XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 11 di Giovedì 25 gennaio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Chinoy Sujan R , Direttore generale del ... 3 
Formentini Paolo , Presidente ... 10 
Onori Federica (M5S)  ... 10 
Formentini Paolo , Presidente ... 10 
Orsini Andrea (FI-PPE)  ... 10 
Formentini Paolo , Presidente ... 10 
Chinoy Sujan R , Direttore generale del ... 10 
Formentini Paolo , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 11.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, del Direttore generale del Manohar Parrikar Institute for Defence Studies and Analyses (MP-IDSA), Sujan R. Chinoy.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione di Sujan Chinoy, Direttore generale del Manohar Parrikar Institute for Defence Studies and Analyses, principale think tank indiano per lo studio delle relazioni internazionali.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita a colleghe e colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  L'Ambasciatore Chinoy ha avuto una lunga ed importante carriera diplomatica, svolgendo, tra l'altro, la funzione di Ambasciatore dell'India in Giappone. È un esperto di Cina e Asia orientale, relativamente ad aspetti sia di politica internazionale sia di sicurezza. Il suo contributo ai nostri lavori sarà perciò sicuramente molto importante.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio l'Ambasciatore per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori e, considerati i tempi stretti, gli do subito la parola affinché possa svolgere il proprio intervento. Grazie.

  SUJAN R CHINOY, Direttore generale del Manohar Parrikar Institute for Defence Studies and Analyses (MP-IDSA) (intervento in videoconferenza). Grazie infinite. Nei prossimi 25-30 minuti io vi mostrerò alcune diapositive e ovviamente le commenterò via via che le mostro. Vorrei iniziare con questa: qui abbiamo un'indicazione su vasta scala di quella che noi consideriamo l'area dell'Indo-Pacifico; quindi – vedete – si tratta di un'area molto vasta, che collega l'Oceano indiano all'Oceano Pacifico settentrionale e all'Oceano Pacifico meridionale. I mari che sono nel mezzo e che fungono da collegamento sono il Mar Cinese meridionale e il Mar Cinese orientale. Potete anche vedere che l'hinterland dell'Indo-Pacifico è molto vasto e ha anche una natura continentale.
  Vorrei iniziare con questa considerazione: l'area dell'Asia-Pacifico è stato un concetto molto importante nella seconda metà del ventesimo secolo, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, quando il Giappone – risorto dalle ceneri di quella grande guerra – diventava un hub manifatturiero nell'Est asiatico, con un mercato che si distribuiva in tutto il Pacifico, raggiungendo gli Stati Uniti d'America. Ricordiamo che gli Stati Uniti sono la più grande economia mondiale, quindi l'accesso a quel mercato è stato strumentale per l'ascesa del Giappone come grande potenza economica.
  Il Giappone è stato poi seguito dalle tigri asiatiche, quali Corea del Sud, Singapore, Taiwan, Hong Kong. Analogamente al Giappone sono cresciuti fino a diventare hub di lavorazione e manifattura, con un mercato Pag. 4anch'esso collocato negli Stati Uniti d'America, al di là del Pacifico.
  Il concetto dell'Asia-Pacifico, quindi, è legato all'ascesa dell'Est asiatico nella seconda metà del ventesimo secolo. È stato davvero importante e pertinente in quel periodo storico, ma all'inizio del secolo ventunesimo la crescita, lo sviluppo economico, la prosperità e il progresso non si limitano semplicemente a quell'area geografica; non si tratta più di un monopolio collocato nell'Est asiatico.
  Molti Paesi del Sud-Est asiatico sono cresciuti velocemente: nel Sud dell'Asia, in India sicuramente, ma anche in Bangladesh, dove si è registrata una crescita molto rapida. L'India è al momento l'economia a crescita più rapida di tutto il mondo e questo benessere, questa prosperità, hanno attraversato tutto l'Oceano Indiano per arrivare alla costa orientale dell'Africa. Vorrei quindi sottolineare che oggi abbiamo questo concetto dell'Indo-Pacifico che assume una grande rilevanza perché quell'area è più rappresentativa, più democratica, più inclusiva, è in linea e in sintonia con le aspirazioni di molte più persone al mondo, in un'area geografica molto più vasta.
  Esiste un'interconnessione tra gli oceani, l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico, e l'importanza dell'Indo-Pacifico non deve essere enfatizzata in modo eccessivo. Alcuni tra i Paesi più popolosi del mondo si trovano in quest'area, che ospita anche uno degli Stati con la più grande maggioranza musulmana, non solo l'Indonesia, ma anche l'India. Qui si trova circa il 50 per cento della popolazione mondiale, qui si trovano alcuni dei più trafficati porti marittimi, alcuni dei più grandi eserciti permanenti. E anche gran parte dei flussi commerciali mondiali passa attraverso l'Asia. L'Asia da sola rappresenta il 60 per cento del PIL globale e la maggior parte della crescita nuova del PIL mondiale arriva da aree non tradizionali che ora, appunto, si trovano nell'area dell'Indo-Pacifico. Dobbiamo quindi tener presente le sfide emergenti in questa regione.
  La regione Indo-Pacifica si trova oggi ad affrontare incertezze emergenti su entrambi i propri lati: l'ascesa militare ed economica della Cina nel Pacifico, l'eccessiva concentrazione di filiere critiche in una sola area geografica, l'espansione del potere navale della Cina oltre la prima catena di isole, le tensioni nello Stretto di Taiwan: tutto questo ha accelerato alcune contestazioni tra le principali potenze, in particolare tra Cina e Stati Uniti. Infatti, la presenza e le attività della Cina in Melanesia hanno esercitato pressioni su Australia, Nuova Zelanda e Papua Nuova Guinea, e poi abbiamo isole del Sud del Pacifico, anche in Polinesia, sempre più vulnerabili a finanziamenti e influenze troppo leggeri. E un riscontro di ciò è dato, ad esempio, dal fatto che di recente Nauru ha cambiato il proprio schieramento e ora Taiwan è rimasta con appena 11 relazioni diplomatiche.
  Esistono tensioni anche nello Stretto di Taiwan, che, come sapete, si sono acuite dopo la visita del 2022 da parte di Nancy Pelosi, e la Cina, quindi, sta mettendo alla prova la linea di mezzo con incursioni navali e aeree, aumentando la pressione militare su Taiwan. Gli Stati Uniti continuano ad inviare navi attraverso lo Stretto di Taiwan nell'ambito di esercitazioni e operazioni correlate alla libertà di navigazione. Sappiamo anche, però, che in correlazione con l'aumento della potenza missilistica della Cina, puntualmente nello Stretto di Taiwan, l'ultimo Gruppo Portaerei (Carrier strike group) degli Stati Uniti che ha attraversato quello Stretto – credo sia stato quello con la USS Kitty Hawk – lo ha fatto nel 2007, dopodiché ci sono state soltanto singole unità navali, ma non necessariamente gruppi portaerei. Ricorderete che durante la presidenza di Clinton, nel 1995-'96, gli Stati Uniti per due volte avevano mandato un gruppo portaerei nello Stretto di Taiwan.
  La Cina non ha escluso l'uso della forza per riunificare Taiwan e gli Stati Uniti, con il Taiwan Relations Act (TRA), sono impegnati affinché si possa resistere all'uso della forza per la riunificazione. Inoltre, si sono impegnati a rispettare le esigenze di difesa legittime di Taiwan ai sensi di quella legge (TRA). A mio avviso, è improbabile che la Cina faccia ricorso alla forza, in quanto Pag. 5una guerra con gli Stati Uniti e i loro alleati per Taiwan potrebbe far deragliare la sua crescita e la sua traiettoria economica.
  Esistono forti sensibilità nell'Oceano Indiano, che rappresenta il 33 per cento delle spedizioni globali; il 50 per cento delle navi container e una parte molto consistente, pari ai due terzi, delle forniture energetiche globali.
  L'Oceano Indiano orientale confina con lo Stretto di Malacca e con le linee di comunicazione marittime che portano al Mar Cinese meridionale, che comprendono anche gli Stretti di Lombok e di Sonda. Le visite nell'Oceano Indiano da parte delle navi da ricognizione cinesi sono in aumento. Nell'Oceano Indiano meridionale la Cina sta effettuando delle esplorazioni dei fondali oceanici per individuare terre rare, noduli polimetallici etc. Nell'Oceano Indiano occidentale ci preoccupa il fenomeno della pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata (IUU) esercitata dalla Cina. Anche la dimensione della pesca IUU ha determinato una maggiore consapevolezza della situazione nel dominio marittimo dell'Indo-Pacifico.
  Come sapete, la Cina mantiene una propria base a Gibuti, sta costruendo strutture di approdo a Gwadar, in Pakistan, mentre sta cercando strutture per l'imbarco e lo sbarco anche altrove nella regione. Di recente si sono svolte esercitazioni congiunte tra Cina, Russia ed Iran nello Stretto di Hormuz e tra Cina, Russia e Sudafrica nell'Oceano Indiano occidentale; si tratta di elementi nuovi.
  Vi sono altre dimensioni che riguardano la sicurezza dell'Oceano Indiano. La pirateria, per esempio, nell'Oceano Indiano occidentale aveva raggiunto un picco, ma negli ultimi anni è poi diminuita. Ora, infatti, i pirati si sono spostati nel Golfo di Guinea, dall'altra parte. Di recente abbiamo visto il Mar Rosso, e in particolare il Bab el-Mandeb, che sono emersi come aree di conflitto. Come saprete il Bab el-Mandeb è un collo di bottiglia, così come lo Stretto di Hormuz o lo Stretto di Malacca, sempre nell'Indo-Pacifico. Il litorale del Mar Rosso, oggi, ospita molte crisi: gli Houti dello Yemen stanno prendendo di mira le spedizioni, anche nel Mar Arabico, per costringere Israele a cessare le ostilità a Gaza. A seguito degli attacchi contro le navi mercantili del 23 dicembre e a seguire, l'India ha dispiegato fino a dieci navi, aerei P-8I e droni Reaper MQ9-B per prevenire attacchi contro le navi, ma anche incidenti legati alla pirateria.
  L'India vanta una presenza consolidata, in questa parte del mondo, come Marina indipendente, nel Golfo di Aden e nel corridoio di transito raccomandato a livello internazionale. L'India non fa parte dell'operazione Operation Prosperity Guardian, a guida americana, costituita per contrastare gli attacchi degli Houti. L'India ora è partner associato delle Combined Maritime Forces, in particolare la CTF-151, come sapete.
  Vi sono anche altre crisi: gli attriti tra Etiopia e Somalia sono aumentati dopo che l'Etiopia ha accettato di riconoscere la cosiddetta Somaliland in cambio di un accesso al porto di Berbera e questo fatto è stato condannato dalla Somalia, come sapete già.
  Non si può esagerare l'importanza del Mar Rosso: esso collega l'Oceano Indiano, il Mar Arabico, lo Stretto di Hormuz al Mediterraneo, attraverso il Canale di Suez. Il Mar Rosso è abbastanza lungo, come sapete, ma stretto: lunghezza di circa 2.250 chilometri e larghezza di 355 chilometri. Il Bab el-Mandeb è un collo di bottiglia cruciale per l'ingresso e per l'uscita dal Mar Rosso al Mar Arabico e verso l'Oceano Indiano e viceversa. È anche relativamente lungo, circa 70 miglia, e abbastanza stretto, circa 20 miglia. Il Mar Rosso e il Bab el-Mandeb rappresentano il 12 per cento del commercio globale. Il Mar Rosso confina con una regione interessata dall'attuale conflitto israelo-palestinese e dai rapporti difficili tra Eritrea ed Etiopia. Costituisce pertanto lo scenario e il centro di una Somalia instabile a sud, verso il punto di ingresso nel Mar Rosso.
  Signore e signori, esiste una contestazione globale nell'Indo-Pacifico, che descriverò con l'aiuto di sette fattori, i cui nomi in inglese cominciano con la «T». Questi fattori hanno un effetto su tutte le zone geografiche, incluso l'Indo-Pacifico. Essi Pag. 6hanno un impatto riguardo anche all'attuale conflitto in Europa, ma io mi limiterò all'Indo-Pacifico.
  Il primo fattore di crisi è il commercio (Trade), che è sottoposto a molte contestazioni oggi, ma non può essere completamente separato dal resto. Diversi Paesi si stanno impegnando per garantire che non vi siano rischi per le loro economie, attraverso attività di derisking: i Paesi si sono resi conto che affidare le proprie risorse o le proprie attività ad una sola zona e dipendere da una sola zona per le forniture critiche non è una cosa saggia. Però il commercio non è operato dai Governi, quindi è più difficile da controllare, anche nei casi in cui i Paesi stanno cercando di ridurre i rischi che provengono da una certa zona geografica. Con la Cina ad esempio, il commercio è comunque in crescita, perché non è possibile per i Governi controllarlo completamente. Sono gli operatori privati e gli imprenditori che spingono il commercio ed esistono anche ragioni strutturali che condizionano il commercio.
  La tecnologia (Technology) è un altro punto di tensione e l'uso della tecnologia come arma attraverso sanzioni, embargo e altre limitazioni è più efficace, perché la tecnologia generalmente è in mano ad aziende private molto esclusive che collaborano strettamente con i Governi, soprattutto per le tecnologie ad utilizzo duale.
  La terza T è quella di territorio (Territory) o differenze, dispute e conflitti territoriali. Ne esiste un gran numero nell'Indo-Pacifico, non solo per quanto riguarda Israele e Palestina, ma anche nel caso della zona dell'Himalaya, che coinvolge India e Cina; poi abbiamo la grande disputa nel Mar Cinese meridionale e un'altra nel Mar Cinese orientale, e così via.
  Il terrorismo (Terrorism) dovrebbe fungere da fattore unificante per i Paesi dell'Indo-Pacifico, oggi, contro una minaccia comune; tuttavia, vi sono Paesi che sfruttano il proprio potere di veto all'interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per consentire ai terroristi che appartengono a gruppi come Lashkar-e-Taiba o Jaish-e-Mohammed di agire liberamente. Lo vediamo, in particolare, con la Cina, che sfrutta il proprio status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per frapporre ostacoli tecnici alle proposte avanzate da parte degli Stati Uniti, dell'India e altri Paesi per l'inserimento di alcuni terroristi in una lista globale. Quindi il terrorismo, invece di unirci di fronte a quella minaccia, crea forti divisioni.
  Un altro fattore è quello rappresentato dai principi (Tenets), dalle narrative, dai sistemi di valore, dai sistemi di governance, sia economica che sociale, culturale o politica. Esiste una grande divisione, attualmente, tra le democrazie e le autocrazie; ciascuno di questi sistemi rivendica la propria superiorità.
  È carente la trasparenza (Transparency), che rappresenta la sesta «T» in inglese. Oggi noi possiamo guardare al PIL, alla crescita economica, alle dotazioni militari, possiamo contare i carri armati, le navi e gli aerei che abbiamo a disposizione. Tuttavia non possiamo valutare le intenzioni e le motivazioni, dato che le intenzioni e le motivazioni sono prive di chiarezza e quindi esiste una mancanza di trasparenza.
  Arrivo con ciò all'ultima «T», quella di Trust, fiducia o, per meglio dire, la mancanza di fiducia. Vi sono diversi poteri extra-regionali nell'Indo-Pacifico: con questo intendo Paesi che sono considerati extra-regionali, ma che comunque hanno molta carne al fuoco nell'Indo-Pacifico, ad esempio gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, la Germania, i Paesi Bassi; tutti questi sono soggetti attivi nell'Indo-Pacifico ed è meglio non descriverli come potenze esterne. Tutti i membri del P5 sono presenti nell'Indo-Pacifico: gli Stati Uniti hanno basi nella regione e legami economici molto stretti con partner regionali, sotto forma di partenariati e alleanze. Essi sono, di fatto, un unico grande mercato, che consente ai Paesi asiatici di crescere e che fa parte dell'alleanza di sorveglianza denominata Five Eyes.
  Anche il Regno Unito è legato a questa regione dai retaggi del passato, attraverso il Commonwealth, ed è presente anch'esso nella regione. Qualche anno fa, nel 2021, il gruppo portaerei ha fatto visita alla regione Pag. 7dell'Indo-Pacifico con la Queen Elizabeth 2. Il Regno Unito e l'Australia hanno un partenariato di sicurezza robusto con gli Stati Uniti; il Regno Unito ha anche un rapporto «2+2» col Giappone, e sapete che adesso Regno Unito, Italia e Giappone stanno lavorando insieme ad un programma speciale di sviluppo di un caccia di sesta generazione.
  La Francia è una potenza che risiede nell'Oceano Indiano e anche nel Sud Pacifico. Nell'Oceano Indiano ha i territori di Réunion e Mayotte, e nel Sud Pacifico ha la Polinesia Francese, la Nuova Caledonia, Wallis e Futuna.
  La Germania ha anche pubblicato linee guida per la regione dell'Indo-Pacifico nel 2020. Una nave tedesca – la Bayern – ha visitato l'Oceano Indiano nel 2021. L'ammiraglio Schönbach, capo della Marina tedesca, ha visitato l'India, ha visitato anche il mio Istituto e ho avuto modo di interagire con lui.
  I Paesi Bassi, l'Unione europea, Sud Corea e Canada hanno tutti formulato le proprie strategie indo-pacifiche. La Russia è un Paese del margine del Pacifico: ha da lungo tempo una propria presenza nella regione, o nella baia vietnamita di Cam Ranh nei tempi passati, o nel Mar Cinese meridionale attualmente, con le esercitazioni militari che svolge con la Cina nel Mar Cinese meridionale e in altre aree. Come ho detto poco fa, ha anche svolto esercitazioni insieme alla marina militare di Cina e Iran, ma anche con la Cina e il Sudafrica nell'Oceano Indiano. La Cina, come ho detto, è anch'essa attiva e sta aumentando la propria presenza nell'Oceano Indiano.
  Questa mappa vi dà un'idea sommaria degli attori occidentali presenti nell'Indo-Pacifico. La percezione che la Cina ha dell'Indo-Pacifico è ovviamente negativa: la Cina nutre profondi sospetti, ritiene che l'Indo-Pacifico sia sottoposto a una strategia di contenimento della Cina, il che non è vero, e ritiene che questa sia diretta a bloccare la politica della Nuova Via della seta, facendo vacillare il suo sviluppo attraverso progetti e modelli finanziari e di connettività, reputando anche che nell'Indo-Pacifico si stia lavorando per un'alleanza militare volta a minacciare il suo futuro. Io ritengo che questo sia semplicemente frutto della sua immaginazione, perché la definizione di Indo-Pacifico non si riduce all'attitudine della Cina nei suoi confronti. La Cina preferisce l'Asia-Pacifico e il suo passaggio all'Indo-Pacifico è visto come un'erosione della sua preminenza. Da tempo l'Asia-Pacifico ritiene la Cina un fulcro, un avversario democratico, insieme agli altri che partecipano a una nuova crescita e prosperità economica. La Cina è molto critica nei confronti dell'alleanza QUAD, in quanto la considera come una nascente NATO asiatica.
  La centralità dell'ASEAN dà modo alla Cina di partecipare ai colloqui sul Codice di Condotta: si tratta dell'unico Paese che, con i Paesi del Sud-Est asiatico, partecipa ai suddetti colloqui, in corso dal 2002.
  Di recente si sono create tensioni tra Cina e Filippine nella zona del Second Thomas Shoal, nel Mar Cinese Meridionale e l'aggressione e l'assertività cinesi continuano, nonostante il ripetuto impegno degli Stati Uniti al rispetto del Trattato di difesa reciproca del 1951 con le Filippine. Continuano anche le dispute marittime bilaterali tra Cina e Vietnam, così come esistono tensioni tra Cina e Indonesia per attività di pesca illegale della Cina a largo delle isole di Natuna. Sta crescendo il potere navale della Cina e questa è una fonte di preoccupazione: attualmente i cinesi hanno trasformato la propria Marina da flottiglia fluviale a flotta d'alto mare. La visione e la strategia dei tempi passati sono cambiate, con il passaggio delle operazioni dai mari vicini ai mari lontani. Attualmente, in termini di mero numero di unità navali, si tratta della Marina più grande del mondo, secondo quanto dichiarato dal Pentagono. Essa dispone di una forza da combattimento pari a più di 370 tra imbarcazioni e sommergibili, per cui si tratta davvero della più grande, con più di 330 unità combattenti di superficie di grandi dimensioni. Mentre sta espandendo i propri sistemi di armi, sensori e sistemi antinave, antiaereo e antisommergibile, essa sta anche costruendo nuovi sommergibili, nuove Pag. 8portaerei. Ma io ritengo che gli Stati Uniti e le altre Marine occidentali sono molto più avanti della Marina cinese in termini di sofisticatezza, tecnologie e sistemi d'arma.
  Il Mar Cinese meridionale potrebbe essere il prossimo punto di crisi, secondo alcuni. Vediamo che l'attenzione si è spostata sullo Stretto di Taiwan, soprattutto dopo la guerra in Ucraina, perché ci sono osservatori ed esperti nell'Indo-Pacifico secondo i quali, se si è potuta verificare una tale trasgressione in Europa, allora potrebbe emergere una minaccia simile anche nell'Indo-Pacifico. I cinesi, come sapete, hanno costruito isole artificiali nel Mar Cinese meridionale. L'origine di queste dispute ha inizio con l'incidente dell'EP-3 sull'isola di Hainan nel 2001. Di recente hanno fatto uso di flotte di barche da pesca cinesi e tattiche di swarming per sopraffare gli avversari. Ritengo, tuttavia, che il Mar Cinese meridionale per ora non diventerà un focolaio di crisi. Con la conduzione delle Freedom of Navigation Operations (FONOPS) gli Stati Uniti mostrano di opporre resistenza alle dichiarazioni cinesi di sovranità sull'intera regione. Ma le FONOPS statunitensi non sono servite a ripristinare lo status quo ante. In altre parole, i fatti che i cinesi hanno creato sul terreno non sono stati ribaltati dalle FONOPS degli Stati Uniti. La militarizzazione delle isole non è stata rovesciata da parte delle FONOPS, che quindi hanno dimostrato i propri limiti nel raggiungimento di obiettivi.
  Nel passato chiaramente gli Stati Uniti non sono intervenuti. Nel 1974, quando il Vietnam del Sud perse le isole Paracelso ad opera della Cina, gli Stati Uniti non intervennero. Mentre era in corso la guerra in Vietnam gli Stati Uniti non intervennero. Nel 1995 le Filippine hanno perso il Mischief Reef e nel 2012 l'atollo di Scarborough e nessuno si è mosso. Anche questo è un fatto della storia. L'alleanza QUAD sta guadagnando slancio; non è un'alleanza militare, non è un partenariato basato su un Trattato. Si è concentrata sull'Iniziativa per la resilienza della catena di approvvigionamento o su questioni legate al rafforzamento delle capacità. Ma ha un nucleo robusto orientato sulla sicurezza, con un esoscheletro inclusivo e meno rigido, che promette un'agenda per lo sviluppo. A mio avviso, oggi il QUAD non è un'alleanza militare: si concentra su catene di approvvigionamento critiche, su questioni legate al rafforzamento delle capacità, sulle sfide post-pandemia, sui vaccini, sulla controguerriglia, su molte altre cose.
  Cosa potrebbe accadere in futuro? Non lo sappiamo, perché tutto in gran parte dipenderà dalle azioni e dalle condotte della Cina.
  India e Indo-Pacifico, volevo trattare anche questo tema con voi. L'ubicazione geografica dell'India nella regione dell'Oceano indiano è fondamentale per la sua visione. Abbiamo una costa enorme con ampie zone insulari, con le Laccadive da un lato, e le Andamane e Nicobare dall'altro. Il 95 per cento dei flussi commerciali dell'India per volume e il 68 per cento per valore, compresi petrolio e gas, si svolgono sul mare. Poiché essi sono guidati dal mare, noi abbiamo bisogno di stabilità nell'Oceano indiano. La nostra zona economica esclusiva è enorme: 2,37 milioni di chilometri quadrati e questo vi dà un'idea dell'importanza della posta in gioco che noi abbiamo in relazione al futuro dell'Indo-Pacifico.
  Abbiamo questi territori insulari che sono molto vicini all'Indonesia, in particolare le isole Andamane e Nicobare; inoltre, abbiamo legami marittimi storici con l'Africa. Abbiamo una serie di iniziative in questa regione dell'Oceano Indiano: l'economia blu, per esempio, è oggetto di attenzione da parte delle nostre autorità. Abbiamo anche il SAGAR (Security and Growth for All in the Region), una sigla riferita a un'iniziativa volta, da un lato, ad avvicinare l'India ai Paesi che si affacciano sull'Oceano Indiano attraverso la Indian Ocean Rim Association (Associazione Rivierasca dell'Oceano Indiano) e, dall'altro, a sviluppare relazioni bilaterali con l'Africa e l'ASEAN. Un altro programma è SagarMala, volto a costruire infrastrutture e collegare le nostre strutture costiere a quelle dell'entroterra. Abbiamo il progetto Mausam, volto a migliorare la nostra storica connettività con altri Paesi, soprattutto in Africa, e Pag. 9abbiamo poi grandi poste in gioco nella regione dell'Oceano indiano, compresa l'Africa.
  Abbiamo l'Indian Ocean Naval Symposium, la Indian Ocean Rim Association, la Indo-Pacific Oceans Initiative, programmi che assumono una grande importanza per l'India. La nostra visione dell'Indo-Pacifico è stata elaborata alcuni anni fa dal nostro Primo Ministro: prevede che la regione sia aperta ed inclusiva, con una centralità dell'ASEAN, e che ci siano libertà di navigazione, libertà di sorvolo e un commercio senza impedimenti. Inoltre è sempre sottolineata l'importanza della connettività e quella di un ordine internazionale basato sulle regole; questo è importante. Il dialogo è l'unico modo per risolvere le dispute. Ecco, siamo molto legati a questo concetto, a questa nozione.
  Prima di terminare vorrei dire due parole sulla cooperazione tra India e UE e poi parlerò anche dell'Italia. India e UE hanno una convergenza condivisa per avere un Indo-Pacifico multipolare. Abbiamo un dialogo congiunto sulla sicurezza marittima, che è partito nel gennaio del 2021; l'ultima riunione è stata l'anno scorso, nel mese di ottobre 2023, e l'UE di recente – nel novembre 2023 – ha nominato un attaché militare in India e questo è un passo avanti.
  Si sono tenuti diversi workshop tra UE e India, per parlare di varie aree di cooperazione e stiamo pensando anche ad una cooperazione triangolare UE-India nell'Indo-Pacifico, con progetti di connettività legati al Global Gateway dell'Unione europea. Quindi, sullo schermo potete vedere i nostri progetti e le iniziative, e vogliamo anche valutare la possibilità di una convergenza con la presenza marittima coordinata, ora che l'India è partner associato delle forze marittime combinate. Questo per noi è molto importante.
  Pensiamo a progetti come CRIMARIO, ESIWA, ecc. L'India ha invitato l'UE ad unirsi alla Indo-Pacific Oceans Initiative durante il forum ministeriale di Stoccolma del maggio 2023 e come sapete la Francia e l'Italia sono entrate a far parte della Indo-Pacific Oceans Initiative. L'Italia è co-leader del pilastro per la cooperazione scientifica, tecnologica ed accademica della Indo-Pacific Oceans Initiative. A mio avviso, al momento l'Italia si trova dietro altre potenze europee, come la Francia, la Germania e il Regno Unito, per quanto riguarda la sua visione e la sua presenza nell'Indo-Pacifico, però ha delle basi molto solide e ha forti motivi per voler approfondire la sua visione per l'Indo-Pacifico. Infatti l'Italia è partner per il dialogo del Pacific Islands Forum e della Indian Ocean Region-Association for Regional Cooperation ed è un development partner dell'ASEAN. L'Italia ha un partenariato strategico con l'India, che è cresciuto sempre di più in anni recenti; ha un dialogo trilaterale con Giappone e India, partito nel 2021, per la stabilità nell'Indo-Pacifico. A mio avviso, l'Italia è una grande potenza economica globale ed anche navale; fa parte della Combined Task Force 152 per la sicurezza marittima nella regione del Golfo e ha partecipato anche nell'operazione AGENOR nello Stretto di Hormuz, come voi sapete già.
  L'Italia fa parte del Global Combat Air Programme per la costruzione di aerei di sesta generazione insieme al Regno Unito e al Giappone. Ha firmato un accordo da 5,5 miliardi di dollari per la progettazione di una nuova classe di fregate per gli Stati Uniti e sono sicuro che molte di queste verranno poi dispiegate nell'Indo-Pacifico. Inoltre, ha concluso di recente un analogo accordo da 4,5 miliardi di dollari per la progettazione di fregate per l'Indonesia. La Fregata Carabiniere della Marina militare italiana ha partecipato alla missione EUNAVFOR Operazione «Atalanta». Vorrei concludere dicendo che la stabilità e la prosperità nel Mediterraneo, alle quali l'Italia attribuisce grande importanza, sono legate alla pace e alla sicurezza nel Mar Rosso, attraverso il Canale di Suez, così come alla pace, alla sicurezza e alla stabilità nella regione dell'Indo-Pacifico. Non riesco proprio a pensare come si possano avere pace e prosperità nel Mediterraneo, la regione in cui si trova l'Italia e sulla quale finora ci si è concentrati molto, ma – come dicevo – non posso pensare ad una pace e a una sicurezza lì senza che ci siano Pag. 10pace e sicurezza nell'Indo-Pacifico. Non posso immaginare una grande economia e una grande potenza navale come quelle dell'Italia, che non facciano parte dell'Indo-Pacifico.
  Questo è un libro che ho scritto di recente: si intitola «The World Upside Down: India Recalibrates its Geopolitics» (Il mondo sottosopra – L'India ricalibra la propria geopolitica), con prefazione scritta dal Ministro degli affari esteri dell'India, Jaishankar, è pubblicato da HarperCollins ed è disponibile su Amazon. Il libro contiene molte delle informazioni che vi ho appena esposto, sull'Indo-Pacifico, sul QUAD, la disputa territoriale in corso tra India e Cina ecc...
  Ecco, io mi fermo qui e vi ringrazio. Il tempo che resta può essere utilizzato per le vostre domande, qualora ne abbiate.

  PRESIDENTE. Grazie mille, Ambasciatore, perché è stato un contributo essenziale per i nostri lavori. Chiedo ai colleghi se hanno domande da porre, anche ai colleghi collegati da remoto, se chiedono la parola. Non vedo domande...Onori, prego.

  FEDERICA ONORI (intervento in videoconferenza). Buongiorno e grazie al dottor Chinoy per il suo intervento. Mi permetto anche di complimentarmi per l'Istituto prestigioso che dirige.
  Avrei un paio di curiosità che mi piacerebbe sottoporle. La prima riguarda le possibili ripercussioni, nel medio e lungo termine, che Lei vede per quanto riguarda il terrorismo internazionale a seguito del riaccendersi dei conflitti fra Hamas e lo Stato di Israele.
  La seconda riguarda invece più specificatamente lo scenario indiano. Vorrei chiederle se c'è qualche forma di timore, dal suo un punto di vista, rispetto alle possibili conseguenze negative delle dinamiche che riguardano la componente musulmana della popolazione, con la quale purtroppo, storicamente, non sono mancati momenti di tensione. Grazie.

  PRESIDENTE. Prima di passare la parola all'Ambasciatore magari aggiungo anch'io una domanda. Non vedo altre richieste di intervento... Io Ambasciatore Le chiederei di quanto l'India sia preoccupata dalla crescente influenza nell'Oceano indiano non solo della Cina, con particolare riferimento a quanto accaduto recentemente con le elezioni nelle isole Maldive.
  Quindi che strategie l'India intende adottare per mantenere una propria sfera di influenza e difendere la propria sicurezza. Poi le chiederei anche – ho preso diversi appunti, perché è stato di enorme interesse il suo intervento – sul Corridoio India-penisola arabica – l'IMEC –, non l'ha citato, ma quale futuro vede per questa nuova infrastruttura. Grazie. Onorevole Orsini, prego.

  ANDREA ORSINI (intervento in videoconferenza). Grazie. Buonasera Ambasciatore, grazie per questa interessantissima relazione. Mi scusi se le parlo senza il video, ma ho dei problemi di connessione e cerco di risparmiare banda per farmi sentire.
  Io volevo fare una domanda, forse di dettaglio, ma sulla quale mi piacerebbe avere qualche approfondimento: qual è lo stato del contenzioso tra Cina e India per quanto riguarda la regione himalayana, la regione del Kashmir in particolare? So che – se ben ricordo – dopo il conflitto del 1962 esiste ancora una condizione solo armistiziale, vorrei capire qual è stata l'evoluzione di questa vicenda e, più in generale, prendo spunto da questo per chiederle se può approfondire il ruolo dell'India nel rapporto complessivo con la Cina: Lei ha accennato al fatto che non è in corso un vero contenimento dell'espansionismo cinese, di cui Lei ha parlato rispetto a molte situazioni. Ma qual è il ruolo dell'India nel ricondurre la Cina a quel sistema di regole internazionali a cui Lei faceva riferimento? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Non vedo altre domande, prego Ambasciatore.

  SUJAN R CHINOY, Direttore generale del Manohar Parrikar Institute for Defence Studies and Analyses (MP-IDSA) (intervento Pag. 11in videoconferenza). Molte grazie. Nei prossimi minuti cercherò di rispondere a tutte queste domande, per quanto mi sarà possibile.
  La prima domanda riguardava le implicazioni e le ripercussioni a medio e lungo termine sul terrorismo derivanti dal conflitto tra Israele e Hamas a Gaza. La mia valutazione personale è che non è soltanto questa guerra che ha dato un nuovo impulso agli attori non statuali e ai gruppi terroristici, ma anche il fatto che quando i talebani hanno preso il controllo dell'Afghanistan e quando gli Stati Uniti e altre forze occidentali si sono ritirati dall'Afghanistan, quella circostanza è stata celebrata dagli attori non statuali, dai gruppi terroristici.
  Il problema per il mondo è che esiste un disaccordo su cosa si intenda per terrorismo. Credo che sia un dibattito poco utile e non necessario, però occupa molto tempo nei dibattiti alle Nazioni Unite, dove si è cercato di arrivare, con una base di consenso, ad una convenzione internazionale sul terrorismo internazionale. Ma questo ha illuso la comunità internazionale, perché ci sono molti Stati che sostengono il terrorismo in quanto tale.
  L'India deve far fronte da decenni ad un terrorismo sostenuto da uno Stato, a un terrorismo transfrontaliero proveniente dal Pakistan. Quindi esiste un problema di definizione, con numerosi soggetti che considerano il terrorismo e i gruppi terroristici come «gruppi di liberazione». Quindi credo che oggi sia in corso una tragedia tra Israele e Hamas a Gaza con la morte di tanti innocenti da entrambe le parti e spero che le ostilità possano concludersi rapidamente. Tuttavia, non c'è ragione di non condannare, nel modo più severo possibile, qualsiasi atto di terrorismo in sé, in qualsiasi parte del mondo. Quindi credo che quanto più duri una guerra, maggiore è la tentazione da parte degli attori non statuali di utilizzare mezzi asimmetrici per infliggere un costo ai propri avversari. Per quanto riguarda la situazione in India – che non ha niente a che fare con la situazione dell'Indo-Pacifico –, credo sia importante far capire ai nostri amici italiani che l'India attualmente sta attraversando un periodo di grande crescita economica e prosperità. L'India sta attraversando un periodo di crescita economica e prosperità, è diventata la prima economia al mondo per velocità di crescita, è di fatto la quinta economia più grande del mondo e nei prossimi quattro o cinque anni salirà al terzo posto.
  In India abbiamo persone di ogni religione, di ogni fede: come sapete; l'ebraismo è presente in India dalla caduta del Secondo Tempio; il cristianesimo è presente in India da duemila anni; abbiamo una popolazione islamica molto numerosa che contribuisce alla crescita dell'India parimenti alle altre comunità. Quindi, pensare che la comunità islamica in India sia totalmente diversa dalle altre comunità è una valutazione erronea, che deve essere corretta. Se si guarda al terrorismo a livello globale si vede che nonostante l'India abbia la seconda o la terza popolazione musulmana al mondo – si arriva a più di 200 milioni di abitanti musulmani nel Paese –, pochissimi di loro hanno preso parte ad atti terroristici a livello globale associandosi a gruppi come Isis o, ancor prima, Al Qaida. A livello pro capite si vede che alcuni Paesi europei, come la Francia, hanno fornito – passatemi il termine – un contribuito non intenzionale al terrorismo, dato che un elevato numero di persone di Paesi come Francia, Regno Unito e anche Stati Uniti si sono uniti all'Isis o ad Al Qaida e hanno combattuto a nome di gruppi terroristici; anche le minuscole Maldive – si tratta di un Paese piccolo, con una ridottissima popolazione – sempre a livello pro capite fa registrare uno dei contributi maggiori al terrorismo ad opera di attori non statuali, rispetto all'entità della popolazione. Tutte le comunità in India contribuiscono allo sviluppo della nazione e non c'è una particolare comunità che possa essere considerata diversa; abbiamo un ethos indiano, per cui tutti gli abitanti sono protetti dalla Costituzione e sono in grado di partecipare alla vita nazionale a pieno titolo.
  Mi è stato chiesto anche della presenza crescente della Cina nella regione dell'Oceano indiano e delle possibili politiche Pag. 12dell'India nei confronti delle Maldive: è vero che la Cina ha recentemente aumentato la propria presenza nella regione dell'Oceano indiano, è anche vero che la presenza cinese nella regione si verifica dopo seicento anni di assenza. Durante la dinastia Ming la Cina, come sapete, inviò delle navi sotto il comando dell'ammiraglio Zheng He nell'Oceano indiano, ma questo era nel '400, seicento anni fa. Dopo di che c'è stato un lungo intervallo, con pochissimi viaggi cinesi. Più di recente, con la crescita economica e l'espansione della sua Marina militare, la Cina ha inviato navi della propria Marina e anche navi di esplorazione nell'Oceano indiano. Chiaramente, le acque internazionali sono aperte a tutti, anche alla Cina. Il fatto è che adesso, data la sua maggiore presenza nell'Oceano indiano con imbarcazioni della Marina, unità militari e navi da esplorazione, è necessario che la Cina mostri la maggiore trasparenza possibile. In realtà, la Cina è molto opaca a livello di intenzioni e di motivazioni e questo è il problema chiave.
  L'altro problema è che la Cina ha tentato di acquisire delle relazioni speciali con diritti di operazione portuale e di accesso nell'Oceano indiano: se questo si fa senza un dialogo con attori locali e altri Paesi della regione, come l'India, questo porta a sospetti, mancanza di fiducia e mancanza di chiarezza per quanto riguarda le intenzioni.
  Il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa è emerso dalla dichiarazione del vertice G20 di Delhi; io ho avuto il privilegio di presiedere il Think 20 per la presidenza indiana del G20, e in quella sede sono stato in contatto con i miei omologhi italiani durante tutto lo scorso anno, e ho svolto anche una meravigliosa visita a Bellagio per una serie di colloqui all'inizio dell'anno scorso. Credo che alla luce della situazione attuale in Medio Oriente, soprattutto per quanto riguarda la guerra tra Israele e Hamas, il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa dovrà considerare con molta attenzione le implicazioni, soprattutto per la realizzazione della connettività fisica e di corridoi infrastrutturali in questa regione. Quindi, pur non essendo attualmente in cima all'agenda, è una cosa che non credo perderà d'importanza, rimarrà una cosa importante.
  Per quanto riguarda il Kashmir e il ruolo della Cina in Kashmir prima e dopo il 1962, vorrei dire che lo stato di Jammu e Kashmir è parte integrante dell'India e lo resterà sempre. La Cina sta occupando una parte del Kashmir, che chiamerei il Kashmir sotto occupazione cinese: 5.180 chilometri quadrati di territorio collocati nell'area del Trans-Karakorum, nella valle di Shaksgam. Questi 5.180 chilometri quadrati sono stati ceduti illegalmente dal Pakistan alla Cina nel loro cosiddetto accordo sui confini del 2 marzo 1963. Quindi la Cina è, di fatto, una parte di questa disputa, in quanto occupa illegalmente una parte del Kashmir occupata dal Pakistan, nella valle di Shaksgam, questa parte dell'India. La Cina sta occupando anche 38 mila chilometri quadrati di territorio indiano nel Ladakh orientale, nella regione nota come Aksai Chin; quindi direi che la presenza della Cina, che è diventata una delle parti di queste dispute, precede per molti versi il 1962. Ma è nel corso della guerra del 1962 che la Cina ha occupato una grande parte dello Stato indiano del Jammu e Kashmir.
  Qual è il ruolo dell'India? Per quanto riguarda la Cina, come possiamo garantire che la Cina rispetti gli accordi e i regolamenti? L'India vuole avere buoni rapporti con la Cina, però questi rapporti devono essere basati, come si fa tra vicini, sulla parità, sul rispetto reciproco e sulla reciprocità. Per quanto riguarda il nostro contenzioso bilaterale con la Cina, l'India respinge l'unilateralismo, la militarizzazione e le politiche aggressive della Cina. Noi riteniamo che le dispute si debbano risolvere con un dialogo pacifico e, allo stesso tempo, l'India non è in grado di accettare i tentativi della Cina di cambiare la situazione o di creare nuovi fatti sul territorio. Abbiamo visto anche che l'India ha delle preoccupazioni sia continentali che marittime, per quanto riguarda la presenza della Cina nella nostra Pag. 13regione. Noi abbiamo un contenzioso su alcuni confini terrestri e ci preoccupa anche la crescente presenza della Cina nelle zone marittime intorno all'India, per le quali passa il 95 per cento del nostro commercio.
  Per quanto riguarda altre cose, come i partner del dialogo quadrilaterale sulla sicurezza, vale a dire Stati Uniti, Giappone e Australia, questi chiaramente hanno divergenze di opinione rispetto alla Cina, ma si tratta di divergenze per lo più di natura marittima; con la Cina non hanno dispute riguardanti i confini terrestri.
  Per quanto riguarda India e Cina, chiaramente l'India deve assumere delle iniziative autonome per garantirsi di riuscire a difendere la propria sovranità e integrità territoriale. Noi speriamo di poter lavorare insieme a Paesi affini, tra cui l'Italia, per garantire che l'Indo-Pacifico sia governato secondo un ordine internazionale trasparente e basato sulle regole e credo che l'Italia potrà avere un ruolo da giocare in questo. Speriamo anche che la Cina possa rispettare il principio di un ordine internazionale basato sulle regole globalmente accettabile. La Cina di fatto beneficia di questo ordine basato sulle regole. Essendo diventato un membro permanente del Consiglio di Sicurezza nel 1961, la Cina è un Paese che può far uso in modo permanente del proprio potere di veto all'interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Quindi ci sono tutti i motivi perché essa rispetti l'ordine internazionale basato sulle regole, del quale beneficia.
  Per quanto riguarda la politica dell'India nei confronti delle Maldive – e con questo concludo – il punto chiave è che l'India segue una politica di priorità nei confronti del proprio vicinato. L'India dà molta importanza allo sviluppo di relazioni di reciproco vantaggio e rispetto con i Paesi vicini dell'Asia meridionale, tra cui le Maldive. Io stesso ho partecipato a diverse iniziative; negli ultimi dieci anni ho visitato le isole Maldive e so che c'è tanta buona volontà e tanto sostegno nei confronti dell'India. C'è stato un cambiamento politico nelle Maldive che deve essere rispettato: qualsiasi cambiamento politico nelle isole Maldive è una questione che riguarda il popolo delle Maldive. Noi speriamo di avere buone relazioni anche con l'attuale regime del Presidente Mohamed Muizzu e siamo sicuri che il popolo delle Maldive, e in particolare l'attuale Governo, si renderanno conto che è di vantaggio reciproco avere legami stabili tra India le Maldive. Ogni qualvolta c'è stata una crisi nelle Maldive, l'India è intervenuta ad aiutare come primo attore. Conoscete l'operazione Cactus nel 1988, quando l'India, su richiesta del Governo delle Maldive dell'epoca, inviò paracadutisti per rispondere al colpo di Stato. Forse saprete anche che, quando ci fu un'enorme crisi legata alla scarsità di acqua nelle Maldive una decina di anni fa, l'India inviò tonnellate di acqua con le navi e con gli aerei, e saprete anche che quando lo tsunami colpì la regione, l'India fu uno dei primi Paesi a rispondere, non solo per le Maldive ma anche per molti altri Paesi della regione. Sono sicuro che si manterranno buone relazioni con le Maldive. Con le Maldive continueremo ad avere una politica basata sulla cooperazione e ad un livello confortevole anche per loro, lavorando a progetti che tengano conto delle loro priorità e delle loro richieste. Non vi è dubbio comunque che ci saranno buone e stabili relazioni con le Maldive. Sono convinto e ottimista su questo. Molte delle loro forniture, inclusi cemento e prodotti alimentari, arrivano dall'India. Molti turisti vanno dall'India alle Maldive e noi riteniamo che queste isole siano un nostro caro amico. Rispettiamo anche il cambiamento politico che si sta verificando nelle Maldive. Sono certo che continueremo ad avere un dialogo a vari livelli che faciliti una migliore comprensione e promuova la fiducia nel futuro di ciascuno dei due Stati.
  Vi ringrazio delle domande. Devo dirvi che dovrò congedarmi ora perché siamo arrivati al termine del tempo a disposizione. Quindi, se siete d'accordo, io mi congederò dopo aver ascoltato, Presidente, le sue parole di chiusura.

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  PRESIDENTE. Ambasciatore, sono sicuro che si rafforzeranno sempre di più le nostre relazioni bilaterali Italia-India. Abbiamo davvero un comune interesse a svilupparle. Sono altresì certo che continueremo a cooperare dal Mar Rosso al Mar Cinese meridionale, come Lei ha detto, per difendere la libertà di navigazione e un sistema di regole globale che è messo oggi in pericolo. Grazie davvero.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.35.