XIX Legislatura

Comitati Riuniti (Comitato per la legislazione della Camera dei deputati e Comitato per la legislazione del Senato della Repubblica)

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Lunedì 26 febbraio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 

INDAGINE SUI PROFILI CRITICI DELLA PRODUZIONE NORMATIVA E PROPOSTE PER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA LEGISLAZIONE

Sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione, audizione di Massimo Luciani, Prof. emerito di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università La Sapienza di Roma.
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 
Luciani Massimo , Professore emerito di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università La Sapienza di Roma ... 2 
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 
Colucci Alfonso (M5S)  ... 7 
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 
Baldelli Antonio (FDI)  ... 10 
Tabacci Bruno , Presidente ... 10 
Luciani Massimo , Professore emerito di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università La Sapienza di Roma ... 10 
Tabacci Bruno , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE DELLA CAMERA
BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 16.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto in via preliminare che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione, audizione di Massimo Luciani, Prof. emerito di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università La Sapienza di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Massimo Luciani, emerito di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università La Sapienza di Roma, sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione.
  Ringrazio il professor Luciani per aver accettato di partecipare all'odierna audizione e, siccome lui è a conoscenza del lavoro che abbiamo fatto in queste settimane e anche di alcune delle audizioni che abbiamo avuto l'onore di ospitare, conosce perfettamente i termini del problema e le origini per cui questo Comitato per la legislazione, assieme ai colleghi del Senato, ha dato vita a questa importante indagine conoscitiva, gli do la parola e lo ringrazio veramente molto per aver accolto il nostro invito.

  MASSIMO LUCIANI, Professore emerito di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università La Sapienza di Roma. Grazie, presidente. Sono io a ringraziare per l'onore che mi è fatto, perché partecipo a un'iniziativa di particolare interesse su una problematica che preoccupa molti, non soltanto gli addetti ai lavori, ma anche i cittadini che hanno a che fare sovente con una produzione normativa che non li soddisfa.
  Prima di affrontare le questioni che sono state indicate agli auditi, perché noi abbiamo ricevuto un messaggio di posta elettronica con tre gruppi di nodi problematici da cercare di sciogliere, credo sia assolutamente indispensabile una premessa di ordine generale, perché se non inquadriamo il tema entro un contesto più generale, forse non riusciamo a comprenderne i contorni.
  La prima osservazione che farei è che i costituzionalisti italiani sanno molto bene (è acquisito al dibattito costituzionalistico) che c'è un collegamento intimo tra sistema delle fonti e forma di governo. È un collegamento duplice, nel senso che abbiamo un sistema costituzionale delle fonti, che è coerente con il disegno costituzionale della forma di governo, e sappiamo che non possiamo svolgere un ragionamento sul sistema delle fonti che non sia allo stesso tempo un ragionamento sulla forma di governo, cioè ogni volta che si parla di forme di governo si parla di fonti e viceversa.
  Da tempo poi è acquisita anche un'altra consapevolezza: la consapevolezza del collegamento intimo tra forma di Governo e sistema dei partiti. Qui si contrappongono due letture, una lettura molto nota, quella di Leopoldo Elia, secondo la quale i partiti politici sarebbero addirittura un elemento Pag. 3costitutivo della forma di governo, e un'altra lettura, che ritengo più convincente, che mantiene differenziati i partiti rispetto alla forma di governo, nel senso che la forma di Governo in quanto forma è identificata dalle regole che reggono il rapporto tra gli organi costituzionali, quindi è ben possibile che la distorsione di queste regole sia vista come una violazione di prescrizioni costituzionali.
  L'idea che la flessibilità della forma di governo consenta di fare tutto in realtà non convince, perché le regole della forma di governo, cioè quello che dà forma alla forma, scusate il bisticcio, ci sono.
  Anche nella prospettiva che ritengo più convincente, resta fermo però il collegamento tra sistema dei partiti e forma di Governo, perché la forma identifica la struttura, che i greci chiamavano sustasis, del Governo, il sistema dei partiti identifica il funzionamento del sistema politico nel suo complesso.
  Se il ragionamento sulle fonti è un ragionamento sulla forma di Governo e se c'è questo collegamento intimo tra forma di Governo e sistema dei partiti, ogni ragionamento sulle fonti è, per la proprietà transitiva, anche ragionamento sul sistema dei partiti.
  Infine, è acquisita al dibattito tra gli studiosi, almeno tra gli studiosi più avvertiti, anche un'altra consapevolezza, che forse è ancora più importante, cioè quella del collegamento strettissimo fra il sistema politico e la società civile. In che senso? Il sistema politico non ha un'autonomia che gli permetta di essere indipendente dalle vicende della società civile, invece queste vicende condizionano pesantemente l'assetto e il funzionamento del sistema politico.
  Se questa premessa, che – mi scuso – forse è stata un po' lunga, è condivisa, penso che si possa essere concordi sulla sua conseguenza, cioè sul fatto che sarebbe illusorio immaginare delle ricette istituzionali che non tengano conto di questi collegamenti, anzitutto ricette in alto, cioè constaterei la debolezza dei tentativi che da almeno trent'anni sono stati azzardati di risolvere il malfunzionamento del nostro sistema politico attraverso riforme costituzionali della forma di Governo, e poi in basso, nel senso che la restaurazione dell'assetto costituzionale del sistema delle fonti non è possibile senza la restaurazione dell'assetto costituzionale della forma di Governo (le due cose stanno insieme).
  Se si dimentica questa premessa, quindi, secondo me non si va lontano.
  È per questo che il primo passo da compiere, a mio avviso, sarebbe quello della ristrutturazione del sistema dei partiti, perché il punto di fondo è che tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 del secolo scorso (fa una certa impressione parlare del secolo scorso quando si parla del '900, ma è il secolo scorso) il sistema politico partitico si è disgregato e non si è mai più stabilmente ricomposto.
  La sua ristrutturazione richiederebbe probabilmente una scelta lungimirante. Qual è questa scelta lungimirante? Qui mi rendo conto che faccio una considerazione che può parere di opportunità, ma dal mio punto di vista è una considerazione teorica, cioè quella della reintroduzione di un sistema elettorale proporzionale, con una clausola di sbarramento tale da evitare la frammentazione, che restituisca agli elettori il vero potere di scelta degli eletti.
  Questo a che scopo? Proprio per rimettere in moto la relazione tra sistema dei partiti, società civile, cittadini, che è la condizione primaria per la ricomposizione tanto del sistema dei partiti quanto della società civile.
  Perché dico anche della società civile? Perché non dobbiamo dimenticare che è la stessa società civile che è disgregata, frammentata, e uno dei fattori della sua ricomposizione è proprio la riattivazione del partito in quanto corpo intermedio.
  Questa frammentazione e disgregazione della società civile è molto importante, perché quando la politica richiede alla società civile rilegittimazione, ad esempio attraverso soluzioni istituzionali che la mettano direttamente in contatto con la società civile (penso ai vari modelli di elezione diretta), in realtà ci si rivolge a un soggetto che non è più in grado di erogare stabili prestazioni di legittimazione, perché la societàPag. 4 civile con la quale abbiamo a che fare è fortemente dissolta, non ha più quella compattezza che aveva prima.
  Detto questo, è chiaro come le considerazioni puramente tecniche sul sistema delle fonti non possano risolvere tutti i problemi, perché altrimenti smentirei la premessa. Cerchiamo di vedere però almeno le cose essenziali e di capire quali possano essere gli aggiustamenti tecnici, che non possono certo risolvere tutto, ma almeno possono accompagnare un processo virtuoso di ristrutturazione della forma di Governo, del sistema dei partiti e della stessa società civile.
  Vediamo quali sono i problemi, soprattutto seguendo le indicazioni che derivano dalle sollecitazioni che ci avete fatto nel messaggio di posta elettronica che abbiamo ricevuto.
  Ovviamente la prima questione è quella dei decreti-legge. Francamente abuserei della vostra pazienza se mi intrattenessi per l'ennesima volta sulla questione dell'abuso del decreto-legge, perché sono state scritte montagne di contributi su questo. Mi limiterei all'essenziale e sostanzialmente a queste poche osservazioni.
  La prima. Si dice spesso che abbiamo la proliferazione dei decreti-legge, perché c'è un'accelerazione delle domande di regolazione che provengono dalla società civile, ed è una realtà attuale, in continua evoluzione, in evoluzione turbinosa, una tecnologia che cambia continuamente, scoperte scientifiche a ogni piè sospinto, quindi il legislatore non potrebbe fare a meno di rispondere con pronta immediatezza.
  La mia impressione non coincide con questa posizione, perché, secondo me, non è così o, a tutto concedere, è così soltanto in parte. In primo luogo, la nuova regolazione legislativa (stiamo parlando sempre di normazione primaria, quindi di una normazione che ha una dignità particolarmente elevata) è spesso utilizzata come risposta più comoda in difetto della capacità di risposta dell'Amministrazione. Il problema vero è che poi è l'Amministrazione che non sa rispondere, per cui si chiede l'intervento del legislatore, ma il legislatore non può supplire all'Amministrazione.
  L'inefficienza dell'amministrazione, supplita dalla legge, in realtà viene supplita da qualcosa che sembra risolvere il problema, ma non lo risolve, perché è alla base, è nell'esecuzione che si annida la questione.
  In secondo luogo, spesso l'esigenza della risposta rapida è autoprocurata, nel senso che è la stessa politica che se l'autoimpone, e certe volte (non vorrei essere sgarbato) il legislatore ha anche delle reazioni scomposte. Pensiamo alle reazioni del legislatore penale di fronte a turbamenti dell'opinione pubblica derivanti da alcuni reati. Spesso questi turbamenti sono indotti da un'informazione che è diventata essa pure sempre meno qualitativa.
  Si insegue l'allarme sociale, rispondendo costantemente con che cosa? Con l'introduzione di nuove fattispecie di reato, con inasprimenti delle pene che spesso non servono a nulla, perché le leggi già ci sono. Questo però aggrava il lavoro del Parlamento e spesso fa sì che il Governo intervenga con quel decreto-legge, del quale per l'appunto si abusa.
  Terzo punto. Il decreto-legge determina una strozzatura dei tempi parlamentari, quindi proprio per questo è un comodo strumento nelle mani del Governo. I nostri Governi sono necessariamente Governi di coalizione, non sono Governi monocolore, quindi il decreto-legge, cioè il procedimento parlamentare di conversione dei decreti-legge consente al Governo di reggere meglio le contraddizioni interne alla maggioranza, perché la maggioranza è costretta dall'esiguità dei tempi a disposizione ad allinearsi alle scelte governative, salva l'interstiziale e occasionale compartecipazione alla produzione normativa attraverso gli emendamenti al disegno di legge di conversione.
  Abbiamo poi la fatale accoppiata, il grande problema di cui tutti parlano, maxi emendamento e questione di fiducia, che chiude la partita.
  Se le cose stanno così, una volta di più la soluzione di questi problemi è politica, quindi non sto qui a dire cosa la politica dovrebbe fare, ma certamente se la politica recupera la consapevolezza dell'alta dignità soprattutto del lavoro parlamentare, si può Pag. 5anche non cedere a quella tentazione, all'opinione pubblica che chiede si può anche spiegare perché non le si può dare, o almeno perché non le si può dare tutto e subito, ci vogliono i tempi di una riflessione politica.
  Veniamo al piano propriamente tecnico. Credo che occorrerebbe recuperare il principio che la giurisprudenza costituzionale, purtroppo, non ha sempre applicato in modo rigoroso, che il decreto-legge non è una fonte idonea a operare interventi istituzionali, strutturali o di sistema. Sappiamo che erano stati istituiti i ministeri con un decreto-legge. Su questa prospettiva le Commissioni Affari costituzionali dovrebbero moltiplicare i loro pareri negativi, inducendo il Governo a servirsi della fonte primaria, che è demandata a questo tipo di interventi.
  Qual è questa fonte primaria? Questa fonte primaria è essa pure governativa, ma è il decreto legislativo che è tutta un'altra cosa, ovviamente, sia nei rapporti Parlamento/Governo, sia nel funzionamento di quella fonte all'interno del sistema, e invece registriamo un evidente appannamento del decreto legislativo (non è che non ci siano i decreti legislativi, ma non hanno più il vigore che avevano un tempo).
  I Comitati per la legislazione potrebbero, in collegamento diretto con le Commissioni Affari costituzionali, prendere posizione nettamente in questo senso e quindi contenere il fenomeno.
  Una seconda osservazione – anche questo tema suggerito dai quesiti che ci sono stati posti – riguarda la confluenza e l'intreccio fra i decreti-legge. A me sembra facilmente e doverosamente evitabile che previsioni normative contenute in un decreto-legge successivo finiscano per entrare in un decreto-legge precedente sotto forma di emendamenti al disegno di legge di conversione, perché in questo caso è evidente l'aggiramento dell'articolo 77 della Costituzione, perché io ho introdotto certe previsioni normative in un decreto-legge, poi le faccio transitare in un decreto-legge precedente e i tempi di conversione a questo punto sono ridotti rispetto a quelli precedenti.
  Si potrebbe obiettare che sono sempre emendamenti parlamentari, ma c'è una bella differenza, perché un conto è l'emendamento al disegno di legge di conversione, altro conto è il transito delle disposizioni dal vecchio decreto-legge al nuovo, perché in questo caso il Governo lucra due vantaggi. Il primo è che gli entra immediatamente in vigore la norma, perché sta nel decreto-legge, il secondo è che, trattandosi di emendamento al disegno di legge di conversione, è quel disegno di legge motorizzato di cui parlava la dottrina italiana negli anni '70, cioè un disegno di legge molto rapido.
  Terzo punto, i decreti-legge a contenuto multisettoriale. Da tempo ho sostenuto la tesi che il principio della straordinarietà impedisse questo, e il principio della straordinarietà è sempre stato trascurato, tutti si sono concentrati sull'urgenza e sulla necessità, ma nell'articolo 77 c'è scritto che il decreto-legge è un provvedimento straordinario di necessità di urgenza, ed è chiaro che un decreto-legge non omogeneo finisce per non essere più uno strumento straordinario, perché è una modalità ordinaria di normazione.
  Bene ha fatto dunque la più recente giurisprudenza costituzionale a dire che i decreti-legge disomogenei sono incostituzionali.
  Sul piano delle procedure parlamentari cosa fare? Forse non ho una grande fantasia, ma non so immaginare niente di meglio che una più rigorosa giurisprudenza delle Commissioni Affari costituzionali e un raccordo più intimo con i Comitati per la legislazione, che dovrebbero spingere in questa direzione, eventualmente proprio all'esito di questa indagine conoscitiva, che è molto preziosa.
  Ulteriore punto dopo quello del decreto-legge, anche questo suggerito dal messaggio di posta elettronica, è rappresentato dalla questione del cosiddetto monocameralismo alternato. Qui c'è poco da fare, è chiaro che non bastano le norme regolamentari, non basta la prassi parlamentare, occorrerebbe una revisione costituzionale e, quando si cambia la Costituzione, ci vuole una grandissima prudenza, a dire la verità.Pag. 6
  A costo di essere sgarbato, ma tanto l'ho detto in audizione precedentemente, quando sono stato audito in occasione dei vari disegni di legge di volta in volta succedutesi, queste recenti riforme a me personalmente non convincono, non mi convince la riduzione del numero dei parlamentari, non mi convince la modifica dell'articolo 9 della Costituzione, non mi convince addirittura l'introduzione in Costituzione del riferimento allo sport, quindi, quando si tocca la Costituzione, bisogna andarci con i piedi di piombo (perdonate l'espressione familiare).
  Questa volta, però, gli aggiustamenti della Costituzione servono, altrimenti non si cava un ragno dal buco, quindi cosa si potrebbe fare? Si potrebbe costituzionalizzare il cosiddetto monocameralismo procedurale, perché sappiamo che adesso in realtà la Camera che conta finisce per essere una, in genere la prima, che viene compulsata.
  Si potrebbe quindi prevedere in Costituzione che siano necessariamente bicamerali solo alcuni tipi di legge (costituzionali, elettorali, di bilancio, di conversione, di delegazioni), per le altre che ci sia un'approvazione monocamerale con la facoltà di richiamo da parte dell'altra Camera. Nell'ipotesi del richiamo, dovrebbe intervenire un Comitato bicamerale paritetico, che metta fine alla navetta, un'esperienza conosciuta nelle altre realtà costituzionali.
  Questa stessa indagine conoscitiva, che vede sedere insieme ai senatori e deputati, ci dimostra che ben possono funzionare organi paritetici delle due Assemblee rappresentative.
  Terzo punto suggeritoci, l'efficienza del Governo e la dignità del Parlamento, tema suggerito in questa forma: come possiamo identificare misure per un ragionevole bilanciamento tra le esigenze di tempestività d'azione da parte del Governo e l'effettività dell'esame parlamentare, che preservi l'iniziativa legislativa e la potestà emendativa del Parlamento? Io l'ho tradotto in termini efficienza del Governo e dignità del Parlamento.
  In questo caso, si possono immaginare interventi a livello sia costituzionale che regolamentare e anche aggiustamenti della prassi parlamentare. Si possono pensare vere e proprie intese fra Governo e Gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione, e l'obiettivo dovrebbe essere quello di consentire al Governo di contare su termini certi per la discussione e la decisione parlamentare sulle proprie iniziative legislative, lasciando però al Parlamento il compito di fare il Parlamento. Questo almeno nella vita ordinaria del Parlamento.
  Si potrebbe pensare ad attribuire al solo Presidente del Consiglio il potere di chiedere e ottenere tempi certi e rapidi per la discussione dei disegni di legge di iniziativa governativa, e sarebbe anche forse opportuno costituzionalizzare le previsioni normative contenute nell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988.
  Altro punto che ci è stato suggerito è la qualità delle leggi. Qui intervenire apparentemente è più semplice, le direttive sul drafting legislativo che furono concordate già nel lontano, anzi lontanissimo 1986, ma che ricordiamo bene, dovrebbero essere riedite alla luce dell'esperienza di questi ultimi anni, in particolare combattendo e contrastando la prassi del rinvio o del richiamo per estremi normativi. Noi addetti ai lavori li capiamo, ma il destinatario finale delle norme, cioè il cittadino, non li comprende, e l'esigenza di chiarezza non è solo politica, ma è giuridico-costituzionale.
  Tenete presente che la Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 110 del 2023, lo ha detto chiaramente: la legge oscura è una legge incostituzionale, perché contrasta con l'idea stessa di legge e con il principio di legalità. Qui ci sarebbe da fare un ragionamento teorico non banale, ma non ho il tempo di farlo, rinvio per questo al testo scritto.
  Il secondo sotto profilo di questo punto è che a me sembra che sarebbe indispensabile un migliore raccordo, specie nelle fasi finali del procedimento legislativo, tra uffici legislativi dei ministeri, segreterie delle commissioni parlamentari e Comitati per la legislazione.
  Prima del coordinamento finale, che si dovrebbe fare secondo le consuete prassi parlamentari, sarebbe opportuno prevedere una sorta di check della qualità delle Pag. 7norme, affidato all'interlocuzione fra questi organi.
  Gli aggiustamenti sui quali ho richiamato l'attenzione ovviamente sono solo aggiustamenti, la gravità della crisi delle comunità politiche di molti Paesi di democrazia avanzata non è stata forse compresa in tutta la sua gravità. La sostanziale liquefazione della base sociale e quella che da anni definisco la crisi del rappresentato sono una vera sfida per i rappresentanti.
  La crisi del rappresentato non è da prendere sotto gamba, la crisi del rappresentato sta nel fatto che ormai si sono dissolte le identità collettive e individuali, quindi non vorrei essere nei vostri panni, perché il rappresentante non sa più nemmeno chi rappresenta. Questo è il punto.
  Questa crisi non può essere sottovalutata, quindi, tornando all'inizio della mia esposizione, è necessaria la ristrutturazione e la messa in campo del sistema dei partiti in rapporto a una società civile deve ristrutturarsi.
  In questa prospettiva, anche gli strumenti tecnico-istituzionali che si possono introdurre a livello della normativa costituzionale, della disciplina legislativa e dei regolamenti parlamentari sono un aiuto importante, però non possiamo immaginare che facciano miracoli.
  Mi fermerei qui, ringraziandovi per la vostra attenzione e pazienza.

  PRESIDENTE. Grazie davvero al professor Luciani per la relazione molto intensa che ci ha fornito.
  Credo che quanto ci ha detto, che è anche all'interno di un testo scritto, vada messo a disposizione anche degli altri colleghi che non hanno potuto partecipare oggi.
  Sono qui presenti i colleghi Colucci e Baldelli, credo sia molto utile che anche loro dicano qualcosa, perché l'audizione del professor Luciani merita un'attenzione particolare.
  Sono presenti anche i colleghi Cataldi e Matera.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire.

  ALFONSO COLUCCI. Professore, innanzitutto grazie per la sua audizione e per la sua disponibilità.
  Lei ha premesso lo stretto collegamento tra il tema delle fonti del diritto, il tema della forma di governo e quello del sistema dei partiti, e ha anche messo in stretta correlazione il tema del sistema dei partiti con la società civile. Si è spinto fino a ipotizzare la necessità di un maggior radicamento della rappresentanza dei partiti, mediante una legge elettorale proporzionale con una soglia di sbarramento, ricostituendo la possibilità per i cittadini di scegliere i propri rappresentanti, anche come elemento necessario per curare la frammentazione che avvertiamo nella società civile.
  Vorrei chiederle, a margine temi che ci siamo dati, ma coerente con l'introduzione al suo discorso, perché è un tema al quale io sto pensando da tempo, se lei ritenga che oggi l'Italia sia matura per una revisione del sistema dei partiti, che vada oltre l'impostazione loro data dal Costituente, che ha deciso di non disciplinare oggi, se non genericamente, l'esperienza e il fenomeno del partito politico in Costituzione, con ciò ponendosi in una posizione diametralmente opposta con quella scelta nel 1949 dal legislatore tedesco, laddove nella legge costituzionale tedesca invece si disciplinano specificamente i partiti politici e si assegna peraltro alla Corte costituzionale un controllo diretto sulla democraticità dei sistemi stessi.
  Questo naturalmente è frutto dell'esperienza del fallimento della Repubblica di Weimar e del nazismo, che ha determinato il legislatore costituente tedesco a quella scelta, in difformità da quella che invece prima aveva fatto il costituente italiano.
  Vorrei chiederle di esprimere gentilmente una valutazione su questo assetto costituzionale dei partiti politici in Italia e una prospettiva di revisione, che avvicini il sistema italiano a quello tedesco. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Sono collegati il presidente Matera, l'onorevole Cataldi e l'onorevole Bisa.
  Se non intendono prendere la parola, volevo completare questo argomento che Pag. 8ha posto all'attenzione l'onorevole Colucci, in modo da mettere in condizione il professor Luciani di formulare una valutazione più definita.
  Io ho trovato molto pertinente questa impostazione che il professor Luciani ha dato, che si è alla fine sintetizzata nella crisi del rappresentato, che porta con sé lo sbandamento dei rappresentanti.
  Questo è un fatto, perché se alcuni di voi hanno avuto modo di consultare la qualità del dibattito politico dei decenni trascorsi, questa cosa è di grande evidenza. D'altro canto che ci fossero nel nostro Paese dei partiti strutturati è fuori discussione. Fino ad un certo tempo, c'erano dagli 8 ai 9 milioni di cittadini italiani iscritti ai partiti, che andavano dalla Sinistra alla Destra.
  Se facciamo la somma di tutti i potenziali iscritti della DC, PCI, del Movimento Sociale, del Partito Socialista, dei laici minori, viene fuori un dato che plasticamente si vedeva nella realtà dei piccoli paesi, perché queste sezioni erano anche nei piccoli paesi. Io sono nato in un paese piccolo, mi è capitato di fare il vicesindaco negli anni '70 e c'era la sede della DC, la sede del PCI, la sede dei Socialisti, credo che ci fosse anche la sede dei Socialdemocratici, oltre a quella del Movimento Sociale.
  A quel Consiglio comunale non erano presenti, come sono oggi, Amici di Quistello, Forza Quistello, Quistello prima di tutto. Era presente il Partito Comunista, con otto consiglieri, la Democrazia Cristiana, con sette, il Partito Socialista unificato con i socialdemocratici con quattro e i missini con uno, per un totale di venti, però, prima di ogni riunione consiliare, i cittadini erano coinvolti perché venivano chiamati dai rispettivi partiti a dialogare, a discutere.
  Qual era la raffigurazione pratica che veniva fuori? Che le prime due ore erano dedicate alle grandi pulsioni politiche del momento, perché in quegli anni si spaziava dalla guerra del Vietnam al colpo di Stato in Cile, che era una sorta di grande educazione civica per cui a Quistello si parlava dal resto del mondo, e c'era la gente in fila sulle scale, perché chi non poteva sentire orecchiava da quel che si diceva e c'era una passione straordinaria.
  L'attuazione dell'art. 49 poi non c'è stata per ragioni che erano legate al fatto che questi partiti forse non volevano controlli, e considero centrale la questione sollevata dall'onorevole Colucci, ce ne siamo accorti dopo, quando la crisi che è intervenuta ha finito per travolgere tutto e ha fortemente condizionato anche le Istituzioni.
  Non c'è alcuna difficoltà a dire, per quello che può essere la mia memoria storica avendo fatto la prima legislatura nel lontano 1992, che c'era già un certo declino, ma c'era ancora una rappresentanza parlamentare molto forte. Quale che fosse il Governo, quindi, non poteva pensare di venire in Aula e raccontarla come voleva, perché l'autorevolezza di quella rappresentanza era così elevata che bisognava stare molto attenti.
  Anche nei voti sul bilancio, quindi, potevano accadere delle espressioni di dissenso, che portavano anche a conseguenze pratiche sul piano dei contenuti legislativi. Non c'è più traccia di tutto questo, e questo non è un problema di ordinaria realtà, è un problema che incide profondamente, e non si tratta di andare in profondità valutando la qualità della rappresentanza parlamentare.
  Quello che posso dire per certo è che con quel sistema elettorale, che vagamente è stato richiamato anche dal nostro audito, proporzionale (allora lo sbarramento non c'era, ma potrebbe essere introdotto), con la possibilità di scegliere, per cui quell'operazione non poteva essere delegata, i capi di quei partiti, che erano grandi partiti, erano autorevolissimi, ma non potevano pensare di imporre i candidati agli elettori, per cui capitarono anche delle cose spiacevoli al Senato, considerati sicuri di piazzare degli extra muros, più di una volta ci sono state delle sorprese.
  Io non sono un nostalgico, però è evidente che queste cose hanno finito per incidere sull'assetto istituzionale, e la vicenda della decretazione d'urgenza è uno di questi aspetti, che ha spostato i rapporti di equilibrio tra il Governo e il Parlamento. Non si riesce a spiegare con la storia che la Pag. 9cosa è urgente, che si può fare solo attraverso quella strada, intanto perché non è così, ma in secondo luogo perché, se andate ad esaminare la sostanza dell'attività parlamentare, oggi noi siamo concentrati sui decreti-legge anche con procedure di approvazione che, a causa del monocameralismo alternato, vedono la sostanziale esclusione di volta in volta di una Camera rispetto all'altra, perché all'interno dei 60 giorni chi legge per primo legge per tutti, e questo è un fatto.
  È poi l'attività collaterale ai decreti-legge quella che dovrebbe essere ordinaria del Parlamento, suscita grandi interrogativi: ad esempio, il fatto che il Parlamento, si sia, soprattutto nelle ultime legislature, fortemente votato a dar vita a delle Commissioni di inchiesta la dice lunga di come stanno le cose, perché io posso capire che ci sia una Commissione d'inchiesta sull'antimafia, perché in Italia il fenomeno mafioso è un fenomeno profondo, oppure che ci sia una Commissione, una delle più recenti, sulla la questione del femminicidio, ma, se diamo vita ad una visione planetaria per cui si va dal caso Orlandi a quello del giovane del Monte dei Paschi, insomma, c'è qualcosa che non quadra, perché cambia la natura del parlamentare.
  In quelle Commissioni d'inchiesta, ognuno pensa di essere lì e di avere l'ermellino, cioè di essere un magistrato, per cui lo fanno giurare, c'è tutta una retorica che cambia la stessa natura dei parlamentari e li porta anche ad assumere delle posizioni che, secondo me, sono inconcludenti.
  C'è poi il problema della qualità dei disegni di legge che portiamo avanti d'iniziativa parlamentare, come ho visto in particolare negli ultimi tempi. Abbiamo approvato la settimana scorsa una norma sui bambini che hanno particolari malattie e ho scoperto che sono uscite delle polemiche giornalistiche sul fatto che avremmo inventato una legge che suggeriva di usare la mototerapia per risolvere i problemi di questi bambini. È stata pubblicata su Repubblica la lettera di un genitore con un figlio spastico, che ha girato il mondo intero per curare suo figlio, ma questo non gli risulta; questo mette in grande imbarazzo, perché se noi dobbiamo fare una legislazione di questo tipo, è meglio che non la facciamo. Non è questo che riequilibra la decretazione d'urgenza, fa un'altra cosa.
  Tutte queste cose messe insieme segnalano in me un grandissimo allarme, ma non so come fare ad uscirne, perché noi stiamo facendo questo lavoro che resterà agli atti, spero che alla fine, dopo la mia Presidenza, chi ci sarà dopo faccia un documento conclusivo adeguato, però voglio significare che l'esperienza del Comitato per la legislazione è di un organismo che qualche volta, quando è alle strette, grida un po', ma nel deserto.
  Non ci sono strumenti concreti che consentano al lavoro che facciamo di avere delle conseguenze pratiche, come sulla legge di bilancio, ad esempio, quando c'è un parere negativo della Commissione bilancio, perché non ci sono le coperture, non si scappa, poi decide l'Aula e può decidere anche di suicidarsi, ma qui non è così, quindi lo facciamo ugualmente, però questo è un problema, per cui quando lei dice «connettiamo il lavoro del Comitato per la legislazione nel collegamento Camera-Senato», perché è fuori discussione che questa è stata una scelta giusta, «alle Commissioni Affari costituzionali» dice una cosa vera, probabilmente questo è un percorso a cui bisognerà arrivare.
  Lo squilibrio di partenza porta con sé tutta una serie di conseguenze, per cui, siccome non c'è mai limite alle cose, anche la decretazione d'urgenza non in questa legislatura, ma anche in quelle precedenti interveniva con ritualità, quasi che si dovesse dare in tempo reale una risposta a un problema che era uscito fuori.
  Soprattutto sulla parte penale, di cui qui ci sono esperti in materia, dove noi abbiamo aggravato delle pene o abbiamo allargato dei reati, perché dovevamo vendere che eravamo intervenuti, cosa non sempre prudente, anzi devo dire che l'eccesso di diritto penale può comportare delle conseguenze molto rilevanti.
  Non so se nel frattempo i colleghi che sono connessi vogliano aggiungere qualcosa,Pag. 10 oppure l'onorevole Baldelli che è ancora presente, diversamente chiedo al professor Luciani di intervenire sulle cose che abbiamo posto ed eventualmente sulle cose che avrebbe voluto dire e non ha detto, a completamento della riflessione complessiva.

  ANTONIO BALDELLI. Presidente, solamente ad integrare il suo interessante contributo, la crisi del rappresentato, di cui ha parlato il professore, diventa crisi del rappresentante, ma anche della rappresentanza, e oggi lo vediamo.
  Siamo costretti in Parlamento con il Decreto elezioni a togliere il numero dei mandati, ad esempio, per i piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti, proprio perché è difficile persino trovare cittadini, persone non che si iscrivano ai partiti politici, ma che prendano parte all'amministrazione della propria città.
  Questo è sicuramente frutto di leggi sbagliate, ma anche (mi si permetta, non me ne voglia il collega Colucci) di un'antipolitica, che è stata rappresentata da un movimento politico ben determinato in questi ultimi anni, ma anche da un certo modo di fare politica negli ultimi decenni, in cui il Presidente del Consiglio o comunque il rappresentante eletto democraticamente non veniva riconosciuto dall'avversario politico e questo ha screditato molto la politica negli ultimi anni.
  C'è poi lo scollegamento tra l'eletto e l'elettore, dato sicuramente dalla legge elettorale, ma ne dobbiamo essere consapevoli tutti, perché poi, quando con sincerità e trasparenza siamo all'interno della Camera di appartenenza, anche noi magari appoggiamo l'estensione dei reati, come prima accennava lei, presidente, anche io ritengo in maniera molto pericolosa, perché così ci viene chiesto dall'opinione pubblica o dal sondaggio del momento.
  Attualmente faccio anche parte della Giunta per il regolamento, c'è un momento importante in cui siamo chiamati alla modifica del regolamento, eppure c'è, se non un ostruzionismo, perché sarebbe troppo chiamarlo così, una certa difficoltà a fare una scelta consapevole sulla modifica del regolamento, che alla Camera ancora non è avvenuta, nonostante il Senato lo abbia già modificato nella precedente legislatura.
  Io sono alla mia prima esperienza, quindi la mia esperienza è limitata ai pochi mesi di questa legislatura, ma vedo ad esempio che ciò che andava bene nella passata legislatura oggi, a parti inverse, non va più bene. Dovremmo quindi abbandonare tutti la casacca, per contribuire in maniera efficiente al funzionamento del Parlamento.
  Volevo solamente fare questa chiosa, signor presidente, per riflettere su alcuni aspetti anche pratici, come quello della mancanza di candidati alle elezioni, tanto da dover modificare il limite dei mandati.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Luciani per la replica.

  MASSIMO LUCIANI, Professore emerito di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università La Sapienza di Roma. Grazie, presidente.
  Molto sinteticamente, sono state da voi proposte delle riflessioni molto interessanti, politiche, con le quali mi piacerebbe confrontarmi, ma fuori da quest'Aula, perché io sono chiamato in quest'Aula come audito per le mie competenze tecniche, quindi non mi posso permettere di fare apprezzamenti d'ordine politico.
  La mia premessa è stata però una premessa di collegamento tra i temi tecnici e il sostrato politico-istituzionale, quindi questo non posso negarlo.
  La domanda dell'onorevole Colucci è una domanda precisa: si può introdurre in Italia un Parteiengesetz, cioè l'esperienza tedesca è replicabile in Italia? La risposta è no, se diciamo nella sua assolutezza quell'esperienza giuridico-costituzionale, perché in realtà se c'è una cosa che mi è chiara del diritto comparato, è che non si importano mai le ricette altrui, perché le cose funzionano diversamente se sono sperimentate altrove.
  Se però mi si chiedesse se sia opportuna, anzi addirittura necessaria una legge sui partiti, io direi di sì, quindi non la stessa esperienza tedesca, ma una legge diversa, una legge che immaginerei soprattutto di principi, una legge che evitasse un Pag. 11rischio, che è quello della giurisdizionalizzazione del conflitto politico, in particolare della giurisdizionalizzazione della lotta politica interna ai partiti, una legge che però consentisse il rispetto del principio di democrazia interna.
  Questo è molto facile, è più difficile mettersi a tavolino e scrivere una legge fatta perbene, che consenta di raggiungere entrambi questi obiettivi, cioè garantire la democrazia interna ma allo stesso tempo non giurisdizionalizzare la lotta politica, però si può fare e, secondo me, si deve fare.
  Si deve fare nella prospettiva di quella rivalorizzazione dei partiti politici di cui parlavamo prima, perché poi tanto l'intervento dell'onorevole Colucci, quanto quelli del presidente Tabacci e dell'onorevole Baldelli hanno ruotato attorno alla crisi della mediazione, cioè al tema della disintermediazione.
  I partiti politici sono i principali soggetti della mediazione, lo sono stati nel nostro Paese per scelta dei costituenti, per storia costituzionale e per storia politica concreta. È chiaro che la crisi della mediazione non è soltanto la crisi dei partiti politici, perché la crisi della mediazione è di tutti gli altri soggetti della mediazione, a partire dalle confessioni religiose e dalla estremizzazione dell'associazionismo.
  L'associazionismo può essere di due tipi, inclusivo o escludente, inclusivo quando io mi associo per perseguire una certa finalità, ad esempio promuovere la cultura della musica lirica in Italia, ma se poi questo diventa assorbente e questa associazione non è più disponibile a nessun tipo di mediazione con le altre, viene meno alla sua stessa natura di soggetto della mediazione, e noi siamo di fronte a quello che è stato chiamato da un grande teologo un pluralismo manicheo, che impedisce invece questo dialogo.
  L'onorevole Baldelli invitava a spogliarsi della casacca, ma anche i partiti tendono ad estremizzare, a perdere quello spirito repubblicano che invece in altri Paesi è molto coltivato, proprio perché c'è questa tendenza, e questa tendenza va combattuta con strumenti culturali, politici e sociali, ma ci sono anche strumenti istituzionali e la legge sui partiti, secondo me, sarebbe una cosa opportuna, non una copia della legge tedesca, ma sarebbe opportuna.
  È chiaro che il tema della crisi del rappresentato è centrale, la crisi del rappresentato è dovuta alla parcellizzazione e precarizzazione del lavoro, è dovuta alla crisi dei corpi intermedi, che sono fonti di identità, è dovuta alle nuove tecnologie, perché le nuove tecnologie tendono a isolare anziché a inserire in una vera rete di rapporti, perché questi rapporti tendono a essere invece sempre più circoscritti e apparente la ricchezza della moltiplicazione delle occasioni di contatto.
  È chiaro che questo ha un impatto molto forte e la ricucitura di questa lacerazione non ha sicuramente tempi brevi, è una cosa da tempi medio-lunghi, però, se non si comincia mai...
  Per questo mi ero permesso di dire che dal mio punto di vista penso che la ristrutturazione del sistema dei partiti passi necessariamente per una saggia legge elettorale, perché tutto si tiene, tutto è complesso, ma se non si fa mai un passo... Ad esempio anche l'università, secondo me, è in grave crisi, ma se non si prende un punto di attacco, non la si risolve. Per me il punto d'attacco è la riforma del reclutamento, che non risolverà tutti i problemi, ma comincia ad essere il gancio al quale attaccare poi tutti gli altri interventi, e così dovrebbe essere, a mio parere, la legge elettorale.
  Una questione molto importante – chiudo su questo – è stata sottolineata dall'onorevole Baldelli, che evidenziava giustamente come sovente si sia costretti a rispondere secondo l'ultimo sondaggio. Mi permetto di dire che questa non è una strategia lungimirante della politica, al di là di qualsivoglia considerazione di carattere morale che non è il caso di fare, per una considerazione di carattere pratico.
  La nostra opinione pubblica, proprio in una società così fortemente liquefatta, è molto volatile e volubile, seguire l'ultimo sondaggio non necessariamente è una buona scelta politica, perché seguire l'ultimo sondaggio qualche volta significa seguire quello Pag. 12che il giorno dopo è diventato il penultimo, quindi si è in costante ritardo.
  Come dicevo all'inizio, la risposta pronta, la risposta immediata, il decreto-legge che interviene immediatamente perché c'è una domanda dal basso che impone alla politica di replicare, ebbene la rapidità dei tempi, a fronte di un'opinione pubblica così volubile, può essere una scelta miope.
  Il ritorno ai tempi giusti della politica probabilmente non è auspicabile soltanto perché così dovrebbe essere, perché a tutti noi piacerebbe che fosse, ma perché è interesse della politica.
  Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Ringrazio di nuovo il professor Luciani e i colleghi che sono intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.30.