Doc. XVIII-bis, n. 35

XIV COMMISSIONE
(POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

DOCUMENTO APPROVATO DALLA XIV COMMISSIONE
NELL'AMBITO DELLA VERIFICA DI SUSSIDIARIETÀ DI CUI ALL'ARTICOLO 6 DEL PROTOCOLLO N. 2 ALLEGATO AL TRATTATO DI LISBONA:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al controllo degli investimenti esteri nell'Unione, che abroga il regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio
(COM(2024) 23 final)

Approvato il 24 aprile 2024

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DOCUMENTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XIV Commissione,

   esaminata, ai fini della verifica di conformità con il principio di sussidiarietà, la proposta di regolamento relativo al controllo degli investimenti esteri, che abroga il regolamento (UE) 2019/452;

   preso atto della relazione trasmessa dal Governo ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, sul documento;

   tenuto conto degli elementi di conoscenza e di valutazione emersi nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'esame della proposta;

   premesso che è complessivamente condivisibile l'obiettivo generale della proposta di rafforzare il quadro normativo comune volto a tutelare la sicurezza e l'ordine pubblico dell'Unione europea con riferimento agli investimenti esteri diretti e agli investimenti effettuati da investitori esteri per il tramite di un'impresa stabilita nell'UE in quanto:

    nonostante gli sforzi per armonizzare le normative nazionali di controllo degli investimenti esteri diretti, permane un certo grado di eterogeneità nei livelli di severità dei regimi degli Stati membri;

    come recentemente osservato anche dalla Corte dei conti europea, l'applicazione pratica del regolamento (UE) 2019/452 ha evidenziato alcuni importanti limiti di questa normativa che ostacolano una gestione efficace dei rischi per la sicurezza e l'ordine pubblico associati a determinati investimenti esteri nell'UE;

    questi ultimi sono ulteriormente aumentati da quando è entrato in applicazione il regolamento (UE) 2019/452, a causa in particolare della pandemia di COVID-19, dell'invasione della Russia in Ucraina e delle notevoli tensioni geopolitiche presenti nello scenario globale;

    di fronte a questo scenario, il regolamento (UE) 2019/452 appare non sufficientemente incisivo, anche perché non impone agli Stati membri di dotarsi di un meccanismo di controllo sugli investimenti esteri diretti e il suo ambito di applicazione non prevede un controllo degli investimenti effettuati da un soggetto estero tramite una società controllata stabilita nell'Unione europea;

   sottolineato, altresì, che la proposta, in coerenza con il concetto di autonomia strategica aperta, intende combinare l'obiettivo del rafforzamento della sicurezza economica europea con quello dell'apertura ai flussi di investimenti dall'estero e della competitività delle imprese che operano sul mercato unico;

   rilevato, con riferimento al rispetto del principio di attribuzione, che la scelta della Commissione di utilizzare come base giuridica aggiuntiva l'articolo 114 del TFUE – al fine di imporre a tutti gli Stati membri l'istituzione del meccanismo di controllo e l'individuazione di un nucleo unitario di settori minimi che devono essere oggetto del Pag. 3controllo stesso – non appare adeguatamente motivata e dovrebbe essere oggetto di un ulteriore approfondimento, in quanto:

    l'articolo 207 del TFUE già attribuisce all'Unione la competenza in ordine alla definizione dei principi uniformi sugli investimenti esteri e tali principi appaiono meno invasivi delle misure armonizzate adottate ai sensi dell'articolo 114 del TFUE, che è strumentale al buon funzionamento del mercato unico. La semplice constatazione dell'esistenza di divergenze tra le normative nazionali non appare pertanto sufficiente a motivare il ricorso all'articolo 114 del TFUE, che trova applicazione «salvo che i trattati non dispongano diversamente»;

    nel caso specifico, l'utilizzo dell'art. 114 del TFUE potrebbe tradursi nell'attribuzione alla Commissione di competenze proprie degli Stati membri in materia di sicurezza nazionale;

    il ricorso alla doppia base giuridica è ammesso dalla Corte di giustizia dell'UE solo qualora l'atto sia diretto a conseguire più scopi tra loro inseparabili, senza che un obiettivo sia meno importante o secondario rispetto all'altro;

   ritenuta la proposta complessivamente conforme al principio di sussidiarietà, in quanto i meccanismi di controllo degli Stati membri differiscono in termini di portata, contenuto ed effetto e l'introduzione di norme comuni e proporzionate per esaminare gli investimenti a controllo estero all'interno dell'UE è essenziale per garantirne l'uniformità. Inoltre, un approccio europeo condiviso e coordinato di armonizzazione dei sistemi nazionali di controllo fornirebbe maggiori certezze ai potenziali investitori per quanto concerne le infrastrutture, le tecnologie e i fattori produttivi critici, consentendo di conoscere in anticipo le norme per valutare e affrontare i rischi connessi alla sicurezza e all'ordine pubblico;

   considerata, invece, la proposta non pienamente conforme al principio di proporzionalità, in quanto essa introduce misure che potrebbero rendere eccessivamente complessa la procedura di controllo sugli investimenti esteri, nonché richiedere complesse modifiche alla disciplina nazionale, il potenziamento delle strutture e una dilatazione dei termini procedimentali per l'esercizio dei poteri speciali. Pur lasciando formalmente in capo agli Stati membri la decisione finale su un investimento estero, alcune delle nuove norme potrebbero inoltre incidere sul potere degli Stati membri di adottare tali decisioni in autonomia e rendere troppo pervasivo il ruolo della Commissione europea. Si tratta in particolare delle misure seguenti:

    l'articolo 4 che introduce un potere dell'autorità competente di avviare di propria iniziativa un controllo successivo al completamento dell'operazione di investimento, laddove questa non sia oggetto di obbligo di notifica e qualora si abbia ragione di ritenere che l'operazione pregiudichi interessi di sicurezza e ordine pubblico. Dovendo questa possibilità di revisione ex post essere prevista per almeno 15 mesi successivi al completamento dell'operazione, essa non soggiace ad un termine massimo, che rimane dunque nella discrezionalità degli Stati membri. Inoltre, il potere di revisione ex post sembra estendere l'intervento a investimenti che non rientrano tra quelli soggetti all'obbligoPag. 4 di notifica. Tale indeterminatezza dell'ambito di applicazione, insieme alla possibilità di intervenire a distanza di tempo su un'operazione già conclusa, solleva le medesime perplessità richiamate successivamente in merito alla procedura d'ufficio di cui all'articolo 9 e rischia quindi di aumentare ulteriormente il livello di incertezza sul mercato con impatti economici potenzialmente significativi sugli operatori coinvolti;

    l'articolo 4, paragrafo 3, che prevede un obbligo di preavviso di veto o prescrizioni all'impresa notificante, che deve poter interloquire, in contraddittorio, nell'ambito del procedimento anche nella fase pre decisoria. Tale previsione non appare in linea con la struttura del procedimento nazionale che si conclude, in caso di esercizio, con una decisione in seno al Consiglio dei ministri, sede in cui è arduo ipotizzare un contraddittorio di fronte all'organo politico;

    l'articolo 5, paragrafo 2, che stabilisce un obbligo di notifica al meccanismo di cooperazione non solo per gli investimenti esteri che rientrano nel campo di applicazione della proposta, ma anche per quelli in merito ai quali uno Stato membro intende esercitare i poteri speciali, anche se non rientranti nei settori europei. Tale previsione potrebbe penalizzare gli Stati membri che hanno legislazioni con settori più estesi, in violazione dei principi generali del mercato interno;

    l'articolo 7, paragrafo 6, che impone allo Stato membro che effettua il controllo di discutere, in specifiche riunioni con la Commissione europea e con gli altri Stati membri che hanno partecipato alla fase approfondita della cooperazione, i contenuti delle decisioni che intende adottare, con l'obbligo, in caso di dissenso di uno Stato membro o della Commissione, di individuare soluzioni alternative;

    l'articolo 7, paragrafo 8, secondo il quale la decisione assunta deve essere notificata agli Stati membri che hanno formulato osservazioni e alla Commissione europea. Quest'ultima, in base all'articolo 7, paragrafo 10, deve istituire una banca dati in cui confluiscono le decisioni assunte sulle operazioni notificate a decorrere dal 12 ottobre 2020, periodo in cui non tutti gli Stati membri erano dotati di un meccanismo di controllo;

    il medesimo articolo 7, paragrafo 8, che introduce anche un obbligo di spiegazione scritta su come sono stati tenuti in considerazione i pareri e le osservazioni ricevuti, nonché gli eventuali motivi di disaccordo. Prevede altresì un'ulteriore riunione per spiegare, anche oralmente, tali motivazioni;

    l'articolo 9, che introduce una procedura d'ufficio, attivabile dagli Stati membri o dalla Commissione europea, su investimenti esteri effettuati in altri Stati membri e non notificati nell'ambito del meccanismo di cooperazione. Secondo tale procedura gli Stati membri e la Commissione dispongono di almeno 15 mesi dalla realizzazione dell'investimento estero per esercitare il diritto di avviare la procedura. La previsione in questione, pur riprendendo quella contenuta nell'articolo 7 del regolamento vigente, appare estensiva, poiché quest'ultima si riferisce agli investimenti esteri non soggetti a controllo, vale a dire Pag. 5effettuati negli Stati membri che non hanno meccanismi di controllo sugli investimenti esteri diretti;

    la natura ex post della procedura d'ufficio, il periodo piuttosto lungo concesso per la sua attivazione e il numero elevato dei soggetti potenzialmente titolati a farlo potrebbero altresì determinare un significativo grado di incertezza. Inoltre, si estende a tale fattispecie, ove compatibili, le norme e le procedure di cui agli articoli 7 e 8, che si riferiscono agli oneri relativi al contraddittorio, agli obblighi di spiegazione scritta e di riunione con gli Stati membri e la Commissione europea. Un simile controllo sembra pregiudicare le esigenze di prevedibilità e certezza del diritto per gli operatori e attribuire un potere d'ingerenza sulle valutazioni di ciascuno Stato membro e sui riflessi applicativi delle rispettive discipline;

    gli articoli 19 e 20 della proposta che attribuiscono alla Commissione il potere di modificare, tramite atti delegati, gli allegati del regolamento e, quindi, l'elenco dei progetti e programmi di interesse comunitario e l'elenco dei settori e delle attività economiche rilevanti ai fini del controllo sugli investimenti esteri, giustificando tale scelta con la necessità di tenere conto dell'evoluzione delle circostanze rilevanti per la sicurezza o l'ordine pubblico dell'Unione. Tale concetto appare, tuttavia, estraneo all'ordinamento dell'UE e soprattutto in grado di incidere su aspetti di competenza esclusiva degli Stati membri in materia di sicurezza nazionale e potenzialmente pregiudizievole pertanto della loro autonomia nella definizione dei propri attivi strategici. Il riconoscimento alla Commissione della facoltà di ampliare così significativamente l'ambito di applicazione della normativa potrebbe inoltre generare potenziale incertezza e aumentare gli oneri a carico degli investitori. A tal riguardo, si ritiene necessario valutare più approfonditamente tale scelta e anche se non sia più opportuno procedere all'introduzione di un nucleo minimo di settori all'interno del regolamento, in analogia alla disciplina vigente, integrandoli secondo le proposte delle amministrazioni interessate, piuttosto che prevedere la modifica dei settori stessi mediante il ricorso ad atti delegati;

    a fronte di innovazioni così complesse e potenzialmente onerose, la Commissione europea non ha elaborato una valutazione di impatto, ritenendo sufficiente la relazione di valutazione che accompagna la proposta;

   considerato che le predette interlocuzioni con gli Stati membri e la Commissione europea potrebbero, in sede contenziosa, essere utilizzate strumentalmente per contestare la decisione finale. Inoltre, il perseguimento della condivisibile finalità di un miglior coordinamento delle decisioni degli Stati membri sugli investimenti esteri a vantaggio della prevedibilità e della certezza delle condizioni di investimenti in Europa potrebbe condurre in realtà ad un eterogenesi dei fini, determinando una sorta di cacofonia di osservazioni e pareri non convergenti fra Stati membri e con la Commissione, sia quando trattano notifiche di imprese multinazionali con impatti transnazionali sia infine quando i poteri di intervento ex post su investimenti già realizzati non sono adeguatamente definiti nei presupposti applicativi;

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   rilevata anche l'esigenza, nel corso del negoziato sulla proposta, di valutare più attentamente:

    la portata degli obblighi di notifica degli Stati membri, previsti dall'articolo 5, in particolare in relazione alla nozione di «indagine approfondita» e alla individuazione dei «casi eccezionali», che si configurano come due fattispecie che richiedono la notifica alla Commissione. In particolare, la nozione di «indagine approfondita» dovrebbe essere meglio esplicitata facendo riferimento a parametri oggettivi per distinguerla chiaramente dall'«esame iniziale», condotto sempre dall'autorità di controllo e che solo eventualmente conduce al controllo dell'investimento estero, allo scopo di evitare una crescita esponenziale di notifiche alla Commissione non rilevanti;

    la facoltà, prevista dall'articolo 5, di notificare alla Commissione altri investimenti esteri, non soggetti all'obbligo di notifica, che lo Stato membro notificante ritiene che possano essere di interesse per gli altri Stati membri. Non appare infatti chiaro come sia possibile intercettare queste fattispecie e notificarle, se non rilevano ai fini degli obblighi di notifica. Qualora la norma intendesse fare riferimento agli altri investimenti esteri che sono oggetto di notifica ai sensi dei meccanismi nazionali di controllo, si valuti l'opportunità di indicare criteri di rilevanza e significatività, utilizzando esempi, allo scopo di limitare un eccesso di notifiche e di armonizzare i comportamenti delle autorità di controllo nazionali;

   considerato più in generale che l'effettiva efficacia dell'armonizzazione introdotta è strettamente legata alla concreta attuazione e applicazione, a livello nazionale, dei principi e criteri, necessariamente generali e a volte piuttosto indefiniti, contenuti nella proposta, che lasciano ampi spazi di manovra alla discrezionalità amministrativa, è opportuno aumentare il «tasso di chiarezza» e oggettività dell'ambito di applicazione del controllo in relazione ai settori individuati negli allegati. Ciò eventualmente facendo riferimento a parametri quantitativi (ad esempio, a soglie di rilevanza degli investimenti) o qualitativi o valutando anche la possibilità di adottare linee guida unitarie condivise dai meccanismi nazionali di controllo che, sulla base della casistica, possano orientare gli operatori nell'applicazione della disciplina;

   rilevata l'esigenza che nella fase di attuazione della normativa:

    siano effettivamente rispettati i confini delle competenze degli attori coinvolti e, in particolare, delle competenze nazionali in materia di sicurezza e ordine pubblico;

    sia minimizzato l'impatto sui costi del fare impresa nel mercato unico e sia tutelata la capacità di crescere e innovare del sistema produttivo europeo;

    siano garantite adeguate risorse alle strutture amministrative competenti per assicurare il rispetto dei tempi legati alla partecipazione degli Stati membri al meccanismo di cooperazione e per fornire risposte adeguate ai soggetti privati;

    si valuti, anche alla luce di quanto precedentemente osservato, se, allo scopo di ridurre l'impatto normativo sul piano regolatorio Pag. 7interno degli Stati membri, non sia più opportuno procedere a una modifica mirata del regolamento (UE) n. 2019/452 piuttosto che a una sua abrogazione integrale;

   sottolineata, pertanto, l'opportunità di operare, nel prosieguo dell'esame della proposta a livello di Unione europea, un'analisi approfondita dei profili di criticità richiamati in precedenza, elaborando anche una nuova valutazione di impatto;

   rilevata l'esigenza che il presente documento sia trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea,

VALUTA CONFORME

la proposta al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea.