Doc. XXII, n. 66




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - Con la legge 30 marzo 2004, n. 92, recante «Istituzione del "Giorno del ricordo" in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati», il Parlamento nella sua quasi totalità ha deciso che la storia del martoriato confine orientale d'Italia fosse finalmente oggetto di approfondimento e divulgazione, dopo decenni di una «congiura del silenzio» denunciata anche dall'allora Presidente della Repubblica, oggi Presidente emerito, Giorgio Napolitano.
Da allora senza dubbio molta strada è stata percorsa ma altrettanta dovrà esserlo, considerato che ancor oggi oltre il 70 per cento del Paese non conosce nulla di quei momenti altamente drammatici che hanno ferito il confine orientale, e sono ferite che ancora provocano dolore, arrecato da chi, non potendo più negare i fatti accaduti, cerca di minimizzarli o addirittura giustificarli.
Credo sia giunto il momento di promuovere azioni destinate a fare chiarezza sui fatti più drammatici, ovvero sugli efferati crimini compiti anche a guerra finita a danno della popolazione civile, donne e giovanissimi inclusi, da organizzazioni armate che operavano sul confine orientale.
Pur con tutti i limiti derivanti dall'altrui sovranità, la Commissione parlamentare di inchiesta che si istituisce avrà il compito anche di approfondire i fatti legati alla tragica scomparsa - nel maggio 1945, pertanto a guerra finita - per mano delle truppe militari titine di centinaia di italiani che non fecero più ritorno alle loro famiglie. Queste persone avevano la colpa di poter rappresentare un ostacolo ai progetti annessionistici del Maresciallo Tito. Oggi non si chiedono di convocare tribunali speciali e tantomeno di erigere ghigliottine, bensì di far conoscere il dramma vissuto dai propri cari ai familiari che ancor oggi li piangono. In particolare il desiderio è quello di conoscere il luogo ove riposano le loro mortali spoglie per consentire di poggiare almeno un fiore.
Queste ricerche dipenderanno molto dalla volontà collaborativa delle Repubbliche frutto della dissoluzione della Repubblica federativa di Iugoslavia.
Scopo dell'istituzione della Commissione però è anche quello di indagare, esclusivamente sul territorio italiano e, precisamente, nelle province di Udine e di Gorizia, su crimini di cui da decenni si mormorava e che da alcune settimane sono oggetto di pubblico dibattito perché portati alla luce grazie a numerosi documenti ufficiali reperiti presso l'Archivio centrale dello Stato, l'Archivio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e anche presso gli archivi di amministrazioni pubbliche locali.
Queste recenti ricerche consentono di conoscere il profondo antagonismo esistente fin dal 1941 tra fascisti italiani e ustascia croati, di ricostruire la vicenda dei deportati da Gorizia durante i famigerati 40 giorni di occupazione titina della città nella primavera del 1945, di documentare la sostanziale indifferenza delle truppe alleate nello stesso periodo per i rastrellamenti e gli infoibamenti operati dai titini nella zona A e nella zona B, di attestare la rettitudine e la coerenza del Comitato di liberazione nazionale giuliano di fronte alle drammatiche vicende confinarie, di documentare l'esistenza di decine di foibe, alcune delle quali fino a oggi sconosciute, anche sul territorio italiano, di conoscere centinaia di testimonianze nonché di rapporti sulle violenze efferate operate dai comunisti titini a danno di cittadini italiani nel periodo 1943-1946, di ottenere numerose e dettagliate informazioni sugli eccidi operati dal dipartimento per la sicurezza del popolo e di svelare il ruolo dell'Unione antifascista italo-slovena nella programmazione e nella realizzazione di numerosi attentati, molti dei quali a scopo esclusivamente terroristico.
In particolare vi è anche la necessità di fare chiarezza sulla cosiddetta foiba di Rosazzo, sebbene il termine foiba debba intendersi in senso lato anche come fossa comune e sebbene Rosazzo sia solo una località di riferimento, visto che diverse fonti individuano anche altre località situate comunque nella medesima zona.
Sono diversi i documenti reperiti presso archivi comunali dai quali emergono efferati delitti.
Alle autorità inquirenti è stata depositata specifica denuncia per segnalare l'esistenza di una foiba o fossa comune in località Bosco Romagno, parco naturale ricreativo di 53 ettari di proprietà della regione Friuli Venezia Giulia, gestito dalla direzione regionale delle foreste, che si trova nel territorio dei comuni di Cividale, Prepotto e Corno di Rosazzo. Un luogo già entrato nella drammatica storia delle mattanze dei partigiani comunisti della Brigata Garibaldi - alle dipendenze di Tito - dove sono stati trucidati dai 14 ai 18 partigiani della Osoppo prelevati in occasione dell'agguato del febbraio 1945 alle malghe di Porzus, ma che oggi si rivela essere il cimitero senza croce di un numero ancora sconosciuto ma probabilmente superiore a parecchie centinaia di vittime per lo più civili. I carabinieri, a seguito della denuncia, hanno iniziato le indagini e hanno già acquisito numerose testimonianze e la procura della Repubblica di Udine ha aperto un fascicolo in merito. I primi riscontri indicano che la popolazione di quelle zone fosse al corrente degli eccidi e molte testimonianze confermano quanto riportato nel documento. La Lega nazionale di Gorizia, grazie a un contributo del comune di Gorizia e all'aiuto fornito da colleghi parlamentari, ha fatto emergere questa recente documentazione presso gli archivi romani.
I verbali rilevati presso il comune di Premariacco, in provincia di Udine, riferiscono non di uccisioni collegate a operazioni belliche ma di omicidi di un numero stimabile tra 40 e 60 civili, anche giovanissimi, che sono stati eseguiti da partigiani e da membri della divisione Garibaldi, come risulta dai documenti nel 1946 firmati dal sindaco pro tempore: si parla di salme esumate sepolte a poca profondità nelle colline di Ipplis presso rocca Bernarda (zona Oleis).
A questi numerosi verbali si aggiunge l'inchiesta degli anni '90 che era legata a fatti accaduti nella zona di Faedis, nella quale si citano altri omicidi e secondo un documento sottoscritto dagli americani si configura anche un crimine di guerra (7 carabinieri uccisi) sempre legato a operazioni partigiane.
I documenti riferiscono che c'erano diverse fosse comuni e non si può escludere di trovare altri corpi ancora sotterrati o a suo tempo esumati, grazie alle verifiche che i carabinieri effettueranno in altri comuni. È anche probabile che tra gli uccisi e i sepolti ci possano essere italiani di altre regioni (finanzieri, militari, poliziotti eccetera) in servizio in zona e un altro filone potrebbe essere costituito da militari tedeschi e fiancheggiatori in fuga verso l'Austria e catturati. Da ciò la quasi impossibilità di reperire tutti gli elenchi degli scomparsi.
È tempo che si faccia chiarezza sui buchi neri della Resistenza, senza volerne intaccare i valori ma proprio per salvaguardarla dalle mele marce. È necessario che anche le associazioni di partigiani prendano le distanze dai partigiani comunisti jugoslavi o filo jugoslavi che tanto dolore hanno arrecato alle nostre terre. Lo stesso Padoan, detto Vanni, nel 2001, assumendosi la responsabilità della strage, definì l'eccidio di Porzus un «crimine di guerra che esclude ogni giustificazione» e chiese «formalmente scusa e perdono agli eredi delle vittime del barbaro eccidio».
L'Italia ormai è matura per affrontare argomenti che non ha mai affrontato, senza reticenze e omissioni.
Per questa ragione sono certa che la Camera dei deputati assicurerà una larga maggioranza a questa proposta di inchiesta parlamentare.
Venendo, quindi, all'illustrazione dell'articolato, con l'articolo 1 si istituisce la Commissione e ne vengono delineati i compiti.
All'articolo 2 si disciplina la sua composizione.
L'articolo 3 è dedicato ai poteri e ai limiti della Commissione, assolutamente in linea con le altre Commissioni parlamentare di inchiesta istituite anche in riferimento all'obbligo di segretezza e a ulteriori limitazioni.
Con l'articolo 4 si definisce la durata della Commissione, che esaurirà il suo compito alla fine della legislatura, mentre con l'articolo 5 si disciplina l'organizzazione interna.
L'articolo 6, infine, reca la norma finanziaria.


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