XIX Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Mercoledì 27 marzo 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cappellacci Ugo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DELLA MEDICINA DELL'EMERGENZA-URGENZA E DEI PRONTO SOCCORSO IN ITALIA

Seguito dell'audizione del Ministro della salute, professor Orazio Schillaci.
Cappellacci Ugo , Presidente ... 3 
Quartini Andrea (M5S)  ... 3 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 5 
Quartini Andrea (M5S)  ... 5 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 6 
Schillaci Orazio , Ministro della salute ... 6 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 10 
Schillaci Orazio , Ministro della salute ... 10 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
UGO CAPPELLACCI

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro della salute, professor Orazio Schillaci.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del Ministro della salute, professor Orazio Schillaci, che saluto e ringrazio per la presenza e per la sua consueta disponibilità.
  L'audizione rientra nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione della medicina dell'emergenza-urgenza e dei pronto soccorso in Italia. Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione in videoconferenza dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Ricordo, ancora, che nella precedente seduta del 20 febbraio scorso, il Ministro ha svolto la relazione sui temi oggetto dell'indagine. Dopo lo svolgimento della relazione sono intervenuti diversi deputati, di vari Gruppi parlamentari, per formulare osservazioni e quesiti, ai quali il Ministro ha puntualmente replicato. Per ragioni di tempo non è stato possibile concludere gli interventi richiesti.
  Era iscritto a parlare il deputato Quartini, al quale cedo la parola.

  ANDREA QUARTINI. Signor Presidente, ringrazio lei e, soprattutto, il Ministro Schillaci per questo «secondo tempo», che non era del tutto scontato. Credo che il ringraziamento sia assolutamente doveroso.
  Abbiamo ascoltato con attenzione la relazione che ha svolto. In linea generale, la sensazione è che abbia colto molti degli aspetti critici rispetto al tema che stiamo affrontando, che è, appunto, relativo al nodo che in questo momento è al centro dei disagi che abbiamo sul piano sanitario. Sostanzialmente, è, per così dire, la punta dell'iceberg e il Ministro lo ha fatto parzialmente capire.
  Chiaramente, il pronto soccorso è il luogo dove i cittadini spesso sono costretti, da una sanità che è allo stremo, a rivolgersi. Quindi, lei ha centrato molti aspetti di criticità. Io, però, ho alcune considerazioni da fare: il primo aspetto critico che ha giustamente sollevato è che, essendo la punta dell'iceberg, occorre sicuramente predisporre un progetto organico di riforma dei servizi stessi per affrontare il problema nel suo complesso.
  Mi sembra corretto, intanto, rivedere i profili contenutistici dei decreti ministeriali nn. 70 del 2015 e 77 del 2022. Dico sempre che, in realtà, il decreto ministeriale n. 77 del 2022 avrebbe dovuto essere il «decreto ministeriale n. 69», vale a dire che la capacità del Servizio sanitario nazionale di intervenire, in maniera complessiva, su quella che doveva essere l'implementazione della medicina territoriale doveva «arrivare prima» della standardizzazione della medicina ospedaliera. Noi ci siamo ritrovati con il cosiddetto «decreto Balduzzi» che, di fatto, ha messo a nudo un problema fondamentale: la medicina territoriale non era ancora sviluppata al punto da poter consentire all'ospedale di Pag. 4lavorare esclusivamente sugli acuti. Questo era un dato di fatto.
  Per tanti anni, a partire dalla legge di riforma sanitaria del 1978, abbiamo sempre detto che al centro dovevano esserci i distretti sociosanitari e la medicina territoriale; una medicina territoriale capace, per le funzioni stesse a cui era stata deputata, di fare anche attività di prevenzione e che, in realtà, non è mai stata sviluppata fino in fondo. Fino al cosiddetto «decreto Balduzzi», abbiamo avuto una sanità «ospedalocentrica»: un ospedale al centro di tutto e quindi il territorio non è mai stato messo al centro dell'attenzione.
  Se la medicina territoriale avesse funzionato, sarebbe stata essa stessa a determinare il fatto che non ci sarebbe stato bisogno di tanti posti letto, per intendersi. Doveva essere la medicina territoriale a sottrarre, nei fatti, i posti letto all'interno dell'ospedale. Viceversa, tutto questo non è successo. Questo è un primo elemento. In realtà, non ha funzionato così: abbiamo avuto una medicina territoriale insufficiente e abbiamo visto il «flagello» della pandemia in un sistema inadeguato.
  Una revisione sostanziale del decreto ministeriale n. 70 del 2015 e un'«attivazione» del decreto ministeriale n. 77 del 2022 sono momenti fondamentali per tutto il sistema sanitario nazionale, a maggior ragione per quanto riguarda l'emergenza e il sistema dei pronto soccorso. Sicuramente, quindi, si deve partire da questo. Nella relazione, rispetto all'implementazione della medicina territoriale, il Ministro ha detto che il Governo sta lavorando su questo. Ha fornito un dato che non mi sembra coerente con quelle che erano le previsioni della legge di bilancio.
  Lei aveva detto che ci sono 250 milioni di euro per la medicina territoriale in legge di bilancio. In realtà, sono previsti 50 milioni di euro a partire dal 2025. Quindi, per il 2024 siamo fermi, e questo, chiaramente, crea grosse difficoltà. Al netto dell'inflazione, dovevano essere investiti nel Servizio sanitario nazionale minimo 8 miliardi di euro. Ne sono stati previsti soltanto 3. Il Ministro ne aveva chiesti 4. È una preoccupazione grande, questa. Con questi 3 miliardi, al netto del fatto che 2,4 miliardi erano per i contratti, non riusciamo neanche a fare la «manutenzione» del Servizio sanitario nazionale. Questo è un grosso problema. Sappiamo quanto siamo in sofferenza!
  Questa sofferenza, chiaramente – non voglio andare fuori tema – si riversa soprattutto sul pronto soccorso, che è «strozzato» sia per l'insufficienza della medicina territoriale, per cui i cittadini spesso sono costretti a rivolgersi al pronto soccorso, sia per la carenza di posti letto. Quindi, abbiamo fattori di input e di output, come giustamente ha sollevato il Ministro, che «strozzano» il pronto soccorso, con turni drammatici. È una sofferenza enorme!
  Ricordo tutti gli aspetti che ha sottolineato il Ministro: le leggi di bilancio nel contesto del contenimento della spesa, rispetto anche alla carenza di personale, i vincoli assunzionali evidenti (spero che la volontà di eliminare il tetto per le assunzioni vada veramente avanti), la maggiore sofferenza delle regioni in piano di rientro, la carenza del personale, il crescente innalzamento dell'età media e il forte deterioramento delle condizioni di lavoro, la minore attrattività del sistema sanitario nazionale, con la scarsa partecipazione alle procedure concorsuali, dalle scelte d'ingaggio atipico alle scelte di andare nel settore privato. Chiaramente, tutto questo ha messo in condizioni le professioni sanitarie di fare scelte diverse piuttosto che restare dentro il sistema pubblico.
  Sicuramente, a questo vanno aggiunte anche alcune scelte che sono state fatte da questo Governo. Non dal Ministro, lo dico subito, ma da questo Governo. I salari poco competitivi rispetto ad altre forme occupazionali rappresentano uno dei punti centrali che genera la fuga dal Servizio sanitario nazionale. A questo il Governo ha aggiunto anche l'idea della flat tax fino a 85 mila euro. Giusto per dare un ordine di grandezza: io, da medico, dal Servizio sanitario nazionale recepisco meno di 85 mila euro all'anno e pago il 42 per cento di tasse, invece del 15 per cento di tasse come con la flat tax. Anche questo è un tema importante, che andrebbe affrontato da un Pag. 5punto di vista degli incentivi a lavorare nel pubblico.
  Sicuramente c'è un tema, che è stato quantificato per i pronto soccorso in una carenza – diceva il Ministro – di 4.500 medici e di 10 mila infermieri. Questo ha portato, poi, al ricorso ai cosiddetti «gettonisti». Sicuramente c'è stato un problema di scarsa attrattività delle borse di specializzazione. Anche questo è un tema gravissimo che, in qualche modo, va affrontato.
  Lei, che è un docente universitario, sa bene quanto, a livello accademico, ci siano anche delle resistenze da parte delle scuole di specializzazione che formano professionisti più remunerati a rinunciare a una parte del loro «potere». Questo credo si possa dire senza problemi. Forse è venuto anche il momento di fare delle scelte importanti rispetto al favorire le specializzazioni «meno remunerative», che, in realtà, sono le specializzazioni, per chi è medico, più gratificanti. Sono più remunerative da un punto di vista emotivo e affettivo, ma più gratificanti da un punto di vista di vocazione, direi deontologico.
  È un dolore, dal mio punto di vista, vedere deserte le scuole di specializzazione non solo della medicina d'urgenza, ma anche quelle sulle malattie infettive, ma anche quelle dell'anatomia patologica e della medicina di base, per molti versi.

  PRESIDENTE. Onorevole Quartini, non me ne voglia, ho l'onere di richiamarla al rispetto dei tempi, perché potrebbero esserci altri deputati che vogliono intervenire. Mi perdoni.

  ANDREA QUARTINI. Volentieri. Mi avvio rapidamente alla conclusione, esprimendo due o tre suggestioni.
  La prima riguarda la carenza dei pronto soccorso: perché non cominciare a rivedere anche il sistema della possibilità del ricorso all'opt-out da parte dei medici dei reparti, invece di continuare a considerare il pronto soccorso esclusivamente come un open space, che ci sta dicendo che il modello per «intensità di cure» così organizzato non ha funzionato? Il modello per «intensità di cure», inventato dalla Toyota, non viene utilizzato in Giappone in sanità.
  Se, come succedeva una volta, i medici dei reparti potessero svolgere anche attività di pronto soccorso, sarebbe a mio avviso una soluzione interessante. Con qualche turno al mese si riuscirebbe a recuperare anche una parte del salario carente.
  Non costerebbe granché, sicuramente molto meno di quello che le regioni hanno speso rispetto ai gettonisti e rispetto ai contratti atipici. Voglio dire che quei soldi comunque sono stati recuperati sotto i capitoli di spesa di beni e servizi. I tetti non c'erano, ma non hanno garantito contratti a tempo indeterminato, che garantiscono una migliore qualità delle cure e dell'assistenza. Riuscire a far questo potrebbe voler dire, per i vari soggetti che volontariamente si mettono a disposizione anche per fare questo tipo di attività, un migliaio di euro al mese in più, che non sarebbe poca cosa. Questo riqualifica, ridando valore alla professione. Ovviamente, bisogna ragionare anche in termini di appropriatezza organizzativa. Da questo punto di vista, mi viene anche da suggerire lo stesso tipo di ragionamento nell'ambito della medicina territoriale.
  Ad oggi, la medicina territoriale dovrebbe essere organizzata nelle Case della comunità, con le aggregazioni funzionali territoriali dei medici di medicina generale. Si tratta grosso modo di trenta medici. Insieme a questi trenta medici ci sono due medici tirocinanti. Se noi, nel contesto delle Case delle comunità – poi, se abbiamo tempo, magari proviamo a spiegarlo meglio – e delle aggregazioni funzionali dei medici di medicina generale riuscissimo a fare in modo che i due tirocinanti facessero, per la medicina generale, anche l'operazione della continuità assistenziale e della guardia medica, in quel caso, addirittura a «costo zero», potremmo fare un'operazione di medicina più attenta ai bisogni del paziente. Intanto, i due medici tirocinanti, conoscendo i pazienti, che spesso nell'ambito della continuità assistenziale potrebbero chiamarli, sarebbero un filtro già adeguato rispetto al sovraffollamento nel pronto soccorso. Già con queste due iniziative, quindi, Pag. 6(l'opt-out e la capacità di far funzionare, anche minimamente, in questa fase, la medicina territoriale), si decongestionerebbe un minimo il pronto soccorso.
  Un'ultima cosa, che credo sia importante. Come sappiamo, una buona capacità comunicativo-relazionale è dotata, secondo gli studi internazionali, di una capacità di riduzione del contenzioso medico-legale fino al 70 per cento; dico che, anche nel contesto delle professioni sanitarie, insistere su un aggiornamento continuo della efficace comunicazione terapeutica, potrebbe essere una chiave di lettura per superare il malessere che spesso è all'interno dei pronto soccorso. È evidente che, da un lato, occorre compensare rispetto alla carenza di personale – e questo è fuori discussione – ma, dall'altro, si può intervenire, dal mio punto di vista, almeno su questi tre ambiti (e anche in maniera rapida). Su questo, da un lato, mi farebbe piacere avere un'opinione del Ministro e, dall'altro, segnalare che la relazione è, a mio avviso, carente da questo punto di vista.

  PRESIDENTE. Segnalo che a breve inizierà l'attività dell'Assemblea e che il Ministro si può trattenere soltanto sino alle ore 9,40. Se non ci sono altre domande, dunque, darei subito la parola al Ministro in modo tale da dargli il tempo di sviluppare gli argomenti in risposta ai quesiti formulati e quelli che ritiene ancora opportuno definire meglio.

  ORAZIO SCHILLACI, Ministro della salute. Ringrazio l'onorevole Quartini per le domande e l'introduzione, sicuramente molto complessa.
  Come diceva lei, il pronto soccorso rappresenta un po' la punta dell'iceberg di quelli che possono essere i malesseri della sanità pubblica. Come lei sa, il pronto soccorso rappresenta in ogni ospedale anche un po' il biglietto da visita che l'ospedale stesso offre ai cittadini che si rivolgono alla sanità pubblica. Quindi, è un luogo anche un po'simbolico, perché, nel bene o nel male, spesso l'idea di quanto non funzioni la sanità pubblica si ha, oltre che dalle tristi liste d'attesa, anche da chi si reca al pronto soccorso. È chiaro, quindi, che sul pronto soccorso bisogna porre grande attenzione.
  È chiaro – credo di averlo anche detto durante la relazione del mese scorso – che non possiamo pensare di cambiare in meglio l'offerta che si fa al pronto soccorso se non cambiamo, a trecentosessanta gradi, l'organizzazione attuale della sanità. Come diceva giustamente lei, di fatto arrivano al pronto soccorso troppe persone e tante persone che avrebbero bisogno di cure che possono essere tranquillamente erogate in altre situazioni.
  Su questo noi abbiamo avviato già da un anno dei tavoli di lavoro per rivedere sia il decreto ministeriale n. 70 del 2015 che il decreto ministeriale n. 77 del 2022. Adesso stiamo tirando le conclusioni. Poi faremo delle proposte. Vi ricordo che uno dei due disegni di legge collegati alla legge di bilancio riguarda proprio la revisione della medicina territoriale. Su questo, quindi, stiamo lavorando per prendere spunto dalle tante interlocuzioni avute in questo anno, per colmare delle lacune, che sicuramente ci sono. Purtroppo, del fatto che la medicina territoriale in Italia non funzionasse bene abbiamo avuto il triste esempio proprio durante la pandemia. Il maggior prezzo è stato pagato proprio dove, magari, c'era una medicina territoriale più carente.
  Devo anche dire che, pur partendo da una visione tipicamente ospedalocentrica che ha avuto il nostro Paese negli anni, è accaduto, anche un po' paradossalmente, che non si sia sviluppata bene la medicina territoriale. Abbiamo anche «tagliato» tanti posti letto. Alla fine, purtroppo, si è creato un «cocktail» micidiale. Se lei guarda i posti letto che ci sono in Germania rispetto ai posti letto in Italia, sa meglio di me che parliamo di numeri molto diversi. Anche nell'affrontare la pandemia, questo è stato, per esempio, per la Germania, un indubbio vantaggio.
  Io non sono, quindi, per una visione ospedalocentrica. Credo che la medicina territoriale sia fondamentale. Oltre alla medicina territoriale, però, e anche in questa sede mi sembra opportuno ribadirlo, noi dobbiamo anche rivedere bene il contributoPag. 7 dei medici di base. Nessuna vera riforma sanitaria può avere speranza se non si rivede ciò che fanno i medici di base, che sono fondamentali e rappresentano il primo baluardo dei cittadini – lasciatemi usare questo termine – rispetto alla loro giusta richiesta di salute.
  È anche chiaro, però, che dobbiamo rivedere quelle che sono, me lo lasci dire, le regole di ingaggio. Non ne faccio un problema di «tipo di contratto», nel senso che mi appassiona poco il fatto che i medici di base diventino dipendenti del sistema sanitario regionale o rimangano liberi professionisti. Mi interessa molto, però, che i medici di base diano un effettivo contributo orario all'interno del Servizio sanitario regionale e che questo avvenga, in particolare, all'interno delle strutture che saranno deputate ad assicurare la medicina territoriale.
  Se, da un lato, ripeto, non faccio battaglie sul tipo di contratto, pretendo, però, che i medici di base lavorino un determinato numero di ore e assicurino quel lavoro all'interno delle Case di comunità. Altrimenti, qualunque tipo di riforma, anche la migliore, sarà impossibile da realizzare. Anche su questo stiamo discutendo.
  Lei ha toccato un altro aspetto cruciale, che è quello della carenza del personale. Io distinguo sempre tra una carenza oggettiva del personale tra i medici e tra gli infermieri e gli altri operatori sanitari. La carenza del personale insiste sul comparto dei medici, ma ci sarà soprattutto da quest'anno e per i prossimi tre-quattro anni, legati a questa famosa «gobba pensionistica», per cui molti medici nei prossimi tre anni andranno in pensione. Se lei, però, vede che le cooperative, con i gettonisti, i medici li trovano, allora una domanda ce la dobbiamo fare. Noi che cosa abbiamo fatto lo scorso anno, a maggio, nel «decreto bollette»? Abbiamo cercato, in maniera molto chiara, di eliminare i medici gettonisti dal sistema sanitario nazionale, perché è l'unico modo per far sì che quei medici, magari, rientrino, con condizioni diverse, più giuste per chi lavora tutti i giorni nel sistema sanitario nazionale, all'interno del sistema sanitario nazionale.
  La carenza dei medici, poi, va anche affrontata nei prossimi tre-quattro anni dando maggiore spazio e maggiore dignità professionale agli specializzandi. Gli specializzandi, prima del Covid, erano 5 mila l'anno, mi sembra. Adesso siamo arrivati, nei tre-quattro anni post Covid, ad averne addirittura 15 mila. All'interno di questo, noto, come sottolineava lei, con grande dispiacere, da medico, che molte borse non vengono occupate. Noto un altro aspetto da almeno tre anni, purtroppo. Se lei guarda le specializzazioni che sono meno scelte, oltre al pronto soccorso, trova le specializzazioni nelle quali è, di fatto, difficile, se non impossibile avere un'attività libero-professionale autonoma. Cito sempre due esempi: penso all'anatomia patologica e alla radioterapia.
  Lei è un medico: si immagina in un futuro, con le neoplasie, che, purtroppo, come sa, stanno aumentando moltissimo (soprattutto, devo dire, con grande dolore, nelle fasce di età più giovani), come sarà possibile ipotizzare di avere un ospedale privo di anatomopatologi o radioterapisti?
  Qualcuno mi ha accusato di difendere i medici. Io i medici – sono un medico – li difendo. Ci mancherebbe altro! Comincio a dire, però, che quando uno sceglie di fare la facoltà di Medicina non può avere come unico obiettivo quello del guadagno. Se uno vuole guadagnare tanto, ci sono tante altre opzioni. Se lei guarda il sistema sanitario inglese (NHS), che 45 anni fa abbiamo preso ampiamente come modello per istituire il nostro Servizio sanitario nazionale, anche lì c'è una chiara crisi «vocazionale». In Inghilterra, come in Italia, ci sono, ovviamente, professioni che permettono di guadagnare meglio.
  Io sto cercando di fare all'interno delle università, con la CRUI, una moral suasion. È giusto che i medici guadagnino bene. Ci mancherebbe. I medici sono professionisti, si sacrificano, li abbiamo visti all'opera durante il Covid, abbiamo visto quanto hanno dato. Devono guadagnare bene, devono anche essere pagati meglio di quanto, oggettivamente, oggi siano pagati. Però bisogna anche ricordare che se uno, poi, ha Pag. 8altri obiettivi, forse non è proprio la professione medica la prima da scegliere.
  Il pronto soccorso – se uno parla con alcuni colleghi del pronto soccorso – dà soddisfazioni, non economiche, ma professionali e personali, che forse nessun'altra disciplina della medicina può offrire. Oltre al pronto soccorso, sono in crisi alcune discipline e alcune branche specialistiche della chirurgia. Guardando gli ultimi due-tre anni, il campanello d'allarme è sull'anatomia patologica e sulla radioterapia. Lì bisogna intervenire e, assolutamente, bisogna dare maggiore attrattività. Però, secondo me, bisogna da subito spiegare che quando uno fa il medico ci sono tante specializzazioni, che magari danno meno soddisfazione dal punto di vista economico, ma possono dare tante soddisfazioni dal punto di vista personale, emozionale e professionale. Su questo credo che occorra insistere.
  Mi soffermerei sempre sugli specializzandi. Da ex Rettore, sto facendo una moral suasion sulla CRUI. Se vogliamo che nei prossimi tre anni il sistema sanitario nazionale pubblico continui a funzionare bene, non possiamo fare a meno del contributo maggiore degli specializzandi. Noi i medici li abbiamo. Noi leggiamo che mancano 20-30 mila medici, le stime sono più o meno queste. Noi abbiamo nel sistema, in «pancia», mi scusi per questo termine, che non è bellissimo, circa 45 mila medici. Perché gli specializzandi sono medici. Quindi, in armonia con le scuole di specializzazione, magari non dal primo anno, ma dal secondo, magari non in tutte le discipline, noi non possiamo fare a meno del contributo qualificato dei medici specializzandi, che vanno assolutamente inseriti a pieno titolo, nei prossimi anni, nel sistema sanitario nazionale, in forme da valutare. Devono essere, poi, distribuiti sul territorio. Non possono lavorare solo nell'ospedale universitario di riferimento. Abbiamo bisogno di avere i medici sul territorio. Su questo, confido molto nel contributo che verrà dato da parte delle università.
  A un certo punto, è il modo migliore. Le dico la verità: se un medico entra nel sistema sanitario pubblico da specializzando, poi ci si affeziona ed è più probabile che ci rimanga e che non se ne vada. È l'ospedale di formazione. Se quando ero ragazzo e studiavo al Policlinico Umberto I mi avessero detto che da specializzando sarei potuto essere parte del sistema sanitario pubblico, avrei realizzato il sogno della mia vita. Poi, invece, sono dovuto andare a L'Aquila e altrove. Ho avuto tante soddisfazioni lo stesso. Voglio dire che se dall'inizio si fidelizzano le persone nel posto dove hanno studiato, dove si sono formate, è altamente probabile che vi rimangano. Qualcuno se ne andrà, perché, ovviamente, ognuno ha le proprie possibilità.
  Per quanto riguarda il discorso che lei faceva sulla flat tax, è una cosa che, ovviamente, abbiamo preso in considerazione, che ci interessa e che adesso valuteremo, almeno per quello che riguarda la componente legata all'indennità di specificità medica e all'indennità di specificità degli altri professionisti.
  Vado un attimo più a fondo sulle tre domande finali che lei ha posto proprio sul pronto soccorso. Per quanto riguarda l'opt-out, in fondo, è quello che abbiamo fatto nel «decreto bollette». Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo offerto anche ai medici che non lavoravano al pronto soccorso di guadagnare 100 euro lordi l'ora per il pronto soccorso. Questa opzione mi ha fatto avere delle critiche.
  Io sono un medico e i medici li conosco bene. I medici sono professionisti che vogliono lavorare e vogliono guadagnare, giustamente. Non sono né eroi né martiri. Sono persone serie, che hanno studiato tanti anni e che, dopo aver studiato tanti anni, vorrebbero lavorare in un posto dove possono stare tranquilli, dove magari non sono aggrediti, dove magari possono sperare di avere una carriera e delle possibilità di crescita professionale e dove sono pagati bene. Quindi, per quanto riguarda il discorso che lei faceva, di inserire nel pronto soccorso persone che vengono da altri reparti, questo con il cosiddetto «decreto bollette» è possibile. Da quello che mi risulta, è un provvedimento che ha dato risultati positivi.Pag. 9
  Alla fine, come diceva lei prima, io non amo mai parlare di soldi: 100 euro lordi l'ora vuol dire che se un medico fa cinque ore settimanali in più guadagna 2 mila euro lordi, che sono i mille euro netti cui lei prima faceva riferimento. Questa possibilità, quindi, c'è. Sicuramente occorre aprire e non confinare il pronto soccorso: questo è un discorso al quale sto personalmente facendo molta attenzione. Probabilmente è corretto. Non va solo confinato, altrimenti poi sembra che il pronto soccorso sia destinato solamente ad alcuni, e magari quelli, poi, lo patiscono. Deve diventare, probabilmente, un posto più aperto, dove anche altri professionisti che hanno delle capacità possono aderire. Questo, ripeto, con il cosiddetto «decreto bollette» è di fatto già possibile in extra time.
  Il discorso che lei faceva sulla medicina territoriale con, ovviamente, le aggregazioni funzionali dei medici di medicina generale e i tirocinanti sicuramente è interessante e rappresenta la vera sfida. Su quello ci giochiamo, insieme alla messa a punto dei medici di medicina generale, la possibilità di avere una sanità migliore e più vicina ai cittadini e anche di decongestionare i pronto soccorso. Credo che dare, anche lì, maggiore autonomia ai tirocinanti sia possibile e sia importante.
  Su questo mi collego a un punto che a noi sta molto a cuore e che rappresenta – come lei sa – non voglio dire la vera «rivoluzione» (non mi faccia usare questo termine, perché non è una «rivoluzione»), ma il vero «stappare il tappo», quello del vincolo assunzionale sui tetti di spesa. Io ci sto lavorando. Dal primo giorno che sono diventato Ministro ho dichiarato, e ne sono fortemente convinto, che entro l'anno, dopo diciassette anni, perché il tetto di spesa c'è dal 2007, noi riusciremo a superare il tetto. Questo è il risultato più importante.
  Al di là di mettere gli specializzandi, di far fare l'extra time, se noi non mettiamo forze nuove dentro il sistema sanitario nazionale e non assumiamo medici e personale, è difficile pensare che il sistema sanitario nazionale possa continuare a offrire servizi, come fa, tra mille problemi. A me dispiace quando si parla male del sistema sanitario nazionale italiano. Se lei vede i dati OCSE – i dati OCSE sono una cosa seria, perché sono prodotti su un campione di 39 Paesi e sono elaborati da un'organizzazione indipendente – lei vedrà, per esempio, cosa accade sulle liste d'attesa, per le quali ogni giorno finiamo sui giornali e sulle quali io ci ho messo la faccia. Lei mi ritrovi un Ministro, negli ultimi vent'anni, che ha detto che vuole combattere le liste d'attesa!
  Se lei prende ad esempio L'Espresso di vent'anni fa, faceva gli stessi titoli che fa oggi. Vuol dire che le liste d'attesa c'erano e ci sono. Io ci ho messo la faccia dicendo che mi impegnerò per cercare di ridurle. In base ai dati OCSE, però, su alcune prestazioni delicate (la frattura di femore, alcuni interventi ortopedici e di protesica) l'Italia è al secondo, terzo, primo posto come liste d'attesa. Quindi, non è vero che siamo, poi, così male. Perché? Perché abbiamo operatori di qualità.
  Sull'ultimo punto che lei ha toccato mi trovo assolutamente d'accordo. L'ho sempre insegnato, quando facevo il professore, ai miei allievi e collaboratori. È chiaro che bisogna parlare con i pazienti. È il modo migliore per evitare le controversie. L'errore medico ci sta, e quello non ce lo toglie nessuno, ma le assicuro che spesso le maggiori controversie, nella mia esperienza, vengono da persone che sono state trattate male, non da persone alle quali è stata fatta un'errata diagnosi o è stato fatto un errato trattamento.
  Cercare, quindi, di aumentare le capacità, magari anche inserendo un'ora nel percorso formativo universitario, è il modo migliore per evitare di avere problemi in futuro. Se uno parla con il paziente, anche in una condizione complessa, perché tante volte nel pronto soccorso le persone aspettano e i medici stanno lavorando, io sono assolutamente convinto – come diceva lei – che gran parte delle problematiche possano essere evitate. L'importante è far vedere veramente che il medico, l'infermiere, l'operatore sanitario in quel momento si sta prendendo cura del paziente che si rivolge alla struttura sanitaria.

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  PRESIDENTE. Signor Ministro, vorrei esprimerle un ringraziamento non di forma, ma di sostanza. Con la sua audizione abbiamo concluso, oggi, il ciclo di audizioni.
  Nei prossimi giorni verrà redatto il documento, che sarà trasmesso a tutti i Gruppi, oltre che al Governo, per arrivare poi alla stesura finale. Concorderemo anche una data per una conferenza stampa di presentazione.
  Sono sicuro che sarà un documento completo, esaustivo. Se lo sarà, sarà certamente anche grazie al suo molto qualificato e qualificante intervento e alla sua disponibilità, che, devo dire, non fa mai mancare e per la quale le rinnovo i sensi della mia sincera gratitudine.

  ORAZIO SCHILLACI, Ministro della salute. Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.