CAMERA DEI DEPUTATI

Doc. XXII, n. 16

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
DE MARIA, MORASSUT

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta
sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città

Presentata il 1° febbraio 2023

  Onorevoli Colleghi! — L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, in occasione del summit sullo sviluppo sostenibile del 25-27 settembre 2015, la risoluzione «Trasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile», composta da diciassette obiettivi ambiziosi e universali per trasformare il nostro pianeta.
  La finalità di sviluppo sostenibile 11 consiste nel «Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili» ed è articolata in dieci obiettivi, che vanno dall'assicurare a tutti alloggi adeguati e l'accesso ai trasporti pubblici e ad una urbanizzazione inclusiva e sostenibile, alla tutela del patrimonio culturale e naturale, nonché alla salvaguardia delle città dai cambiamenti climatici.
  All'interno di uno spazio urbano le periferie, che comprendono aree della città più o meno densamente popolate, rappresentano sicuramente la situazione urbanistica e sociale più complessa e talvolta di maggiore criticità.
  Nell'immaginario collettivo la periferia «tipo» è caratterizzata, in modo più o meno accentuato, da fenomeni di degrado, di marginalità, di disagio sociale, di criminalità, di insicurezza e di povertà, più o meno accentuati.
  Tuttavia, le periferie sono una realtà ben più complessa e articolata. Non possono essere descritte unicamente come luoghi di stazionamento degli immigrati irregolari, di insediamento dei campi di rom e di persone senza fissa dimora che si dedicano alla criminalità predatoria, compiendo furti in abitazione, furti di auto e nelle vetture in sosta, scippi e borseggi, ovvero luoghi di occupazione abusiva di immobili, pubblici e privati, da parte prevalentemente di stranieri e dove sono presenti baracche abusive occupate da soggetti di etnia diversa che, senza rispettare alcuna regola di igiene, accumulano rifiuti e vivono tra essi. Tale situazione comunque Pag. 2esiste ed è riscontrabile in molte città, in cui i sindaci intervengono, talvolta, emettendo ordinanze di sgombero ai fini della messa in sicurezza dell'area e della sua riqualificazione.
  Talvolta le periferie sono il risultato di una città che si espande e che ingloba comuni, frazioni di comuni o aree agricole e di verde abitate da persone nate lì o che vi si sono trasferite come scelta di vita.
  In altri casi le periferie sono aree residenziali prestigiose e dotate di servizi, zone ricercate da persone singole e dalle famiglie perché relativamente lontane dal caos della città, che possono contare su una serie di servizi essenziali (scuole, cinema, trasporti, supermercati e altro) e sono inserite e circondate dal verde.
  Sono anche luoghi dove per scelta, tenuto conto dello spazio disponibile e della prossimità a grandi reti stradali, si insediano numerose attività produttive, anche di grandi dimensioni, non solamente italiane, nonché centri commerciali, logistici, industriali e di ricerca e innovazione, quali, ad esempio, le sedi decentrate di università, alla ricerca di grandi spazi dove sia possibile costruire ex novo e non adattare gli interni di immobili esistenti situati nelle zone centrali della città.
  In altri casi ancora, le periferie sono il risultato di un processo di urbanizzazione residenziale che ha avuto inizio decenni or sono, con immobili di vaste dimensioni pensati come dormitori per una popolazione di fascia medio-bassa in termini economici, nonché luoghi circoscritti ai margini della città dove far risiedere persone non completamente integrate nella società o considerate un pericolo per la tranquillità della stessa.
  Inoltre, da alcuni anni a causa del costo della vita, unito a basi stipendiali sostanzialmente rimaste immutate e a un mercato del lavoro mutevole e non stabile, nonché all'alto costo per l'acquisto di un'abitazione in un'area centrale o semicentrale della città, si registra sempre più la presenza di altre tipologie di residenti, in gran parte appartenenti al ceto medio.
  La riqualificazione di queste aree è necessaria per migliorare la qualità di vita dei residenti offrendo loro servizi, un efficace controllo da parte delle Forze dell'ordine, scuole, aree verdi e palazzi condominiali che non rappresentino, nella loro forma e ampiezza, il segnale più evidente che si è in un'area di minor benessere sociale e di maggiore emarginazione.
  Infatti, l'insediamento periferico non adeguatamente presidiato con servizi pubblici funzionali o istituzionali determina una flessione negativa della sicurezza, dell'ordine pubblico e dell'integrazione della popolazione non italiana. Tutto ciò facilita la nascita e il consolidarsi di pericolose situazioni di illegalità, quali l'insediamento di gruppi criminali (vendita di stupefacenti e ricettazione) e la presenza di forme di abusivismo (occupazione di immobili e realizzazione di edifici abusivi, situazioni che possono determinare situazioni ingestibili).
  Inoltre in tali aree si rileva spesso un forte degrado ambientale, causato dalle discariche a cielo aperto, da roghi di materiali e dallo smaltimento illegale di rifiuti.
  Le politiche nazionali per la sicurezza tendono a coinvolgere le istituzioni locali offrendo il massimo della collaborazione, anche attraverso la realizzazione di «patti per la sicurezza urbana» e, in particolare, realizzando programmi per la sicurezza delle periferie.
  Le politiche europee mirano alla «rigenerazione urbana, ovvero di programmi complessi che privilegiano l'intervento in comprensori già costruiti al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di accrescere l'occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, di rassicurare la maggior parte della popolazione che risiede proprio nelle aree periferiche».
  La Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, istituita con deliberazione della Camera dei deputati del 27 luglio 2016 nella XVII legislatura (doc. XXII, n. 65 e abbinato), ha compiuto un primo passo verso «un integrale ripensamento delle politiche urbane, che sono oggi in gran parte connesse con la rigenerazione delle aree Pag. 3periferiche» e ha rilevato la necessità di «coordinare le varie responsabilità istituzionali per ripensare ai programmi di intervento, anche sulla base di quanto finora realizzato, a partire dai primi programmi Urban e Urbact, poi dai Contratti di quartiere, dal Piano Città del 2012, dal Piano nazionale per la riqualificazione e rigenerazione delle aree urbane, e dal Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia».
  Si porta a conoscenza che per tale Commissione parlamentare l'Istituto nazionale di statistica aveva elaborato quattro indici georeferenziati che davano conto della popolazione insediata nelle zone dove si registravano i più elevati valori di disagio.
  Dal complesso dei dati elaborati emerge che il 33,8 per cento dei residenti nei capoluoghi metropolitani vive in quartieri dove c'è una significativa presenza di famiglie con potenziale alto disagio economico. L'incidenza di tali famiglie è variabile fra l'1 e il 3 per cento nel nord, fino al 4 e al 14 per cento nel Mezzogiorno, con punte massime a Napoli, Palermo e Catania.
  Altrettanto rilevante è la quota di residenti metropolitani, pari al 37,5 per cento in quartieri dove si registra una significativa presenza di famiglie a elevata vulnerabilità sociale e materiale, quale sintesi di sette diversi indicatori. I valori massimi si registrano a Messina, dove il 51,6 per cento della popolazione vive a stretto contatto con famiglie in condizioni di forte deprivazione sociale.
  Questi dati rafforzano l'opportunità di individuare con chiarezza le aree critiche su cui si è inteso e si intende operare e con quali modalità e risorse finanziarie, per superare le condizioni di insicurezza e lo stato di degrado delle città e delle loro periferie.
  Sarebbe, inoltre, necessario avere una visione completa della situazione in essere al fine di adottare un programma tipo, riproducibile e adattabile, che possa, da un lato, integrare le politiche urbane e di rinnovo edilizio con l'intervento sociale e per la sicurezza dei cittadini e, dall'altro, evitare gli errori passati, quali la sovrapposizione o l'approvazione di interventi con scarse o limitate ricadute in termini sociali che poco o nulla giovano alle periferie.
  Per le situazioni e i motivi esposti, si ritiene che per incidere efficacemente sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie sia necessario proseguire nel lavoro avviato nella XVII legislatura, istituendo una Commissione parlamentare di inchiesta.
  Giova ricordare che, come ben si espresse la Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie nella sua relazione conclusiva, approvata nella seduta del 14 dicembre 2017 (doc. XXII-bis, n. 19), è «indispensabile rafforzare gli strumenti parlamentari e governativi per promuovere e gestire le politiche urbane». A tal riguardo, suggerì al Parlamento di «rendere permanente l'esperienza utilmente sperimentata (...) istituendo nella XVIII legislatura una Commissione bicamerale per le città e le periferie».
  Per rafforzare le finalità di tale indicazione, con la presente proposta di inchiesta si prevede, nella legislatura corrente, l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta monocamerale finalizzata ad affrontare i problemi relativi alle condizioni di sicurezza e allo stato di degrado delle città e delle loro periferie, con l'auspicio che tale iniziativa, alla luce del lavoro svolto in precedenza, possa incontrare l'unanime consenso di tutte le forze politiche.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione, durata e funzioni)

  1. È istituita, per la durata della XIX legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città, di seguito denominata «Commissione».
  2. La Commissione ha il compito di:

   a) individuare le aree critiche su cui si intende operare per accertare lo stato di degrado delle città, con particolare attenzione alle implicazioni sociali e della sicurezza legate anche a una maggiore presenza di stranieri residenti;

   b) rilevare l'esistenza e la distribuzione geografica dell'eventuale stato di degrado e disagio sociale delle periferie delle città, attraverso l'ausilio delle istituzioni, degli enti locali e degli istituti pubblici e privati che si occupano di immigrazione e di povertà;

   c) effettuare un monitoraggio del rischio e delle connessioni che possono emergere tra il disagio delle aree urbane e i fenomeni della radicalizzazione e dell'adesione al terrorismo di matrice religiosa fondamentalista da parte dei cittadini europei figli degli immigrati di prima generazione;

   d) acquisire gli elementi oggettivi e le proposte operative che provengono dalle città nelle quali si è raggiunto un buon livello di integrazione e dove il disagio sociale e la povertà sono stati affrontati con efficaci interventi pubblici e privati;

   e) individuare le aree del territorio nazionale nelle quali sono più diffusi i fenomeni dell'abusivismo edilizio e dell'occupazione abusiva degli immobili di edilizia residenziale economica e popolare;

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   f) individuare programmi finalizzati ad ampliare i servizi per l'erogazione di prestazioni sociali a sostegno delle misure di contrasto della povertà e delle diseguaglianze nelle periferie.

  3. La Commissione presenta alla Camera dei deputati una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta, eventualmente proponendo interventi, anche di carattere normativo, ritenuti utili per rimuovere le situazioni di degrado delle città e delle loro periferie e per attuare politiche per la sicurezza che possano prevenire fenomeni di reclutamento di terroristi e di radicalizzazione. Sono ammesse relazioni di minoranza. Il presidente della Commissione trasmette alla Camera dei deputati, dopo sei mesi dalla costituzione della Commissione stessa, una relazione sullo stato dei lavori.

Art. 2.
(Composizione)

  1. La Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente.
  2. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
  3. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vice presidenti e da due segretari, è eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei voti; se nessuno riporta tale maggioranza, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. È eletto il candidato che riporta il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
  4. La Commissione elegge al proprio interno due vice presidenti e due segretari. Pag. 6Per l'elezione, rispettivamente, dei due vice presidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto il più anziano di età.

Art. 3.
(Poteri e limiti)

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  2. La Commissione non può adottare provvedimenti che restringano la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché la libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  3. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
  4. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto d'ufficio né il segreto professionale o quello bancario. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.
  5. Qualora gli atti o i documenti attinenti all'oggetto dell'inchiesta siano stati assoggettati al vincolo del segreto da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, detto segreto non può essere opposto alla Commissione.

Art. 4.
(Acquisizione di atti e documenti)

  1. La Commissione può ottenere, anche in deroga a quanto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziariaPag. 7 o altri organi inquirenti, inerenti all'oggetto dell'inchiesta. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria, la trasmissione di copie degli atti e documenti richiesti. Il decreto ha efficacia per trenta giorni e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.
  2. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono comunque essere coperti dal segreto i nomi, gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 5.
(Obbligo del segreto)

  1. I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con essa o compie o concorre a compiere atti d'inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio sono obbligati al segreto, anche dopo la cessazione dell'incarico, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti acquisiti al procedimento d'inchiesta, di cui all'articolo 4, comma 2.
  2. La violazione del segreto è punita ai sensi delle leggi vigenti.

Art. 6.
(Organizzazione interna)

  1. Le sedute della Commissione sono pubbliche, salvo che la Commissione disponga diversamente.
  2. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno, approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Pag. 8Ciascun componente può proporre modifiche al regolamento.
  3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, nonché di tutte le collaborazioni ritenute necessarie. La scelta è operata dal presidente, sentita la Commissione.
  4. Per lo svolgimento dei compiti di cui all'articolo 1 la Commissione può avvalersi della collaborazione degli enti locali, delle istituzioni, di istituti di statistica e delle banche di dati delle Forze di polizia.
  5. Per lo svolgimento dei propri compiti la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera.
  6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 30.000 euro annui e sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. Il Presidente della Camera dei deputati può autorizzare un incremento delle spese di cui al periodo precedente, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta, corredata di certificazione delle spese sostenute.