compreso tra 64 e 71, i 24 mesi per coloro che lavorano un numero di notti annue compreso tra 72 e 77, mentre il beneficio pieno dei tre anni di anticipo era concesso a quanti svolgono almeno 78 notti di lavoro all'anno. La nuova disciplina sarebbe divenuta completamente operativa nel 2013, in parallelo con l'andata a regime delle regole per l'anzianità. Considerando la normativa vigente sul lavoro notturno (secondo il decreto legislativo n. 66 del 2003), in difetto di disciplina collettiva, è ritenuto lavoratore notturno chiunque svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo, nello schema, era riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale. Appare evidente che il provvedimento del Governo Prodi avrebbe allargato la platea degli aventi diritto, anche se modulando l'ampiezza della tutela tenendo conto delle notti lavorate nell'anno. Tutti i beneficiari, comunque, stavano al di sotto del limite degli 80 giorni di lavoro notturno previsto dalla legge. L'altra criticità stava nel confine tra la fase transitoria e l'andata a regime. Per vedersi riconoscere il requisito di «usurato» la legge stabilisce che i richiedenti «abbiano svolto tale attività a regime per almeno la metà del periodo di lavoro complessivo o (nel periodo transitorio) almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa». Grazie alle maggiori facilitazioni concesse, appunto, nel periodo transitorio, molti lavoratori avrebbero avuto la possibilità di aggirare, nei prossimi anni, il pur graduale innalzamento del requisito anagrafico per la pensione di anzianità. Il periodo della transizione durava fino al 31 dicembre 2017 e quindi fino a quella data valeva il requisito «privilegiato» dei sette anni negli ultimi dieci. Nella citata relazione tecnica era altresì stimato il numero dei soggetti interessati in ciascuna delle categorie di aventi diritto.
      In totale erano previsti per tutte le suddette categorie: 7.410 soggetti nel 2008; 7.840 nel 2009; 7.990 nel 2010, 8.310 nel 2011, 8.550 nel 2012, 8.860 dal 2013.
      Agli oneri si provvedeva con stanziamenti di 83 milioni di euro nel 2009, 200 milioni di euro nel 2010, 312 milioni di euro nel 2011, 350 milioni di euro nel 2012, 383 milioni di euro dal 2013.
      La stessa relazione tecnica ha riconosciuto che «l'attuazione dei criteri di delega ha comportato il coinvolgimento di un numero di soggetti valutato superiore, ma con una determinazione del periodo medio di anticipo inferiore, atteso che 3 anni è il periodo massimo di accesso». Emerge con chiarezza, comunque, un'operazione di aggiramento delle norme di innalzamento dell'età pensionabile di anzianità (sia pure corretta nel passaggio tra scalone e scalini più quote), dal momento che viene compiuta la scelta di estendere il beneficio (magari in misura inferiore ai tre anni) al maggior numero possibile di utenti. Molto opportunamente il Governo Berlusconi non ha voluto varare lo schema di decreto delegato ereditato dal precedente esecutivo, pur assumendo formalmente l'impegno a riaprire la delega e a darvi attuazione entro il 2008. Si pone il problema a questo punto di valutare se sia opportuno attenersi ai princìpi e criteri direttivi della legge n. 247 del 2007 o se non sarebbe meglio adottare princìpi e criteri direttivi più equilibrati sul piano finanziario e più equi su quello sociale. Il presente progetto di legge si propone dunque di ripristinare, in materia, la legislazione previgente (di cui al decreto legislativo n. 374 del 1993, alla legge n. 335 del 1995 e alla legge n. 449 del 1997), che si considera più equilibrata ed equa della disciplina introdotta dalla legge n. 247 del 2007, oltreché più sostenibile sul piano finanziario. Se le previgenti normative non hanno finora trovato compiuta attuazione ciò non è determinato dalla loro inadeguatezza, ma dalla mancanza di soluzioni di copertura. Tale limite ora è venuto meno grazie agli stanziamenti (2,8 miliardi di euro in un decennio) stabiliti dalla legge n. 247 del 2007. Inoltre, è necessario individuare procedure di accertamento tali da impedire ogni possibile abuso e, nel medesimo tempo, da garantire il riconoscimento della condizione di esposto ad attività usuranti al lavoratore avente diritto. Questa relativa certezza può essere acquisita avvalendosi delle procedure e delle strumentazioni predisposte e operanti da oltre un decennio per accertare l'esposizione ad amianto e riconoscere quindi i relativi benefìci previdenziali previsti dalla legge n. 257 del 1992, e successive modificazioni.
      Il presente progetto di legge è composto da due articoli. All'articolo 1 è contenuta una norma di delega grazie alla quale sono ripristinati i previgenti requisiti anagrafici e contributivi per il riconoscimento della tutela previdenziale delle attività usuranti e particolarmente usuranti, fermo restando, ai fini dell'individuazione di queste attività, quanto disposto dall'articolo 1, comma 3, della legge n. 247 del 2007. È altresì prevista una procedura di accertamento corrispondente, in quanto applicabile, alle disposizioni operanti per l'accertamento dell'esposizione ad amianto, che costituisce, pur con tutti i suoi limiti, il solo punto di riferimento in materia da oltre quindici anni. L'articolo 2 contiene la copertura finanziaria, individuata in quanto stanziato, in tema di lavori usuranti, dalla citata legge n. 247 del 2007.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Fermo restando che sono considerate usuranti e particolarmente usuranti le attività di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme per la tutela previdenziale dei lavoratori occupati in attività usuranti, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) con decorrenza dal 1o gennaio 2009, per le pensioni liquidate con il metodo retributivo, l'età pensionabile è anticipata in ragione di un anno ogni dieci di occupazione in attività usuranti fino ad un massimo di ventiquattro mesi. Per le pensioni liquidate con il metodo contributivo, il lavoratore può scegliere l'applicazione del coefficiente di trasformazione corrispondente all'età anagrafica all'atto del pensionamento, aumentato di un anno ogni sei anni di lavoro usurante; oppure, il lavoratore può utilizzare questo periodo per l'anticipazione dell'età pensionabile fino al massimo di un anno rispetto al normale accesso. Nel caso di lavori particolarmente usuranti, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 19 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 4 settembre 1999, sono ridotti fino ad un anno anche i requisiti di età anagrafica della pensione di anzianità;

          b) le disposizioni di cui alla lettera a) sono estese ai lavoratori autonomi secondo criteri, regole e modalità compatibili e coerenti con le particolari caratteristiche dell'attività lavorativa svolta;

          c) sono previste norme specifiche in favore degli appartenenti alle Forze di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al personale della protezione civile impiegato in compiti istituzionali;

          d) è fatto obbligo all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e agli altri enti previdenziali interessati di predisporre le procedure e la documentazione idonee a consentire ai datori di lavoro di certificare, unitamente al versamento della contribuzione dovuta, l'avvenuta esposizione ad attività usuranti per ciascuno dei dipendenti interessati, ai quali è rilasciato, su richiesta, il relativo curriculum lavorativo. Norme specifiche sono altresì previste per i lavoratori autonomi. Per le situazioni pregresse, la procedura di accertamento tecnico dello svolgimento di attività usuranti e particolarmente usuranti nonché della sussistenza e della durata dell'esposizione è affidata all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), che delega alla Consulenza tecnica accertamenti rischi e prevenzione (CONTRAP) la verifica, svolta dai tecnici del medesimo istituto, della situazione ambientale dell'azienda e dell'organizzazione del lavoro. La certificazione rilasciata dall'INAIL deve essere presentata alle strutture dell'INPS o degli altri enti previdenziali territorialmente competenti a corredo della domanda di pensione con i requisiti ridotti previsti dal presente articolo.

Art. 2.

      1. Al finanziamento degli oneri derivanti dall'attuazione della delega di cui all'articolo 1 della presente legge, si provvede a valere sul Fondo di solidarietà delle tutele previste per il lavoro usurante, istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 247.


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