XIX Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 28 febbraio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, sulla situazione della filiera industriale dell' automotive (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 3 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 7 
Orlando Andrea (PD-IDP)  ... 7 
Benzoni Fabrizio (AZ-PER-RE)  ... 9 
Appendino Chiara (M5S)  ... 9 
Squeri Luca (FI-PPE)  ... 11 
Comba Fabrizio (FDI)  ... 12 
Cavo Ilaria (NM(N-C-U-I)-M)  ... 13 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 13 
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 13 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 17 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD-IDP)  ... 18 
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 18 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO LUIGI GUSMEROLI

  La seduta comincia alle 13.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, sulla situazione della filiera industriale dell' automotive .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, sulla situazione della filiera industriale dell'automotive.
  Ringrazio il Ministro per aver risposto all'invito della Commissione e saluto i colleghi deputati.
  Prima di cedere la parola al Ministro, chiedo ai colleghi che intendano intervenire di comunicare le loro richieste alla presidenza.
  Do quindi la parola al Ministro Urso.

  ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Ringrazio il presidente della Commissione e i componenti per l'invito a illustrare la situazione del comparto componentistica auto nel nostro Paese.
  La componentistica dell'automotive, con sede in Italia, è composta da circa 2.200 imprese, che danno occupazione a oltre 167 mila addetti. Se si allarga, però, lo sguardo alla filiera allargata, le oltre 5.500 aziende impiegano 273 mila addetti diretti nelle attività produttive e circa 1,2 milioni inclusi gli indiretti.
  Il tutto genera circa 90 miliardi di euro di fatturato, pari al 9,9 per cento di tutto il settore manifatturiero con una incidenza sul prodotto interno lordo del 5,2 per cento.
  Peraltro, è il settore produttivo a più elevato moltiplicatore di valore aggiunto. Può contare su eccellenze riconosciute a livello globale. Sebbene circa tre imprese su quattro abbiano nel loro portafoglio clienti Stellantis, negli anni si è accresciuto il grado di integrazione con le principali filiere produttive europee. Il saldo commerciale della componentistica italiana è positivo per oltre 5 miliardi di euro. Dopo la crisi pandemica, la filiera italiana ha ripreso a crescere e il fatturato è aumentato del 9 per cento nel 2021. Sebbene non siano ancora disponibili i dati a consuntivo, secondo le previsioni di ANFIA, l'associazione delle imprese dell'indotto, la dinamica espansiva è proseguita anche lo scorso anno.
  Tuttavia sono almeno tre i fattori di rischio per la tenuta della componentistica.
  Il primo è che l'andamento produttivo della componentistica è fortemente influenzato dalla produzione di veicoli sia a livello nazionale che europeo.
  Il secondo attiene alle sfide imposte dalla decarbonizzazione e dalla transizione verso modelli a elevata sostenibilità ambientale e ancor di più all'incertezza del quadro regolatorio europeo.
  Il terzo fattore di criticità è rappresentato dalle strategie del principale produttore italiano e dall'ingresso di nuovi competitor in Italia e in Europa.Pag. 4
  Le immatricolazioni di veicoli in Italia hanno raggiunto un picco di oltre 2,2 milioni nel 2017, per poi diminuire gradualmente raggiungendo quota 1,5 milioni nel 2022.
  La dinamica positiva dello scorso anno, 2023, più 19 per cento, non consente di recuperare comunque i livelli pre-pandemici.
  Complessivamente, le immatricolazioni si sono ridotte di quasi un quinto rispetto al 2019. Secondo le previsioni, nei prossimi anni il mercato dell'auto si stabilizzerà in Italia intorno a 1,5-1,7 milioni immatricolazioni. Questo per quanto riguarda le dinamiche di mercato.
  Per quanto riguarda la transizione ecologica, il secondo aspetto, la componentistica italiana è per il 70 per cento focalizzata nella fabbricazione di veicoli a combustione interna e di loro parti, accessori e motori.
  La strada della totale elettrificazione dei veicoli leggeri comporta un significativo restringimento del campo di attività economica poiché l'elettrico comporta una forte riduzione numerica dei componenti necessari all'assemblaggio dei mezzi, mentre il principale componente dell'elettrico, anche in termini di valore aggiunto, è la batteria la cui catena del valore è oggi per l'80 per cento di dominio asiatico.
  Nei prossimi cinque anni, pertanto, si ridisegnerà totalmente la filiera dell'automotive nazionale e si definirà la sua competitività in Europa e nel mondo.
  Sono certo che la prossima Commissione europea supererà l'approccio ideologico che in questi anni ha spesso sacrificato le esigenze delle imprese. Ne era un esempio evidente la prima proposta sul regolamento Euro 7, che avrebbe comportato rischi evidenti per il nostro sistema produttivo.
  Lo stesso amministratore delegato di Stellantis, Tavares, nel nostro primo incontro in Roma aveva sollevato questo problema ritenendolo assolutamente discriminante per la sopravvivenza della produzione automobilistica europea, quindi come un fattore assolutamente abilitante.
  Ci siamo mossi da subito per far passare il principio di neutralità tecnologica indispensabile a concentrare le risorse e le energie sull'obiettivo della decarbonizzazione piuttosto che sulle modalità con cui lo si raggiunge.
  Nello specifico, riguardo questo regolamento così sfidante, considerato il principale ostacolo alla produttività delle case automobilistiche europee, abbiamo fatto fronte comune con altri Paesi e siamo riusciti a far passare la nostra linea, quella del cosiddetto «fronte della responsabilità», di cui fanno parte con noi Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria. Il regolamento è stato profondamente cambiato e oggi, così come è stato realizzato, finalmente è sostenibile nella fase di transizione.
  Per quanto riguarda la produzione in Italia e l'eventuale minaccia di nuovi produttori europei, va rilevato che nel 2000 l'Italia era il quinto Paese europeo e il nono al mondo per produzione di auto. Nel 2022, ultimo dato completo, è sceso dal quinto all'ottavo posto in Europa e dal nono al ventesimo posto nel mondo. C'è stato un picco di produzione domestica nell'anno 2017, ma poi è ricominciata una lenta e progressiva discesa quando, a partire dal 2018 e arrivando fino al 2022, la produzione italiana è passata da 796.394 autovetture nel 2018 a circa 350 mila autovetture in meno nel 2022. In pratica, abbiamo avuto il 30 per cento in meno di autovetture prodotte dal 2018 al 2022. La produzione di veicoli negli stabilimenti italiani Stellantis ha visto una media di circa 930 mila unità nei cinque anni precedenti la pandemia, 2015-2019, riducendosi a 730 mila unità nel triennio successivo.
  Parliamo, in questo caso, di veicoli, quindi sia di vetture che di veicoli commerciali. La dinamica negativa ha riguardato principalmente la produzione di autoveicoli. I volumi medi sono stati 660 mila nel periodo 2015-2019 per poi scendere a 455 mila nel triennio successivo. La produzione di veicoli negli stabilimenti Stellantis in Italia negli ultimi dieci anni ha sempre mantenuto una stretta correlazione con l'immatricolazionePag. 5 nazionale, rappresentando una quota compresa tra il 40 e il 50 per cento.
  In un mercato in contrazione, la transizione green ha comportato, inoltre, la comparsa di nuovi competitor su veicoli elettrificati sia americani che cinesi, oltre a quelli presenti da tempo, giapponesi e coreani. Sul mercato dei veicoli elettrici i lanci di nuovi modelli di brand cinesi hanno rappresentato lo scorso anno, nel 2023, il 50 per cento del totale dei nuovi modelli immessi nel mercato, con una posizione di leadership ormai consolidata a livello globale, anche in considerazione di un vantaggio sul costo totale di produzione stimabile in circa il 30 per cento rispetto a un veicolo di dimensioni simili prodotto in Europa.
  Vorrei citare a tal proposito quanto affermato il presidente Draghi proprio ieri, in sede europea, a Strasburgo: «Come può l'Unione europea continuare con dazi alle importazioni dalla Cina sulle auto al 10 per cento mentre gli USA, gli Stati Uniti, hanno dazi pari al 27 per cento e mentre Donald Trump, se verrà eletto, ha già detto che imporrà dazi del 67 per cento?».
  Questo è quanto ha affermato ieri il presidente Draghi incontrando i presidenti delle Commissioni del Parlamento europeo a Strasburgo.
  Per affrontare le sfide della transizione produttiva e della decarbonizzazione puntando allo stesso tempo alla salvaguardia di lavoratori e imprese, è necessario mettere in campo quindi un piano straordinario e coordinato di investimenti pubblici e privati e una politica europea industriale e commerciale capace di sostenere la competitività delle imprese europee e di tutelarle dalla concorrenza, spesso sleale, di altri competitori internazionali, come stanno facendo gli Stati Uniti.
  Dobbiamo, ovviamente, avere investimenti pubblici e privati capaci di consolidare e ampliare l'innovazione sulle tecnologie chiave per lo sviluppo dell'auto e della mobilità del futuro. A tal proposito vorrei citare ancora una volta il presidente Draghi, che nella sua relazione afferma che l'Europa deve realizzare le riforme necessarie e deve anche realizzare forme di investimento per i bisogni della transizione verde digitale, che, sempre secondo il presidente Draghi, devono ammontare ad almeno 500 miliardi di euro l'anno.
  Per quanto riguarda la nostra filiera, siamo consapevoli che la tutela della componentistica richiede volumi produttivi in Italia pari ad almeno – questa è la stima che facciamo, per difendere questa filiera così competitiva a livello globale – un milione di vetture e circa 300 mila veicoli commerciali leggeri, cioè 1,3 milioni di veicoli tra auto (stimiamo un milione di auto) e veicoli commerciali (300 mila).
  Proprio per questo è fondamentale lavorare al raggiungimento di tali livelli, di intesa con Stellantis, puntando a consolidare la loro rete di fornitura nazionale e facendo sì che il gruppo receda dalla tentazione di trasferire all'estero come emerge dalla stessa comunicazione che il gruppo ha trasmesso alle aziende della componentistica, cioè receda dal Piano di internazionalizzazione che evidentemente ha realizzato quando è stato costituito quattro anni fa, che non è compatibile con il rafforzamento della filiera dell'indotto in Italia e della produzione delle auto nel nostro Paese. Su questo noi siamo impegnati.
  Le trasformazioni del mercato globale impongono a tutti i produttori politiche di efficientamento e riduzione dei costi. È pertanto necessario che la nostra componentistica investa in innovazione. Per questo abbiamo sottoscritto un accordo con l'associazione ANFIA e con essa stiamo lavorando a un'analisi approfondita delle imprese coinvolte nonché a creare le condizioni per un efficiente impiego delle risorse del Fondo automotive e in particolare alla destinazione dei fondi a sostegno dei progetti di riconversione per le imprese della componentistica.
  Sin dall'inizio della legislatura abbiamo attivato il tavolo dell'automotive, che si è riunito più volte in un confronto costruttivo con tutti gli attori, e poi in dicembre abbiamo attivato il tavolo con Stellantis, che si articola in cinque gruppi di lavoro, che dovranno portare alla definizione di un documento strategico condiviso tra azienda, sindacati e regioni, tutti partecipi del tavolo Pag. 6insieme ad ANFIA, documento strategico che noi speriamo possa essere approvato e condiviso nel tavolo e dagli attori del tavolo prima dell'estate.
  Il lavoro si focalizza sui seguenti ambiti: 1) volumi produttivi e mercato; 2) efficientamento degli stabilimenti; 3) ricerca, sviluppo e innovazione; 4) componentistica; 5) occupazione e formazione del personale.
  I lavori stanno procedendo a ritmo serrato ed è stata già fatta la prima analisi approfondita di contesto. Fino a marzo si terranno ulteriori incontri per giungere a un protocollo d'intesa condiviso che crei le condizioni per la produzione di un milione di veicoli entro il 2030, assicurando la sostenibilità e la continuità di tutti gli stabilimenti Stellantis italiani. Peraltro, su questo, recentemente, ha fatto dichiarazioni anche l'amministratore delegato del gruppo.
  D'altra parte, siamo consapevoli del fatto che è impossibile per Stellantis raggiungere da sola l'obiettivo del milione di vetture prodotte in Italia e non possiamo certo chiedere a un solo produttore di farsi carico dell'intera componentistica italiana e di offrire al mercato quei modelli che il mercato, che i consumatori, che i cittadini richiedono.
  Dobbiamo, quindi, completare questa che è una anomalia italiana, perché solo in Italia esiste un unico produttore di auto. In Germania ci sono sei produttori di auto, ai quali se ne aggiunge uno, ulteriore, per i veicoli commerciali leggeri: Mercedes, BMW, Volkswagen, Audi, Tesla, Ford e Stellantis. In Francia sono quattro i produttori di auto: Stellantis, Renault, Toyota, Smart. In Spagna sono sette i produttori di auto: Stellantis, Seat-Cupra, Volkswagen, Mercedes, Nissan, Renault, Ford. Persino in Repubblica Ceca sono tre e in Ungheria quattro. In Ungheria tra breve se ne aggiungerà un altro cinese.
  Per questo anche in Italia sin dall'inizio della legislatura, consapevoli della necessità di rafforzare la produzione del nostro Paese, stiamo lavorando per attrarre, per creare le condizioni affinché un nuovo investitore possa localizzarsi nel nostro Paese, così da avere almeno una seconda casa automobilistica che possa farsi carico dell'esigenza di salvaguardare e di contribuire a salvaguardare e rafforzare l'indotto.
  Solo con una seconda casa automobilistica potremo raggiungere l'obiettivo complessivo di 1,3 milioni di veicoli che vi dicevo all'inizio. Solo con una seconda casa automobilistica potremmo creare le condizioni per rafforzare in casa l'indotto automobilistico così da renderlo ancora più competitivo anche nel presidiare i mercati stranieri.
  L'ecosistema nazionale è molto favorevole. Abbiamo un ecosistema molto favorevole all'insediamento e alla realizzazione di altre auto nel nostro Paese. La nostra componentistica è un'eccellenza riconosciuta in vari ambiti inclusi quelli ingegneristici e per l'ideazione estetica e il design.
  In Italia si sono stratificate negli anni competenze uniche, con una forza lavoro qualificata e flessibile. Possiamo contare, inoltre, su centri di trasferimento tecnologico di elevata qualità che rendono il nostro Paese il posto ideale dove investire. Oltre al Competence Center di Torino, già operativo da oltre tre anni, focalizzato sui temi dell'automotive, sta nascendo un centro per la mobilità sostenibile a guida del Politecnico di Torino e un centro per l'applicazione dell'intelligenza artificiale, la Fondazione sull'intelligenza artificiale, sempre a Torino, nei settori automotive e aerospace.
  Sono fattori che hanno favorito il dialogo con produttori esteri interessati ad approcciare i mercati europei. Si tratta di case automobilistiche che al momento non producono in Europa, ma che guardano con interesse al nostro mercato, consapevoli anche che l'Europa, come indicava lo stesso presidente Draghi, dovrà necessariamente tutelare il mercato interno dalla concorrenza sleale con misure commerciali, come stanno facendo gli Stati Uniti, e con misure industriali, come dobbiamo assolutamente fare nel nostro continente.
  Abbiamo pertanto avviato da tempo interlocuzioni con produttori di vari Paesi, non soltanto orientali, ma anche occidentali. Sapete anche voi che i residenti della città di Grünheide, nell'est della Germania, hanno respinto a larga maggioranza un piano di espansione massiccia dell'unico Pag. 7impianto di assemblaggio europeo di Tesla. Questo comporterà certamente una revisione dei piani del gruppo statunitense con il quale dialoghiamo da mesi.
  Stiamo avendo, peraltro, riscontri molto positivi, ma naturalmente si tratta di un processo ancora in corso che richiede prudenza. Non dimentichiamo che l'Italia è partita in ritardo in questa politica di attrazione di investimenti esteri. Abbiamo una sola casa automobilistica, a fronte delle sei in Germania, delle sette Spagna, delle quattro in Francia e quant'altro ancora. Siamo partiti in ritardo rispetto a questa sfida, ma in poco tempo siamo stati in grado di invertire la tendenza e far sì che si guardi al nostro Paese con rinnovato interesse.
  Su questo, ove ci fossero domande, posso anche essere più specifico.
  Nel frattempo, a sostegno della domanda – abbiamo visto prima che la produzione è molto in sintonia con l'immatricolazione – abbiamo rinnovato l'ecobonus, mettendo a disposizione per quest'anno 950 milioni, puntando a una maggiore attenzione agli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale. In particolare, abbiamo più che raddoppiato i contributi per l'elettrico e per l'ibrido, che possono raggiungere 13.750 euro a fronte di un valore massimo di 5 mila nella precedente edizione della misura.
  Per accelerare lo svecchiamento del parco auto – abbiamo il parco auto più vecchio e più inquinante d'Europa – e per andare incontro alle esigenze delle classi meno abbienti, che spesso sono i possessori delle auto più inquinanti, Euro 0, 1, 2 e 3, abbiamo introdotto un principio di proporzionalità del contributo rispetto all'età dell'auto rottamata: più è vecchia e inquinante più è alto il contributo per rottamarla.
  Sempre in favore delle classi meno abbienti, abbiamo previsto una maggiorazione del 25 per cento dei contributi per chi ha un ISEE inferiore a 30 mila euro con la possibilità di rottamare anche Euro 5 e abbiamo introdotto per la prima volta gli incentivi per usato con rottamazione fino a Euro 4.
  Sono inoltre previsti in via sperimentale un programma di noleggio a lungo termine, impropriamente detto social leasing, che in realtà è un incentivo a un noleggio di lungo termine, e anche un programma per il retrofit per quanto riguarda il metano e il GPL. Anche queste sono misure che vanno nella direzione prima descritta, misure che tendono a rendere più sostenibile il parco auto italiano e nel contempo a incentivare e sostenere i ceti meno abbienti a realizzare una rottamazione delle auto più antiquate e passare a un'auto più sostenibile.
  Aggiungo anche che nel piano incentivi auto è prevista una misura specifica per i possessori di taxi e di veicoli per NCC, perché, come sapete, nella riforma dei taxi noi avevamo anche previsto che ci fosse un incentivo maggiore per taxi e NCC, consapevoli che sono auto che circolano soprattutto nei grandi centri urbani e che circolano molto più di qualunque auto privata. In pratica, vi è un incentivo raddoppiato per i tassisti e per gli NCC. Questo era un ulteriore stimolo per i sindaci ad applicare la nostra riforma da subito, in collegamento anche agli incentivi che valgono per quest'anno, perché sono gli incentivi per il piano di quest'anno, che incentiva i tassisti e gli NCC ad avere un'auto elettrica o comunque ecologicamente sostenibile, utilizzando il piano per gli incentivi di quest'anno.
  Per questo mi auguro che anche altri sindaci, oltre a quelli che già lo hanno fatto in queste settimane, utilizzino quella riforma per aumentare il numero delle licenze e comunque il numero dei taxi che circolano nelle nostre città e quindi incentivare i tassisti ad acquisire un'auto più sostenibile, più adeguata anche in termini di comfort per accogliere al meglio i turisti, i visitatori e comunque i cittadini che se ne servono.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA ORLANDO. Signor Ministro, apprezzo la completezza dell'esposizione, i Pag. 8link che lei ha proposto tra i diversi livelli. Cerco di seguire nella mia domanda esattamente questa impostazione.
  Le pongo subito un primo quesito. Lei sostanzialmente ci dice che l'Italia ha un tessuto produttivo che è ancora legato fortemente al termico. Questo fa sì che sia penalizzata in qualche modo da una spinta più rapida nel passaggio all'elettrico: quindi la regolamentazione deve tener conto di questo aspetto.
  Contemporaneamente ci dice che il secondo investitore potrebbe essere Tesla, cioè un soggetto che produce esclusivamente, se non sbaglio, elettrico. Qui si apre una certa contraddizione, perché noi potremmo lavorare per uno scenario favorevole alla dimensione di oggi, al tessuto di oggi, ma contrario a quello che si può venire a determinare da qui a poco, se l'annuncio che lei ha fatto si dovesse concretizzare.
  Oltre a questo, il punto sul passaggio all'elettrico che le volevo porre è questo. Ora l'Italia paga anche un prezzo molto alto, perché con un solo produttore, come lei giustamente sottolineava, si è molto adeguata a una scelta che Stellantis fece a suo tempo di non scommettere sull'elettrico, almeno in Italia, e di arrivare in ritardo rispetto ad altri produttori su questo fronte.
  Questo ritardo è stato pagato anche in termini occupazionali, perché, nel frattempo, poi l'elettrico è andato avanti. Noi ci lamentiamo del fatto che i cinesi facciano concorrenza sleale, ma i cinesi, come altri soggetti, sono andati più avanti su una direttrice che i player spingono e che stanno continuando a spingere.
  La questione che io le pongo è questa: una regolamentazione che in qualche modo incentivi il ritardo, mi lasci passare questo termine, non rischia, nel corso dei prossimi anni di replicare esattamente quello che già è avvenuto? Perché o noi abbiamo un'altra strategia, che è quella di dire che l'Italia diventa la sede mondiale di ciò che resta del termico, ed è una linea che si può prendere in considerazione, o altrimenti il rischio è che, mentre noi ci attardiamo su una strada, nel frattempo avvenga qualcosa che sfugge al nostro controllo, con delle conseguenze che hanno anche dei riflessi. Così è avvenuto almeno in passato dal punto di vista occupazionale.
  La seconda domanda che le volevo fare è questa. Lei parla dei dazi e di un ritorno a una dimensione protezionistica. Io non la vedo come una cosa assolutamente scandalosa. Comprendo che in una fase di de-globalizzazione questa possa essere una risposta anche al riassetto dei mercati che si vengono a determinare, però la domanda che le faccio è questa: perché l'Italia non avanza un piano di strumenti comuni a livello europeo per la gestione della transizione? Se ha ragione il presidente Draghi – il Draghi neo-protezionista, in una versione nuova: è cambiato il mondo! – che servono dazi – forziamo un po', naturalmente – e contemporaneamente investimenti, rilevo che in questo momento, a livello europeo, si sta parlando però solo di bond sulla difesa.
  Strumenti comuni sul fronte delle politiche della transizione sono spariti dall'agenda del dibattito politico. Che cosa intende fare l'Italia perché in quell'agenda ritornino questi temi, sui quali noi abbiamo più interesse che altri Paesi, volti come sono a una mutualizzazione dei costi e dei pesi della transizione, per ovvie ragioni?
  Vengo all'ultima domanda. Se capisco bene, stiamo costruendo una regolamentazione più adeguata alle esigenze di Stellantis – nel mentre cerchiamo il secondo produttore – perché Tavares ci ha chiesto di rivedere il regolamento. Stiamo ipotizzando di sostenere una linea dei dazi, quindi cerchiamo di tener conto anche di questa esigenza di Stellantis, mentre cerchiamo sicuramente questo secondo produttore che, se non ho capito male, sarà Musk. Qual è l'aspetto di deterrenza che noi continuiamo a mantenere? Le faccio una domanda secca. Noi contemporaneamente stiamo portando avanti degli accordi che riguardano l'incentivazione di insediamenti che Stellantis ha già deciso. È un manico del coltello che teniamo in mano o semplicemente ci rimettiamo alle dichiarazioni di Tavares? Questo punto, secondo me, è utile.
  Anticipo che, se ci saranno iniziative in qualche modo più proattive e anche più Pag. 9«muscolari» nei confronti di Stellantis, noi diamo tutta la nostra disponibilità a sostenerle, però ci piacerebbe capire quali sono. La «minaccia» di un secondo produttore – uso sempre le virgolette – in una situazione nella quale ancora non si sa qual è il secondo produttore è, oggettivamente, abbastanza debole nei confronti di un soggetto al quale stiamo facendo una regolamentazione più favorevole, un'ipotesi, in prospettiva, di regolamentazione fiscale più favorevole e al quale contemporaneamente diciamo: «Per favore, vedi se riesci ad arrivare a un milione», da qui a tanto tempo mi pare di capire dalle sue parole.
  Questo mi pare già un punto sul quale un elemento di approfondimento sarebbe particolarmente utile, anche semplicemente per capire, come opposizione o come Partito Democratico, com'è possibile dare una mano rispetto a una trattativa che non sarà assolutamente semplice, con un soggetto che nel corso del tempo ha accumulato una rendita di posizione, che lo mette sicuramente in una posizione negoziale molto forte nei confronti del nostro Paese, non per responsabilità – lo voglio dire – di questo Governo. Grazie.

  FABRIZIO BENZONI. Signor presidente, sarò più breve del collega Orlando, che ha anticipato molte tematiche.
  La ringrazio, Ministro, perché ha fatto una panoramica di tutto quello che oggi ci porta qui. Da un lato una panoramica del mercato, da un altro lato della regolamentazione europea, da un altro lato della tecnologia, che sta cambiando a livello europeo, e da un altro lato ancora del mercato interno e, di conseguenza, della produzione.
  Quello che, però, manca – o non ho compreso, forse, dal suo intervento – è la strategia rispetto a Stellantis. Oggi parliamo, più che di produzione, di componentistica. Lei lo ha spiegato molto bene. Un'auto elettrica ha molti meno componenti di un'auto termica. Il nostro sistema produttivo è sbilanciato su quello. Eppure, c'è ancora un sistema produttivo che lavora.
  Dobbiamo – lo dice lei, ma non ho capito in che modo – spingere Stellantis – che, come il collega Orlando diceva, è in una posizione di rendita, ma ha anche goduto in passato, negli scorsi decenni, di tanti aiuti dal nostro Paese, quindi, ha anche un debito rispetto al nostro Paese – a riportare la produzione in Italia e anche a rispettare i patti che ha preso rispetto agli stabilimenti. Dobbiamo far sì che non chieda ai fornitori di andare a produrre all'estero. Questo lei lo ha detto, ma voglio capire come facciamo.
  L'altro tema è: bene portare da 500 mila a un milione la produzione in Italia, ma ricordiamoci che da quando esiste Stellantis la maggior parte dei pianali su cui si sceglie di investire sono quelli di origine francese e, di conseguenza, con quella filiera. Portare qui la produzione, ma di componentistica francese non va nella direzione di quello che dicevamo prima, cioè di aiutare la nostra componentistica. Al contrario, questo dovrebbe essere il punto. Con Stellantis e con Tavares, a parte le sue dichiarazioni, cui spesso non seguono i fatti, la trattativa, che non capisco in che modo state attuando, dovrebbe essere non solo riportare qua la produzione, ma una produzione che vada a investire sulla filiera italiana, che è quella fondamentale.

  CHIARA APPENDINO. Signor presidente, ringrazio il Ministro. Abbiamo fortemente voluto questa audizione, che è stata richiesta dalla capogruppo Pavanelli, non solo per una questione più territoriale, che riguarda i territori prettamente coinvolti (arrivo da Torino e, purtroppo, ho visto e sto vedendo con i miei occhi la situazione che c'è nella mia città), ma perché, come è evidente, il tema dell'automotive è di interesse di tutto il Paese. Stiamo vivendo un momento molto particolare.
  Molte questioni sono state già poste, quindi tornerò solo su due o tre punti.
  Il primo. Ministro, lei ha candidamente ammesso – la ringrazio per la sincerità con cui è intervenuto – che a Roma, in una stanza, ha incontrato Tavares, come è giusto che sia, e, sostanzialmente, su sua richiesta, questo Governo ha fatto una battaglia sugli Euro 6 e sugli Euro 7. Immagino che anche su sua richiesta siano state fatte una serie di scelte rispetto agli incentiviPag. 10 sulla domanda, quello che ci raccontava. La mia domanda, però, Ministro, che è un po' quello che veniva detto anche precedentemente, è questa: quando vi siete chiusi in quella stanza, avete assunto una scelta politica su richiesta di un produttore, che è oggettivamente una sorta di monopolio, poi tornerò sul secondo punto, cosa avete ottenuto in cambio? Che garanzia avete ottenuto in cambio? Il punto è lì, e lei sicuramente lo sa, perché parla con il settore, perché parla con i sindacati, perché parla con la filiera, con quelle migliaia di piccole e medie imprese che si vedono commesse sparire e poi abbiamo crisi che si aprono non solo in Piemonte, ma in tutto il resto d'Italia.
  Quello che serve sono investimenti in enti centrali di ricerca. Quello che serve è la progettazione di nuovi modelli di autovetture, che abbiano, poi, un mercato. Noi abbiamo vissuto anche la questione della 500 elettrica, su cui non voglio entrare oggi, perché sono dettagli.
  Noi abbiamo bisogno di assunzioni di giovani in enti centrali e di una produzione che dia un orizzonte di medio e lungo periodo, altrimenti, a forza di fare piani incentivati con le persone che escono, a forza di non avere nuovi prodotti, non rischiamo – Ministro, lei lo sa bene – che Tavares, dall'oggi al domani, chiuda l'impianto di Mirafiori, rischiamo semplicemente che questo muoia da solo. Se non immetti nulla, non sostituisci, non assumi, non fai dei piani seri, semplicemente lo lasci morire. Muore da solo. Non c'è bisogno di qualcuno che lo spenga. È questa la preoccupazione forte che noi abbiamo.
  La mia domanda riguarda quella negoziazione, quell'incontro. Io immaginavo ci fosse stato. È giusto, Ministro. Ci mancherebbe che lei non parlasse, non discutesse, non negoziasse con un soggetto così importante. Ma quali garanzie ci sono? Credo che il nodo sia anche questo.
  La seconda questione è più semplice. Io ho molto apprezzato l'iniziativa – glielo dico, Ministro, senza problemi; è molto apprezzata sul territorio; ovviamente, io mi riferisco più alla mia città – di quei cinque gruppi di lavoro che lei ha citato. Lei sa benissimo che devono produrre (lo ha detto) delle proposte strategiche o, comunque, coordinate. Anche perché, forse, stiamo vivendo un momento unico, in cui abbiamo lavoratori e lavoratrici, imprese piccole e medie, le regioni, i comuni, i soggetti istituzionali tutti dalla stessa parte. Nelle difficoltà del dibattito, comunque sono tutti dalla stessa parte, con la preoccupazione evidente della perdita di posti di lavoro, la perdita di competenze, come lei giustamente diceva, di professionalità eccetera.
  Questi cinque gruppi di lavoro – lei li ha citati, quindi non ho bisogno di ripercorrere la storia – si chiuderanno entro il 31 marzo, da quello che mi è stato riferito, raccontato. Io le propongo, Ministro, di non immaginare che questi gruppi di lavoro finiscano il 31 marzo, perché sono un buon esperimento, secondo me, per quello che percepisco io, anche se io non siedo a quei tavoli. So che dovranno fare delle proposte. Credo che quel sistema, quel livello di approfondimento, quella cadenza costante, al netto del tavolo automotive, che ha un'altra funzione, poi dovrebbe avere anche un importante ruolo non dico nell'attuazione, ovviamente, però sono anche loro protagonisti di questo percorso. Io le chiedo, Ministro, di valutare la possibilità – ovviamente, la valuti anche con gli attori; non sta a me deciderlo – di immaginare che ci sia un prosieguo di quel lavoro, di quei cinque gruppi di lavoro.
  Un'ultima questione, che lei non ha citato, ma io sono obbligata a farlo, perché credo sia di interesse non solo mio, ma di tutti noi e anche perché è oggetto di cronaca in questi giorni. Premesso che credo siamo tutti d'accordo che non si possa stare nelle mani di un unico produttore – anzi questo è stato un problema, quindi siamo ben contenti se ci si muove per trovare un nuovo investitore, qualcuno che possa inserirsi nel mercato –, condivido con lei la sua analisi. Oggettivamente, abbiamo tutto: abbiamo le capacità, le competenze, abbiamo lavoratori formati, abbiamo la capacità di innovare, abbiamo la filiera, ci sono luoghi fisici. Io conosco quello che è stato costruito – lei lo ha citato – a Torino, perché ci abbiamo lavorato quando ero Pag. 11sindaca. Si sono costruiti spazi dove tu hai anche la vicinanza fisica dello studente che si laurea nell'automotive e del Competence Center che lavora su Industria 4.0 e della piccola-media impresa che si insedia lì. Quindi, c'è anche proprio una vicinanza fisica. Io sono convinta, quindi, che ci sia un'altra attrattività enorme, da questo punto di vista, rispetto all'automobile.
  Oggi, però, mi aspettavo, sinceramente, che lei ci chiarisse rispetto al rapporto con la Cina. Premesso che a me fa un po' sorridere, ma questa è una questione di incoerenza, secondo me, vostra, che, dopo aver deciso, dall'oggi al domani, di abbattere e demonizzare la «via della seta», dopo aver demonizzato per anni l'elettrico, i cinesi, adesso si sia cambiata linea, sempre che sia vero e che si stia discutendo con dei produttori cinesi che potrebbero arrivare qui. Al netto di questo, le dico sinceramente come la vedo io.
  Alla fine, bisogna anche avere il coraggio di prendere posizioni. Io dico che se noi trovassimo, lei trovasse e ci fosse la possibilità di avere un soggetto che arriva in Italia e immette sul mercato un prodotto a basso costo, che, quindi, andrà a coprire una fetta di mercato che oggi, francamente, noi non copriamo, sarebbe una buona opportunità. Ma per definirla «opportunità» dobbiamo avere chiarezza rispetto a cosa si sta parlando. Quali sono le garanzie? Quali sono i posti di lavoro? È un investimento di lungo periodo, per cui garantiamo e state lavorando per garantire un qualcosa di pluriennale, per cui non sia veramente – lo dico a un sovranista come lei – uno scippo? È su questo che credo bisognerebbe fare chiarezza. Anche noi, come Movimento 5 Stelle, siamo pronti a prendere posizione, a sostenere un eventuale Governo rispetto a dei percorsi, però ci deve essere chiaro qual è lo schema, qual è l'obiettivo.
  Quello che a me preoccupa – presidente vado a concludere –, l'impressione che ho, è che ci sia una totale improvvisazione. Abbiamo sentito per mesi demonizzare l'auto elettrica, demonizzare il rapporto con la Cina e poi gli Elkann o comunque con Stellantis si creano dei problemi, quindi cerchiamo un'alternativa e lo facciamo con la Cina.
  Credo che questa improvvisazione delle politiche industriali, alla fine, abbia, purtroppo, un effetto negativo, che stiamo vedendo, cioè la mancanza della capacità di guardare a medio-lungo periodo, di avere percorsi lineari e chiari. Se oggi abbiamo un crollo della produzione industriale un problema c'è e io credo sia un problema reale di politiche industriali.

  LUCA SQUERI. Signor presidente, ringrazio il signor Ministro. Abbiamo apprezzato l'esposizione davvero a trecentosessanta gradi di un argomento così importante.
  Il dibattito che si è aperto, a mio avviso, è molto stimolante, perché va a toccare un argomento che si vive in diversi modi.
  Parto da una premessa. Leggendo chi sull'argomento se ne intende molto, essendo a capo della Toyota, una delle case produttrici di auto elettriche più importanti al mondo, il presidente, che si chiama Toyoda, afferma che la transizione verso i veicoli elettrici costerà alle aziende miliardi di euro. Una rivoluzione che potrebbe lasciare molte nazioni senza elettricità e senza alcun beneficio per l'ambiente, poiché la fabbricazione delle batterie potrebbe aumentare le emissioni di CO2. Questo lo dice una persona che auto elettriche ne sta costruendo in gran numero.
  Il mio ragionamento, con una domanda molto semplice finale, è che, a mio avviso, il nostro compito – devo dire che questo Governo lo sta portando avanti in maniera coerente – è quello di riportare la direttrice della discussione sui giusti binari. Lei lo ha sintetizzato in una parola: neutralità tecnologica. Questa deve essere la nostra stella polare. Tanto ancora c'è da fare in Europa, lo sappiamo, sull'argomento. C'è da smantellare quell'obbligo al 2035 di vendere solamente macchine che siano elettriche. L'auspicio del prossimo voto va in tal senso.
  In Italia, anche qui, si è fatto tanto. Devo dire che, rispetto agli incentivi che sono stati messi sul tavolo, io leggo titoli caratterizzanti del periodo gennaio-febbraio, nuovo inizio anno: «Stellantis: senza Pag. 12incentivi all'elettrico, stabilimenti italiani a rischio»; «Auto: produzione in calo»; «Auto elettriche in Germania. Primo mercato europeo. Le vendite sono crollate»; «Mercedes fa marcia indietro sull'elettrico»; «L'elettrico manda al tappeto l'industria della Germania»; «Musk: senza dazi, le auto cinesi ci demoliranno»; «Salgono le immatricolazioni, ma crollano le elettriche»; «Incentivi auto: già terminati i fondi per i modelli benzina e diesel»; «Sondaggio Deloitte. Auto, ritorno del motore termico».
  Questa è la fotografia, a mio avviso molto precisa, di quello che sta accadendo. È il mercato che fa la differenza. A mio avviso, meno il mercato lo si inquina, meno lo si condiziona, tra l'altro partendo da presupposti errati... In questo momento, rendiamoci conto che le macchine che vanno a diesel e benzina sono alimentate tramite il petrolio. Le macchine elettriche sono alimentate tramite il gas. Per cui, quando si parla di impatto ambientale e di sostenibilità, apriremmo parentesi che ci porterebbero a fare ragionamenti troppo lunghi, e non è questa la sede.
  Quello che voglio dire è che dobbiamo veramente stare attenti a far sì che il concetto di neutralità tecnologica lo si rispetti per davvero. È impegnativo rispettare questo concetto. Dunque, senza farci tirare la giacca da aziende che, giustamente, fanno il loro interesse. Ci mancherebbe altro. Sarebbe strano se non lo facessero.
  Arrivo alla domanda, che è relativa al dibattito che c'è stato con Stellantis. Io ho letto articoli di giornali. Mi è sembrato di capire – spero di sbagliarmi – che addirittura Stellantis sia arrivata a dire al Governo: «Guarda che mi devi incentivare tutto il ramo della produzione elettrica, sennò andiamo fuori mercato». Se così fosse – spero non lo sia, ma io ho capito così, e chiedo lumi al Ministro – a mio avviso sarebbe stato perfetto (lo abbiamo, tra l'altro, già evidenziato nell'interrogazione che abbiamo fatto in Commissione) lo schema degli incentivi se, anche senza rottamazione, si fosse dato un incentivo all'Euro 6. A mio avviso, però basandomi su dati oggettivi, già l'Euro 6 in quanto tale – se si parla di biocarburanti, non c'è ombra di dubbio – partecipa a un miglioramento dell'impatto ambientale tanto quanto un'auto elettrica, in quanto alla fine alimentata con gas.
  Questo è un appunto. Le risposte sono state esaurienti. Non so se ci sarà modo in futuro di tornare sull'argomento. È un aspetto, che segnalo al Ministro, da tenere in considerazione.

  FABRIZIO COMBA. Signor presidente, ringrazio il signor Ministro per aver intrapreso questa iniziativa di scouting sul mercato. Purtroppo – ripeto, purtroppo – se ci troviamo in questa situazione è perché si è assistito in passato, anche in modo, oserei dire, quasi passivo, ad azioni che si possono leggere oggi come cessione di parte, fusione/acquisizione. Mi chiedo dove erano i Governi in quei momenti, nei momenti in cui si consumavano queste svendite degli asset più importanti del nostro Paese.
  La ringrazio, perché lei sta affrontando e si trova ad affrontare un tema delicatissimo. Lo affronta con determinazione, senza tralasciare, ovviamente, di incontrare e approfondire con tutti gli interlocutori necessari questo argomento così delicato. Noi riteniamo che lei abbia fatto assolutamente la scelta più idonea, quella di incontrare la governance di Stellantis, per capire la loro intenzione nei confronti della loro presenza come produzione sul mercato, sul territorio italiano. Ciò non toglie che questa azione di scouting debba continuare ed andare avanti. Noi abbiamo plessi che non hanno la possibilità di resistere se non vengono, in qualche maniera, implementati con ulteriori produttori. Non esiste, sostanzialmente, nessun Paese che sia mono-produttore. In questo caso, patiamo questa situazione. Ripeto, è una situazione che noi ci troviamo, lei si trova a gestire in questo momento. Un'emergenza sull'emergenza.
  Non è una situazione che nasce oggi, ma è figlia e frutto di politiche sbagliate che sono avvenute nel passato. Credo che la sua azione, quella di capire e di cercare di interpretare quel mix tra il motore termico e l'elettrico, sia fondamentale. Non si deve tralasciare l'uno e non si deve tralasciare l'altro. Si possono percorrere – come dicevaPag. 13 anche il collega Squeri – entrambe le strade.
  Quindi, ben vengano realtà seriamente intenzionate a delocalizzare, a investire nel nostro Paese, dove c'è una filiera – la citava lei – legata soprattutto alla componentistica. Vorrei ricordare che all'interno di un'autovettura ci sono componenti che danno lavoro a cento aziende dell'indotto. Noi abbiamo un indotto altamente qualificato. Come la collega Appendino, anch'io provengo da un ambito territoriale a vocazione industriale e automotive. Noi abbiamo eccellenze e qualità che non hanno altri e che possiamo mettere a disposizione di altri player. E quello che sta facendo lei oggi va nella giusta direzione, che è quella di individuare la possibilità di portare in Italia ulteriori investitori, quindi altre case costruttrici.
  Il mix motore termico e motore elettrico è un discorso che, comunque, deve essere percorso di pari passo, quindi io credo che questa sia la direzione giusta, quella che lei sta portando avanti, per cui la ringraziamo per il suo impegno, signor Ministro.

  ILARIA CAVO. Desidero fare un breve intervento, richiamando alcuni punti che sono già stati toccati dai colleghi, in quanto ritengo doveroso un intervento anche da parte del mio gruppo per dare sostegno al Ministro e alla relazione che ci ha portato. La ringrazio, a tal riguardo, per la puntualità dei dati che ci ha fornito e per il quadro molto puntuale che ci ha rappresentato.
  Vorrei porle, signor Ministro, alcune questioni, su cui non so se sarà possibile oggi avere una risposta, o se sarà possibile ritornare su questi temi.
  Condivido innanzitutto l'impostazione di fondo, su questo concordo con il collega Comba e il collega Squeri, quando ci dice che occorre raggiungere un accordo con Stellantis perché possa recedere dal piano di internazionalizzazione e andare a investire fuori dell'Italia. Siamo assolutamente d'accordo con lei e sosteniamo tutto questo, per quella che è stata la storia, per quello che il nostro Paese ha investito in questa produzione e in questa società, nelle sue varie anime, storie, nomi e marchi.
  È evidente che dobbiamo arrivare a fare in modo che vengano rispettati gli accordi, che si arrivi al mantenimento degli impegni di mantenere la produttività e la produzione nel nostro Paese. Quindi, su questo siamo con lei. È chiaro che, se riuscissimo a capire di più – non so se il Ministro ce lo può argomentare oggi – su come arrivare a questo accordo e stringere su questo, sarebbe importante proprio per sostenerla in questa azione.
  Altro discorso esattamente successivo e parallelo riguarda l'ecobonus, dal momento che il piano di ecobonus è una risposta a un dialogo con Stellantis, ma anche un'iniziativa assolutamente importante. Proprio su tale questione recentemente abbiamo fatto un question time in Aula. Ebbene, poiché si tratta di una somma rilevante, parliamo di quasi un miliardo di euro, misura certamente importantissima per come è impostata, perché è destinata anche e soprattutto alle famiglie fragili al fine di sopperire al parco auto più vecchio d'Europa, vorremmo evitare che questi finanziamenti, che sono a consumo, vadano a una produzione non italiana. Quindi, bisognerebbe fare un monitoraggio e capire gli eventuali accorgimenti.
  Altra cosa importante che ci ha detto è che gli interlocutori non sono soltanto orientali, ci ha citato Tesla, per cui anche da questo punto di vista se si potesse capire di più di tutto questo sarebbe importante, perché questa è l'altra notizia importante che ci ha dato oggi.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendovi altri interventi da parte dei colleghi, avendo fatto tutti i Gruppi una domanda (poi vedremo se avanza ancora del tempo) do la parola al Ministro Urso per la replica.

  ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Grazie, presidente. Grazie anche a coloro che hanno sollevato osservazioni, domande e anche critiche.
  Innanzitutto Stellantis è nata sostanzialmente nel 2019-2020 e quando nacque fu presentato al Governo, secondo le procedure del golden power, il progetto, ma alloraPag. 14 il Governo ritenne di non esercitare quella facoltà. A me risulta che in quel momento si prospettava un'ipotesi che dovesse trattarsi di fusione, e invece poi fu incorporazione, che dovesse esserci una governance paritetica, e invece la governance non fu paritetica, e che i soci non dovessero aumentare successivamente le quote, e invece poche settimane dopo lessi che il socio pubblico francese aveva aumentato la quota. In quel momento il Governo poteva intervenire, avrebbe dovuto e potuto intervenire, ma se ne lavarono le mani.
  Io, allora, ero un esponente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, successivamente presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, e in più interventi, anche pubblici, laddove il COPASIR può parlare al Paese, ossia attraverso il Parlamento, nelle relazioni al Parlamento evidenziai queste cose, anzi le evidenziammo, perché le relazioni furono approvate all'unanimità da tutti e dieci i componenti del COPASIR.
  Il piano dell'azienda, di questa significativa e importante multinazionale, che ha radici importanti e significative anche nel nostro Paese, si dispiegò allora. Giunto al Governo, con la consapevolezza e l'esperienza anche della precedente legislatura, in cui avevo un ruolo importante come presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ho affrontato subito l'argomento per quanto riguarda cosa fare con Stellantis. Già nei primi mesi incontrai tre volte John Elkann, in Italia e in Francia, quando fu inaugurata la prima gigafactory, e due volte Tavares, in Francia e in Italia, incontri pubblici, non in stanze segrete, al ministero, e nel secondo incontro, credo nel giugno dello scorso anno, al ministero, uscendo dall'incontro, Tavares si prese l'impegno di raggiungere un milione di veicoli. Dopo l'incontro.
  Abbiamo dato vita prima al tavolo automotive con tutti gli attori e poi al tavolo Stellantis, in cui l'azienda decise di partecipare con i cinque obiettivi che primo enucleavo, tra i quali quelli di raggiungere il milione di veicoli nel giro di qualche anno, quindi di invertire la tendenza al declino produttivo nel nostro Paese. Il tavolo adesso sta lavorando sui gruppi di lavoro, poi inizierà un lavoro specifico stabilimento per stabilimento, quindi con regioni, sindacati e ANFIA (Associazione nazionale filiera industria automobilistica), per giungere a una condivisione di un progetto che riguarda l'azienda Stellantis, mi auguro condiviso con tutti gli attori del tavolo, per raggiungere quel milione di veicoli nel 2028 o nel 2030 (dipende, stiamo discutendo di questo, anche della data). Ovviamente questo non basta a raggiungere la produzione, è necessario che ci sia la formazione del personale, gli investimenti sui nuovi modelli, gli investimenti in ricerca e innovazione e certamente anche la sostenibilità delle aziende dell'indotto, che possono resistere, anzi possono rafforzarsi se nel loro Paese hanno le committenze di quello che oggi è l'unico attore.
  Nel contempo, non oggi, già allora, abbiamo articolata un'iniziativa del Governo per rendere più attrattivo il nostro Paese e favorire la possibilità di una seconda casa automobilistica e abbiamo modificato la legislazione. Voi sapete che la legislazione italiana, così come modificata ulteriormente, oggi prevede che chi torna a produrre nel nostro Paese, perché ci possono essere casi di reshoring, abbia un incentivo fiscale pari al 50 per cento per i primi sei anni. Nel contempo, con un altro dispositivo di legge abbiamo previsto che chi dovesse lasciare il nostro Paese dovrà restituire gli incentivi ottenuti negli ultimi dieci anni, cosa che è stata molto efficace in un caso emblematico, perché l'unica dichiarazione che ho fatto in questo periodo riguardante un caso di questo tipo ha avuto degli effetti, come è noto a chi segue le vicende industriali, in un'altra vicenda industriale molto significativa. Poi, abbiamo incentivato lo strumento, abbiamo istituito lo sportello unico per gli investitori, abbiamo adottato altre misure specifiche. Ad esempio, nel caso di un investimento superiore al miliardo di euro è previsto anche un commissario speciale, ove lo richiedesse l'azienda, che possa aiutare l'impresa nella sua localizzazione.Pag. 15
  A metà ottobre dello scorso anno, una delegazione ministeriale ha visitato le più grandi case automobilistiche cinesi produttrici di veicoli elettrici. In seguito a quella missione, tre aziende leader cinesi sono venute in Italia a incontrarsi con i nostri uffici per vagliare la possibilità di venire nel nostro Paese e in alcuni casi a visitare luoghi di possibili stabilimenti. Le interlocuzioni continuano ancora oggi.
  Quello che posso dirvi è che questi gruppi cinesi, tutti e tre, quelli che hanno già visitato il nostro Paese, hanno esplicitamente detto che i preconcetti sul Paese con i quali erano arrivati, costi elevati, grado di evoluzione della filiera, burocrazia, sono stati interamente fugati dagli incontri. Hanno trovato un Paese accogliente e attrattivo, con un ecosistema molto favorevole a eventuali investimenti. Parlo di tre aziende multinazionali cinesi, che intendono, ovviamente nel loro piano di internazionalizzazione, produrre in Italia, e loro sanno bene a quali condizioni. Tanto più che la normativa europea inevitabilmente si dirigerà, come ritengono di fare altri Governi europei, oltre il nostro, verso la tutela della componentistica. Non parliamo di assemblaggio, parliamo di produzione, a cominciare dalle batterie, che sono il cuore del sistema elettrico, in Italia. Peraltro, ci sono anche case automobilistiche occidentali con cui stiamo dialogando, tra cui citavo il caso di Tesla. Dunque, ci sono significative case automobilistiche cinesi e altre altrettanto importanti occidentali.
  Questo per quanto riguarda l'accoglienza nel nostro Paese, consapevoli che con un unico produttore non si può raggiungere l'obiettivo strategico che ci siamo prefissati per la politica industriale nel settore dell'automotive, che è quello, come dicevo, di almeno un milione di auto per soddisfare una parte della domanda interna. Chiaramente il mercato è aperto, per cui ci saranno anche auto realizzate in altri Paesi e in altri continenti, che il cittadino può liberamente acquistare. Accanto a questo, vi è anche l'obiettivo di 300 mila veicoli commerciali. Questa è la stima che abbiamo fatto con i nostri esperti, anche in un confronto serrato con i sindacati, per capire qual è la sostenibilità o le linee per una eventuale sostenibilità. Quindi, c'è bisogno di almeno un'altra casa automobilistica, che inevitabilmente avrà soprattutto modelli nel campo elettrico.
  Qui vengo alla politica europea. Noi stiamo lavorando in Europa sin dall'inizio. Prima ho citato il caso del regolamento Euro 7, che è stata una grande battaglia vinta dal nostro Paese e dal sistema automobilistico europeo, perché tutte le case automobilistiche europee, ovviamente, erano critiche verso questo regolamento, che avrebbe imposto uno stadio di tecnologia con grandi investimenti, distogliendo le case automobilistiche dagli investimenti di più lungo periodo, quindi con dispersione di risorse, peraltro per uno stadio tecnologico sostanzialmente transitorio. Ebbene, siamo riusciti a cambiare radicalmente quel regolamento, che era una delle evidenze che venivano portate dalle case automobilistiche europee e, certamente, anche da Stellantis.
  Ma abbiamo modificato anche altri regolamenti, penso a quello sui veicoli leggeri, e abbiamo avviato un confronto serrato per quanto riguarda il regolamento sui veicoli pesanti. Nel frattempo, abbiamo realizzato il regolamento sulle materie prime critiche, che sono a fondamento delle batterie elettriche e di tutto quello che serve alla tecnologia digitale e alla tecnologia green. Di fatto, insieme agli altri partner europei abbiamo disegnato un regolamento sulle materie prime critiche molto sfidante, ma su cui siamo impegnati. Questo perché siamo consapevoli che occorre lavorare in Europa sempre di più per la neutralità tecnologica. E che cosa significa? Che condividiamo l'obiettivo della sostenibilità ambientale, e anche gli obiettivi posti per il 2050 per la sostenibilità ambientale, però quell'obiettivo deve essere raggiungibile e dobbiamo raggiungerlo con un'economia europea e con un sistema produttivo e un sistema sociale in Europa che sia sostenibile.
  Per queste ragioni ci siamo confrontati, ottenendo il successo del regolamento Euro 7, e ci auguriamo anche di modificare in maniera più sostanziale il regolamento sui veicoli pesanti, proprio perché riteniamo Pag. 16che noi dobbiamo consentire che il motore endotermico possa essere utilizzato anche in un prossimo futuro, sia esso alimentato a combustibile sintetico o a combustibile biologico, in cui, tra l'altro, abbiamo un'importante filiera italiana, accanto allo sviluppo sempre maggiore del motore elettrico. Questa è una politica strategica che potrà consentirci di governare la transizione, consentendo al sistema produttivo europeo e, di conseguenza, anche al sistema produttivo italiano di essere competitivo anche in futuro.
  Queste sono le ragioni per cui riteniamo importante lavorare con i nostri partner europei. Certamente non è un caso che abbiate notato che siamo riusciti a insediare un format di politica industriale in Europa, che è trilaterale. Fino a poco tempo fa era risaputo che fossero Francia e Germania a decidere la politica industriale in Europa, oggi non è più così. Un nuovo format di politica industriale europea è stato insediato a Berlino il 30 giugno. In quel momento io, quale rappresentante dell'Italia, il vicecancelliere tedesco Habeck e il Ministro francese Le Maire ci siamo ritrovati su un tema molto importante, che è alla base di tutta la transizione, vale a dire le materie prime critiche, e sulla base delle nostre indicazioni e dei nostri obiettivi abbiamo ottenuto, in quel meeting, che il regolamento venisse modificato.
  Poi si è tenuto un altro incontro trilaterale a Roma su un altro obiettivo sfidante di quella transizione, che sono le tecnologie abilitanti e l'intelligenza artificiale. Di qui è nato anche il regolamento europeo sull'intelligenza artificiale, frutto anche di quel meeting. Il prossimo si terrà l'8 aprile in Francia, sempre un meeting trilaterale, per delineare la politica industriale europea.
  Nel contempo, però, noi dobbiamo delineare la politica industriale italiana, perché a nessuno può sfuggire che noi abbiamo un'industria automobilistica, che è assolutamente significativa nel nostro Paese, un'industria manifatturiera, che è la seconda in Europa, e un'industria cantieristica, un'industria nautica, un'industria dell'elettrodomestico, in quanto abbiamo avuto a monte un'industria siderurgica. Di conseguenza, assume grande rilevanza il fatto che siamo riusciti a sbloccare una questione importante come quella di Acciaierie d'Italia. Peraltro, devo dirvi che ieri ho trovato un clima per la prima volta coeso sia con gli operai e i sindacati in fabbrica, sia con gli enti locali, sia con le associazioni d'impresa a Taranto. Questo perché noi sappiamo che soltanto mantenendo quell'industria siderurgica si potrà realizzare quell'acciaio pulito che serve, per esempio, all'industria automobilistica. L'uno e l'altro dossier si tengono, se vogliamo realizzare una politica industriale nel nostro Paese.
  È vero, come diceva prima un collega parlamentare, quando fu realizzato questo grande gruppo Stellantis furono decise le linee produttive, ovverosia quale linea scegliere. Ma essendo a prevalenza governance francese cosa potevate aspettarvi? Che buona parte delle linee produttive sono su modelli Peugeot e, di conseguenza, anche le componenti sono su modelli Peugeot. Adesso dobbiamo cercare di cambiare il piano di internazionalizzazione di un'impresa multinazionale come Stellantis, di modificarlo, di migliorarlo – io mi auguro – in un confronto con tutto il sistema Paese.
  Non a caso, la prima cosa che ho cercato di conseguire è raggiungere una condivisione degli attori del nostro Paese, coinvolgendo i sindacati, l'associazione dell'indotto (l'ANFIA), le regioni, tutte le regioni in cui insistono gli stabilimenti di Stellantis, affinché ci fosse un confronto del sistema Italia con questa importante azienda, confronto che è in atto. Mi auguro che si giunga a un progetto condiviso che possa contribuire a migliorare la presenza di Stellantis nel nostro Paese, ad aumentarne i livelli produttivi, ad aumentare gli investimenti in innovazione, ricerca e formazione, ad aumentare gli investimenti in nuovi modelli nel nostro Paese e a creare un rapporto fecondo e di piena collaborazione con la filiera dell'indotto, che deve essere accompagnata verso una riconversione, in buona parte verso un'auto in cui accanto all'endotermico ci sarà sempre più una produzione elettrica.Pag. 17
  Anche a tal fine è stato realizzato il piano incentivi, che non è il primo anno, questo, che viene introdotto. Il piano incentivi già esisteva. Noi l'abbiamo migliorato, a nostro avviso, aumentandone le risorse, in questo che sarà un anno sperimentale – almeno così lo consideriamo noi – sia perché si concluderà il lavoro con Stellantis e, quindi, la programmazione stabilimento per stabilimento di quella che sarà la produzione nel nostro Paese, con i suoi impatti – mi auguro – positivi a livello occupazionale, sia perché vogliamo vedere i risultati di questo piano incentivi. Siamo stati molto chiari e trasparenti.
  Del resto, credo che tutti ormai mi conosciate: sono molto chiaro e trasparente, forse anche eccessivamente diretto. Abbiamo detto all'azienda che noi vogliamo che già quest'anno ci sia un forte incremento della produzione. Per questo il piano incentivi ha l'obiettivo: di puntare alla rottamazione dei veicoli più antiquati, più inquinanti, perché deve essere un piano sostenibile dal punto di vista ambientale; di aiutare in misura maggiore coloro che hanno redditi bassi, perché dobbiamo consentire a chi ha basso reddito di potersi comprare un'auto più sostenibile sul piano ecologico, rottamando un'auto più antiquata e quindi più inquinante; di essere particolarmente incentivante per le auto prodotte nel nostro Paese, pur consapevoli di quali sono le regole europee, ovviamente.
  Se questo accadrà, proseguiremo su questa strada il prossimo anno. Se questo non dovesse accadere, non c'è una risposta, le risorse che esistono, pluriennali, nel Piano automotive, dal prossimo anno andranno anch'esse ad aggiungersi alle altre risorse che investiamo su coloro che vorranno realizzare nel nostro Paese una seconda casa automobilistica o su coloro che vogliono investire nel settore dell'automotive e quindi nella filiera dell'indotto anche per migliorarne la competitività a livello globale. Insomma, se oggi abbiamo ancora un piano incentivi di quasi un miliardo sugli incentivi al consumo, ove questo Piano sugli incentivi al consumo non ottenesse gli effetti sperati, cioè dell'aumento della produzione nel nostro Paese, con un Piano condiviso con Stellantis (chiaro?) sulle prospettive pluriennali di questa grande multinazionale che ha radici in Italia, ove questo non accadesse, dal prossimo anno tutti gli incentivi sui consumi saranno spostati in incentivi alla produzione. Questo è chiaro. Su questo patto noi pensiamo di ottenere una risposta. Ci auguriamo che la risposta sia positiva. Non ci bastano le dichiarazioni che si sono susseguite negli ultimi giorni. Come notate è cambiata un po' la narrazione. Avrete notato che è cambiata la narrazione del gruppo. Ma non ci bastano le dichiarazioni.
  Come Governo guardiamo ai fatti, senza nessuna preclusione nei confronti di alcuno, ma con la precisa volontà di realizzare in questo Paese quella politica industriale che è mancata negli ultimi anni e con la volontà di portare e realizzare in Europa una vera politica industriale.
  Infatti, non è un caso che abbiamo chiesto ai nostri partner del G7 di ripristinare il G7 sull'industria, che non si tiene da sette anni. La prima riunione ministeriale del G7 sarà proprio sull'industria a Verona il 14 marzo. Abbiamo chiesto ai partner del G7 (Francia, Germania, Gran Bretagna, Canada, Stati Uniti e Giappone) di ripristinare la riunione ministeriale sull'industria perché siamo pienamente consapevoli che oggi più che mai occorra una politica industriale dell'Italia, dell'Europa, dell'Occidente, capace di reggere la competizione, talvolta sleale, e comunque capace di rendere competitivi i nostri sistemi anche nei prossimi anni.
  Per questo il lavoro nel G7 è un altro tassello di una politica che stiamo sviluppando in Italia, in Europa e anche nei vertici internazionali.
  Vi ringrazio delle osservazioni. Mi auguro che ci sia una condivisione sulla politica industriale, perché se teniamo il Paese unito, come abbiamo fatto nella vertenza dell'ex Ilva, oggi Acciaierie d'Italia, forse riusciamo a farcela. Io sono convinto che ce la faremo.

  PRESIDENTE. C'è una domanda flash dall'onorevole Peluffo.

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  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Grazie signor presidente, non c'è tempo per le considerazioni, che del resto sono state fatte nel giro in cui è intervenuto un collega per gruppo.
  Ministro, nell'introduzione lei ha fatto riferimento alle dichiarazioni del presidente Draghi e ha insistito su questo aspetto della necessità di un Piano straordinario di investimenti, lato produzione, quello a cui ha fatto riferimento adesso, a livello europeo e a livello nazionale.
  Siccome ha insistito molto su questo aspetto, volevo capire, Ministro, quando lei ritiene di presentare questo Piano straordinario di investimenti lato produzione per quanto riguarda il nostro Paese. Altrimenti non si riesce a comprendere il senso di diverse dichiarazioni che oggi lei ha fatto, peraltro anche abbastanza in contraddizione tra di loro.

  ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Non mi sembra che siano affatto in contraddizione. Nel primo vertice europeo a cui ho partecipato, ormai quattordici o quindici mesi fa, subito posi la questione della competizione con la Cina e con gli Stati Uniti proprio sulla base delle risorse che erano impiegate.
  Portai l'esempio di quello che stavano facendo i cinesi e di quello che stavano facendo soprattutto gli Stati Uniti, che sono un Paese occidentale come il nostro, quindi che crede come noi nell'economia di mercato.
  Ricordo che già allora, quindici mesi fa, lo dissi in quella sede. E lo dissi in Parlamento nella mia prima audizione parlamentare alle Commissioni riunite, quando ogni Ministro espone il proprio programma. Se leggete quell'audizione, ho avuto modo di dire, riferendomi alle azioni cinese e degli Stati Uniti – e per quanto riguarda gli Stati Uniti, vi faccio notare che negli ultimi mesi il Governo Biden, parlo ovviamente dell'autunno del 2022, ha messo in campo oltre 2 mila miliardi di dollari in tre successivi provvedimenti, l'ultimo è quello che riguardava l'IRA (Inflation reduction act), il provvedimento sull'ecologia, altrimenti detto di contrasto all'inflazione, ma anche sui precedenti due provvedimenti, quello sulle infrastrutture e quello sulle tecnologie abilitanti (poi c'è stato, successivamente, quello di contrasto all'inflazione, che in realtà è di sostegno alle tecnologie green), nei tre provvedimenti il Governo Biden ha stanziato, come ricordato, 2 mila miliardi di dollari – qui in Parlamento, nella mia prima audizione, che «noi dobbiamo andare su quella strada». Noi chi? Noi come Europa dobbiamo andare su quella strada, cioè sulla strada che gli Stati Uniti hanno intrapreso. Il presidente Draghi ieri ha completato il concetto anche per quanto riguarda la politica commerciale. Questo è quello che noi abbiamo detto in ogni sede europea.
  Per questo abbiamo chiesto anche i fondi comuni per quanto riguarda, per esempio, il Fondo sovrano europeo; fondi comuni che devono essere investiti nella competitività industriale del nostro continente.
  Nel frattempo, lo abbiamo fatto in Italia, per quanto possibile, secondo le risorse di bilancio, perché nella manovra economica appena varata dal Parlamento vi sono 5,3 miliardi di euro a sostegno dell'impresa. Se guardate i capitoli di destinazione, sono coinvolti quelli che riguardano i contratti di sviluppo, la microelettronica e i programmi IPCEI. Oltre a citare le risorse per la ZES o altre risorse, se notate le risorse in più sono destinate a programmi IPCEI, microelettronica, contratti di sviluppo. Se guardate alla riprogrammazione dei fondi europei fatta recentemente – tra l'altro proprio l'altro giorno è stato approvato il decreto-legge sul PNRR dal Consiglio dei ministri – noterete che anche nelle risorse europee che abbiamo riprogrammate quasi 14 miliardi sono andati alle imprese e nello specifico: 2 miliardi al Ministero dell'ambiente per le imprese che sono addette alla connettività del Paese (gasdotti e rete elettrica); 2,8 miliardi alle imprese agricole per il loro efficientamento energetico (impianti di energia rinnovabile per l'autoconsumo delle imprese agricole); 9,3 miliardi di euro al mio dicastero, che li ha destinati, sostanzialmente, in maniera integrale, alla duplice transizione green e digitale. Tra l'altro, con il Piano Transizione 5.0, ci sono 6,3 miliardi di fondi Pag. 19europei, 6,4 miliardi del Piano pluriennale di Industria 4.0.
  Sono risorse che vanno alle imprese e quindi anche alle imprese dell'automotive, che possono utilizzare anch'esse, come le altre imprese, Transizione 5.0, 12,7 miliardi di euro nel complesso, così come i contratti di sviluppo. È per questo che molti investitori stranieri stanno puntando nel nostro Paese, più che nel passato, sia nel settore delle auto, e vi ho detto le interlocuzioni che sono in atto, ovviamente ci vuole tempo, ci vogliono ancora mesi prima che si possa giungere a piani concreti, sia per quanto riguarda il settore della microelettronica, che è quello su cui noi stiamo puntando, che poi è alla base dell'industria delle auto.
  La direzione di marcia è chiara, però non possiamo farcela da soli. C'è bisogno che l'Unione europea come tale, che le Istituzioni europee, in maniera condivisa, siano anch'esse indirizzate verso una politica industriale, verso una politica commerciale che sostenga gli investimenti privati, accompagnandoli con risorse pubbliche, perché anche l'ex Presidente del Consiglio Draghi lo ha affermato. Ricordo un suo intervento al Senato quando disse: «Solo lo Stato può farcela quando si tratta di investimenti sulle nuove frontiere tecnologiche». Oggi l'ha detto in sede europea in maniera più chiara, ma io ricordo che lo disse anche in sede nazionale.
  Mi auguro che su questo si impegni tutto il Paese, perché noi siamo un Paese industriale, siamo il secondo Paese per industria manufatturiera in Europa e abbiamo gli strumenti per essere leader anche nella tecnologia green e nella tecnologia digitale, e penso che i prossimi mesi lo dimostreranno.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.